Riviera n° 15 del 9/04/2017

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CONTROCOPERTINA

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DOMENICA 09 APRILE

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Pasqua: Siderno cala la sua“Fiesta” LUNEDÌ DI PASQUETTA IL PIATTO FORTE: SGUTA E CONCERTO DEGLI ETNO SOUND Si chiamerà Fiesta, Siderno@festival. Si parte sabato e si chiude lunedì di Pasquetta. Tante le sorprese, tantissimi gli organizzatori che parteciperanno all’evento al fianco del Comune di Siderno e del Consorzio Bridge Erasmus+, principali organizzatori della tre giorni pasquale. La prima edizione vuole essere, appunto, una festa un po’ a sorpresa, a partire dalla scenografia. Per adesso sveliamo alcuni momenti che, insieme a quelli religiosi, rappresentano i pilastri della kermesse: nella serata della Domenica Santa la Colombella Pasquale, Lunedì di Pasquetta la Sguta al bergamotto, il Raduno dei Giganti calabresi con suonatori a seguito e il concerto dei super gettonati Etnosound. Non mancheranno i momenti culturali, a partire dalla prima giornata, verso il futuro, tra la fede di molti e la voglia di staccare la spina in altri. E non mancheranno gli artisti indipendenti, né gli sketch di cabaret in ordine sparso lungo il pulito Corso principale di una città che, specie nei weekend, soprattutto per merito degli operatori commerciali, sta nuovamente attraendo, numeri alla mano, quel turismo prossimo che l’ha resa leader a livello provinciale durante gli indimenticabili anni ’80/’90. C’è fiducia, stima di sé, sguardo lungo in gran parte dei commercianti sidernesi, e questo per chi amministra è pappa reale. È Fiesta. Ercole Macrì, Assessore Eventi e Turismo Comune di Siderno

Grande successo a Siderno del convegno “Turismo Verde - L’economia sotto i piedi” L'economia sotto i piedi, Turismo Verde, il primo convegno organizzato dal GAL Terre Locridee, si è tenuto ieri, mercoledì 5 aprile, alle 18:00, presso la Sala del Consiglio Comunale di Siderno, - Ad aprire i lavori del convegno Francesco Macrì Presidente del GAL Terre Locridee con la testimonianza di Sarà Borello, vice capitano dello Sporting Locri, che ha ringraziato il Presidente del GAL per aver organizzato un evento per coinvolgere tutta la cittadinanza locridea a prendere parte ai lavori per la realizzazione di un cammino condiviso. Il tema all'ordine del giorno è stato illustrato dal direttore della rivista Trekking e Vice Presidente Nazionale Feder Trek Italo Clementi, che ha indicato la Calabria come la migliore Regione d’Italia in cui fare trekking e ha spronato il GAL affinché collabori con gli enti turistici per sviluppare il grande potenziale che la nostra regione possiede in tale ambito e ha chiuso l’intervento affermando: «In Calabria il cammino diventa viaggio e chi cammina è un viaggiatore». Hanno dunque preso la parola il Presidente della F.I.S.E. Calabria Roberto Cardona e Roberta Cardona, capo dipartimento del marketing e comunicazioni Fise Calabria, che hanno invece presentato una proposta progettuale tendente alla creazione di una rete sentieristica, una ippovia che si snoda lungo tutta la Calabria, per ritrovare l’atavico legame che l'uomo dovrebbe possedere con la natura. In seguito ad alcuni brevi interventi da parte del pubblico, le conclusioni sono state affidate al Presidente Ente Parco d'Aspromonte Giuseppe Bombino, che ha sottolineato la bellezza della nostra terra, l’importanza della salvaguardia del suo patrimonio naturalistico attraverso l’impegno delle associazioni e dei giovani e ha chiuso il proprio intervento affermando che la Calabria non deve essere solo terra di turismo: «I turisti vadano a Rimini. La Calabria deve ospitare esploratori e intellettuali intenzionati a conoscere davvero una terra meravigliosa». Durante i saluti finali, il Presidente Francesco Macrì ha invitato i presenti a prendere parte attivamente ai lavori che il GAL Terre Locridee avvierà per avviare un cammino fatto di proposte progettuali concrete basate sulle reali peculiarità del territorio.

MUSABA: un perfetto pesce d’aprile diventa occasione di riflessione

Il migliore Pesce d’Aprile registrato lo scorso fine settimana sul nostro territorio è certamente quello organizzato da Nik Spatari e Hiske Maas. Approfittando di un’inaspettata chiusura del MUSABA da loro gestito nella giornata di giovedì, i due artisti hanno fatto realizzare un ottimo fotomontaggio nel quale sono ritratti in compagnia dei reali d’Olanda, Re Guglielmo Alessandro e la consorte Máxima Zorreguieta a testimonianza di una visita d’eccellenza che ha ridato lustro e attenzione al museo mammolese. La foto, infatti, non ha tratto in inganno solo gli utenti di Facebook, social attraverso il quale è stata diffusa la notizia, ma anche nostri illustri colleghi, come quelli del Corriere della Calabria, che hanno dato la notizia per vera sottolineando quanto fosse paradossale che il MUSABA ricevesse la visita dei reali stranieri continuando invece a essere ignorato dai nostri amministratori. Una considerazione che, al di là della visita inventata, centra una grandissima verità e che non possiamo fare a meno di condividere.


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ATTUALITÀ

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Le“Eccellenze del Gusto” della Riviera dei Gelsomini alla BIT Milano 2017 Si è appena conclusa l’edizione 2017 della Borsa Internazionale del Turismo, che raccoglie operatori turistici, agenzie viaggio, travel blogger, appassionati di viaggio e stampa. Grande apprezzamento per le iniziative messe in campo dalla Regione Calabria per la promozione del brand regionale e dei vari attrattori all’interno di specifici sistemi territoriali. Uno di quelli più apprezzati è stato quello della Locride, rappresentato da numerose realtà anche associative che hanno dimostrato che il lavoro sinergico degli operatori locali è determinate per rappresentare i punti di forza della nostra offerta turistica e culturale. Presente all’interno degli spazi messi a disposizione dalla Regione per il Consorzio degli albergatori Jonica Holidays anche il Centro Servizi

Turistici della Locride, attraverso l’iniziativa di valorizzazione delle “Eccellenze del Gusto”, ovvero la presentazione di alcune tra le migliori realtà dell’enogastronomia e della ristorazione di qualità della Locride. Oltre alla presentazione dei beni culturali e delle risorse paesaggistiche e naturalistiche del territorio, si è puntato questa volta a far emergere anche la ricca e ormai famosa tradizione culinaria della Calabria. Un successo l’evento di degustazione coordinato dalla Jonica Holidays che ha offerto a un pubblico selezionato di operatori turistici nazionali e internazionli le tipicità gastronomiche selezionate dal Centro Servizi Turistici. A dimostrazione che il lavoro di rete tra istituzioni, associazioni e privati verso un unico obiettivo è sempre vincente.

La Bcc di Cittanova sciolta per infiltrazione mafiose La Banca d'Italia, con provvedimento del 31 marzo 2017, ha disposto lo scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e di controllo della Banca di Credito Cooperativo di Cittanova e la sottoposizione della stessa alla procedura dell'amministrazione straordinaria. È quanto si legge sul sito dell'istituto di credito. All'origine della misura ci sarebbe non il dissesto dei conti della banca ma la sospetta infiltrazione della criminalità organizzata. Con il medesimo provvedimento, spiega ancora il comunicato, sono stati nominati commissari

L

I dato rea e

straordinari, Claudio Giombini e Nicola Marotta, e componenti del Comitato di sorveglianza, Ferruccio Auletta, Giovanni Mottura e Adriana Petti. La gestione della Banca è da adesso affidata agli organi straordinari, che si sono insediati il 3 aprile scorso e che opereranno sotto la supervisione della Banca d'Italia. L'adozione del provvedimento di amministrazione straordinaria non comporta alcuna interruzione dell’attività, pertanto la clientela potrà continuare a operare presso gli sportelli della stessa.

di Franco Crinò

I poveri stanno a zero a energie, a contestare tutto con forza è la classe media (che è diventata più povera). Ogni errore di chi governa oggi avvantaggia i populisti. Fermo restando che i populisti si sono fatti partito, oramai. C'è la provocazione di Berlusconi "Populista sono io" e la prevaricazione di Grillo "Tutti all'infuori di me sono da buttare". I delusi del centrodestra votano Grillo, chi si sente in crisi “abbandonica" dal PD vota Grillo, tanti sessantottini lo fanno, hanno un'altra occasione per attaccare capitale e borghesia. Grillo attacca TV e giornali, politica governante, i ricconi pirati (lui, il Garante del Movimento non se la passa affatto male a Dinae). I populisti se la giocano dentro il sistema, non perdono tempo a parlare di rivoluzioni. Di solito se ne fregano dei sondaggi, se poi sono dati in testa, come lo è Grillo, possono pensare per tempo a prepararsi per le responsabilità di governo, sperando (per l'Italia) che il brutto inizio di Roma non venga replicato. Le elezioni francesi ci diranno dell'altro sui "populismi" e su Marine Le Pen. In attesa delle elezioni italiane, il cui risultato andrà ovviamente riconosciuto, sul Web si scatenano (finalmente) i pareri di chi non riusciva a parlare. Mettiamo però che, tra gli "imbecilli" che indicava Eco e gli opinionisti che giocano per sé stessi, esistono quelli che ragionano sui problemi, sul voto e sugli effetti. In medicina si arriva a una diagnosi certa, a dire qual'è la malattia, è la prognosi incerta, perché dipende dallo sviluppo della malattia, è lì che c'è un margine per collocare la speranza. Nella politica di oggi abbiamo la certezza della profonda indignazione che c'è nel Paese, ma non è certo chi possa vincere le elezioni. Quelli che considerano ineluttabile la vittoria di Grillo non devono fare ricorso a una legge elettorale adatta allo scopo, ammesso che esista, devono pensare come uomini che risolvono i problemi e fanno superare l'indignazione. La speranza è questa, che "fioriscano gli uomini", come si augurava in punto di morte Giuseppe Massarenti (lo citava spesso Montanelli), un sindacalista socialista perseguitato dal fascismo.

Populisti? basta che funzionino

GIUDIZIARIA

Alcune fonti di prova“atipiche” L’utilizzabilità quale fonte di prova delle video riprese in luoghi pubblici o aperti al pubblico è sancita dalla “giurisprudenza di legittimità”, che qualifica come prova atipica disciplinata dall’art. 189 c.p.p. le videoregistrazioni di condotte non comunicative nel corso delle indagini preliminari anche se disposte senza autorizzazione del giudice poste in essere in luoghi pubblici e/o aperti al pubblico. Infatti, secondo la giurisprudenza di legittimità, “Sono legittime le videoriprese, eseguite dalla polizia giudiziaria, in assenza di autorizzazione del giudice, mediante telecamera esterna all’edificio e aventi per oggetto l’inquadramento del davanzale della finestra e del cortile dell’abitazione, trattandosi di luoghi esposti al pubblico e, pertanto, oggettivamente visibili da più persone. Ne deriva che, in virtù di detta percepibilità esterna, non sussiste alcuna intrusione nella privata dimora o nel domicilio e non sussistono, pertanto, le ragioni di tutela sub specie di diritto alla riservatezza o alla privacy, ad essi connesse, potendosi, in tal caso, sostanzialmente equipararsi l’uso della videocamera ad una operazione di appostamento, eseguita nei limiti dell’autonomia investigativa, senza alcuna necessità di autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria” (Cass. Sez. IV, Sentenza n. 10697 del 24.1.2012). Poiché tali servizi di video riprese sono stati tutti autorizzati dal GIP o disposti d’urgenza dal PM (con successiva convalida del GIP nei termini previsti per le intercettazioni telefoniche e/o ambientali) i relativi esiti “sono utilizzabili anche con riferimento a comportamenti comunicativi registrati comunque in luoghi pubblici e/o aperti al pubblico, in quanto l’inutilizzabilità riguarda solo le video riprese effettuate all’interno del domicilio o della privata dimora (Cass. Sez. Unite Sentenza n. 26795 del 28.3.2006; Corte Cost. Sentenza n. 135 del 2001)”. L’indagine della Dda reggina si è avvalsa anche di intercettazioni di conversazioni e/o comunicazioni tra presenti attraverso l’utilizzo di captatori informatici (cc.dd. Trojans) inoculati in dispositivi elettronici portatili (PC, Tablet, Smartphone) la cui utilizzabilità nell’ambito dei procedimenti che, come il presente, riguardano reati inclusi nell’elenco previsto dall’art. 51 co 3 bis c.p.p. è stata sancita dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 26889/16 che ha espresso i seguenti principi di diritto: “deve escludersi la possibilità di compiere intercettazioni nei luoghi indicati dall’art. 614 cod. pen., con il mezzo indicato in precedenza, al di fuori della disciplina derogatoria per la criminalità organizzata di cui all’art. 13 d.l. n. 152 del 1991, convertito in legge n. 203 del 1991, non potendosi prevedere, all’atto dell’autorizzazione, i luoghi di privata dimora nei quali il dispositivo elettronico verrà introdotto, con conseguente impossibilità di effettuare un adeguato controllo circa l’effettivo rispetto del presupposto, previsto dall’art. 266, comma 2, cod. proc. pen., che in detto luogo «si stia svolgendo l’attività criminosa». E ancora: «È invece consentita la captazione nei luoghi di privata dimora ex art. 614 cod. pen., pure se non singolarmente individuati e se ivi non si stia svolgendo l’attività criminosa, per i procedimenti relativi a delitti di criminalità organizzata, anche terroristica, secondo la previsione dell’art. 13 d.l. n. 152 del 1991». Infine: «per procedimenti relativi a delitti di criminalità organizzata devono intendersi quelli elencati nell’art. 51, commi 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen. nonché quelli comunque facenti capo a un’associazione per delinquere, con esclusione del mero concorso di persone nel reato».



LUOGHI COMUNI

Un guardiano della legge fa più paura di un boss Se anzichè la figlia di un boss, a togliersi la vita fosse stata la figlia di un agente o di un avvocato corrotto, ci saremmo azzardati anche solo a ipotizzare che dietro l’insano gesto ci fosse la vergogna per la propria stirpe?

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO Chi l’altro giorno, commentando il triste suicidio di una ragazza di 25 anni (il cui tuffo nel vuoto sarebbe dovuto all’insostenibile pesantezza di un cognome), ha dichiarato che “siamo tutti colpevoli” è lo stesso che non molto tempo prima ha affermato che “nel territorio di Reggio Calabria vi è una popolazione totalmente soggiogata dalla forza di intimidazione della ‘ndrangheta”. Lo stesso che in un’altra occasione sostenne che la ‘ndrangheta non è considerata una priorità: le si riservano poche attenzioni, ne meriterebbe di più. Ma continuando a parlare di ‘ndrangheta, del suo sconfinato potere, della sua forza-sopra-ogni-cosa, soggiogante, paralizzante, quanti giovani ancora si toglieranno la vita (ammesso che sia stato il peso di un cognome ad aver spinto Maria Rita al gesto estremo)? Quanti crescendo si renderanno conto di essere nati con la “fedina sociale” sporca? Quanti continueranno a isolare un giovane nonostante abbia scelto di redimersi dalla schiavitù di un peccato originale che gli è stato cucito al posto dell’ombra? La magistratura e le forze dell’ordine - buona parte della magistratura e delle forze dell’ordine - svolgono un ruolo eccezionale ma perchè si possa confidare senza riserve in chi fa rispettare la legge, bisognerebbe che toghe e divise si

premurassero di liberarsi della polvere nascosta sotto i propri tappeti. Era stato lo stesso procuratore Federico Cafiero De Raho a rivelare che alcuni appartenenti infedeli alle forze dell’ordine hanno permesso a un indagato di ‘ndrangheta di scoprire le microspie che consentivano le intercettazioni in casa sua. Ed era stato un avvocato ad aver manipolato alcuni pentiti di ‘ndrangheta per screditare Nino Lo Giudice (zio di Maria Rita tra l’altro) collaboratore di giustizia che aveva accusato i magistrati Alberto Cisterna e Franco Mollace di fare il gioco delle cosche, con la complicità di alcuni giornalisti vicini agli stessi magistrati. Se il figlio di quell’agente o il figlio di quell’avvocato si fosse tolto la vita dopo aver scoperto che chi l’aveva cresciuto, secondo sani principi, aveva bluffato, ci saremmo azzardati anche solo a ipotizzare che dietro l’insano gesto ci fosse la vergogna per la propria stirpe? No, che non l’avremmo fatto. E non ci saremmo azzardati neppure ad alzare il sipario sulla sua vita privata com’è stato fatto, invece, con Maria Rita, della quale qualcuno si è addirittura spinto a delinearne un profilo psicologico dopo aver sbirciato sul suo profilo facebook. Con il figlio dell’agente o dell’avvocato non ci saremmo permessi perchè oggi un guardiano della legge è in grado di far molta più paura di un boss. E fa così paura perchè ci sono stati casi in cui certi guardiani hanno avuto il potere di decidere cosa farne di quel boss,

se redimerlo perchè poteva tornar loro utile o se infangarlo proprio quando gli era saltato in mente di redimersi. Finchè i guardiani sani non si sbarazzeranno dei guardiani guasti, la lotta alla ‘ndrangheta che proclamano di portare avanti non sarà credibile. E certo che siamo tutti responsabili. Ma voi che dovreste ristabilire la legalità e la fiducia nella legalità lo siete un po’ di più. Nel frattempo la ‘ndrangheta continua a ingrossare le sue fila, crescendo e rigenerandosi, trascinandosi dietro chiunque incontri al suo passaggio e non abbia il coraggio, la voglia o l’interesse di opporvisi. Una torre di Babele in cui si parla una sola lingua: quella del potere. Una torre formata da strati senza fine che si alza e si perde all’infinito per poi scendere e invischiarsi fino alle viscere della terra. Quando risucchia nelle sue onde, quella spirale diviene un labirinto. Non c’è nè tetto nè fondo, nè riparo nè ritorno. Ogni giorno numerosi visitatori vi accorrono. Alcuni ne restano affascinati e finiscono per affittarne anche solo un vano, per poi magari un giorno acquistarlo e affittarlo ad altri. Pochi riescono ad uscirne una volta entrati e nel loro piccolo contribuiscono a tirarla a lucido. Altri vi si affacciano ogni tanto per accertarsi che tutto proceda per il meglio ma proclamandosi fuori dai giochi. Perchè se si chiude bottega, restano fuori tutti: non ci sarà più potere, vanagloria, smania, nè tanto meno promozioni e avanzamenti continui di carriera.

La metamorfosi

Dal 6 aprile 2007 la 'ndrangheta non spara più nemmeno a Capodanno. Si tratta di un successo investigativo che ha assestato un duro colpo ai “cumpari”di Siderno o di una scelta precisa della criminalità organizzata?Quel che è certo è che la 'ndrangheta continua a ingrossare le sue fila, crescendo e rigenerandosi, trascinandosi dietro chiunque incontri al suo passaggio e non abbia il coraggio, la voglia o l'interesse di opporvisi. Una torre di Babele in cui si parla una sola lingua: quella del potere.

di Mastros

Da eroi a criminali, l’am ILARIO AMMENDOLIA Cento anni fa la “Copertina della Domenica” è stata dedicata all’eroismo dei giovani calabresi irreggimentati nella “Brigata Catanzaro”. Già nel 1917 di quei ragazzi circa la metà erano morti e la Calabria pagava un tributo di sangue sconosciuto a molte altre regioni del Regno d’Italia! Nella primavera, il più autorevole settimanale italiano indicava i calabresi come dei combattenti coraggiosi, capaci di andare all’assalto delle postazioni nemiche sfidando la morte. È evidente che ancora nell’opinione pubblica non era passata la vulgata dei calabresi “criminali”, mafiosi, indolenti e meschini. Anzi , nella letteratura nazionale, eravamo descritti come lavora-

tori tenaci, combattenti coraggiosi (sia pur briganti), abituati a una esistenza spartana ed essenziale. E infatti dei seimila fanti della brigata Catanzaro, più volti decorati in battaglia, i più morirono sotto il fuoco delle mitraglie “nemiche”, altri nelle trincee dove nei mesi piovosi l’acqua era alta un metro; altri ancora per i patimenti, i pidocchi, il tifo, la dissenteria e la fame. Ma ci fu un momento in cui i “nostri” poveri fanti si rifiutarono di essere trattati come bestie. Successe il 15 luglio 1917, la brigata Catanzaro era di stanza a Santa Maria La Longa per un periodo di riposo dopo 40 giorni passati in prima linea sul fronte del Carso. Erano soprattutto calabresi e siciliani e si trattava di ragazzi strappati ai campi e considerati dai comandi meno preziosi di una pallottola. Il periodo di riposo di cui la brigata avreb-

be dovuto godere venne anticipatamente interrotto e i soldati, già provati dalla durezza degli scontri, ricevettero l’ordine di tornare in prima linea. Un ordine che era un invito al suicidio collettivo tanto da indurre molti di loro a ribellarsi. Fu una rivolta disperata, ingenua e senza speranza! E infatti contro di loro furono mandati un numero quadruplo di militari e carabinieri armati di tutto punto che li costrinsero presto alla resa. La mattina dopo, 28 soldati, di cui 12 sorteggiati all’interno della 6ª compagnia del 142°, furono allineati presso il muro del cimitero del Paese e fucilati alla schiena. Gli ultimi superstiti furono sbattuti in prima linea, sotto scorta armata venendo puniti durante il viaggio con altre 10 fucilazioni sommarie. I fucilati non furono sepolti ma scaraventati in una foiba.

L’Italia fu l’unico Paese tra le potenze occidentali in cui era concessa ai comandi la decimazione dei propri soldati. Un soldato ogni dieci veniva messo al muro, e la vita di molti ragazzi veniva affidata al mero sorteggio. È la nostra storia anche se sui libri di testo non troverete neanche un accenno agli omicidi legali, ai processi farsa dei tribunali militari, alle fucilazioni vere contro i poveri fanti. Vergogna e ignominia per i responsabili dei vergognosi eccidi. Onore e rispetto per quei poveri contadini meridionali caduti senza colpa! Ho ripensato alla storia della brigata Catanzaro, leggendo il bel libro del piemontese Lorenzo Del Boca “Il sangue dei terroni” e sono sempre più convinto che noi dovremmo avere il diritto alla verità e alla conoscenza che ci è stato sempre

negato. Afferma Del Boca: “Figli del Meridione…lavarono con il loro sangue le pietraie del Carso ed i dirupi dell’Altopiano….Si sacrificarono per gli interessi di quelle élite economiche che sfruttavano la loro terra, succhiandone le energie e rapinandone le risorse, e per il tornaconto di una classe politica che li trattava con ferocia e disprezzo...Vennero massacrati sull’Isonzo e a Caporetto, combatterono con disperazione e con valore su Piave, lanciati da ufficiali balordi e criminali contro un nemico che non conoscevano e che non avevano motivo di odiare. Conobbero la paura e la morte, l’eroismo. Erano i nostri nonni, i nonni del nostro Sud. L’esercito dei terroni!” Oggi i terroni sono stati degradati a criminali. Non si capisce la realtà odierna se non si


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Si può parlare di successo investigativo che ha assestato un duro colpo ai “cumpari” di Siderno e non solo. Basti pensare alle operazioni “Crimine”, “Recupero”,“Falsa Politica”, che, pur con qualche abbaglio, hanno messo in crisi l’organizzazione ‘ndrangheta che ha spostato la sua base operativa oltre Oceano.

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Dieci anni senza omicidi a Siderno A Siderno, la ‘ndrangheta non spara dal 6 aprile del 2007, dal giorno in cui morì Rocco Alì, assassinato a colpi di fucile. Un caso? Una scelta precisa della criminalità? Una vittoria delle Forze dell’Ordine? Difficile dare risposte certe a queste tre domande ma probabilmente tutti e tre gli interrogativi sono validi, e a tutti e tre i quesiti si potrebbe dare la stessa risposta: si! Non solo, seguendo l’evoluzione della criminalità nel tempo, specialmente nella Locride, si è visto come sono esistiti spesso lunghi periodi senza clamori criminali, periodi dettati dalla riorganizzazione dei ranghi interni alle cosche dovuta alla decisa risposta dello Stato. E su questo punto, pochi giri di parole e pochi fronzoli, un plauso va a Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza che hanno supportato la magistratura nell’azione di contrasto ai clan, azione che dall’ottobre del 2005, data dell’omicidio di Franco Fortugno, è stata dura, costante e violenta. Già perché il delitto Fortugno ha segnato senza dubbio un cambio di passo e di rotta nella presenza e nell’atteggiamento delle Forze dell’Ordine nella Locride. Dunque si può parlare di successo investigativo che ha indebolito e assestato un duro colpo ai “cumpari” di Siderno e non solo. Basti pensare alle operazioni “Crimine”, “Recupero”, “Falsa Politica”, e diverse altre, inchieste che, pur con qualche abbaglio, hanno messo in crisi l’organizzazione ‘ndrangheta che ha spostato la sua base operativa oltre Oceano, in Canada, e lì ancora si spara, eccome. E dunque se lo Stato bastona e in un certo qual modo vince la ‘ndrangheta, che alla fine fessa non è, reagisce. Infatti tra le linee dei clan ci sono una moltitudine di barbari e rozzi personaggi, ma le teste pensanti che

hanno il comando e una visione lucida sanno che spingersi troppo oltre è controproducente e dunque la reazione è il silenzio. Poco clamore, poco rumore, il più invisibile possibile. Che non vuol dire assenza di pericolo. Il pericolo c’è ma si vede poco. E quindi il non uccidere non è un comandamento imposto dall’Altissimo, ma una scelta precisa dettata dalla necessità di calma piatta. Dunque il caso vuole che a Siderno gli omicidi si sono fermati da un decennio, per il bene del paese e dei cittadini onesti. Anche perché mancavano solo gli omicidi, dopo anni di commissariamento che ha azzerato la vita politica e sociale ed una alluvione che ha portato via un pezzo di paradiso in riva al mare. Ora che a Siderno ancora ci siano persone che credono che la “cristiananza” sia un valore è fuori di dubbio, ma, fatta slava qualche eccezione, gli ultimi dieci anni a Siderno hanno portato via una di quelle abitudini fastidiose e ridicole che avevano contrassegnato gli anni addietro: lo ‘nnacamento. Quel fenomeno primordiale di sub cultura che alla fine è stato il vero male di questo paese che vorrebbe risollevarsi ma non ha ancora la forza per farlo. L’unica via di uscita è un altro decennio di calma piatta ed un lungomare nuovo. Il profumo di gelsomino in via marina, l'aria calda del Corso, e le processioni. I gelati, le vetrine illuminate dei negozi, e l'alba una sera d'agosto, e poi il tramonto. Un lungomare senza spazio per la folla, le luci, i panini a Porto Salvo e i clacson. Un mare azzurro e brillante. Ciao, Co, Ciao Ro, i miei amici di infanzia... Però... quanto è bella Siderno! Vladimir Condarcuri

L’ultimo omicidio è quello di Rocco Alì È DI NUOVO SANGUE A SIDERNO. UN GIOVANE, ROCCO ALI, È STATO ASSASSINATO A COLPI DI ARMA DA FUOCO NEI PRESSI DEL CENTRO COMMERCIALE LA GRU, POCO FUORI CITTÀ. SULLE MODALITÀ DELL’OMICIDIO STANNO INDAGANDO GLI INQUIRENTI. UN OMICIDIO QUESTO CHE GIUNGE IN UN MOMENTO DU CALMA APPARENTE NELLA LOTTA TRA CLAN. UN VENERDI SANTO CHE SI TINGE DI SANGUE PER LA CITTADINA JONICA.

mara sorte dei calabresi conosce la storia. Pensate che, ancora oggi, non si riesce a dire la verità su quei fanti costretti a uscire dalle trincee per farsi falciare del fuoco nemico mentre alle spalle avevano puntate le mitraglie dei carabinieri che avevano l’ordine di sparare contro chiunque si fosse rifiutato di “avanzare”. La guerra di massa fu la prima vera scuola di violenza . Oggi non siamo più in guerra anche se conflitti assurdi e inumani dilaniano altri popoli a noi vicini e non risparmiano neanche ai bambini. I governi istigano all’odio e i popoli si distruggono a vicenda. E il popolo calabrese continua a non contare assolutamente nulla! Gli eredi - in linea storica - di quei “fanti” in maggioranza continuano a partire senza voglia oppure si dibattono nella disoccupazione permanente, sempre in bilico tra cri-

minalità e rassegnazione. Gli eredi delle élite che hanno mandato i nostri “nonni” al massacro sono ancora saldamente al potere e per tenerlo saldo nelle loro mani hanno bisogno di indicarci un “nemico”, di parlarci di “ordine” e “disciplina”. E noi cadiamo nel loro gioco come sempre. Ieri ci indicavano come nemici i perfidi “austriaci” anche se i nemici veri erano alle loro spalle. Se avessero potuto avvicinarsi ai soldati contro cui sparavano, avrebbero scoperto che si trattava di giovani come loro, ansiosi solo di tornare alle loro famiglie. Avrebbero capito che i veri nemici erano il “re”, l’incapace Cadorna, lo stato maggiore strapieno di imboscati e di codardi, le corti marziali che li condannavano a morte! Concludo con un episodio che apparente-

mente non c’entra nulla con le cose che abbiamo finora detto. Nei giorni scorsi una ragazza di Reggio, Maria Rita, si è suicidata. Il padre è in carcere per ‘ndrangheta. Su questo dramma si sono scritte tante cose: alcune molto belle, altre inopportune ai limiti dell’oltraggio. Personalmente mi inchino dinanzi al dolore straziante e irredimibile dei familiari della ragazza. Molti dovrebbero evitare scontate frasi di circostanza e riflettere sul clima che s’è creato in Calabria probabilmente al di là della loro stessa volontà. Ovviamente non conosco i motivi che hanno spinto la ragazza al suicidio, mi limito a farmi una domanda: se invece di uccidersi, quel giorno si fosse sposata quanto di noi - se invitati - avrebbero avuto il coraggio di andare al suo matrimonio? Quanti avrebbero avuto il coraggio di farsi

fotografare in Sua compagnia? Quante “persone perbene” Le avrebbero stretto la mano o baciata sulle guance? Conosco persone incensurate che sono finite in rapporti di polizia per molto meno. Se fosse vero quanto hanno scritto alcuni giornali e cioè che Maria Rita avesse un forte travaglio interiore per esser considerata “una donna di mafia” invece che una ragazza all’alba della propria vita, molti di noi dovrebbero rispondere alla propria coscienza. Sta per esser pubblicato anche in Italia un libro di un anonimo scrittore nord-coreano. Il suo titolo è “L’accusa”. Narra delle vicende assurde che succedono in quel paese dove il regime attribuisce ad ogni famiglia un numero in codice e tutti i membri della famiglia vengono ritenuti responsabili di ogni comportamento sia pur di timido dissenso verso qualche mani-

festazione del regime. Il codice “194” viene attribuito “ai traditori della patria e del partito” e chi nasce in una di queste famiglie è già colpevole senza speranza di redenzione...! Colpevole solo per esser nato in una famiglia che non ha scelto, marchiati a sangue sin dalla nascita! Nel Nord Corea, il “regime” indica ancora il “nemico” e lo fa per coprire i propri orrendi delitti. In Italia siamo lontani da quella realtà ma non immuni del virus. C’è, nella nostra Regione, un clima di paura che si riverbera sul nostro territorio in mille modi. Paura della ‘ndrangheta, paura dell’antindrangheta, dei potenti e dei burocrati. Paura di telefonare, di frequentare i bar, di andare ai funerali o ai matrimoni, di stringere la mano e di scherzare. Dove c’è la paura muore la libertà e trion-


IN BREVE

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CALABRESE PER CASO * di Giuseppe Romeo

Crescita e uova senza sorprese A volte credo che in molti si domandino se siamo o meno la terra delle occasioni mancate o dell’abbandono. Ovvero se, per casualità storica o per responsabilità politica, siamo destinatari di una sorta di rassegnata consapevolezza della difficoltà a far decollare qualunque progetto di crescita di impresa o sociale dopo esserci illusi, ogni volta, che potesse essere la volta buona. Non solo. Se dovessimo rileggere un inserto di un autorevole quotidiano torinese, potremmo trovare termini come rassegnazione, frammentazione e altre locuzioni e circonlocuzioni che tentano di disegnare una realtà, quella calabrese, che ancora oggi in molte occasioni viene vista come non unica, ma ridefinita e ricondotta in un’antica definizione che vede nelle Calabrie il sopravvivere di un modo di agire localmente avulso da ogni raccordo non solo politico, ma identitario. Una considerazione che fa scrivere a un alto magistrato che […] La società calabrese è realmente isolata dal resto del Paese… […] e, questo, perché […] … non esiste la Calabria, ma le Calabrie… […]. Ora, che non vi sia una visione di insieme di una terra che progettualmente va per conto suo mi sembra che i dati di fatto dimostrino chiaramente più delle intenzioni quali siano i risultati ottenuti. Così come ogni occasione è propizia per lanciare nuovi programmi, indicare passaggi fondamentali per raggiungere obiettivi di crescita, ma ci si dimentica di un aspetto fondamentale: la necessità di un’idea comune di sviluppo a monte, le modalità attraverso la quali realizzarla e come renderla sinergica-

mente adeguata alle capacità di produzione della regione in un’ottica di programmi condivisi da ogni singola realtà locale. Un percorso direi logico, non certo prodotto da chissà quale valutazione accademica o da illuminati propositi. Un percorso ragionevole e fondato sulla ragionevolezza di sapere cosa si vuole nel futuro per un futuro che vede partecipe ogni comunità locale trasformando il “locale” in una parte fondamentale del “globale”. L’azione locale non è, quindi, solo un qualcosa che contraddistingue la possibilità di investire e creare progetti di valorizzazione di un territorio. È un raccordo tra territorio e regione e tra questa e il Paese nella misura in cui lo spirito dell’agire è dettato dal sentirsi parte di un disegno più grande e di cui si dovrebbe essere un tassello importante. Tuttavia, guardando anche alle sole vicende della locride, che si tratti del Gal, o di iniziative di indirizzo imprenditoriale provenienti da altre istituzioni, ci si rende conto che ognuno fissa e interpreta la propria azione al di fuori di un modello di crescita condiviso. Come se ogni singolo futuro imprenditore o produttore possa fare a meno di un mercato, del lavoro o dei beni, che interagisca con tutte le diverse forme di produzione che dovrebbero contraddistinguere il modello economico regionale. E, allora, probabilmente è vero che esistono più Calabrie, dove ognuna interpreta a modo proprio le funzioni di un Gal o il sostegno all’impresa. Realtà diverse, ognuna delle quali inizia sempre il suo percorso convinta di essere giunta finalmente all’uovo di Colombo. Peccato che le uova siano sempre tante e ognuna, alla, fine senza la sorpresa sperata.

Siderno aderisce alla Giornata Mondiale dell'Autismo In occasione della Giornata Mondiale dell’Autismo Blue Day, lo scorso 1 aprile, presso il Centro Polifunzionale di Siderno è stato proiettato il film Ocho Passo Adelante. Dopo i saluti istituzionali del Sindaco di Siderno Pietro Fuda, l’evento è stato introdotto dalla Presidente Onlus Prometeo, Psicologa, Psicoterapeuta Az.Osp.RC Angela Vinci. Al termine della proiezione sulla diagnosi precoce dell’autismo, raccontata attraverso stralci di storie vere senza scivolare nel pietismo, ha avuto luogo il dibattito con gli studenti delle scuole superiori della Locride. Le conclusioni sono state affidate all’Assessore della Regione Calabria Federica Roccisano.

Mentre la tifoseria del Locri, in occasione del derby dello scorso 26 marzo, dedicava agli avversari del Siderno lo striscione“Solita iella a noi Mattarella a voi Carbonella”, il signor Antonio Ferreri, da gran gentiluomo, ha omaggiato le belle tifose del Locri con 200 rose gialle.

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POLITICA

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Perchè non posso iscrivermi al circolo del PD della mia città? LA CONTROVERSA CAMPAGNA DI TESSERAMENTO RECENTEMENTE ATTUATA DAL PARTITO DEMOCRATICO, CHE IN DIVERSE CITTÀ DEL NOSTRO COMPRENSORIO HA VISTO MOLTI ATTORI POLITICI VEDERSI RIFIUTARE IL RINNOVO DELL’ISCRIZIONE ALLE SUE LISTE, HA PRODOTTO LA RIFLESSIONE DI UN MILITANTE DI PRIMO PIANO DELLA POLITICA LOCALE. SITRATTA DIVITTORIO ZITO,VICESIDACO DI ROCCELLA JONICA OGGI NON PIÙ MEMBRO EFFETTIVO DEL PD, CHE SI DOMANDA SE L’ATTEGGIAMENTOTENUTO DA MOLTI CIRCOLI LOCALI SIA DEGNO DEL PRIMO PARTITO DEL PAESE. utti sanno che domenica scorsa si è votato nei circoli del PD per indicare i candidati da presentare alle primarie aperte per la scelta del prossimo segretario nazionale. Io avrei voluto partecipare a quelle votazioni, ma non ho potuto. E questo mi è fortemente dispiaciuto. Ovviamente non userò questo spazio che mi ha concesso la Riviera per parlare del mio dispiacere, argomento che, non avendo io doti politiche, culturali o morali di particolare rilievo, al più potrebbe interessare qualche mio intimo amico. Utilizzerò questo spazio, invece, per proporre una riflessione che spero possa essere di un qualche interesse generale, anche in relazione alle considerazioni, molto più autorevoli delle mie, fatte nelle scorse edizioni del giornale sulla campagna (?) di tesseramento 2016 promossa dal PD in provincia di Reggio. Una campagna emergenziale, con tutti i limiti di un tesseramento di emergenza e che nessuno, ritengo, possa considerare come punto di partenza di una nuova stagione che superi l’attuale fase di commissariamento. Una campagna che, però, ha fatto venire alla luce un problema di una qualche rilevanza, che si sbaglierebbe a relegare come mera “questione locale”. Parlo della presenza sul territorio di militanti – che spesso ricoprono ruoli di rappresentanza istituzionale – che non hanno potuto iscriversi ai rispettivi circoli cittadini del PD. La Commissione di Garanzia, all’indomani della chiusura delle iscrizioni, si è trovata a discutere di una serie articolata di situazioni nelle quali i circoli cittadini hanno rifiutato di consegnare la tessera ad alcuni richiedenti. Le motivazioni sono state diverse, ovviamente nessuna di carattere personale e tutte quindi, nella loro diversità, di natura comunque politica, in specie nel caso di rifiuto di iscrizione di esponenti delle istituzioni comunali. Come nel mio caso. Anzi, come nel caso di Roccella, dove la tessera non è stata concessa al Sindaco Certomà, al Presidente del Consiglio Comunale Ursino e a me. E dove il PD ha perso anche l’iscrizione di un altro assessore e di un consigliere di maggioranza. A Roccella, su 13 compo-

T

Querelle ATC Francesco Ferraro: la smentita del Comitato di Gestione L'Ambito Territoriale di Caccia RC2, con la presente, in riferimento all'articolo del giornalista Jacopo Giuca pubblicato in data 19.03.2017 sulla “Riviera”, dal titolo “ATC: NIENTE DI NUOVO SOTTO IL SOLE”, chiede quanto in appresso: con riferimento a quanto da voi pubblicato e diffuso il 19 marzo 2017 sotto il titolo “ATC: NIENTE DI NUOVO SOTTO IL SOLE”, a firma Jacopo Giuca, vogliate pubblicare la seguente smentita integralmente senza tagli o sintesi, con la stessa evidenza dell'articolo citato e con la chiara ammissione dell'errore commesso. “L'Ambito Territoriale Caccia non ha mai violato lo statuto o posto in essere condotte lesive dei diritti dei singoli Soci e dei Componenti del Comitato di Gestione. Infatti, al contrario di quanto viene affermato nell’articolo ATC: “NIENTE DI NUOVO SOTTO IL SOLE” non è stato posto in essere alcun atto in contrasto con le norme che regolano la vita associativa dell’ATC con norme imperative di legge”. Nel caso trattato nel vostro articolo, il comitato di gestione dell’ATC, nei limiti e nella stretta osservanza delle sue competenze, ha avviato l’iter burocratico amministrativo per l'adozione dei provvedimenti disciplinari. Pertanto, essendo le notizie divulgate false, non verificate e lesive dell’immagine dell’ATC RC2, nonché dei Soci e dei Componenti del Comitato di Gestione, Vi diffidiamo dall'insistere nel fornire notizie dal contenuto diffamatorio. Il presidente Renato Meleca

nenti del Consiglio Comunale, 6 avrebbero voluto e potuto iscriversi al PD, ma di questi solo uno è iscrivibile al circolo cittadino, ed è un consigliere di minoranza. 5 consiglieri di maggioranza su 8, invece, come nel mio caso, si vedrebbero impedita l’iscrizione. Perché? La storia politica locale recente ci racconta di una frattura profonda che si è registrata nel circolo in occasione delle elezioni del 2009. Assieme a tantissimi iscritti non condivisi la linea politica del circolo e, convinti che quella linea avrebbe portato il PD fuori dal governo cittadino (che il PD aveva sostanzialmente guidato per 10 anni dal 1999), arrivammo ad abbandonare il circolo promuovendo una lista civica. Lo facemmo perché l’allora dirigenza provinciale non ascoltò le nostre ragioni, e tentò di imporre dall’esterno scelte che non condividevamo e che pensavamo avrebbero portato al suicidio politico di 10 anni di buon governo cittadino. In democrazia c’è un momento preciso in cui è possibile giudicare una linea politica: le elezioni, il momento in cui si chiede al popolo di scegliere. In quelle elezioni i cittadini roccellesi scelsero la nostra proposta,

portando alla guida di Roccella lo stimatissimo Certomà, un uomo che ha fatto parte della storia del PCI di Reggio Calabria. E scelsero di lasciare addirittura fuori dal Consiglio Comunale i rappresentanti del circolo PD di Roccella, tra i quali alcune delle intelligenze più attive della nostra comunità. Per 5 anni, poi, pur continuando l’impegno instancabile a favore del PD, tutti rimanemmo fuori dal circolo di Roccella. Nel 2014 la storia si ripete. Ancora una volta, senza nessuna analisi critica di quello che era successo nel 2009, la dirigenza del circolo si attesta su una posizione di estrema opposizione al governo cittadino e promuove una lista civica, in verità alquanto variegata, che si presenta alle elezioni e viene clamorosamente bocciata dai cittadini. Il circolo del PD riesce a eleggere uno dei 4 consiglieri di opposizione grazie alla legge sulla preferenza doppia uomo-donna. Ho voluto raccontare in sintesi 8 anni si vita politica locale per una precisa ragione. A Certomà, a Ursino e a me è stata rifiutata l’iscrizione al circolo non certo per motivi personali o di indegnità morale. Ma per una ragione politica: ovvero, perché il circolo ha una linea politica diversa e opposta alla nostra per ciò che concerne l’amministrazione di Roccella. Una motivazione vera e incontrovertibile. Il problema, però, è diverso e supera la questione Roccella. Riguarda, invece, l’affermazione di una visione dogmatica e proprietaria del partito. Cerco di spiegarmi meglio. Se per due elezioni comunali consecutive la linea politica del circolo PD viene bocciata dall’elettorato, mentre una cospicua parte dei militanti che erano iscritti nel 2004 propongono una linea politica diversa che porta alla guida della cittadina un uomo del PCI e consegna una giunta formata per intero (nel 2004) e per tre quinti (oggi) da militanti del PD. Se tutto questo è successo, come è successo, un circolo serio si interrogherebbe sulla bontà della sua linea politica. Se non lo fa o è perché ha una visione del partito come movimento a vocazione minoritaria; oppure è perché ritiene la sua linea politica un dogma indiscutibile e che il circolo debba essere costituito da un gruppo chiuso e ristretto di fedelissimi che non discutono.

Roccella è un caso isolato? Leggendo le cronache credo di no. È utile che i dirigenti provinciali continuino ad ignorare queste situazioni in vista del tesseramento 2017? Penso di no e, se posso, suggerirei di avviare al più presto sul territorio – nei casi come Roccella - una discussione che possa portare non tanto a decidere chi ha ragione (in politica le ragioni, come gli errori, non stanno mai da una sola parte) quanto a ricercare, ove possibile, soluzioni che consentano di allineare le ragioni dei circoli con il sentimento dei cittadini. Una discussione serena, laica e non dogmatica sulle ragioni di chi ha scelto di non seguire la proposta del proprio circolo cittadino consentirebbe al partito di non chiudersi nella difesa di un fortino che, spesso, diventa sempre di più vuoto di persone e, soprattutto, di idee e passione politica. Non so se i dirigenti provinciali del PD leggeranno questo articolo e se vorranno considerare questo mio punto di vista. Non ci sono certo ragioni di tattica politica perché lo facciano. Credo che tutti i militanti non iscritti, come farò io, alle primarie voteranno come sempre numerosi. E lo faremo anche nei prossimi appuntamenti elettorali che vedono impegnato il PD. E continueremo a organizzare e a partecipare a momenti di discussione pubblica sul partito. Per questo l’utilità a considerare queste ragioni, da un punto di vista di profitto elettorale, è nulla. Si tratta piuttosto di decidere se dare nuovo slancio al partito nelle realtà locali o lasciare che queste si consumino in contrapposizioni tra difese dogmatiche e ragioni collettivamente condivise. Se ricercare strade che portino non ad abiure o forche caudine (che in politica non servono a nulla), ma ad aperture e discussioni che diano linfa vitale ai circoli. O continuare a celebrare i congressi in tristi angoli all’interno di locali pubblici. Noi, che amiamo la politica come massimo esercizio del vivere civile, a questa discussione saremmo interessati. Per il bene del PD di Reggio Calabria, e non certo per esigenze personali, speriamo che anche altri lo siano. Vittorio Zito – Militante non iscritto al PD e Vicesindaco di Roccella Ionica



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DOMENICA 09 APRILE 14

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IN RICORDO DI FRANCESCO GENTILE

PELLEGRINAGGIO ALLA MADONNA DELLO SCOGLIO

Vorrei sentirti dire: “Me ne sono solo andato nella stanza accanto”

Lettera a Dio: camminare pregando per la vita

Caro Francesco, ho lasciato passare il clamore del tuo allontanamento, non il dolore, perché il senso di smarrimento che ci hai lasciato è indelebile. Così, in questi giorni, a volte, la mia mente vaga fino all’oblio e al silenzio, e nel lungo cammino a ritroso spesso incontra malinconicamente i ricordi e tutte circostanze del tuo sorriso mai spento. Poi, ancora, la lotta per la vita, la speranza, la resistenza, la volontà fino agli ultimi momenti di trepidante attesa di ripresa. Il tuo cuore, sincero e puro, ha sempre retto alla cattiveria e alla meschinità che la vita spesso ci chiede ed è per questo che sento il desiderio di uscire dall’oblio e mandare alle nuvole le mie “inquietudini” per recuperare i tuoi “segni” e uscire dal disorientamento, ridando un senso anche alla morte. Diresti, come l’ultima volta che ci incontrammo, ormai provato, che “la vita può essere capita solo all’indietro; ma deve essere vissuta in avanti”. Il rischio di dire cose banali e scontate è reale, spero di non cadere in questa trappola, ma io stesso non avrei mai immaginato di provare ciò che sto provando da quando te ne sei andato. Un doloroso e incolmabile senso di vuoto, una malinconia quieta e soffocante, ma anche un senso di rabbia impotente, perché una persona speciale è stata sottratta all’affetto della sua famiglia e a me stesso. Io, allora, che non sono di molte parole “Chiedo silenzio” con il pensiero alla tua cara famiglia. “Ora, lasciatemi tranquillo. Ora, abituatevi senza di me. Io chiuderò gli occhi e voglio solo cinque cose, cinque radici preferite. Una è l’amore senza fine. La seconda è vedere l’autunno. Non posso vivere senza che le foglie volino e tornino alla terra. La terza è il grave inverno, la pioggia che ho amato, la carezza del fuoco nel freddo silvestre. La quarta cosa è l’estate rotonda come un’anguria. La quinta cosa sono i tuoi occhi. Matilde mia, beneamata, non voglio dormire senza i tuoi occhi, non voglio esistere senza che tu mi guardi: io muto la primavera perché tu continui a guardarmi. Amici, questo è ciò che voglio. È quasi nulla e quasi tutto. Ora se volete andatevene. Ho vissuto tanto che un giorno dovrete per forza dimenticarmi, cancellandomi dalla lavagna: il mio cuore è stato interminabile. Ma perché chiedo silenzio non crediate che io muoia: mi accade tutto il contrario: accade che sto per vivere. Accade che sono e che continuo. Non sarà dunque che dentro di me cresceran cereali, prima i garni che rompono la terra per vedere la luce, ma la madre terra è oscura: e dentro di me sono oscuro: sono come un pozzo nelle cui acque la notte lascia le sue stelle e sola prosegue per i campi. È che son vissuto tanto e che altrettanto voglio vivere. Mai mi son sentito così sonoro, mai ho avuto tanti baci. Ora, come sempre, è presto. La luce vola con le sue api. Lasciatemi solo con il giorno. Chiedo il permesso di nascere”. (Pablo Neruda) La vita è così Francè, senza girarsi, continua e ci porta verso mete sconosciute, ma quando anche è spez-

zata lascia riprendere il valore dei sentimenti, quelli veri fra i quali ancora oggi non conosco nulla di più inestimabile che una vera e sincera amicizia, il cui valore è raramente conosciuto fino a quando non l’hai persa. La tua la ricorderò per sempre come una dolce responsabilità, mai come opportunità. “Il vostro amico è il vostro bisogno saziato. È il campo che seminate con amore e mietete con riconoscenza. È la vostra mensa e il vostro focolare. Poiché, affamati, vi rifugiate in lui e lo ricercate per la vostra pace. Quando l’amico vi confida il suo pensiero, non negategli la vostra approvazione, né abbiate paura di contraddirlo. E quando tace, il vostro cuore non smetta di ascoltare il suo cuore: Nell’amicizia ogni pensiero, ogni desiderio, ogni attesa nasce in silenzio e viene condiviso con inesprimibile gioia. Quando vi separate dall’amico non rattristatevi: La sua assenza può chiarirvi ciò che in lui più amate, come allo scalatore la montagna è più chiara della pianura”. (Kahlil Gibran) Ci siamo cresciuti nel “cortile dei Gentile”. Ci siamo frequentati a Roma, nel periodo universitario. Ci siamo scambiati i reciproci servizi nella professione. “… Chissà se ci rivedremo ancora, intanto ci mancherai molto”. Vorrei immaginare sentirti dire La morte non è niente. Non conta. Io me ne sono solo andato nella stanza accanto. Non è successo nulla. Tutto resta esattamente com’era. Io sono io e tu sei tu e la vita passata che abbiamo vissuto così bene insieme è immutata, intatta. Quello che siamo stati l’uno per l’altro, lo siamo ancora Chiamatemi con il mio vecchio nome. Parlate di me con la facilità che avete sempre usato. Non cambiate il tono della vostra voce. Non assumete un’aria forzata di solennità o di dolore. Ridete come abbiamo sempre riso degli scherzi che facevamo insieme. Sorridete, pensate a me e pregate per me. Fate che il mio nome rimanga per sempre quella parola familiare che è stata. Pronunciatelo senza sforzo, senza che diventi l’ombra di un fantasma. La vita significa tutto ciò che ha sempre significato. È la stessa che è sempre stata. C’è una continuità assoluta, ininterrotta. Cos’è questa morte se non un incidente insignificante? Perché dovrei essere lontano dal vostro cuore dal momento che non sono con voi? Va tutto bene. (Henry Scott Holland) Nando Errigo – aprile 2017

Ciao Dio…Padre!!! Eccomi qui dopo due anni e sei mesi, per ringraziarti pubblicamente della Grazia ricevuta… la guarigione di mia figlia Monica. La mia storia è iniziata con la Madonna di Portosalvo, è continuata con la Madonna dello Scoglio ed è finita con la Divina Misericordia “Gesù confido in Te”. Il Tuo amore illimitato, la Tua presenza indiscutibile e la Tua misericordia senza confini hanno risvegliato in me la sicurezza che con “Te accanto non temo di nulla”. Pian piano, passo dopo passo, la mia fede si è rafforzata e l’amore che provo per Te, non si può calcolare. Ho raggiunto la felicità senza confronto! Come vorrei che tutto il mondo Ti conoscesse! I filosofi dicono che “L’uomo sarà eternamente infelice!” Io aggiungo: “Fino a quando non conoscerà il Tuo immenso amore!” Amo tanto il figlio Tuo Gesù, che ha sofferto per il genere umano, facendoci dono dello Spirito Santo, di cui noi non concepiamo il significato. Dio, a che punto siamo arrivati! Pensiamo solo a correre per vestirci, lavorare, mangiare, ballare, ecc… e non ci fermiamo un solo minuto per ringraziarti per tutti i doni che ci elargisci in una giornata. Quanto siamo squallidi!Ma la fede senza le opere a che cosa serve? A nulla. Allora ascolti le mie preghiere e mi metti accanto coloro che hanno bisogno del mio aiuto: anziani, ammalati, gente che non può fare tutto da sola perché bloccata da malattie! Io ringrazio il Signore per avermi donato una “salute di ferro”, come si dice da noi. Quindi inizia il mio “donarmi agli altri” e nello stesso tempo con parole semplici e col sorriso parlo di

Te e del figlio Tuo. Egli è “la Luce venuta nel mondo per rischiarare le tenebre”. Leggo e rileggo la Sacra Scrittura, cominciando dai Vangeli perché lì, secondo me, sta il modo più semplice per giungere a Te. In quest’era in cui l’uomo è provato dalle malattie che portano anche alla morte, “Speranza contro ogni Speranza” sei solo Tu o Dio, nostro Padre!!! La preghiera che viene dal cuore, pulisce piano l’anima, sporca del peccato, mentre la lettura della Bibbia ti porta a parlare con Dio. Il Padre ascolta sempre tutte le richieste dei suoi figli e vuole donare a loro sempre il bene. Ma noi, cosa chiediamo a Dio in caso di malattia? Le nostre richieste continue saranno ciò che Lui ci darà. Io ho chiesto la grazia della guarigione completa di mia figlia senza chemio e radio, e l’ho ottenuta e di ciò rendo grazie a Te mio caro Dio,

Santissima Trinità. A Lui ho fatto una promessa ed ora per attuarla chiedo aiuto a tutti voi. Vorrei che tanta gente fosse con me in questo pellegrinaggio verso il Santuario della Madonna dello Scoglio, per ringraziare la Madonna per aver interceduto a favore di mia figlia. Ella è madre nostra e avvocata. Viene sempre in nostro aiuto e perciò come figli dobbiamo amarla. Andiamo verso di lei in questo pellegrinaggio, che ci porterà consiglio, chiediamole di proteggere tutte le famiglie, portare la pace nel mondo è tanta salute ai nostri cari. Dalla Siracide 38.14 Il Signore loda i medici per le loro prestazioni. Egli si avvale di loro per guarire gli uomini. Inoltre ha creato le medicine dalla terra, e l’uomo di senno non li detesta. Il Signore ha dato la scienza agli uomini perché fosse glorificato con questi poteri meravigliosi. I dottori pregano il Signore perché conceda loro di dare conforto e guarigione ai loro pazienti. Perciò svegliamoci ed insieme lottiamo per il nostro ospedale, affinchè almeno i reparti più necessari siano riaperti e pian piano ripristinato l’intero stabile. Chiediamo di salvaguardare la vita nascente: i bambini, dono di Dio!!! Reparto Pediatria ormai ridotto a poche stanze adibite malamente a poter intrattenere un bambino ammalato. Oggi in piazza questa brutta verità: Raccogliamo fondi per comprare qualcosa di concreto per questo reparto. Che sia il primo appello alla cittadinanza della Locride per scendere in piazza e a gran voce reclamare: “VOGLIAMO IL NOSTRO OSPEDALE!!!” Macrì Maria

L’OPINIONE DI BELLIGERANTE

Un’eccellenza in Calabria Giorni fa è stata proclamata come una delle università migliori d’Italia. Ne ha parlato Rai1 dedicandogli un lungo servizio, per farla conoscere meglio. Ne ha riparlato Rai3 qualche giorno dopo riportando la classifica del Times Higher Education che la pone al terzo posto tra le dieci università italiane in classifica e nella top 100 assoluta. Per essere ammessi, la selezione si fa sul voto di maturità. Ho sempre pensato che fosse la prima università al sud: si tratta, infatti, di un Campus come pochi in Italia. In poco più di due chilometri c’è tutta una grandissima comodità, impensabile in una qualsiasi città. Si respira solo aria universitaria e di verde con i suoi tantissimi alberi e piante che permetto-

no, in primavera ed estate, di studiare all’aperto sulle tantissime panchine, respirando aria pura e il profumo dei fiori. Sto parlando dell’università della Calabria Arcavata di Rende (CS), con i suoi 27mila iscritti, fra i quali molti stranieri che la scelgono grazie al progetto Erasmus.

Cinque mense ispezionate spesso che, per la qualità del cibo, sembrano grandi ristornati. La biblioteca d’Ateneo ha più di 400 volumi e 1.000 posti lettura. Il sottoscritto l’aveva capito dalle prime volte in cui vi era andato che si tratta di un’eccellenza per il sud e non. Non vorrei sembrare presuntuoso, ma di università in Italia ne ho viste e frequentate tante con amici universitari e mi sento di dare un consiglio ai giovani: provate a studiare a casa vostra, all’UniCal, fiore all’occhiello della nostra terra! Contribuirete alla crescita della nostra regione con le tasse, che sono solidini che rimangono nella nostra martoriata Calabria. Giuseppe Belligerante

ll letale ed anacronistico ossimoro del Palazzo - 9 La legge 6 novembre 2012, n. 190, ricordata come legge Severino, “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, è una legge della Repubblica Italiana, - chiaramente, ed è superfluo ricordarlo, non per l’enclave Palazzo -. (A proposito, perché ancora nei tribunali alla scritta “La legge è uguale per tutti, non si aggiunge, realisticamente, tranne che per gli intoccabili cittadini del Palazzo?) Allora, contro ha votato l’Idv, e anche la Lega si è espressa a favore del disegno di legge. In dissenso dal gruppo, Alfredo Mantovano (Pdl) si è astenuto, così come si sono astenuti i radicali. I sì sono stati 480, i voti contrari 19 e gli astenuti 25. Al senato l’astensione è equiparata a voto contrario. La Giunta per le autorizzazioni, il 18 luglio 2016, aveva votato la revoca del mandato parlamentare al senatore Minzolini sulla

base della legge Severino. Ma dopo 7 mesi di rinvii, l’epilogo è che la Casta si mette al di sopra della legge che, quindi, non è più uguale per tutti. All’annuncio del presidente Pietro Grasso, di fronte a una confusa scolaresca che, probabilmente, pensava a una clamorosa conquista dell’Italia, scrosciano applausi, pacche sulle spalle, qualche lacrima e abbracci tra i sodali avversi alla cacciata del senatore di Forza Italia. “Sono pronto a bere la cicuta”, aveva detto Minzolini a conclusione del suo discorso prima del voto. Pochi minuti dopo può brindare a champagne. Le dimissioni dovranno essere calendarizzate e, poi, votate. E potranno essere respinte. Così che Minzolini, supercazzola gigantesca, – benché dimissionario a parole – “Perché sono una persona seria” nei fatti potrà rimanere al suo posto e maturare anche la pensione. Il senatore Caliendo (FI) “Vorrei rivolger-

mi essenzialmente al Partito Democratico, di cui ho apprezzato la decisione di questa stamattina di lasciare libertà di coscienza”, che mette tutti i senatori sull’avviso: “Il mio intervento, quindi, è in favore non del senatore Minzolini, ma del Senato e di tutti noi senatori”, il che, tradotto, significa “Colleghi, il voto di oggi è un significativo precedente. Attenzione, oggi tocca a Minzolini ma un giorno (secondo voi probabile?) potrebbe interessare ciascuno di noi. E il senato della repubblica, per pura utilità, ha agito non secondo ma contro la legge. “Io so’ io e voi non siete un c…!” È proprio vero che è impossibile vincere contro chi non si arrende mai! Il difensore ha chiesto che Minzolini possa svolgere l’affidamento in prova presso la Comunità di Sant’Egidio. continua Antonio Carneri



POLITICA

ELEZIONI AMMINISTRATIVE

La Locride prepara le tessere elettorali: ecco i candidati alle comunali

IL MINISTRO DELL’INTERNO MARCO MINNITI HA FISSATO, LA SCORSA SETTIMANA, LA DATA DELLE PROSSIME ELEZIONI AMMINISTRATIVE ALL’11 GIUGNO. SU TUTTA LA PENISOLA, SARANNO CHIAMATI AL VOTO I CITTADINI DI BEN 1.021 COMUNI, DEI QUALI 83 IN CALABRIA, 25 NELLA CITTÀ METROPOLITANA DI REGGIO E 12 NELLA NOSTRA LOCRIDE. ECCO UNAVELOCE CARRELLATA DEI PRIMI ASPIRANTI SINDACI DEL NOSTRO COMPRENSORIO. i avvicina la data delle elezioni Amministrative, fissata dal Ministro dell’Interno Marco Minniti la scorsa settimana per il prossimo 11 giugno. Dei 1.021 comuni chiamati a rinnovare il proprio consiglio comunale su tutta la penisola 83 saranno quelli calabresi, dei quali 25 ricadono nell’area di competenza della Città Metropolitana di Reggio Calabria e 12 nel nostro comprensorio. Il grande fermento politico che si vive in questi giorni ad Antonimina, Bivongi, Bovalino, Caraffa del Bianco, Caulonia, Ciminà, Ferruzzano, Grotteria, Placanica, Portigliola, San Luca e Staiti si sta traducendo nel naturale disvelamento dei nomi dei primi aspiranti sindaci della Locride, cui tuttavia potrebbero aggiungersi (o sottrarsi) quelli di tanti altri concorrenti intenzionati a migliorare la vivibilità dei nostri centri. Nel dettaglio, ad Antonimina sembra ormai certo che il sindaco uscente Antonio Condelli dovrà vedersela con Giuseppe Pelle, giovane di belle speranze, presidente della Consulta Giovanile prossimo alla laurea, nonché figlio dell’ex sindaco Luciano e pertanto, certo non digiuno di politica locale. Anche a Bivongi il sindaco uscente, Felice Valenti, ha intenzione di inserire nuovamente il proprio nome nella lista dei candidati accanto a quello di Franco Carnovale, imprenditore della Cogeur e promotore del progetto città/albergo che sta donando nuova linfa vitale al borgo del paese, che ha trovato il favore e il sostegno di Ernesto Reggio e Ivan Leotta. Il fermento politico tipico del periodo postcommissariamento, poi, ha colpito Bovalino, dove la corsa alla carica di sindaco coinvolgerà ben quattro soggetti di comprovata esperienza politica: ci riferiamo a Francesco Gangemi, Vincenzo Maesano, Alessandra Polimeno e Francesco Zappavigna, cui potrebbero addirittura aggiungersi altri nomi. La speranza, nell’interesse della cittadinanza, è naturalmente che il confronto tra i diversi candidati non si trasformi in una lotta senza quartiere, ma in uno scambio costruttivo di idee che possa portare alla vittoria del concorrente più convincente per i cittadini e, al contempo, a una collaborazione attiva da parte degli sconfitti. A Caraffa del Bianco, invece, è probabile che alla nuova candidatura del sindaco uscente Stefano Marrapodi non si aggiunga un secondo nominativo, a meno di coups de

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théâtre dell’ultimo minuto non totalmente da escludere, considerato il gran fermento dell’ambiente politico locale. Sembra sempre più sicura, invece, la candidatura a sindaco della Consigliera Metropolitana Caterina Belcastro a Caulonia. A contenderle la poltrona di primo cittadino Francesco Cagliuso, vicesindaco durante l’ultima amministrazione Ammendolia. Cercasi disperatamente giovane candidato, invece, a Ciminà, dove il sindaco uscente Domenico Polifroni, disposto a ripresentare la propria candidatura nel caso in cui nessuno si faccia avanti, sta tuttavia cercando di lasciare spazio a un suo sostituto. A Ferruzzano sono sempre più sicuri i nomi di Nino Crea e del cavallo di ritorno Francesco Marando, già primo cittadino del Comune attualmente guidato da Maria Romeo, intenzionata invece a cedere la poltrona a qualcun altro. A Grotteria è ormai certo il gran ritorno di Vincenzo Loiero che, sostenuto con convinzione dal sindaco uscente Salvatore Leoncini, non ha ancora trovato un degno avversario nella corsa allo scranno di primo cittadino del centro agricolo della Vallata del Torbido. A Placanica sarà, invece, Gerardo Clemeno a vedersela con il sindaco Antonio Condemi. Tra i due litiganti, l’outsider Celestino Gagliardi, consigliere comunale di comprovata esperienza e già vicesindaco del paese. In quel di Portigliola, poi, alla candidatura del sindaco uscente Rocco Luglio si contrapporrà quella di un altro ex sindaco del paese. Ci riferiamo a quel Domenico Panetta che venne spodestato dal primo cittadino attualmente in carica. A San Luca, secondo paese chiamato alle urne dopo un periodo di commissariamento, l’assenza di candidati non deve trarre in inganno. La tradizione comunista del paese, infatti, sembra intenzionata a mettere definitivamente in archivio l’ultima sconfitta di Mammoliti e a dare nuova linfa vitale a un centro che, nonostante l’illuminata gestione del commissario Salvatore Gullì, ha comunque vissuto un periodo estremamente complicato. Anche a Staiti, infine, come a Caraffa del Bianco, per il momento si parla di una sola lista capeggiata da un nome ben noto, quello di Antonio Domenico Principato, primo cittadino uscente. Jacopo Giuca


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L’INTERVISTA

DOMENICA 09 APRILE

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Dopo l’invio della Commissione d’Accesso al Comune di Marina di Gioiosa, i consiglieri di Progetto Paese, Maria Teresa Badolisani e Pasquale Mesiti, non si sono avventati sulla maggioranza come avvoltoi su una carcassa ma si sono mostrati comprensivi e solidali.

MARINA DI GIOIOSA:Una buona minoranza non ti abbandona mai nel momento del bisogno MARIA GIOVANNA COGLIANDRO o scorso 13 febbraio è stata nominata dal Prefetto Michele di Bari una commissione d’accesso agli atti del Comune di Marina di Gioiosa che, fino allo scadere del terzo mese dall’insediamento (scadenza prorogabile per ulteriori tre mesi), dovrà passare al setaccio l’attività svolta dall’amministrazione Vestito. Solo nel caso in cui, a seguito degli accertamenti, emergano elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata o su forme di condizionamento che compromettano la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento dell’Amministrazione Comunale, il Consiglio verrà sciolto. In questi casi, chi siede sulle poltrone della minoranza non ci pensa due volte a sferrare il colpo di grazia, avventandosi come lupi famelici su un corpo moribondo, per mettere K.O. chi governa e propugna da sempre la svolta. Una svolta che, purtroppo, l’arrivo della commissione, ha reso trasparente come la nebbia in Valpadana. Seppur ciondolanti tra la nebbia, dove, come cantavano Cochi e Renato, “ci son cose che a dirle non ci credi, non ci credi nemmeno se le vedi, a parte il fatto che non le vedi”, i consiglieri di minoranza Maria Teresa Badolisani e Pasquale Mesiti, non hanno dato seguito all’altro verso della canzone “le mani si puliscono, i piedi se la squagliano” e, per quanto possibile, vogliono vederci chiaro. Per questo invocano “un surplus di trasparenza”. Lunedì scorso abbiamo incontrato il capogruppo di Progetto Paese, Maria Teresa Badolisani. Nel paese dilagavano le più disparate e fantasiose ipotesi in ordine alle potenziali ragioni per cui sarebbe stato disposto l’accesso ispettivo al comune di Marina di Gioiosa. Per questo motivo è stata indetta un’assemblea pubblica per sabato 25 marzo. Perché non discuterne il consiglio? La decisione di quell’assemblea è stata sofferta. Avevo chiesto ripetutamente, a nome di tutto il gruppo, la possibilità di prevedere un punto aperto durante il consiglio comunale per discutere sull’invio della commissione d’accesso. Mi è stato negato. Ho chiesto successivamente al sindaco Vestito di organizzare insieme un incontro per dare la possibilità ai cittadini di confrontarsi con l’amministrazione, ma mi ha risposto che non era sua intenzione. Di conseguenza, Pasquale Mesiti, su proposta di alcuni cittadini attivi, ha pensato di organizzare un’assemblea. Il sindaco era presente? È stato invitato insieme a tutta la maggioranza ma hanno deciso di non prendervi parte. Ritiene che ha già convocato una conferenza stampa subito dopo l’insediamento della commissione, quindi, a suo dire, non c’era niente di nuovo da aggiungere. A seguito dell’assemblea pubblica e, a mio parere, vista la grande partecipazione registrata, il sindaco ha avuto un ripensamento e ha deciso di aprire il Consiglio Comunale dello scorso 29 marzo con una comunicazione in merito alla nomina della Commissione d’accesso. A quali conclusioni si è arrivati dopo l’assemblea pubblica? Nessuno di noi ha la palla di vetro per conoscere i motivi che hanno spinto il Prefetto a inviare le commissioni. Circolano voci che ovviamente rimangono tali. È tutto in fase di indagine. I cittadini sono comunque stati informati che una commissione d’accesso può essere inviata non soltanto per sospetti di infiltrazioni mafiose ma anche nel caso in cui si verifichino reiterate violazioni di legge. Ampliando il raggio d’indagine, in un certo senso, avete difeso l’amministrazione… Bisogna essere garantisti fino alla fine. Non conoscendo le reali motivazioni non è corretto dare adito a supposizioni. Lo scioglimento è un fatto grave per l’intera comunità, e a Gioiosa Marina non si tratta della prima volta: tutti conoscono quale sia l’onta di una commissione d’accesso. Il decreto di scioglimento è un atto asettico, interessa tutto il consiglio comunale: è ovvio che non possa avere piacere che venga sciolto. Se ci sono delle responsabilità è

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giusto che emergano così da sgomberare il campo da ogni dubbio. Dopo lo scioglimento per mafia del 2010, è stato consegnato all’attuale amministrazione il dovere di evitare il ripetersi di situazioni che potessero intaccare la corretta gestione della cosa pubblica. La comunità si aspettava che si sarebbe operato avendo bene in mente i principi di legalità e trasparenza. Avete qualcosa di cui rimproverarvi? Come gruppo di minoranza abbiamo sempre richiamato l’attenzione verso quanto, di volta in volta, non ci convinceva, sottoponendo all’amministrazione anche questioni delicate. Oggi, proseguiamo su questa strada, e con una mozione, avanzata in Consiglio Comunale lo scorso 29 marzo dal consigliere Mesiti, è stato chiesto all’amministrazione Vestito un surplus di legalità e trasparenza per agire d’anticipo rispetto alla commissione d’accesso. Non appena presentata questa mozione, il sindaco ci ha risposto che i dati richiesti sono già pronti. Se dietro l’invio della commissione d’accesso ci fossero i dubbi da voi sollevati in passato? Noi abbiamo presentato diverse interpellanze su situazioni poco chiare… vorrebbe dire che abbiamo fatto bene il nostro lavoro e che i nostri dubbi e le nostre perplessità erano fondati. Che ricordi avete di questi anni di amministrazione Vestito? Le aspettative erano alte: a comprovarlo l’ampio consenso ricevuto durante le elezioni. Quello che è stato fatto, secondo me, non è proporzionato a quanto ci si attendeva. In particolare quale promessa è stata disattesa? Ultimamente ho posto l’attenzione sulla raccolta differenziata, tema assai caro al sindaco Vestito in campagna elettorale. Nel corso di due consigli in cui si parlava delle tariffe Tari, mi sono posta una domanda: i cittadini hanno un servizio proporzionato alla tariffa imposta? Credo proprio di no. Nel consiglio che si terrà oggi, 3 aprile, si discuterà del piano di gestione integrata dei rifiuti. Un piccolo passo avanti anche se a tre anni dall’insediamento dell’amministrazione Vestito. Questo piano si prefigge un obiettivo oggi più che ambizioso: arrivare al 65% di raccolta differenziata entro il 2020, adesso siamo tra il 4 e il 6%. Oltre a questo ritardo nel far partire la raccolta differenziata, ho segnalato più volte l’esistenza nel territorio di Marina di Gioiosa di aree che costituiscono delle vere e proprie discariche a cielo aperto, in cui vengono abbandonati, oltre a pneumatici, lastre di eternit. In alcune zone si sono registrati anche degli incendi – ricordo, ad esempio, quello verificatosi nel cortile delle scuole elementari “Enrico Rodinò”, in occasione del quale presentammo più di un’interrogazione al Sindaco nella qualità di supremo garante della salute, sicurezza e igiene pubblica. In questi casi non si può certo parlare di un servizio all’altezza delle aspettative. C’è qualche atto positivo che riconoscete a quest’amministrazione? Rispetto a quello che era il loro programma, la situazione non è cambiata di molto dall’epoca dei commissari. Quello che è stato fatto è stata solo ordinaria amministrazione. In qualità di sindaco che cosa avrebbe voluto fare di diverso? Avevo un programma abbastanza vasto, incentrato in particolare sul decoro urbano. Da questo punto di vista ho criticato l’amministrazione Vestito che non ha realizzato nulla per migliorare l’aspetto di Marina di Gioiosa. De Gregori in “Leva calcistica del 68” dice: “Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo dalla fantasia”, un sindaco? Un sindaco dovrebbe essere innanzitutto proteso verso la comunità. Essere il meno possibile staccato dalla realtà per capire quali sono le vere esigenze dei cittadini. Il sindaco Vestito forse è poco legato alla comunità e non sempre comprende i reali bisogni dei suoi cittadini. Un sindaco deve dedicare parecchio tempo all’attività amministrativa, e questo, credo, che il primo cittadino di Marina di Gioiosa lo faccia. E in ultimo, un sindaco deve ammettere i propri errori: riconoscerli lo rende umano. Assai spesso Domenico Vestito non lo fa.


CULTURA

Il MONDO DI ULISSE E LA ROTTA CALABRESE "Spingersi al limite", il nuovo singolo dei MadVintage

Dei Mad Vintage abbiamo già recensito il loro, per altro ottimo, esordio discografico "All'origine". Da questo album è stato girato il video del primo singolo "Luna II". La "banda" come amano definirsi Ilario, Michele, Vincenzo, Stefano e Gianluca per il videoclip del secondo singolo "Spingersi al limite", hanno chiamato uno dei più validi filmmakers presenti in Calabria, ovvero Bernardo Migliaccio Spina. Il regista calabrese, un vero maestro del cinema onirico, attraverso le immagini del video, ha proiettato la band in una dimensione vagamente luciferina, piena degli stessi fumi che hanno avvolto la loro vicenda artistica fatta di eccessi, separazioni e baratri emotivi. Bernardo aveva completa libertà sul set, mentre la band e i partecipanti al video (Fabio Noce, Angelo Santucci, Emanuela Bova, Arturo Spanò, Vincenzo Milano, Andrea Schirripa, Cinzia Saraco, Daniela Locri, Fabrizio Ruffo, Bruno di Typoon, La Banda di Caulonia e il barbuto Fabrizio Agostino, assoluto protagonista) improvvisavano senza alcun copione alla mano. Il film è composto da strati visivi che si sovrappongono, attraverso i quali il regista racconta la parte più oscura e controversa, quella difficile da intravedere. Un viaggio oscuro e visionario dentro le paure più profonde dei membri della band. Ognuno di loro mette a nudo le proprie paure e fobie, con un'assoluta, selvaggia, quasi esibizionista libertà nell'esprimerle, nello spingersi oltre...nello SPINGERSI AL LIMITE! Stefano, il cui incubo peggiore è rimanere paralizzato a letto, compare legato, senza poter suonare la sua amatissima chitarra; Vincenzo, per la sua paura dell'oscurità si ritrova a ballare con un'affascinante ragazza dark, quasi un faccia a faccia con il buio; Michele che invece ha paura del futuro, del tempo che corre in fretta, si ritrova in una stanza con degli orologi; Ilario, per la sua fobia di restare solo in vecchiaia, si ritrova in una stanza piena zeppa di personaggi assurdi; Gianluca, invece ha paura dell'ignoto. Un videoclip concepito come un mini-film, all'interno del quale Bernardo avvia una sorta di pulizia della mente dalle cose negative che bloccano la creatività e l’apertura mentale a nuovi concetti, come l’ansia e le paure di tutti i giorni. A fare da sfondo alle immagini girate nelle stanze di un albergo (ogni stanza una paura), una galleria di personaggi assurdi: un prete, un personaggio che sembra uscito direttamente dagli anni '70, vagamente diabolico, donne affascinanti in abiti succinti, dark e non dark, uomini barbuti, militari nascosti sotto le coperte, ecc. Un ottimo prodotto che non fa altro che confermare lo stato di grazia della band e del regista. Un video che potete guardare sul canale youtube della band calabrese (https://www.youtube.com/channel/UCs4aKEvDUTCWq_IEBeG vbWw).

Per il videoclip del suo secondo singolo la "banda" ha chiamato uno dei più validi filmmakers presenti in Calabria, Bernardo Migliaccio Spina.

Lawrence Ferlinghetti rotto“finalmente”gli s iviamo in una terra così ricca di storia da, effettivamente, dimenticarla. Continuiamo a citarne le auliche origini, a ricordare la Magna Grecia con scintille di orgoglio negli occhi ma, purtroppo, la storia d’amore con la nostra Calabria finisce lì, perché i veri segreti della nostra civiltà appartengono solo ai libri e agli studiosi. L’errore in cui cadiamo è quello di pensare alla storia come un sapere accademico distante dalle persone comuni, la storia ci circonda ed è così attuale che rileggendo l’Odissea ci renderemmo conto di quanto sia meravigliosa. Eppure la fertile e soleggiata Calabria che Omero tratteggiava per mano di Ulisse è tanto vicina quanto distante nel contesto sociale, morale ed economico. L’antica terra dei Feaci sorge sul mare limpido e brillante sulle cui coste approda Ulisse, preda delle tempeste, che viene accolto magnanimamente da Alcinoo alla sua corte, senza esitazioni, senza pregiudizi. Alcinoo rappresenta l’emblema del cittadino greco e dell’ospitalità: conduce Ulisse alla sua reggia, non esita a concedergli abiti puliti né tanto meno ad accoglierlo alla sua tavola imban-

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dita, perché si sa, nell’antica Grecia l’ospitalità era sacra, dietro ogni sconosciuto poteva celarsi una divinità e di questa era possibile acquistarne la benevolenza. “ Al primo / raggio del Sole in numero più spessi / ci adunerem, perché da noi s’ono-

ri / l’ospite nel palagio, e più superbe / vittime immoleransi: indi con quale / scorta al suol patrio, per lontan che giaccia, / possa, non pur senza fatica, o noja, / ma lieto, e rapidissimo condursi, / diviseremo. ”

Sebbene siano passati migliaia di anni e i tempi si siano evoluti oltre che maturati, siamo pronti ad accogliere lo straniero senza diffidenza? Tutt’oggi la nostra terra è meta di migranti che, come Ulisse, cercano un riparo, un attimo di pace, eppure nonostante le peripezie da loro passate e nonostante i molteplici esempi avuti, non tutti siamo pronti ad ospitarli con il sorriso stampato sul viso, come si converrebbe alle origini e all’umanità. È una questione molto delicata, in ballo entra la moralità dell’individuo e la sua capacità di empatia: il diritto all’ospitalità appartiene a tutti. Gli antichi greci potrebbero insegnarci molto anche sull’aspetto economico, “quanto i Feaci sono sapienti sugli uomini tutti a reggere l’agile nave sul mare altrettanto le donne son tessitrici di tele; allora Atena donò in grado massimo di fare opere belle ed aver savia mente”. Quando Ulisse arrivò in Calabria trovò una terra florida e ricca di potenzialità: non solo il territorio in sé si presentava come la perla del Mediterraneo con il suo mare limpido e le coste tuttora invidiate da tutto il mondo, ma gli stessi cittadini, sia uomini che donne, impegnavano le loro giornate nella produzione di beni destinati al commercio, tra cui le magnifi-

I strisci pedonali a Locri I ragazzi del Liceo "La Cava" di Bovalino protagonisti di un progetto ambizioso Lo scorso 1 aprile, presso la Villa Romana di Casignana, ha avuto luogo la conferenza stampa di presentazione del lavoro di monitoraggio civico sul progetto "Magna Graecia Teatro Festival 2013" del team "Megale Hellas", di cui fanno parte i ragazzi del Liceo classico "Francesco La Cava" di Bovalino. Il liceo ha aderito al progetto "A Scuola di OpenCoesione", un percorso innovativo di didattica interdisciplinare che abitua i giovani alla cittadinanza attiva e che permette loro di acquisire delle nozioni in merito ai Fondi Strutturali stanziati dall'Unione Europea e alle politiche di coesione. L'evento è stato introdotto dalla professoressa Maria Caterina Lo Giudice, referente del progetto. A seguire i saluti della dirigente scolastica, la professoressa Caterina Autelitano per poi passare agli interventi del sindaco di Casignana, Antonio Crinò, del Presidente dei sindaci della Locride, Rosario Rocca, e del presidente e vicepresidente del Centro dell'Europe direct Gioiosa Jonica, Alessandra Tuzza e Loredana Panetta. È stato poi presentato il lavoro di monitoraggio dei fondi da parte del Project Manager del team, lo studente Giuseppe Strati, che non ha mancato di sottolineare i numerosi visitatori accorsi presso la Villa Romana di Casignana grazie all'attuazione del progetto e ai risvolti mediatici che ne hanno fatto seguito.

Cocchi misata arretu, cu na Poesia, riferia o Comuni, a accui funzioni facia, ca di “Strisci Zebrati” chiamati PEDONALI, non c’era cchiù nu signu, mancu nte laterali. Pregava l’incaricatu, cu grandi cortesia, a questioni nteressava, non sulamenti ammia. Noncifù risposta, forzi mancu a leghiru, e s’a leghiru sindifricaru, o megghiu sindifuttiru! Nta Via I° Maggio 70, da tempi lontani, scumapariru totalmenti, i strisci pedonali. Nci sunnu Uffici e Nigozi, assai frequentati, e i Machini vannu fujendu, a velocità sfrenati. Si cocchi cosa succedi, o s’ammazza cocchiunu, u ndaviti nta cuscienza, e noncesti perdunu! Approfittati mò, chi strati sunnu asfaltati, natt’occasioni a stessa, cusapi quando a trovati. Nicola Pelle

Locri: torna il Carmelitano d Torna il “Carmelitano d’Oro”, concorso canoro per giovanissimi. Dal 7 al 9 luglio 2017, il piazzale della Chiesa Cattedrale della città di Locri sarà ancora palcoscenico per le meravigliose voci di talenti da scoprire. Un appuntamento atteso da tempo, per la cui realizzazione è stato determinante l’arrivo del nuovo parroco, Don Fabrizio Cotardo. In pieno spirito di collaborazione e condivisione, la comunità parrocchiale insieme a Don Fabrizio ha fortemente voluto la ripresa dello storico concorso. Il Carmelitano, nato nel lontano 1985, negli ultimi ventisei anni, purtroppo, si è svolto solo due volte, nel 1992 e 2011. In queste ultime due edizioni tantissimi gli ospiti e tra questi, nel 1992, vogliamo ricordare la tredicenne Annalisa Panetta, oggi in arte Lisa, che nel 1997 ha trionfato a Sanremo ottenendo il secondo posto tra i giovani e nel 1998 ancora seconda tra i giovani e terza tra i campioni con la canzone “Sempre”. Nella successiva e ultima edizione, 2011, vinta da Sofia Certomà (cat. Bambini) e

Noemi Catalfamo (cat. Junior), vogliamo ricordare i comici Battaglia&Misefari, la regista Grenci, i giovani cantanti Manuela Foti, seconda a Sanremo Giovani, Ermes Nizzardo e ancora i Marvanza e la Scuola di danza “Voci di Primavera” che ha coreografato le canzoni delle tre serate. Ricordiamo anche che la serata finale è stata trasmessa in diretta da Studio 54 Network. «Da subito, al fine di conoscere i suoi parrocchiani, Don Fabrizio si è messo all’ascolto e, grazie anche alla sua gioventù, ha portato nuova linfa e sono nate, sin dai primi incontri, delle proficue collaborazioni – spiegano gli organizzatori del concorso - La collaborazione è fondamentale per una comunità parrocchiale che vuole guardare avanti e crescere, quanto più possibile, in comunione. E’ normale vedere sacerdoti e laici lavorare e progettare insieme. E’ dal lavoro d’insieme che si forma la Comunità normale e poi, nella normalità, si cresce. I diversi carismi e i diversi doni bisogna esercitarli anche e soprattutto al servizio

della Chiesa, casa di tutti. I Pastori, che sono la guida, non possono assumersi tutto il peso della Missione. A loro il compito di riconoscere i carismi e poi insieme cooperare, programmando attività condivise, per il bene comune. Così facendo la Chiesa potrà essere APERTA e, se aperta, potrà essere PARTECIPATA e, se partecipata, a sua volta potrà essere VIVA». Lo staff del “Carmelitano” è costituito da Don Cosimo Castanò, parroco di Sant’Agata del Bianco, compositore e cantante di testi sacri, Renato Gargiulo, co-fondatore del Coro Diocesano Laetere e compositore di testi sacri, Ernesta Castanò cantante, Leonardo Mollica cantante e musicista, Elisabetta Fazzari professoressa e maestra di violino, Stefania Gratteri, farmacista e cantante coro diocesano, Cosimo Damiano Marafioti storico, scrittore, maestro di scherma medioevale e musicista. Coordinatore Marcello Pezzano. Il concorso, che si avvale ancora della collaborazione di STUDIO 54


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ha schemi che opere tessili di accurata raffinatezza e beni agricoli; è quindi particolare come nessuno potesse anche solo immaginare una vita quotidiana senza lavoro e come ciò abbia comportato la comunità dei Feaci che al giorno d’oggi corrispondono agli abitanti calabresi e il loro regno ad uno stato di ricchezza, non solo economica ma anche intellettuale. Il progresso analogamente ad una catena, si costituisce di tanti anelli l’uno concatenato all’altro: menti pronte ad accendersi alla lampadina delle invenzioni fanno scaturire una migliore condizione di vita e così via. Allo steso modo i Feaci riuscirono in questa impresa a costruire una catena solida e forte. Purtroppo però, anche il ferro è sottoposto alla corrosione e al giorno d’oggi la catena idealmente fondata dai nostri avi greci non si è mantenuta così solida come si sperava. Servirebbe infatti riscoprire, come fece Ulisse, le potenzialità economiche della nostra terra, imperniandosi in questa riportarla all’antico splendore. Avvolta da un alone magico fra storia e leggenda, questa parte della Calabria, prediletta dai popoli che di volta in volta si sono susseguiti lasciando tracce visibili della loro permanenza, potrebbe diventare un’ importante e rinomata area turistica. Senza aspettare che l’altro agisca, ogni cittadino

deve sentirsi attivamente partecipe e contribuire al progresso, perché si sa, il cambiamento non viene mai da un solo singolo individuo. Insieme per il cambiamento. Uniti per il progresso. Un progresso che deve essere rumoroso, scatenare sconcerto in tutti coloro che vogliono una Calabria zitta e soffocata in se stessa. Dobbiamo, in primis, noi giovani fare rumore, così come lo fecero gli autori della “Beat Generation” negli anni ’90 come ci insegna uno dei più grandi ed importanti nomi tra questi, Lourence Ferlinghetti, che ci ha consegnato una nuova versione di Ulisse, non quello classico ma un avventuriero e un uomo a cui piaceva essere attorniato da molte donne. Ancora una volta Ferlinghetti ha rotto completamente i legami con la tradizione, dandoci così un esempio di ciò che dovremmo fare. Che sia nel suo esempio la scintilla del fuoco che dobbiamo noi saper far scoppiare? Sia Lourence il nostro mentore e lasciamoci condizionare non dal volere dei potenti ma dalle nostre anime e dal “Beat” che scandisce i battiti dei cuori, all’inizio alzati verso il progresso per una Calabria migliore. Alunni alternanza scuola-lavoro Liceo Classico “Ivo Oliveti” Locri

Nel prossimo film di Woody Allen l'attore Steve Schirripa, originario di Riace L'attore Steve Schirripa, originario di Riace e famoso soprattutto per aver impersonato il ruolo di Bobby "Bacala" Baccalieri nella pluripremiata serie televisiva dell'HBO "I Soprano", sarà nel cast del prossimo film di Woody Allen, "Wonder Wheel". Della prossima fatica del genio statunitense si sa ancora poco. Dalle uniche indiscrezioni emerse, pare che il film sia ambientato negli anni ’50 e che si svolgerà a Coney Island. "Abbiamo ricreato il Parachute Jump - ha dichiarato il regista. - Anche le spiagge soleggiate. Non è più il mio compito correre in giro per trovare le location giuste. Oggi viviamo nel futuro. Mentre sono a casa mia, qualche nerd con gli occhiali in un ufficio davanti a un computer pigia dei tasti e crea spiagge soleggiate". Oltre Steve Schirripa, i protagonisti saranno Kuno Temple, Kate Winslet e il noto Justin Timberlake.

Athína, mon amour

Con il ricordo è possibile viaggiare nel tempo. Il tempo che scorre, dall’inizio ad oggi, sempre con le stesse scadenze, milioni e milioni di anni, non si è mai perso un appuntamento, con le piogge o con il periodo del sole che picchia, ma sempre un passaggio dolce, da un periodo all’altro. Quel tempo regalatoci dal meccanismo del vario movimento dei corpi celesti, che a loro volta devono questo movimento a due fattori fondamentali: la distanza dal sole e la loro massa. Ma lasciamo queste nozioni di fisica agli studenti, torniamo al primo detto: possiamo viaggiare nel tempo? Materialmente per ora, ancora no, ma l’uomo è dotato di tante possibilità positive, tra le quali, il ricordo! Ricordare è un po’ rivivere episodi lontani nel tempo, e se il ricordo è vivido si ha un trasferimento, quasi materiale, nel passato! Quando, gli archeologi ritrovano antiche vestigia di civiltà di tanto tempo trascorso, di migliaia di giri della terra intorno al sole, ecco venir fuori storie epocali, l’Egitto, la Grecia... Trovando, scoprendo, si viaggia nel tempo, per andare alle origini dei popoli. Per costruire la storia umana! Si ricostruiscono periodi del viaggio dell’uomo, nel tempo. I reperti archeologici ci danno la vera, materiale visione delle mete

d’Oro

raggiunte dalle società umane che li hanno prodotti. Accanto agli oggetti materiali, ai monumenti, agli immobili che hanno superato la furia della lontananza temporale, c’è un altro prodotto dell’uomo che appare nei ritrovamenti: il prodotto del suo pensiero, tramandatoci con i ritrovamenti grafici, cioè gli scritti. Ed ecco apparire i grandi personaggi, i guerrieri, i conquistatori, i filosofi e la nascita della filosofia, quindi la Grecia, anche se molti attribuiscono qualche merito all’oriente, sebbene qui si tratti solo di religione. Sin dai primi anni di scuola, nei giovani di oggi, di mente sana, nasce il desiderio del sapere, che con il passare dei momenti importanti dell’età, si indirizza verso una branca dello scibile. Ma dai primi anni incomincia sempre, e per tutti, la scoperta delle origini. La storia del popolo di appartenenza, cosa indicano i reperti trovati scavando nella nostra terra… ed ecco diventare sempre più impellente la domanda della conoscenza, il desiderio di vedere, di viaggiare per trovare da dove arrivarono i nostri antichi progenitori. Dal generale, è d’uopo, scendere un po’ al particolare. Precisare luoghi della posizione del sito della nostra provenienza: Calabria, zona ionica, ma compresa nei luoghi denomina-

ti nel passato MAGNA GRECIA! Sicilia, Calabria, Campania, Puglia abbondano di vestigia lasciateci a conferma della meravigliosa civiltà raggiunta dai nostri progenitori! Certo è che pochi sono i popoli attuali che possono vantare tali origini! Origini così lontane, che si contano in migliaia di anni trascorsi. Le vicende storiche susseguitesi nei vari momenti, ci portano oggi al desiderio di partire e andare a trovare i nostri progenitori. Ecco perché dalla Magna Grecia ci si organizza per partire e

andare a scoprire la Grecia attuale. Oggi, le vicende storiche, ci hanno separati, ci sono stati molti cambiamenti, conflitti terribili, ma non tra i nostri due popoli. Finalmente, nel 1980, uniti in associazione, con molte persone di cultura della Locride, si riesce a formare un gruppo per intraprendere un viaggio alla scoperta della nostra madre terra. Bisogna dare un nome al gruppo riunito: dopo molte sedute, si stabilisce di partire con amicizia, ma solo amicizia è troppo poco; il viaggio dell’amicizia è certamente, ma l’amicizia che cos’è se non pace? Ecco allora che, anche per suggerimento del socio dott.Gemelli, nasce e si forma il nome dell’associazione “Amicizia è Pace”. Quante furono le nostre sorprese in quella Pasqua del 1980! Fummo accolti come fratelli, arrivati dopo tanti secoli dalla terra lontana, chiamarono il nostro viaggio nestos, ritorno, dei figli alla loro madre! Quanta gioia provammo nello scoprire tante parole greche nell’uso del nostro dialetto! Da allora a oggi son passati molti anni, son cambiate molte cose, ma siamo ritornati molte volte nella nostra Grecia e molti greci sono venuti a Siderno. Ricordiamo tra gli altri il gruppo folcloristico Kristallis, formato da più di trenta giovani, compresi i musicanti, ospi-

7-8-9 luglio 2017 alla Chiesa Cattedrale il concorso canoro per ragazzi NETWORK, vuole offrire a ragazzi e giovani di ogni parte, attraverso la musica, l’opportunità di esprimersi, divertirsi, far divertire e, vivendo sani momenti di aggregazione, favorire nuove conoscenze e migliorare quelle esistenti. Al concorso possono partecipare i bambini/e che abbiano compiuto cinque anni e i giovani/e che al 9 luglio 2017 non abbiano compiuto il diciottesimo anno di età. I concorrenti saranno suddivisi in due categorie: “Ragazzi” da 5 a 12 anni e “Giovani” da 13 a 17 anni. Il 7 e l’8 luglio si terranno le qualificazioni e domenica 9 luglio la finale. «La competizione ci sarà, la formula prevede dei vincitori, ma dovrà essere una competizione sana dove tutti i partecipanti dovranno essere l’uno sostenitore dell’altro, come lo sono state le edizioni precedenti. Solo così potremo al termine dire di essere tutti veri vincitori» spiegano ancora gli organizzatori. Sulla pagina facebook “Carmelitano d’Oro” sono disponibili regolamento e modello d’iscrizione.

tati per giorni all’hotel President, per contributo dell’allora assessore regionale al turismo. Andare in Grecia, ancora oggi, non è solo un viaggio nello spazio, ma è per noi magnogreci, un viaggio veramente nel tempo. È vero che troviamo molte parole delle nostre zone, ma oltre questo c’è un comportamento della gente più umano. I buoni e i cattivi sono ovunque, questo è noto, ma bisogna sottolineare che ad Atene l’accoglienza degli italiani è favolosa! Chi scrive, sin da quel 1980 vi è sempre ritornato in gruppo, e ogni volta tutti hanno sempre avuto questa buona impressione sentimentale di Atene. Anche ora importanti avvenimenti culturali ci legano al passato greco: in questo periodo a Siracusa, al teatro greco, si rappresentano opere di Eschilo (andato in scena per la prima volta nel 467 a.C.) e di Euripide del 410 a. C. È dagli anni ‘70 che continuamente con i nostri soci ci siamo recati ad assistere a questi importanti avvenimenti culturali, e anche quest’anno vi andremo! Invitiamo, quindi, tutti coloro che vorranno unirsi a noi in questa straordinaria “riscoperta” a partecipare al nostro viaggio a Siracusa e al viaggio ad Atene. Brown Gio’



CULTURA E SOCIETÀ

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DOMENICA 09 APRILE 21

I FRUTTI DIMENTICATI

A CURA DI ORLANDO SCULLI E ANTONINO SIGILLI

Vitis vinifera L.

Nerello Campoto Tra le centinaia di nerelli che arricchivano le migliaia delle vigne calabresi, fino agli inizi degli anni ’50 del ‘900, prima del cataclisma dell’emigrazione di massa che annientò non solo la viticoltura, ma l’agricoltura tutta della Calabria, spiccava per la sua qualità superiore il Nerello Campoto, ossia il nerello di Campo Calabro, che era conosciuto sullo Stretto perché dava vino di qualità. Le vigne furono le prime a deperire in quanto rappresentavano la coltura che aveva bisogno più delle altre di cura e, di conseguenza, di manodopera. Per avere un’idea di cosa rappresentò la fuga dalla Calabria di tutti i suoi figli migliori e più intraprendenti, essa attualmente produce in tutti i settori , specie nell’agricoltura, cinquanta volte in meno rispetto ai primi degli anni ‘50. Si può restare increduli a quest’affermazione, ma andando nei dettagli ci si convince: manca completamente la produzione di lino, di canapa, di seta, di ginestra; la lana non viene più lavorata perché è scomparsa la tessitura artigianale, la produzione della calce idrata nelle fornaci tradizionali venne subito meno, così pure quella delle tegole, dei mattoni, dei vasi, la concia delle pelle, mancò la

produzione di resina, quella di cicerchia, di lenticchia, di favetta, di ceci, di lupini, venne meno la coltivazione del grano persino nel granaio della Calabria ossia l’area di Crotone, quella dell’orzo, mentre la coltivazione della vite, prima presente in tutto il territorio calabrese, si ridusse in poche aree con produzione di rilievo: Cirotano, il Lametino, l’area del Savuto. Ritornando a Campo, dai paesi circonvicini e da quelli relativamente lontani vi arrivavano dei commercianti per comprare il suo vino e i più vecchi, quelli che si attestano sui novant’anni, sospirando per la nostalgia, ricordano che prima della 2ª Guerra Mondiale, arrivavano, a partire dai primi giorni di dicembre, dei carri a sponde alte trainati faticosamente da coppie di buoi bianchi. Portavano dentro due botti, dalla capacità di circa duecento litri ognuna, che venivano riempite sui carri stessi trainati dai buoi e che poi riprendevano la via del ritorno. Alla fine degli anni quaranta del ‘900 i carri si videro venir meno perché cominciarono a essere usati i camion, ma già verso la metà degli anni ’50 del ‘900, i commercianti che arrivavano a Campo diminuirono di numero per

una serie di motivi. Tanto per cominciare la gente cominciò a emigrare in maniera massiccia, raggiungendo specialmente l’America del Nord, quella

meridionale, l’Australia, e marginalmente il Nord Italia e qualche paese Europeo. Inizialmente emigrarono gli uomini, i consumatori di vino pertanto, e tra di essi gli zappatori di vigne, coloro che lo consumavano più degli altri. Infatti i proprietari di vigne avevano scoperto che quando gli zappatori cominciavano a diventare un po' euforici per via del vino non sentivano più la fatica e zappavano di più; di conseguenza ogni tanto passavano tra i lavoratori dei contenitori di coccio pieni di vino da cui si beveva a fontanella, tramite dei beccucci, oppure direttamente dagli stessi recipienti. Nel dopoguerra, inoltre, cominciò a diffondersi l’uso della birra, che entrò in concorrenza con il vino che continuò, anche per questo motivo, a perdere terreno. Nello spazio di pochi decenni le vigne scomparvero dai paesaggi agrari calabresi e anche a Campo successe la stessa cosa, per cui, se ci si reca attraverso la provinciale che raggiunge il paese, si nota che essa non è più fiancheggiata da vigneti come nel passato. Di recente, andando a Campo, ho constatato amaramente che qualcuno che possiede una vigna ereditata dal padre non conosce

neppure il nerello del suo territorio, che i vigneti sono ormai rari e quelli impiantati di recente sono costituti da vitigni internazionali, specialmente francesi, mentre di quelli italiani i più apprezzati risultano il Nero d’Avola o Nerello calabrese, il Mascalese; ma supera tutti gli altri per la preferenza che gli viene accordato il S.Giovese. Quelli di Campo non sanno, però, che quasi sicuramente il loro Nerello Campoto ha attinenza con il S. Giovese, per cui si scopre il perché da tale vitigno si produceva il miglior nero della provincia di Reggio, considerando che dal S.Giovese si produce uno dei migliori vini d’Italia. Secondo le indicazioni degli anziani interpellati il vino di Campo e dei paesi vicini veniva prodotto usando come base le uve del Nerello Campoto, ma ad esse venivano aggiunte le uve del Petroneri, del Castiglione e, in minima parte, quelle del Giacchinè. Tale Nerello è a maturazione medio-precoce e già ai primi di settembre nelle aree costiere della Ionica reggina, in cui le sue uve erano pronte per essere raccolte. Il suo grappolo è elegante, a forma piramidale, dagli acini quasi sferici, non fitti, che a maturazione diventano ricchi di pruina.

Un libro che ricorda “La vita. Istruzioni per l’uso”, famoso e celebrato romanzo esistenziale e catastale di Georges Perec, accompagnato dalle immagini di “Mon Oncle”, film di Jacques Tati. Ci troviamo in Italia, tra tinelli, cantinette abitabili, taverne, attici e superattici, ammezzati, seminterrati, rogiti, mobili in stile, androni e cancelli, tutti gli ingredienti e gli aggeggi della prudenza e della demenza domestica, come diceva Gadda, costruiti e progettati, subito dopo la seconda guerra mondiale, tra Roma, Milano e Torino e imitati nelle mille periferie italiane.

ROMANZO CATASTALE PASQUALE GIURLEO PROBABILMENTE ARCHITETTO Vi parlerò questa settimana di un libro che ho trovato in un mercatino dell’usato a Londra che si intitola “Storie di case: abitare l’Italia del boom” della Donzelli. Il ritrovamento non mi ha sorpreso, in Gran Bretagna c'è una seguita branca degli studi storici che si chiama House History e dal 2000 la Bbc ha mandato in onda la fortunata serie televisiva House Detectives che riesumava segreti e misteri di cottage e magioni. Ci sono esperti che consigliano agli appassionati di scavare negli archivi, ma anche in cortile o sotto la carta da parati del proprio villino a schiera. In Italia non siamo così sensibili a questi temi, ma si potrebbe cambiare idea leggendo proprio questo libro. Sfogliando le 524 pagine del libro si sprofonda in un romanzone sociale in 23 capitoli (quanti sono i palazzi, i grattacieli, i falansteri e le città giardino presi in esame fra Roma, Torino e Milano) redatto da un manipolo di architetti, storici e urbanisti che sfoderano mappe catastali, licenze edilizie, deroghe ai piani regolatori, storie di vicinato, ricordi di famiglia, metamorfosi della vita e degli spazi domestici con la televisione che ha sostituito il caminetto e il tinello rimpiazzato dall'office, ma solo negli appartamenti di un certo tono. Troppo facile definirli anonimi i palazzi e le palazzine dell'edilizia economica e speculativa, o tutte e due insieme, che ha sfigurato le città italiane nell'inarrestabile boom edilizio dal Dopoguerra agli anni ’70. Sono in molti casi brutti, sgraziati, abusivi, ma anonimi proprio no. Quei casermoni o quelle strane geometrie in forma di villino che non comunicano niente, se non alienazione e squallore, custodiscono in realtà un patrimonio di storie, sogni, ambizioni, impicci e conflitti degni di Balzac. La conquista di un tetto sicuro da parte dell'Italia povera e inurbata, l'aspirazione tenace al decoro domestico della piccola borghesia vogliosa di distinzione, le ambizioni di modernità, sicurezza e simil-lusso dei ceti un po' più alti che, all'improvviso, hanno deciso di abbandonare la città per isolarsi in certi condomini periferici sul modello del suburbi americani pieni di verde, a volte cupissimo. Anche nelle «case per i lavoratori», tirate su con i risparmi faticosissimi delle famiglie monoreddito e le agevolazioni della legge Tupini del 1949, l'idea che il sospirato appartamento dovesse rappresentare (o millantare) il raggiungimento di uno status e costituire un baluardo contro i pericoli, ma anche la volgarità o la semplice miseria del mondo esterno era un pensiero fisso. Che si materializzava con l'attenzione ai dettagli: la signorilità dell'androne, la rispettabilità della sala, in seguito diventata soggiorno, il ricorso ai mobili in stile antico che simulavano improbabili eredità di antenati benestanti. Prendiamo il complesso con piscina di via Acqua Bullicante al Prenestino, periferia non proprio agiata di Roma; nei primi anni Sessanta, la Società Generale Immobiliare, che fa capo allo Ior del Vaticano, cementifica a tutto spiano finché non finisce tra le mani di

Michele Sindona, responsabile del suo fallimento, riempie i quotidiani locali con questo genere di inserzioni: «Con meno di due milioni in contanti una casa vostra» o «Al Prenestino ci si può affacciare sul blu di una piscina». Questa cosa della piscina, objet trouvé improbabile, diventa un tratto di distinzione in tutto il quartiere e perfino un toponimo: si dice dove c'è la piscina. Tutti contenti e distinti. Si socializza, si risparmia sulle vacanze perché non c'è quasi più bisogno di andarci, i bambini sguazzano e fanno amicizia con i figli degli altri condomini, le mamme che cominciano a lavorare stanno tranquille perché chiamano le nonne a sorvegliarli mentre loro sono via. Poi però le mamme invecchiano, diventano nonne e si presenta il problema dell'accesso alla benedetta piscina: interdetta ai non residenti anche se sono gli adorati nipotini delle residenti della prima ora. E poi c'è il problema del giardino: i giovani di notte si riuniscono sotto gli alberi e fanno caciara. Gli anziani protestano, si decide di assumere un metronotte, ma quello che costa di meno, perché le disponibilità economiche non sono certo quelle di un condominio di lusso. Va a finire che il metronotte è un ragazzetto del quartiere, amico dei giovani inquilini rumorosi: si unisce alla comitiva e alza il livello degli schiamazzi invece di abbassarlo. Anche i sogni più blu possono diventare un incubo condominiale. La signorilità è una buona chiave di lettura di queste

avventure edilizie, soprattutto se intrecciata alle norme della legge Tupini: a Milano, nel Condominio Anelli di via Bianca di Savoia, zona di professionisti, l'approvazione della legge ridimensiona di molto le pretese dei progettisti e dei futuri inquilini. Il motivo è semplice: la legge promuove il rilancio dell'attività edilizia, ma anche il risparmio. Quindi, non si esageri con i lussi, enunciati dal legislatore in 19 attributi: basta che un edificio abbia cinque di questi attributi e saltano le agevolazioni. Che non sono da poco: la più rilevante è l'esenzione per 25 anni dall'imposta sui fabbricati. Così il Condominio Anelli rinuncia alla facciata in pietra naturale, all'ingresso e alle scale in marmo, all'ascensore di servizio, all'office davanti alla cucina e all'impiego di legni pregiati per porte e finestre. Stessa procedura per la torre di piazzale Biancamano con vista parco Sempione: uno degli edifici che negli anni ‘50 ha cominciato a modificare lo skyline milanese. In questo modo, il lussoso diventa signorile. E anche oggi, salendo le scale di un palazzo elegante ma sobrio dell'epoca, un avvertito house detector potrà riconoscere gli indizi della legge Tupini: le rampe con l'alzata in marmo e la pedata e lo zoccolo in ceramica raccontano gli accorgimenti adottati da un'assennata borghesia anni Cinquanta che cercava di conciliare le pretese del decoro con quelle del fisco. In questa irresistibile ma giudiziosa avanzata verso lo status, ci si sposta in periferia,

barattando la comodità di una casa più grande, moderna, luminosa e soprattutto protetta, con la scomodità dei trasporti più lunghi per andare e tornare dal lavoro. Negli anni Settanta, a Milano, fanno gola i Giardini La Viridiana, «42mila metri quadri di parco privato interamente cintato» punteggiati da torri e villette, dalle parti di Baggio, quartiere che all'epoca non aveva proprio una buona fama: «Non andare a Baggio se non hai coraggio» si diceva. Ai primi tempi in portineria c'era la guardia armata, ma l'appartamento campione allestito in cantiere aveva un coloratissimo arredo curato da Cassina per suggerire ai futuri condomini come sistemare in modo nuovo, razionale e confortevole quelle case-fortino tanto moderne. Le successive liti sull'uso della piscina e dei servizi comuni mantennero invece un tono piuttosto tradizionale: i primi colonizzatori ingrigiti contro i giovani e i nuovi venuti. Pulsa la modernità a Collegno, nella prima cintura torinese. Dai piani alti dello Sky Residence si vedono le Alpi millenarie e le casette di paese, ma nei due blocchi bianchi e blu le ultime novità dell'architettura e del design ci sono tutte. E gli inquilini sono ancora oggi estremamente gratificati dalla qualità estetica che li circonda. È una storia anni ‘60: l'architetto Massimo Cotti non può firmare il progetto perché è solo un geometra. Studente lavoratore, si iscrive alle scuole serali per prendere la maturità artistica che poi gli permetterà di andare all'università e laurearsi in Architettura, nel 1975, a 42 anni, quando la costruzione dello Sky è già terminata da cinque. A proposito di rapporti di vicinato, altro filo rosso del racconto, si potrebbe desumere che meno soldi circolano meno si litiga. Anche perché una delle peggiori cause di conflitto sono gli abusivismi, che una certa disponibilità economica la richiedono. Nella palazzina romana dei Parioli dove abitò Eduardo De Filippo (inquilino peraltro mitissimo dotato di due mastini altrettanto miti che temevano il gatto dei vicini) il tasso di liti giudiziarie per soprelevazioni, cedimenti strutturali dovuti a demolizioni disinvolte e appropriazioni indebite di spazi comuni è percentualmente il più alto. Invece, nelle «case per lavoratori» del Consorzio Pitagora, miscela potenzialmente esplosiva di cooperative bianche e rosse di Torino, le cose sono filate relativamente più lisce. È insomma una grande autobiografia collettiva che racconta di quelle aspirazioni potenti e desideri di una classe media nazionale (l'Italia è il Paese d'Europa con il più alto numero di proprietari di case) che si sono trasformate rapidamente in consumo di territorio e, quindi, nuova, problematica forma delle nostre città. Ma questo libro è anche testimonianza della fragilità di un immenso patrimonio immobiliare che sta rapidamente invecchiando, al pari di quella borghesia che lo aveva desiderato con tanta forza. Come scrive giustamente De Pieri nell’introduzione “le case del boom rappresentano una sfida e una risorsa, un punto di passaggio per immaginare un possibile futuro urbano”. Credo che proprio questo sia un ulteriore, importante contributo che il libro ci offre e che punta dritto al cuore malato di molte nostre città in attesa di soluzioni diverse e sostenibili.


Tre Panetta Mimmo Panetta e Peppe Panetta, compagni del vecchio Partito Comunista, attorniano con affetto Barbara Panetta, compagna del nuovo Partito Democratico che ha recentemente ritrovato la serenità grazie alla consegna della sua agognata tessera.

Nuove sinistre Massimo D’Alema e Santo Gioffrè, muniti di coloratissimo pass, si incontrano al congresso nazionale della nuova sinistra italiana.

Facce illustri Maurizio Baggetta, Maurizio Reale e l’attore Paolo Ruffini posano insieme per un selfie esplosivo alla Borsa Internazionale del Turismo di Milano. Ospiti d’eccellenza Cecilia Rodriguez posa con Luigi “il Gomma” Rescigno durante l’inaugurazione del nuovo centro scommesse di Marina di Gioiosa Jonica.

Reggini europei Una delegazione di giovani amministratrici reggine si lascia immortalare dinanzi al Parlamento Europeo, a Bruxelles.

Destre convinte Il granitico della destra calabrese, Giuseppe Scopelliti, si stringe al giovane baluardo Filippo Savica, mai così convinto di dover continuare sulla strada intrapresa a suo tempo.

Accordi navali La storica stretta di mano tra Giorgio Sotira e il responsabile della nave da crociera Artemis, approdata la scorsa settimana al Porto delle Grazie.

Discese ardite Angelo Pasqualino, organizzatore della gara di Motocross svoltasi due settimane fa sulla spiaggia di Siderno, abbraccia i genitori dopo una rovinosa caduta che, fortunatamente, non ha avuto alcuna conseguenza.

Saluti ballati Alfredo fa un grande in bocca al lupo a i suoi fratelli Osvaldo, Carmelo, Antonio e Francesco e alle sue sorelle Giulia, Luana, Federica, Paola e Francesca, che hanno recentemente iniziato le trasmissioni su Radio Dance.

Riconoscimenti politici Ninì Scordino e il presidente dell’assemblea dei sindaci della Locride Franco Candia siedono vicini durante un’incontro politico nel quale il primo cittadino è costretto a riconoscere al professore le grandi doti del suo maestro, anche se uno militava nel PCI e l’altro nella DC.

Festeggiamenti moderati Il nostro amico Sergio Delfino festeggia così la vittoria della sua squadra di Bovalino nel campionato del calcio a cinque.


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DOMENICA 09 APRILE

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U sangu di’Terroni BRIGANTESSA SERENA IANNOPOLLO

Il recupero dei legumi Calabresi attraverso la ciceriata di Maida ecentemente ho partecipato alla festività popolare e religiosa dedicata ai legumi: la ciceriata a Maida (CZ). Al vecchio convento dedicato a San Francesco di Paola, ogni anno, si ripete la sagra votiva alla quale partecipa tutto il paese e pellegrini da tutta la Calabria. I partecipanti, portando le loro pentole che vengono riempite di pasta e ceci, consumano il pasto sotto gli ulivi tutt’intorno alla chiesa e ai ruderi del convento. Sono utilizzate circa 30 “coddare” per preparare a cura dei cuochi volontari i circa 300 kg di ceci insieme ai circa 600 kg di pasta cucinata e condita con più di 150 litri d’olio extra vergine d’oliva, tutti donati dai cittadini Maidesi. Vista l’atmosfera religiosa mi è venuto spontaneo fare anch’io un’offerta e ricevere in cambio un dolce votivo, a “vuturejia”, preparato da un

R

fedele che ha ricevuto una grazia in donazione al Santo. Poi dopo aver parlato con il Parroco che mi ha raccontato che la festa è organizzata dall’Associazione ONLUS di volontariato, colto dall’emozione di questa bella iniziativa ho promesso che ad ottobre, dopo la raccolta delle oliv,e potrò provvedere alla potatura degli ulivi del giardino del convento dove ci sono i tavoli allestiti per i pellegrini, naturalmente sempre in compagnia di Costantino Voci, che mi ha anche accompagnato in questa occasione ed è tornato a riprendermi nel pomeriggio. Mi auguro che questa festa possa diventare uno degli appuntamenti divulgativi di valorizzazione dei legumi del mio progetto “recupero e valorizzazione antiche leguminose da granella della Calabria”. Giovanni Gatti

ConVersando...

Rubrica di enologia a cura di Sonia Cogliandro

“CostaViola”IGT: ilvinodei terrazzamentieroici Propaggini dell’Aspromonte occidentale si tuffano tra le acque cristalline del periglioso mare di Scilla e Cariddi. Pareti di roccia in cui si aprono anfratti di una eleganza ruvida si alternano alle strette lingue di sabbia o di ciottoli che ammorbidiscono l'inflessibile scenario. Cangiante amalgama di elementi struggenti e diabolici, inghirlandata da pendici foderate di macchia mediterranea frammisti a piccole fette di terra strappate a ripide colline e trattenute dai caratteristici muretti a secco chiamati armacìe. Davanti all'immobilità apparente e vertiginosa dei crinali aspromontani, sui quali è difficile anche mantenere l'equilibrio, si intravedono le sagome di una schiera di viticoltori definiti a ragione eroici. Con sfibrante cura praticano una viticoltura in un contesto estre-

mo che si snoda da Capo Barbi alla rupe di Scilla, lungo il litorale tirrenico, toccando diversi comuni (Palmi, Seminara, Bagnara Calabra e Scilla), valorizzando vitigni autoctoni, terroir difficilie producendo opere pregiate, autentiche e irripetibili. Qui, dove la natura gironzola a briglie sciolte e i tramonti si colorano di riflessi violacei, nascono i vini a Indicazione Geografica Tipica «Costa Viola» bianchi, rossi e rosati. Stappiamone uno rosso: color rubino carico e luminoso nel calice. L'olfatto rimanda a immediate atmosfere marine, cui si affacciano le note caratteristiche e intense dei vitigni autoctoni che lasciano gradualmente il posto a profumi di frutta rossa con un potente sentore di prugne. Di buona struttura, in bocca vince l'eleganza, giocata sulla sobria combinazione dimorbidezza, giusto livello di tannicità e freschezza, allungata da una salinità appagante e un'acidità succosa con echi fruttati sul finale. Retrolfatto in linea con i ricordi fruttati in concerto con l’intrigante mineralità. Un vino controcorrente, intenso e senza spigolature, sensuale e non scontato, partorito in una natura ai limiti del selvaggio che convive con l'uomo in un perpetuo, emblematico, braccio di ferro nel quale nessuno dei due contendenti, in realtà, vuole vincere.

‘Ndavìanu 14 anni, cocchiunu 16. Quandu jìa bbonu ‘ndavìanu 18. Chista era l’età giusta pemmu, a Patria matrigna, u ti chiama ‘nta guerra. “La grande guerra” a’ chiamaru. Era a guerra giusta, chiglia chi ‘ndavìa u ‘ggiusta tutti i cosi ‘nta penisola appena unificata (ca’ forza). Era a guerra chi ‘ndavìa u faci l’italiani, pecchì finu a tandu non esistìanu l’italiani. E quali megghiu occasioni pemmu si utilizzanu risorsi umani frischi, tantu acerbi chi mancu sapìanu chi stava succedendu? Infatti sti poveri cotrarelli eranu chiamati u combattunu pe’ na’ Patria chi non volìa a sapìri si eri preparatu, si ‘ndavivi figghi, si eri picciulu, si eri idoneo. Si ti lamentavi o disertavi era peju, pecchì u comandanti si lavava a coscienza cu nu corpu siccu ‘nta testa. Tutti sti cosi chi dicu, avundi si trovanu? A nuglia parti, pecchì ‘nte libri da’ scola non dinnu nenti, e peju ancora si sì faci na ricerca supa a google, nesciunu sulu sfilzi i numeri e mosse, tipo “risiko”: tanti morti, tanti feriti, sordati caduti, generali chi ordinanu l’avanzata, a guerra i trincea, l’alleanzi, i patti segreti… e cu vincìu. A cosa peju è ca sti pagini friddi ennu chigli chi si ‘mparanu i studenti pemmu pigghianu armenu 6 all’interrogazioni. Ma a guerra cu a cumbatti? I sordati ennu a cosa secondaria pe’ cu scrivi libri i storia, ma cu ‘sta guerra scumpariru quasi tri generazioni i omini, e chigli chi pagaru cchiù assai furu propriu i meridionali, chi furu carni i macellu senza u sannu pecchì, difendiru l’interessi i na para i perzuni chi mancu a combattiru ‘sta guerra. E ‘ndavi u m’è propriu nu piemontisi chi ‘ndi comunica tutti sti dati? Pari ca si: Lorenzo Del Boca, il sangue dei terroni.



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