Pane vol. 2 (Preview)

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“COLLANA FANTASY” LAPICCOLAVOLANTE

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Proprietà Letteraria Riservata I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, di riproduzione o adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo sono riservati per tutti i Paesi. Versione Elettronica © 2011 Associazione Culturale LaPiccolaVolante “Collana Fantasy” www.lapiccolavolante.net Copertina di Emiliano Billai

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EMILIANO BILLAI

PANE VOLUME II

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Attenzione lettore: Pane è scritto con un punto di vista mobile (multiselettivo)

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1.0 “Sei ancora qui?” “Non andrò via! È grande il tuo dolore e non andrò via fino a che d’una parte non me ne farai carico!” “Non sei d’alcuna utilità! Lasciami solo, Ombra! Tu non sai, non puoi aiutarmi. Sei un peso sul mio petto, Ombra. Vattene perché tu non saprai piangerli!” “È lo strazio del tuo popolo quello che ti lacera. Ma io… Io non ho parole di conforto perché non ha un motivo, non ha una giustificazione la gelosia, la brama degli uomini che li ha uccisi! Rimangono solo le nostre lacrime, che sgorgano le une vicine alle altre!” “Lasciami solo!” L’Ombra si arrende alla luce di un mattino che non conosco. Sbiadisce piano e dietro di lei aloni di colori chiari sfumano i propri contorni l’uno dentro l’altro. Sono echi di passi sull’erba e risa i suoni che sento, ma giungono lontani. Sono dentro una scatola? Sono morto? Le ferite mi suggeriscono che ancora possiedo un corpo. L’odore intorno è dolce. Per un attimo la luce aumenta e schiarisce i colori, poi torna tenue. Qualcosa di confuso si muove e sopra di me si ferma... “Huy dia” Anche il suono di quella voce è dolce. Cosa mi ha detto? Conosce il mio nome? Forse anche i suoni non hanno contorni da mostrarmi ancora. “Chi sei?” “Pesìa!” Una mano calda e sottile sul petto mi suggerisce di stare coricato, un attimo dopo le ferite bruciano e me lo impongono. Qualcosa di umido e fresco riempie le mie carni vive. Piano, piano tutto torna buio e silenzioso. 7


1.1 La cresta è agevole. Re Gardna scivola tra la macchia bassa senza muoverne le foglie, quasi fosse ombra, lascia dietro di sé il suono della montagna, niente più. Il tempo rubò questa abilità al fabbro degli uomini, Bleda. Il re sorride solitario e associa la figura del fabbro a un grosso cinghiale. “I giorni passarono veloci, Bleda, e di te hanno lasciato solo un semplice uomo!” Guadagna la pietra più alta sulla cima e ci incrocia le gambe sopra. “Le mie genti non sono felici d’avervi qui. Io non desidero il loro scontento. Sicuri di voler rimanere?” “Gar, non abbiamo un posto dove tornare.” “Allora non avete più un posto.” Il fabbro prova ad ignorare il suo nervosismo ma non ne può cancellare l’odore. Prende ad annodare un filo di gramigna, sotto di lui Rogan è piccolo ed immobile. Re Gardna non lo guarda. Osserva lontano, ha un’espressione dura, apparentemente inattaccabile. È il Signore di queste genti, Le che recita la leggenda, le creature indifferenti al tempo che passa. Fissa l’orizzonte e ostenta la sicurezza di chi regge i fili d’ogni sorte. “Le mie genti hanno paura. Loro non hanno dimenticato, come faceste voi tra i muri delle vostre tane. Vi troverete male qui.” “Le nostre genti ci uccideranno, Gar! Valga per me, sono vecchio e stanco. Ma sono ragazzi stupendi, tienili qui con te, per favore. Noi vecchi andremo via. Questo desideri? Questo sia. Lo capisco, ma cresci i nostri ragazzi. Loro sapranno amarvi! Nà e gli altri gradiranno il medesimo scambio.” 8


Il re degli Eterni distoglie lo sguardo dall’orizzonte e rivolge un tenero, lungo sorriso al fabbro. Bleda allontana per un istante il viso, poi incredulo si lascia accarezzare dalla grande mano del re. “Sei caro fabbro degli Uomini. Sei caro e gentile. Questo non è cambiato mai. È il miglior degli aromi e capisco la mia Cresta che t’amò.” Lento il suo sguardo ritorna sulle piccole nuvole a est. “Le mie genti cucinano il nostro pane per voi che camminate tra i nostri fuochi, perché triste è la vostra paura. Ma dalle tende s’espande un cattivo e già noto presagio, e impregna la vallata...” Il cielo limpido d’un tratto si fa sgradevole luce, una grossa mano stringe il pugno e lo punta allo stomaco di Bleda. “Ci sarà solo pane bianco per loro, finché non guariranno, poi si vedrà.”

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1.2 Solo pane bianco. È questa la gogna a cui siamo condannati. Tutto qui? La fame è una condanna, non un menù povero di magìa. Qualunque sia la loro maniera io rimango steso qui nel sole; mormorano le fronde e aspetto. Mia russa di fianco a me. Si difende così. Io invece dedico tempo al pensare, eppure non trovo di che convincermi: non sarà una tormenta passeggera. “Di donne non si muore!”, mi ha sorriso quando ne abbiamo parlato. “Forse”, ho ammesso solo a metà. Eppure non trovo di che convincermi. Lui è cambiato. Forse è solo l’incantesimo, è buona cosa. É un portale al quale tutti e quattro vorremmo avere accesso quello tra le cosce di Nue. Forse. Ma non così. Ha vinto un trofeo per abbandono. No, non così, non è il nostro modo. Abbiamo sempre giocato e accettato ogni risultato. Lui invece sta dando Huy per spacciato. Ha dormito con noi due sole notti. Son giorni che non entra nella sua tenda. La guaritrice ha alzato le spalle e lui è uscito per l’ultima volta. Sono bastate le spallucce della guaritrice per cancellare tutto. No. È Huy, lui ha sette cuori come i gatti, non esiterebbe a infilarceli nel petto tutti e sette. Aspettare è l’unica cosa che possiamo, e noi la faremo. Si risveglierà e la tua assenza peserà molto, Tuànoi. La guaritrice si avvicina. Non mi occorre aprire gli occhi. È l’odor di pane e della poltiglia verde con cui ha curato anche noi. È una piccante curiosità e amaro timore, è molti profumi mischiati che ricordano quello del sesso. Sono sicuro che basterà anche solo questo per risvegliare quella bestia di Huy. È ferma a qualche metro da noi. 10


“Come sta?” Sorrido divertito al suo sussulto. Ancora si stupisce di venir sorpresa. Non parla che la sua lingua, ma il suono di queste due parole oramai ha un significato anche per lei. Mi sollevo sui gomiti e piego la testa all’indietro. Arrossisce, in piedi sulla salita poco più lontano. Picchio il palmo sull’erba calda e lei zampetta timida più vicino, alla maniera delle volpi ammaestrate. Si siede qualche metro distante abbracciandosi le ginocchia. Ha proprio due belle cosce. “Allora? Come sta?” Non è un sì e non è un no il cenno confuso della testolina riccia, però sorride. Mi basta. È molto diversa dalle altre donne di questo posto. Ora entra e esce dalla sua tenda senza chiedere che altri uomini armati la accompagnino. Per noi è un sollievo. Molte volte ho pregato perché Mia non cedesse all’istinto, così vicino al filo perfetto delle lame. Ho visto il suo profilo tendersi spesso. Ora entra ed esce da sola. Noi ci raggomitoliamo a un lato della tenda e la lasciamo fare. Mi lancia un sassolino per attirare l’attenzione. Siamo pur sempre le leggende pericolose per il suo superstizioso popolo. “Che c’è?” Imita un’erezione con la mano. “AHAHAHAHA!” Mia s’è svegliato in tempo per assistere alla comunicazione. “Sta meglio sì, eh!” “Quasi quasi mi faccio ridurre in fin di vita anche io! Secco, potrebbe non ricapitarti mai più una simile occasione: uccidimi di botte!” “No no! Io! Io! Fracassami di pedate, ti prego!” 11


Non capisce nulla di quello che diciamo, o almeno così credo. Aggrotta una fronte perplessa. È solo un motivo di gioco per noi. Non diamo importanza all’aspetto più erotico o malizioso della notizia. Galea, questo è il suo nome, non affronta la nudità di Huy con imbarazzo. È ferito, è grave e lei lo guarisce. Non ci ha proposto un particolare pettegolezzo imbarazzante, ci ha dato una buona notizia, per lei è solo una buona cosa. Lo è anche per noi e appena batto il palmo della mano su quello di Mia recupera una fronte liscia e un sorriso. Ha imparato che battere i palmi è un rito del festeggiamento. Mia la guarda oltre le mie spalle, stupito. Lei s’allunga senza avvicinarsi più di tanto, porgendo una mano aperta. La guardo silenzioso. “Ma vai a cagare, va’!” Fingo indifferenza, ma scoppio a ridere troppo presto all’appassire del suo viso in un’espressione triste. “AHAHAH! Dai qua, scema!” Anche Mia si allunga sopra di me e colpisce la sua mano ridendo. Si ritrae spaventata e divertita. Sorridente, in disparte, guarda il palmo della mano. “Vedi che non ti è andato a fuoco? Non dar retta alle cialtronerie della tua gente.” Certo non capisce la lingua ma sente il nostro odore. È impossibile tener nascosto un pensiero a queste genti.

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1.3 È nudo. Questo è il motivo per cui Tuàn mi impedisce di entrare nella tenda di Huy. “Non è forse nudo anche per la guaritrice? Non lo è per Nà, Sasha e Sara che entrano ogni mattina nella sua tenda, per salutarlo e aiutare i ragazzi a lavarlo? E’ Huy e non sarà certo del suo... del suo...” Perché non riesco a dirlo? “...coso, lì...” Agitar le mani sul mio inguine è l’unica cosa che riesco a fare. “...che mi preoccuperò lì dentro!” Tuàn non mi ha scoperto vergine. Non gli ho mai detto che fu con Huy. Non gli ho detto nulla, in vero, ma son cose che viene difficile nascondere, per donna o uomo che sia. Come allora, io in acqua profonda non reggo a lungo, anche stavolta ho cercato qualcuno a cui aggrapparmi. Non me ne pento. Il pentimento trasformerebbe un bel momento in un brutto errore. E non è così. Non reggo a galla in acque profonde, ma avrei dovuto chiedere aiuto ancora una volta a Ier, non mi sentirei a disagio ora. Nessuno di loro lo proverebbe. Mia e Huy sanno cosa capitò in occasione della morte di mia madre. “Sorridi. Vuol dire che è stata una buona soluzione”, ammisero. Ier seppe solo trattarmi con molto più affetto, da allora. Quello che sta succedendo ora. Non credevo, non volevo rinunciare a tutti. Solo trovare un angolo riparato. Ma ogni mio tentativo di tornare ai modi di sempre peggiora le cose. Non gli ho mai detto che fu Huy, non gli ho detto nulla, semplicemente. Ma se ha abbandonato un amico a pezzi sul suo giaciglio, come si comporterebbe nello scoprire che l’altro prima di lui gira per queste tende in forze? 13


“Non è il caso. Non è più come prima.” Non è più come prima. Lo ripete sempre più spesso. “Non lo sarà per te. Loro rimangono pur sempre...” Non lo sono più. Se fosse ancora uno di loro, non sarebbe successo. Sarebbe rimasto al capezzale di Huy, sarei stata io a scegliere. “Nti roga!” La voce di Galea. Si diverte a punzecchiare Tuànoi. Si intromette ogni volta, puntuale, per infrangere discussioni scomode. Non è incuranza, come dubitavo all’inizio. Non si fida di Tuànoi, è chiaro. Compare e ne dirotta l’attenzione su di sé, insultandolo. Non le sta simpatico, più Tuàn frequenta suo fratello, il principe Zuanda, più lei lo rende palese. Ha il loro odore. Ne porta con sé una porzione sempre più forte. Li avvicina di più ogni giorno. Come un avvoltoio. Lo ripete nella sua lingua salutando Tuàn mentre tende il braccio e mi porge il palmo della mano. “Roga!” Capisco dopo troppi secondi e mi scappa una risata. Ha riabbassato il braccio delusa, ma la imito e di punto riesplode d’entusiasmo picchiando la sua mano sulla mia. “Eeheh, ti divertono quei due, eh?” Passa molto tempo con Ier e Mia. Ne passa molto tempo anche con Huy, ma lui ancora non s’accorge. Nella sua tenda, sull’agorà, con i bambini, al fiume: li segue curiosa quasi dappertutto. È capitato spesso che Zuanda la trascinasse via e la rimproverasse per questa vicinanza. A Rogan si sarebbe trovata a meraviglia, cattiva ragazza in mezzo ai cattivi ragazzi dei viottoli. Zuanda non si avvicina. Passa largo e non sfiora Ier e Mia dall’ultima volta. Le hanno insegnato l’utilizzo del dito medio e non ha tardato a darne dimostrazione in occasione dell’ennesimo 14


ordine del fratello. Presto il principe ne ha scoperto il significato, ma tornare da loro per prenderla e portarla via di peso, farle male, non fu una buona idea. Bastò un soffio, un sibilo di Mia. Grida, corde tese e un re spaventato. Rimproverò il figlio e non degnò d’uno sguardo Mia e Ier. Fu allora che scoprì, non senza stupore, che li temeva. “E aspetta che si risvegli Huy!” “Non illuderti!” Sono costretta a tradurle come posso le ultime frasi. È una lingua semplice la loro. Tuànoi sbuffa, continua a ripetere che illudersi sulla guarigione di Huy sia stupido. Lo ripete ogni volta che si affronta l’argomento. “Non illuderti”, lo ripete spesso. Se io mi illudo, lui ha smesso di sperarlo, se non peggio. Cosa gli sta succedendo? Non so se comincia a capire la nostra lingua o solo ha carpito l’umore di Tuàn, so che gli mostra il dito medio e sorride. Certamente ha capito come usarlo. “Sta meglio?” Scuote i riccioli chiari in un ampio sì. Molte volte mi ha chiesto di andare con lei e aiutare durante le medicazioni di Huy. Non posso. “Di cosa hai paura?”, mi ha chiesto nella sua lingua. “È nudo!” gli ho risposto. “Possiamo anche noi”. Non c’è nulla di eccitante in un corpo senza intenzione, intendeva. Non per Tuànoi. “Ti sei fiondato sull’agnello debole mentre il gregge era impegnato in faccende che dovrebbero interessare anche te”. È così che lo saluta ogni volta, nella sua lingua. La sera si avvicina. Quando i ragazzi si mischiano alle altre genti di questo strano posto. Sera è quando tutti tremiamo un poco di più. 15


1.4 La sera l’accampamento si illumina di fuochi isolati. I bambini sfiniti dal gioco rotolano per il pendio fino ai banchetti. Ci attardiamo qui, lasciamo che gli altri prendano posto. Non lo confessiamo a voce alta, ma ci diverte assai disturbare il pasto di questa gente. Passiamo appena in tempo per rovinar loro il primo boccone di carne e pane. Hanno paura di noi? Tutti, sempre. Hanno nutrito nei nostri confronti sentimenti d’astio e timore. Abbiamo imparato a giocare con queste attenzioni. Passiamo un focolare alla volta, chi ci mangia intorno tace e ci guarda. Qualcuno ci soffia contro. “Sì, sì. Tanto prima o poi t’ammazzo!” Mia porge inchini e sorrisi, promettendo nuovi incontri meno cordiali. Solo i bambini ci salutano, poi vengono sgridati. Solo i bambini passano tempo con noi per giocare. Quando tutto tace, la sera, intorno ai vassoi di sughero pieni di carne, è chiaro che stiamo passando noi. Una bambina con i capelli ricci ci viene incontro e allunga la mano con un tozzo di pane verde chiamando Mia. Sa di dover rifiutare, imita un conato e la piccola ride. La spettina per proseguire verso il nostro fuoco. Tutto cambia molto in fretta. Al suono dello schiaffo Mia è già troppo lontano perché io possa fermarlo. In poche falcate è di fronte all’uomo, probabilmente il padre della piccola. “Che ti avevo detto?” Mai soffiare contro un gigante folle, signori miei, mai. Mai picchiare una bambina in sua presenza. E no, non muovo passi veloci per fermarlo stavolta, ma per occuparmi dei prossimi, mentre Mia consola il pianto sulla guancia arrossata. Si alzano in tanti, in 16


troppi, così gli arcieri non trovano il varco. L’uomo che l’ha picchiata è steso tra foglie secche. Fiotti gravidi di sangue gli coprono il viso. Dal silenzio al frastuono di donne spaventate e lame che sgusciano fuori. Lontano riconosco la voce di Nue che chiama Bleda. Più vicino Bleda chiama noi. Sono troppo occupato per rispondergli. Uno sterno, un fianco, il filo di una lama che mi riga di rosso il braccio, un ginocchio e poi il re arriva. “Ciao Garga, dovresti addestrarli meglio i tuoi cani, sai?” Parlo alla punta di quattro lance e sorrido. Mia sbuffa contro le daghe che poggiano il filo sul suo collo e mi guarda. So cosa sta aspettando, ha tenuto anche lui il conto dei suoi. “Io tre!” “Io due, ma...” “Il primo non conta, troppo facile!” “Fottiti Secco! I miei contano il doppio: ho la bambina in braccio!” Me ne rendo conto solo ora. È vero. Ha tenuto la bimba in braccio tutto il tempo. “Cavoli! Complimenti! Ok, ok hai vinto tu!” “Per terra, tra i piedi mi disturbava di più!” “PIANTATELA!” Ora c’è anche il fabbro. “Bleda sei più lento di Garga??” “FINISCILA! Il suo nome è Gardna! Re Gardna!” Per chiarire che sul “re” non è molto d’accordo, Mia sputa per terra. “Che vi è saltato in testa?! Perché?” “Non me ne frega un cazzo di quanta paura ti faccia ‘sta gente, Bleda! Se parli la loro lingua, spiega loro di metter ‘ste cazzo di lame lontano da questa bambina! L’hanno picchiata. Che cazzo di gente è? Picchiano 17


una bambina perché mi ha offerto un pezzo di pane!” “Bleda?” Distoglie lo sguardo da Mia e mi guarda in silenzio. “Bleda fottiti! Stavolta ha ragione Mia. Perché non traduci al vecchio Garga di insegnare al suo di popolo le buone maniere?” Il re non fiata. Gli sorrido e capisce che non ci siamo fermati per quattro lame puntate addosso. Mia sa già come liberarsi delle sue, e hanno temporeggiato fin troppo anche per me, devo solo scegliere quando ricominciare. In pochi si accorgono che la bambina in braccio a Mia sta ridendo. “Picchiare una bambina! Ma che modi!” Nà si fa strada tra le aste e i fili di lama, prende la piccola dalle braccia del figlio. La chiama Martha. Ora sappiamo il suo nome. “Tu...” “Non ho accettato il pane dalla bambina, Bleda. Me ne fotto del vostro pane! Perché picchiarla? Ma che razza di gente è questa?” In silenzio. Tutti in silenzio. Re, non parli? Se tanto è il timore che nutri, aspetta a scoprire cosa ti aspetta al risveglio di Huy! Ridacchio. Basta un gesto della sua mano per rimandare tutti al proprio focolare. Nà poggia a terra Martha e la indirizza dalla madre con una pacca sul sedere. Ride. É sconvolgente quanto il sentito dei piccoli tra queste persone sia di tanta poca importanza. Il re sceglie bene di non aggiungere alcun tono alla questione, sa che sarebbe solo peggio per lui, lo sa perché sorridiamo. Giocano alla paura, queste genti. Ma con noi non funziona e perdono presto ambizione. Noi sorridiamo. Sai dar la caccia alle prede del Terrore, Gar... Gardna. Con noi è inutile, con noi ha funzionato una volta sola. Ora sappiamo con chi 18


abbiamo a che fare. Noi sorridiamo, ci divertiamo. Hai mai visto una preda ridere di questi giochi? “Smettila Ier.” “Mi chiedi di smettere di sorridere Bleda?” “Sì.” Non smetto per accontentarlo, ma perché dietro le sue spalle compare Tuàn. Mia gli va incontro non lo guarda in faccia, tiene in sospeso l’andatura per il tempo di un’accusa. “In Due! Tu dove cazzo eri?” “Mia... a me non va più... io...” Tergiversa. Poggio la mano sulla schiena di Mia e lo costringo a proseguire. Dà retta. “Tuàn, ti sei preso la porzione facile e ora te ne lavi le mani. Stai attento, Tuàn.” Lo lascio, non voglio una risposta. Huy si risveglierà.

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