C PI
ANNO 3 NUMERO 20
O A G R U AT
A IT
ISTANBUL la città dai mille volti Telefilm
I dieci anni di Lost, tra curiosità e easter egg
Fitness
Jogging o running? L’importante è correre
Moda
Il regalo giusto per la festa del papà
GREEN
STORIE DI VITA VISSUTA Istanbul
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VIAGGI Istanbul
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NATURA Lo Stretto dei dardanelli
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ANIMALI Mustang
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RED FILM Hidalgo
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TELEFILM Lost
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LIBRI Numero Zero
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MODA Accessori Uomo
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BLUE SPORT Formula Uno
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SPORT MINORI Il lancio del nano
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SPORT CERTIFICATI Equitazione
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MOTORI Il salone di Ginevra
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FITNESS Running Stramilano
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SALUTE E BENESSERE Ape-running
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YELLOW
ARTE Delacroix
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CASA & DESIGN La Biennale di istambul
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LA PAUSA COMICA Rat-man
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SPECIALE Festa del papà
60
CURIOSITA’ Marzo
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PINK GAMES Persona 5
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SPAZIO POSITIVO 66 La giornata modiale della felicità RICETTA SALATA VINO SALATO
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RICETTA DOLCE VINO DOLCE
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FOTO DEL LETTORE
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ANTICIPAZIONI
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ANNO 3 N. 20 Rivista on-line gratuita DIRETTORE RESPONSABILE Pasquale Ragone DIRETTORE EDITORIALE Laura Maria Gipponi GRAFICA E IMPAGINAZIONE Giulia Dester HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Laura Gipponi, Diana Ghisolfi, Nicola Guarneri, Rachele Donati De Conti, Gaia Badioni, Simone Zerbini, Serena Cominetti, Luca Romeo, Maria Solinas, Elena Degl’Innocenti, Denis Verani, Susanna Tuzza, Matteo Pigoli DIREZIONE/REDAZIONE/PUBBLICITA’ AURAOFFICE EDIZIONI S.R.L. a socio unico Via Diaz, 37 / 26013 Crema (CR) Tel 0373 80522 / Fax 0373 254399 www.auraofficeedizioni.com Testi e fotonon possono essere riprodotti senza autorizzazione scritta dall’ Editore. Le opinioni espresse negli articoli appartengono ai singoli autori dei quali si intende rispettare la piena libertà di espressione. Registrato al ROC n°: 23491 Iscrizione al tribunale N: 1411V.G. dal 29 ottobre 2013
STORIA DI VITA VISSUTA - ISTANBUL
Storie di vita vissuta Terza puntata de La Pausa sugli italiani e il loro rapporto con l’estero: questa volta tocca a Leonardo Ghidetti, ventinovenne cremonese che ha vissuto per un anno in Turchia di Nicola Guarneri guitartop@libero.it
Nome e età
Mi chiamo Leonardo Ghidetti e ho 29 anni.
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Dove hai vissuto, per quanto tempo e per quale motivo?
Ho avuto l’opportunità di vivere a Istanbul da Settembre 2010 a Luglio 2011 grazie ad una borsa di studio messa a disposizione dall’Università degli Studi di Parma, dove stavo frequentando una laurea
specialistica in Marketing.
Cosa ti ha spinto a trasferirti all’estero?
Il mio desiderio più grande è sempre stato quello di poter osservare e vivere in prima persona tutto ciò che esiste oltre i nostri confini, la nostra cultura, le nostre tradizioni. Potermi immergere in un nuovo contesto dove poter ripartire da zero, mettendo alla prova me stesso e le mie capacità. Questa voglia di conoscere e
di fare esperienza del mondo mi ha sempre affascinato non solo per l’amore per il viaggio ma perché, per poterla soddisfare, è stato necessario consolidare tante altre competenze che da sempre considero fondamentali: dal saper parlare una lingua straniera in modo fluente (inglese) al saper trarre il meglio da qualsiasi situazione, dal sapere essere indipendenti a riuscire a condividere e convivere con diversi pensieri e culture.
Descrivi una tradizione caratteristica che ti ha colpito (usanze, aneddoti, superstizioni).
Si potrebbero citare una serie infinita di aneddoti su qualsiasi aspetto di vita di questo popolo, a partire dalla religione (il 98% dei turchi è musulmano) per proseguire sul concetto di politica, patriottismo, educazione e chi più ne ha più ne metta. L’aspetto però che ho deciso di tentare di raccontare e di condividere è la concezione che queste persone hanno Qual è stata la prima impressione della dell’altro, del diverso, di un esponente del mondo a loro contrapposto, il cosiddetto Turchia? Ho ancora ben impresso il momento in modo occidentale. cui l’aereo ha aperto il carrello e si apprestava ad atterrare; la sola cosa che riuscivo a pensare era che i miei occhi non erano in grado di cogliere i confini di quella città. “Va bene che sono le 21 ed è buio” pensavo “va bene che mi avevano detto che Istanbul era grande, ma non pensavo che non si riuscisse a vederne la fine, in qualsiasi direzione tu voglia guardare”. E quello che ho provato è stato una convivenza (assai poco facile) di due emozioni tanto forti quanto opposte; l’eccitazione del nuovo e la paura dell’infinito, del troppo grande, del troppo tutto. Avevo il timore che quella dimensione così esagerata potesse schiacciarmi ed allo stesso tempo non vedevo l’ora di dimostrare a me stesso che sarei stato in grado di plasmare quella dimensione e farla mia.
STORIA DI VITA VISSUTA - ISTANBUL
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Penso che se mi chiedessero, riguardo alla mia esperienza circa il rapporto oriente-occidente, di riassumere il mio pensiero in un’unica frase sceglierei sicuramente questa: “Noi li chiamiamo stranieri, loro ci chiamano ospiti”. La mia non vuole essere una critica contro la nostra società, ma solo un elogio nei confronti del popolo che mi ha accolto, il popolo turco. È indubbiamente il concetto di ospitalità ciò che mi ha colpito di più nella mia esperienza a Istanbul, il riuscire a sentirsi immerso completamente in un mondo senza saperne la storia, la lingua, gli aspetti più comuni e le tradizioni più radicate.
Descrivi i pro e i contro di essere un italiano all’estero. L’approccio non è stato dei migliori. Volente o nolente noi italiani ci portiamo in giro per il mondo la nomea di essere poco seri e rispettosi, quindi il primo scoglio è quello. Chiaramente questi sono tutti aspetti superficiali e appena superato l’imbarazzo iniziale è subentrata la personalità individuale; inoltre noi italiani abbiamo nel DNA le capacità per riuscire a cavarcela sempre, in ogni situazione.
Cosa ti è mancato dell’Italia (se ti è mai mancata)? Nonostante ci siano tanti motivi per non sentirne la mancanza, il richiamo della terra natia è stata una voce costante ed incessante. Non per forza è da considerarsi nostalgia, spesso penso che un ruolo fondamentale venga svolto dalla naturale tendenza dell’uomo ad elogiare il passato, esaltando inconsciamente gli aspetti positivi ed offuscando quelli negativi. Ovviamente quando le cose sembrano non prendere la direzione desiderata questo richiamo assume maggiore forza e intensità. Diciamo che l’Italia non mi è mai veramente mancata,
forse ho solo avuto attimi di fragilità personale dove pensavo fosse così.
Consiglieresti ad un italiano di seguire le tue orme? Non penso si possa rispondere con una dicotomia secca, perché tale domanda ne implica un’altra: chi è la persona a cui devo consigliare? Se la persona che mi trovo davanti è caratterialmente diversa da me allora forse gli consiglierei prima di valutare altre esperienze, se invece quella persona è simile a me... cosa aspetti a fare la valigia ed a comprare un biglietto dell’aereo?
La pagella di Leonardo Difficoltà Università
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Difficoltà linguistiche
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Impegnativa ma molto pratica, predilige i la- Ho trovato una comunità anglofona e le levori di gruppo come ormai fanno quasi tutte zioni sono state quasi tutte in inglese. In un anno poi ho imparato anche un pò di turco, le Università europee. pensavo fosse più difficile.
Burocrazia Università 4
Non so sia dipeso dall’università turca o da quella di Parma, ma l’iter per il riconosci- Relazioni sociali mento degli esami è stato lungo e difficol- Ottime, come dicevo non esiste il senso toso. dell’”altro” e il periodo di integrazione è stato pressochè pari a zero.
Costo della vita
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Rapportato al salario, come in Italia, poi ci sono quartieri costosi e quartieri economici, anche se in generale si spende meno. Certo, è impensabile sopravvivere solo ed esclusivamente con la borsa di studio.
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Extra
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Istanbul è una metropoli, quindi non mancano le cose da fare. Ce n’è per tutti i gusti, l’unico problema è proprio la grandeza della città: a volte per andare a trovare un amico bisogna fare ore sui mezzi pubblici, che comunque sono più organizzati che in Italia.
VIAGGI - ISTANBUL
ISTANBUL:
mille nomi, mille storie, mille volti, una città Sulle fondamenta di un antico villaggio greco sorge la città che più di ogni altra rappresenta l’incontro tra passato e presente, tra Oriente e Occidente
8 di Maria Solinas solinasmaria1989@gmail.com
riceve all’arrivo: si tratta di una sorta di visto turistico da ripresentare ai controlli al momento della partenza. Raggiungere il centro in taxi non è una follia, dal momento che la corsa costa intorno ai quindici euro (la Lira turca vale circa € 0,35). La prima impressione è senza dubbio quella di trovarsi all’interno di una metropoli caotica, piena di meraviglie da scoprire. Piazza Sultanahmet Meydani è il punto di partenza per raggiungere le attrazioni principali di Istanbul: dove un tempo si trovava l’Ippodromo, oggi sono visibili pochi resti dell’antica gloria (come l’Obelisco di Teodosio e la Colonna Serpentina). È d’obbligo una visita alla Moschea Blu, costruita tra il XVI e il XVII secolo; il nome deriva dalle infinite piastrelle blu che ricoprono la cupola e le pareti, oltre che dalla maiolica sui toni del blu e del verde che riveste il suggestivo interno,
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Costantinopoli: centro indiscusso della Cristianità fino al 1453, quando l’Impero Ottomano si impose prepotentemente; la Nuova Roma diventa così Islambol, la Città dell’Islam, cambiando nome, religione e stile di vita. Secoli di storia e di profonde trasformazioni hanno contribuito a costruire Istanbul, città che si erige su diversi strati di fondamenta, tanto urbanistiche quanto sociali. La Città d’Oro si trova in prossimità dello Stretto del Bosforo e dei Dardanelli e si affaccia sul mare attraverso il Corno d’Oro, porto naturale che separa la città antica meridionale dalla colonia italiana di Pera-Galata a Nord; la città vecchia è collegata alla città moderna dal famoso Ponte di Galata. Se si sceglie di viaggiare in aereo, volando fino all’Aeroporto Atatürk o all’Aeroporto Sabiha Gökçen, è fondamentale non perdere il foglio che si
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VIAGGI - ISTANBUL
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illuminato dalla luce proveniente dalle miriadi di finestrelle e vetrate. La struttura presenta inoltre ben sei minareti, torri dalle quali il Muezzin chiama a raccolta i fedeli per le preghiere giornaliere. Il monumento più importante resta comunque Santa Sofia, basilica del VI secolo: mastodontica nelle dimensioni, interamente decorata con mosaici colorati e marmi di lusso, è sovrastata da un’immensa cupola dorata che costituisce uno dei
capolavori architettonici dell’antichità. Da Piazza Sultanahmet Meydani si accede inoltre alla Cisterna Basilica, un’immensa cisterna sotterranea: le innumerevoli colonne che reggono la struttura appartengono a stili ed epoche diverse e sono illuminate da una luce rossa diffusa che rende il tutto meraviglioso ed inquietante al tempo stesso. Il centro nevralgico della vita della città è Piazza Taksim, mentre la Istiklal Caddesi è il corso principale, pieno di negozi di lusso, ristoranti
go più economico per effettuare acquisti, a meno che non si possegga una buona indole da contrattatori e una buona dose di pazienza per affrontare l’insistenza dei venditori. Al momento della partenza ci si può regalare un souvenir indimenticabile scattando una fotografia del panorama mozzafiato godibile dalla cima della Torre di Galata, o un romantico tour sull’acqua salendo su uno dei tanti traghetti per la Crociera sul Bosforo. La Roma d’Oriente attrae e affascina da secoli i turisti di tutto il mondo e regala emozioni e ricordi da mille e una notte a chiunque sappia perdersi nella sua magica atmosfera.
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e locali. Una volta superata la magnifica Porta Imperiale, ci si trova davanti Palazzo di Topkapi, residenza sultanale ottomana (il complesso comprende anche l’antico Palazzo imperiale bizantino), all’interno della quale un importante museo espone meravigliosi pezzi del tesoro del Sultano. Ci si può immergere nella vita autentica della Regina delle Città concedendosi un pomeriggio rilassante in uno dei tantissimi Hammam (i rigeneranti bagni di vapore ospitati in affascinanti strutture architettoniche) o una passeggiata in un bazar: il Gran Bazar viene definito il primo grande magazzino della storia. Non è necessariamente, come molti pensano, il luo-
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NATURA - STRETTO DEI DARDANELLI
LO STRETTO DEI DARDANELLI Tra storia e mitologia
12 di Diana Ghisolfi dianaghiso@gmail.com
Nome
“Dardanelli” deriva da Dardania (Dardano è l’attuale Canakkale), antica terra asiatica dello stretto che prese il nome da Dardano, personaggio della mitologia greca, figlio di Zeus ed Elettra. Anticamente, nella Grecia classica, lo stretto dei Dardanelli veniva chiamato Ellesponto, ovvero “mare di Elle”, nome desunto dal mito di Elle, che racconta di come la giovane precipitò nello stretto durante la fuga da un sacrificio.
Dove Si trova
Lo stretto dei Dardanelli è un braccio di mare, appartenente alla Turchia, che collega il mar di Marmara al mar Egeo. Insieme allo stretto del Bosforo delimita il confine tra Europa e Asia.
Dimensioni
La lunghezza misura circa 70 chilometri, la larghezza va da un minimo di 1 chilometro ad un massimo di 8 km. È profondo mediamente 60 metri.
NATURA - STRETTO DEI DARDANELLI
Fauna
Il rapido sviluppo costiero della Turchia e la pesca sfrenata hanno causato l’impoverimento delle specie marine che abitano questa zona. In minor numero si vedono quindi pesci spada, tartarughe marine, cetacei e delfini.
Geologia
Il solco che contiene questo braccio di mare è il risultato di una vallata sprofondata nel Pleistocene. Lo stretto è percorso da correnti superficiali che si muovono dal mar di Marmara al mar Egeo con una velocità che varia da 3 a 8 km/h e da correnti più profonde (15 metri) che in senso inverso spostano le acque più salate dell’Egeo verso il mar di Marmara.
Città: Canakkale
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Storia
Grazie alla posizione strategica, lo stretto è stato un possedimento molto ambito, in ogni epoca storica, dalle potenze che intendevano transitare liberamente tra il mar Mediterraneo e il mar Nero. Teatro di numerose battaglie navali che videro opporsi persiani e greci, bizantini e repubbliche marinare italiane e poi turchi contro russi, inglesi e italiani.
Canakkale si trova su entrambi i lati dello stretto, in Europa con la penisola di Gallipoli e in Asia con la penisola di Biga. Gallipoli, dal greco Kallipolis, cioè “bella città”, è famosa per la baia dell’ANZAC (nome del corpo di spedizione australiano e neozelandese che invase la città nel 1915) e per il National Park con i suoi memoriali, senza contare l’aspetto naturale e paesaggistico della zona. Canakkale è una zona intrisa di storia e mitologia. Numerosi sono i siti archeologici all’interno della provincia, tra cui i resti della guerra di Troia, inoltre la città è stata soprannominata “l’insuperabile” durante la prima guerra mondiale grazie ai soldati turchi che l’hanno difesa dagli attacchi delle forze alleate. Il famoso museo archeologico contiene reperti degni di nota, così come le ceramiche, prodotto tipico di questa grande borgata.
ANIMALI - MUSTANG
IL CAVALLO MUSTANG 16
L’ americano ribelle per antonomasia di Diana Ghisolfi dianaghiso@gmail.com
CHI È
Il cavallo selvaggio americano: simbolo del Far West. Discende dall’Andaluso, razza di cavallo importata in America del Nord dai conquistadores spagnoli nel Cinquecento. In seguito alla fuga e alla cattura da parte dei nativi di alcuni di questi esemplari, l’America nord-occidentale fino al Messico si popolò di cavalli selvaggi. Per secoli, questi cavalli vissero in branchi allo stato brado, per poi diventare compagni degli indiani e dei cowboy, con-
sacrando così la fama mondiale che riscuotono tutt’oggi. Il nome Mustang è un termine inglese che deriva dallo spagnolo mesteño, ovvero “non domato”. Ci sono tre tipi di cavalli mustang che presentano caratteristiche simili: i Jennet, i Barb e gli Andalusi.
COME È FATTO
Con una struttura fisica potente e compatta, il mustang ha un’altezza che varia dai 135 ai 150 cm al garrese (punto più alto del dorso) e un peso tra i 400 e i 500
ANIMALI - MUSTANG
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chilogrammi. La testa risulta piccola rispetto al collo possente, ma è ben fatta e ha una forma rettilinea, le narici sono molto aperte e gli occhi sottili. Il collo è corto e muscoloso, la groppa è bassa e arrotondata, le spalle sono alte e inclinate verso l’interno. I fianchi sono robusti e le gambe dritte e magre. Infine gli zoccoli sono molto solidi e la coda è bassa. Il mantello può essere di diversi colori perché gli incroci non sono controllati, i più frequenti sono il falbo (grigio, crema), il roano (bianco, rosso e nero) e l’isabella (giallo, marrone).
COSA MANGIA
Come tutti i cavalli, il mustang è un erbivoro non ruminante. Principalmente si nutre di erbe corte e dure da tagliare con i numerosi denti (40 i maschi adulti, 36 le femmine), di radici, granaglie, fieno e cortecce. Per digerire impiega 90 minuti circa e durante la giornata beve all’incirca 20 litridi acqua.
COME SI RIPRODUCE
La maturità sessualeviene raggiunta ai due anni di età. La stagione di monta
coincide con la primavera. La gestazione il quale ha il compito di proteggere i suoi dura undici mesi e di solito nasce sola- compagni dagli attacchi dei predatori mente un puledro, il quale verrà svezzato come orsi, puma e coyote. dopo sei mesi di allattamento.
CARATTERE E ABITUDINI
Il nome mustang è divenuto simbolo di potenza, velocità e ribellione. Libero e selvaggio, si tratta di un cavallo molto difficile da gestire, non adatto all’allevamento. Nell’Ottocento è stato domato per essere utilizzato come cavallo da sella e per aiutare l’uomo a controllare il bestiame. Resta comunque un animale indipendente, coraggioso e testardo. I mustang vivono in gruppi di circa quindici individui. Il capobranco è lo stallone,
OGGI
Il Bureau of Land Management controlla la popolazione di mustang presente sul territorio degli Stati Uniti. Attualmente il numero di cavalli sta diminuendo, infatti la razza viene protetta dalle leggi governative e viene tutelata da diverse associazioni. La maggior parte di mustang vive in Nevada, gli altri sono sparsi in una decina di altri Stati. Oggi i mustang vengono utilizzati dall’uomo solamente nei rodei, ma si può dire che restano i cavalli più ribelli e selvatici del mondo occidentale.
FILM - HIDALGO
Hida
Un uomo, un cavallo, Una gara che diventa l
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Hidalgo – Oceano di fuoco è un film del 2004 diretto da Joe Johnston interpretato da Viggo Mortensen (l’indimenticato Aragorn del Signore degli Anelli) e Omar Sharif (la cui lunga carriera parla da sé). Mortensen interpreta Frank Hopkins, personaggio realmente vissuto e al quale si ispira l’intera pellicola. Frank ha alle spalle una storia di veloce pony express che in sella al proprio Mustang (Hidalgo, appunto) serviva il governo degli Stati Uniti. Accantonato il lavoro di pony
express, Hopkins sbarca il lunario esibendosi in un circo fino all’arrivo dell’invito dello sceicco Riyadh. Alle orecchie del sovrano musulmano sono giunte le veloci gesta di Hopkins che si dirige in Arabia con Hidalgo per la tradizionale corsa a cavallo “Oceano di fuoco”. Il nome della corsa deriva proprio dal percorso attraverso il deserto. In questa spettacolare scenografia Hopkins e Hidalgo dovranno fare i conti non sono con il caldo terribile al quale non sono abituati, ma so-
algo
, un deserto. E una gara. lotta per la sopravvivenza di Serena Cominetti serena.edizioni@auraoffice.com
prattutto con l’invidia e la determinatezza degli altri concorrenti pronti a tutto per aggiudicarsi la vittoria e impedire ad un americano di vincere. Forse la trama potrà apparire un po’ banale, ma la tenacia di Hopkins e di Hidalgo, le immense scenografie (in realtà il film è stato girato in Marocco, non in Arabia) e il rispetto totale dell’uomo verso il cavallo fanno della pellicola una perla nella storia della filmografia. Troppo americano a tratti, il film si chiude con un lieto fine: Hopkins torna negli States e li-
bera un’intera mandria di Mustang comprata dal governo statunitense che aveva sequestrato i cavalli alle riserve. Il tema dei nativi americani è costante in tutto il film: alla loro tradizione fa appello Hopkins nei momenti più disperati. Al gruppo si unisce infine Hidalgo. Vi state chiedendo se poi Hopkins abbia o meno vinto la gara? Guardate Hidalgo – Oceano di fuoco, dopotutto è tratto da una storia vera e nella vita non c’è sempre il lieto fine...
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TELEFILM - LOST
Dieci anni di misteri e uova di Pasqua il 22 marzo 2005 debuttava sulla televisione italiana la serie che avrebbe cambiato per sempre il mondo dei telefilm. Alcuni misteri sono rimasti insoluti, così come alcuni Easter Egg, che gli sceneggiatori hanno distribuito nei vari episodi. di Nicola Guarneri guitartop@libero.it
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Che siate amanti o meno di Lost, delusi dal finale o esaltati dai misteri dell’isola, una cosa la dovete ammettere: Lost vi ha fatto pensare, discutere e forse vi ha fatto anche arrabbiare. A dieci anni dalla prima tv italiana sono state dette e scritte tante parole sulla serie ideata da JJ Abrams, Lindelof e Cuse. Lost ha cambiato radicalmente il concetto di serie tv, elevando il prodotto del piccolo schermo a vera e propria opera d’arte (cit. Aldo Grasso). Una delle cose che ha contraddistinto la serie sono stati gli innumerevoli easter egg disseminati lungo le sei stagioni: piccoli indizi che gli autori hanno voluto regalare agli spettatori più attenti. Eccone quindi alcuni dei più significativi.
– Stagione 1, episodio 10:
Raised by another (Un figlio)
I naufraghi stanno tentando di sopravvivere sull’isola misteriosa quando Hugo Reyes (Jorge Garcia) decide di fare un censimento. Tra i superstiti spunta un nome sospetto, Ethan Rom, che si rivelerà non essere sulla lista dei passeggeri. Ai più perspicaci non sarà sfuggito che l’anagramma di Ethan Rom (comparso per la prima volta nell’episodio numero 9) è “Other man”.
– Stagione 2, episodio 1:
(Uomo di scienza, uomo di fede) Nella famigerata botola i superstiti incontrano un uomo che dice di dover salvare il mondo. Il suo compito è inserire un codice in un computer: 4, 8, 15, 16, 23, 42, ovvero i numeri che permisero a Hugo di vincere alla lotteria. Il codice va inserito ogni 108 minuti... che è proprio la somma dei numeri magici. Questi numeri torneranno poi nel corso di tutta la serie (il più ricorrente di tutti è il 23).
– Stagione 2, episodio 14:
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Man of science, man of faith
One of them (Uno degli altri)
Benjamin Linus (Michael Emerson) si fa catturare dai sopravvissuti per estrapolare loro informazioni. Mente fin dall’inizio e lo spettatore più attento avrà trovato il modo di smascherarlo: Ben dice infatti di chiamarsi Henry Gale e di essere originario del Minnesota: l’anagramma di queste tre parole porta alla frase “See another man lying” (“Guarda uno degli altri mentire”).
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TELEFILM - LOST
– Stagione 3, episodio 7:
Not in Portland (Non a Portland)
Juliet (Elizabeth Mitchell) affronta un colloquio per la Mittelos Bioscience, un’azienda di ricerca che lavora “per il vostro futuro”. L’anagramma di Mittelos è infatti “Lost time”, una grossa anticipazione sulle future stagioni di Lost. Nell’episodio c’è un altro easter egg molto controverso: sull’isola Sawyer (Josh Holloway) e Kate (Evangeline Lilly) trovano Karl (Blake Bashoff) rinchiuso nella Stanza 23 mentre sta guardando un filmato finalizzato al lavaggio del cervello. Le parole del video sembrano senza senso, ma ascoltate al contrario formano la frase “Only fools are enslaved by time and space” (“Solo i pazzi sono schiavi del tempo e dello spazio”), il cui anagramma è “Bones of Nadlers may lay lost in deep cave” (“Le ossa dei Nadlers potrebbero giacere sul fondo della caverna”). I Nadlers sono Rose (L. Scott Caldwell) e Bernard (Sam Anderson), due superstiti, mentre le ossa sono quelle trovate dai sopravvissuti nel 6° episodio della 1° stagione: l’indizio si rivelerà errato in seguito al 14° episodio della 6° stagione, Across the sea (Al di là del mare).
– Stagione 5, episodio 4: The little Prince (Il piccolo principe)
mistero per eccellenza della quarta 24 Ilstagione è stato risolto: nella bara c’è
il corpo di John Locke (Terry O’Quinn). Eppure Locke ha ancora molto da dire: un piccolo indizio ci viene dato dal furgoncino che trasporta il corpo del naufrago. Il nome dell’agenzia funebre è “Canton-Rainier”, ovvero l’anagramma di “Reincarnation”.
– Stagione 6, episodio 1:
LA X (Los Angels LA X, 1° e 2° parte)
Jack (Matthew Fox) mostra a Lock il suo biglietto da visita: attraverso il fermo immagine si può benissimo vedere l’indirizzo, 8444 Wilshire Blvd, Los Angeles. L’indirizzo esiste veramente e se si prova ad inserirlo su Google Maps si scopre appartenere al Gale Group (ricorda qualcosa il nome?). La forma dell’edificio accanto inoltre ricorda una grossa nave e poco più in alto un ottagono ricorda il simbolo della DharmaInitiative, la società che mandò Benjamin Linus (alias Henry Gale) sull’isola.
LIBRI - NUMERO UNO
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Il nuovo libro di Umberto Eco fa discutere: lo stile e i contenuti non sembrano quelli del semiologo piemontese, arrivato (forse) al capolinea di una straordinaria carriera letteraria
di Nicola Guarneri guitartop@libero.it
“Non l’ha scritto lui”. Le recensioni su Numero Zero, l’ultima opera di Umberto Eco, iniziano più o meno tutte così. Che il successo di Eco non sia legato alla letteratura narrativa siamo più o meno tutti d’accordo: Eco è un semiologo, forse il più importante d’Italia, sicuramente il più mediatico, fin dalla pubblicazione del Trattato di semiotica generale (1975). Quando si è approcciato con la letteratura ha comunque raggiunto discreti risultati, nonostante anche per la sua opera più famosa, Il nome della rosa, la critica (quella vera) non abbia usato la mano leggera. Con Numero Zero Eco torna a parlare dei misteri che tanto lo affascinano, ma lo fa in un modo diverso. Non è più alle prese con il segreto dei Templari o il sacro Graal (come ne Il pendolo di Foucault) e il semplicismo con cui tratta alcuni argomenti è a tratti disarmante. Se il complottismo di Eco è sempre stato evidente nei suoi romanzi, perlomeno questi erano intrisi di citazioni echiane: filosofia, storia, arte, matematica, opere conosciute solo a una stretta cerchia di eletti che insieme alle frequenti citazioni latine facevano sentire al lettore la sensa-
zione di leggere un’opera magna. In Numero Zero invece tutto ciò viene esemplificato al massimo: il cospirazionismo si rivolge stavolta agli accadimenti politici degli anni ’60 e ’70. Si parla di P2, Gladio, golpe Borghese e strage di Piazza Fontana senza portare nulla di nuovo a ciò che è già stato scritto e riscritto e soprattutto senza nemmeno preoccuparsi di leggere oltre le righe. E che mistero è Gladio se addirittura Cossiga confermò di esserne uno dei fondatori, attraverso le pagine de La Repubblica? Forse il più grande limite di quest’opera è proprio l’imprecisione con cui è stata scritta, oltre al banale semplicismo di alcuni esempi (come quello del cormorano durante la Guerra del Golfo). Luigi Mascheroni e Matteo Sacchi, giornalisti de Il Giornale, in un articolo pubblicato il 21 gennaio scorso hanno inoltre evidenziato come la descrizione di Licio Gelli fatta da Eco a pagina 176 sia ripresa pari pari da Wikipedia. È mai possibile che Eco sia caduto così in basso? Forse questa critica al giornalismo contemporaneo (il “numero zero” di un giornale è il cosiddetto numero di prova, antecedente la pubblicazione del primo numero) è talmente riuscita da cadere negli stessi errori e misfatti che vuole (vorrebbe) sottolineare e denunciare; forse l’autore del libro non è veramente Eco ma un ghost writer, proprio come il protagonista del libro. A questo punto sì, il cerchio si chiuderebbe.
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MUSICA
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MODA - ACCESSORI UOMO
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Un regalo per ogni papà
La festa del papà è un’ottima occasione per proporre alcune idee regalo per uomini. Ammettiamolo: centrare con esattezza il regalo per un amico/ amante/fidanzato/marito/papà/nonno/zio/cugino/cognato è più difficile che per il corrispettivo femminile. Cogliamo allora l’occasione della festa del papà per farvi alcune proposte
di Serena Cominetti serena.edizioni@auraoffice.com
Papillon
Nell’ultimo anno il cravattino ha avuto una seconda vita. Giorno o sera, colorato o tempestato di brillanti, non importa. Le vendite si sono impennate negli ultimi mesi e in giro se ne vedono sempre di più, non solo nelle serate di gala.
Gioielli
Tra i più scontati forse ci sono i gemelli. Ma esistono gioielli dal significato profondo: InKids propone gioielli unici incisi a mano che celebrano il rapporto genitori figli. Umani quanto il disegno di un bambino, romantici come la commozione.
Orologi
Gli orologi attuali sono sempre più grandi, e devono piacere a chi li riceve più che a chi li regala. Unico consiglio: tenete conto dell’età di chi lo riceve rispetto al modello scelto. Si possono magari valutare alcune varianti tecnologiche come gli smart watch.
Hi-tech
Cover per smartphone, accessori tablet, un ebook reader. Ce n’è per tutti i gusti e le tasche. Volete essere originali e non avere bisogno di “incartare” un regalo? Regalare una app può essere intangibile (come i sentimenti) ma altrettanto apprezzata!
MODA - ACCESSORI UOMO
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Occhiali
L’arrivo della bella stagione è imminente, forse è il caso di pensare ad un nuovo paio di occhiali da sole. Cercate qualcosa di originale ed eclettico? Cercate tra le collezione dell’azienda italiana Retrosuperfuture per regalare qualcosa di originale e contemporaneo. Ovviamente la conoscenza del destinatario del regalo va oltre tutti questi consigli: se chi lo riceve è un appassionato di musica o viaggi, forse il biglietto per un concerto o un box per una gita fuoriporta sono idee più azzeccate.
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SPORT - F1
FORMULA UNO 2015 Tutti dietro la Mercedes
Il Mondiale 2015 è alle porte con tantissime novità: Vettel è pronto a raccogliere il testimone di Schumacher, Hamilton vuole confermarsi campione mentre i problemi economici del circus continuano a peggiorare
di Gianluca Corbani corba90@hotmail.it
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Una foto più di tutte racconta quanto il destino, probabilmente, fosse già scritto da un pezzo. Anno 1996: nell’immagine vintage Micheal Schumacher, al massimo della carriera, premia un baby prodigio in tuta biancoverde dopo un trofeo di
kart. Sono passati vent’anni, in Formula 1 l’equivalente di un paio di ere geologiche, ma quel bimbo biondo non si è perso per strada. E ora è chiamato a raccogliere un’eredità senza precedenti nella storia dell’automobilismo.
Tra pochi giorni Sebastian Vettel esordirà ufficialmente al volante della Ferrari. Vettel, approdato a Maranello alla stessa età di Schumi (27 anni), scatterà dalla griglia di partenza del Gp di Melbourne con la stessa missione storica che accompagnò l’arrivo dell’idolo d’infanzia, in quel lontano ‘96. Far risorgere la Ferrari dopo una lunga carestia di titoli, iniziata nel 2007 quando Kimi Raikkonen chiuse in rimonta su Hamilton (uno a caso...) l’ultimo Mondiale vinto della rossa. Raikkonen, schivo e apatico per natura, ha giurato amicizia a Vettel e lo affiancherà nella rincorsa alle glorie del passato. Il tedesco, intanto, ha già conquistato tutti per l’approccio maniacale al lavoro, il rapporto fitto con gli ingegneri e quel blocchetto nero sul quale prende appunti. Tecnici, meccanici e umani. Anche i test pre-season di Jerez sono stati incoraggianti: la rivoluzione di fine 2014 ha segnato un nuovo inizio a Maranello, dove i veleni casalinghi che avevano intossicato l’ultima fase dell’era-Alonso sembrano finalmente aver lasciato spazio all’armonia.
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La missione
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SPORT - F1
Il favorito
I tempi di febbraio, però, vanno presi con le pinze. Questa Ferrari è all’anno zero e pensare che il divario dalla Mercedes si sia già azzerato sarebbe eccessivo. La nuova auto dei campioni nei test è parsa indistruttibile e Lewis Hamilton è ancora il grande favorito, forse ancor più che nel 2014. Resta l’incognita della ‘coesistenza competitiva’ con Nico Rosberg: dopo aver sfiorato il colpaccio ai danni del più trendy compagno di team, il tedesco potrebbe sgonfiarsi seguendo l’iter effimero dei secondi piloti più scomodi della storia recente (Irvine, Coulthard, Montoya, Webber). In caso contrario, alla Mercedes sarà ancora faida.
nali della McLaren-Honda di Alonso: quanto durerà la pazienza dell’ex assetato di vendetta? Alla Williams sono convinti che la nuova monoposto e Bottas possano giocare il ruolo di anti-Mercedes. La sensazione è che manchi un pilota di grandissimo livello per puntare al bersaglio grosso. Un punto interrogativo sulla Red Bull targata Renault, anche perché Ricciardo ha piede ma non pare ancora pronto per sviluppare una macchina da titolo. Intriga la scommessa della Toro Rosso, che ha scelto di lanciare i baby debuttanti Carlos Sainz e Jos Verstappen, 37 anni in due. Occhio anche alla Lotus, motorizzata dalla Mercedes. La crisi finanziaria diffusa nel circus, invece, sta dilaniando la Sauber.
La concorrenza
La F1 ai tempi della crisi
Preoccupanti i risultati pre-stagio-
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Non solo la Sauber soffre. È la situazione economica di tutto il sistema
Venti Gp, un solo italiano
Fortunatamente, la farsa del punteggio doppio nella gara finale della stagione è durata lo spazio del solo Gp di Abu Dhabi. Esperimento fallito. Solo un italiano nell’elenco degli iscritti: è Raffaele Marciello, 20 anni, terzo pilota della Sauber, pescato dalla GP 2. È il 66° Mondiale della storia. Venti le tappe in programma, si parte in Australia e si chiude negli Emirati Arabi. Ritorna il Gran Premio del Messico. Tra maggio e settembre le ‘classiche’: Cata-
lunya, Montecarlo, Silverstone, Montreal, Monza. Ciò che resta della tradizione.
Il maestro e l’allievo
Detto delle macchine, della crisi e del calendario, resta quel filo che unisce la biografia di Schumi e la storia – ancora da scrivere – di Vettel. È sempre rimasto, dalla famosa foto del ‘96 in poi, un contatto forte tra i due connazionali. Il maestro e l’allievo. Michael e Seb hanno passato insieme molte domeniche a divertirsi in kart sulle piste di Kerpen e Lonato. L’abbraccio commosso in Brasile, nel 2012, quando Seb si confermò campione del mondo nella gara d’addio di Schumi, fu un passaggio di consegne. Quel giorno il dramma di Meribel era ancora un incubo lontano. Appena arrivato a Maranello, Vettel ha voluto omaggiare il predecessore con il nuovo casco: classico, essenziale, con il tricolore tedesco ben visibile al centro. Lo stesso casco che Schumi portava agli esordi. Un modo silenzioso per urlare al mondo che quel filo, nonostante Meribel, non si è mai spezzato.
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Formula 1 ad essere allarmante. Qualche addetto ai lavori, alla ricerca disperata di sponsor per sopravvivere, ha addirittura paragonato il circus al Titanic che affonda. In compenso di riduzione dei costi non se ne parla. Così, il Mondiale partirà con due team in meno – Marussia e Catheram – e un crollo dell’audience televisiva sempre più inquietante. Si parla di una rivoluzione totale del format, anche sul piano della comunicazione: nuovi eventi nelle piazze, conferenze stampa aperte, piloti a casco scoperto davanti alla gente. Una F1 a misura di cliente. Ma non quest’anno.
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SPORT MINORI - IL LANCIO DEL NANO
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Il lancio del nano di Simone Zerbini simone-z90@hotmail.it
Non siamo allo stesso livello di stranezza del lancio dello sterco di mucca praticato in Irlanda o del lancio dello stivale destro tipico di Svezia e Finlandia, ma col lancio del nano (dwarf tossing) ci avviciniamo molto. Immaginate una gara di lancio del peso, con atleti grossi quanto lottatori di greco-romana, in cui al posto della più classica sfera ci sia un nano totalmente bardato di casco, tuta, protezioni varie e due maniglie per esse-
re afferrato e scagliato il più lontano possibile.. e naturalmente esistono diverse varianti: nano e muro ricoperti di velcro, il lancio attraverso una vetrata, il lancio attraverso un cerchio infuocato e così via. Le origini di questo “sport da bar” sono da ricercarsi in Inghilterra e in Australia, dove ha trovato terreno fertilissimo, ma le radici del lancio del nano come lo conosciamo oggi affonderebbero nella Florida degli anni Ottanta: un proprie-
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tario di un club, per aumentare la clientela del proprio locale, sparse la voce che lì si praticasse l’australian dwarf tossing. Tutto bene fino a che Midge (il nano che si faceva lanciare) un giorno cadde male, pare perché ubriaco, picchiò la testa e morì per l’emorragia. Il governatore Jeb Bush, nel 1989, su invito della LPA (Little People of America), si trovò costretto a dichiarare illegale in tutta la Florida questa pratica decisamente pittoresca. Come detto prima, il nano deve essere dotato delle necessarie protezioni e deve essere lanciato su un materasso di gomma, ma esistono anche varianti della versione classica: il lancio nella vetrata, nel cerchio infuocato, nel pozzo, oltre le rotaie con treno in arrivo, nello stagno/fiume e il lancio notturno (col nano ricoperto di vernice fluorescente); l’unica regola ferrea è che il nano di turno non può emettere nessun suono durante e dopo il lancio, pena la squalifica.Il lancio del nano è entrato anche a far parte della cultura popolare grazie al grande schermo: “Nobody tosses
a dwarf!” esclamava Gimli ne Il Signore degli Anelli (frase mai comparsa invece nel libro di Tolkien), mentre Jordan Belfort/Leonardo Di Caprio in The Wolf of Wall Street si divertiva a lanciare i nani insieme ai suoi broker (hobby da dopolavoro che il vero Belfort ha ammesso di aver praticato sul serio). Interessante e al tempo stesso surreale l’idea proposta da Armando Massarenti nel suo libro Il lancio del nano e altri esercizi di filosofia minima, il quale, un po’ sulla falsariga degli Esercizi di stile di Queneau, ci propone di fare riflessioni, trovare soluzioni partendo dai temi più disparati, come appunto il lancio del nano: è giusto vietare queste competizioni? Perché vietarle se tante volte sono i nani stessi a parteciparvi volentieri? È giusto ridere? O usare il termine “nano”? E da questi interrogativi pensare a risposte e porsi altre questioni. E voi cosa ne pensate? Sport simpatico o crudele? Attività goliardica o di pessimo gusto? A ciascuno la propria ardua sentenza...
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SPORT CERTIFICATI: PEC - EQUITAZIONE
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Tutti in sella:
la monta western di Denis Verani info@lapausa.eu
Nella rubrica di marzo degli sport certificati debutta l’equitazione: si comincia con la monta western, la sella più famosa d’America
Non dimentichiamo che era anche dotata di pomello per la doma di cavalli mustang oppure per legare il lazzo al quale erano collegati tori o vitelli che dovevano essere spostati in nuovi recinti. Questa tipologia di sella è ormai usata per vari sport come reining, barrel e tutte le varie gare con lazzo e vitello. Una piccola curiosità: questa tipologia di sella viene anche utilizzata durante le manifestazioni di carnevale o di paese essendo la più diffusa tra i ragazzi e ragazze e per il suo elevato grado di riconoscibilità, frutto anche dell’ampio sfruttamento in film e telefilm.
La monta western, o all’americana, è la famosa sella dei cowboy. Nata appunto in America, questa sella era utilizzata per il lavoro con le mandrie oppure come mezzo di trasporto: sull’onda di queste due esigenze la sella è stata sviluppata volutamente molto più grossa rispetto ad altri tipi. Infatti, la sella dei cowboy era comoda anche se utilizzata per molte ore al giorno. Con questa tipologia di sella si poteva quasi viverci perché appunto studiata per i mandriani che stavano lontani da casa per giorni e giorni, quindi doveva essere comoda e allo stesso tempo attrezzata per trasportare viveri e vari utensili utili per il sostentamento. Inoltre è dotata di staffe grosse e larghe che permettevano la fuoriuscita più facile per i piedi in caso di cattura di vitelli che venivano marchiati a fuoco.
MOTORI - SALONE DI GINEVRA
Il Salone di Ginevra È il più atteso. Il Salone di Ginevra è un culto per gli amanti delle auto, un appuntamento sospirato che fa sognare da generazioni. Il Salone 2015 è come sempre ricco di novità sia tra le supercar(e) sia tra le “utilitarie” da lanciare o fresche di restyling. In ogni caso il luccichio di ogni vettura toglie il fiato e fa brillare gli occhi.
42 di Serena Cominetti serena.edizioni@auraoffice.com
Supercar
Sono il vero cavallo di battaglia del Salone. Innovazione, tecnica, bellezza: in una parola lusso. Tra i grandi marchi, solo a pronunciarli ci riempiamo la bocca: Pagani, Ferrari, McLaren, Porche, Lamborghini, Aston Martin. Tra chi saluta il mondo con un annuncio dalla Confederazione Elvetica – Alfa Romeo presenta la 4C spider – e chi dice addio – Bugatti Veyron lascia il mercato dopo un decennio – il Salone lascia spazio ai grandi, come Audi – che presenta una super elettrica – e Cadillac. Con l’occasione viene anche presentata la supercar Morgan ed il rinato marchio Borgward.
MOTORI - SALONE DI GINEVRA
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La cara, vecchia, autovettura
Spazio anche alle “classiche” auto: Opel lancia Karl – che manda fuori listino la Agila – mentre Mini presenta la Clubman 6 porte. Vento di novità dall’oriente: le case asiatiche lanciano nuovi modelli di SUV pensati per le città e ridisegnano le familiari, come Subaru che presenta una nuova Outback. Spinta forte dall’Europa: BMW porta al salone la serie 2, Volvo la S60 crosscountry, Volkswagen la Golf GTD Variant. Una chicca? Gettate un occhio alla Bentley Grand Convertible.
Come le donne: a volte c’è bisogno di un restyling
Dei restyling si perde il conto: da BMW a Honda, da Audi a Hyundai, da Citroen a Kia, praticamente ogni casa automobilistica ne presenta uno. Per l’Italia Fiat presenta la Panda versione K-Way (tranquilli, la potete usare anche nelle giornate assolate!).
Concept
Giusto per avere uno sguardo al futuro, il consiglio è di fare una passeggiata nei pressi dello stand Lexus (dove è esposto un prototipo). Tra BMW e Audi poi gli studi di stile non mancano mai.
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FITNESS - RUNNING STRAMILANO
JOGGING o RUNNING?
Passatempo VS sport
di Rachele Donati De Conti racheledonatideconti@libero.it
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Spesso li confondiamo, crediamo siano sinonimi, usiamo un termine indifferentemente dall’altro, ma in realtà dietro queste due parole inglesi si nascondono due mondi separati e complessi, due modi diversi di intendere la corsa. Se vogliamo tenerci in forma, magari smaltire qualche chilo di troppo, allenarci e respirare all’aria aperta ma senza lo stress di una competizione e di avversari da superare, quello che fa per noi è il Jogging. Dal verbo inglese to jog, cioè procedere a balzi, il jogging ci porta a correre a passo lento, ai giardini pubblici o in riva al mare, in un’atmosfera piacevole e rilassata. Ci fa bene, ma non ci stressa. Il jogging può essere praticato da chiunque sia in buono stato di salute e migliora le funzionalità dell’apparato circolatorio, la densità minerale ossea e la resistenza fisica. Il jogging è usato anche come esercizio defaticante per chi pratica la corsa veloce, una sorta di step finale di un esercizio molto più complesso e impegnativo.
Se la “corsa a balzi” può essere considerata un passatempo, pur con i suoi benefici, il running è un vero e proprio sport. Il verbo inglese da cui deriva è to run (correre) inteso nel senso di chi corre costantemente con un percorso di allenamento e di affaticamento che lo porta a tentare ogni volta di superarsi. Il runner (colui che corre) è impegnato in uno sforzo anche di programmazione della propria corsa. Non si corre per respirare l’aria pura carica di iodio sul bagnasciuga, ma si corre per migliorare i propri tempi, per crescere a livello agonistico e per prepararsi a gare podistiche e maratone. Il running presuppone un’attenzione anche allo stile di vita, all’alimentazione che precede la gara, all’abbigliamento corretto (scarpe, tute, calzettoni...) che variano in maniera considerevole in estate rispetto al periodo invernale. Un atteggiamento mentale differente quindi, che porta a fare jogging la domenica mattina verso le 11.00, solo a primavera o in estate in previsione della prova costume, magari con le scarpe da ginnastica con cui andiamo a vedere la partita allo stadio. Cosa che probabilmen-
te fa inorridire il runner che corre la domenica mattina, ma alle 08.00 (o anche prima), anche con la pioggia e anche in pieno inverno e che investe risorse economiche non da poco nell’abbigliamento più corretto, unendo altre tipologie di allenamenti costanti. Ma una cosa possiamo dirla con certezza ed accomuna entrambe le pratiche: correre fa bene! Fa bene al nostro organismo, ma fa bene anche al nostro cervello. Perché? Quando si corre entrano in gioco numerosi ormoni tra cui l’adrenalina, il glucagone e il cortisolo che agiscono segnalando le modificazioni fisiologiche che avvengono nell’organismo (aumento della gettata cardiaca, controllo della frequenza respiratoria, accelerazione della contrazione muscolare). Ma l’adrenalina attiva anche il sistema cerebrale aumentando l’attenzione e modificando in senso positivo lo stato psichico. Durante l’esercizio fisico si attivano le endorfine che portano ad uno stato di quasi eccitazione del runner. Se la corsa fa bene al corpo e migliora l’umore, non ci resta che infilarci le scarpe (quelle giuste) e partire!
Il prossimo appuntamento per i runner è la
Stramilano
Domenica 29 marzo 2015, Ore 09.30 Milano, Piazza Duomo Competizioni: _ Stramilano dei 50.000 (10 km) _ Stramilanina (5 km) _ Stramilano half maraton (21.097 km) Info: www.stramilano.it
SALUTE E BENESSERE - APE RUNNING
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Iniziare a correre?
È un po’ come imparare a camminare... di Rachele Donati De Conti racheledonatideconti@libero.it
Correre non significa solamente mettere un piede davanti all’altro, mantenendo l’equilibrio e percorrere un tratto di strada ad un velocità più o meno sostenuta. La corsa porta con sé un mondo da scoprire e da conoscere, punti deboli da sviluppare, errori da evitare, affaticamenti più o meno pericolosi. È sufficiente seguire alcuni semplici consigli. Per prima cosa è necessario e obbligatorio calcolare l’Indice di Massa Corporea: se è superiore a 26 è meglio perdere qualche chilo prima di iniziare a correre, per evitare l’eccessivo affaticamento dei legamenti delle gambe e i conseguenti eventuali infortuni. L’Indice di Massa Corporea si calcola dividendo il nostro peso in chilogrammi per il prodotto della nostra altezza (in metri) per se stessa. IMC = PESO / (ALTEZZA in metri X ALTEZZA in metri) Prima di partire è inoltre fondamentale acquistare le giuste scarpe da running, facendovi consigliare in base al vostro
peso e in funzione del modello che vi calza meglio. Non sono la moda e i colori che dettano legge nella corsa! Altro consiglio è indossare l’abbigliamento adatto, senza coprirsi eccessivamente. È corretta la sensazione di leggero freddo quando si parte, sensazione che scompare dopo pochi minuti. Sudare durante la corsa non è il metodo per dimagrire più velocemente... Se abbiamo tutte le carte in regola per iniziare...ricordiamoci di dare sempre tempo al nostro fisico di prepararsi e di riscaldarsi adeguatamente. Cosa di meglio di alcuni esercizi di stretching? Dai più classici a quelli un po’ più particolari per allungare i muscoli sia delle gambe, ma anche delle braccia. Perché ogni azione sportiva, e quindi anche la corsa, impegna sempre tutto il nostro corpo e coinvolge tutti i muscoli. La corsa vera a propria va iniziata lentamente, per aumentare il ritmo dopo i primi cinque o dieci minuti.
Un buon programma di allenamento prevede diverse fasi e prevede una crescita progressiva dello sforzo per migliorare gradualmente le proprie prestazioni. Non è importante correre veloce, ma portare a termine il tratto di corsa che ci si è prefissati senza fermarsi. Se non avete mai corso, dovete iniziare alternando i tratti di corsa con tratti di camminata e man mano allungare i tratti di corsa fino ad unirli tra loro e arrivare all’obiettivo di un’ora di corsa di fila! È importante crescere gradualmente se- fase 2: 3 minuti di camminata + 4 minuti guendo diverse fasi: di corsa (da ripetere 5 volte), - fase 1: 3 minuti di camminata + 2 minuti - fase 3: 3 minuti di camminata + 6 minuti di corsa (da ripetere 6 volte), di corsa (da ripetere 5 volte), - fase 4: 3 minuti di camminata + 8 minuti di corsa (da ripetere 5 volte), - fase 5: 3 minuti di camminata + 12 minuti di corsa (da ripetere 4 volte), - fase 6: 5 minuti di camminata + 20 minuti di corsa (da ripetere 2 volte), - fase 7: 5 minuti di camminata + 25 minuti di corsa (da ripetere 2 volte), - fase 8: 5 minuti di camminata + 45 minuti di corsa, - fase 9: 5 minuti di camminata + 60 minuti di corsa, - fase 10: 10 km di corsa (8 per le donne) misurando il tempo. A questo punto non vi ferma più nessuno.
A Crema la corsa diventa solidale
Da un paio d’anni un gruppo di amici runner di Crema ha dato vita ad una realtà unica nel suo genere: l’APERUNNING! Luca Somensi, Carlo Milanesi, Aldo Pedrini e Roberto Traspedini organizzano periodicamente corse podistiche non competitive. E fino a qui nulla di strano... ma cosa si fa durante gli aperunning? Si corre e si gusta tutti insieme un ottimo aperitivo! È occasione per trovarsi, fare sport, divertirsi, ma anche fare qualcosa per gli altri meno fortunati. Perché la vera finalità dell’Aperunning è raccogliere fondi da devolvere in beneficienza alle realtà del territorio. Il prossimo appuntamento è per domenica 15 marzo alle ore 10.00 in Piazza Duomo a Crema per un’Aperunning Special dedicato alle persone portatrici di handicap, per prestare le gambe a chi non può correre!
ARTE - DELACROIX
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Eugène Delacroix
Medea furiosa uccide i figli - 1862, Louvre di Parigi di Susanna Tuzza susannatuzza@gmail.com Dopo l’uccisione di suo zio Pelia per la legittimazione del trono, Giasone si trovò ad affrontare le ire del cugino succeduto al padre. Costretto a fuggire con sua moglie Medea trovò riparo presso Corinto nell’Ellesponto, dove vissero felicemente per diversi anni e dove nacquero due figli. Ma Giasone si invaghì di Creusa, figlia del sovrano di Corinto, con la quale fuggì, abbandonando moglie e figli. Medea decise di vendicarsi nella maniera più crudele: nel giorno delle nozze mandò in dono alla sposa un abito nuziale con un diadema imbevuto di veleno. Ma soprattutto, ancora assetata di vendetta, decise di uccidere i propri figli avuti dalla relazione con Giasone.Il dipinto descrive proprio il momento più tragico di questa storia. Delacroix la mostra appartata in una grotta col volto allucinato. L’attenzione è rivolta ai particolari drammatici della figura di Medea: lo sguardo sconvolto e determinato, i capelli agitati dalla follia, il petto nudo, tutti espedienti cari al Romanticismo, così come il tema della follia d’amore, da cui Medea è colpita fino all’innominabile atto di togliere la vita ai propri figli. Delacroix si rivela abile nel giocare sul doppio valore della nudità, come canone classico, ma anche romantico. Gli eroi, i protagonisti del mito greco sono sempre nudi, perché puri, primordiali ed integerrimi. Qui, la nudità del Mito è ripresa, ma caricandola di altri significati, più vicini al Romanticismo: nudità dei bambini che è innocenza, nudità di Medea che è follia, disordine, scelta negativa. Anche altri particolari sono volti ad accentuare le caratteristiche di pathos della scena: l’ombra della caverna, che oscura lo sguardo allucinato di Medea; i volti dei piccoli bambini che di lì a poco verranno uccisi per vendetta, che non capiscono la drammaticità del momento e si divincolano innocenti; il gioco di abbracci, che dovrebbero essere amorevoli da parte della madre, invece imprigionano i figli, mentre una mano, che dovrebbe essere usata per proteggerli, brandisce il pugnale dell’imminente delitto.
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CASA & DESIGN - BIENNALE DI ISTANBUL
Rileggere il valore della Biennale d’Arte e provare a dare forma alle onde Saltwater: A Theory of Thought Forms. The 14th Istanbul Biennial dal 5 settembre al 1 novembre 2015 di Gaia Badioni gaia.badioni@hotmail.it
Istanbul è città infaticabile e in pieno fermento, un susseguirsi di manifesta-
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zioni, festival, concorsi, premi. Il 14 dicembre scorso ha chiuso i battenti la seconda edizione della Biennale del Design della città, The Future Is Not What It Used to Be, manifestazione gratuita durata 6 settimane e svoltasi tra i 2300 metri quadrati della Galata Greek Primary School e il tessuto urbano, coinvolgendo più di cinquanta progetti di designer internazionali. La curatrice, la britannica Zoë Ryan, ha chiesto ai partecipanti di rispondere alla domanda “Che cos’è il futuro ora?” e la risposta è arrivata non solo dal mondo del disegno industriale, ma anche da altri campi come la progettazione di spazi urbani, l’architettura e l’interior design, segno della versatilità di questa disciplina e della voglia dei giovani progettisti di mettersi in mostra e di esplorare spazi di dialogo nuovi. Zoë Ryan ha anche pensato di valorizzare e promuovere la città attraverso l’iniziativa Design Walks, una serie dipasseggiate tematiche con lo scopo di far scoprire la natura orientata
al design della città e un tessuto cittadino fatto di laboratori artigianali, studi, negozi ed edifici di importanza architettonica. Organo organizzatore e promotore di questa lodevole manifestazione è l’Istanbul Foundation for Culture and Arts (İKSV), il medesimo che nel 1987 diede inizio alla Biennale d’Arte di Istanbul con la prima edizione chiamata Contemporary Art in Traditional Spaces e affidata alla curatela e organizzazione alla giovane gallerista Beral Madra. Per la quattordicesima edizione, che si terrà dal 5 settembre al 1 novembre 2015, l’IKSV ha pensato in grande e ha deciso di affidare la regia a Carolyn Christov-Bakargiev, già direttrice nel 2012 di quella che forse è la più importante esposizione internazionale di arte contemporanea al mondo: dOCUMENTA 13. Per Kassel, Carolyn Christov-Bakargiev anni prima dell’inaugurazione dell’edizione da lei coordinata aveva fatto partire una serie fitta di workshop e dibattiti sfociati poi nella pubblicazione, insieme al catalogo di Documenta, di cento notebook per ripercorrere a 360°
cinque anni di lavoro, non solo puramente artistico figurativo, ma anche filosofico. La pratica delle collaborazioni e della progettazione in team è cosa, quindi, usuale per la studiosa americana e che ha deciso di riproporre anche a Istanbul individuando un gruppo di esperti (artisti e curatori) che si affiancheranno a lei per lo sviluppo della Biennale seguendo tre parole chiave: Linea - Alleanza – Onda. Nell’anno, il 2015, che coincide con il centesimo anniversario dello sbarco alla baia di Anzac da parte dell’impero britannico e della Francia, nonché con l’anniversario del genocidio degli Armeni, queste tre semplici parole immediatamente ci fanno comprendere in modo profondo a cosa saranno ispirati i progetti di Saltwater: A Theory of Thought Forms. Le alleanze serviranno a rompere le barriere tra curatori e artisti, metodologie e obiettivi, con il soloscopo di creare una “mostra che potrebbe essere ovunque nel mondo” per fuggire dalla “dittatura della periodicità e del confronto che grava sulla testa di tutte le biennali”. Lei stessa ha dichiarato
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che “si imbarcherà alla ricerca di dove tracciare la linea, dove ritirarsi, da dove attingere, cosa comunicare. Lo farà in mare aperto, su superfici piatte con la punta delle dita, ma anche nel profondo, sott’acqua.” E proprio il riferimento alle onde subito apre alla visione dello stretto del Bosforo, la radice geografica dell’ospite, una linea di divisione tra Europa e Oriente, ma anche una miscela di acqua salata e dolce che unisce, in profondità, negli abissi, il Mar Mediterraneo con il Mar Nero. Un’esperienza totale, unica per gli artisti e per i visitatori e che, attraverso lo stravolgimento in tutte le direzioni possibili e le più svariate declinazioni di un solo elemento, permette di analizzare il reale in senso politico – psicanalitico –
fisico – scientifico – storico – estetico. Al suo fianco, tra i tanti, Ute Meta Bauer, l’immancabile William Kentridge, l’artista turco Füsun Onur e la giovanissima Arlette Quynh-Anh Tran, nata a Berlino e residente in Ho Chi Minh City (Saigon), che nonostante la sua giovane e fresca età già vanta numerose partecipazioni a vari progetti culturali sia come curatore, che come membro del comitato scientifico. La Turchia rappresenta indubbiamente una delle aree più interessanti e con maggiori prospettive di sviluppo nell’arte contemporanea e tutto questo grazie al solo sostegno dei privati, in primis delle tre principali banche, Yapi Kredi, Garanti e Akbank e di alcuni gruppi industriali, che a partire dagli anni ’80 hanno dato una generosa spinta alla promozione di questo settore. Nel 2004, con il sostegno delle più importanti corporate turche, è stato aperto l’Istanbul Modern, il museo di arte moderna della città, che negli ultimi cinque anni ha visto aumentare la sua collezione anche attraverso la pratica dei prestiti a lungo termine. Il fenomeno di promozione dell’arte contemporanea turca è diventato nel tempo così notevole da destare l’interesse della Tate di Londra, che nel 2009 ha deciso di costituire al suo interno il comitato Middle East North Africa Committee per ampliare la collezione con acquisti di opere provenienti da queste aree
geografiche. E ancora, recentemente Vehbi Koç Foundation (sostenitore di ARTER, Space for Art) ha finanziato con 10 milioni di dollari due nuove gallerie dedicate all’arte ottomana presso il Metropolitan Museum of Art di New York. A tal proposito, in una recente intervista, Beral Madra ha raccontato la Istanbul figlia di quella biennale d’arte che, alla fine degli Anni Ottanta, era solo un festival “di periferia”, ma anche dell’attuale questione – spinosa – dei musei privati e del collezionismo turco. Il non avere fondi per supportare la produzione artistica né una struttura per l’arte contemporanea preposta alla tutela e alla conservazione del patrimonio più recente ha fatto sì che prevalesse il gusto personale dei magnati turchi e meno quello nazionale e puro degli artisti. Negli Anni Settanta era presente l’arte concet-
tuale in Turchia, mentre negli Anni Ottanta si facevano interessanti installazioni, ma queste opere raramente si possono vedere nelle istituzioni locali. La prima direttrice della biennale di Istanbul ha anche affermato, però, che la Biennale è sicuramente un mezzo per rendere le persone consapevoli dei problemi esistenti e della necessità di un pensiero libero i cui effetti positivi si sono visti nel sistema educativo universitario, con il fiorire di numerosi dipartimenti di studi curatoriali e di art management. Con queste premesse e molti punti di riflessione, la Biennale 2015 davvero appare come una nave in mare, tra tempeste e tramonti purpurei mozzafiato; una nave pronta a sfidare l’orizzonte e l’ignoto con temperamento impavido e cuore poetico, ricordando Hikmet: “Il più bello dei mari è quello che non navigammo...”
LA PAUSA COMICA - RAT- MAN
UN SUPEREROE TUTTO ITALIANO “Fletto i muscoli e sono nel vuoto” (Rat-man n.1)
56 di Matteo Pigoli boyscoutzinthehood2@yahoo.it
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Come molti supereroi la sua identità è sconosciuta, come alcuni supereroi il suo aiutante segreto è il maggiordomo (Arcibaldo), come molti supereroi aiuta la polizia e difende la giustizia... Anche se in questo caso non si tratta esattamente del supereroe che ci si potrebbe aspettare. “Rat-man” nasce nel 1989 dalla penna di Leo Ortolani e vede la luce in alcuni numeri della rivista a tema fumetti “L’eternauta”. Nel pieno degli anni ‘90 non manca di farsi notare e attrae sempre di più il pubblico giovanile dell’epoca fino al venir notato dalla Panini Comics, casa editrice corrispettiva della Marvel Italia per diventare il fumetto che molti ormai siamo abituati a conoscere ed apprezzare. La serie trae forza dalla grandissima comicità e ironia di Leo Ortolani, geologo sulla carta nato il 14 gennaio 1967, che in ogni numero cita Basti pensare alla mini-serie di “Venerin maniera esilarante grandi classici del dì 12”, chiaro riferimento alla serie horfumetto, del cinema e dell’attualità. ror-slasher di “Venerdì 13” o alle fattezze dell’ispettore Brakko, migliore amico del nostro eroe, che strizza l’occhio a Danny Glover in “Arma Letale”! Le citazioni poi si sprecano, ogni copertina è un sapiente richiamo a quel mondo che Leo Ortolani vuole tributare con le sue opere, ma sempre in chiave coerente con i personaggi e la trama che nonostante quanto possa sembrare è ben ramificata e trascinante. Vincitore di numerosi premi nel campo del fumetto nazionale e internazionale, “Rat- man” è a tutti gli effetti un caposaldo del fumetto italiano del XXI° secolo, tra i più divertenti e riflessivi periodici in circolazione! Ormai superato il numero 100, Rat-man, continua nonostante tutto ad uscire, per la gioia dei fan, e dello stesso Ortolani, che ha ammesso che nonostante avesse voluto terminare la saga, resta impossibile abbandonare il personaggio da lui stesso creato e da noi tutti amato. Evidente segno di come questo sia ormai entrato nella cultura fumettistica popolare.
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SPECIALE - FESTA DEL PAPA’
Tanti Auguri, Papà! di Elena Degl’Innocenti deglielena@gmail.com
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Chi di noi, da bambino, non ha festeggiato il 19 Marzo preparando, orgoglioso, per il proprio papà un lavoretto di cartone e sughero, tenuto insieme da colla, colori e tanto amore? Diffusa e amata in tutto il mondo, forse non tutti sanno che la Festa del Papà si celebra in questa data solo nei paesi di lunga tradizione cattolica, come l’Italia, la Spagna e il Portogallo; questo perché, secondo il culto religioso, è associata a San Giuseppe, padre putativo di Gesù e archetipo della perfetta figura paterna. Nel resto del mondo questa festa ha origini e tradizioni diverse, tanto che la sua data di celebrazione varia molto da paese a paese. In Germania, ad esempio, coincide con il Giorno dell’Ascensione e prende il nome di Mannertag, o Herrentag, “Giorno degli Uomini”. Una delle tradizioni più diffuse è quella di formare comitive di uomini che spingono un carretto pieno di bevande alcoliche, che naturalmente finisce poi per “alleggerirsi” durante la processione profana. In Russia la festa ha un significato decisamente più civile e si celebra il 23 Febbraio, quando vengono onorati – in un’estensione del con-
cetto di paternità - i difensori della Patria. Suggestiva la tradizione d’Oltralpe, per cui i bambini francesi regalano una rosa rossa al proprio papà, ed una rosa bianca a quelli che purtroppo non ci sono più. Qualcosa di simile accade anche in Inghilterra, dove i padri ricevono fiori, dolci e cioccolatini, mentre in Sud America si accendono grandi falò celebrativi ed i papà sono sfidati a saltarli. Negli Stati Uniti la Festa del Papà si celebra la terza domenica di Giugno: ne fu ideatrice una donna, Sonora Dodd. Il 19 Giugno 1910 organizzò una festa a Spokane, nello stato di Washington, per celebrare il padre, soldato nella Guerra di Secessione Americana ed “eroe”, per avere allevato da solo sei figli, in seguito alla morte di parto della moglie. Origini e tradizioni, date e storie differenti, ma che rimandano tutte ad un comune denominatore: celebrare una delle costanti figure cardine della vita di ogni essere umano. Così, anche quest’anno, il 19 Marzo torniamo per un attimo bambini e non dimentichiamoci di dire, magari accompagnandolo con un lungo abbraccio... Auguri papà!
CURIOSITA’
CURIOSITA’
MARZO di Rachele Donati De Conti racheledonatideconti@libero.it
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Il sottofondo musicale della primavera
Marzo è per eccellenza il mese della Primavera. Un anno fa proprio a marzo inauguravamo la rubrica “Curiosità” con due pagine dedicate alla stagione in cui la natura si risveglia e fanno capolino le gemme e le prime foglioline. E in tema di natura e di verde, come non fare cenno ad una delle più belle poesie della coppia Mogol/Battisti. “I giardini di Marzo si vestono di nuovi colori/e le giovani donne in quei mesi vivono nuovi amori”...versi semplici che rievocano immagini che ognuno di noi prima o poi si è costruito nella mente. Chi non ha visto passare il “carretto” con l’uomo che “gridava gelati”? E chi non si è immedesimato nei ragazzi che “all’uscita di scuola vendevano i libri”? Anche le canzoni, e soprattutto quelle a volte, accompagnano più o meno in sottofondo i momenti importanti della vita e le stagioni dell’anno.
Storia e leggenda: le Idi di Marzo 15 marzo 44 a.C.: una data nota agli studenti, man mano dimenticata da chi non frequenta più la scuola. Ma il modo di dire “guardati dalle idi di marzo” resta comprensibile a tutti ancora oggi anche se sono passati più di 2000 anni. In Senato a Roma nel giorno delle Idi (indicazione del calendario romano per il 15 del mese di marzo, maggio, luglio e ottobre e per il 13 degli altri mesi) di marzo Cesare viene assassinato da un gruppo di senatori che ritenevano così “nobilmente” di scongiurare il suo potere dittatoriale, o (molto meno nobilmente) pensavano di pareggiare alcuni torti subiti. Un indovino aveva preannunciato a Cesare il pericolo di recarsi in Senato quel giorno, ma il dittatore aveva sottovalutato l’avvertimento. È sempre meglio tenere in considerazione i consigli....soprattutto degli indovini....
Tutto diventa verde
Anche i fiumi si tingono di verde, il colore simbolo dell’Irlanda, per celebrare il patrono della nazione del trifoglio. San Patrizio si festeggia in lungo e in largo per l’Irlanda con sfilate per le vie cittadine e facendo rivivere anno dopo anno la tradizione che vuole che si mangino cibi verdi e ci si vesta dello stesso colore il 17 marzo. Anche il fiume di Chicago viene tinto del colore della speranza. Ma non è necessario andare fino in Irlanda per festeggiare il Saint Patrick’s Day: in Italia si celebra in località idelamente legate all’Irlanda come nel piacentino a Bobbio, a Caorso e a Grazzano Visconti, oltre che a San Sebastiano dei Marsi in provincia dell’Aquila.
Una passeggiata? Non proprio.....
Il mese di marzo 1965 segna una svolta nella storia e nella vita dell’uomo: è la prima volta che un astronauta “passeggia” nello spazio aperto. L’uomo è Alexei Leonov e la data è il 18 marzo. Nome e giorno che non si dimenticheranno. Un evento che fu un successo, una missione compiuta e un traguardo raggiunto. Ma non fu così semplice come la raccontiamo.... Leonov ebbe problemi a rientrare nella capsula e anche l’atterraggio non andò esattamente come avevano previsto. Ma quello che conta è il risultato, no?
- PERSONA 5
GAMES
Siete pronti a tornare sui banchi di scuola? Entro la fine dell’anno dovrebbe uscire il nuovo, attesissimo, capitolo della saga Shin Megami Tensei per Playstation3 e Playstation4 di Nicola Guarneri guitartop@libero.it
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Se siete appassionati di videogiochi non potete esservi persi la saga Megami Tensei. Dall’uscita del primo titolo, datato 30 ottobre 1992, sono passati più di vent’anni ma le avventure di Persona 5 sono pronte a invadere le console di ultima generazione. Diamo giusto un paio di indicazioni per i neofiti: Persona 5 è un gioco di ruolo in cui il videogiocatore impersona uno studente giapponese. In seguito a un primo annuncio nel 2013, il 5 febbraio 2015 è stato pubblicato un trailer (facilmente reperibile su youtube) che ha permesso di captare qualche particolare in più sulla trama. Il protagonista è al secondo anno di liceo e una parte fondamentale del gioco sarà ambientata proprio nella scuola superiore, interagendo con i compagni e seguendo le lezioni. La ShujinAcademy è localizzata nel quartiere Shibuya ma lo sviluppo del gioco avverrà in tutta Tokyo, un decisivo passo in avanti dopo che il quarto capitolo della
saga era stato ambientato in un tranquillo centro extraurbano. Ebbene sì, perché di notte il nostro protagonista diventa il capitano di una piccola squadra di ladri. Il suo alter ego non può che scegliere “Arsène” come pseudonimo, in onore del grande ladro nato dal genio di Maurice Leblanc. Il nostro Arsène nel trailer è visto al comando della sua banda, composta da altri due ragazzi e da un gatto, mentre pianifica un colpo tra i tavoli verdi di un casinò. Nonostante le parti giocate si alternino a quelle animate, nella manciata di secondi del trailer si può intuire come i capisaldi dei giochi di ruolo vengano rispettati, a partire dall’opportunità di evitare gli scontri affidandosi a dinamiche stealth. Insomma, mancano ancora diversi mesi all’uscita di Persona 5 ma a giudicare dal rumore che un singolo trailer ha scatenato tra gli appassionati possiamo solo immaginare il successo che avrà il gioco una volta che arriverà sugli scaffali dei negozi di videogiochi.
Stealth
Originariamente gli stealth erano dei videogiochi d’azione in cui l’obiettivo era raggiungere uno scopo evitando lo scontro diretto con il nemico: servivano quindi pazienza e grande spirito di osservazione, come in Metal Gear (1987) o Commandos (1998). Diversi videogiochi del terzo millennio hanno ripreso questa opportunità affiancandola al classico scontro a fuoco e lasciando al videogiocatore la possibilità di scelta.
- GIORNATA MONDIALE DELLA FELICITA’
SPAZIO POSITIVO
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20 marzo
La giornata internazionale della felicità Laura Gipponi info@lauragipponi.com La felicità, quella bellissima sensazione che quando la si prova ti sembra di toccare il cielo con un dito; quello stato d’animo che ti rende leggero, che ti fa sentire parte dell’universo, che suscita entusiasmo a mille, voglia di sorridere, di correre, di abbracciare chi ti sta vicino; quella grande magica voglia di vivere che pervade il corpo e la mente e che avverte subito chi ti si avvicina; quell’effetto speciale che solo l’amore riesce a creare, amore per chi abbiamo accanto, amore per la famiglia, amore per gli amici ma anche amore per ciò che ci circonda, per le bellezze della natura, per qualcosa che ci appassiona. Ogni persona ha il suo modo di vivere la felicità perché questa può scaturire da un avvenimento piacevole, una bella e profonda esperienza, un susseguirsi di momenti che si desidera veder realizzati, ma anche e soprattutto da piccole semplici cose che vedi o si verificano intorno a te per le quali occorre essere particolarmente sensibili per riuscire a catturarle. Io credo che sia proprio la capacità di cogliere
queste piccole cose a rendere grande la nostra felicità, perché apprezzandole e provando gratitudine incondizionata preparano il terreno per sentirsi felici. Quando impariamo a gioire e ci emozioniamo per le piccole cose, apriamo la nostra mente ad accogliere con ancora più entusiasmo ed emozione le grandi cose. Solo in questo modo riusciamo ad innescare il meccanismo per una vita felice. Non sono le grandi cose materiali a renderci felici, ma è la consapevolezza di ciò che siamo e facciamo di buono, è la soddisfazione di rendersi utili a qualcuno solo per amore, è l’essere capaci di godere un momento in condivisione con la natura che ci porta dentro la felicità. Solo provando sentimenti e stati d’animo buoni e positivi possiamo essere felici. Se desideriamo la felicità impariamo ad allontanare ogni sentimento negativo, rabbia, gelosia, invidia, odio. Tutto ciò che non è buono non porta felicità. Iniziamo da questa giornata mondiale e proviamo ad essere felici grazie ad una piccola e semplice cosa buona. È facile!
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RICETTA SALATA - VINO SALATO
Petto di pollo con acciughe e broccoli Ingredienti: 2 petti di pollo interi 500gr di patate 400gr broccoli 1 scalogno 40gr acciughe sott’olio 100gr mozzarella 1\2 bicchiere vino bianco sale e pepe olio extravergine oliva
Preparazione 68
Lavare le patate, cuocerle per venti minuti in acqua salata, pelarle e tagliarle a bastoncini. Lavare i broccoli, ridurli a cimette e sbollentarli in acqua salata. Pelare e tritare lo scalogno. Con un coltello aprire i petti di pollo a libro, appiattirli leggermente con un batticarne, salare, farcirli con i broccoli, le acciughe sgocciolate e la mozzarella ridotta a pezzetti. Richiudere la carne su se stessa e legarla con lo spago da cucina. Adagiare i petti di pollo su una placca da forno, cospargerli con lo scalogno tritato, bagnare con il vino bianco, condire con olio, sale e pepe e cuocere in forno a 220 gradi per 15 minuti. Togliere i petti di pollo dal forno, eliminare lo spago, tagliarli a fette e servirli con le patate.
Gutturnio Frizzante
colore: rosso rubino brillante di varia intensità odore: vinoso e caratteristico sapore: secco o abboccato, fresco, giovane, tranquillo o vivace
Tipico vino della tradizione piacentina, deve il suo nome ad una ricetta inventata, in epoca romana, da Lucio Calpurnio Pisone, suocero di Giulio Cesare, la cui madre aveva origini piacentine. Il nome si deve alla coppa d’argento – gutturnium – di circa due litri, in cui veniva servito. Veniva passata di mano in mano al termine del pasto come simbolo di fraternità e amicizia. Una storia più recente vuole che venga servito in ciotole di porcellana. Il Gutturnio è ottenuto dai vitigni Barbera (55-70%) e croatina (30-45%). La croatina, localmente è detta anche bonarda, intesa come Bonarda dell’Oltrepò Pavese.
RICETTA DOLCE - VINO DOLCE
Torta mimosa Ingredienti PAN DI SPAGNA: 200gr farina 00 200gr zucchro 6 uova Rum/succo d’arancia per la bagna Ingredienti CREMA PASTICCERA: 200gr latte intero 50gr panna fresca da montare 4 tuorli 75gr zucchero semolato 20gr amido di mais 1 bacca di vaniglia 500ml panna fresca da montare
Procedimento
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1)Preparare il pan di spagna 2)Preparare la crema pasticcera 3)Montare la panna fresca fino ad ottenere un impasto spumoso che si attacca alle fruste; non di più, altrimenti diventa burro Tagliate il pan di spagna in 4 dischi dell’altezza di 1,5cm. Prendete uno dei dischi centrali e ricavatene dei cubetti di 1cm di lato da utilizzare dopo per la copertura di tutta la torta. Amalgamate la panna montata alla crema pasticcera conservando qualche cucchiaiata di panna da parte che servirà successivamente. Riprendete la crema pasticcera amalgamata con la panna e tenetene 1/3 da parte. Prendete il primo disco (la base) di pan di spagna e bagnatelo abbondantemente con il liquore o il succo d’arancia e quindi spalmateci uno strato di panna montata e proseguite mettendo la crema pasticcera unita alla panna. Mettetene in bel po’. Quindi coprite con il secondo disco di pan di spagna e procedete come per la base: inumidite, strato di panna, crema farcita. Completate con il disco finale ricomponendo la torta. Ricoprite ora la torta con 1/3 della crema tenuta in precedenza. Questo per creare uno strato colloso sul quale si attaccheranno i cubetti di pan di spagna creati in precedenza. Inumidire i cubetti con il succo d’arancia, attaccarli per bene su tutta la superficie della torta compresi i lati. Spolverare con zucchero a velo e lasciare riposare in frigorifero almeno un paio d’ore prima di servirla.
Bracchetto d’Acqui colore: rosso rubino o porpora con spiccati riflessi violacei, tendenti al rosato o al granato chiaro; profumo: delicato e aromatico, richiama i sentori della frutta matura e degli aromi floreali; gusto: si distingue per la sua dolcezza e per il suo sapore gradevole, morbido e delicato, accompagnato da un perlage fine e resistente. temperatura: la temperatura ottimale per la degustazione è compresa tra 8-12 gradi; calice: tulipano.
Già al tempo dei Romani si produceva il Vinum Acquense, probabile antenato del Brachetto D’Acqui; definito celebre nell’Ottocento venne classificato nel 1922 come. “[...] vino di lusso, appartenente alla categoria dei vini rossi dolci e aromatici; ha un profumo speciale, moderatamente alcolico e zuccherino, non molto colorito, che per di più si consuma spumeggiante”. Il vitigno utilizzato è quello del Brachetto, che produce grappoli dal colore blu-violaceo, spesso ricoperti da un esteso strato di pruina e dallo spiccato profumo di rosa.
Luca Fiorani, Barcellona
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Paolo Nelli, Colmar
EVENTI Expo 2015
ANTICIPAZIONI
Sul prossimo numero troverete anche... Manca un mese all’attesissimo appuntamento con l’Expo di Milano: dopo gli scandali e i ritardi il capoluogo lombardo si farà trovare pronto?
SPORT CERTIFICATI Tiro al piattello
WWW.LAPAUSA.EU/PINK
L’esperienza di Roberto Carnevali e i programmi della Regione Umbria nel tiro al piattello, uno degli sport che da sempre regala ai colori azzurri i più grandi successi olimpici
TELEFIM Better Call Saul
E chi ha detto che gli spin-off non funzionano? Con Better Call Saul torna l’universo narrativo di Breaking Bad e Walter White. Già dopo il primo episodio la serie di Vince Gilligan è un successo
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