Riviera nº 16 del 15/04/2018

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IN BREVE

la vetrina

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A più di due anni dalla sua inaugurazione la Cittadella Regionale fa ancora (s)parlare di sé. Ascoltando le argomentazioni dei detrattori, tuttavia, ci siamo resi conto che nessuno di loro parla a ragion veduta e che si sta colpevolmente omettendo un capitolo importante della nostra storia.

ISTRUZIONI PER L’USO

Si prega di informarsi bene prima di parlare della Calabria

Il colpevole omissis di chi ha criticato la dislocazione delle sedi regionali nella nostra regione non tengono conto dei moti di Reggio del 1970, dei morti che essi hanno provocato e dell’assedio militare della città con cui si conclusero. 29 gennaio 2016, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il Governatore Mario Oliverio ha inaugurato la nuova sede della Regione Calabria a Germaneto. Nulla di eclatante se non fosse che la Cittadella regionale è stata paragonata per dimensioni, costi ed edifici adibiti al personale, alla Reggia di Versailles in Francia. Il palazzo della Regione, infatti, occupa una superficie di 65.000 metri quadrati, i suoi costi sono lievitati dai 53 milioni previsti nel 1987, anno di pubblicazione del bando per la sua costruzione, ai 160 di fine lavori e il complesso vanta 14 edifici capaci di ospitare tra i 3.500 e i 5.500 dipendenti, rispetto ai circa 2.000 attualmente in servizio. Numeri ragguardevoli, che tuttavia hanno fruttato, secondo Oliverio, un risparmio per le tasche dei calabresi di ben 6 milioni e 466 mila euro. A denunciare per primo lo spreco di denaro pubblico che si nasconderebbe dietro la costruzione dell’edificio, tuttavia, è stato il giornalista e saggista Sergio Rizzo. In un suo articolo del 2016, pubblicato dal Corriere della Sera, aveva infatti definito la Cittadella uno sperpero di denaro pubblico, un vero e proprio “mare magnum di spazi inutilizzati nel quale non si è riusciti a trovare una collocazione nemmeno alla struttura commissariale attualmente ospitata nella sede di Palazzo Alemanni in pieno centro storico a Catanzaro”. In questi giorni, nelle trasmissioni televisive, si è tornati a parlare della Cittadella Regionale attraverso servizi che hanno contribuito a gettare benzina sul fuoco della polemica. La trasmissione televisiva di Rete 4 “Quinta Colonna”, ad esempio, ha trasmesso immagini che ritraevano documenti accatastati, uffici vuoti, e spazi non sorvegliati. Cavalcando l’onda, pochi giorni dopo anche Massimo Giletti, su La 7, è tornato sull’argomento, invitando a “Non è l’Arena” lo stesso Rizzo, ritornato volentieri sullo spreco di denaro tipicamente calabrese rappresentato dalla Cittadella. Ovviamente, come in ogni trasmissione, intervista o articolo, quando si parla del Sud, e in particolare della Calabria, si tende sempre a raccontare gli aspetti loschi, riportando spesso notizie parziali. Lo spettatore, ormai ridotto a consumatore di verità nascoste, si lascia trasportare da quello che gli viene mostrato, non potendo cogliere la sottile differenza tra

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un servizio confezionato ad arte e uno più attinente alla realtà. Parlare soltanto dei tempi e delle risorse investite, infatti, non rende giustizia al progetto della Cittadella. Nella trasmissione di La 7, ad esempio, si è ironizzato molto senza sottolineare tuttavia che il trasferimento del Dipartimento regionale della Protezione Civile presso il palazzo della Regione ha dato un taglio netto a sprechi e privilegi. Tantomeno si è parlato del parcheggio, un fiore all’occhiello che farebbe invidia anche ai più sontuosi edifici nazionali ed europei: diviso per zone, è contrassegnato da insegne e strisce colorate, con l’area riservata ai portatori di handicap, alle donne in dolce attesa, ai taxi, alle auto elettriche e ibride, ai motocicli, ai mezzi di carico e scarico. Per non parlare infine del fatto che, se nel 2014 gli uffici della Regione erano dislocati in ventitré sedi, con una spesa di gestione complessiva degli immobili di 15 milioni e 317 mila euro, nel 2018 tale cifra è scesa a 8 milioni e 851 euro. Un risparmio del 42%. Forse, se a tagliare i costi fossero state la Regione Lombardia o Veneto ci saremmo messi sull’attenti, ma credere che possa accadere in Calabria ci fa soltanto scuotere la testa nella convinzione che si tratti di una bufala. Come se non bastasse, l’atteggiamento tenuto dai conduttori di Rete 4, La 7 e Rizzo, dimostra una totale mancanza di conoscenza del contesto storico in cui sono state operate determinate scelte amministrative nella nostra regione. Motivo principale delle critiche alla Cittadella, infatti, è stata la considerazione che, nonostante la struttura ospiti gli uffici della Giunta, lo staff del Presidente e i vari dipartimenti, la sede del Consiglio Regionale resta ubicata a 157 chilometri di distanza dal capoluogo, presso il Palazzo Campanella di Reggio Calabria, evenienza che rende la nostra regione l’unica in Italia ad avere Giunta e Consiglio non solo in due sedi distinte, ma persino in due province differenti. Ciò di cui non hanno tenuto conto i detrattori, tuttavia, è che il motivo di questa distinzione ha una precisa origine storica. Facciamo riferimento ai moti che scossero Reggio Calabria tra l’estate del 1970 e l’inverno del 1971, in seguito all’istituzione degli Enti Regionali. Nonostante fino ad allora Reggio fosse considerata dai più il capoluogo della nostra regione, infatti, l’istituzione dell’ente avrebbe trasferito il titolo a

Catanzaro, ingenerando mesi di dibattiti, scioperi e manifestazioni che terminarono solo con l’assedio della città e i carri armati sul lungomare. Per alleggerire la tensione di una scelta imposta dall’alto, a Reggio venne concesso solo il compromesso politico del “Pacchetto Colombo”, con il quale sarebbe nata la divisione degli organi istituzionali della Calabria ancora oggi in vigore. Insomma, a parlare siamo tutti bravi, e lo sappiamo, ma un conto è raccontare una favola per bambini, un altro è sproloquiare con toni sventati. È facile, a questo punto, dedurre che coloro che si sono professati preparati, hanno fatto ben misera figura nei confronti della Calabria, danneggiandone tuttavia ancora una volta l’immagine agli occhi del resto del Paese. Indignazione massima, in tal senso, è stata giustamente espressa dal Governatore Oliverio che, in una nota stampa, non solo ha rimarcato i vantaggi di una sede unica, ma ha letto nel dibattito sulla Cittadella una “vicenda che non colpisce tanto la parte politica quanto piuttosto la Calabria e i calabresi, spesso oggetto di attacchi sulla base di preconcetti pretestuosi e negativi”. Le parole e i toni usati hanno, nostro malgrado, contribuito a strumentalizzare la nostra terra, etichettando noi calabresi con i soliti stereotipi ingiusti e leziosi. L’immagine dei calabresi che si continua a dare all’Italia e al mondo intero ci vede come un popolo rassegnato e atavico, luoghi comuni smentiti apertamente da coloro che non si limitano al “sentito dire”. I problemi della nostra terra sono, infatti, i problemi di qualunque terra. Limitarsi a pensare che certe situazioni e certi sprechi si verifichino solo in Calabria farebbe esclamare al povero Fantozzi: «È una cagata pazzesca!» Non dimentichiamo, infatti, che il paese dei balocchi, come molti pensano sia la Calabria, racchiude e custodisce le origini della civiltà europea. Quando da noi prosperava la cultura e la civiltà, nel resto della Penisola ci si domandava ancora se per accendere un fuoco convenisse attendere che un fulmine colpisse un albero o sacrificare un animale agli dei nella speranza che giungesse già cotto e condito. Condizione che, a nostro parere, dovrebbe bastare da sola a imporre a chiunque voglia parlare o scrivere della Calabria, di raccontare verità concrete e non parziali. Gaetano Marando

Diversi salotti televisivi hanno riportato in auge la polemica che paragona la nostra sede regionale alla reggia di Versailles, eppure di tante altre sedi pubbliche faraoniche non si affermano le stesse cose.


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attualità www.larivieraonline.com

RIACE

Oliverio sostiene Lucano: “Il modello Riace continui a vivere”

II presidente della Regione Mario Oliverio è intervenuto, nel pomeriggio di sabato scorso, all’assemblea pubblica convocata da Mimmo Lucano a Riace per un “rapporto alla città” sull’esperienza dell’accoglienza dei migranti. Il sindaco, commosso, ha ripercorso i passaggi del programma di accoglienza presto ribattezzato “modello Riace” e spiegato come attualmente, in città, vivano 500 rifugiati integrati ai 1.650 abitanti attraverso i laboratori artigianali, la fattoria didattica, il frantoio oleario, l’ambulatorio medico e i corsi per il conseguimento del diploma di terza media. “Riace è un modello a cui fare riferimento - ha dunque affermato il presidente Oliverio. - Il suo è un modello che ci permette di affrontare in termini concreti il problema dell’immigrazione che non si risolve con il filo spinato ai confini. Per questa ragione tale esperienza deve continuare a vivere anche a costo di affrontare una battaglia che ci veda tutti protagonisti”.

SS 106

REGGIO CALABRIA

I sindaci della Locride manifestano per il diritto alla mobilità

Dopo la manifestazione di ieri sul Ponte Allaro, l’Assemblea dei sindaci continuerà la sua protesta realtiva alle condizioni della 106 a Locri la prossima settimana.

Nasce il movimento “Diritti Giustizia Lavoro” Questa settimana è stato formalmente costituito con atto pubblico il movimento “Diritti Giustizia Lavoro”, il cui consiglio direttivo che rimarrà in carica fino all’assemblea costituente è formato dal presidente Andrea Cuzzocrea, dal vicepresidente Giampaolo Catanzariti, dal tesoriere Pierpaolo Zavettieri, dal segretario Ilario Ammendolia e dal Consigliere Mimmo Gangemi. Si tratta di un movimento diretta

emanazione della “Associazione 22 Ottobre” che, unendo le forze con altri movimenti con simili obiettivi in tutto il reggino, cercherà di affrontare temi delicati legati alla difesa della Costituzione italiana e cercare di comprendere come evitare che il potere politico possa sottomettere il potere giudiziario, evenienza assai evidente soprattutto nel nostro territorio. In settimana è prevista la convocazione dell’assemblea degli aderenti per discutere le linee programmatiche, la presentazione alla stampa e l’organizzazione delle prime iniziative pubbliche, mentre continueranno i confronti utili a completare la lista dei soci fondatori da allegare allo statuto, presto messo a disposizione di un notaio per garantire le adesioni formali.

Il Comitato dei Sindaci della Locride, nella seduta tenutasi sabato 7 aprile a Siderno, alla quale hanno preso parte anche i Sindaci di Ardore e Caulonia, ha deciso di indire due giornate di presidio democratico nei comuni di Caulonia e Locri. Alla prima manifestazione, che avuto luogo ieri mattina, alle ore 10:00 pressi il Ponte Allaro, all’altezza del semaforo, ne farà seguito un secondo la prossima settimana, sabato 21 aprile, nei pressi del pre-

sidio sulla nuova SS 106, all’altezza dello svincolo di Locri, cui farà seguito un dibattito presso la biblioteca comunale di Ardore. I due presidi sono stati indetti all’inizio della settimana dal Presidente dell’Assemblea dei sindaci della Locride Rosario Rocca, per protestare nei confronti dell’atavico “stato di precarietà in cui versa la Strada Statale 106, principale arteria di collegamento del litorale ionico reggino e della Locride”, territorio per questa ragione mortificato, offeso e umiliato dalle istituzioni. “In modo particolare -si continua a leggere nel documento, - si sottolinea un’eccessiva e inaccettabile lentezza nell’esecuzione dei lavori sul Ponte Allaro, nel Comune di Caulonia, dove lo stato di disagio a cui sono costretti pendolari e lavoratori sembra destinato a doversi protrarre secondo tempistiche non del tutto definite. Inoltre, relativamente al completamento del tratto di collegamento tra i comuni di Locri e Ardore, non vi è, ad oggi, la dovuta chiarezza né rispetto allo stato attuale della progettazione, né in relazione alle tempistiche che si vorranno attuare per la ripresa dei lavori”.

Le notti magiche di Pasquale Condor Pasquale Prochilo, il Condor. Stile caraibico, anima mediterranea. Lo ricordo da sempre, ma soprattutto a Roma. Mondiali del novanta. Notti magiche. Con una camicia di seta dagli svariati accordi di giallo, tempestati da spirali nere di diversa forma, era bello e dannato, come Napoli e Palermo. Ci siamo divertiti insieme a Re di Roma. Il giorno ci faceva da padre: si alzava di prima mattina a fare la spesa a spese sue, e poi ci cucinava. La notte diventava un fratello. Con la sua Volvo da un milione di cavalli ci buttavamo nella Grande bellezza. “Ah ah, ah ah, a far l'amore comincia tu…Ah ah, ah ah”: sono convinto, o almeno voglio rimanerlo, che Sorrentino abbia notato almeno una volta gli occhi annacquati di gin tonic di Pasquale Condor, prima di pensare a Jep Gambardella. La luce era quella, gli anni e i locali

anche. Poi i casinò del vecchio continente, dove abitava la più bella di tutte, la donna che l’ha sempre sedotto e fregato: la roulette. Sorseggiando scotch serio, il Condor beccava sempre un numero delle sestine tra il 36 e il 10 e tra il 14 e il 29. Con l’11 e il 22 era un fenomeno. «I veri amici si vedono nel momento del bisogno» si dice. Io e il Condor siamo stati amici nei momenti del divertimento. Gli sarò sempre riconoscente perché mi ha fatto sorridere svolazzando sulla banalità dell’esistenza. Con qualche picchiata che ne valeva la pena. E anche se il giorno in cui è volato via ha scandito una canzone brutale e triste, nel nome di Pasquale Condor torneranno ritmi dionisiaci a mescolarsi con note Caribe, e nuovamente fotteremo la morte e il nostro destino provvisorio. Ercole Macrì

Claudio e Raffaele ricordano il Condor Gli amici di piazza Michele Bello hanno voluto dedicare questo pensiero a Pasquale Prochilo, scomparso questa settimana: “L’uomo non può possedere niente fintanto che ha paura della morte. Ma a colui che non la teme, appartiene tutto. Se non esistesse la sofferenza, l’uomo non conoscerebbe i suoi limiti, non conoscerebbe se stesso”. Lev Tolstoj



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L'autobomba di Limbadi, tragedia che ha colpito la famiglia Vinci, ha messo in evidenza la grande e angosciante solitudine di chi aveva già conosciuto il dramma di un attentato, e che per lunghi anni è stato costretto a subire angherie e minacce e a convivere con il terrore e con la paura, avvertendo in ogni momento il fiato della morte sul collo.

Sangue Calabrese

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ILARIO AMMENDOLIA

on credo nella “etnia” e ancor meno nella “razza” ma la madre di Matteo Vinci (per come è apparsa in televisione) mi rende orgoglioso di esser calabrese. Mi ha colpito il suo volto ferito dalle rughe profonde, il suo dolore atroce ma contenuto, le sue parole ferme e dure come macigni. Ovviamente la televisione e i quotidiani nazionali hanno dato alla tragedia dei Vinci uno spazio decisamente maggiore rispetto alla cattura di Strangio che, si badi bene, deve scontare appena due anni e mezzo di carcere. Già mercoledì la strage di Limbadi era scomparsa dalle pagine dei più importanti giornali eppure,è inutile nasconderselo, l’autobomba scoppiata in un piccolo paese della Calabria rappresenta un dramma di inaudita gravità che riporta la nostra Terra molto indietro nel tempo e l'avvicina metaforicamente ai luoghi in cui con il tritolo si è costretti a convivere. Ovviamente ignoro chi possano essere i responsabili della strage ma è certo che ci troviamo dinanzi a criminali militarmente attrezzati, certi della propria impunità, capaci di mettere in campo una insidiosa strategia terroristica di notevole efficacia. È fuor di dubbio, la bomba che ha ucciso il giovane biologo Matteo Vinci e ferito gravemente il padre, ha avuto anche il compito di “consegnare” un “messaggio ” alla comunità di “Limbadi” e, in qualche modo, alla Calabria intera: la ndrangheta è forte, protetta, “ammanigliata” ed è in grado di imporre il proprio volere. Nello stesso tempo, la tragedia dei Vinci ha messo in evidenza la grande e angosciante solitudine di una famiglia che aveva già conosciuto un attentato alla vita del padre, e che per lunghi anni è stata costretta a subire angherie e minacce e a convivere con il terrore e con la paura, avvertendo in ogni momento il fiato della morte sul collo. Si ha la sensazione che in tanto parlar di lotta alla mafia chi si oppone veramente non abbia tutela alcuna e venga lasciato solo con se stesso. Le scorte hanno altre funzioni e ad altri sono destinate. In questi anni, lo “Stato” in tutte le sue espressioni s’è tenuto lontano dei Vinci nel momento in cui sono stati aggrediti, malmenati, artificiosamente processati. Proprio per questo acquistano un immenso valore le parole che l’anziana madre di Matteo ha avuto forza di scandire: “non ci arrenderemo mai”! Una frase tanto più toccante perché “scolpita” mentre il figlio veniva portato in obitorio e il marito si trovava in ospedale a lottare tra la vita e la morte. Sono convinto che questa donna rappresenti la “nostra” Calabria!

Questa “madre coraggio” ci rende molto più orgogliosi della nostra identità rispetto ai tanti prefetti, ministri, procuratori, questori, generali, sindaci e parlamentari che da mane e sera recitano giaculatorie antimafia. È questa la Calabria della “Resistenza” a mani nude alla ndrangheta, senza privilegi, senza fama, senza gloria. Una Calabria che non va in televisione e su cui non si producono discutibili fiction finalizzati più che altro a denigrare sistematicamente la nostra terra; che non occupa le “prime pagine” se non nei giorni delle tragedia, eppure scrive col proprio sangue pagine di autentico eroismo. Non so quanto sia profonda la trincea immaginaria scavata in Calabria da coloro che combattono veramente la mafia; so per certo che i combattenti della prima linea sono le famiglie come quelle dei Vinci e persone normali destinate a restare sconosciute. Qualora un giorno si istituisse il “Registro” dei veri combattenti contro il crimine e per una Calabria migliore, i nomi di costoro dovrebbero essere scritti a caratteri d’oro! Oggi il nome di Matteo Vinci come 41 anni fa è stato scritto quello del mugnaio Rocco Gatto. Se un giorno la Calabria sarà libera dal sottosviluppo e dalla ndrangheta sarà anche e soprattutto per il loro sacrificio. Molti altri fanno “ammuino” teso ad acquisire una facile popolarità sciogliendo consigli comunali, emettendo interdittive antimafia e chiudendo locali pubblici su semplici rapporti di polizia, praticando una giustizia ingiusta roboante quanto sommaria a danno di innocenti. Concordo con le belle e toccanti parole dell’avvocato della famiglia Vinci che ha chiesto “funerali di Stato” per Matteo. Penso che non li concederanno. Non parlo dello “Stato” in senso astratto che rispettiamo e che non c’entra nulla, ma è certo che le forze prevalenti all’interno di Esso non potranno mai tollerare che le uniche pagine eroiche scritte in Calabria nella lotta alla ndrangheta siano vergate col sangue del nostro popolo. Persone destinate a restare senza nome e senza “gloria”. Ribadisco: non ci può essere lotta alla ndrangheta che non sia contemporaneamente lotta per la Libertà, per la giustizia, per la pari dignità, per il riscatto della Calabria. Una “politica” vergognosamente imbelle, codina e cortigiana ha rinunciato a tale compito e proprio per questo è necessario che calabresi si diano uno strumento di presenza democratica per poter contare, così come occorre che i PM, i prefetti e i questori e altri ancora ritornino a svolgere con scrupolo e discrezione i loro compiti e solo quelli che la Costituzione attribuisce loro! Senza una svolta a 360° per la Calabria non ci sarà futuro e del coraggioso sacrificio dei “Vinci” non resterà traccia alcuna.


L’INTERVISTA A ISAIA SALES

Abbiamo intervistato Isaia Sales, saggista e politico che la prossima settimana sarà protagonista di un incontro che si terrà presso il Grand Hotel President di Siderno. Esperto di storia delle mafie, Sales ci ha spiegato perché lo Stato ha una visione distorta della criminalità organizzata e sta sbagliando l’approccio utile a sconfiggerla.

“La mafia non può essere sconfitta sul piano militare” Iscrittosi giovanissimo al Partito Comunista, Isaia Sales ha diviso la propria vita professionale tra l’impegno politico e lo studio del fenomeno mafioso. Se il primo si è declinato nel ruolo di Sottosegretario al Tesoro durante la legislatura Prodi del 1996, il secondo lo ha trasformato in uno stimato docente di storia delle mafie e in un saggista che da trent’anni cerca di approfondire il fenomeno mafioso e di sfatarne i falsi miti che lo permeano. Nell’ambito del ciclo di incontri sul meridionalismo promosso dall’Amministrazione Comunale, venerdì 20 aprile Sales sarà a Siderno per parlare dei temi trattati in “Storia dell’Italia mafiosa” e “Le mafie nell’economia globale”. Lo abbiamo intervistato per darvi un’anticipazione dei temi al centro del dibattito della prossima settimana. Fin dal suo primo saggio ha messo in chiaro la volontà di analizzare nel dettaglio il fenomeno mafioso italiano in tutte le sue derivazioni. Quali differenze ha riscontrato tra ‘ndrangheta, Camorra e Mafia? Pur appartenendo alla stessa famiglia, direi che sono tre sorelle molto differenti tra loro. Utilizzano gli stessi metodi, ma si manifestano in maniera differente. Nascono nello stesso periodo storico, con la fine del feudalesimo, e intraprendono strade diverse a seconda del contesto in cui trovano terreno fertile per svilupparsi. L’assenza di grandi città e di solide relazioni di scambio culturale e commerciale in Calabria, ad esempio, fa sì che la criminalità organizzata di zona risulti immediatamente visibile, esattamente come ancora oggi accade con la Camorra e la Mafia che agiscono negli hinterland campani e siciliani. Che le tre declinazioni mafiose prendano spunto da uno stesso ceppo, comunque, lo si può vedere da piccoli particolari. La ‘ndrangheta, infatti, ha diversi punti di contatto con la Camorra ottocentesca, soprattutto nell’ambito della ritualità. Alcuni giuramenti utilizzati ancora oggi dalle ‘ndrine fanno pensare che ci sia una sorta di filiazione tra la mafia calabrese e quella campana del XIX secolo. Non credo sia un caso, infatti, se nell’800, quando ancora non era stato coniato il termine ‘ndrangheta, la criminalità organizzata della vostra regione veniva definita “Camorra Calabrese”. La sopravvivenza della ritualità ancora oggi, d’altro canto, è un punto di contatto con la Mafia siciliana, che, differentemente da quanto accade con la criminalità organizzata campana, continua a dare grande importanza alla famiglia di sangue e non a quella acquisita. Le modalità di controllo del territorio, invece, sono simili per tutte le tre derive mafiose di cui stiamo parlando, con la sola differenza che la Camorra napoletana, dunque quella che opera nel solo territorio di competenza del capoluogo, ha meno interesse a stringere relazioni con il mondo politico rispetto a quanto non faccia la ‘ndrangheta, che preferisce, invece, infiltrarsi nella macchina amministrativa dei piccoli comuni occupandosi, nelle grandi città, solo dei traffici. Per parafrasare il sottotitolo del suo libro “Storia

dell’Italia mafiosa”, perché questo modello ha avuto tanto successo? Perché non siamo dinanzi a una criminalità di contrapposizione allo Stato, sebbene ci si ostini a definirla “antistato”. Rispetto ai briganti, i mafiosi hanno avuto l’accortezza di non contrapporsi frontalmente alle istituzioni, ma di intavolare un dialogo con esse. Per tale ragione, quella da loro attuata è una violenza di relazione, che si mette al servizio di chi detiene il potere e gli propone affari per comune convenienza. Si aggiunga a questa formula la capacità di evolversi nel tempo e di adattarsi al mutare delle condizioni e il gioco è fatto. Nei suoi saggi cerca di superare la convinzione che il fenomeno delle mafie sia un frutto esclusivo del Mezzogiorno. Ma perché questa convinzione è tanto diffusa? Perché le mafie hanno sempre avuto come interlocutore privilegiato le classi dirigenti meridionali. Quando queste ultime sono riuscite a salire al Governo è stato anche grazie ai rapporti che avevano instaurato con la criminalità organizzata, ma ciò che si è sempre finto di non vedere è il fatto che i dirigenti del centro e del nord

determinati traffici, la vita economica sarebbe assai più complicata di quanto non sia, ma al tempo stesso non hanno un’economia di mercato degna di tale nome. Ritengo sia una delle contraddizioni più evidenti delle mafie. Come giudica, allora, le contromisure adottate dallo Stato? Considerato quanto ci ha appena detto non sarebbe corretto affermare che i blocchi degli investimenti al sud per non aiutare le mafie, ad esempio, finiscono proprio con il fare il loro gioco? È proprio così, in effetti. Se si pensa che per sconfiggere un male bisogna soffocare l’economia della zona in cui esso è radicato si stanno creando consapevolmente le condizioni per fare sì che essa rimanga indietro. Il blocco degli investimenti è solo una favola che fa passare il messaggio che il terziario sia l’unico settore trainante per l’economia del Mezzogiorno e che espone ancora di più il fianco del sud ai denti della criminalità organizzata. Piuttosto che attuare blocchi alla cieca bisognerebbe foraggiare settori economici in cui c’è innovazione tecnologica o produttiva. Dobbiamo entrare nell’ordine di idee che i mafiosi non sono imprenditori, ma si limitano

direttamente i candidati da supportare e si fanno loro favori che ingenerino un sentimento di riconoscenza non appena ci si insedia. Ecco perché Comuni e Regioni sono gli ambienti in cui le mafie hanno più interesse a infiltrarsi. Sempre su “Repubblica” afferma che il Partito Democratico ha dimostrato alla criminalità organizzata che nessun sistema, soprattutto politico è impenetrabile. In che modo l’avrebbe fatto? Abbassando la morale nel reclutamento del suo personale politico e attraverso l’azione dei suoi amministratori. Non dobbiamo dimenticare che molti rappresentanti del PD appartengono alla scuola del Partito Comunista, che ha vantato l’adesione di esponenti che hanno fatto della lotta alle mafie una loro identità, come Pio la Torre, Giovanni Losardo, Rocco Gatto, Giuseppe Valarioti. Oggi, invece, assistiamo a un coinvolgimento diretto di alcuni rappresentanti del PD, che, indipendentemente dall’impegno espresso dai loro colleghi, tradiscono totalmente quella morale, limitandosi all’atteggiamento antimafioso storicamente tipico di altri partiti. Quale interesse c’è, allora, a non fermare la mafia? Più che un interesse c’è un approccio insufficiente. Dall’assassinio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino abbiamo vissuto il periodo d’oro della lotta alle mafie ed esperito cambiamenti radicali in diverse realtà prima permeate dalla criminalità organizzata. In alcuni ambienti è stato dimostrato con forza ed efficacia che le mafie possono essere sconfitte e sono stati moltissimi i sodali, i boss e i latitanti catturati. La mafia, tuttavia, non è solo un problema di ordine pubblico ma di contesto, economia e politica, cosa tanto più evidente proprio in Calabria, dove la ‘ndrangheta è risultata l’organizzazione meno danneggiata dal rigurgito antimafioso dello Stato. Per questa ragione, immaginare che la lotta alle mafie si vinca sul piano militare non può essere l’approccio corretto. Questa è solo una delle condizioni necessarie, ma di certo non è l’unica. Fino a quando non si comprenderà che ci troviamo dinanzi a fenomeni in cui la repressione non può essere strumento dissuasivo permanente e, in altre parole, non si comprende che è necessario agire sul contesto socioeconomico affinché non crescano nuovi mafiosi, il Mezzogiorno continuerà a produrre ciclicamente gli stessi problemi. La lotta contro la mafia deve diventare la lotta contro le condizioni a cui il Sud è rimasto ancorato per secoli. Una volta cambiate queste condizioni, le mafie non avranno più ragione di esistere. Jacopo Giuca

CAMORRA, MAFIA E ‘NDRANGHETA SONO SORELLE DIFFERENTI TRA LORO: PUR UTILIZZANDO GLI STESSI METODI SI SONO ADEGUATE ALLE CONDIZIONI DATE DAL TERRITORIO DI APPARTENENZA, TROVANDO IL MODO PIÙ EFFICACE DI PROSPERARE. del Paese conoscevano benissimo l’entità di questi rapporti e la sfruttavano a loro vantaggio restando al contempo “puliti”. Ritengo che la stessa Unità d’Italia abbia avuto successo proprio perché le classi dirigenti settentrionali sapessero con quali controparti del sud stringere alleanze, sfruttando in tal modo il contributo indiretto delle mafie per il raggiungimento dei propri scopi. In questo modo il nord si è dimostrato realtà avversa al fenomeno mafioso propriamente detto, quello che fa soldi con la violenza, e ha invece stretto affari con la criminalità laddove gli interessi coincidevano. Oggi è palese che le mafie sono entrate nel tessuto economico del nord Italia al fine di tutelare specifici affari, tanto da poter affermare che la criminalità organizzata sia radicata allo stesso modo in ogni area del Paese. Laddove nel Mezzogiorno questo radicamento è territoriale, tuttavia, a nord è puramente economico. Quindi non è vero che le mafie sono un ostacolo allo sviluppo economico del meridione? È una questione controversa. Le mafie sono certamente un fattore: fanno girare l’economia ma senza creare sviluppo, concorrono alla tenuta economica di certe realtà ma non si preoccupano di farle crescere. Ci sono centinaia di paesi o quartieri del meridione in cui, senza

a operare dove c’è meno concorrenza e massiccia presenza di capitali e manodopera. È per questa ragione che sono molto presenti nell’edilizia e nelle produzioni che dipendono dall’autorizzazione pubblica e amministrativa, mentre non riescono a entrare nelle fabbriche di auto o nei settori in espansione. In una recente intervista che ha rilasciato a “Repubblica” dichiara di rifiutare l’idea che il risultato delle Elezioni Politiche al sud sia stato influenzato dalle mafie. Perché ha questa convinzione? Perché le mafie votano, ma è difficile sapere per chi hanno votato. Solo in casi anomali è stato possibile, in passato, dimostrare che a una determinata tornata elettorale avevano appoggiato un partito piuttosto che un altro: penso all’appoggio al Partito Socialista emerso in Sicilia, a quello ai liberali a Casal di Principe o anche a quello al Partito Radicale per le posizioni espresse sulle carceri e le libertà personali. In linea di massima, tuttavia, durante le Elezioni Politiche è difficile condizionare un voto, ragion per cui sono convinto che le mafie aspettino piuttosto di vedere i risultati per poi studiare come condizionare i vincitori. Il condizionamento pre elettorale è invece più semplice in occasione delle Amministrative o delle Regionali, in cui si conoscono


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LA SETTIMANA

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intervista www.larivieraonline.com

Ricercatore del Dipartimento di Medicina Sperimentale e Chirurgia dell’Università Tor Vergata di Roma, Salvatore Sansalone, originario di Siderno, ci ha illustrato le ultime frontiere della chirurgia ricostruttiva dell’organo sessuale maschile.

Trapianto del pene, chirurgo sidernese organizza meeting internazionale

L’intervento di ricostruzione si rende necessario in tutti quei casi in cui si verifichino amputazioni del pene, ovvero in caso di problemi oncologici, malformazioni congenite, traumatismi, incidenti stradali, o, ancora, in caso di amputazioni in seguito a esplosioni di mine antiuomo.

Fino ad oggi casi di ricostruzione dell’organo maschile nella storia della medicina sono solo tre. Al paziente viene impiantato il pene di un donatore, così come avviene per il fegato e per qualsiasi altro organo. L’uomo può così recuperare la proprià virilità e identità sociale.

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO

n interessante meeting scientifico internazionale dal titolo “Ingegneria dei tessuti e trapianto del pene” si è tenuto venerdì e sabato scorsi presso l’università Tor Vergata di Roma. Nel corso del convegno sono state illustrate le ultime frontiere della chirurgia ricostruttiva dell’organo sessuale maschile ma anche importanti traguardi che permetteranno di risolvere tutti quei problemi “minori”, come la disfunzione erettile e la micropenia, che costituiscono per tanti uomini fonte di imbarazzo, con un impatto psicologico marcatamente negativo. Direttore scientifico del meeting è stato il professore Salvatore Sansalone, chirurgo urologo sidernese, ricercatore del Dipartimento di Medicina Sperimentale e Chirurgia dell’Università Tor Vergata di Roma. Professor Sansalone, quali sono le condizioni cliniche per le quali può rendersi necessaria una ricostruzione chirurgica del pene? La ricostruzione si rende necessaria in tutti quei casi in cui si verifichino amputazioni del pene, ovvero in caso di problemi oncologici, malformazioni congenite, traumatismi, incidenti stradali, o, ancora, in caso di amputazioni in seguito a esplosioni di mine antiuomo. In cosa consiste l’intervento di ricostruzione? Al paziente viene impiantato il pene di un donatore, così come avviene per il fegato e per qualsiasi altro organo. Lei ha definito l’intervento “salvavita”. Ci spieghi meglio… I pazienti che subiscono un’amputazione del pene vivono una condizione psicologica devastante. Perdono la loro identità sociale e viene messa in discussione la loro virilità. Per questo è importante dare speranza a questi uomini: oggi è possibile restituirgli la loro vita normale. Quanti sono i casi di ricostruzione del pene nella storia della medicina? I casi sono solo tre. Il primo intervento è stato effettuato in Cina nel 2006, ed è stato purtroppo fallimentare; il secondo in Sudafrica nel 2015, eseguito su un ragazzo di 21 anni che aveva subito un’amputazione a causa di un’infezione insorta a seguito di una circoncisione; il terzo a Boston nel 2016, eseguito dal team del Massachusetts General Hospital, coadiuvato dal dottor Curtis Cetrulo, su un paziente a cui era stato amputato il pene in seguito a un tumore. Quali sono i rischi? Si può verificare un rigetto del pene, così come avviene per gli altri organi. Può, inoltre, non verificarsi un attecchimento vascolare e questo determina la morte dell’organo e ne rende necessario l’espianto. Come prepararsi all’intervento? È necessario che il paziente effettui un counseling psico-sessuologico pre-operatorio ma anche post-operatorio. Sono entrambi fondamentali e lo dimostra il trapianto effettuato nel 2006 in Cina: pur essendo riuscito l’intervento, l’organo non è stato accettato dal paziente che ne ha chiesto l’espianto. Gli altri due casi, invece, sono andati a buon fine? Sì, in particolare il ragazzo sudafricano un anno dopo il trapianto è diventato padre. Parliamo del meeting. Di cosa si è discusso? Il meeting ha visto partecipazione del professor Curtis Cetrulo, che nel 2016 ha eseguito il trapianto a Boston e che ci ha illustrato lo stato dell’arte. Nel corso del convegno si è tenuta una tavola rotonda in cui si è valutato l’aspetto etico del trapianto del pene, alla presenza di Sua Eminenza il Cardinale Menichelli. La tavola rotonda ha visto anche la partecipazione dei massimi esperti della chirurgia ricostruttiva, provenienti da tutto il mondo. Si è parlato, inoltre, di ingegneria tessutale che, grazie allo sviluppo delle nuove tecniche chirurgiche, ha

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registrato importanti successi. Si è discusso, quindi, di falloplastica di ampliamento, di allungamento, così come di interventi di chirurgia ricostruttiva di tutto l’apparato genitale; è stato illustrato lo stato dell’arte per quanto riguarda gli impianti di protesi peniena per la disfunzione erettile, e l’impianto di sfinteri artificiali per i pazienti con incontinenza. Disfunzione erettile, come si interviene? La disfunzione erettile è l’incapacità ad avere un’erezione sufficiente a condurre un rapporto sessuale soddisfacente. L’erezione comporta il maggior afflusso di sangue ai corpi cavernosi e il conseguente aumento del turgore e delle dimensioni del pene. Alcune malattie – come il diabete, l’ipertensione, malattie cardiovascolari – determinano un danno a livello dei corpi cavernosi che impedisce un passaggio sufficiente di sangue e quindi un’erezione tale da avere un buon rapporto sessuale. Oggi, grazie alle protesi peniene, si riporta al perfetto funzionamento l’organo sessuale. Le protesi peniene sono costituite da due cilindri che vengono inseriti nei due cilindri naturali del pene: i corpi cavernosi. Si distinguono due tipi di protesi: le “non idrauliche” e le “idrauliche”. Le prime sono costituite da due cilindri di consistenza costante che producono un’erezione di rigidità sufficiente alla penetrazione, ma tale da permettere la flessione del pene per essere riposto negli slip. I modelli idraulici sono, invece, costituiti da due cilindri gonfiabili, un dispositivo di controllo internamente allo scroto e un serbatoio di liquido posizionato internamente (solitamente vicino la vescica). Si ha un sistema a circuito chiuso, dove il liquido viene trasferito ai due cilindri per ottenere l’erezione e, sempre a comando manuale, viene ritrasferito al serbatoio per ottenere la flaccidità. La protesi idraulica permette di ottenere un’erezione di consistenza e aspetto non distinguibile da un’erezione naturale, il tutto non notando nulla dall’esterno; infatti tutti gli elementi della protesi sono all’interno del corpo. Altra condizione che può rappresentare fonte di profondo disagio è la micropenia. Come si può intervenire? Si parla di micropene quando in uno stato di flaccidità l’organo è tra i 4 e i 5 cm e in uno stato di erezione è al di sotto dei 10 cm. La micropenia può essere dovuta a una carenza ormonale di testosterone, a cui nella fase della crescita si può ovviare con una cura ormonale. Nella fase adulta, invece, bisogna intervenire chirurgicamente. Nei casi gravi si può indicare un eventuale trapianto di pene.

Dopo anni di battaglie di Coldiretti, il prezzo della vendita delle arance all’ingrosso sale da 5 a 15 centesimi al chilo, un traguardo raggiunto anche grazie all’imposizione della presenza di più succo di arance nelle aranciate, che sta finalmente dando la giusta remunerazione ai produttori reggini.

Rocco Mazzaferro, Consigliere Comune di Gioiosa, Franco Macrì, Assessore Comune di Bianco, Franco Clemeno, Assessore Comune di Placanica e Pasquale Vozzo, ex Presidente del Consiglio comunale di Roccella sono i nuovi responsabili degli enti locali dell’area ionica reggina nominati da Forza Italia.

Alle difficoltà della sanità pubblica si aggiungono i tagli alla sanità privata. Per questo, mercoledì, il personale dello Studio Radiologico di Siderno ha manifestato a Catanzaro contro la politica di Scura che mina una volta di più il diritto alla salute e toglie alla Locride altri posti di lavoro.

Il congresso regionale del PD si svolgerà il prossimo 23 giugno, al termine del quale dovrebbe emerge il nome del nuovo segretario calabrese dem. Grande favorito per il ruolo sarebbe Demetrio Battaglia, ma la competizione con i candidati Marco Ambrogio e Demetrio Naccari Carlizzi si annuncia serrata.

Mercoledì scorso il professor Sansalone è stato ospite a UnoMattina


Rredazionale

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In un solo anno di vita la Ionica Running ha partecipato a quattro maratone. Si inizia per gioco e l'unico rischio che si corre è di diventare atleti veri.

Running, Ionica quando la corsa ti cambia la vita 2018

Ionica Running non si limita al solo running, con relativo riconoscimento Fidal e CONI, ma si apre anche a chi ama le gare non agonistiche e correre in mezzo alla natura.

2017

"Non importa cosa trovi alla fine di una corsa, l'importante è quello che provi mentre stai correndo". Questo il motto della Ionica Running di Marina di Gioiosa gruppo guidato da Giuseppe Micelotta, che all'età di 39 anni ha scoperto la passione per la corsa e da allora non riesce più a farne a meno. E così, un anno fa, insieme ad alcuni appassionati di running, ha dato una famiglia a questo sport, considerandolo il miglior modo per tenersi in forma e scoprendo quanto possa essere più salutare farlo insieme. Ionica Running non si limita al solo running, con relativo riconoscimento Fidal e CONI, ma si apre anche a coloro che amano le gare non agonistiche e a chi preferisce la tecnica trail, una specialità della corsa a piedi che si svolge in ambiente naturale, molto di moda negli ultimi anni. Far parte della squadra di Ionica Running significa anche poter partecipare a eventi sportivi internazionali come la Maratona di Roma. In mezzo ai 14.100 runners di ben 131 nazioni diverse che hanno preso parte alla Maratona di domenica scorsa, c'erano 6 atleti della Ionica Running, un buon numero considerando che sono stati 48 i calabresi presenti e 21 i reggini. Ma la Ionica Running non è nuova a questi grandi eventi. Lo scorso 11 marzo ha partecipato alla 44ª edizione della Roma Ostia, la mezza maratona che si è svolta su un percorso di 21,097 km. Si tratta di una delle gare più “affollate” e partecipate d’Italia a cui hanno preso parte in totale 12 mila atleti, che hanno corso dal palazzetto dello Sport di Roma fino ad Ostia, ripercorrendo lunghi tratti della vecchia strada che collegava la Capitale alla località balneare. Un banco di prova importante e per nulla scontato. Da Ionica Running qualunque momento è quello giusto per iniziare a cimentarsi nella corsa. L'atleta più giovane ha 10 anni, il più anziano 55. Quel che è certo è che vengono rispettati i tempi di tutti. Perchè non c'è fretta nella corsa. C'è ascolto del proprio corpo, del battito del cuore, del respiro. Non è una sfida contro nessuno ma desiderio di migliorarsi, di dare il massimo di se stessi, ma con la serena scoperta anche dei propri limiti che, se vissuti bene, possono essere superati. E se una corsa può cambiarti la giornata, molte possono cambiarti la vita. Quindi, cosa aspetti? Indossa le scarpe giuste e vai di fretta a conoscere la straordinaria famiglia di Ionica Running!


15 APRILE - 10

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Questo spazio è riservato a te. 1200 battute per lamentarti o complimentarti con noi, fare segnalazioni, raccontarci le tue esperienze, potrai inviarci foto degli scorci del tuo paese o video se hai un talento nascosto. Saremo lieti di risponderti pubblicamente, daremo voce al tuo pensiero e ti daremo visibilità sui nostri social. Sii parte integrante di questa realtà

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IL PUNTO

Storia di “libera interpretazione di fatti di cronaca”

aro stava dormendo nel suo letto. Ad un tratto sente il rumore del citofono. Dall’altra parte sente una voce che gli dice «Colleghi apra». «Colleghi e va bene», pensò subito Saro che di mestiere faceva il poliziotto ma quell’apra non riusciva a mandarlo proprio giù. Gli sembrava un distacco troppo forte per “dei colleghi” che ormai gli stavano bussando alla porta dell’appartamento. Ed infatti colleghi lo erano ma di quelli un po’ speciali. Saro avrebbe dovuto spiegare tante cose ai “superiori”. Lui che era abituato a fare domande e ricevere risposte sarebbe stato torchiato in quella notte di dicembre. Un poliziotto torchiato. Perché ? Saro aveva intuito che qualcosa sarebbe successo quando, alcuni giorni prima, aveva riferito di una fonte confidenziale che nel paese in cui operava lo aveva messo dell’avviso di un vicenda particolarmente strana, che avrebbe avuto risvolti a livello internazionale. C’era stato un attentato in Germania. Un giovane nordafricano era inseguito da tutte le polizie d’Europa. Il ricercato numero uno. Un assassino che aveva ucciso persone innocenti nel nome dell’Islam. «Ma l’Islam è sicuramente altro» aveva immaginato Saro quando la fonte confidenziale gli aveva detto di possibili contatti tra quell’assassino con persone del territorio. Una storia incredibile ma pur sempre una storia che poteva avere delle fondamenta. E per questo motivo Saro riferisce, punto per punto, quanto aveva appreso. Era tutto lì. «O forse no ?» fece come a domandarsi Saro appena aperto il portone d’ingresso del suo appartamento. Un attimo dopo è accompagnato in un posto lontano, davanti ad un “superiore”. Saro riferisce quanto aveva appreso. Una fonte confidenziale, un assassino ricercato da mezzo mondo, con collegamenti, «ma quali davvero» si ripeteva tra sé Saro, con la Calabria. Un killer che da li a poco entra in Italia dalla Francia a bordo di un treno. La sua meta è Milano. Sarà un caso ma quel giovane nordafricano quanto sentirà l’intimazione di fermarsi dirà di essere un calabrese e spara contro la polizia. Segue un conflitto a fuoco che vede soccombere il giovane. La polizia lo ferma definitivamente. Ma la stampa non si accontenta e pone una serie di domande. Quel giovane, che viene etichettato come terrorista, poteva avere una rete o dei contatti?. Le indagini, si sa, non si fermano mai. Nessuno immagina che in Calabria, per quel terrorista, Saro, un poliziotto di provincia ma in prima linea contro la criminalità organizzata, ha dato un importante contributo. Per lui niente encomi. Non si poteva. Sarebbe sembrato davvero strano che dal profondo sud qualcuno sia stato in grado di giungere ad una verità, forse anche in parte scomoda, ed aveva fatto scovare un assassino ricercato dal “fior fiore” degli investigatori europei. Il tempo passa. Saro è uno sbirro a tutto tondo. Non dimentica quella brutta nottata. Una delle tante da dimenticare. Saro fiuta un particolare. L’intuito di poliziotto che lo ha portato a scovare tanti bunker in Aspromonte, lo porta ad indagare su alcuni legami tra calabresi e nordafricani a Milano. Alcuni mesi dopo il cerchio si stringe. Saro viene a conoscenza di un’indagine su alcuni strani furti di ricettari e timbri presso studi medici ed ospedali, formazione di false ricette che vengono consegnate a soggetti appartenenti ad un gruppo criminale i quali, recandosi presso farmacie del comprensorio territoriale milanese, acquistano farmaci ad effetto drogante in modo da accumulare scorte consistenti con successivo spaccio al mercato nero. Due egiziani sono fermati perché trovati in possesso, nella loro abitazione di Milano, di un ingente quantitativo di farmaci prevalentemente di tipo Oxicontyin (Ossicodone) e Contramal (Tramadolo), contenenti principi attivi antidolorifici, a potenziale effetto stupefacente. Si tratta di farmaci detti “pain killers” per i quali anche a livello internazionale si segnala un rilevante ed illegale traffico, usati sia dai combattenti in teatri di guerra, particolarmente in Medio Oriente, sia per spaccio nel mercato illegale di sostanze stupefacenti. Uno dei medici che di famiglia del milanese al cui nome risultavano delle prescrizioni del tutto anomale di Contramal gestisce uno studio/ambulatorio sopra una certa farmacia. Il dominus di quella farmacia, che a sua volta è collegato con un ingrosso farmaceutico, è originario della Locride. Saro ci vuole vedere chiaro. Riprende il filo di quella informazione confidenziale ricevuta mesi addietro. L’intuizione trovava conferma. Dietro a quel terrorista, che aveva gridato di essere calabrese poco prima di morire, ci potevano davvero essere anche dei “colletti bianchi” collegati con la ’ndrangheta e gli interessi delle cosche nel marcato nero. E Saro lo sa che dove ci sono i soldi importanti le ’ndrine si ritagliano una fetta consistente. Alle cosche non interessa se per guadagnare un sacco di soldi devono entrare in affari anche con soggetti che si possono ricondurre a cellule terroristiche. Il collegamento tra quel giovane terrorista con elementi presenti nell’hinterland milanese è trovato, cosi come è provato il legame con le ’ndrine. Ci sarà un processo. Saro non compare nelle fotografie. Lo sa che non ci saranno encomi pubblici neanche questa volta. Questa è una di quelle indagini troppo grandi per un agente di periferia. Per questo “sbirro” rimane solo una storia da raccontare ai propri nipoti, un giorno … e forse neanche allora sarà creduto fino in fondo.

Pietro Schirripa a Rozzano ha parlato di infiltrazioni mafiose nel mondo

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Lo scorso 9 aprile Pietro Schirripa e Natale Bianchi hanno partecipato al convegno “Mafia e sanità”, tenutosi presso il Campus Humanitas di Rozzano. Si è trattato di una vera e propria manifestazione antimafia, durante la quale i relatori, che hanno parlato dinanzi a una nutrita platea di studenti e professori, hanno trattato diversi aspetti relativi alla cultura mafiosa e alle metodologie di infiltrazione nei presidi ospedalieri. L’incontro è stato inoltre occasione utile per parlare del recente caso di cronaca che ha visto 4 primari arrestati a Milano per una gara relativa all’installazione di protesi.

IL RICORDO

Per il nostro caro nonno Mimì Raso Vi chiederete come mai proprio io vi sto parlando di mio nonno a nome di tutti. Ebbene perché io venendo da Torino sono il nipote più distante, per arrivare fino a qui oggi ho abbracciato tutta l’Italia. Proprio come ha fatto il nostro nonno Domenico Raso. Chi lo conosce bene sa che andava oltre ogni confine. Un vero campione di generosità e affetto verso tutti. Lui è stato un precursore della Globalizzazione perché in lui era innata. Sin da ragazzo per superare le criticità economiche della sua famiglia emigrò nelle diverse cittadine del Nord dando sempre esempio di generosità e di operosità a favore delle ditte in cui lavorava. Per cui a distanza di numerosi anni i datori di lavoro lo contattavano e lo incontravano con spirito di festosa riconoscenza. Il bar era il locale delle feste estive quando gli emigrati si ritrovavano e si raccontavano le vicissitudini dopo un anno di lavoro. Ma per gli amici dei paesini vicini diverse erano le occasioni di incontro conviviale, l’ultima fino a tre giorni fa. Tante sono le porte che ormai in questi paesini giornalmente si chiudono in modo definitivo. Stavolta chiudiamo una porta lasciando grande amarezza in quanti l’hanno frequentata e sono veramente tante le persone che pur solo passandovi davanti a quella porta Nonno Mimi li costringeva ad entrare e a bere qualcosa, non si accettavano rifiuti, vi era una sola risposta: “trasiti e pigghiativi cocchi cosa” un’accoglienza riservata a tutti, conoscenti e non, Particolarmente ai bisognosi, lui si faceva a pezzi per tutti, per chiunque avesse bisogno. Ma la gioia più grande era riservata a quando riusciva a riunire la famiglia con

Il viaggio Il treno era arrivato alla frontiera, Bardonecchia e poi Modane, controllo passaporti. Voleva, sinceramente tornare indietro, lo sguardo della mamma, il bacio e papà che lo aveva accompagnato alla stazione. Era la prima volta che partiva da solo, un viaggio così lungo. Una notte per arrivare a Roma e poi da Roma per Parigi, era troppo! Sentiva la mancanza del padre, sì, voleva scendere da quel treno e prendere un altro per tornare a casa! Il doganiere si avvicinò, chiese il passaporto e così il treno ripartì e la nostalgia si affievolì, con lo sferragliare delle ruote sui binari. Senza accorgersi, chiuse gli occhi e si addormentò. Sognava la mamma sorridente, una fermata del treno lo svegliò, si era fermato a Digion. Diede uno sguardo dal finestrino, quanta differenza rispetto all’Italia, tutte le scritte in francese, “gare de Digion”. Quanto era ormai lontano da casa! La sua camera, condivisa con il fratello, le discussioni per spegnere la luce, per dormire, e ora era tutto lontano, senza significato. Il treno correva, aveva tante vetture, con un po' di timore, si alzò, fece scorrere la porta dello scompartimento, uscì e iniziò a percorre il

tutti i nipoti che adorava. Qualche anno fa hai lasciato col fiato sospeso tutti gli amici delle nostre zone per quel brutto incidente che hai avuto in montagna a soli due giorni dal pensionamento. In quell’occasione abbiamo avuto il riscontro se ce ne fosse stato bisogno, di quanti amici a cui avevi conquistato il cuore, in ospedale e a casa non ti hanno mai lasciato solo… quel bar chiuso con gli amici seduti ad aspettare in un clima di tristezza parlava a quanti passassero lì davanti. Un riguardo particolare avevi per le forze dell’ordine sin da quando la caserma era di fronte a casa tua, rivolgendo loro sempre parole e gesti di rispetto e di affetto. Qualche giorno fa in occasione della Pasqua, dalla cabina telefonica del tuo bar, con gli auguri di Pasqua ti sei congedato definitivamente da tutti gli amici sparsi nel mondo: era l’ultimo saluto. Il tuo grande cuore ci ha traditi cessando improvvisamente di battere e chiudendo così una storia di una vita meravigliosa dedicata alla famiglia, agli amici e al lavoro. Ci piace immaginare che mentre siamo riuniti qui accanto al tuo corpo dispiaciuti per il distacco, per te in cielo ci sarà una grande tavola imbandita a fare festa con la Madonna degli Angeli e San Rocco di cui tu eri tanto devoto, e li con te tutti i parenti e gli amici che ti hanno preceduto in questo passaggio. Noi avremo un angelo in più su cui contare e chiedere aiuto. Hai combattuto una battaglia da campione. Hai terminato la tua corsa. Hai conservato la fede in Dio. E come nello sport, Caro Nonno Mimi, un campione come te diventa LEGGENDA.

corridoio, vettura dopo vettura. I viaggiatori dormivano, le porte degli scompartimenti letto erano tutte chiuse. Le vetture di prima classe, veramente i sedili, o meglio i divani erano tappezzate di velluto, e da ogni lato tre posti. Tornò a sedersi nel suo posto di seconda classe. Il treno, ora, rallentava albeggiava. Vide dal finestrino che si trovavano su un ponte di un grande fiume, la Senna! Alle otto puntuale il treno si fermò nella stazione, gare de Lyon. La stazione dove arrivavano i treni dall’Italia. L’Italia, tanto lontana, e la sua casa di fronte al mare Ionio. Si era in luglio, la sabbia bruciava sotto i piedi, prima di arrivare a fare il tuffo nelle chiare acque ristoratrici! Ma qui era un’altra cosa, qui ora era a Parigi, quasi non ci credeva, Parigi! L’aveva vista in qualche film, o nelle fotografie dei giornali, era la città sognata da tutti, ma era troppo iniziare ad allontanarsi da solo da casa e andare a Parigi! Pensava agli emigranti, che partivano per l’America, otto giorni di nave e poi sbarcavano cercando lavoro e fortuna! Certo quella volta non poteva immaginare che sarebbe ritornato ancora, alcuni anni dopo, anche con l’automobile di famiglia, fiat 1100, insieme alla mamma e al fratello! Quella prima volta, nei primi anni cinquanta, Parigi era meravigliosa, forse perché c’era un lontano sentore della fine della guerra, tutto era in ordine di ripresa, e c’era tanta gentilezza, il s’il vous plait abbondava. Restò ammagliato dai monumenti della città, la tour d’Eiffel, l’Arc de Triomphe, la Senna e la metrò. Il museo del Louvre, le Palais Royal ecc. Non ci credeva: il ragazzetto di provincia a Parigi, provincia, sperduta nel lontano sud dell’Italia, ma c’erano i treni, e oggi, non ci sono più! Quanto lo soddisfaceva scrivere e ricordare, anche se la bellezza di allora erano i suoi diciotto anni! Brown Jo





15 APRILE - 14

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LO ZIBALDONE

I partiti, ormai, sono solo grandi matrioske…

Se un politologo come Notarstefano premette che : “soltanto maliziose congetture in attesa che i fatti ci smentiscano. E, lo giuriamo, siamo mossi soltanto dal divertimento che è in ogni alambiccare”, allora mi sento autorizzato ad avventurarmi anch'io nel “toto governo”. Nella prima Repubblica si chiamavano correnti e nessuno aveva da ridire. Istituzionalizzate al punto da inventare un metodo – il Cencelli – per regolarne gli appetiti, le correnti erano le geniale invenzione democristiana per aumentare l’offerta politica. Diventate nella seconda Repubblica sinonimo di deriva affaristica, di appagamenti personali, di equilibrio interno, le correnti si chiamano adesso “sensibilità, anime”. La sostanza è rimasta però la stessa e, ora come prima, pur nell’epoca dei nominati, i partiti non sono blocchi monolitici ma un insieme di gruppi di potere che si confrontano al proprio interno. Una sorta di grandi matrioske, rendendo più intricata la conclusione di ogni trattativa e, per venire a noi, la soluzione della presente crisi di governo, perché da una parte assecondano la tentazione dei leader di scegliere nel campo avverso la fazione più comoda (vedi Di Maio vs Berlusconi, Salvini contro il PD) dall’altra lo obbligano a guardarsi le spalle in casa propria. È tempesta perfetta nella politica italiana, un tifone che ha il suo epicentro nella impossibilità di realizzare la vecchia promessa: «Il prossimo premier sarà scelto dal popolo». È una frase che hanno pronunciato più o meno tutti in campagna elettorale, facendone il perno di uno strappo radicale con l’ultima stagione della politica italiana, nella quale l’Italia sarebbe stata in balia di leader “non eletti da nessuno” (Monti, Letta, Renzi e Gentiloni). Ora che è cominciata l’era della “volontà popolare” tuttavia, si scopre che è difficile capire che cosa voglia questo popolo e accontentarlo è quasi impossibile. Secondo l' analisi pubblicata domenica 8 aprile da Ilvo Diamanti, ad esempio , gli elettori leghisti non apprezzerebbero affatto uno strappo con Berlusconi, al quale il 47 per cento si sente “vicino” contro appena il 26 per cento che esprime empatia per il M5S. Tra

quelli del M5S, solo il 23% si sente vicino a Salvini, percentuale che crolla al 7 con Silvio Berlusconi. Quelli del Pd, poi, ostentano distanza da tutti: appena il 14% parlerebbe con Di Maio, solo il 6 con Berlusconi o Salvini. La situazione più paradossale, in questo contesto, è senz’altro quella che ruota intorno al rapporto tra M5S e Pd. Tutti gli analisti ci hanno spiegato che una parte consistente del vecchio elettorato democratico – 18 elettori su 100 – in questa tornata si sono spostati sui Cinque Stelle, aggiungendosi alla quota già significativa degli ex-Pd che avevano votato Grillo nelle precedenti tornate comunali e regionali. Nella raffigurazione che ci siamo fatti del nuovo bipolarismo, il Movimento Cinque Stelle dovrebbe rappresentare l’upgrade dei partiti progressisti. A proposito si sono citate le sue battaglie ambientaliste (l'acqua pubblica, il no alle trivelle), i suoi riferimenti internazionali (il Venezuela di Chavez e Maduro), la questione della legalità, il sì (poi smentito) allo Ius Soli, l'apertura alla legalizzazione della cannabis. Bene, nonostante tutto ciò si sentono “vicini” al Pd solo 14 elettori grillini su 100. L'alleanza che tutti definiscono “naturale” è in realtà una scelta assai minoritaria. L’esercizio di composizione di questi dati richiederebbe un lavoro da alchimisti. Ed è auspicabile che la politica non tenti neppure di farlo. Vent’anni di contrapposizione frontale in politica hanno prodotto, nell’opinione pubblica, torsioni che renderebbero impossibile formare qualsiasi governo se davvero si desse retta alla volontà popolare espressa in termini esclusivamente statistici. Se interpellati, gli elettori dei principali partiti dichiarano una incompatibilità sostanziale con tutti gli attori dei campi avversi e solo una ristretta minoranza – meno di un quarto – esprime un qualche tipo di sintonia con i partiti ed i leader avversari. Per citare un ultimo dato: l’alleanza più “gettonata”, quella fra M5S e Lega, raggiunge appena il 38% dei consensi, il che significa che il 62% è nettamente ostile . Non so se si riuscirà a cavare un ragno dal buco ma, di certo, il piano obliquo del declino sarà sempre più inclinato. Tonino Carneri

CALABRESE PER CASO

Governo, governance e “grosse coalizioni” locali Che si approssimino le elezioni amministrative di un comune o che si guardi alle prossime regionali del prossimo anno, dopo essere usciti dalle politiche di un mese fa, è interessante notare come il linguaggio utilizzato in queste settimane e in questi giorni sia importante. Probabilmente gli occhi sarebbero lo sguardo dell’anima, ma le parole, nel loro significato, sono lo strumento per manifestare un pensiero, un’emozione, una volontà. Non c’è dubbio che in un processo di sovrapposizione tra global e local anche la politica paga il suo piccolo dazio. E lo fa non perché debba rispondere ad un quadro generale di programma ma, al contrario, per dare di sé una sorta di dignità ideale che possa mettere da parte le ragioni degli insuccessi. Una dignità che possa riorganizzare il gioco delle parti senza porsi più scrupoli di coerenza di partito. Scrupoli ormai desueti e, francamente, non necessari. Che si guardi al governo nazionale, ancora in itinere su una strada di un compromesso veterorepubblicano, o alle ragioni di una cittadina o di una regione che cerca la sua via di governance nei prossimi mesi non cambia molto. Che si tratti di coalizioni o di cambiamenti di fronte non sembra fare differenza dal momento che, di certo, in Calabria, la coerenza politica non è certo stata una virtù di molti visti gli abbiglia-

menti assunti a secondo delle occasioni o delle opportunità. E’ vero anche che ognuno ha le sue ragioni per scegliere il modo attraverso il quale misurarsi in un dressage politico a tutto campo. Tuttavia che localmente si mutui da altre esperienze il termine di “Grossa Coalizione” per definire una ricerca di accordo tra partiti e, forse, meglio tra persone, mi sembra francamente volare alto. E non perché “coalizione” non abbia un significato ben preciso, anche se l’esempio offerto dalle vicende del 4 marzo non ci da speranza. Ma perché, essa richiede una sorta di condivisione di ideali e di valori che dovrebbero andare al di là delle persone e della persona per ancorare le scelte agli interessi di tutti e non diventare una sorta di camera d compensazione per far sopravvivere, al suo interno, incompiute ambizioni o, ancor più discutibilmente, calmierare dissensi per poi ricostruire leadership personali con nuovi colori. Se così fosse, allora coalizione sarebbe solo un sinonimo, se non una maschera, di compromesso vecchio stile che, per quanto sostenibile, in una terra e in una locride che cerca risposte e soluzioni forse non sarebbe idealisticamente e progettualmente adatto. Giuseppe Romeo

La giunta regionale calabrese ha approvato il piano strategico della zona economica speciale.

Mettiamo che sono rose…ma fioriranno?

Giorni fa è stato approvato dalla Giunta Calabrese il Piano Strategico della Zona Economica Speciale che a questo punto non so bene, e me ne scuso, se sarà riferita a Gioia Tauro ed eventualmente ai comuni limitrofi oppure all’intera Regione. Propendo per questa ultima. Le notizie al riguardo sono state molte e non ho avuto modo di approfondirle. Non sto qui ad elencare i vari passaggi dell’iter legislativo ed amministrativo che hanno portato alla redazione ed approvazione del Piano Strategico della ZES e non sto qui neanche ad entrare nella disamina del documento. Posso solo dire che si tratta di uno studio redatto, a mio parere, in modo ineccepibile. Che fornisce, dapprima, una mappa dei territori che verranno interessati dalle misure agevolative e fornisce poi un interessante quadro delle varie dislocazioni nel mondo delle ZES. Pensate, la prima risale al 1959 ed è stata istituita a Shannon, in Irlanda. Nel mondo se ne contano 4000, di cui 91 in Europa tra ZES e Zone Franche. Laddove è stata istituita una ZES, il territorio ne ha beneficiato molto spesso in modo determinante, agevolando un vero e proprio decollo economico ed occupazionale. Vi sono anche casi in cui invece la misura non ha prodotto gli effetti sperati. Gioia Tauro, o la ZES Calabria che dir si voglia, è la prima ZES in Italia. Il piano fornisce poi dei collegamenti preziosi con le altre misure agevolative che già operano nei territori calabresi ed ipotizza quale potrà essere l’impatto sociale ed economico conseguente all’applicazione delle agevolazioni previste. Personalmente e da quel po’ d’esperienza che credo di avere, non posso che fare i miei complimenti agli autori del Piano Strategico appena approvato dalla Giunta Regionale. Ma, pur non volendo apparire disfattista ed anzi con l’augurio che tutti gli obiettivi del piano vengano raggiunti, non posso non pormi delle domande. Ma la Calabria è fertile al punto tale da recepire una tale “macchina da guerra” intesa come traino dello sviluppo economico? Voglio dire quante sono state le volte in Italia, a partire dal dopoguerra, che abbiamo gridato “Ora ci siamo” ed invece il divario Nord/Sud anziché decrescere è peggiorato? Sono certo che l’attuale classe politica calabrese, mi riferisco alla giunta che tra un anno credo termini il suo mandato (con le ovvie conseguenze di eventuali discontinuità nella programmazione ed attuazione delle misure previste dal

Piano), ha realizzato tutto nel migliore dei modi, servendosi di tecnici illustri quali l’Assessore Regionale alla logistica ed allo sviluppo economico, Francesco Russo, e facendo le giuste pressioni sul Governo per la definizione del prescritto “Iter” legislativo. Ma per la fase di applicazione, quella cioè successiva ,esiste già una cabina di regia? Sicuramente si, ma i cittadini vorrebbero saperlo. Altrimenti succede come per i funerali. Il giorno delle esequie la Chiesa è strapiena, ma dal giorno dopo a casa dei famigliari nessuno si affaccia. Io sono certo che stavolta è un’altra storia. Perché sono coinvolte tutte le forze in campo, dalle Istituzioni alla Chiesa, alle Forze dell’Ordine. Una volta anche il farmacista aveva voce in capitolo. Ma oggi forse no. In Calabria quante volte abbiano assistito a manifestazioni in pompa magna cui puntualmente è seguito il silenzio, il torpore e successivamente la solita rassegnazione? Si dice e si vorrebbe che la Calabria divenisse attraente per gli investitori privati esteri (questo è uno degli obiettivi del piano). Bene, Dio lo voglia. Ma siamo certi che se oggi sbarcasse in Calabria un potenziale investitore straniero, possa veramente venirgli in mente, pur considerando tutti i vantaggi fiscali, amministrativi e finanziari previsti dalla ZES, di investire nella nostra terra? Non è che prima dovrebbe innanzitutto migliorare l’accoglienza, sia quella umana che quella logistica (treni, alberghi ed altri servizi pubblici senza tralasciare la macchina burocratica anche se per quella è previsto uno snellimento). Altrimenti, si cade nello stesso equivoco che abbiamo vissuto per lo Stretto di Messina, Pensare allo Stretto mentre ancora mancavano anni alla fine dei lavori della Salerno/RC. Non voglio sminuire gli obiettivi del Piano Strategico approvato l’altro giorno dalla Giunta Calabrese. Lo dico sul serio. Vorrei però che fosse chiaro che il Piano è e deve essere solo un punto di partenza. L’averlo approvato è un buon risultato, magari anche elettorale, ma non aggiunge e non toglie. Vogliamo che dopo il funerale, nel nostro caso celebrazione festosa, chi di dovere prosegua nelle azioni di vicinanza e di stimolo ad andare avanti ed a costruire. Inoltre, ma non da meno, il popolo calabrese deve iniziare a comprendere il vero significato del verbo “condividere” e/o “fare squadra” e dell’altra locuzione “trovare le soluzioni” anziché “alzare le mani” di fronte a tutto e guar-

dare sempre all’erba del vicino. Ma questo tema è stato già trattato, elencando una serie di vizi ed abitudini che sarebbe meglio rivedere. Un’ultima esortazione, questa volta alla dirigenza politica ed anche pubblica. Agite per la collettività e non per voi stessi e per i piccoli interessi di bottega. Tornate all’alto valore della vecchia politica. Promulgare i piani o regolamenti che siano non è sufficiente. E’ l’attuazione ciò che conta, la sua verifica ed il suo controllo. Porre degli obiettivi ed accanto individuare le risorse disponibili per la loro realizzazione. Occorre poi seguirne da vicino lo svolgimento, controllarne la coerenza al “programmato”, individuare gli scostamenti e le ragioni di questi ed intraprendere eventualmente le dovute misure correttive. Ci sarà modo e tempo per snodare le varie tematiche che il Piano pone. Per il momento io mi sento non di remare contro, ma di evitare l’ennesima delusione per la gente di Calabria. Per quanto riguarda la zona da dove provengo, dico solo che negli ultimi anni non vedo più un albergo né il vecchio campeggio. Anni fa, gli alberghi erano quattro ed il campeggio funzionava perfettamente. E vedo anche cadere a pezzi uno degli edifici storici più belli del paese, la Fondazione Zappia, mentre molti anni fa è stato costruito un nuovo Teatro (che poteva essere invece istituito nell’edificio della Fondazione) somigliante veramente ad un nulla , che per decenni è rimasto chiuso e che oggi per fortuna, mi dicono, finalmente resuscitato Se il Piano sarà la “panacea” per recuperare il tempo perduto e sanare tutte le deficienze realizzate negli ultimi decenni, saremo ovviamente tutti felici. Ma mi sono permesso di lanciare i miei dubbi personali. Fatene ciò che più vi aggrada. Sono un calabrese, figlio di padre emigrante, esportato e catapultato nella grande città alla tenera età di 13 anni. Mi sono confrontato con una realtà quindi più complessa ma devo dire non mi sono mai arroccato. E ritengo di non aver mai tradito i miei valori, che provengono dalla nostra terra, e che sono l’amicizia, l’onestà e la schiettezza. In virtù dei quali, posso assicurarvi, ho perso tante battaglie, ma non ancora la guerra. Ernesto Campiti Dottore Commercialista Roma


GIUDIZIARIA

CONVERSANDO

La componente “riservata” della ’ndrangheta

Vinitaly 2018: A Verona un’inedita Calabria enoletteraria La Calabria, rappresentata al padiglione 12 da 60 aziende e dai consorzi Cirò e Melissa, Terre di Cosenza e Produttori Greco di Bianco, si incontrerà a Verona con il mondo del vino per degustare, stringere rapporti commerciali, confrontarsi sui temi caldi dell’enologia sotto i riflettori della 52° edizione del Vinitaly. In programma un ricco palinsesto, curato da Dipartimento Agricoltura della Regione Calabria con il coordinamento dell’ ARSAC, l’Azienda Regionale per lo Sviluppo in Agricoltura e la collaborazione tecnica dei consorzi di tutela Terre di Cosenza Dop e Consorzio dei vini di Cirò e Melissa, con eventi di profilo tecnico, gastronomico e culturale e numerose degustazioni, tutto sotto la guida di esperti, giornalisti di settore e personaggi del mondo enoico . Nove gli incontri che svel eranno le diverse sfaccettature produttive, culturali e storiche che contraddistinguono la regione: Domenica 15 aprile , alle ore 12, l’incontro “Calabria sole, sete e i vini da piscina” con Vincenzo Donatiello, manager e capo sommelier del Ristorante Piazza Duomo di Alba, insignito Maître dell’Anno dalla guida Ristorante Espresso 2018. Alle 15, “Il Terre di Cosenza DOP, il mondo del Magliocco” degustazione guidata da Massimo Lanza , responsabile regionale della guida vini del Gambero Rosso. Sul finire della prima giornata farà tappa allo stand della regione la celebrity chef, Joe Bastianich alla scoperta dei vini e dei produttori calabresi. Lunedì 16 aprile, ore 11, rilettura narrata da Matteo Gallello, caporedattore e organizzatore dell’attività didattica di Porthos, “La Calabria attraverso Mario Soldati” nel suo viaggio del 1975. Alle 12.30 “Alberello con palo secco, una rivoluzione epocale degli Enotri prima della Magna Grecia” da candidare a Patrimonio dell’Umanità Unesco con MassimoTigani Sava , direttore Local Genius e ideatore di Magna Grecia LifeStyle e Salvatore Gaetano, CEO Magna Grecia LifeStyle. Alle 14,30 seminario “Luce, ombre, verità e pathos nella pittura di Mattia Preti e nell’espressione dei rossi calabresi” tenuto dal critico enoico e storico dell’arte Armando Castagno. Alle 11 di martedì 17 aprile “Tra due lingue”, l’appuntamento sul vino e la narrativa che anima le diverse inflessioni della lingua: una degustazione combinata di vini e narrazioni tra lingua che degusta e lingua che racconta, curato dal giornalista Giampaolo Gravina. Alle 15, Luciano Pignataro , giornalista de “Il Mattino” animerà la degustazione di “Non di solo pane (e n’duja) vive l’uomo” metterà al centro della degustazione i vini del territorio calabrese affiancati ai grandi salumi calabresi. Suggellerà la scena “Cirò e il Gaglioppo”, la degustazione guidata di sei Cirò per approfondire il grande vitigno calabrese che vedrà sul palco il responsabile regionale della guida Vini Buoni d’Italia e giornalista Rai, Umberto Gambino. Sonia Cogliandro

FRUTTI DIMENTICATI

Favi a tri coccia VICIA FABA L. FAM. FABACEE

Senza dubbio la varietà delle fave “a tri coccia”, il cui baccello contiene tre semi, è molto antica e sarà quella che fu utilizzata dai greci e dai romani; non sempre però i baccelli contengono tre semi, ma talvolta uno, due o addirittura quattro. Come si può notare i semi sono notevolmente grossi, più di quanto non siano quelli di varietà a baccelli molto lunghi; essi venivano privati della buccia e poi venivano essiccati, diventando adatti per preparare una purea denominata “maccu”. L’uso alimentare delle fave è molto problematico in quanto il loro consumo dà adito a un fenomeno violentissimo d’allergia denominato favismo, mortale, che provoca l’emolisi ossia la rottura dei globuli rossi, con conseguente emorragia interna, per cui in poco tempo si arriva alla morte se non si interviene con cure appropriate e con trasfusioni. Probabilmente tale caratteristica negativa, ossia il pericolo per alcuni dell’uso alimentare delle fave, era stato notato da Pitagora di Samo, che ne proibiva tassativamente ai suoi discepoli l’utilizzo; probabilmente egli stesso era allergico alle fave o aveva capito la pericolosità. Egli aveva fondato una scuola a Crotone, che si basava su principi etici, filosofici e che s’interessava di religione, di matematica e di geometria, attorno al 530 a.C., che influì pesantemente sulla politica della città, determinando il rafforzamento del partito aristocratico. La politica dettata dai pitagorici entrò in collisione con Sibari, dove il partito democratico aveva assunto il potere, portando avanti una condotta discriminatoria nei riguardi dell’aristocrazia. Alcune centinaia di nobili si erano rifugiati a Crotone e quando Sibari ne chiese la consegna, Crotone si rifiutò di farlo, per cui scoppiò la rovinosa guerra tra le due città che erano della stessa stirpe. Sibari, sicura della vittoria, attaccò con forze soverchianti la città nemica, ma il suo esercito fu clamorosamente sconfitto nel 510 a.C., da quello crotoniate, guidato dall’atleta Milone, vincitore di tante gare ad Olimpia. La città venne rasa al suolo e fu cancellata fisicamente in quanto i crotoniati vi deviarono sopra il fiume Crati. I superstiti della città più splendida della Magna Grecia, si salvarono nelle colonie sibarite sul Tirreno: Scidro, Laos e Posidonia, chiamata poi dai romani, Paestum.

I BRIGANTI

Dio, tu chi salveresti: l’uomo o le api?

Pitagora fu costretto a lasciare la città in seguito a una rivolta democratica guidata da Cilone, uomo arrogante e violento che non era stato accolto nella sua scuola. Egli sarebbe morto a Metaponto dopo che si era salvato dall’incendio che era stato appiccato dai democratici alla sua casa, dove perirono tanti discepoli. Secondo un’altra leggenda, Pitagora in fuga dalla città, si trovò nei pressi di un campo di fave, dove avrebbe potuto nascondersi, ma non volle farlo, per cui fu raggiunto e ucciso dai seguaci di Cilone. In riferimento alle piante di fave esse arricchiscono i campi dove sono coltivati in quanto producono azoto che si fissa nel loro apparato radicale e di conseguenza, l’anno successivo alla loro coltivazione, veniva seminato il grano che assorbe molte sostanze nutritive del terreno. Di conseguenza la rotazione colturale triennale prevedeva nella nostra area, la semina della sulla, che aveva la funzione di far riposare il campo, la semina delle fave che lo arricchivano d’azoto ed infine la semina di grano, che lo sfruttava. Le favette, che sono una varietà di fave, oltre ad arricchire un campo di azoto, hanno anche quella aggiuntiva di eliminare dal terreno le erbe infestanti, specie quando esse sono seminate fitte. Addirittura si usava seminarle nelle vigne per eliminare la gramigna e quella più terribile denominata nel nostro territorio “cropastu”, corrispondente alla gramigna di Aleppo. In riferimento alle fave a “tri coccia”, esse venivano seminate alla fine di ottobre ed entravano tardivamente in produzione alla fine di marzo, quando i padri con gioia dei bambini portavano dai campi i primi baccelli e allora essi prima di mangiarle, le trasformavano gioiosamente in mucche, aggiungendo dei minuti stecchi di legno con funzione di zampo ed altri più sottili per rappresentare le corna. Questo dimostra come la non disponibilità di giocattoli o strumenti ludici a portata di mano, come capita ai bambini dei nostri giorni, aguzzasse l’ingegno e ognuno si costruiva i propri giocattoli, numerosissimi, fra l’altro, diversi in stagioni differenti, utilizzando la canna, il legno, le erbe, il fango, lo sterco addirittura degli asini, ecc. Le mucche ricavate dai baccelli delle fave, i bambini, assieme ad altri coetanei le portavano in “pascoli immaginari” costituiti da piccoli spiazzi pianeggianti primi di sacrificarle, mangiandole, dopo ore di gioco.

Nella ’ndrangheta ci sarebbe una componente “riservata”. Un ruolo di vertice ricoperto da soggetti “riservati” ma che, secondo un’indagine coordinata dalla Dda reggina, sarebbero al centro degli interessi economico, politico e finanziari della Provincia di Reggio Calabria. La componente “riservata” sarebbe chiamata a svolgere funzioni di direzione strategica, in simbiotico interscambio, con gli organismi organizzativi ed operativi. Pensata e strutturata in ossequio alle indicazioni provenienti dagli andamenti evolutivi della organizzazione di tipo mafioso, registrati a partire dal 1969/70, prima, ed a conclusione della seconda guerra di mafia, dopo, in linea con le scelte di G. e P. DE STEFANO (entrambi deceduti), riconosciuti fondatori ed ideatori, nei primi anni ’70 del secolo scorso (unitamente tra gli altri ai vertici delle cosche Piromalli, Nirta, Araniti, Libri, Mammoliti, Cataldo e Mazzaferro) della prima “struttura riservata” della ‘ndrangheta denominata "A MAMMA SANTISSIMA" (LA SANTA), caratterizzata da regole speciali in grado di rimuovere e superare a favore dei suoi qualificati componenti i tradizionali divieti fissati dalle regole tradizionali della ’Ndrangheta. La “riservata” sarebbe dotata di poteri deliberativi, nell’ambito di una strutturazione di moderna concezione in grado di garantire l’impermeabilità informativa, l’agilità operativa, il proficuo perseguimento degli scopi programmati e la continua interrelazione con gli ulteriori soggetti inseriti nel medesimo contesto criminale, a questo collegati o contigui. Ed ancora sarebbe destinata ad estendere il programma criminoso della predetta organizzazione criminale negli ambiti strategici di maggior interesse – con particolare riferimento a quelli politici, istituzionali, professionali, informativi, finanziari, imprenditoriali, bancari ed economici. Inoltre questa particolare componente sarebbe destinata a consentire alle ulteriori componenti soggettive inserite in tali contesti oligopolistici, tra le quali quelle di seguito evidenziate, di darne concreta attuazione, avvalendosi anche di collaborazioni esterne. A questo si aggiunge che sarebbe incaricata di curare il coordinamento delle multiformi operazioni criminali riferibili al complessivo sistema criminale di tipo mafioso operante sul territorio nazionale ed all’estero, composto dalla ‘Ndrangheta di origine calabrese, dalle ulteriori organizzazioni di tipo mafioso (con particolare riferimento a “Cosa nostra”, alla “Camorra” ed alla “Sacra corona unita”) e da strutture a carattere eversivo. La parte “apicale riservata” sarebbe stata costituita al fine di: «individuare, programmare e coordinare le linee strategiche e di politica criminale della predetta organizzazione di tipo mafioso e del più ampio sistema criminale di riferimento; affidare la materiale attuazione in ambito locale del predetto programma criminoso ai membri di rango elevato (tra i quali quelli prima richiamati in relazione agli organismi di direzione organizzativa ed operativa) delle predette componenti “visibili”, operanti a loro volta attraverso le strutture tipiche delle rispettive articolazioni territoriali; agevolare l’inserimento dei predetti vertici “visibili” negli ambiti strategici di interesse, attraverso l’opera di soggetti insospettabili a loro collegati, molti dei quali operanti in ambito pubblico, a cui affidare la materiale esecuzione del predetto programma in tali più elevati contesti operativi; canalizzare le riservate informazioni a favore del complessivo sistema criminale da utilizzare principalmente al fine di sviare, eludere o depistare le attività investigative e di accertamento patrimoniale in corso di svolgimento; consolidare e rafforzare la presenza ed il ruolo del complessivo sistema criminale di tipo mafioso nei molteplici settori strategici di rilevanza nazionale ed estera, con particolare predilezione per quelli a carattere politico, istituzionale, professionale, informativo, finanziario, imprenditoriale, sanitario, bancario ed economico; aggiornare ed attualizzare il già esposto, ed articolato, programma criminoso, consolidando gli automatismi esecutivi e la evidente sincronia operativa tra le predette componenti “visibili” e la sua apicale componente “segreta”».

Fa più notizia una partita di calcio che un suicidio, un’attesa politica che una bomba assassina, l’uscita del nuovo modello di telefonino che la scoperta di un’isola di plastica grande quanto l’intera Francia. Questa è sicuramente l’epoca del “non pensiero” in cui ci stanno abituando a non utilizzare troppo quei pochi neuroni rimasti. Siamo sicuri che per sapere cosa accade nel mondo dobbiamo sintonizzarci sui telegiornali di regime, senza considerare affatto che le notizie potrebbero essere manipolate, e che quello che vediamo sia in realtà “quello che dobbiamo vedere”. Siamo continuamente “istruiti a nostra insaputa” sui modelli a cui dobbiamo ispirarci. “Se lo ha detto la tv allora è così”, dice il telespettatore medio. “Se lo dice il giornale ci credo” dice il lettore medio. E poi danzano imbellettate le veline svestite che introducono notizie importanti, e l’uomo sbava per le nudità che vede, le quali via via vengono considerate fondamentali per ipnotizzarci e abituarci al cattivo gusto e alla caduta di stile. È tutto normale, è solo il mondo che cambia, e ci dobbiamo adattare. Dobbiamo, altrimenti siamo considerati strambi, controcorrente, anarchici o chissà quale altra stupidaggine. Ma chi si pone domande, chi ha un senso critico verso questa società è davvero uno stolto? Chi ha più timore per l’imminente estinzione delle api rispetto all’estinzione del genere umano, è davvero un pazzo? Se venissero a mancare le api effettivamente nel giro di pochi anni l’uomo potrebbe scomparire dal globo perché le api impollinano i fiori e le piante necessarie alla vita. Invece se si estinguesse l’uomo, la terra tornerebbe a respirare a pieno regime, scomparirebbe la spazzatura, tutto tornerebbe in solenne equilibrio. Però siamo troppo impegnati a sopravvivere per pensare troppo. E allora lasciamo ai nipoti l’arduo compito di salvare noi stessi. Ma se cominciassimo noi? Brigantessa Serena Iannopollo


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15 APRILE - 16

Attualità

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Il leitmotiv dell’opera è l’uomo, l’umanità nel mondo d’oggi, che ha perso la strada ed è ancora vittima dei poteri statuali e occulti dei sistemi sociali, delle tradizioni di popoli in via di sviluppo, ma anche della cultura delle società industriali. E accanto all’accorato appello per la giustizia, la pace e la libertà vi è il racconto della genesi delle patologie sociali.

pIno mAzzù Insieme al compianto Totò Delfino negli anni 70-80 è stato corrispondente per Il Tempo, allora diretto da Gianni Letta.

"Un pugno di Greci ci ha lasciato un Tesoro: custodiamolo! "

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MARIA GIOVANNA COGLIANDRO

per molta gente i parchi archeologici sono dei recinti in cui vengono tenuti “prigionieri” miti, storia, monumenti. I parchi, invece, hanno un’anima! E consentono a quei miti, quella storia, quei monumenti, di mantenere viva la testimonianza di una civiltà che oggi rappresenta le nostre radici.

n amore per la carta stampata avvertito sin da bambino, e poi la sua grande passione, l’archeologia, che negli anni ha raccontato con competenza e trasporto, affascinando il grande pubblico. Pino Macrì, originario di Palmi, è un giornalista vecchio stile, distinto e assai sensibile, profondamente innamorato della sua Calabria.

Quando ha capito che il giornalismo sarebbe stata la sua strada? Nella vita spesso bisogna fare delle scelte, e a un certo punto ho deciso di non intraprendere, per motivi personali, l’iter per entrare nella redazione di un giornale che era “Il Tempo” di Roma. Nel contempo, paradossalmente, ho compreso che il giornalismo sarebbe stata la mia attività e, mutando obiettivi, ho realizzato quello che era il mio sogno continuando attraverso le collaborazioni con giornali, agenzie, televisione ad alimentare la mia passione. Nasce prima la sua passione per l’archeologia o quella per il giornalismo? Forse sono sempre coesistite, perchè è vero che se da ragazzino ero affascinato dalle storie e dalle leggende che ci raccontavamo tra di noi bambini, che altro non erano che la memoria popolare di affioramenti archeologici, è vero anche che ero attratto dai cartelli che a volte, nelle gare ciclistiche, vedevo sulle auto al seguito, che portavano la scritta “servizio stampa”. Piccoli segnali premonitori sulle preferenze che andavano nascendo. Il suo primo articolo? Fu frutto dell’insistenza di un compagno di scuola che ebbe occasione di vedere le pagine che scrivevo sui fatti di cronaca e sulle mie riflessioni. Il fatto mi diede fastidio ma lui, invece, incominciò a propormi di scrivere per il giornale col quale collaborava, perchè, diceva, “potremo guadagnare bei soldi”, dal momento che il giornale dava 2 lire a rigo e noi studenti eravamo squattrinati. Prima ho rifiutato categoricamente perchè ero convinto che i giornali modificassero a loro piacimento quello che veniva inviato dai collaboratori. Ma lui insistette a lungo e alla fine, per risolvere la questione gli diedi una paginetta scritta su una singolare riunione del consiglio comunale, tenutasi in un giorno di pioggia, in un’aula del municipio dove scendeva acqua dal tetto. Il pezzo era ironico e chiudeva con la fatidica frase “piove governo ladro”. Era la mia sfida: “Se lo pubblicano senza tagliare nulla ne riparleremo”. Non so perchè, l’articolo venne interamente pubblicato e, a quell punto, decisi di continuare a scrivere. Insieme al compianto Totò Delfino negli anni 70-80 è stato corrispondente per Il Tempo, allora diretto da Gianni Letta. Cosa ricorda di quegli anni? Anche col Tempo fu un altro mio amico che mi propose di scrivere, presentandomi poi a Letta che, in un suo viaggio in Calabria, mi affidò la corrispondenza a Rosarno, guarda caso, sito dell’antica Medma. È stata l’occasione per fare il salto dal livello locale a quello nazionale, dove potevo spaziare dalla cronaca alla cultura. L’amicizia con Letta durò fino a quando il giornale non fu venduto. Fu così che conobbi Totò Delfino che scriveva da Locri e ci trovammo a essere i due principali punti di riferimento per il giornale sulle due sponde della Locride e della Piana. A noi, però, era concesso spaziare come credevamo opportuno. Spesso mi portavo sulla Riviera ionica, nelle aree archeologiche di Locri e Totò, apprezzava molto la mia passione per l’archeologia e restava affascinato dai miei racconti. Viceversa, io restavo affascinato dai suoi racconti sull’Aspromonte che, per me, rappresentava un vero e proprio buco nero con i suoi misteri. Non scorderò mai la sua amicizia spontanea e quell’appuntamento, sempre rinviato, di andare a Polsi e mangiare la carne di capra. Forse per questo, quando vado a Locri alla casa di Persefone, mi fermo sempre a Moschetta, al ristorante “La fontanella”, nella corte del palazzo Scaglione, dove era ospitato Paolo Orsi quando scavava a Locri. Silvio Berlusconi definì Gianni Letta come “un dono di Dio all’Italia”. Fece questa buona impressione anche a lei?

Non so se fosse un dono di Dio all’Italia, ma quello che posso dire è che è sempre stato un personaggio eccezionale, che curava i rapporti personali anche nei momenti di tensione. Una volta entrai in rotta di collisione con uno dei più quotati redattori del Tempo, lui ormai ne era il direttore. Inviai le mie dimissioni per telegramma e, completati gli impegni, smisi di scrivere. Quelle dimissioni lui non le ha mai accettate e, a distanza di un anno, inviò un ispettore del giornale per farmi tornare a scrivere. A quei tempi al giornale lavoravano centinaia di persone e molti di loro, hanno rimpianto gli anni che hanno visto Gianni Letta alla sua guida. Tornando alla sua passione per l’archeologia, la Calabria ha una serie di risorse sottovalutate come, appunto, i parchi archeologici che hanno un’estensione anche maggiore di Pompei. Perchè non si riesce a valorizzarli come meriterebbero? Per molta gente i parchi sono dei recinti in cui vengono tenuti “prigionieri” miti, storia, monumenti. I Parchi, invece, hanno un’anima! E consentono a quei miti, quella storia, quei monumenti, di mantenere viva la testimonianza di una civiltà che oggi rappresenta le nostre radici. Però è necessario che una nuova cultura si faccia strada e si aggiunga a quella che ha consentito di portare alla luce quanto un pugno di Greci fece nascere e costruì sul nostro territorio: un vero e proprio Tesoro, lasciato in eredità. Ma attenzione, è sbagliato pensare che questa sia una proprietà esclusiva del territorio in cui ricade. Il patrimonio dei Parchi, dei monumeni, dell’archeologia è un bene comune, patrimonio dell’umanità. Chi vive sul territorio deve esserne il custode attento ma anche colui che ne racconta la storia. Sabato 7 aprile è stato inaugurato il Museo di Palazzo Nieddu a Locri. Ha seguito la querelle che ha visto protagonisti il sindaco Giovanni Calabrese e il direttore del Museo di Reggio Calabria, Carmelo Malacrino? Che idea si è fatto? Ero anch’io a quell’appuntamento importante. Ho seguito le vicende che hanno caratterizzato la nascita di quel museo. È stato un bene che si sia cercato di stemperare i toni. Io ritengo che il problema non siano gli uomini e le loro beghe. Il problema è il tempo che attraversiamo. Purtroppo certe riforme hanno disarticolato lo Stato in maniera irrazionale e senza modelli. E questo è lo scotto che noi adesso pagheremo per molto tempo e con esiti imprevedibili. Si riuscirà mai ad archeologizzare queste assurde beghe di quartiere? Non è facile rispondere a questa domanda. Sono finiti i tempi in cui riformatori e protagonisti di azioni civili a tutto tondo, coinvolgevano società, politica e cultura. Gente che si chiamava Paolo Orsi, Umberto Zanotti Bianco. La speranza è che nel futuro i giovani di oggi possano ritrovare la strada per ricostruire un clima culturale che restituisca senso e valore al significato di “Bene comune”!

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È la storia di un giovane ebreo che lascia la sua famiglia a Leopoli in polonia, intorno al 1930, e giunge in Italia, a padova, dove si laurea in ingegneria. ben presto, a causa delle leggi razziali, vive la tragedia di perdere lavoro e sicurezze, nonché, divenuto apolide, di venire imprigionato in un campo di internamento a ferramonti di Tarsia. Questa prigionia, paradossalmente, gli salverà la vita...

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Quando nasciamo veniamo accolti... e chi ci accoglie per primo è l’affetto di una donna. Quella stessa donna che ci ha portato con sé ora si separa da noi e ci rende individui. ma siamo ancora completamente dipendenti e quella dipendenza ci serve ed è la sola al mondo che ci farà bene nella vita. Cosa succede se non c’è accoglienza? Cosa capita in natura se questo immenso compito materno non viene portato a termine?



15 APRILE- 18

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cultura www.larivieraonline.com

ARDORE

Archiviata con successo la 7ª edizione del Premio Misiano Il Premio Internazionale è reduce dal successo delle edizioni del 2007 e 2009, svoltesi ad Ardore, e del 2010, 2012, 2014 e 2017 a Mosca, Berlino, Torino e Bologna.

Dal 23 al 25 Marzo scorsi, si è tenuto ad Ardore il Festival della Cultura Cinematografica, dedicato alla figura di Francesco Misiano (Ardore, 1884 - 1936), un personaggio di chiara fama politica e cinematografica che, a cavallo tra la Rivoluzione d’Ottobre e il 1930 divenne uno dei maggiori distributori cinematografici dell’Unione Sovietica, facendo arrivare un kolossal come Corazzata Potemkin in Germania. Si è trattato della settima edizione del Premio Internazionale, dedicato all’Integrazione SocioPolitica e Culturale nel Mediterraneo di oggi e di domani. L’edizione di quest’anno segue quelle del 2007 e 2009, svoltesi ad Ardore, e del 2010, 2012, 2014 e 2017 a Mosca, Berlino, Torino e Bologna. L’edizione di quest’anno si è articolata in tre giornate. Durante la prima giornata ha avuto luogo la proiezione di 10 cortometraggi realizzati da filmaker calabresi, con i quali si è voluto mettere in evidenza la crescita della produzione cinematografica calabrese, in termini quantitativi e qualitativi. Nella seconda è stato

proiettato il film Vento di Terra di Vincenzo Marra, seguito dalla tavola rotonda sul cinema italiano con Giovanni Spagnoletti( docente e critico cinematografico, Vicenzo Marra (regista), Nicola Irto ( Presidente del Consiglio Regionale), Eugenio Attanasio (presidente della Cineteca della Calabria) Giovanni Scarfò (direttore della Cineteca della Calabria e il Sindaco di Ardore Giuseppe Maria Grenci. Il premio a Vincenzo Marra è stato consegnato dal presidente Nicola Irto dopo la prolusione del prof. Giovanni Spagnoletti. Nella giornata finale ha avuto luogo la proiezione dei cortometraggi più votati dagli esperti e dal pubblico. Il primo posto è andato a Margerita diretto da Alessandro Grande. Racconta la storia di un giovane rom alle prese col suo primo furto in un appartamento che gli cambierà la vita in positivo. Il secondo posto è stato assegnato ad Aldo Iuliano con Penalty, un cortometraggio sull’immigrazione molto crudo e toccante che, attraverso il gioco del calcio, ha rappresentato la ferocia degli uomini verso chi

SCUOLA

I ragazzi dello Zaleuco accendono alle fasi finali dei Giochi matematici e delle Olimpiadi delle Scienze naturali 17 marzo, a Reggio Calabria, si sono svolte le semifinali dei “Campionati internazionali di giochi matematici” indetti dall’Università Bocconi di Milano, giunti alla loro 25ª edizione a livello nazionale (alla 32ª nel mondo). Si tratta di una gara articolata in tre fasi: le semifinali, la finale nazionale e la finalissima internazionale, che si svolgerà a Parigi a fine agosto 2018. In ogni fase è previso un certo numero di quesiti (di solito tra 8 e 10) da risolvere in 90 minuti (per la categoria C1) o in 120 minuti per le altre categorie. Come da regolamento, le percentuali di ammissione alla finale nazionale, riferite agli effettivi partecipanti, sono il 7% per la categoria C1 (classi 1ª - 2ª media) e C2 (classi 3ª media e 1ª superiore) con arrotondamento per difetto, e il 10% per le categorie L1 (classi 2ª, 3ª, 4ª) e L2 (classi 5ª). Richiesta inoltre l’esatta risoluzione di almeno 5 esercizi per le categorie L1 – L2. Sulla base di questi criteri, parteciperanno alla finale nazionale che si svolgerà il prossimo 12 maggio a Milano, in “Bocconi”, i seguenti allievi del Liceo scientifico Zaleuco di Locri: Giuseppe Farò e Giuseppe Favata (Categoria C2), Gessica Agostino, Nicola Varacalli, Chiara Marrapodi, Francesco Romeo Giulia Garofano, Giuseppe Albanese, Giulio Cuzzilla (Categoria L1). Nella finale di Milano verrà selezionata la squadra che rappresenterà l'Italia alla finale internazionale di Parigi. Ma le soddisfazioni per lo Zaleuco non finiscono qui. Il 22 marzo, infatti, a Cosenza, si è svolta la fase regionale della 16ª edizione delle “Olimpiadi delle Scienze naturali”, organizzate dall’ANISN (Associazione Nazionale Insegnanti Scienze Naturali). Per la categoria Biennio si è classificato al primo posto Domenico Tassone, che rappresenterà lo “Zaleuco” alla fase nazionale prevista per il prossimo 12 maggio presso

Il

lotta per la sopravvivenza. Il terzo posto è andato exequo a Mer Rouge di Alberto Gatto e Maramandra di Lele Nucera. Il primo sul commovente incontro tra nuova e vecchia immigrazione, il secondo sulla necessità-possibilità-volontà dell’integrazione fra i popoli che può avvenire anche grazie all’incontro fra le rispettive tradizioni culturali. Il premio del pubblico è stato assegnato al cortometraggio Bullismo di Pino Gambardella, realizzato con l’obiettivo didattico di sensibilizzare le giovani generazioni verso un fenomeno negativo che, spesso, innesca meccanismi psicologicamente degenerativi in chi lo subisce. La manifestazione si è svolta nella biblioteca “Raffaela Scordo” di Ardore, dove, a cura della Cineteca della Calabria, è stata allestita una mostra fotografica dal titolo Calabria/territori di cinema, avente per tema “Corrado Alvaro al cinema”. Giovanni Scarfò Presidente del Centro Studi Cinematografico Francesco Misiano-Ardore

l’Università Liuc a Castellanza (VA). Sempre Domenico Tassone, avendo superato la fase regionale svoltasi il 20 marzo, parteciperà alla finale nazionale individuale delle “Olimpiadi di Problem Solving”, competizione di informatica promossa dal MIUR, programmata per il prossimo 27 aprile a Cesena. Lodevole lo spirito con cui i nostri ragazzi si mettono alla prova anche in questo tipo di competizioni comunque impegnative ma che, a prescindere dai risultati più o meno prestigiosi, consentono loro di mettere in campo conoscenze, abilità e competenze acquisite nel percorso formativo confrontandosi con coetanei di altre realtà scolastiche e a più livelli. Lo “Zaleuco”, nella persona del Dirigente Scolastico Giuseppe Piero Fazzolari, esprime soddisfazione per i risultati finora conseguiti e auspica ulteriori successi per i propri allievi.

Il Mazzini di Locri festeggia i 25 anni del Liceo Linguistico Il 27 Marzo, presso l’auditorium del Liceo delle Scienze Umane e Linguistico “G. Mazzini” di Locri, si è festeggiato il 25º anniversario del Liceo Linguistico. Infatti è esattamente dal 1993 che esiste a Locri il Liceo Linguistico, l’unico nella Locride. La manifestazione è stata curata dalla coordinatrice del dipartimento di Lingue Carmela De Marzo, con la collaborazione di altri docenti. Il coro del Mazzini, abilmente guidato da Annamaria Pizzati, ha dato il via alla celebrazione con l’Inno alla Gioia, al quale sono seguiti altri intermezzi musicali e balli eseguiti magistralmente dagli alunni. Dopo i saluti dell’attuale Dirigente Scolastico Francesco Sacco, ci sono stati gli interventi dei Dirigenti Scolastici che in passato hanno guidato e diretto la Scuola: Angelo Vecchio Ruggeri e Saro Lucifaro, che hanno saputo valorizzare l’istituto offrendo agli alunni numerose opportunità utili alla loro formazione e importanti per l’acquisizione di nuove competenze che hanno permesso di arricchire il loro bagaglio culturale. Assenti, purtroppo, per altri impegni improrogabili, i Dirigenti Giovanni Pittari e Giuseppe Antonio Loprete. Presente inoltre il Rettore dell’Università degli Studi per Stranieri Prof. Salvatore Berlingò che ha tenuto una Lectio Magistralis sul valore e l’importanza delle lingue straniere oggi.


EVENTI

A un locrese il bronzo nel Campionato Regionale di potatura dell’olivo

Si chiama Antonio Garreffa e, lo scorso 24 marzo, è salito sul podio di una competizione organizzata dall’ARSAC, che ha il non secondario obiettivo avvicinare i giovani al mondo dell’agricoltura.

È Antonio Garreffa di Locri ad aggiudicarsi il primo posto nella classifica del terzo Campionato Regionale di potatura dell’olivo, organizzato dall’ARSAC (Azienda Regionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura Calabrese). Il campionato si è svolto il 24 marzo scorso, in una azienda agricola a Mongrassano (CS), al termine di un corso di potatura organizzato sempre dall’ARSAC. Ai corsi possono iscriversi tutti, anche se è netta la prevalenza dei giovani e dei maschi, rispetto alle donne, cosa che attiene alla purtroppo durevole cultura patriarcale che vede la donna esclusa dalla

cura del terreno e dell’agro, poiché “debole”. Nel circuito della didattica agronomica i corsi di potatura non sono una novità: basti pensare che sono diffusissimi anche in campo ornamentale corsi sulla potatura delle rose o di arbusti d fiore, sulla cura di alcuni tipi di piante o sui bonsai. I criteri di valutazione invece sono di comprensione meno immediata: bisogna conoscere la materia e avere un po’ di pratica. Così ci spiega Garreffa: “Abbiamo eseguito la potatura in un tempo determinato: tre piante di circa 25-30 anni in 30 minuti. La forma prevista era a vaso policonico semplificato. Bisogna immaginare l’albero composto da tre coni da gelato con la punta in alto, questa è in teoria, la forma che dovrebbe avere l’albero. Il fusto principale si dirama in tre o quattro branche principali, dalle quali si dipartono quelle secondarie, che non devono essere meno di quattro, e devono essere mediamente distanti una settantina di centimetri. Occorre eliminare i rami che sottraggono vigore, quelli “ciechi” e in generale orientare i rami secondo un’inclinazione precisa, che non deve essere troppo orizzontale (ristagno di linfa e quindi produzione di succhioni) o troppo verticale (fioritura e fruttificazione solo apicale), dare simmetria ed evitare che i rami si facciano ombra a vicenda. Un insieme di fattori complesso da gestire, ma del tutto fattibile”. Il lavoro di potatura a vaso policonico con-

sente inoltre di lavorare da terra: “Non c’è bisogno di attrezzature costose, motoseghe, nafta, compressore, rumori e inquinamento, si fa tutto da terra con manici telescopici e seghetti a mano. Questo abbatte enormemente il costo della potatura e consente di evitare cestelli a braccio meccanico, protezioni ingombranti e ovviamente è molto più sicuro rispetto al tradizionale metodo che prevede di arrampicarsi sugli alberi!”. La valenza della potatura a vaso policonico è anche l’apertura della chioma che evita parassiti, infestazioni fungine, e soprattutto una fruttificazione abbondante tutti gli anni, anche all’interno della chioma. Non c’è la famosa “alternanza”, e il rapporto tra polpa e nocciolo dell’olivo è quello giusto. L’olio è di ottima qualità”. Ne è una riprova che con circa 1300 piante di olivo, Garreffa ha ricevuto numerosi premi per la qualità dell’olio e che si sta avviando a entrare nel commercio locale, e anche a presentare il suo olio a Roma. Gli auguriamo di avere molto successo. Garreffa ha partecipato anche ai campionati nazionali, tenutisi quest’anno per la prima volta in Calabria, classificandosi in buona posizione. L’invito è quindi a imparare questa potatura, ormai conosciuta e apprezzata ovunque, che potrebbe aiutare quei giovani che volessero abbracciare il grande ventre dell’agricoltura. Lidia Zitara

Siderno ricorda le vittime della Moby Prince

Lunedì 16 aprile, alle ore 16:30, presso la scuola Media di San Luca, sita in corso Matteotti, si terrà la presentazione del libro fantasy “Angels 2 - La vita segreta di un angelo disertore” di Miriam Giorgi, recentemente insignita dell'onorificenza di alfiere della Repubblica dal Presidente Sergio Mattarella per conseguiti meriti di studio. Il libro è il seguito del romanzo “Angels - La vita segreta di un angelo nascosto” della giovane studentessa di San Luca.

Martedì 17 aprile, alle ore 21:00, presso il teatro Gentile di Cittanova, nell’ambito della XV edizione della Stagione Teatrale comunale, si terrà lo spettacolo teatrale del cantante, attore, conduttore televisivo, e showman Massimo Ranieri “Sogno e son desto… in viaggio”, scritto in collaborazione con Gualtiero Pierce. L’importante evento avrà una doppia valenza, in quanto si prefigura come il modo migliore di festeggiare i 400 anni della città.

Venerdì 20 aprile, alle ore 18:00, nell’ambito degli incontri organizzati dal Comune di Siderno in collaborazione con la Libreria Calliope Mondadori, l’Associazione Amici del Libro e della Biblioteca e Mag - la Ladra di Libri, presso il Grand Hotel President sulla Statale 106 tra Siderno e Locri, si svolgerà la presentazione dei libri “Storia dell’Italia Mafiosa” e “Le mafie nell’economia globale”, di Isaia Sales. Dialoga con l’autore Gianluca Albanese.

Martedì, In occasione del 27º anniversario della tragedia della Moby Prince, nel quale persero la vita tre sidernesi, l’Amministrazione Comunale di Siderno ha organizzato, presso la Chiesa di Santa Maria dell’Arco, la celebrazione di una Santa Messa in suffragio delle vittime innocenti. Al termine della funzione religiosa, presso l’arenile antistante il monumento al Marinaio, è stato effettuato un lancio di rose in mare alla presenza delle autorità e dei parenti delle vittime.

Il sidernese Audino si conferma Campione Italiano di maratona in canoa I Campionati italiani di maratona classica in canoa, che hanno determinato quali sono gli atleti italiani più forti sulle distanze più lunghe, si sono chiusi con l’assegnazione sull'Arno di Firenze del titolo tricolore nelle varie categorie. Il Sidernese Renato Audino si è riconfermato, per il secondo anno consecutivo, Campione Italiano di

Maratona classica in K1, categoria - Master H. Il Calabrese, in una gara difficoltosa e impegnativa per le condizioni climatiche, il vento e le onde da esso provocate, ha chiuso al Primo posto il percorso di gara di 12 Km con il tempo di 1h 08' 52". Nello stesso periodo, il 71enne, ha ottenuto altre due belle vittorie in entrambe le gare regionali Piemontesi

tenutesi a Torino il 18 febbraio (sui 10.000 m) e il 17 marzo (sui 5.000 m). Gli allenamenti estivi nel mare azzurro di Siderno, con i soliti amici ,Cosimo, Attilo ed Enzo e quelli invernali talvolta con temperature sotto zero e fitte nebbie , svolti nelle acque del fiume Po hanno dato i loro frutti.

Sabato 21 aprile, alle ore 16:30, presso l’aula Magna del Liceo Classico Ivo Oliveti di Locri, nell’ambito del “Ciclo Teatro Tragico”, si svolgerà l’evento “La caduta dell’eroe”. Prenderanno la parola la docente ordinaria di Filologia Classica dell’Università di Messina Paola Radici Colace, che parlerà del “Eracle” di Euripide e la docente di Lettere Classiche del Liceo Classico Ivo Oliveti Lucia Licciardello, che analizzerà invece “Edipo a Colono” di Sofocle.



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ANGOLO FOOD

15 APRILE - 21

arte&co

LA RICETTA: CREPES AL SALMONE

Ingredienti per 4 persone. Per la pastella: 2 uova, 300 ml di latte, 120 gr di farina, sale. Per la farcia: 300 gr di ricotta, 200 gr di salmone, 150 ml di besciamella, 2 cucchiai di parmigiano, sale, pepe, timo.

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Benedicono il giorno in cui hanno incontrato la musica che li ha resi finalmente liberi. Insieme dal 2015, in un abbraccio che va da Caulonia fino a Gimigliano, sono pronti per il loro primo album.

ARTISTI EMERGENTI

I Glim, un rock che è un fascio di luce La musica è libertà, è magia, è l'unico linguaggio che può essere compreso da tutti. Non riusciamo neanche a immaginare la nostra vita senza la musica.

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO

Ricercatori raffinati di suoni e di parole, attenti osservatori a cui piace giocare sulle incongruenze dei nostri tempi. Poeti ribelli che con il loro rock, ora al testosterone ora più intimista, sono in grado di creare mondi inaspettati. Sono i Glim, Agazio Martinis (voce) di Guardavalle, Francesco Lavorata (batteria) e Ilario Roccisano (basso) di Caulonia, Alberto Barrilli (chitarra elettrica) di Tiriolo, Emmanuele Scalzo (tastiera) di Gimigliano. Quando si esibiscono è un lungo prolungato sconvolgimento dei sensi, un improvviso abisso sotto i piedi, un vuoto d’aria estraniante da cui si può riemergere nuovi. Come nascono i Glim? I “Glim” nascono nel 2015, dall’incontro fra Agazio Martinis e Francesco Lavorata. Alla band si aggiunge successivamente Ilario Roccisano e, tramite quest’ultimo, nel giro di pochi mesi entrano a far parte del progetto anche Alberto Barrilli ed Emmanuele Scalzo. Musicalmente parlando, il nostro è stato un “amore a prima vista”. Il nome “Glim” è saltato fuori durante un progetto scolastico, nel corso del quale abbiamo chiesto ai bambini di associare una parola al nostro aspetto e alla nostra identità. Ce ne sono state suggerite molte, ma la parola che più ci ha affascinato è stata per l’appunto GLIM. Incuriositi dal suono, abbiamo chiesto subito quale fosse il significato, e la bimba ce lo ha svelato subito: bagliore, luce. Chi è il capo? La cosa bella del nostro gruppo è che ognuno di noi fa il suo. C’è

sinergia, c’è voglia di fare musica, c’è voglia di stare insieme. Siamo cinque elementi. Non c’è un capo, ce ne sono cinque Che tematiche affrontano i testi delle vostre canzoni? Le nostre tematiche spaziano molto: dalla politica alla legalità, dalla fiaba alla realtà. Quale è il vostro background, chi artisticamente e musicalmente vi ha ispirato? Seguiamo molti artisti e abbiamo diverse influenze musicali: tra i “big” c’è senz’altro Freddie Mercury, e con lui tanti altri che hanno lasciato e continuano a lasciare il segno. Cosa cercate nella musica? La libertà. La musica è il mezzo migliore per esprimere le nostre sensazioni, per emozionare e fare arrivare al meglio il nostro messaggio. La musica è magia, è l’unico linguaggio che può essere compreso da tutti. Nietzsche diceva che senza la musica, la vita sarebbe stata un errore. Come sarebbe stata la vostra vita se non aveste incontrato la musica? Condividiamo il pensiero del filosofo: benediciamo il giorno in cui abbiamo incontrato la musica. Sarebbe stata senz’altro una vita vuota. Sinceramente, non riusciamo neanche a immaginare la nostra vita senza la musica. Il momento più bello della vostra carriera? Ultimamente stiamo vivendo molti momenti speciali. Abbiamo toccato l’apice lo scorso weekend, raggiungendo le finali di due contest ai quali abbiamo partecipato. Il livello era alto, e sapere di aver lasciato il segno è un’emozione pazzesca! Ci sono stati momenti in cui vi siete sentiti sottovalutati? Praticamente sempre. Siamo coscienti delle nostre potenzialità e diamo l’anima e il cuore per farci valere. Purtroppo è anche il panorama musicale nella sua totalità a essere sottovalutato nel nostro territorio. C’è un disco in uscita… Sì, ormai abbiamo svelato la sorpresa: il nostro primo EP dal titolo Glim sarà fuori a breve! In cosa si differenzia rispetto agli altri? Noi abbiamo uno stile tutto nostro, e a differenza dei testi banali riguardo ai “messaggi su whatsapp” o ai “likes su instagram”, diventati ormai mainstream, riusciamo a toccare temi sociali molto forti. Sogni e progetti? Abbiamo molti progetti: innanzitutto far conoscere la nostra musica e arrivare alla gente per quel che siamo davvero. Sogniamo il successo, come ogni band d’altronde. Tuttavia non il successo meramente economico, ma la soddisfazione di avere un pubblico che ci segue, che si sposta insieme a noi, che canta le nostre canzoni. Questo per noi è il vero successo.

Direttore responsabile:

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO Direttore editoriale: ILARIO AMMENDOLIA COLLABORATORI: Jacopo Giuca, Lidia Zitara, Franco Parrello, Tonino Carneri, Mario Nirta, Giuseppe Romeo, Orlando Sculli, Nino Sigilli, Tonino Carneri, Sonia Cogliandro

STAMPA: Se.Sta srl: 73100 Lecce

INFO-MAIL REDAZIONE:

0964342198 larivieraonline@gmail.com www.larivieraonline.com

Registrata al Tribunale di Locri (RC) N° 1/14 EDITORE - No così srl via D.Correale, 5 - 89048 Siderno

Le COLLABORAZIONI non precedute dalla sottoscrizione di preventivi accordi tra l’editore e gli autori sono da intendersi gratuite. FOTOGRAFIE e ARTICOLI inviati alla redazione, anche se non pubblicati, non verranno restituiti. I SERVIZI sono coperti da copyright diritto esclusivo per tutto il territorio nazionale ed estero. GLI AUTORI delle rubriche in cui si esprimono giudizi o riflessioni personali, sono da ritenersi direttamente responsabili.

In una ciotola unite il latte alla farina e al sale e formate un composto liscio e omogeneo. Aggiungete poi le uova e lavorate fino a ottenere una pastella priva di grumi. Ungete con un po' di burro una padella antiaderente. Preparate quindi le crepes mettendo un mestolo d'impasto alla volta e facendo cuocere per circa 1 minuto a lato. Tagliate in piccoli pezzi il salmone e unitelo a sale, pepe, timo e ricotta. Amalgamate gli ingredienti e aggiungete metà della besciamella, quindi mescolate nuovamente. Stendete la farcia su metà parte di ogni crepes e richiudetele su se stesse. Richiudete ancora a metà ogni crepes e trasferitele in una teglia. Ricoprite con besciamella parmigiano. Cuocete in forno già caldo a 200 °C per 10 minuti circa.

IL COCKTAIL: COSMOPOLITAN Ingredienti per 2 persone: 80 ml di Vodka, 30 ml di Cointreau, 60 ml di succo di mirtilli, 30 ml di succo di lime. Per guarnire una fetta di lime. Versate in uno shaker i cubetti di ghiaccio poi aggiungete la vodka, il Cointreau, il succo di lime e infine il succo di mirtilli rossi. Chiudete lo shaker con il secondo boccale e shakerate. Separate i due pezzi dello shaker e applicate lo strainer, vale a dire l’apposito colino per separare il ghiaccio dal cocktail, e versate il contenuto in coppe di Martini. Lavate e asciugate un lime, poi tagliate una fetta sottile e decorate i bicchieri.

IL DOLCE:

SEMIFREDDO AI WAFER Ingredienti per 4 persone: 300 gr di wafer, 250 gr di mascarpone, 100 ml di latte condensato, un cucchianino di caffè solubile, 100 ml di panna per dolci, cioccolato. Montate la panna fredda di frigo e mettetela da parte. Mettete mascarpone, latte condensato e caffè in una ciotola e montateli a crema con le fruste. Aggiungete anche la panna e amalgamate con una spatola, con un movimento dal basso verso l'alto. Iniziate a comporre il vostro dolcetto: su un piatto da portata, create un primo strato di wafer. Mettete la crema al mascarpone in una sacca per pasticceria e create un primo strato di farcitura sui wafer. Create un secondo strato, prima i wafer e poi la farcia, e chiudete con un terzo strato di wafer. Decorate con la crema avanzata e con pezzetti e briciole di cioccolato. Potete servire subito, o conservare in frigo fino al momento di servirlo.


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the blob

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Teo Teocoli verso il sold out al Cilea Mancano davvero pochi giorni per l’atteso show del comico milanese Teo Teocoli in scena il 20 Aprile al teatro “Francesco Cilea”. L’evento “Tutto Teo”, organizzato dalla NovaStar Italia di Mimmo Porcino, è un viaggio nel cabaret di qualità all’interno del quale Teocoli ripercorre senza sosta i più formidabili monologhi e aneddoti della sua vita, rievoca le gag più divertenti e porta sul palco le sue più geniali imitazioni. Lo Show è la sintesi tra cabaret e varietà, con un repertorio di gag, canzoni e storie con perifrasi esilaranti. Due ore di divertimento: i monologhi raccontano un passato che appartiene a tutti, con la riproposizione di immagini e aneddoti della nostra “memoria collettiva”. Si va verso il sold-out ma sono ancora disponibili i biglietti presso i punti autorizzati e su TicketOne e il botteghino del teatro “Cilea”.

In curva con Pasquale Durante il derby Siderno - Locri di domenica scorsa, la tifoseria del Siderno ha voluto dedicare questo bellissimo striscione a Pasquale Sgotto prematuramente scomparso in un tragico incidente lo scorso gennaio.

Professionalità intatta Pietro Melia, a Riace, è più che mai pronto a iniziare il proprio lavoro di moderatore. Più lo osserviamo all’opera più siamo convinti che Rai 3, dopo il suo pensionamento, non sia più stata la stessa.

Miss Davi Klaus Davi si concede un momento di pausa dal proprio intensissimo lavoro di massmediologo per concedersi una pausa con la bella compagnia Alice Rachele Arlanch, Miss Italia 2017.


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P O C S O L’OR

Farete bene a mettere da parte la vostra impetuosità e a dare a ascolto al vostro istinto, atteggiamento che potrebbe regalarvi qualche sorpresa inaspettata, complice la congiunzione di Mercurio. Giornate fortunate mercoledì, giovedì e venerdì. Tensioni nel week end.

Sinistra disperata Il sindaco Domenico Lucano posa assieme a Giuseppe Lavorato, storico dirigente del partito Comunista nonché sindaco di Rosarno e il nostro direttore editoriale Ilario Ammendolia discutono a Riace del dramma degli uomini di sinistra moderni, che non trovano più una collocazione adeguata alla propria tradizione.

Il multiforme Maurizio A margine del servizio realizzato per la Sguta Sidernese, il cameraman di TeleMia, Maurizio, ha ampliato la sua ampia collezione di foto con Miss, Star e VIP di ogni forma e e genere facendosi ritrarre in compagnia di questa sua bella collaboratrice.

Continua un periodo molto fortunato per l’amore e i single si sentiranno finalmente pronti a tuffarsi in una relazione duratura. Approfittate della giornate di lunedì e martedì, quando avrete la luna in congiunzione, per farvi avanti sul lavoro. Week end romantico!

Direttamente dagli anni ’70 Una foto dell’inaugurazione della mostra dei lavori scolastici organizzata da Maria Grazia Barillaro Condemi. Nella foto riconosciamo una giovanissima Anna Romeo appoggiata al muro, al centro il padre Giuseppe Romeo, allora preside e i professori Carmelo Catalano ed Enzo Antico. Sulla destra, il piccolo Enrico Barillaro, ex vicesindaco di Mammola.

Sarà una settimana fortunata! Al favore di Mercurio si aggiungerà la luna in congiunzione nelle giornate di mercoledì, giovedì e venerdì: non abbiate paura di osare: siete pronti a conquistare chiunque sia in amore che sul lavoro. Fine settimana rilassato. Cancro decisamente favorito sul piano sentimentale. Venere aiuta a fare chiarezza col partner e a risolvere le questioni in sospeso, ma sul lavoro state vivendo una situazione di blocco che sfortunatamente vi perseguiterà ancora per qualche settimana.x Settimana piuttosto impegnativa sul fronte sentimentale, in cui non sarà facile capirsi col partner o trovare la giusta complicità. Portate pazienza e non impuntatevi sulle vostre posizioni. Per fortuna ci pensa Mercurio a portarvi belle notizie sul fronte lavoro!

I conti in tasca Ettore Lacopo e tutto il gruppo dirigente dei Commercialisti di Locri, si ritrovano per un aperitivo allo SpeakEasy e, riconosciuto il nostro fotografo, ci chiedono una foto che immortali il momento goliardico.

La vostra tendenza a rimuginare non vi farà godere un cielo tutto sommato sereno. Difficoltà sul fronte sentimenti e attenzione al nervosismo che dominerà le giornate di mercoledì, giovedì e venerdì. Fine settimana protetto da una luna favorevole.

Anche se il cielo è diventato maggiormente favorevole rispetto a marzo l'opposizione di Mercurio continua a tormentarvi con dubbi e le perplessità riguardanti il lavoro e le persone che vi circondano sempre più forti. In amore il cielo protegge la tua relazione. Anche questa settimana dovrete fare i conti con l’opposizione di Venere: avrete l’impressione di parlare una lingua diversa rispetto ai partner, evenienza che vi farà affrontare giornate particolarmente complicate lunedì e martedì, con anche la luna opposta.

Al bar da Ettore, di Locri, abbiamo pizzicato alcuni esponenti di vari partiti che si gustano un buon caffè dopo un acceso confronto politico. Nel frattempo, a poca distanza, il sindaco Giovanni Calabrese e il suo vice Raffaele Sainato si godono l’aria aperta della Villa Comunale mentre ponderano sul da farsi in vista della sempre più prossima tornata elettorale. Ma il fervore politico locrese si nota anche dal verificarsi di altri singolari eventi: vedi alla voce Antonio Guerrieri che si confronta a mezza bocca con il segretario del PD di Marina di Gioiosa Daniele Albanese o la colazione (che sa di coalizione) che Giovani Democratici e Gioventù Nazionale hanno organizzato al bar Riviera. La domanda rimane: cosa aspettarci dalle prossime amministrative?

Mercurio favorevole vi regalerà occasioni inaspettate, che renderanno le vostre giornate piene di allegria e di piacevoli occasioni inaspettate. Mercoledì, giovedì e venerdì, però, vi farete prendere dal nervosismo a causa della luna in opposizione. Vi siete lasciati alle spalle un periodo complicato e, grazie a Venere, potrete finalmente tornare a sorridere al fianco di chi vi comprende a fondo. La luna in opposizione agiterà il fine settimana e vi costringerà a mettere da parte il lavoro, cosa non facile… L’amore vi darà del filo da torcere e sentirete l’esigenza si restare da soli, soprattutto nelle giornate di lunedì e martedì. Meglio la parte centrale della settimana, quando sarete protetti dalla luna favorevole riceverete buone notizie in ambito lavorativo.

Viva l’amore! La vostra relazione farà dei bei passi avanti e vi sentirete finalmente amati come meritate. Non fatevi prendere dallo sconforto per le piccole tensioni della parte centrale della settimana: nel week end sarete baciati dalla fortuna!



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