VIAGGI >> BENVENUTI A ROMA!
TELEFILM >> CREAZY FOR MAD MAN ANNO 2
N.7
Rivista on-line Gratuita ------------------------------------------------------------------------------------------
DIRETTORE RESPONSABILE Pasquale Ragone DIRETTORE EDITORIALE Laura Gipponi HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Marco Faioli, Diana Ghisolfi, Giuseppe Pastore,Nicola Guarneri, Luca Romeo, Gianmarco Soldi,Gianluca Corbani, Simone Zerbini, Marta Ettari, Gaia Bonvini, Gianluca Bertoni, Francesco Cianciarelli. DIREZIONE_REDAZIONE_PUBBLICITA’ AURAOFFICE EDIZIONI S.R.L. a socio unico 26013 Crema (Cr) _ Via Diaz 37 Tel 0373 80522 _ Fax 0373 254399 edizioni@auraoffice.com GRAFICA E IMPAGINAZIONE Stile Libero adv_Francesco Ettari_Cremona www.lineastilelibero.it ©Testi e foto non possono essere riprodotti senza autorizzazione scritta dell’Editore. Le opinioni espresse negli articoli appartengono ai singoli autori dei quali si intende rispettare la piena libertà di espressione.
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90 MILA PERSONE LEGGONO “LA PAUSA”
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VIAGGI | BENVENUTI A ROMA
Benvenuti a ROMA!
Se chiedi ai romani una cartolina della città, il loro volto non è sempre entusiasta. Ma se sei un turista tutto cambia e Roma diventa quel che vuoi che sia: la splendida città eterna tra Storia, Cinema e bellezza artistica. La nostra avventura comincia a Termini, nella grande stazione dove è facile perdersi. Poco più in là, all’uscita, si sprecano i Bed&Breakfast. Uno di questi è il nostro, giusto per non perdere tempo e iniziare da subito la visita turistica della città. Il tempo di una doccia, zaino in spalla e il centro del mondo è a portata di mano. Alla reception abbiamo chiesto informazioni sul percorso ottimale e ci hanno consigliato di partire da Piazza di Spagna. Sì, ma come arrivarci? “Metro A, semplice”. Si ritorna in stazione e un lungo percorso ci porta al binario giusto. Peccato che l’uomo alla reception non ci abbia messo in guardia dalla folla che ogni giorno
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riempie la metro. Ma fa lo stesso. Le porte si aprono e cerchiamo un varco. Ci siamo. Il fischio del treno e siamo ormai dentro: è fatta! “Fermata Spagna, ovviamente”, ci suggeriscono. E noi scendiamo proprio lì. Ancora un breve percorso per uscire dalla metro e finalmente vediamo la Roma che avevamo desiderato. Le scale di piazza di Spagna sono incantevoli, catturando lo sguardo fin lassù, a Trinità dei Monti. Decidiamo di percorrere tutti i gradini e vedere la città dall’alto. Lo facciamo e lo spettacolo è degno di essere vissuto. In linea d’aria, dritto dinanzi a noi si vede in tutta evidenza l’Altare della Patria con il suo Milite ignoto e le sue origini che affondano le radici nella Storia di questo Paese. Piazza Venezia, Palazzo Venezia e poi giù nuovamente verso di noi lungo via del Corso. È tutto splendido, non c’è che dire. Il percorso, quello che sempre si fa nella Città eterna, è scendere da Trinità dei Monti e percorrere proprio quel corso così ben visto dall’altro. Si scopre così una selva di negozi di marchi prestigiosi. Perdersi poi nelle vie laterali, specie verso l’ora di pranzo, è un piacere per i sensi. Diventa impossibile non lasciarsi attrarre dalla miriade di ristoranti, pizzerie e trattorie che le caratterizzano. Meritiamo quindi una sosta e riprendiamo poi il cammino fino a giungere al termine di via del Corso. E qui il primo “dubbio turistico”: verso destra o verso sinistra? Considerando i Palazzi del potere, il dubbio assume un retrogusto ironico, ma chi giunge per la prima volta in città ha per davvero l’imbarazzo della scelta. Scegliamo verso sinistra. A
piazza Navona (andando verso destra inoltrandosi lungo via del Plebiscito e oltre) sarà per la prossima volta. Meglio dedicarsi subito a via dei Fori Imperiali, al Colosseo e alle strade che si diramano (tornando indietro) per raggiungere Fontana di Trevi e poi il Quirinale. Per vedere tutto servono tempo, salute e tanta forza di volontà. Noi l’abbiamo e Roma è nelle nostre mani. La splendida Fontana di Trevi lascia senza fiato, sempre piena zeppa di turisti da tutto il mondo. Poco più in là il fascino del Potere che si esprime nel Quirinale, il colle più alto di Roma. Ma non ci illudiamo affatto di avere terminato il nostro percorso. Di questa città tutto sembra degno di essere visitato. È così per piazza Barberini, scendendo alla destra del Quirinale, per poi salire fino alla celebre via Veneto, prestigiosissima per Hotel e vetrine. Ma il tempo, il tiranno che limita l’agire umano, ferma anche noi all’improvviso. Ci accorgiamo che sono già le 17.00 e ancora manca molto di Roma. Il primo mezzo ci porta nuovamente a Barberini; ancora la Metro A fino a Termini e dunque al nostro B&B. Cosa resta da vedere? Tanto, anzi tantissimo. L’intenzione è di dare uno sguardo a Trastevere, tra i più antichi quartieri della città. E nel dirlo ci ricordiamo di non avere visitato fino in fondo il piccolo Rione Monti, adiacente il Colosseo, per non parlare della Basilica di S.Giovanni in Laterano. Un solo giorno è poco, si sa. Stavolta la precedenza ce l’ha la movida notturna. Un’ora di riposo e poi alle 18.30 di nuovo in strada. La solita Metro A ci porta stavolta un paio di
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fermate più in là, a Ottaviano e, usciti dalla metro, si va verso Città del Vaticano. Questo percorso l’abbiamo studiato ben bene prima di incamminarci. Seguendo la strada che va verso via della Conciliazione, e percorrendo quest’ultima, siamo dritti davanti Castel Sant’Angelo, altra meraviglia, e all’improvviso siamo lungo il Tevere e poi a Trastevere: semplicemente incantevoli, con le prime luci artificiali e la sera che cala lentamente. È la seconda vita per noi e per questa città, dopo il furore di un intenso mattino. Il Lungotevere meriterebbe di essere visitato tutto e decidiamo di farlo, almeno fino a giungere ad un’altra meraviglia: l’Isola Tiberina, con una piccola cascata che sembra celebrarla, nel bel mezzo del Tevere. Lì decidiamo di mangiare qualcosa di caratteristico, come i primi piatti romani, dalla “amatriciana” alla “pagliata”. Sono quasi le dieci e la stanchezza non
ci assale ancora. Restano le ultime energie per spostarci nuovamente, stavolta verso la zona Testaccio. Locali notturni la costellano ed è difficile resistere alla tentazione di un drink, qualche salto, intrecciare nuove amicizie. Guardiamo l’orologio ed è quasi l’una e mezza di notte. È sabato e siamo in tempo per le ultime corse della Metro. Gli altri continueranno fino al mattino ma noi siamo ormai a pezzi. Decidiamo di tornare nel nostro caro B&B conoscendo per la prima volta la Metro B (da Piramide). Domani ci sarà ancora da guardare tanto, da Villa Borghese a Piazza del Popolo e quanto tralasciato stamani. Sì, ma tutto ciò domani, molto tardi: non svegliateci prima dell’ora di pranzo! di Pasquale Ragone
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NATURA | PARCO NATURALE DI ADAMELBRENTA
di Adamello Brenta
PARCO NATURALE
Ricchezza e varietà di flora e fauna sono la fortuna del Parco Naturale Adamello Brenta, uno spettacolo naturale nato nel 1967 che si estende nelle Alpi Retiche per 620 chilometri quadrati. Situato nel Trentino occidentale, il parco comprende i gruppi montuosi dell’Adamello-Presanella e delle Dolomiti di Brenta. Un altro fiore all’occhiello è il titolo, rilasciato dall’Unesco, di patrimonio naturale mondiale dell’umanità di cui sono state investite le Dolomiti nel 2009.
Le diversità microclimatiche e morfologiche del parco hanno condizionato per millenni la presenza di una straorinaria varietà di ambienti, vegetazione e fauna e i rispettivi equilibri vitali. Percorrendo gli oltre 700 chilometri di sentieri segnalati si possono ammirare almeno la metà delle 1500 specie di flora presenti nel parco, oltre ai castelli e alle chiese ereditati dal passato ma per la maggior parte in rovina. Fino ai 1800 metri di altitudine regna un bosco misto di latifoglie e conifere;
NATURA | PARCO NATURALE DI ADAMELBRENTA
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mozzafiato sono le zone in cui si innalzano gli abeti rossi, i larici e i pini cembri. Sopra questo limite, fino ai 2500 metri, praterie alpine e vegetazione rupestre dominano il panorama. All’interno del parco sparsi qua e là si trovano anche 48 laghi, 44 dalla parte dell’Adamello e 4 appartenenti alla zona del Brenta; i due territori sono separati dalla Val Rendena, percorsa dal fiume Sarca. Degno di nota inoltre è il ghiacciaio dell’Adamello, uno dei più estesi d’Europa. Il parco vanta anche una fauna sorprendentemente numerosa. Diffusi e a “rischio” incontro sono la volpe (Vulpes vulpes, di cui parliamo a nell’articolo dedicato), il tasso, la faina, la martora, l’ermellino, la donnola, il camoscio, lo stambecco, il cervo, il muflone, il capriolo, lo scoiattolo, la marmotta, la lepre. E ancora: il gallo cedrone, l’aquila reale, il gheppio, il falco pecchiaiolo, l’allocco, il gufo, la civetta, la salamandra alpina, la rana di montagna, l’aspide, il marasso, la trota marmorata, il salmerino alpino. E poi lui, il re indiscusso del parco: l’orso bruno. Agli inizi degli anni ‘90 però questo magnifico esemplare era arrivato a un’imminente estinzione. La situazione venne portata in salvo dal progetto Life Ursus, così mediante finanziamenti dell’Unione Europea, il parco riuscì a reintrodurre 10 orsi provenienti dalla Slovenia scongiurando così il perico-
lo di estinzione. Attualmente per il parco vagano circa 30 orsi bruni. Per immergersi appieno nell’atmosfera del parco è inevitabile utilizzare tutti i sensi, tra cui il gusto: è d’obbligo assaporare i prodotti “Qualità Parco”, tra cui formaggi, miele, yogurt, vino, distillati, salumi e la deliziosa mela della Val di Non. Sapori imperdibili di produzione locale e di grande qualità per conoscere il territorio in tutte le sue sfaccettature. Il parco promuove un turismo sostenibile, si preoccupa di tutelare l’ambiente, di supportare la ricerca scientifica e di educare gli ospiti sui temi ambientali ed ecologici. Numerose sono le iniziative e i progetti rivolti sia ad un pubblico adulto che ai ragazzi delle scuole, interessanti sono le serate culturali che vengono organizzate e il workshop fotografico, un seminario all’aria aperta in cui la passione per la fotografia e quella per la natura danno vita ad un’esperienza indimenticabile.
di Diana Ghisolfi
ANIMALI | IL PESO DELL’ASTUZIA, LA VOLPE ROSSA
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Il peso dell’astuzia, la volpe rossa Protagonista di numerose favole e leggende, la volpe rossa è diventata l’animale astuto per antonomasia. Incarnazione naturale di una furbizia connotata anche in maniera negativa, ad esempio nelle favole esopiche, la volpe è stata quindi ammirata e al tempo stesso screditata nonostante le sue straordinarie qualità. La Vulpes vulpes, secondo la nomenclatura binomiale di Linnaeus del 1758, appartiene alla famiglia Canidae. È un mammifero onnivoro il cui peso varia dai 3 agli 11 chilogrammi, la testa e il corpo misurano dai 45 agli 85 centimetri e la coda dai 30 ai 55. Si tratta dell’esemplare più grande del genere Vulpes. Muso appuntito, orecchie triangolari, arti corti e snelli, il manto è rossiccio e sfuma al grigio nelle parti inferiori fino ad arrivare al bianco. La coda è il tratto distintivo della bellezza dell’animale, utile all’equilibrio e utilizzata durante il freddo come coperta dalla quale escono solamente gli occhi affilati. La coda è inoltre un ottimo segnale visivo adoperato per comunicare con altri animali della stessa specie. Oltre alla vista, per comunicare, le volpi sfruttano segnali sonori (come i latrati, gli uggiolii di aggressione e gli ulu-
ANIMALI | IL PESO DELL’ASTUZIA, LA VOLPE ROSSA
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lati) e olfattivi (come l’urina e le scie di odori che rilasciano per marcare il territorio). Tra loro le volpi riescono a riconoscere il livello sociale a cui appartiene l’esemplare che ha rilasciato quell’effluvio. Solitamente sono cacciatrici solitarie, poiché ricercando piccole prede una caccia in gruppo risulterebbe svantaggiosa e inefficiente. Ogni volpe marca il proprio territorio all’interno del quale si procura il nutrimento, in un’area che varia dai 10 ai 2000 ettari. Al maschio dominante è riservata la zona migliore. Essendo un animale onnivoro, la sua dieta è vasta: invertebrati, mammiferi, uccelli, anfibi, rettili, persino pesci, uova e frutti di bosco. Gelose e ossessionate dal cibo, questo viene condiviso solo tra madri e cuccioli e nel periodo degli amori. Le volpi rosse possiedono uno stomaco piccolo rispetto alle loro dimensioni; la quantità di cibo che consumano al giorno è di 500 grammi circa. Quando arriva l’ora della caccia sfruttano l’udito per captare la pre-
da, si avvicinano furtivamente e con un grande salto si buttano in picchiata sul malcapitato animale, bloccandolo con le zampe anteriori. Una volta procuratosi il pasto, lo scaltro carnivoro seppellisce il bottino nelle profonde buche che è solito scavare. Una peculiarità della volpe è la grandissima capacità di adattamento ad ogni tipo di ambiente: si nutre infatti di qualsiasi cibo sia a disposizione sul territorio. La volpe rossa è il carnivoro selvatico più diffuso, è originaria dell’emisfero settentrionale e vive principalmente nei boschi, ma anche in brughiere aperte, in montagna, nelle campagne coltivate e nelle città con zone a giardino. Si sposta in gruppi composti da un maschio adulto e da qualche femmina, generalmente si tratta di piccoli branchi da sei individui. Sono attivi soprattutto di notte, ma nelle zone indisturbate si muovono anche di giorno, senza la necessità di doversi nascondere nelle tane o in qualche cespuglio.
Il periodo degli amori è riconducibile all’inverno, tra dicembre e gennaio. Prima dell’accoppiamento le due volpi si inseguono, talvolta in cerchio, ed emettono basse vocalizzazioni. Dopo la gestazione di due mesi circa, le femmine partoriscono nella loro tana, in primavera, tra marzo e aprile, dai 2 a un massimo (raro) di 12 cuccioli. I piccoli alla nascita hanno il pelo marrone e dopo un mese di allattamento il pelo diventa rosso e iniziano a mangiare nutrimento solido rigurgitato dalla madre. Durante i primi periodi, la madre non si allontana mai dai piccoli, è il maschio che procura il sostentamento per la famiglia. All’età di quattro, cinque mesi, i cuccioli sono indipendenti e abbandonano la tana, a dieci mesi hanno ormai raggiunto la maturità sessuale. Straordinario animale ingegnoso, bello e astuto, la volpe ha però sempre avuto un rapporto difficile con l’uomo, sostanzialmente per quattro motivi. La prima questione riguarda la fama della volpe di essere una ladra di polli, poiché si intrufola nelle proprietà e ruba gli animaletti da cortile e il pollame causando danni all’economia del contadino di turno. Inoltre c’è il problema della caccia per divertimento, in uso in Gran Bretagna, e la malsana moda di creare delle pellicce con il manto della volpe. Infine esiste anche la caccia per motivi igienici, in quanto la volpe è un animale sofferente di rabbia e portatrice di idrofobia nell’uomo. di Diana di DianaGhisolfi Ghisolfi
TELEFILM | CRAZY FOR MAD MEN
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Crazy for Mad Men
L’8 gennaio 2014 si è conclusa in Italia la quinta entusiasmante stagione di Mad Men. Nata nel 2007 e trasmessa per la prima volta dal canale statunitense AMC dal 19 luglio dello stesso anno, gli uomini di Madison Avenue (dall’importante strada di New York deriva, infatti, il titolo del telefilm) si sono imposti come una delle più importanti e premiate serie televisive attualmente presenti sull’etere. Ambientata nella Grande Mela degli anni Sessanta, gli episodi raccontano le vite di alcuni pubblicitari alle prese con l’iper capitalismo americano ritornato a pieno regime produttivo dopo la Seconda guerra mondiale: importanza crescente dello statuto virtuale della merce e altre amenità marxiste oltre ai fin troppo evidenti riferimenti alle teorie dei persuasori occulti di Packardiana memoria, la serie non indulge eccessivamente sul possibile contenuto sociologico e politico (peccato?) potenzial-
mente contenuto nel raccontare un’azienda che produce pubblicità, ma si dedica (come ogni serie americana che si rispetti) al vissuto personale dei protagonisti. Quest’ultimo - e si tratta dell’aspetto maggiormente interessante del telefilm - si intreccia inevitabilmente con i maggiori avvenimenti storici che hanno caratterizzato la storia americana dalla fine degli anni Cinquanta la decennio successivo: femministe, diritti civili degli afroamericani, Kennedy, la Baia dei Porci, Marilyn. Non solo: quello che in termini tecnici viene definita come “cronotopia”, ovvero la capacità di configurare per immagini un determinato periodo storico, è magistralmente resa dal sapiente uso di tutto ciò che visivamente è correlato all’epoca in questione: costumi e design caratteristici del periodo, oltre all’uso di spazi e tempi socialmente determinati ai decenni in questione: bar, diner, lounge room, locali notturni
per soli uomini. Tutto ciò è ulteriormente corroborato da una regia che consapevolmente riecheggia alcuni stereotipi stilistici dell’epoca, come un certo tipo di fotografia – si noti, ad esempio, la tendenza ad insistere sul contrasto fra le tinte neutre degli ambienti e le tinte sature di abiti ed oggetti, cosa che rimanda al gusto pop tipico del periodo - una preferenza marcata nel taglio dell’inquadratura e, più in generale, nella regia che strizza l’occhio spesso e volentieri alla classicità ormai al tramonto del cinema americano dell’epoca narrata. Lo stile visivo della serie è perfettamente adeguato a un sistema narrativo che punta a far interagire le vicende individuali con la vastità problematica di un mondo: intorno alle figure dei protagonisti, infatti, si dipanano i principali plot della serie. C’è innanzitutto un plot prag-
matico, che comporta ogni volta un diverso caso aziendale da risolvere (tipicamente trovare l’idea giusta per soddisfare le esigenze del cliente) e che di solito si completa all’interno della singola puntata. Si estendono invece sull’intera stagione i plot relazionali, che riguardano i legami familiari dei protagonisti, oltre ai plot interiori, che vedono gli eroi della serie impegnati con traumi e spettri del passato e con la necessità di giungere a una più stabile formulazione della propria identità. Buona visione.
di Francesco Cianciarelli
LIBRI | IL DE ANDRE’ SCRITTORE - CHE COSA CI RISERVA IL 2014 IN LETTERATURA?
Il De André scrittore, a 15 anni dalla scomparsa
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Un destino ridicolo, in fondo, potremmo avercelo tranquillamente tutti. Ognuno ha una propria storia segnata da quello che in molti chiamano ‘fato’. Per alcuni è religione, per altri casualità. Per Beranard, Carlo e Salvatore, i protagonisti di questo romanzo breve, è sicuramente qualcosa di beffardo. Genova, la Sardegna e Mantova: è in queste tre ambientazioni che si svolge una delle rare eredità editoriali lasciateci dal grande Fabrizio De André, da poco ricordato per i 15 anni dalla scomparsa. Per questo libro scorrevole e divertente, il cantautore degli ultimi si è diviso il lavoro con Alessandro Gennari, illustre penna mantovana, anche lui scomparso da alcuni anni. Quello che ci hanno lasciato è un’opera pressoché sconosciuta. Si ricorda De André per le sue canzoni poetiche e per essere forse il miglior cantautore italiano della storia, mentre gli addetti ai lavori avranno presente Gennari per le collaborazioni con Moravia e Pasolini. E, invece, Un destino ridicolo, da dove salta fuori? Salta fuori da un cilindro di poesia e maturità. Il romanzo esce nel 1996 e racconta la storia di un anarchico intellettuale marsigliese, Bernard, che propone il colpo della vita a Salvatore, un pastore appena uscito di prigione e Carlo, uno sfruttatore di prostitute. Il furto andrà in porto, ma a quel punto sarà il destino ridicolo che dà il titolo all’intera storia a intervenire. La semplicità della trama è la stessa delle canzoni di De André, come la poesia delle descrizioni dei paesaggi è quella già vissuta ne La città vecchia o Monti di Mola. Un destino ridicolo è una scommessa. È un must per i fan del cantautore genovese, come per gli appassionati delle emozioni da lui descritte in quarant’anni di carriera: la solitudine, l’inettitudine, lo scegliere per se stessi
prima che lo facciano gli altri, l’empatia nei confronti degli emarginati. Se il romanzo non è rimasto impresso nella memoria collettiva - si potrebbe contestare un motivo ci sarà. Ma la letteratura è piena di scommesse vinte dopo decenni, in fondo anche questo lavoro letterario di De André e Gennari potrebbe essere rimasto vittima di un destino ridicolo.
Che cosa ci riserva il 2014 in letteratura? Finché c’è letteratura c’è speranza? Mai frase potrebbe essere più azzardata: con le nuove tecnologie pare che la sacrificata di lusso tra gli interessi degli italiani sia proprio la cultura dei lettori. Mentre le memorie informatiche si riempiono, gli scaffali adibiti alle collezioni di libri si svuotano. Una piccola consolazione: la (comunque lenta) crescita degli e-book, i libri elettronici, che cominciano a essere presi sempre più in considerazione dagli editori, soprattutto dai giovani che si affacciano nel mestiere. Ma che cosa fa la letteratura per non essere tagliata fuori dagli schemi mentali degli italiani? Andiamo a vedere che cosa troveremo nel 2014 tra gli scaffali (sempre pieni, almeno quelli) delle librerie italiane. Uno dei romanzi più attesi è La mia seconda vita, di Christiane F., la scrittrice di Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino. La testimonianza di una donna che si lascia alle spalle i problemi legati alla droga della sua adolescenza. Un viaggio all’inferno con un biglietto di andata e ritorno, che ha già fatto il giro della Germania e che dovrebbe essere disponibile in Italia da fine febbraio. Un libro ‘imperdibile’ a detta di molti è Dottor Sleep, del mostro sacro americano Stephen King, che per l’occasione si è lanciato addirittura in un seguito di Shining. La ‘luccicanza’ è diventato un successo planetario soprattutto dopo la trasposizione cinematografica di Stanley Kubrick, grazie anche all’indimenticabile performance del ‘cattivo’ Jack Nicholson. Scrivere il seguito di un’opera di tale spessore potrebbe essere un rischio: negli Stati Uniti il volume è uscito lo scorso autunno, in Italia lo aspettiamo per la primavera. Veniamo all’Italia. Un libro che si candida a diventare un caso editoriale è Non dirmi che hai paura di Giuseppe Catozzella, già in libreria e subito sulla bocca di tutti i lettori più ‘affamati’. Si tratta della storia di Samia Yusuf Omar, l’atleta somala che aveva partecipato alle Olimpiadi di Pechino del 2008 e si allenava per quelle londinesi del 2012. La sua vita è stata stroncata
a soli ventuno anni nelle acque del Mediterraneo, in una delle tante traversate di migranti che fuggono da Paesi colpiti da guerra e miseria, per cercare una realtà migliore. Di Samia, aveva parlato per prima la giornalista Igiaba Scego; ora, la sua storia è pronta per entrare nei salotti di tutti gli italiani. Altri eroi della macchina per scrivere. Ken Follet ha lanciato un nuovo romanzo negli Stati Uniti, The edge of eternity, che entro l’anno dovrebbe essere tradotto e importato in Italia. Susanna Tamaro pubblicherà Illmitz, un libro che era stato rifiutato dalle case editrici ben venticinque anni fa, cioè prima dell’enorme succeso di Va’ dove ti porta il cuore. E poi ci si aspetta che arrivino i nostri. Che Erri De Luca, dopo la tripletta del 2013, non abbia perso la vena e che Alessandro Baricco, invece a secco durante tutto lo scorso anno, riprenda a scrivere. Giusto per citarne due. Insomma il 2014 è appena iniziato, ma la fame dei lettori è già alle stelle. Sarà in grado la letteratura di ripagare questa fiducia? La speranza è l’ultima a morire, anche tra gli scaffali di una libreria.
di Luca Romeo
MUSICA | STEVEN WILSON
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Steven Wilson
Chi fa per se fa per Tree Quello compiuto da Steven Wilson con The Raven That Refused To Sing (2013) è qualcosa che va al di là della semplice uscita discografica, o del successo momentaneo di un buon disco. L’incredibile talento musicale dell’artista Steven Wilson è lampante agli occhi di tutti: durante la sua carriera ventennale ha creato e inciso dischi diventati vere e proprie pietre miliari, soprattutto con la formazione dei Porcupine Tree, senza dimenticare i progetti Blackfield e No Man, oltre, appunto, alla carriera solista e alle numerose collaborazioni, spesso in veste di produttore, con band del calibro di Marillion, Anathema, Dream Theater, e ovviamente Opeth, da cui è nata anche l’idea dell’ennesimo progetto Storm Corrosion. The Raven That Refused To Sing, la sua terza opera da solista, si presenta immediatamente come un disco innovativo e contemporaneamente vintage, nel quale Wilson veste principalmente il ruolo di cantante, accontentandosi di suonare qualche traccia di chitarra, tastiera, basso e mellotron, lo stesso strumento utilizzato dai King Crimson nel loro incredibile debutto In The Court Of The Crimson King. La sua geniale vena creativa, emergente anche nell’incredibile idea di registrare la parte stru-
mentale del disco in presa diretta, funge soprattutto da collante tra i vari (ed eccellenti) strumentisti che hanno collaborato alla registrazione dell’album: Guthrie Govan alla chitarra, Marco Minnemann alla batteria, Nick Beggs al basso, Adam Holzman alle tastiere, hammond, piano, minimoog, e Theo Travis al flauto, sax e clarinetto. Il disco si presenta come un concept puramente e prelibatamene progressive, privo di canoni predefiniti, composto da sei brani di durata media elevata, ognuno dei quali incentrato sul tema del soprannaturale. Alcuni interludi strumentali, evidenziati da cambi notevoli di dinamica e caratterizzati da momenti incisivi ed emozionanti che molto richiamano i migliori Genesis dei primi anni Settanta, vengono sottolineati dalla registrazione in presa diretta della parte strumentale; il lavoro di produzione e mixaggio è ad opera della stesso Wilson, mentre per il ruolo di sound ingeneering è stato scelto nientemeno che il leggendario Alan Parson, già alla console per The Dark Side Of The Moon dei Pink Floyd. Il risultato dell’unione di tanti talenti e veri e propri luminari dell’ambiente progressive si è palesato con immediatezza come qualcosa di assolutamente impedibile: The Raven That
MUSICA | STEVEN WILSON
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Refused To Sing è un’opera eccezionale, libera da condizionamenti discografici e assiomi di mercato dall’inizio alla fine, senza la pretesa di essere capita da tutti. Tutte e sei le tracce, partendo dall’ouverture Luminol (mini suite di dodici minuti in stile Yes e, a tratti, Gentle Giant), si presentano come perle forgiate con abilità e disinvoltura, senza la tipica ansia di stupire con tecnicismi fini a se stessi riscontrata negli album progressive del nuovo millennio; i continui saliscendi ritmici, durante i quali il cantato non svolge il ruolo di unico protagonista ma si allinea all’eterea atmosfera generale, vengono rafforzati e addolciti dai bellissimi arrangiamenti sinfonici ad opera della London Session Orchestra (la stessa titletrack ne è un esempio). Le parti cantate sognanti, unite all’atmosfera spesso gotica dei testi e alla musica visionaria, fanno di The Raven That Refused To Sing una vera e propria esperienza di rara intensità emotiva, curata nei minimi particolari e deliziosamente cesellata persino dal punto di vista visivo attraverso le raffigurazioni di Hajo Mueller nel
booklet. The Raven That Refused To Sing è un album difficilmente comprensibile al primo ascolto, soprattutto per fruitori non abituati al particolare incedere delle opere progressive, ma la portata dell’opera nella sua complessità è indubbiamente a livelli eccelsi, soprattutto dopo un numero adeguato di ascolti per entrare in prima persona nel mood più profondo delle tracce. Con questo disco il moderno ambiente progressive viene, se non rivoluzionato, senza dubbio scosso e rinvigorito, soprattutto dopo l’ultima decade non certamente esaltante. Steven Wilson ci regala così un’ulteriore prova di talento ed inventiva, forse il tassello più brillante e lodabile della sua intera carriera discografica: un album destinato a resistere negli anni come un faro e un riferimento per l’intero mondo progressive. Forse un nuovo punto di partenza per un intero movimento.
di Gianmarco Soldi
POLITICA | LA RIPRODUZIONE DI SILVIO BERLUSCONI
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La riproduzione di Silvio Berlusconi, uno e trino Qualcuno gli sparge il capo di santità, qualcun altro vede in lui un moderno diavolo 2.0: da vent’anni Silvio Berlusconi divide gli italiani e, dopo la sentenza di condanna sul caso Mediaset, i secondi sembrano avere avuto ragione sui primi. Sin da agosto 2013 del Cavaliere si dice di tutto e di più, con i media convinti che sia per lui l’ora del declino, della fine imminente. Invece all’orizzonte sembra profilarsi qualcosa di diverso, dalle sfumature meno grigie e ben più rassicuranti per i suoi sostenitori: la sua riproduzione. No, nessun riferimento alle vicende berlusconiane legate alle varie Ruby-rubacuori o chissà quante altre. La “riproduzione”, in questo caso, è tutta politica. Sì, perché Silvio Berlusconi, ancor prima di morire (politicamente, s’intende), ha già dei cloni. O meglio, si tratta di figliocci, facce di una medaglia che gira e rigira ma non cambia mai. Scendendo maggiormente nel politichese possiamo dire di essere dinanzi una nuova fase del cosiddetto “berlusconismo”. La prima si è contraddistinta per le vittorie e per le “non vittorie” (così come amano ricordare i suoi sostenitori) dell’imprenditore sceso in politica che dal ’94 in poi ha dominato la scena in Italia. Il sorriso di Berlusconi, che piaccia o no, ha incantato diverse generazioni conquistando ben quattro volte la presidenza del Consiglio. Oggi quel sorriso ha lasciato il posto ad un ghigno malinconico ed è da qui che comincia un’altra storia, una seconda fase. Altri due personaggi, infatti, stanno dominando la scena politica ita-
liana. Stiamo parlando di Matteo Renzi e Beppe Grillo. Potrà sembrare fuori dalle righe ma, in un buona parte, quest’ultimi hanno qualcosa di profondamente berlusconiano. Il primo, Matteo Renzi, richiama il “Silvio nazionale” per varie ragioni. La più evidente è la capacità di affabulare, incantare e convincere. Certamente non nasce dal nulla la più recente imitazione che uno straordinario Maurizio Crozza dedicata da tempo al nuovo Segretario del Partito Democratico. La capacità di mescolare concetti di rilievo e parole da un vago sapore ora aulico ora semplice, ricordano un Berlusconi prima maniera. Se poi aggiungiamo il sorriso sempre stampato in volto, il gioco è fatto. E come il Cavaliere, anche Renzi inizia ad accumulare i suoi piccoli conflitti d’interesse. Sebbene il paragone sia fin troppo prematuro, le pompose aziende berlusconiane trovano un timido (e chissà quanto significativo) conflitto tra la renziana poltrona di Sindaco di Firenze e la posizione di Segretario del Pd. Per non parlare dei metodi bruschi di conduzione interna del partito, che vanno dalla “cacciata” berlusconiana alla “rottamazione” renziana, fino al «Fassina chi?» delle ultime settimane. Dall’altra parte c’è invece Beppe Grillo, uomo che coglie di Berlusconi l’animo più populista e antisistema del Cavaliere delle origini. Non c’è da meravigliarsi se alle elezioni targate 2013, proprio Berlusconi e Grillo siano riusciti a racimolare quantità di voti inaspettate rispetto al già vincente Pd di Pier Luigi Bersani. C’è un pro-
fondo che lega i due, in grado di modificare il rispettivo partito a seconda della volontà popolare, o sarebbe meglio dire a seconda dei bisogni della gente. Con le dovute differenze di stile, così come il Berlusconi delle origini criticava un sistema marcio e defunto, anche Grillo invoca un cambiamento nel nome delle medesime ragioni a distanza di vent’anni l’uno dall’altro. Non bisogna quindi stupirsi se oggi Berlusconi insegue il “sogno” antieuropeista di Grillo e se sono entrambi legati dal comune desiderio delle urne subito. Tre uomini, dunque, chiamati forse a sfidarsi alle prossime elezioni, con un Cavaliere necessariamente sceso da cavallo per via di sentenze giudiziarie. È curioso vedere però i tre leader oggi fuori dal Parlamento, segno di una politica sempre più virtuale e meno reale, un po’ come la pretesa democrazia grillina della rete, spacciata per “vera democrazia” ma che, nel piccolo, riproduce e riprodurrà pian piano il sistema attuale con lobby di controllo che tenderanno ad utilizzare il mezzo virtuale per affermare un interessa di parte. E non è forse stato questo il meccanismo di un altro mezzo, le tv del Silvio nazionale, in grado di condurlo quattro volte al governo? Non c’è da stupirsi se allora si parla di “seconda fase del berlusconismo”, con il Cavaliere che ha fatto tendenza politica e di cui oggi vediamo i primi frutti. La Storia insegna che i figli, prima o poi, cannibalizzano i padri. Non sappiamo se andrà così anche tra i “figliocci” e il Cesare di Arcore. Fatto sta che Silvio si è già riprodotto. Chi sperava nella fine di un certo modo di far politica deve rassegnarsi: Berlusconi c’è e continuerà ad esserci in altre forme, uno e trino.
di Pasquale Ragone
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DOMINERANNO il 2014
Mentre decolla l’anno del Mondiale brasiliano, giochiamo in anticipo sul 2014 annunciando gli eroi che lo riempiranno di storia. ‘’La Pausa’’ ha scelto i dieci protagonisti della generosa stagione di sport in rampa di lancio. Presunzione o lungimiranza? Ne riparliamo tra dodici mesi...
NEYMAR Investito della missione calcisticamente più onerosa di sempre – trascinare il Brasile al trionfo iridato davanti al proprio pubblico – Neymar ha però la fortuna di giocare un Mondiale in casa nel pieno delle proprie forze, privilegio che nemmeno Pelè ebbe la fortuna di spendere. La Coppa del Mondo sarà chiaramente l’evento centrale del 2014, anche perché le prevedibili tensioni sociali accerchieranno un torneo da fine del mondo: il Brasile all’assalto della Coppa, Ronaldo all’ultima occasione della carriera, Messi maturo per profanare il Maracanà. Detto che Germania e Spagna sono le squadre migliori, il disegno del destino sembra condurre a Neymar. Che a Barcellona è diventato giocatore vero, e del predestinato ha i segni. Dovesse chiudersi quel lungo romanzo iniziato nel 1950 (il Brasile che perde al Maracanà con l’Uruguay, aprendo la grande tragedia nazionale), con Neymar in trionfo alla guida del Brasile, niente sarà più come prima.
LE BRON JAMES
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Spazzata via l’etichetta del grande perdente, ‘’il prescelto’’ non ha più sbagliato un colpo: doppio titolo NBA nel biennio 20122013, sempre da MVP delle finali. Ha aperto l’era dei Miami Heats, spostando gli equilibri di un’intera fase storica. Nel 2014, è ripartito alla caccia del tris. E dopo l’oro olimpico con la Nazionale, a settembre in Spagna ci sono i Mondiali. Roba da Dream Team.
FERNANDO ALONSO La grande sfida, in
casa Ferrari, è rompere l’egemonia di Vettel. A 33 anni, il pilota astraliano non è più un giovanotto e il prossimo Mondiale potrebbe essere l’ultimo a Maranello. Abbattendo la dittatura-Red Bull chiuderebbe in bellezza dopo troppe stagioni a inseguire, complicando l’inevitabile approdo di Vettel in Ferrari nel 2015. L’uomo vincerà sulla macchina.
NOVAK DJOKOVIC RAFAEL NADAL L’Australian Open apre ufficialmente la stagione del tennis, in estate verranno Roland Garros, Wimbledon e US Open. Nell’assalto al sontuoso Nadal versione 2013, Djokovic – padrone in Australia nelle ultime tre edizioni – ha ormai sottratto al declinante Federer il ruolo di primo antagonista. La nuova rivalità di vertice produrrà scintille. Se la terra rossa di Parigi è il salotto del cannibale spagnolo (quella dei canguri premia sempre il serbo), il vero campo di battaglia sarà Wimbledon, dove anche il detentore Murray potrà inserirsi nel duello sfruttando il vento di casa a favore. Sarà comunque Nole contro Rafa, spettacolo di forza, corsa e psicologia.
MARC MARQUEZ
Dopo la rivelazione, la consacrazione. Il più giovane campione in carica della storia della Moto GP ha tutto per confermarsi come il più forte della classe regina, avviandosi verso una carriera non distante dalla gloriosa parabola di Valentino Rossi. Che, con Lorenzo e Pedrosa, rischia di finire ancora una volta dietro, accodato alle spalle di Marquez.
VINCENZO NIBALI È entrato nel cuore degli italiani trionfando al Giro con una fuga eroica, scalando da campione le Tre Cime sotto la bufera di neve. Ora, sulla soglia dei 30, è nel pieno della maturazione personale. E deve conquistare il mondo. Punta tutto sul Tour de France: ha tutto per detronizzare il rivale Froome. Sembra ancora di vederlo, Pantani, che sfila in giallo sui Campi Elisi. È stato l’ultimo a riuscirci, nel 1998. Libero dalle ombre che imprigionarono Marco, Vincenzo può raggiungerlo.
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FEDERICA PELLEGRINI Altro made in Italy pieno di promesse, anche se – al contrario di Nibali – nel caso della Fede nazionale la sensazione è che il meglio sia già alle spalle. Agli Europei di Berlino, la più grande nuotatrice dello sport italiano deve tornare a ruggire per preparare la strada verso Rio 2016, tappa definitiva della sua carriera. Oscurando gossip, gelosie fuori vasca e tweet al miele. riuscirci, nel 1998. Libero dalle ombre che imprigionarono Marco, Vincenzo può raggiungerlo.
MO FARAH Campione british di sangue
somalo, figlio del melting pot che vince. La stella nera del mezzofondo moderno prepara l’assalto agli Europei di atletica leggera. A Helsinki, nella rassegna continentale del 2012, monopolizzò i 5.000 metri (la sua disciplina) a poche settimane dal bis Olimpico. A Mosca ha dominato i Mondiali. Troppo superiore perché non possa ripetersi in Svizzera.
MARCEL HIRSCHER Giovane 32
d’Austria, nuovo fuoriclasse dello sci maschile se saprà ripetere in Russia le imprese del 2013. Quando, davanti al pubblico austriaco in estasi a Schladming, vinse l’oro dello slalom speciale diventando eroe nazionale per acclamazione. Con 7 tappe di Coppa del Mondo a irrobustire il curriculum, Sochi chiama forte il suo nome. E Hirscher non si farà pregare.
di Gianluca Corbani
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NEL MEZZO DEL CAMMIN DI SERIE A Con gennaio siamo al giro di boa del nostro campionato: il girone di andata è finito, le squadre devono tirare le somme e agire di conseguenza sul mercato di riparazione. La Juventus, nonostante la bruciante delusione in Champions, sta facendo un campionato pressoché perfetto e impressionante: se nel ritorno dovesse totalizzare gli stessi punti dell’andata potrebbe superare quota 100, stabilendo il nuovo record italiano. Unico neo l’incredibile sconfitta contro la Fiorentina, che ha però segnato il punto di svolta della stagione bianconera, proprio come accadde l’anno scorso dopo la caduta casalinga contro l’Inter. Da allora i bianconeri hanno solo saputo vincere, subendo di fatto un solo gol in dieci partite e battendo con una forza e una maturità assolute le dirette concorrenti Napoli e Roma (doppio 3-0 allo Stadium). Finalmente protagonista del campionato la Roma di Garcia, l’allenatore che ha saputo dare un’anima e un (bel) gioco ad una squadra ricchissima di talento (Pjanic e Totti su tutti). Dopo una prima frazione di campionato superlativa con 10 vittorie consecutive, la Roma ha subito una lieve flessione, coincisa con l’assenza del proprio capitano, che ha portato ad una serie di pareggi e di fatto al sorpasso targato Juve. È facilmente immaginabile la frustrazione dei giallorossi, imbattuti per 17 giornate e con un rullino di marcia che normalmente si tradurrebbe in scudetto, visti i tanti punti di distacco dalla vetta. In lotta per il terzo posto, ma molto
lontani dal primo, lottano Napoli e Fiorentina. I Partenopei vantano un attacco super con Higuain che non sta facendo rimpiangere Cavani, un Mertens poco utilizzato ma spesso a segno e la sorpresa Callejon, “scarto” del Real con un bottino di 8 marcature; inoltre Benitez non ha ancora potuto veramente usufruire di Hamsik, a lungo ai box per infortunio. Semmai i problemi per gli azzurri sono dietro, vista la difesa ballerina (assolutamente rivedibile Rafael, il vice Reina), ma sicuramente un allenatore navigato come Rafa e un presidente economicamente generoso come De Laurentiis porranno rimedio alla situazione. I Viola stanno dando seguito al bel campionato della scorsa stagione, con una squadra sostanzialmente simile, ma soprattutto grazie alle 14 reti di Giuseppe Rossi, capocannoniere del torneo. Montella si trova però ora nei guai, essendo ancora Gomez indisponibile e visto il brutto infortunio di Pepito (fuori non meno di due mesi). I neoacquisti Matri&Anderson potrebbero dare un aiuto fondamentale. La vera sorpresa è la neopromossa Hellas Verona, quinta forza del campionato. Mandorlini e il d.s. Sogliano hanno costruito una squadra solidissima, quadrata ma anche divertente, puntando su un mix di giovani talentuosi (Iturbe, Jorginho e Martinho) e “vecchietti” che hanno ancora qualcosa da dire in Serie A (Toni, Donati e Cacia). Le perle sono state le vittorie su Milan, Lazio e Udinese, ma anche quando ha perso l’Hellas l’ha fatto assolutamente con onore e mettendo in difficoltà avversarie come Juventus e Fiorentina. Stagione in chiaroscuro per le due milanesi: il Milan sta facendo una fatica
incredibile in campionato e rischia seriamente di rimanere fuori dall’Europa che conta, dove però quest’anno rimane l’unica italiana ancora in gioco. Gli arrivi di Rami e Honda e un ritrovato Kakà dovrebbero aiutare nella missione Europa Seedorf, richiamato alla base dopo l’esonero di Allegri. L’Inter ha cambiato molto, proprio a partire dalla panchina con Mazzarri, ma sinceramente i miglioramenti di gioco rispetto all’anno scorso faticano a vedersi; le mire europee dei nerazzurri dipendono ancora e soprattutto dai gol del fenomenale Palacio e da quanto sarà disposto ad investire sul mercato il neo presidente Thohir. Completano la prima metà della classifica Torino, Parma e Genoa, che grazie alle reti di Cerci, Immobile, Cassano e Gilardino dovrebbero arrivare ad una salvezza assolutamente tranquilla. Deludente è la stagione, fino ad ora, di Lazio e Udinese. La prima avanza in Europa League ma arranca in campionato, forse ancora appagata per il derby vinto in finale di Coppa Italia a maggio (da qui la decisione di affidare a Reja la panchina); la seconda, dopo aver venduto come tutti gli anni i propri gioielli, non sta trovando il solito apporto in fase realizzativa di Di Natale (che ha annunciato il proprio ritiro a fine stagione) e soprattutto stavolta Guidolin non sembra aver fatto il solito numero di bravura e magia. Sono sette le squadre invischiate nella zona retrocessione, tra cui le due neopromosse Livorno e Sassuolo. Gli amaranto pagano soprattutto il fatto di non avere un buon numero di nomi adatti alla Serie A e come al solito ne ha fatte le spese l’allenatore, esonerato dopo la sconfitta con il Parma; gli emiliani, dopo un avvio shock (culminato con lo 0-7 ad opera dell’Inter) si sono ripresi grazie all’intervento di mister Di Francesco, che ha saputo ridare equilibrio fra i reparti e specialmente ha consegnato le chiavi dell’attacco al promettente Berardi, fin qui autore di 11 reti (con la perla del poker al Milan). Hanno già cambiato guida tecnica Sampdoria (dentro Mihajlovic sconfitto una sola volta, dal Napoli), Chievo (il ritorno di Corini ha ridato stabilità e tranquillità all’ambiente), Bologna (fuori
Pioli, al suo posto Ballardini) e Catania (che ha optato per il climax Maran-De Canio-Maran) che punta tutto sul ritorno di Lodi e il rientro di Bergessio. Nonostante la nostra Serie A si sia impoverita di campioni e fuoriclasse rispetto agli anni passati, rimane ancora uno dei campionati europei più combattuti (quantomeno dalla seconda posizione in giù) e perciò appassionanti assieme alla Premier, che rimane l’eccellenza assoluta a livello mondiale.
di Simone Zerbini
GIOCHI | GIOCANDO: TELEFILM
di Marta Ettari e Gaia Bonvini
GIOCANDO telefilm
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Dai un nome alle immagini: il numero sotto la foto indica la lettera da utilizzare. Unisci tutte le lettere per trovare il nome di una nota serie televisiva.
(1,2)
(1,6)
(2,6)
(1)
(2,3)
l’INTRUSO
(1,2)
(4,7)
In ogni riga, una tra le parole date non va d’accordo con le altre due, affini tra loro. Le iniziali delle parole intruse, prese nell’ordine, vi daranno il nome di una serie televisiva.
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1. 2. 3. 4. 5.
Cavallo - Oca - Piccione Milano - Ancona - Torino Patata - Mela - Zucchina Estremo - Centrale - Interno Pattino - Pulce - Lavagna
di Marta Ettari e Gaia Bonvini
GIOCANDO telefilm
il CERCHIO
Partendo dalla parola colorata raggiungete quella nel centro del cerchio, eliminando successivamente tutte le parole incluse in esso. La parola può essere un anagramma di quella che la precede; può essere un sinonimo o un contrario; può trovarsi unita alla parola precedete in un detto, in una similitudine, in una metafora; può formare il nome di una persona famosa o di un luogo famoso.
PICTURE: Once upon a time L’INTRUSO: CAMELOT CERCHIO: Lost, Isola, Sicilia, Tempio, Atene, Giove, Giovedì, Settimana, Mese, Seme, Fiore, Margherita, Cocciante, Cantante, Attore, Pitt,
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