I Mangiadraghi - Anteprima

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“Collana Favole della Buonanotte” LaPiccolaVolante (3)

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Emiliano Billai

I Mangiadraghi Proprietà Letteraria Riservata I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, di riproduzione o adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo sono riservati per tutti i Paesi. Finito di stampare nel mese di marzo 2018 presso New Print S.n.c. Viale Kennedy 17 - 30025 Fossalta di Portogruaro (VE) - Italia © 2018 LaPiccolaVolante “Collana Favole della Buonanotte” www.lapiccolavolante.net ISBN 9788897785279 Illustrazioni di Emiliano Billai Progetto grafico e revisione testo di Michela Meloni

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storia e illustrazioni di Emiliano Billai

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““- A

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Mattia -”


IL SaCrIFICIO dI

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BaLaIKa


“ Balaika il Nero piangeva. E, mentre piangeva, con un morso si stacco’ la punta della coda. �

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C’

era una volta. È ciò che raccontano le favole, sempre. Raccontano di ciò che c’era. Perché ciò che c’era non esige spiegazioni imbarazzanti. C’era. Una volta. Punto. E tu, piccino, non chiedi mai perché non ci sia più. Niente da spiegare, niente da giustificare. C’era. Una volta. Punto. È così che ci hanno abituati a non porgere troppi perché: “C’era una volta”. Ci siamo accontentati tutti e abbiamo smesso di chiedere spiegazioni, noi Grandi. Già da piccini ci insegnarono a non reclamare sogni al futuro ma solo storie al passato, e guarda come siamo diventati: inutilmente Grandi, incapaci di offrire un sogno in avanti. Ce li siamo buttati tutti dietro, i sogni, alle spalle, al passato e ora facciamo schifo. Allora, piccino mio, voglio provare a regalarti un mondo in cui non fare per forza schifo, quando diventerai Grande come me. Allora impara, piccino mio, che dicono le bugie, le favole. Perché ciò che C’era una volta, ci sarà sempre. Ora che leggi, domani che ricorderai, e per tutta la tua vita ci sarà sempre. O ci sarà sempre un “Perché non c’è più?” e tu, piccino mio, chiedilo. Pretendilo sempre. Sogna, piccino mio, per sempre. Allora... C’è un posto, da qualche parte, adesso e ci sarà sempre. C’è, solo un poco nascosto. C’è un posto tiepido e profumato. C’è, solo un poco più lontano. C’è un regno di prati sempre verdi, in cui la pioggia cade sempre di notte, sopra i tetti di creature che dormono sempre di giorno, sopra le tane delle creature notturne, per non disturbare nessuno. Tanto, tanto, tanto tempo fa, quel mondo era vicino vicino al nostro. Si poteva vederlo oltre i muretti a secco dei cortili. Dietro le ombre dei grandi alberi, appeso ai frutti rossi del biancospino, accanto all’erica in fiore o riflesso dentro una goccia di rugiada coccolata dai primi raggi del sole, la mattina. C’è ancora un posto in cui soli e lune si rincorrono in una primavera eterna. In quel posto, che c’era sotto i nostri occhi, ma c’è ancora chissà dove, vita e morte si bilanciano con sapienza: niente nasce di troppo, niente in più viene mangiato. Piante e animali lo colorano con saggezza, e sono superbi le une e gli altri. C’era una volta un mondo e scorreva vicino al nostro, eppure accadde qualcosa e da allora... C’è un mondo lontano, tanto lontano, troppo lontano. Questa è la storia di ciò che accadde, e la racconteremo al passato, ma, piccino mio, non farti imbrogliare! Accadde in un mondo che puoi ancora andare a cercare. Piccino mio, non farti imbrogliare, continua a sognare. Questa che ti racconterò, Piccino mio, è la storia del come perdemmo i colori, l’avventura, gli eroi. Ascoltala, imparala. Perché non posso affidare a un adulto la missione di recuperarli. Siamo diventati grandi nel modo sbagliato, non c’è speranza per noi. In tanti, in troppi, pur senza saperlo davvero, raccontano e ti racconteranno di creature mostruose, gigantesche, di omini grandi come un

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pollice, di verde vestiti e con le orecchie a punta. Li hanno chiamati con tanti nomi, li hanno descritti delle volte cattivi, altre volte buoni, dispettosi, gelosi o generosi. Folletti, fate, gnomi...

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... ... ...

Draghi!

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Sì, Piccino mio, i draghi! Stai attento, cucciolo, a quello che ti sto per dire. Tienilo segreto, in segreto dai loro la caccia. Non vantartene mai! I grandi ti daranno del pazzo, quando sarai grande ti rovineranno la vita. Avvicinati, che possa parlare a voce più bassa. Senti...

C’erano una volta, ma ancora ci sono, in un mondo lontano, tanto lontano, troppo lontano e chissà come si possa raggiungerlo, io non lo so più! Sssshhhhhhh! Zitto, Piccino mio, non farti sentire. Non farti imbrogliare. Continua a sognare e ascoltami! Un tempo, che ora noi grandi non sappiamo più se dirlo lontano, oppure semplicemente altrove, gli uomini e le donne chiedevano ai gatti di mangiare i topi e i gatti rispondevano nella lingua di tutti e presentavano le loro condizioni. Uomini e gatti sancivano un patto. Un tempo, forse diverso, chissà dove, o forse solo troppo lontano, gli uomini e le donne stringevano amicizia con il lupo e lo sciacallo. Lupi e sciacalli rispondevano nella lingua che tutti parlavano, che tutti capivano. Proponevano le proprie condizioni, ma finivano puntualmente per innamorarsi gli uni degli altri, così uomini e lupi e sciacalli si abituarono a lavorare l’uno per il sorriso dell’altro. Un tempo, oramai nascosto alla memoria degli adulti, il mondo era grande, immenso. Era bello, era giusto, era accogliente e al tempo stesso pericoloso. In quel mondo c’erano, e ancora ci sono, Piccino mio, creature di una bellezza inimmaginabile. Erano d’Acqua, erano di Terra e anche di Cielo. Pensa, Cucciolo, che alcune di loro erano così grandi che quando si alzavano in piedi, calava la notte. Quando si immergevano, le rive dei mari e dei laghi avanzavano di metri e metri. Quando si alzavano in volo la pioggia si scansava per farli passare. Oh, Piccino mio, immagina! Pensa che piccoli saremmo sotto questi giganti brillanti, lucenti, potenti. Sagge creature. Pericolose Creature. La mia ombra, qua sul muro, è grande appena quanto un’unghia del più grande di questi Re. Fatti piccolo, Piccino mio! Schiacciato sul prato di lenzuolini, immaginalo aprire le ali grandi, far due lunghi passi verso di te. Sei piccino! Spostati più al centro! Corri! Tra le grosse zampe, non ti schiaccerà! No, no. Non aver paura, guarda in alto il suo ventre lucente scorrerti sopra e alzarsi in volo! Su, Piccino mio, guarda su! Bravo. Che meraviglia, eh? Eh, già! Non ce ne sono più tanti, di Re, sai?

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“ Erano d’Acqua... ”

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“ Erano di Terra... ”

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“ E anche di Cielo... ”

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Chissà quando, chissà dove sono... Oh, Piccino mio, vorrei vederne uno solo, toccarne uno solo. Chissà dove sono finiti, chissà quando sono finiti. Se mai ne incontrerai uno, Piccino mio, portalo da me. Anzi, no: porta me da lui. Digli di aspettarmi. Non farti imbrogliare, Cucciolo, continua a sognare. No, non ce ne sono più tanti. O meglio: non ce ne sono mai stati tanti! Troppo grandi, troppo forti. Troppi draghi avrebbero distrutto il mondo intero senza neanche accorgersene, forse anche solo rigirandosi nel sonno o amandosi. Pochi, Piccino mio, Loro sono sempre stati. Ma ora, chissà quando e chissà dove sono. In questo mondo, in quel tempo che non ricordo quando fu, scelsero di dividersi. Sette draghi scelsero di vivere nei boschi e nelle colline. Quelli più bassi, ma tanto, tanto grossi e forti. Sette draghi si immersero nelle acque di mari e di laghi. Questi Re, altissimi, hanno un collo lunghissimo e una corona spinosa sul capo. Apri la mano sulla testa, Piccino mio, guarda la tua ombra. Che bel draghetto sei! Altri sette scalarono le montagne più alte, per volare veloci e agili, meglio dei fratelli di acqua e di terra. Lunghi e snelli, coperti di una pelliccia bianca e soffice. Così si divisero il mondo, i draghi. Ma quel mondo antico era ancora troppo troppo piccino per ospitarli tutti. Partoriva davvero poche prede per i ventri di tutti quei Re. La terra si crepava, profonda, sotto i loro passi, crollavano anche gli alberi più giovani. I Re di quel mondo si dispiacevano delle involontarie devastazioni. Un giorno, il drago più anziano radunò tutti gli altri e disse: “Draghi, questo mondo non può più cullarci e nutrirci tutti. Vi chiamo a un sacrificio!” Tutti gli altri draghi si guardarono preoccupati, fumando bisbigli spaventati. “Solo a due draghi in terra, due in cielo e due in acqua sarà concesso di diventare padre e madre! Due alla volta soltanto. Li chiameremo Sovrani.” Il vocione del vecchio Re si spense tra vapori d’alito. I draghi, guardandosi intorno, si resero conto che l’anziano aveva ragione. Erano creature forti, pericolose e molto sagge. Mari e foreste devastati, cieli vuoti. Le creature forti e pericolose stavano distruggendo il mondo.

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“Il vecchio ha ragione!” disse Ghiarion. Era un drago del cielo, color di ghiacci polari, d’un bel celeste intenso nel profondo. Tutti annuirono, e scelsero i propri Sovrani. Nacquero i tre Regni dei Draghi. A Ghiarion e Bressa fu consegnato il Regno del cielo. A Cerna e Megatta quello dell’acqua.

Il più importante, quello della terra, fu concesso a Balaika e Magenta: il drago nero, il più forte, e la draghessa color di sangue.

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Vedi, piccino mio, oggi, in questo mondo che viviamo, crediamo che una sola sia la soluzione ai problemi. Ma i draghi... oh, cucciolo, se tu sapessi quanta saggezza contengono, di quanto sacrificio sono capaci! Sai, tutti gli eroi con i mantellini che segui? Quelli dei tuoi fumetti? Ecco, se non avessimo conosciuto in un tempo lontano, chissà dove, la grandezza dei Re del fuoco, non ne avremmo ricordo. Ma prima di scomparire, chissà dove e chissà quando, ci lasciarono quel ricordo e così oggi proviamo a riportarne in vita le forme, inventiamo eroi, mostri, creature fortissime... di continuo. Un giorno, chissà dove e chissà quando, forse riusciremo a ricordarceli e li troveremo di nuovo. Magari torneranno loro. Ma tu, Piccino mio, non farti imbrogliare, non smettere di sognare. Cercali sempre e sempre. Perché c’erano una volta e, ti assicuro, ancora ci sono in qualche dove, in qualche quando. Non farti imbrogliare da noi Grandi, ma ascolta ciò che accadde! Siamo appena all’inizio, tante cose devono succedere. Non bastò. Il mondo non migliorò, neanche dopo la nascita dei Degni dei Draghi Sovrani. Si asciugava, si seccava, si impoveriva ogni giorno di più. Poco tempo dopo, per ogni regno, i draghi diventarono otto e tutto peggiorò ancora. Mille anni. Tanto potevano vivere i draghi. Mille anni. Ci pensi, Piccino mio? Mamma mia, quanto tempo! Quante cose hanno visto cambiare. Troppe, troppe! Ma non darti pena a contare, Cucciolo, ascolta, perché adesso, presto presto, iniziano le magie in quel mondo che c’era una volta, ma ancora si trova, in qualche quando, in qualche dove. “Non va bene!” disse Magenta. Balaika il Nero, piangeva. Non sopportava d’essere un mostro. Che la sua stirpe fosse portatrice di tanta distruzione. E Piangeva. Troppa forza e troppo cuore. Non dimenticarlo mai, Piccino mio, mai: più scegli di diventare potente, più devi ingrandire il tuo cuore. Non farti imbrogliare, non farti ammaliare. Oh, cucciolo, farà male, farà piangere, ma tu dammi retta, osserva bene Balaika il Nero: in troppe storie lo descriverebbero come un mostro. Invece piange lacrime di lava incandescente e ora che lo vedi piangere di dispiacere, Piccolo mio, dimmi, vedi un mostro? Lo vedi brutto? No, certo. È bellissimo, vero? Non farti imbrogliare, Piccino mio, non accettare il potere se prima non hai un cuore grosso grosso per piangere. “Siamo troppi! Troppi per questa culla!” singhiozzò Balaika il Nero, e fumava dalle narici. Magenta si mise seduta ai suoi piedi, avvolgendosi dentro le ali color notte del compagno, poi parlò: “Dobbiamo uccidere i nostri fratelli. Qualcuno di loro. O moriremo tutti!” Balaika il Nero aprì le ali, volò lontano dalla sua regina. Era terrorizzato. “Magenta, cosa dici?”

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Il Sovrano scuoteva il grosso capo cornuto. E le prime lingue di fuoco cominciarono ad affacciarsi tra i denti del Drago Sovrano. “O lo facciamo noi Sovrani, o...” Piccino, ti ho detto che i draghi sono creature magiche? Certo, lo saprai già. Scusa, non volevo distrarti, ma solo accertarmi che quanto accadrà da ora nella storia non ti suoni strano. Allora... Magenta abbassò lo sguardo. Balaika il Nero abbassò lo sguardo. Entrambi cominciarono a fissare la punta della propria coda. “Balaika, Vita Mia, siamo draghi Sovrani, dobbiamo farlo. È giusto così. Fra poco il mondo non avrà più nulla da offrirci in pasto. Quando saremo costretti a mangiarci a vicenda, dimmi, cosa farai? Su cosa regnerai? Un mondo morto?” Balaika il Nero piangeva. E, mentre piangeva, con un morso si staccò la punta della coda. Magenta gli porse la propria e gli chiese di fare lo stesso con la sua. Lei non avrebbe potuto da sola. Poi spiccarono il volo per raggiungere gli umani, quei pochi che vivevano sul confine del Regno dei Draghi della terra.

Balaika il Nero e Magenta da allora furono chiamati Balaika Codamozza il Nero e Magenta Codamozza. Gli umani. Già, Piccino mio. In quel mondo, ora lontano, chissà dove e chissà quando, vivevano anche gli umani e guardavano i draghi volare. Sorridevano ai draghi, ma il loro mondo bruciava a causa dei draghi. Erano umani saggi e piangevano la stessa tristezza del grande Sovrano Balaika Codamozza il Nero.

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Il mondo decadeva per sbilanciamento, non per cattiveria. Gli uomini accolsero i draghi e chiesero senza paura: “Grande Balaika il Nero, siete venuti da noi per incominciare il vostro nuovo pasto? Mucche ne son rimaste due, un solo toro. Ma non vi basteranno. È il nostro turno?”

Ma Balaika il Nero mostrò la coda ferita al capo del villaggio. “Cosa avete fatto alle vostre code, Grande Nero, Bella Magenta?” La punta delle code rotolò vicino agli uomini. “Non veniamo per mangiare voi, Bradimberg.” disse Magenta, “Ma per chiedervi di aiutarci. Chiediamo che siate voi a mangiare noi!” Aspetta, Piccino mio, ora dobbiamo abbandonare per un poco la storia. Perché per sentir raccontare una magia, bisogna conoscerla. Vedi, cucciolo, i draghi sono creature potenti, forti, pericolose, sagge e anche, come ti ho detto, magiche. I primi Sovrani del mondo erano troppo forti, troppo grandi, troppo numerosi per rimanere soli sopra ogni creatura della terra. Avrebbero potuto scegliere di abitare da soli il mondo, ma grande era la forza e grande era il cuore e allora si arresero alla loro più magica magia. Ascolta, Piccino mio, quanto cuore devi avere per gestire un potere tanto grande. Impara, Piccino mio, quanto devi imparare a piangere se scegli di essere un adulto potente e giusto. Chiunque, tra gli uomini e tra tutte le creature del mondo, avesse mangiato carne di drago, di un drago ancora in vita, sarebbe stato condannato a mangiarla per l’eternità. Sarebbe diventato il peso che avrebbe controbilanciato quello dei draghi sul mondo. Sarebbe diventato un cacciatore di draghi. Un nuovo predatore. Magenta Codamozza e Balaika Codamozza il Nero piangevano. Piangevano e chiedevano ai loro amici umani di salvare il mondo, diventando i più letali nemici dei draghi.

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