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DICEMBRE 2021
Periodico d’informazione locale - Anno I n.10
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MOSCATELLI
“Giustizia Vicenza fa passi in avanti”
RUCCO: “GRANDI OPERE IN ARRIVO A VICENZA NEL 2022”
GIACOMO TOTTI
Piace all’Europa il designer rivoluzionario
Dal parco della Pace a San Biagio universitario
CITTA’ SPERANZA
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SCIENZIATI VICENTINI E VENETI NELLA MISSIONE IN ANTARTIDE
Sono i vicentini i maggiori sostenitori RIGONI DI ASIAGO
È la miglior donna marketing di tutta Italia IN BASILICA
Il prof. trasforma le monete antiche in… maiali PIAZZA 2030
Taliana: “Buone pratiche per un futuro migliore e sostenibile”
Al lavoro con temperature difficili
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Impegno e futuro Antonio Di Lorenzo >antonio.dilorenzo@givemotions.it<
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ovremmo imparare da John Kennedy: “In questo decennio – diceva - abbiamo scelto di andare sulla Luna e di fare cose simili, non perché era facile, ma perché era difficile”. La riflessione, quasi sessant’anni dopo queste parole, serve a ricordarci che la strada più fruttuosa è quella in salita, sempre. Lo sappiamo bene a Vicenza, che ha di fronte all’inizio del nuovo anno, alcune sfide importanti che sono nella maggior parte dei casi altrettante scommesse sul suo futuro. segue a pag 5
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Facciamo il punto
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Molti fronti d’impegno li potete approfondire a pagina 12 nell’intervista al sindaco Rucco: si chiamano recuperi urbanistici, università, alta velocità, ambiente, cultura, solidarietà, con il leit motiv in sottofondo di una pandemia con la quale si dovrà ancora fare i conti e che complica maledettamente ogni sforzo. Si potrà essere o non essere d’accordo con le ricette dell’amministrazione Rucco, ma gli va dato atto che sta affrontando nodi che erano rimasti aggrovigliati da decenni e la cui soluzione non è né facile né veloce. “Sono il sindaco del fare – ha commentato Rucco – perché con le ciàcoe no se impasta fritoe”. Rispetto ad altre città del Veneto, Vicenza ha uno storico deficit di realizzazioni, che non dipendono tanto (o solo) dalla maggiore o minore produttività delle amministrazioni, quanto dalla litigiosità della città, che ha un’anima sottilmente e sotterraneamente polemica, pronta a disfare la sera quel poco o molto di buono che s’è costruito la mattina. È anche quest’anima che deve cambiare, perché le energie che Vicenza (e i vicentini) possiedono hanno il diritto di vedersi riconosciute e non di essere affogate. Che questa sia una città di generosi basta chiederlo a Franco Scanagatta, presidente della Fondazione san Bortolo, che ogni giorno tocca con mano quale sia la disponibilità dei concittadini, sempre pronti a dare una mano senza chiedere niente in cambio, che si tratti di una poltrona nuova per la donazione di sangue o di una sofisticata apparecchiatura per la neurochirurgia. Anche di queste energie, spesso sconosciute e altrettante volte sorprendenti, potrete leggere nelle pagine che seguono: troverete scienziati che lavorano sottozero in Antartide, il genio di Scotolati che produce humor travestito da gatti, professori che scavano nell’antichità per arricchire il presente, donne manager di spicco, ballerine e fotografe premiate in Italia, designer sorprendenti. E via così. Si tratta di nuove espressioni di quel “genio vicentino”, imprevedibile e multiforme, che rappresenta l’anima viva e vera di Vicenza che vuole avere spazio nel presente della città e non nel futuro. Diamogli risposta.
È
stata stampata in 20mila copie e può essere ritirata gratuitamente la cartolina per Paolo Rossi che ha l’obiettivo di rendere omaggio al campione che era cittadino onorario di Vicenza. L’iniziativa vuole ricordare il campione a un anno dalla scomparsa: è stata promossa dal Gruppo Amici di Paolo Rossi, con il patrocinio di Comune di Vicenza e in collaborazione con Lanerossi Vicenza, Coordinamento club biancorossi e Consorzio Vicenza è. L’iniziativa è stata presentata in municipio dal sindaco Francesco Rucco, dal vicesindaco Matteo Celebron, da Vladimiro Riva, consigliere delegato del consorzio Vicenzaè e promotore del gruppo Facebook “Amici di Paolo Rossi”, da Paolo Bedin, direttore generale del LR Vicenza, da Alessandro Rossi, figlio di Paolo Rossi, e da Ugo Bianco, curatore grafico della card. Le cartoline, con l’immagine del campione e la scritta “Grazie Paolo”, si possono ritirare gratis club biancorossi, nei negozi del centro storico che esporranno la locandina dal titolo “Tutti insieme per Paolo Rossi”, negli uffici Iat e nella sede del Consorzio Vicenza è. Per rendere ancora una volta omaggio al campione si potrà quindi realizzare un selfie con la cartolina e condividere lo scatto nel gruppo Facebook “Amici di Paolo Rossi” o su Instagram con l’hashtag #amicidipaolorossi.
Una cartolina che tutti possono ritirare gratis
è un marchio proprietà di
È un periodico formato da 22 edizioni locali mensilmente recapitato a 426.187 famiglie del Veneto. Questa edizione raggiunge la città di Vicenza per un numero complessivo di 43.000 copie. Iscrizione testata al Tribunale di Vicenza n. 4194/2020 V.G. del 23.11.2020; R.S. 17/2020; numero iscrizione ROC 32199
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Chiuso in redazione il 9 dicembre 2021
Direzione, Amministrazione e Concessionaria di Pubblicità Locale: via Lisbona, 10 · 35127 Padova tel. 049 8704884 · fax 049 6988054 >redazione@givemotions.it< >www.ilvicenza.com<
Redazione: Direttore responsabile Nicola Stievano >direttore@givemotions.it< Antonio Di Lorenzo >antonio.dilorenzo@givemotions.it<
CENTRO STAMPA QUOTIDIANI S.p.A. Via dell'Industria, 52 - 25030 Erbusco (BS) Tel: +39.030.7725594 Periodico fondato nel 1994 da Giuseppe Bergantin
L’intervista
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Parla Alessandro Moscatelli. Il presidente dell’Ordine degli avvocati dà un giudizio sulle più importanti questioni aperte
“Giustizia, esiste un ‘modello vicentino’ che ha fatto compiere passi da gigante” “È frutto di una sinergia ambientale unica: tutti hanno remato nella stessa direzione. Negli ultimi anni tribunale e procura dal punto di vista dell’organizzazione hanno compiuto grandi progressi. Dopo la riforma Cartabia stiamo vivendo un vero rinascimento”
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’è un “modello vicentino” per migliorare la giustizia. E oggi, rispetto a tempo fa, viviamo un autentico rinascimento. Parola di Alessandro Moscatelli, nato a Roma quasi cinquant’anni fa, ma vicentino dall’età di sei anni. L’avvocato Moscatelli ha una lunga esperienza nel campo dell’assistenza giudiziale alle persone, alle imprese private nonché agli enti pubblici. Dal 2019 è presidente degli avvocati di Vicenza. È un ordine, quello vicentino, che tra avvocati e praticanti avvocati raggiunge i duemila iscritti. La magistratura in questo periodo è sotto pressione, la sua credibilità forse è ai minimi storici: si avvertono anche a Vicenza gli effetti di questi scossoni nazionali? In altre parole, come sta la macchina che amministra la giustizia? “La magistratura oggi versa nella fase più critica della storia repubblicana. Questa non è una buona notizia per nessuno. Vanno fatte riflessioni profonde e radicali: quello del magistrato è uno dei lavori più difficili, richiede grande preparazione, equilibrio e poca ambizione, mentre la questione sollevata dal caso Palamara ha portato alla luce un quadro poco edificante. A Vicenza le eco nazionali si sono fatti sentire poco”. E la “macchina”? In che condizioni versa? “Per quanto riguarda l’organizzazione, negli ultimi otto anni il Tribunale di Vicenza e la Procura della Repubblica hanno fatto passi da gigante dal punto di vista organizzativo. Ricordo la situazione fatiscente del tribunale di contrà Santa Corona, la
dislocazione degli altri uffici giudiziari in giro per le città, la mancanza di magistrati e una grave disorganizzazione. Oggi la situazione è oggettivamente migliorata. Ma la giustizia non è solo organizzazione”. C’è un modello vicentino e, se sì, perché s’è affermato? “I risultati raggiunti sono stati il frutto di una sinergia ambientale unica: gli esponenti politici di tutti i partiti, i sindaci, le organizzazioni datoriali, le associazioni d’arma e di volontariato, gli avvocati ed i magistrati hanno remato tutti verso la stessa direzione. Da questo punto di vista possiamo parlare certamente di un “modello vicentino”. L’obiettivo della riforma Cartabia è snellire i processi che durano in media 7 anni e mezzo nel civile e oltre 5 nel penale: crede che ce la faremo a far ripartire questa macchina ingolfata senza premiare i furfanti? “La ministra Cartabia ha fatto visita al nostro Consiglio quando è stata a Vicenza. Ci ha parlato di un nuovo inizio per la giustizia italiana. Non so dirle se tecnicamente quanto proposto sia la migliore delle riforme possibili. Ma posso affermare che rispetto a qualche mese fa pare di vivere un rinascimento. I furfanti? L’equilibrio tra garanzie, processo e condanne deve essere considerato leggendo la Costituzione: le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Tale principio certamente confligge con il populismo giudiziario degli ultimi anni, ma questo deve rimanere il
Nella foto, il presidente degli avvocati vicentini, Alessandro Moscatelli, assieme alla ministra Marta Cartabia durante la sua visita a Vicenza
faro del legislatore”. Tra i peccati capitali dell’economia italiana, Carlo Cottarelli inserisce proprio la lentezza della nostra giustizia. Ed ecco il tema della produttività dei giudici: che cosa può fare la politica, e un ordine come il suo, per pretendere tempi più decorosi? “Il magistrato deve meditare, studiare e decidere con equilibrio. Spesso ci vuole tempo. La produttività è un criterio aziendalistico: il magistrato non lavora in una catena di montaggio, deve essere certamente tempestivo ma la sua decisione deve essere più possibile meditata. Più che di produttività parlerei di un indice di resistenza. Un indicatore potrebbe essere quello sulla percentuale d’impugnazione se collegato alla percentuale di revisione dei provvedimenti. Generalmente meno qualità delle decisioni corrisponde ad una maggiore probabilità d’impugnazione e ad una più
alta percentuale di revisione; quanto più le decisioni del singolo magistrato resistono al vaglio delle impugnazioni tanto più i suoi provvedimenti sono meditati e completi. Se invece ci troviamo innanzi a magistrati che operano in settori - anche delicati - non avendone le capacità o le conoscenze, dovremmo pensare di assegnarli ad altri uffici”. Microcriminalità e sicurezza percepita: come stiamo a Vicenza? “Girando l’Italia ti rendi conto che Vicenza e la sua provincia sono dei territori sotto il controllo delle forze dell’ordine. Non possiamo più pensare di vivere in un mondo con le porte di casa sempre aperte. Tutto è migliorabile, ma non estremizzerei un tema che poi rischia di creare inutili tensioni sociali”. Silvio Scacco
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Attualità
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Il caso. È il sindaco Rucco in prima persona a rispondere ai sindacati e ai consiglieri di opposizione sui temi sollevati
“Polemiche sterili, posizioni incoerenti Queste critiche sono un attacco politico” “Proprio il centrosinistra aveva chiesto di aprire la sede in Campo Marzo: e adesso protestano? Siamo stati gli unici ad avere investito nel comando di via Soccorso soccorsetto. La nuova sede? Ci stiamo ragionando. La polizia locale ha visto il maggior numero di assunzioni in Comune”
Un’immagine dell’inaugurazione della nuova sede della polizia locale in Campo Marzo: si riconoscono Rucco, Naclerio e il comandante della polizia, Parolin
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in prima persona il sindaco che replica a sindacati e ai consiglieri comunali di “Da adesso in poi” sulle questioni della polizia locale. “Ho recentemente incontrato i sindacati per discutere dei temi che hanno posto – risponde Rucco – Innanzitutto ho spiegato loro che ritengo il comunicato che hanno redatto un vero e proprio atto politico, che prende una posizione netta sul mandato di un’amministrazione. Trovo tutta questa polemica alquanto sterile: basti pensare che un presidio di sicurezza in zona stazione ferroviaria esiste già in molte città, penso a Padova ad esempio. Abbiamo vinto le ultime elezioni con un programma che tra le altre cose prevedeva proprio l’apertura del presidio per controllare al meglio la zona del quadrilatero, zona che era stata più che trascurata dalla precedente amministrazione e che invece oggi è migliorata rispetto al passato. Il presidio è stato voluto e richiesto dai cittadini, era un impegno assunto da me stesso in quanto sindaco e sono felice di averlo mantenuto; trovo strumentali le posizioni di chi tira in ballo altre figure dell’attuale amministrazione”. Il riferimento all’opposizione è evidente: “La posizione espressa dal gruppo di Da Adesso in Poi francamente mi fa sorridere; fanno il loro lavoro di opposizione, ma lo svolgono in maniera poco convincente, smentendo le loro stesse campagne elettorali. Nel 2018 il programma elettorale del candidato sindaco di centrosinistra, Otello Dalla Rosa, prevedeva esattamente lo stesso progetto, l’apertura di un presidio di polizia in Campo Marzo: se invece a farlo è il centrodestra non va bene? Ricordo fra l’altro che il loro progetto prevedeva l’apertura del presidio nei locali del bar Moresco, locali che l’amministrazione Variati, sempre di centrosinistra, aveva invece destinato ad altri usi, con l’apertura della sede degli alpini e di un locale commerciale. Insomma, polemiche sterili e posizioni incoerenti”. Rucco ritorna poi sugli altri temi solle-
vati dalle organizzazioni sindacali, quali gli investimenti sul personale e sullo stato della sede del comando della polizia locale: “Non mi risulta il malcontento del personale espresso dai sindacati, so anzi che molti vigili sono soddisfatti dell’apertura del presidio, che sta già cominciando a dare i primi risultati, come l’arresto nell’area di alcuni spacciatori. Recentemente fra l’altro il Nos (Nucleo operativo speciale) della polizia locale si è aggiudicato il Premio sicurezza urbana 2021, un riconoscimento di valenza nazionale rilasciato dall’Anci. Sul tema dello stato strutturale del comando di palazzo Negrisolo, siamo l’unica amministrazione degli ultimi quindici anni ad aver investito in maniera decisa nei locali, avendo sistemato l’armeria e provveduto a mettere in sicurezza la rimessa, mentre stiamo progettando uno studio per la messa in sicurezza dei garage. So bene che sarebbe necessario individuare la nuova sede del comando, ci stiamo ragionando in prospettiva. Ci sarebbero alcuni luoghi idonei come le sale dell’ex complesso Domenichelli, ma al momento è ancora prematuro parlarne.” Il personale: “Il settore della polizia locale è quello che ha visto il numero maggiore di assunzioni tra tutti i settori specifici, erano almeno quindici-venti anni che non si vedevano così tante nuove assunzioni. Quando la legge lo permetterà non esiteremo ad assumere ulteriore nuovo personale.” Sul tema della mancata indennità per il personale della Polizia Locale a fronte della copertura dei servizi esterni, lamentata dai sindacati: “Occorre dire tutta la verità, non solo mezza: il riconoscimento dell’indennità ci può essere, ma bisogna attingere dal fondo previsto per tutto il personale del Comune. Questo i sindacati lo sanno, e un po’ ci giocano per strumentalizzare la polemica. Il dialogo da parte mia con le parti sociali c’è e c’è sempre stato, ma io gli impegni come sindaco li ho presi con i cittadini, non con i sindacati”. (a.f.)
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Attualità
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Il caso. Polemica a tutto campo, da quello sindacale a quello politico, per le condizioni di lavoro del corpo di polizia locale
Vigili, tormenti poco urbani: “Il comando cade a pezzi, la sede staccata non serve”
I sindacati confederali sparano contro l’istituzione del distaccamento a Campo Marzo: “Un lusso che non possiamo permetterci”. La polemica è ripresa dal gruppo di opposizione “Da adesso in poi”: “C’è un enorme problema di personale”
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ormenti poco urbani per i vigili dopo l’apertura del nuovo distaccamento in Campo Marzo che crea sul fronte sindacale e quello politico. In una nota congiunta a firma dei segretari della funzione pubblica di Cgil, Cisl e Uil, Giulia Miglioranza, Franco Antolini e Carola Paggin, i sindacati esprimono le proprie rimostranze per un intervento valutato come poco utile ed eccessivamente dispendioso in termini di risorse economiche e di personale. “Poco utile – si legge nella nota – data la presenza a pochissima distanza di altri presidi di forze di polizia e della sede centrale del comando, oltre che non direttamente accessibile come servizio alla cittadinanza.” Le sigle confederali denunciano altresì un costo troppo elevato dell’intervento, a discapito di altri interventi valutati come più urgenti, come quello nella sede centrale del comando di polizia locale, che “si trova in condizioni precarie e che meriterebbero seri interventi di ripristino e messa a norma, in ragione della presenza di larga parte del personale e di un notevole accesso di pubblico”. Anche la gestione del personale rappresenta una nota dolente: “Si investono risorse sui progetti, ma non si investono risorse nel personale necessario affinché questi progetti ben si integrino con la gestione ordinaria del servizio. Personale che, lo ricordiamo, opera in un ambiente difficile, spesso pericoloso. Si investe nella cella di sicurezza per gli arresti, che fa clamore e soddisfa esigenze che davvero a nostro avviso non sono caratteristiche della polizia locale, mentre il comando, sede ufficiale dell’intero corpo della polizia locale vicentina, cade a pezzi. Come se non bastasse, l’impiego di sei unità fisse al mattino e sei al pomeriggio al distaccamento è un lusso che a nostro avviso il comando non si può permettere, poiché l’ingresso di 11 nuovi agenti non ha portato a un effettivo e stabile aumento della dotazione organica, visti i passati e i futuri pensionamenti e dimissioni. È un lusso che costa: in termini di servizi ordinari sempre meno assicurati alla cittadinanza, per il sempre più ridotto controllo del territorio,
costa nella gestione del personale, costretto a sacrificare il lavoro degli uffici per sopperire alle carenze di organico di personale esterno.” I sindacati aggiungono nella nota che al personale non viene riconosciuta la relativa indennità a fronte dello sforzo aggiuntivo per garantire i servizi esterni, cosa che invece avviene per gli altri operatori del territorio. La critica espressa dai sindacati viene ripresa e condivisa dal gruppo consiliare di opposizione “Da adesso in poi”, che in una nota a firma dei consiglieri Sandro Pupillo e Giovanni Selmo sottolinea: “Denunciamo da tempo un enorme problema riguardante il personale che sta lavorando da anni in un ambiente assai complesso, che cerca di soddisfare le continue e capricciose richieste del consigliere delegato Nicolò Naclerio e che è chiamato a continue azioni di non propria competenza, sacrificando altri fondamentali servizi quali il controllo del territorio e della mobilità cittadina ad esempio”. “Fortunatamente – conclude la nota – i cittadini da una parte e i dipendenti comunali dall’altra si stanno rendendo sempre più conto di essere amministrati da un sindaco che non dà risposte, che non sa gestire i problemi e che non pianifica alcuna azione nei tempi giusti. Tutto questo in una città sempre più nel caos”. Alvise Ferronato
La sede del comando della polizia locale in contrà Soccorso e quella staccata a Campo Marzo: su queste sedi s’è accesa la polemica. Nelle altre foto, Giulia Miglioranza, segretaria della funzione pubblica della Cgil e il consigliere comunale Sandro Pupillo
Storia di Natale
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Il personaggio. Gabriele Padoan
Ecco il Gattolendario del genio Scotolati con 365 nomi di vip trasformati in gatti Ci sono 13 tavole disegnate dei gatti celebri di cartoni animati e di fumetti. E poi, al posto dei santi, ci sono i cognomi di personaggi famosi, vicentini e non, che sono stati trasformarti con cognomi gatteschi. Come il pittore Gueri da Gattomio…
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i sono i disegni dei gatti resi famosi dai cartoni e dai fumetti. E poi ci sono 365 personaggi, vicentini e non, i cui nomi sono stati trasformati in modo gattesco. Ecco il nuovo calendario di Scotolati, al secolo Gabriele Padoan, artista geniale d’età indefinita e d’umore pungente, uomo irriverente ma sempre scherzoso. Dal 1986 produce questi misuratori del tempo che lui interpreta a modo suo. Il calendario di quest’anno è il 42esimo, perché Gabriele è capace di produrre anche due calendari in un anno, così come non rispetta la scansione dei mesi: nel suo mondo, infatti, i mesi possono essere dodici, ma anche tredici o quattordici. Quest’anno il calendario è dedicato al gatto, animale simbolo di Vicenza, e infatti si chiama Gattolendario. Riproduce 13 gatti famosi di ieri e di oggi. Ci sono
Tom & Jerry, Catwoman (digressione cinematografica), Felix the cat, Garfield, Hello Kitty, Krazy cat, il primo getto famoso negli Usa che riceveva sempre un mattone in testa, Fritz the cat, il pornogatto trasgressivo celebre negli anni Settanta, e poi il Gatto con gli stivali, che è una fiaba francese del 1695, gatto Silvestro, Gatto Miao da una rivista per bambini dove si ritagliavano le figure, spunta Miciolino dagli anni Cinquanta, Miciovinicio e Micetto monello degli anni cinquanta e sessanta. Siccome Scotolati ama disegnare ma ancor più giocare con le parole, riprendendo un’idea lanciata già nel 1994, quando ideò il Carlendario, con 365 variazioni del nome Carlo, quest’anno al posto dei santi del giorno c’è un’allegra compagnia di 365 persone toccate nel cognome, che è stato trasmutato e inframmezza-
La copertina del Gattolendario di Scotolati, il 42esimo prodotto dall’artista anche se li disegna da 36 anni
to con le parole gatto e micio. C’è il pittore vicentino Gueri da Gattomio (Santomio) come Gianni Gattolotto (Marzotto) oppure il sindaco Francesco Gattucco (Rucco) ma anche la presidente della Ue, Ursula von der
Gatten, Dino Gattof (Zoff), il giornalista Aldo Gattullo (Cazzullo), l’attore Jack Micholson, il giornalista Gianni Micianera (Brera), la candidata presidente della Repubblica Marta Miciabia (Cartabia), la scrittrice Grazia Micedda
(Deledda), la giornalista Barbara Micionbelli (Palombelli), l’artista Antonio Gattiva (Canova), il filosofo Erasmo da Gattognam (da Rotterdam), il santo Ignazio di Gattola (Loyola), la cantante Jo Micillo (Squillo), il presidente della Russia Vladimir Micin (Putin), la sportiva Federica Micettini (Pellegrini), l’attore Dustin Micioman (Hoffman). E avanti così per 365 nomi. Sono disponibili mille copie del Gattolendario in venti luoghi di Vicenza, dal barbiere Andrea Ienna di Taglio netto sino a molte edicole e alla libreria Traverso, dove sono autentici fan del Nostro.
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L’intervista
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L’anno che verrà. Il primo cittadino spiega obiettivi e traguardi della sua amministrazione. “Molti interventi in programma”
Rucco: “Sono il sindaco del fare E il 2022 servirà a confermarlo”
“San Biagio sarà sede universitaria mentre studiamo la destinazione a campus dell’ex convento. Palazzo Thiene aperto quattro giorni alla settimana. Progettiamo l’alta velocità a ovest della città, i Ponti di Debba, la nuova Bertoliana e piazzale De Gasperi per riqualificare Campo Marzo. Al parco della Pace sarà pronta la zona parco e l’hangar per la Protezione civile. Abbiamo lavorato bene anche per la candidatura a capitale della cultura. La ricandidatura? Non ci penso, ma non la escludo. Penso a lavorare, perché con le ciacoe non se impasta fritoe”
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ai venditori di almanacchi leopardiani al “Caro amico ti scrivo” di Lucio Dalla, dagli astrologi televisivi ai tarocchi, non si scappa: conoscere il futuro affascina. E se la curiosità si sposta su come sarà per Vicenza l’anno che sta arrivando, nessuno meglio del sindaco può leggerne il futuro. Senza sfera di cristallo e senza vestirsi da mago Merlino. Cosa vede nel futuro prossimo della città, signor sindaco? “Purtroppo ancora il covid – risponde Francesco Rucco, che è a palazzo Trissino da tre anni e mezzo – E mi preoccupa. Bisogna vaccinarsi, armarsi di pazienza e attivarsi. Quanto a noi, siamo pronti”. Come? “Per esempio abbiamo tagliato le rette degli asili del 20% fino a luglio, abolito l’imposta di soggiorno, concesso l’esenzione ai plateatici e tagliato il pagamento degli affitti ai locali comunali”. E per la città, in specifico, cosa dobbiamo attenderci dal 2022? “Molti interventi, a iniziare dalle asfaltature. Entro fine dicembre, inoltre, Vicenza sarà tutta illuminata a led, con luci di qualità. Certo, alcune reti sono da rifare. A San Biagio l’anno prossimo arriveranno i corsi dello Iuav, con 1 milione e mezzo di spesa. A gennaio inizieremo a studiare anche l’ipotesi di creare un campus nell’ex convento, recuperandolo dopo decenni di abbandono”. Un traguardo impegnativo e prestigioso. Ma ci sono molte altre opere che attendono di essere concretizzate. “L’anno prossimo partirà la progettazione della nuova Bertoliana, quella di piazzale De Gasperi, primo vero stralcio della riqualificazione di Campo Marzo. A proposito di progetti, arriverà quello per i ponti di Debba, anche questo un obiettivo atteso più o meno da cinquant’anni: e nel 2023 ne affideremo i lavori”. A est è aperta la questione del prolungamento di via Aldo Moro: c’è da attendersi qualche novità? “Ci sono tre ipotesi allo studio e dovremo stabilite qual è la più valida, cioè la meno impattante. Devo dire che vedo più vicina la so-
Nelle foto, un’immagine dell’ex convento di San Biagio e il nuovo piazzale De Gasperi, sopra il sindaco Francesco Rucco
luzione per via Moro che non per il passaggio a livello di Anconetta: in questo caso le ipotesi sono tutte o problematiche o costosissime”. Fra i grandi lavori aperti c’è anche il parco della Pace… “Se non ci saranno intoppi, per il ’22 termineremo l’area parco e l’hangar, spazi per la protezione civile compresi”. Poi c’è la questione del nome: Pace o qualcosa d’altro, magari da decidere con un referendum come ipotizzato proprio da esponenti della maggioranza? “Il nome non è un tema all’ordine del giorno”. L’alta velocità sì, invece. “Il ’22 sarà l’anno del progetto definitivo per la parte ovest e dell’inizio della progettazione della parte est. Ci sarà un cambio di marcia con il passaggio da Rfi a Iricav 2: i lavori tra Montecchio Maggiore e Altavilla inizieranno nel ’23 o ‘24”. Diciamo la verità, saranno almeno cinque anni in cui la città verrà sventrata, diciamo più gentilmente che cambierà volto. “Non mi nascondo le preoccupazioni, soprattutto per la viabilità, nella gestione dei cantieri. Con tutti i sindaci stiamo cercando le soluzioni meno impattanti”. Intanto il Comune ha perso, per ora, i 45 milioni del Pinqua governativo, cioè del Piano per la qualità dell’abitare: dall’ex Fiera al Giardino Salvi fino a Campedello, i lavori sono nel limbo. Che fine faranno?
“Stiamo monitorando parlamento e governo. Le persone che ci informano da Roma confermano l’idea che il governo vuole rifinanziare quegli stanziamenti per chi, come noi, è stato ammesso in quelle due classifiche”. E saremmo a 30 milioni, quando arriveranno. Poi ci sono i 15 dell’ex Macello, ma Vicenza non è stata ammessa al finanziamento. “Ma in quel caso ci sono i quattrini del Pnrr sui quali contare. Delle due, l’una: o quel progetto per il parcheggio lo realizza il Comune con quei fondi, oppure lo realizzerà il privato al quale venderemo l’area con un vincolo”. Passiamo alla cultura: l’anno appena concluso ha visto l’acquisto di palazzo Thiene, dopo quasi 40 anni che il Comune non comprava un immobile. Resta aperto il problema della gestione. “Dal 1° gennaio il palazzo sarà aperto quattro giorni alla settimana. I costi di gestione “in house” non sono quelli che ci avevano prospettato. Lavoreremo su una promozione mirata: dobbiamo aumentare la conoscenza di questo sito museale”. È ottimista o pessimista sul traguardo di capitale della cultura 2024 per Vicenza? “Sono ottimista perché il progetto è di qualità: tutto il sistema Vicenza ha collaborato. Preoccupato per le logiche territoriali che sembrano prevalere: un anno il titolo al Nord e un anno al Sud…”.
Il che penalizza Vicenza, visto che nel 2023 la capitale sarà Bergamo e Brescia. “Che senso ha questa alternanza? Se il progetto è buono, vale questo e basta”. È stata appena inaugurata la nuova mostra in Basilica, di indiscutibile importanza scientifica: che valore ha per la città? “Crea movimento e un’attenzione importante. Certo, non è la mostra di massa, ma alza il livello della qualità su Vicenza”. È contento di sé come sindaco? “Sì, specie degli ultimi due anni. C’era un’amministrazione ingessata: alcuni settori sono migliorati, altri meno. Siamo riusciti ad assumere, anche se non come avremmo voluto”. La sua maggioranza come sta di salute? Ci sono stati molti movimenti in questi tre anni “La maggioranza s’è ridotta di tre elementi, e abbiamo capito perché. La giunta è davvero una squadra, sono soddisfatto. A settembre avevamo approvato 800 delibere di giunta e il Consiglio è arrivato a 65, quando erano 20 in passato”. E l’opposizione? “Rispetto a un inizio di mandato collaborativo, ho riscontrato un tentativo di ostruzionismo fine a se stesso”. Sta pensando alle elezioni del 2023? “La maggioranza deve mantenere la propria compattezza e unità”. Lei si ricandiderà, come tutti
dicono? “Il candidato sindaco lo deciderà la coalizione, c’è ancora un anno e mezzo”. Sì, ma le strategie si fanno adesso. “Potrei ricandidarmi se porterò risultati importanti”. Ci sta pensando, allora “Sono più concentrato sul lavoro” Che voto si dà come sindaco? “Niente numeri. Mi sento soddisfatto di quello che ho fatto”. Però lei è cambiato: nell’ultimo anno ha dato la sensazione di essere più convinto a svolgere il ruolo di sindaco. “Il covid mi ha aiutato, perché mi ha fatto capire quanto fosse importante per la città questo incarico. Ho preso più coscienza del ruolo e ho tirato diritto in alcune situazioni. La fusione Agsm-Aim non l’avremmo realizzata. E non avremmo portato a Vicenza dieci milioni di utili”. A cosa sono serviti? “Ci permettono di non tagliare i servizi, di fare una manovra su alcuni tributi, di tagliare la Tari”. Verso la fine del suo mandato, Hüllweck, metà scherzando e metà no, si definiva ‘il sindaco muratore’ per il numero di opere realizzate. E lei come vorrebbe essere ricordato? “Come il sindaco del fare. Perché, come si dice in dialetto: con le ciacoe no se impasta fritoe”. Antonio Di Lorenzo
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La maxi opera. A Vicenza est si abbattono (e ricostruiscono) le case edificate sessant’anni fa. Ne saranno costruite 478
Al lavoro trecento vicentini per cinque anni nel cantiere Us Army più grande al mondo È partito il primo lotto da 81 milioni di un appalto da 373 milioni di dollari. Al lavoro imprese americane ma anche la Percossi di Bergamo e la vicentina Gemmo. È una realizzazione da record per destinazione housing familiare
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, nel suo genere, il cantiere più importante del mondo. Interesserà Vicenza per i prossimi cinque anni. È un progetto che abbatterà tutte le abitazioni e ricostruire dalle fondamenta il cosiddetto “villaggio americano” a Vicenza est, edificato negli anni Cinquanta per ospitare le famiglie dei militari americani della Ederle. Ha preso il via il primo lotto da 81 milioni di un appalto da 373 milioni di dollari, articolato in cinque lotti, che occuperà la Difesa Usa per i prossimi cinque anni, sostanzialmente al ritmo di un lotto all’anno. È il traguardo di un lavoro iniziato cinque anni fa, con i precedenti comandanti della guarnigione, i colonnelli Berdy e Vogel. Le dimensioni di questo cantiere sono impressionanti anche per gli Usa, tant’è che il colonnello Matthew Gomlak, al comando da luglio 2021 della guarnigione italiana dell’esercito Usa, spiega che si tratta del più grande progetto di edilizia residenziale dello Us Army nel mondo. Per motivi di suddivisione di competenze nelle varie aree da parte della Difesa americana, i progetti di questo tipo in Italia sono di spettanza non dell’esercito ma della Marina. Più esattamente, è il comandante (grado della Marina che corrisponde a tenente colonnello) Jonathan Horner a dirigere i lavori grazie a un team di 9 tecnici che seguiranno i lavori da qui a cinque anni. Presto il suo staff sarà incrementato da altre quattro persone. Quarantenne, da dieci anni in Marina, Horner è un ingegnere con laurea all’università dello Utah ma ha conseguito anche un master in business administration. È arrivato a giugno in Italia dalla “Naval weapons station Yorktown”, storica installazione della Marina in Virginia. Al cantiere si prevede lavoreranno a regime 300 persone, naturalmente vicentine. L’appalto è stato vinto di un gruppo di imprese: l’americana
Mvl, la Percassi di Bergamo e la vicentina Gemmo. C’è un’altra azienda berica, dunque, al posto della Maltauro che edificò il villaggio negli anni Cinquanta, quando era ancora vivo il fondatore Giuseppe anche se il ti-
Il comandante della guarnigione italiana Us Army, il col. Matthew Gomlak, vicino al cartello che mostra come diventerà il villaggio americano. Nella foto qui sopra, il ten. col. Jonathan Horner, direttore dei lavori
mone dell’azienda era in mano al giovane Adone. La Maltauro aveva costruito anche la caserma Ederle, inaugurata nel 1955 quando Adone aveva 36 anni. Rispetto a un tempo sono cambiati anche i criteri edilizi: non più solo casette basse, ma saranno realizzati anche ampi condomini. Si amplierà così anche la capacità di ospitare famiglie. Al termine dei lavori saranno costruiti 428 alloggi al “villaggio” e altri 50 alla Ederle. In tutto si arriverà a realizzare 478 alloggi (da 2, 3, 4 e 5 persone) che serviranno a dare spazio a una comunità che assomma a 1213mila persone, di cui 4.400 sono i soldati. È chiaro che non tutte le famiglie saranno ospitate nelle strutture a Vicenza est: come spiega il responsabile del settore, Lew Smith, oltre al “villaggio” a Vicenza est l’amministrazione americana ha stipulato altri 600 contratti d’affitto “governativi” per abitazioni furoi dalla Ederle; ma esistono nel Vicentino altre 2.500 contratti privati per alloggi esterni, che saranno mantenuti anche quando saranno conclusi i lavori. Evidentemente, proseguirà la politica di razionalizzazione delle forze in Europa, concentrando in Italia quelle già dislocate in Germania, come è avvenuto di recente con il 522° battaglione di intelligence trasferito da Wiesbaden alla Ederle.
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Giovani
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Il personaggio. Ha 34 anni, è di Thiene e di lui s’è occupato il Corriere della Sera oltre alle riviste internazionali
Il designer vicentino rivoluzionario che piace molto all’Italia e all’Europa G
iacomo Totti è un interior designer vicentino di 34 anni che si interessa di architettura d’interni. Negli ultimi anni ha fatto molto parlare di sé, grazie a uno stile peculiare che l’ha portato ad apparire su alcune tra le più note riviste del settore, come l’inserto del “Living” del Corriere della Sera o le edizioni francese e tedesca di Ideat. È originario di Thiene, dove oggi risiede. Ha un percorso formativo e umano che salta all’occhio perché non rispecchia quello che normalmente ci si aspetterebbe da un architetto. Subito dopo la maturità scientifica, infatti, sceglie di dedicarsi anima e corpo alla sua passione originaria: la musica. Suona come bassista per una band professionista con base a Trieste, dove si trasferisce, e per tre anni gira il mondo tenendo concerti. Per un periodo vive anche negli Stati Uniti. “Purtroppo – spiega – non è così semplice riuscire a sostenersi economicamente suonando solamente, così sono tornato e ho trovato impiego prima in un mobilificio, poi in uno studio d’interni”. Sono luoghi in cui ha avuto modo di alimentare un’altra passione, quella appunto per l’architettura e per gli oggetti d’arredo. È un interesse ereditato dal padre: “Mio papà era un antiquario, e fin da bambino mi ha portato con sé a fiere, mercati, mostre, a visitare città d’arte come Venezia, Praga, Parigi. Certamente è grazie a queste esperienze e all’essere cresciuto in quel tipo di ambiente che ha preso corpo il mio interesse per gli oggetti vecchi, vintage, quelli che oggi posso usare nel mio percorso professionale. Devo ringraziare lui per questo”. Totti nei suoi lavori si occupa sia della parte più prettamente architettonica (collabora con studi tecnici che si assumono la responsabilità degli interventi) quando si tratta di intervenire su una struttura, sia dell’arredamento interno, dell’organizzazione e allestimento
Nelle foto, Giacomo Totti, 34 anni, e alcune immagini dei suoi lavori. Di recente ha parlato di un suo progetto a Vicenza l’inserto “Living” del Corriere della sera
degli spazi: “Preferisco fornire un servizio “chiavi in mano” ai committenti, siano essi privati piuttosto che aziende. Rispetto alle ristrutturazioni ho un approccio molto filologico, in modo che i miei interventi si notino il meno possibile, mantenendo la struttura più simile possibile all’originale. Sulla progettazione degli arredi interni invece sono più massimalista, tendo a cercare di rivoluzionare gli ambienti rispetto a come si presentavano prima, sempre se la committenza è d’accordo.” Le scelte dei materiali e degli stessi oggetti che impiega nei suoi lavori rispecchiano una volontà precisa: “Cerco di usare materiali semplici, naturali, impiegandoli senza soluzione di continuità in tutta la struttura che si va a costruire o ristrutturare; una volta scelti il tipo di legno, di pietra o di metallo da impiegare, cerco di usare sempre quelli nel progetto. Rispetto agli arredi invece, evito di utilizzare oggetti in produzione, cose che si trovano già fatte sul mercato: o le progetto ex novo o restauro oggetti già esistenti. In questo modo vado a cre-
È stato un musicista che ha girato il mondo prima di approdare all’architettura d’interni. In questa veste è molto più conosciuto a livello nazionale ed europeo che non a Vicenza. Nei suoi progetti chiama spesso a lavorare giovani artisti are dei pezzi unici e posso valorizzare il riciclo ed il riutilizzo di oggetti e materiali, accostando e facendo comunicare tra di loro stili ed epoche diverse”. Nell’ambito del proprio lavoro, Totti fa emergere un’attenzione particolare alla scena artistica contemporanea locale: “Cerco di coinvolgere gli artisti locali nei miei progetti, commissionando delle opere da inserirvi; vale per chi è già affermato, ma tendo a concentrarmi particolarmente sui giovani, sia veneti che trentini, su ragazzi che non sono ancora conosciuti, dando loro l’occasione di dimostrare quanto valgono”. Se gli si domanda il proprio personale Pantheon architettonico, Giacomo non ha dubbi: “Tre su tutti: Le Corbusier, l’abc del gusto contemporaneo; Gio Ponti, che ha rappresentato uno scisma
per il panorama italiano; il vicentino Carlo Scarpa, un virtuoso dell’architettura a livello tecnico. Oltre a, ovviamente, a Palladio”. È curioso notare come Totti, così come Scarpa e anche altri grandi architetti e designer vicentini, come Flavio Albanese o Aldo Cibic, abbia in comune il fatto di non aver frequentato un istituto universitario. Lui spiega: “La conoscenza tecnica, teorica e culturale è fondamentale, ho letto e leggo moltissimo di architettura, ma la mia formazione è avvenuta principalmente in cantiere, carpendo le nozioni e le tecniche giorno dopo giorno dagli artigiani, dai falegnami, da chi le cose le costruisce. È un passaggio altrettanto fondamentale”. Alvise Ferronato
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Fumetti
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Il personaggio. Parla Davide Catenacci, caporedattore del settimanale che ha dedicato storie a Palladio e Pigafetta
“Il Veneto e Vicenza per Topolino sono una miniera di idee e autori” “A partire da Romano Scarpa e Giorgio Cavazzano per arrivare alla mitica Silvia Ziche, la vostra è una terra ricca di figure importanti per noi e il mondo del fumetto. Topolino è in controtendenza da tre anni rispetto al calo delle vendite in edicola”
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bita nel Veneto la più nobile tradizione disneyana. E a dirlo non è Topolino, ma il suo caporedattore, Davide Catenacci. Cinquantasette anni, laurea al Dams di Bologna, sceneggiatore e caporedattore di Panini Comics dal 2003. Il suo esordio in redazione risale al 27 agosto 1996 quando esce in edicola il Topolino numero 2126 che include il racconto, da lui sceneggiato, “Paperino e la fototregua”. Da allora ha lavorato accanto ai giganti del celebre settimanale. Autori che non solo hanno fatto la storia di una delle testate più longeve e apprezzate al mondo, ma che ne hanno definito lo stile. Autori che, in gran parte, hanno in comune una cosa: sono veneti. Veneti come Paperin Pigafetta al quale è stata dedicata una storia nel mese di novembre, o come Paperin Palladio, del quale si è letto ad aprile 2020. Non male per un fumetto nato negli USA quasi cent’anni fa. Com’è cambiata la sua vita in 25 anni di Topolino? “Ho cominciato nel ‘96 come disegnatore e sceneggiatore. Oggi sono caporedattore quindi mi preoccupo di pubblicare la storia migliore possibile, sia per trama che per disegno.” Prima di Topolino? “Ho scritto per Tiramolla, il Manifesto, Gambero Rosso, Acca Parlante e tantissime altre testate.” Come si scrive un Topolino? “È più o meno come fare un film: si sceglie un soggetto, si scrive la sceneggiatura, quindi si scrivono i dialoghi e le varie ambientazioni della storia. Poi, invece di andare sul set, si passa tutto ai disegnatori, i quali realizzano il fumetto che poi va in stampa.” Chi sono e da dove vengono i vostri fumettisti? “Oggi la produzione, salvo qualche eccezio-
ne, è esclusivamente Italiana. Molti dei nostri fumettisti vengono dal Veneto, soprattutto dal veneziano. La tradizione disneyana internazionale ai livelli più alti è nata proprio lì, con il leggendario Romano Scarpa e il maestro Giorgio Cavazzano, un vero fuoriclasse!” E dal vicentino? “Da Thiene c’è Silvia Ziche, una delle nostre autrici di punta e che, oltre al resto, da anni disegna Che aria tira a Paperopoli, la pagina di attualità che apre i numeri di Topolino.” In passato dove venivano scritti i Topolino? “Walt Disney creò Mickey Mouse negli Usa ormai cent’anni fa, nel 1928. Inizialmente tutti i fumetti erano scritti e disegnati negli States ma nel corso del tempo la produzione si è traferita completamente in Italia. Oggi i nostri numeri vengono tradotti ed esportati in tutto il mondo.” Da cosa riconosce un bravo fumettista? “Tralasciando la tecnica, che arriva con l’esperienza, direi soprattutto dall’inventiva e dalla dedizione. Qualità che emergono solo se c’è il vero bisogno di raccontare qualcosa. Non importa cosa, con Topolino puoi scrivere di tutto.” Le edicole sono in crisi di vendite, come ve la passate? “Abbiamo invertito la tendenza. Topolino, in edicola, va molto meglio anche solo rispetto a 3 anni fa. Ma gli anni d’oro sono passati.” Perché Topolino rimane così popolare? “In primis perché è in grado di rinnovarsi con estrema facilità, ma soprattutto perché ispira le persone. Alcuni lettori di Topolino ci hanno scritto di essere diventati scienziati, archeologi e molto altro proprio grazie al nostro fumetto. Magari hanno letto di un papero dottore e, affascinati, lo sono diventati a loro volta. Poi Topolino ha avuto molto a che fare con gli sport. Per esempio nel 1980, all’edizio-
ne del trofeo di Topolino di sci alpino, c’era anche un quattordicenne di nome Alberto Tomba. Quella volta però è arrivato trentesimo”. Roberto Meneghini
Nelle foto, Davide Catenacci, Silvia Ziche e una pagina del fumetto Paperin Pigafetta uscito da poco
Mondo
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La 37esima missione. Ogni anno l’Italia organizza una spedizione al Polo sud sfruttando il periodo estivo nell’altro emisfero
C’è anche uno scienziato vicentino con molti veneti al lavoro in Antartide Il professor Gianfranco Santovito afferente al dipartimento di biologia lavora nel team di 85 scienziati alla stazione Mario Zucchelli. La responsabilità medica della spedizione è della dottoressa Alessia Adduci
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’è una nutrita pattuglia di veneti, fra i quali anche un vicentino, nella 37esima missione scientifica italiana in Antartide. Ogni anno, infatti, l’Italia organizza una missione in Antartide, organizzata dal Pnra (il Piano nazionale delle ricerche in Antartide) dal Cnr e dall’Enea, l’agenzia per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. Gli enti sfruttano due basi operative: la prima è la stazione Mario Zucchelli, che si trova su una penisola sulla costa della Terra di Vittoria, praticamente al livello del mare. È stata intitolata nel 2005 all’ingegner Mario Zucchelli, figura storica dei progetti italiani in Antartide. Gli scienziati fanno riferimento anche
alla stazione Concordia, che è condivisa con la Francia: questa si trova a 3300 metri di quota e dista mille chilometri dall’altra. La prima è attiva solo nel periodo estivo, che nell’emisfero australe vuol dire da ottobre alla prima metà di febbraio. In questi mesi le temperature sono più sopportabili, variando tra più 5 e meno 10 gradi. La seconda è attiva tutto l’anno. Tra gli 85 scienziati che lavorano alla stazione Mario Zucchelli c’è il fisiologo Gianfranco Santovito, 57 anni, nato a Manfredonia e residente a Vicenza. Lavora come professore associato alla facoltà di Scienze dell’università di Padova, dipartimento di biologia. Assieme a lui c’è un tecnico di ecologia ma-
Nelle foto, il prof. Santovito e la dott. Adduci e un’immagine della base Zucchelli in Antartide
rina, Luciano Masiero, di Padova, afferente sempre a biologia. Ma nel gruppo dei veneti in Antartide sono da segnalare anche i bellunesi Alberto e Fabio Gasperina di Laggio di Cadore, addetti ai mezzi di movimento terra. Da ricordare anche Thomas Gasparetto, un giovane astrofisico di Treviso, laureato a Trieste, che passerà un anno alla base di Concordia.
A vigilare sulle condizioni sanitarie degli italiani c’è Alessia Adduci, 49 anni, medico a Roma, dove è anestesista rianimatore al Policlinico “Gemelli”, che ha due zie a Vicenza e ha maturato una vasta esperienza internazionale. Com’è intuibile, gli spazi coperti della base Mario Zucchelli sono esigui rispetto al numero di persone e alle attrezature scientifiche. Nel complesso si parla di 7500
metri quadrati, dove si trovano alloggi, uffici, locali mensa e per il tempo libero, infermeria e pronto soccorso, e laboratori, magazzini e impianti. Tra le varie attrezzature ci sono un osservatorio astronomico e altri osservatori permanenti per lo studio del magnetismo terrestre, della ionosfera, dei movimenti sismici, delle maree, dei riferimenti geodetici e delle variabili meteorologiche.
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Attualità
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L’iniziativa. L’Emporio solidale inaugurato nei locali del mercato ortofrutticolo sulla scia dell’esperienza della diocesi
Alimentari, vestiti e anche ricerca di lavoro Caritas e Comune espandono la solidarietà C
’è un prezioso fiume di solidarietà che scorre tra le vie cittadine. Discreto e poco appariscente, frutto della buona volontà e della generosità di molti vicentini. In questi giorni che ci parlano di un Bambino che nasce in una stalla, nascosto ma destinato a cambiare il corso della storia e della vita di molti, siamo tutti più sensibili verso chi annaspa lungo le giornate, per mille motivi e per mille cause (ci mancava solo il covid) che nessuno è titolato a giudicare, ma tutti siamo chiamati a comprendere. Era partita la Caritas diocesana oltre 10 anni fa, con i pacchi spesa, alimentati da donazioni, fondi europei da eccedenze o anche acquisti in proprio, destinati a chi non ce la fa nell’arco dell’anno. Lo ricorda il direttore don Enrico Pajarin, con riconoscenza ai moltissimi volontari e donatori che capillarmente danno vita alle molte realtà solidali che, necessariamente e progressivamente, hanno cominciato a dia-
Un anno fa a Parco città è stata inaugurata la prima struttura per venire incontro alle esigenze di chi ha bisogno. Ora ce n’è un’altra. Un grande sostegno in nome della solidarietà da parte di cittadini e di imprese logare tra loro e a coordinarsi, per un servizio più puntuale e mirato. Per oltre 150 interlocutori, singoli come pure famiglie, pazientemente si è andati predisponendo una storia e profilando una situazione, in modo da evitare sprechi o sovrapposizioni di interventi. Un lavoro certosino, delicato ma necessario. Il passo successivo, naturale e atteso, è arrivato con la creazione dell’Emporio solidale, inaugurato lo scorso anno, proprio a dicembre, in un locale di circa 300 metri quadri nel centro commerciale di Parco città a Vicenza, gestito dagli operatori e volontari dell’associazione Diakonia onlus, gestore dei servizi della Caritas berica, che ha potuto contare sulle scaffalature messe a disposizione dal Gruppo Unicomm, su cui hanno trovato posto non solo prodotti alimentari ma anche vestiario, come i 5.500 capi invernali messi a disposizione dalla Sinv di Schio di Ambrogio Dalla Rovere. Semplice e corretto il meccani-
Alcune immagini dei locali al mercato ortofrutticolo che ospitano l’Emporio solidale vicentino
smo per l’assegnazione dei materiali: ai singoli e ai nuclei familiari che si rivolgono alla Caritas per avere un aiuto sotto forma di beni di prima necessità, viene consegnata una scheda a punti spendibili all’emporio. Il “prezzo” di ogni prodotto corrisponde a una certa quantità di punti. Tra l’altro, all’interno dell’emporio solidale si possono trovare anche proposte di lavoro per persone in difficoltà socio-economica. Finanziatori dell’iniziativa, oltre a privati, anche la diocesi di Vicenza, con i fondi dell’otto per mille e il Rotary Club Vicenza. “In questo modo – segnala don Pajarin – chi è in difficoltà può recuperare la dignità nel poter scegliere quanto effettivamente gli serve, e non più, come avveniva in passato, di una consegna a scatola chiusa e unidirezionale di prodotti o vestiario”. Sulla scia di questa positiva esperienza, anche il Comune di Vicenza, contando sulla sensibilità dell’assessore Matteo Tosetto e dei suoi preziosi collaboratori, all’inizio di dicembre, presenti il vescovo Pizziol e il sindaco Rucco, ha inaugurato nei locali del Mercato ortofrutticolo l’Emporio solidale vicentino, altro punto di riferimento per le persone in situazioni di bisogno. Con il Comune, protagonisti anche la Fondazione Cariverona, la Caritas diocesana con Diakonia e la Croce rossa Vicenza, capofila dell’iniziativa che curerà l’operatività dell’emporio. Sempre nel primo weekend di dicembre, si è rinnovata in città la raccolta alimentare denominata Spesa sospesa, promossa sempre dai volontari della Croce rossa, con il sostegno del Giornale di Vicenza e di Tv A Vicenza, per la raccolta di generi alimentari di prima necessità in quasi una ventina di supermercati del comprensorio urbano, che saranno poi messi a disposizione degli utenti dell’emporio. Una iniziativa che ha fruttato oltre cinquanta quintali di prodotti, a cui si aggiungeranno i 100 mila euro del comune provenienti dai fondi governativi per l’emergenza alimentare. Un bel fiume di solidarietà, che per oltre 150 famiglie cittadine rende il mare delle amarezze quotidiane meno vasto. Almeno sotto le Feste. Silvio Scacco
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Cultura
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Il concorso. Lo scatto “Donna e campanile” raffigura una figura femminile con lo sfondo della chiesa di San Giuliano
La foto della scrittrice iraniana-vicentina vince un prestigioso premio nazionale C
on la foto “Donna e campanile”, scattata a Vicenza, vicino all’istituto “Salvi” e alla chiesa di San Giuliano, ha vinto il concorso “Lingua madre – Racconti di donne straniere in Italia”. Si tratta di un’iniziativa promossa da Regione Piemonte e dal Salone del libro di Torino che è giunta alla sedicesima edizione e ha visto finora partecipare 10mila donne. La vincitrice è Manijeh Moshtagh Khorasani, sceneggiatrice, scrittrice e fotografa italo-iraniana. Nasce nel 1965 in Iran, dove cresce. Arriva in Italia verso i trent’anni con un visto di studio per la facoltà di medicina, ma presto si rende conto di voler fare altro. Riscopre la scrittura, una passione che l’accompagna fin da bambina. Vive a Vicenza: scrive racconti e sceneggiature prendendo spunto dalla sua vita e dalla sua personalità, approfondendo il contrasto interiore e con l’ambiente che circonda i suoi personaggi. Come è arrivata a vincere un concorso fotografico? “È stata la fotografia a scegliermi. Presentando il mio racconto per il concorso letterario ho scoperto che si poteva partecipare anche ad un concorso fotografico. Ho voluto provare e ho vinto”. Cosa rappresenta lo scatto? “È un invito alla speranza e a guardare oltre dopo questo brutto periodo, ma le interpretazioni possono essere infinite. Gyula Halász, fotografo ungherese del ‘900, credeva che la fotografia dovesse suggerire, non insistere o spiegare”. Ha presentato anche un racconto? “Si, intitolato “Lo sguardo oltre”. Non ha vinto ma è stato inserito nella raccolta “Antologia lingua madre 2021”.” Da quanto tempo e perché si è traferita in Italia? “Sono qui da circa 25 anni. Volevo studiare medicina, infatti sono entrata in Italia con un visto di studio.” E perché non ha proseguito gli studi? “Sono rimasta affascinata dal cinema. Ho lasciato medicina, mi sono iscritta al Dams di Bologna ma l’ho lasciato in sospeso. Ora però ho intenzione di laurearmi.” Da donna straniera, che difficoltà ha affrontato? “Per lo più legate alle mie origini e, nel lavoro, all’essere donna. Oggi mi sento più italiana che iraniana, ma quando le persone scoprono che ho origini straniere non mi considerano più come una persona del posto. Anche dopo 25 anni!” Perché si tende a prendere le distanze dagli stranieri? “I mezzi di informazione spesso mostrano le parti peggiori di molti Paesi. Se vediamo solo i drammi di alcuni Stati, non possiamo renderci conto che non è tutto come ci viene presentato.” Ha vissuto discriminazioni di genere nel lavoro? “Nella maggior parte dei casi i produttori accettano più volentieri sceneggiature scritte da uomini piuttosto che da donne. Mi sono confrontata anche con altre colleghe che lavorano in Europa e hanno lo stesso problema. Non me lo aspettavo.”
Mannijeh Moshtag Khorasani vive in città da 25 anni. Doveva studiare medicina ma poi s’è innamorata dell’arte. È traduttrice per aziende vicentine ma scrive anche sceneggiature. Lavora anche per la mostra del cinema di Venezia
La foto che ha vinto il premio “Lingua madre” riservato alle donne straniere in Italia e un’immagine dell’autrice, Manijeh Moshtagh Khorasani ormai vicentina di adozione
Cosa si aspettava? “In generale una maggiore apertura mentale. Per fare un esempio, inizialmente ero una persona estroversa, ma ho dovuto rivedere le libertà che mi prendevo con le persone. Per non essere fraintesa, devo stare attenta a quanto parlo e di cosa parlo con un uomo.” E cosa non si aspettava? “Mi è capitato spesso di vivere di persona la gentilezza degli sconosciuti. Accade solo qui e la trovo una cosa meravigliosa.” Lei è sposata? “Si, con la mia arte. Ed è molto gelosa di me”. Cosa fa oltre a scrivere sceneggiature? “Lavoro come traduttrice per aziende del vicentino e per diverse manifestazioni tra cui il festival del cinema di Venezia.” Si mangia con la sceneggiatura? “È molto difficile riuscirci. Un conto è scrivere una sceneggiatura, un altro è vederla realizzata. Io per ora ne ho solo scritte.” Le manca l’Iran? “Guai a chi parla male dell’Italia, ma quando torno in Iran non vorrei più andarmene… Dopo un po’, però, l’Italia comincia a mancarmi troppo e quindi eccomi di nuovo qui.” Roberto Meneghini
Scienza
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La generosità. Proviene dalla nostra città e provincia il 40% delle donazioni per l’Istituto che cura i bambini
Sono i vicentini i maggiori sostenitori della fondazione “Città della speranza” L’istituto vive un momento di difficoltà e fa appello ai vicentini: i conti sono in ordine, ma la pandemia ha cancellato tutte le manifestazioni organizzate per finanziare la ricerca. Ed erano 350 all’anno, praticamente una al giorno
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a generosità di Vicenza e dei vicentini per “Città della speranza” è significativa. Come spiega Luca Primavera, che è amministratore delegato e direttore generale della Fondazione (ma nella sede di Padova non ha voluto un ufficio: si siede dove c’è una scrivania libera…) le donazioni targate Vicenza rappresentano il 40% di tutte quelle che arrivano a Città della Speranza. Di gran lunga Vicenza è la provincia con il maggior numero di donazioni. È il risultato di un lungo lavoro e di molte persone che hanno profuso nella fondazione le loro energie: va ricordato che tra i fondatori ci sono gli imprenditori vicentini Franco Masello e Andrea Camporese, che è l’attuale presidente. Molto attiva da sempre è anche Stefania Fochesato che per un periodo è stata anche lei presidente. Infine, lo stesso Primavera, che da circa un anno ricopre i nuovi incarichi è un vicentino, seppure di adozione, visto che è goriziano di origini ma in passato ha lavorato per la Zambon e ha vissuto a Vicenza, dove è tornato ad abitare da un anno e mezzo. E ancora una volta “Città della speranza” fa appello alla generosità dei vicentini perché, sia pure con i conti in ordine, la pandemia ha lasciato nell’ultimo anno e mezzo un buco considerevole. Il covid ha causato la cancellazione di tutte le manifestazioni
nelle quali si raccoglievano fondi a favore della Fondazione. Ed erano tante, ben 350, vale a dire praticamente una ogni giorno. Le occasioni per dimostrare di essere vicini a “Città della speranza” sono molte, a iniziare dai regali di Natale per i quali la Fondazione mette a disposizione un assortimento di 18 prodotti, di largo consumo e di alta gamma come di alta pasticceria nel caso dei panettoni, fino alle stelle di Natale. La “macchina” della Fondazione è un’organizzazione complessa: i costi di gestione dell’edificio ammontano a oltre 4 milioni di euro, mentre il funzionamento della “Torre della ricerca” è di quasi due milioni. Alla “Torre” lavorano ogni giorno circa 300 ricercatori. Comunque, nell’anno del covid, “Città della speranza” ha messo a segno un importante risultato: non solo ha svolto regolarmente il suo lavoro di ricerca e diagnostica, ma ha aumentato in termini quantitativi e soprattutto qualitativi la sua produzione scientifica. Che sia vero lo dimostra il valore del “fattore di impatto”, come viene chiamato nella letteratura accademica: si tratta del numero medio di citazioni ricevute dagli articoli pubblicati in una rivista scientifica nei due anni precedenti. L’anno scorso il valore del “fattore di impatto” per i lavori scientifici prodotti dai ricerca-
Sotto da sinistra Luca Primavera, nelle altre foto altri vicentini della fondazione: il presidente Andrea Camporese, Franco Masello, uno dei fondatori. Infine, Antonella Viola, direttrice scientifica dell’istituto
tori di “Città della Speranza” è passato da 4.9 del 2017 a 7.7 del 2020. Il che vuol dire che i ricercatori hanno effettuato scoperte di maggior peso scientifico e clinico. “La Fondazione in 27 anni di vita ha raccolto oltre 80 milioni di euro raccolti e si pone ora come obiettivo di raccoglierne altrettanti nei prossimi 10 anni. Per questo è importante stimolare l’istituto e il territorio per far nascere idee nuove per renderci ancora più forti nel perseguimento del nostro primo obiettivo, la cura
dei bambini”, ha sottolineato il presidente Andrea Camporese. “A quasi 10 anni dalla sua costituzione, l’Istituto di Ricerca Pediatrica Città della Speranza è un’eccellenza nel panorama della ricerca in Italia. Questo grazie al lavoro dei gruppi di ricerca, agli investimenti in tecnologia, al continuo rinnovamento di strumenti e facility, al reclutamento di scienziati di alto e altissimo livello, alla multidisciplinarietà della ricerca, introdotta alcuni anni fa come elemento distintivo del nostro Istituto, che sta
dando risultati tangibili, anche in termini di riconoscibilità del ruolo dell’istituto”, ha dichiarato l’amministratore delegato Luca Primavera. “Negli ultimi anni l’istituto è cresciuto in termini di competenze, numero di ricercatori, produzione scientifica, collaborazioni, brevetti e finanziamenti – ha osservato la professoressa Antonella Viola, direttore scientifico dell’Istituto – Ma ritengo che l’anno che abbiamo davanti sia particolarmente critico e decisivo”.
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Un Natale da donare alla comunità. Sostieni con noi le associazioni di Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige ed Emilia-Romagna, a cui verrà devoluto l’intero ricavato. L’iniziativa è valida fino al 19 dicembre 2021. Per maggiori informazioni: www.despar.it/it/donazione-natale
ASSOCIAZIONE CONSIGLIO CENTRALE DI TRENTO DELLA “SOCIETÀ DI SAN VINCENZO DE PAOLI”
Economia
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Il personaggio. Cristina Costa, che lavora da 13 anni alla Rigoni di Asiago, è stata insignita di un importante premio
È la migliore nel marketing in Italia “Non sapevo neanche dove fosse Asiago quando mi sono presentata al colloquio, ma qui ho trovato i valori che condivido. Ho incontrato persone genuine e un territorio accogliente”. Il riconoscimento patrocinato dall’Isfoa
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accontare il valore di una sana alimentazione per Cristina Cossa, direttrice marketing alla Rigoni Asiago, è una missione quotidiana. Un impegno portato avanti con determinazione anche in un anno complesso come quello della pandemia, per il quale ha ricevuto a Milano il premio “Donna marketing 2021” durante un evento patrocinato dall’Isfoa, Libera università e istituto superiore di finanza e organizzazione aziendale. Milanese, 53 anni, dopo un percorso di studi negli Stati Uniti, a Boston, ed esperienze lavorative in multinazionali anche del settore food, Cristina Cossa è arrivata tredici anni fa sull’altopiano di Asiago trovando nell’azienda Rigoni un luogo dove unire le sue passioni: cucina e creatività. Lei si è distinta per l’impegno nell’attivare strategie di marketing dedicate al mangiare sano e biologico. Come è riuscita a raccontare questi valori in modo efficace? Condivido, anche personalmente, i valori dell’azienda Rigoni, pioniera del biologico in Italia. Oggi i consumatori sono molto attenti ai prodotti da portare in tavola e al rispetto della natura. La mia sfida è comunicare la nostra sostenibilità e la filosofia del mangiare in modo buono, sano e semplice con nuove idee e linguaggi. Qual è stato il suo primo impatto arrivando da Milano sull’Altopiano? “Tredici anni fa, quando ho visto l’annuncio di lavoro, non sapevo dove fosse Asiago. Lavoravo in una multinazionale e conoscevo i prodotti Rigoni come consumatrice. Proprio il valore del mangiare sano e biologico mi ha motivata nel sostenere il colloquio: ho pensato che quello potesse essere il ruolo giusto per me perché condividevamo le stesse idee. In Altopiano ho trovato persone genuine, un territorio accogliente e dopo tanti anni posso dire che Asiago è la mia seconda casa dopo Milano”. Quali sono le caratteristiche di un buon direttore marketing? “Essere preparati e aggiornati per lavorare con mercati sempre più competitivi e globali. Sul lato personale, invece, bisogna instaurare rapporti sinceri dove ognuno, apportando le sue idee, sia di aiuto anche agli altri”.
Il marketing è un settore maschile, ma oggi le donne sono sempre più presenti ed esperte. “Vero, ad esempio il mio team di lavoro è composto da una decina di persone in prevalenza donne. Nelle ragazze trovo grande competenza, buona volontà e predisposizione ad esprimere le loro idee”. Cosa consiglia ai giovani che de-
Nelle immagini, Cristina Cossa premiata a Milano, la sede della Rigoni in altopiano e Andrea Rigoni con i suoi prodotti
siderano fare il suo lavoro? “Essere sempre curiosi: è il primo passo per fare bene questo mestiere dove ci si deve relazionare costantemente con gli altri”. Dove trova l’ispirazione per ideare le campagne marketing? “Amo lo yoga e andare al mare. Sono momenti che ritaglio per me stessa, per trovare nuove suggestioni in contesti diversi. Idee che poi condivido con il mio team per confrontarmi e rielaborare i concetti. Ma c’è un luogo in particolare in cui rifletto molto sul mio lavoro”. Quale? “Il supermercato, mentre faccio la spesa. Studio attentamente i prodotti. Mi aiuta a capire come lavorano le altre aziende, i linguaggi utilizzati e mi permette di trovare nuovi concetti per la comunicazione online e offline”. Quanto sono importanti i social nel suo lavoro? “Grazie ai social si raggiungono consumatori di tutte le età in modo diretto e interattivo. Un cliente soddisfatto è il nostro primo ambasciatore e in azienda abbiamo lavorato per creare una community in cui i consumatori possono contattarci per suggerire ricette, consigli e scoprire la nostra realtà aziendale e il territorio di Asiago”. Lei è appassionata di cucina, qual è il suo piatto preferito? “Adoro cucinare e spesso rifaccio a casa le ricette dei cuochi e dei blogger con cui lavoro. In particolare mi piace cucinare le verdure in tutti i modi, ma per chiudere in bellezza la giornata mi concedo un cucchiaino della nostra crema alla nocciola”. Sara Panizzon
Attualità
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La fabbrica del Rinascimento. Dietro all’importante rassegna c’è l’approfondito lavoro di uno storico dell’economia
Edoardo Demo, il professore che trasforma le monete in… maiali alla mostra in Basilica Lo studioso è riuscito a stabilire il valore di riferimento dei maiali nel Cinquecento per comparare e attualizzare il valore delle opere. Le sorprese non mancano. Si tratta di uno studio rigorso, primo al mondo, che apre una finestra sul lavoro in quel secolo
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’aspetto più curioso e innovativo della mostra “La fabbrica del Rinascimento”, fresca di inaugurazione in Basilica palladiana e aperta sino al 18 aprile, riguarda una questione assai pratica: il valore delle opere esposte. La rassegna sul Cinquecento vicentino, impeccabile da un punto di vista iconografico, con 90 opere che arrivano da 64 prestatori di tutto il mondo, vuole insistere infatti anche su questo aspetto. Così il curatore Guido Beltramini si è posto una domanda: quanto valevano nel Cinquecento le opere che noi ammiriamo oggi con tanta meraviglia? Cioè, quanto valeva il lavoro dell’artista? Per rispondere a questa domanda serviva una “moneta” per la comparazione dei valori e, soprattutto, qualcuno che riuscisse a svolgere questo lavoro. La “moneta” è stata individuata nel maiale, parafrasando una scelta del “Moma” di New York che usa come comparazione di valore le vacche: vicino a ogni opera in mostra in Basilica, quindi, ci sarà un disegno che mostra quale fosse al tempo il suo valore o meglio il suo potere d’acquisto, espresso appunto in maiali. Lo studioso che ha realizzato questo lavoro – per la prima volta al mondo così completo e rigoroso, secondo regole scientifiche – è Edoardo Demo, 52 anni, professore associato all’università di Verona, storico dell’economia che insegna anche ai corsi di laurea di Vicenza, anzi di alcuni è coordinatore scientifico. Cosa ha fatto il professore? Prima di tutto ha escluso che si possa aggiornare il valore delle monete di un tempo (e nel Veneto ce n’erano parecchie: ducati, troni, marchetti…) semplicemente moltiplicando la quantità di oro e argento contenute per il valore che i metalli hanno attualmente. Troppo semplicistico, non tiene conto di un’infinità di variabili. Bisognava rispondere a un quesito: se il pittore, per dipingere un quadro, era pagato mettiamo dieci ducati, e questo è abbastanza semplice da sapere, a che cosa corrispondevano quei valori nella realtà? Cosa ci si poteva comprare? Qui è scattato il lavoro di Demo che ha poi tradotto questo potere d’acquisto in maiali. Come stabilire il valore di un maiale nel Cinquecento? Non è un compito facile e l’idea è tutt’altro che astrusa, se è vero che gli economisti moderni hanno elaborato un “Cheesburger index” che compara gli stipendi del mondo esprimendo il loro valore in cheesburger di Mc Donald’s che con quella somma di possono acquistare. Muovendosi sulla scia degli studi di Giulio Ongaro dell’università Milano Bicocca, Edoardo Demo è riuscito nell’impresa di determinare il valore dei maiali nel Cinquecento grazie a una serie di documenti vicentini che ha scovato: quelli contabili della famiglia Razzanti di Schio, quelli del fattore di Giulio Thiene e il registro di Fabio Monza, cronista del tempo. Ha così scoperto che esistevano
maiali da un ducato, piccoli e tristi, altri belli grossi da 9 ducati e quelli medi, “mezzanotti” il cui prezzo variava da 2 a 3.5 ducati. Preso a riferimento il prezzo medio, non è stato difficile stilare una tabella comparativa del valore dei quadri esposti. Così s’è scoperto che il quadro dei cani di Jacopo Bassano valeva al tempo solo mezzo maiale, mentre i gioielli incisi da Belli, giunti dal Vaticano a Vicenza, ne valevano 240. Ma soprattutto il professore è riuscito in un’altra impresa, questa dal sapore squisitamente scientifico. Ha definitivamente pensionato l’idea di Marino Berengo secondo cui i nobili del tempo erano nullafacenti e vivevano di rendita, “rentier” li chiamavano alla francese. No, i documenti che ha trovato dimostrano esattamente il contrario: questi nobili lavoravano, erano imprenditori. Il dubbio l’aveva posto a suo tempo Howard Burns e con questo lavoro Demo contribuisce a ripristinare un’immagine corretta della nobiltà del tempo, molto occupata nelle attività imprenditoriali, nella fabbricazione della seta, per esempio, di cui Vicenza era una capitale. Non a caso nel 1590 sul Bacchiglione a Vicenza esistevano 100 mulini che fornivano energia per la lavorazione della seta. (a.d.l.)
Il professor Edoardo Demo, che insegna anche a Vicenza, e il quadro dei cani di Jacopo Bassano, valutato con sorpresa solo un terzo di maiale
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Economia
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La storia. Francesco Dalla Pozza, giovane ingegnere aerospaziale, ha lavorato tre anni in Giappone poi ha scelto Sarcedo
Cervellone di ritorno a Vicenza
L’ingegnere trentenne ha compiuto il percorso inverso rispetto a molti suoi coetanei. Ora è un ricercatore di punta alla “Officina stellare” di Giovanni Dal Lago. Ha vissuto anche a meno trenta in Siberia per progettare e lanciare un razzo
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al Giappone a Sarcedo per realizzare telescopi, strumentazione meccanica e aerospaziale con altri talenti della Space Factory Italiana. Per Francesco Dalla Pozza, 30 anni, ingegnere aerospaziale di Vicenza specializzato in optomeccanica, una piccola lente può svelare un grande universo tanto che, dopo aver progettato satelliti in Asia, il giovane è tornato a casa trovando alla Officina Stellare, a Sarcedo, un luogo in cui contribuire al progresso scientifico. Infatti nell’azienda vicentina, nata nel 2009 e quotata all’Alternative Investment Market della Borsa Italiana, l’innovazione viaggia alla velocità della luce e la visione di Galileo Galilei ispira ogni giorno ingegneri, esperti e tecnici che qui forgiano complesse strumentazioni opto-meccaniche ad alta tecnologia per uso scientifico, sia per applicazioni terrestri che spaziali. L’obiettivo è diventare la prima “Space factory italiana” in un settore che non conosce confini: quello della New space economy. “Il business dello spazio, grazie a società come Space X di Elon Musk, è in forte crescita – spiega Giovanni Dal Lago, amministratore delegato dell’azienda – Oggi abbiamo 50 dipendenti. Giovani che provengono dal mondo accademico e da importanti centri di ricerca”. Dal Lago prosegue: “La collaborazione con le università è fondamentale. I competitor sono globali così come i committenti, tra cui Esa e Nasa. Lo spazio permette il monitoraggio della Terra e ci attendono sfide come trovare nuovi sistemi di telecomunicazione ottica laser e cyber security. Il nostro obiettivo, quindi, è formare talenti: nel 2022 vorremmo creare un’accademia interna per organizzare dei master in cui i docenti siano professori dell’università di Padova e nostri dipendenti”. Francesco Dalla Pozza è uno di questi talenti. Diplomato al liceo Quadri, grazie alla sua indole curiosa ha trovato nella facoltà di ingegneria aerospaziale di Padova l’opportunità non solo di approfondire concetti multidisciplinari, ma anche di fare un’esperienza all’estero con il progetto “Vulcanus in Japan” che, per un anno e mezzo, l’ha portato a vivere e a lavorare con chi l’innovazione la crea ogni giorno: i giapponesi. “La scelta di andare in Asia – spiega – è
Vicino al titolo, un primo piano di Francesco Dalla Pozza che nella foto a fianco è in riunione nell’azienda Axelspace in Giappone. Nell’altra foto, Giovanni Dal Lago, amministratore di “Officina stellare” a Sarcedo
nata durante la laurea magistrale per fare una prima esperienza lavorativa e scoprire una cultura diversa dalla mia. Per quattro mesi ho vissuto a Tokyo dove ho studiato la lingua sette ore al giorno e partecipato a convegni culturali, mentre i restanti otto mesi ho lavorato in una sede della multinazionale Hitachi nelle cui vicinanze si trova l’Agenzia spaziale giapponese”. Un sogno ad occhi aperti per Francesco: “Mi affascinava l’idea di lavorarci, ma per uno straniero è davvero difficile. Potevo riuscirci trovando impiego in un’azienda fornitrice e così è stato. Terminato “Vulcanus in Japan” e conseguita la laurea, ho fatto domanda per tornare in Giappone con Axelspace, azienda specializzata nella produzione di satelliti per le agenzie spaziali e per la realizzazione di materiali fotografici”. Una scelta che l’ha portato anche in Russia: “Sono stato per un mese in Siberia, a meno trenta gradi, per preparare un satellite. Ho seguito il lancio in diretta streaming ed è stata un’emozione unica, così come ricevere la prima foto dallo spazio”. Dopo quasi tre anni in Asia, Francesco è tornato in Italia: “Sono rientrato con nuove consapevolezze e competenze. Officina Stellare era l’ambiente ideale per continuare la mia carriera nell’aerospaziale, a casa – continua – Qui mi occupo di ricerca e sviluppo. In azienda ho trovato una tecnologia d’avanguardia per una produzione che spazia dalla lavorazione delle ottiche, all’integrazione dei test finali sui telescopi. La sfida è lavorare sui micron con la meccanica di precisione e spero che la mia esperienza possa aiutare nell’avvio di nuove sinergie con il Giappone”. Sara Panizzon
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Spettacoli
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Il personaggio. A 36 anni è impiegata in un’azienda a Castelgomberto, ma coltiva con successo la sua grande passione
Linda, campionessa italiana di flamenco “Ho la danza nel sangue, per me è vita” Prima di dedicarsi al flamenco, Linda Di Martino ha studiato danza classica. Ha surclassato gli altri sei concorrenti alla finale di Rimini. Ha un sogno: “Mi piacerebbe diventare una ballerina professionista. Insegnare flamenco non dà da vivere”
Alcune immagini di Linda Di Martino scattate alla finale del campionato nazionale di Rimini, nel quale ha vinto la medaglia d’oro
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Vicenza il flamenco trova casa. Lo dimostra Linda Di Martino, 36 anni, che s’è laureata campionessa di flamenco ai campionati nazionali di danza di Rimini. Linda nasce a Caracas, in Venezuela, da una famiglia italiana emigrata in sud America negli anni ’60. A sette anni torna con la famiglia in Italia a causa della crescente instabilità socioeconomica del Paese e della sempre maggiore pericolosità della capitale venezuelana. Oggi vive nel quartiere di san Francesco, lavora a Castelgomberto ed è mamma di Alberto Vitale Zelaia. È arrivata prima davanti a quanti concorrenti in finale? “Eravamo in sette. Devo ammettere però che gli altri sei in gara avevano molta meno esperienza di me: diciamo che ho ballato per alzare la media.” Aveva mai gareggiato prima? “No, a livello nazionale è stata la prima volta in assoluto.” Quanto tempo ha avuto per dimostrare meritare l’oro? “Due minuti. Il tempo era uguale per tutti.” E la musica? “Un’alegrìas con bata de cola. La bata de cola è il vestito femminile tipico del flamenco. L’ho usato anche io per la gara e aveva uno strascico molto coreografico.” Congratulazioni, ma cos’è il flamenco? “È una danza tipica spagnola nata intorno al 1200 e mescola elementi che vengono da varie culture tra cui indiane, sudamericane e africane.” Da quanto lo balla? “Da dodici anni. Prima però ho fatto danza classica.” Lo si impara facilmente?
“Non proprio. È una danza molto complessa rispetto ad altre come valzer o tango. Il ritmo, detto palo, cambia in base alla musica sulla quale si balla quindi bisogna avere orecchio musicale. In più è una danza che mira a coinvolgere molto il pubblico e serve saper fare un po’ di teatro per potersi esprimere al meglio.” Da dove nasce questa passione? “È di famiglia. I miei genitori gareggiavano a livello nazionale con il liscio e altri balli da sala e inevitabilmente mi hanno trasmesso il ritmo.” Dunque figlia d’arte e di successo: cos’hanno detto a casa? “I miei mi hanno sempre sostenuta, quindi erano molto contenti.” Le hanno insegnato loro il flamenco? “No, sono allenata da Elisabetta Mascitelli di Fuente Flamenca. Elisabetta è anche la mia coreografa e preparatrice. Per partecipare al campionato però mi sono dovuta iscrivere alla “Accademia danze Trieste”.”
Perché a Trieste? “Per gareggiare in queste competizioni la propria scuola deve essere iscritta alla Fids (Federazione italiana danze sportive). Fuente Flamenca, che è l’unica scuola nel Vicentino ad insegnare il flamenco, è molto piccola e per ragioni economiche e di regolamento non è iscritta alla federazione. La scuola di Trieste conta cinquemila iscritti giusto per capirci.” Che cosa fa nella vita oltre a danzare? “Sono impiegata commerciale nel campo della moda, moglie e mamma.” Per il futuro? “Nel futuro mi piacerebbe lavorare come ballerina professionista. Insegnare flamenco purtroppo non è molto redditizio, essendo una disciplina di nicchia”. Si balla in famiglia? “Assolutamente sì. Mio figlio ha solo due anni e mezzo ma ha la danza nel sangue. Ballava già nella pancia della mamma!” Roberto Meneghini
Stili di vita
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La quotidianità affrontata con un sorriso. Ho scoperto questa nuova passione e ho gettato alle ortiche l’enigmistica
Gioco a scacchi contro il computer Sembra sciocco, poi diventa un vietcong Il programma permette di scegliere l’avversario: quello che preferisco è un fagiano in modalità kamikaze. Eppure… Mi lascia vincere sino al 70% della partita, ma poi diventa Napoleone ad Austerlitz
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evo confessare una cosa di cui mi vergogno in modo profondo: gioco a scacchi con il computer. Lo so, non si dovrebbe fare, è terribilmente obsoleto, out, nemmeno l’attenuante del vintage. Però posso dire che il mio cazzeggio è migliorato, e sotto ben due aspetti: il primo è che ho abbandonato le riviste di enigmistica sulle quali ho immolato durante il lockdown almeno un miliardo e mezzo di neuroni. Parole crociate, parole intrecciate, parole nascoste, bersagli di parole, parole al vento e poi quiz, spigolature, ma soprattutto i rebus, i rebus! Sono arrivato quasi all’idrofobia per certi rebus, e anche alla soglia della paranoia, cominciando cioé a a sospettare un complotto di autori e redattori che propongono rebus davvero senza alcuna soluzione, solo per il gusto di far ammattire la gente. Il secondo aspetto è stato l’addio al solitario, sapete quella roba, sempre al computer, dove si girano e si impilano carte su carte per almeno trentadue volte e poi alla trentatresima uguale e avanti fino alla 97sima che forse, si vince. Cosa? Niente, solo lo scudetto di un piccolo campionato, ovvero campionario, dell’inutilità dell’esistenza in genere. Il senso non senso della vita. Il vax dei no vax, tanto per dire. Tralasciando il senso di colpa (per i pomodori senso di polpa) di sprecare tempo prezioso, di buttare alle ortiche minutaggi dedicabili a più nobili scopi, che ne so, imparare le imprecazioni in arabo, ascoltare da sobrio un disco dei Maneskin, scoprire la fusione fredda al gianduia, inseguire con la scopa le nutrie lungo gli argini dei fiumi, aiutare Greta Thunberg a cambiare espressione. Non che ora gli scacchi mi preservino da questi rimorsi, ma rispetto al solitario ho la sensazione di buttare via il tempo in modo proficuo, direi quasi costruttivo. Il mio programma permette di impostare vari livelli di dif-
ficoltà, cioè si può scegliere di giocare contro un Fisher incazzato nero, uno Spassky in vena di concessioni, un Karpov distratto oppure un fagiano in modalità kamikaze, che è il mio avversario preferito. Le prime
otto mosse del galliforme sono come l’aggressione di un nudista a un samurai e gli faccio fuori subito un alfiere, un cavallo e svariati pedoni, poi si va avanti così per un po’, 70% di perdite sue e 30% mie. Ma quando la vittoria si profila in modo sempre più netto, ecco invece che il fagiano mi si trasforma in un astutissimo comandante vietcong. E tra tattiche di guerriglia e battaglia finale di accerchiamento, la disfatta arriva in un attimo. Qualsiasi sia il livello, quella che si propone ogni volta è sempre la medesima partita dove si assiste al dramma (il mio) del confronto tra la sconfinata inettitudine dell’umano e la diabolica attitudine della macchina. E dunque che sia Fisher o Karpov o il Fagiano, so che non vincerò mai una partita, se non con una fucilata al monitor o sfasciando l’hardware a colpi di mazza. Trent’anni fa a Perarolo c’era un bar gestito da un simpatico ragazzone strabico di nome William. Credo che conoscere un simpatico ragazzone strabico di nome William sia un privilegio nella vita, perché c’è chi conosce un simpatico strabico, chi conosce uno strabico William, chi un ragazzone strabico di nome Fabio, ma tutto il pacchetto del simpatico ragazzone strabico di nome William che gestisce un bar è difficilissimo aggiudicarselo. Da William il gioco imperversante erano gli scacchi e tra una birra e l’altra iniziavano partite umani contro umani che finivano quasi sempre alle mani, nello specifico le mie intorno al collo dell’amico giornalista Matteo Rinaldi (a quel tempo astro nascente del Giornale di Vicenza). Matteo era come il fagiano suicida, partiva malissimo e poi diventava un Napoleone ad Austerlitz. Rimane il rimpianto di quei tempi ridenti e fuggitivi, dove da una scacchiera si finiva presto in un ring di wrestling, tutto in modalità strettamente analogica. Poi è arrivato il digitale. Alberto Graziani
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#Regione
L’intervista. L’assessore al turismo traccia un bilancio del 2021
Caner: “In Veneto un’estate senza fine, a Natale riscopriamo le nostre città d’arte” La chiave del successo: “l’atteggiamento di resilienza di tutto il mondo imprenditoriale turistico veneto, che non si è mai arreso affrontando la realtà e la pandemia con pragmatismo”
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on la fine dell’anno alle porte è tempo di bilanci per l’assessore al Turismo della Regione Veneto Federico Caner. Il Natale imminente con tanti eventi in sicurezza e il turismo in ripresa grazie a una stagione estiva soddisfacente sono solo alcuni degli obiettivi centrati in questo 2021. Assessore, in Veneto, prima regione turistica d’Italia, la locomotiva del turismo sembrava ripartita. Dati alla mano, che bilancio possiamo tracciare della stagione estiva? “Quella del Veneto è stata un’estate senza fine, complici il bel tempo e il desiderio molto forte di vacanza. Il mese di settembre ha regalato alla nostra Regione davvero molte soddisfazioni, registrando più presenze dello stesso mese in epoca pre-Covid (+0,3%). Oggi, dati alla mano, abbiamo la conferma che la prima regione turistica d’Italia mantiene inalterati i suoi punti di forza e quindi, l’impegno futuro sarà di pensare a un’offerta capace di accogliere i visitatori 365 giorni l’anno”. Cosa ha determinato, secondo lei, questa ripresa? “È stato premiato l’atteggiamento di resilienza di tutto il mondo imprenditoriale turistico veneto, che non si è mai arreso affrontando la realtà e la pandemia con pragmatismo. Il prolungamento della stagione estiva e il desiderio di stare all’aria
aperta hanno giocato un ruolo fondamentale: quest’anno si contano più presenze di settembre 2019 al mare (+18,4%), al lago (+9,8%) e in montagna (+16,2%). Il comparto alberghiero è quasi tornato alle cifre di settembre 2019 (-12%), mentre per le strutture extralberghiere si registra un interesse in forte crescita (+10,4%). L’intero quadrimestre estivo ha retto il confronto con lo stesso periodo del 2019, che era stato definito un anno eccezionale dal punto di vista dei flussi turistici, registrando da giugno a settembre oltre 39 milioni di presenze, contro i 46 milioni del 2019 e 8,1 milioni di arrivi rispetto ai 10,7 milioni del 2019”. Ci sono ancora dei settori in sofferenza? “Penso alle città d’arte, mete appannaggio del turismo estero, dove il numero degli arrivi rispetto al 2019 resta comunque negativo con -35,9 %. Cresce però il numero degli italiani che decidono di visitare le città venete”. Sta quindi cambiando il target? “I turisti italiani sfruttano appieno le occasioni proposte dal territorio veneto, tanto da risultare in forte crescita anche rispetto al 2019. È una clientela sulla quale dobbiamo continuare a puntare e fidelizzare, nella convinzione che le straordinarie potenzialità dell’offerta veneta sappiano stare al passo con una domanda in
continua evoluzione. Nel mondo c’è tanta voglia di Italia e di Veneto e l’auspicio è che al più presto si possa ritornarne a volare. La pandemia non è finita e tutti noi abbiamo una responsabilità molto forte nel limitare i contagi adottando atteggiamenti responsabili per lasciarci alle spalle i numeri negativi garantendo la ripresa dell’economia delle vacanze e dei viaggi”. Si registrano altri cambiamenti della clientela turistica post Covid? “Sempre più turisti, italiani e stranieri, scelgono di visitare il Veneto in camper. Per questo abbiamo realizzato anche una brochure in collaborazione con Le Guide di Pleinair. Si intitola “Veneto in camper” e fornisce foto, mappe e descrizioni su Val di Zoldo, Colline del Prosecco, le Città murate, Treviso e le sue ciclabili, Basso Garda e Mincio e il Delta del Po. All’interno anche numeri utili, indirizzi e i luoghi destinati alla sosta. Come sempre le principali informazioni sulle destinazioni della nostra Regione si possono trovare nel sito www.veneto.eu . La stagione invernale è iniziata da poco. Cosa si aspetta? “C’è molta attesa. L’auspicio è che cada tanta neve quanta quella dell’anno scorso. L’attenzione alla situazione epidemiologica deve restare massima. Anche per
questo nella Conferenza delle Regioni abbiamo chiesto al Governo di trasmettere quanto prima le regole per lo sci che tengano conto da un lato della situazione e dall’altro della possibilità per gli operatori del settore di lavorare nella massima serenità”. Il Natale è alle porte. Cosa ha in programma il Veneto? “In tutta la regione i mercatini di Natale sono pronti ad accogliere i visitatori tra luminarie, decorazioni, prodotti artigianali, eventi e massima sicurezza. Nel periodo più magico dell’anno, l’invito è di venire a scoprire le nostre città più famose addobbate a festa ma anche le piccole località di montagna e addirittura il mare. Non mancheranno le tradizionali casette di legno e le bancarelle”. Giorgia Gay
Il libro Il presidente della Regione raccoglie in un libro le riflessioni nate dal suo percorso politico
Dalla pandemia all’autonomia, ecco il “Zaia - pensiero” C’è un unico fil rouge nel libro firmato da Luca Zaia, pubblicato da Marsilio, arrivato in libreria a fine novembre e subito in un tour nazionale di presentazioni. È un fil rouge che si chiama Covid. Un libro fuori dall’ordinario, a partire dal titolo. Lui, il governatore del Veneto, avrebbe voluto che fosse “Gesù o Barabba?”: proprio così, col punto di domanda, a perfetta sintesi del suo pensiero per cui su tutto ci può essere il confronto, ma la piazza a volte può portare a scelte sbagliate. Alla fine si è optato per un crozziano “Ragioniamoci sopra”, altrettanto perfetto (nella sua autoironia) perché questa sorta di diario scritto in prima persona è un invito costante a riflettere sui tanti temi che la pan-
demia ha fatto emergere con prepotenza. Nessuna dedica, quattro in tutto i nomi citati: Einaudi, Crozza, Renzi e Draghi (gli ultimi due solo per dovere di cronaca). Un racconto fatto a modo suo, raccogliendo i pensieri registrati sull’IPhone mentre la sera tornava a casa dall’unità di crisi di Marghera. Un continuo entrare e uscire da quello che lo stesso Zaia definisce uno dei grandi eventi regolatori della storia: dopo il Sessantotto, dopo il crollo del Muro di Berlino, dopo l’attacco alle Torri Gemelle, ecco che il 21 febbraio 2020 è stato un big-bang atipico e subdolo che ha cambiato e condizionato le vite di tutti. Il presidente della Regione ha voluto mettere tutto in fila.
Duecento pagine che sono l’articolazione dello Zaia-pensiero, ma guai (ammonisce lui stesso) pensare che sia un manifesto politico. In realtà già dal sottotitolo – dalla pandemia all’autonomia – questo viaggio fra la stretta cronaca di trincea e le memorie di vita personale altro non è, a leggerlo bene, che un manifesto. Dentro c’è tutto il pragmatismo di un uomo che si è avvicinato giovanissimo alla politica e alla vita amministrativa come assunzione di responsabilità, mettendoci dentro quintali di idee e progetti fin da quando era assessore provinciale a Treviso, dove da più giovane presidente di Provincia in Italia ha costruito un modello tutto suo di comunicare con la gente e con la
stampa. E a chi in questi due anni ha puntato il dito contro la propaganda dei punti stampa quotidiani risponde: “Non sapevamo se ne saremmo usciti vivi, in quanti sarebbero morti, ma le informazioni non si dovevano nascondere”. (s.s.)
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Regione
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Scuola e lavoro. A “Job & Orienta” il confronto sul futuro degli Itis
Donazzan: “Alleanza strategica con le scuole secondarie”
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n miliardo e mezzo di euro: a tanto ammonta la cifra che il Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza, dedica all’istruzione tecnica superiore. Un fiume di denaro che va indirizzato nella giusta direzione, risorse da far arrivare direttamente a segno portare un beneficio ai giovani studenti e al territorio. Di questo si è discusso alla tavola rotonda dedicata a “ITS Pop Days 2.0: PNRR e legge di Riforma, gli ITS verso il futuro”, occasione per fare il punto sull’evoluzione dell’istruzione tecnica, alla quale ha partecipato l’Assessore regionale all’istruzione, formazione e lavoro Elena Donazzan. “Il ruolo delle Regioni è stato fin da subito, 12 anni fa, molto rilevante quando vi fu questa intuizione calata sui territori del dare vita agli ITS – ricorda Donazzan -. All’epoca si era definito che le Regioni si impegnassero con un sostegno del 30% per l’avvio di questi percorsi; percentuale
che nel tempo è aumentata, a dimostrazione che le Regioni, con le difficoltà di bilanci ben note, hanno fatto la scelta di credere molto in questi nuovi percorsi”. Inoltre l’assessore regionale ha lanciato un appello per garantire una ulteriore evoluzione degli ITS. “Serve che vi sia una migliore conoscenza e percezione da parte delle scuole secondarie di secondo grado, che oggi sono ancora piuttosto diffidenti rispetto all’offerta ITS - Bisogna trovare una forte alleanza con i percorsi che precedono l’ingresso negli ITS. La forte alleanza va spinta verso le scuole superiori per comunicare soprattutto agli insegnanti che per una buona qualità della vita della persona-studente passa anche dall’offrire un progetto esistenziale che va oltre i percorsi di istruzione. E credo che gli ITS possano offrire un progetto esistenziale non solo per il singolo ma anche per far crescere il nostro Pae-
se”. Il convegno è stata anche l’occasione per la consegna dei premi ai migliori ITS nazionali in base ai dati annuali di monitoraggio di “Indire” per conto del Ministero dell’Istruzione. Il Veneto si è aggiudicato il primato nazionale nell’area “Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali - Turismo” dell’ITS Turismo – gestione di strutture e servizi turistici, tecnologie innovative per i beni e le attività culturali, gestione di imprese e servizi ristorativi con sedi a Asiago, Bardolino, Jesolo, Valeggio sul Mincio e Villorba. Secondo classificato nella propria categoria, l’ITS RED della Fondazione ITS - Area tecnologica dell’efficienza energetica – risparmio energetico e nuove tecnologie in bioedilizia nel settore edilizia sostenibile, impianti energetici, sostenibilità dei prodotti, comunicazione e marketing nel settore legno arredo con percorsi attivati a Padova, Treviso, Verona e Vicenza. L’ITS-
Academy Last, Istituto Tecnico Superiore per la logistica e la mobilità sostenibile con sede a Verona ha ottenuto un terzo posto nell’ambito dell’area tecnologica “mobilità sostenibile” con un percorso dedicato ai temi dei trasporti e intermodalità.
Intesa per la digitalizzazione delle pratiche edilizie e fascicolo unico Pratiche edilizie digitalizzate e fascicolo unico edilizio: due novità destinate a semplificare il lavoro dei professionisti veneti in un periodo in cui sono in deciso aumento gli interventi privati e pubblici anche sulla spinta delle agevolazioni. Lo prevede il protocollo d’intesa per la digitalizzazione delle pratiche edilizie e la creazione del fascicolo unico edilizio firmato e presentato dall’assessore regionale al Bilancio e alla Programmazione, con delega all’Agenda Digitale, Francesco Calzavara, al convegno organizzato dalla Consulta Regionale dei Collegi Geometri e GL del Veneto all’auditorium del Centro Cardinal Urbani a Zelarino. L’iniziativa nasce nell’ambito del progetto di Supporto ai comuni veneti, sostenuto dalla stessa Consulta, dalla Regione del Veneto e da Anci Veneto, presieduto da Mario Conte, sindaco di Treviso, che per l’appunto ha sottoscritto l’accordo. “In risposta all’obbietti-
vo di digital transformation posto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), con la firma di questo protocollo, concludiamo un percorso iniziato qualche mese fa che interessa tutti i geometri e i professionisti che quotidianamente si interfacciano con gli uffici tecnici dei 563 comuni veneti – ha spiegato Calzavara -. La digitalizzazione delle pratiche edilizie rappresenta un tassello importante sul tema e anticipa tutta una serie di ragionamenti che riguardano la politica del consumo del suolo e la rigenerazione urbana. Infatti, grazie al fascicolo unico edilizio consegniamo ai Sindaci anche uno strumento predittivo che, raccogliendo dati sul territorio e offrendo una visione più chiara e strategica del futuro dei nostri territori, li guiderà nelle scelte in campo urbanistico”. “Oggi dimostriamo l’importanza della digitalizzazione per semplificare i processi e aiutare il capitale umano della pub-
blica amministrazione, nell’affrontare con velocità e reattività le richieste dei cittadini – ha continuato l’assessore -. Noi amministratori abbiamo la responsabilità di saper cogliere le sfide di oggi per offrire soluzioni e opportunità alle nostre comunità”. La semplificazione del lavoro dei professionisti è uno degli obbiettivi da raggiunge per evitare doppioni e costose perdite di tempo. “Infatti, come Regione continueremo a lavorare per garantire strumenti capaci di aggregare i dati e raggiungere l’’once only’, per evitare di chiedere ai cittadini e alle imprese informazioni già fornite – ha sottolineato Calzavara -. L’inserimento del dato una sola volta e renderlo poi disponibile in un’unica banca dati generale è al centro della nostra politica di digitalizzazione, per assicurare sempre di più una burocrazia snella e rapida”. “Infine, ringrazio Anci Veneto con il Presidente Mario Conte per essere sempre al fianco della
L’assessore regionale Calzavara e il presidente Anci Conte firmano il protocollo con i professionisti
Regione nei progetti legati al mondo della digitalizzazione – ha concluso l’assessore regionale -: fare squadra ci permette di trasformare le risorse in servizi. Spero che anche con il PNRR si possa continuare a lavorare fianco a fianco per dimostrare le capacità del modello Veneto”.
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Regione
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Servizi al cittadino. Valerio Franceschini, presidente di Uil Veneto Servizi
“Caf Uil supera le centomila prestazioni e incrementa l’attività dei propri uffici”
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centri Caf della Uil aumentano le prestazioni in tutto il Veneto diventando sempre più un modello di efficienza a servizio dei cittadini e delle persone che ne hanno bisogno in tutta la regione. A parlarne è Valerio Franceschini Presidente del Cda di Uil Veneto Servizi srl. “Abbiamo raggiunto la quota di 100 mila prestazioni in un anno. - spiega Franceschini – In questi anni abbiamo registrato un forte aumento delle richieste ai nostri sportelli alle quali abbiamo risposto con personale preparato e con un alto grado di professionalità ed assistenza”. Ma quali servizi offre il Caf Uil? “Offriamo prevalentemente servizi ai cittadini comuni, ai dipendenti in ogni provincia della regione e abbiamo visto come nel corso degli ultimi anni la richiesta sia cresciuta”. Si predispongono così i classici 730, la dichiarazione dei redditi per i dipendenti e pensionati che consente di recuperare il credito in busta paga, il modello dei redditi (ex Unico) dedicato a tutti i contribuenti che necessitano di presentare la dichiarazione dei redditi. E poi la presentazione degli Isee per le prestazioni sociali di accesso ai bonus energia , gas, idrico, bebè e reddito di
cittadinanza. Il Caf Uil inoltre si occupa di locazioni contratti e comodati, della gestione del lavoro domestico come quello delle badanti e baby sitter. Esegue poi il calcolo dell’Imu per le imposte comunali e per i possessori di immobili e terreni. Ma non solo, visto che si occupa anche della modulistica obbligatoria per alcune prestazioni legate al reddito. Non manca la gestione del superbonus 110%, una pratica che è esplosa nel corso degli ultimi due anni con gli incentivi governativi. Il Caf permette di valutare e utilizzare direttamente la detrazione al 110 %, cedere il credito d’imposta a terzi ottenendo subito liquidità o esercitare l’opzione dello sconto in fattura facendo i lavori senza esborso monetario. “Ci occupiamo anche – spiega Franceschini- di successioni e riunione di usufrutto con la presentazione della dichiarazione di successione. Facciamo anche il servizio del modello 770 semplificato per condomini e associazioni”. Il Caf Uil provvede poi alla trasmissione telematica anche per i titolari soggetti di partita Iva di tutti i modelli di dichiarazione comunicazione e versamento. Provvede inoltre alla presentazione delle
Venturini: “abbassare le bollette degli impianti sportivi”
Valerio Franceschini
domande e istanze all’Agenzia delle Entrate. Caf Uil ha una quarantina di sportelli sparsi in tutto il Veneto .”Abbiamo mediamente dalla provincia di Vicenza 20 mila pratiche l’anno- conclude Franceschini. Altre 15 mila ciascuna arrivano dalle aree di Treviso, Padova, Venezia e Verona. Le restanti dalle province di Rovigo e infine Belluno”. Il Caf Uil risponde ad un numero verde unico per tutte le sedi a cui ci si può rivolgere che è lo 0412030331. Info anche su www.cafuilveneto.it e sul profilo Facebook.
“Il settore degli impianti sportivi, in particolare quelli natatori, vive una situazione drammatica: a fronte di un aumento vertiginoso dei costi energetici c’è stata anche una drastica riduzione delle attività sportive all’interno dei centri sportivi. Di qui la conseguente impossibilità di far fronte ai pagamenti anche a causa dell’aumento dei costi energetici che si attesta attorno al 50%”. Elisa Venturini, capogruppo di Forza Italia in consiglio Regionale, ha presentato assieme al collega Alberto Bozza, una mozione con la quale chiede alla Giunta Regionale di sostenere con adeguate risorse economiche le varie forme associative che gestiscono gli impianti sportivi. “Considerato che in Veneto ci sono 30 impianti di grande dimensione e 40 di piccola dimensione, si parla di un rincaro complessivo di 5.750.000 euro, una somma che i gestori non possono sostenere”.
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Aspiag Service. La concessionaria veneta del marchio Despar fra crescita e sostenibilità
Taliana: “Le nostre radici sono ben piantate Rapporto solido con comunità e filiere locali” Nel 2020 il 90% dell’energia acquistata dalla società è verde e consente di abbattere l’85% di emissioni di CO2. Il 76% dei rifiuti viene inviato al riciclo Nel 2020 sono stati donati 2,4 milioni di pasti recuperando 5,7 milioni di euro di merce
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uando il tuo logo è da sempre un abete, difficile non avere già nel sangue il valore della sostenibilità. De Spar, l’abete appunto, in olandese. Era il 1932 quando Adriaan Van Well fondò nei Paesi Bassi quella società cooperativa che si proponeva di unire in un’unica catena commerciale tanti negozi al dettaglio: il marchio con l’albero, importato in Italia agli inizi degli anni 60’, oggi in Veneto fa capo ad Aspiag Service. La centrale operativa di Mestrino, in provincia di Padova, è concessionaria Despar, Eurospar e Interspar per tutto il Triveneto, l’Emilia-Romagna e dall’inizio del 2021 per undici delle dodici province della Lombardia, con 8.695 dipendenti. In Veneto la società è presente con 162 punti vendita (85 diretti, il resto affiliati) e un totale di quasi 50 milioni di investimenti diretti sul territorio: nella sola provincia di Padova i punti vendita sono 36, con 1.791 collaboratori. Un anno decisamente in crescita. “Si tratta di uno sviluppo fondamentale per continuare a investire nel territorio, dando valore aggiunto alle comunità. Per noi investimento non è solo l’apertura di un punto vendita, ma è soprattutto collaborazione e dialogo con la pubblica amministrazione per capire quali sono i bisogni”, spiega Giovanni Taliana, direttore relazioni esterne di Aspiag. “Le nostre non sono aperture finalizzate solo al business, ma anche alla riqua-
lificazione di zone particolari e al recupero di edifici storici che vengono portati a nuova vita”. Investimenti sul territorio, ascolto delle comunità locali e recupero dell’esistente che già di per sé significano essere sostenibili. Aspiag, che non dimentica di avere un abete sul suo biglietto da visita, ha scelto di guardare anche al lato green del proprio essere impresa. Al 2020 sono 48 i siti certificati secondo la norma Iso 14001 e l’intenzione è di estendere progressivamente il modello a tutta la rete. Lo scorso anno per il 90% è stata acquistata energia verde certificata, consentendo l’abbattimento dell’85% delle emissioni di CO2. La politica di efficientamento energetico ha portato a sostituire con l’illuminazione a led le classiche lampade in ben 134 punti vendita. Il 76% dei rifiuti viene inviato a riciclo, è stata creata una linea per l’igiene personale in contenitori in plastica 100% riciclata, i sacchetti sono biodegradabili, per i prodotti freschi sottovuoto è stata dimezzato l’uso della plastica sostituita dalla carta. “L’attenzione all’ambiente è nel nostro DNA, nella nostra storia. Come l’attenzione alla comunità. Competenza, prossimità, inclusione e partecipazione sono i valori che Aspiag ha messo come punti cardine del proprio agire. “Dal punto vendita alla comunità dobbiamo essere affidabili, cercando di coprire non solo le zone
Giovanni Taliana, Direttore Relazioni Esterne Aspiag Service
più interessanti ma anche quelle più isolate, perché crediamo che la missione della grande distribuzione sia dare un servizio. Essere vicini – afferma il direttore relazioni esterne – significa essere sostenibili, offrendo prodotti locali”. Creare valore aggiunto per Aspiag vuol dire condividere la propria presenza nella comunità: dai 2,4 milioni di pasti donati (equivalente a 5,7 milioni di euro di merce recuperata) agli oltre 800mila euro di sponsorizzazioni, dalle charity
anche verso le realtà più piccole al recente progetto con le sette questure dei capoluoghi veneti con la creazione di un opuscolo per lo stop al bullismo. “Aspiag Service c’è”, afferma Giovanni Taliana. “Ci siamo stati durante tutta la pandemia, con i nostri camion fin da subito presenti a Vo’, con il sostegno all’ospedale di Schiavonia, con la donazione di mascherine alla Regione Veneto, i supporti dati ai nostri territori a seguito dell’acqua granda di Venezia e della tempesta
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Vaia”. Attraverso la cooperazione armoniosa tutti traggono vantaggio in egual misura. Tradotto, è questo il significato dell’acronimo Despar. “Le nostre radici sono ben piantate per terra”, fa presente Taliana. Più le radici sono solide, più si cresce. Una solidità che significa rapporto con il territorio, ma anche creazione di un gruppo di sostenibilità interno e di un vero e proprio manifesto della sostenibilità: dieci punti che tutti, dai vertici in giù, si impegnano ogni giorno a seguire. Dalla cura del Pianeta alla lotta allo spreco alimentare, passando per la qualità del prodotto, il dare valore alla collettività, la promozione della salute e del benessere, la trasparenza, la fiducia nella filiera e nell’imprenditoria locale, gli investimenti nel territorio. Sara Salin
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Il monitoraggio. Da CDP il massimo punteggio solo a due comuni italiani su un elenco di 26 in tutta Europa
Padova fra le città leader a livello mondiale nel contrasto ai cambiamenti climatici Una posizione di vertice che riconosce ufficialmente l’impegno e i risultati ottenuti dall’amministrazione guidata dal sindaco Sergio Giordani che ha reso trasparenti i dati ambientali e predisposto un piano di adattamento al rischio
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’ultimo monitoraggio dei dati ambientali ha mostrato che la città di Padova sui temi della mitigazione e dell’adattamento ha fatto passi da gigante. Tanto che il CDP – acronimo di Carbon disclosure project, ente di beneficenza che gestisce su scala globale il sistema di rendicontazione ambientale di investitori, aziende ed enti pubblici – ha certificato con il punteggio “A” il comune guidato dal sindaco Sergio Giordani per i suoi impegni nella comunicazione trasparente degli obiettivi e delle azioni per contrastare i cambiamenti climatici. Padova e Firenze sono le uniche città italiane tra le 95 leader a livello mondiale e tra le 26 a livello europeo (fra cui Atene, Berlino, Copenaghen, Parigi, Porto, Stoccolma e Zurigo) ad aver ottenuto questo punteggio. Un elenco che si basa sui dati riportati nel 2021 da oltre mille città e che include solo quelle che hanno conseguito il massimo. Che, a fare due conti, sono pochissime: nelle 95 città leader a livello mondiale vive appena il 2,6 per cento della popolazione del nostro Pianeta. Per l’amministrazione comunale della Città del Santo si tratta di un risultato importante, arrivato dopo l’approvazione del Piano d’azione per l’energia sostenibile e il clima. Il cosiddetto Paesc, per il quale Padova si è pure aggiudicata l’edizione 2021 del premio europeo Covenant of Mayors Award, organizzato dal Patto dei sindaci per le città di media grandezza, insieme alla spagnola Murcia che ha ottenuto il riconoscimento per la categoria delle grandi città. Un premio ricevuto a inizio ottobre direttamente dalle mani de presidente del parlamento europei David Sassoli, del commissario europeo per l’energia Kadri Simson e del vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans. La valutazione di CDP prende in considerazione solo quei comuni che hanno divulgato pubblicamente i propri dati ambientali, sviluppato un obiettivo di riduzione delle emissioni e di energia rinnovabile, oltre che completato una valutazione del rischio climatico e, di conseguenza, predisposto un piano di adattamento. Ma è anche un’occasione per valutare le proprie prestazioni ambientali, di confrontarle
con quelle di altre città e di individuare aree di collaborazione e nuove opportunità di crescita. La “A” ricevuta da Padova riconosce ufficialmente che la città ha raggiunto una posizione di vertice sia nell’impegno che nei risultati ottenuti. “Un riconoscimento – commenta Chiara Gallani, assessora all’ambiente – che ci rende felici per più ragioni. Ci conforta sulla strada di pianificazione a breve e lungo periodo sul tema ambientale della decarbonizzazione e sulle azioni di contrasto al surriscaldamento globale. Allo stesso tempo dà atto del lavoro di trasparenza dei dati messi a disposizione e certifica il lavoro di monitoraggio delle azioni compiute”. Con l’adozione del Paesc, Padova ha scelto di fissare degli obiettivi che sono allo stesso tempo ambiziosi e realistici. La città spinge verso la riduzione del 55 per cento delle emissioni climalteranti al 2030 e verso la neutralità climatica al 2050. Non è un cammino semplice, ma l’ultimo monitoraggio dei dati ambientali ha evidenziato progressi significativi, grazie al coinvolgimento attivo del settore privato e dei principali stakeholder del territorio. Sono sei gli ambiti di intervento identificati dal Piano, 116 le azioni di mitigazione e adattamento: il focus è sulla generazione di energia pulita, sull’efficienza energetica di edifici, reti e servizi, sulla mobilità sostenibile, sulla realizzazione di progetti e programmi per la gestione e la prevenzione di eventi climatici estremi. Chiara Gallani sostiene che i muri portanti di una città e di una comunità resistenti poggino su tre pilastri: trasparenza, controllo e pianificazione a 360 gradi delle azioni con ricaduta ambientale. “Questo – afferma l’assessora padovana – è il ragionamento politico di ampio respiro e tangibile che vogliamo accompagni le nostre azioni ora e in futuro. Essere arrivati per la prima volta e tra le sole due città italiane a questo traguardo rafforza la strada intrapresa. Una strada faticosa, perché i temi ambientali sono complessi e intercettano tutte le politiche di una comunità. Affrontarli avendo presente questa complessità dà modo di lavorare in maniera trasparente ed efficace”. (s.s.)
Sopra Chiara Gallani, assessora all’ambiente
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Parliamo di noi
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È tempo di bilanci per La Piazza e LaPiazzaweb
“Ci prepariamo a diventare il primo operatore di informazione locale del Veneto nel 2022” Già nei primi giorni di gennaio 2022 le nostre redazioni produrranno 6 notiziari locali al giorno che verranno diffusi in streaming audio nella nostra testata web e in Fm da un pool di radio, tra le più importanti del Veneto
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uesto è l’obiettivo per il – che tutto il lavoro fatto negli 2022 di Giuseppe Ber- ultimi anni abbia potenziato la gantin, editore dei giornali La nostra credibilità proprio nel Piazza, Il Vicenza, Il Bassano periodo storico più difficile per tutti noi. La nostra attenzione e LaPiazzaweb, e della società editrice di cui è a capo, Give è sempre dedicata alle richieEmotions. Un traguardo certa- ste che il nostro mercato ci ha sfidato a soddisfare. Fornendo mente ambizioso e che ha visto la sua escalation nell’ultimo alla nostra clientela dati certificati da Recapito Certo per biennio. “Dopo un periodo di conso- l’invio di tutte le nostre copie lidamento, nel 2020 è riparti- cartacee e da Google Analitycs ta la crescita dei nostri mezzi. per il portale web. E portando Proprio a marzo 2020, nei primi ai nostri lettori un’informaziogiorni del lockdown, abbiamo ne locale inedita, di qualità e distribuito per la prima volta soprattutto gratuita. Garanzie l’edizione de La Piazza di Pa- e certezze che noi da molti anni dova a 98.000 famiglie – ricorda forniamo e che altri competitor Bergantin. E da allora ad oggi invece hanno dovuto imparare proprio con l’esplosione della non ci siamo mai fermati”. Alcuni numeri, giusto per rende- pandemia. La Piazza e LaPiazre l’idea. Dal 2020 ad oggi ol- zaweb inoltre sono sempre stati tre 210.000 famiglie di Padova, gratuiti e siamo convinti che la fruizione senza limiti dell’inforVicenza, Treviso, Bassano e della prima cintura padovana mazione, soprattutto locale, sia ricevono mensilmente La Piaz- diventata essenziale per tutti, za nelle proprie case, portan- cittadini ed imprese”. Prospettive per 2022? “Il do il circuito ad oltre 450.000 copie recapitate mensilmente prossimo anno vedrà La Piazza ad altrettante famiglie. Sempre quale primo operatore all-news nell’ultimo biennio gli utenti de del Veneto, la prima azienda LaPiazzaweb sono aumentati editoriale presente su tutte le del 420%, arrivando oggi ad ol- piattaforme: carta, web, social, radio e tv. Sì, tre 800.000 al perché già nei mese. Il 2022 sarà un anno primi giorni Nel 2021 importante anche per di gennaio sono state 2022 le nopubblicate la testata cartacea, oltre 40.000 che arriverà alle famiglie stre redazioni produrranno notizie daldella città di Venezia 6 notiziari lole redazioni con La Piazza di Venezia cali al giorno carta e web che verranno e oltre 2.000 clienti pubblicitari. Le testate diffusi in streaming audio nelLa Piazza e LaPiazzaweb hanno la nostra testata web e in Fm registrato nel 2021 un +61% dei da un pool di radio, tra le più ricavi rispetto all’anno prece- importanti del Veneto – svela dente, che comunque aveva già Bergantin”. Una novità importante, che parte dal radicamenincrementato del 24% rispetto al 2019. Il solo portale d’infor- to de La Piazza negli oltre 60 mazione locale LaPiazzaweb comuni raggiunti con più di 50 corrispondenti che quotidiananel 2021 ha portato un +300% dei ricavi rispetto al 2020. “Non mente raccolgono oltre 80 notisiamo extraterrestri, sia chia- zie, ora diffuse attraverso le 23 ro. Il percorso di crescita si era edizioni de La Piazza, Il Vicenza già innescato e siamo riusciti a e Il Bassano, il portale LaPiazmantenerlo e anzi a rinforzarlo zaweb e le 23 pagine social lonotevolmente in questo ultimo cali. E che da gennaio potranno anno. Credo – spiega Bergantin essere ascoltate in streaming
IL 2021 IN NUMERI
L’editore Giuseppe Bergantin
+ 100.000 famiglie raggiunte a Vicenza, Treviso, Bassano e prima cintura padovana + 420% utenti web + 61% di ricavi pubblicitari Oltre 2.000 clienti pubblicati Oltre 40.000 notizie prodotte e diffuse
ed in FM. Il 2022 vedrà anche il raggiungimento di 1 milione di utenti unici mensili per LaPiazzaweb ed il rilascio in primavera dell’app La Piazza, che consentirà di essere ancora più vicini ai lettori. Ma il 2022 sarà un anno importante anche per la testata cartacea, che arriverà alle famiglie della città di Venezia con La Piazza di Venezia e che consentirà di aumentare la presenza e la copertura dei
capoluoghi del Veneto. Una società, Give Emotions, che sta crescendo molto e che continuerà a farlo anche il prossimo anno dunque, con molti talenti che già hanno portato le loro competenze e la loro motivazione e che l’azienda vuole inserire anche nel 2022, sia nelle redazioni che nel commerciale. “Questi anni difficili hanno messo a dura prova il lavoro quotidiano di tutte le aziende
e per il lavoro che facciamo, sempre a stretto contatto con migliaia di interlocutori diversi, per noi è stato ancora più difficile. Consentitemi quindi di utilizzare le nostre pagine per ringraziare - sottolinea Bergantin – tutte le persone che lavorano nel nostro gruppo e che con il loro costante e responsabile lavoro hanno contribuito al raggiungimento di questi importanti risultati”.
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DICEMBRE 2021
Salute Campagna vaccinale
Si parte con la fascia d’età 5-11 anni
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Vaccinazione nei bambini sicura ed efficace
ampagna vaccinale per i bambini, si parte, parola del Commissario Figliuolo che ha annunciato, con la recente approvazione dell’Aifa sull’utilizzo del vaccino per la fascia d’età 5-11 anni, proprio nel corso dell’ultimo mese dell’anno la programmazione della distribuzione di 1,5milioni di dosi pediatriche di vaccino nRna-Pfizer. “Le dosi - ha spiegato in un comunicato della Struttura Commissariale – rappresentano una prima tranche che sarà poi integrata a gennaio e saranno rese disponibili a partire dal 15 dicembre, in modo che tutte le strutture vaccinali delle Regioni e Province autonome, saranno in grado di procedere alla vaccinazione dei bambini a partire dal giorno 16 dicembre”. Un annuncio incoraggiante, considerato l’aumento anche in Italia del numero dei casi di Coronavirus, soprattutto perché “questi contagi stanno interessando sempre di più la fascia più giovane della popolazione, il cui numero dei contagi rimane sempre inferiore rispetto a quello degli adulti, ma che ha visto una rapida crescita nell’ultimo periodo”, come ha avuto modo di osservare il Direttore generale dell’Azienda ospedaliera di Padova, Giuseppe dal Ben. “Si calcola – ha detto facendo riferimento nello specifico al contesto della provincia di Padova dove i casi sono più che triplicati nell’arco dell’ultimo mese che il numero sia diventato più di tre volte superiore rispetto ai positivi del mese di ottobre, tutti tra 0 e 14 anni, che compongono tra il 20 e il 25% dei contagi complessivi di tutta la popolazione”. Con l’avvio della campagna vaccinale rivolta ai più giovani giungono anche le rassicurazioni degli specialisti dell’azienda Ospedaliera di Padova: “La vaccinazione in fascia d’età pediatrica si è dimostrata molto sicura ed efficace”. I rari casi di miocardite e pericardite sono risultati tutti reversibili e comunque 12 volte meno frequenti e gravi delle medesime patologie contratte tramite l’infezione Covid. I medici rinnovano dunque il consueto invito alla vaccinazione per tornare quanto prima ad una situazione di normalità. “Il fatto che l’Italia sia riuscita a controllare l’epidemia meglio dei paesi del nord Europa è anche perché il 75% (forse anche qualcosa di più adesso) degli adolescenti tra i 12 e i 18 anni sono stati vaccinati” ha infatti sottolineato Carlo Giaquinto, Responsabile di Infettivologia pediatrica del Dipartimento Salute della Donna e del Bambino, che ha posto l’attenzione anche al danno psicologico causato dal Coronavirus. “I bambini e i ragazzi – ha osservato -non sono andati a scuola quest’anno e come effetto indiretto non hanno vissuto alcuni aspetti della socialità essenziali per il loro sviluppo. Il numero di accessi alla psichiatria infantile è aumentato del 30%, le tendenze suicidarie tra gli adolescenti sono aumentate in maniera enorme e queste sono sicuramente conseguenze della pandemia”. “In Italia ci sono stati 39 decessi in età pediatrica per Covid e più di 200 bambini ricoverati in terapia intensiva - ha affermato Liviana Da Dalt, Direttore del Dipartimento Salute della Donna e del Bambino - certamente la malattia del Coronavirus è meno grave nel bambino rispetto all’adulto, ma non lo risparmia da un potenziale andamento grave che può portare al decesso. Sono numerosi piccolissimi rispetto alle altre fasce d’età ma il rischio esiste”.
Salute
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Otorinolaringoiatria e Coronavirus. Gli studi dell’Azienda Ospedale-Università di Padova
I disturbi dell’olfatto causati dal Covid-19 In media circa il 60% dei pazienti positivi ha problemi che dipendono principalmente da un danno dei recettori nasali e orali, con possibilità di coinvolgimento anche del sistema nervoso centrale
Ulss 2 Marca Trevigiana
Zone di rischio, dal 6 dicembre sono cambiate le regole
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n media circa il 60% dei pazienti positivi al Covid-19 ha problemi di olfatto. Questo vuol dire che in alcune casistiche questo valore raggiunge anche l’85% dei malati. Sono i dati presentati dal Professor Piero Nicolai, Direttore della Unità di Otorinolaringoiatria dell’Azienda OspedaleUniversità Padova, insieme con il direttore generale Giuseppe Dal Ben nel corso di un recente focus su Otorinolaringoiatria e Covid-19. I disturbi dell’olfatto e del gusto sono tornati prepotentemente alla ribalta con il Covid-19. I disagi di queste complicanze, osservate anche in altre infezioni virali seppure in percentuale minore, erano stati talvolta sottovalutati fino all’avvento dell’infezione SARS-CoV-2. Recenti studi hanno dimostrato che il virus colpisce il sistema olfattivo e gustativo a diversi livelli. I disturbi dipendono principalmente da un danno dei recettori nasali e orali, con la possibilità di coinvolgimento anche del sistema nervoso centrale. Le indagini per appurare la gravità delle conseguenze dell’infezione prevedono due metodologie: un’analisi soggettiva, di facile e rapida esecuzione, che consiste nella somministrazione di questionari al paziente al quale si richiede una valutazione personale dell’entità dei sintomi e dell’impatto che questi hanno sulla qualità di vita; una seconda di carattere oggettivo, sicuramente più laboriosa ma più precisa nell’esprimere il reale danno arrecato dall’infezione virale. Queste caratteristiche favoriscono l’uso più frequente del primo tipo di valutazione nella routine clinica, mentre nell’ambito di studi clinici si privilegia la seconda tipologia. Tra i molteplici studi condotti in merito, si distinguono le ricerche nate nel Nordest italiano, in particolare a Treviso, Padova e Trieste. Un gruppo campione composto da soggetti positivi è stato monitorato per 12 mesi, per studiare nel tempo l’andamento dei sintomi. Dall’esperienza è emerso che: il 64% dei positivi presentava disturbi all’olfatto nel momento della comparsa dell’infezione e che il 23% di questi aveva una perdita totale dell’olfatto (anosmia). A un mese dalla comparsa dell’infezione circa il 50% dei pazienti presentava ancora questi disturbi; a 6 e 12 mesi le alterazioni dell’olfatto sono scese rispettivamente al 20% e al 17% tuttavia con un 7% di pazienti ancora anosmici. “E’ ancora difficile stabilire all’esordio dei
sintomi quante siano le probabilità di recupero dell’olfatto che ha il singolo paziente, cioè quali siano i fattori che influenzano il risultato a lungo termine” ha spiegato il professor Piero Nicolai. Sotto la lente d’ingrandimento degli scienziati ci sono ora le nuove terapie ed i nuovi farmaci, in buona parte ancora in attesa di passare dalla fase sperimentale a quella dell’applicazione clinica. Si sta lavorando molto anche sulla riabilitazione, con particolari “ginnastiche” basate su stimoli olfattori, che stanno dando buoni risultati.
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ambiano le regole all’interno delle diverse zone di rischio che abbiamo conosciuto lo scorso anno: la zona bianca, gialla e arancione, infatti, prevedono regole differenziate per chi è in possesso del “Super Green Pass” – rilasciato solo a vaccinati o guariti di recente dal Covid – e chi ha invece il “Green Pass base”, ottenibile con l’esito negativo di un tampone. In zona rossa, invece, le restrizioni sono valide per tutti i soggetti, vaccinati e non. L’Ulss 2 della Marca trevigiana ha pubblicato e pubblicherà sulla pagina facebook una serie di infografiche con tutte le possibilità e le restrizioni in vigore per ciascuna zona dal 6 dicembre al 15 gennaio 2022: un intervento deciso dal Consiglio dei Ministri per salvare le festività natalizie, permettendo di viverle in modo più simile all’epoca pre-Covid, ma tenendo alta l’attenzione alla sicurezza. La prima riguarda la zona bianca.
“Non bisogna dimenticare l’impatto psicologico che le alterazioni di olfatto e gusto hanno nella vita quotidiana dei pazienti e non solo di chi utilizza questi senso per uso “professionale”, come cuochi e sommelier, ma di tutti noi; per averne un’idea basta pensare a quanto siamo infastiditi dai sintomi del banale raffreddore” ha continuato il professor Nicolai. “Sono dati molto importanti – ha concluso il Direttore generale dell’Azienda ospedaleUniversità di Padova Giuseppe Dal Ben - che riguardano un problema che ha colpito molte delle persone positive al Covid-19. Facciamo i complimenti ai ricercatori e ai medici che stanno portando avanti questi studi e ci auguriamo che possano esserci ulteriori sviluppi positivi per la cura di questi disturbi legati alla malattia”.
Nella foto il Prof. Pietro Nicolai, Direttore della UOC Otorinolaringoiatria dell’Azienda Ospedale-Università Padova
Libri
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L’anniversario. Un volume firmato da Paolo Madron per i 100 anni dell’impresa che da Recoaro s’è affermata a raggio planetario
Gruppo Maltauro, la civiltà del costruire Così il suo segno resta in tutto il mondo Dal fondatore Giuseppe, che si fece pagare la liquidazione in beni, al figlio Adone, imprenditore visionario. Oggi la Maltauro è impegnata con il Cern a Ginevra e con l’avveniristica smart city che sta costruendo in Kenya
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on è un libro agiografico, un elogio aziendale che serve a inorgoglire il Cda e a blandire i clienti, ma un libro che racconta una storia, quella di un’azienda che è partita dalle montagne del Vicentino ed è arrivata ad avere un raggio internazionale, intrecciandola la storia imprenditoriale con la Storia, quella con la “S” maiuscola, di questo secolo. Il volume è dedicato alla Icm - Maltauro e celebra il suo centenario, che cade appunto quest’anno, con un sottotitolo eloquente: “La civiltà del costruire”. Che, volendo, potrebbe essere letto anche al contrario: “Costruire una civiltà”. E l’azienda ne avrebbe motivo, visto che da Andrea Palladio a Renzo Piano, la storia dell’azienda incontra architetti di valore planetario. Ma, come ha spiegato Gianfranco Simonetto, presidente da 25 anni della Maltauro, l’edilizia ha un valore aggiunto che va molto al di là dei mattoni e della malta e scava nell’animo delle comunità, innervandosi proprio nella costruzione della civiltà. Quindi è giusto parlare di “civiltà del costruire” come contributo dell’azienda a città e Paesi in cui ha lavorato. Autore del libro, edito da Marsilio arte, è Paolo Madron, giornalista vicentino di origini ma di autorevolezza nazionale: esperto di economia, è passato dalla carta stampata (Milano finanza, Panorama...) a fondare una testata on-line che ha acquisito rilevanza italiana: attualmente Madron è direttore di Tag 43 che ha raccolto, appunto, l’eredità di Lettera 43. Oggi il gruppo Maltauro ha 363 milioni di fatturato, 650 dipendenti e cantieri in 17 Paesi. Ma la storia comincia appunto cento anni fa. Recoaro è un paese celebre per le terme e le grandi frequentazioni di vip: nel 1921 il muratore Giuseppe Maltauro si mette in proprio e si fa liquidare dalla cooperativa di cui fa parte in beni e non in soldi. Apre così l’impresa di costruzioni Giuseppe Maltauro. Sarà
lui, nel secondo dopoguerra a legare il nome dell’impresa alla ricostruzione di grandi opere di Vicenza distrutte dai bombardamenti: la Basilica, il duomo, ponte degli Angeli e ponte della Piarda. Attorno alla metà degli anni Cinquanta il figlio Adone, che ormai ha preso in mano l’azienda, ottiene l’incarico dal governo americano di costruire la caserma Ederle e il villaggio americano. “Mio figlio è matto”, commenta il padre Giuseppe. No, non era matto bensì un visionario: così lo definisce oggi Paolo Madron. E ha ragione: Adone Maltauro aveva grandi frequentazioni, andava perfino a pesca con Enrico Mattei. Negli anni Settanta lancia l’azienda sulla scena internazionale, con lo sbarco in Libia. Sono gli anni in cui il colonnello Gheddafi entra nel CdA della Fiat, di cui ha acquistato il dieci per cento. Negli anni Ottanta, Adone Maltauro farà ancora di più e porterà l’azienda nel mondo della grande finanza: acquista l’1% di Montedison, mentre mette a segno appalti importanti: la Fiera a Milano e il Lingotto a Torino con Renzo Piano. Adone era un uomo davvero curioso. Aveva due diversi biglietti da visita con i quali si presentava a seconda delle persone: su uno era scritto “Adone Maltauro cavaliere del lavoro” e su un altro, destinato agli amici “Adone Maltauro allevatore di canarini”. Maltauro era anche un generoso: per molti anni ha ospitato nel suo palazzo di contrà Gazzolle la sede della casa editrice Neri Pozza e il suo burbero fondatore. Raccontare i moltissimi cantieri della Maltauro di questi ultimi 25 anni, significa passare dall’alta velocità Milano-Verona alla metropolitana di Napoli; dal museo M9 di Mestre (riprodotto sulla copertina del libro) all’ampliamento del Cern di Ginevra, anche in questo caso su progetto di Renzo Piano, con
La copertina del libro di Madron, Adone Maltauro e l’attuale presidente, Gianfranco Simonetto. Nell’altra foto l’ampliamento del Cern che la Maltaura sta realizzando a Ginevra
un’area visitatori e un auditorium che sarà dedicato a Sergio Marchionne e finanziaro da Fca. Mentre in azienda è entrata la quarta generazione, con Giovanni Dolcetta e Francesco Simonetto nominati vicepresidenti, il gruppo è impegnatp in un cantiere proiettato nel futuro: a Konza, vicino Nairobi in Kenia, sta realizzato la smart city, una città dedicata all’intelligenza e alla ricerca. Intanto la Storia s’è divertita a giocare con i destini: alla Maltauro, quella stessa di 66 anni fa, il governo Usa ha affidato l’appalto di costruire l’high school del Villaggio della Pace per la comunità americana. Era stata l’azienda vicentina a costruire le abitazioni per i militari americani e le loro famiglie negli anni Cinquanta, quello che a Vicenza è conosciuto come il “villaggio americano”. Antonio Di Lorenzo
Gastronomia
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Il pasticcere professore. Piergiorgo Casara ha insegnato tre decenni al liceo Pigafetta ma è anche un gastronomo di vaglia
Le meringhe filosofiche e il dolce per Pablito Nel locale di via Medici a Vicenza, si producono i dolci storici che hanno illustri estimatori, da Gigi Meneghello a Pablito. In ricordo del campione, Piergiorgio ha creato anche un dolce biancorosso con tanto di “R”
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e un professore di filosofia è anche pasticcere di alto livello qual è il risultato? Si finirà a discutere sulla meringa, che è la bandiera della pasticceria Casara di Isola Vicentina, storico locale di Paolo e Piergiorgio Casara, che però è diventato il dolce simbolo della “Pasticceria artigiana” che Piergiorgio ha aperto assieme alla moglie Elda e al figlio Carlo, 39 anni, sei anni fa a Vicenza, in via Medici. Va spiegato che Piergiorgio ha la gastronomia nel sangue, per via della passione tramandata dal padre, che aprì settant’anni fa il locale di famiglia a Isola. Ma la vita e gli studi lo hanno portato su un altro fronte, quello della filosofia: Piergiorgio Casara, infatti, ha insegnato filosofia per 27 anni, sino alla pensione, al liceo “Pigafetta” ed è stato mentore di generazioni di studenti. Dopo la pensione s’è dedicato a tempo pieno al laboratorio di Vicenza, ma l’occasione di avere un professore di filosofia come interlocutore è troppo ghiotta per non svolgere qualche riflessione che vada oltre la ricetta tecnica. Perché, naturalmente, le sue sono state definite, uniche al mondo, come le “meringhe filosofiche”. Talmente gustose che negli anni Settanta il giovane Paolo Rossi le conosceva e le apprezzava: era a tal
Il pasticcere filosofo Piergiorgio Casara, le sue celebri meringhe e il dolce biancorosso per Pablito
punto un tifoso dei Casara e da Vicenza arrivava a Isola Vicentina per acquistarle. Memore di questa antica amicizia, da quando Pablito è scomparso, un anno fa, in suo ricordo Casara ha creato una pasta biancorossa con tanto di storica “R” disegnata in cima. L’accoglienza a Vicenza è stata commovente per quella che tecnicamente è una bavarese. Sulle meringhe, tempo fa Piergiorgio Casara ricordava un colloquio con un altro cittadino di Isola, lo scrittore Luigi Meneghello (era nato nel paese quando ancora si chia-
mava Isola di Malo) che aveva approvato il dolce esclamando: “Meravigliose queste spomiglie!” con il nome pronunciato con la “o” di ottocento. Come ha riportato in un articolo Denise Battistin, Piergiorgio gli spiegò la differenza: “La spumiglia è cotta più a lungo, rimane più compatta e croccante con un maggiore uso di zucchero rispetto alla meringa, friabile e delicata. Meneghello insistette spiegando che la meringa era tedesca, mentre la spomiglia aveva una leggerezza tutta italiana”. E la faccenda finì lì. Difficile mettersi a litigare con qualcuno che ha fatto
dello studio del dialetto veneto, da “Libera nos a Malo” sino a “Maredè, maredè”, e del confronto con l’italiano la ragione di una vita. Viene, però, quasi spontaneo un gioco. Come avrebbero considerato i due dolci i filosofi del passato? Risponde Casara: “Kant avrebbe sicuramente parlato di meringa, anche perché era un gran buongustaio. Mentre Socrate avrebbe parlato di spumiglia, visto che era collocato in mezzo alle nuvole di Aristofane”. Antonio Di Lorenzo
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