ANNO 1
N.3
agosto 2013 Rivista on-line Gratuita ------------------------------------------------------------------------------------------
DIRETTORE RESPONSABILE Pasquale Ragone DIRETTORE EDITORIALE Laura Gipponi HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Marco Faioli, Diana Ghisolfi, Giuseppe Pastore,Nicola Guarneri, Luca Romeo, Gianmarco Soldi,Gianluca Corbani, Simone Zerbini, Marta Ettari, Gaia Bonvini, Gianluca Bertoni, Francesco Cianciarelli. DIREZIONE_REDAZIONE_PUBBLICITA’ AURAOFFICE EDIZIONI Proprietà de: “Il Tesoro della Mente SRL a socio unico” 26013 Crema (Cr) _ Via Diaz 37 Tel 0373 80522 _ Fax 0373 254399 edizioni@auraoffice.com GRAFICA E IMPAGINAZIONE Stile Libero adv_Francesco Ettari_Cremona www.lineastilelibero.it ©Testi e foto non possono essere riprodotti senza autorizzazione scritta dell’Editore. Le opinioni espresse negli articoli appartengono ai singoli autori dei quali si intende rispettare la piena libertà di espressione.
Registrato al ROC n°: 23491
NATURA
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ANIMALI
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>> SCHERZI DELLA NATURA E DELL'UOMO
>> ANCHE IL BRADIPO VA IN VACANZA
>> BREAKING BAD, STAGIONE 5
>> BUKOWSKY >> IL LIBRO DEL MESE
TELEFILM
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POLITICA
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24
>> IL TRIONFO DI MURRAY
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SPORT
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>> LO SPORT A UN BIVIO
>> UN MONDO DI RISATE
SPORT
LIBRI
OROSCOPO 28 >> QUELLO CHE IL FUTURO NON TI RISERVA
Chi smette di fare pubblicità per risparmiare soldi è come se fermasse l’orologio per risparmiare il tempo. Henry Ford
78 MILA PERSONE LEGGONO “LA PAUSA”
PER INFORMAZIONI CONTATTACI: Tel 0373 80522 _ commerciale@lapausa.eu
NATURA | SCHERZI DELLA NATURA
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SCHERZI della NAT e dell’UOMO Gli alberi sono organismi fondamentali per l’ecosistema e ne esistono migliaia di specie. Tra queste la natura ne ha create anche di stravaganti: numerosi sono infatti gli alberi con forme e colori sorprendenti. Ma la conformazione dell’ambiente non è sempre opera della natura.
TURA
NATURA | SCHERZI DELLA NATURA
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In Cambogia, nel tempio di Ta Phrom, gli alberi circondano il sito creando un’atmosfera suggestiva. Ma non sono semplici alberi: si tratta di Kapok (Ceiba pentandra), specie che raggiunge i 60-70 metri di altezza e i 3 metri di diametro. Il Kapok possiede un tronco e grossi rami rivestiti di spine, di Ficus watkinsiana (ficus strangolatori) e di Tetrameles nudiflora. Tutte piante che si impongono nel paesaggio grazie alla loro particolare forma: il punto forte è l’imponenza delle radici, che scivolano sulle rovine come se le stessero calpestando. Spostandosi a est, più precisamente sull’isola di Mindanao, nelle Filippine, viene individuato il luogo di nascita dell’Eucalyptus deglupta, detto anche Rainbow Eucalipto grazie al tronco color arcobaleno. Adatta a un tipo di clima tropicale e subtropicale, questa specie di eucalipto è l’unica che si trova nell’emisfero settentrionale. Coltivati per produrre legno e carta, gli alberi sono stati esportati verso lo Sri Lanka, il Congo e la Nuova Guinea. Colori molto accesi quali l’arancione, il giallo, il rosso, il marrone e il verde animano i parchi, i giardini e i prati in cui cresce. Ed è con l’avanzare del tempo che la corteccia si
sfalda e mette in mostra gli strati inferiori e i colori brillanti. In questo modo, con i suoi 70 metri d’altezza, l’Eucalipto arcobaleno non è mai uguale, trasformando continuamente il proprio aspetto. Nel desertico e arido Bahrain, invece, vive un vero e proprio dono della natura: l’albero della vita. Appartenente alla specie Kandi (Prosopis cineraria), si erge per quasi 10 metri d’altezza in una zona desertica totalmente priva di vegetazione. Il fascino che lo circonda è dato dall’assenza di qualsiasi sorgente d’acqua nelle vicinanze e dalla maestosa chioma verde che arriva a toccare la sabbia sul suolo. Sopravvivendo quasi per magia, l’albero è il simbolo della resistenza alle avversità da 400 anni. Inoltre, secondo la leggenda, è la testimonianza vivente del giardino dell’Eden. Ma non è sempre di Madre Natura la firma apposta sulle opere d’arte della terra. Anche l’uomo si improvvisa artista e in California, negli anni Quaranta un agricoltore di origini svedesi ha dato vita a una mostra a cielo aperto, inaugurando il parco The Circus Tree: all’interno sono stati piantati una sessantina di alberi scolpiti. Axel Erlandson, l’artista, aveva la grande abilità di dare forme diverse
e assurde ai tronchi degli alberi. Il simbolo del parco è il Basket Tree, una formazione di sei sicomori piantati in cerchio, uno vicino all’altro, che intrecciandosi ricordano la struttura di un diamante. I sei tronchi sono stati curati affinché si sovrapponessero l’uno con l’altro in un reticolo di legno. La suggestiva resa visiva è quella di un unico gigantesco albero, il cui tronco bucherellato sembra in attesa di un cestita pronto al lancio. Il mistero invece aleggia sulla foresta degli alberi ricurvi in Polonia. Nei pressi di Gryfino, attorniata da centinaia di alberi, si sviluppa la crooked forest, un gruppo di cento pini deformati alla base. Il loro tronco difatti, prima di elevarsi è piegato di 90° in orizzontale verso nord. L’arco di curvatura misura da 1 a 3 metri ma nonostante ritornino in posizione verticale, non sono caratterizzati da una grande altezza, dato che raramente superano i 15 metri. Piantati nel 1930, la piegatura precede la seconda guerra mondiale. L’ipotesi più accredi-
tata è quella di un intervento umano che ha costretto gli alberi, nei loro primi 7-10 anni di vita, a crescere premuti alla base. Il motivo reale non si conosce, quindi il dubbio che sia uno spettacolo creato dall’uomo o dalla natura rimane. Ci sono diverse teorie che ci vedono protagonisti: secondo alcuni i carri armati durante la guerra avrebbero spezzato il tronco appena nato; secondo altri la responsabilità sarebbe dei contadini locali, che con l’intento di usare il legno per costruire lame per slitte, mobili o strutture per le barche, avrebbero modificato la crescita delle piante. Per quanto concerne le cause naturali si è pensato a un violento vento o a una forte nevicata. Come al solito c’è anche qualcuno che propone la spiegazione extraterrestre: che siano stati gli alieni? Diana Ghisolfi
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Anche il BRADIPO va in vacanza
ANIMALI | ANCHE IL BRADIPO VA IN VCANANZA
Il bradipo è l’animale che peggio incarna la cultura occidentale: è il mammifero più lento del mondo e non combatte ferocemente i suoi avversari. Nonostante ciò è una forza della natura, perché sa difendersi dagli attacchi dei predatori stando fermo ed è in grado di resistere al dolore delle ferite e alla mancanza di acqua e cibo con grande vigore. Il bradipo non è un animale bello, ma è molto è simpatico. Approssimativamente il suo corpo è lungo 60 cm (con una coda di 6 cm) e pesa 8 kg. La testa è rotonda e la faccia piatta, le orecchie nascoste nella pelliccia (di un colore tra il marrone e il grigio) e le zampe anteriori terminano con due o tre unghie lunghe e prominenti. Quest’ultima caratteristica è il riferimento per la loro classificazione in bidattili e tridattili: i primi sono leggermente più grandi,
ANIMALI | ANCHE IL BRADIPO VA IN VACANZA
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sopravvivono in cattività e si trovano sui rilievi, i secondi invece vivono principalmente sulle coste. Creature solitarie che abitano le foreste pluviali del sud America, estremamente pacifiche, vengono disturbate solamente da qualche boa o giaguaro alla ricerca di un buon pasto. Per il resto passano le giornate in totale relax, neanche l’uomo li disturba, tanto che tra i mammiferi sono tra gli animali meno conosciuti e studiati. Quel che è certo è che si tratta di un mammifero erbivoro, di una specie arboricola che si distingue per i denti poco sviluppati, anche se fa parte della famiglia degli sdentati. Simboli di pigrizia, i bradipi passano la vita sugli alberi dormendo più di 15 ore al giorno. Sono sedentari a tal punto che nel pelo cresce un’alga verde, che viene considerata un tutt’uno con l’animale. Di notte i bradipi sono più attivi, si nutrono con foglie e frutti e traggono l’acqua dalla linfa delle piante o dalla rugiada. Ma dopo aver mangiato tutto il brio svanisce e ritornano all’ozio totale durante la digestione, che è estremamente lenta (talvolta può durare persino un mese). Per questo motivo la popolazione lo-
cale li chiama “kukula”, cioè orsi pigri. Solamente in casi eccezionali scendono dall’albero, generalmente una volta a settimana per urinare e defecare; poi come veri abitanti modello della foresta scavano una buca e coprono il tutto concimando così il terreno. Se per caso cadendo finiscono in un corso d’acqua, si rivelano anche nuotatori provetti, poiché si adattano benissimo e con abilità compiono ampi movimenti che gli permettono di nuotare velocemente. Al contrario, sulla terra, si muovono faticosamente a causa degli artigli e in posizione prona avanzano trascinandosi con la spinta delle zampe posteriori. Ma restando quasi sempre appesi ai rami, hanno fatto degli alberi il loro nido d’amore: lì si accoppiano e dopo sei mesi di gestazione le femmine partoriscono un unico piccolo, che resterà aggrappato alla madre e sarà la sua ombra per altri nove mesi. Il corteggiamento avviene attraverso richiami bassi e lamentosi, sebbene siano animali piuttosto silenziosi e dato il loro carattere enigmatico non c’è di che stupirsi. In Costa Rica le persone si sono interessate al mondo dei bradipi e, viceversa, gli animali si sono dimostrati aperti all’affetto degli umani. Tanto è che in cattività le
bestiole si sono rivelate più longeve, arrivando ai vent’anni, mentre in natura vivono circa fino ai dodici anni. L’Aviarios del Caribe Sloth Sanctuary è il paradiso dei bradipi costruito nel distretto di Cahuita. Un rifugio dove vengono protetti e ospitati i bradipi orfani o feriti, gestito da medici veterinari e volontari. Fondato 20 anni fa da Luis Arroyo e Judy Avery, il centro si occupa di studiare e far conoscere questo straordinario animale. Online è possibile vedere video e documentari registrati all’interno della struttura che mostrano alcune volontarie mentre si prendono cura di cuccioli di bradipo. I piccoli vengono insaponati, risciacquati, cosparsi di foglie di tè, per garantire una maggiore freschezza e protezione dai parassiti, e infine avvicinati a una strutturagioco per arrampicate, dove si appendono in attesa di asciugarsi mentre masticano fiori rossi come fossero caramelle. In questo vero e proprio santuario i bradipi vengono coccolati e viziati durante un periodo delicato della loro vita e con la loro innata tenerezza ripagano la grande passione dei volontari. di Diana Ghisolfi
TELEFILM | BREAKING BAD - STAGIONE 5
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BREAKING BAD stagione 5
L’11 agosto è una data da tenere bene a mente per tutti gli appassionati delle serie tv americane. Inizia, infatti, la seconda parte della quinta stagione di Breaking Bad, la cui prima metà si era interrotta all’ottavo episodio il 2 settembre 2012 (5 marzo 2013 in Italia su AXN). La trama era stata sospesa di fronte all’evento che tutti i fan della metanfetamina blu si aspettavano: la scoperta dell’identità di Heisenberg (pseudonimo con cui il protagonista della serie si fa chiamare nel mondo del crimine) da parte del suo cognato-poliziotto. Non vogliamo rivelarvi i dettagli più succosi riguardanti ciò che la trama ci riserva: chiunque desideri rovinarsi la sorpresa andando in overdose di spoiler faccia da solo.. la vostra delusione non sarà sulla nostra coscienza! Breaking Bad è oramai una serie cult nel mondo dell’audiovisivo: osannata
dalla critica e adorata dal pubblico, ha fra i suoi molti pregi un’idea innovativa di partenza, sviluppata tramite una sceneggiatura impeccabile e piena di colpi di scena, oltre ad essere arricchita da personaggi tanto eccezionali quanto ben scritti. Memorabile, tralasciando i protagonisti, è, a nostro personalissimo parere, il personaggio (purtroppo defunto nel corso della quarta stagione) di Gustavo Fring: apparentemente cittadino modello proprietario della catena di fast food Los pollos hermanos, in realtà boss indiscusso della droga caratterizzato da grandissima intelligenza e capacità di calcolare con esattezza le azione proprie e altrui. Abbiamo fatto riferimento all’innovazione dell’idea di partenza: all’interno del concetto di criminalità, utilizzato fin dagli albori della storia del cinema, gli sceneggiatori hanno delineato una nuo-
va variante inusuale nel mondo della serialità televisiva. La lenta scalata alle gerarchie del crimine organizzato da parte di un cittadino qualunque, delineando quello che potrebbe essere definito una sorta di genere poliziesco al contrario. Di più: tale uomo comune è prima messo alle strette da un sistema che lo costringe ad uscire dalla legalità, ma poi lo premia facendogli riscoprire ambizioni sopite dalla vecchiaia e portandolo ad evidenziare la vera e propria divinità indiscussa del capitalismo d’oltremanica, ovvero il successo, senza sfumature morali. Nel racconto del cursus honorum del protagonista, il mondo in cui è ambientato il telefilm pian piano si delinea sotto i nostri occhi: si tratta di un universo governato dal peccato e dall’errore sistematico e senza scampo. Tutti sbagliano e tutti sono colpevoli: ogni più piccolo personaggio è ontologicamente destinato al fallimento e alla dannazione nonostante i più rosei propositi (non per caso l’ultima serie si apre con
l’esilio del protagonista, sicura descrizione del suo futuro di condanna). Tale universo narrativo, a ben vedere, può essere ricollegato alla grande tradizione del western americano. Come tale genere, anche Breaking Bad presenta un mondo selvaggio privo di una vera legge che governi e pieghi ad un piano civile la wilderness del rapporti umani. Solo il nucleo familiare è considerato un baluardo da difendere e per cui valga la pena di compiere le gesta più efferate: oltre questo piccolo nido c’è il nulla. Famiglie contro altre famiglie, nuclei e nidi contro altri in un mondo disumano in cui le uniche leggi che valgono veramente, al di là dell’ipocrisia di facciata e dell’istituzione (rappresentata dalla polizia), sono due: per gli uomini quella della giungla e, su un piano superiore, quella di un Dio figlio di un’etica protestante che ha già predestinato la sorte di ogni anima che si affanna su questo mondo: la condanna eterna all’errore. di Francesco Cianciarelli
LIBRI | 93 ANNI DI BUKOWSKY - IL LIBRO DEL MESE
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BUKOWSKY:
93 anni di sbronze letterarie Tutto il giorno alle corse dei cavalli e tutta la notte alla macchina da scrivere. Basta il titolo di questa raccolta di poesie per riassumere la vita di Hank Chinaski, pseudonimo del grandissimo scrittore americano Charles Bukowski, scomparso diciannove anni fa. Come ogni anno, agosto sarà un mese speciale per i milioni di seguaci dello scrittore maledetto, che festeggeranno il suo compleanno. Se fosse ancora in vita, ci sarebbero state ben 93 candeline sulla sua torta anche se, probabilmente, avrebbe brindato con 93 bicchierini di whisky. Perché Bukowski è sulla vita sregolata che ha costruito la leggenda del suo personaggio: alcol (tanto), sesso con donne sconosciute, gioco d’azzardo e notti insonni passate a scrivere le sue poesie dissacranti. Dei sei romanzi che ha scritto, in Italia i più famosi sono Post office, il resoconto grottesco del periodo in cui l’autore ha svolto il mestiere di portalettere e Pulp, autentico gioiello ed eredità di Bukowski, terminato nel 1994 poco prima di essere annientato dalla tubercolosi. Ciò che più è rimasto nella memoria collettiva dei suoi fan sono certamente i racconti. Sempre brevi, sempre ricalcanti quello stile di vita poco raccomandabile da cui il lettore prende istintivamente le distanze, salvo sognare intimamente di poter vivere, anche solo per un giorno (e soprattutto per una notte) nei panni del vecchio artista ubriacone. Indimenticabili Storie di ordinaria follia, un insieme di aneddoti deliranti e ai limiti del surreale da cui è stato tratto il soggetto per l’omonima pellicola di Marco Ferreri o Compagno di sbronze, arrivato in Italia alla fine degli anni Settanta e il cui titolo parla da sé. Ma quello per cui Bukowski è veramente entrato nella leggenda, sono le sue poesie. E così vorresti fare lo scrittore? è diventato un vero e proprio testo sacro per chi vorrebbe sfondare nel mestiere. Nella
poesia che dà il nome alla raccolta, Chinaski sconsiglia in qualche modo di scrivere a chi “non lo sente dentro come un ruggito”, a chi “il non farlo spinge all’omicidio o al suicidio”, insomma dice che solo chi non può fare a meno di scrivere, ha la possibilità di poterlo fare in modo soddisfacente. E poi il capolavoro Quando eravamo giovani (“I belli muoiono giovani e lasciano i brutti alla loro brutta vita”), Il primo bicchiere, come sempre, è il migliore e L’amore è un cane che viene dall’inferno, la lista potrebbe comprendere ogni mattoncino della sua opera. Una chicca per i più appassionati è senz’altro Quello che mi importa è grattarmi sotto le ascelle, libro-intervista della grandissima Fernanda Pivano, ‘discepola’ letteraria di Cesare Pavese e con lui una dei massimi critici di letteratura americana del Novecento italiano. Nel festeggiare il suo compleanno, viene in mente una delle sue massime più celebri sull’intreccio tra vita e morte: “Tutti dobbiamo morire, tutti quanti, che circo! Non fosse che per questo, dovremmo amarci tutti quanti e invece no, siamo schiacciati dalla banalità, siamo divorati dal nulla”. Buon compleanno, compagno di sbronze, che nel raccontare delle scommesse sui cavalli e sui bicchieri di whisky ci hai amato tutti e che non ti sei fatto corrompere dalla banalità.
Il libro del mese
Hosseini o Sparks? Una poltrona per due Ci risiamo: torna l’estate, torna il momento delle vacanze e gli italiani che finalmente ritrovano il tempo di leggere non sanno che libro scegliere. Se lo scorso anno di questi tempi spopolavano le Cinquanta sfumature di grigio, poi di rosso, di nero e via discorrendo, quest’anno c’è molta più indecisione nel decidere a chi assegnare lo scettro di libro del mese. A giocarsela nelle classifiche digitali ci sono due autori molto diversi fra loro: Khaled Hosseini, statunitense di origini afghane, e Nicholas Sparks, sempre proveniente dagli States, ma dotato di una penna più onirica e dedita al tema sentimentale. Hosseini ha rapidamente convinto i lettori estivi dello stivale con E l’eco rispose, un romanzo ambientato a Kabul - sua città natale - che si trasforma in una road story che rapisce il lettore con il suo fascino arabo, per poi deliziarlo in un viaggio che porta in città e culture totalmente diverse come Parigi e San Francisco. Dopo il successo planetario de Il cacciatore di aquiloni, Hosseini non perde la vena e disegna una storia perfetta da leggere durante le vacanze, nella quale i particolari descrittivi fanno la differenza e molto bene si incrociano con i sentimenti e le emozioni provate dai personaggi (un padre afghano e i suoi due figli) e sui quali si interroga l’autore. Se per l’americano di Kabul è l’eco a poter rispondere alle domande di ogni uomo, per il collega del Nebraska La risposta è nelle stelle. Sparks è il solito Sparks: romantico e fedele all’amore tormentato a ogni costo. La sua ultima fatica racconta di un uomo che in fin di vita si ritrova a pensare alla donna che ha sempre amato e al percorso che hanno vissuto insieme. Parallelamente nel libro si sviluppa una seconda storia, apparentemente scollegata alla prima, in cui una ragazza all’ultimo anno di università si ritrova a fare i conti con un cuore ballerino e cerca di capire il reale
significato dell’amore. L’amore e il dubbio, l’amore e l’ossessione: sono questi gli ingredienti preferiti di Sparks anche per la sua nuova ricetta. L’amore che, alla fine dei giochi, tramite le stelle o solo tramite un sospiro, riesce a rivelarsi e a dare le sue risposte. Hosseini o Sparks? Se fosse una partita di calcio, non basterebbero i tempi supplementari per decretare un vincitore. I due scrittori americani proseguono fianco a fianco nella scalata alla classifica dei libri più venduti in Italia; si può stare certi che saranno questi i romanzi più in voga sotto l’ombrellone delle nostre spiagge.
di Luca Romeo
POLITICA | UN MONDO DI RISATE
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Un mondo di risate.
Gli svarioni normativi più divertenti Che la burocrazia sia motivo di noia in Italia è cosa piuttosto nota, ma che leggi e controversie siano anche occasione di ilarità è un primato nel quale il nostro paese non sfigura nonostante la folta concorrenza. Governi di destra, sinistra o centro in questo caso fanno poca differenza: ciascuno, nel mondo, ha dato il massimo per lasciare la propria impronta. Addirittura, fino a qualche tempo fa, siamo stati fra i pochissimi Paesi ad avere un ministro dedicato alla “semplificazione”, cioè allo smaltimento di tutte quelle leggi inutili che appesantiscono il vivere quotidiano. Eppure, il mondo intero non è da meno nel produrre norme divertenti o inutili, secondo i criteri più rigidi del divertissement. Per voi abbiamo ripreso tutte quelle leggi di cui i media si sono occupati nel corso degli anni, spulciando fra questi e raccogliendo in un’unica classifica quelle che hanno fatto la storia degli “svarioni normativi”. Sul fondo troviamo un modo discutibile per promuovere il verde cittadino. Per tutti coloro che si sentono fautori del pollice verde, una buona notizia viene dalla politica. È attivo infatti, in Italia, un incentivo del 36% per quanti scelgono di utilizzare piante e fiori sul terrazzino di casa. Da quegli acquisti verrà detratta la percentuale. È la vittoria del “verde pensile”. Molto comodo, della serie: se sei al verde, il verde t’aiuta. Ma siamo solo al fanalino di coda; una sorta di “antipasto”.
Infatti, in stranezze normative, sono in molti nel mondo ad assere davanti a noi anni luce. È il caso della Francia. Semmai un giorno deciderete di vivere in quella che fu la patria di Napoleone, non azzardatevi mai a chiamare un maiale (si, proprio un maiale) come il grande Generale. In Francia ci tengono molto al fatto che Napoleone Bonaparte resti unico nella storia fra uomini e animali. A proposito di animali, qualcuno in Ohio si è posto il problema della salute dei pesci chiedendosi: cosa potrebbe accadere se un pesce rosso dovesse bere troppo? La risposta è una norma che impedisce di “dare da bere ai pesci”. A quanto pare, anche il mondo marino impegna le menti di molti illuminati. Ma quantomeno, se fossimo tutti così presi dal mondo animale, eviteremmo di pensare alle beghe fra umani. Nella città di York (Regno Unito), ad esempio, la legge ha molto a cuore il possibile destino di uno scozzese e l’equilibrio di cui ha bisogno una sana e giusta convivenza. Se dunque siete a York e vi è antipatico uno scozzese, il “vivo” consiglio è di dotarvi di arco e frecce: potrete ucciderlo ma solo entro le vecchie mura della città. E che la forza sia con voi. Sorge allora l’esigenza di essere equi con tutti. Il Regno Unito ha pensato quindi di farsi perdonare lo “svarione” sugli scozzesi premiando anche i gallesi: guai a quest’ultimi se entrano in città prima dell’alba e sostano dopo il tramonto. Meglio per costoro utilizzare i mezzi pubblici. Ritenete allora il Regno Unito troppo violento e preferite andare dall’altra parte del mondo? L’augurio è che andiate in giro in compagnia
della/del vostra/o partner senza restare mai da soli. Se infatti in Indonesia vi beccano a masturbarvi rischiate la decapitazione. Pare che qualcuno, al tavolo della discussione, abbia chiesto che la legge fosse più completa inserendo anche le dovute specifiche anatomiche. Ben invidiosi della concorrenza indonesiana, ad Hong Kong hanno voluto dare un segnale di rivincita femminile sullo strapotere maschile. Volete uccidere vostro marito per avere commesso adulterio? Nessun problema. L’importante è che tutto avvenga a mani nude. La pratica è fastidiosa, certo, perché richiede più “passione” e dedizione. Ma è uno sforzo ben premiato. Quando poi ci si sarà liberati del marito (primo livello) si potrà accedere all’amante (secondo livello) godendo di molta più libertà, anzi senza più alcun vincolo omicidiario su come operare. Doverosamente la classifica non può non chiudersi con l’Italia. Perché? È molto semplice: è l’unico fra i paesi citati che permette la violazione di una legge approvata. Un esempio? Nel lontano 1931 venne bandito il mestiere di “ciarlatano”. Secondo voi dal ’31 ad oggi quante volte è stata rispettata quella legge?
>> Scorcio di York, Inghilterra
di Pasquale Ragone
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SPORT | LO SPORT A UN BIVIO
LO SPORT A UN BIVIO L’ennesimo tsunami della vergogna ha violentato l’atletica lo scorso 14 luglio, inondandola di fango e lasciandola nuda tra le sue angosce più profonde. Il bubbone è esploso mentre in Francia, al Tour, la salita sul Mont Ventoux celebrava l’orgoglioso anniversario della Rivoluzione; di domenica, per tradizione il giorno nobile dello sport. Uno sfregio simbolico e lacerante, subdolo nella sua puntualità. E mentre le sentenze dell’agenzia antidoping giamaicana e dell’Usada decapitavano lo sprint mondiale dei suoi anti-Bolt – due pezzi grossi: sporco Tyson Gay, beccato pure Asafa Powell, in coda molti altri – il morbo del sospetto contagiava le altre discipline, avvelenando la credibilità dello sport direttamente alle sue fondamenta.
Sul Ventoux, per dire, dove le 120 pedalate verticali al minuto di Froome tingevano di sovraumano l’impresa della maglia gialla, per la prima volta i dubbi hanno scollinato la montagna delle celebrazioni. All’arrivo, la stampa non è stata epica o complice, è stata critica. Non ha sollevato la polvere del trionfo, ma interrogativi e domande, dando voce ai sospetti più diffusi. Ha preteso giustificazioni e spiegazioni. Perché Froome pedalava come un pistard in salita, il sedere incollato alla sella, quasi avesse un motorino truccato a spingerlo in fuga? Quale benzina nel suo motore d’atleta? Tutto finto, drogato, fangoso, come sempre? Fino a prova contraria, Froome resta pulito: mai coinvolto in casi di doping. Ma
SPORT | LO SPORT A UN BIVIO
l’invadenza del sospetto, esasperata dal terremoto parallelo dell’atletica, è il segno più evidente del cambio di stagione in arrivo. In troppi storcono la bocca. La squalifica a vita di Armstrong – il volto di un’intera fase storica – ha fatto saltare il tappo della fiducia, tranciando un’epoca. Viviamo ora gli anni del dubbio. Lo sport ha imparato dal passato a non fidarsi più dei propri occhi, e troppi precedenti infiammano la diffidenza galoppante nelle opinioni. Svergognato chi pensa male, certo, ma è naturale che i Froome e i Bolt (il Re della velocità è solo, su un’isola assediata) dei nostri giorni debbano scontare il peccato originale del doping, anni di risultati tarocchi, sporchi e finti. La prima grande ombra, nel luglio del 1967, sempre sulla pietraia nefasta del Ventoux, fu la morte di Tom Simpson, stroncato da un cocktail di caldo e cognac in borraccia. Reso letale dalle anfetamine. Oltre il Muro, tra gli anni Cinquanta e il Crollo, nei regimi dell’Est ha tiranneggiato invece il doping di
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Stato, veicolo della propaganda comunista: le atlete drogate con ormoni maschili, portate in trionfo alle Olimpiadi e poi abbandonate a metamorfosi aberranti. Poi, a memoria: Ben Johnson squalificato ai Giochi di Seul ’88 dopo il record nei 100 metri piani, Marion Jones, Pantani e la sua fine tragica, Merckx nel ’69 e Contador nel 2012, con loro tutti i grandissimi del ciclismo. Nel frattempo, il doping è diventato scienza, sfugge ai controlli sul filo dell’innovazione. Strisciando segretamente, infilandosi nelle crepe della burocrazia. Perché l’antidoping mondiale è un sistema complesso, dunque complicato, un groviglio di regole e organizzazioni (la Wada e le agenzie nazionali) che convivono in modo problematico, a volte ostacolandosi. In Spagna, la Corte di Madrid ha rispedito al mittente le richieste avanzate da Wada, Coni e Federciclo internazionale: insabbiate le 200 sacche di sangue, e con esse uno scandalo di proporzioni bibliche. Dell’Operacion Puerto è rimasta solo la condanna (un anno) al dottor Fuentes. La spiegazione è legale: nel Paese che ha dominato lo sport
mondiale nell’ultimo decennio il doping non è considerato reato penale. Nel macro-universo del calcio, fu leggendaria l’invettiva di Zeman, che nell’estate del ’98 fustigò la Juventus dubitando di certe esplosioni muscolari. Il calcio fuori dalle farmacie, disse il boemo. Quindici anni dopo la denuncia di Zeman resta un dato di fatto: un grande club fu condannato per frode sportiva dalla giustizia ordinaria. Colpevolezza o innocenza, è grave che la prescrizione abbia tenuto il reato alla larga del tribunale sportivo. Il calcio italiano aveva il dovere di discutere una sentenza così seria.
di Simone Zerbini
E mentre a Mosca andrà in scena un Mondiale di atletica in stato d’assedio, lo tsunami dello scorso 14 luglio mette lo sport di fronte al suo ultimo bivio moderno. Persa l’innocenza nel mare fangoso del doping, almeno una piccola isola di credibilità va salvata per il futuro di tutte le discipline, anche quelle meno scandagliate dai controlli. Le agenzie vanno finanziate e sostenute in una guerra che richiede pugni di ferro, chiarezza e uniformità transnazionale, non più collisioni orizzontali o esiti fumosi. Il passaggio – cruciale – va posto e letto in termini drammatici. Liberalizzare il doping sarebbe eticamente mostruoso. Non farebbe che aumentare le onde di un mare in tempesta, trasformando lo sport in una gara di bari. E spingendo l’isola alla deriva.
di Gianluca Corbani
SPORT | IL TRIONFO DI MURRAY
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Al servizio di Sua Maestà: quando la Union Jack trionfa a Wimbledon
Corre l’anno 1936: in Inghilterra Edoardo VIII sale al trono in Gennaio e abdica in Dicembre; Giovanni Agnelli presenta la leggendaria Fiat 500 “Topolino”; inizia la Guerra civile spagnola; Jesse Owens vince quattro ori alle Olimpiadi di Berlino; Fred Perry, inglese di Stockport, si aggiudica per la terza volta consecutiva il Torneo di Wimbledon. Settantasette anni dopo, nel 2013, Papa Benedetto XVI annuncia le proprie dimissioni e viene succeduto da Francesco I, primo pontefice sudamericano; due bombe colpiscono la maratona di Boston; l’Egitto è scosso da un colpo di stato; Andy Murray, scozzese di Glasgow cresciuto a Dunblane, è il primo britannico a trionfare a Wimbledon dopo Perry. E giusto per chi non crede alle coincidenze, nel 1977 (ancora quel settantasette..) Virginia Wade, altra inglese, vince il torneo femminile di Wimbledon. Certo, Murray è scozzese e lo è stato per tutti gli appassionati inglesi di tennis, salvo poi vincere le Olimpiadi di Londra 2012 e Wimbledon 2013, raggiungendo lo status di Britannico e venendo osannato dal popolo di Sua Maestà. Ma noi non vogliamo di certo fare polemiche, vogliamo solo raccontare di chi ha reso grande il tennis. Fred Perry, come René Lacoste (vedi numero precedente) è diventato famoso ai più per la sua celebre linea di abbigliamento. Frederick John Perry, nato a Stockport il 18 Maggio 1909, in pochi sanno che prima di essere asso del tennis fu campione di tennis tavolo, interrompendo nel 1929 l’egemonia dell’ungherese Michael Szabados. Anzi, deriva sicuramente da questo sport il dritto di polso che lo contraddistinguerà e il suo gioco poco spettacolare e difensivo ma estremamente solido ed efficace. Vincitore per tre volte a Wimbledon (1934, 1935 e 1936) e all’US Open (1933, 1934, 1936), nel 1934 trionfa all’Australian Open e nel 1935 al Roland Garros. Nel 1934 raggiunge la vetta del ranking maschile. Amico di Lacoste, con la collaborazione di questi inventa le polo, che prendono il nome dallo sport in cui vengono utilizzate. Andrew Barron Murray nasce a Glasgow nel 1987 ma cresce a Dunblane, città di origine della sua famiglia. È la
madre Judy, insegnante di tennis, a introdurre nel mondo della racchetta Andy e il fratello Jamie, dopo che Andy aveva sostenuto un promettente provino con i Rangers Glasgow, stufandosi però presto. Come il suo “antenato tennistico” ha un gioco difensivo e a volte quasi passivo (spesso è stato criticato per questo) ma è dotato di un notevole rovescio e di un’ottima prima di servizio. Il suo gioco si evolve nel 2012 quando Ivan Lendl entra nel suo team e, guarda caso, arrivano le prime vittorie pesanti. Debutta tra i pro nel 2005, ma per vincere tornei prestigiosi deve attendere il 2012, anno dei trionfi all’US Open e all’Olimpiade di Londra. Nonostante ciò già nel 2009 arriva alla seconda posizione del ranking ATP, posto che occupa tutt’ora. Come Sean Connery (scozzese pure lui, i casi strani della vita) ha dovuto aspettare a lungo per essere degnamente sostituito da Daniel Craig, così Fred Perry e il popolo britannico hanno dovuto aspettare settantasette interminabili anni. Scozzesi o inglesi, sempre e comunque “Al servizio di Sua Maestà”. di Simone Zerbini
OROSCOPO |QUELLO CHE NON TI RISERVA IL FUTURO
QUELLO CHE NON TI RISERVA IL FUTURO di Paul Volpe
Pesci
(20 febbraio – 20 mar Non c’è limite alla discesa! Siete più santenne in minigonna, più fuori luo ristorante vegetariano. Tenete duro,
Acquario
(21 gennaio – 19 febbraio): 5Non è proprio il vostro periodo: il caldo vi da alla testa e infilate una figuraccia dietro l’altra. E quando le cose sembrano andare per il verso giusto, scatta l’allarme doping: occhio alla pillola blu.
Capricorno
(22 dicembre – 20 gennaio): 6,5 L’estate per il Capricorno inizia ad agosto: scordatevi dei mesi precedenti, c’è parecchio terreno da recuperare. Amore lampo e salute scoppiettante, occhi ai ricci di mare.
Sagittario
(22 novembre – 21 dicembre): 7 Anche per il Sagittario l’estate sembra continuare a gonfie vele. Lavoro in carrozza e amore voluttuoso, anche se si vedono i primi segni di cedimento: possibili crampi da fine stagione.
Scorpione 28
(24 ottobre – 21 novembre): 5,5 Acrobatici come Higuita ma più inutili di un paio di tette durante un colloquio con Alfonso Signorini. Non mancheranno le occasioni in ambito lavorativo, giocate bene le vostre carte.
Bilancia
(23 settembre – 23 ottobre): 6 Risalita lenta ma importante per la Bilancia, che una sufficienza stiracchiata. Ancora niente sess ni duri a volontà, possibili news dal fronte finanz non sperate nei gratta&vinci).
rzo): 4 ù imbarazzanti di una sesogo di Bud Spencer in un , settembre è vicino.
6
e raggiunge so ma limoziario (ma
Ariete (21 marzo – 20 aprile): 6,5
Continua la scalata della vostra estate. Le corna non sono segno di tradimento, ma sfoggio orgoglioso per cuccare al massimo: corna a cresta stile Balotelli.
Toro (21 aprile – 20 maggio): 7
Finalmente un mese positivo! Pamplona è alle spalle e mancano 12 mesi alla prossima corsa disperata. Buone notizie dal lavoro: non ci andate, siete in ferie.
Gemelli
(21 maggio – 21 giugno): 6,5 L’estate entra nel cuore e voi ve la state godendo: potreste avere più partner sessuali di Cicciolina e fare più serate di Bobo Vieri. Occhio alla salute: pericolo candida.
Cancro
(22 giugno – 22 luglio): 5 Il compleanno è alle spalle e le fortune di luglio pure. State pur certi che quello/a che vi piace non ve lo/a da, meglio dedicarsi agli amici. Notizie positive sul posto di lavoro: riproporranno le merendine che vi piacciono tanto.
Leone (23 luglio – 22 agosto): 6
Cos’è quella criniera abbassata? Forza e coraggio leoni, agosto è il mese della risalita verso un autunno splendido. Ascoltate i sogni premonitori (a meno che parlino di dinosauri).
Vergine
(23 agosto – 22 settembre): 4 Agosto nuvoloso per verginelli e verginelle: l’anima gemella vi schifa, l’amore è meno lascivo di una sfilata intima di Platinette. Salute arrendevole.
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