Riviera nº 32 del 5/08/2018

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IN BREVE

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la vetrina

L’EDITORIALE DEL DIRETTORE

Se in Argentina è “Uccidi il feto”, in Italia è “Caccia al nero”? n Argentina, il prossimo 8 agosto, il Senato andrà a votare una nuova proposta di legge che prevede che l’interruzione di gravidanza sia garantita in forma “sicura, legale e gratuita” fino alla quattordicesima settimana e, in alcuni casi fino al nono mese. Per interrompere la gravidanza si potrà ottenere su richiesta misoprostol, un farmaco che induce l’aborto. A sostegno di questa proposta di legge l’ideatore del videogioco “Doom Fetito”, ovvero “Uccidi il piccolo feto”, anzi, più precisamente, “Condanna a morte il piccolo feto”. Intanto è abbastanza singolare che un sostenitore dell’aborto che considera il feto niente più che un grumo di cellule, senza vita, parli di condanna a morte. Starà mica ammettendo che si tratti di omicidio? Ma veniamo all’obiettivo del videogioco: eliminare preti, polizia e donne pro-life, che si contrappongono alle donne pro-choice, per procurarsi il misoprostol. Lo scopo finale è uccidere un Half-life boss, un feto di 20 settimane. Una volta eliminato, appare un kit medico e un messaggio: “Hai sconfitto il piccolo feto! Dai questo misoprostol a coloro che ne hanno bisogno, in modo che anche loro possano sconfiggerlo!”. È agghiacciante. Mostruoso. Un macabro videogioco a sostegno di una “battaglia di civiltà”. Nell’apprendere la notizia ho provato una paura indefinita. Un orrore che ho sentito tuffarsi nello stomaco per poi risalire lungo l’esofago fino a spiattellarsi nella corteccia frontale: al di là dello sconcerto per una legge simile e per la propaganda a suo sostegno, ho temuto per l’attuale situazione in Italia. Le sbandierate battaglie di civiltà di casa nostra che videogiochi potrebbero ingenerare nelle fantasie più diaboliche? “Caccia al nero”, ispirato dalla lotta ai flussi migratori, primo cavallo di battaglia della lega sovranista? O forse “Vince chi spara prima”, suggerito sempre dalla Lega pistolera che vorrebbe una riforma della legge sulla legittima difesa? Perché sono questi gli istinti risvegliati da certa propaganda. Non sono tra coloro che sostengono che se l’Italia tutt’a un tratto si riscopre razzista è colpa di Salvini. Il razzismo non è un prodotto della politica della Lega. Il razzista nasce razzista. E il virus si manifesta di tanto in tanto, riattivandosi in particolari condizioni di depressione del sistema immunitario, come il virus della varicella-zoster o dell’herpes. All’indomani dell’emanazione delle leggi razziali fasciste, il virus del razzismo, in alcuni italiani è rimasto silente nel suo nucleo. Oggi che focolai xenofobi mettono a dura prova il sistema immunitario, il razzismo torna a colpire. Fuor di metafora, certa informazione a sostegno di certa politica ha permesso uno sdoganamento del razzismo e chi, un tempo, si sarebbe vergognato di mostrarsi razzista, oggi ne fa quasi un vanto o, nel “migliore” dei casi, si nasconde dietro un “non sono razzista, ma…”. Post e tweet lanciati dal Ministro degli Interni che ormai si comporta da Primo Ministro, insieme a titoli di giornale xenofobi hanno dato il La alla riemersione di pulsioni razziste. Si viene così a creare un circolo vizioso: da un lato, i razzisti a lungo repressi si sentono legittimati dalla politica e dai media a dare sfogo ai loro peggiori istinti; dall’altro, la politica e i media cavalcano queste pulsioni con lo scopo di accrescere i consensi, la prima, e di vendere, i secondi. Quindi se vogliamo spingerci a immaginare un videogioco con un nemico finale da sconfiggere, questi non è né Salvini – che in ogni caso non è da assolvere – né l’immigrato. Il nostro peggior nemico è il virus latente del razzismo che ci portiamo dietro da 80 anni o anche più. Maria Giovanna Cogliandro

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La bistecca siamo noi

L’ARTICOLO PUNTA IL DITO CONTRO L’EUROPA (MA NON PER LE GIUSTE RAGIONI), E INNEGGIA SALVINI COME SALVATORE DEL MERIDIONE

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Nell’articolo pubblicato in prima pagina da «Libero» lunedì 30 luglio, Socci individua nei porti meridionali, Taranto, Gioia Tauro e Crotone, delle potenzialità commerciali di primo piano per l’economia nazionale, facendo riferimento a un affare che ha mandato a monte l’entrata a Taranto della Hutchinson Wamphoa di Hong Kong, una delle holding più enormi del mondo.

Nell’articolo pubblicato in prima pagina da «Libero» lunedì 30 luglio, Socci individua nei porti meridionali, Taranto, Gioia Tauro e Crotone, delle potenzialità commerciali di primo piano per l’economia nazionale, facendo riferimento a un affare che ha mandato a monte l’entrata a Taranto della Hutchinson Wamphoa di Hong Kong, una delle holding più enormi del mondo.

Forse una botta di calore o la sindrome da abbandono dovuta alla fine di qualche serie Sky, devono aver fatto partire un embolo nel cervello di Antonio Socci, che dalle pagine di «Libero», ci illumina sulla geografia della penisola italiana, quella che si studia in prima elementare. “L’Italia è una penisola”, si cantilenava di fronte all’insegnante, “a forma di stivale”. Ma non so se questa parte si ripeta ancora adesso. Noi siamo la scarpa, il rozzo piede, il calzino insudiciato che sta a mollo al centro del Mar Mediterraneo, una grossa bacinella da pediluvio piuttosto trafficata da americani, cinesi e poveri cristi che ci muoiono affogati. Socci sarà capitato per sbaglio su Google Maps per accorgersene? Forse quel giorno faceva pulizia tra i libri di scuola dei figli e gli sarà capitata in mano una cartina d’Italia? Mistero della fede. Nell’articolo pubblicato in prima pagina (!) da «Libero» lunedì 30 luglio, Socci individua nei porti meridionali, Taranto, Gioia Tauro e Crotone, delle potenzialità commerciali di primo piano per l’economia nazionale, facendo riferimento a un affare che ha mandato a monte l’entrata a Taranto della Hutchinson Wamphoa di Hong Kong, una delle holding più enormi del mondo. L’articolo è un po’ un copia-incolla da altri pezzi apparsi negli anni scorsi (segnatamente un pezzo di Pietro de Sarlo su scenarieconomici.it), punta il dito contro l’Europa (ma non per le giuste ragioni), e inneggia Salvini come salvatore del meridione (anche lui è andato su Google Maps?), chiudendo con una citazione di Giannola, presidente Svimez. Riflessione numero uno: perché io e tanti colleghi dobbiamo lavorare come muli per quattro soldi, invece tu scrivi cazzate e ti pagano pure? Perché, perché, perché? Riflessione numero due: la vita a volte ti porta ad amare risate. È con un misto di piacere e tristezza che informiamo i lettori che su questa testata, un modesto free press di paese, analoghi ma ben più articolati contenuti furono scritti da mio padre, Nicola Zitara, nell’insospettabile 2008. Nel corso di questi dieci anni, notizie e informazioni, opinioni e idee sull’economia meridionale sono sempre state date con perseveranza e vigore da “Riviera”, sulle cui scelte editoriali tanto si opina in modo un po’ facilone, senza accorgersi che i danni fatti dai giornalisti sono altrove e di dimensioni ben maggiori. Forse gli articoli scritti da mio padre erano un po’ più difficili da seguire della povera demagogia di Socci, più ricchi di informazioni e di proposte anche coraggiose. Nel pieno cliché della sindrome di Cassandra, ciò che mio padre scrisse dieci anni fa avviene oggi, ma il vantaggio non sarà per noi. Sarà per lo Stato/Mafia (sono la medesima cosa) che gestirà il nostro territorio, come ha sempre fatto, prendendosi la torta e a noi lasciando forse qualche briciolina. Navi container cariche di nafta, petrolio, gas, merci di ogni genere, passeranno di qua, e lo Stato gli chiederà un bel pizzo, che verrà spartito tra Europa e regioni del Nord. Del resto il citato Giannola fu abbastanza chiaro sul destino del Sud durante una sua conferenza a Roccella qualche anno fa. Almeno per chi aveva orecchie per ascoltare il messaggio della Svimez in quell’occasione fu “assumete la posizione a novanta gradi e preparatevi al colpo”. La politica di Trump e l’ascesa della potenza cinese hanno di certo accelerato numerosi processi finanziari già in corso, rendendoli più visibili, ma la rinata centralità dei traffici mediterranei e la necessità di controllarli, erano un passaggio obbligato dopo la stabilizzazione dell’UE e la rifocalizzazione della finanza internazionale su Germania, Inghilterra, Olanda. L’Europa continentale ha bisogno di sorvegliare e dirigere questo flusso di spostamenti, di oggetti e soldi, e lo fa nel solo modo in cui può farlo senza scatenare la Terza Guerra Mondiale: attraverso la conquista finanziaria dei territori di importanza economica. Cioè l’Italia. Il gioco è semplice: Salvini tenta di strappare all’UE una percentuale più alta del pizzo pagato da Cina e USA, ma a esclusivo beneficio del Nord. Il rilancio del Sud è solo un’illusione buona per i creduloni: stanno solo dividendosi la bistecca con coltelli ben affilati. E la bistecca siamo noi. Lidia Zitara


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attualità www.larivieraonline.com

La Calabria è la regione che è cresciuta di più nell’ultimo triennio

“Modello” al collasso per colpa dello Stato Il sindaco Domenico Lucano ha presentato uno sfogo con il quale spiega la situazione economica precaria nella quale si trova l’Ente per responsabilità dello Stato. Riportiamo di seguito il suo intervento completo.

Secondo l’ultimo rapporto Svimez la nostra regione ha fatto registrare la crescita più significativa. A trainare la ripresa il settore dell’edilizia e dell’agricoltura.

La Calabria è la regione che nel periodo 2015-2017 ha fatto segnare la più significativa accelerazione della crescita. È quanto afferma la Svimez nelle anticipazioni del Rapporto di quest'anno. “Sono state soprattutto le costruzioni - si aggiunge - a trainare la ripresa (+12% nel triennio), grazie anche alle opere pubbliche realizzate con i fondi europei, seguite dall'agricoltura (+7,9%) e dall'industria in senso stretto (+6,9%). Molto più modesto nell'ultimo triennio l'andamento dei servizi

(+2,9%)”. Nelle anticipazioni si afferma, inoltre, che “nel 2017, Calabria, Sardegna e Campania sono state le regioni meridionali che hanno fatto registrare il più alto tasso di sviluppo, rispettivamente +2%, +1,9% e +1,8%. Si tratta, comunque, di variazioni del PIL più contenute rispetto alle regioni del Centro-Nord, se si considera il +2,6% della Valle d'Aosta, il +2,5% del Trentino Alto Adige e il +2,2% della Lombardia”.

PROTESTO. Contro le ingiustizie che da circa due anni stiamo subendo come comunità di accoglienza. Riace è stata esclusa dal saldo Luglio-Dicembre 2017 (circa 650.000 euro) e per il 2018 non è compresa tra gli enti beneficiari del finanziamento del primo semestre, nonostante tutte le attività siano state svolte e nessuna comunicazione è pervenuta della chiusura del progetto. È stato quindi accumulato un ingente debito con il personale, con i fornitori e con gli stessi rifugiati. Da aggiungere a questa incredibile situazione la vicenda dei cosiddetti CAS. Da Settembre 2016 il prefetto di Reggio Calabria con vari assurdi pretesti si è rifiutato e

ancora si rifiuta di saldare il dovuto. Stiamo raggiungendo il punto di non ritorno. Se non ci sarà l’assegnazione programmata non solo finirà l’esperienza di Riace, ma saranno messi in strada 165 rifugiati; almeno 50 bambini, circa 80 operatori. Numerose attività commerciali che hanno fornito beni, prevalentemente alimentari, da più di un anno non si vedranno pagato il credito accumulato. L’economia di tutta la comunità, modello mondiale di accoglienza e integrazione, crollerà sotto un cumulo di macerie. PROTESTO CONTRO OGNI FORMA DI RAZZISMO, DI FASCISMO, DI DISCRIMINAZIONE E DI SFRUTTAMENTO. PER DIFENDERE LE PERSONE PIÙ DEBOLI, QUELLI CHE NON CONTANO (PRATICAMENTE ZERO), CATEGORIA A CUI SENTO CON ORGOGLIO DI APPARTENERE DOMENICO LUCANO (UN SINDACO RIBELLE)

Il gran rifiuto all’Orchestra giovanile di Laureana? Per la Loiero fu un atto dovuto Lo scorso anno l’orchestra giovanile di Laureana di Borrello si era vista letteralmente sbattere la porta in faccia della Camera dei Deputati dalla presidente Laura Boldrini perché non era possibile identificare una data utile a svolgere un concerto in presenza dei nostri parlamentari. Nonostante le dichiarazioni formali, i ragazzi non si mangiarono la foglia e la certezza che il diniego fosse in qualche modo legato alla richiesta dei nomi dei componenti dell’orchestra e al fatto che un paio di loro avessero parenti in odore di ‘ndrangheta fu immediatamente chiaro a tutti. Lo scorso 21 luglio, nell’ambito di “Gente in Aspromonte”, lo scrittore Mimmo Gangemi ha approfittato della presenza di Valentina Loeiro, allora portavoce di Laura Boldrini, per chiederle un parere sulla vicenda, ricevendo una risposta indignata e, a nostro parere, sconcertante. La Loiero ha infatti candidamente ammesso che la motivazione di quel divieto a esibirsi fu legata proprio al legame parenterale con pregiudicati di (ha dichiarato lei) tutti i componenti dell’orchestra e che l’atto della Camera dei Deputati non è stato solo legittimo, ma persino dovuto. A quanto pare non è poi vero che le colpe dei padri non devono ricadere sui figli, almeno quando sei giovane, calabrese e provi a costruirti un futuro diverso…

Le sceneggiate del sindaco L’altro giorno, Il Fatto Quotidiano, che pure fa il tifo per la componente grillina del governo, ci deliziava con un “francobollo” di prima pagina delle solite 4 righe “Questa eclissi è come il governo del cambiamento: mesi di annunci e alla fine non vedi un beneamato… nulla” (l’espressione era più colorita ). È così in tanti posti! Integriamo il discorso con il paragone e la provocazione del Professor Cassese, che non ha digerito l’idea di Grillo di superare la democrazia attraverso scelte casuali dei rappresentanti del popolo: “Se mi serve un chirurgo chiamo un chirurgo, se mi serve un falegname chiamo un falegname”. Quindi, a superare ogni aspetto, c’è sempre il discorso sulla competenza. Un eletto l’acquista, la competenza, con la concentrazione e la modestia. Chi ricopre incarichi pubblici non ci deve far vedere le cose solo in sogno. Prima sogno i miei dipinti, poi dipingo i miei sogni, ha scritto Van Gogh. Ora, tra il celebre pittore e un sindaco ce ne passa (magari qualcuno non lo ammette), ma non c'è dubbio che prima devi sognare di liberare il comune dai rifiuti urbani e poi lo devi fare per davvero. Chi prende più voti deve avere mano libera nei Municipi? Può scegliere di fare così, chiudersi nel “fortino” della maggioranza, ma in ogni caso deve rispettare la legge e

deve studiarsi le pratiche. Abbiamo prove di chi ha vinto e non approfondisce gli argomenti, “preso” com’è dai Social, che lo portano addirittura a “condividere” i suoi post “da se medesimo”! Qualche giornalista osserva che il Ministro dell’Interno si siede poco dietro la scrivania per leggersi le pratiche. Sulle questioni dei Bilanci, dei Ruoli, dei Fitti, degli obiettivi dei servizi comunali e le progressioni delle carriere degli impiegati, del rapporto con le Associazioni, con il mondo della disabilità e della sofferenza, del mare da tenere pulito, del dissesto idrogeologico, dei Beni Culturali, del riordino degli Archivi comunali, ecc… su queste questioni, per “prenderci”, un sindaco non deve perdere tempo con le sceneggiate, deve approfondire. Capita, prima o poi, che le certezze vengano meno, c’è Bauman a ricordarlo… Perciò, per non correre il rischio di non prenderci quasi mai, sarebbero più adatte “la sicurezza insicura, la certezza incerta…?” La terza contraddizione del paradigma del grande sociologo è la “incolumità a rischio”. Come dire… Non ci pensi per nulla che puoi cadere e invece… Boh… questo vedo con chiarezza dalla lettura quotidiana dei giornali e dall’esperienza nel comune in cui vivo. Franco Crinò


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redazionale

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copertina

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO er anni l’Aspromonte è stato posto sotto sequestro: da parte di criminali, prima, e di un’antologia del crimine, dopo. Inizialmente, infatti, si è tentato di farlo fuori a colpi di lupara; più tardi a suon di mandibole, pronte a masticare parole, contorcendosi sgraziatamente. Trucidato in modo brutale e violento insieme alla sua gente, l’Aspromonte è stato espropriato del suo originario candore. A provare a lenire le ferite provocate dal fuoco sordo, impudente, con cui si è cercato da più parti di bruciacchiare la nostra montagna, Giuseppe Bombino, presidente dell’Ente Parco Aspromonte. Da 5 anni presidente dell’Ente Parco Aspromonte, i risultati più lusinghieri? Ci siamo mossi su due linee: una materiale e una immateriale. Quest’ultima è meno tangibile ma la più significativa per poter edificare un’opera, e ha riguardato la costruzione di un’infrastruttura culturale. All’interno del Parco Aspromonte era pressoché assente un senso di comunità, che è anche un senso di identificazione e di dignità. Pertanto ci siamo prefissati di edificare questa impalcatura culturale prima e durante l’avvio di qualsiasi progetto. Abbiamo avuto prova di aver fatto un buon lavoro in occasione della visita dei commissari Unesco che rappresenta il secondo step verso il riconoscimento dell’Aspromonte come Global Geopark. Durante il primo step, i commissari, attraverso il dossier tecnico-scientifico da noi elaborato in precedenza, hanno avuto modo di studiare la geologia, le epoche – cifre nell’ordine dei milioni di anni - che hanno consentito all’Aspromonte di essere quello che è; con la loro visita nei luoghi più suggestivi del Parco sono anche entrati in contatto con un’umanità consapevole della propria identità, molto maturata rispetto al passato. Quando sarà comunicato l’esito della candidatura all’Unesco Global Geoparks? L’iter si è concluso. Le premesse sono molto promettenti, l’esito sarà comunicato in primavera e non vorremmo sbilanciarci prima del tempo. Per la prima volta l’Aspromonte esporterà ciò che avrebbe da sempre dovuto esportare, ovvero la sua bellezza. Il Geoparco va oltre i confini attuali del Parco dell’Aspromonte: si spinge fino agli abissi marini, fino alle foci delle fiumare, sarà annesso al suo interno anche ciò che non è contenuto nei confine del Parco – penso a Pentedattilo, alle geologie costiere rinvenibili nelle spiagge di Palmi. L’intero territorio della Città Metropolitana di Reggio Calabria si propone, dunque, in una vetrina internazionale e questo ci permetterà di dimostrare il vero carattere della nostra terra. Per troppo tempo l’Aspromonte ha rievocato l’immagine stessa della ‘ndrangheta. È vero, negli anni ‘80 tra i suoi boschi si poteva sparire, per sempre. Ma oggi quel passato torna ancora nelle storie e nella cronache, anche di chi la nostra montagna non l’ha mai conosciuta. L’Aspromonte sarà colpevole per sempre oppure la sua bellezza potrà soffocare le sue colpe? Nell’ambito del Global Geoparco Unesco abbiamo individuato un emblema: Pietra Cappa. È un elemento della geologia estremamente importante intorno a cui, tuttavia, si sono fatte largo le retoriche più severe: Pietra Cappa come pietra del dramma, come espressione di un Aspromonte che nascondeva le sue vittime. Si tratta di verità, senz’altro, ma verità che appartengono al passato. Noi questo passato non lo rinneghiamo; nello stesso tempo, però, vorremmo dimenticarlo, metterlo in un ripostiglio, perché non ci fa onore, e cercare di recuperare altri significati che l’Aspromonte può esprimere. Fare di Pietra Cappa l’emblema di una candidatura Global Geoparco Unesco significa raccontare un altro aspetto di noi: oltre il dramma, la bellezza; oltre il peccato, la preghiera. Noi siamo sostenitori della cosiddetta verità circolare, così come la intendeva Parmenide: la verità assoluta corre lungo un cerchio, fin quando non lo si percorre tutto, non è possibile conoscere la compiutezza di ciò che si ricerca. Finora, nel tentativo di raccontare l’Aspromonte, è stato percorso solo un arco di questo cerchio, un arco vero e che ci crea dolore. Ma non è la terra ad aver tradito, sono stati i suoi uomini; pertanto è giusto che le terra possa trovare pace. Per riuscirci è necessario percorrere l’altra metà del cerchio: ci accorgeremmo che in questo abisso buio a un certo punto segue un simbolo, il simbolo della nostra storia, della nostra cultura, della nostra civiltà, della nostra bellezza. È giusto che la narrazione dell’Aspromonte contenga entrambi gli elementi, quello più oscuro e quello più luminoso; su quest’ultimo si

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Per raccontare la nostra montagna, secondo il Presidente dell'Ente Parco, Giuseppe Bombino, dobbiamo ricorrere alla cosiddetta verità circolare: la verità assoluta corre lungo un cerchio, fin quando non lo si percorre tutto, non è possibile conoscere la compiutezza di ciò che si ricerca. Finora, nel tentativo di raccontare l’Aspromonte, è stato percorso solo un arco di questo cerchio, quello che ne mette in evidenza i peccati, il dramma. Si è tralasciata, invece, l'altra parte del cerchio, quella che ne esalta la bellezza.

L'Aspromonte è bellezza La narrazione dell’Aspromonte deve contenere entrambi gli elementi, quello più oscuro e quello più luminoso; su quest’ultimo si andrà a costruire il futuro, perché il futuro di una comunità non si può scrivere esclusivamente sui suoi errori ma occorre individuare tra le macerie un simbolo che ci consenta di rimetterci in processione.

andrà a costruire il futuro, perché il futuro di una comunità non si può scrivere esclusivamente sui suoi errori ma occorre individuare tra le macerie un simbolo – che sia una croce, un simulacro, un quadro che ci ricorda un istante alto del nostro passato – che ci consenta di rimetterci in processione. Per l’Aspromonte abbiamo individuato Pietra Cappa, simbolo di una conversione totale che ci mostra un nuovo cammino. A questo proposito, dal 19 al 21 luglio scorsi si è tenuta la tre giorni di Africo, un dibattito su una nuova possibile narrazione della Calabria. Quale sarebbe, secondo lei, il giusto seguito adesso affinché quest’esperienza ad Africo non sia solo una bella parentesi? Ho chiesto personalmente agli intellettuali intervenuti di percorrere l’altra metà del cerchio e cominciare a farla emergere, non per negare il dramma ma per completare il racconto sulla Calabria. Ho chiesto di compiere il folle volo, come avrebbe detto Dante, di farci capire cosa c’è dall’altra parte. L’intellettuale è un uomo o una donna di pensiero, capace di vivere un’epoca e anti-

cipare quella che ancora deve venire. In questa anticipazione, in questa profezia traccia la strada a tutti gli altri cosicché possano organizzare nuovamente il loro cammino. L’intellettuale ci mostra oltre il dramma, la bellezza. Intorno alla bellezza c’è la fiducia, c’è l’educazione dello sguardo, c’è la speranza. Intorno alla bellezza c’è l’avvenire. Un avvenire che – a differenza del futuro che si indovina con la palla di cristallo – si progetta, si costruisce. Africo, come ha scritto Gioacchino Criaco nel numero precedente di Riviera, non è un deserto. Gli intellettuali intervenuti non si sono confrontati in un luogo inespressivo ma in un luogo in cui qualcosa stava già accadendo. Vi hanno trovato una trentina di ragazzi che non erano lì per distribuire birre o per tagliare il formaggio, nel senso più alto dell’ospitalità che solo noi sappiamo offrire, ma erano lì perché stanno credendo in un progetto. C’è un accordo di programma, fatto in tempi non sospetti, tra il Parco Nazionale dell’Aspromonte e il comune di Africo, finalizzato a recuperare il casello di Carrà – in cui hanno soggiornato gli intervenuti alla tre giorni – e l’infrastruttura sentieristica. Quest’ultima è stata interessata da interventi tesi a rendere intellegibile l’area: oltre alla segnaletica e alla cartellonistica, mi riferisco al ponte tibetano che è stato edificato sul vallone che separa Casalinuovo da Africo Vecchio. La costruzione del ponte è una sorta di metafora: unisce ciò che la storia ha separato, ciò che la geologia ha distanziato, ciò che il dramma di una terra tormentata ha fratturato. Abbiamo voluto un ponte per superare il vuoto. Ad Africo tra qualche giorno, nella stessa struttura che ha ospitato la tre giorni, si terrà un corso di formazione sull’etologia del lupo. Alcuni moduli del centro di Campusa, in cui Saverio Strati prestò la sua opera materiale costruendo alcune delle casette, saranno recuperati e affidati ai ragazzi che hanno creduto nel progetto: realizzeranno ospitalità diffusa. Sulla scia di quanto ci è stato suggerito da Gioacchino Criaco, dunque, vogliamo fare di Africo un centro letterario, in cui la storia può essere vinta nei suoi aspetti più laceranti. Durante un incontro ad Africo del 2010, Pasquino Crupi chiede un premio speciale a Gioacchino Criaco per aver scritto il romanzo internazionale della letteratura del Sud… Pasquino Crupi ha espresso appieno il compito dell’intellettuale. In quell’occasione anticipò quanto in realtà è poi avvenuto. La sua fu una profezia: ci sarebbe stato un tempo in cui dalla letteratura di Gioacchino Criaco si sarebbe potuti ripartire, e così è stato. Due mesi fa Roberto Saviano è stato a San Luca. Lei lo aveva invitato a fermarsi qualche giorno in più per raccontare i luoghi, l’umanità e la natura della nostra montagna. Non ha ricevuto risposta. Secondo lei quali erano le reali intenzioni della visita di Saviano? Ho chiesto a Saviano di raccontare quell’altra parte del

cerchio, perché, almeno fino a pochi giorni fa, gli attribuivo il compito che riconosco agli intellettuali. Adesso mi sono ricreduto, per la verità. È chiaro che non è possibile condizionare l’orientamento, l’ispirazione e la creatività di uno scrittore, però gli si può chiedere di aiutarti, dal momento che svolge un ruolo sociale, educativo, profetico. Invece, Saviano, pur avendo a disposizione infinite pagine di peccato, pur avendo la possibilità di scavare nel dramma, queste colpe non gli sono bastate, tanto da dover trovare ulteriori elementi di mistificazione. Ma così facendo smette di essere uno scrittore: si è costruito degli elementi inesistenti, scomodando l’astrologia, l’entomologia… E allora c’è qualcosa che non mi torna. Posso comprendere che non abbia voluto raccontare l’altra metà del cerchio e mantenersi in quella più oscura e, dal suo punto di vista, più suggestiva, però non gli consento di mistificare. Pertanto, ritengo, che le reali intenzioni di Saviano fossero più deteriori: a San Luca si sta girando una serie che si ispira al suo romanzo ZeroZeroZero, creare un ulteriore elemento per arricchire di mistero, di suggestione, di sensazionalismo l’Aspromonte, serve a portare beneficio al suo libro. Quindi una scelta di marketing… Esatto, una scelta di marketing che noi non possiamo consentire. Ha rappresentato una realtà che non esiste, priva di fondamento. Secondo qualcuno la serie ZeroZeroZero infangherà ancora di più l’immagine dei sanluchesi e di tutto l’Aspromonte. Lei è d’accordo? Io ritengo che bisogna fare in modo che dal nostro Aspromonte vengano fuori dei buoni prodotti. Un’opera non si giudica in ragione del messaggio ma della sua artisticità, della sua esclusività. “Anime nere” è un film con un messaggio dirompente, il finale lascia apparentemente senza appello ma è un capolavoro. Così come è un capolavoro la Pietà di Michelangelo, sebbene trasmetta uno dei messaggi più devastanti che si possano rappresentare: una madre che tiene tra le sue braccia il figlio morto. Ma quando mi trovo al cospetto dell’opera non penso al messaggio funereo perché è il tratto, la perfezione, la sua luce, l’armonia che mi catturano, altrove irrintracciabili. L’Aspromonte si presta a edificare dei capolavori. Dopo ZeroZeroZero potrà esserci un altro regista che potrà rappresentare con un altro messaggio, magari di speranza, un altro capolavoro. Bisogna considerare le opportunità che l’arte cinematografica è in grado di veicolare a livello lavorativo e culturale. Cosa pensa della candidatura di Klaus Davi a San Luca? Penso che abbia un significato che nasce e muore nel personaggio. A San Luca ci sono le intelligenze per poter avviare finalmente un percorso di fiducia affinché i giovani possano accedere a una rappresentanza. E


questa soluzione è quella che offre le maggiori garanzie per la crescita della comunità. La mancanza di disponibilità da parte dei sanluchesi a volersi proporre come rappresentanti di un territorio è legata alla precarietà dell’incarico, dal momento che chiunque potrebbe vacillare perché legato a una parentela sospetta. È una questione che ci obbliga a riflettere perché è inimmaginabile una situazione di commissariamento sine die. Cosa la spaventa di più: che in futuro si continui a parlare dell’Aspromonte come terra di ‘ndrangheta o che si smetta di parlarne? Temo di più che si continui a parlare dell’Aspromonte come terra di ‘ndrangheta perché la retorica è sempre pronta a ripiegare sulla prima o la seconda via e a non ricercare la terza. Ci sono delle correnti di pensiero secondo cui il dramma si supera se lo guardi in faccia. Parlare di ‘ndrangheta, di questi nostri peccati, ci aiuta perché riusciamo a vivisezionare la nostra stessa storia. Ma d’altra parte se non si cerca la terza via, si resta schiacciati dallo stesso dramma e non si riesce a intravedere alcuna prospettiva, a trovare lo slancio di una visione. Quindi questa corrente di pensiero è vera fino a un certo punto. Ricorro a una metafora: immaginiamo che ci sia un malato terminale che abbia necessità di cure e venga ricoverato in una struttura. Qual è quel medico pronto a dire “tu hai questa malattia e per poterla superare devi guardarla in faccia notte e giorno”? Da un lato un suggerimento del genere significherebbe creare consapevolezza di ciò che si ha, dall’altra vorrebbe dire precludere al malato la terza via che gli consenta di tendere verso una speranza. A me risulta, invece, che negli ospedali si cerchi – anche attraverso la scelta della tinta delle pareti, le fotografie, persino attraverso le finte finestre in cui viene dipinto un bosco o il volo di un uccello – di creare un colore che si contrapponga al buio della malattia. Si offre, dunque, uno strumento per superare il dramma. Noi, questo strumento che restituisce la luce lo pretendiamo anche per l’Aspromonte e dobbiamo attuarlo noi per primi. Dobbiamo guardare in faccia i nostri traditori, fossero anche i nostri figli, fratelli, padri, prendere le distanze e cominciare un nuovo racconto. E fin quando il racconto lo faranno solo gli altri, non percorreranno mai il cerchio per intero. Cosa le ha insegnato l’Aspromonte in questi anni? Per me l’Aspromonte è una metafora: nella salita è necessario un notevole sforzo muscolare, ripagato dall’avere, una volta raggiunta la cima, una visione più completa e dal poter respirare un’aria più leggera. Nella discesa c’è il rischio della caduta, dell’inciampo. L’Aspromonte l’ho percorso in lungo e in largo: mi ha attratto, mi ha respinto proprio come farebbe una madre. La nostra montagna l’ho sempre definita femmina e in essa ho sempre colto un tratto educativo. L’Aspromonte conserva gli istanti in cui tutto ebbe inizio, quindi quando noi perdiamo le coordinate, quando non sappiamo bene quale direzione intraprendere, la nostra montagna ci consente di ritornare alle cose più semplici, essenziali in cui sono insite le leggi fondamentali che ci restituiscono l’equilibrio.

L'attenzione del Parco Nazionale verso San Luca è totalizzante

Replica all’articolo “La Reggina calcio, l’integrazione che non c’è e il “Sarmoriglio” pubblicato domenica scorsa su Riviera

e la Reggina non riuscirà a svolgere la seconda parte del ritiro nello stadio comunale “Corrado Alvaro” di San Luca, l’ “intoppo”, come lo definisce Antonio Strangio, è da ascrivere esclusivamente a ragioni di tempo. Nel momento in cui è nata l’idea, i tempi nei quali la stessa avrebbe potuto concretizzarsi erano incompatibili con la consumazione degli atti amministrativi di un ente pubblico, vigilato da un ministero. Tra l’altro, la Reggina era già pronta a partire per il ritiro a Salerno, quindi tutto doveva essere concluso nell'arco di pochissimi giorni. Tengo a precisare che l’idea non si limitava ai soli 10 giorni del ritiro della Reggina a San Luca, ma la squadra sarebbe stata un elemento di un progetto la cui composizione era molto più articolata e che si sviluppava nell’arco di un anno. I calciatori della Reggina avrebbero partecipato alle attività extra allenamento con la comunità locale. Un’azione prevedeva il cammino tra la gente, un'altra che i ragazzi di San Luca partecipassero alle partite della Reggina a Reggio per ricambiare la visita. Ci sarebbero state, inoltre, delle escursioni congiunte tra i calciatori della Reggina e i ragazzi di San Luca. Stiamo parlando, infatti, di un progetto intitolato “San Luca è…”. San Luca è integrazione, cultura, natura, accoglienza, geologia, paesaggio, enogastronomia. Il progetto avrebbe coinvolto anche l’associazione Save The Children, che è radicata in San Luca presso una struttura recuperata dal Parco Nazionale, l’associazione calcistica locale, le guide ufficiali del Parco Nazionale, la cooperativa di giovani sanluchesi. La Reggina era un pretesto per avviare questa grossa cooperazione. I tempi non ce l’hanno consentito ma il progetto resta. Non rinunceremo, lo riproporremo. Il progetto, tra l’altro, trovava il favore dell’attuale commissario che amministra il comune di San Luca. Strangio ritiene che San Luca abbia ricevuto poche attenzioni e gli siano stati destinati pochi fondi. Non è così. L’attenzione del Parco Nazionale verso San Luca è un’attenzione totalizzante. Intanto l’ex Casa Fera – l’edificio architettonicamente più significativo della Locride montana – è stata completamente ristrutturata dal Parco Nazionale. Inoltre, il Parco ha inserito, nell’ambito di un progetto di valorizzazione della viabilità per le infrastrutture verdi, il percorso Montalto-Polsi. A Polsi abbiamo, poi, recentemente finanziato il percorso della Via Crucis, inaugurato un presidio medico-sanitario e un presidio per la sicurezza della popolazione e per quanti vi giungono in occasione delle festività mariane. Veniamo ora al grande equivoco. Il territorio di San Luca non è stato sottratto dal Parco Nazionale dell'Aspromonte. Il territorio di San Luca è un territorio eletto che ricade all’interno del Parco e che è stato conservato e valorizzato. Abbiamo preservato il bello evitando lo sfregio, come è avvenuto in altri territori. Un bene “messo sotto chiave” può essere visto da due diversi punti di vista: da un lato, mi viene da pensare che non mi consente di raggiungerlo; d’altro, rifletto che si tratta di un bene che mi impone di misurarmi con la sua bellezza in modo innovativo e inedito. Significa che lì può accadere qualcosa che altrove non può accadere. Che il Parco abbia determinato vincoli, come sostiene Strangio, è una leggenda; e poi sfido chiunque a dimostrarmi che fuori dal Parco dell’Aspromonte ci sia stato uno sviluppo – è stata abbattuta la disoccupazione, le imprese sono floride – da cui i territori ad esso interni siano stati preclusi. Da presidente del Parco chiedo ai giovani di farsi avanti con progetti: il Parco li accompagnerà. Ma fatevi avanti con progetti che dimostrino che avete consapevolezza del valore che sta alle vostre spalle e sulle pendici dei nostri monti, perché su quel valore possiamo costruire una progettualità comune. Giuseppe Bombino

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R 05 AGOSTO - 06

Intervista www.larivieraonline.com

Sabato 21 luglio si è svolta la 9ª edizione della Festa della Trebbiatura, manifestazione divenuta occasione d’incontro per imprenditori locali e nazionali, non soltanto interessati alle tecniche più innovative, ma anche curiosi di riscoprire quelle tradizionali. Intervista a Franceco Macrì.

“Vogliamo promuovere una nuova cultura dell’imprenditore agricolo”

Le aziende agricole del nostro territorio hanno bivaccato per anni vivendo spesso d’improvvisazione, e questo è stato un male. Chi vuol fare agricoltura deve essere consapevole che non si investe soltanto denaro ma soprattutto conoscenza.

Giunta alla sua 9ª edizione, la Festa della Trebbiatura ha fatto registrare anche quest’anno una considerevole partecipazione sia da parte degli esperti del settore, sia dei cittadini desiderosi di scoprire tecniche moderne e antiche tradizioni. La manifestazione, organizzata dall’azienda agricola “Barone Macrì” con la collaborazione del Comune di Gerace e delle aziende De Masi, di Rizziconi, e Grena, di Verona, ha permesso al pubblico di informarsi sulle più innovative tecniche presenti sul mercato, degustare prodotti tipici, partecipare ai giochi tradizionali come la corsa con i sacchi e ballare ai ritmi della musica etnica. Questa settimana abbiamo intervistato Francesco Macrì per scoprire come la manifestazione si sia evoluta in questi nove anni. Come si è svolta questa edizione della Festa della Trebbiatura? La manifestazione si è svolta presso l’agriturismo Modi di Gerace e abbiamo deciso di suddividere l’evento in vari appuntamenti. La mattina è stata riservata alla dimostrazione delle nuove tecniche di coltivazione e dei nuovi tipi di concimazioni. Grazie al supporto dall’azienda De Masi, infatti, abbiamo dimostrato ai presenti che le nuove tecniche presenti sul mercato fanno risparmiare tempo e costi di lavorazione. Nel pomeriggio si sono svolti i giochi tradizionali con la partecipazione dell’oratorio dei Salesiani di Locri, dei suoi animatori e degli oltre cinquanta bambini provenienti da Gerace, Antonimina e Locri. Conclusi i giochi, abbiamo dimostrato ai presenti la tecnica di trebbiatura che veniva usata in passato. Infine, la giornata si è conclusa con l’esibizione dei “Behike Moro”, un gruppo di giovani ragazzi che grazie al loro sound etnico hanno fatto ballare grandi e piccini. Inoltre, quest’anno abbiamo ospitato una mostra che ha

riscosso un notevole successo. Qual è il bilancio di questi nove anni di manifestazione? La Locride ha sempre risposto con partecipazione, curiosità e interesse. Abbiamo registrato di anno in anno un numero sempre crescente di partecipanti, non soltanto imprenditori interessati al mondo agricolo, ma anche cittadini desiderosi di passare una giornata all’insegna della tradizione e del divertimento. Che genere di problematiche riscontra chi vuol fare agricoltura nella nostra zona? Il vero problema è far capire alle persone come fare agricoltura. Le aziende agricole del nostro territorio hanno bivaccato per anni vivendo spesso d’improvvisazione, e questo è stato un male. Chi vuol fare agricoltura deve essere consapevole che non si investe soltanto denaro ma soprattutto conoscenza, e quindi bisogna avvalersi di tecnici che ti aiutano a preparare il terreno, le piante, stabilire quando fare il raccolto… L’imprenditore che vuol fare agricoltura nel nostro territorio deve capire che è necessario utilizzare tecniche all’avanguardia, collaborare con altre aziende e produrre per un mercato che apprezzi e valorizzi il tuo prodotto. Bisogna tirare fuori una cultura nuova dell’imprenditore agricolo. Come vorrebbe veder cambiare il mondo agricolo comprensoriale da qui alla prossima edizione della Festa? Mi piacerebbe che questa zona si ripopolasse di aziende agricole. I giovani stanno dimostrando grande interesse nei confronti del settore, ma la Regione ci mette ancora troppo a indire bandi che sovvenzionino le piccole aziende e c’è ancora poco supporto agli imprenditori da parte delle istituzioni. L’approccio deve cambiare, e in fretta. Gaetano Marando

BREVI

Sabato scorso, a Sant’Agata, ignoti balordi hanno bucato le ruote del pulmino dei ragazzi bergamaschi ospiti del grest locale ma, dimostrando la civiltà e l’ospitalità che li contraddistingue, i cittadini hanno sostituito a spese loro le gomme del mezzo omaggiando con un cesto di prodotti tipici gli ospiti.

Il Presidente del Consiglio regionale Nicola Irto ha festeggiato assieme a Davide la laurea all’Accademia di Belle arti. Un traguardo importante per questo ragazzo Rom che sogna di diventare scultore nonostante sia afflitto da gravi problemi di salute e che per questo è stato omaggiato da Irto con un libro.

Questa settimana il Lions Club Roccella Jonica è stato teatro del passaggio di consegne al vertice del Club Service. Alla presenza di numerosi soci Lions il sidernese Domenico Leonardo è stato infatti rivestito dell’incarico di nuovo Presidente e subentra al posto di Orazio Violante per questo anno sociale.

Questa sera, alle 20, la statua lignea “Regina Pacis” del compianto scultore Giuseppe Correale sarà finalmente restituita alla comunità sidernese. Dopo un lungo restauro, infatti, la statua troverà nuovamente posto presso la Chiesa di Santa Maria dell’Arco di Siderno grazie all’impegno del comitato KAOS.



05 AGOSTO - 10

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Questo spazio è riservato a te. 1200 battute per lamentarti o complimentarti con noi, fare segnalazioni, raccontarci le tue esperienze, potrai inviarci foto degli scorci del tuo paese o video se hai un talento nascosto. Saremo lieti di risponderti pubblicamente, daremo voce al tuo pensiero e ti daremo visibilità sui nostri social. Sii parte integrante di questa realtà

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Asportato tumore di 11 kg, eccezionale intervento al policlinico di Messina grazie al medico locrese Antonio Macrì Il professore Antonio Macrì, originario di Locri, lo scorso aprile ha dato vita, presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria “G. Martino” di Messina, al primo Centro del meridione d’Italia espressamente dedicato alla cura dei Tumori peritoneali e dei sarcomi dei tessuti molli. In quell'occasione lo avevamo intervistato per conoscere più da vicino questo centro di eccellenza. La scorsa settimana proprio presso la struttura voluta dal professore Macrì si è registrato una caso di buona, anzi ottima sanità.

Eccezionale intervento al Policlinico Universitario di Messina, dove è stato asportato un tumore addominale di 11 chili. La donna, una sessantanovenne, è stata già dimessa in ottime condizioni generali, fanno sapere i sanitari. L'intervento è stato effettuato da un’équipe guidata dal Prof. Antonio Macrì, responsabile del Programma Interdipartimentale per la Cura dei Tumori Peritoneali e dei Sarcomi dei Tessuti Molli dell'ospedale universitario. "Si tratta - spiega Macrì - di un caso estremamente raro, anche se non il primo da noi operato, sia per la sua natura istologica (sarcoma retroperitoneale gigante), ma, soprattutto, per le dimensioni che la neoplasia aveva raggiunto e per la diffusione in alcune regioni anatomiche difficilmente raggiungibili, con coinvolgimento di grossi vasi, rene, intestino, peritoneo, muscoli, ossa e strutture nervose. Il tumore occupava infatti tutto l'addome, dislocando l'intero intestino in una piccolissima porzione della cavità peritoneale". Il peso, le dimensioni (40 x 30 x 15 centimetri circa), l'importante e anomala vascolarizzazione, nonché i strettissimi rapporti che il tumore contraeva con alcuni organi vitali, hanno reso il trattamento chirurgico particolarmente delicato. L'intervento, durato circa sei ore, ha richiesto l'esecuzione di resezioni multiviscerali e ha consentito la rimozione completa del tumore. Il decorso post-operatorio non ha avuto complicanze e la donna è stata dimessa dopo due settimane. “Sembra incredibile che, nell'era della prevenzione, sottolinea Macrì, ci si trovi ancora a trattare tumori di queste dimensioni, ma la sede di origine e le modalità di diffusione fanno sì che tali tumori diano segno di sé solo in fasi avanzate. Dobbiamo trovare strategie più efficaci - continua il chirurgo - per promuovere l'educazione sanitaria e coinvolgere sempre più persone nei programmi di screening, in modo da ridurre il numero di tumori in stadio avanzato e, comunque, in questi casi, è fondamentale affidarsi a Centri dedicati al trattamento di tali patologie. Il Programma Interdipartimentale per la Cura dei Tumori Peritoneali e dei Sarcomi dei Tessuti Molli, nato il primo aprile 2018 grazie alla sinergia tra l'Università di Messina e l'Azienda Ospedaliera Universitaria della stessa città è rivolto al trattamento, con tecniche all'avanguardia (chemioipertermia peritoneale, perfusione isolata d’arto), sia di tumori rari (sarcomi, mesotelioma peritoneale, pseudomixoma peritonei), che di neoplasie di più frequente riscontro (carcinosi peritoneale di origine ovarica, gastrica, colica).

Il commerciante Mario Ferraro chiede la rimozione dei dossi in via Macrì

La brillante idea d’installare quegli ostacoli, in pochi giorni ha sortito eccezionali risultati: ha affossato l’economia di tutta la zona.

In ricordo di Piero Pappadà

“Vivrò per sempre nel cuore di chi mi ha amato, ci rincontreremo un giorno ed io risuonerò per voi ancora più forte… non ci fermiamo mai, mai”.

Gent.mo sig sindaco, mi permetta di esprimerle il pensiero di un cittadino che, come me la pensa sulla “questione dossi” diventati ormai famosi non solo a Siderno, ma stanno superando in notorietà i cipressi di Carducci! Devo darle atto che ha lottato per molto tempo per rimettere in sesto quella via Macrì che sarebbe divenuta in brevissimo l’arteria più importante che si collega a nord ed a sud con la SS 106, evitando così l’attraversamento di tutto il centro cittadino! Purtroppo la brillante idea d’installare quegli ostacoli, in pochi giorni ha sortito eccezionali risultati. Lei, o chi per lei, ha avuto la capacità di distruggerla in pochi giorni, (-80% di transito), di affossare l’economia di tutta la zona, di far fare agli automobilisti il periplo di Siderno convogliando tutto il transito su corso Garibaldi rendendolo impercorribile a causa del traffico caotico cui oggi è sottoposto. Ma io non riesco ad immaginare un’ambulanza che debba portare una persona con flebo o con fratture, o incinta a Locri in ospedale: le fa fare il giro di tutta Siderno o potrà scaricare il paziente molto più vicino? O l’intervento dei Vigili del Fuoco, di Polizia o Carabinieri che con grande difficoltà e ritardo deb-

bano recarsi dove necessario, basterebbe ad ordinarne, come prescrive la legge, l’immediata rimozione, caso contrario risponde civilmente e penalmente chi li ha fatti installare o chi non li abbia fatti rimuovere. Ma mentre lei è sensibile (giustamente) alle richieste di alcuni commercianti, non tiene in nessun conto quelli che sono i timbri di dozzine di aziende che gravitano intorno a tale arteria, le firme di decine di cittadini, nonché quanto scritto sui social da centinaia di sidernesi, dai quali presto riceverà una class action per risarcimento danni, in quanto ci sono mezzi più idonei, rapidi, efficaci, economici e legali, a protezione della pubblica incolumità. Io non ho le capacità né l’intenzione di dare consigli a nessuno, non ho mai fatto politica, non ho mai fatto strumentalizzazioni, ma nella vita un solo consiglio si può anche dare nell’interesse di tutti i cittadini: si contorni di persone competenti! Non me ne voglia, con immutata stima ed affetto, cordiali saluti. NB. Veda nota Ministero del 26/10/2011, n. 5274 Mario Ferraro

Marina di Gioiosa: Lo strano caso della TARI 2015

Egregia Direttrice della Riviera, sono un pensionato di Marina di Gioiosa Ionica e voglio denunciare le gravi e ingiuste vessazioni che subiscono i cittadini di codesto Comune per quanto riguarda le tasse comunali. In particolare mi riferisco alla TARI (tassa sui rifiuti solidi urbani). Centinaia di famiglie, sempre di codesto Comune, hanno ricevuto la cartella con la quale si richiede di pagare l’intero ammontare per l’anno 2015, nonostante in precedenza abbiano già pagato l’acconto, comprovato dai bollettini postali, in loro possesso. Recandosi allo sportello dell’Ufficio Tributi del Comune, dopo ore di attesa, si sentono dire dall’incaricato della SOGET che essendo loro utenti e non avendo richiesto il saldo TARI 2015, gli tocca pagare l’intero importo e che non entra nei compiti della stessa di annullare le cartelle con le quali si richiede il totale di quanto richiesto all’origine, addirittura comprensivo di interessi di

mora. Questa risposta del Funzionario della SOGET è parsa chiaramente una presa per i “fondelli” e dimostra quanto il Fisco sia vessatorio e crudele nei confronti dei cittadini onesti: secondo il ragionamento del burocrate di codesta Società dovevano loro, i cittadini, richiedere il bollettino del saldo TARI 2015, in quanto gli Uffici SOGET non sono all’altezza del compito. A questo punto i cittadini si rivolgono (tramite il sottoscritto) al buon senso della responsabile dell’Ufficio Tributi del Comune di Marina di Gioiosa affinché intervenga a risanare questo assurdo contenzioso per evitare l’intervento di Equitalia col fermo macchina che per errore e inefficienze della SOGET siano, come al solito, a pagare gli onesti contribuenti. Naturalmente se la questione non verrà risolta si provvederà ad agire per via legale. In fede Alfredo Massara





05 AGOSTO - 14

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rubriche

Africo. Aspettando una nuova narrazione

Antonio Strangio Su quel che resta di un antico Paese, Africo, rovine e memoria che un tempo non molto lontano si chiamava Casilinuovo, oggi Africo antica per evitare di usare termini quasi volgari come Africo vecchio, sono state forse gettate le basi per una nuova narrazione della Calabria, dopo decenni di narrazione infamante e faziosa, che ha avuto la forza di spostare le montagne, ammazzare gli uomini, e tingere di nero ogni angolo della nostra invece bellissima e suggestiva terra di Calabria. Un utopia che muore per far nascere una nuova vita, come succede ancora da secoli sui piani della Campusa, dove lo spettacolo delle stelle alpine, le bocche di leone, il cardo mariano e le ginestre in fiore, fanno nascere la primavera sotto un cielo azzurro mare che fa ammirare meglio ancora, la rotta degli aerei di linea che solcano veloci quel limbo sereno contornato di stelle e lucciole impazzite, e ci aiutano a scrivere per raccontare la meravigliosa storia della vita. Immagino primavera inoltrata e mai sopita, anche gli uomini travestiti da intellettuali che si sono inerpicati fino ai piani di Carrà e sotto la protezione di una potente e maestosa quercia hanno raccontato a se stessi e al mondo intero che non era più lontano, il desiderio di una pagina nuova, che diventa libro e racconti come mai è stato fatto in questi ultimi Cinquant’anni, lo spettacolo straordinario che sa di favola antica dei Paesi dell’Aspromonte e il resto della Calabria, sotto lo sguardo divertito di Corrado Alvaro, Saverio Starti, Pasquino Crupi e Antonio Delfino che, a turno, si sono affacciati dal balcone del grande cielo, per verificare di persona la bontà di un progetto che potrebbe cambiare la storia e il destino di interi Paesi e in particolare della Gente d’Aspromonte. Scarabocchio queste poche e confuse righe all’ombra di Serro della Croce, comune di San Luca, un balcone naturale dal quale è possibile ammirare e godere lo spettacolo del suggestivo Santuario di Polsi, l’immensità della cima di Montalto che quasi tocco con le mani, mentre cuochi improvvisati e mai stanchi servono carne bollita e fette di pane spruzzate di pomodoro e condite con l’olio, il sale e l’origano selvatico che mi aiutano a digerire meglio l’impronta di quello che fino a pochi anni fa era il famoso lago di San Costantino, poi ribattezzato degli Oleandri in onore del viaggiatore inglese Edward Lear. Ma devo aggiungere che scrivo con fatica perché non sono del tutto convinto, non della bontà del progetto, ma degli uomini che questo progetto dovrebbero realizzare, perché da quello che mi è stato detto e leggendo una parte dei resoconti apparsi sui giornali, ho capito si, che a parlare di nuova narrazione della nostra Calabria, sono stati una parte degli scrittori e giornalisti che meglio ci rappresentano nel mondo, ma c’erano anche tutti quelli che da anni della Calabria e dei calabresi hanno raccontato soltanto le cose brutte e non ci hanno pensato due volte, quando gli è capitata l’occasione, a scrivere male di una terra e di una generazione che male non è stata dipinta soltanto dalle penne intrise di odio che abitano e vivono a nord della nostra terra. Il peggiore nemico della Calabria siamo stati e continuiamo ad essere noi calabresi. Ecco perché penso che il dono che Africo ha fatto al resto della Calabria e al mondo intero, diventerà prezioso e acquisterà valenza soltanto se scriveremo con il cuore, e usando la penna del fanciullino che è dentro ognuno di noi, e non continuando invece ad usare la penna prezzolata che fino ad oggi, ha dominato la maggior parte degli autori che si sono interessati delle nostre storie e dei nostri Paesi e hanno visto ovunque Anime nere. Post scriptum Fulminati sulla strada per Campusa? È un augurio che faccio a me stesso e a tutti i calabresi della diaspora sociale e a tutti quelli che vogliono credere ancora nel valore della cultura come strumento di riscatto, altrimenti saremo costretti a subire in eterno i colpi che fanno male di una pletora di pseudo giornalisti ai quali poco può contrastare la forza e la bellezza di tutti quelli che vorrebbero scrivere per raccontare la primavera, con buona pace per il grande e mai capito Corrado Alvaro, che in uno dei suoi diari ( Quasi una vita) aveva scritto che “scrivendo si trova la via, come scavando si trova l’acqua”. Ed è questo che mi aspetto dalla nuova narrazione della nostra terra: la via e l’acqua!.

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CALABRESE PER CASO

A proposito di Svimez...

Ogni anno la Svimez, ovvero l’Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno ci delizia con i suoi dati e con le sue analisi di una puntualità disarmante. Non solo. Ponendoci a metà strada tra il conforto e lo sconforto, Svimez, dovendo giustificare se stessa, è sempre lì pronta a ricordarci da decenni quanto il Sud sia in fondo un buon motivo di mancato sviluppo. D’altra parte, se le sorti della nostra storia fossero state diverse cosa scriverebbero fior fiori di illuminati analisti presuntivamente meridionalisti? Ora è un dato che più di 1.900.000 unità di forza lavoro sia uscita dal Sud e, ovviamente, lo dice Svimez. Una non novità come tante, ma utile per redigere il rapporto che chiuderebbe un anno di attività. Insomma, giustificata se stessa, adesso attendiamo un altro anno e un altro rapporto Svimez e... scordiamoci le soluzioni. Eppure una riflessione di merito forse possiamo farla. La migrazione da Sud a Nord, come al di fuori dei confini nazionali, avviene in tutti i paesi (tranne la Francia e qualche altro paese) e, in Italia non è certo una novità soprattutto dall’attrazione indotta dalle economie industriali su quelle agricole del Veneto e del Meridione. Vi è stata una sorta di con-

trazione dei flussi solo per qualche decennio, diciamo la generazione immediatamente successiva agli anni Settanta. Probabilmente perché il modello assistenziale sulla mancata occupazione garantiva una sostenibilità di risorse inoccupate e perché sembrava prevalere il pensiero che il Lavoro dovesse raggiungere il Sud del paese. Ovvero, che si potesse capovolgere il mantra per il quale non si doveva più inseguire il lavoro ma farsi inseguire. Risultato? L'aumento geometrico dell'indice di povertà del meridione d’Italia. Fortunatamente, però, la globalizzazione e l’Europa unita hanno incentivato la migrazione verso il lavoro con una distribuzione che, a nostro danno ma a beneficio dei nostri figli, ha aperto nuovi orizzonti. Il vero problema, allora, non è chiedersi perché i nostri ragazzi vanno via - risposte a cui ognuno di noi saprebbe trovare degni e ragionevoli argomenti - ma perché noi... al Sud... siamo e resteremo fuori dal processo di globalizzazione e di scambio delle opportunità e, ancora, del perché restiamo figli minori di un' Europa tanto, molto... troppo lontana. Giuseppe Romeo

L’opinione

Quel che resta di un popolo a brandelli da prima dell’Unità d’Italia MI ERO ARRESO ALLA FELICITÀ APPARENTE DELL'UTOPIA ARMATA, PRATICANDO QUELL'IDEA DI RIVOLUZIONE DEI SENTIMENTI NELLA QUALE POTER VOLARE IN LIBERTÀ. COSÌ ALLESTÌ LA SALA OPERATORIA DI DEXTER CON UN TELO DA MARE E ME NE SAZIAI. E MENTRE MI CHIEDEVO SE GLI ARCOBALENI FOSSERO UN’ILLUSIONE, UN PO’ COME LA RELIGIONE, MI RESI SEMPRE PIÙ CONTO DI ODIARE L’IPHONE. (ON THE ROAD - OLIVE AVENUE) ROBERTO DE ANGELIS

Vorrei rinascere

VORREI RINASCERE IN UNA TERRA SENZA STATO E SENZA CONFINI, SENZA NESSUNO CHE MI CHIEDA CHI SONO, PRIVA DI PASSAPORTI E DI CARTE DI IDENTITÀ, DOVE SI DICE FRATELLO E NON EMIGRANTE. VORREI RIVIVERE IN UNA TERRA DOVE NON ESISTONO CASE DISA-

BITATE E TERRENI ABBANDONATI CON SU SCRITTO PROPRIETÀ PRIVATA, UN POSTO DI CUI ANDARE FIERO, UN LUOGO COME LA CALABRIA. VORREI RINASCERE QUI DOVE SONO NATO, DOVE SPADRONEGGIA LA NDRANGHETA, DOVE TUTTO È DIFFICILE. QUI, DOVE HO IMPARATO A REAGIRE ALLE AVVERSITÀ, DOVE L'UOMO HA INIZIATO A PENSARE, DOVE TROVERÒ SEMPRE UNA SPIAGGIA PER APPRODARE E QUALCUNO CHE MI TENDE LA MANO. GIUSEPPE GANGEMI


GIUDIZIARIA

Mastro di “tirata” nella ‘ndrangheta

CONVERSANDO

Pellaro IGT, un vino d'artista Dotata di una virulenza che l'abitudine ha smussato, l'Etna domina e ridisegna il panorama e il paesaggio dello Stretto al tramonto collegando particelle e terogenee, abolendo diversi intervalli di luce, fondendo come l'oro uno scenario fatto di calma e di bontà. E mentre la Dimora degli dei, l'Ascensione religiosa e naturalistica, come un operaio intento a stabilire fondamenta stabili in mezzo ai flutti color malva, affascina e bemolizza il chiaro di luna, splendidi vigneti di Calabrese, Castiglione, Gaglioppo, Nerello cappuccio, Nocera e Alicante generano il disegno giapponese delle loro ombre sulle colline a terrazzo, dal terreno sabbioso e asciutto, della parte meridionale della città di Reggio Calabria. Balconi sul mare, che da una altitudine di 100 m s.l.m. salgono fino a 600 metri, comprendendo l’intero territorio del comune di Motta San Giovanni e le frazioni di Bocale, Lume di Pellaro, Macellari, Occhio di Pellaro, Oliveto, Paterriti, Pellaro, San Filippo, Valanidi in provincia di Reggio Calabria, danno origine ai rossi e ai rosati Pellaro IGT. Dal carattere squisitamente meridionale, il rosso, presenta un colore rubino con leggere sfumature di porpora. Un ventaglio di profumi veramente ampio: ciliege mature, marmellata di prugne e frutti rossi approdano al naso in modo netto e lampante, lasciando pian piano spazio ad un leggero sentore di alloro e minerale. Corposità e vellutata eleganza al palato sono in grado di tenere sotto controllo una nube di alcolicità che crea alibi mentali. Un tannino delicato, in cui sono completamente assenti le note amare, lascia il cavo orale perfettamente profumato per lungo tempo. Apprezzato da tempo, grazie al binomio suolo e clima che arricchisce con vigore i grappoli della sua vite, è il prodotto culturale concepito dall’uomo come alimento e strumento di benessere in cui si riflettono le memorie trasmesse da una generazione all’altra. Capolavoro di un esemplare ormai raro che si contempla talora con l'umiltà, la spiritualità e il disinteresse di un artista, talora con l'orgoglio, l'egoismo e la sensualità di un collezionista. Sonia Cogliandro

FRUTTI DIMENTICATI

Pero degli angeli o Ngelica PIRUS COMMUNIS L. FAMIGLIA ROSACEE

La presenza di tale varietà di pero è legata a quella della gente di Ferruzzano, che si era spinta al di fuori del suo stretto ambito territoriale nella coltivazione dei campi, veicolata dalla presenza a Ferruzzano stesstessa dei baroni Caffarelli, titolari di un subsubfeudo del ducato di Bruzzano, che amavano abbellire i propri possedimenti terrieri, da varietà insolite di fruttiferi. Essi avevano vasti latifondi costituiti da migliaia di ettari nei comuni di Ferruzzano, Bruzzano, S. Agata, Caraffa del Bianco, Staiti e marginalmente in quello di Africo; naturalmente i comuni erano nati con le Leggi Eversive della Feudalità dell’agosto del 1806, volute da Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone e re di Napoli. Il pero dava frutti dal gusto sublime, ricco di aromi e di leggeri effluvi che sapevano di divino, quindi degno degli angeli che si alialimentavano semmai di fragranze e non di elementi riconducibili al mondo concreto e volgare del cibo. Seguendo il suo percorso lo troviamo ovunovunque nel territorio del comune di Ferruzzano, in tutte le sue contrade e attraattraverso le linee marginali esterne di esso, lo vediamo introdotto per qualche chilometro nei comuni limitrofi. E così era avvenuto che attraverso la concontrada Saccuti, comune a Ferruzzano e Bruzzano, esso si era spinto timidamente verso il comune di Bruzzano stesso, ma non aveva superato di molto la linea confinaria e addirittura verso Motticella, discendendo probabilmente dalla contrada Carrì lamlambendo il borgo con qualche presenza sporasporadica in contrada Dutturi; sia a Bruzzano che a Motticella non conoscono il nome di tale varietà. Invece nel territorio di Caraffa aveva occuoccupato tutta la contrada delle Badie (abbazie) di Ferruzzano e si era introdotto nelle Badie di Caraffa o Stoli. Sul versante nord ovest, era molto diffuso nelle contrade attorno al bosco di Rudina, frequentate da sempre da agricoltori di Ferruzzano, Samo, Sant’Agata e marginalmarginalmente di Motticella; in definitiva da gente che discendeva dagli abitanti della vasta baronia normanna di Bruzzano che fu dividivisa in tre parti, dopo la vittoria di Carlo D’Angiò, a Benevento nel 1266, su Manfredi, figlio naturale di Federico II di Svevia. Una parte, quella di Bruzzano Vetere, comcomprendente i territori attuali di Bruzzano, Motticella, quelli che raggiungevano la fiufiumara di Poro e quella di San Leo, che dividividevano Africo da S. Salvatore (in seguito Casalnuovo) fu assegnata nel 1269 ad Egidio Appard e poi a Gualtiero Appard di Bevagna che la restituì perché non soddisoddisfatto del possesso, al regio demanio.

I BRIGANTI

Rutta pe’ rutta, ruppimula tutta!

Il 20 maggio del 1274 Carlo D’Angiò l’assel’assegnò a Giovanni De Brayda di Alba, che si era distinto nell’espugnazione di Aiello, Amantea e Arena, fedeli ancora agli Svevi. Bruzzano Vetere era dotato di un porto, la cui giurisdizione arrivava a Sant’Aniceto sulla costa (quindi oltre Melito), a cui sovraintendevano in nome del re, Tommaso Baldino ed Eugenio di S. Aniceto ( Motta S. Giovanni attuale). Un’altra terza parte fu assegnata a Filippo Baldello o Balderi signore di Platari e di Policore (Samo) che comprendeva gli attuaattuali territori di Samo e S. Agata che nacque nel XIV secolo dopo la distruzione di Policore in seguito ad un terremoto. Ci fu un contenzioso tra il signore di Bruzzano e quello di Policore per il possespossesso di Rudina, ma il contenzioso fu sopito quando Filippo Balderi sposò Albina, l’unil’unica figlia di Giovanni De Brayda . L’altra terza parte comprendente Bruzzano, che sorgeva dove sorge abbandonato Ferruzzano Superiore e Torre Bruzzano che sorgeva nei pressi di Capo Bruzzano, fu assegnata a Pietro Ruffo conte di Bruzzano, Catanzaro, Casopero, Castel Menardo, che esprimeva il suo potere notevolissimo dalla superfortezza di Mocta Bubalina ( Bovalino ), che era stata fatale a Manfredi, figlio di Federico II di Svevia, in quanto gli aveva resistito per sei mesi all’assedio, dopo la ribellione a favore degli angioini. Anche Pietro Ruffo possedeva un porto a Bovalino a cui sovraintendevano in nome del re, Palmerio Di Teti e Lucio Accafi di Bovalino stessa. I campi attorno a Rudina erano giardini di biodiversità fino a pochi decenni orsono, coltivati da quando i monaci basiliani vi avevano fondato dei monasteri, tra cui quelquello di S. Apollinare e quello dei santi Anargiri Cosma e Damiano, retto da monamonache, menzionato da testi sacri nel 500, menmentre ai margini del bosco esisteva probabilprobabilmente il monastero di S. Zaccaria. In ogni campo coltivato a Rudina esisteva una vigna e in ogni vigna non mancava il pero degli Angeli, che offriva delle pere insuperabili per il gusto, i profumi e i colocolori che le impreziosivano. Infatti una delle particolarità di tali frutti è quella di non essere omogenei nei colori, per cui, variano secondo l’irraggiamento che ricevono, per cui sulla stessa pianta si possono ritrovare frutti intensamente colocolorati di rosso, altri interamente gialli, altri ancora rosei, con la parte offerta al sole rosrosseggiante. Le pere prodotte, che arrivano a maturaziomaturazione nelle prime due decadi di luglio, sono di grandezza media, la loro forma è elegante, allungata, dotate di piccioli, talvolta irregoirregolari, mentre la polpa è delicata, fine, mediamediamente succosa, non liquescente. Orlando Sculli

Tratto dal famoso romanzo fantascientifico: “Quando l’Italia era una, nessuna o centomila”. L’anno scorso mi trovavo a Milano. Mi fratturai un braccio e andai in ospedale per la medicazione. Prima di farmi i raggi per essere certi della frattura, mi fasciarono il braccio con un cartone di Pinot Nero, che portava bene (e gli faceva pure un po’ di pubblicità). Non dissi nulla perché quella era la prassi, si usava così in tutta Italia, e chi ero io per guardarli in maniera “storta”, mi avrebbero presa per terrona! Qualche anno prima mi trovavo a Venezia, covo di leghisti. E che ci posso fare, pure lì mi ruppi un piede, precisamente l’osso dell’alluce (o da quelle parti) in occasione della giornata “prendi anche tu a calci un terrone”. E prima di farmi i raggi mi incartarono la gamba col cartone della grappa Poli, e se avessi avuto molto male – dissero – mi avrebbero omaggiato con uno shottino! Pure lì non dissi nulla, anche per non farmi scoprire col mio accento, e non volevo apparire per la barbona di turno (e poi ero terrona, e avevo appena preso a calci un terrone pure io!). In entrambi i casi i

Alla fine c’è anche la figura del “mastro di tirata” nella ’ndrangheta. Una figura che emerge con prepotenza nell’ultima indagine della procura antimafia di Reggio Calabria, indagine, per intenderci, denominata “Teorema” dei giorni scorsi. Il “mastro di tirata” è indicato quale persona deputata al controllo del rispetto delle regole durante le operazioni di battesimo. Le frasi intercettate dagli investigatori e contenute nell’ordinanza di custodia cautelare sono le seguenti: «C: C'È IL MASTRO DI TIRATA... ; R: di tirata che vuole dire?; C:... in verità deve stare attendo che nulla deve girare storto...». Con dovizia di particolari, C. spiegava… i compiti che ciascuno degli affiliati di vertice rivestiva all’interno del sodalizio. In pochi minuti l’esperto boss stilava un compendio di tutte le più significative “doti” ‘ndranghetiste [“…il mastro di giornata è quello che passa le novità... ogni giorno giusto... c'è questo qua che deve passare le novità... c'è una novità... (…) poi c'è il capo società... (…) il locale... a Cannavò c'è un locale... (…) poi c'è il contabile... giustamente quello che tiene i soldi... (…) ogni locale... c'è una zona... (…) ha un capo società, un contabile e un mastro di giornata... (…) c'è il mastro di giornata... c'è... hai capito... poi ci sono i picciotti, camorristi e sgarristi...(…) ed il massimo... il massimo... c'è quello che ha la "Santa"... (…) lo sgarrista... per essere capo società devi essere almeno completo... completo bisogna avere queste tre cariche... picciotto... camorrista e sgarrista... e sei completo... può fare il capo società sennò... no (…) il picciotto è picciotto... base criminale, giovane...]. C. evidenziava che tali notizie erano ormai di dominio pubblico e leggibili pure sulla stampa, come da lui più volte personalmente constatato [ma uno queste cose dai giornali... le hanno scritte tutti i giornali...]; ma sottolineava come vi erano notizie, di cui anch’egli era evidentemente depositario, ancora non note alle forze dell’ordine e alla magistratura […che può fare queste cariche no... e poi ci sono un sacco di cose... regionali... mondiali... queste non le sanno tutti... e neanche loro sapevano queste cose... tutti tutti non li sanno... sono arrivati fino ad un certo punto... poi basta... in effetti sapevano dell'Australia, dell'America... che c'erano varie cose, le sanno queste cose ormai... (inc.)... questa, l'ultima operazione del R.O.N.O, che sapevano i cazzi di tutti... e i cazzi... (inc.) ... però c'è un'altra cosa ancora che non la sanno nemmeno loro... qua a Reggio contano i... i Segreti... G. D. S. gliel'ha calata la questione... sei, sette... erano in totale... (inc.) ... il coso è di sette...]. È il 24 luglio del 2013, dopo aver ragguagliato la R. sulle gerarchie ‘ndranghetiste e sulle doti dei vari affiliati […questo è battezzato il locale e siamo in circolo formato... circolo formato ci devono essere almeno cinque persone (…) capo società... c'è il contabile... c'è il mastro di giornata... c'è il mastro di tirata...], l’altro soggetto intercettato la informava circa l’avvenuta affiliazione del proprio figlio A. e del proprio nipote D. M. [C.: era nel 2011... pure mio figlio è stato a sedici anni... R.: pure tuo figlio?...C.: A…, si... pure D. ... R: apposta quello è malato... perché si pensa vai a vedere che!... e come si fa?... dimmelo... C.: vabbè... sono picciotti sono... li ho fatti tanto per farli così... siccome c'era anche il nipotino per fargli capire in questo modo no... diciamo che stretti stretti siamo noi... ] e la rendeva persino partecipe dell’esistenza di un sodalizio c.d. dei “segreti” portatore del più alto e occulto potere ‘ndranghetista nella comunità reggina [C.: ... la casa però c'è un'altra cosa ancora che non la sanno nemmeno loro... qua a Reggio contano i... i Segreti... G. D. S. gliel'ha calata la questione... sei, sette... erano in totale... (inc.)... il coso è di sette... ]. Uno dei capisaldi su cui, da sempre, si fonda la struttura organizzativa della ‘ndrangheta è la sua assoluta segretezza e l’impermeabilità rispetto agli accessi esterni: «È quindi impensabile – si legge nella occ – che un esponente di spicco di tale organizzazione potesse fornire un simile patrimonio di conoscenze – sugli aspetti più reconditi e basilari del sodalizio – ad un soggetto che non ne facesse parte, condividendone il progetto criminoso».

raggi confermarono le fratture e, in entrambi i casi, ricevetti le firme dei medici sul gesso, più un selfy e shottino. L’altro ieri mi sono fratturata l’indice e mi hanno portata a Locri. Sono sfortunatissima, lo so! A Locri non avevano cartoni per fasciarmi e mi hanno portata con l’elicottero a Reggio, perché quella era la prassi. A Reggio non hanno trovato nemmeno un cartone, perché tutti quelli rimasti erano stati richiesti dagli ospedali del nord, e quindi mi avrebbero solo messo una semplice fascia in attesa dei raggi. Ma io volevo il mio cartone! Ho aspettato indignata e ho pensato che mai e poi mai sono stata trattata così male come a Reggio, e che, fortunatamente, al nord ti trattano meglio! Mi sono ripromessa di cercare tutti i coupon dei giornali per vincere più cartoni possibile da inviare là dove davvero ti trattano con dignità. Eccheccavolo! Al nord sì che i cittadini si indignano e fanno le rivoluzioni se non hanno i cartoni negli ospedali! Brigantessa Serena Iannopollo


05 AGOSTO - 16

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società

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Gli ammalati non hanno “sindacato” e, in questo momento storico, neanche validi difensori. Tale compito toccherebbe alle Istituzioni e alla Politica (se ci fosse ancora) ma chi le rappresenta sovente più che il consenso consapevole del cittadino è alla ricerca del voto, una “dote” che manca agli ammalati ma non a coloro che dalla sanità traggono considerevoli vantaggi.

Lacrime e tarantelle! “

Sotto il bel sole di agosto non ci sono solo i “milioni di lacrime” versate nell’ospedale di Locri ma anche i miliardi di lacrime versate da quanti sono ritenuti miserabili e abbietti

Ilario Ammendolia Nei giorni scorsi la signora Tizi Pizzati mi ha inviato la seguente “notifica”: "Ospedale di Locri 31 luglio 2018 h 9,30, 43 persone in fila per fare il prelievo: un solo infermiere che effettua i prelievi; 1 che scrive a mano il nome dei pazienti su ogni boccetta e tutti gli esami da effettuare su un quaderno. 12 posti a sedere; 33 gradi all’ombra; nessun condizionatore… Un milione di lacrime…”.

Poche parole ma più taglienti di una lama. Gli ammalati non hanno “sindacato” e, in questo momento storico, neanche validi difensori. Tale compito toccherebbe alle Istituzioni e alla Politica (se ci fosse ancora) ma chi le rappresenta sovente più che il consenso consapevole del cittadino è alla ricerca del voto, una “dote” che manca agli ammalati ma non a coloro che dalla sanità traggono considerevoli vantaggi. I condizionatori che mancano per i pazienti si trovano in abbondanza nelle stanze di coloro che gestiscono la sanità obbedendo solo al criterio di potere gerarchico che stride con la democrazia. Non si soffre solo negli ospedali. In questi giorni, con le temperature a 40°, nelle carceri la vita è impossibile e infatti ben 30 reclusi, solo negli ultimi mesi, hanno pensato di suicidarsi. Molti di costoro erano in attesa di giudizio e probabilmente innocenti. Qualcuno storcerà il muso: in fondo si tratta solo di “galeotti”, quindi un’umanità miserabile e che per questo merita di essere maltrattata. E miserabili e abbietti sono i “rom” e la gente di colore e così dalla violenza verbale si passa alla violenza fisica. Gli episodi di razzismo non si contano più e in un tale inquietante contesto, un cittadino "onesto", "perbene" e agiato ha pensato di trasformare in un bersaglio mobile una bambina “rom” di soli 15 mesi. Probabilmente resterà paralizzata per tutta la vita ma si tratta solo di un danno collaterale di poco conto. Contemporaneamente è stata sequestrata e dirottata una nave con 101 disgraziati a bordo in fuga dall’inferno libico. Avevano già preso il largo e intravedevano all'orizzonte la libertà e la salvezza quando “uomini in divisa” li hanno costretti a

La battaglia per la solidarietà, per la pari dignità, per la legittima aspirazione di ognuno alla felicità non è scomponibile.

invertire la rotta... illegalmente. L’episodio mi ricorda una delle pagine più vergognose scritta durante il sequestro di Paul Getty. L’ostaggio per un colpo di fortuna riesce a fuggire ai suoi sequestratori e nel momento in cui pensava di aver raggiunto la salvezza, venne tradito da “normali cittadini” e riconsegnato ai suoi aguzzini. La faccia truce di chi governa serve a rimuovere i problemi veri iniziando dal Mezzogiorno da dove, in pochi anni, sono partiti due milioni di giovani o della Calabria che, secondo l’Istat, nel 2050 sarà una terra abitata da poco più di un milione di vecchi o quasi! Riassumiamo, mi sono soffermato su tre episodi diversi ma il filo conduttore è la mancanza di umanità! Abbiamo perso la battaglia di vedere nelle altre persone umane i nostri simili. L’odio verso gli altri e il disprezzo sembrano cadere su un terreno ben arato e concimato dalla cultura individualista e competitiva che contrappone le persone tra di loro e porta dritto all’infelicità. C’è chi è solidale con la gente in carcere ma odia gli immigrati oppure chi comprende gli ammalati ma è indifferente ai disoccupati, agli sfruttati, ai rom, ai carcerati. Non è possibile! La battaglia per la solidarietà, per la pari dignità, per la legittima aspirazione di ognuno alla felicità non è scomponibile. La persona umana deve essere rispettata sempre e ovunque e in qualunque essere umano perché gli uomini o si salvano insieme o si condannano a una assurda e perenne lotta fratricida che porta angoscia e all’infelicità! Concludo chiedendo scusa se nel bel sole di agosto mi sono soffermato su “milioni di lacrime” partendo da quelle versate nell’ospedale di Locri e che diventano miliardi appena allarghiamo il discorso. Non avrei voluto distogliervi dal meritato clima di riposo . È tempo di musica, di gioia, di convivialità e di tarantella, un ballo che unisce e che contiene una forte carica “democratico-rivoluzionaria” e un marcato protagonismo popolare. E sono queste le cose di cui avremmo un gran bisogno in un momento in cui si staglia all’orizzonte una nuova ondata di odio e di barbarie.



05 AGOSTO - 18

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DoPo 50 anni

Lo scheletro di cemento sul lungomare di Siderno diventerà un albergo? Era il 1968 quando, mattone dopo mattone, si creò lo scheletro di quella gigantesca struttura, affacciata sul mare, che avrebbe dovuto costituire il fiore all’occhiello per il turismo di tutta la Locride.

I

mmagino l’ingegnere Giuseppe Malgeri, professionista di Marina di Gioiosa Jonica, che più di mezzo secolo fa, passeggiando nell’incantevole lungomare di Siderno, mentre ne ammirava l’ampia spiaggia, abbia avuto un’intuizione: rendere ancora più meraviglioso quello che già vedevano i suoi occhi, attraverso la costruzione di un grande albergo. Malgeri aveva capito che un progetto simile avrebbe contribuito allo sviluppo del turismo e aiutato l’economia del paese ad avviarsi verso una svolta decisiva. Il prospetto fu presentato agli uffici della Pro Loco a Siderno, allora ubicati sul Lungomare, presente il Ministro del Turismo e dello Spettacolo di allora, Achille

Corona. I cittadini accolsero con grande entusiasmo la futura costruzione, che si sperava si andasse a concretizzare in tempi più o meno brevi e quell’ipotesi progettuale venne accompagnata da una sottoscrizione volontaria ripagata in acquisto di azioni che, in una sorta di sistema pubblico – privato, (il comune di Siderno anche in questo precursore dei tempi), consentì dopo un tempo non eccessivamente lungo di dare il via all’inizio dei lavori. Era il 1968 quando, mattone dopo mattone, si creò lo scheletro di quella gigantesca struttura, affacciata sul mare, che avrebbe dovuto costituire il fiore all’occhiello per il turismo di tutta la Locride. Tuttavia per cause sia burocratiche che economiche i lavori si bloccarono. Per molti anni lo scheletro di cemento, rimase a simboleggiare l’emblema dell’irrealizzabile. In seguito, la cessione delle quote da parte dei piccoli azionisti e l’inserimento

Successo oltre le aspettativa per “L’iliade” di Baricco a Portigliola Dopo l’eccezionale successo di pubblico fatto registrare dalla serata inaugurale, il 31 luglio, nel Teatro Greco Romano di Portigliola, si sono riversate centinaia di persone per assistere a “L’Iliade” di Alessandro Baricco interpretata da Blas Roca Rey e Monica Rogledi. L’affluenza di pubblico proveniente da ogni parte della Calabria, così intensa da risultare inaspettata persino per gli organizzatori, non solo ha determinato il tutto esaurito ma ha anche costretto l’Amministrazione Comunale e il Polo Museale a imporre la chiusura dei cancelli prima che fossero entrati tutti per ragioni di sicurezza. Per questa ragione l’Amministrazione di

Roccella: Torna l’appuntamento con “Miss sotto le stelle” È diventato una consuetudine, oramai dopo 20 anni, l'assistere all'evento di "Miss sotto le stelle", al quale, da circa dieci anni, è stato annesso il concorso "Miss Bandiera blu" e a questi, infine, da qualche anno, si è aggiunto "Un volto per TELEMIA". Il Presidente e la VicePresidente dell'A. C. A. S., rispettivamente Saro Bella e Cristina Nauman, in collaborazione con l'Amministrazione Comunale di Roccella Ionica, anche quest'anno rispetteranno l'appuntamento estivo fisso con la "bellezza", conducendo e presentando il pluri-concorso con una passerella di bellissime ragazze del nostro territorio, di età compresa tra i 14 e i 24 anni, il giorno 8 agosto, alle ore 21,30, presso il Teatro al Castello di Roccella Ionica. La serata vedrà tanti ospiti di rilievo che rappresenteranno la scienza, lo sport, l'arte, la musica e la danza; volendo annunciare qualche nome, l’Ingegnere Roberto Furfaro, uno dei massimi scienziati NASA al mondo che si occupa di sperimentazioni

e ricerche su Marte e il sistema planetario; Giuseppe Ursino, che, in 21 anni ininterrotti da direttore sportivo, ha accompagnato la squadra del Crotone, dal campionato di Promozione alla Serie A; inoltre, nel corso della serata, l'A.S. Roccella presenterà ai tifosi sportivi roccellesi tante importanti e auspicabili novità: la squadra con diversi nuovi calciatori, accompagnata dal suo nuovo tecnico sportivo Mimmo Ciampà e la nuova dirigenza nel nome di Maurizio Misiti, con al seguito il nuovo Direttore Generale Rocco Agostino. Momenti musicali fatti di dolci note e di danza classica saranno attrazioni della bellissima serata che vedrà, sul finale, la premiazione di tre reginette, le più belle tra le belle; infatti, un’attenta giuria, al termine di una soggettiva e personale espressione di voto, selezionerà ed esprimerà il proprio "verdetto" assegnando i titoli alle prime classificate di "Miss sotto le stelle", "Miss bandiera blu" e " Un volto per TELEMIA".

dei nuovi proprietari portò alla riapertura dei lavori, che però a causa di ulteriori imprevisti si interruppero nuovamente, la zona è stata recintata e l’esterno rifinito. In questi lunghi anni la struttura è servita a ospitare un paio di antenne per la telefonia mobile e un noto clochard sidernese, scomparso da pochi anni. Sono trascorsi ormai 50 anni, oggi l’ecomostro è diventato una struttura privata, circola voce che sia in corso una trattativa per una nuova cessione. Forse il 2018 sarà l’anno della svolta e Siderno potrà veder sorgere il suo albergo, realizzando il sogno di tanti cittadini, che amando il proprio territorio, desiderano vedere l’opera realizzata, portando così a compimento l’intuizione avuta da Malgeri più di mezzo secolo fa. Rosalba Topini

Portigliola ha rivolto a quella parte di pubblico che ha assistito allo spettacolo in piedi o su una pietra di fortuna lo stesso plauso che gli spettatori hanno rivolto all’interpretazione degli attori. Pur avendo già il biglietto in mano, infatti, queste persone hanno dimostrato una civiltà fuori dal comune, comprendendo le esi-

Riace Principio d’estate Gli alberi alla marina fioriti ieri rosseggiano fronzuti un’aura lieve solletica le balze e tra le siepi piano gli uccelli con le compagne ora per amore. Stanco d’antico moto dorme il mare e sulla sabbia giacciono le onde. L’umido inverno raccoglie svelto le falde opache del nuvoloso manto e guata bieco Amor che si stiracchia allegro e pensa ai prati. Primitivi amanti, mutate crepidi fra salsi pini, mirano se stessi e son mirati. Lontano, inviso agli altri, Pan zufola ancora melodia che invaghi Circe quando giunse Ulisse: la stessa che udì Nausicaa fra i suoi canneti per le abluzioni. Dolce l’aria si adagia e si ritemprano gli arbusti ed un sano tepore tutto pervade. E vola il sogno a ritrovare antichi eroi e tenui sembianti: tra canti e balli al suon delle zampogne, tra serti di ginestre dai dirupi spani danzano fimbriate figure evanescenti oltre il vento anacoreta. E quando l’aere imbruna e sale a questo colle furtiva tenera la sera le ombre amiche vincono gli indugi e invadono i cantoni della casa. Al fioco suon d’una campana qual Pallade novella tu viene a me,

genze degli organizzatori senza creare difficoltà alle maschere. Appuntamento adesso a domani, lunedì 6 agosto, quando andrà in scena “Gli Uccelli - Nubicuculia, la città impossibile”, adattamento dell’omonima commedia antica di Aristofane riportata alla vita da Cinzia Maccagnano.

stupenda imago acerba gioventù e di pudore a rallegrar l’occaso d’una sera. Allor non senti più raspare musiche contorte sopra gli effluvi antichi del greco mar, non senti più rumori e strida mentre veleggia un canto sull’onde amiche. Nelle sere fulgente in questa parte aprica del vermiglio orizzonte oltre la scalfa terra Eolo s’avanza a ritemprar le membra col soffio amico. E il Borgo tace. Sull’arenile eteree ninfe e Fauni danzanti van per le ripe a ritrovare Amore e fanno ala a scudettati eroi di bronzo greco per la patria nuova, e là, oltre il frangiflutti, permane ancor la sica del Parvo Aiace, saldo di piede e la lancia sulla tolda, alta la fronte, il guardo auspice e il cuor a Locri che sarà. Sul bagnasciuga l’ombra silente e tarda altri non è che l’umido Nettuno intento al mare e al saettar veloce del carro diomedeo dalla Daunia sparito per l’Isola Felice. In quest’ora tarda la grecanica terra sempre si ridesta e, se volente, riveder potrai antichi eroi, pulzelle e fanti, suoni di tube per gran feste e canti. E allora giacciono le membra e giace il mare, la mente giace e poi s’avanza il sonno e s’ode l verso della cinerea tortora, la stessa che vide Ulisse che cerca ancora la sua terra. Ma ora, senza Galati né foresti albini, al Borgo e alla Marina Riace dorme e la sua greca sera. Giuseppe Pino Vadalà


nuoVE TECnoLogiE

Lo screening satellitare di cui il professore di oxford Stefano Bonfà ci aveva parlato lo scorso anno, dopo la fase teorica, è pronto per quella sperimentale. il 24 luglio, a Bianco, Bonfà ha infatti presentato a imprenditori e assessori regionali i dati ricavati da un’analisi territoriale dell’area della Vallata La Verde, spiegando come essi possano indicare la strada per lo sviluppo socioeconomico dell’area e fare prevenzione del dissesto idrogeologico.

EVEnTi

Questa sera, domenica 5 agosto, alle ore 21:30, presso il Blu Bay Beach sito sul lungomare di Caulonia, all’altezza della Piazza di Bronzi di Riace, sarà presentato il libro di Raffaele Malito “Sisinio Zito, un politico visionario”. Dopo i saluti istituzionali del sindaco Caterina Belcastro, interverranno Maria Celi Campisi e il sindaco di Roccella giuseppe Certomà. Dialogherà con l’autore il giornalista gianluca albanese.

Lo sviluppo della Locride potrebbe essere dietro l’angolo il sistema satellitare, ribattezzato Data Cube ai, ha già aiutato l’australia a risolvere il problema della siccità e sta per partire la sperimentazione anche nelle aree più depresse dell’india. La Locride potrebbe divenire la prima area europea a sfruttare il sistema

o scorso 24 luglio, presso la Villa Helios di Bianco, si è svolto un workshop sull’innovazione sociale per lo sviluppo della Vallata La Verde. Uno dei relatori dell’evento è stato il professore Stefano Bonfà, ricercatore dell’Università di Oxford che già l’anno scorso ci aveva raccontato di essere impegnato nella realizzazione di un progetto che prevede lo screening satellitare di un’area geografica circoscritta per comprendere come sfruttarne le risorse per creare economia e fare prevenzione del dissesto idrogeologico. «Dall’anno scorso a oggi - ci ha spiegato Bonfà, - abbiamo messo in moto una start up finanziata dall’Agenzia Spaziale Europea che ha sviluppato, in collaborazione con l’Università di Berlino, il sistema informatico utile a effettuare l’analisi territoriale del territorio, ribattezzato Data Cube Artificial Intelligence. Avendo a disposizione gli strumenti, oggi possiamo avviare la fase sperimentale e la mia visita in Calabria è determinata proprio dalla volontà di presentare alle istituzioni regionali l’approccio metodologico che dovrebbe essere utilizzato per avviare il progetto». La tavola rotonda della scorsa settimana, infatti, ha visto la partecipazione di due assessorati della Regione Calabria e della facoltà di ingegneria dell’Università Mediterranea, con cui Bonfà e il centro di ricerca dell’Università di Oxford da lui presieduto hanno stabilito di avviare una collaborazione che garantisca di sviluppare l’economia dell’area a partire da una corretta visione generale del bacino della fiumara La Verde. «Ora che abbiamo raccolto i dati - prosegue Bonfà, - è il momento di sperimentare il nostro modello di sviluppo sul territorio. Ci è stato concesso di avviare il progetto nell’area della fiumara La Verde alla sola condizione che questo possa creare posti di lavoro e condizioni di sviluppo nel comprensorio e abbiamo già fatto gli accordi necessari a sviluppare un incubatore di start up innovative che possano sopperire alla mancanza di imprese in grado di dare impulso all’economia comprensoriale. L’interesse dimostrato dal Ministero dell’Economia, dall’Agenzia Spaziale Italiana e dalla Protezione Civile nazionale, inoltre, mi fa ritenere che il progetto possa incontrare facilmente il favore di importanti investitori, garantendo così alla Locride di essere il primo esempio europeo di sperimentazione di questo tipo». Il Data Cube AI, infatti, trova ad oggi applicazione solo in Australia, dove il sistema, controllato da un privato, è in grado di monitorare l’andamento climatico e lo stato di salute dell’intero territorio continentale. «Sfruttando lo screening satellitare e le nuove tecnologie - ci spiega Bonfà - possiamo finalmente parlare di pianificazione, mettendo in campo una piattaforma che non si limiterà più, come accade oggi, ad analizzare i danni di un evento catastrofico (un alluvione, un incendio, una frana…) ma studierà lo stato di salute del terreno permettendo alla Protezione Civile di fare vera e propria prevenzione». Come ci aveva già anticipato Bonfà lo scorso anno, questo

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potrebbe avere anche importantissime ricadute sullo sfruttamento intensivo dei terreni agricoli, dando impulso a un settore sul quale la Locride fa grande affidamento. «Si prenda una coltura delicata come quella del bergamotto - ci dice il professore, - sfruttando il sistema noi potremmo riuscire a individuare con la massima precisione una nicchia nella quale la coltura possa rendere al massimo per la presenza di depositi d’acqua nascosti piuttosto che di un determinato microclima, creando attorno a quell’area un modello economico di lavorazione del frutto che potremmo esportare in tutto il mondo. Questo, oltre a ridurre gli sprechi e garantire un guadagno economico immediato, permetterebbe di creare anche interesse turistico attorno all’area, favorendo dunque il sorgere di strutture ricettive o di trattamento sanitario che darebbero grande impulso all’economia dell’area dimostrando alle comunità quali sono i metodi più efficaci per poter crescere attraverso l’utilizzo di dati certi». È proprio nell’affrontare questo aspetto, tuttavia, che il progetto potrebbe subire una dannosa battuta d’arresto. «Per risolvere le problematiche economiche dei centri che sorgono sulle rive della fiumara, -ci spiega infatti Bonfà, - è imperativo che si venga a creare un partenariato tra pubblico e privato del quale, purtroppo, non abbiamo potuto gettare le basi per il disinteresse dimostrato dai primi cittadini dei comuni che affacciano sulla fiumara La Verde. Fatta eccezione per il sindaco di Ferruzzano, infatti, nessuno dei primi cittadini potenzialmente coinvolti si è presentato al convegno, dimostrando che ognuno vuole continuare ad amministrare il proprio comune come meglio crede, ritenendo superflua la collaborazione con gli altri. L’atteggiamento dimostrato da questi sindaci è quello del “blockchain istituzionale”, l’adozione di rigide regole non scritte che permettono a un individuo o a un’istituzione di investire come meglio crede le risorse che ha a disposizione non per perseguire lo sviluppo territoriale, ma un interesse personale. Esattamente quel tipo di atteggiamento, mi spiace dirlo, adottato dalle organizzazioni criminali e che dovrebbe essere totalmente estraneo ai primi cittadini o, peggio ancora, al Presidente dell’associazione dei sindaci della Locride, che pure avevo invitato personalmente a partecipare». Per non perdere ulteriormente tempo, comunque, Bonfà ha fatto un accordo con Domenico Silvio Pizzi per rendere Ferruzzano comune capofila del progetto e conta adesso di proporre un seminario internazionale nel nostro comprensorio al suo rientro da Roma, dove esporrà la sua ricerca ed effettuerà la prima dimostrazione pratica del modello Data Cube AI. Nel frattempo l’invito ai sindaci è di documentarsi e interessarsi alla questione e, impegni istituzionali permettendo, di partecipare con interesse ai prossimi incontri, perché le potenzialità del progetto sono davvero enormi e potrebbero garantire alla Locride di risolvere i tanti atavici problemi che hanno afflitto il suo martoriato territorio per troppo tempo. Jacopo Giuca

Martedì 7 agosto, alle ore 21:00, presso la corte del Palazzo di Città di Locri, si svolgerà la 50ª edizione del giugno Locrese, concorso per poesia della Città di Locri indetto dall’assessorato alla Cultura del Comune di Locri. nonostante le difficoltà organizzative torna finalmente un classico imprescindibile dell’estate culturale offerta dal nostro comprensorio. all’edizione di quest’anno parteciperà l’attrice Lina Sastri.

Mercoledì 8 agosto, alle ore 19:00, presso l’agriturismo biologico “‘a lanterna”, in località Cuturi, Monasterace Marina, di terrà la presentazione del libro di gioacchino Criaco “La Maligredi”, edito da Feltrinelli. Converserà con l’autore Domenico Dara e, al termine della presentazione, seguirà un apericena con lo scrittore durante il quale si potrà degustare un piatto di pacchetti con sugo di capra e un calice di vino rosso al prezzo di 8 €.

giovedì 9 agosto, a partire dalle ore 19:00, presso la Piazza Ferrari e il Largo Magenta di Mammola, si svolgerà la 40ª edizione della “Sagra dello Stocco… la serata più gustosa dell’estate!”, organizzata dalla locale ProLoco con il patrocinio del Comune, della Regione Calabria, dell’unPLi e di “Cibofood”. Parteciperanno tutti i ristoratori di zona. allieterà la serata il gruppo Etnofolk Suddanza con un concerto che concluderà la serata.



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Domenica 12 agosto l’attore di Locri calcherà il palco del Teatro Greco Romano di Portigliola con il suo spettacolo “Nu cuntu”. La pièce teatrale, che attinge a piene mani alle radici storiche e culturali della Calabria, sarà dedicata da Tallura al compianto Pasquino Crupi, che iscrisse il suo testo nella categoria della letteratura dei cantastorie ormai in via d’estinzione.

Arte&co

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Tallura: “Pasquino Crupi è stata l’ultima alba intellettuale della Locride”

Tallura non ha dubbi: ideando e curando il Festival del Teatro Classico di Portigliola, il sindaco Rocco Luglio è divenuto il faro culturale della Locride. Ora tocca agli altri sindaci svegliarsi e dargli una mano.

Sono in corso di definizione gli ultimi particolari per la messa in scena di “Portiglialba”, l’evento che, per il terzo anno consecutivo, garantirà agli spettatori del Festival del Teatro Classico di Portigliola di assistere alla messa in scena di uno spettacolo al sorgere del sole di Ferragosto. Protagonista dell’evento sarà ancora una volta l’attore locrese Antonio Tallura che, tuttavia, prima di dedicarsi allo spettacolo assurto a simbolo della stagione teatrale estiva della riviera ionica reggina, la sera del 12 agosto porterà in scena, sempre al Teatro Greco Romano di Portigliola, una pièce che attinge a piene mani alle radici storiche e culturali della Calabria. «Si tratta di “Nu cuntu” - ci racconta Antonio, - una rappresentazione estrapolata da un libro che ho pubblicato nel 2007 con la prefazione del compianto Pasquino Crupi. Io e Cinzia Costa, accompagnati dalle musiche dal vivo di Davide Ritorto e Giovanni Tallura, racconteremo una storia di quelle narrate in passato dagli anziani ai parenti o agli amici che si riunivano attorno al focolare per trascorrere le lunghe serate d’inverno. Protagonista della vicenda è un giovane uomo che, caduta malata la moglie, si mette in viaggio in compagnia del figlio piccolo e di un vecchio mulo per cercare il suo primogenito, affidato anni prima a una famiglia di montagna affinché gli venisse insegnato il lavoro di carbonaio. A un viaggio di andata paradisiaco, durante il quale l’uomo imparerà a conoscere il mondo idilliaco nel quale sono immerse le comunità di montagna, si contrapporrà un ritorno che avrà delle analogie con una discesa negli inferi, funestato dalle notizie contraddittorie che l’uomo reperirà in merito alle sorti del figlio. Si tratta di uno spettacolo che tocca i temi del brigantaggio, della povertà, che attinge alla storia dei carbonai, generazione di uomini destinata a vivere in montagna senza mai vedere la luce del giorno in nome del lavoro, di cui solo Saverio Strati ha parlato in maniera adeguata. È un viaggio attraverso la bellezza e la disperazione che sono molto contento di poter mettere in scena dopo molti anni e di poter dedicare a Pasquino Crupi che, nel 2009, mi consegnò il premio “Micu Pelle” per il libro da cui è tratto lo spettacolo, paragonandolo a “U cuntu” di Ignazio Buttitta e affermando che si trattava di uno degli ultimi esempi di una letteratura di cantastorie ormai destinata a scomparire». Ma la dedica all’ex direttore de “La Riviera”, Tallura, la vuole fare anche per un’altra serie di ragioni. «Ci tengo a ricordare Pasquino - prosegue Antonio, - perché mi ha dato tanto e ritengo di essere stato fortunato ad averlo conosciuto. Come uomo, intellettuale e risorsa umana di questa terra, credo abbia rappresentato l’ultima alba alla quale ha potuto assistere una Locride ormai abituata, per pigrizia mentale, a osservare solo tramonti sociali, politici e culturali. È grazie a Pasquino e alla sua dinamicità intellettuale, che gli ha permesso di essere compreso allo stesso modo da re e contadini, se ho invece potuto partecipare a tante serate conviviali in cui si esprimeva

con grande concretezza l’ambizione di vedere questa terra risorgere e finalmente competere, a livello culturale, con altre zone d’Italia». Pur trattando temi differenti, “Nu cuntu” effettua un’operazione simile a quella di “Vaju llà”, altro spettacolo, messo in scena ad Africo lo scorso anno, con il quale Tallura ha voluto rappresentare uno spaccato della società calabrese, dei suoi drammi e del suo passato, per aiutarci a ricostruire il nostro futuro. «La strada per la rinascita - ci spiega Antonio, - passa dalla capacità di riconoscere i nostri pregi e i nostri difetti con onestà intellettuale. Siccome, tuttavia, viviamo in un epoca storica in cui anche gli intellettuali narrano solo mezze verità e non riescono ad avere l’orgoglio di essere figli di questa terra, spettacoli come questo, in grado di far rivivere la nostra storia e i suoi miti, rappresentano l’unico modo per crescere. È attraverso la rappresentazione di ciò che siamo stati che possiamo riscoprire i sentimenti, la gioia di vivere, stigmatizzare un passato che ci perseguita… L’alluvione del 1951, che ha messo in ginocchio molti dei nostri paesi, viene ricordata come una tragedia dalla quale non siamo mai riusciti a riprenderci del tutto, eppure non ci si sofferma mai a raccontare che cosa quel fango ha sepolto: una società contadina che viveva di sentimenti e della forza delle mani. Quelle caratteristiche vanno recuperate e raccontate anche oggi, ma non nei circoli chiusi degli intellettuali, bensì nelle piazze, con un linguaggio che sia di immediata comprensione per tutti. È solo rendendo il popolo partecipe che gli si dà un punto di riferimento, lo si rende consapevole dei movimenti sociali, culturali e politici. Questo tipo di teatro, oggi, assolve proprio a questo compito. Offre uno spaccato della società in cui tutti si possono identificare e permette di riscoprire, una volta spenti i telefonini, il piacere dell’ascolto, dell’osservazione, della parola. Di soffermarsi a riflettere sui significati del mito portando a galla i sentimenti dell’uomo». Affinché il teatro possa salvare il mondo serve una società ricettiva e pronta al cambiamento e, Antonio non si fa illusioni, potrebbe occorrere ancora molto tempo prima che i tempi siano maturi. Nella Locride, tuttavia, partiamo avvantaggiati grazie alla presenza di un sindaco illuminato come Rocco Luglio e alla kermesse del Teatro Classico, che sta inanellando successi e persino tentativi di imitazione. «Luglio sta diventando il faro della cultura teatrale della Locride e non solo - afferma Tallura. - Nella nostra zona sono tanti i direttori artistici che tentano di imitare la sua proposta teatrale ma, nonostante abbiano a disposizione i mezzi, non riescono a farla attecchire con la stessa efficacia. L’unico modo per far confluire pubblico in un luogo magico come il Teatro Greco Romano è quello ideato dal sindaco di Portigliola, che ci sta dando la speranza di poter importare anche nella Locride un teatro di serie A, fatto di professionisti che si spendono con passione per la recitazione. Rocco ha trovato la formula perfetta per donare al Teatro di Portigliola delle aspirazioni nazionali e, con il concorso di teatro classico scolastico, è riuscito a coinvolgere persino i giovani. L’unica cosa che gli manca, purtroppo, è il supporto dei sindaci dei comuni limitrofi, che anche solo con un sostegno morale o logistico, potrebbero aiutarlo nella creazione di un cartellone in grado di fare muro una volta per tutte contro le banalità propinate ogni giorno da chi ha interesse che questa terra non cambi. Portigliola dovrebbe essere assurto a esempio di abnegazione, volontà e ambizione ed è seguendo il suo esempio, ritengo, che in una Nazione in cui i teatri chiudono per permettere ai supermercati di essere aperti, nell’ultimo anno abbiamo assistito all’apertura di un teatro e di un museo a Locri. Eppure questi due eventi straordinari, che dovrebbero essere motivo di orgoglio per i locresi e per tutti gli abitanti del comprensorio, sono passati quasi del tutto sotto silenzio. Anche a causa di questa poca collaborazione, questa terra continua a vivere solo di cattive notizie che, è vero, si verificano ancora in preoccupante frequenza, ma è nauseante che siano l’unico pretesto per parlare della nostra terra». Jacopo Giuca

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MARIA GIOVANNA COGLIANDRO

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ANGOLO FOOD

LA RICETTA: RISOTTO AGLI AGRUMI E GAMBERI INGREDIENTI PER 4 PERSONE: 240 gr di riso, 300 ml di brodo, 30 gr di burro, ½ cipolla, 1 arancia, 1 limone, 1 bicchiere prosecco, 1 spicchio aglio, 12 gamberi, olio di oliva, sale, parmigiano.

Tritate finemente la cipolla e fatela appassire in una casseruola con metà del burro. Spremete arancia e limone per ricavarne il succo. Aggiungete il riso alla cipolla e fatelo tostare. Sfumate con il prosecco, aggiungete il succo degli agrumi e coprite con il brodo portandolo a cottura. Pulite i gamberi e saltateli in padella con aglio e un filo d'olio. Successivamente uniteli al riso e aggiungete le bucce degli agrumi grattugiate. Mantecate con il burro e con del parmigiano. Servite guarnendo con della buccia grattugiata di arancia.

IL COCKTAIL: COCKTAIL CINQUEMILA LIRE INGREDIENTI: 3 cl di gin, 1 cl di rabarbaro zucca, scorza di bergamotto, 3 cl di carpano rosso, 1 cl di chantreuse verte, ghiaccio. Miscelate i liquori e versateli nello shaker ra¬ffreddato. Colmate di ghiaccio e shakerate. Versate nei bicchieri filtrando e decorando con una scorza di bergamotto, dopo averla leggermente “spremuta” sul cocktail.

IL DOLCE DELLA SETTIMANA GELATINA DI FICHI E RICOTTA

INGREDIENTI PER 4 PERSONE: 400 gr di fichi versi, 120 gr di miele di acacia, 2 cucchiai di rum, 250 gr di ricotta, 6 gr di gelatina, 1 limone non trattato. Mettete a bagno la gelatina in acqua fredda per 10 minuti. Lavate i fichi, sbucciatene i 2/3 e frullateli con il rum. Tagliateli i fichi rimasti a fettine. Versate 1 dl di acqua in un pentolino, unite 80 gr di miele, il frullato di fichi e portate a ebollizione cuocendolo il composto per 3-4 minuti. Unite la gelatina e lasciatela raffreddare. Montate la ricotta con la scorza del limone grattugiata e il miele. Distribuitela sul fondo di 4 bicchieri, aggiungete i fichi sulle pareti e versate il composto. Lasciate raffreddare in frigo per 4 ore.


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O P O C S L’ORO

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Ariete Buona la parte centrale della settimana, con la Luna che vi darà un sacco di idee frizzanti; pesanti le giornate di giovedì e venerdì, a causa della quadratura della Luna in Cancro che vi farà venire qualche paranoia in amore; il sereno torna nel weekend.

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Emozione contagiosa Il maestro Bruno Gemelli posa con Luciano Spalletti, talmente contento di come sta crescendo la nuova Inter da aver contagiato con la sua emozione il nostro fotografo, che li ha immortalati in maniera un po’ mossa.

I sindaci incontrano Oliverio I sindaci Certomà di Roccella Jonica, Loiero di Grotteria, Fuda di Siderno e il vicesindaco Mantegna di Benestare si confron- Una peste talebana tano animatamente Oreste “la Peste” con il Presidente della Romeo, dal suo ritiro Regione Calabria sulle di Lipari, ci segnala problematiche legate che, in quel di Reggio alla gestione della Calabria, qualche discarica di Siderno giornalista “talebano” ha (volutamente?) ignorato la millenaria tradizione dell’ospitaVermi d’oro lità reggina nei conLo scorso 1 agosto, nello fronti della comunità splendido Bistrot Royal di filippina. Locri, si è svolta la cerimonia di premiazione del “Vermo d’oro”, assegnato a un critico d’arte di Giorgio Barresi per aver interpretato alla perfezione ciò che l’artista voleva esprimere.

Abituate alla vittoria Le ragazze dello Sporting Lokrians celebrano l’ennesima vittoria sul campo da Beach soccer. Cambia la categoria sportiva, ma non la costanza dei risultati! Compianti partiti “I due cumpagni d’Africo”, così chiamava questi due simpatici signori il compianto direttore de “La Rivier” Pasquino Crupi.

Più sangue per tutti Il mese di luglio, a Locri, si è concluso con l’inaugurazione della Casa del Donatore di sangue. In mezzo alla folla possiamo riconoscere un raggiante sindaco Giovanni Calabrese e un soddisfattissimo dottore Palermo.

Impegno sociale Il dottor Trunfio, pediatra, effettua ecografie ai figli dei migranti di Riace, impersonando nel migliore dei modi il grande impegno dello studio radiologico di Siderno nel sociale.

È tornata l’estate! Torna a occupare il suo ombrellone Antonio Cortese Scirea, che vediamo in questa foto ritratto in compagnia di Sasà Errigo. Si è soliti dire che non è estate se Scirea non torna a Siderno…

Toro Buon inizio della settimana grazie alla Luna nel vostro segno in trigono con Venere in Vergine; la musica cambia da giovedì, con la Luna che vi rende un po’ nostalgici e peggiora decisamente nel weekend, dove la Luna in Leone aumenta la vostra permalosità. Gemelli Settimana splendida, in particolare martedì e mercoledì con la Luna nel vostro segno in trigono con Venere in Bilancia, che aumenta la vostra nota parlantina; ottimo anche il weekend, all’insegna di grande allegria e positività. Giorno fortunato: martedì. Cancro Settimana niente male, salvo per l’ingresso martedì di Venere in Bilancia, che porta un po’ di tensione in amore; la Luna nel vostro segno da giovedì vi aiuta nel fare introspezione, grazie al trigono con Giove in Scorpione; weekend intenso ma piacevole. Leone Pessimo l’inizio di questa settimana, durante la quale sarete litigiosi e insofferenti; già da martedì la situazione migliora, con Venere in Bilancia che favorisce la diplomazia; passionale il weekend grazie alla Luna nel vostro segno congiunta al Sole. Vergine La serenità di lunedì avrà breve durata, perché già martedì la Luna entrerà in Gemelli, portando tensione nella vita familiare; giovedì la Luna in Cancro vi renderà un po’ malinconici ma decisamente meno polemici; il weekend sarà impegnativo ma gradevole. Bilancia Splendide le giornate di martedì e mercoledì, che saranno segnate da una grande fortuna in amore; tensione in famiglia da giovedì, a causa della quadratura della Luna in Cancro; weekend all’insegna dell’allegria grazie al transito della Luna in Leone. Scorpione Settimana complessa: la prima metà sarà tutto sommato tranquilla, da giovedì vi fisserete su una insana nostalgia amorosa, a causa degli influssi della Luna in Cancro; nel weekend dichiarerete guerra al mondo sventolando la bandiera della Luna in Leone. Sagittario L’entrata di Venere in Bilancia, da martedì, vi porterà fortuna in amore ma la Luna in Gemelli vi farà litigare con tutti, tanto per renderlo più bello; noiosa la giornata di giovedì ma netta ripresa nel weekend, quando tornerete a esplodere di vitalità. Capricorno Inizio della settimana tranquillo; tutt’altra musica da martedì, quando Venere si sposterà in Bilancia, portando un po’ di tensione nella vostra vita sentimentale; malinconia e musi lunghi da giovedì per la Luna in Cancro; weekend sereno anche se intenso.

Acquario Buone le giornate di martedì e mercoledì, grazie al trigono della Luna in Gemelli con Venere in Bilancia che aumenta la vostra socievolezza; piatti giovedì e venerdì; litigi con il mondo intero nel weekend a causa del transito della Luna in Leone. Pesci Inizio sereno grazie alla Luna in Toro, da martedì Venere in Bilancia vi renderà più tranquilli in amore; fascino e nostalgia di una storia fumante giovedì e venerdì grazie alla Luna in Cancro; weekend sereno in famiglia, anche se vorreste dormire di più.




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