Riviera nº 18 del 29/04/2018

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IN BREVE

la vetrina

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Anche la Locride batte Falcomatà

Lo scorso fine settimana, il sindaco di Africo è stato eletto all’unanimità Presidente della Comunità del Parco dell’Aspromonte. Dietro il lusinghiero risultato di un amministratore della Locride si cela tuttavia una vera e propria “Caporetto” per il sindaco Metropolitano Falcomatà, che quella nomina ha cercato di condizionarla a tutti i costi.

Indipendentemente dalla debacle politica del sindaco metropolitano, in un panorama sempre deficitario di rappresentanti per la Locride la presidenza di Bruzzaniti nell’organo consultivo fa sorridere il nostro comprensorio.

Più di qualcuno ha definito il risultato plebiscitario di Bruzzaniti la stoccata finale al centrosinistra reggino guidato da Falcomatà, ritrovatosi senza protetti da presentare alle Politiche e abbandonato dalle cariche che contano in Regione.

enerdì scorso il sindaco di Africo, Francesco Bruzzaniti, è stato eletto all’unanimità Presidente della Comunità del Parco dell’Aspromonte. Si tratta di un organo consultivo dell’Ente Parco che cerca di raccogliere idee e progetti propedeutici allo sviluppo dell’area naturale protetta, fungendo al contempo da luogo di confronto tra i sindaci dell’Area Metropolitana per discutere della valorizzazione turistica delle zone di competenza dei singoli comuni. L’ottimo risultato raggiunto da Bruzzaniti, che garantisce alla Locride di avere adeguata rappresentanza in seno a un organo decisionale importante, è stato salutato con favore da tutti i colleghi, indipendentemente dall’estrazione politica e dagli interessi campanilistici che ogni amministratore può lecitamente avere nell’aspirare a ricoprire un ruolo di tal genere. Un plebiscito (Bruzzaniti ha ottenuto l’85% dei voti) che, oltre a rappresentare una vittoria del nostro comprensorio è sintomo, al contempo, della crisi nera in cui sarebbe invece precipitata l’amministrazione della Città Metropolitana stessa. L’esito della votazione per il rinnovo delle cariche della Comunità del Parco dell’Aspromonte, infatti, farebbe filotto con l’incapacità del sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà di posizionare nelle liste della sua coalizione almeno un uomo del suo gruppo durante la recente tornata delle Politiche. Se questi due eventi bastano da soli a evidenziare il progressivo indebolimento del primo cittadino metropolitano, attestato altresì dall’inesorabile isolamento in cui lo hanno lasciato diverse cariche di primo piano nell’ultimo periodo, le azioni scomposte di Falcomatà, legate proprio a un goffo tentativo di influenzare l’elezione del nuovo

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Presidente della Comunità del Parco, fanno prefigurare quanto recentemente accaduto come un vero e proprio suicidio politico. Ma andiamo con ordine: al termine del mandato di Giuseppe Zampogna la reggenza dell’organo consultivo del parco, del quale fanno parte i rappresentanti dei 37 comuni dell’area, più Città Metropolitana e Regione Calabria, era stata affidata, come da statuto, al sindaco più anziano, identificato nella figura del primo cittadino di Bruzzano Zeffirio Francesco Cuzzola. In quanto reggente pro tempore, era proprio a Cuzzola che sarebbe spettato il compito di convocare la riunione propedeutica al rinnovo delle cariche elettive, eppure Falcomatà avrebbe cercato di batterlo sul tempo (scavalcando così non solo lui, ma tutti i rappresentanti dell’Ente Parco) invitando i colleghi sindaci a un incontro programmato per il 10 aprile a Palazzo Alvaro al fine, si poteva leggere nella comunicazione, di “avviare una intensa e proficua attività propositiva per il Nostro Parco”. A rendere ancora più chiaro che l’intento di Falcomatà sarebbe stato quello di mettere becco nell’elezione del Presidente del Comitato, come se ce ne fosse stato il bisogno, la preghiera di confermare la presenza a tale assise al fine di poterla “validamente convocare” (leggi: per assicurarsi la presenza del numero legale). Il richiamo all’ordine del primo cittadino metropolitano non avrebbe tuttavia sortito gli effetti sperati, tanto che dei 37 sindaci che avrebbero dovuto partecipare all’assemblea se ne sarebbero presentati appena 4, a riprova di quanto sarebbe tenuto in considerazione dai colleghi (soprattutto della stessa estrazione politica) un primo cittadino che resta comunque il rappresentante di ben 97 comuni. Ma ci sarebbe di peggio: intenzionato a tentare il tutto per tutto, Falcomatà avrebbe infatti deciso di concludere in bellezza incasellando l’ennesimo autogol in occasione della riunione ufficiale convocata lo scorso venerdì da Cuzzola. Nel disperato tentativo di far mancare il numero legale e nella speranza, vana, che i suoi fedeli seguissero il suo esempio, Falcomatà, evidentemente dimentico che la riunione serviva a rendere più rosee le prospettive del “Nostro Parco” (come da lui ribattezzato nella sua personale convocazione), ha mancato la riunione sottraendo all’elezione il contributo di due componenti di pregio quali il Comune di Reggio Calabria e la Città Metropolitana. Il risultato, in quello che potremmo definire un inatteso condizionamento al contrario, è stato tuttavia che persino gli esponenti di frangia PD in seno alla Comunità, pur di prendere le distanze dal comportamento da prima donna del sindaco, hanno finito con l’accettare di buon grado la proposta di Bruzzaniti, sindaco notoriamente di Forza Italia e molto vicino a Francesco Cannizzaro. Un voto che meglio di mille parole stigmatizza il comportamento di un primo cittadino metropolitano che non riesce più in alcun modo a trovare la quadra per ridare credito a sé stesso e a una Città Metropolitana politicamente allo sbando. Jacopo Giuca


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attualità www.larivieraonline.com

BUENOS AIRES

Bagno di folla per Oliverio in Argentina Un vero e proprio bagno di folla, con decine di migliaia di persone, ha accolto il presidente della Regione, Mario Oliverio, alla festa dei calabresi emigrati in Argentina. Il Presidente - emozionato nel vedere le tantissime persone che lo hanno accolto - intervenendo ha ricordato la grandezza e l’importanza della comunità calabro-argentina, della quale aveva potuto avere contezza già durante il suo mandato di Presidente della provincia di Cosenza. Oliverio ha inoltre avuto un incontro con il locale Ministro del Turismo, al quale ha avanzato la proposta di un collegamento aereo tra Argentina e Calabria che, gli è stato garantito, sarà valutata con grande attenzione. “La Calabria non vi dimentica -ha concluso Oliverio durante l’incontro con i migranti - e vi aspetta sempre a braccia aperte” un legame duraturo testimoniato anche della Festa organizzata dalla Federazione delle Associazioni Calabresi dell’Argentina e ormai giunta alla sua settima edizione.

LOCRIDE

LOCRI

La Calabria fa il pieno di Bandiere Verdi Secondo i pediatri italiani sono 18 le spiagge calabresi a misura di bambino che meritano il riconoscimento della Bandiera Verde. 7 sono solo nel reggino e, di esse, è la Locride il comprensorio a ottenere il maggior numero di riconoscimenti, ben 5.

Presentato il nuovo piano della toponamastica Martedì mattina, a Locri, il sindaco Giovanni Calabrese, il vice Raffaele Sainato, l’assessore Giuseppe Fontana e l’avvocato Rosario Scarfò hanno presentato il nuovo piano della toponomastica della città di Nosside, che prevede l’installazione di nuovi cartelli stradali e l’assegnazione di

67 nuove denominazioni a vie e strutture comunali. La realizzazione del nuovo piano, ideata durante l’amministrazione Macrì (di cui Scarfò era assessore all’urbanistica), prende la forma di un simbolico lascito dell’amministrazione Calabrese alla città di Locri in vista delle imminenti elezioni amministrative. Come sottolineato da Raffaele Sainato, tuttavia, la voglia di portare avanti il lavoro iniziato cinque anni fa non è scemata, ragion per cui questa e altre 99 iniziative realizzate sotto la guida di Giovanni Clabrese saranno rendicontate alla cittadinanza alla ricerca di un rinnovo della fiducia nell’attuale assetto comunale durante un incontro che si terrà questa mattina, domenica 29 aprile, alle ore 10, presso il Cinema Vittoria.

cqua limpida e bassa vicino alla riva, sabbia per torri e castelli, bagnini e scialuppe di salvataggio, giochi, spazi per cambiare il pannolino o allattare e, nelle vicinanze gelaterie, locali per l'aperitivo e ristoranti per i grandi. Sono gli elementi che le spiagge italiane devono avere per essere “a misura di bambino” e meritare la sempre più ambita Bandiera Verde promossa dai pediatri che, nel 2018, diventa-

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no 136, due in più rispetto a quelle dello scorso anno. Con due new entry, proprio la Calabria diventa la prima regione per numero di località premiate. Le spiagge calabresi che si fregeranno del vessillo saranno dunque Santa Caterina dello Jonio Marina, Soverato, Squillace (Catanzaro), Cariati, Mirto Crosia-Pietrapaola, Praia a Mare (Cosenza), MelissaTorre Melissa, Cirò Marina-Punta Alice, Isola di Capo Rizzuto (Crotone), Bianco, Bova Marina, Bovalino, Locri, Palmi, Roccella Jonica, Siderno (Reggio Calabria), Capo Vaticano, Nicotera (Vibo Valentia). Diciotto “Bandiere verdi” che confermano che la strada intrapresa è quella giusta e che bisognerà continuare lungo questo percorso. Un riconoscimento importante che rappresenta la migliore premessa alla prossima stagione estiva, salutato con favore anche dal sottosegretario al Ministero dei Beni e delle Attività culturali Dorina Bianchi. Queste spiagge rappresentano insomma un ottimo biglietto da visita per la nostra regione, un risultato del quale, tuttavia, non ci possiamo limitare ad andare fieri, ma che dobbiamo continuare a implementare attraverso l’azione sinergica degli operatori turistici e dei nostri amministratori.



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IN BREVE

Per la terza volta è stato sciolto il consiglio comunale di Platì per infiltrazioni mafiose. Guardando dentro le vicende di questo piccolo centro dell’Aspromonte, si scorge il corpo esausto dell’Italia, le difficoltà in cui si dibatte la Calabria, l’agonia della politica, la degenerazione dei partiti politici calabresi e nazionali.

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SCIOGLIMENTO COMUNI

A Platì pessimi medici hanno staccato la spina ILARIO AMMENDOLIA Ci siamo lasciati alle spalle le celebrazione del “25 aprile” ed è triste constatare come i valori della Resistenza, pur esaltati nei discorsi ufficiali, vengano concretamente umiliati e sepolti dalle corone di fiori deposte, tra l’ormai consueto batter di tacchi, da “autorità” senza popolo. In Calabria più che altrove”! A Platì per la terza volta hanno sciolto il consiglio comunale per infiltrazioni mafiose. A molti lettori sembrerà un fatto di poco conto e, invece, guardando dentro le vicende di questo piccolo centro dell’Aspromonte, si scorge il corpo esausto dell’Italia, le difficoltà in cui si dibatte la Calabria, l’agonia della politica, la degenerazione dei partiti politici calabresi e nazionali. Platì è un paese “sofferente”, da qui la decisione di pessimi “medici” di staccare la spina quasi che gli ospedali debbano servire solo per le persone sane. E siccome Platì seppur esausta resiste bisogna sopprimerla a colpi di maglio. Qualche anno fa a fini pubblicitari il centro aspromontano era diventato la linea del Piave della resistenza antimafiosa: Renzi che annuncia dai microfoni della Leopolda la candidatura di una giovane “Giovanna D’Arco” della lotta alla ndrangheta come sindaco di Platì; Magorno, segretario regionale del pd, che solennemente offre il proprio petto al fuoco “nemico” offrendosi come candidato. Fuoco di paglia destinato a durare lo spazio di un mattino per poi riprendere con maggior vigore la strada della ottusa repressione. In pratica, nel corso di questo secolo la piccola cittadina dell’Aspromonte non è stata quasi mai amministrata da un sindaco regolarmente eletto e tuttavia la relazione della commissione parlamentare antimafia dice che, in questi anni, la ndrangheta è diventata notevolmente più forte. Più forte nonostante la Rai, abbia trasmesso la guerra dei “cacciatori di Aspromonte”; nonostante in Calabria ci sia il più alto numero di telefoni intercettati, di innocenti arrestati e indennizzati per ingiusta detenzione, di autorità scortate. (Ma chi denuncia la ndrangheta, come è successo a Limbadi, altro comune sciolto per mafia, non ha scorta, nè protezione e salta in aria.) Quindi c’è qualcosa che non va! E ciò che non va è l’assurda strategia di chi ha consapevolmente trasformato la lotta alla ndrangheta in un palcoscenico su cui pessime comparse recitano la parte degli eroi aprendosi la strada per fulgide carriere e per consistenti profitti. Platì è la dimostrazione del fallimento della lotta alla ndrangheta “combattuta” dai soli “professionisti” dell’antindrangheta e sostanzialmente diretta contro il popolo calabrese. L’operazione “Marine” che è scatenata contro Platì in una notte di novembre del 2003 ne è la dimostrazione lampante: circa centocinquanta arresti in sola notte, mille carabinieri impegnati, porte sfondate, scene di panico, pullman di prigionieri, tra cui il sindaco, avviati verso il carcere. La gente disperata che si rifugia in Chiesa come al tempo delle incursioni dei predoni turchi.

La notizia tiene le “prime pagine” per giorni; ne parlano importanti organi di informazione stranieri. Il processo si conclude con tre soli imputati condannati, tutti gli altri assolti, molti addirittura dinanzi al Gup. E tuttavia, non c’è stata un minimo di riflessione su quanto è successo! Neanche un accenno di autocritica per il diluvio di frottole raccontate in quell’occasione. Nessuna riflessione sulla “giustizia spettacolo”. Anzi da quel momento il consiglio comunale verrà sciolto a ripetizione quasi a dimostrare che i cittadini di Platì siano geneticamente mafiosi e quindi non possano esprimere un’amministrazione comunale. Una autentica follia; un suicidio per lo “Stato” di diritto; un oltraggio alla Costituzione. Un notevole favore alla ndrangheta che grazie alla criminalizzazione di massa, riesce a saldare in un unico fronte gli ndranghetisti e le persone innocenti vittime di assurde repressioni di massa. Cinquant’anni fa Platì era un paese simbolo di orgogliose lotte di popolo ed esprimeva coraggiosi sindaci comunisti espressione di una ferrea volontà di riscatto. Due sindaci uccisi, una lotta tenace, sono la dimostrazione di una Platì protagonista della resistenza alla criminalità e al sottosviluppo e, semmai, dovrebbe far pensare il fatto che gli assassini non siano mai stati individuati. Ieri, il consiglio dei ministri ha sciolto un consiglio comunale già morto per decisione degli stessi consiglieri che, probabilmente intuendo l’antifona, hanno deciso di dimettersi facendo decadere il consiglio comunale. Era già successo a San Luca nel 2012. Anche in quel caso s’è sciolto nell’acido della stupidità un consiglio comunale già decaduto e quando le liste per le imminenti elezioni erano state già presentante. Il sindaco di San Luca era stato arrestato insieme a un assessore comunale, entrambi accusati di ndrangheta. Oggi entrambi assolti! Ma a San Luca da quella data, non si sono più presentate liste e le elezioni vanno deserte a ripetizione, così come era già successo a Platì per lunghi anni. La democrazia è stata colpita al cuore e proprio per questo Platì ci appartiene più che mai. Ora a Platì non c’è più l’amministrazione comunale, non ci sono partiti, non ci sono sindacati. Resta una piccola parrocchia retta da un parroco missionario che per lunghi anni è stato in Africa ma che a Platì è diventato un “sorvegliato speciale” perché ha contestato il presunto diritto dello Stato di dire quando, a chi e a che ora celebrare messe e funerali. Anche la Chiesa, quando non recita sul copione dell’antimafia, diventa un nemico. Don Svanera, come tutte le persone perbene e coraggiose, comprende che bisogna resistere nonostante tutto. Non si onora la Resistenza limitandosi a deporre qualche corona ma combattendo contro le nuove forme di “fascismo” in Calabria molto più insidiose che altrove.


Da destra: Il presidente di Libera Don Luigi Ciotti, il Segretario Generale Conferenza Episcopale Italiana Nunzio Galantino, la Sottosegretaria Maria Elena Boschi, il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, il presidente del Tribunale di Reggio Calabria Roberto Di Bella, il procuratore del tribunale dei minorenni di Reggio Calabria Giuseppina Latella, il Procuratore del tribunale di Reggio Calabria Calogero Paci.

LA POLEMICA

Il presidente nazionale della Camera Penale Minorile, Mario Covelli, ha dichiarato che la posizione del procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho, a proposito della necessità di sottrarre ai soggetti appartenenti alla criminalità organizzata i figli minori, presenta dubbi costituzionali.

Togliere i figli ai boss? Va contro la Costituzione Sottrarre i figli ai mafiosi è un provvedimento che rischia di creare pericolosi automatismi a tutto discapito dei diritti civili. Inoltre, allontanare un singolo bambino per preservarlo dal contagio, può creare una forma di rancore controproducente. Sarebbe una misura vissuta come odiosa e discriminatoria da chi la subisce e ciò porterebbe a un'avversione nei confronti della società con conseguenze imprevedibili ma potenzialmente devastanti.

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO ncostituzionale. Così è stata definita dal presidente nazionale della Camera Penale Minorile, Mario Covelli, la posizione del procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho a proposito della necessità di sottrarre ai soggetti appartenenti alla criminalità organizzata i figli minori. Una posizione che lo scorso febbraio ha portato a un apposito protocollo firmato tra lo stesso De Raho, il governo, la Conferenza Episcopale Italiana e il presidente di Libera Don Luigi Ciotti. Il protocollo accoglie quella che a Reggio Calabria è una prassi già corrente. Qui Roberto Di Bella, presidente del Tribunale dei Minori, ha fatto da apripista e dal 2012 ricorre al "provvedimento di decadenza della responsabilità genitoriale nei riguardi di appartenenti ad associazioni mafiose". Lo fa da prima che la deputata Rosanna Scopelliti, figlia del magistrato Antonino Scopelliti ucciso il 9 agosto del 1991, presentasse questa misura all'interno della sua proposta di legge. Proposta del 2016 ma già anticipata da un'altra, avanzata dalla deputata Luisa Bossa nel 2013 (Art. 416- quater. – Decadenza dalla potestà genitoriale – La condanna per il delitto previsto dall'articolo 416- bis comporta la decadenza dalla potestà genitoriale). Ma nel caso di Rosanna Scopelliti l'antimafia fece da cassa di risonanza, attribuendole la maternità di una proposta che era già stata fatta. E che soprattutto trovava già applicazione, sebbene non esistesse una legge. Il metodo Di Bella prevede che i figli di papà e mamme boss vengano allontanati dalle famiglie, senza contraddittorio delle controparti, almeno in un primo momento, quello di maggiore “emergenza”. Le controparti verranno sentite successivamente, un successivamente variabile di caso in caso. Roberto di Bella, nel febbraio 2017, per questa sua trovata si beccò addirittura un'intervista sul New York Times, in cui dichiarò che fossero le mamme stesse a chiedergli di adottare il provvedimento, salvando i propri figli da un ineluttabile futuro criminale. Oggi, per il presidente nazionale della Camera Penale Minorile, Mario Covelli, quanto è stato fatto in questi anni presenta dubbi di costituzionalità e dubbi sull'efficacia dei provvedimenti ablativi. I motivi sono tre. "Se il provvedimento è eseguito quando il minore è ormai discernente, al trauma dell'educazione disvaloriale si aggiunge quello del distacco, e non credo che le famiglie o le comunità di accoglienza possano offrire un trattamento che faccia da controspinta a quanto fino a quel momento impartito. Poi, va detto che non tutti i genitori appartenenti a organizzazioni criminali coinvolgono i figli nell'attività criminosa. È noto, ad esempio, che molti mafiosi offrono ai figli un'ottima istruzione, tenendoli lontano dal crimine. Infine, se il provvedimento ablativo interviene quando il minore non è discernente, riteniamo si pongano seri problemi di costituzionalità e di lesione delle convenzioni internazionali sottoscritte dall'Italia, non potendosi negare il diritto ad avere

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figli neppure ai più efferati delinquenti". Eppure per il procuratore De Raho levare i figli ai mafiosi è un modo per offrire "la possibilità di sganciarsi dalle famiglie della 'ndrangheta dove ancora sono presenti rituali che appartengono a un periodo arcaico che sembra risalente alla preistoria". Quindi, mi sembra di capire che se la ‘ndrangheta ha ancora comportamenti tribali, la soluzione dello Stato sarebbe quella di togliere il bambino dalla tribù, anzichè aiutare la tribù intera? Si "salva" un bambino lasciando intatta la cultura malata di interi territori? Più che aiuto o sostegno, io sento puzza di sanzione. Educarne uno per punirne cento. La perdita dei figli è una pena accessoria esasperante che va ad aggravare una situazione già di per sè difficile da recuperare. “Hanno messo in conto le condanne, hanno messo in conto i sequestri e le confische, ma non hanno messo in conto di perdere i figli”. Così Giuseppe Lombardo, sostituto Procuratore della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria due anni fa commentava la proposta di legge avanzata da Rosanna Scopelliti. E vorrebbero farci credere che agiscono in nome del principio del superiore interesse del minore? Sottrarre i figli ai mafiosi è un provvedimento che rischia di creare pericolosi automatismi - come se non ce ne fossero già abbastanza nel nostro sistema penale - a tutto discapito dei diritti civili. Inoltre, allontanare un singolo

bambino per preservarlo dal contagio, può creare una forma di rancore controproducente. Sarebbe una misura vissuta come odiosa e discriminatoria da chi la subisce e ciò porterebbe a un'avversione nei confronti della società con conseguenze imprevedibili ma potenzialmente devastanti. Due anni fa, un commando armato di due kalashnikov, in meno di dieci secondi ha vomitato fuoco sulla caserma dell’Arma dei carabinieri di Secondigliano, periferia Nord di Napoli. A scatenare la rabbia un decreto del giudice del Tribunale dei minori di Napoli con cui veniva accolta la richiesta della Procura minorile e della Direzione distrettuale antimafia di allontanare dal contesto familiare due minori figli di un camorrista latitante. Così si vuole combattere la mafia, alimentando l'odio con disposizioni autoritarie - figlie di quella logica militare che considera chi delinque un nemico da annientare - che potrebbero rivelarsi più nocive del male che si intende combattere. Lo Stato deve intervenire con fermezza ma non con la coercizione ma - lo abbiamo detto più volte e non ci stancheremo mai di farlo - con la cultura. Una scuola che si prende seriamente cura dei ragazzi, con una vasta offerta di ludoteche, palestre, campi da calcio, luoghi di incontro per leggere, suonare, creare, salverebbe migliaia di ragazzi, non solo i figli dei criminali. Perchè se si dovesse procedere a questa disumana deportazione dei rampolli dei boss, senza intervenire alla radice del problema, si allargherebbe a dismisura l'area dell'illegalità ai figli degli altri.


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LA SETTIMANA

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intervista www.larivieraonline.com

Francesco Macrì: “Attraverso l’agroalimetare possiamo offrire ai turisti la possibilità di assaggiare non solo la bellezza del nostro territorio, ma anche la bontà dei nostri prodotti”.

GAL: l’agenzia di sviluppo di cui la Locride aveva bisogno La provincia di Reggio ha grandi vantaggi in termini climatici e di colture spontanee (basti pensare alla presenza del bergamotto), che tuttavia raramente vengono sfruttate a dovere.

JACOPO GIUCA onostante le difficoltà burocratiche, il Gruppo di Azione Locale “Terre Locridee”, questa settimana, ha inaugurato la sua fase operativa con il primo incontro di un ciclo di workshop che, da qui a luglio, saranno utili a definire e condividere i percorsi di sviluppo locale con le amministrazioni. Abbiamo incontrato il presidente Francesco Macrì per capire quali sono gli obiettivi a medio e lungo termine che il gruppo si propone di raggiungere e comprendere come l’agroalimentare legato al territorio possa permetterci di crescere. Nonostante le difficoltà organizzative il workshop di lunedì ha ufficialmente inaugurato la fase operativa del GAL. Da dove partite? L’avvio stentato è stato coperto dall’ottimo lavoro fatto dalla struttura, che non ha aspettato le lentezze burocratiche, ma organizzato seminari e convegni, partecipando al contempo a progetti del PSR e confrontandosi con altri GAL. Un lavoro preparatorio che ci ha permesso di presentare in Regione ben 10 dei 40 progetti sull’agroalimentare

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Gli appuntamenti con i workshop del GAL continuano Archiviato con successo il primo incontro di Gerace, dedicato a ricerca e innovazione in agricoltura, il programma di workshop del GAL “Terre Locridee” utile a definire e condividere i percorsi di sviluppo locale proseguirà domani a Locri, con un appuntamento dedicato allo sviluppo del rural center. Toccherà poi alle tappe di Bianco e Monasterace, in cui si discuterà dei contratti di fiume, a maggio (il 7 e il 21), Gioiosa Ionica, Stilo e Sant’Ilario su formazione professionale, piano marketing e contrasto all’abbandono del territorio a giugno (4, 18 e 25) e Siderno e Portigliola, su fattorie sociali e cooperazione nell’attuazione del PAL a luglio (9 e 16).

Il nostro è un comprensorio da sempre molto votato all’agricoltura ma davvero poco sfruttato per la grande carenza di imprese presenti su di esso. Adesso dobbiamo creare le condizioni utili a far fiorire le aziende.

avanzati in tutta la Calabria. Su cosa si concentrerà l’azione del GAL “Terre Locridee”? Come tutti i GAL sul sostegno alle produzioni agricole e all’agroalimentare in genere. A partire da questo scopo dichiarato, tuttavia, vorremmo fare un ulteriore passo avanti e diventare una vera agenzia di sviluppo territoriale, un’ente del quale si sente un gran bisogno in un territorio come la Locride, nel quale sono molti i progetti di sviluppo presentati, ma sempre pochi quelli che vengono realizzati. La Locride sembrerebbe un territorio in cui l’agricoltura riveste un ruolo primario nell’ambito economico. Perché non è così e cosa bisogna fare per valorizzare davvero il primario? Non si tratta di un difetto del solo nostro comprensorio, ma dell’intera provincia di Reggio Calabria, che paga un ritardo di anni anche rispetto alle altre provincie calabresi, strutturatesi nel tempo grazie a una maggiore rappresentanza politica, una migliore qualità dei progetti e una maggiore vicinanza ai mercati. Eppure noi abbiamo grandi vantaggi in termini climatici e di colture spontanee, basti pensare alla presenza del bergamotto. Proprio pensando a questa filiera dobbiamo riorganizzare il nostro settore primario: nel nostro territorio, infatti, è impensabile fare agricoltura estensiva come al nord o nelle grandi pianure. Dobbiamo piuttosto impegnarci nei piccoli interventi su prodotti di altissima qualità, rendendo esclusivi e ricercati proprio per le loro proprietà e caratteristiche i tanti prodotti tipici del nostro territorio. Il tema del workshop di Gerace è stato i “Percorsi di ricer-

ca e innovazione nell’agricoltura”. Su quali di essi deve puntare la Locride per raggiungere gli obiettivi di cui sopra? Quello dipende dalla vocazione degli imprenditori agricoli. Noi possiamo indicare una strada, ma a cosa essa porti non possiamo dirlo con certezza. Intanto perché il comparto dell’agricoltura è in evoluzione in tutta Italia: è finita, infatti, l’epoca dell’agricoltore per hobby. Oggi siamo dinanzi a una figura professionale equiparata a qualsiasi altro imprenditore, con i diversi vincoli burocratici che questo ruolo richiede, ma anche con la prospettiva di dare delle risposte concrete al territorio di appartenenza in termini economici. Il nostro è un comprensorio da sempre molto votato all’agricoltura ma davvero poco sfruttato per la grande carenza di imprese presenti su di esso. Il primo serio discorso di sfruttamento intensivo del territorio è stato fatto dall’oggi arcivescovo di Campobasso-Boiano Giancarlo Maria Bregantini, che cercò di importare nella Locride i sistemi trentini, consistenti anzitutto nella cooperazione tra i produttori attraverso la creazione di filiere. Percorsi sui piccoli frutti, sui vini e sui formaggi erano stati avviati, ma sono morti con la partenza di Bregantini mentre quello stesso sistema veniva preso a esempio altrove. Quello che noi ci ripromettiamo di fare oggi è proprio riprendere quel discorso: avviare una filiera che possa essere presa a esempio da tutti e che dia spazio a una produzione di qualità che ci faccia essere concorrenziali non tanto per i prezzi, quanto per le caratteristiche uniche dei nostri prodotti. Proprio questo nostro progetto sarà al centro di un incontro che si terrà il 4 maggio alla Camera di Commercio di Reggio Calabria, durante il quale il presidente Antonino Tramontana, un produttore di vino, inviterà gli imprenditori vitivinicoli della provincia a consorziarsi, primo passo necessario alla creazione di un consorzio di tutela che possa creare una denominazione dei nostri vini immediatamente rintracciabile e riconoscibile, evitando così che i prodotti reggini vengano esclusi a priori da eventi di primo piano come accaduto quest’anno al Vinitaly. Uno degli aspetti positivi del ciclo di Workshop è che il GAL ha dimostrato di poter arrivare ai comuni e quindi agli amministratori. Ma i comuni come vi stanno accogliendo? Benissimo ma, a causa dei problemi interni, già sappiamo che il loro contributo potrà essere estremamente limitato. Il dissesto economico della maggior parte dei nostri enti rende quasi impossibile l’assistenza ai cittadini e il supporto a chi vuole fare impresa, tanto più che, nel nostro territorio, continuiamo ad avere comuni di 300 abitanti che non hanno senso di esistere. Anche di questi problemi, nel nostro piccolo, dovremmo cercare di discutere, e lo dico da ex amministratore. Dovremmo stimolare i centri a consorziarsi e avviare collaborazioni attive con gli altri, come stiamo facendo con il Comune di San Luca, che non è socio in quanto commissariato, ma presso il quale abbiamo avviato un percorso che sta permettendo a un gruppo di giovani volenterosi di lavorare sulle capre aspromontane. Come teorizzato da un progetto avviato negli anni ’90 con Confagricoltura, dobbiamo intercettare le domande provenienti dal territorio e agire in maniera corretta su esse per dare risposte concrete in termini lavorativi, un processo che, fino ad oggi, non siamo riusciti a realizzare con successo.

Una discussione di laurea in giurisprudenza presso l’UniCal, lunedì, è stata interrotta dal presidente della commissione che ha accusato la studentessa di aver copiato interi capitoli della tesi. È stato richiesto anche l’intervento delle forze dell’ordine, che hanno appurato che la tesi fosse copiata per il 96%.

Un 25 aprile da dimenticare, quello dell’associazione Re.co.sol di Gioiosa Ionica. Qualche vandalo, infatti, ha pensato bene di incidere nella notte una svastica sul murale della sede della Rete dei Comuni Solidali, proprio sul viso ritratto di un bambino di colore divenuto simbolo dell’associazione.

È stata inaugurata ieri, presso l’ex ospedale di Siderno, lo sportello della “Agenzia No viaggi”, un’iniziativa che si ripromette di contribuire a ridurre la migrazione sanitaria dalla nostra regione e di rilanciare le quote della Casa della Salute per come previsto dall’attuale Amministrazione Comunale.

Ieri pomeriggio, la sala di lettura e la sala convegni della biblioteca comunale di Siderno sono state intitolate rispettivamente a Luigi Vento e Nicola Zitara, due grandi figure del meridione che sono state ricordate anche in occasione della rassegna sugli autori meridionalisti promossa dall’amministrazione.



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A Siderno non si produrrà carbone fossile dai rifiuti

È quanto stabilito il 23 aprile al termine di un serrato ma pacato confronto tra lo staff dell’Assessore Regionale all’Ambiente Antonella Rizzo e i rappresentanti delle associazioni che avevano sottoscritto un documento contro l’installazione di un biodigestore anaerobico presso l’impianto TMB di Siderno. La Regione ha dato incarico a Francesco Martino, calabrese con studio di ingegneria ambientale a Castiglione della Pescaia, per la progettazione della nuova piattaforma impiantistica di Siderno. Tramontata l’idea del biodigestore, Martino ha proposto un impianto di carbonizzazione idrotermale che presenta rischi addirittura maggiori del primo. È quanto ribadito dai rappresentanti delle associazioni Arturo Rocca, per l’Osservatorio Ambientale, Franco Martino, per il Comitato per la salute dei cittadini e Mariarosaria Tino per l’Osservatorio Cittadino Rifiuti. Rocca ha letto ai presenti il 2º capoverso dell’art. 5 dello Statuto comunale, che vieta l’insediamento di nuove fabbriche che emettano nell’aria e/o sul suolo sostanze dannose e/o pericolose per la vita o l’ambiente. Naturalmente Martino ha cercato di vestire a festa una tecnologia che ha già dovuto chiudere i battenti all’isola d’Elba ed è stata fortemente osteggiata a Capannori e su cui pendono interrogazioni parlamentari in quanto trattasi di sistemi non ancora sperimentati a fondo. Le associazioni hanno ribadito quanto richiesto lo scorso anno: 1) Efficientamento dell’attuale impianto per il trattamento dei rifiuti non differenziati col passaggio al flusso unico e l’impiego della bioessiccazione che garantisca la produzione di un materiale inodore e privo di colaticci. 2) Per la frazione organica della raccolta differenziata la creazione di stazioni di compostaggio aerobico per la produzione di compost di qualità anche associando comuni viciniori evitando così il trasporto per lunghi tratti. 3) L’incentivazione delle compostiere domestiche o, dove non è possibile, con piccoli impianti di prossimità a uso di più famiglie o quartieri. L’Assessore si è impegnata a far effettuare tutte le misure necessarie a eliminare definitivamente le emissioni odirigene dall’impianto TMB di località San Leo. Si è convenuto altresì di ritenere sempre valida la quantità massima di trattamento quotidiano a 15 tonnellate, come da ordinanza sindacale del maggio 2017. È stato ribadito che nessuna Giunta Regionale può pensare di governare imponendo soluzioni non gradite alle popolazioni. Concetto, per la verità, ripreso e confermato dall’Assessore Rizzo.

I sindaci di S. Giovanni di Gerace e Martone a Sidney in nome di San Giorgio Questa settimana i sindaci di San Giovanni di Gerace, Pino Vumbaca, e Martone, Giorgio Imperitura, si sono recati fino a Sidney, in Australia, per partecipare al 42º San Giorgio Festival, che celebra il santo patrono nel continente australe. Durante il raduno, il sindaco di Vumbaca si è reso protagonista di un accalorato discorso ai cinque continenti, al quale hanno partecipato tanti primi cittadini provenienti da tutto il mondo, mentre Imperitura ha ritirato una targa commemorativi dedicata al comune di Martone dalle “Lady of Grace Fraternity”.

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Addio ad Ilario "Ubitti" imperatore dello stile italiano Riecheggiano in me i versi manzoniani che esprimono quel restare attoniti per una ferale notizia, quel restare muti “pensando all’ultima ora” di un caro amico. Se per le tante persone accorse al suo funerale, celebrato nella Chiesa degli Artisti, Ilario era l’arbiter elegantie della Roma dei grandi imprenditori, dei Vip, dei calciatori, dei professionisti e dei politici, per noi della Locride, Ilario era semplicemente “U Bitti”. Un nomignolo affettuoso che identificava chiaramente l’originale, eclettico, fantasioso e coraggioso ragazzo roccellese che ascoltava musica beat, si vestiva come i Teddy boys, scorazzava con macchine e lambrette d’epoca, apriva le piste da ballo dal mitico Blu70 al Lido Flora e già a vent’anni dava lezioni di stile. Nell’arco dei 50 anni vissuti a Roma, Ilario ha trasformato il suo stile in una vera e propria griffe internazionale. Il marchio “Ilario Alta Sartoria Italiana” aveva varcato i confini del Mediterraneo per approdare, proprio qualche settimana fa, in Cina. Divenuto nel 2015 Presidente dell’Antica Accademia Nazionale dei Sartori, lo abbiano vista, nella sua ultima intervista del nove aprile, a TG2 Costume e Società, aprire le porte di Rebibbia per portare ai detenuti la dignità del mestiere di sarto. Insieme ai figli aveva creato anche una linea di accessori di lusso, dai guanti agli occhiali, dai gemelli ai tabar di cachemire, dalle scarpe alle sacche da golf, tutti pezzi unici cesellati da sapienti artigiani ed innovativi designer. Ilario aveva costruito con fatica e sacrifici il suo il successo. La notorietà è solo stata la normale conseguenza della sua passione per l’alta moda, della sua amabilità, del suo fiuto per gli affari, della sua intraprendenza. Il suo atelier romano era un punto di riferimento per tutti, amici e clienti a cui Ilario garantiva

non solo eleganza ma sinergie, sincronie ed alchimie di arte e bellezza. E’ in questo atmosfera di esclusività e lusso che Paul Cayard, il grande velista americano, nel 2011 fonda con il Ilario e per Ilario, il Club dell’Eleganza: un luogo per digital & young gentleman, che non solo condividono abiti, profumi e cravatte ma discutono di arte politica e affari degustando vin, distillati e prodotti calabresi. Nessuno chef stellato fa dimenticare ad Ilario i sapori della sua Terra: neanche il più raffinato caviale eguaglia il saporex dello stocco di Mammola o delle polpette di melanzane. Nessun mare salpato è per Ilario più azzurro e più spensierato del mare di Roccella. Nessun viaggio impedisce ad Ilario di tornare a Sud, perché niente e nessuno può impedirci di “tor-

nare sempre all’amore. Tacciato di megalomania, ammirato o invidiato come un grande Gasby, Ilario alle inutili chiacchiere preferiva il silenzio e la concretezza dei fatti, ai galà sofisticati ed esclusivi l’intimistica semplicità della suo terrazzo e del suo orto. Le sue robuste radici calabresi costituivano il segreto della sua tenacia, del suo non arrendersi mai, del suo ricominciare daccapo. A chi come me lo conosceva intimamente e lo aveva anche assistito come legale nelle sue grandi imprese, Ilario non è mai apparso un folle ma solo un saggio visionario: come nella famosa metafora di Antony De Mello, Ilario, non ha ceduto alla tentazione di credersi un pollo. Pur essendo nato e cresciuto tra i polli, aveva creduto al messaggio di essere aquila e aveva osato volare alto. Sorretto da ali d’aquila e talento, cercando la Grande Bellezza, ha sancito i canoni della eleganza maschile, abolendo per se per chi aderiva al suo club le camice con le maniche corte, le camice a tinta unita, i nodi di cravatta allentati, i sandali e l’eccesso di attività sportiva. Forse Sorrentino lo avrebbe voluto nel suo film ma a quel set cinematografico che più che alla bellezza, rendeva omaggio alla decandenza di Roma, Ilario con la sua vecchia Vespa 50 ha scelto di restare fedele all’intramontabile charme di Gregory Peck, evocando con il suo sorriso una eterna e lunga allure da Vacanze Romane. Come accade sempre nel misterioso palcoscenico della Vita, Ilario ha scelto di interpretare quella realtà che supera la fantasia, quella Vita che gli altri non potranno mai sapere, capire, vedere o bere fino in fondo. Come Adriano, l’imperatore, è sceso nella morte ad occhi aperti, ossia vivendo intensamente. Antonella Sotira

La maestra Anna era materna, attenta e sempre sorridente Una lunga, dolorosa malattia ha spento il sorriso di Anna Filippone Panetta, moglie amatissima di Armando Panetta, già Sindaco di Antonimina e Presidente del Consorzio Termale di Antonimina-Locri. Nella chiesa parrocchiale di San Biagio in Locri, gremitissima di popolo, amici e parenti, il salesiano Don Mario del Piano ha officiato il rito funebre, durante il quale il dirigente scolastico pro-tempore Rino Rinaldi ha ricordato la passione educativa della “dolce maestra”, dotata di quell’istinto di maternità costantemente intriso di amore e di tenerezza verso i suoi educandi.

oggi coraggio e conforto a tutta la sua famiglia non è facile e per evitare che queste mie parole possano essere intrise di superficiali banalità, richiamo una preghiera di Sant’Agostino.

IL RICORDO DI RINO RINALDI Ho avuto l’onore di lavorare insieme alla maestra Anna presso la Direzione Didattica De Amicis di Locri e intendo qui ricordarla e salutarla con grande affetto, stima e rispetto. Lo voglio fare prima di tutto a nome dei tanti bambini di allora, oggi uomini e donne, che ricordano la loro maestra Anna con sentimenti di gratitudine per il grande amore e l’attenzione quotidiana che hanno ricevuto. Ma anche a nome delle tante maestre e di tutto il personale scolastico con cui la maestra Anna ha collaborato sempre con rapporti fondati sull’attenzione reciproca. Tutti hanno avuto modo di apprezzare le sue doti umane e il suo senso di appartenenza alla comunità scolastica attraverso la “centralità dei propri alunni” a cui non faceva mai mancare il suo profondissimo senso di mater-

nità. La maestra Anna AMAVA il suo lavoro ed era costantemente attenta alle esigenze di tutti i suoi alunni, nessuno escluso, tutti erano parte integrante, attiva e propositiva della sua vita educativa vissuta con passione e amore. Semplicemente AMAVA il suo lavoro con il sorriso sulle labbra intriso di profondo affetto per tutti che, nel tempo, trasformava in profondi vincoli di amicizia. Con coerenza e serietà, con ricchezza di valori morali e religiosi ha donato percorsi culturali e di vita che attraverso il vero senso della scuola ha saputo trasmettere agli alunni e alle famiglie, permettendo così percorsi di vita che alunni e genitori hanno costantemente apprezzato. Infondere

Caro Armando, sono solamente passata dall’altra parte: è come fossi nascosta nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami! Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza. La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontana, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace.

Il ricordo del nipote Armando Panetta jr SULI NOVU

Li luci si ‘stutàru e pigghji sonnu, lu suli tramuntau di la matina, la luna, cu’ li stilli chi non ponnu, si conza pe’ la sira chi ‘mbicina.

‘Na musica ‘nta ll’ aria si ndi vaji, ‘bballand’ appress’ ad illa li penzeri ‘nu cori ,cunsumatu di li caji, batti sulu pensand’ a chi fu ajeri. Cori ‘mpisu ch’ affanna lu respiru, cor’amaru pe’ l’ amuri chi perdìu, cori gratu a ttia p’ ogni suspiru chi d’ amuri pe’ stu cori ti nescìu.

Mó la matin’ arbìja cu’ luci nova, lu suli torna sempi pe’ scarfari, ‘nt’’o cor’ e ‘nta la menti mó si trova di cu’ beni ti vorz’ e seppi amari.

Armando Panetta Perugia, 18/04/2018

Ciao SOLE, che tu possa continuare a donare alla LUNA e alle tue STELLE il tuo sorriso di LUCE! Mi mancherai tanto, Zia Anna...TI VOGLIO BENE...CIAO! Porta un bacio a mio padre!





29 APRILE - 14

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LO ZIBALDONE

Di Battista accetta soldi mafiosi per avere libertà di espressione? Da sempre non sono stato molto convinto, per usare un eufemismo, di una implorazione contenuta nella preghiera Credo. “Non ci indurre in tentazioni”. Rifiutando l'idea che Dio ci possa indurre in tentazioni, penso che sia più appropriato, e rispondente alla bontà di Dio, augurarsi “fa' che io non sia indotto in tentazioni”. Poi, nelle Scritture la tentazione è sempre riferita al diavolo e il denaro denominato lo sterco di Satana. Il denaro assurto a dio. Si venera nelle sue cattedrali, le borse. Invece del Natale aspettiamo il Black Friday, la ricorrenza nata negli Stati Uniti, che in pratica sancisce l’inizio dello shopping natalizio. La sera ci addormentiamo con il Dow Jones, il Nasdaq e al mattino, la prima notizia che ascoltiamo è la borsa di Tokyo. Anche se non siamo direttamente interessati. Abbiamo annullato il verbo essere in favore del verbo avere. Al detto più sai più vali, abbiamo sovrapposto il più hai più vali. Diceva oscar Wilde: a tutto so resistere tranne che alle tentazioni. Caro Di Battista, avevo commentato positivamente il tuo intervento a Locri, anche se non mi erano piaciuti gli effetti speciali tipo guerre stellari. In tutta onestà sono alquanto deluso. Avevi giurato che saresti andato oltreoceano a cambiare pannolini al pupo, da bravo papà. (La bontà d'animo di Edmondo De Amicis, magnificamente sparsa nel libro Cuore, fa sempre breccia). Che Berlusconi sia incandidabile e ineleggibile lo sa anche il gatto, oltre a Dudù. È non solo condannato per frode fiscale ma anche, secondo te, “finanziatore acclarato di un’organizzazione criminale che ha fatto saltare in aria Falcone e Borsellino”. Però (ho letto e, credimi, mi auguro che non corrisponda al vero), un Di Battista che firma un

contratto di quattrocentomila euro con la Mondadori, pur continuando a dire che «Berlusconi ha pagato la mafia», non riesco proprio a capirlo. Seguendo la tua logica, ossia che Berlusconi abbia tratto profitto dal pagare la mafia, i soldi bonificati nel tuo conto sarebbero soldi mafiosi. Roba stellare. La mente vacilla di fronte a queste conseguenze, che però nient’altro sono che conseguenze logiche. Mi dispiace ma in questo incestuoso connubio assolvo Berlusconi. Ha dimostrato, coerentemente con il suo credo, qualora ce ne fosse ulteriormente bisogno, che di fronte al denaro è disposto e disponibile a tutto. Si conferma imprenditore puro. Mettendoti sotto contratto, si garantirebbe laute vendite. D’altra parte sappiamo che, oltre una certa cifra, i contratti passano attraverso le scrivanie vicine al management (Marina Berlusconi). Il management Mondadori ha dato carta bianca a Dibba? E Dibba approfitterà di questa carta bianca? O, come potrei sospettare, esiste un “gentlemen’s agreement” per cui Dibba scriverà un suo libro di viaggi sentendosi metà Che Guevara e metà Turisti per caso? E Dibba accetta soldi (a suo dire) mafiosi per avere libertà di espressione? Sono domande che ci facciamo e alle quali speriamo che Di Battista dia delle risposte ai suoi cittadini. Di Battista, credimi: la novità non consiste nel rimuovere soltanto per occupare il loro posto. Un Bruno Vespa, titolare del terzo ramo del parlamento, alle prese, forse, con un nuovo libro “Il manuale dei giovani formichieri”, così non lo rimuovi. Oppure, più semplicemente, ed è triste e deludente, ricordare ciò che Vespasiano disse al figlio a proposito della tassa sui cessi: pecunia non olet! ToninoCarneri

CALABRESE PER CASO

Libertà dalla verità o dagli alibi? i troviamo in un momento della storia dell’Italia nel quale ognuno di noi sembra aver perso ogni certezza. Ogni sicurezza sulla quale aveva costruito il proprio futuro, le proprie aspettative personali di successo, o semplicemente di vita dignitosamente sostenibile sia in termini economici oltre che sociali. Siamo di colpo franati, non credo senza rendercene conto, in un magmatico vortice di dubbi, di ansie che ci dovrebbero imporre di guardare meglio a noi stessi ma non lo facciamo. Le vicende italiane rispecchiano un sentimento di arrendevolezza che rasenta l’apatia, anche se sembra che esistano rigurgiti di dignità ma di un Paese che è, di fatto, fermo su se stesso. E, ciò, è altrettanto vero in Calabria. Non credo che le ricorrenti celebrate eccellenze superino il loro essere una estemporaneità rimanendo, alla fine, dominus di se stesse. Nascondersi dietro delle singolari promozioni di prodotti o nella formulazione di progetti ad alto respiro come la Zes senza inserirle in un disegno di crescita complessiva, non muta l’ordine di una terra bloccata. Sanità, trasporti, impresa, qualità della vita degli anziani e abbandono dei centri rurali sono ancora oggi quegli aspetti di una mancata libertà che ogni giorno si vivono quando si aspetta una visita medica, si attende un referto o ci si confronta con la mobilità quotidiana. Le cosiddette eccellenze che ogni giorno occupano parte dei notiziari da sole non affrancano dalla realtà quotidiana, tanto quanto una sola rondine non fa primavera, e di primavere ne sono passate tante. Festeggiare la Liberazione ha un senso storico, non vi sono dubbi, ma lo

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ha in realtà diverse dalle nostre non solo perché eravamo, ad esempio, in maggioranza monarchici se non politicamente agnostici nelle nostre piccole province. Bensì, perché ognuno di noi guardava al limite della propria piccola storia, distante dalla grande storia delle città più lontane da noi, ma più vicine al potere, ai grandi cambiamenti. Ognuno di noi era asservito ad una idea di potere e di proprietà che era lavoro per un proletariato contadino non organizzato e poco rivoluzionario se non portato al limite della sopravvivenza. Ecco perché, libertà ieri come oggi - al di là di ciò che rimane della comoda rendita assistenzialistica di ritorno – rimane nel nostro Sud il riuscire ad affrancarsi non tanto dal bisogno del consumo, superato parzialmente dall’opulenza delle disponibilità ricevute o maturate a vario titolo, ma nell’avere il coraggio di liberarsi da alibi da rassegnazione. Alibi, questi, che per chi domina nel potere che conta assicura l’esercizio della autorità, mentre per chi ha reddito fa dimenticare che i servizi e la qualità della vita non è solo disporre di possibilità di fuga a necessità con il primo aereo disponibile. Vivere senza libertà significa vivere nel favore, nella poco dignitosa consapevolezza di sentirsi parte di una terra che non avvolge, che non protegge, che non sostiene, che nasconde con i proclami piuttosto che riscattarsi con i programmi una ipocrisia di fondo: quella di credere di ritenersi libera si, ma solo per alcuni impedendo che l’illuminante massima di Charles-Louis de Montesquieu si traduca in realtà. E cioè che […] “…La libertà è quel bene che ti fa godere di ogni altro bene.”[…]. Giuseppe Romeo

L’uomo che parlava alle stelle Quella sera Peppe stava riponendo i panetti uno accanto all’altro. Erano destinati a trasformarsi in pizze per i clienti che avrebbero affollato i tavoli del locale che aveva aperto nel centro di quella piccola città tedesca, della quale l’anziana madre, rimasta vedova da poco, continuava a distorcere il nome. Era salito in Germania da quasi venti anni. Ma ancora ricordava con nostalgia i profumi dell’Aspromonte. Peppe, infatti, era nato e vissuto a lungo alle pendici della montagna calabrese. Il padre gli aveva insegnato i segreti per poter parlare alle stelle quando si sarebbe trovato, un giorno, da solo insieme al gregge. Si sarebbe dovuto orientare senza perdere la via del ritorno. Suo padre era stato un pastore come tanti altri in quella fetta di Calabria che odorava di caglio. Ma quella sarebbe stata per Peppe una sera particolare. Mentre si accingeva a sistemare l’ultimo dei panetti preparati con cura, ecco che dalla televisione una voce pronunciava il nome di una città che stava dall’altro capo dell’Atlantico, in un paese del Sudamerica. La polizia aveva arrestato un “presunto” narcotrafficante, che da lì a pochi mesi sarebbe stato estradato in Italia. Peppe aveva iniziato a sudare. La mente si riempiva di ricordi. Erano passati poco più di venti anni dal giorno in cui, mentre si trovava presso l’ovile, gli venne chiesto di partire per un lungo viaggio. Erano in molti nel paese a conoscere la sua abilità a parlare alle stelle. Ma anche la sua discrezione. Peppe era solito trascorrere molto tempo in mezzo alle montagne e parlava con le stelle. Si affidava a loro recitando un’antica filastrocca nel dialetto della sua terra. Soleva rivolgersi alle stelle con versi che parlavano

di una corona in testa a una donna. A un toro che aveva trovato una croce, che indicava una costellazione precisa. Quella da seguire tra i monti, le vallate e le fiumare. Seguendo quella costellazione, parlando con le stelle che sono sempre le stesse anche lontano dalla Calabria, Peppe si era ritrovato in mezzo a una grande foresta delle Americhe. Dove raggiungere un punto definitivo in mezze alle stelle. Per questo cammina solo di notte. Fino a quando, dopo diversi giorni, si era trovato davanti a un uomo vestito con una mimetica, che sorseggiava uno strano liquore bianco. Peppe doveva solo pronunciare poche parole. Un codice che solo per l’altro uomo aveva un significato chiaro. Uno dei presenti, nel frattempo, manovrava un computer e digitava le parole che Peppe ripeteva lentamente. Erano bastati pochi secondi. Milioni di dollari erano passati da un conto cifrato a un altro. E mentre Peppe ritornava in Italia su una nave viaggiava nascosto in mezzo a della frutta esotica un carico di cocaina destinata al mercato europeo. Peppe non lo sapeva ma in mezzo a quelle stelle che gli parlavano c’era una che lo aveva seguito giorno e notte. Appena ritornato al paese un suo compaesano gli aveva consegnato una borsa con all’interno del denaro e un biglietto per la Germania. Peppe avrebbe lasciato il suo ovile e avrebbe iniziato a gestire una pizzeria. Ogni tanto si affacciava fuori dalla finestra e fissava il cielo per parlare con le stelle. Quella sera quel nome lo aveva riportato in un posto sperduto nel Sudamerica. Quel nome gli aveva cambiato la vita o forse erano state le parole delle sue stelle a farlo.


GIUDIZIARIA

CONVERSANDO

La decisione sulla prova indiziaria

Bivongi DOC, un fiore di ninfea dal cuore scarlatto

Sconosciuto e glorioso come gli dei che scendono in mezzo ai mortali, il Bivongi DOC offre nettari la cui origine si perde nei meandri del tempo, dove i contorni tra storia, religione e mito sono labili e sfocati. La zona di produzione è la porzione di terra lambita dai corsi delle fiumare Stilaro e Assi, uno scrigno che custodisce quasi tutte le varietà di uve tipiche dell’intera regione, una vallata che guarda i fondali che hanno serbato i rinomati bronzi di Riace, comprendente l'intero territorio amministrativo dei comuni di Bivongi, Camini, Caulonia, Monasterace, Pazzano, Placanica, Riace, Stignano, Stilo e Guardavalle. Lì, tra eremi e laure, dove il profumo dell’erica incontra quello della malva e del tarassaco, dove la terra e la roccia si intrecciano sotto i piedi, il sole depone una schiera di luce sui vigneti di Gaglioppo, Greco nero, Nocera, Calabrese, Castiglione, Greco bianco, Guardavalle, Montonico, Malvasia bianca, Ansonica. Assaggiando le diverse espressioni di questo vino si apprezzano le varie sfumature del terroir della vallata bizantina che, per quanto dissonanti, sono tutte connaturate dalla stessa radice: l’anima genuina, vigorosa e generosa di questo spicchio di Calabria che digrada dalle aspre Serre fino all'azzurro sfavillante del Mar Ionio. Ma se si ha sete di un’esperienza veramente intrigante il suggerimento è quello di assaporare il Bivongi Rosato. Un fiore di ninfea dal cuore scarlatto. Un bouquet tipico caratterizzato da intense note fruttate dilata le narici. Al palato è la freschezza a vivacizzare le papille gustative, riportando anche in bocca i ricordi di piccoli frutti rossi di cespuglio, tannini delicati e un moderato calore alcolico. È come la visione inaspettata di quella “spalla” dal muscolo definito e armonioso conficcata nella sabbia del fondale del Porto Forticchio che oggi conosciamo come uno dei due capolavori di bronzo. Come quelle scoperte che aprono di colpo un campo insospettato a una scienza agli albori e che si trascinava su vie già note, lasciando la bocca ansiosa di provarne un secondo bicchiere. Sonia Cogliandro

FRUTTI DIMENTICATI

Aglianica nera di Plenura VITIS VINIFERA L.

Nell’estate del 2002 il defunto ispettore scolastico Domenico Raso di Cittanova, ma da tanto tempo residente a Reggio, mi consigliò di andare a perlustrare un’area viticola ormai in fase di totale abbandono, ma che nel passato era stata importantissima, situata non lontana da Cittanova, ricadente nel comune di Molochio, in contrada Plenura, termine derivante dal latino che indicava la ricchezza di quel territorio. Cominciai a percorrere una sterrata sulla destra idrografica di una fiumara tracciata a distanza breve da una serie di vigne in fase ormai di abbandono e su indicazione precisa dell’ispettore contavo i cancelli in ferro che delimitavano le singole proprietà perché ad un determinato punto, mi sarei trovato di fronte a quello di Pasquale Postorino, ora non più in vita, a cui mi sarei dovuto rivolgere per avere notizie sulle varietà di viti della zona. Arrivai al cancello designato alle nove circa del mattino e cominciai a guardare attraverso di esso, verso l’alto, dove su una serie di muri a secco, di pietra viva, si aprivano delle fasce dove erano pianate delle viti L’andamento dei muri era semicircolare in quanto essi erano sviluppati a forma di teatro, con la parte iniziale e quella finale più vicini alla sterrata. Il numero dei muri a secco era elevatissimo ed erano stati costruiti dall’inizio del declivio fino alla fine di esso su un dislivello di circa 80 metri ed in alto, sulle ultime fasce stava lavorando un uomo molto anziano. Cominciai a chiamarlo a voce alta ed egli sentiva solo la voce ma non capiva cosa gli dicessi e alla fine mi urlò che sarebbe sceso ad aprirmi il cancello solo a mezzogiorno ed ancora erano appena le nove del mattino; aggiunse che egli soleva arrivare sul posto tra le sette e mezza e le otto. C’era un signore nel campo accanto che mi si avvicinò e mi disse che si chiamava Rocco Delfino di Molochio, residente a Cittanova perché aveva sposato una cugina di Postorino. Mi aprì il cancello e mi fece entrare nella sua vigna che era all’inizio del germogliamento, cominciando ad indicarmi le viti più importanti della zona, tra cui il Nigrufittu, la Malvasia, la Virdìa ecc., puntualizzando che ci trovavamo nel territorio di Molochio. Cominciai a fotografare i germogli dei vari tipi di vite, pensando di ritornare per tutte le fasi, dal germogliamento alla maturazione dell’uva. Alla fine ci salutammo e mi invitò a ritornare quando avessi voluto; naturalmente mi invitò a restare con lui per consumare assieme il parco cibo che aveva portato con sé. Calcolai il tempo necessario perché le viti cominciassero a fiorire e ritornai sul posto, attorno alle sette del mattino, dopo aver attraversato lo Zomaro e mi recai di fronte al cancello di Delfino in attesa che arrivasse, ma ad un certo punto arrivò Postorino, accompagnato da un signore che subito andò via, dopo averlo fatto scendere dall’auto. Si scusò per la volta precedente e mi disse che egli non sentiva bene e che nello stesso tempo, con fatica , per via dell’età e della cattiva salute (aveva subito un intervento chirurgico al cuore) era arrivato alle ultime fasce della vigna, operazione che compiva solo una volta al

I BRIGANTI

Calcio e buoi dei paesi tuoi

giorno, quando vi doveva lavorare. Mi disse che gli aveva telefonato l’ispettore scolastico Domenico Raso, che lo aveva pregato di illustrarmi nel dettaglio le vicende connesse alla viticoltura di Plenura che poteva essere rappresentativa di tutta la viticoltura della Piana di Gioia. Cominciò a parlarmi del suo passato e della sua vita trascorsa in prevalenza a Plenura, dove da giovane aveva conosciuto la fanciulla che sarebbe stata la compagna della sua vita; ella frequentava l’area in quanto suo padre aveva un campo ubicato sulla sinistra idrografica dello stesso fiume e quando la vide per la prima volta , semplice e bella, emergere dall’erba alta in primavera avanzata, gli parve una visione ed ebbe la fortuna di sposarla. Emigrarono assieme in Francia e a un certo punto, con due figli ormai grandi, vollero fare ritorno nella loro terra, lasciando con un certo rimpianto la nazione che li aveva ospitati per più di vent’anni; fra l’altro avevano vissuto in un distretto marittimo della Francia, in un’area quindi invidiabile sotto tutti i punti di vista. Postorino cominciò a raccontarmi della sua vigna in generale, promettendo di evidenziarmi i dettagli legati alla vinificazione in agosto avanzato, quando l’uva appariva in tutta la sua bellezza. Gli chiedevo notizie anche su arbusti e piante che crescevano a ridosso della vigna e la mia attenzione fu attirata da una pianta alta dai piccoli fiori rossastri che egli chiamò “ rosangiara “ che io identificai con la fusaggine o beretta del prete ed ebbi la conferma alla mia ipotesi quando egli mi disse che dai rami diritti della pianta ricavavano il fuso per filare la lana, la ginestra , il lino e la seta. Aggiunse con una certa ritrosia che da tale essenza venivano ricavate anche le “sticche “ ossia delle liste strette e levigate che avevano la funzione di reggere il busto delle donne che non usavano ancora il reggiseno. In agosto, quando le uve apparvero nel loro splendore, anche se ancora non erano mature, mi cominciò a passare in rassegna le varietà e l’uso che se ne faceva quando egli era giovane. Ecco le uve del Nigrufittu, il più importante del territorio, che in mescolanza con le uve della Prunesta, con la Malvasia nera, con l’Aglianica nera , con il Gagloppo di Scilla e con il nerello di Scilla, davano un ottimo vino, robusto e molto sapido. Dalle uve dall’Aglianico nero, vinificate in purezza o mescolate con quelle della Malvasia nera, nasceva un vino leggermente abboccato dal colore rosso rubino scuro, con riflessi violacei, abbellito da delicati aromi. Raccontava inoltre che i grappoli dell’Aglianico difficilmente sono attaccati dalle malattie, in quanto sono piccoli, dagli acini radi bluastri, anche se appaiono cosparsi di una patina bianca (pruina). Dal nome, spiegai, che il vitigno sembrerebbe d’origine greca, (Aglianica da ellenicòs-greco) ed egli aggiunse: “ma allora è vostro, perché noi della Piana chiamiamo voialtri della Jonica greci”, omettendo di riferire un proverbio legato al giudizio degli abitanti della Piana nei riguardi dei “greci” della costa ionica. Orlando Sculli

L'attività deliberativa richiesta al giudice di merito presenta maggiori difficoltà quando il processo si debba avvalere della prova indiziaria. È noto che per indizio s'intende un fatto certo dal quale, per inferenza logica basata su regole di esperienza consolidate e affidabili, si perviene alla dimostrazione del fatto incerto da provare, secondo lo schema del cd. sillogismo giudiziario, ossia un elemento conoscitivo che, senza poter rappresentare in via diretta il fatto da provare, è dotato di un'autonoma capacità rappresentativa, riguardante una o più circostanze diverse, ma collegate sul piano logico con quella da dimostrare. Se dall'indizio è deducibile un'unica conseguenza, esso costituisce una prova logica compiuta e in sé sufficiente, nel senso che presenta una correlazione obbligata tra fatto ignoto e quello noto, al quale, sulla base delle leggi scientifiche, il primo è legato in modo certo ed inevitabile. Solitamente l'indizio è però significativo di una pluralità di fatti non noti, presentando "un livello di gravità e precisione, che è direttamente proporzionale alla forza di necessità logica con la quale l'indizio porta verso il fatto da dimostrare, e inversamente proporzionale alla molteplicità di accadimenti che se ne possono desumere secondo le regole di esperienza". «La lezione interpretativa costante di questa Corte – scrivono i giudici della I sezione penale in una recente sentenza - ha precisato come l'art. 192 cod. proc. pen., comma 2, imponga anche un vincolo di metodo operativo per il corretto utilizzo della prova indiziaria, nel senso che, poiché l'indizio in sé considerato può essere indicativo di una pluralità di fatti non noti, incluso quello da dimostrare, il relativo apprezzamento postula una preventiva valutazione per individuarne "la valenza qualitativa individuale e il grado di inferenza derivante dalla loro gravità e precisione" (Cass. Sez. U., n. 33748 del 12.7.2005, Mannino, rv. 231678) sulla base di affidabili regole di esperienza e di criteri logici e scientifici; quindi, è necessario approdare al passaggio successivo, ossia alla considerazione unitaria e complessiva, che ne evidenzi "i collegamenti e la confluenza in un medesimo, univoco e pregnante contesto dimostrativo" e chiarisca eventuali profili di ambiguità, presentati da ciascuno di essi in sè considerato, in modo da consentire l'attribuzione del fatto illecito all'imputato "al di là di ogni ragionevole dubbio" anche in assenza di una prova diretta di reità, non essendo sufficiente dal punto di vista metodologico proporne una lettura in termini di mera sommatoria, né, all'opposto, un'analisi atomistica che prescinda dal loro raffronto e dalla considerazione unitaria». «Nell'impiego della prova indiziaria è dunque richiesta al giudice la conduzione di un ragionamento probatorio che attraverso l'utilizzo di regole di esperienza, -tratte dalla osservazione ripetuta del normale svolgimento delle vicende naturali e di quelle umane in presenza di determinate condizioni e dalla logica, che orienta i percorsi mentali della razionalità umana, oppure di leggi scientifiche di valenza universale o di ricorrenza statistica- deve procedere, fornendone adeguata giustificazione, alla verifica, dapprima della validità delle regole o delle leggi utilizzate, quindi della correttezza e consequenzialità logica del risultato ottenuto per proporre una ricostruzione del fatto di reato "in termini di certezza tali da escludere la prospettabilità di ogni altra ragionevole soluzione, ma non anche di escludere la più astratta e remota delle possibilità che, in contrasto con ogni e qualsivoglia verosimiglianza ed in conseguenza di un ipotetico, inusitato combinarsi di imprevisti e imprevedibili fattori, la realtà delle cose sia stata diversa da quella ricostruita in base agli indizi disponibili". Tale operazione deve essere guidata dalla regola, ora positivizzata dall'art. 533 cod. proc. pen., comma 1, che impone di pronunciare sentenza di condanna solo se la colpevolezza dell'imputato emerga al di là di ogni ragionevole dubbio, criterio generale per il riscontro della consistenza logica e della valenza dimostrativa del discorso probatorio esposto nella sentenza impugnata».

Dal punto di vista calcistico questa è stata una settimana particolare, anzi memorabile, perchè il Napoli ha battuto la Juventus. Non ricordo nemmeno il giorno, forse solo il punteggio: il Napoli una sfojatella, la Juve a digiuno. Me lo ricordo non perchè io sia tifosa, anzi tutt’altro: trovo il calcio molto diseducativo. Ma è bello vedere ogni tanto esultare per una squadra del sud. Poi mia figlia mi chiede: “mamma, non so se tifare inter o juve!” e allora devo intervenire subito: “a casa nostra puoi scegliere tra Reggina, Crotone, Catanzaro, Palermo, Napoli e ovviamente Siderno. Scegli tu”. E continuo: “tu che c’entri con Milano o Torino? Nemmeno ci sei stata!” Cattive compagnie, scherzo ovviamente. E’ colpa della nostra condizione di colonia che ci porta a tifare per una squadra che non ci appartiene a discapito di una delle nostre zone, perchè tifare nord fa figo, e tifare sud è da sfigati. Se chiediamo a chiunque qui in giro per quale squadra tifi risponderà che la prima è una del nord e la seconda è certamente quella del suo paese. Perchè il nord vince e a noi piace salire sul carro del vincitore piuttosto che esaltare le nostre radici con fierezza. Ma proprio qui è il dilemma: manca l’orgoglio delle radici. Si può fare la stessa domanda a chiunque al nord e NESSUNO tiferà per una squadra del sud. Chiediamoci perchè. Tizio di Milano tiferà sicuramente per l’inter o milan, Caio di Torino tiferà per il toro o per la juve. E’ normale che sia così. Non è normale che un napoletano o un sidernese tifi juve, inter o milan. Questa condizione di subalternità è reale, ci appartiene, si tocca con mano da tutti i punti di vista. Non abbiamo nemmeno i treni per Torino e dovremmo tifare juve? E allora W Napoli che esulta per una vittoria che ha tanto di calcistico ma molto più di orgoglio partenopeo, che è raro trovare in altre parti del mondo. Brigantessa Serena Iannopollo


PaSquale Giurleo, deSiGner, PreSidente dell’urban Center, manifeSta la Sua oPPoSizione alla reCente iniziativa dell’amminiStraz ione Comunale di loCri Che ha deCiSo di Convertire lo StoriCo Palazzo “zaPPia” in CaSerma della Guardia di finanza, ConSiderandolo alla StreGua di un edifiCio qualunque, un CaPannone induStriale da riemPire a CaSo.

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Palazzo zappia può avere altre funzioni, dal momento che si presta perfettamente a diventare un riconoscibile brand del centro storico di locri, “Città della Cultura”.

trasformare Palazzo zappia in un

meglio in una fa “ Il palazzo, nato come dimora privata dell’avvocato Giuseppe Zappia, magistrato della corte suprema di Cassazione, è collocato sull’asse del Corso Vittorio Emanuele all’interno del perimetro di antica e prima formazione del tessuto edilizio storicizzato. Costruito ai primi anni del Novecento all’interno di un giardino di circa 7000 mq, è stato ridefinito negli interventi di restauro e restyling effettuati dopo il terremoto del 1908, probabilmente diretti dall’ing. Gino Zani, funzionario dell’Ufficio del Genio Civile di Reggio Calabria, noto per il suo ruolo nella ricostruzione della città. Di ispirazione neoclassica, l’edificio, sopraelevato di due metri sopra il livello stradale, si erge su un’ampia scalinata esterna articolata a doppio ordine, e presenta un seminterrato, due elevazioni e una copertura, originariamente a quattro falde, in legno e coppi, sostituita con una copertura piana a terrazzo, realizzata insieme a lavori di adeguamento sismico negli anni ’60, progettati dall’ing. Ziparo, con il programma di adibirlo a sede dell’Istituto Alberghiero. La distribu-

Se la motivazione di questa scelta è quella di salvare l’edificio dal degrado, è condivisibile, ma non è accettabile che per salvarlo si scelga la strada della sua radicale trasformazione.

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attualità

zione interna molto razionale è caratterizzata dalla centralità di un ampio atrio colonnato, di cui una parte a doppia altezza, illuminato dall’alto da lucernari, su cui frontalmente si attesta una scala monumentale a tre rampe che sale al primo piano e, dalla balconata, conduce al vasto salone di ricevimento, nell’ala est originariamente decorato con stucchi neoclassici. Il palazzo Zappia, anche se nel tempo ha subito vari lavori adattamento e di consolidamento statico, conserva ancora i fondamentali caratteri originari ed è innegabile che esso è un’emergenza urbana, un contenitore unico di valenza storico culturale, il documento materiale della storia sociale e urbanistica di Locri. D’altra parte lo stesso PSC, nuovo strumento urbanistico di cui si è dotata recentemente Locri lo ha identificato come edificio “identitario”; tale riconoscimento provoca automaticamente il vincolo da parte della soprintendenza ed è soggetto a una serie di limitazioni e, soprattutto, non può essere adibito a usi non compatibili con il suo carattere storico o artistico, o tali da recare pregiudizio alla sua conservazione o integrità (art.21 D.Lgs 42/2004 Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio). Di recente c’è stata un’iniziativa da parte dell’amministrazione Comunale di Locri che ha deciso di convertire lo storico palazzo “Zappia“ a caserma della Guardia di Finanza, considerandolo alla stregua di un edificio qualunque, un capannone industriale da riempire a caso. Se la motivazione di questa scelta era quella di salvare l’edificio dal degrado e dalla sua sottoutilizzazione (esso non è un rudere disabitato), è condivisibile, ma non è accettabile che per salvarlo si scelga la strada della sua radicale trasformazione e suo inevitabile snaturamento. Le condizioni attuali di degrado e di obsolescenza di cui soffre il fabbricato ci appaiono incomprensibili e ingiustificate, considerando che la Fondazione ha a disposizione altri immobili propri da cui ricavare fondi da locazione e un’azienda da cui potrebbe trarre un reddito sicuro, provato dal fatto che negli anni passati vennero utilizzati somme ingenti per ristrutturare, l’immobile posto di fronte a questo palazzo e che è ora sede di un’attiva accademia musicale. Si aggiunge che la Fondazione pur avendo la possibilità, non ha presentato progetti per impiegare i finanziamenti pubblici, anche in convenzione con altre istituzioni pubbliche o private. Questo ha portato alla perdita di varie opportunità come quella di divenire la prestigiosa sede del Museo archeologico di Locri che, con una certa forzatura, è stato costretto nei ristretti locali di palazzo Nieddu-Del Rio. Anche se utilizzata nel tempo per fini nobili e coerenti con gli obiettivi della fondazione che preve-


“ libri

titolo libro: il Sabotatore autori del libro: GiorGio CavaGnaro CateGoria: la vita narrativa Città del Sole edizioni

laruffa editore Prezzo € 15,00

emilio è un sessantenne del nostro tempo, un ex giovane che sta affrontando il lungo giro di boa che conduce alla terza età con crescente disagio psichico. il suo amico di sempre sostiene di volerlo aiutare, ripercorrendo insieme a lui le tappe di una vita disordinata. ma è poi veramente un amico? tra romanzo di formazione e memoir, "il sabotatore" è un album di fotografie: allucinato, divertente e doloroso come la vita che racconta, tra novecento e terzo millennio. titolo libro: Kurban / il SaCrifiCio autore del libro: edi rama CateGoria: Storie CaSa editriCe: rubbettino editore

Prezzo €13,60

na caserma?

abbrica di idee “

il recupero degli edifici è uno degli approcci più convenienti e logici, per evitare l’ulteriore cementificazione del territorio, ma in questo caso si propone una soluzione sbagliata.

de l’utilizzazione del proprio patrimonio per formare alle professioni orfani da inserire in attività lavorative, esso è stato sottoutilizzato, ospitando nel tempo attività assistenziali, quali servizi per l’aiuto della persona affetta da disabilità, servizi di animazione socio educativa e in ultimo un’ottima Scuola di recitazione teatrale, frequentata da aspiranti attori, da insegnanti, educatori, animatori. Ma questo non basta se non si ha un progetto chiaro e una strategia d’insieme, una visione allargata, di come e quando recuperare questo immobile e l’area di rispetto del giardino. Ci chiediamo se corpo di polizia ad ordinamento militare, per l’esercizio delle proprie funzioni, necessiti di un palazzo storico, tutelato dalla sovrintendenza. Con questo non vogliamo opporre il nostro divieto tout court, ma invitare a tenere conto che il recupero e la riutilizzazione del patrimonio edilizio esistente di qualità rappresenta, oltre che una valida occasione per riqualificare gli spazi urbani degradati, anche un’opportunità per creare occupazione e impresa, attività e dinamicità sociale e culturale. Riconosciamo che aver sollevato la questione del riuso del palazzo per evitare la sua “ruderizzazione” sia meritevole,

perché può dare spunto per iniziare una riflessione più ampia sul territorio e il patrimonio architettonico. Il recupero degli edifici è uno degli approcci più convenienti e logici, per evitare l’ulteriore cementificazione del territorio, ma in questo caso si propone una soluzione sbagliata. Il palazzo Zappia può avere altre funzioni, esso si presta perfettamente a diventare un riconoscibile brand del centro storico di Locri, “Città della Cultura”. Per questo riteniamo che ci voglia un coinvolgimento collettivo di tutti i cittadini, con la costruzione di una rete di relazioni delle associazioni culturali, degli architetti, degli artisti, degli organismi della fondazione, dell’amministrazione comunale per condividere competenze finalizzate a sostenere le strategie di riqualificazione non solo del palazzo Zappia ma di tutti gli immobili dismessi, degradati o inutilizzati, coordinando la domanda di riuso con l’offerta di beni privati, in un percorso condiviso. Siamo sicuri che da questo lavoro usciranno fuori idee creative e soluzioni sostenibili. Pasquale Giurleo

Palazzo zappia una caserma? Perché no?! Palazzo Zappia potrebbe diventare la nuova sede del gruppo Guardia di Finanza di Locri che avrebbe individuato un finanziamento di 5 milioni di euro. Cosa pensa di questa nuova destinazione del Palazzo, nato per dare assistenza agli orfani? Intanto è impossibile prendere una decisione del genere perché manca il presidente e il consiglio di amministrazione, pertanto il sindaco di Locri sta abusando del suo incarico. Nello Statuto all’art. 2 si legge: “La Fondazione ha lo scopo di riconoscere, assistere e istruire gratuitamente orfani, e di promuovere la loro sistemazione”. È chiaro che orfani ormai non ce ne sono come un tempo, però ci sono famiglie disagiate. Non si può fare a meno di perseguire lo scopo. Quindi cosa suggerisce? C’è nello Statuto un altro articolo altrettanto importante, l’art.13, in cui si specifica che l’istituto provvede al proprio scopo con le rendite del patrimonio. Le rendite del patrimonio possono anche essere costituite dall’affitto alla Guardia di Finanza, la quale con i 5 milioni, che pare abbia a disposizione, provvede a sistemare il manufatto preser-

questo libro è un "manuale di cittadinanza albanese postcomunista”, un memoriale, un proclama, uno strumento di lotta, un manifesto politico, analisi storico-antropologica. un testo chiave per meglio comprendere i fermenti di un Paese cerniera tra le spinte europeiste e le attrazioni islamiche, tra arcaicità e modernizzazione. una lettura utile a comprendere l'importanza di buone relazioni politiche, diplomatiche ed economiche tra italia e albania.

titolo libro: #viParlodinoi autore del libro: CriStina liotta

CateGoria: SaGGiStiCa CaSa editriCe: laruffa editore Prezzo €10,00

un libro per giovani ed educatori, genitori, docenti e politici, una finestra in cui sbirciare per leggere e comprendere l'universo dei teenager. Cristina è una quindicenne che, con coraggio, si fa portavoce della sua generazione. le problematiche giovanili che troppo spesso vengono nascoste o a cui si preferisce non guardare, vengono portate all'attenzione del mondo "adulto" in tutta la loro attualità, attraverso la musica e con le parole chiare e nette.

vandolo dal degrado e rispettandone ovviamente i vincoli architettonici, senza snaturarlo. Non sono per l’Italia del No ma per l’Italia del Sì: alla Guardia di Finanza si richiede un congruo affitto da destinare alla fondazione Zappia. Con il ricavato che uso se ne potrebbe fare? Io propongo di pagare a tutti i ragazzi delle scuole medie superiori di Locri un viaggio Piero Schirripa è stato il penultimo presidente all’estero di un mese perché della fondazione zappia, prima del defunto vedano che cos’è il mondo. Un viaggio possibilmente in Pietro la rosa. lo abbiamo intervistato per avere paesi come la Corea, un suo parere in merito alla trasformazione di Singapore, la Cina... Rientrando capirebbero che Palazzo zappia in una caserma. il mondo non è quello che hanno visto finora e che cambiare si può. La mia cooperativa, la Valle del Bonamico, è nata proprio così, con un viaggio in cui abbiamo portato i figli dei mafiosi in Val di Non dove hanno visto che cambiare è possibile. mgc


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È la rivisitazione in chiave contemporanea del classico concetto di baldacchino. Un letto intelligente, capace di rivoluzionare il mondo del riposo. Porta la firma di Edoardo Carlino, designer calabrese, che ha pensato a un prodotto in cui dialogassero relax e stile. Supertecnologico, il letto Hi-Can integra un proiettore ad alta definizione con sistema home-theatre, una console game e altre sorprese da attivare con lo smartphone.

INTERVISTA A EDOARDO CARLINO

Hi Can, dalla Calabria il letto del futuro MARIA GIOVANNA COGLIANDRO Un letto rivoluzionario che riunisce in unico prodotto design, funzionalità e domotica. Un’oasi di relax che, oltre alla sensazione di trovarsi in un guscio, ricorda l’esperienza di guidare un auto di lusso. Il merito va a Edoardo Carlino, designer calabrese, art director della Hi-Interiors. Con HiCan il letto diventa un media center. In cosa è rivoluzionario? L’entertainment è solo uno degli elementi che caratterizzano questo prodotto. È rivoluzionario in quanto il design incontra la tecnologia definendo una nuova categoria di letto, superando i tradizionali confini dell’arredamento. Il prodotto può essere integrato con sistemi esistenti di “home o building automation”, utilizzando protocolli standard che consentono il controllo di altri dispositivi intorno al letto. Tutte le componenti sono controllate tramite una semplice applicazione integrata, disponibile

su tutti gli smartphone, tablet e computer. Ogni aspetto della “user experience” può essere “customizzato” con scenari personalizzabili, a seconda delle preferenze dell’utente. Oltre all’app, HiCan può essere controllato tramite dispositivi indossabili, come ad esempio Apple Watch, che possono essere liberamente programmati per impostare il letto in varie configurazioni. HiCan è oggi una piattaforma open-source grazie alla quale l’utente in autonomia può collegare i propri dispositivi, come playstation, x-box, apple tv e fruire di tutti i contenuti multimediali che preferisce. Tra le caratteristiche del letto HiCan anche la possibilità di monitorare la proria salute. Ci spieghi meglio... Grazie alla lungimiranza e alle competenze del team di Hi-Interiors, HiCan si arricchisce della funzione di personal health tracker che monitora tempi e qualità del sonno, dando riscontri immediati e confrontabili nel tempo sul nostro benessere. Una serie di sensori rileva parametri biometrici, parametri ambientali (come ad

esempio la qualità dell’aria), variazioni di peso e tutta una serie di aspetti che incidono sul riposo. HiCan così mostra tutta la sua potenzialità e la capacità di essere uno sleep coach dotato di un sistema di intrattenimento professionale e sveglie intelligenti, che sarà presto pronto a rispondere ai comandi vocali e ad assumere la funzione di vero e proprio health coach. Attraverso il rilevamento dei dati biometrici, il sistema aiuta anche a rintracciare eventuali patologie croniche connesse anche ai disturbi del sonno. In generale HiCan è una soluzione che induce l’utente ad adottare un miglior stile di vita, a godersi momenti di rigenerazione e relax e a divertirsi esplorando le proprie passioni. Quindi, oltre all’entertainment e allo sleep coach, HiCan lavora su una dimensione wellness abilitando scenari luminosi o musicali, stimolazioni audio-video attuabili grazie alle altre sue dotazioni come reti motorizzate, luci dimmerabili, tende oscuranti. Il progetto nato nel 2009 è rimasto in standby fino a fine

2016. Poi cos’è successo? Al tempo non c’era la capacità economica per portare il progetto a fase di sviluppo industriale: c’erano investimenti molto importanti da fare in ricerca e sviluppo. Inoltre il lancio del progetto e dell’idea è coinciso con l’ingresso nella crisi dell’intero settore. In seguito ad una commessa di un cliente di Dubai, diventato poi investitore, a una fase di crowdfunding e ad una congiuntura economica nuova, tale da abbassare consistentemente i costi per lo sviluppo tecnologico, è stato poi possibile rilanciare il progetto in una veste e una logica totalmente nuove. Dopo 10 anni HiCan ritorna a Milano, come prodotto commercialmente disponibile. Il costo però non è esattamente abbordabile, si parla di 36 mila euro. Sarà sviluppata una versione più economica? Da concept è diventato prodotto, o meglio un device hitech luxury che, soprattutto per i costi, sicuramente non è alla portata di tutti. Tra l’altro per incrociare un determi-

L’AIA di Locri dedica il 25 aprile alla donazione del sangue

Teresa Cricelli presenta il suo ultimo studio su Augusto Vera Teresa Cricelli è nata a Torino, ma risiede da diversi anni a Siderno. Laureatasi in filosofia presso l’Università degli Studi di Messina, ha proseguito gli studi di ricercatrice alla Sorbonne di Parigi concentrando il proprio lavoro sulla figura di Augusto Vera, uno dei principali diffusori del pensiero hegeliano in Europa, recuperando e traducendo in italiano alcuni suoi saggi scritti in lingua francese relativi all’Idealismo tedesco e alla giustificazione storica della Rivoluzione francese. Lo scorso 21 aprile, presso la Sala Consiliare del Comune di Palmi, La Cricelli ha presentato il proprio libro “Augusto Vera e la filosofia hegeliana”, di cui ha parlato assieme al Presidente del Rotary di Palmi Antonio Castellano e al Provveditore agli Studi di

Cosenza Luciano Greco. L’incontro è stato occasione per l’autrice di parlare del suo studio, da lei stessa inteso come un percorso quasi obbligato iniziato con la tesi di Laurea dal titolo “Hegel e la storia della filosofia” e proseguito con la ricerca sul pensiero hegeliano e la sua divulgazione nell'800 in Europa. In questi termini, è stato spiegato durante l’incontro, Augusto Vera non è da intendersi solo come un divulgatore, ma un vero e proprio commentatore della dottrina hegeliana, ragion per cui il saggio della Cricelli ha il principale intento di presentare non tanto il Vera filosofo, ma il Vera pioniere di quel vasto e complesso movimento di idee e di avvenimenti del quale è intrecciata tutta la storia del nostro Risorgimento.

Nel giorno della Festa della Liberazione, i membri locresi dell’Associazione Italiana Arbitri si sono ritrovati presso la sede della Sezione per dare il loro contributo all’Avis Comunale di Locri, presieduta da Marina Leone, ospitando l’autoemoteca dell’Avis Provinciale di Reggio Calabria e la sua equipe medica coordinata dal presidente Nino Posterino. Donare il sangue è un gesto concreto di solidarietà; significa donare letteralmente una parte di sé a qualcuno che sta soffrendo, qualcuno che ne ha un reale e urgente bisogno; significa preoccuparsi e agire per il bene della comunità a salvaguardia della vita. Nell’incontro divulgativo del 23 febbraio scorso, l’Avis Comunale di Locri e la locale Sezione degli Arbitri di Locri, di concerto con il Comitato Regionale Arbitri della Calabria, hanno deciso di avviare una fattiva collaborazione tra le due associazioni: sport e donazione sono due facce della stessa medaglia che, se lanciata in aria, può dare segnali significativi per la comunità. Per questo il 25 aprile, già di buon ora, sono stati presenti per donare il loro sangue il Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, il Componente del Comitato Nazionale Arbitri

Stefano Archinà, il Presidente della Sezione Aia di Locri Roberto Rispoli, il suo Vice Anselmo Scaramuzzino, e il consiglio direttivo sezionale, insieme a Nicola Ritorto, nella duplice veste di associato AIA e Membro dell’Esecutivo Regionale Avis. Numerose sono state le adesioni da parte dei fischietti della Locride per questo nobile gesto. Un piccolo gesto che vale tanto e che sancisce l’avvio di altre collaborazioni in campo mediatico – divulgativo, che nei prossimi mesi verranno attuate attraverso una campagna di sensibilizzazione all’educazione del dono. Francesco Carbone

Roma - Liverpool: 34 anni fa l’edizione speciale di “Roma Mia” di Angelo Laganà In occasione delle partite di Champions che la Roma ha dovuto e dovrà affrontare con il Liverpool, abbiamo ricordato come, nel lontano 1981, Angelo Laganà fondò il primo magazine stampato su carta patinata lucida a quattro colori: “ROMA MIA”, in distribuzione gratuita allo stadio Olimpico in ogni gara che la Roma disputava in casa. “ROMA MIA”, è stata “creatura” di Laganà che ha seguito la squadra della capitale ovunque per ben 18 anni e il 30 maggio 1984, all’Olimpico, in occasione della finale di Coppa dei Campioni che si è disputata tra Roma e Liverpool, venne pubblicato un numero speciale di 112 pagine che è stato un vero e proprio evento e che ha lasciato di stucco non solamente gli affezionati della squadra giallorossa ma anche i tifosi di altre squadre.


Con Hi-Can è possibile monitorare tempi e qualità del sonno, con riscontri immediati e confrontabili nel tempo sul nostro benessere. Attraverso il rilevamento dei dati biometrici, il sistema aiuta anche a rintracciare eventuali patologie croniche.

nato target abbiamo strizzato l’occhio al settore automotive in termini stilistici lavorando sul concetto di “abitacolo o auto da camera da letto”. Ma oggi HiCan è anche divenuto un solido banco di studio e di prova che consente all’azienda di procedere tranquillamente verso la scalabilità del prodotto in logica industriale. Rimanendo quindi sul tema, come ad esempio in Formula 1 si sono studiati sistemi applicati in seguito ad automobili di uso comune, anche la Hi-Interiors sta capitalizzando il know-how e tutta la tecnologia sviluppata per HiCan per concepire prodotti analoghi di più largo consumo, più accessibili e più leggeri in termini di struttura e di design. Oltre HiCan e Info Table porta la sua firma anche Evolve Hotel, un hotel futuristico ed ecosostenibile per i millennial. Di cosa si tratta esattamente? Cogliendo la visione di un cliente americano, titolare della Evolve Hotel Inc., mi sono trovato a sviluppare un concept di un hotel modulare completamente realizzato in materiali biocompatibili, come ad esempio struttura in fibra di canapa, rivestimenti in legno, e arredamenti in cartone e per il quale tutte le dotazioni tecnologiche sono preposte al risparmio energetico. Una delle caratteristiche principali dell’hotel, che lo rende orientato anche ai millennials, è la sharing room. Nell’era della condivisione, la sharing room vuole rappresentare un’evoluzione del concetto di ostello. La stanza matrimoniale, grazie a un sistema di pareti mobili, all’occorrenza potrà essere divisa in due ambienti completamente separati, nel pieno rispetto della privacy degli ospiti che la occupano. I giovani viaggiatori che, per abbattere i costi del loro soggiorno, avranno deciso di condividere la stanza con un altro utente, selezionato per interessi comuni o affinità grazie a un software di prenotazione online, troveranno a disposizione due camere singole. In comune avranno solo l’ingresso e il bagno, ma il wc, il lavabo e la doccia saranno comunque separati e fruibili in maniera indipendente. In condizioni standard la camera sarà una comune matrimoniale con la particolarità di avere due televisori integrati nelle pareti mobili che, con l’ausilio di auricolari, consentiranno agli ospiti la visione di contenuti differenti. Progetti in cantiere? Con lo studio Think Future Design, oggi diventato un network di professionisti, affrontiamo quotidianamente progetti di ogni genere nell’ambito dell’architettura, degli interni e del design di prodotto. Trattiamo tutti i lavori, di qualsiasi entità e livello, con la stessa passione e dedizione: dalla panetteria sotto casa agli interni del cliente privato, per finire poi ai progetti di respiro internazionale. Grazie a questo modus operandi abbiamo ottenuto la stima e la riconoscenza da parte di un pubblico vasto e diversificato che ogni giorno ci sottopone stimoli e idee interessanti da sviluppare. Inoltre, probabilmente grazie anche alle nostre visioni e allo spirito di innovazione, siamo sempre di più identificati, al sud e non solo, come un partner ideale per le start-up e le giovani imprese.

Prosegue oggi la due giorni dedicata al sistema feudale calabrese

Prosegue nella giornata di oggi la due giorni del convegno studi “Sistema feudale e civiltà mediterranea: economia, istituzioni, società, cultura”, organizzato dal Circolo di studi storici “Le Calabrie” presso l’Auditorium comunale di Gioiosa Ionica. Organizzato in occasione del trentennale della morte di Mario Pellicano Castagna, anche oggi il convegno vedrà impegnati diversi cattedratici e studiosi della storia tra i quali figurano gli ordinari di storia Medievale e Moderna Pietro Dalena e Aurelio Musi. Saranno trattati argomenti di carattere generale e specifici studi su tematiche varie che riguardano soprattutto la Calabria e l’intero Regno meridionale, che saranno analizzati in tutti i loro aspetti a partire dalle ore 9:00. Il Convegno si avvale della fattiva collabo-

razione del Comune di Gioiosa Jonica e della famiglia dello scomparso studioso. L’evento godrà del Patrocinio di Enti prestigiosi quale il MIBACT (Segretariato regionale). La Deputazione di Storia Patria per la Calabria, la SISEM Società Italiana degli Storici dell’età moderna, l’Istituto Italiano dei Castelli, il Touring Club Italiano. Al convegno sarà associata una mostra documentaria sulla vita e l’opera di Mario Pellicano Castagna, in cui saranno esposti effetti personali, appunti, diari, fotografie ed altro materiale che faranno conoscere più da vicino l’uomo e lo studioso. Le relazioni saranno pubblicate in tempi brevi in un volume di Atti del Convegno; nel volume troverà anche spazio un saggio inedito di Mario Pellicano Castagna, edito a cura della figlia Annamaria.

Pittura e design si fondono per narrare uno spaccato della nostra società Nell’ambito dello spettacolo teatrale “Sinceramente bugiardi” di Alan Ayckbourn, andato in scena sabato 21 aprile al Teatro “Città di Locri”, una divertente commedia con protagonista l’attrice Debora Caprioglio e la regia di Francesco Branchetti, gli spettatori hanno potuto prima dello spettacolo ammirare e apprezzare l’interessante galleria di quadri esposta da Tiziana Zimbalatti, pittrice locrese che in quest’ultimo periodo si è fatta conoscere dal pubblico non solo in Calabria, con mostre personali che hanno toccato città come Crotone, Cosenza, Le Castella, Pizzo Calabro, ma anche al di là dei confini regionali, esponendo pure a Roma. L’artista di Locri, pittrice contemporanea, che nella vita svolge l’attività di libera professionista in qualità di Architetto, è riuscita a calamitare l’attenzione degli astanti per la sua capacità di raccontare pensieri e stati d’animo graficamente tradotti attraverso una tecnica pittorica specializzata nell’uso dei pastelli e carboncini e

concentrata nella rappresentazione figurativa moderna, dove il colore e il bianco e nero si alternano, creando una vasta gamma pittorica. Attraverso i suoi quadri la nostra pittrice crea un ibrido nel quale unisce la pittura al design e nel quale l’architettura si insinua, portando la sua impronta, esprimendo se stessa nei pannelli decorativi a metà strada tra il realistico e il figurativo, con uno stile molto personale in cui lo spettatore può partecipare con la sua fantasia e la propria interpretazione. Artista di spiccata sensibilità, Tiziana Zimbalatti nei suoi dipinti propone e racconta al pubblico uno “spaccato” della nostra variegata società, rappresentandone i temi di più grande interesse e le diverse problematiche di cui più argomenta l’opinione pubblica contemporanea. Sarà interessante seguire il suo futuro cammino artistico! Intanto la si potrà conoscere meglio visitando il sito “pitturato.it”. Bruno Palamara

EVENTI

Il GAL “Terre Locridee” continua il suo ciclo di workshop per defi nire e condividere i percorsi di sviluppo locale. Tema dell’incontro che si terrà domani, lunedì 30 aprile, alle ore 17:00, presso il Palazzo della Cultura di Locri, sarà “Il Rural Center della Locride. Laboratorio di partecipazione per l’innovazione e lo sviluppo locale”, che sarà introdotto dal presidente Macrì e vedrà la partecipazione dei principali attori sociali del territorio.

In occasione della festa del 1º Maggio, la Pro Loco e l’Amministrazione Comunale della città di Siderno si apprestano a celebrare la 15ª edizione del Premio Civiltà & Lavoro. La manifestazione avrà inizio alle ore 10:30 con la partenza del corteo dal Palazzo Municipale alla volta della Villa Comunale sita sul lungomare; all’arrivo sarà posata una corona commemorativa al Monumento alle Vittime del Lavoro; seguirà la cerimonia di consegna dei premi.

Venerdì 4 maggio, alle ore 18:00, presso la Biblioteca di Palazzo Nieddu del Rio, a Locri, l’Acheo Club promuoverà l’incontro “Etica e trazione nella poesia di Salvatore Filocamo”. Gli interventi previsti di Nicola Monteleone, Ugo Mollica e Mimmo Romeo saranno intervallati dalle letture a cura di Martino Ricupero, Sandro Del Luca e Iolanda Filocamo. La serata sarà allietata dalla musica di Franco Stefanelli, Pino Rubino e Gabriele Trimboli.

Sabato 5 maggio, alle ore 16:30, presso l’aula Magna del Liceo Classico Ivo Oliveti di Locri, nel- l’ambito del “Ciclo Teatro Commedia”, si svolgerà un incontro incentrato su “I Cavalieri” di Arstofane. Prenderanno la parola la docente ordinaria di Filologia Classica dell’Università di Messina Paola Radici Colace, i cui interventi saranno intervallati da letture di Lucia Licciardello e dagli studenti del gruppo Teatro del Liceo Classico Ivo Oliveti.



29 APRILE - 21

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arte&co

LA RICETTA: PAPPARDELLE AGLI ASPARAGI E GAMBERI

INGREDIENTI PER 4 PERSONE: 250 gr di pappardelle all’uovo, 400 gr di asparagi, 1 cipolla, 2 cucchiai di erba cipollina tritata, 200 gr di code di gamberi sgusciati, 60 ml di vino bianco, 1 bicchierino di vodka, 30 gr di burro, 200 ml di panna fresca liquida, sale q.b, pepe nero q.b.

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IVANO TROMBINO, titolare e animatore del Vecchio Magazzino Doganale ha ottenuto un doppio riconoscimento per il suo Jefferson-Amaro Importante

Un amaro calabrese sulla vetta del mondo Il World Liqueur Award ha conferito al Jefferson il titolo di migliore liquore al mondo. Nato dall’autentica ricetta creata da Mr. Jefferson, oggi questo eccezionale amaro viene riprodotto utilizzando il bergamotto di Roccella Ionica, l’arancia di Bisignano, il rosmarino di Montalto Uffugo e l’origano di Palombara, uniti ad altre erbe e spezie made in Calabria.

Ci risiamo. La Calabria torna a essere una protagonista nel variopinto panorama dei sapori. Dopo il successo ottenuto al Vinitaly, dove i rossi calabresi sono stati ampiamente apprezzati per la loro qualità, questa volta tocca a un altro nostro prodotto ricevere il riconoscimento che lo incorona il migliore del mondo. Leggenda vuole che il signor Jefferson, nel lontano 1871, sia sopravvissuto a un naufragio e trovando rifugio nel Vecchio Magazzino Doganale, girò la Calabria selezionando agrumi, spezie ed erbe aromatiche per creare la ricetta del suo amaro. Ricetta giunta nelle mani di Ivano Trombino, appassionato di liquori, dopo aver ricevuto in eredità dal nonno, vissuto in America, un baule contenente una serie di diari, racconti e ricerche botaniche. Oggi, grazie alla passione e professionalità di Ivano, l’amaro Jefferson è salito sul gradino più alto. Il World Liqueur Award ha conferito al Jefferson il titolo di migliore liquore al mondo. Quali sono le sue scelte e i metodi che uniti alla ricetta tradizionale lasciatale dal signor Jefferson vi hanno permesso di raggiungere questo traguardo? Era un consueto e tranquillo venerdì pomeriggio quanto ho appreso la straordinaria notizia che mi ha lasciato sbalordito e lusingato al tempo stesso. Lasciarsi dietro tanti brand e ottenere il massimo del riconoscimento del World Liqueur Award di Londra è qualcosa di indescrivibile, felicità e orgoglio per il Vecchio Magazzino Doganale, la nostra azienda nata da pochissimi anni e impegnata in una costante ricerca delle botaniche, nello studio decennale del territorio e del settore liquoristico. E non solo, felicità e orgoglio anche per la mia terra, la Calabria, e per tutta l’Italia. Quella che mi ha lasciato il capitano Jefferson, la cui storia ormai e a conoscenza di molti, è una vera e propria eredità, un patrimonio inestimabile rappresentato soprattutto dal nostro territorio, nella sua più trasparente semplicità. Semplicità che è contraddistinta nella sua ricetta e nel suo metodo di produzione rurale. Semplicità, costanza e trasparenza credo siano state il segreto per il raggiungimento di questo importante traguardo.

I sapori della nostra terra sono stati apprezzati e premiati a livello mondiale. Un bel riscatto per la Calabria, non crede? Non credo che si debba parlare di riscatto. Io ho sempre creduto nella Calabria! Credo nel suo territorio, nelle sue botaniche e non solo. Penso che la nostra terra sia davvero un tesoro da valorizzare, da mostrare e da far assaporare ancora di più al mondo intero. Il Jefferson è quello che viene definito “cocktail identitario” ovvero una riscoperta e valorizzazione di varietà botaniche ed erbe officinali locali. Lei pensa che l’utilizzo di questo genere di prodotti possa aprire la strada a nuove frontiere del consumo? Beh non proprio “cocktail identitario”, o per lo meno non solo… Jefferson è l’amaro importante. È a tutti gli effetti un amaro che ricopre la grande cultura italiana dei dopo pasto e dei digestivi. La sua grande forza risiede nella sua varietà di profumi e sapori: gli agrumi, simbolo della nostra terra quali il bergamotto, le arance dolci e amare, i limoni IGP di Rocca Imperiale, unite a botaniche accuratamente selezionate e tutt’oggi raccolte a mano, come l’origano e il rosmarino. Forza che si sposa perfettamente in miscelazione, soprattutto nei grandi classici che hanno segnato di fatto l’epoca del “bere bene” e tal proposito, con un pizzico di presunzione e orgoglio, posso dire che il nostro Jefferson ha aperto davvero una nuova strada per il consumo degli amari. L’utilizzo di ingredienti autoctoni nel preparare cocktail o bevande viene definita Mixology. Ci spieghi meglio questa tecnica. Direi che l’utilizzo di ingredienti autoctoni non sia una vera è propria definizione di Mixologia, ma credo che le due cose vadano a braccetto. La Mixologia è definibile come l’arte di creare drink e sta diventando una vera e propria disciplina, senza estremizzarne il concetto. L’utilizzo di ingredienti autoctoni, invece, ci da la possibilità di dare un identità ai vari cocktail e accostarli a un territorio, contraddistinguendone la loro provenienza e la loro territorialità. Gaetano Marando

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MARIA GIOVANNA COGLIANDRO Direttore editoriale: ILARIO AMMENDOLIA COLLABORATORI: Jacopo Giuca, Lidia Zitara, Franco Parrello, Tonino Carneri, Mario Nirta, Giuseppe Romeo, Orlando Sculli, Nino Sigilli, Tonino Carneri, Sonia Cogliandro

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ANGOLO FOOD

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Mettete a bollire gli asparagi tenendo le punte fuori dall’acqua. Toglieteli dalla pentola e tagliatene metà a rondelle conservando le punte che userete per guarnire il piatto. Con l’altra metà create una salsa quindi frullateli aggiungendo un mestolo di acqua di cottura. Sciogliete il burro facendovi appassire una cipolla tritata e spruzzate il tutto con il vino bianco. Aggiungete le code di gamberi sgusciati, cuocete qualche minuto e aggiungete gli asparagi e la salsa. Fateli saltare, aggiungete la panna, un goccio di vodka e salate e pepate. Lessate le pappardelle e unitele al sugo. Guarnite il piatto con le punte di asparagi e l'erba cipollina tritata.

IL COCKTAIL: COCKTAIL ADIOS INGREDIENTI PER UNA PERSONA: 30 % di rum bianco, 30 % di vermouth, 15 % di cognac, 15 % di gin, 10 % di succo di limone. Preparare nello shaker con alcuni cubetti di ghiaccio. Versare il rum (preferibilmente rum bianco), il vermouth (preferibilmente vermouth bianco secco), il cognac, il gin ed il succo di limone (preferibilmente non confezionato ma il succo di un limone verde). Servite.

IL DOLCE:

SALAME AL CIOCCOLATO SENZA UOVA INGREDIENTI PER 8 PERSONE: 200 gr di biscotti, 100 gr di burro, 100 gr di zucchero a velo, 40 gr di cacao amaro, 60 gr di cioccolato fondente, 30 gr di farina di mandorle, 25 gr di nocciole, 25 gr di mandorle, zucchero a velo q.b. Tritate i biscotti con le mani, metteteli in una ciotola, aggiungete il cacao e mescolate. Aggiungete la farina di mandorle e lo zucchero a velo. Poi le mandorle e le nocciole. Sciogliete a bagnomaria il cioccolato fondente. Aggiungete il burro ammorbidito, e il cioccolato fuso. Impastare con le mani fino a che il burro sia ben amalgamato al resto degli ingredienti. Cospargete il piano da lavoro con abbondante zucchero a velo e ponetevi sopra il composto dandogli con le mani la forma di un salame. Rotolate fino a che sarà completamente ricoperto di zucchero Arrotolate il salame di cioccolata in un foglio di alluminio e ponetelo in frigo per 4/5 ore.


29 APRILE - 22

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the blob

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Il Radio Roccella Rock Contest si prepara alla finale L’Associazione Culturale Radio Tele Roccella è ormai pronta per la serata finale della prima edizione del “Radio Roccella Rock Contest”, un concorso vetrina per giovani e gruppi musicali che si propone di offrire ai partecipanti le migliori condizioni di visibilità al fine di facilitare lo sviluppo di un percorso artistico e professionale. L’evento si svolgerà presso Largo Colonne, in Via Marina, a Roccella Ionica, nella serata di martedì 1º maggio, a partire dalle ore 19:00. Un evento unico nel suo genere che vedrà l’inanellarsi delle esibizioni delle band “Statale 107 bis”, “Gli”, “U.S.B.”, “Valentina Boffa”, “The Furies” e “Red Stop”, con la partecipazione straordinaria di Mamur Singer, Laila e Mad Vintage.

Esibizione transoceanica Mimmo Cavallaro e il suo folto gruppo di collaboratori immortalano il loro arrivo in Argentina dove questa settimana sono stati accolti da una folla oceanica in quel di Buenos Aires.

Sindaco Cercasi Guido Laganà e Mario Filocamo dimostrano vicinanza non solo istituzionale in quel di Locri. Che questo abbraccio nasconda una preparazione alle prossime Amministrative è appurato, che questa foto ritragga anche il prossimo primo cittadino della città di Nosside?

Lavoratori! Artiglio, Pino e Michele celebrano la loro amicizia con questo splendido selfie, che li ritrae in uno dei brevi momenti di pausa delle loro impegnatissime giornate!


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P O C S O L’OR Difficoltà riabilitative L’ex consigliere Provinciale e uomo di spicco di Forza Italia Roy Biasi sta facendo un’intensa fisioterapia per riprendere la giusta forma fisica dopo la rovinosa caduta provocatagli (si dice) dalla visione di uno sconcertante servizio giornalistico.

Vi aspetta una settimana da grandi protagonisti! Mercurio porterà novità e occasioni inaspettate. Se da tempo lavorate a un progetto, potreste fare importanti passi avanti. Anche l’amore è favorito da una splendida Venere che vi regala forti emozioni.

Rappresentanza di livello Alla manifestazione per l’inaugurazione del nuovo raccordo della 106 svoltosi la scorsa settimana ad Ardore, il Sindaco Giuseppe Grenci e il consigliere della Città Metropolitana Pierpaolo Zavettieri hanno dimostrato di apprezzare il sostegno istituzionale offerto dal parlamentare pentastellato Giuseppe Auddino.

Così è, se pare ad Antonio L’intenso primo piano di un giovanissimo Antonio Tallura durante l’interpretazione di “Così è, se vi pare” di Luigi Pirandello nel 1984, durante la quale recitò insieme a Paola Borboni sotto la sapiente guida di Franco Zeffirelli.

E se fosse stato eletto lui? Seduto in mezzo alla strada, Antonio Ferreri, dimostrando invidiabili doti magiche, visto la mancanza di uno specchio a portata di mano, riesce a riflettere sulle sorti del suo paese e della sua Nazione, dubbi che ci accomunano un po’ tutti, di questi tempi…

La settimana non comincia per il verso giusto a causa dell’opposizione della luna, ma andrà meglio nelle giornate successive, e in particolare in quelle di venerdì e sabato, quando potreste fare incontri particolarmente fortunati. Serenità in amore.

Con Venere nel vostro segno, l’amore vi travolge come non vi succedeva da tempo. Incontri e sorprese saranno all’ordine del giorno, e potrebbe arrivare qualche bella novità in ambito professionale. Luna in opposizione martedì, mercoledì e giovedì. Lo sfavore di Mercurio crea attriti, soprattutto in ambito lavorativo. Portate avanti i vostri progetti con convinzione, senza dare retta a chi non vi appoggia. Le giornate di venerdì e sabato saranno particolarmente nervose per via della luna in opposizione.

La psicologa degli arbitri La psicologa Ilenia Voce, durante la riunione tecnica della sezione di Locri dell’AIA, ha fornito supporto e validi consigli ai nostri arbitri per supportare lo stress psicofisico delle partite di calcio nel nostro territorio.

La vostra sarà una settimana da ricordare! Avete dalla vostra sia il favore di Venere sia quello di Mercurio. Tra martedì, mercoledì e giovedì potrebbe arrivare qualche bella notizia in ambito lavorativo. Un po’ nervosi domenica, con la luna opposta. Lo sfavore di Venere vi porta a mettere in discussione la vostra relazione sentimentale: dubbi e tensioni vi accompagneranno martedì, mercoledì e giovedì, quando una luna sfavorevole non aiuterà il vostro umore. Tra venerdì e sabato una bella ripresa. Finalmente l’amore torna a darvi soddisfazioni: se avete al fianco la persona giusta, vivrete un momento di ripresa importante dopo la crisi dell’ultimo periodo. Dovrete aspettare qualche settimana prima di fare nuovi incontri, invece, se single. La vostra settimana non potrebbe cominciare meglio di così! Lunedì la luna splenderà nel vostro segno, regalandovi tutta la fortuna di cui avete bisogno. In settimana potrebbero arrivare delle belle conferme sul piano professionale. Bene venerdì e sabato.

Colleghi ancora per poco Enzo Errigo, Storico dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune di Siderno, in vista del suo pensionamento, che decorrerà a partire dal 1º maggio, ha voluto ospitare nel proprio studio sindaco e molti dipendenti pubblici.

Venere in opposizione non porta buoni frutti in ambito sentimentale. Affrontate la questione col dialogo, soprattutto nelle giornate di martedì, mercoledì e giovedì, quando avrete la luna nel vostro segno a favorirvi. Soddisfazioni in ambito lavorativo. Un paio di settimane di pazienza e non avrete più Mercurio sfavorevole a ostacolare il vostro percorso professionale. Il peggio è andato, puntate tutto sulle giornate di luna super-fortunata: venerdì e sabato. Troverete sostegno da chi vi è al fianco.

Save the date È tempo di tornare dietro la consolle per Alfredo Vitale e Carlo “Kroosta” Scordo che, assieme ad Andrea e Carmelo Scordo e Antonio Catalano e Mario Spadaro vi aspettano il prossimo 8 giugno, a partire dalle 23:40!

Sovraesposta Maria Teresa D’Agostino mostra con orgoglio la sua reflex, strumenti indispensabile per essere al costante servizio del proprio paese.

Le stelle sorridono al vostro segno da ogni punto di vista! Potrete contare sul favore di Venere, che vi garantirà amore e passione a non finire, mentre Mercurio aiuterà i single a fare incontri davvero fortunati. Al top martedì, mercoledì e giovedì.

Venere sfavorevole vi darà del filo da torcere sul piano sentimentale, siete alla ricerca di conferme che il partner non sembra capace di darvi e i single potrebbero avere difficoltà nel cominciare una nuova relazione. Tosti martedì, mercoledì e giovedì.



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