Riviera nº 31 del 29/07/2018

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la vetrina

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IN BREVE

Mercoledì il sindaco di Monasterace ha tuonato contro la direttrice del Museo di Locri, rea di aver organizzato il prestito intermuseale del mosaico del drago dell’Antica Kaulon con Reggio Calabria. I sacrosanti timori espressi da Cesare De Leo, tuttavia, non giustificano il tentativo di bloccare l’iniziativa, tanto più che il mosaico, nella Locride, non è al centro di nessuna iniziativa promozionale…

È LOGICO CHE DE LEO TEMA DI NON RIVEDERE PIÙ IL MOSAICO, MA IL PRESTITO INTERMUSEALE È CERTIFICATO DA DOCUMENTI UFFICIALI E PERMETTERÀ AL REPERTO DI AVERE UNA VISIBILITÀ CHE A MONASTERACE CERTO NON AVRÀ.

Perché è giusto prestare il mosaico del drago a Reggio Calabria

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Rossella Agostino si è dimostrata più volte feroce tutrice dei beni archeologici locridei e, anche in questo caso, ha promesso il mosaico solo se le sarà concesso il prestito di un altro reperto in cambio.

l caldo pomeriggio di mercoledì 25 luglio è stato reso ancora più infuocato dall’indignazione del sindaco di Monasterace Cesare De Leo, che ha affidato ai social una riflessione relativa alla possibilità di dare in prestito al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria il mosaico del drago dell’Antica Kaulon. “È una decisione assurda” ha tuonato dalla sua bacheca Facebook il primo cittadino, che sostiene inaccettabile privare l’area archeologica di Monasterace del suo più importante reperto nel mese di agosto e non nasconde di temere che il prestito per una mostra possa essere il pretesto per trattenere il pezzo nella Città Metropolitana. Dati i precedenti tra il direttore del Museo di Reggio Calabria Carmelo Malacrino e i poli archeologici locridei (ogni riferimento alle vetrine ancora vuote del Museo di Palazzo Nieddu del Rio a Locri è puramente voluto) non ci sentiamo di tacciare di infondatezza i timori di De Leo, ma riteniamo che il suo intento di mobilitare la popolazione civile per tentare di bloccare la decisione del Polo Museale sia esagerato. Per cercare di analizzare meglio questa situazione indubbiamente delicata, è bene anzitutto ricordare che la pratica del prestito intermuseale è quotidiana nell’ambito dei rapporti tra musei e anzi utile a far girare il patrimonio e valorizzare il territorio di appartenenza. Proprio ricordando di quando il Museo Archeologico di Locri ha potuto ospitare il Cavaliere di Marafioti, conservato a Reggio Calabria, non abbiamo potuto dimenticare che a sovrintendere a questo passaggio di consegne ci siano la direttrice del Polo Museale della Calabria Angela Acordon, professionista che certo non ha alcun interesse a soddisfare eventuali capricci di Malacrino, e Rossella Agostino, direttrice del Museo e Polo Archeologico di Locri più volte contraddistintasi per una salvaguardia feroce dei reperti del nostro comprensorio. «In virtù dell’importanza del pezzo e del periodo dell’anno in cui è stato richiesto - ci ha spiegato la Agostino, che abbiamo contattato per avere la sua versione dei fatti, - la dottoressa Acordon ha chiesto a Malacrino di attendere qualche settimana e di concedere al Museo dell’antica Kaulon di ospitare nello stesso periodo la testa della Passoliera, un pezzo forse meno conosciuto dal grande pubblico, ma comunque di grande importanza e del quale il Museo già conserva altri elementi». Un modo elegante, quello utilizzato dalla Agostino, per spiegarci che lei e la Acordon sanno bene con chi hanno a che fare e che non hanno la benché minima intenzione di scendere al livello dimostrato dal loro collega di Reggio rifiutandogli un favore istituzionale. Lo scambio tra i due reperti, ci ha anzi assicurato la direttrice del Museo di Locri, sarebbe già stato certificato come prestito a breve termine da un’adeguata documentazione e verrà anticipato da un’iniziativa che garantirà l’apertura al pubblico del mosaico anche a Monasterace nei giorni dell’1 e 2

agosto. Non solo. In risposta alle proteste della cooperativa ViviKaulon che, alla notizia del prestito intermuseale ha reagito affermando che, a questo punto, non vale la pena continuare a tenere aperto il sito, la Agostino risponde illustrando il piano di valorizzazione del sito già messo in cantiere. «È già stato completato e consegnato un progetto che dovrà essere finanziato con i fondi europei - ci spiega la direttrice del Museo di Locri, - che prevede di rendere l’area archeologica un vero e proprio Parco, corredato di illuminazione, recinzioni, pannellistica e copertura adeguata dei mosaici, che potranno così essere sempre a disposizione del pubblico. Un lavoro complesso, non ancora avviato per evitare che la mancanza di fondi in corso d’opera lo rendesse vano lasciando i nuovi impianti in balia dei vandali. Inoltre si afferma che il Museo non possa fare a meno del mosaico dimenticando tuttavia che il nostro sito vanta tante altre opere straordinarie, tra cui la tabula bronzea scritta in alfabeto acheo e risalente al V secolo a.C., un elmo, lo spallaccio di bronzo… A proposito di quest’ultimo reperto, non certo di secondaria importanza per il sito, non ho ricevuto lamentele quando, la scorsa primavera, lo abbiamo fatto esporre per due mesi al Planetario di Roma per promuovere il territorio e le sue meraviglie archeologiche anche nella Capitale». Una riflessione che ci fa notare quanto assordante sia stato il silenzio delle istituzioni locali in merito al Museo Archeologico dell’Antica Kaulon negli ultimi anni e che ci fa credere sarebbe stato assai difficile tornare a parlarne se non si fosse verificato un evento eclatante come la conferma del prestito avvenuta in settimana. Insomma, la volontà di porre l’accento sulla delicatezza della questione e di voler seguire ogni millimetro di spostamento del mosaico da parte del sindaco De Leo è sacrosanta, ma riteniamo anche che sarebbe stato meglio accompagnare questa protesta a una più stretta collaborazione con il Polo Museale della Calabria non solo nel confronto utile a organizzare (o meno) questo prestito, ma anche durante tutto il resto dell’anno. Di area archeologica dell’antica Kaulon, infatti, si continua a parlare solo per scandali e intoppi burocratici, mentre di promozione e valorizzazione del sito (e di tutti i suoi reperti) non si ha mai notizia. Qualora non ci fosse stato il prestito intermuseale, infatti, quali sarebbero state le iniziative legate all’area archeologica promosse dal comune? Perché, a stagione ormai inoltrata, non sappiamo della diffusione di programmi in merito… Jacopo Giuca


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attualità www.larivieraonline.com

Il Tar dà ragione ad Arturo Costa, Riviera sempre al fianco dei giusti Il Commissariamento del Consorzio di Bonifica dell’Alto Ionio Reggino da parte della Regione Calabria è stato ritenuto illegittimo. Il Tar ha dato piena ragione ad Arturo Costa dal momento che “non risulta chiaro quali siano le gravi irregolarità idonee a determinare la decisione di commissariamento”. La vicenda nasce nel luglio dell’anno scorso, quando dall’assemblea per l’elezione delle cariche del consorzio vengono esclusi due consorziati, per non avere pagato le quote dovute all’ente. I consorziati presentano ricorso e nelle more la Regione intima al Consorzio di sospendere le procedure elettorali fino a quando la situazione sul diritto di voto non sia stata chiarita. Giudicando priva di fondamento l’intimazione della Regione, il consorzio procede alle elezioni. Ma il Dirigente del dipartimento Agricoltura della Regione si

rifiuta di approvare gli esiti delle operazioni elettorali, poichè, a suo avviso, sono state disattese le direttive regionali. A quel punto il Consorzio presenta ricorso al Tar e, nel mentre, il 25 luglio 2017, la Giunta Regionale scioglie gli organi di amministrazione del consorzio nominando un commissario straordinario. Nei giorni immediatamente successivi Riviera ha dedicato la copertina alla vicenda che ha visto Arturo Costa nell'occhio del ciclone, sostenendolo nella sua battaglia. "Ci difenderemo con le armi della democrazia, della politica, della legge aveva dichiarato. - Nessuno si illuda che chineremo la testa". Arturo Costa non ha desistito e oggi ha validi motivi per festeggiare. La Regiona Calabria dovrà pagare anche le spese legali.

CAMERA PENALE DI LOCRI

Eugenio Minniti confermato presidente L’avvocato Eugenio Minniti è stato confermato presidente della camera penale di Locri “G. Simonetti”. L’elezione è stata ratificata dal rinnovato consiglio direttivo della camera penale, aderente all’Ucpi, composto dagli avvocati Gaetano Apicella, Giuseppe Bartolo, Giuseppe Chirillo, Marilisa Lombardo, Letizia Mazzà, Antonio Nocera, Giuseppe Oppedisano e Caterina Origlia. Il direttivo ha eletto alla carica di vice presidente l’avvocato Giuseppe Bartolo, di tesoriere l’avvocato Giuseppe Chirillo, di segretario

ROCCELLA JONICA

L’ex ministra Boschi torna nella Locride per parlare di pari opportunità ’ex ministro del Governo Renzi Maria L’incontro è LElena Boschi, ex Sottosegretaria del avvenuto lunedì Consiglio dei ministri durante il governo Gentiloni e Ministra per le riforme costimattina presso la tuzionali con delega alla pari opportunità il mandato di Matteo Renzi, redazione di durante lunedì mattina ha partecipato a un incon“Fimmina TV” ed è tro pubblico sul tema delle pari opportunità a Roccella Jonica, ospite dell’emitstato occasione di tente “Fimmina Tv”. In un momento in il Partito Democratico e la sinistra in far conoscere alla cui generale attraversano una grave crisi istiBoschi la manife- tuzionale, il confronto tra la Boschi e la collega Raffaella Rinaldis è stato anche stazione Roccella occasione per ascoltare la voce delle assodel territorio e discutere di quello Fitwalking. ciazioni che è stato fatto nei cinque anni dell’ese-

cutivo a trazione Partito Democratico. L’incontro ha avuto anche l’obiettivo di far conoscere i progetti attivati nell’ottica della promozione delle pari opportunità e di una maggiore e migliore occupabilità femminile sul territorio. A margine del confronto, poi, Fausto Certomà, in questi giorni impegnato nella promozione del 6º Roccella Fitwalking, che si svolgerà questo pomeriggio alle 18:30 (con partenza da Largo Rita Levi Montalcini), ha avuto la possibilità di spiegare all’ex ministra i volti sociali che animano l’iniziativa e l'attenzione che l'edizione di quest'anno dedicherà alla prevenzione dei tumori in particolare femminili.

l’avvocatessa Caterina Origlia. Il collegio dei probiviri è composto dagli avvocati Francesco Commisso, Antonio Sotira, Massimo Mazzaferro, Vincenzo Fiato e Antonio Femia. Delegati al prossimo congresso nazionale delle camere penali italiani gli avvocati Eugenio Minniti e Antonio Nocera. L’avvocatessa Adriana Bartolo è stata nominata presidente onorario della camera penale di Locri.

Raccolta degli ingombranti

“Locresi, dimostrate la vostra civiltà!”

L'abbandono o il deposito non autorizzato ed occasionale dei rifiuti sul suolo determina una tipologia di degrado ambientale di immediata percezione e riguarda qualsiasi tipo di materiale di scarto, domestico o speciale. In alcune aree il fenomeno dell'abbandono incontrollato e del conseguente accumulo dei rifiuti, si erge a vero pericolo per la salute dei Cittadini poiché intere aree si trasformano fattivamente in discariche abusive. Le stesse porzioni di suolo adiacenti ai cassonetti accolgono spesso conferimenti abusivi di rifiuti non soltanto domestici, ma anche di ingombranti quali materassi, divani, elettrodomestici inutilizzati. Se si vuole cambiare lo stato delle cose, l'educazione ed il senso civico di ciascuno di noi devono prendere il sopravvento nella quotidianità, perché un paese avrà raggiunto il

suo massimo grado di evoluzione quando non ci sarà bisogno di una legge che vieti un atteggiamento potenzialmente dannoso e pericoloso per l'ambiente e le persone, ma la partita della civiltà si giocherà senza arbitri né divieti imposti, lontano dagli incivili arroccamenti in fallaci individualismi e disconoscimenti del bene comune. C o n t e s t u a l m e n t e , l'Amministrazione, ha l'onere di fornire soluzioni responsabili ed efficaci, il più possibile funzionali ai bisogni ambientali e alle esigenze dei Cittadini. Una prima proposta che come assessore alle politiche ambientali della Città di Locri sento di dover dare parte da un'azione mirata di rispetto dell'Ambiente e di igiene urbana, un servizio pubblico essenziale in materia di sanità pubblica, rappresentato dalla pulizia del terri-

torio attraverso la raccolta itinerante dei rifiuti ingombranti e degli elettrodomestici che prenderà il via tutti i giorni, a partire dal 30 luglio 2018 sino al 29 settembre 2018, dalle ore 9.00 alle 12.00 e dalle ore14.00 alle 17.00. Il servizio è itinerante ed interamente gratuito per i Cittadini residenti (o comunque iscritti a ruolo tari presso il Comune di Locri) e prevede l'individuazione di 6 aree che fungeranno come punti di raccolta e di un calendario per i giorni nei quali si potrà effettuare il conferimento (Lunedì in C.da Moschetta Piazza San Cono; Martedì in C.da Merici fine Strada Provinciale; Mercoledì in Via Napoli Scuola Belvedere; Giovedì nel Prolungamento lato sud via Matteotti; Venerdì in C.da Basilea Isola Ecologica; Sabato in Via Benevento). La postazione ecologica itinerante

consiste nella messa a disposizione di personale ed attrezzature idonee che consentiranno ai Cittadini di smaltire, senza disagio alcuno, nel limite massimo di quattro pezzi, rifiuti di grandi dimensioni quali mobili e arredi vari, elettrodomestici, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rottami ferrosi di vario genere. Il senso civico di un popolo si misura dal rispetto che ciascuno riserva all'ambiente nel quale vive, vorrei per tale ragione - chiedere a tutti i miei concittadini di cercare sempre, nella bilancia tra un comodo ed individuale interesse privato da una parte ed un corretto, equo e superiore interesse pubblico dall'altra, di prediligere sempre l'equilibrio di una scelta che tuteli tutti. Raffaele Sainato



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Nel recuperato rifugio Carrà, a poca distanza dalle rovine del vecchio paese abbandonato di Africo che ancora si erge in un maestoso silenzio, lo scorso fine settimana si è tenuta "Gente in Aspromonte", la tre giorni voluta dalla Giunta Regionale per offrire una nuova narrazione della Calabria. Un confronto aperto tra scrittori, registi, giornalisti e gente comune, servito a cogliere percezioni, immagini, suoni di una realtà che sta cambiando.

Africo, terra da rinverdire per resistere alla barbarie

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Africo ci insegna che dobbiamo essere combattenti nelle “casematte” di un pensiero e di una storia che si scontra con l’attuale nichilismo e con la disumana indifferenza che dilagano e ci offendono.

i Africo vecchio restano soltanto i ruderi gelosamente custoditi nel grembo dell’Aspromonte. Ci parlano di una Calabria antica, misteriosa, a volte selvaggia o rassegnata, spesso ribelle. Vinta ma mai domata. Almeno fino a qualche anno fa, (oggi non ne sono più sicuro). Non è un caso che il governo regionale abbia scelto Africo vecchia per la “tre giorni” di discussione sulla necessità di una nuova narrazione per la Calabria. È stata una scelta coraggiosa, opportuna e importante. Alla discussione non hanno parlato solo i partecipanti perché, quasi per un miracolo della natura, in questa nostra Terra, anche gli alberi, la montagna, gli animali e i ruderi ne diventano protagonisti silenziosi. Ci sono gli scheletri delle case che gli africoti, due secoli fa, difesero con un tale eroismo da mettere in fuga la soldataglia francese che scorrazzava i nostri paesi, e sono ancora in piedi i resti della caserma che gli abitanti del paese assaltarono nel 1945 costringendo i carabinieri – proletari quanto loro – alla resa. Tra la falsa legalità e la rivolta, i cittadini di Africo scelsero la seconda. Fuorilegge per sete di giustizia! Una storia che non solo l’Italia ma la stessa Calabria – qualche volta – ignora. Tuttavia le pagine più importanti della loro storia, gli africoti, come tutti i calabresi, l’hanno scritta con il sudore e il lavoro. Non sarà stato facile costruire l’imponente Chiesa che svetta verso il cielo nel tentativo di dare pace a uno spirito sofferente e inquieto, così come non sarà stato agevole realizzare i frantoi, i sette mulini ad acqua, i palmenti per il vino, i muri a secco (armacede) che resistono al tempo e all’abbandono più del cemento armato. Montanari tenaci e intelligenti che, soprattutto nella creatività e nel lavoro, hanno dimostrato di cosa sono capaci. Lo hanno dimostrato ad Africo antica e successivamente come emigranti in mezzo mondo. Ho parlato di Africo perché è Calabria così come la Calabria è Africo e tutti insieme siamo parte dell’Europa Mediterranea al pari dei

greci, dei corsi, dei baschi, dei macedoni e degli altri popoli che si affacciano sul “nostro” mare. Terra di antica civiltà da rinverdire e rivendicare – oggi più che mai – per resistere all’attuale eruzione di selvaggia barbarie. Dovremmo capire che spesso la narrazione ha “un cuore antico”. Ovviamente non siamo migliori né peggiori degli altri! Se grandi sono stati i nostri pregi, altrettanto evidenti sono stati (e sono) i nostri difetti. Per esempio, siamo stati in silenzio quando Giorgio Bocca ci ha crocefisso nell’inferno, oppure dinanzi a bugiarde trasmissioni televisive che utilizzano la nostra presunta “barbarie” per aumentare l’audience, restiamo ancora muti - e per viltà - dinanzi alla più che discutibile narrazione di Gratteri. Ad Africo avremmo dovuto gridare (e in parte è stato fatto) la nostra orgogliosa normalità e contemporaneamente rivendicare il nostro carattere che non ci fa superiori ma diversi per storia e per cultura: “e quandu dimmi greci, ppe Diu, tremau lu mundu… e quandu sputu ntundu ancora trema”. Mi verrebbe da dire facciamo tremare questo “mondo ostile” che ci circonda, stracciando l’odiosa maschera che ci hanno cucito sul viso. E voi sapete bene qual è, da chi e, soprattutto, sapete il perché ci hanno cucito addosso questa maschera mendace. Gli intellettuali, gli artisti, i registi devono innanzitutto essere liberi. Liberi di scrivere, di raccontare, di dipingere, di comporre, di scegliere la postazione da occupare per il riscatto della Calabria. Liberi dai poteri impazziti e antipopolari che stanno devastando la nostra Terra. Liberi di mettere in discussione l’architettura verticale dei “Poteri”: iniziando da quello politico per finire a quello burocratico e giudiziario. Combattenti nelle “casematte” di un pensiero e di una storia che si scontra con l’attuale nichilismo e con la disumana indifferenza che dilagano e ci offendono. “Organici” solo alla Libertà, a un autentico progresso che non si esaurisce nei beni di consumo, ma tende al riscatto della Calabria e dei “Sud” del mondo. Ilario Ammendolia

Samurai aspromontani

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Alla fine non è stato importante cosa si sia detto ad Africo. L'importante è stato esserci, perché l'essere era un fatto. E chi ha pensato che venire ad Africo fosse un regalo per il paese si è sbagliato. È Africo che ha fatto un regalo alla Calabria.

padri aspromontani portano i propri figli sui bordi di orride falesie nei luoghi che possono sembrare spaventosi. Lo fanno per mesi, anni, leggendo nei loro occhi la paura per un destino che si annuncia infame. Quando la paura finisce nasce un aspromontano vero. I samurai aspromontani vivono e muoiono con un'idea che rappresenta il loro unico padrone: la libertà, che sono occhi per scoprire la bellezza che i più non vedranno mai. L'Aspromonte non è per tutti, dice qualcuno che viene dal mare, ma a forza di insistere lo spirito della montagna l’ha capito bene. Nell'Aspromonte di Africo c'è stata una tre giorni, dal 19 al 21 luglio, in cui sono passate centinaia di persone, un mondo variegato fatto di calabresi che stanno in Calabria rivivono fuori e che hanno accettato di venire in montagna per parlare di come la nostra Regione sia narrata. Giornalisti, scrittori, registi, attori. C'era la politica e tanta gente in cerca di qualcosa da amare. Cinquecento, seicento persone

in un venire e andare continuo, che l'argomento alla fine non è stato importante. Importante è stato il parlare: bello, meno bello, articolato, semplice, polemico, conciliante. Comunque utile per comprendere le tante anime calabresi, mosse da tutti i tipi di sentimento che albergano nell'uomo. Sì, alla fine non è stato importante cosa si sia detto. L'importante è stato esserci, perché l'essere era un fatto. Stare ad Africo è un fatto in sé. E chi ha pensato che venire ad Africo fosse un regalo per il paese si è sbagliato. È Africo che ha fatto un regalo alla Calabria, che le ha dato la possibilità di ritrovarsi sotto le querce di Carrà per narrare questa terra, non in modo diverso o nuovo, semplicemente per un racconto vero. Africo si è fatto dono. Forse non tutti lo hanno capito. Africo è un burrone davanti al quale per anni si è avuto paura, e che invece è come l'Aspromonte: un paradiso che ha bisogno degli occhi di un samurai per essere scoperto. Gioacchino Criaco


Mal d’Africo

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In quell’angolo di natura incontaminata, resistente alle comunicazioni senza fili, ho visto tra le piante il sorriso soddisfatto di Pasquino Crupi andare sottobraccio con Totò Delfino seguiti con paterno affetto da Corrado Alvaro che pensava meditabondo: “Ma Leonida quando arriva a guardare questo bel momento?”.

La notte di Africo

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Alla domanda: come stai? Lì in quella notte che le stelle formavano un vento africano, uno poteva rispondere come gli pareva: domani andiamo a guardare le capre, per esempio, oppure, hai proprio un bel paio di calzini colorati. Perché lì è un altro tipo di mondo.

vegliandomi come al solito alle tre di notte, io che non abito ad Africo, né nei suoi promontori, né verso la veduta del mare, mi sono sentito più forte, come un gigante che solleva una quercia. Ma cos’è? Mi sono chiesto mentre camminavo scalzo nel rifugio. Sentivo che un dio era entrato nei miei pensieri; ma anche nei cardini delle nocche, nella cartilagine del naso, un dio o un demone, che forse sono la stessa cosa, mi dissi, vista uno con l’occhio destro e l’altra con il sinistro. Perché quell’ebrezza notturna per quanto fosse splendente era anche tenebrosa. Una discesa senza paragoni, verso dove? Una discesa splendente. Valanga vuoi portarmi con te nella rovina? Non ricordavo le prime parole appena uscito all’aria della notte. Eppure avevo parlato, avevo detto qualcosa a qualcuno. A chi? C’era un leggero russare di maiali, e in fondo, su una collinetta, una sedia rivolta verso il bosco vuoto. Una specie di equazione del nulla. Forse parlavo a me, o al nulla che andava dietro agli alberi? La verità è che non ricordavo niente, se non il mio sorriso, il mio profilo mentre guardo le montagne da una finestra, i capelli che col riflesso diventano sempre più castani, una specie di singhiozzo che s’era impadronito della mia gola, la paura di non essere alto abbastanza, le mie caviglie, i polsi che non avrebbero retto un bicchiere d’acqua. Solo immagini da un punto sfocato. Questo ricordavo. Immagini e un silenzio che usciva dalla mia bocca. Ma più che silenzio, erano parole silenziose. Nel senso che stavo parlando da solo, e mi stavo dicendo qualcosa ma pianissimamente, e mi sembrava che quelle parole appena uscite dalla bocca subito diventassero aria, pulviscolo, ombra, terra che si batte d’estate, fumo. Niente. Per questo non rispondevo, non potevo rispondere. Mi facevo domande senza risposte. Non c’erano risposte di fronte a quella notte. Dondolavo la sedia e fumavo. Avevo fatto un caffè alla macchinetta espresso.

Guardavo l’albero e pensavo che erano le tre di notte. Lo dicevo a me stesso. Mi dicevo: sono le tre di notte, e forse sorridevo, e alle mie parole facevo seguire dei segni con la testa. Quei segni interlocutori che possono essere scambiati per qualsiasi risposta. E se vogliamo dirla bene, qualsiasi risposta era la risposta giusta. Alla domanda: come stai? Lì in quella notte che le stelle formavano un vento africano, uno poteva rispondere come gli pareva: domani andiamo a guardare le capre, per esempio, oppure, hai proprio un bel paio di calzini colorati. Perché è un altro tipo di mondo. È quel mondo che rimane dov’è. Alle tre di una notte che non passa, almeno finché rimani sveglio, perché appena ti addormenti ti vola sopra e scompare senza un amen. Silenziosamente come un animale notturno. Un predatore che non si fa scrupoli, uno che ha duemila diottrie. Proprio così. Per questo anche io volevo svanire ad Africo. Giuseppe Aloe

opo colazione, per tre giorni indimenticabili, si stava a parlare, sotto la grande quercia del rifugio Carra, giornalisti, cineasti e scrittori di buona prosa, cullati dal ronzare delle mosche e dai rumori di cucina che preparavano ragù di capra e felici polpette. Dalle finestre socchiuse guardavo maiali neri, vacche demonizzate, cavallini da western e giovani africoti dalle sembianze greche e “qualche cosa di astratto si impossessava di me” rubando parole e ispirazioni al maestro Battiato. Per tre giorni e molte ore, e con l’andare lento delle nostre contrade da valicare con viaggiare esperenziale, sentivo parlare con animo passionale, segnando preziosi appunti. Con le sedie sedute a raggio, pantaloni e canottiere, il caldo che faceva in quei tre giorni di luglio scompariva, dando benessere alla mente e ai sensi, e rinascevo nell’orgoglio della mia calabresità più interiore, fortificando il mio agire, ripetendo come un mantra: “Dobbiamo prendere il nostro destino in mano”. In quell’angolo di natura incontaminata, resistente alle comunicazioni senza fili, ho visto tra le piante il sorriso soddisfatto di Pasquino Crupi andare sottobraccio con Totò Delfino seguiti con paterno affetto da Corrado Alvaro che pensava meditabondo: “Ma Leonida quando arriva a guardare questo bel momento?”. Io erano anni che non mi ritrovavo chiamato dalle istituzioni politiche a mettermi a confronto su un tema nobile su quale sia la miglior grammatica e sintassi per narrare le nostre Calabrie nella loro vera essenza di luogo. Sì, è stato un piacere stare insieme tra simili per mestiere, fosse anche solo per criticare. Non è mancata qualche lamentazione e qualche piagnisteo, ma ci siamo riconosciuti. Io Africo l’avevo scoperta dalle pagine del libro di Stajano innamorandomi di Rocco Palamara e già sognando di far di quella storia un western alla Tepepa. Poi Totò, figlio di Massaro Peppe e il professore Pasquino, mi portarono a bere vino dal colore del mar Jonio sulla fiumara e ad ascoltare i versi di poeti di strada della grecanica Bova. E già da allora, con i miei giornali e questi amici felici, diventai anch’io gente d’Aspromonte. Per questo mi sono trovato pronto alla chiamata. E ringrazio Gioacchino Criaco per essere stato scout di questa esperienza in cui le anime nere e prave sono diventate, grazie all’aria di Africo, comunità separata dalla tanta merda che ci circonda. Ho visto giovani registi calabri raccontare la loro opera finalmente riconosciuta da qualcuno, e per questo incamminarsi assieme verso Africo Vecchio, esploratori della nuova strada. La Calabria di governo e quella creativa che si prendono per mano può essere rivoluzionario. Tra i versanti della poesia abbiamo rivisto l’Utopia come già accadde a Tommaso da Stilo e a Bernardino l’innovatore. Ha detto alla fine l’assessore regionale alla cultura calabrese, Maria Francesca Corigliano: “Ci siamo ascoltati, ci siamo guardati, con alcuni ci siamo riconosciuti, con altri semplicemente incontrati. È stato importante”. Uomini e donne a discutere, di libri, di cinema e giornali. Ecco perché sono tornato dall’Aspromonte con il mal d’Africo. So per certo che non ne guarirò facilmente. Paride Leporace


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Africo forever “A

Lotta di popolo e rapporti tra le genti di Calabria, è il film che vorrei fare in questo momento Vorrei raccontare la Calabria di mio padre, la sua battaglia per poter continuare a essere quel ragazzo snello e nasuto che attraversava le strade polverose della sua Calabria.

frico Simu d'Africo. Ecco questo è l'urlo che quattro bambini fanno dall'alto di una rupe prima di tuffarsi nella pozza d'acqua, che i loro corpi magri e scattanti infrangeranno per inabissarsi nella superfice gelida. Simu d'Africo è il loro grido di battaglia. È l'urlo di piacere che li accompagna, quando inerpicandosi faticosamente sulla cima più alta dell'Aspromonte, riescono a vedere nelle giornate limpide il mare lontano e irraggiungibile. Africo è il loro mondo, il solo mondo che conoscono. Siamo negli anni Cinquanta e tra Africo e la marina, la civiltà, ci sono sei ore di cammino e nessuna strada. La possibilità di avere una strada è anche la battaglia che avverrà tra gli abitanti di Africo, il resto del territorio e il governo centrale. Lotta di popolo insomma e rapporti tra le genti di Calabria, è il film che vorrei fare in questo momento tratto dal bel libro di Pietro Criaco, Via dall'Aspromonte. Vorrei raccontare la Calabria di mio padre, la

sua battaglia per poter continuare a essere quel ragazzo snello e nasuto che attraversava le strade polverose della sua Calabria, a cavallo di una moto Guzzi, con il vento in faccia a caccia di pane per la sua numerosa famiglia. La conquista della civiltà, il lavoro al Nord, è stato la fine per lui del sogno e la fine della felicità, la perdita dell'Eden, l'Inferno dell'industrializzazione come sola possibilità di sopravvivenza. Africo è ancora questo per me l'ultimo avamposto di quello che eravamo, dell'eden perduto, di quella civiltà avanzata e ricca di possibilità per tutti i suoi abitanti che poteva essere la Calabria tutta. Un luogo per pochi, per quelli che sanno apprezzare e salvaguardare la natura, il silenzio, la vita semplice, i rapporti diretti e rispettosi, il lavoro utile e necessario. Che sanno apprezzare la solitudine e vivere in pace con gli altri. Per me Africo è la nuova capitale della Repubblica Libera di Calabria. Simu d'Africo è la mia parola d'ordine per il futuro.

Mimmo Calopresti

IN BREVE La Calabria va vista come oggetto di un amore possibile da restituire non ai calabresi ma al mondo, come terra di pensiero, di azione, terra di uomini e donne onesti e capaci che vanno incontrati con sguardo libero. Questo vale ancora di più per Africo, terra di malaffare e oblio per i più semplicistici luoghi comuni.

Facciamo in modo che Africo non sia solo una bella parentesi

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Protagonisti e non vittime della storia, contribuenti delle idee e non detentori della verità assoluta, questo dovrà essere il nuovo approccio affinché "Gente in Aspromonte" non rimanga un'utopica speranza.

a Calabria è terra di contraddizione e di selvagge eccellenze, di capacità inespresse e di qualità sconosciute. Lo è ancora di più Africo, terra di malaffare e oblio per i più semplicistici luoghi comuni, che il presidente della Giunta regionale, Mario Oliverio, ha voluto rendere location ideale per discutere di una nuova e positiva narrazione della nostra regione insieme a scrittori, narratori, giornalisti, intellettuali, registi. Lo abbiamo fatto all'ombra di grandi querce, a poche centinaia di metri dai ruderi del paese vecchio, testimoni della furia della natura e di un tempo ormai passato, ma mai perduto. Una nuova narrazione che sappia mettere insieme le risorse, le eccellenze, le competenze e le doti naturali per farle diventare finalmente rete e condivisione. Protagonisti e non vittime della storia, contribuenti delle idee e non detentori della verità assoluta, questo dovrà essere il nuovo approccio affinché "Gente in Aspromonte" non rimanga un'utopica speranza. Il nostro compito è quello di

facilitare e sostenere questo processo, il vostro quello di non sentirvi estranei. Coinvolgetevi in questa opportunità, mettete il vostro sapere al servizio di una buona idea di Calabria. Insieme a Gioacchino Criaco, intellettuale di fama mondiale a cui sono da riconoscere doti di rara umiltà, sento di ringraziare i ragazzi dell’associazione INSIEME PER AFRICO per aver dimostrato quanto questi luoghi abbiano voglia di cambiare, di crescere, di riprendere in mano il loro passato con dignità e onestà. Giovani che hanno sete di normalità e di fiducia, ma soprattutto hanno forza per combattere al meglio la battaglia della crescita culturale. Abbiamo la responsabilità di creare le condizioni affinché le loro braccia alzate possano avere l'occasione di toccare l'equità sociale e imparare a coglierne i frutti, solo a quel punto possiamo pretendere da loro il massimo sforzo. Altrimenti, “Gente in Aspromonte” sarà stata solo una bella parentesi e la nostra coscienza, apparentemente pulita, sarà nera come la notte. Sebi Romeo


Durante una felice chiacchierata tra amici è stato proposto all’unanimità di realizzare ad Africo Vecchio un monumento in onore di Pasquino Crupi.

Africo, come la Calabria, non è per tutti

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Vogliamo che finisca la truffa della Calabria raccontata da gente che non è calabrese e non vive la Calabria, ma anzi parte dal proprio eremo con un copione già scritto dove non c’è traccia della nostra anima.

Quel fantasma benefico di Pasquino e l’utero della Pidocchia di Pollichieni

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... poi una sagoma, dall’altra parte, verso Campusa City. Pasqunino stava lì a spiare se il suo posto era stato ceduto ai vecchi traditori che, all’uso egizio, continuano a calare i nostri paesi nelle tenebre.

inalmente Paolo lo chef e Lele il maître si concessero un po’ di sonno all’una di notte. Io e Rosario, ancor più noto come Mondadori, eravamo lì, isolati da tutto il resto, sotto la luce calda dell’ostello a mille metri d’altezza sopra lo Jonio. Solo i moscerini si piastravano: il loro arrosto nel vetro incandescente della vecchia lampadina era l’unico rumore al mondo. A quell’ora la valle di Africo Antica, tra il Fronte dei Maremmani di Bova e i becchi di Choiro, era un capolavoro che non mostrava nient’altro, se non un aereo per Singapore che alle cinque del mattino avrebbe fatto tappa su Doha, in Quatar, e che si confondeva con un miliardo di stelle che arrivano fino al punto G dei lecci. Poco oltre, nell’avamposto di Carrà, il sonno di Pasquale e del maestro era appena stato disturbato dai campanelli delle Podoliche. Erano vacche meticcie, da non confondere con quelle sacre tanto care a un seppiato Paolo Pollichieni che come uno spermatozoo magro, con la sua relazione del sabato in “Gente d’Aspromonte” ha continuato, senza tre-

gua, maturo com’è, nella ricerca dell’utero della Pidocchia, ancor più nota come la ‘ndrangheta tra i pungiuti e le maschere di Stato. E comunque, le Podoliche con andamento lento avanzarono sulla gettata di cemento, tra i vecchi focolari a schiera e le cucine a due fuochi. Poi una sagoma, dall’altra parte, verso Campusa City. Era la sagoma senza contorni di un narratore unico, del più grande oratore del pianeta. Pasqunino stava lì a spiare se il suo posto era stato ceduto ai vecchi traditori che, all’uso egizio, continuano a calare i nostri paesi nelle tenebre, come se la salvezza dei calabresi fosse sottoterra. Il suo spolverino verde lambiva il terreno. Camminava spedito e sembrava non toccare terra lungo la sterrata marcata da grosse ruote di fuoristrada e dagli scarponi di runner analcolici, dissacratori di stoiche bevute. Pasquino si sistemò il cappello sulla prima ruga della fronte di parecchi anni tondi tondi. Quell’età non era amara per uno che aveva vagato su e giù per la letteratura meridionale come nessun altro; addirittura più saporita della giovinezza. Ercole Macrì

nche io sono stato ad Africo. Ho perso la prima giornata, ma sono riuscito a vivere le due successive. Appena arrivato sulle montagne ho sentito l’Aspromonte entrarmi nelle vene, la pace della montagna ha pervaso tutto il

mio essere. Dopo essere stato in compagnia dei tanti amici presenti, verso le due di notte siamo andati a letto, lì dove tutti hanno mangiato, noi abbiamo dormito. Ma la montagna mi pulsava nelle tempie, ho provato a prendere sonno, forse ho pure dormito ma alle 5 avevo gli occhi aperti e mille idee che mi giravano in testa. Quando ho dormito forse ho sognato un raduno di giornalisti europei e americani venuti per scoprire questa terra e il motivo che ha cambiato la narrazione di questi posti. In questo sogno era chiaro il messaggio: mi dispiace per questa generazione di intellettuali, ma noi, che siamo la generazione successiva, vogliamo e dobbiamo aprirci al mondo, non dobbiamo essere gelosi della nostra grandezza, vogliamo vincere la nostra guerra. Vogliamo che finisca la truffa della Calabria raccontata da gente che non è calabrese e non vive la Calabria, ma anzi parte dal proprio eremo con un copione già scritto dove non c’è traccia della nostra anima. Africo deve essere un “esperimento cultura” che cambi il modo di vedere la Calabria, ma questo può avvenire solo se si riesce a vedere quello che ancora non c’è, se si riesce a vedere la Calabria del 2050. Purtroppo o per fortuna si è sempre sbagliato il modo di vendere la nostra Regione, basta citare l’esempio dell’agroalimentare dove si è puntato a vendere in modo normale prodotti che sono eccezionali. Detto questo, dobbiamo prendere coscienza, e farla prendere alla nostra gente, che la Calabria e Africo non sono per tutti. Mi spingo su un terreno difficile, lo so, ma la bellezza della nostra terra non è comprensibile da tutti. Solo chi possiede un intelletto platonico, un’umiltà fuori dal comune e un animo elevato può capire e apprezzare questi luoghi. Solo chi riesce ad immaginare cose fuori dal comune può godere di un cielo stellato vero come quello di Africo. Io penso a un percorso dove l’eccezionale sono le personalità della nostra terra che hanno dentro la storia millenaria, che fa sì che in questa terra siano nati geni. La genialità è il nostro prodotto. La vicinanza all’olimpo deve essere la merce da vendere. Avere in questa terra due scrittori del calibro di Criaco e Gangemi, dopo che nel periodo precedente abbiamo avuto Corrado Alvaro, Saverio Strati, Francesco Perri e Mario La Cava oltre a Saverio Montalto, a Leonide Rapaci a Walter Pedullà e al grande Pasquino Crupi. Questo benessere intellettuale dobbiamo vendere, la fabbrica della cultura dei prossimi anni investe oramai su questi prodotti, in alcune zone devono ingegnarsi per costruire e inventare una realtà che non c’è. Dobbiamo far capire che gente che non ha nel proprio sangue la storia dei nostri paesi, di Zaleuco e Campanella, l’unicità delle Cattolica di Stilo e di Pietra Cappa, non ha le nostre stesse origini, fa fatica ad apprezzare questo paradiso. Del resto noi dobbiamo convivere con la Ndrangheta che rappresenta un vero è proprio castigo del signore ed è forse il prezzo che si paga ad avere tante bellezze e tante ricchezze.

Rosario Vladimir Condarcuri


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Siderno, con i Comitati di Quartiere non sarà più fantapolitica

Il 14 ottobre a Siderno si voterà per la costituzione dei Comitati di Quartiere. La città è stata suddivisa in 10 frazioni, ciascuna delle quali avrà al suo interno una "mini-amministrazione"

"Un altro impegno assunto con i cittadini di Siderno al momento della discesa in campo della squadra che ha appoggiato l’elezione del sindaco Pietro Fuda sta per essere raggiunto. Il 14 ottobre si terrà la consultazione per la costituzione dei Comitati di Quartiere". Ad annunciarlo Ercole Macrì, assessore alla Cultura, al Turismo e ai Rapporti con i Comitati di Quartiere. Saranno chiamati a votare e potranno essere eletti i residenti del quartiere che abbiano compiuto i 16 anni di età, i cittadini dell'Unione Europea e i cittadini extracomunitari che regolarmente vivono nel quartiere. Inoltre, possono chiedere di essere iscritti nell'elenco degli elettori e possono candidarsi anche i cittadini non residenti nel Comune, che nel quartiere hanno la sede principale della loro attività imprenditoriale e professionale (la richiesta di iscrizione nelle liste elettorali del quartiere dovrà essere presentata entro il 10 settembre). Le candidature dovranno pervenire entro e non oltre le 13:30 del 14 settembre 2018. Con l'istituzione dei comitati di quartiere, la città di Siderno è stata suddivisa in ambiti territoriali che daranno vita a 10 quartieri, ciascuno dei quali avrà al suo interno una "mini-amministrazione" con 11 membri nei quartieri fino a 2.500 abitanti e 13 in quelli con oltre 2.500. Allo stato attuale i futuri comitati di quartiere sono i seguenti: n°1 “Donisi”, la contrada più popolata della città; n°2 "Mirto, Pantaleo, Ferraro e Campo Superiore", n°3 "Lamia e Pantanizzi", n°4 "Vennerello e Trigoni," n°5 "Garino e Dromo Sud", n° 6 "Siderno Superiore e contrada Salvi", n° 7 "Zammariti, Campo Inferiore e

S.Leo", n°8 "Pellegrina, Sbarre e Randazzo", n° 9 "zona sud del Centro, Torrente Garino e Via dei Colli", n° 10 "zona nord del Centro2, Via dei Colli, Torrente Lordo". "Con i Comitati di Quartiere ci proponiamo di rafforzare il filo del rapporto tra amministrazione e i cittadini - prosegue Ercole Macrì. - In tanti chiedono luoghi e tempi per parlare, sfogarsi, ascoltare, essere informati. In altre parole vedersi riconosciuti. Il coinvolgimento dei cittadini dal basso è la chiave per potere concretamente risolvere i problemi che ogni quartiere vive quotidianamente". "La politica riparte dalla spazio sotto casa, dalle persone che conosciamo - dichiara Giuseppe Oppedisano, consigliere comunale e segretario politico di Fattore Comune. - L’istituzione dei Comitati di Quartiere, da una parte, consente a noi amministratori di conoscere le problematiche e le necessità di ogni area della città - informazioni che solo chi vive e lavora in quell'area specifica può fornire in maniera dettagliata - dall'altra, di garantire la partecipazione e il protagonismo dei cittadini residenti in ogni quartiere. Donne e uomini senza tessera, disinteressati ai simboli di appartenenza politica ma animati da passione civica potranno dar voce alle loro esigenze e problematiche. E tra loro anche i giovani: abbiamo scelto di abbassare l'età degli elettori a 16 anni perchè solo se si è aperti alla freschezza delle idee si può auspicare un vero cambiamento". "I comitati di quartiere - conclude Oppedisano - offriranno l'occasione per favorire una profonda e proficua partecipazione. Perchè o si cambia pelle dal basso o è tutta fantapolitica.” mgc

Postumi di una società senza politica… In politica contano i fatti e continuare a dire parole sbagliate ce ne fa sentire di più la mancanza (dei fatti… e anche delle belle parole). Ascoltavamo l’altra sera Gioacchino Criaco, alla presentazione del suo ultimo libro, dire una battuta simpatica all'intervistatrice “a uno di Africo non chiedere mai di denunciare, chiedigli di resistere, di mettersi a cambiare con forza le cose (la “rivoluzione”)”. Ci deve essere un equilibrio tra la tutela delle ragioni collettive e le azioni individuali degli eletti. Le uniche riunioni affollate oggi sono quelle dove ti scagli contro qualcuno. E ce n'è motivo, l'Ospedale fatto a pezzi, la Statale ancora peggio, il Lavoro sempre assente e così via… Ma poniamoci anche una domanda fondamentale: in che rapporto stanno quelli che si debbono occupare dei problemi, gli enti intermedi, i cittadini? I cittadini non sono una cosa a sé, hanno

votato per gli onorevoli parlamentari e consiglieri regionali e per i sindaci (che di frequente organizzano convegni e conferenze stampa insieme) e, quindi, debbono farsi ascoltare ma, soprattutto, ascoltare da loro cosa stanno facendo… Per l’Ospedale, la Statale, il Lavoro e così via… Non dobbiamo solo denunciare, questo intendiamo, ma resistere e metterci a cambiare con forza le cose (Africo dixit). La discussione sull'immigrazione non la potremo risolvere solo pensando di contenerla, ma contribuendo a non generarla (le politiche fatte in Africa e per l'Africa). La giovane dei centri sociali mi dice che non è la stessa storia quella del suo amico gay picchiato da militanti di Casa Pound e quella della vetrina del “ricco” commerciante (ah… il capitalismo…) distrutta dai suoi compagni. Vero, se non fosse che quel commerciante non si era ancora

ripreso dai debiti per la precedente ristrutturazione del negozio. Lasciamo da parte le ideologie che incitano pure alla violenza. Badiamo ai fatti (e alle parole): 1) Funzionano le rappresentanze che abbiamo, quelle che rimangono passive e sino alla… estinzione del proprio partito, quelle nuove a tutti i costi anche se incompetenti? Postilla: fare carriera oggi nel Partito Democratico o in Forza Italia significa farla in due “sepolcri vuoti”, scrive Veneziani, farla con i nuovi vincitori raccomanderebbe intanto di leggere e studiare. 2) Non un “sì” o un “no” alle infrastrutture (il Ministro Toninelli, 5S, No Tav, dovrà vedersela con gli imprenditori del nord dell’alleato leghista sulle grandi opere stradali di quelle regioni), ma completamento della 106 e riqualificazione delle

Trasversali, oppure vogliamo rimanere ancora isolati in Calabria e nella Locride? 3) Quali nuovi spazi di agibilità democratica si aprono con la lotta alla mafia e alla criminalità organizzata, e ci riferiamo alla gestione e all’autogestione delle Assemblee elettive e agli Esecutivi, a prescindere dall'azione della Magistratura? 4) Le diseguaglianze, sancite dal lavoro che manca… I progetti immediati per trovarlo, il lavoro, li facciamo? I servizi li lasciamo regredire ancora? Gli esempi positivi rivalutano la politica, non ci fermiamo solo alle miserie che osserviamo, piuttosto replichiamo i modelli positivi che esistono. Così ci si è regolati nelle fasi delle grandi ricostruzioni. Franco Crinò

Depurazione: peccar di pensieri, parole, opere e omissioni Fine giugno e primi di luglio, si risvegliano le sirene della depurazione; metà luglio-metà agosto, è argomento da ombrellone; seconda metà di agosto–prima metà di giugno prossimo, l’oblio. Le procure archiviano gli specchietti per le allodole, i sindaci pensano ad altro, i cittadini tra social e teleromanzi annacquano le giornate e annacano il pecoro. Il mare è sporco? Il mare è pulito? Anche se il mare è sporco, è balneabile per legge. I parametri che si tengono in considerazione sono solo di tipo microbiologico e si limitano a due: escherichia coli ed enterococchi intestinali. L’escherichia è una delle specie principali di batteri che vivono nella parte inferiore dell'intestino di animali a sangue caldo (uccelli e mammiferi, incluso l'uomo). Sono necessari per la digestione corretta del cibo. Gli enterococchi tendono a sopravvivere più a lungo nell’acqua rispetto a E. coli o ai coliformi termotolleranti; inoltre, sono più resistenti all’essiccamento e alla disinfezione con cloro. Le Direttive 2006/7/CE e 2000/60/CE ci impongono di classificare le acque di balneazione secondo la scala di qualità “scarsa, sufficiente, buona, eccellente” esclusivamente per la

presenza di escherichia e/o enterococchi, ogni altro inquinante non viene tenuto in considerazione. Nei giorni scorsi la comparsa di mucillagini ha allarmato le popolazioni ma le analisi hanno dimostrato che non sono dannose per l’uomo. Vero. Quel che non è vero è che si tratti di un fenomeno che non sarebbe legato a ciò che si scarica nel mare. Le alghe agiscono in natura come i topi, maggiore è la quantità di cibo, più frequente è la moltiplicazione della specie. Può anche darsi che sia vero, e non è vero, che in questo periodo i depuratori funzionano alla perfezione e che nulla viene scaricato in mare. Ma dalla seconda metà di agosto alla prima metà di giugno? Un sistema di depurazione studiato per non funzionare con mega impianti situati a monte e le stazioni di sollevamento sistemate quasi sulla battigia le cui pompe si bloccano ad ogni mareggiata con una bolletta elettrica per il pompaggio che ha valori molto significativi. La Regione, dall’epoca del commissariamento ad oggi, ha speso oltre un miliardo e duecento milioni ed esiste un contenzioso per oltre ottocento milioni che sommano due miliardi di euro, e per molti mesi i depuratori sono intasati

dalle acque meteoriche che sono convogliate insieme ai reflui fognari. Quando piove, tutto a mare… pardon, alle fiumare. E meno male che esse agiscono come il sistema linfatico perché depurano moltissimo. Sono stati chiusi i piccoli depuratori per realizzare grandi impianti che sono costati molto per la costruzione e costano moltissimo per la manutenzione. Fin qui i peccati sono stati in pensieri (progetti), parole (propaganda), e opere (i cantieri) ma le omissioni sono seguite a ruota: negare che il sistema è sbagliato e continuare a elargire annualmente milioni di euro per ritocchi che producono solo clientele ma non portano a soluzione nessun problema, perché ormai la depurazione funziona da bancomat per la politica e per le imprese. E i cittadini? Tranquilli. Il mare è sporco? No, il mare è pulito per legge. Alla Regione quando sentono parlare di fitodepurazione si girano dall’altra parte: costa poco e funziona, quindi addio peccati e addio peccatori ma, soprattutto, niente da confessare. Arturo Rocca


Redazionale

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Torneo Open Femminile: il fiore all'occhiello per il Tennis Club Siderno e la Città L’edizione 2018 del Torneo Open Femminile “Coppa Città di Siderno”, che si terrà presso il Tennis Club Siderno Lungomare dal 28 Luglio al 5 Agosto ha tutti i contenuti per essere considerato il torneo femminile piu importante della Calabria. Stefano Cataldo direttore sportivo del TC Siderno ci spiega come negli ultimi 4 anni il direttivo del Circolo è riuscito a fare diventare così prestigioso questo torneo: “Siamo riusciti a cooperare con le imprese del territorio attraverso una politica di relazioni che ci consentono ad oggi di organizzare al meglio questo evento sportivo. Per capire quanto importante sia questo torneo dal punto di vista della competizione basta guardare l’elenco delle atlete ufficialmente iscritte a pochi giorni dall’inizio del toreno: Corinna Dentoni, plurivincitrice dello scudetto italiano di tennis nel campionato a squadre con il Tennis Club Prato, e la talentuosa juniores Fabrizia Cambria campionessa regionale del Circolo del tennis e vela Messina. Sono circa 35 le tenniste provenienti da tutta Italia e iscritte a partecipare. Circa 20 di seconda categoria che militano nei campionati di serie A e B italiani e il resto di terza e quarta categoria nelle serie inferiori. La Sicilia si distingue per numero di iscrizioni mentre le tenniste calabresi che partecipano alla manifestazione sono circa 10 e appartengono al Circolo Polimeni di Reggio Calabria, Club Tennis Rende e Garden Locri”. Nella colonna a fianco la entry list ad oggi:

IL MONTEPREMI

Il montepremi è di euro 2.500. Si gioca con palle wilson sul campo centrale del Lungomare di Siderno Orari: dalle 8 alle 10.00 allenamenti, a seguire gli incontri fino a sera. Probabile la programmazione della partita in notturna per lo spettacolo sul Lungomare. Sono previsti due tabelloni uno per le terza e quarta categoria con le vincenti che entreranno a far parte del tabellone finale. Il Giudice arbitro sarà Stefano Cataldo mentre il Direttore del torneo è Francesco Fuda. La finale sarà teletrasmessa in diretta via satellite attraverso la piattaforma di un’importante emittente calabrese. L’imponente macchina organizzativa prevede l’ospitalità presso l’Hotel President e il Residence Sideroni. La trasportation da e per gli aereporti, campi di allenamento e alloggi è curata dalla Full Travel di Pino Canzonieri. Tra gli sponsor principali si evidenzia la presenza di Banca Mediolanum. Completano la lista altre 40 aziende locali. Quest’evento è considerato un banco di prova per la qualità dei servizi sportivi offerti dal Tennis club Siderno ma anche per gli operatori turistici locali. Il Comune di Siderno, la Provincia di Reggio Calabria e la Regione sostengono questo grande evento sportivo che assicurerà belle emozioni per tutti i turisti e gli appassionati di tennis.

ROSSETTI MATILDE 3.3 TAORMINA SPORTING CLUB ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA GALLODORO MARIA FRANCESCA 3.3 TAORMINA SPORTING CLUB ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA LA PORTA PAOLA 3.3 CUS CATANIA ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA BRUNO SOFIA 2.6 AS DILETTANTISTICA CIRCOLO TENNIS ROCCO POLIMENI NAPOLITANO VERONICA 2.4 CIRCOLO DEL TENNIS PALERMO ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA BERNARDI FRANCESCA 2.4 CIRCOLO DEL TENNIS PALERMO ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA FABBRI CAMILLA 2.4 ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA CIRCOLO TENNIS MARINO CASALBONI GUGNALI ELISA 2.4 ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA CIRCOLO TENNIS MARINO CASALBONI GUGNALI SERENA 2.5 ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA CIRCOLO TENNIS MARINO CASALBONI LO PUM MARTINA 2.6 ASS. SPORTIVA DILETTANTISTICA LE ROCCETTE MANCUSO LARA 3.1 ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA TENNIS CLUB MATCH-BALL SIRACUSA RAO MARTINA 3.1 AS DILETTANTISTICA TENNIS CLUB RENDE RAO ALESSIA 2.8 AS DILETTANTISTICA TENNIS CLUB RENDE PORZIO GIULIA 2.6 TENNIS CLUB NAPOLI AS DILETTANTISTICA BARBARO INDIA 3.1 AS DILETTANTISTICA CIRCOLO TENNIS ROCCO POLIMENI TURCO ELENA 4.2 AS DILETTANTISTICA TENNIS CLUB RENDE ARAGOSA ANTONIA 2.6 AS DILETTANTISTICA TENNIS CLUB CASERTA BRUNO CLAUDIA 3.4 AS DILETTANTISTICA TENNIS CLUB RENDE DENTONI CORINNA 2.1 ASS.SPORT.DILETT. CIRCOLO TENNIS SIENA ORLANDO NOEMI 4.1 AT DILETTANTISTICA GARDEN TENNIS CLUB 'GIULIO RICCIO’ ORLANDO LUDOVICA 4.4 AT DILETTANTISTICA GARDEN TENNIS CLUB 'GIULIO RICCIO’ CAPOGRECO ROSITA 4.2 AT DILETTANTISTICA GARDEN TENNIS CLUB 'GIULIO RICCIO’ PALLONE GIORGIA 3.5 AT DILETTANTISTICA CIRCOLO TENNIS GIOIA 1974 CAVO CLARA 4.6 AT DILETTANTISTICA GARDEN TENNIS CLUB 'GIULIO RICCIO' MECCICO LARA 2.2 SOCIETA' SPORTIVA DILETTANTISTICA FERRATELLA SRL FORCISI MARTINA 2.7 ASS. SPOR. DILETTANTISTICA T.C. MATCH BALL MASCALUCIA SOTTILE GIULIA 3.3 CIRCOLO DEL TENNIS E DELLA VELA ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA LA CAVA ANTONELLA 2.6 AS DILETTANTISTICA TENNIS CLUB 2002 CAMBRIA FABRIZIA 2.8 CIRCOLO DEL TENNIS E DELLA VELA ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA VIGLIANISI ALICE 2.6 CUS CATANIA ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA PINO ANDREINA 2.7 CIRCOLO TENNIS DEGLI ULIVI SOCIETA' COOPERATIVA SPORTIVA DILETTANTISTICA PATERNO’ GIULIA MARIA 2.7 CUS CATANIA ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA ANDRISANI MARIACRISTINA 3.1 A.S.DILETTANTISTICA CIRCOLO TENNIS MATERA LICITRA ALLEGRA SOFIA 3.2 GREEN CLUB MODICA A.S. DILETTANTISTICA DI BATTISTA ELENA 2.7 COUNTRY TIME CLUB PALERMO ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA




29 LUGLIO - 14

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rubriche www.larivieraonline.com

CALABRESE PER CASO

Aspettando Godot…al Sud

on vorrei iniziare la settimana con un commento pretenzioso al punto tale da suscitare qualche pensiero sull’intenzione di dimostrare ciò che non sono: uno snob. Tuttavia credo che qualche piccola provocazione sia sempre utile, per smuovere un pensiero a volte un po’ pigro o, magari, disattento o finanche ripetitivo nelle sue litanie. Non è che vorrei trascinare la questione del Sud sul piano dell’assurdo, tipico di un movimento teatrale cui Samuel Beckett ne fu buona espressione. Ma l’aspettare Godot, foss’anche inteso come l’andare e l’aspettare nella sua invenzione semantica, probabilmente riporta l’immaginario su ciò che è e su ciò che non è. Su ciò che ha un senso o su quanto il non senso delle cose si dipana man mano sulle nostre teste convinti, come siamo, di dare significato a momenti della vita quotidiana senza assumere la consapevolezza della loro aleatorietà. Direi di essere molto lontano dal rivedere personaggi come l’Estragone o il Vladimiro beckettiani, ma sono convinto che il nostro ancorare speranze e interessi verso il Mezzogiorno a iniziative spot o alla

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lungimiranza di una politica del presunto fare sia ancora una volta un limite. Non si tratta solo di cultura del Sud, di politica o di economia. Si tratta della percezione errata del perché qualcuno dovrebbe fare qualcosa per noi. Ora, senza andare molto lontano, e forse fissando i nostri ricordi sul pensiero di chi aveva una idea chiara del nostro futuro, potremmo dire che alla fine quella distinzione tra disoccupazione congiunturale, che colpisce il modello produttivo del Nord, e disoccupazione strutturale, che è tipica del nostro Sud, sia quasi rimasta immutata. Certo, potremmo chiederci quanto potrà durare una congiuntura per quella parte più produttiva del Nord che oggi stenta a riprendere il largo, vittima com’è delle scelte di delocalizzazione degli anni passati. Ma è anche vero che strutturalmente la disoccupazione per noi si è trasformata in una sorta di patologia cronica. Credere nella panacea di una politica meridionalistica non ritengo sia una strada percorribile con buoni frutti. In fondo al tavolo del Paese ognuno ha conti da presentare e in pochi sarebbero disponibili a scendere a compromessi, per quanto sostenibili, in nome di uno sviluppo equo e solidale. La verità rimane purtroppo sempre la

stessa. Noi consumiamo più di quanta ricchezza siamo capaci a produrre. Il vero rischio che si corre, rimanendo in attesa di qualcuno che pensi a noi, è che alla fine la nostra tipica apatia dell’attesa senza tempo ci condurrà verso una sempre maggiore marginalità. Una periferia dorata per chi potrà contare su redditi sostenuti a vario titolo, almeno sino a che non se ne esauriranno le fonti. Meno per altri destinati ad andare oltre, ovvero ad abbandonare la Calabria. D’altra parte, abbiamo cercato di crearci un protagonismo imitando le logiche politiche di altre esperienze, adattandole a una visione limitata al nostro lento procedere. Ma non ci siamo resi conto, e non lo facciamo ancora oggi, che qualunque progetto economico, ogni ambito produttivo così come ogni processo di formazione, necessitano di una onesta visione di insieme e di una intima conoscenza che, pur essendo figlia del passato, chiede ogni giorno di guardarsi allo specchio, magari tra una kermesse letteraria e l’altra, avvicinando anche poesia e gastronomia, o preparandosi a presentare il solito premio estivo per eccellenze senza anima e senza progetti. Giuseppe Romeo

L’opinione

La Reggina calcio, l’integrazione che non c’è e il “Sarmoriglio” Un intoppo sopravvenuto e poco chiaro impedirà alla Reggina calcio di svolgere la seconda parte del ritiro nello stadio comunale “Corrado Alvaro” di San Luca, ubicato in via Santa Venere, sull’argine del torrente che dopo gli interventi di scolmatura non dovrebbe fare più paura. Un’idea del presidente del Parco nazionale dell’Aspromonte, Giuseppe Bombino, sposata dall’onorevole Francesco Cannizzaro, volta a garantire quell’integrazione sociale che ai ragazzi del paese di Alvaro secondo qualcuno manca. Come avrebbero garantito un simile progetto sociale non lo abbiamo ancora capito, visto che la Reggina a San Luca avrebbe svolto soltanto gli allenamenti, in quanto non ci sono strutture ricettive capaci di ospitare simili avvenimenti e l’albergo più vicino dista almeno tredici chilometri. Piuttosto, il Parco perché non si preoccupa invece d’impegnare più fondi di quelli disponibili sul territorio di San Luca in funzione del fatto che è il paese che più di tutti ha dato in termini di territorio e poco ha invece ricevuto in cambio giacché il grosso dei fondi, da quando il parco è stato istituito, lo ha invece destinato altrove, su territori molto più piccoli per estensione ecc… E a San Luca, cambia o meno la gestione della mega struttura, sono state destinate soltanto le briciole e i vincoli che non hanno mai permesso al Parco di godere anche della fiducia dei cittadini, più una struttura, una porta d’accesso allestita nell’ex Casa Fera, nella quale sono state chiamate a operare diverse unità lavorative ma nessuna, guarda caso, è di San Luca, mentre l’ex casa di via Chiesa, comprata molti anni fa per realizzare un Centro sulla letteratura meridio-

nale da far gestire dalla Fondazione Alvaro, è diventata una discarica a cielo aperto sotto lo sguardo incuriosito ma anche scocciato dei numerosi cittadini che visitano il Pese vecchio e di conseguenza la casa del grande scrittore ubicata a un tiro di schioppo e i resti del famoso portale che faceva da ingresso alla potente famiglia dei Mezzatesta, protagonista del racconto più famoso dello scrittore di San Luca: “Gente in Aspromonte”. Cartoline che con l’integrazione sociale non hanno nessuna attinenza che rischiano di peggiorare una situazione che a questo punto – e stiamo parlando del Parco – non è più sostenibile, perché ottomila e passa metri di superficie messa sotto vetro per dare il là a una scatola vuota, meriterebbero una maggiore e più qualificata considerazione. Una considerazione che, purtroppo, fa pugni con tutti i vincoli e i limiti imposti, compreso quello sulla raccolta dell’origano selvatico che se viene a mancare sulla tavola dei calabresi, darà meno gusto e meno sapore alle nostre interminabili e irrinunciabili insalate estive a base di pomodori. Sarmoriglio1 a parte.. Con grave danno per quella che comunemente viene chiamata alimentazione mediterranea ed è una dieta dalla quale non si può prescindere se si vuole tenere lontano il colesterolo e tanti altri malanni vari… * Per sarmoriglio s’intende una miscela fatta con olio sale, pepe aglio e origano selvatico, da utilizzare per ammorbidire la carne di capra o la canonica fetta di carne, per non dire il pane caldo fatto in casa. Antonio Strangio


GIUDIZIARIA

I legami “criminali” tra la Calabria e il Canada

CONVERSANDO

Vino "Lamezia", l'essenza stessa del Mediterraneo Nell'area della Piana di Sant'Eufemia, alle falde meridionali del massiccio del Reventino, dove la coltivazione ha origini antichissime (risalenti addirittura ai Fenici), le estati calde e assolate favoriscono la produzione di vini che si distinguono per una spiccata personalità e un deciso carattere varietale. Seconda sola a Cirò come territorio intensamente vitato, l'area di produzione della denominazione di origine controllata “Lamezia” si estende su nove comuni della provincia di Catanzaro: Curinga, Falerna, Feroleto Antico, Gizzeria, Francavilla Angitola, Maida, Pianopoli, Lamezia Terme, S. Pietro a Maida. U n paesaggio modellato da filari di Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Greco Bianco, Greco Nero, Gaglioppo, Magliocco e Marsigliana Nera che generano vini nelle tipologie di bianco, rosso, rosso riserva, novello, rosato, passito, spumante, spumante rosato, Greco, Greco nero, Gaglioppo, Mantonico. Il classico della DOC è il vino Lamezia Greco, vitigno specchio della cultura e dell'essenza stessa del Mediterraneo, più adatto a sopportare il clima estivo particolarmente torrido di questa zona. Questo vino è un grande narratore e se lo sappiamo ascoltare, nel bicchiere (ma non solo), ci racconterà tante storie legate ai paesi da cui proviene, all’attenzione verso la tradizione, al rispetto del tempo, all’amore per il territorio, agli usi e alle abitudini della gente che in quei luoghi dimora o ci è vissuta in passato e che a quel nettare e a quelle terre è annodata. Esprimerà in purezza il suo forte carattere varietale tramite l'invincibile dote di mineralità. Colorerà il bicchiere di giallo paglierino scarico con lievi riflessi verdolini. Nel guardaroba della memoria olfattiva riesumerà note di glicine, albicocca matura, agrumi, fiori d'acacia e mela golden, insieme a sentori di pesca bianca e nespola dando la sensazione della fioritura e della vita al mio cervello ammorbidito e fertile. L'assaggio sarà fresco e armonico, con numerosi rimandi fruttati e un preciso finale sapido e delicatamente fruttato. Cogliandro Sonia

I BRIGANTI

FRUTTI DIMENTICATI

Pedi Curti di Russèllina di Benestare PIRUS COMMUNIS L. FAMIGLIA ROSACEE

Nell’autunno del 1977, per il terzo anno consecutivo avevo organizzato l’aratura di terreni incolti a Ferruzzano di emigrati in Australia, Stati Uniti, Canada e Argentina per seminarvi fave precoci e piselli. Avevo scelto i terreni esposti a est e a mezzogiorno non lontani dal mare e avevo programmato la semina di circa 35 ettari da destinare alle fave e cinque per i piselli e avrei potuto portare avanti il lavoro in collaborazione con il mio amico Antonio Bonazza di Monasterace, che oltre a lavorare alle poste si dedicava con passione ai lavori agricoli, però poi coinvolsi alcuni ragazzi disoccupati con l’intento segreto di sensibilizzarli politicamente, orientandoli verso il PCI, in cui militavo. Insegnavo lettere nella Scuola Media di Benestare e seppe della mia attività agricola extrascolastica Rosario (Roscio) Marta di Benestare, militante del PCI, che venne a trovarmi in quanto, secondo il suo punto di vista, bisognava organizzare i ragazzi in cooperativa agricola e nel caso ci fosse stata una buona annata avremmo commercializzato fave e piselli tramite la Lega delle Cooperative. Bisogna premettere che l’anno precedente con i miei collaboratori adulti ero entrato sul mercato con le fave coltivate in campo aperto, già alla fine di febbraio, prima dei cooperatori di Vittoria in Sicilia che producevano in serre. Aderimmo all’A.I.C.A. e comprammo una trattrice gommata di 55 cavalli con spandiconcime e gruppo irrorante e ci preparammo alla commercializzazione di circa 4000 quintali, secondo la nostra previsione. Avevamo speso 9 milioni per la coltivazione dei campi e la semina e già a novembre ebbi una proposta di vendita sul campo da parte di commercianti di Sant’Eufemia d’Aspromonte, che ci avrebbero pagato le fave sui campi 25 milioni e avremmo guadagnato senza rischi circa 16 milioni, però Rosario convinse i ragazzi a non vendere e decisero di lavorare per conto proprio le fave e i piselli, contro il mio parere. Avviammo regolarmente con tanto di contratto le lavoratrici e con discorsi beneauguranti cominciammo a lavorare ai primi di marzo, constatando che con noi coglievano circa un quintale di fave al giorno, con paga sindacale, mentre da qualche vicino con salario minore, quando ci lasciavano per qualche giorno, rendevano il doppio. In aggiunta a partire dalla metà di novembre non piovve più e già il 13 di dicembre osservammo i Catamisi (le previsioni per tutti i mesi dell’anno, cominciando dal 13 che corrispondeva a gennaio, il 14 a febbraio, il 15 a marzo, il 16 ad aprile ecc.) e interpretammo che avrebbe piovuto solo a ottobre dell’anno successivo. In aggiunta consultammo una persona anziana che si era alzato all’aurora il primo di agosto per verificare quali sarebbero stati i venti prevalenti per tutto l’anno a venire e appurammo con costernazione che l’alito di vento “jatàva” (ossia spirava) da ponente. Infatti all’aurora del primo di agosto, ai primi chiarori, si butta in aria della polvere e si ottengono le previsioni atmosferiche per tutto l’anno: se la polvere vola da ponente a levante, quindi alito da ponente, ci sarà per l’anno a venire siccità e leggere piogge, se l’alito di vento spira da tramontana, ci sarà freddo, poca neve e scarse piogge, se invece spira da greco ossia da est-

Uomini, fate un regalo utile una volta tanto!

nord-est, ci sarà pioggia abbondante, freddo e neve fino al mare, se spirano frammisti a scirocco (sud-est), levante (est) e greco, ci sarà il finimondo: acqua per mesi, con conseguenti alluvioni (“quandu si mentanu sciroccu, grecu e levanti, stancanu Ddiu e tutti i santi”). Addirittura si può fare la previsione sulla propria sopravvivenza per l’anno a venire e mettendosi con le spalle al punto dove sta per sorgere il sole si guarda la proiezione della propria ombra (lillìa), che se non avrà testa, la morte avverrà con sicurezza nell’anno che verrà. E già nella terza decade di marzo le piante seccarono e fummo capaci di raccogliere solo 1350 quintali di fave fresche e di conseguenza incassammo 37 milioni di lire che bastarono solamente per le spese, ma ciò determinò il fallimento dell’operazione progettata da me e svendemmo inoltre la macchina agricola con circa duecento ore di lavoro. Molto prima della semina, in pieno luglio, mi ero recato a trovare Rosario Marta a Benestare per concordare le quantità di semi da comprare dalla ditta Scaravatti di Arezzo, ma era andato dai suoi genitori in contrada Russèllina, per cui vi andai a cercarlo e arrivando nei pressi della scuola elementare vidi pendere sulla strada i frutti di un pero dai colori stupefacenti. Essi crescevano a grappoli di 6-7 elementi e notai che erano di un rosso intenso nella parte della pianta più lungamente esposta al sole, di un colore più sfumato, quasi roseo o addirittura tendente al giallo chiaro nella parte più ombreggiata; calcolai che potessero misurare 3,5 cm sia nel diametro che nella lunghezza. Il peduncolo risultava molto corto, mentre nella parte attorno a esso, per quasi la metà, il frutto era bianco o di un giallo molto tenue. Non ebbi modo di assaggiarle e non le cancellai mai dalla memoria; qualche volta d’estate vi ritornai, ma forse nel periodo sbagliato perché non rividi mai più quelle piccole pere. Il giorno 21 luglio del corrente anno mi sono recato al mercato di Bovalino per trovare Franco Bruno, che su raccomandazione di Natalino Zuccalà dovrebbe cercare di identificare l’unica pianta di pero esistente ormai, della varietà Mangia e Mbivi, che esisterebbe in contrata Potito del comune di Ardore, dato che la sua, in contrada Notaro era stata danneggiata fortemente da un incendio. L’ho trovato e mi ha detto che forse quella pianta non esiste più e mi ha fatto dono di tre pere della varietà Pappalo e tre della varietà Piru Pumu. Prima di trovarlo ho notato su un banco di un fruttivendolo delle piccole pere bellissime che mi ricordavano quelle viste più di quarant’anni prima in contrada Russèllina del comune di Benestare e il signore che le vendeva, Alvaro Cosimo di Ardore, ma residente a Bovalino, mi ha informato che si trattava delle Pedi Curte di Benestare che egli aveva colto nel campo di un suo amico, Antonio Zappia, ubicato proprio in contrada Russèllina nel comune di Benestare, quasi sicuramente dalla pianta ammirata da me tanto tempo addietro. Ho voluto prima fotografarle nella collocazione adeguata e per esse sono andato alla ricerca di un roccia d’arenaria cosparsa di licheni e solo dopo che le ho riprese, ho osato assaggiare una; il sapore era delicato, la polpa soda, ma non croccante e leggermente aromatica. Orlando Sculli

Oggi vi voglio parlare di una cosa che esiste da molti anni, ma che poche donne conoscono, forse per pigrizia, forse per paura, forse per cattiva informazione a riguardo: sto parlando della coppetta mestruale. Perché ne parlo in un articolo di giornale? Perché ogni volta che esco sull’argomento scorgo sempre occhi “sbiglicati” soprattutto da parte di donne, che si vergognano a parlarne. E questo è inammissibile. Ma perché tu, donna, ti vergogni se ti dico che questa coppetta mestruale la compri una volta e ti dura 10 anni, e ti devi scordare gli assorbenti esterni/interni per sempre? È stato calcolato che ogni donna con un ciclo nella media, nell’arco di 40 anni usa quasi 10.000 assorbenti, che in euro fa più o meno 2.500 . E non sarebbe bello poter usare questi soldi per farci una bella vacanza? Per non parlare della comodità: la inserisci il primo giorno del ciclo, ogni 8-12 ore la sciacqui in acqua fredda e la reinserisci, e così via fino al quinto giorno. Facile, veloce e ultra igieni-

L'esistenza in Canada di una radicata struttura criminale di matrice 'ndranghetista è stata già accertata nell'ambito di pregresse inchieste denominate Siderno Group (1992), Bene Comune, Recupero (2008) e Crimine (2010), confermate anche in successive sentenze. I legami “criminali” con il Canada, per come emerge dalle superiori indagini coordinate dalla Dda reggina, costituiscono una realtà documentata nella tradizione della 'ndrangheta. L'origine del cd. Siderno Group of Crime risale ai primi anni '50 ed è dovuta alla volontà di alcuni importanti esponenti di cosa nostra newyorkese ma di origine calabrese (in particolare, Costello e Anastasia, rispettivamente, capi delle famiglie mafiose Genovese e Gambino) di saldare gli interessi criminali della mafia italiana in tutto il continente nord americano, per la gestione comune del traffico di stupefacenti, delle estorsioni e del gioco d'azzardo. Sin dalle prime manifestazioni in Canada della criminalità di matrice mafiosa, nelle città metropolitane di Toronto e Montreal, divenne operativa una complessa organizzazione criminale di tipo mafioso, composta da più cellule che racchiudevano gruppi o famiglie, in parte di origine calabrese e in parte di origine siciliana. Leader indiscusso dì tale organizzazione era, all'epoca, Vito Rizzuto che, in virtù dei suoi legami con la potente famiglia mafiosa di cosa nostra newyorkese dei “Bonanno” con quella siciliana dei “Cuntrera-Caruana”, aveva creato, una struttura mafiosa ben radicata, collegata con quella di Toronto e con l'Italia. Lo sviluppo delle attività criminali e l'evoluzione strategica della 'ndrangheta calabrese hanno modificato progressivamente gli equilibri anche in Canada, laddove gli interessi della tradizionale mafia siciliana sono stati gradualmente ridimensionati dal profondo radicamento e dalla successiva, prorompente espansione delle cosche calabresi, di cui anche le attuali vicende investigative rappresentano una plastica rappresentazione. Tuttora, il termine "Siderno Group of Crime" viene utilizzato per indicare le famiglie mafiose di origine calabrese, provenienti da Siderno che, pur agendo in contesti lontani geograficamente dalla Calabria, sono saldamente legate da vincoli di sangue dalla cosca-madre, radicata nell' area di Siderno. In Canada, in particolare, esiste da tempo una struttura fortemente radicata nel territorio, composta da un notevole numero di sodali che ha saputo riprodurre, anche in quella nazione il modello funzionale della ’ndrangheta calabrese. Esistono almeno nove "locali", tutti rappresentati, a livello centrale e di coordinamento, dal "Crimine" di Toronto, dislocati prevalentemente nello stato dell'Ontario, ove si trova la cittadina di Thunder Bay, centro nevralgico degli interessi criminali del sodalizio. Come già emerso nelle menzionate inchieste, che hanno dischiuso definitivamente le relazioni tra le consorterie della 'ndrangheta all'estero, esistono tradizionalmente strutture che rispondono rigidamente al "Crimine" di Reggio Calabria, attraverso propri rappresentanti che fanno la spola tra l'Italia e il Canada, per gestire i rapporti, pianificare gli affari illeciti ed appianare eventuali controversie, per come accertato, in particolare, dagli esiti di una serie di indagini eseguite dagli investigatori della Polizia, della Direzione Centrale Anticrimine Servizio Centrale Operativo, e della Squadra Mobile della Questura di Reggio Calabria. Altro segmento di interesse, ritenuto particolarmente remunerativo, è quello del reimpiego del denaro illecitamente conseguito nell' acquisto di esercizi commerciali (bar e ristoranti) sia nel centro di Toronto, quanto nell'area metropolitana di Woodbridge, da qualche tempo definita come il nuovo quartiere italiano. Seguendo un modello criminale cristallizzato nelle regole originarie della ’ndrangheta calabrese, ogni famiglia sarebbe rappresentata da un Capo o da un suo Vice all'interno di una Commissione, responsabile per la gestione dei principali affari dei consociati e garante per il rispetto dei reciproci accordi.

co. E soprattutto di notte “passa u schiantu!” perché è affidabilissima. Però shhh! che non se ne può parlare ad alta voce… che schifo! Vero? Vi fa schifo parlare del vostro ciclo doloroso: vi comunico che grazie alla coppetta i dolori sono ridotti, ed è solo un fattore psicologico, perché avere la coppetta vuol dire scordarsi di avere il ciclo. A me infatti capita di scordarmi questa meravigliosa coppetta. Bisognerebbe fare una statua a chi ha inventato questo gioiello, che è soprattutto ecologico: immaginate quanti assorbenti in meno andrebbero a finire nella spazzatura? Beh io ci tengo, e ora posso sicuramente affermare che grazie a me il mondo è un poco più pulito. E se lo facessero tutte le donne? Wow! Sarebbe grandioso. Allora uomini, non vi vergognate, fate un regalo ben accetto: donne e natura ringrazieranno. A Siderno la potete trovare nelle farmacie. Brigantessa Serena Iannopollo


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attualità

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Il deputato Francesco Cannizzaro ha presentato ai cittadini di Locri la relazione stilata dal Ministero della Salute sulle condizioni in cui versa l’Ospedale di Locri. Il documento, che si limita a elencare problemi già noti a cittadini e operatori del settore, può essere comunque inteso come punto di partenza di un nuovo capitolo della lotta per il diritto alla salute, che potrebbe risentire di nuovi improvvidi interventi da parte della Regione Calabria…

L’ospedale di Locri riparte dalla relazione del Ministero

Vedere scritte nero su bianco le difficoltà dell’Ospedale di Locri rappresenta il raggiungimento di un traguardo non scontato. Una cosa è che a elencarle sia il sindaco di turno, altra è che lo dica il Ministero.

unedì pomeriggio, nella sala consigliare del Comune di Locri, il Deputato di Forza Italia Francesco Cannizzaro ha presentato alla cittadinanza la relazione frutto della visita condotta dagli ispettori del Ministero della Salute presso l’Ospedale nel dicembre dello scorso anno. Come ricordato da Cannizzaro alla stampa, l’ispezione è frutto dei solleciti che la politica locale ha rivolto all’ex Ministro della Salute Beatrice Lorenzin e mette una volta per tutte nero su bianco quanto a più riprese denunciato dagli operatori del settore, dalla cittadinanza e dai sindaci del nostro comprensorio. Anche il sindaco Giovanni Calabrese, ripercorrendo l’iter che ha condotto al confronto con la Lorenzin e alla visita ispettiva, ha voluto sottolineare che l’assemblea di questa settimana è da considerarsi figlia della manifestazione per la sanità risalente all’ormai lontano ottobre 2015, di cui la relazione ministeriale rappresenta l’ideale punto di arrivo. Sia chiaro, il documento redatto dagli ispettori del

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Ministero, dal quale ci si aspettava qualcosa in più di una scarna presentazione delle risapute criticità del nosocomio locrese, non rappresenta certo la panacea di tutti i mali della sanità locale né garantisce che gli stessi vengano affrontati di petto dal Ministero, ma può essere comunque interpretato come la solida base sulla quale costruire un nuovo capitolo della battaglia per la salute. «Vedere scritte nero su bianco le difficoltà dell’Ospedale di Locri - ha dichiarato infatti Cannizzaro, - rappresenta il raggiungimento di un traguardo non scontato. Questi problemi, infatti, risulteranno essere cosa nota ai politici, ai cittadini e agli operatori del settore, ma che siano certificati da ispettori del Ministero della Salute è legalmente cosa ben diversa dal sentirli elencare durante una protesta dal sindaco Calabrese». Ciò che viene certificato nelle sette pagine (tabelle escluse) di relazione ministeriale è una drammatica carenza di personale e posti letto, un inspiegabile blocco dei concorsi di assunzione e il rifiuto di giovani medici di accettare posti a tempo indeterminato in seno alla struttura. L’effetto di questa situazione è una generale sfiducia nei confronti delle capacità dell’ospedale di fare fronte ai problemi di salute della cittadinanza, sempre più convinta che il nosocomio di Locri sia un luogo in cui si va a morire e per questo determinata a rivolgersi a strutture extra regionali anche per casi in cui non servono cure specialistiche. Per quanto affermato nella relazione ministeriale, infatti, gli accessi al Pronto Soccorso di Locri nel 2016 sono stati poco più di 27mila, un dato lontanissimo dai 45mila attesi per un Dipartimento d’emergenza che serve un’area vasta come la nostra e che, sommato a quello degli altri reparti, provoca all’ASP reggina un danno economico di circa 330 milioni. Attenzione però a non puntare il dito esclusivamente sulla mala gestione di Giacomo Brancati e Massimo Scura. Infatti, se in due anni e mezzo di manifestazioni, tavoli tecnici e confronti politici svoltisi dalla fatidica manifestazione del 2015 a oggi non è stata risolta nessuna delle criticità denunciate all’interno dei reparti dell’Ospedale di Locri, una buona fetta di responsabilità, è stato dichiarato, sarebbe da imputare alla politica regionale. A corroborare la tesi esposta da Cannizzaro ci sarebbe anzitutto l’immobilismo del Presidente Mario Oliverio che, nel novembre dello scorso anno, aveva promesso che si sarebbe incatenato davanti

Bisogna agire in fretta, perché l’insistenza con cui si parla di nuovo ospedale della Piana e di nuovo Ospedale Metropolitano fa sorgere il sospetto che si voglia penalizzare ancora una volta la Locride per dare il via a questi progetti.

a Palazzo Chigi pur di far riconoscere ai calabresi il diritto alla salute fino ad oggi negato, e persino l’iter necessario a far arrivare nella Locride la relazione stessa, parcheggiata per mesi alla Cittadella Regionale prima dell’attivazione di Cannizzaro. Ad aggravare le condizioni dell’ospedale si aggiungerebbe il rapporto schizofrenico che la Regione Calabria ha intrattenuto con Brancati e Scura, prima appoggiati, poi condannati per le scelte effettuate, tra cui quella di non prevedere nuovi posti letto per la nostra struttura a differenza di quanto fatto con ospedali che servono meno utenza in provincia di Catanzaro, oltre alle difficoltà nella gestione della burocrazia. Proprio a causa degli intoppi esperiti dalla Regione Calabria, infatti, si starebbe per perdere un finanziamento di circa 14,5 milioni utili alla ristrutturazione dell’intera struttura ospedaliera di Locri, che saranno revocati dallo Stato qualora, entro il 31 dicembre 2018, non siano stati ancora aggiudicati i lavori (ma attualmente mancherebbe persino il via libera per stilare il progetto). Appurato che nessuno ha la bacchetta magica, Cannizzaro ha garantito che l’attenzione nei confronti del nostro ospedale è massima, tanto più che l’affaticamento della struttura locrese, unitamente a quello sofferto da Polistena, sta mettendo in difficoltà anche il nosocomio di Reggio Calabria ingenerando una situazione che impedisce a medici e infermieri di lavorare serenamente. Come ricordato dal consigliere comunale Marco Cavaleri, il modo di rendere efficace questa nuova fase della battaglia per la sanità è partire dal presupposto che l’ospedale non è di Locri, ma della Locride, e che salvaguardarne lo stato di salute significa lottare per garantire il diritto alla salute di tutti i cittadini dell’area metropolitana reggina. Ci si impegni fin da subito, ha affermato invece nel proprio intervento Pietro Crinò, nella risoluzione immediata di almeno tre macroproblemi: il blocco dei concorsi, l’impiego delle risorse statali e la manutenzione dei macchinari a disposizione delle strutture pubbliche. Punti di partenza interessanti, ma semplici gocce nel mare dei problemi da risolvere, sviscerati in tutte le loro sfaccettature nell’ambito dei numerosi interventi programmati dinanzi a una platea folta, attenta, (nella quale avremmo voluto veder militare molti giovani in più!) alla quale sarebbe stato giusto dare qualche risposta più concreta. La situazione, infatti, impone di trovare una soluzione in tempi brevi, soprattutto in virtù di un’agghiacciante timore espresso da Calabrese: «Considerata l’insistenza con cui si parla in questi giorni di nuovo ospedale della Piana e di nuovo Grande Ospedale Metropolitano - ha infatti affermato con amarezza il primo cittadino, - mi sorge il sospetto che si voglia penalizzare ancora una volta la Locride per dare il via a questi progetti. E non possiamo accettare di venire trattati per l’ennesima volta come cittadini di serie B». Jacopo Giuca



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iMPRESE GiovAnili

Si fuma ma non sballa: la marijuana legale di “Erba di Calabria” l’azienda agricola di Ettore Torchiaro e Gianpaolo loise è nata nel 2017. nei loro terreni coltivano le migliori varietà di canapa light, la canapa legale che non fa “viaggiare” ma rilassare, e soprattutto evita l’angoscia di essere colti in flagrante.

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO Il loro obiettivo è aiutare le persone che ogni giorno sono sottoposte “ai fattori stressanti di una società globalizzata e frenetica”. Ettore Torchiaro e Gianpaolo Loise, entrambi cosentini, hanno deciso di destinare 40 ettari di terreno alla coltivazione della canapa light, ovvero la canapa legale. Prodotta secondo la legge 242/2016, la canapa light, grazie al basso contenuto in Thc (0,6% contro il 20% delle più potenti erbe illegali) non fa “sballare”, e per via della presenza di un’altra sostanza, il cannabidiolo (o Cbd), induce uno stato di rilassamento. Una nuova frontiera che in questi anni ha attratto centinaia di migliaia di italiani: secondo Coldiretti il giro d’affari stimato è di oltre 40 milioni di euro, e si sviluppa sia nei negozi veri e propri, sia su internet. In soli 5 anni, in Italia, i terreni coltivati a canapa (per vari usi, non solo per la versione “light”) sono aumentati di 10 volte, passando dai 400 ettari del 2013 ai quasi 4.000 sti-

mati per il 2018. Fiutando questo nuovo business, Ettore e Gianpaolo hanno dato alla loro azienda: Erba di Calabria. Perché avete puntato su un’azienda che produce erba? Qual è il vostro background in questo settore? Erba di Calabria è una realtà giovanissima, nata a Cosenza nel 2017. Fondata da me, Ettore Torchiaro, e Giampaolo Loise, amici di infanzia con una grande passione per la canapa. Abbiamo puntato molto sulle mie conoscenze di marketing e comunicazione, essendo addentrato nel settore da numerosi anni, e sulle conoscenze agrarie di Giampaolo, essendo imprenditore agricolo. Qual è stata la difficoltà maggiore che avete dovuto affrontare per aprire la vostra attività? La difficoltà più grande è stata, sicuramente, la burocrazia dello Stato Italiano. Ancora oggi non abbiamo una Legge che tuteli del tutto i produttori come noi e ciò fa sì che ci sia una sorta di insicurezza da parte dei consumatori. Una giornata tipo all’azienda Erba di Calabria?

“Gioiosani illustri 2018” assegnato alla pittrice Perla Panetta “Gioiosani Illustri 2018”, un appuntamento annuale organizzato dalla Pro Loco con il Patrocinio dell’Amministrazione Comunale di Gioiosa Jonica per premiare i personaggi che con la loro attività pubblica o privata elevano il “buon nome” del paese anche fuori dai confini regionali. Giunto alla nona edizione il premio, restituisce l’amore di appartenere a questo territorio, a questa Calabria dal “passato” importante rappresentato dalla storia e dalla cultura. “Gioiosani Illustri” che sarà conferito alla pittrice Perla Panetta, trova nell’Arte una particolare motivazione, ovvero l’occasione per dialogare tra persone che amano veramente il “sapere” conciliando punti di vista e interessi che a volte potrebbero sembrare contrapposti, ma questo, è un “merito” che la Pro Loco, vuole rendere a coloro che condividono gli stessi ideali e sentimenti di comunanza. Vuole essere questo, un premio rappresentativo che evidenzia l’eccellenza, la professionalità e che ha, malgrado le difficoltà, una sua invidiabile continuità. A Perla Panetta, figlia d’Arte che ha ereditato la nobile passione delle “muse”, l’intelligenza e la fine sensibilità, il plauso della Calabria tutta e di Gioiosa Jonica che si onora di averla come cittadina illustre. Oggi, domenica 29 luglio, alle ore 18:30 con un’importante cerimonia programmata nell’imponente edificio settecentesco di Palazzo “Amaduri” rinomato scrigno di cultura ed ex residenza nobiliare, la Pro Loco di Gioiosa Jonica e l’Amministrazione Comunale accoglieranno i cittadini “gioiosani” e i molti estimatori della pittrice calabrese nel confortevole “androne di corte” per una serata di grande prestigio e, per rivivere una donna straordinaria che in Calabria e nel mondo con il suo talento e la sua elevata professionalità, è riuscita a porsi come esempio d’impegno sociale anche per le generazioni future. Sarà la brillante e talentuosa Bruna Filippone, eccellente giornalista e sensibile scrittrice, a tracciare i lineamenti artistici e umani più rilevanti della pittrice “gioiosana”. Sarebbe impossibile raccontare tutta la vita artistica di Perla Panetta che sarà degnamente onorata dal suo paese, al quale anni fa, come “atto d’amore” la pittrice, ha donato alcuni importan-

A Staiti, una sera di luglio davanti al Palazzo Municipale

ti dipinti su tela esposti nella grande sala di Palazzo “Amaduri” intitolata, appunto “Sala Perla Panetta”. Durante la cerimonia di premiazione, il Club per l’UNESCO coglierà l’occasione per consegnare il premio speciale “Eccellenze calabresi anche fuori dai confini regionali” al Dott. Elia Diaco, angiologo calabrese di chiara fama a livello nazionale. In questi anni il Club per l’UNESCO ha voluto mettere in risalto i molti soggetti positivi della Calabria, premiando via, via, artisti, giornalisti, liberi professionisti, imprenditori e in particolare personaggi che onorano il buon nome di questa regione nel mondo. Filippo Todaro, apprezzato giornalista e scrittore, profondo intellettuale della cultura, esplorerà brevemente la carriera professionale del medico calabrese, esaltando l’aspetto umano che lo rende un personaggio stimato e apprezzato anche nel “fantastico mondo” dello spettacolo avendo avuto in cura molti personaggi famosi. Anche in quest’occasione il prestigioso premio assegnato al Dott. Elia Diaco è stato realizzato dalla notevole scultrice internazionale Mariella Costa che, come altri artisti importanti calabresi, è sempre disponibile attraverso opere scultoree o dipinti d’arte a realizzare premi molto ambiti.

Staiti, “il paese con il proscenio verso il mare”, venerdì 20 luglio, ha ospitato la cerimonia per l’intitolazione della piazza municipale alla memoria del primo sindaco dalla Liberazione, Saverio Monoriti (16/12/1896 – 23/02/1944), travolto e ucciso dal treno a Brancaleone, mentre si recava in Prefettura a Reggio Calabria per chiedere derrate alimentari per la comunità staitese, afflitta dalla carestia post bellica. Il sindaco, Giovanna Pellicanò, e il Presidente del Consiglio Comunale, Leone Campanella, supportati dalla Giunta e dai Consiglieri, si sono attivati per rendere merito. È stato un evento davvero toccante, in presenza di tutti gli eredi di Saverio Monoriti, accorsi emozionati da ogni dove per presenziare all’evento commemorativo del loro sfortunato, illustre congiunto, “che la vita sacrificò per il benessere della comunità staitese.” L’evento ha riunito lo storico borgo medievale di Staiti intorno all’amministrazione comunale, che per l’occasione ha completato la conoscenza storico-culturale intorno alla figura di Saverio Monoriti attraverso la presentazione del libro “La terra nel sole distesa sul mare” di Domenico Monoriti, figlio di Saverio, il Sindaco martire della libertà, della democrazia, della passione morale e civile che, per un crudele destino, amministrò il comune di Staiti soltanto per 168 giorni. Al dirigente scolastico e scrittore Domenico Monoriti, alla memoria, è stata conferita la “Cittadinanza onoraria”. Rosa Marrapodi, scrittrice e docente di materie letterarie, per la parte narrativa; Giuseppe Livoti, critico d’arte e giornalista pubblicista, per la parte attinente alle fantastiche tavole pittoriche dell’artista Fortunato Valenzise; Bruno Scaramozzino, docente, già Presidente della ProLoco di Staiti, per la conoscenza e l’amicizia personale con l’autore, hanno egregiamente curato la presentazione del citato libro. L’opera, edita da La Città del Sole, 2005, si articola in due momenti, dedicati al rione Sbarre di Reggio Calabria, dove l’autore ha trascorso l’infanzia, e a Staiti, “la montagna incantata”, per la cui rinascita, il padre, dopo la Liberazione, immolò la sua giovane vita. Alla bella, partecipata manifestazione sono intervenuti:

Io mi occupo, insieme ai miei collaboratori di gestire tutti i flussi di lavoro e i molteplici ordini che ogni giorno riceviamo, mentre Gianpaolo è dedito costantemente e quotidianamente al processo produttivo ovvero alla coltivazione della canapa. Sinceramente sono giornate piene, come si suol dire, ma al termine delle stesse, sai che stai provando a fare qualcosa per gli altri. Un grammo di canapa light costa più della canapa illegale. Quanto lavoro c’è dietro? I costi della Canapa Light rispetto a quelli della Canapa illegale sono maggiori poiché vi è molta attenzione verso il consumatore finale; noi mettiamo al primo posto la sicurezza dei nostri clienti, curiamo tutti i dettagli che siano essi inerenti la coltivazione, il confezionamento o la distribuzione. È questo un ambito dove ci siamo prefissati di non sbagliare e perciò curiamo tutto al meglio. Una delle numerose componenti chimiche presenti nella pianta della canapa è il cannabidiolo (CBD), quali sono le

Giuseppe Putortì, in rappresentanza del Prefetto della Provincia di Reggio Calabria, il quale si è soffermato sull’importanza dell’evento pienamente condiviso dai superiori organi istituzionali; Giuseppe Caridi, storico e Presidente della Deputazione di Storia Patria per la Calabria, che ha evidenziato il ruolo culturale che la toponomastica paesana riveste nella storia dei luoghi simbolo di patrie virtù. Tra le personalità presenti l’on. Saverio Zavettieri; il Direttore responsabile de “La Voce del Sud”, Saverio Zuccalà; autorità militari e religiose, tra cui il vicario zonale don Leone Stelitano, che ha benedetto la targa commemorativa bilingue (italiano e greco) dedicata a Saverio Monoriti, a cui l’Amministrazione comunale, alla memoria, ha conferito anche la “Civica Benemerenza”. L’evento è stato anche occasione per conferire la cittadinanza onoraria alla memoria, al compianto Domenico Monoriti. Il riconoscimento è stato consegnato al figlio Giovanni e al nipote Michelangelo, a cui è dedicato il libro, da Emilio Lucisano che ha testimoniato con un intervento intriso di emozione la fraterna amicizia che lo legava al compianto Domenico Monoriti. Nell’occasione è stato ricordato dalla testimonianza della figlia Alessandra Valenzise, anche il compianto Tito, in arte “Natus”, autore dei chiaroscuri presenti nel libro di Domenico Monoriti. Ha coordinato e moderato la serata, Giuseppe Cilione, giornalista de “Il Quotidiano del Sud”. Alla realizzazione dell’evento, allietato dalla presenza della storica banda musicale di Staiti, hanno collaborato la Pro Loco, il Circolo Culturale Greco-Delia, l’Associazione Culturale “Le Muse”, l’Associazione Culturale “La Voce del Sud”. “La storia (maggiore o minore che sia) va custodita e tutelata, ponendola al sicuro dall’erosione del tempo”: un plauso, dunque, al Comune di Staiti che si è adoperato a farlo nella giusta direzione. Rosa Marrapodi

Reggio: i reperti scoperti in piazza Garibaldi ricoperti di terra Dopo aver dato il via ai lavori per un parcheggio interrato in piazza Garibaldi, l’Amministrazione di Reggio si è trovata con una bella gatta da pelare: gli scavi hanno infatti condotto alla scoperta di alcuni beni archeologici, per valutare il valore dei quali sono stati chiamati degli esperti ma, dopo due anni di blocco, in queste settimane, sta venendo ricoperto tutto senza che ci sia stato né il recupero dei beni, né la realizzazione del parcheggio. E i cittadini pagano!


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sue proprietà? Il cosiddetto CBD è la sostanza “buona” della canapa. A differenza del THC non provoca gli effetti psicoattivi, ha effetti rilassanti, antiossidanti e antinfiammatori, favorisce il sonno, è distensivo contro il panico e l’ansia. Qual è il gioco delle aziende farmaceutiche per avere l’esclusiva sul CBD? Come si sa, all’interno di molti farmaci sono presenti cannabinoidi, finanche nei semplici farmaci per curare la cefalea, l’insonnia o i dolori mestruali, ma non sto qui a elencarli tutti... Si capisce da questi piccoli esempi che il giro di affari per le aziende farmaceutiche non è facilmente quantizzabile poiché si tratta di una grossa fetta di mercato e anche per questo magari non si riescono a trovare sbocchi adeguati a livello legislativo. La Cannabis di Erba di Calabria è destinata a un uso terapeutico o ricreativo? Né terapeutico né ricreativo… la legge ci vieta di venderla per uso umano… ma naturalmente la gente si sa che uso ne fa! Per la cannabis a uso terapeutico stiamo aspettando che il governo faccia chiarezza, perché attualmente l’Italia la compra in Olanda. E quindi a quale mercato è destinata? Noi la vendiamo come “uso tecnico” sperimentale o scientifico… la legge dice questo! Ma è una legge che si prende in giro da sola... Esatto. È - scusi il termine - una supercazzola! Rispetto a una qualsiasi altra azienda agricola, siete sottoposti a più controlli?

Sì, certo. Ma noi produciamo non solo canapa ma anche ortaggi. Comunque non appena piantato un nuovo campo, diamo subito comunicazione alla stazione dei carabinieri. Oltre noi, nella zona, ci sono almeno altri 10 coltivatori di canapa light. Chiaramente noi siamo i più forti, ad alcuni abbiamo fornito noi le piante e insieme costituiamo una sorta di filiera: ritiriamo il loro prodotto e lo immettiamo sul mercato con il nostro marchio. In tantissimi riconoscono che la marijuana prodotta in Calabria sia di una qualità superiore. Vale lo stesso per la Canapa light? Certamente, possiamo contare sul sole e su un microclima ideale per questa pianta. Il vostro cliente tipo? Over 30: non cerca “lo sballo” ma tutto il relax che può dare il CBD. Si parla da anni di regolamentazione del mercato; intanto, però, mancano regole anche elementari, come quella del divieto di vendita di cannabis light ai minori... Come dicevo prima, a livello legislativo, si prova da anni a regolamentare il mercato. Questo, però, sembra sempre più una chimera senza un Governo che creda realmente che la Canapa possa essere il volano per l’economia italiana, bistrattata ormai da tutta l’Europa. Di recente il Consiglio Superiore della Sanità ha raccomandato di vietare la vendita di cannabis light per un principio di precauzione e di tutela di consumatori

inconsapevoli. Non vi spaventa questa richiesta? Credo, in tutta sincerità, che qualsiasi cosa assunta in dosi eccessive faccia male. Una donna se durante la gravidanza continuasse a fumare non avrebbe effetti collaterali? Eppure può tranquillamente, senza nessuna ripercussione da parte delle forze dell’ordine, che per carità in Italia svolgono un lavoro eccezionale, acquistare le sigarette presso qualsiasi tabaccheria. Oppure potrebbe acquistare alcol presso un supermercato. Il buonsenso dei consumatori in questi casi è tutto! Cosa pensate della proposta del Ministro della famiglia e delle disabilità, Lorenzo Fontana, di avviare percorsi riabilitativi e lavori socialmente utili per gli utilizzatori di ogni tipo di sostanza? Su questa proposta ho un’idea abbastanza chiara: sarebbero disposti a inserire in questi percorsi i consumatori abituali di tabacco? La nicotina crea dipendenza, ma un fumatore forse non rientra in queste specifiche. Avreste potuto investire all’estero con una situazione politica più stabile e invece siete rimasti in Calabria. Perché? Certamente avremmo potuto investire all’estero, ma noi, Ettore e Gianpaolo, abbiamo deciso di investire qui in Italia, nella nostra terra, la Calabria, perché si può fare impresa anche in Italia e al Sud. Dobbiamo liberarci delle maldicenze che al Sud è impossibile fare impresa.

la storia di Padre Stefano De Fiores: una vita dedicata alla Madonna

tefano De Fiores, eccelso studioso e interprete della Mariologia, nasce a San Luca il 2 ottobre 1933. La sua vocazione lo porterà a diventare sacerdote nel 1959, ma vorrà celebrare la sua prima messa solo nel 1960, al suo paese natio. Grazie al libro di Fortunato Nocera, scrittore e amico fraterno di Padre Stefano, è possibile conoscere la vita e l’operato di quest’uomo che, fino agli ultimi giorni della sua vita, ha dimostrato di possedere sentimenti di misericordia, pietà e sensibilità verso il prossimo. Uomo di ingegno e studioso di grande spessore intellettuale, ha dato molto allo sviluppo e all’aggiornamento della riflessione mariologica; i suoi numerosi studi e libri attestano la sua passione per la persona, il ruolo e il significato della Madre di Gesù, che non interviene con le sue apparizioni solo per illuminare o ricordare verità che si trovano nel Vangelo, ma anche per approfondire il mistero di Dio, attraverso un’insondabile tenerezza materna e un amore compassionevole per il genere umano. I suoi libri sono stati tradotti in più lingue; è entrato a far parte della storica Associazione mariana francese; nel 1975 è diventato membro della Pontificia Academia Mariana Internationalis, insieme anche a Karol Woytila, all’epoca arcivescovo di Cracovia. Tra i due uomini di fede ci sarà sempre un rapporto di stima e collaborazione. Il suo lavoro si è svolto soprattutto in Vaticano, in qualità di professore all’Università Pontificia. Padre Stefano non si è accontentato di ripetere i dati mariologici tradizionali, ma li ha approfonditi affinché diventassero parole di salvezza per l’uo-

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mo contemporaneo. Ha condotto uno studio sulla lettura teologica della produzione mariana di Michelangelo al fine di sconfiggere il pregiudizio che vedeva nelle opere degli artisti occidentali, soprattutto del Rinascimento, solo dei contenuti naturalistici, citando anche Giovanni Paolo II che, contro questa teoria, ha affermato il valore spirituale dell’arte cristiana occidentale, compresa quella rinascimentale. Polsi è sempre stato un posto speciale, da lì è partito il suo grido d’aiuto per il suo amato paese: “Il caro vecchio paese di San Luca, non può essere sfigurato dal male, dalla ‘ndrangheta vendicatrice e assassina. Solo se si cambia rotta, ha ancora senso celebrare la novena della Madonna e andare in pellegrinaggio a Polsi”. Un’altra sua passione è stata la letteratura: grande estimatore di Corrado Alvaro e di grandi della poetica calabrese, nel 1985 intervistò Mario La Cava. Così De Fiores descrisse quell’esperienza: “Ebbi l’impressione di arretrare di un secolo e di trovarmi in contatto con il mondo alvariano mummificato che ritenevo scomparso per sempre”. Nella

notte tra il 14 e il 15 aprile 2012, nella Clinica cardiologica di Catanzaro Sant’Anna, Padre Stefano morì in seguito a problemi cardiaci. Il 16 aprile una folla, composta da gran parte della popolazione di San Luca, s’incamminò sulla strada provinciale per andare incontro alla macchina che trasportava la salma del defunto, proveniente da Catanzaro. Il 6 ottobre 2012 è nata l’Associazione culturale “Centro Studi Padre Stefano De Fiores”, con sede a San Luca. L’obiettivo è la diffusione della dottrina mariologica dell’illustre Padre monfortano. Padre Fiores stato un uomo unico e speciale, dal quale attingere sapienza e cultura. Gli è bastato poco più di un secolo per lasciare un’impronta indelebile nella millenaria storia del Cristianesimo, ma anche nella millenaria storia artistica e culturale di una Terra, la sua Calabria, che ha amato come nessun altro. Rosalba Topini

la fondazione “il giglio” e l’Associazione Culturale “Due Sicilie” organizza per oggi, domenica 29 luglio, alle ore 18:00, il convegno “la storia del Sud, le imprese del Sud”, che si svolgerà presso l’agriturismo Modi di Contrada Modi, Gerace. i relatori Carmela Maria Spadaro, lucio Militano e Marina Carrese si concentreranno su “le origini del sottosviluppo: il sistema ferroviario in Calabria dall’unificazione ad oggi”. Al termine si svolgerà una cena.

Martedì 31 luglio alle ore 19:00, presso la Piazza Cinque Martiri di Bianco, si terrà il convegno “Paesaggi e percorsi dell’anima nell’opera di Saverio Strati”, patrocinato dalla Regione Calabria, dai comuni di Sant’Agata del Bianco e Bianco, dall’Università della Calabria e della Fondazione Cassa di Risparmio della Regione Calabria. verranno letti brani tratti da opere di Saverio Strati a cura di Petro Bontempo e si svolgeranno intermezzi musicali.

l’associazione Artistica Minerva e il Comune di Casignana organizzano, per giovedì 2 agosto, presso la villa Romana di c.da Palazzi, a Casignana, lo spettacolo “Una tromba da oscar”, uno spettacolo musicale esclusivo a cura del nello Salza Ensemble che inizierà alle ore. 20:00. Con un contributo di 10 €, oltre a poter assistere allo spettavolo, sarà data la possibilità di visitare l’interna area archeologica dalle ore 17:00 alle ore 18:30.

in occasione delle Celebrazioni in onore di Sant’Emidio la Diocesi di locri - Gerace, presso il Santuario di nostra Signora dello Scoglio di Santa Domenica di Placanica, organizza, per sabato 4 agosto, una giornata dedicata alla preghiera. Dalle ore 16:00, inoltre, si svolgeranno l’evangelizzazione di Fratel Cosimo, la Celebrazione eucaristica di Mons. oliva che culmineranno, dopo altri appuntamenti, con la Processione con la statua di Sant’Emidio.


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Arte&co

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La Calabria è la regione del mondo occidentale dotata del più alto numero di rovine ben conservate. La qualità di questo patrimonio diffuso, collocato spesso in enclaves di natura quasi primigenia e impenetrabile, risiede nella sua varietà.

“La grandezza della Calabria sta tutta nelle sue rovine” La sovrapposizione cinetica di ruderi e rovine di differente storia, il senso del processo millenario di occupazioni e abbandoni, i percorsi culturali variamenti intrecciati fa emergere la potenzialità di questa regione come grande laboratorio e come area di ricerca

Si può affermare con attendibilità che la Calabria è la regione del mondo occidentale dotata del più alto numero di rovine ben conservate. La qualità di questo patrimonio diffuso, collocato spesso in enclaves di natura quasi primigenia e impenetrabile, risiede nella sua varietà; si possono incontrare, in un grand tour dalla costa alle aree interne, le rovine prodotte dal tempo, quelle magno-greche, fra le più antiche della storia europea, le rovine prodotte dall’abbandono, i piccoli insediamenti completamente privi di abitanti per ragioni legate a motivi economici e al secolare degrado ambientale e catastrofico dei terremoti, a quelle della obsolescenza, i luoghi trascurati e oramai in disuso per la inadeguatezza dei cicli di produzione, fino alle rovine degli effetti marginali di una civiltà quella del XX sec. che qui ha tentato di trasformare il territorio secondo la volontà di criteri e progetti con intenzioni socialmente utili ma economicamente insostenibili dettate dalla mancanza di visioni, accompagnata dalla devastante spontaneità dei processi subalterni alla civiltà dei consumi. I motivi che hanno impedito un utilizzo e una consumazione dei ruderi da parte dell’uomo sono stati favoriti dalla particolare orografia del territorio, come si sa costituito da profonde incisioni che, partendo dalle alture, raggiungono la costa impedendo collegamenti trasversali; l’isolamento dei vari ambiti territoriali e le difficoltà dei percorsi sono stati nel caso della rovina fenomeni da considerare paradossalmente in senso positivo in quan-

to ha reso improbabile la distruzione degli edifici per riutilizzo dei materiali costruttivi una volta che si rendeva necessario l’abbandono di un sito. La geografia del territorio ha assunto quindi il ruolo di grande conservatrice, sostenuto anche da un’atavica consuetudine ai terremoti, con progetti di ricostruzione venuti da lontano e tesi a riedificazioni totali, senza lasciare spazio a elaborazioni sul già costruito e permettendo oggi una lettura del rapporto tempo-evento più limpida di quanto è generalmente accaduto in altre regioni italiane. La sovrapposizione cinetica di ruderi e rovine di differente storia, il senso del processo millenario di occupazioni e abbandoni, i percorsi culturali variamenti intrecciati fa emergere la potenzialità di questa regione come grande laboratorio e come area di ricerca. Quando, e se, e come intervenire, in che modo “usare“ il rudere o la rovina . Qual è il momento limite tra conservare per mantenere o lasciare che avvenga la dissoluzione? E in che modo la rovina deve essere mantenuta, come si deve affrontare il problema della sua aspirazione alla finitudine? Questi aspetti offrono un’ampia gamma di approcci culturali, storico artistici, filosofici antropologici, economici, dell’architettura, dell’ambiente e possono stimolare un ampio e complesso dibattito, divenendo una piattaforma di lettura quasi unica nel panorama italiano, agevolando discussioni e proposte operative. Non marginale è il contributo che può dare al riconoscimento e ricostruzione dell’immagine di una

regione, attraverso l’integrazione di significati delle sue rovine e della sua stessa consistenza fisica: ambiente e paesaggio, forme agronomiche, strutture degli abitati nelle loro tracce deteriorate. Una metodologia che oggi riteniamo essenziale per un recupero e un progetto architettonico di ricomposizione dei caratteri dei luoghi e degli insediamenti, cioè della cultura di una convivenza civile. A rendere ancora più interessante e unico questa laboratorio di ricerca è la presenza di un numero significativo di ruderi contemporanei, ovvero quelle opere che si riducono allo stato di rudere prima ancora che riescano a divenire architettura. Le “rovine contemporanee” è stato già ampiamente delineato da Koolhaas con il concetto di Junkspace, come “residuo” della modernità che usa e getta il territorio così come qualsiasi altra risorsa a disposizione. Tuttavia in Italia si manifesta in modo peculiare, intrecciandosi con il complesso contesto sociale, politico e culturale. Difatti il parallelismo tra un rudere e un’incompiuta non risulta essere esclusivamente spaziale e formale. I punti in comune, infatti, sono molti: l’aggressione della natura in primis è un elemento costante in entrambi i casi; la mancanza di parti che nel caso dei ruderi è una mancanza dovuta alla perdita di materia mentre nel caso delleincompiute è dovuta al mancato completamento dell’opera stessa; l’inaccessibilità di tali spazi, e infine, lo stato di abbandono che proietta sia i ruderi che le incompiute nella linea d’interesse del pensiero contemporaneo che studia, nelle città la presenza di

scarti architettonici, definendoli non più come un qualcosa di eccezionale, ma ormai riconoscibile in un paesaggio specifico in attesa di essere riqualificato. Nota a margine Tornando al rapporto tra ruderi e incompiute, è interessante analizzare la concezione di rudere definita da Franco Purini in “Comporre l’architettura”. Secondo Purini, infatti, tra l’inizio della costruzione e il suo completamento, l’edificio avrà un aspetto che ne anticiperà la sorte (l’edificio in rovina). Dunque l’opera incompiuta può essere percepita come una prefigurazione dell’ipotetica trasformazione in rudere dell’opera alla fine del suo ciclo di vita. Inoltre Purini spiega come il rudere sia l’unico mezzo con cui si possa effettivamente contemplare la pura essenza dell’architettura di un edificio, poiché privo di funzionalità e stabilità. Dunque, esistono due momenti in cui un edificio si mostra nella sua pura essenza: quando l’edificio è nella sua fase di costruzione, cioè incompleto, e quando l’edificio è ormai in totale stato di abbandono. Questi ruderi contemporanei, sono censiti in Italia dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti attraverso il SIMOI (Sistema Informativo Monitoraggio Opere Incompiute) nell’anno 2016. In Calabria per l’anno 2016 sono censite 17 opere incompiute, in realtà molte non sono censite perché sono opere completate, ma mai utilizzate. Pasquale Giurleo Probabilmente architetto


La 4ª edizione del Festival del Teatro Classico di Portigliola parte con il botto grazie alla straordinaria interpretazione di Elisabetta Pozzi e all’annuncio di importanti novità per il prossimo anno.

ANGOLO FOOD LA RICETTA: PASTA PESTO E GAMBERI INGREDIENTI PER 4 PERSONE: 320 gr di linguine, 400 gr di gamberi, 50 gr di brandy, 130 gr di olio extravergine d’oliva, 2 spicchi d’aglio, 50 gr di basilico, 15 gr di pinoli, 50 gr di pecorino grattugiato, 70 gr di parmigiano reggiano, sale grosso q.b.

In un mortaio pestate l’aglio sbucciato con qualche grano di sale grosso e quando avrete ottenuto un composto cremoso unite le foglie di basilico aggiungendo dell'altro sale grosso. Aggiungete pinoli e formaggio, olio e mescolate fino a ottenere una salsa omogenea. Pulite i gamberi e tagliateli in piccoli tocchetti. In una padella antiaderente fate rosolare uno spicchio d’aglio intero con dell’olio, poi unite i gamberi e sfumate con il brandy e aggiungete sale e pepe. Versate la pasta nella padella con i gamberi, aggiungete un mestolo di acqua di cottura e mescolate finché non sarà completamente assorbita. Quando sarà pronta, versate il pesto e amalgamate bene gli ingredienti.

Standing ovation per la prima al teatro antico di Portigliola

Un commosso Rocco Luglio, in apertura di kermesse, ha voluto dedicare questa edizione del Festival a Rocco Marando, giovane di Portigliola scomparso la scorsa settimana in un incidente stradale.

La 4ª edizione del Festival del Teatro Classico di Portigliola, che il sindaco Luglio ha voluto dedicare alla memoria di Rocco Marando, giovane scomparso in un incidente stradale la scorsa settimana, non poteva partire nel migliore dei modi. Elisabetta Pozzi e la sua straordinaria “Cassandra - o del tempo divorato” hanno reso perfetta la serata inaugurale di questa manifestazione, partita come un progetto sperimentale nel 2015 e oggi in grado di accogliere il favore di critica e pubblico come solo i migliori festival di teatro classico della Penisola riescono a fare. “Cassandra”, che la Pozzi ha composto con il contributo del saggista Massimo Fini, ha rapito la Locride con la drammatica storia dell’inascoltata veggente troiana assassinata a Micene, sfruttando non solo i versi della tragedia attica del V secolo a.C., ma anche le riflessioni di artisti, poeti e filosofi di età moderna e contemporanea accompagnate dalle perfette musiche di Daniele D’angelo, in grado di creare una tessitura di suoni e musica a sostegno del testo e rendere così ancora più drammatica e commovente un’interpretazione che non riusciremo a dimenticare. Il monologo, che ha spaziato dai testi di Euripide a quelli di Christa Wolf, da Virgilio a Wislawa Szymborska, da

Seneca a Jean Baudrillard e poi T.S. Eliott, Ghiannis Ritsos, Cartesio, Nietzsche e Pasolini, ha permesso alla Cassandra della Pozzi di gettare uno sguardo disperato al mondo moderno e ai suoi drammi, culminando in una commovente esegesi della società moderna giustamente premiata con una standing ovation da parte del pubblico. Se il buongiorno si vede dal mattino, questa edizione del Festival di Teatro Classico di Portigliola potrebbe consacrare definitivamente il sito archeologico a punto di riferimento della stagione teatrale estiva della Locride, tanto più che la direttrice del Museo Archeologico di Locri Rossella Agostino e il direttore del MiBACT calabrese Salvatore Patamia hanno annunciato, prima dello spettacolo, di aver avviato, assieme al sindaco Rocco Luglio, un grande progetto che potrebbe cambiare per sempre la storia del Teatro Greco Romano di Portigliola. Nell’attesa di sapere con certezza di cosa si tratti (voci di corridoio dicono già con la prossima edizione), ci godremo il resto della manifestazione, che ci dà appuntamento a martedì con “L’Iliade” di Alessandro Baricco, interpretata da Blas Roca Rey e Monica Rogledi. Jacopo Giuca

IL COCKTAIL: CHOCOLATE MARTINI COCKTAIL INGREDIENTI: 2/3 vodka, 1/3 liquore di cioccolato bianco, 15 gr cioccolato fondente al pepe , 1/3 caffè. Versate la vodka in una coppa fredda. Successivamente aggiungete lentamente il liquore di cioccolato bianco, dopo averlo agitato nello shaker. Aggiungete il caffè e shakerate. Posate le scaglie di cioccolato fondente al pepe sul drink e servite.

IL DOLCE:

TORTA FREDDA AL MELONE INGREDIENTI: 250 gr di pavesini o altri biscotti, 80 gr di burro o margarina, 250 gr di yogurt bianco o al melone, 350 gr di panna vegetale già zuccherata, 8 fette di melone, 6 gr di colla di pesce, 3 cucchiai di latte, 50 gr di zucchero, 50 ml di acqua, 3 fogli di colla di pesce.

Direttore responsabile:

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO

Direttore editoriale: ILARIO AMMENDOLIA COLLABORATORI: Jacopo Giuca, Lidia Zitara, Sara Leone, Giuseppe Romeo, Orlando Sculli, Sonia Cogliandro, Serena Iannopollo, Gaetano Marando, Rosalba Topini, Arturo Rocca, Franco Crinò, Giuseppe Gangemi. STAMPA: Se.Sta srl: 73100 Lecce

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Registrata al Tribunale di Locri (RC) N° 1/14 EDITORE - No così srl - via D.Correale, 5 - 89048 Siderno

Le COLLABORAZIONI non precedute dalla sottoscrizione di preventivi accordi tra l’editore e gli autori sono da intendersi gratuite. FOTOGRAFIE e ARTICOLI inviati alla redazione, anche se non pubblicati, non verranno restituiti. I SERVIZI sono coperti da copyright diritto esclusivo per tutto il territorio nazionale ed estero. GLI AUTORI delle rubriche in cui si esprimono giudizi o riflessioni personali, sono da ritenersi direttamente responsabili.

Tritate finemente i biscotti in un contenitore, mescolate con il burro fuso, versate il composto in una tortiera del diametro di 22 centimetri foderata di carta forno, e mettete a riposare in frigorifero. Mettete la colla di pesce in acqua fredda e quando sarà morbida scioglietela con poco latte caldo. Montate la panna a neve, unite lo yogurt e il melone a pezzetti, aggiungete la colla di pesce, versate la crema sulla base di biscotti e lasciate riposare in frigorifero per un paio d’ore. In un pentolino mettete le fette di melone, lo zucchero e poca acqua facendole ammorbidire sul gas. Una volta pronte, frullate con un frullatore a immersione, unite alla purea di melone la colla di pesce e versate la copertura sulla torta lasciandola riposare in frigorifero per circa 2 ore.


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O P O C S L’ORO

the blob

ARIETE Si prepara per una splendida settimana, baciata dalla fortuna! La luna splenderà nel vostro segno nelle giornate di mercoledì, giovedì e venerdì: tre giorni davvero fortunati, in cui potrebbe presentarsi un’occasione da non perdere. Ma non siate impulsivi.

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Ma dove viviamo? Abbiamo incontrato un gruppo di torinesi al Mistral Beach di Sant’Ilario, innervositi dalla mancata conoscenza di molti residenti del nostro comprensorio, di Pietra Cappa e delle sue bellezze. Possibile che debbano venire da fuori per farci conoscere la Calabria.

L’aiutante del boss Salvatore Spirlì, in arte “Mongolo”, è salito alla ribalta questa settimana per la sua interpretazione del braccio destro del boss in “ZeroZeroZero”. In questa foto lo vediamo durante le riprese svoltesi in questi giorni a San Luca. Baffo da ripresa Lele Nucera, impegnato in questi giorni con le riprese di “ZeroZeroZero” posa assieme a Mario Spataro, anche lui impegnato con le riprese, ma di uno spot promozionale. Ad accomunarli non solo la cinepresa, ma anche il baffo tattico.

GEMELLI Voi e il vostro partner avete visioni diverse della coppia e del vostro futuro, e non sarà facile comprendersi! Se volete ritrovare la serenità, vi toccherà mettere da parte l’orgoglio. Sul lavoro, invece, ottime notizie mercoledì, giovedì e venerdì. CANCRO La settimana comincia con due giornate baciate dalla fortuna: lunedì e martedì la luna splenderà in vostro favore. L’amore continuerà a essere il protagonista della vostra vita, con una bella Venere pronta a farti sognare, soprattutto nel fine settimana. LEONE La parte centrale di questa settimana ha in serbo per voi delle belle sorprese: mercoledì, giovedì e venerdì saranno tre giornate piene di emozioni, che vi regaleranno in ambito lavorativo dei bei successi, e sul piano personale l’affetto che desiderate. VERGINE La settimana non comincia nel migliore dei modi, ma i giorni successivi vi aiuteranno a recuperare energie, che sfrutterete in un fine settimana pieno di soddisfazioni! L’amore sarà il protagonista delle vostre giornate: Venere assicura romanticismo!

Esperienza all’estero Rinaldo Nicita e la sua equipe milanese. Purtroppo, quando nella nostra terra mancano le strutture, le nostre migliori professionalità sono costrette ad andare altrove per trovare gli strumenti adatti a dimostrare le proprie qualità professionali.

BILANCIA I pianeti sono dalla vostra parte, ma la luna in opposizione vi farà sentire piuttosto giù di corda. Non amareggiatevi: Mercurio vi aiuterà a risolvere tutte quelle situazioni che al momento appaiono bloccate o incerte. Nel fine settimana arriverà il relax.

Nel suo habitat naturale Il “gomma nazionale” posa all’interno di uno dei suoi più eccezionali copertoni. Leggenda vuole che, per fare questa foto, Luigi Rescigno abbia rischiato di finire montato anch’egli sul trattore di un cliente… Amicizia d’epoca Nel nostro archivio abbiamo ritrovato la foto della XIII edizione della “Serata dell’Amicizia”, che si svolse il 26 agosto 2003 presso la Villa Albanese di Siderno.

TORO Venere vi sorride ed è pronta a regalarvi un’altra settimana piena di amore. Sarà il week-end a farvi vivere le emozioni più belle al fianco di una persona speciale. Sul lavoro, invece, non tutto va come dovrebbe. Puntate tutto su lunedì e martedì.

Angeli e Gianni Il nostro Angelo Laganà posa in compagnia del collega Gianni Morandi al termine di una serata mondana, durante la quale hanno mostrato al nostro fotografo una foto d’epoca in cui il cantante romagnolo posa con i tifosi della Roma e con il cantautore di Roccella.

Due galli al mare Il nostro amico Fabrizio Caridi si sta godendo le ferie in quel di Gallipoli e, per darci l’assoluta Riposo meritato certezza di trovarsi Andrea, Davide e dove dichiarato, Piero si riposano al terha deciso di farsi mine di una serata di una giornata di duro lavoro in quel mare con un compagno di telo dav- della Cascina, concevero d’eccezione! dendoci una foto che dimostra quanto possano essere stancanti le serate estive nei nostri ristoranti

SCORPIONE Potreste vivere qualche momento di difficoltà sul lavoro: Mercurio sfavorevole creerà qualche ostacolo in più sul vostro percorso e vi sembrerà di non avere i giusti alleati al vostro fianco. Per fortuna in amore vivrete la situazione diametralmente opposta. SAGITTARIO State vivendo un momento non facile per quanto riguarda i sentimenti. Venere sfavorevole vi porta a domandarvi se siete innamorati. Lunedì e martedì, in particolare, saranno giornate piuttosto tese, ma la parte centrale della settimana promette sorprese. CAPRICORNO La posizione favorevole di Venere rafforza i vostri sentimenti. Chi ha cominciato da poco una storia potrebbe convincersi di aver trovato la persona giusta… Fortunate saranno le giornate di lunedì e martedì. Attenzione a mercoledì, giovedì e venerdì.

ACQUARIO L’opposizione di Mercurio continua e non vi dà tregua: in ambito lavorativo i risultati tardano ad arrivare, ma il lato positivo è che avrete tutto il tempo che vi serve per capire cosa desiderate davvero. Puntate tutto sulla parte centrale della settimana. PESCI La settimana comincia con una bella energia. Concentratevi su voi stessi e attenzione a Venere: vi crea difficoltà sentimentali, ma troverete le forze per guardare oltre l’ostacolo. Niente ansia! Se la coppia è fatta per durare, vi comprenderete!




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