“Siano sacri i diritti delle divinità dei Mani” scriveva Foscolo in epigrafe ai “I Sepolcri”! Secondo il Poeta i morti debbono essere onorati come divinità perché anche ciò distingue gli uomini dalle “umane belve” Infatti nelle grandi civiltà “a’ fasti eran le tombe, ed are a’ figli; ….e fu temuto; su la polve degli avi il giuramento.” continua a pag.13
CONTROCOPERTINA
Originario di Motticella, frazione di Bruzzano Zeffirio, nel 1929 parte alla volta degli Stati Uniti. Presto a Chicago, chiunque dovesse riparare le proprie scarpe o ne volesse un paio su misura, doveva rivolgersi a lui. Giuseppe Joseph, “Joe”, Tolitano nacque a Motticella frazione di Bruzzano Zeffirio, il 21 ottobre del 1915, da Antonio e Filomena Arcade. Giunse negli Stati Uniti nel 1929. Lavorò, per alcuni anni, prima come lustrascarpe e poi come calzolaio (questo mestiere l’aveva imparato già in Italia). Ben presto intuì che poteva, con il suo mestiere, fare fortuna. Iniziò aprendo una propria bottega alla quale, poi, ne fece seguire altre. Dopo poco a Chicago, se volevi riparare le tue scarpe o fartene fare su misura, dovevi rivolgerti a lui: Tolitano. Nel 1939 sposò Margaret Barilla che gli avrebbe dato 4 figli (Anthony, Mary Ann, Joseph Jr. e Domenic). Successivamente servì coraggiosamente l’esercito americano durante la Seconda Guerra Mondiale. Fu sempre orgoglioso delle sue origini italiane. Al tempo stesso amò, profondamente, gli Stati Uniti e fu, per lunghi anni, Presidente del “Columbus Day” dell’importante “Knights of Columbus” (“Cavalieri di Colombo”) e ancora Presidente di due potenti organizzazioni: “Italo-American National Union” e “Joint Civic Committee of Italian Americans” (“Cavalieri di Colombo”). Nei suoi negozi si arrivò a riparare 250.000 scarpe al giorno. Costruì un impero economico. Fu un abile e instancabile imprenditore ma anche un uomo di grande umanità. Se un italoamericano, e in particolare un calabrese, gli chiedeva aiuto, in lui trovava sempre conforto. L’Italia, il suo paese, forse anche per questo gli destinò diversi riconoscimenti e in particolare, il 24 maggio del 1968, gli assegnò il titolo di “Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia”. Fu amico personale del Governatore dell’Illinois James R. Thompson, del Sindaco di Chicago Michael Antony Bilandic e soprattutto di Richard J. Daley, anche lui Sindaco di Chicago. Giuseppe Joseph Tolitano morì il 18 marzo del 2003. Il Consiglio Comunale di Chicago gli dedicò, per ricordarlo, una seduta straordinaria e il Sindaco Richard M. Daley disse: “era un uomo integro e di grande personalità, onesto e sempre disponibile verso gli altri, un grande imprenditore. La sua perdita ci rattrista ma lo ricorderemo sempre come uno di grandi cittadini di Chicago”. Geremia Mancini – Presidente onorario “Ambasciatori della fame”
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Giuseppe Joseph Tolitano
JoeTolitano: il“calzolaio” calabrese che conquistò Chicago
DOMENICA 29 GENNAIO
i d e t i n a r Le G o n a c r a b s Ettore al salone el d e l a i d n o m dolciario e l a n a i g i t r a
Giuseppe Joseph Tolitano, primo da sinistra, insegna "l'arte".
C’era anche il Bar Ettore di Locri, famosissimo in tutta la Calabria per le sue superbe granite, alla 38esima edizione della Sigep, la fiera che ogni anno trasforma Rimini in una mega vetrina delle migliori filiere artigianali di gelateria e pasticceria al mondo. Grazie all'ormai solida collaborazione con la “Gelato Naturale Academy” del Maestro Manuele Presenti - premiato con i “3 coni” del Gambero Rosso, considerati al pari delle “3 stelle” nella ristorazione - il Bar Ettore di Locri ha potuto ritagliarsi il suo spazio all’interno di questo straordinario salone mondiale del dolciario artigianale, che ha visto quest’anno la partecipazione di oltre 200 mila operatori provenienti da ben 170 Paesi. Il Maestro Antonio Ruggia ha fatto degustare e spiegato a migliaia di persone come sia possibile realizzare un prodotto naturale e di altissima qualità utilizzando solo tre ingredienti: acqua, frutta e zucchero. Non servono stabilizzanti per riuscire ad ottenere una perfetta cremosità, bastano prodotti 100% naturali e il successo è assicurato. Quattro i gusti proposti dal maestro Ruggia: Bergamotto, Kiwi, Mandorla d’Avola e sua eccellenza il Pistacchio DOP di Bronte. La Locride, quindi, ha avuto il suo momento di celebrità grazie alla granita al bergamotto, che ha ricevuto la piena approvazione soprattutto da parte degli avventori stranieri che disconoscevano l'agrume dalle infinite proprietà e preziosi benefici, esclusivo della costa ionica calabrese. Particolare apprezzamento è stato dimostrato dagli assaggiatori siciliani che, da esperti nel settore, hanno riconosciuto come la granita di Ettore sia davvero all'altezza se non addirittura superiore a molte graniterie siciliane. Ad essere promossa a pieni voti dai “cugini” siciliani la granita alla Mandorla d'Avola, considerata “sublime”. mgc
Si era già candidato alla poltrona di sindaco di New York nel maggio del 2013 Sal Albanese, calabrese, nato a Mammola ma vissuto a Marina di Gioiosa, ed emigrato nella Grande Mela nel 1956, all'età di 8 anni. Insegnante per 12 anni, è stato in politica per 15 per poi diventare consulente finanziario, e ha giusto "qualche idea" - ha dichiarato a una tv americana - per rendere New York la città migliore al mondo. "Probabilmente New York è già la città migliore al mondo, ma ho in mente di renderla meravigliosa". E poi aggiunge: "Sono sempre stato un politico indipendente, non potrò che essere un sindaco indipendente e mi guarderò bene dal fare accordi con il Potere". Intervistato da Riviera qualche anno fa ci aveva rivelato che della sua terra d'origine ricorda le colline ondeggianti, la piccola villa di famiglia a Marina di Gioiosa Ionica e le nuotate nel mare Ionio dove "l'acqua era così blu".
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ATTUALITÀ
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DOMENICA 29 GENNAIO 4
GIUDIZIARIA
L’accordo Scambio di voti per ottenere benefici futuri. Accade anche questo in alcuni settori della politica nostrana, dove ci si può imbattere in indagini antimafia che scoprono rapporti tra candidati e capi cosca. Non si tratta di un voto in più ma di pacchetti di preferenze, occulte, che spesso sono determinanti per affermarsi a livello elettorale per entrare in un sistema di potere che gestisce i fondi pubblici. Alla base ci sarebbe un accordo. Ecco un esempio, ripreso da una recente indagine dove c’è stato un candidato che, rivolgendosi ai suoi interlocutori, fra cui un capo cosca e un cosiddetto mediatore, avrebbe detto in modo significativo “Vediamo se possiamo trovare un accordo, se ci sono le condizioni”… io faccio una... una straordinaria, come si dice... affermazione... elettorale, no? Per arrivare sicuramente nei primi tre, e non dico... non dico questo... però...”. Al che il presunto boss, evidentemente parlando a nome dell’organizzazione criminale, assicurava il massimo appoggio: “Ma da parte nostra, dottore, ci sarà il massimo impegno!” e di ciò il candidato dimostrava di essere assolutamente consapevole“Lo so, lo so!”. Si inseriva nel discorso anche il mediatore confermando quanto riferito dal boss in ordine all’appoggio elettorale da assicurare: “Ma noi qua, quello che dobbiamo fare, lo facciamo!”, con ciò dimostrando di essere pienamente inserito nell’organizzazione criminale. Non a caso nel prosieguo della conversazione il mediatore chiariva, implicitamente, il corrispettivo che l’organizzazione si sarebbe attesa dal candidato in cambio dell’appoggio elettorale: “quando sposo una causa e, quindi io e gli amici miei, diamo il massimo, nello stesso tempo poi, non dico che pretendiamo perché non è nella mia natura e di chi mi rappresenta, più grande o chi mi ha preceduto, per dire ... però desidereremmo proprio avere quell’attenzione ... quell’attenzione, per come poi ce la accattiviamo, per simpatia ma per amicizia prima di tutto!”. Al che il caro ricercatore di consensi con l’espressione “Almeno una porta aperta, l’abbiamo” dimostrava, per come ritiene l’antimafia, di avere pienamente compreso il senso di quanto riferito dai suoi interlocutori e di essere consapevole di potere fare qualcosa per l’organizzazione. Le successive affermazioni profferite ancora dal mediatore rendono ancora più esplicito il senso dell’impegno che il candidato si stava assumendo nel ricevere l’appoggio elettorale della cosca mafiosa anche in forza dei voti che, asseriva, si potevano raccogliere anche in piccoli centri: “… io vi ringrazio ... no, no ... ma io ... qua ... mi dovete perdonare perché a me in trentatre anni ... io parto dal presupposto che noi su questo fatto ... dobbiamo discutere di questo fatto. Oggi come oggi a me e ... come dire, quando uno chiarisce una posizione, si trova meglio dopo...”. proseguiva ancora riferendosi implicitamente a quello che l’organizzazione si aspettava dal candidato una volta eletto, ma precisava che tutto ciò aveva, ovviamente, un prezzo: “ Si, si, si! Il lavoro si fa a …, abbiamo detto ... però questo qua, so che ... ora pensiamo una cosa alla volta, almeno riusciamo nell’operazione ... che poi so che discorsi vengono. Le realtà nostre sono quelle ormai, come sappiamo con un malessere sociale che ci sono e ... e i disguidi che ci sono! Dobbiamo ... cercare noi, tra l’altro, di uscire da questo stato di sofferenza e lo si fa solo con il lavoro ... no che prima non si cercava, ma non ci hanno lasciato. In un modo o in un altro abbiamo avuto sofferenze di questo tipo ... sofferenze ancora più grandi, perdite più grandi ... siamo pure stanchi!”. E nel seguito ancora nella stessa direzione il mediatore proseguiva: “quindi, quando abbracciamo una causa, credetemi, non è solo per dire che va a caccia per interesse, no assolutamente! Pretenderemmo si, quella serenità! Che in un modo o nell’altro, penso, che meritiamo tutti!”. Con buona pace della democrazia.
FINISCE L'ERA RAFFA
Si chiude l’era Raffa, nella provincia di Reggio Calabria. Si chiude, forse, l’era del provincialismo italiano. La nuova riforma dell’assetto amministrativo del nostro Paese (attuata dalla “Legge Delrio”), che non ha mai effettivamente funzionato a pieno, impone una ampia riflessione di carattere politico – giuridico troppo articolata da affrontare in questa sede ma facilmente sintetizzabile nella locuzione “vergognoso spreco di risorse pubbliche”. Oggi, 29 gennaio, è la data del passaggio delle funzioni dell’istituzione provinciale alla nuova istituzione metropolitana, nata il primo gennaio del 2016, per ciò che concerne edilizia scolastica, istruzione, digitalizzazione e sviluppo, veri tallone d’Achille di questi anni d’amministrazione Raffa. Si chiude l’era Raffa. E forse nessuno la rimpiangerà. Perché l’amministrazione provinciale di uno dei cavalli di battaglia della destra reggina non ha lasciato, indubbiamente, un bellissimo ricordo nella politica provinciale. Dalle vicende legate all’aeroporto dello Stretto, con la pioggia di migliaia di euro volata nelle casse dello scalo reggino che inevitabilmente è destinato alla chiusura, fino alla recente inchiesta per associazione mafiosa – che ha visto coinvolte anche altre personalità “note” -, passando per gli innumerevoli problemi infrastrutturali delle strade provinciali, ai quali hanno fatto eco le numerose lettere, destinate alla presidenza, da parte di giovani e cittadinanza. L’unica vittoria, immeritata, è stata quella del referendum, frutto di un malcontento più politico che giuridico. La provincia di Reggio si presenta, oggi, come un cantiere. Centinaia di paesini risultano ancora collegati da strade anacronistiche, destinate probabilmente all’antico traffico di carri bestiame e i favolosi panorami dell’antica area grecanica, compresa tra la parte superiore del melitese, fino a Roccaforte del greco, non leniscono lo sconforto di vedere strade di collegamento senza barriere che tutelino gli automobilisti dai numerosi burroni presenti nelle montagne. Si chiude l’era Raffa. E forse nessuno la rimpiangerà. Antonio Cormaci
SPORT
Sporting Locri: dopo la partita di oggi sarà Coppa Italia!
Torna in Calabria con un’altra vittoria lo Sporting Locri che batte largamente in terra ciociara la Bellator. Dopo la grande soddisfazione per la convocazione di due tesserate in Nazionale, la compagine calabrese è a un passo dall’assicurarsi un risultato storico, l’accesso alle final eigh di Pescara in cui le migliori 8 squadre d’Italia (le migliori quattro dei due gironi) si sfideranno per la Coppa Italia Nazionale. Per assicurarsi questo risultato storico manca solo un punto nell’ultima gara della regular season, che si disputerà questo pomeriggio contro il Five Fasano alle ore 16:00, al Palazzetto dello Sport di Sant’Andrea Aspostolo (CZ). Dopodiché per le calabresi si apriranno le porte, oltre che della final eight, anche del Gold Round, un campionato a cui avranno accesso le prime 5 formazioni del girone nord e le prime 5 del girone sud, campionato che poi decreterà la vincitrice dello scudetto. Ad oggi lo Sporting Locri non solo è l’unica formazione calabrese a competere in Serie A Elite, massimo campionato nazionale di futsal femminile, ma è riuscita a raggiungere i vertici in uno sport sempre più in espansione nel panorama nazionale.
COPERTINA
Copertina
C'è un sisma sottotraccia in corso da anni ed è quello delle coscienze. La faglia dell'onestà e quella della realtà si sono dette addio dopo tanti scossoni
Siamo tutti una “ MARIA GIOVANNA COGLIANDRO
Marco Paolini nel suo monologo "Il racconto del Vajont" sostiene che l'Italia sia un paese di montagna convinta di essere di pianura, ed è proprio questa falsa convinzione che più ci disorienta e inganna. E meno ci fa prevenire.
Il primo ad aver pronunciato insieme le parole "la-vita-va-avanti" deve essere stato senz'altro un ciarlatano medaglia d'oro per mirabilia truffaldine. Non mi consola più questa frase. La certezza che, in un modo o nell'altro, la vita continui sta diventando la nostra debolezza. Un'attenuante. Fissare il fumo del caffè al mattino, ipnotizzante ma mai quanto la tv "corretta" ai barbiturici, riaccoccolarsi nella propria postazione di lavoro che sia una scrivania, un bancone o un cantiere, aspettando l'ora di uscita per poter vivere la-vita-che-va-avanti ci ha resi più inquietanti e contro natura di quella cicogna imbalsamata che mi aspettava all'ingresso quando da piccola mia madre mi mandava dalla vicina a comprare le uova. È stata una settimana terribile quella appena terminata. Il meglio che ci abbia riservato sono state le frane. Da Rigopiano alla Locride, l'Italia è franata nell'ordinarietà. Nel paese delle leggi "tana libera tutti" e dei favori spacciati per diritti, si finisce per rimanere nella melma con, a mo' di telo sui morti, i prosciutti che abbiamo sugli occhi. Se la Calabria e l'Italia franano è perchè a scivolare prima sono stati il buon senso e il fare bene. Non puoi, tu cittadino, sperare che il tuo nido d'amore regga se vai a costruirlo - e te lo lasciano fare - lì dove prima scorreva un fiume, oggi diventato torrente. Gli acquazzoni lo ricaricheranno e lui vorrà ridiventare fiume. Si chiama logica, si chiama natura. Non puoi, tu politico, pulirti la coscienza lanciando per tempo l'allerta meteo, se
quando è il momento di farlo non ripulisci i fossi intasati, i torrenti ingolfati, non sorvegli gli argini, permetti che cavatori senza scrupoli saccheggino i fiumi. Questa non curanza consegna i tuoi cittadini al fango. Si chiama logica, si chiama natura. Non puoi, sempre tu politico, chiederti puntualmente dopo ogni catastrofe, "forse puntare alla prevenzione ci sarebbe costato meno del riparare i danni" se poi, passata in fretta la paura e i sensi di colpa, torni a non programmare per evitare le tragedie. Si chiama controsenso, si chiama buffoneria. L’Italia ha impiegato 99 anni per dotarsi della carta geologica in scala 1 a 100 mila, dal 1877 al 1976: cominciò con Agostino Depretis e la completò con Aldo Moro. La nuova carta, in scala 1 a 50 mila, è stata iniziata nel 1988 e, oggi, siamo a 255 fogli completati su 652, poco più di un terzo. Per la Calabria, invece, siamo a 13 fogli su 39 completati, un terzo tondo tondo. E in Italia, benchè non ce ne rendiamo conto, il 70% del territorio è in rilievo; la Calabria, terra di mare, per il 90% è formata da colline e montagne. Marco Paolini nel suo monologo "Il racconto del Vajont" sostiene che l'Italia sia un paese di montagna convinta di essere di pianura, ed è proprio questa falsa convinzione che più ci disorienta e inganna. E meno ci fa prevenire. Dal Dopoguerra a oggi lo Stato ha stanziato 250 miliardi per ricostruire le zone colpite dal sisma e risolvere i danni provocati dall'aver chiuso gli occhi davanti al rischio idrogeologico. Per mettere in sicurezza tutto il nostro Paese occorrerebbero tra i 20 e i 25 miliardi di euro, stando a
quanto dichiarato, all'indomani del terremoto in Aquila, dall'allora sottosegretario alla Protezione civile, Guido Bertolaso. Basterebbe un decimo di quanto è servito per ricostruire. Ma fare prevenzione non porta voti, non è una carta da giocare, meglio puntare a ciò che riempie le tasche nel breve periodo. Funziona così e lo rendono accettabile. C'è un sisma sottotraccia in corso da anni ed è quello delle coscienze. La faglia dell'onestà e quella della realtà si sono dette addio dopo tanti scossoni. Fateci caso: la parola più inflazionata nei discorsi dei politici, di tutte le nuances, è "territorio" (sebbene "sinergia" stia tentando con tutte le sue forze la rimonta). La si pronuncia in media dieci volte in un intervento di tre minuti. Ci si dimentica, però, che quel termine, pronunciato astrattamente, comprenda in concreto anche il terreno su cui poggiamo i piedi e grazie al quale, benchè lo ignoriamo, la nostra vita-va-avanti. Abbiamo affidato questa nostra vita che va avanti alla tecnologia ma non alla terra che abbiamo sotto i piedi. Ma non ci sarà vita virtuale che non necessiti di una base fisica per funzionare. Non dimentichiamoci che sebbene la tecnologia abbia fatto passi da gigante, i soccorittori di Rigopiano sono arrivati con gli sci e Francesca, la ragazza travolta dalla neve mentre beveva un tè con il fidanzato che ha visto morire, non è riuscita a chiamare nessuno con il suo smartphone di ultima generazione perchè non c'era campo. Teniamoci cara la terra che abbiamo sotto i piedi se davvero vogliamo che la nostra vita vada avanti.
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DOMENICA 29 GENNAIO 07
Nel paese delle leggi "tana libera tutti" e dei favori spacciati per diritti, si finisce per rimanere nella melma con, a mo' di telo sui morti, i prosciutti che abbiamo sugli occhi.
a frana
Ponte sull'Allaro, metafora di una Calabria dimenticata! ILARIO AMMENDOLIA La notte del 23 gennaio, l’Allaro appare torbido, gonfio, rabbioso, indispettito... gli automobilisti di passaggio hanno avvertito un boato, poi la circolazione viene chiusa. Resterà bloccata per qualche ora, sino al momento in cui il dott. Tansi, responsabile della protezione civile, dopo le opportune verifiche, non consentirà la ripresa della circolazione tanto sul ponte San Giorgio quanto sull’Allaro anche se a senso unico alternato. Eppure per qualche ora il traffico sulla 106 è stata interrotta senza possibilità reali di trovare un passaggio alternativo dal momento che, a monte, la strada di “Liserà” e il bivio “Tirassegni” sembravano impraticabili e il ponte di San Giorgio inagibile. La Jonica è stata spezzata in due. Per raggiungere Catanzaro (o Monasterace) si sarebbe dovuto utilizzare l’autostrada. In caso di infarto e, con l’impossibilità dell’elicottero di alzarsi in volo, la situazione sarebbe stata tragica. Questa probabilità non è scongiurata data l’estrema precarietà del ponte sull’Allaro, anzi può avverarsi in qualsiasi momento soprattutto se il tempo non ci darà una tregua duratura. Non è un problema di Caulonia ma di tutta la Jonica. L’Allaro diventa simbolo di una Locride marginale, metafora di una Calabria dimenticata! Non ci sono opere sicure in assoluto e un ponte può crollare in caso di calamità. Non è questo in discussione! Ne apprezzo molto chi prende spunto da una qualsiasi sciagura per sfogare le proprie pulsioni distruttive e le personali frustrazioni oppure chi tende a fare facile propaganda a spese della serietà. Ma è in queste occasioni che una vera “Classe Dirigente” dimostra la propria consistenza e le proprie capacità. Allora diciamolo francamente: abbiamo - in generale - una classe dirigente piuttosto mediocre e una burocrazia francamente esasperante! Nessuno ha la bacchetta magica e sappiamo bene che tocca all’Anas realizzare l’opera. Sappiamo altrettanto bene che le buste della gara di appalto sono state aperte il 25 gennaio. Ci son voluti quasi cinquecento giorni per arrivare all’apertura delle buste; è lecito pensare che ce ne vorranno molti di più per realizzare il ponte. Troppo tempo per realizzare un'opera di modeste dimensioni. Dopo cinquecento giorni di sostanziale lentezza burocratica, una classe dirigente dovrebbe dare delle spiegazioni. Invece le responsabilità sono state rimbalzate tra Ponzio e Pilato e c’è il rischio dell’eterna crocifissione del nostro popolo. Sia chiaro non è solo un ponte in discussione! È soprattutto l’idea stessa dello Stato! È il concetto stesso di sovranità popolare! Il ponte sull’Allaro prima o poi si farà ma la fiducia nelle Istituzioni è molto più difficile da ricostruire. La fiducia in
questa classe dirigente è a pezzi perché vive masticando il “nulla” anzi, come dicevano i nostri contadini, “impastando ricotte di fumo”. Se un’opera a Tokio si realizza in un mese, a Berlino in tre, a Milano in sei, in Calabria non può impiegare anni. Ne va della nostra dignità; è in discussione il concetto stesso di uguaglianza tra tutti i cittadini della Repubblica Italiana. Noi che spesso veniamo accusati di “sovversivismo” abbiamo in realtà un’Idea alta dello Stato e non vogliamo che diventi uno stupido e ingombrante Moloch tirannico e vessatorio. Non vogliamo insegnare a nessuno il proprio mestiere anche perché la Politica non è roba per mestieranti bensì passione immensa, intelligenza collettiva, impegno, capacità di produrre fatti concreti e di cambiare, in meglio, la realtà! Scusate se, a questo punto, faccio un inusuale ma necessario riferimento a una mia esperienza personale. Ero giovanissimo segretario della “Camera del Lavoro” durante l’alluvione del gennaio 1973. L’alba, dopo una tragica nottata, l’ho vista in montagna e un mese dopo una folla sterminata di donne e di uomini- partiti da tutti i paesi della Locride sfilava per le vie di Roma. Anche allora la classe dirigente di governo dimostrò la propria parziale insensibilità ma la battaglia civile e democratica fu combattuta (e che battaglia!) e, almeno parzialmente, vinta. In quei momenti tragici una minoranza determinata, lucida e combattiva si comportava da classe dirigente pur non occupando posti di responsabilità istituzionali. Qualche anno più tardi ero un giovane sindaco quando un incendio devastante ha causato la fuga precipitosa di decine di famiglie dalle proprie abitazioni. Dopo solo pochi mesi consegnavamo agli aventi diritto un contributo per l’acquisto o il recupero delle prime case e appaltavamo la costruzione degli alloggi comunali destinate alle famiglie vittime dell’incendio. I fondi non venivano dal nulla! E la celerità è stata il frutto della vicinanza alla gente. È poco? Potrei citare altre esperienze, anche molto più recenti, e tutte dello stesso segno. Ovviamente non rivendico alcun merito personale, e non per modestia, ma perché non ho realmente alcun merito da attribuirmi! Fu una classe dirigente espressione di un movimento di popolo a render possibile e, sostanzialmente vincenti, alcune battaglie. Oggi non esiste un “movimento” e non può esistere una vera classe dirigente nè di “maggioranza”, nè di “minoranza”. A volte i fiumi diventano simboli. Cento anni fa lo fu il “Piave” e, più tardi, il famoso ponte sul fiume Kwai . Il ponte sull’Allaro è poca cosa ma dovremmo trasformarlo in simbolo di un popolo che si rialza in piedi dimostrando la voglia di “Resistere” e “Rinascere”. Se ci fosse una classe dirigente- sia pure allo stato larvale dovrebbe dimostrarlo ora, altrimenti è bene che “taccia” per sempre!
IN BREVE
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DOMENICA 29 GENNAIO
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Wanda Ferro prende posto in giunta: fuori Mangialavori Dopo la sentenza della Corte costituzionale sulla legittimità della legge elettorale calabrese riformata sul finire della scorsa legislatura e la deliberazione relativa all’ammissione di Wanda Ferro in giunta regionale, giovedì pomeriggio è giunta anche la decisione definitiva del TAR in merito a chi dovesse cedere la poltrona alla prima sconfitta delle elezioni regionali del 2014. È stata infatti sancita l'esclusione dal consiglio di Giuseppe Mangialavori, eletto con la Casa delle Libertà. Si salva, dunque, Ennio Morrone, l'esponente di Forza Italia che per diversi giorni era stato in ballottaggio con il collega per fare spazio alla candidata alla presidenza della destra calabrese.
Siderno: un gufo reale si aggira per via Tasso
Un maestoso esemplare di gufo reale è stato avvistato lo scorso fine settimana in Via Tasso a Siderno. La presenza di questo rapace ha scombussolato la vita di alcuni cittadini certamente non abituati a trovarsi sul davanzale di casa un volatile così imponente e per alcuni versi inquietante, soprattutto se incontrato di notte. Ci si chiede come e perché questa specie sia finita a vivere a pochi passi dal mare, contrariamente all’habitat naturale formato da foreste con pareti rocciose. Probabilmente potrebbe trattarsi di un soggetto allevato in cattività e ora ritornato libero. In ogni caso la sua permanenza in luoghi non congeniali è da seguire con molta attenzione in quanto non potrà rimanervi a lungo senza trovarsi un compagno o una compagna: il richiamo della foresta lo porterà inevitabilmente ad allontanarsi alla ricerca del partner. Se invece si tratta di un soggetto nato in cattività il rischio più grande è quello di un incidente. Pertanto facciamo appello a chi di competenza affinché il nostro ospite non corra alcun pericolo.
Reggiodiventapoloculturale con la riqualificazione del Monastero della Visitazione Sono stati recentemente avviati i lavori di riqualificazione del Monastero della Visitazione di Reggio Calabria, destinato a diventare, stando alle parole del Presidente della Commissione Assetto del Territorio Giuseppe Sera, uno dei punti panoramici più suggestivi della città. La realizzazione di un centro polifunzionale interamente dedicato all’arte e alla cultura, con una nuova Pinacoteca, un Museo civico e ampie sale per conferenze ed incontri, costituisce un'occasione unica per rendere la cultura effettivamente di casa in città, permettendo all’amministrazione di raggiungere uno degli obiettivi cardine del proprio programma elettorale.
Anna Romeo: il bilancio convince al 63% Si è tenuta mercoledì pomeriggio la conferenza stampa dell’Assessore con delega all’Ambiente Anna Romeo relativa ai risultati conseguiti nel proprio ambito dall’Amministrazione Comunale di Siderno. Il resoconto in solitaria dell’assessore ha ubriacato i presenti di numeri relativi ai benefici che starebbe portando alla città l’avvio della raccolta differenziata, ha presentato una breve riflessione su come si sia evoluta negli ultimi mesi la situazione dell’ex BP e ha previsto un breve spazio nel quale la Romeo ha garantito che verrà dedicata maggiore attenzione al verde pubblico. Sottolineando in più occasioni che la mancanza di organico non sta permettendo all’Amministrazione di affrontare in maniera adeguata tutte le emergenze che si registrano sul territorio comunale, la maggior parte del bilancio presentato ai giornalisti è stata occupata dalla delicata questione della raccolta differenziata, il cui più evidente risvolto della medaglia è stato il barbaro sversamento di rifiuti in ogni angolo della città da parte di chi non è intenzionato a iscriversi al registro delle utenze. Pur apprezzando lo sforzo e l’onestà intellettuale di Anna Romeo, che ha affermato in almeno due occasioni di non voler percorrere la strada della gogna mediatica per i trasgressori ma di voler cercare di individuarli in maniera discreta, riteniamo che l’origine del problema al quale la cittadinanza ha dovuto fare fronte in questi mesi sia da ricercare nell’organizzazione della raccolta differenziata stessa. Fin dalla distribuzione dei mastelli, per i quali l’amministrazione ha fatto affidamento sulla buona coscienza dei cittadini, si sono generate polemiche non destinate a placarsi fino a quando il lavoro con Locride Ambiente non verrà coordinato al meglio. Non stupisce, infatti, che 700 famiglie, in questi otto mesi, non abbiano ritirato il materiale utile alla corretta differenziazione dei rifiuti, mentre sicuramente lascia esterrefatti la notizia che la stessa Locride Ambiente non si sia ancora attrezzata con la lettrice del codice a barre che permetterà di stabilire in che percentuale ogni utenza differenzi e di farle conseguentemente risparmiare sulla Tassa Rifiuti,
che ricordiamo era stato uno dei cavalli di battaglia dell’Amministrazione durante l’organizzazione della differenziata. Certo, la Romeo ha garantito che alla società, fino a quando non si attrezzerà adeguatamente, sarà fatta pagare una penale che non peserà (non troppo almeno) sulle tasche dei cittadini, mentre il problema degli incivili sarà arginato con due telecamere mobili che cercheranno di compiere il lavoro delle venti promesse alla cittadinanza fino a quando non ci saranno in cassa i fondi utili a completarne l’acquisto. E, sempre a tale proposito, nonostante sia stato detto un paio di volte che la faccenda sarà risolta di qui a breve, non è che sia tanto chiaro per quale ragione il contratto con Locride Ambiente non sia ancora stato firmato. Nonostante questi punti oscuri resta il fatto che Siderno, in appena otto mesi, è “schizzata” dal 6 al 61% di rifiuti differenziati e che le
stime dei primi giorni di gennaio permettono di sperare nel raggiungimento del 63% avvicinando il Comune alla soglia del 65% richiesto a tutte le città italiane dalla Comunità Europea. Anche sul fronte ex BP non tutto è rose e fiori: benché sia da riconoscere alla Romeo il merito di aver reso nuovamente attuale un problema annoso, l’impossibilità di mettere facilmente mano a qualsivoglia fondo economico per risolvere la faccenda lascia il Consiglio Comunale aperto di qualche mese fa una bella dichiarazione di intenti. Oliverio avrebbe spiegato agli amministratori di Siderno che bonificare l’area richiede l’intervento del Ministero e si sarebbe impegnato a parlarci personalmente, ma la lunga attesa comincia a farci credere che il Governatore abbia avuto problemi più urgenti, pertanto sarebbe bene che il Comune sollecitasse con una certa determinazione una risoluzione. Ultimo pensiero, come annunciato in apertura, la salvaguardia del verde pubblico e degli alberi monumentali. L’iter per rendere realtà il sogno del censimento del nostro verde è onestamente sconfortante e il fatto che la Romeo non abbia parlato di tempistiche ci fa temere che l’argomento scivolerà in fondo agli elenchi man mano che si presenteranno altre urgenze cui fare fronte. Restiamo in fiduciosa attesa, riconoscendo che, proporzionalmente alle risorse, molto sia stato fatto ma esigendo che molto (e molto meglio) sia ancora da fare. Jacopo Giuca
Ho incontrato la “Differenziata” L’ANGOLO DI PARRELLO
L'altro giorno, stavo rimettendo a posto il mastello marrone della raccolta differenziata quando questo, rimproverandomi, mi dice:"Franco, ma cosa hai combinato ieri sera? Hai sbagliato giorno, lasciandomi al freddo e facendomi prendere la bronchite. Avresti dovuto mettermi fuori tra due giorni. Non hai letto l'opuscolo che ti hanno consegnato?". Certo che l'ho letto, ma mi sarò sbagliato. Comunque ho sentito dire che faranno un corso d'aggiornamento e lo frequenterò". "Fai bene" aggiunse un altro mastello, quello grigio, che insieme agli altri stava assistendo alla discussione. Intervenne poi il giallo, raccomandandomi di lavare bene piatti e bicchieri di plastica, precisando che altrimenti saremmo stati punto a capo. L'unico mastello che non disse nulla fu quello di colore blu che, da vero italiano, dormiva sonni tranquilli...
CALABRESE PER CASO * di Giuseppe Romeo
Prevedibili imprevedibilità. Clima e gestione del territorio Le foto delle strade interrotte nella locride, le immagini di un territorio che soffre delle intensità delle precipitazioni piovose o che si confronta con una neve che imbianca in una stagione che, in verità, altro non potrebbe fare, ci riportano ogni volta con i piedi per terra, se questa non cede al nostro passaggio. E non è solo perché ci troviamo costretti a confrontarci con una particolare conformazione idrogeologica ma perché, se siamo onesti con noi stessi, ci rendiamo conto che forse qualche aiuto al cosiddetto dissesto del territorio lo abbiamo dato nel corso degli anni e, probabilmente, ancora oggi. Non sarà mancata l’occasione ad ognuno di noi di calpestare strade o terreni per capire che, forse, c’è qualcosa che non ritorna nelle stesse opere che crollano, che si dissolvono come se fossero fatte di cartapesta ogni qualvolta il clima ci ricorda che il suo comportamento non rientra nella decisione degli uomini. Eppure, di fronte a ciò, gli uomini hanno il dovere verso se stessi di governare i rischi e, per fare questo, la regola è sempre la stessa: il rispetto del territorio. Stati di calamità, emergenze perdono il loro valore di eccezionalità diventando una sorta di reiterata ricerca di giustificazioni di un ordinario diventato straordinariamente troppo frequente nei disastri come nei drammi. Un quotidiano dove la stessa ordinarietà climatica di un inverno, forse più rigido degli altri, sembra quasi voler farci dichiarare una sorta di resa alle forze della natura. Forze, queste ultime, le quali, se possono fare affidamento anche sull’incuria, sull’inerzia e sull’approssimazione umana nell’organizzare un territorio - o apprestare con dovizia le opere a sostegno della vita quotidiana - di certo trovano ben pochi ostacoli all’e-
sprimere tutta la loto potenza distruttiva. Chi percorre le strade dell’entroterra della locride come del litorale non avrà difficoltà a notare quanto lo stato di abbandono sia l’evidente specchio di una sensibilità assente, la premessa di una resa al maltempo. Non sarà difficile notare, in ciò che rimane in molti casi, la qualità dello stato d’uso o di manutenzione senza entrare nel merito delle modalità costruttive e nella scelta dei materiali. Del come guardando gli asfalti che si innalzano verso il cielo, o le voragini che lasciano vuoti al di sotto di loro, portino alla luce criticità strutturali. L’inverno così gelido e piovoso ha la responsabilità di rendere ogni anno sempre più chiari gli insuccessi di gestione del territorio perché, come coscienza vuole, è l’emergenza che mette in gioco, che verifica le capacità, che dimostra la qualità o meno di ciò che si è fatto, di ciò che si fa e di cosa si potrà fare in futuro. Una vecchia storia che si ripresenta ormai troppo frequentemente e in ogni stagione e che, al di là delle ragioni dei cambiamenti climatici, ha fatto si che non ci sia più nulla di ordinario nelle nostre terre della straordinarietà di ogni fenomeno metereologico, pioggia o neve nonostante. Una considerazione che lascia l’amaro dei nonni e dei loro tratturi, o dei muretti a secco fatti dovunque senza costosissime progettazioni o consulenze tecniche, ma con il buon senso di chi viveva il territorio e ne conosceva le caratteristiche. Dovremmo imparare dal passato, ma ci ostiniamo a non farlo perché costa, soprattutto, fatica. La natura è di per se imprevedibile. Ma è l’imprevedibilità quel vero presupposto a cui ogni attenta, puntuale, cosciente e responsabile pianificazione e progettazione di ogni opera dovrebbe guardare e soprattutto lavorare per contenerne gli effetti.
ATTUALITÀ
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IL PARADOSSO DEL GATTO DI SHRÖDINGER: SE SI CHIUDESSE UN GATTO IN UNA SCATOLA ALL’INTERNO DELLA QUALE C’È ANCHE UN ISOTOPO RADIOATTIVO IN UN CONTENITORE BIODEGRADABILE, FINO A QUANDO NON APRIREMO LA SCATOLA IL GATTO SARÀ CONTEMPORANEAMENTE MORTO E VIVO, IN QUANTO È IMPOSSIBILE STABILIRE SE IL CONTENITORE DELL’ISOTOPO SI SIA ROTTO RILASCIANDO LA TOSSINA CHE POTREBBE UCCIDERE IL GATTO.
L’ostinazione del primo cittadino di Martone a lasciare inascoltati gli appelli alle dimissioni da presidente dell’Assemblea dei sindaci della Locride provenienti dai colleghi sta creando uno scenario grottesco, nel nostro territorio: in ogni dove spuntano ufficiose (e spesso non efficaci) assemblee di gruppetti di sindaci che decidono di sbrigarsi i propri problemi da soli. Anche se non invochiamo una (secondo i più sacrosanta!) “defenestrazione di Siderno” rivolgiamo un appello ai nostri sindaci: costituite un’assemblea dei primi cittadini della Locride parallela a quella ufficiale fino a quando Imperitura non se ne andrà. Non vi farete trovare impreparati dinanzi alle emergenze.
IN ALTO: GIORGIO IMPERITURA A FIANCO A SINISTRA: DOMENICO STRANIERI IN BASSO: GIOVANNI CALABRESE E PIETRO FUDA
Il paradosso Imperitura a pioggia che mette in ginocchio il territorio ogni volta che cade obbliga i nostri sindaci a correre ai ripari. Guardando con occhio preoccupato al cielo plumbeo, infatti, mercoledì mattina i sindaci della Locride meridionale si sono riuniti, sotto il vessillo di Domenico Stranieri, per confrontarsi sui problemi derivati dalla recente ondata di maltempo nella fascia meridionale della costa jonica-reggina. La notizia, tuttavia, non risiede tanto nell’assise che il giovane eppure versatile primo cittadino di Sant’Agata del Bianco ha ritenuto doveroso convocare, quanto nel fatto che a riunirsi sia stato un non meglio identificato gruppo di sindaci ribattezzatosi della “Locride meridionale”. Ma non esisteva già un’assemblea dei sindaci della Locride? Non doveva essere compito del suo presidente, una volta sentite le preoccupazioni dei colleghi sindaci, convocare un’assise nella quale confrontarsi come una grande famiglia sulle problematiche che affliggono l’intero comprensorio? Sì, sarebbe stato così se l’Assemblea dei sindaci della Locride non fosse già da tempo il fantasma di ciò che dovrebbe essere e, probabilmente, se la sua presidenza non rispondesse al nome di Giorgio Imperitura. Il buon Giorgio, inchiodatosi alla poltrona nonostante Giovanni Calabrese e Pietro Fuda si siano detti disposti a compiere una sequela di pellegrinaggi a Lourdes pur di vederlo dare le dimissioni entro la prossima decade, orfano della sua coscienza Giuseppe Strangio, che gli sedeva accanto nell’assise in qualità di vicepresidente, si starebbe infatti limitando a vegetare nel più completo disinteresse di quale possa essere il destino di un territorio del quale egli stesso fa parte. Con la sua incomprensibile ostinazione a rivestire una carica che gli dona soltanto oneri, starebbe paralizzando un intero blocco decisionale frammentando di fatto il territorio in frazioni che, giustamente, stanno decidendo di correre da sole verso un futuro ignoto. Stando alle dichiarazioni degli addetti ai lavori, non chiamando in adunanza i colleghi, non avanzando proposte, non dialogando con i colleghi, Giorgio Imperitura sarebbe diventato come il Gatto di Shrödinger: non può essere deposto finché non convoca un’assem-
L
blea dei sindaci e, al contempo, non convoca un’assemblea dei sindaci perché consapevole che gli verrà chiesto di andarsene. Ma come sarà fatta ‘sta poltrona della presidenza, di cioccolata? Che cosa preoccuperebbe Imperitura, che una volta “semplice” primo cittadino i colleghi gli dicano che non può più giocare a “Vai dal prefetto a spiegare cosa non va nella Locride”? Sarebbe questa ostinazione ad aver generato quello che definiamo Il paradosso Imperitura, ormai prossimo a diventare L’imperituro paradosso Imperitura, considerato che affligge la Locride da un tempo che potremmo ormai definire biblico. Via via che il problema si ripropone, infatti, il nostro territorio si incrinerebbe in maniera preoccupante, creando qua e là simboliche (o reali) associazioni di sindaci dall’indole collaborazionista che decidono di unirsi per fare fronte a un qualsivoglia problema comune (un po’ come gli Avengers). Ecco allora che accanto all’Unione dei Comuni della Valle del Torbido e al paragemellaggio Locri-Siderno sorge l’Associazione dei Sindaci della Locride meridionale. Che altro dobbiamo aspettarci? La “Fratellanza della Locride pedemontana” o il “Fronte dei sindaci d’Aspromonte”? Oppure qualcuno prenderà finalmente l’iniziativa di “scavalcare” Imperitura e convocare una riunione ufficiosa dei sindaci della Locride senza aspettare che il presidente prenda l’iniziativa? Prendete in considerazione questa opportunità, primi cittadini del comprensorio: riunitevi al di là di ciò che decide l’Assemblea dei sindaci, se davvero avete intenzione di affrontare le difficoltà del territorio in maniera compatta, e andate avanti per la vostra strada, se necessario, anche fino a quando il mandato di Giorgio non arriverà a naturale conclusione. Vedrete che, più prima che poi, potrebbe essere Imperitura stesso a bussare timidamente alla vostra porta chiedendovi di non isolare la sua bella Martone e, anche se dovesse rimanere piantato nella sua posizione fino alla fine, comunque sarete pronti a ripartire ufficialmente esattamente dal punto in cui eravate rimasti nelle vostre riunioni “segrete”. Poi, oh… se vedete che la strada della frammentazione dà migliori risultati continuate pure così. Basta che la cosa non danneggi ulteriormente i vostri cittadini! Jacopo Giuca
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ATTUALITÀ
Se non vogliamo piangere altre vittime e altri danni dobbiamo iniziare a rottamare e riparare. In Calabria c’è molto da rottamare: c’è da rottamare tutta l’edilizia selvaggia quella fatta di case che si accartocciano dopo le scosse, costruite male e con materiali scadenti, con licenze compiacenti o abusive, con lo spreco di energia o di risorse idriche.
Calabria sicura PASQUALE GIURLEO In venti anni i cinque i terremoti più rilevanti, tutti più o meno del sesto grado della scala Richter, hanno provocato tante vittime e incalcolabili danni materiali ed economici. In generale, un terremoto di magnitudo 6 non è necessariamente devastante. I terremoti di questa intensità lo diventano solo di fronte ad alcune condizioni del patrimonio edilizio. Si tratta quindi di intervenire per modificare questi insediamenti. Crediamo che il problema vada inteso in due tempi: un tempo breve dell’emergenza, delle soluzioni dichiaratamente temporanee e un tempo lungo della gestione del territorio. Un tempo del “fare presto” e un tempo del “fare bene”. Dal punto di vista architettonico, il Giappone offre un modello concreto di cosa sia possibile fare nell’immediato. Nel 2010, un gruppo di architetti coordinato da Toyo Ito, Kazuyo Sejima e Riken Yamamoto ha reagito al fortissimo sisma che ha colpito la regione di Tohoku avviando il progetto Home for All, un programma di microedilizia di elevata qualità, finanziato quasi interamente con donazioni private. In decine di villaggi sono stati realizzati in tempi brevi abitazioni, asili e servizi sociali provvisori, ma capaci di restituire dignità ai luoghi di una comunità in ginocchio, prevenendo così lo sgretolamento del tessuto sociale. Questa esperienza, come del resto quella della ricostruzione dei centri urbani friulani colpiti dal sisma del 1976, ci ricorda che le soluzioni prodotte nell’emergenza, se nascono dalla condivisione con i cittadini dei loro bisogni, possono agire come elementi generatori di una nuova vita sociale, che diventa la traccia e il luogo di sperimentazione delle città che vi faranno seguito. Nel lungo periodo si dovrebbe, invece, provare a immaginare come mettere in sicurezza tutto il territorio. Ma resta da chiedersi quanto potrebbe costare un simile piano. Le cifre più credibili parlano di 50 miliardi per i soli edifici pubblici e di 100 per quelli privati. Ma è possibile ridurre questa cifra sottolineando due aspetti: che non si deve trasformare tutto e che non si deve trasformare subito. La messa in sicurezza di una parte consistente del territorio nazionale a forte rischio sismico quasi metà del Paese, che com-
prende la Calabria, con una popolazione di circa 20 milioni di abitanti, va inserita all’interno di una urgente ricognizione di questi territori. Sono zone che spesso hanno una densità di popolazione inferiore a 50 abitanti per chilometro quadrato, un rapporto di due anziani per ogni giovane e una percentuale di abitazioni vuote censite pari al 50% del patrimonio edilizio. In queste zone, l’arrivo del sisma spesso porta un’improvvisa accelerazione di un processo di spopolamento già in atto da tempo, e di conseguenza sarebbe perfino dannoso ricostruire tutto, perché questo “tutto” del tutto teorico (ospedali parzialmente usati e spesso inefficienti, case che i proprietari nemmeno si ricordano più) è largamente superfluo. Queste zone, oltre a immaginare come proteggersi dai terremoti, devono immaginare come potranno vivere nel futuro. Immaginare come gestire il territorio, come proteggere la rete viaria minore, come redistribuire i servizi. La messa in sicurezza del territorio potrebbe quindi essere l’occasione per una più generale riorganizzazione dei territori periferici italiani, ripensando i confini amministrativi, definendo unità territoriali elementari più ampie dei Comuni attuali (il 70% dei Comuni italiani ha meno di 5.000 abitanti) e con maggior autonomia finanziaria e decisionale (un Comune di 300 abitanti di cui metà ultrasettantenni non riesce a essere davvero democratico; metà delle volte il sindaco è il dottore). Si potrebbe iniziare con progettipilota con cui verificare alcune ipotesi iniziali e poi procedere a definire una metodologia di intervento più generale. La “messa in sicurezza” di mezza Italia ha bisogno di ricerca, di conoscenza e, più di tutto, di un progetto, anzi di tanti progetti. Questi progetti bisogna avere il coraggio di volerli fare. Altrimenti, se si pensa invece che non si deve progettare niente e che non si deve escludere nulla dai contributi pubblici, allora sappiamo già come va a finire. Vogliamo cominciare a discutere anche da noi in Calabria e nella Locride come le discipline del progetto possono essere chiamate a contribuire efficacemente alle grandi sfide dell’emergenza post sismica e della rigenerazione dei nostri paesi e del nostro territorio?
Vogliamo cominciare a discutere anche da noi in Calabria e nella Locride come le discipline del progetto possono essere chiamate a contribuire efficacemente alle grandi sfide dell’emergenza post sismica e della rigenerazione dei nostri paesi e del nostro territorio?
“SOFIE”IL PALAZZO IN LEGNO PIÙ ANTISISMICO E ANTINCENDIO CHE ESISTE È COSTRUITO IN ITALIA A Miko, Giappone, quando alle 14.30 ora locale (7.30 italiane), nell’Istituto nazionale di ricerca di scienze terrestri e prevenzione disastri - il principale centro di sperimentazione antisismico del mondo dove dal 2004 vengono testati centinaia di prototipi di abitazioni e ponti - simularono il terremoto di Kobe che nel 1995 provocò circa 6mila morti, una casa antisismica e antincendio progettata in Italia superò la prova. Fu un giorno memorabile per i giapponesi ma in Italia passò quasi tutto in silenzio. Eppure, quel progetto studiato negli uffici del Cnr di Sesto Fiorentino da, professor Ario Ceccotti, direttore dell’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del Consiglio Nazionale delle Ricerche, è destinato a cambiare il modo di costruire le case in tutto il mondo. Yoshimitsu Okada, tra i maggiori studiosi al mondo nel campo dei terremoti, fu il primo a complimentarsi. Il palazzo si chiama Sofie, ha sette piani, è alto oltre 23 metri, ha resistito al test antisismico considerato dai giapponesi il più distruttivo. Realizzato nei laboratori del Cnr, è la prima struttura interamente di legno ad aver resistito a una simile forza d’urto. “Abbiamo lavo-
rato - spiega Ceccotti - tenendo presente gli standard giapponesi per un prodotto globale”. Il test è il risultato di studi e ricerche durati cinque anni, che hanno individuato nella combinazione di materiali e connessioni meccaniche del prodotto la tecnica costruttiva ideale contro i terremoti. Un’ipotesi inconcepibile fino a qualche tempo fa, se si pensa che le normative internazionali vietano le costruzioni di legno in zona sismica sopra i 7,5 metri di altezza. La tecnologia di Sofie è il prodotto di una filiera - dal bosco alla casa di legno - che sta incontrando l’interesse di molte aziende. E che dimostra definitivamente l’assoluta affidabilità e sicurezza del legno come materiale per l’edilizia, oltre al valore aggiunto in termini di comfort abitativo, economicità, risparmio energetico e rispetto per l’ambiente. Un nuovo modello di abitazione con standard certificati e in grado di garantire sicurezza: Sofie è anche anti-incendio e, dopo oltre un’ora di test del fuoco, ha conservato ancora intatte le sue proprietà meccaniche e inalterata la sua struttura. “È la dimostrazione che l’Italia ha nel suo Dna creatività e genio d’impresa in grado di risolvere problemi e immaginare l’industria del futuro”. Pasquale Giurleo
SETTIMANALE
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Vietare i funerali di un uomo non accresce l’autorità dello Stato Si sono svolti mercoledì scorso, nel cimitero di Siderno e in forma strettamente privata, i funerali di Pietro Commisso, 85 anni. La Questura di Reggio Calabria ha vietato i funerali in forma pubblica e solenne perchè Pietro Commisso è ritenuto un esponente di spicco della omonima cosca di Siderno.
“Non mi spiego il silenzio della Chiesa su ciò a che a me appare come un evidente abuso di autorità. Certamente il divieto non è in linea con l’anno della Misericordia”
ILARIO AMMENDOLIA “Siano sacri i diritti delle divinità dei Mani” scriveva Foscolo in epigrafe ai “I Sepolcri”! Secondo il Poeta i morti debbono essere onorati come divinità perché anche ciò distingue gli uomini dalle “umane belve” Infatti nelle grandi civiltà “a’ fasti eran le tombe, ed are a’ figli; ….e fu temuto; su la polve degli avi il giuramento.” Ugo Foscolo è stato determinato nell’opporsi allo “Stato” napoleonico che, per motivi di pubblica igiene, aveva stabilito la sepoltura dei cadaveri in fosse comuni. Siamo nell’Ottocento ma, il Poeta non riconosce allo Stato tale diritto! Non conoscevo Pietro Commisso morto a 85 anni a Siderno. Anzi no! L’avevo incontrato una sola volta nel 1993 quando scrivevo per “Giustizia Giusta”, un giornale diretto dall’avvocato Mauro Mellini. In quella occasione non abbiamo parlato di ‘ndrangheta ma solo di emigrazione. Era un mafioso? Non ho elementi per confermarlo nè per escluderlo! I più lo hanno considerato un componente di una griffata famiglia di ‘ndrangheta anche se, probabilmente, non ha mai ricevuto una condanna
penale. Quindi, secondo la Costituzione, era un comune cittadino, con tutti i diritti e tutti i doveri. Certamente per i rapporti di polizia era un uomo di ‘ndrangheta. Di sicuro però era una “persona umana” un termine che precede il “cittadino” e, come tale, avrebbe dovuto essere trattato anche in occasione della sua morte. Ricordo che in occasione di una assemblea dei sindaci a Siderno, per insediare il “comitato per l’ordine e la sicurezza”, presente il questore, ho esposto i miei dubbi sul diritto dello Stato di proibire un funerale quando non ci sono problemi di ordine pubblico o pericoli per l’incolumità dei cittadini. Subito dopo, mi è stato detto, che il questore di Reggio chiedeva a quale “famiglia” di ‘ndrangheta io fossi vicino. Perché siamo arrivati a questo punto? Perché gli “intellettuali”, i “politici”, i cittadini impegnati, la stampa, le associazioni culturali, la stessa Chiesa hanno piegato la testa rinunciando a combattere battaglie di principio, a difendere i diritti naturali delle persona umana, oltre che le garanzie costituzionali. Siamo ritornati indietro di migliaia di anni dal momento che l’Antigone, “vissuta” qualche millennio addietro, ha sfidato il potere costituito, disobbedito alla
“legge” e ha affrontato la morte con dignità pur di dare una degna sepoltura al proprio fratello. Seppur Polinice (fratello di Antigone) fosse stato “colpevole” di un “delitto” contro lo Stato, il suo cadavere avrebbe avuto comunque il diritto a una sepoltura dignitosa da parte dei suoi familiari. Lasciare Polinice insepolto sarebbe stata una viltà, uno sfregio all’umanità. Un cedimento alla tirannia del “potere” che tende a spogliare gli uomini dei propri diritti naturali. La ‘ndrangheta è potere allo stato selvaggio, primitivo, decisamente inumano. Per quello che capisco lo Stato di diritto dovrebbe essere un potere democratico di segno opposto che esalta e garantisce le libertà dei cittadini. Aggiungendo ai diritti “naturali” quelli di cittadinanza. In quest’ottica il divieto di celebrare i funerali di un uomo di 85 anni, ammalato da tempo, mi è sembrato crudele e, soprattutto, inutile. Non gioverà alla lotta alla ‘ndrangheta e non accrescerà l’autorità dello Stato. Non mi spiego il silenzio della Chiesa su ciò a che a me appare come un evidente abuso di autorità. Certamente il divieto non è in linea con l’anno della Misericordia. Qualche sciocco obbietterà che io,
sovente, mi trovi a difendere gli uomini della ‘ndrangheta. Non c’è nulla di più ozioso, vile e scontato di questa sgangherata affermazione che nasce da un conformismo indecoroso. Per quel poco che riesco, mi limito a una tenue, e sicuramente inadeguata, difesa dello Stato di diritto perché è solo collocandosi su questo terreno che si può sconfiggere la criminalità. Lo faccio con le mie forze residue e vi assicuro che sono molto poche. Nel malaugurato caso i forcaioli di ogni risma, avessero vinta la partita avremmo uno Stato “forte”- come in un triste passato - ma solo con i deboli, alleato dei poteri criminali e incline alla violenza e all’arbitrio. Scherzando col fuoco, in pochi giorni, può succedere l’imprevedibile: oggi Trump rilancia la “tortura” come metodo di indagine, domani qualcuno più spregiudicato di lui, potrebbe spingere il mondo sull’orlo dell’abisso. Mi genera angoscia la bara di Pietro Commisso (come di chiunque altro) che, varca sola, scortata, e in penombra la soglia del cimitero. Anche se per lui non cambia assolutamente nulla, Totò avrebbe detto “nui simmu seri…appartenimu a morte!”
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Viaggio in treno sulla tratta ionica
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Jasmin, la tua anima vivrà sempre dentro di noi
Il
Ci sono dolori che non si possono nè evitare, nè cancellare. Con il passare del tempo non possiamo far finta che niente sia successo perchè ogni volta che i ricordi riaffioriranno, il dolore tornerà a farsi sentire. Tornerà quel vuoto come una ferita profonda che cercheremo pian piano di curare, anche se alcune non si curano mai! Tu sarai per sempre nel nostro cuore e la tua anima vivrà sempre dentro di noi, ti ameremo per sempre, Jasmin. La tua famiglia
Dopo del 25/08/2016 ho avuto modo di ascoltare programmi radiofonici mattutini trasmessi su Rai radio 1 e Rai radio 3 in merito al terremoto di Amatrice. In uno di detti programmi è intervenuto telefonicamente un esperto di edilizia antisismica e ha chiarito che in Italia il 90% circa degli edifici, pubblici e privati, con strutture portanti sia in muratura ordinaria che in cemento armato, non garantiscono la dovuta sicurezza in caso di sollecitazioni sismiche d’intensità medio-alta. Detto 90% comprendeva anche i fabbricati che già erano stati sottoposti ad interventi di “messa in sicurezza”. Le strutture in cemento armato non sono eterne, infatti, quando sono state ideate venne ipotizzata per esse una durata di 80-100 anni. Oggi si può constatare che detta ipotesi risponde al vero. Per rendersene conto basta osservare che quasi tutti i fabbricati in cemento armato, realizzati anche meno di 40 anni addietro, soprattutto nei pilastri, nelle grondaie e nei balconi, presentano un precario stato di conservazione; mentre per le fondazioni e i telai di base, i cui tondini di ferro sono in continuo diretto contatto con l’umidità del sottosuolo, devono essere ipotizzate condizioni di conservazione ancora peggiori. Quindi, se io fossi un amministratore o un gestore della “cosa pubblica” non mi fiderei troppo del retorico o generico metodo che pre-
vede i cosiddetti “interventi di messa in sicurezza” che sono di attuazione scomoda, pericolosa e alquanto costosa. In alternativa, sarebbe più conveniente, per gli edifici pubblici in cemento armato, esistenti da circa 40 anni, la loro totale demolizione, ricostruendo sullo stesso sito edifici molto più piccoli con tutte le aule scolastiche o stanze ospedaliere esposte totalmente a Mezzogiorno. In tanti edifici scolastici esistenti, ho potuto osservare che metà delle aule sono esposte a Sud e l’altra metà, retrostante, è esposta a Nord. La popolazione tende sempre più a diminuire, quindi diminuisce anche il fabbisogno di aule, fate almeno che in futuro gli alunni possano frequentare Istituti le cui aule siano tutte esposte in posizione ideale, cioè a Mezzogiorno. Ho visto recuperare, mediante adeguamento sismico, un edificio pubblico, a gestione ministeriale, in cemento armato, preesistente da più di 40 anni, già scadente come scelta progettuale (strutture portanti troppo sovraccaricate e cattiva esposizione rispetto ai 4 punti cardinali) che con un’ulteriore somma di 200 mila euro sarebbe stato ricostruito totalmente nuovo; il costo di recupero è stato di 400 mila euro. Di recuperi analoghi, così costosi, ne ho visti tanti altri. Antonio Signato
DOMENICA 29 GENNAIO 14
16 gennaio mi recavo a Lecce per un impegno nella mattina del 17 e volendo evitare il tragitto in auto per l’inclemenza delle condizioni climatiche, ho viaggiato in treno. Alle 13.23 ho preso da Siderno l’intercity con arrivo a Taranto alle 19.07. Considerato che lavorare in viaggio mi permette di guadagnare tempo facendo passare velocemente il percorso e che negli ultimi anni ho viaggiato solo con le Frecce, quando ho visto la motrice e le vecchie carrozze ho subito pensato agli altrettanto vecchi scompartimenti a divano senza tavolino e prese per telefono e computer, con bagni sempre sporchi. Pensavo già di dover stare quasi 7 ore senza lavorare in ambiente poco confortevole e invece piacevolissima sorpesa! Poltrone singole e ben due scompartimenti con prese e tavolino di lavoro, vagone pulitissimo e altrettanto ben tenuto il bagno, forse anche superiore come ampiezza a quello dell’Eurostar. Al ritorno, giorno 17, da Sibari ho preso il treno di ritorno, la tipica Littorina anni 70-80 a unica motrice e ho pensato due cose: stavolta mi dovevo rassegnare a un viaggio scomodo e a farmi venire a prendere a Catanzaro Lido considerando che la Littorina arrivava a Catanzaro alle 19.37 e l’altra partiva per Reggio alle 19.45. Anche questa volta sorpresa inaspettata: treno ben tenuto con poltrone singole, bagno pulito e accettabile, arrivo puntualissimo e ripartenza comoda; in un’ora esatta ero a casa. L’aspetto esterno è stato estremamente smentito dal con-
Il 18 gennaio scorso il cuore di Jasmin ha smesso di battere, lasciando un vuoto incolmabile nei suoi familiari. Aveva solo 21 anni e sognava di diventare magistrato.
Gli edifici pubblici e privati e gli interventi di “messa in sicurezza”
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tenuto interno e dalla cortesia e professionalità del personale tanto all’andata che al ritorno, tant’è che mi sono determinato a viaggiare in treno anche per quando mi recherò a Reggio o Catanzaro o addirittura per spostamenti locali come mi ha consigliato un collega salito a Roccella (si sposta tra Locri e Roccella in treno) dimostrando con un'app scaricata sul palmare come sia possibile muoversi comodamente ed economicamente sulle rotaie. Certo tante cose vanno migliorate ma voglio riconoscere pubblicamente merito ai dirigenti e al personale delle Ferrovie che, in regime di risorse ridotte al lumicino, riescono a mantenere e garantire un servizio essenziale accettabile, comodo e sicuro; un passo avanti si è fatto anche con il nuovo treno regionale, molto confortevole a detta di chi ci viaggia ogni giorno. In definitiva il mio è un invito disinteressato a viaggiare in treno perché non è così male come si pensa sulla tratta locale e i treni sono ben tenuti e pure abbastanza frequenti; se a ciò si unisse un servizio navetta frequente con gli Uffici e le strutture sanitarie e commerciali del territorio e i paesi interni avremmo in tal modo a costo esiguo, anche sulla ionica, una metropolitana e un servizio bus cittadino che incentiverebbe lo spostamento lungo la fascia a tutto beneficio del commercio e del turismo. Rafforzando l’utenza il servizio migliorerà sempre più a vantaggio dell’ambiente e della collettività essendo un servizio pubblico indispensabile. Giovanni Gerace
In risposta all'articolo "Sfrattate, Frates" pubblicato su Riviera lo scorso 22 gennaio.
Perchèprenderein giropapaFrancesco? Caro Mario, preferisco questo aggettivo alla formula altisonante: “Gentilissimo dottor Nirta”, non perché non abbia considerazione per il suo ruolo, ma soltanto perché vorrei discutere con lei, serenamente, come a volte faccio su una panchina del parco con un altro nonno che come me assiste i nipotini. Ho letto il suo articolo “Sfrattate, frates” con molta attenzione e, perplesso all’inizio, poi disorientato, alla fine sono rimasto un po’ amareggiato. Certo lei quando l’ha pubblicato si poneva di raggiungere un obiettivo… forse non questo. Ed è per questo motivo che ho deciso di scriverle. Di tanto in tanto ho l’abitudine di scorrere le pagine del televideo per veder cosa succede in Italia e nel mondo, cosa che ho fato nei giorni scorsi e, ho letto, mi perdonerà l’imprecisione, di una mamma che ha tentato di uccidere la figlia di due anni, di un ragazzo che uccide i genitori, di un giovane che ha ucciso o tentato di uccidere la ragazza, e ancora altri delitti che ora non ricordo. C’era una serie, se ben ricordo, di cinque o sei crimini. Lo faccio notare a mia moglie e lei: ma che sta succedendo? Dove stiamo andando? Dove arriveremo? Io, tra il serio e il faceto, le ho risposto: “No nc’è cchiù religioni”e poi continuando “non c’è l’oratorio, non c’è il matrimonio religioso, non c’è il partito ma cosa più grave non c’è la politica, non c’è amor patrio, non ci sono associazioni sportive o culturali, la scuola e tanto più la famiglia sono inadeguate… e, dulcis in fundo, c’è la televisione. Da questa arrivano i più disparati messaggi non soggetti ad alcun controllo. Odio, intolleranza, razzismo, ipocrisia, arrivismo, ma tra lo squallore di questi personaggi (famosi?) è evidentissima una cosa: l’assoluta mancanza di valori. Forse lei ha già concluso che sono solo un vec-
chio brontolone qualunquista e io la prego di seguirmi ancora perché questa voleva essere l’introduzione. Ed entro subito nel merito. È innegabile che questo papa, non solo perché ha scelto il nome Francesco, è, come il fraticello di Assisi, almeno nelle intenzioni, un rivoluzionario. Lo ha dimostrato con mille piccoli ma significativi gesti. Li conosce certamente anche lei. È vero pure che grandi mutamenti ancora non li abbiamo visti. Ma, io mi chiedo, perché una volta tanto che abbiamo un papa che vuole essere davvero un fratello di tutti, lo prendiamo in giro, perché non ho capito se lei gli mette bonariamente una mano sulla spalla, lo tira per la manica o gli dà un calcio di dietro. Se mi consente poi le vorrei fare osservare che su papa Luciani lei ha solo espresso un parere che circola tra i “malpensanti” che non è supportato da alcun documento storico. Ma, fatta eccezione per l’inesistente documento della donazione di Costantino, la storia si scrive con i documenti e non con: si dice. A parte queste osservazioni, le riconosco che lei fa bene a spronare il papa ad agire contro le nefandezze del clero. Francesco qualcosa ha fatto e molto ha intenzione di fare. Qualcuno forse gli mette il bastone fra le ruote per cui il cambiamento è piuttosto lento. Le critiche lei ha diritto di farle, ma se a causa della sua formazione personale lei non può farle dall’interno, le faccia dall’esterno, ma sforzandosi di essere più obiettivo. Forse questo mio sfogo nasce dal fatto che il suo articolo è la goccia che ha fatto traboccare il calice poiché da un po’ di tempo internet è piena di deliranti accuse contro il papa. Alla fine il suo articolo era forse più umoristico che cattivo. La ringrazio dell’attenzione e la saluto cordialmente. Luciano Siciliano
ATTUALITÀ
MARIA GIOVANNA COGLIANDRO el 2011, insieme a un gruppo di genitori, giovani e disabili, Vincenzo Careri decide di realizzare a Locri un villaggio turistico destinato a persone con disabilità. “Oasi di Pace” avrebbe voluto chiamarlo. Il progetto prevedeva la realizzazione di 16 bungalow ecologici di 124mq in legno, attrezzati per accogliere persone disabili affette da diverse patologie, con stanze climatizzate singole e doppie, bagno, cucina e soggiorno, tutti dotati di telefono, tv satellitare, linea internet, frigo bar, sistema di allarme, cassaforte. All’interno del villaggio era previsto un ristorante di quasi 300 mq, un
N
bazar, un presidio sanitario, un’area giochi attrezzata per bambini e percorsi verdi senza barriere architettoniche e concepiti per agevolare la permanenza degli ospiti. Inoltre, erano previsti: servizio navetta da e per gli aeroporti di Reggio Calabria e Lamezia Terme, servizio ambulanza, sedute di fisioterapia, doposcuola per bambini, escursioni turistiche individuali o di gruppo, possibilità di fruire dei bagni e dei trattamenti termali presso il vicino stabilimento di Antonimina. Insomma, finalmente un esempio di turismo senza barriere che avrebbe garantito, tra l’altro, una trentina di posti di lavoro. Il villaggio non è mai stato realizzato perché a Locri non esisteva un Piano Spiaggia e senza un piano spiaggia che contemplasse un’area per disabili, il progetto non poteva partire.
Oggi il Piano Spiaggia c’è, peccato che però non preveda un’area disabili. Spesso ci riempiamo la bocca vantandoci di vivere in un territorio a vocazione turistica, sprigionando un orgoglio da delirio che ci scopre rintanati in un interregno felice dove non c’è posto per tutti. La vocazione turistica deve poterla vantare anche chi è stato meno fortunato di noi ma che, puntualmente, nel periodo estivo si sente maggiormente a disagio perché non può fruire di uno dei beni più apprezzati del nostro territorio: il mare. Nella Locride tutta è assai difficile per i disabili poter accedere alle spiagge libere e a buona parte degli stabilimenti balneari presenti, e ancor meno è possibile l’ingresso in acqua. Le persone con problemi
motori, infatti, non possono raggiungere agevolmente il bagnasciuga, e meno che mai provare l’ebbrezza di lasciarsi dondolare dalle onde. Un piano spiaggia oltre che considerarsi “a norma”, deve garantire l’accessibilità a tutti. “La zona dove sarebbe dovuto sorgere il villaggio – ci rivela Vincenzo Careri – diventerà spiaggia per cani”. Apprezziamo sinceramente la sensibilità dei progettisti e dell’amministrazione di Locri verso i nostri amici a quattro zampe, ci chiediamo, però, perché non sia stata dimostrata la stessa sensibilità anche nei confronti delle persone con bisogni particolari. Inoltre, ci fa notare Vincenzo, sul sito del comune, il Piano Spiaggia risulta incompleto, in quanto mancano i fondamentali elaborati della relazione, le norme di attuazione e il regola-
mento di gestione delle aree. “È pertanto impossibile per gli operatori e i cittadini avere informazioni precise sull’uso di quest’area strategica della città e, di conseguenza, esporre eventuali osservazioni o dubbi sulle scelte del piano stesso”. Il piano, secondo Vincenzo, presenta una rilevante carenza di trasparenza nella fase di “attuazione” delle scelte effettuate dalla pubblica amministrazione, che non ha garantito possibilità alcuna per i soggetti (pubblici e privati) portatori di interessi di poter incidere attraverso azioni di partecipazione e concertazione. “Questo indebolisce l’efficacia stessa del piano e la espone a rischio di estese contestazioni anche legali”. Ed è quanto Vincenzo Careri annuncia di fare non appena lasciata la nostra redazione.
Locri si dimentica
dei disabili? Vincenzo
Careri
avrebbe voluto che il mare fosse di tutti. Ha aspettato per anni un piano spiaggia affinché il suo progetto potesse decollare. Oggi il piano spiaggia c’è ma non c’è spazio per il suo progetto.
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PARTENARIATI
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LAGRANDEGIOIADI WALTER SCERBO, SINDACODI PALIZZICOMUNECAPOFILADEL PROGETTO HUBCULTURA, NONÈSTATA COMUNQUEESENTEDAUNPICCOLOGRANDE RAMMARICO: ILFATTODINONESSERERIUSCITO ACOINVOLGERETUTTIICOMUNIDELL’AREA METROPOLITANADI REGGIO.
A DAREL’ANNUNCIODELL’IMPORTANTE RISULTATOOTTENUTODALPROGETTOCON PALIZZICOMUNECAPOFILA, OLTREALSITO ISTITUZIONALEDEL MINISTERO, ÈSTATA DIRETTAMENTEILSOTTOSEGRETARIOCON DELEGAALTURISMO DORINA BIANCHI.
HubCultura
accede alle risorse europee ILPROGETTODIVALORIZZAZIONECULTURALECHEUNISCE 64 COMUNIDISTRIBUITISULLEPROVINCEDI REGGIO CALABRIA, CATANZARO E VIBO VALENTIAÈUNODEI 19 CHEACCEDERÀAI 5,6 MILIONIDIEUROSTANZIATIDALL’EUROPAPERIL PIANODI AZIONEE COESIONEDEL MIBACT. CLASSIFICATOSIIN 7ª POSIZIONE (PRIMODEIPROGETTI CALABRESI, HUBCULTURAMETTERÀINRETELEBELLEZZE ARCHITETTONICHE, ARTISTEESTORICHEDELNOSTROCOMPRENSORIO, AUMENTANDONEL’ATTRATTIVATURISTICA. Diciannove progetti di valorizzazione culturale presentati da Comuni e aggregazioni di Comuni del Sud Italia verranno finanziati con risorse europee pari a 5,6 milioni di euro provenienti dal Piano di Azione e Coesione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo 20072013. Si è così conclusa l’istruttoria delle proposte pervenute in risposta al bando del MiBACT per sostenere i costi delle progettazioni nell’ambito di progetti integrati di scala territoriale e locale orientati alla valorizzazione culturale. A stravincere, in una ipotetica classifica, è la Puglia, con sette progetti approvati. La Calabria fa meno, con tre progetti, ma tutti orientati sull’aggregazione dei comuni per la valorizzazione di aree vaste del territorio. «Tre progetti di valorizzazione culturale in Calabria sono stati ammessi a finanziamento dal Mibact - Ha annunciato in una nota Dorina Bianchi, sottosegretario al Mibact con delega al turismo - Sono progetti importantissimi per il rilancio del territorio e per aumentarne l’attrattività. «La Calabria, infatti, - continua il sottosegretario - è ricca di un ingente e pregiato patrimonio archeologico, culturale, storico e naturalistico che deve essere valorizzato e rilanciato con cospicui finanziamenti. Sole, mare, storia, natura e archeologia: abbiamo tutte le potenzialità per diventare una delle regioni più attrattive e sviluppare il nostro turismo». Tra i progetti calabresi che potranno accedere al finanziamento, alla posizione 7 della graduatoria stilata dal Ministero, c’è HubCultura: tra Jonio e Tirreno, Serre ed Aspromonte, per la valorizzazione integrata del patrimonio culturale, con comune capofila Palizzi e che interesserà direttamente la Locride. Nato dalla comunione d’intenti di diverse amministrazioni che hanno riconosciuto nel nostro vastissimo territorio patrimoni culturali a volte sconosciuti che richiedono valorizzazione e soprattutto visibilità in virtù della loro attrattiva su scala internazionale, il progetto fa convergere gli interessi di 64 Comuni ricadenti sulle province di Reggio Calabria, Catanzaro e Vibo Valentia, rappresentando, di fatto il più importante superamento della visione ristretta del primato comunale che sia mai stato registrato nella nostra Regione. Questa coalizione è nata dalla necessità di rispettare il vincolo della popolazione imposto dal Bando del Ministero dei Beni Culturali, che prevedeva che potessero partecipare Comuni o associazioni di Comuni con almeno 150mila abitanti. Mettere insieme Scilla, i Comuni della Vallata del Gallico, i 42 Comuni della Locride, il distretto delle Serre e quelli dell’Unione del basso Jonio Catanzarese si è rivelato il frutto di una visione strategica del territorio e ha permesso di attuare un approccio che è diventato il vero valore aggiunto dell’integrazione che evidenzia una spiccata capacità di coesione e condivisione. Il partenariato è stato inoltre qualificato dall’adesione del Segretariato Regionale dei Beni Culturali, del CNR, delle Diocesi, delle Università, degli Istituti Scolastici e delle Associazioni di categoria, Ambientali, Culturali e Turistiche, tutte consapevoli che il territorio interessato da HubCultura ha
una dotazione di risorse unica al mondo. HubCultura prevede l’attivazione di un luogo fisico e virtuale, da intendersi come strumento di programmazione e progettazione. avrà una dimensione di propulsione di strategie, metodologie, informazioni, opportunità, programmazione e progettualità. Il progetto si muove nella visione metropolitana, dando un contributo di competitività e attrattività alle aree di rilevanza culturale di evidenza strategica regionale. I 64 comuni aderenti a HubCultura hanno scelto di trasformare il patrimonio culturale in una reale leva di crescita economica e occupazionale sostenibile e inclusiva. «Alla scadenza del bando del Ministero dei Beni Culturali, lo scorso venerdì 20 gennaio, - ha affermato Walter Scerbo, Sindaco di Palizzi, Comune Capofila progetto HubCultura erano pervenuti al MiBACT 59 progetti dai partenariati costruiti nelle regioni ammissibili: Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. La Calabria ha prodotto nove proposte provenienti da partenariati locali che vedono capofila i Comuni di Castrovillari, Cassano, Cetraro, Cosenza, Crotone, Lamezia Terme, Palizzi, Reggio Calabria e Taurianova. «Il comunicato dell’Ufficio stampa - continua a raccontare Scerbo - elenca le 19 proposte progettuali selezionate e ammesse a finanziamento. Di queste, solo tre in Calabria, che, nella graduatoria, vedono quello proposto dal Comune di Palizzi primo in Calabria e settimo nella graduatoria generale, quello proposto dal Comune di Castrovillari, Transumanze culturali tra due parchi, secondo in Calabria e quindicesimo nella graduatoria generale e quello del Comune di Cassano Parco culturale della sibaritide terzo in Calabria e diciannovesimo nella graduatoria generale». La grande soddisfazione espressa dal Sindaco Scerbo, che ricorda come il vincolo della popolazione non rendesse così scontato il risultato conseguito da HubCultura, non resta comunque esente da rammarichi. «Dispiace che la Città Metropolitana, - ha infatti affermato il primo cittadino di Palizzi - nella sua interezza dei 97 Comuni, abbia perso la prima grande occasione su cui misurare la capacità di stare insieme, come unico organismo verso l’azione integrata di sistema. Purtroppo, si è andati disuniti e, quindi, sono stati presentati altri due progetti (oltre a quello che vede Palizzi capofila) da parte del Comune di Reggio Calabria con San Roberto e Sant’Alessio e gran parte dei Comuni dell’Area Grecanica e del Comune di Taurianova con quasi tutti i Comuni della Piana. Ciò mi rammarica per l’occasione perduta di mettere a sistema, finalmente, l’intero patrimonio culturale della Città Metropolitana. Auspico che si possa nel prossimo futuro farlo. Intanto, si inizia con HubCultura». L’impellenza delle realtà proponenti i progetti ammessi a finanziamento, adesso, è quella di rispondere alla chiamata del ministero per la firma di una convenzione che permetta loro di ricevere il denaro dei finanziamenti, impegno che dovrebbe essere adempiuto entro la fine di gennaio. a cura di Jacopo Giuca
CULTURA
Gaetano Catalani è il Poeta dell’anno! Lo seguiamo ormai da diversi mesi ma di assi nella manica, il dottor Gaetano Catalani, continua ad averne. Dopo un 2016 eccezionale, in cui i premi letterari da lui conseguiti con quella sana dipendenza per la poesia lo hanno fatto conoscere in tutto il Paese, anche il 2017 comincia nel modo migliore, facendogli portare a casa nei primi 25 giorni dell’anno il 1° premio al Concorso Nazionale di Cefalù e il tanto ambito 1° premio al Concorso Nazionale Poeta dell’Anno tenutosi a Quartu Sant’Elena a Cagliari. Per festeggiare questi nuovi immensi risultati, proponiamo questa settimana una poesia inedita del dottore, dal titolo che certamente vi ricorderà un classico della musica italiana.
Motocicletta...10 HP Giunge l’ora silente della notte, metafora di un gioco virtuale attorno al tempo, ai giorni e agli anni dove tenebre e gioie s’addensano. Un soffio, una folata, un solo attimo o forse un’eternità d’istante, resta l’ombra di uno sguardo incredulo accanto ai sogni infranti nella notte. Scende la pioggia con un canto amaro Confuso nel latrato di un randagio, c’è un’anima che vibra sull’asfalto mentre il libeccio risuona nel canneto. Una lugubre campana suona a morte sulle carezze e i pianti di una madre, sul dolore di chi ormai non ha chimere da affidare alle ali di un gabbiano. Un cielo sordo che più non ascolta, un Cristo che ci osserva, ma non vede, solo una foto, emblema di un ricordo ed un lenzuolo bianco sporco di sogni. Scende la pioggia, ma non canta più, solo la notte a volte urla e sibila sopra un dolore che piano si consola come un sospiro nel fruscio del vento.
Le opere dell'artista DiegoCataldo al Museo Limen diViboValentia Le opere dell'artista locrese Diego Cataldo tornano dopo qualche anno a partecipare al prestigioso Premio Internazionale Limen negli spazi del Complesso del Valentianum di Vibo Valentia entrando a far parte in modo permanente anche del Museo Limen creato e inaugurato insieme alla mostra dalla Camera di Commercio di Vibo Valentia. All'inaugurazione oltre al Presidente della camera di commercio Michele Lico anche i curatori e i critici Enzo Le Pera e Nicolas Ballario che si sono occupati dell'importante mostra scegliendo artisti di livello nazionale e internazionale. All'inaugurazione della mostra anche il Direttore del Polo Museale di Milano Domenico Piraina. La mostra che ha avuto un grande successo di pubblico è stata prorogata al 18 febbraio 2017, il nascente Museo Limen è una realtà
straordinaria di Arte Contemporanea in Calabria con artisti di fama internazionale e che ha visto già numerosi visitatori registrando anche un interesse attività nel percorso di Alternanza Scuola/Lavoro. L'artista locrese Diego Cataldo ormai noto negli ambienti artistici contemporanei si dimostra molto soddisfatto: “Ringrazio il presidente della camera di commercio di Vibo Valentia, i curatori della mostra e tutte le persone che hanno creduto nel mio percorso di riproposizione e ricerca, sono alcuni anni che mi sto dedicando ad alcune ricerche e mi esprimo con un linguaggio che mira al recupero dei materiali in disuso per ricontestualizzarli in un nuovo messaggio che mira a raccontare il senso delle cose o semplicemente la casualità della materia e dei suoi aspetti evolutivi/processuali. In realtà è la seconda edizione del Premio
Internazionale Limen, la prima nel 2013 dove facevo parte della sezione “Artisti Calabresi” con l'inaugurazione della mostra a cura del Critico d'Arte Philippe Daverio, oggi in quella della contemporaneità e in più oltre ad essere le mie opere in concorso, con grande soddisfazione, sono entrato a far parte del circuito museale del nascente Museo Limen che rappresenta un grande punto di riferimento nella rete museale calabrese nell'arte contemporanea.” Diego Cataldo, oltre ad essere uno degli artisti calabresi che rappresentano la scena artistica regionale, è anche Docente di Pittura al Liceo Artistico di Empoli (Firenze), le sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private, collabora con diverse gallerie d'arte ed è inserito in diversi volumi di arte contemporanea.
Sant’Ilario: Oggi pomeriggio lo spettacolo “Memorie”. Pierpaolo Levi ed Enzo dè ricordano la tragedia dell’Olocausto
Sabatoscorsola2ªedizione diUnapoesiapervolare Lo scorso sabato, presso l'Aula Magna dell'Istituto Tecnico Commerciale G. Marconi di Siderno si è svolta la 2ª edizione della rassegna di poesie ideata dal leader del movimento politico culturale Volo Giuseppe Caruso, sul tema Una poesia per volare. L’evento è stato dedicata ad Alda Merini, poetessa e scrittrice italiana di indubbio talento e artista che come poche è riuscita, con la poesia, a far vibrare corde profonde dell’anima.
Oggi pomeriggio, alle 18.30, nelle sale di Palazzo Speziali-Carbone, a Sant'Ilario dello Ionio (RC), nell'ambito delle manifestazioni per il Giorno della Memoria, uno spazio di riflessione e condivisione con lo spettacolo teatrale “Memorie” e la mostra fotografica di Deborah Cartisano. con il musicista Pierpaolo Levi e l’attore Enzo dè Liguoro: Le intramontabili melodie novecentesche di Ullmann e Klein, canzoni contemporanee, da Kurt Weill a Bixio, alla Piaf, e le testimonianze dei sopravvissuti al lager, da Primo Levi a Isaac B. Singer, nello spettacolo teatrale con il musicista Pierpaolo Levi e l’attore Enzo dé Liguoro, che ha visto un lungo tour calabrese in scuole, comuni e associazioni. In scena, le testi-
monianze dell’Olocausto, così sconvolgenti da sembrare irreali, accompagnate da musiche che ricreano il contesto storico ed emotivo dell’epoca in cui prese corpo il folle disegno nazista. “Memorie”, con la forza evocativa delle parole e della musica, pone l’attenzione sui diritti civili, sui valori assoluti di uguaglianza e libertà, contro ogni discriminazione, contro ogni forma di violenza. La mostra fotografica “Auschwitz, la memoria rende liberi” è la testimonianza per immagini di Deborah Cartisano: una galleria di scatti essenziali e drammatici, intenso documento dai luoghi dell’orrore. La manifestazione è organizzata dall’amministrazione comunale in collaborazione con la Pro Loco.
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La Fondazione Corrado Alvarocompie 20 anni Per valorizzare e approfondire criticamente l’opera di Corrado Alvaro, che è ormai entrato a far parte del patrimonio letterario del mondo intero, è nata ufficialmente il 24 gennaio 1997, dopo un lavoro strenuo ed annoso, la Fondazione omonima, ubicata a San Luca nella restaurata casa natale dello scrittore e patrocinata dal Comune, dalla Provincia e dalla Regione. Le tappe della realizzazione e della sua espansione sono state consegnate e scandite dalle cronache giornalistiche raccolte, per il primo decennio, in Una Fondazione in cammino: un caleidoscopio di eventi, giorni, volti e figure; ma anche un modo di sottrarre all’usura dei giorni, alla consunzione della memoria le tappe di questa esemplare avventura. Essa dimostra che è possibile sconfiggere una maledizione storica, è possibile creare cultura lì dove questo valore sembrerebbe
destinato a una vita soffocata. Nell’arco di un paio di anni la fondazione era già in grado di impiantare una mostra memorabile nel romano Teatro dei Dioscuri, presso il Quirinale; e poi di dar vita a seminari, convegni nazionali e internazionali, laboratori di scrittura creativa, di esportarlo nel mondo a Parigi, Berlino, Mosca, Salamanca, insomma le nazioni cui è legata la sua attività polimorfica di narratore, di giornalista, di intellettuale, di uomo di teatro, di traduttore, ma soprattutto di realizzare tredici edizioni di un premio postosi tra i più rilevanti nell’ambito italiano e ad una collana di «Testi e studi alvariani» che è di altissimo profilo scientifico. Grazie a coloro che hanno creduto nelle possibilità e nelle funzioni della Fondazione, essa celebra quest’anno il suo ventennale a pochi mesi dal sessagesimo della scomparsa dell’au-
tore, una coincidenza di tempi che ha consentito anche – grazie alla sensibilità del Presidente della Calabria Mario Oliverio – di dar vita ad una serie di manifestazioni, che si articoleranno sino al 10 giugno 2017 e che avranno il loro accento più alto in una sequenza di edizioni alvariane, che consentiranno di riproiettare lo scrittore verso i suoi interpreti ed il gran pubblico ed il mondo della scuola. Possiamo affermare senza iattanza, tutti noi della Fondazione, di non avere sprecato un solo euro di ciò che ci è stato dato dalle istituzioni per implementare la conoscenza di Alvaro nel mondo. Ed anche – orgogliosamente – di avere adempiuto per intero il mandato culturale che tutta una regione ci ha delegato nel suo nome. ALDO MARIA MORACE Presidente della Fondazione «Corrado Alvaro»
SPETTACOLO
Oggi escursione naturalistica a Mamola con il Parco Nazionale Aspromonte
Tutti cantano Sanremo?
È iniziato il programma escursionitico promosso dal Parco Nazionale dell’Aspromonte. Tutti i soci (l’iscrizione può essere effettuata in loco) si daranno appuntamento questa mattina, domenica 29 gennaio, a Mammola alle ore 9:30 o a Borgo San Todaro alle ore 10:00, per partecipare all’ Itinerario Naturalistico Paesaggistico ad Anello Crasto e Crasticegliu. Lo spettacolare panorama di cui si gode durante tutta l’escursione, è molto vario potendo la vista spaziare dal mare Ionio all’Aspromonte grazie anche al fatto che il percorso si svolge sulla cresta delle montagne e presenta relativamente poco dislivello tranne che nella prima parte che conduce alla cima del“Pianolo du Crasticegliu” in cui si coniugano gli elementi terra e aria. Il luogo era, fino agli anni Cinquanta, attivamente coltivato, anche nelle zone oggi impensabili, data la ripidità del terreno e la vicinanza con il mare. Alcuni scorci panoramici risultano arricchiti dalla vista di alcuni antichi centri storici, che nascondono piccole meraviglie, come Santo Todaro e Chiusa, che,fra i tanti presenti nel territorio, forse sono i più caratteristici. Il tempo dell’escursione sarà di 5 ore e mezzo, con un dislivello da 585 a 823 m slm
Sono un coacervo di sensazioni e non riesco a descrivere se il mio stato d’animo è basito, disgustato, esterrefatto. Di sicuro è che sono incazzato. Alla fine dei telegiornali Rai che descrivono il dramma che tanti connazionali stanno vivendo, puntualmente, come la cartella equitalia, arriva lo spot irradiato dalla televisione di stato. Animali che cantano “ Dimmi perché piangi, di felicità” seguono alle vere lacrime di dolore e disperazione dei sopravvissuti e dei familiari dei morti e dispersi. Alieni che, approdando sul suolo italico, cantano inneggiando alla “Terra promessa, un mondo diverso dove crescere i nostri pensieri, il nostro destino, il nostro futuro” seguono alle immagini dei barconi carichi oltre misura di tanti disperati in fuga dalle loro terre insanguinate e
martoriate. Mi sorge un dubbio: considerato che con il satellite i programmi Rai vengono diffusi in tutto il mondo, non potrebbe configurarsi il reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina? Ma, sanremo è sanremo. “Rappresenta un veicolo di promozione a livello internazionale dell’intero sistema Paese, una grande occasione per dare concretezza alla missione sociale del servizio pubblico radiotelevisivo” ha fatto sapere il vertice della Rai per giustificare il compenso di € 650.000 ( 100.000 in più rispetto al 2016, per un totale di 1.300.000) a Carlo Conti. Se avete tempo e voglia controllate gli stipendi dei vertici Rai che, però, partecipano alla campagna di solidarietà per la ricostruzione delle scuole nei paesi terremotati (quanta umanità con i nostri soldi,
sic). Finalmente mi sono tolto un dubbio. Ritenevo che la faccia abbronzata di Carlo Conti fosse dovuta all’abuso della lampada solare; mi sbagliavo, il colore bronzeo è totalmente naturale. Sono latore di una messaggio consegnato dal mio cane (lo sapete ai cani manca a parola). “ Noi della L.A.I.L.P. (acronimo per Lega Animali Italiani Libero Pensiero) ci DISSOCIAMO dallo spot irradiato quotidianamente ed a più riprese dalla Rai in quanto non intendiamo essere testimonial di pubblicità ingannevole”. Per correttezza debbo informare che il comunicato non è stato firmato dal rappresentante bovino, ma si sa che l’italiano è un popolo bue. Tonino Carneri
CULTURA E SOCIETÀ
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I FRUTTI DIMENTICATI
A CURA DI ORLANDO SCULLI E ANTONINO SIGILLI
Vicia Ervilia l. Fam. fabacee
Mavrafacì o lenticchia nera Di Bova ale varietà di veccia era ritenuta nell’area grecanica una lenticchia tanto che era denominata mavrafacì che significa lenticchia nera appunto, anche se nera non è ma piuttosto marroncina screziata da segni più scuri; essa ha una forma meno piatta rispetto alla lenticchia. Già nel periodo preistorico era avvenuta la sua domesticazione e ciò è stato evidenziato dalle indagini archeologiche in Turchia e nel Medio Oriente dove era stata utilizzata dall’uomo come alimento, in quanto sono state rinvenute tracce in diversi siti archeologici. Infatti l’area di diffusione nell’antichità comprendeva l’Iran, l’Iraq, la Siria, la penisola anatolica (attuale Turchia), l’Africa settentrionale, specialmente il Marocco, dove ancora cresce spontaneamente, mentre è sporadica la sua presenza in alcune regioni d’Italia. Attualmente viene piuttosto considerata ottima per allevare gli animali per i numerosi elementi nutrizionali che possiede; cresce con facilità nei terreni sciolti e poco profondi. Essa invece nella Bovesia era coltivata per l’a-
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limentazione umana ed era considerata ottima, preferita alla lenticchia vera e propria e fino agli anni 70 del novecento nelle contrade più isolate di Bova non mancava di essere coltivata da ogni famiglia che vi viveva: da Bricha a Cavalli e poi lungo i declivi orientati verso il mare raggiungeva Licofosso e poi addirittura Palizzi Superiore. Nel 1981, quando frequentai un corso di greco di Calabria a Bova Marina, tenuto dal poeta contadino Bruno Casile, di Cavalli di Bova, amico di tanti uomini di cultura, ellenici, che restavano estasiati quand’egli ospite in Grecia parlava la sua dolcissima lingua tanto vicina alla Katharevousa, la lingua depurata di tanti elementi popolari(opposta alla demotichì, la popolare, ora usata in Grecia) e più vicina a quella degli aristocratici che erano scappati dalla madrepatria di fronte all’avanzata islamica, seppe che la mavrafacì o la lenticchia nera di Bova, che in effetti era una veccia, era sul punto di estinguersi, al pari del Triminì il grano strategico delle annate piovose. Bisognava fare in fretta per evitare che ciò
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avvenisse, sensibilizzando quanto più gente possibile, specie i contadini che ormai cominciavano a disprezzarla considerandola il simbolo della fame e della povertà, il simbolo del passato quando essa per centinaia d’anni aveva sfamato migliaia di poveri, che addirittura mescolavano la sua farina con quella del grano per produrre un pane nero, pesante che saziava per molto tempo perché era difficile da digerire. Ora essi invece non la coltivavano più e finalmente potevano mangiare la vera lenticchia, che si poteva comprare e mangiare senza averla prima piantata ai primi di novembre, come avveniva per la mavrafacì che poi aveva bisogno di essere sarchiata al principio della primavera, poco prima che emettesse i suoi fiorellini candidi come la neve, poi aveva la necessità di essere protetta nelle sue esili piantine dagli attacchi degli uccelli ghiotti dei suoi fiorellini e dei rametti più teneri. Alla fine di maggio veniva strappata dalla terra prima che seccasse completamente, quando allora i suoi piccoli baccelli si aprivano facendo cadere i preziosi semi. Veniva poi raccolta in piccoli mucchi gravati da pietre per evitare che il vento portasse via la fatica di tanto tempo e la speranza di tante cene parche assieme ai figli e alla madre di essi, di fronte al fuoco rassicurante durante le piovose serate d’inverno, quando il vento di ponente portava verso la montagna le foglie delle antiche querce piantate dai profughi di Kasos. A giugno tutte le piante venivano accatastate su un pianoro e colpite fino alla triturazione, con pesanti bastoni di “Agrillei” (ulivi selvatici). Il vento aiutava a separare la paglia dai semi, lanciati in aria dal tridente di orniello. Ora sul mucchio dei semi veniva segnata una croce e i semi stessi della mavrafacì venivano misurati e finalmente portati a casa. Nel 2012, il medico Bruno Traclò, che venti anni prima aveva lasciato Bologna, con uno studio dentistico ben avviato, a favore della sua Bova, che aveva bisogno di essere amata come una tenera sposa, iniziò a operare per proteggere i beni tangibili e quelli intangibili della sua terra, cominciando prima a riesumare il rito delle Persefoni, poi a lottare contro l’estinzione del germoplasma del territorio, ma scoraggiato, mi affidò un chilo di Mavrafacì perché trovasse qualcuno che la salvasse dall’estinzione. Metà di essa fu affidata all’agronomo Thomas Varano di Borgia che cominciò a riprodurla, l’altra metà al dott. Florindo Rubbettino della nota casa editrice di Soveria Mannelli, che da tre anni la sta coltivando con successo nella sua serra a Soveria stessa. Ambedue stanno provvedendo al salvataggio della lenticchia nera di Bova, che per centinaia di anni ha contribuito a sfamare migliaia di cittadini, i cui discendenti ora, da ingrati, l’hanno cacciata dalla Chora tu Vua.
Ma quanto è brutta questa“Smart City”! La Smart City è una macchina, una sorta di città-computer nella quale l’hardware è costituito dagli edifici e dalle infrastrutture e il software dalla gestione digitale integrata delle comunicazioni immateriali. Insomma una città efficiente nel senso pieno della parola. Il problema si pone quando queste caratteristiche vengono considerate sufficienti a restituire qualità alla città. Una qualità urbana che discende meccanicamente dall’ “efficienza” farebbe pensare più alla distopia della Metropolis di Fritz Lang che all’utopia della Città nuova di Sant’Elia. PASQUALE GIURLEO PROBABILMENTE ARCHITETTO
In soli quarant’anni si è passati dai primi personal computer alle sofisticate macchine di oggi, dalle prime connessioni in rete alla comunicazione web planetaria. È opinione diffusa che la rivoluzione digitale sia solo all’inizio e che ancora molto cambierà nel nostro sistema di vita e di relazione. La retorica della Smart city nasce da qui. Dal concetto che le reti digitali opportunamente integrate e considerate come armatura strutturale, possano restituire alla metropoli contemporanea una dimensione equilibrata e sostenibile. Una città cablata come fonte di sviluppo. In realtà il termine Smart city ha assunto valori diversi, assegnati di volta in volta da discipline accademiche, interessi professionali, marketing aziendale e lobby di potere, che lo hanno orientato verso finalità non sempre convergenti. Quello che mi sento di condividere, tracciando una sorta di interpolazione tra le varie interpretazioni, è che la Smart city di fatto già esiste in episodi urbani circoscritti o in singole architetture, ampiamente controllate dalla domotica o da sistemi telematici. Non è utopia, è la teorizzazione di una realtà che si configura giorno per giorno. Potrà diventare una sorta di protocollo di progettazione o trasformazione urbana fondato sulla interattività e sulla comunicazione. Il fine sembra essere quello di risparmiare energia, migliorare la salute e la mobilità, rendere più efficienti i servizi e più produttivo il lavoro. Una macchina, una sorta di città-computer nella quale l’hardware è costituito dagli edifici e dalle infrastrutture e il software dalla gestione digitale integrata delle comunicazioni immateriali. Insomma una città efficiente nel senso pieno della parola. Fin qui è anche condivisibile. Il problema si pone quando queste finalità e queste procedure vengono considerate generatrici di forma architet-
tonica, ovvero quando si ritengono sufficienti a restituire qualità alla città. Entriamo nel dettaglio: nella Smart City gli spazi esistenziali della mobilità e della stanzialità saranno dotati di dispositivi di rilevamento sempre più sofisticati. L’automobile sarà monitorata nei suoi spostamenti e forse teleguidata dal satellite. Gli “elementi dell’abitare”, come il muro, il pavimento, la porta, il soffitto forse spariranno, evolvendosi in sintonia col sistema di sorveglianza globale. La casa, in mano alla domotica, si trasformerà in una cella sensibile automatizzata, piena di dispositivi come finestre automatiche che si possono aprire solo in determinati momenti della giornata; piani con sensori in modo che il cambiamento di posizione di una persona da verticale a orizzontale, possa essere automatizzato; il riscaldamento applicato alle persone, così da formare mantelli di scudo termico che deambuleranno con loro. E per risolvere l’irrinunciabile necessità di privacy, una gabbia di Faraday sarà la componente necessaria di ogni abitazione: una cella di sicurezza in cui ritirarsi per sfuggire al rilevamento digitale e al controllo. Tutto questo sembra più roba da fantascienza che effettiva proposta di innovazione dell’abitare e della città.
Questa retorica fornisce modelli facili, emozionali ed effimeri. Un sistema troppo scontato per rifondare quella fiducia nella tecnologia e nel progresso che la modernità aveva affermato e che oggi sembra perduta. Infatti la Smart City è comunemente rappresentata con immagini urbane di facile impatto o comunque suggestive. Di giorno con figure morbide e colori brillanti: il verde o l’arcobaleno dominano su immagini rassicuranti di una metropoli limpida e profumata, con alberi e boschi anche verticali, fiumi o laghi con vele, piste ciclabili e autostrade scorrevoli, nelle quali la stessa tecnologia è invisibile. Di notte invece si accendono le autostrade urbane innervate da fluidi luminosi che scorrono, in un incessante consumo di energia, tra policrome e altrettanto lucenti torri “intelligenti”. Giorno e notte così traducono la Smart City in un ossimoro pseudo ambientalista sospeso tra il rispetto per l’ambiente e lo sviluppo dell’elettronica. Sino a oggi il dibattito sulla Smart City, è stato promosso quasi sempre dalle grandi potenze della tecnologia digitale (il mondo ICT ,Information and Communication Technology), ha coinvolto imprenditori dell’edilizia, produttori di materiali, governanti e amministratori locali, ambientalisti, ricercatori e docenti di discipline informati-
che e tecnologiche, ma pochi architetti, in particolare pochissimi studiosi o progettisti della città. Un fiume di euro, oltre 70 miliardi, è stato canalizzato dal programma Horizon 2020 su macro temi importanti, all’interno dei quali, però, è difficile trovare spazio per veri progetti di rigenerazione architettonica e spaziale della città contemporanea. Sappiamo bene come la progettazione urbana sia entrata in crisi negli anni Novanta, quando, perdendo il controllo sullo sprawl nel paesaggio, non ha saputo riordinare il suo codice disciplinare nella trasformazione urbana (alla piccola scala) e nel governo del territorio (alla grande scala) in definitiva oggi la progettazione urbana non riesce a comunicare con la nuova dimensione tecnologica della metropoli. Il percorso di ricostruzione di un profilo condiviso della progettazione urbana sarà difficile e lungo ma è necessario pensarlo subito, per questo concludo con queste note indicando alcuni temi di discussione e di dibattito rivolto agli architetti, agli urbanisti, agli ingegneri e agli amministratori. 1. Costruire la città nuova trasformandola a “saldo zero”, ovvero tanto si costruisce quanto si demolisce. 2. Intervenire nel paesaggio per diradamento o densificazione, a seconda dei casi: tutela da una parte e completezza urbana dall’altra. 3. Lavorare nella città consolidata per rigenerazione e riciclo dell’esistente, nelle periferie per parti compiute e autonome. 4. Tornare sul sistema delle infrastrutture, che abbiamo studiato negli ultimi quindici anni anche nelle loro caratterizzazioni formali, accogliendo gli stimoli delle reti di cablaggio e comunicazione. 5. Accogliere nel progetto le indicazioni di nuovi tecnici e nuove tecnologie, seguendo il principio che la forma architettonica deve tornare a essere la sintesi delle diverse istanze disciplinari.
RIVIERA
Italiana verace Rievocando uno storico sketch dell’Albertone Nazionale, una ben più provocante Pamela Prati mostra fiera la sua veracità italiana “calandosi” la pasta direttamente a mani nude!
Il moro e la bionda Lele Nucera si concede una pausa dalle fatiche filmiche per farsi questa bella foto con l’amica Cinza Comisso.
Stanchi ma soddisfatti Il gruppo di lavoro di Lele Nucera sorride al nostro fotografo al termine di un’altra giornata di riprese per la produzione del corto della Birdland Production.
Alta chirurgia nella Locride All’Azienda Ospedaliera Sant’Agostino vi attendono professionisti del taglio unici al mondo. Interventi precisi e suture eccezionali sono alla base di una vasta scelta di tritati, filetti, petti, lombate, cosce e guanciali!
Professionalità a confronto Agostino Baggetta posa accanto a Pietro Fazzari. Per dovere di cronaca ci sembra doveroso informarvi che Fazzari è salito su uno sgabello per dimostrare che l’ingegneria è un disciplina più elevata dell’infermieristica.
Scatti di Serie A Provvedimenti inappellabili È comparso sul profilo Il progressivo calo di organico Twitter di Domenico al quale è purtroppo sottopoLogozzo questo bel tribusto l’ospedale della Locride to al Totò omonimo, genera mostri: ecco la “comuniprimo gioioso a giocare cazione di servizio” comparsa in Serie A negli anni ’60, recentemente su uno degli difensore di razza che ha sportelli di prenotazione del dato tutto durante la sua nosocomio. militanza in diverse squadre del BelPaese.
Punti di vista Il regista Vincenzo Caricari durante un momento di intensa discussione con Bernardo Migliaccio Spina. Artisti sempreverdi della Locride si confrontano su attualità e professionalità.
Reazioni ambivalenti Un corrucciato Ilario Ammendolia osserva il vuoto durante un confronto con una divertita Maria Teresa Fragomeni. È proprio vero che le barzellette non fanno ridere tutti!
Acque salate Ha generato (facile?) ironia sul web questo scatto dello chef della TV Cannavacciulo in compagnia del sindaco metropolitano Falcomatà. Secondo lo Statale Jonico, il pluristellato starebbe dicendo al primo cittadino che l’acqua dei rubinetti di Reggio è salata al punto giusto per la bollitura della pasta!
Ricercata compostezza Carnà della CIA e Lino Di Masi di Copagri iniziano in privato a discutere i termini per il nuovo Consorzio di bonifica. Fortuna che il nostro fotografo stempera la tensione.
Manco Crocodile Dundee Luca Pisciuneri sfoggia tuta mimetica e cappello a tese larghe all’australiana aggirandosi per Roccella, dimostrando di essere un cacciatore così esperto che Crocodile Dundee levati!
SETTIMANALE
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DOMENICA 29 GENNAIO
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Bartolini taglierà i costi di spedizione ora che la A3 è finita? el lontano 2015 questa testata lamentava il fatto che gli scaglioni di prezzo per le spese di spedizione penalizzano la Calabria in maniera pesante. Oggi, alla luce della dichiarazione del Premier Gentiloni che la SalernoReggio Calabria è stata completata, abbiamo condotto una veloce inchiesta sui prezzi del Corriere Bartolini. La prima difficoltà è trovare il numero: Bartolini sul sito non indica un ufficio stampa, non ha una vera e propria assistenza clienti, non inserisce il numero di telefono ma solo moduli di contatto relativi alle filiali di zona. Questo se lo possono permettere solo i potentati delle economie. Quando non accetti il contatto con il pubblico è perché sei tu a imporre le regole. Il numero l’ho poi trovato sulle Pagine Bianche: al telefono mi risponde una ragazza con marcato accento bolognese e vocali apertissime, già infastidita in partenza. Presentandomi come una semplice cliente di un negozio di alimentari a Milano, ho chiesto se fosse vero quanto dettomi dalla proprietaria, che le tariffe per la spedizione sarebbero scese visto che la Salerno-Reggio Calabria è finita (ovviamente un machiavelletto di mio conio). Quasi sputando la ragazza risponde: “Non del tutto finita!”, e subito tronca la comunicazione passandomi la filiale di zona. Stavolta mi risponde un solido reggino, rimasto interdetto dalla domanda: “Ma è vero che abbasserete i prezzi delle spedizioni dato che la Salerno-Reggio Calabria è finita?”.
N
Dopo pochi secondi di silenzio sovrannaturale, il giovane mi risponde: “Ma scusi, signora, lei di dov’è? Perché ha telefonato alla filiale di Reggio?”. Avrei voluto rispondere che bisogna vivere perlomeno su Plutone, per non vedere con i propri occhi che l’autostrada è monocorsia in molti punti, e che se lo sa la centralinista della Bartolini, non poteva non saperlo anche Gentiloni. E senza disturbare Aristotele è facile dedurre che Gentiloni è un gran bugiardo. Ma continuando la mia interpretazione di signora un po’ dura di comprendonio dico: “Ma il negozio di Milano da cui ritiro la merce mi ha detto che devo pagare di più euro perché vivo in Calabria, perché noi abbiamo le strade rotte!”. A quel punto il signore al telefono inizia a spazientirsi e mi dice di avere a disposizione un minuto per cliente e che con me ne ha sprecati quattro (un minuto per cliente? Che razza di assistenza è, mi chiedo). “Ma lei ancora non mi ha risposto!” piagnucolo. “Signora, sono quattro minuti che glielo sto dicendo, e ora cinque: Bartolini non fa scaglioni di prezzo diversi per la Calabria!”. Bene, mi dico. Allora, per tornare ad Aristotele: chi mente? Bartolini a cui devo dai 9 ai 15 euro per un collo proveniente da Milano, la proprietaria del negozio che differenzia le tariffe, magari perché è un filino razzista o perché anche lei stritolata dello strapotere dei corrieri, o Gentiloni? O tutti e tre? Corollario: con tutta questa benzina che va via, tutta la plastica che c’è in giro, noi sul serio dovremmo credere che il petrolio sta finendo? L. Z.