FESTE PATRONALI
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DOMENICA 28 AGOSTO
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ChiuseperChiesa IlVescovo di Locri, Monsignor Oliva, con una lettera inviata ai sacerdoti, ai consigli pastorali, ai comitati festa e alle confraternite, propone, come segno di vicinanza alle popolazioni colpite dal sisma del 24 agosto, la sospensione delle manifestazioni e degli intrattenimenti organizzati nell’ambito delle feste patronali programmate.La proposta suscita un animato dibattito dal momento che le feste patronali hanno sempre rappresentato per le comunità locali un momento di fede e di identità popolare. ROSARIO ROCCA Giorgia è una bambina di otto anni. Quando tutto il mondo è crollato, di notte, stava dormendo accanto alla sorellina più grande. Nella sua cameretta, a Pescara del Tronto. Viene estratta dalle macerie dopo oltre 16 ore di ricerche senza sosta, tra il sapore della polvere e la disperazione estenuante, apre gli occhi e forse non è ancora consapevole che non rivedrà più sua sorella. La morte le ha separate, in qualche secondo neppure percettibile agli occhi ancora pieni di sonno. Qualcuno dice che con il corpo ha fatto da scudo alla più piccola. Avrà resistito qualche ora, o forse nemmeno, prima di lasciarsi andare insieme al suo ultimo e stentato respiro. Il bollettino delle vittime, ora dopo ora, vien aggiornato. Oltre 250 morti, uno strazio indescrivibile. Corpi di bambini, neonati, intere famiglie cancellate. Da una stanza, al primo piano, l’intera parete è venuta giù, è rimasto solo un angolo di solaio, si vede un asse da stiro con il ferro posato sulla griglia. Oggetti della vita quotidiana, giocattoli, vestiti a poco a poco riemergono dal disastro sotterrato. Neppure di fronte alla m i s e r i a umana i soliti idioti da tastiera continuano a postare “prima di tutto gli italiani”, mentre un gruppo di richiedenti asilo provenienti dal continente degli ultimi, spontanea-
mente, insieme ai vigili del fuoco e ai volontari delle associazioni scavano tra le rovine e cercano di rendersi utili nella catena solidale. Diverse sono le iniziative avviate da ogni dove, e anche da qui, dalla Calabria, dai paesi più sperduti della Locride partono raccolte fondi e di beni di prima necessità. A qualche giorno dalla festa di San Rocco di Gioiosa Ionica, il Vescovo della Diocesi locridea con una lettera inviata ai sacerdoti, ai consigli pastorali, ai comitati festa e alle confraternite, come segno di vicinanza alle popolazioni colpite dal sisma del 24 agosto, propone la sospensione delle manifestazioni e degli intrattenimenti organizzati nell’ambito delle feste patronali programmate. Tuttavia l’annullamento degli spettacoli di piazza era stato proposto, già qualche giorno prima, nelle ore immediatamente successive al sisma, anche dal Sindaco di Riace Mimmo Lucano. L’uscita di Monsignor Francesco Oliva, personalità di grande spessore morale e spirituale, forse inaspettata dai più, non poteva non sortire un ulteriore dibattito sulle feste patronali, soprattutto all’interno delle comunità interessate, nei centri, cioè, dove in questo periodo cadono le feste di paese, o laddove queste siano in fase di programmazione. C’è chi, da un lato, sostiene con fermezza le determinazioni del Vescovo, ritenendo che una contingenza tragica, come quella vissuta in questo momento dalle popolazioni colpite dal terremoto, non debba essere
accompagnata da fuochi pirotecnici e concerti, ma dalla preghiera e dal religioso silenzio. E c’è anche chi esprime la propria posizione dissenziente. Il Comitato di San Rocco di Gioiosa Ionica, spiega come sia impossibile annullare i festeggiamenti e rescindere gli impegni già contrattualizzati con gli artisti. Inoltre sarebbe un dramma economico per le attività commerciali del posto che per l’occasione della festa, la più importante dell’anno per Gioiosa, come tutte le feste patronali in ogni paese, hanno investito significative risorse. Al di là di come la si pensi, riteniamo seria e concreta la proposta del comitato stesso, ovvero di voler autorizzare l’uso, durante le processioni, delle cassette delle offerte (vietate da qualche tempo) e di devolvere ai terremotati del centro Italia gli interi importi raccolti. Già da tempo, nell’ambito della religiosità popolare, assistiamo a sipari tutt’altro che edificanti per la spiritualità e l’etica cittadina. Dagli inchini dei santi presso i presidi dei boss delle mafie, alle rigide fiscalità di alcuni parroci che ormai (un po’ anche per moda!) sembra cerchino un pretesto minimo per abbandonare una processione. Anche laddove non vi sia ombra di mafiosità, magari per una breve sosta del santo durante una batteria pirotecnica o perché una vecchietta, sulla soglia di casa, al passare della statua della Madonna in processione voglia, come avveniva un tempo, lasciare un’offerta. Le feste patronali
hanno sempre rappresentato per le comunità locali un momento di fede e di identità popolare. Al mio paese, a Benestare, la prima domenica di ottobre si festeggia la Madonna del Rosario. Credo che non esista casa di benestaresi, dal paese al nord Italia, fino al centro sperduto d’oltreoceano che non abbia esposto, in segno di devozione e protezione il quadro della “nostra” Vergine. La Confraternita del Rosario, di cui fa parte tutto il paese, così come le comunità di compaesani sparse in giro per il mondo, esiste da oltre due secoli e mezzo. Dalla sua fondazione ha rappresentato un punto di riferimento per la nostra gente, soprattutto per i più poveri, visto che la finalità originaria, oltre alla venerazione della Madonna, è il mutuo soccorso. Le nuove disposizioni, emanate dalla Diocesi per regolamentare e adeguare gli statuti delle confraternite locali, vietano, tra le altre cose, che vi siano associati minorenni o non residenti, questo significherà nell’arco di qualche decennio decretarne la cancellazione. Una evoluzione naturale, se verrà meno il radicamento tra le generazioni dei più piccoli e presso le comunità fuori paese. Correva l’anno 1783, anche a Benestare, come nell’intero comprensorio, la terrà tremò più volte, si aprirono crepe e crollarono intere pareti delle case di gesso. La gente disperata scavava tra le macerie, anche allora come adesso. Le scosse, come si apprende da un canto antico tramandato nei secoli, furono 152, tra il 5 e il 7 di febbraio. I fedeli, visto che la terra, si narra, continuava ad aprirsi e chiudersi, decisero di portare la statua della Madonna in processione e sulla via del ritorno, durante una sosta nella Chiesa di San Giuseppe, dalla fronte e dal volto della sacra statua iniziò a grondare del Sudore. Il parroco dell’epoca a distanza di qualche anno, stilò dinnanzi ad un notaio un preziosissimo documento che raccontava minuziosamente i fatti. Tale scritto è ancor’oggi conservato. Se non fosse stato per la Confraternita del Rosario probabilmente di quei momenti di sofferenza e pietà popolare non vi sarebbe stata traccia alcuna. Perché nei nostri paesi le aggregazioni intermedie tra l’istituzione religiosa e il popolo sono spesso depositarie delle nostre radici. Ritengo che di fronte a un fatto tragico, come quello vissuto nel centro Italia in questi giorni, così come le tragedie che quotidianamente cancellano volti di bambini e la dignità umana di interi popoli, ci sia bisogno di gesti concreti e di profonde riflessioni. Non sospendiamo le festività popolari ma piuttosto indichiamo alle poche confraternite rimaste la saggezza e le nobili finalità solidali delle origini. Senza privazione alcuna, come quando la solidarietà era figlia del cuore di una comunità!
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ATTUALITÀ
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DOMENICA 28 AGOSTO 4
GIUDIZIARIA
Cupola Crimine & Polsi Dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia B.F., riportate da ultimo nella maxi operazione “Mammasantissima”, sembra emergere uno spaccato “dinamico” della ’ndrangheta. Il collaboratore, in merito alla “Cupola”, evidenzia non solo caratteristiche e funzioni diverse rispetto al “crimine della Madonna della Montagna”, ma, soprattutto, confrontando le diverse dichiarazioni sul punto e leggendo quanto emerge in ordine alla composizione delle stesse organizzazioni «Santa» e «Cupola», è agevole giungere alla conclusione che quest’ultima sia una sorta di versione aggiornata della prima e la sua immediata prosecuzione. La cupola, che ha cominciato a esistere a partire dal gennaio 1991, ha caratteristiche e funzioni diverse rispetto al "crimine" della Madonna della Montagna; essa rappresenta infatti una struttura più duratura e stabile, con poteri di interferenza su ciascuna cosca della provincia reggina, proprio onde evitare il ripetersi delle situazioni come la guerra di mafia che, nata dall' auto bomba di Villa San Giovanni, ha finito con il coinvolgere gran parte della provincia reggina...omississ... Il 20 gennaio 1993 il collaboratore aveva precisato il ruolo della “cupola” nei termini che seguono: “Come si addivenne materialmente alla conclusione della pace ho già detto in precedenti verbali; quello che in questa sede intendo evidenziare è invece la circostanza che proprio dall'esperienza dei contatti e dei collegamenti finalizzati a mettere la pace fra le cosche maturò l'idea di una cupola permanente, che fosse garante per tutte le famiglie della provincia reggina e potesse dirimere prima del loro insorgere i contrasti fra le cosche”. Aggiungendo: “Tutte le attività criminose di qual si voglia natura, devono passare al vaglio della cupola che ne autorizza l'esecuzione o la vieta”. Racconta il “pentito” che: “L'organigramma della cupola è il seguente, secondo quanto appreso nel nostro ambiente dal momento che tutti i clan mafiosi furono informati dell'esistenza di questa nuova struttura che, come suo primo atto, ha delimitato territorialmente tutti i locali della provincia: A. N., patriarca ottuoagenario originario di S. Luca; P.A. inteso "G…"; A.D. di Sinopoli; P.G. di Gioia Tauro, il quale in quel periodo era detenuto e venne avvisato in carcere; M. A. di Castellace, fratello di S.; R.S. inteso "U S.."; M.G., inteso "P.T.D." di Africo; U.L. di Gioiosa Ionica; B.U. di Rosarno; A.S. da Sambatello; P.R. da Platì ma residente a Milano; P.G. da Rosarno, poi deceduto ma vivo, se non ricordo male, all' epoca della formazione della cupola; S.P., di Cardeto, fratello di don Ciccio S.; C.G. di Locri; M.F. di Gioiosa Ionica; I.A. da Fiumara di Muro, quest'ultimo sostanzialmente collegato con P.C.”. Il collaborante racconta: “Ogni anno presso il Santuario di Polsi e in occasione della festa della Madonna di Polsi, si riunisce presso il Santuario il cosiddetto "Crimine"; esso è composto dai rappresentanti di tutti i "locali" della provincia di Reggio Calabria. Devo tuttavia puntualizzare che esistono dei "locali" anche a Milano, Torino e nella stessa Roma, i cui rappresentanti vengono regolarmente invitati. Nella riunione della Madonna della Montagna si discutono tutte le questioni concernenti le attività criminose, le eventuali controversie insorte fra i vari locali e ogni altra questione, ivi comprese le punizioni da infliggere a degli adepti che si siano macchiati di varie colpe. La riunione annuale di Polsi, per la sua antica e tradizionale ricorrenza nel costume della 'ndrangheta, riveste anche un significato di tipo religioso rituale. Essa viene anche regolata, come tutti i cerimoniali dello stesso tipo da principi rigidi che si esprimono in particolari meccanismi la cui utilizzazione è necessaria per conseguire i risultati voluti. Per esempio, non si può decidere di "spogliare un capo società" se alla decisione non partecipano almeno quattro "locali"; solo in tal modo infatti sono appagate le esigenze formali connesse a un'iniziativa tanto importante. Il capo locale (che è più elevato in grado del capo società) può delegare un suo subalterno, e quindi anche il capo società, a rappresentarlo alla riunione di Polsi”. Sul punto B.F. ha concluso dicendo che: “Il capo crimine, che è una figura più che altro simbolica, viene rieletto ogni anno in occasione della riunione di Polsi”.
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Le riforme di Renzi: prove di regime? Le riforme di Renzi riducono gli spazi democratici. Senatori, deputati, amministratori di province e di città metropolitane scelti da quello che resta dei partiti. Il Presidente Giuseppe Saragat disse che le democrazie si tonificano e prosperano attraverso un dialogo osmotico tra il popolo e le istituzioni e apparati burocratici che lo rappresentano. Quando questo non accade, come nel caso delle riforme di Renzi, le democrazie avvizziscono e muoiono.
BRUNO CHINÈ Il Presidente Renzi irrompe nella stanca scena politica italiana come innovatore e dimostra una carica rivoluzionaria quasi giacobina: il passato va cambiato, le istituzioni tutte vanno modificate, e promette una palingenesi dello Stato e della società. Con una prassi consolidata di tanti autocrati si sceglie i nemici, di solito deboli, e li attacca. Molti italiani lo prendono sul serio e s’illudono che finalmente l’Italia abbia trovato l’uomo giusto per modernizzare il Paese dopo decenni di polemiche inconcludenti tra destra e sinistra. Ha ripetuto più volte che avrebbe cambiato il Tit. V della Costituzione, nella versione voluta dalla sinistra, con un colpo di mano, a maggioranza risicata. Dato che proprio la modifica del Tit.V e successive leggi Bassanini hanno portato l’anarchia negli Enti locali, molti italiani hanno pensato che il Presidente Renzi, finalmente, avrebbe varato una nuova disciplina degli Enti locali. Nulla di tutto questo: nessuna riduzione dei Comuni o riordino delle Regioni, ma solo il passaggio di alcune competenza dalle Regioni allo Stato. Il Presidente Renzi ha varato, però, una nuova legge sul lavoro con un nome inglese, ritenendo che gli italiani non siano in grado di capire la lingua di Milton. Dicono che la legge sia stata scritta dalla Confindustria, e solo questa avrebbe avuto vantaggi, men-
tre i lavoratori hanno visto restringersi solo la sfera dei loro diritti. Una volta rottamati i Sindacati e i nemici interni Renzi, novello Don Chisciotte, passa alle grandi riforme, quelle che dovrebbero creare finalmente uno Stato più moderno, agile, leggero, efficiente. E che cosa fa? Dice di abolire le Province ma non spiega le ragioni. Ora sanno tutti che il grande buco nell’economia italiana è stato prodotto dalle Regioni, centri di spesa autonoma e senza controllo. Le venti Regioni oggi sono dei veri Stati: fanno leggi di spesa, si assegnano stipendi, pensioni e vitalizi, come se in qualche misura fossimo tornati allo Stato pre-unitario. Ma Renzi di questo fa finta di non accorgersi. Non gli hanno detto i suoi consulenti economici - e sembra che ne abbia uno stuolo - che i bilanci regionali, in genere, servono solo per mantenere gli apparati politici e amministrativi, ossia le varie caste? Renzi però vuole andare al cuore dei problemi, vuole cambiare la Costituzione, facendo capire che il Paese non decolla perché bloccato dalla una Costituzione vecchia, e in modo particolare dal bicameralismo perfetto. Ma se il bicameralismo perfetto attuale blocca le riforme, come ha fatto il Presidente Renzi ad approvarle? Si pensi alla riforma della RAI, servizio pubblico, messo nelle mani di Palazzo Chigi, e il conseguente ostracismo ai vecchi direttori di rete. Da una RAI pluralista siamo passati a una RAI a una sola dimensione: quella d’inquilino di palazzo Chigi. Renzi cambia la Costituzione con il voto d’un Parlamento dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale e partorisce un mostriciattolo giuridico. La Camera dei deputati resta ferma a seicentotrenta, mentre quella degli Stati Uniti d’America è di trecento. Il senato non viene abolito ma ridotto di numero, ma i cittadini si sono visti togliere il diritto di scegliere i loro senatori. Chi elegge i senatori se passa la riforma del Governo? Le Regioni, ossia quegli Enti territoriali che hanno distrutto sanità e ambiente e hanno prodotto buchi di bilancio insanabili. E le Province sono state abolite? Nemmeno per sogno! È stato abolito però il diritto di voto dei cittadini. Ma poi perché abolire le province se queste erogano servizi secondo le leggi dello Stato? L’altro fiore all’occhiello di Renzi è la legge elettorale, l’Italicum, più simile alla legge Acerbo che a moderne leggi elettorali europee. In base a questa legge i deputati vengono quasi tutti nominati dai partiti, come nel porcellum. In sostanza le riforme di Renzi riducono gli spazi democratici. Senatori, deputati, amministratori di province e di città metropolitane scelti da quello che resta dei partiti. Il Presidente Giuseppe Saragat, in un suo intervento all’Assemblea Costituente disse che le democrazie si tonificano e prosperano attraverso un dialogo osmotico tra il popolo e le istituzioni e apparati burocratici che lo rappresentano. Quando questo non accade, come nel caso delle riforme di Renzi, le democrazie avvizziscono e muoiono. Vogliamo pensare che il popolo italiano, col suo buon senso, dimostrato in momenti cruciali della storia del nostro Paese, saprà dire no alla riforme di Renzi, come ha detto no alla riforma Berlusconi. Se c’è da cambiare la Costituzione si segua la via maestra, quella di un’assemblea costituente.
L’INTERVISTA
FEDERICA ROCCISANO:
“Io sono rimasta ferma al mio posto, sono gli altri ad aver cambiato posizione” “Spesso il PD reggino antepone la leadership personale all’amore per il territorio ed è portato a negare il proprio sostegno quando il sindaco non condivide lo stesso credo politico”.
. MARIA GIOVANNA COGLIANDRO Sin dalla sua nomina non siamo stati particolarmente soft con lei ma punzecchiare fa parte del nostro mestiere. Temevamo che la scalata di Federica Roccisano potesse arrestarsi rovinosamente come successo per la Lanzetta e che anche lei finisse per invetriarsi nell’aria come un ectoplasma. Ma probabilmente le nostre paure erano infondate e oggi, nonostante qualche scossone, la Roccisano non sembra vacillare neppure sui tacchi. Martedì scorso, di buon mattino, è venuta a trovarci in redazione facendo seguito al suo sorriso contagioso. Iniziamo subito con un bilancio di questo anno abbondante da assessora… Il bilancio è abbastanza positivo. Con il Presidente Oliverio ci siamo impegnati senza sosta. Di grande rilievo è la Riforma delle Politiche Sociali con il trasferimento delle competenze dalla Regione ai Comuni, una scelta fatta in maniera partecipata. Da settembre dell’anno scorso abbiamo attivato un tavolo di concertazione con il mondo del terzo settore e dei portatori di interesse, tra cui Anci e parti sindacali, perché la riforma che stavamo portando avanti non avrebbe dovuto assumere dei tratti autoritari ed essere digerita in automatico dai soggetti interessati ma essere condivisa. Per quanto riguarda il mondo del lavoro, invece, abbiamo fatto fronte a delle problematiche definite erroneamente emergenze. Perché non sono stati una scoperta i 4.500 lsu da contrattualizzare, i 27.000 percettori di ammortizzatori sociali in deroga o il precariato storicizzato che attende il rinnovo dei contratti. Abbiamo agito rafforzando i rapporti con il Ministero del Lavoro, rapporti prima inesistenti, perché da Roma ci vedevano come quelli che con il cappello in mano si presentano a chiedere soldi. In questo anno di assssorato ho creato un rapporto con il Ministero del Lavoro e con Italia Lavoro, l’agenzia dello stesso Ministero, che permette di attuare dei progetti integrati, realizzati in partenariato con Regioni ed Enti Locali, finalizzati a favorire l’inserimento delle categorie deboli nel mercato del lavoro e a sostenere lo sviluppo dei servizi per l’impiego. Un più e un meno del governo Oliverio? Una delle attitudini del Presidente Oliverio è quella di stare molto dalla parte dei territori piuttosto che del Palazzo. Per quanto riguarda
gli atti concreti, quello che è passato poco sulla stampa è il Piano regionale dei Trasporti che punta allo sviluppo integrato della mobilità su ferro e gomma, difende il sistema aeroportuale e quello dei porti, con particolare attenzione al porto di Gioia Tauro. Altro passaggio importante dell’attuazione del Programma del Presidente Oliverio è il Piano di contrasto alla povertà, una risposta alle 250.000 famiglie calabresi a rischio di povertà relative o assoluta e al numero enorme di lavoratori che hanno perso il reddito senza più ammortizzatori sociali e che sono entrati nel limbo della povertà reale. L’aspetto negativo di questa giunta, invece, è il non essere riusciti a realizzare un mix integrato tra tecnici e politici. Ci sono stati diversi attacchi da parte dei consiglieri regionali nei confronti della giunta tecnica. Ci saremmo dovuti sedere e ragionare di più insieme. Il PD reggino da anni sta commettendo un errore strategico, un errore a cui Cosenza, invece, è immune. I leader del PD anzichè unirsi e fare fronte comune, preferiscono seguire la “corrente”. Lo riconosce anche lei questo errore? Non solo nel PD ma nell’intera classe politica reggina. Riconosco una diversità di attitudine tra classe politica reggina e cosentina. Spesso il PD reggino antepone la leadership personale all’amore per il territorio. Io penso che chi fa politica deve avere principalmente amore e rispetto per il territorio. Se un assessore regionale viene chiamato da un sindaco che appartiene a un corrente diversa del PD o è di un altro partito, l’istituzione ha il dovere di sedersi e discutere con questo sindaco per il bene del paese e della comunità. Tante volte, invece. il PD reggino è portato a negare il proprio sostegno quando il sindaco non condivide lo stesso credo politico. Bisogna distinguere tra vita politica e vita di partito perchè spesso seguono logiche diverse. Si è parlato nei giorni scorsi di una rottura tra Federica Roccisano, da sempre espressione di un gruppo politico che fa riferimento al segretario provinciale Sebi Romeo, e lo stesso gruppo politico. Cos’è successo? Io sono dove sono sempre stata. Sono rimasta dov’ero un anno fa, che è anche dov’ero politicamente due anni fa. Sempre con le stesse idee e con le stesse priorità. Se lei è rimasta ferma, a spostarsi sono stati gli altri. Che posizioni hanno assunto? Ci si è persi sul merito delle questioni. Se si ini-
zia a parlare di persone e non di questioni, qualsiasi gruppo politico si sfalda. Se dovessimo sederci a un tavolo, sono convinta che sulle questioni continueremmo ad andare d’accordo. Ma bisogna lasciar perdere le persone, quelle vanno e vengono, I principi restano. Questa divisione è emersa durante le elezioni della Citta Metropolitana: c’è stato chi premeva per una scelta di partito, chi per il territorio. Lei è stata dalla parte del territorio e quindi della lista “Unire per Unire- Locride Metopolitana”… Il partito ha “imposto” una persona di cui ho avuto notizia dai giornali perché non c’è stato un coinvolgimento da parte dell’assessore regionale del PD. Dall’altra parte, invece, si ragionava su una rappresentatività del territorio che guarda caso è il territorio in cui vivo, quindi non avrei potuto non sposare la causa. Lei è di Siderno quindi conosce le ultime vicende che hanno interessato il sindaco Fuda e il PD cittadino. Purtroppo da subito non si è riuscito ad andare verso una stessa direzione... Da prima di subito! Io ricordo che ai tempi in cui facevo parte del circolo PD di Siderno, c’era un rapporto antitetico con il sindaco Fuda, tanto che io dissi alla segreteria di prendere una decisione: o sì e deve essere sì o e no e deve essere no. Invece è stato un “sì ma...” e il “sì ma...” non lo tieni sotto controllo. Passiamo al Kaulonia Tarantella Festival. È andata come denunciato da Wanda Ferro: in qualche modo lei ha influito a salvare l’evento, abbassando il tetto minimo del punteggio di ammissione ai finanziamenti, tanto che c’è stato chi si è detto pronto ad innalzarle una statua d’oro? Innanzitutto vorrei precisare che io ho la delega alla pubblica istruzione, non alla cultura, quindi con gli eventi ho ben poco a che fare. Ho risposto alla Ferro solo perché il sindaco di Caulonia, Ninni Riccio, mi ha fornito l’assist dichiarando, nel civico consesso, che non mi fossi impegnata a far alzare il punteggio della commissione, ed elogiando invece il presidente Oliverio e il capogruppo Sebi Romeo. Paradossalmente devo ringraziarlo perché con la sua dichiarazione ha risposto alle insinuazioni della Ferro. Io non faccio parte della commissione e non mi sarei mai permessa di fare ingerenze su una commissione giudicatrice. Il sindaco Riccio dovrebbe preoccuparsi, piuttosto, del perché il Kaulonia Tarantella Festival, giunto alla sua XVIII edizione, non abbia
ancora uno sponsor ufficiale. Il Festival Jazz ce l’ha… forse perché Roccella ci crede. Il Vice Presidente della Regione Calabria, Antonio Viscomi, di recente ha dichiarato che uno dei nostri mali è il non riuscire a sederci attorno a un tavolo e ragionare insieme per il raggiungimento di un obiettivo comune. Nella Locride in questo momento ci sono dei punti di riferimento con idee di sviluppo che possono creare il futuro. Tra queste idee, il Distretto Turistico Culturale, progetto portato avanti da Rutelli nel 2008, che Oliverio ha ripreso in mano. Può essere un tassello per lo sviluppo del territorio? Da un anno stiamo cercando di riaprire un dialogo con i sindaci della Locride. Dal 2012 in tutti gli altri territori ci sono stati dei Piani Locali del Lavoro. L’unico territorio rimasto fuori è stata proprio la Locride. Sono riuscita a ritrovare i fondi per finanziare un Piano Locale del Lavoro. Ci siamo riuniti un mese fa e abbiamo pensato che il punto di partenza potesse essere il Distretto Turistico Culturale, perché se il nostro territorio ha una vocazione, questa è proprio il turismo e non si tratta di un turismo di massa perché abbiamo una serie di beni culturali e paesaggistici di estrema rilevanza. Purtroppo la Locride si porta dietro da anni delle zavorre che non vogliono cambiare e non permettono di cambiare nemmeno agli altri. Non mi dispiace che qualche anello sia stato sostituito nelle ultime elezioni comunali… Il 6 luglio scorso ci ha lasciati Sisinio Zito. In tanti lo hanno ricordato perché tanto di lui c’è da ricordare. Cosa farà Federica Roccisano affinché il suo nome rimanga nella storia della politica della Locride? Fare politica significa avere una visione e visione deve essere lungimiranza. Sicuramente continuerò a impegnarmi per l’approvazione di un Piano per il Lavoro della Locride, per la messa in rete e l’efficientamento dei servizi delle scuole. Con le scuole stiamo lavorando tantissimo attuando il Piano contro la Povertà Educativa, concentrandoci in particolare sulle zone di Platì e San Luca, insieme a Save the Children, la migliore Ong a livello internazionale che si occupa di bambini. Continuerò a fare il possibile per I giovani e per le categorie più deboli.
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olitico che fa p o p p ru g n u i d e espression sessore s a re , p o n m a e s is c a c d o R ta a ta c s ri meo, Fede o Dopo essere R i b e S reso le p le a ia h c e in n v i, ro il p n a o v ri io ta G e Politiche capo al segre re a lf e ppo, W a , tr ro s o v to a s L e , u la q o u u c s S e a c per fare lu i regionale all le n o c o s s u c is d e. o distanze. Abbiam ggino e sulla politica nella Locrid oltre che sul PD re
: a c i r e d “Cara Fe ” ! e r o m a o l o s è o i il m opo mesi di battibecco giornalistico, martedì mattina, in occasione dell’intervista che ha rilasciato al nostro direttore, ho per la prima volta avuto il piacere di stringere fisicamente la mano all’Assessore Federica Roccisano. La nostra storia, un po’ travagliata, è cominciata dopo lo spiacevole episodio di cui si era resa protagonista assieme a Giovanni Calabrese durante la marcia sull’ospedale lo scorso ottobre, in seguito al quale sottolineai in un articolo che l’assessore aveva tenuto un atteggiamento supponente nei confronti dei manifestanti ben prima dell’attacco da parte del primo cittadino di Locri. In primavera, quindi, entrammo nuovamente in contatto con qualche mia domanda al vetriolo in merito al progetto Garanzia Giovani, rispondendomi al quale, in una e-mail, la povera Federica aveva ritenuto di dover chiosare con uno “Spero fortemente che un giorno riuscirò ad esserti meno antipatica”. Convinto che l’episodio si sarebbe concluso con lo spazio dedicatole a pagina 4 del n°17/2016 del nostro settimanale, non diedi troppo peso al desiderio di sincera amicizia che Federica aveva esternato nei miei confronti con quella semplice frase. I casi della vita (o, in questo caso, sarebbe meglio dire della politica), però, mi condussero a parlare nuovamente di lei ne Il gioco delle tre carte, pezzo comparso sul n°26/2016 nel quale indagavo le ragioni per cui Mario Oliverio le avesse sottratto la delega alle politiche giovanili e che, la mattina del nostro incontro, è stato il motivo per il quale, al posto di un consueto buongiorno, la Roccisano mi ha accolto con un: «Devi spiegarmi perché ce l’hai con me!» Al mio un po’ imbarazzato tentativo di spiegarle che non ce l’ho affatto con lei, Federica mi ha incalzato affermando che io avrei sostenuto in uno dei miei articoli che sarebbe stata il peggiore assessore con delega al welfare che la regione Calabria abbia mai avuto. «Non mi pare di aver scritto questo» ho affermato cercando di focalizzare gli articoli a mia firma che la tiravano in ballo e, carte alla mano, posso oggi dimostrare che avevo ragione con lo stesso sorriso con il quale lei, congedandosi, mi ha fatto capire di comprendere la mia posizione e di non portarmi rancore. Nel turbinio di emozioni (e nelle sferzate di rabbia) che devi aver provato nel leggere le mie domande indisponenti per l’intervista del 24 aprile, Federica, sono certo tu ti sia concentrata più su “C’è speranza che la situazione cambi o continuerà a passare il messaggio che in Calabria il lavoro onesto non viene retribuito?” che non su “Garanzia Giovani, a ben guardare, non ha raggiunto gli obiettivi che si era prefissato in nessuna regione d’Italia.”. L’attacco che tu avevi preso per personale, dunque, non era affatto rivolto alla tua persona, quanto al sistema governativo italiano che, ancora una volta, stava disattendendo con la consueta indolenza le promesse che aveva fatto alla sua futura generazione di dirigenti! A ben guardare, infatti, ne Il gioco delle tre carte, affermavo che la questione Garanzia Giovani era stato un affaire nel quale ti eri ritrovata invischiata tuo malgrado e, anzi che bisognasse “riconoscerti il coraggio di averci messo fin da
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subito la faccia cercando di dare quotidianamente risposta alle decine e decine di persone che chiedevano spiegazioni e aggiornamenti in merito”. Una colpa che ti attribuivo era piuttosto la cattiva gestione degli Stati generali delle Politiche per i giovani, che comunque (scrivevo poco sopra) riconoscevo come un imponente sforzo “soprattutto in un territorio che, come il nostro, ai giovani offre veramente poco” Succo del discorso, qualora anche in questo caso, ahimè, tu mi abbia frainteso, era insomma che la voglia di dare una mano concreta alla gente ti aveva esposto a una gogna mediatica di cui la giunta regionale, in quel momento sofferente per la disfatta piddina alle elezioni, aveva bisogno di sedare in un modo o nell’altro. Infatti, s’è forse più sentito parlare di politiche giovanili da quanto se ne occupa Gianni Nucera? Cara Federica, io che di storia politica della Calabria sono il più totale degli ignoranti mai e poi mai avrei potuto affermare che tu sia stata il peggiore assessore con delega al welfare di questa Regione e, benché, devo ammetterlo, ti imputi talvolta un atteggiamento troppo irruente (ma, come giustamente insegna Joe Brown a Jack Lemmon nel finale di A qualcuno piace caldo: “Beh, nessuno è perfetto!”), non posso non riconoscerti un’invidiabile volontà di restare vicina alla tua gente e al tuo elettorato. Una dote che pochi politici possono vantare, al giorno d’oggi. Insomma, Federica, le mie non erano dichiarazioni d’odio, ma del più smodato amore! Il resto, è solo linea editoriale! P.S. in seguito a questo mio outing, dovessi notare 1 metro e 54 di femminea furia locrese aggirarsi minacciosamente attorno casa tua ti prego di non chiamare le forze dell’ordine: si tratta solo della mia fidanzata. Jacopo Giuca
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Io che di storia politica della Calabria sono ignorante mai avrei affermato che tu sia il peggioreassessore diquestaRegione e, benché ti imputi atteggiamenti troppo irruenti (ma, come insegna Joe Brown a Jack Lemmon nel finale di A qualcuno piace caldo: “Beh, nessuno è perfetto!”), non posso non riconoscerti un’invidiabile volontà di restare vicina alla tua gente!
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LA COPERTINA
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La criminalizzazione del sud continua a essere un passaggio necessario per consentire agli intellettuali progressisti di guardarci con occhiali deformanti così come una parte del mondo “liberal” americano ha guardato per decenni i neri e gli indiani d’America.
La Calabria
deformata La ‘ndrangheta è l’alibi per scacciare la Politica dalla Calabria e per mettersi sotto i piedi la Costituzione.
ILARIO AMMENDOLIA Con un editoriale sul Corriere, il professor Galli della Loggia ritorna sulla “questione meridionale” e cerca di dare una risposta sul perché il Sud sia sparito dall’orizzonte nazionale diventando “un mondo a parte”! “Un mondo dove vigono altri criteri di valutazione, un’altra idea di che cosa siano la scuola e lo studio e il loro rapporto con la società, di che cosa debba essere la preparazione dei giovani alla vita, un’altra idea - si deve supporre - di che cosa sia la vita stessa!”. La causa principale di tutto ciò? Galli non ha alcun dubbio: “Il fatto che in questo tempo è andato progressivamente scomparendo lo Stato nazionale”. Noi siamo testimoni di quanto è successo al Sud dal dopoguerra ad oggi. Testimoni del fatto che lo Stato - questo stato - è la causa principale, se non unica, del disastro del Sud. Non cercherò di farvi indignare parlando dell’oro che dopo l’unità d’Italia è passato dal casse del regno di Napoli a quelle del Piemonte. Non vi parlerò del disagio meridionale affrontato con le baionette del Cialdini e con la legge Pica. Niente di tutto questo! Mi limiterò ad accennare al fatto che lo Stato di oggi è nato la notte del 25 luglio del 1943, per riaffermare l’assoluta e sostanziale continuità con la storia precedente. È stato voluto da un crogiolo di forze che ave-
vano già partorito il fascismo e fatto precipitare l’Italia in una guerra infame. Quello stesso crogiolo di forze che oggi sta abbattendo lo Stato nazionale e marginalizzando ulteriormente il Sud sganciandolo dal Continente Europeo. Le identiche forze che oggi, ancora più che in passato, sono impegnati a eludere la Costituzione Repubblicana espressione di un’altra Italia nata tra i monti nelle carceri fasciste. Non è di questo Stato che il Sud ha bisogno! Uno Stato che in Calabria non si presenta con ospedali, scuole, lavoro, lotta alla marginalità sociale, centri di ricerca, università, ferrovie e strade bensì con la visiera dei carabinieri e la toga del magistrato. Con la prepotenza dei politici subalterni e di mezza tacca e con lo strapotere della burocrazia. La ndrangheta è l’ alibi per scacciare la Politica dalla Calabria e per mettersi sotto i piedi la Costituzione. Faccio un esempio: quanti morti di mafia ci sono ogni anno in Calabria? Una dozzina? Forse la metà o il doppio! Sono sempre maledettamente troppi e non bisogna mai rassegnarsi finché ci sarà un solo morto ammazzato dalla criminalità. Tuttavia non mi spiego come si riesce ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale sui morti di ndrangheta ignorando quasi completamente che ogni anno, nella nostra Terra, muoiono - in perfetto silenzio - almeno mille persone per mancanza di prevenzione, per il pessimo stato dei nostri ospedali, per la qualità dell’assistenza sanitaria. Oppure per la statale 106 o
per le disconnesse strade provinciali. Sono figli di un Dio minore? Sono morti che non interessano agli “intellettuali” esterni e la stampa congeniale al sistema. Forse vengono ignorati così si possono spendere cifre enormi, fuori da ogni razionalità, in repressione, per macchine blindate, per scorte, per intercettazioni, per ingiusta detenzione, per pessimi processi. Spese inutili finalizzate alla teatralità dell’antimafia! La velocità con cui sono stati recentemente annunciati e nominati i PM alla procura di Catanzaro è inversamente proporzionale alla insopportabile lentezza con cui si procede alla nomina dei primari, dei medici, degli infermieri nei nostri ospedali. Oppure - e solo per esempio - alla scelta di lasciare interrotto il ponte sull’Allaro sino al punto che, dopo un anno, ancora i lavori di ripristino non sono neanche in mente di Dio. La Calabria criminale è un passaggio necessario per consentire agli intellettuali progressisti di guardarci con occhiali deformanti così come una parte del mondo “liberal” americano ha guardato per decenni i neri e gli indiani di America. Occhiali adatti a focalizzare in quei popoli solo difetti, irredimibilità, perversione e crudeltà! Senza rendersi conto che la causa di tutto ciò era da attribuire alla voracità e al dominio dell’ “Uomo bianco.” Il “soldato blu” doveva portare l’"ordine" ed era la causa prima del disordine. E oggi l’ordine del “soldato blu” degrada l’intera Locride a una riserva indiana. Qui trovano l’humus adatto i magistrati sce-
riffi. Qui si dispiega in tutta la sua forza “focus ndrangheta” teso a scalpellare l’immagine di una Locride criminale! Qui si chiudono discoteche e locali pubblici mettendo sul lastrico imprenditori e lavoratori. Qui, il discutibile reato “associativo”, viene utilizzato per processi sommari indegni di uno Stato civile. Qui, molto più che altrove, si ferisce quotidianamente la democrazia. Il martello pneumatico della criminalizzazione frantuma l’idea che abbiamo di noi stessi al pari della nostra dignità. Lascia che siano altri a raccontare la nostra storia, creandoci un complesso di inferiorità e di colpa collettiva che possiede la stessa funzione narcotizzante che il whisky ha avuto con i pellirossa di America. Se avessi voglia di scherzare, direi se “indiani” dobbiamo essere almeno dissotterriamo l’ascia da guerra! Trasformiamo la nostra Costituzione nella grande prateria da liberare. Galli Della Loggia comprenda che non è questo lo Stato di cui abbiamo bisogno! Noi questo Stato lo dobbiamo radicalmente cambiare per renderlo compatibile con i principi fondamentali della nostra Costituzione che oggi hanno una funzione solo coreografica. Non è più tempo di nani, ballerini e ruffiani di cui la nostra classe dirigente è ricca, bensì dell’urlo ribelle e indomito di mille “Geronimo” capaci di battersi per il riscatto del nostro popolo.
RIVIERA
IN BREVE
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DOMENICA 28 AGOSTO
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PrimoconsigliodellaCittàMetropolitana...edègiàbagarre! Si è tenuta mercoledi 24 agosto, a Reggio Calabria, nella Sala del Consiglio di Palazzo Alvaro a Piazza Italia, la prima riunione del neoeletto Consiglio della Città Metropolitana di Reggio Calabria. L’ordine del giorno prevedeva l’esame delle condizioni di eleggibilità dei consiglieri metropolitani proclamati eletti, l’insediamento e la convalida degli eletti e le comunicazioni del sindaco metropolitano. Dopo la convalida dei 14 eletti è subito il "caso Raffa" ad animare il primo Consiglio metropolitano di Reggio Calabria. Il sindaco metropolitano ha appena finito di dichiarare che grazie alla costituzione della Città Metropolitana verrà riscritta la storia del territorio. "Per farlo - precisa - serviranno condivisione, maturità e autorevolezza da parte della classe politica». I discorsi di unità e condivisione pronunciati da Falcomatà, però, vengono subito messi in crisi dall'ordine del giorno presentato da Filippo Bova, con cui si invita il presidente della Provincia Giuseppe Raffa a dimettersi, un invito alle dimissioni che Eduardo Lamberti Castronuovo ha definito «uno sgarbo istituzionale, un atto di guerra». Non sembra quindi essere un'alba tra le più rosee e promettenti quella che ha salutato la nuova Citta Metropolitana di Reggio Calabria.
Siderno Ricorda Renzo Commisso
L’Ente Parco Aspromonte ricorda Corrado Alvaro L’Ente Parco Nazionale dell’Aspromonte ha reso omaggio allo scrittore Corrado Alvaro a sessanta anni dalla sua scomparsa. Lo speciale evento si è svolto in collaborazione con il MArRC nell’ambito delle Notti d’Estate al Museo. La struttura narrativa e poetica dello scrittore è stata “ricomposta” attraverso gli occhi delle donne alvariane in cui, spesso, si intravede il mito di “Demetra e Persefone”. Queste donne hanno parlato attraverso la voce della poliedrica cantastorie Francesca Prestia. L’intensa e delicata esibizione, dal fortissimo richiamo storico e antropologico, ha innalzato il racconto e la narrazione alvariani all’interno della cornice di Palazzo Piacentini, dove si è elevata con vigore l’opera dello scrittore che porto l’Aspromonte in Europa.
Lunedì 22 Agosto presso il cimitero di Siderno Superiore, dov’è sepolto, l’Amministrazione Comunale di Siderno ha voluto rendere omaggio a Lorenzo Commisso, detto Renzo, vigile urbano di Siderno che 20 anni fa, nell’agosto 1996, ha perso la vita in seguito ad un banalissimo incidente mentre si trovava in servizio. Con questo omaggio, Siderno ha voluto dimostrare che il suo ricordo non si è mai sbiadito.
Il Siderno dell’Eccellenza si presenta al pubblico Lo scorso 19 agosto si è svolta la presentazione ufficiale del ASD CITTÀ DI SIDERNO 1911 che affronterà il campionato di calcio 2016/2017. In seguito ai saluti del sindaco Pietro Fuda, che ha voluto fare l’in bocca al lupo ai ragazzi per la stagione ormai imminente, la squadra ha presentata la rosa che affronterà il campionato e lo staff tecnico che la dirigerà, oltre ovviamente a dare ai tifosi un’idea di come sarà composta il nuovo organigramma societario. Al termine della serata si è svolta poi la premiazione dei dieci personaggi che hanno dato lustro al Siderno calcio e ne rappresentano un pezzo di storia.
L'OroVerde di Calabria ha ottenuto il marchio IGP Fino a qualche mese fa l'oro verde Made in Calabria non avrebbe avuto speranze. L'olio ricavato dalla varietà di olive Carolea, la cultivar più rappresentativa della regione, infatti, rimaneva fuori dai parametri di purezza, seppur per piccole oscillazioni del secondo decimale. In pericolo un intero comparto che in Calabria può contare su un eccezionale patrimonio di ben 33 varieta autoctone. Così i deputati europei Laura Ferrara, Rosa D’Amato e Marco Zullo (M5S) hanno chiesto al Commissario all’Agricoltura Phil Hogan una revisione dei parametri, così da non escludere l'olio ricavato da Carolea dal mercato, e sollecitato l’approvazione dell’istanza di riconoscimento del marchio Igp per l’olio calabrese. L'uomo del monte Hogan ha detto Sì! Ora si attende solo la formale registrazione del marchio europeo dell’ “Olio di Calabria”. "L'IGP aiuta a rendere più agevole tutti i percorsi che dobbiampo intraprendere e deve essere considerato come un apprezzabile punto di arrivo, ma anche e soprattutto come il passo iniziale per la cotruzione di un sistema olio nella nostra regione"
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IL CASO
Quinta A:
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quei ragazzi traditi L’operazione di Vincenzo Movilia e Pietro Parisi, autori di Quei ragazzi della Quinta A, che ha estratto dal cassetto dei ricordi le memorie dal sapore nostalgico di un gruppo di adolescenti della Siderno anni‘60, ha rievocato memorie e dolci ricordi che hanno permesso al libro di ottenere facile fortuna. Non tutti quei ragazzi della Quinta A, tuttavia, ritengono di essere stati trattati dagli autori del libro come avrebbero merirtato… o atteso che il tempo mitigasse un po’ gli effetti di un evento che pur avevo atteso e al quale avrei voluto aderire. Ho temporeggiato sino a quando i pensieri non fossero stati incasellati per dare quanta più obiettività possibile all’analisi. Premetto che, quando la mia amica Teresa mi aveva reso noto che alcuni compagni di scuola avevano scritto a più mani un libro sulla V A dell’ITC Marconi di Siderno, la cosa mi aveva favorevolmente colpito. Mi piaceva l’idea che un periodo adolescenziale, particolarmente gaio, venisse ricordato con altri occhi, altri aneddoti. Mischiando episodi camerateschi e goliardici alle prime emozioni per il sorgere di un’amicizia o di un filarino, episodi non necessariamente importanti ma che servono a forgiare successivamente gli uomini e le donne future. Mi allettava l’idea che qualcuno avesse pensato di mettere su carta episodi di quella che fu additata, almeno per qualche anno, come la avrebbe fatto meglio a ricordare la sua mitica V A. Mitica, perché in un’epoca amicizia e a quanto sia stata bella e non inflazionata dal linguaggio delle tecforte. Poi, avrebbe potuto concludere niche di mercato, c’era una cerchia di asserendo che non sempre gli amici alunni che riusciva a fare lavoro di squarimangono tali, a volte, non li riconodra ottenendo, poi, risultati più che sciamo più, a volte, diventano perfetti buoni. Non avevo letto il libro e mi ero estranei. Il rancore che traspare dalle ripromessa d’intervenire alla sua presenrighe, invece, non rende merito a nestazione perché pensavo fosse importante. suno, meno che meno all’autore del Mi sono detta: “fare un bagno nella tua testo, che forse avrebbe dovuto essere giovinezza non può che farti bene”. Per più obiettivo, senza esacerbare gli motivi personali non sono stata presente animi. all’evento ma, qualche giorno prima, con Per quanto riguarda la mia breve mia grande sorpresa, mi ha contattata descrizione, evidenziata nel capitolo La uno dei componenti di quella classe che, cotta, per amore di verità, ricordo che il senza tergiversare, mi ha chiesto se avesfilarino riguardò il periodo in cui l’ausi avuto modo di leggere il libro. tore arrivò nella nostra classe (secondo Logicamente, ho risposto negativamente o terzo anno di ragioneria). I nomi usati e lui, con tanto rammarico, mi ha racconnei messaggi, diversi da quelli reali, tato di come la sua persona sia stata avevano la sola funzione di non farci descritta in modo deplorevole da quello riconoscere nell’eventualità che i che io ricordo come il suo migliore amico. bigliettini potessero essere intercettati. Io li chiamavo Ciccì e Cocò perché stavaAppare del tutto fuori senso legare una no sempre insieme, affiatati e legati a simpatia adolescenziale con forme esadoppio filo. È vero che la vita spesso cerbate di connotazione politica. Per separa e fa seguire percorsi diversi ma quanto attiene al pensiero politico, non riuscivo a capire il perché di tanta allora come ora, non faccio parte attiva acredine e di tanto rancore nei suoi condi alcun movimento ma ciò non signififronti. Ho telefonato alla mia amica e mi ca che non abbia avuto e non abbia sono fatta leggere il pezzo che parlava di ancora una mia ideologia non corrilui. spondente a quella dell’autore poiché, La persona descritta come fredda e calcopur senza episodi di fanatismo o altro, latrice non corrisponde assolutamente al mi riconosco di più in un movimento Mimmo che avevo conosciuto e che conoche faccia, dello spirito solidaristico e sco. Se è vero che ci siamo persi di vista attenzione verso gli altri, la base essennon si è persa la stima reciproca, sempre ziale. Ma, soprattutto, la non condivilà, latente, pronta a venir fuori alla minisione non equivale a disconoscenza o ma occasione. Mi è difficile capire, inolancor peggio a ignoranza. Sarebbe tre, come possano entrare a far parte auspicabile che, ancor prima di assurdella V A episodi postumi, avvenuti nel gere in cattedra come maestro di vita e 1983. Noi ci siamo diplomati nel 1965. di ricordi, intanto provasse a condivideNon mi spiego, inoltre, come, nel corso re i ricordi comuni e tenesse per sé le del tempo, non ci sia stato un chiarimensue delusioni umane e professionali che to che, con qualsiasi epilogo, avrebbe nulla hanno a che fare con gli episodi almeno mitigato gli animi. Quello che della V A. non condivido è il messaggio trasmesso ai Alba Oppedisano giovani con tanta negatività. Secondo me
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Siamo diventati anziani e i ricordi di quella bella classe ci fanno venire i lucciconi agli occhi. Certamente tutti avremmo voluto festeggiare un libro che avesse parlato di noi, della nostra amicizia e coesione, di un gruppo di ragazzi dei favolosi anni sessanta e dei loro sogni. Purtroppo, temo che, alla fine, siano prevalsi altri sentimenti meno nobili e forse sarà ricordato si per l’amicizia, ma quella tradita. Resta da stabilire chi è il traditore.
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esidero in primo luogo ringraziare Alba Oppedisano per l’intervento che pubblicamente ha ritenuto di fare e che, nonostante gli anni trascorsi, la lontananza e le pochissime occasioni che abbiamo avuto di vederci, conferma la stima reciproca che - come dice – non manca di venir fuori alla prima occasione. Oltre a condividere tutte le sue considerazioni, ne vorrei aggiungere una che la riguarda e di cui, certamente per comprensibile modestia, non ha fatto cenno. Nell’anno in cui ci siamo diplomati Alba è stata giudicata tra i migliori studenti in Italia e prima in Calabria, ricevuta dal Capo dello Stato e da questi insignita del titolo di Alfiere del lavoro. Cosa evidentemente non di poco conto, soprattutto in relazione al contesto dell’opera, ma gli autori – forse troppo impegnati ad autocelebrarsi – non hanno ritenuto di doverne parlare, relegando la notiziola in una nota del tutto marginale in fondo al libro. Distrazione? Chissà! Per quel che mi riguarda, invece, il tratabbraccio e gli auguri per il nuovo incatamento non è stato benevolo. La grande rico. delusione è il titolo dello spazio a me Rimasi a Rosarno fino alla fine del dedicato dal mio ex compagno, ex colle1994, in quegli anni furono sporadici i ga ed ex amico Pietro. Delusione studencontatti tra noi, solo un paio di volte lui tesca e professionale (perché professionavenne a Rosarno in missione di lavoro, le?), che lo hanno costretto a non ritenerricordo che in una di queste partecipò mi una persona affidabile e degna di un ad una cena con tutti i colleghi per rapporto di amicizia vero. Una persona festeggiare un mio avanzamento di fredda e calcolatrice, per niente scalfita carriera. da fatti o sentimenti, che usava gli altri Successivamente fui trasferito in altre per i sui scopi per poi buttarli via, che città del centro Italia e lui alla nuova pensava solo alla carriera e via dicendo. agenzia di Siderno, dove mi fu offerto A sostegno di tutto ciò vengono narrati di andare ma preferii declinare l’invito. due episodi. Il primo, assolutamente priNon ci fu alcun contatto tra noi in quel vato, riguarda uno dei miei ricordi più periodo, complice la lontananza e, per cari: il primo amore. Una ragazza che quel che mi riguarda, i problemi legati veniva da Roma, il cui nome è Clara e ai trasferimenti con i tanti disagi non Daria, quest’ultimo un nome di fansoprattutto per i figli. Tuttavia, ogni tasia utilizzato dagli autori probabilmenqualvolta mi recavo a Siderno, non te per una questione di privacy, un mancavo di passare dall’agenzia per riguardo stranamente riservato solo alla salutare Pietro e gli altri amici. Ci signora in questione, mentre si fanno siamo sempre salutati e abbracciati da nomi e cognomi di decine di altre persovecchi amici. Ricordo che una volta ne. capitai in agenzia mentre era presente Una storia sicuramente importante una nostra vecchia professoressa di quella con Clara, ma che a un certo geografia. Furono grandi feste! punto finì come tantissime altre e che L’ultima occasione di contatto fu qualnon dimostra un bel nulla. Milioni di che giorno prima del suo pensionadiciottenni si innamorano e poi si lasciamento. Ebbi la notizia da altri colleghi no senza che per questo si possa affere scrissi una e-mail a Pietro con i miei mare che l’uno “usi” l’altra o viceversa. saluti e auguri per la sua vita futura. Trovo invece ignobile utilizzare le confiScherzosamente gli chiesi cosa intendenze fatte oltre cinquant’anni fa da una deva fare “da grande”, mi rispose picragazza innamorata al solo scopo di cato che gli interessi non gli mancavadenigrare un’altra persona. no e che aveva solo l’imbarazzo della L’altro episodio, che sembra essere quelscelta. Non mi stupii più di tanto per il lo decisivo, riguarda un intervento chisuo tono, conoscevo bene il suo caratrurgico subito da Pietro nel 1983. Io – ed tere permaloso e polemico, per cui è molto strano – non ho alcun ricordo di archiviai sorridendo la sua risposta. tutto ciò, mentre ricordo perfettamente Un’ultima considerazione desidero che Pietro soffriva di colite ulcerosa, per farla sulla mia assunzione in banca. C’è cui nulla posso dire oggi. Tuttavia, prenun passaggio poco chiaro nel libro che dendo per buono quello che si racconta, potrebbe indurre chi legge a ritenere perché al suo rientro al lavoro non mi ha che Pietro abbia potuto avere un ruolo chiesto spiegazioni circa il mio disinteimportante in quella circostanza. Non resse? Perché non ha chiarito subito con è così! La persona a cui devo tutto è l’amico di sempre? Qualsiasi persona di un’altra, un altro compagno di quella buon senso avrebbe fatto così senza mitica V A: Luigi, persona vera, leale e aspettare oltre trent’anni per raccontare autentica, forse il migliore di noi, che tutto in un libro. mi guidò i mi aiutò spendendosi anche Una vera autentica vigliaccata! personalmente in quella situazione. Clamorosamente falso inoltre è quel che Conservo ancora una sua lettera datasi racconta sul seguito di quest’ultima ta 13.1.71, in cui mi esortava a spedire vicenda, quando si sostiene che da quel la domanda in BNL, dove lui già lavomomento in poi i nostri rapporti sono rava, fornendomi precise e preziose stato praticamente inesistenti: “nessuna indicazioni su come muovermi. Fui confidenza, quasi nessun saluto”. infatti chiamato per un primo colloEbbene, io nella primavera del 1982 quio a Reggio Calabria il 25.2.71, quanlasciai, assieme alla mia famiglia, la casa do forse Pietro nemmeno pensava al di Reggio Calabria dove abitavo, per traposto in banca, e fui assunto a settemsferirmi a Siderno dove avevo iniziato a bre dell’anno successivo. costruire la mia nuova abitazione. Questi i fatti. Mistificandoli si è narraQuindi dal 1982 al 1991, quando fui trata “la grande delusione”! Ma più che sferito a Rosarno, feci il pendolare da delusione si intravede un grande ranSiderno a Reggio Calabria, e lo feci concore, quasi voglia di vendicarsi, non so dividendo il faticoso viaggio quotidiano di che cosa. La storiella dell’ospedale con tanti amici e colleghi, soprattutto appare come un pettegolezzo da corticon Pietro anche lui pendolare da le, messa lì giusto per giustificare quelPalizzi. Si scherzava e si rideva sul treno, lo che si sostiene e anche la voglia di si giocava a carte, si mangiava assieme protagonismo dell’autore che, in verità nell’intervallo di lavoro. Si sono organiznon gli è mai mancata. zate partite di calcio tra pendolari proDopo sei lunghissimi anni sono ritorprio a Palizzi, seguite da abbondanti libanato a Siderno, ho rivisto luoghi e pergioni e generose bevute. Eravamo sone amiche, tra loro Teresa, sempre soprattutto in quattro a ritrovarci abbadolcissima, e Vinicio con il suo solito stanza spesso, oltre noi due Totò e sorriso contagioso. Entrambi mi hanno Ciccio, per fare interminabili partite a confermato la stima e l’amicizia di tresette, anche a casa di Pietro o di Totò. sempre, prendendo le distanze da ciò Peraltro, in quegli anni, pensammo con che è stato scritto nel libro. Pietro di organizzare un incontro con i Siamo diventati anziani e i ricordi di vecchi compagni di scuola per festeggiaquella bella classe ci fanno venire i lucre i venticinque anni dal diploma. Non se ciconi agli occhi. Certamente tutti ne fece poi nulla, ma ricordo di essere avremmo voluto festeggiare un libro andato alla nostra vecchia scuola per che avesse parlato di noi, della nostra farmi dare l’elenco di tutti i compagni e amicizia e coesione, di un gruppo di dei docenti. ragazzi dei favolosi anni sessanta e dei Come si fa a sostenere che quasi non ci loro sogni. Purtroppo, temo che, alla salutavamo? fine, siano prevalsi altri sentimenti Nel 1991 fui trasferito a Rosarno e nomimeno nobili e forse sarà ricordato si nato funzionario. Ricordo che il giorno per l’amicizia, ma quella tradita. prima di andar via ani al terzo piano, al Resta da stabilire chi è il traditore. settore agrario dove lavorava Pietro per Mimmo Pellegrino salutare il mio amico e ricevere da lui un
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REDAZIONALE
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RITRATTI
L’instancabile milite calabrese della poesia
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1° premio nel Concorso Nazione di Ischia L’isola Bella; 1° premio Concorso Nazionale di poesia a Positano I moti dell’anima; 5° premio Concorso Nazionale di poesia Porto Recanati; Menzione d’Onore a Montignano di Senigallia.
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Trentacinque anni di instancabile impegno nel campo della medicina non hanno impedito a Gaetano Catalani di coltivare la propria passione per la poesia. Dopo aver cominciato a scrivere per gioco, due anni fa un amico gli ha proposto di partecipare a un concorso di poesia e, da quel momento, è arrivata una cascata di premi e riconoscimenti!
Gaetano Catalani 1° premio assoluto Premio Nazionale di Poesia L’Arte in Versi a Jesi; 2° classificato al Premio Letterario Nazionale Calliope a Trapani; 4° classificato Concorso Internazionale Il canto delle Muse a Bellizzi; 2° classificato al Premio Letterario Internazionale Quarto Sant’Elena, Cagliari; 1° premio Città di Battipaglia
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Non sei diverso
(Ad un bambino autistico) E’ seduto sulla sabbia ed io l’osservo, ha in mano una collana di conchiglie e foglie secche accartocciate, foglie che il mare porta, foglie che il vento spira. Una per una i suoi occhi le scrutano, ma non le guardano, le mie parole le sue orecchie sentono, ma non le ascoltano. Il vento dei pensieri si è fermato e nel silenzio si è rinchiuso, ma il silenzio non si può ascoltare, si può solo sentire come un profumo che inonda i messaggi del cuore, i sussurri e i loro echi senza tempo. Cerca un aiuto tra gli spazi dell’anima, ma senza chiederlo a nessuno, e continua ad osservare le conchiglie senza sorridere, ma senza nemmeno piangere. Corro ad abbracciarlo, ma non mi guarda negli occhi, sembra una barca incagliata nel ghiaccio piena di voci annegate nel tempo. Nel tempo e nello spazio, dentro e fuori, prima e dopo.
Una nebbia sui ricordi
Una nebbia la sua mente assopisce e i ricordi di una vita si dissolvono, le immagini del passato sbiadiscono e questo vuoto le sconvolge il cuore. Distrattamente sfoglia libri di chiesa, monchi allo sguardo, ma per fede antica, poi il sole accecante si dilegua e lascia il buio nelle notti insonni. Le braci degli anni hanno scalfito il viso e la mano, quando erano fuoco, ora porta il bagaglio vuoto della vita, il più pesante, ad incurvare le sue spalle. Guarda vecchie foto in bianco e nero per arginare il vento dei ricordi, sembra una barca in balia del mare che l’orizzonte non riesce a trovare. “Ti voglio bene mamma, a cosa pensi ?” China la testa ma non mi risponde, è in un luogo che non riconosce, è in una nicchia dove la porta il cuore, è uno sguardo gettato lontano alla ricerca dei suoi giorni più belli. Scrive pensieri e poi li rilegge, ma non ricorda di averli già scritti e mentre la penna graffia la carta la sua memoria s’immerge nel vuoto come inghiottita da un mare d’inverno. Scende una lacrima che neanche la bagna ed i suoi occhi sono sempre più dolci. Ritorna la nebbia e lei già non ricorda.
ermatologo di professione, poeta per passione, virtuoso a tempo pieno. Con questa semplice frase si potrebbe descrivere piuttosto efficacemente la figura di Gaetano Catalani, un uomo di Ardore modesto e gentile, leggermente appesantito dalle esperienze della vita ma intellettualmente vitale come molti ragazzi di oggi non sanno essere. Ama la buona compagnia, Catalani, e riunirsi la sera con gli amici scambiando con loro versi in vernacolo quasi per gioco. Vista la sagacia delle sue rime, una sera si sente domandare da un conoscente perché non prenda parte a uno degli innumerevoli concorsi di poesia che periodicamente si svolgono su territorio nazionale e così, ancora una volta per gioco, Gaetano presenta un pezzo originale a un concorso nazionale. La competizione è serrata e i concorrenti, circa 250, sono tutti eccezionalmente bravi, eppure è Gaetano a ricevere la Menzione d’onore per la poesia che metteva per la prima volta su carta un bagaglio si sensazioni ed emozioni che per tanti anni si era tenuto dentro. È il giugno 2014 e, a partire da quel momento, Catalani comincia a scrivere freneticamente in ogni istante libero della propria giornata e leggendo saggi o libri di poesia affina la propria arte e si sprona a migliorare il proprio stile, producendo in breve tempo più di cento poesie memorabili che attingono a piene mani dalla sua vita quotidiana: nella sua rassegna di pezzi dialettali, infatti, non è raro imbattersi in pezzi che trattano di tematiche sociali o di mafia, ma anche che prendono spunto dai 35 anni in cui ha fatto esperienza nel campo della medicina, permettendogli di parlare in una maniera inedita e toccante dell’alzheimer, del cancro o della depressione. Le poesie che gli danno maggiore soddisfazione, siano esse in italiano o in vernacolo, le presenta ai numerosi concorsi locali e nazionali che gli capitano a tiro riscuotendo sempre un successo sorprendente. Dopo quella prima, indimenticabile menzione, infatti, in due anni e mezzo Catalani ne inanella altre centocinquanta, accompagnate da 22 primi premi e circa 70 tra secondi e terzi posti, un palmarés che poeti più noti hanno rincorso durante una carriera cinquantennale, molto spesso senza riuscire nell’intento di conquistarlo! Convinto che la poesia italiana non sia più quella degli endecasillabi o delle rime dannunziane o petrarchesche, lo stile diretto delle sue strofe, il pathos e il sentimento che raccoglie nei suoi versi sono riusciti sempre a fare breccia nel cuore dei giudici, tanto che Gaetano ha quasi visto come una liberazione l’opportunità datagli dal suo lavoro di dedicarsi esclusivamente alle visite private di dermatologia dopo anni di estenuanti turni in medicina generale. Finalmente il tempo da dedicare al proprio hobby si è dilatato, la ricerca della perfezione ha trovato maggiore respiro e la sua produzione immensa si è concretizzata in alcune raccolte indimenticabili, come Cìnnari, Echi dal passato o Un profumo… un ricordo, volumetto, quest’ultimo, le cui prime cento copie gli sono state pubblicate gratuitamente per aver vinto l’ennesimo primo premio a un concorso nazionale. “Ogni componimento di Catalani - scrive il critico letterario Lorenzo Spurio recensendo proprio Un profumo… un ricordo - gode di una sua luce, cioè di una potenza visiva ed emozionale talmente forte ed accentuata capace di provocare nel lettore un senso di fastidio e di ribellione […] o di una compartecipazione intima al dramma del nostro nella divampante disillusione di un tempo feroce che svilisce il ricordo”. Oggi l’instancabile milite della poesia è ancora una volta finalista a Milano nel premio nazionale Le coleur d’un poeme e nel premio nazionale Caterina Martinelli, dove attende il verdetto su entrambe le poesie (quella in italiano e quella in vernacolo) con le quali concorre. Come se non bastasse, sono in dirittura d’arrivo le preparazioni delle sue nuove raccolte di poesie dialettali e in italiano, che dovrebbero essere nelle librerie il prossimo dicembre. Jacopo Giuca
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CULTURA Sisinio Zito fiero della sua creatura
IL ROCCELLA JAZZ FESTIVAL È RIMASTO ORFANO.
La scomparsa di Sisinio Zito padre della manifestazione, lascia un vuoto incolmabile nell’apparato organizzativo della kermesse che, soprattutto per onorare l’illustre senatore, non ha voluto fermarsi. Abbiamo raggiunto i direttori artistici Vincenzo Staiano e Paola Pinchera per farci raccontare com’è andata l’edizione appena conclusasi e, soprattutto, che cosa il Roccella Jazz Festival ci riservi per il futuro.
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Una canzone ROCCELLA JAZZ FESTIVAL
Sisinio diceva sempre di lottare con tutte le nostre forze affinché il Festival continuasse a vivere perché considerava un peccato che una manifestazione in grado di raggiungere un tale livello di popolarità morisse senza lasciare traccia di sé.
Questa edizione del Roccella Jazz Festival, purtroppo, verrà ricordata come la prima a essersi svolta senza la guida del suo guru Sisinio Zito. Come avete voluto ricordarlo? «Per essere precisi, - comincia Staiano - questa edizione è da considerarsi l’ultima ad essere completamente figlia di Sisinio, considerato che abbiamo accordato il programma con lui quando ancora stava bene. Una volta scomparso, messo da parte momentaneamente il dolore, abbiamo realizzato quanto era stato accordato sempre pensando a lui e dedicandogli questa edizione del festival con il sottotitolo “Sisong”, un termine evocativo che richiamasse il suo nome e trasmettesse immediatamente l’idea di qualcosa realizzato in sua memoria. Credo, in effetti, che la cosa più bella che questa edizione del Roccella Jazz Festival ci ha lasciato sia la composizione commissionata a Claudio Cojaniz, pianista friulano che ha prodotto una sweet per violino ed ensemble in sei movimenti davvero unica nel suo genere, il cui ascolto ha messo d’accordo pubblico e critica nel dire che si sia trattato di una delle cose più belle mai sentite in tutta la storia del Festival. È stato lo stupendo regalo che siamo riusciti a fare al nostro presidente e fondatore, qualcosa che ci ha reso sicuri di avergli reso onore nel migliore dei modi». Qual è il bilancio dell’edizione appena conclusa? «Sisinio ha lasciato un grande vuoto perché era il perno attorno al quale ruotava tutto il sistema che ha reso possibile il Roccella Jazz Festival e che lo ha reso grande quanto è oggi. - interviene la Pinchera Devo dire che, proprio per il grande rispetto provato nei suoi confronti tutti, dall’Amministrazione Comunale alle associazioni, dai volontari ai semplici cittadini, ci hanno aiutato a realizzare al meglio anche questa edizione che abbiamo dedicato alla sua memoria e questo ci ha permesso di vivere un’altra kermesse senza particolari intoppi. I problemi, piuttosto, sono stati di tipo burocratico, soprattutto con le difficoltà economiche sofferte dall’Associazione Jonica, sempre in prima linea nell’organizzazione e, ahimè, con i ritardi accumulati dalla Regione, che sono stati causa diretta del taglio della metà degli eventi che avevamo originariamente in programma». «Il nostro progetto iniziale, infatti, prevedeva la realizzazione di trenta concerti ma ne abbiamo potuti realizzare solo quindici - continua Staiano - Malgrado ciò abbiamo cercato di salvare le cose migliori, elemento che ha certamente contribuito ha rendere il bilancio assolutamente positivo, almeno per quanto detto da chi vi ha partecipato con il consueto entusiasmo. Nonostante ciò resta tuttavia il rammarico di che cosa si sarebbe potuto ottenere se fossimo riusciti a pubblicare il programma con largo anticipo, e non solo sette giorni prima dell’inizio del Festival, impedendo di fatto agli appassionati che ogni anno vengono da fuori per seguirci di riuscire a organizzarsi. Nonostante gli ampi sforzi dell’Amministrazione Comunale,
infatti, i ritardi di cui sopra hanno comportato un rallentamento anche nella produzione del calendario eventi facendoci riscontrare enormi difficoltà logistiche come il riuscire a prenotare gli alberghi per gli artisti, tutti pieni (piacevolmente per la Locride) nel periodo in cui il Festival si è svolto. Ritengo che questo sia proprio l’aspetto da tenere maggiormente in considerazione per il futuro: se non si riesce ad avere un programma almeno abbozzato già tra marzo e aprile non si riusciranno a fare miracoli e si rischierà di minare la qualità del Festival». La perdita di Zito, più che avere ripercussioni sull’immediato, potrebbe averne nelle edizioni a venire. State già organizzando il prossimo Roccella Jazz Festival e quali consigli di Zito cercherete di tenere a mente per lasciare quanto più possibile invariato l’altissimo livello che la manifestazione ha dimostrato in tutti questi anni? «Sisinio diceva sempre di lottare con tutte le nostre forze affinché il Festival continuasse a vivere - ricorda Staiano - , perché considerava un peccato che una manifestazione in grado di raggiungere un tale livello di popolarità morisse senza lasciare traccia di sé. Adesso dobbiamo proprio affrontare una serie di incombenze amministrative e legali che ci devono permettere di andare in questa direzione e rispettare il suo volere. Momentaneamente siamo dinanzi a una situazione di stallo amministrativo che ci costringe a rischiare, ma ciò non ci impedisce di cominciare fin da subito a lavorare. Una cosa è certa: il festival sarà ereditato dal Comune di Roccella, ma lo si dovrà coadiuvare con tutti i mezzi possibili per agevolarlo nel difficile compito della gestione almeno degli aspetti tecnici. In questo siamo certi che ci daranno una mano l’Associazione Culturale Jonica e Rumori Mediterranei, mentre organizzare il resto si rivelerà, com’è sempre stato, una mera questione di bilancio». «Per quanto mi riguarda, resterò “affacciata alla finestra” - chiosa la Pinchera - a osservare come cambiano le cose a livello amministrativo. Sono stata per tanti direttore artistico di questa manifestazione, tanto che penso si possa dire che l’ho vista crescere e sono pronta a mettermi nuovamente in gioco assieme a Vincenzo una volta che avremo compreso su che base si lavorerà e come ci si potrà organizzare. Se chi prenderà la direzione del Festival, tuttavia, reputerà che il nostro lavoro è inopportuno o insufficiente, sono pronta a farmi da parte. Finora nessuno si è lamentato e, avendo ancora la possibilità di essere direttore artistico mi riservo di fare tutto come ho sempre fatto. Ma non si può mai sapere che cosa ti riserva il futuro». Jacopo Giuca
Randy Weston 2 settembre 1980
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e per Sisinio Il dopo festival 2016
Lapotenzadelfestival 36 anni fa. 2 settembre del 1980, ore 21. Nel cortile delle scuole elementari, Randy Weston, pianista afroamericano, si siede al pianoforte ed inizia a suonare quella che sarebbe divenuta una storia straordinaria. La storia del Festival Jazz Rumori Mediterranei di Roccella. Suonava una musica strana, che nulla aveva a che fare con la nostra tradizione musicale. Una musica che però parlava e parla il linguaggio universale della voglia di libertà, di riscatto, di confronto e contaminazione, di futuro e di progresso. Per questo, quella musica che poteva sembrare folle voler fare suonare a Roccella, fu capita ed amata. Il Senatore, come al solito, aveva visto bene. Aveva prima di tutti intuito la forza politica dirompente del progresso culturale di una comunità come unico strumento di affrancamento da logiche perverse di vassalismo politico o di subcultura mafiosa. Dopo 36 anni possiamo dire, e tutti saranno concordi, che quella visione si è realizzata e che il Festival è stato qualcosa che è andato ben oltre la semplice rassegna musicale: è stato per Roccella, per la Locride e per la Calabria un eccezionale strumento di progresso sociale, culturale e politico. Ho parlato volutamente al passato. Per dare il senso del rischio che avremmo potuto correre dopo che il Senatore ci ha lasciati. Ma dopo che abbiamo visto quello che è successo dal 13 al 22 agosto, anche se la strada ancora è lunga, qualcuno può dire che il Festival è morto? Che non ha più futuro? Che non ha più senso? Per 35 anni il Festival ha vissuto sulla presenza trascinante del suo ideatore. Ciò che lui ha costruito nel tempo, il suo carisma, l’amore della sua gente, hanno fatto sì che la 36esima edizione, la prima senza di lui in prima fila, abbia vissuto la forza travolgente della sua assenza. Quella forza che in ognuno delle decine di volontari, dei collaboratori, dei dipendenti comunali, dei semplici spettatori, ha generato la voglia di assumere la piena responsabilità di fare il proprio pezzettino per non far morire il Festival. Perché a lui era dovuto questo omaggio. Dal 13 al 22 agosto Roccella è stata Jazz come non avveniva da decenni. Per le sue strade, ogni sera, per 9 sere consecutive, si è sentita musica straordinaria. Un esercizio commerciale si è inventato l’aperijazz per introdurre i concerti al teatro. Tantissimi si sono messi a disposizione della manifestazione, tantissimi volevano fare qualcosa di utile. I dopo Festival sono nati così, non programmati: voluti e partecipati per continuare la magia dei concerti fino a tardi. Il 22 agosto al dopo Festival tutti dicevano: ora abbiamo di fronte solo due parole: Jazzy Christimas, l’appuntamento di Natale. È stato facile fare tutto questo? No. E non per la fatica che abbiamo fatto assieme ai direttori Composizione commissionata a Claudio Cojaniz con il sottotitolo “Sisong”
artistici, ai dipendenti comunali, ai volontari ed ai collaboratori. Non è stato facile per lo stesso, costante e ripetitivo motivo. In tutta Italia e in tutto il mondo produrre cultura costa. In alcune parti d’Italia questi costi le sopportano istituzioni locali finanziariamente ricche, gli sponsor istituzionali (le banche, le società in house, le fondazioni private), gli sponsor commerciali, le entrate da bigliettazione. In Calabria no. In Calabria si può produrre cultura solo a tre condizioni. La prima è che ci sia un forte sostegno pubblico. La seconda è che quel sostegno sia assicurato per un ragionevole arco di tempo. La terza è che chi produce cultura abbia adeguata capacità finanziaria per anticipare i costi prima della erogazione del contributo. Vogliamo sperare che la Regione capisca, dopo quello che è successo quest’anno, la necessità di preservare come bene prezioso le non numerosissime realtà regionali capaci di produrre cultura. Che spesso vengono confuse con i promoter che acquistano concerti o pacchetti di rappresentazioni teatrali che possono essere visti in ogni altra parte d’Italia. O addirittura con le Pro Loco o altre associazioni di promozione turistica che organizzano bellissime manifestazioni turistiche. I recenti impegni annunciati a proposito dal Governatore Oliverio fanno ben sperare. Ma sia chiaro che non potremmo tollerare più quello che è successo quest’anno: vedersi ridurre il contributo in due giorni dall’80% al 50% delle spese ha messo in serio rischio lo svolgimento stesso della manifestazione. Agire così significa non solo non sostenere ma addirittura uccidere chi produce cultura in Calabria. Roccella Jazz 2016 ha dimostrato concretamente come la cultura sia capace di costruire valori positivi di appartenenza, di orgoglio, di confronto e di crescita. Che un evento culturale può fondare una comunità e contaminare il territorio, come dimostra la sensibilità del Comune di Siderno che ha voluto fortemente che una delle serate in programma fosse realizzata sul suo territorio. Dopo quello che è successo dal 13 al 22 agosto è chiaro che il Comune di Roccella difenderà sempre il suo Festival Jazz perché uno dei suoi beni più preziosi, un elemento fondativo della sua comunità. Ma non lo consideriamo una nostra esclusiva. Vogliamo e crediamo che nei prossimi anni il Festival possa divenire uno dei biglietti da visita internazionali di un intero territorio: quello della Città Metropolitana. Ho la netta impressione che Sisong sarà ricordato a lungo. Vittorio Zito – Vicesindaco di Roccella Ionica
CULTURA
ARTE
Giuseppe Correale al Premio Internazionale Arte Roma Il 16 settembre 2016 si terrà l’inaugurazione del concorso Premio Arte Roma, presso il Museo Archeologico dello Stadio di Domiziano, sito in Piazza Navona a Roma. L’opera scultorea del Maestro Giuseppe Correale, intitolata “Gli emarginati” è stata selezionata all’interno di un concorso internazionale, dove saranno presenti le opere di artisti provenienti da tutto il mondo. Anche Siderno sarà, quindi presente, con uno scultore che - scrive Francesco Caridi "rifuggiva dalla metafisica ed era soprattutto riottoso alla attribuzione di etichette ermeneutiche al suo lavoro: per lui il trionfo della forma, il bel risultato plastico, facevano premio su tutto, ancorché la sua attività risentisse inevitabilmente della condizione ideologica e sociale del tempo in cui operava, e quindi delle relative seduzioni, suggestioni od anche tensioni". A proclamare l’opera vincitrice di questa prima edizione del concorso sarà una giuria, composta da personalità di spicco del mondo dell'arte e della cultura internazionale. La mostra si protrarrà fino al 30 ottobre e comprende la visita del Museo Archeologico.
BEACH VOLLEY
Siderno teatro perfetto del divertimento
A Franco
Purtroppo la vita ti ha strappato ai tuoi cari, come a tutti i tuoi amici. Ci manchi tanto, ma solo fisicamente, perché sei sempre tra noi. Impossibile non pensarti, caro Franco, vero amico e anzi fratello, ragazzo bellissimo, umile, buono, un grande! A volte proprio non mi spiego il perché! Eravamo sempre assieme, quando si poteva: scendevi tu o salivo io per motivi di lavoro, non si poteva stare tanto tempo senza raccontarci le nostre cose, la nostra vita. Mi ricordo il giorno del matrimonio nel paese della tua adorata moglie Franca. Dalla vostra unione è nata una stella, Alessia, oggi una bellissima ragazza, mora come te. Sei rimasto insieme a Franca per tutta la tua vita, spezzata solo da un tragico, crudele destino. Riposa in pace, caro fratello. Nel triste giorno del tuo compleanno non ti dimenticherò. E non lo dico con parole di circostanza, perché è impossibile dimenticare per un solo giorno te, troppo buono per questa terra a volte così malvagia! Ciao, Franco. Tuo fratello Giuseppe
A mia sorella Auguri… cinquantenne È un genetliaco assai particolare, quello di chi, compie cinquant’anni. L’età, è noto, non si può fermare ciò nonostante, non reca solo danni. Chiaro! Per la mente é un gran momento: Amalgama l’esperienza alla freschezza. Combina, che il più banal ragionamento, è puntellato di solida saggezza. Siffatta forza enorme del cervello, bilancia ogni sottile cedimento: Una sanzione affatto senz’appello. Perché in una diversa giovinezza entri, con efficacia e col fermento di chi dell’età dor… nutre l’ebbrezza. Giuseppe Lupis
Siderno Marina è stata teatro di una nuova iniziativa volta a dare sempre più possibilità ai ragazzi (e non) di divertirsi e confrontarsi su un campo di Beach Volley. Dall’8 al 12 di agosto 2016 presso il Lido Gelsomino sul Lungomare delle Palme si è svolto il 1° Torneo Beach Volley Siderno 2016 Tournament 4x4 misto. Grande partecipazione da parte dei tanti/e beachers accorsi all’evento nei cinque giorni del torneo. Con il sole cocente del pomeriggio fino ai primi colori del tramonto, i ragazzi si sono confrontati sul campo da beach messo a disposizione. Lo staff ha profuso il massimo impegno fin da metà luglio per la preparazione dell’evento. Diverse attività commerciali di Siderno sensibili alla voce sport, hanno contribuito alla riuscita dell’evento. Una prima edizione, questa del 2016, con un buon risultato di pubblico e partecipanti che in termini di numeri, ha visto 8 squadre con 6 ragazzi ogni team 1 arbitro e 6 persone dello Staff che hanno dato tutti il proprio contributo per la riuscita dell’evento. Smirnoff, I Pruna, Ma chi è caa, Pruppiceè, Bradipe, I Perdenti, Pino Beach, 999666 i nomi delle squadre che fanno trasparire un obiettivo: divertirsi giocando. Obiettivo centrato! Grande soddisfazione dello Staff per la presenza
di tanti bambini che hanno fatto da simpatica cornice in tutto il torneo con un tifo di quelli che solo il volley conosce. Dal punto di vista meteorologico, qualche goccia di pioggia non ha fermato i/le beachers, né il buon ponente che ha soffiato spesso su Siderno. Diversi i premi in palio insieme alle magliette dell’evento che hanno visto vincitrici le seguenti squadre: 1ª Pruppiceè, 2ª Smirnoff, 3ª Pino Beach, premiazione avvenuta sui primi colori del tramonto jonico che solo la Costa dei Gelsomini può regalare con la sua esplosione di tinte pastello che lascia nei cuori una voglia di mare. Ma diamo anche un nome ai ragazzi che hanno dato tutto per la riuscita dell’evento: Federico Roccella, Francesca Morelli, Sara Barbuto, Antonio Romeo, Gianluigi Napoli ed Andrea Rigano, con il supporto arbitrale di Stefano Puntillo, preciso e inappuntabile arbitro del Torneo. Infine un grazie va rivolto a Giuseppe Meleca del Lido Gelsomino per aver messo a disposizione gli spazi adiacenti il Lido per l’organizzazione del Torneo. I ragazzi tutti si sono lasciati non con un addio ma… con un grande arrivederci al prossimo anno! Fabiano Roccella
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Caulonia Tarantella Festival: che la festa continui!
AGNANA La Calabria che non si arrende nonostante le si spari addosso. È stato questo il tema forte di una serata dedicata alla cultura e alla lotta sociale ad Agnana lo scorso venerdì 19 agosto. Al centro della serata gli interventi della scrittrice Lina Furfaro e del nostro editorialista Ilario Ammendolia, che nel suo intervento ha sottolineato l’importanza di un evento con ricordi con tale forza la lotta dei nostri meridionalisti. È stato dunque lasciato spazio alle considerazioni politico-economiche affidate al sindaco di Bova Vincenzo Crupi e all’Assessore alle Politiche sociali Federica Roccisano. A chiusura della serata la consegna delle borse di studio dedicate alla memoria di Giuditta Levato (per chi non si arrende) e Pasquino Crupi (alla Cultura), aggiudicate rispettivamente dalle giovani Cristina Fragomeni e Fabiana Cherubino.
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Polsi ll 2 settembre la processione della Madonna
Le avverse condizioni atmosferiche degli ultimi giorni avevano sicuramente deluso le centinaia e centinaia di fan accorsi mercoledì per il concerto di Eugenio Bennato, che era stato sospeso per cause di forza maggiore. Ma l’organizzazione del Kaulonia Tarantella Festival non si è fatta fermare e, in accordo con l’artista, ha deciso di prolungare il proprio programma di un giorno rimandando a questa sera, in piazza del Mese, a Caulonia, alle ore 22:00, il concerto di Eugenio Bennato che si sarebbe dovuto tenere in settimana, facendo una gradita sorpresa ai fan e garantendo che la festa continui con lo stesso spirito di sempre!
La festa della Madonna di Polsi o festa della Madonna della montagna è la festa che si celebra dal 31 agosto al 2 settembre di ogni anno nella frazione di Polsi a San Luca, in Aspromonte, in provincia di Reggio Calabria in onore della Madonna. La processione della statua della Madonna comincia in piena notte portata su un camion al grido di Viva Maria e prosegue tra le poche vie della frazione di Polsi, portata in spalla dai confratelli pescatori di Bagnara e dopo ore e ore si giunge al santuario cantando inni alla Vergine. Nell'ultimo tratto i portantini arrivano correndo. Le donne, nella navata centrale del santuario, camminano in ginocchio battendosi il petto. Vengono dati i sacramenti della confessione e dell'eucarestia, si da un ultimo saluto alla vergine e si offrono gli ex voto. I fedeli danno un ultimo saluto alla Madonna e la festa finisce di sera tra canti e balli. Nell'ultima notte si dorme all'interno del santuario, come prevede il rito pagano dell'incubazione. Questo, da decenni, è il programma delle celebrazioni per la Madonna di Polisi che, anche quest’anno, come già annunciato dal vescovo della diocesi di Locri Gerace, Monsignor Francesco Oliva, non subirà alcuna variazione.
La Calabria che non si arrende ricorda i nostri meridionalisti
I Re Niliu fanno ballare Siderno Superiore Non è vero che in Calabria può esistere solo la monocoltura della cosiddetta "tarantella pop" e dell'etnico commerciale. Per chi vuole ascoltare e per chi vuole organizzare cose diverse gli spazi ci sono e i concerti che si stanno svolgendo di queste settimane ne sono la prova, soprattutto considerato il gran numero di pubblico che sono in grado di attirare. Grande successo, infatti, ha riscosso la serata animata, a Siderno Superiore lo scorso lunedì dai Re Niliu. In attività dal 1979, i Re Niliu furono fondati a Catanzaro l'8 dicembre del 1979 da Ettore Castagna, Sergio Di Giorgio, Francesco Forgione, Gino Parisi, Goffredo Plastino ed Emilio Rinaldo con l'incontro quasi casuale di questi musicisti a una festa sull'Africa. La band deve il nome a Francesco Forgione, che pensò di ispirarsi alla fiaba di Tiriolo con per protagonista un Re di cera. È una fiaba triste dove il re muore senza poter godere le sue ricchezze e la suggestione era quella di concedere una simbolica rivincita al Re Niliu. Guidati con questo spirito da Ettore Castagna, tornato nel borgo dopo aver tenuto con successo a palazzo De Mojà il corso della lira Calabrese questo inverno, i Re Niliu sono stati i grandi protagonisti di una serata indimenticabile nel borgo antico della nostra città.
Galleria d’arte a cielo aperto per una sera Un serata di cultura e arte davvero anticonvenzionale, quella svoltasi sabato 20 agosto in via Paolo Romeo a Siderno. Trasformato per una sera in una vera e propria galleria d’arte a cielo aperto, il vicolo è diventato un salotto letterario il cui padrone di casa, Gianluca Albanese, ha presentato un lungo e interessante scambio di battute tra Anna Burgio e Antonella Gozzi. Nel loro scambio, pretesto per la presentazione del libro della Burgio Di Schiena. Jeanne Hebuterne senza Modigliani, romanzo dedicato alla travagliata storia d’amore tra la Hebuterne e il pittore “maledetto” livornese, le due donne sono state accompagnate da una reading della canzone Modì di Vinicio Caposela, curata da Fabio Macagnino, che ha poi proposto in breve i suoi brani più popolari. Particolarmente compiaciuti dell’iniziativa, assai partecipata, oltre naturalmente gli organizzatori e gli editori Franco Arcidiaco e Antonella Cuzzocrea, l’amministrazione comunale, che ha partecipato nelle persone del sindaco Pietro Fuda, e degli assessori Binca Gerace e Ercole Macrì.
CULTURA E SOCIETÀ
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L'UNLA DI BOVALINO PRESENTA IL LIBRO "CARATTERI. I TIPI" DEL POETA BOVALINESE VINCENZO GUERRISI PARLÀ
Il paese diVincenzo Guerrisi Parlà Il vero spirito della poesia di Vincenzo Guerrisi Parlà è quello di volere affermare, attraverso i vizi di cui talvolta si fa portatore l’uomo, le grandi virtù ed aprire con l’insegnamento morale, le porte al ravvedimento ed alla positiva speranza per un mondo fatto di giustizia e di pace, di cui i dialoghi degli animali umanizzati di Sutta Sutta ne sono espressione, grazie anche alla presenza dell’asino che sentenzia di favola in favola.
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on è un percorso spezzato, quello che lega la pubblicazione degli scritti di Vincenzo Guerrisi Parlà; è stato soltanto interrotto, dalla vita, dagli eventi e dal tempo che hanno richiesto attenzione. Ma è proprio la vita, gli eventi ed il tempo che hanno regalato alla mia sensibilità maggiore forza nella capacità di comprendere e sostenere l’eredità letteraria di mio padre; poiché, io al pari di lui, ho conosciuto la vita vera, quella che fa provare il dolore, ma anche la gioia, quella che fa conoscere un’umanità estremamente malvagia ed un’altra umanità al contrario buona, elevata. Queste situazioni sono state affrontate confidando nell’aiuto di Dio e anche sicuramente con la forza e l’equilibrio del pensiero e della moralità di mio padre, assorbiti inconsapevolmente in famiglia. Ho avuto il tempo di conoscere gli uomini di cultura che, pronunciandosi sulle sue opere, hanno decretato e celebrato il grande valore e dei cui discorsi e consigli io ne ho fatto tesoro. Tutto questo, unitamente alla mia personale convinzione, alimenta e motiva con forza la ripresa del percorso già segnato dalle opere edite. Questa decisione che è mia ma anche dei miei fratelli Lucia e Giovanni, è un atto di affetto e di amore per nostro padre a prescindere dalla fortuna critica che potranno avere gli stessi scritti e di cui soltanto il tempo potrà decidere. Pertanto mi accingo, nel raccogliere questa eredità letteraria, a metterla a disposizione di tutti attraverso la pubblicazione degli inediti che insieme alle opere già edite costituiscono un grande “corpus” di cui fanno parte scritti di vario genere, ma dai quali emerge sempre un segno, un messaggio, un insegnamento morale, che trae forza da quella sua capacità a concretizzare i propri sentimenti in personaggi che, pur attingendo al reale, nascono dalla sua inesauribile fantasia e profonda sensibilità psicologica a comprendere l’uomo in tutte le sue sfumature, dal dramma allo scherzo dal comico al patetico, da quello che “appare” e che invece “non è”, toccando dell’elegia gli altissimi toni. Ma il vero spirito della poesia di mio padre è quello di volere affermare, attraverso i vizi di cui talvolta si fa portatore l’uomo, le grandi virtù ed aprire con l’insegnamento morale, le porte al ravvedimento ed alla positiva speranza per un mondo fatto di giustizia e di pace, di cui i dialoghi degli animali umanizzati di Sutta Sutta ne sono espressione, grazie anche alla presenza dell’asino che sentenzia di favola in favola. Questo sentiero tracciato dalle opere di mio padre giunge con la recente pubblicazione in questo immaginario e/o reale paese ambientato negli anni del periodo bellico e post bellico. Il libro accoglie in copertina il nome dell’autore , il titolo ed in sottofondo i nomi degli abitanti di questo paese raccontato attraverso le tante storie per come mio padre le ha lette sui volti della gente della sua Calabria. Ha il colore verde della natura selvaggia della Calabria degli anni 40/50, allorquando, ancora non era stata sopraffatta dall’asfalto e dal cemento e che, nel sorgere del sole, restituiva lo smagliante colore all’operoso giorno della “gente d’aspromonte”. …per poi divenire, nuovamente, di un verde più cupo nella notte rischiarata soltanto dalla luna. La presente raccolta di poesie viene presentata al pubblico col titolo “ CARATTERI” aggiungendo come sottotitolo “I TIPI” per onorare la volontà di mio padre che li aveva da sempre indicati anche con quest’ultimo titolo. E con “I Tipi” l’autore vuole centrare l’attenzione sui personaggi della civiltà contadina, che animano il paese nello scenario del periodo bellico e post bellico, chiamandoli tutti col proprio nome. Una sorta di anagrafe ove non sfugge nessuno… 106 PERSONAGGI, 106 storie ove si racconta la favola della vita. Anche qui, come in Sutta Sutta vi è un unico comune denominatore, anche se diverso, il quale interrompendo l’episodicità dei racconti, li lega insieme
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e fa da filo conduttore senza”soluzione di continuità tra l’una e l’altra storia. Il paese. Con I Tipi di Caratteri, Vincenzo Guerrisi racconta “ l’umanità” nella propria realtà quotidiana restituendo ad essa volti e sembianze umane a differenza di Sutta Sutta, ove veniva descritta attraverso i dialoghi degli animali. Il paese di Guerrisi è la cellula che non ha ancora subito la disgregazione etnica dovuta alla globalizzazione e pertanto, gli abitanti sono immortalati dall’autore nel momento in cui essi non hanno ancora perso la propria identità, quali appartenenti ad un popolo che è legato da tradizioni, rapporti di famiglia, di amicizia, di conoscenza. Ove tutti si chiamano per nome, o con gli appellativi “ mastru, massaru, don, gnura o ziu malgrado l’assenza di parentela, o con un soprannome. Guerrisi immortala, con le diverse storie dei protagonisti, una intera società ed i suoi equilibri, così da costituire una unica fantastica storia fatta di virtù, di vizi, di fortune e sciagure umane, in un clima storico segnato dalla guerra, dagli abusi che il regime fondiario attuava sui contadini sfruttati ma che lascia le porte aperte alla rinascita economica e culturale degli anni a venire. Apre la carrellata dei personaggi Mastru Nicola che, come una immagine iconografica dei paesi del sud, è il vecchio che troneggia seduto sulla sedia a fumare la pipa distaccato dal mondo ed incurante del tempo che passa. Seguono i personaggi dei venditori ambulanti, degli artigiani… i furbi personaggi femminili che impartiscono, pagandosi, pratiche magiche, riti purificatori ed interventi guaritori. E come in ogni paese, dove ci si conosce tutti, vi è sempre qualcuno che, “da perdigiorno” si interessa dei fatti altrui, prendendo di mira con grande senso del ridicolo anche chi ne dà l’occasione. Da qui la descrizione di tanti personaggi che vengono immortalati per le peculiarità caratteriali o fisiche divenendo caricature che sopravvivono al tempo nei ricordi di paese. Qui si coglie tutta la “verve” più fresca e giocosa dell’autore che porta al massimo le sue qualità ironiche, per passare poi ai toni più grevi ed intensamente più profondi e psicologici nel delineare le storie che mettono in risalto la semplicità del vivere, i buoni sentimenti, i grandi esempi di uomini e donne che, con il proprio lavoro, sono riusciti a venire fuori dalle difficoltà. Storie di abbandono, di prevaricazione; storie di guerra e di insulse e ridicole leggi fasciste. Afferma Giuseppe Italiano in prefazione: Il dialetto del Guerrisi rifugge l’aneddotica giocosa di maniera per aprirsi, con interessante apporto antropologico, a quelle che sono state le problematiche calabresi (e meridionali) per buona parte del Novecento. “I personaggi che animano questo libro sono i protagonisti della civiltà contadina, sono gli abili artigiani di vari mestieri, sono gli “eroi” delle forzate emigrazioni; sono figure della memoria, miti di vita serena e idilliaca pur nella ristrettezza del campare”. Col suo mezzo espressivo Guerrisi, nel confermare la nostra parlata autoctona, ha saputo recuperare la nostra memoria, le nostre usanze, i nostri sentimenti, le radici della nostra vita”. Il senso di questo libro lo si può cogliere nel messaggio di speranza di cui l’autore , con i suoi scritti, si fa portatore. Infatti, affinché una società “ funzioni” occorre che vi sia il contributo di tutti gli uomini che, a vario titolo, attraverso il proprio lavoro, positive esperienze di vita e giuste leggi, abbiano la volontà di costruire, qualsiasi sia contesto storico o il punto della terra, un mondo fatto di giustizia e di pace. Con questo libro spero che mio padre non smentisca la fama decretata da un profetico giudizio di Pasquino Crupi “ Vincenzo Guerrisi Parlà “ favolista oltre Esopo e Fedro nella favola” di cui le opere “continuano ad illuminare il glorioso cammino della letteratura del nostro tempo e del tempo che verrà”. Marinella Guerrisi
Le tre serate organizzate dall’UNLa di Bovalino hanno avuto la logica conclusione, partecipata e ricca di contenuti, con la presentazione del primo inedito del poeta Vincenzo Guerrisi Parlà, messo a punto dalla figlia Marinella che con molta attenzione ed amore verso il padre ma soprattutto verso i bovalinesi e la Calabria, ha voluto dedicare a sei anni dalla morte del genitore illustre il libro al quale ha dato il titolo “Caratteri – I Tipi”. Poesie scritte negli anni ‘50 e che “molti di voi, ha detto Marinella, conoscono per averle ascoltate da lui in svariate occasioni”. Guerrisi, coglie il “carattere” di 106 personaggi che appartengono alla civiltà contadina del periodo bellico e post bellico. Storie per come lui le ha lette sui volti della gente della sua Calabria, anche se trasfigurate attraverso la propria fantasia in personaggi che vanno oltre il tempo, e che costituiscono le radici di ogni paese della Calabria, ma anche di ogni paese del mondo”. La pubblicazione che appartiene agli anni ‘50 segna quindi l’inizio di tutti i suoi inediti. “Questa decisione che è mia ma anche dei miei fratelli è un atto di affetto e di amore per nostro padre a prescindere dalla fortuna critica che potranno avere gli stessi scritti e di cui soltanto il tempo potrà decidere”. Dotta, equilibrata e ricca di passaggi critici, la relazione del prof. Giuseppe Italiano che ha anche curato la presentazione del volume edito da Pellegrini il quale ha sostenuto che “il paese” per il poeta è “il luogo del cuore per antonomasia, dove ogni cosa è un ricordo, dove si configurano i miti, dove l’uomo si manifesta in tutti i suoi aspetti umanistici: il paese che diventa il mondo e che Guerrisi racconta attraverso i tanti personaggi (tipi, caratteri) in dialetto calabrese; libro che costituisce soltanto una minima parte della sua vasta produzione dialettale in versi”, ed ha citato per l’occasione Gavino Ledda: “si lasci a ciascun villaggio il proprio dialetto e a ciascun abitante la possibilità di parlarvi, di cantarvi, di poetarvi e di scrivervi come lui crede, auto codificando lui stesso nella scrittura la propria autenticità di espressione”. Paolo Antonio Graziano, avvocato, si è soffermato sulla composizione letteraria poetica di Guerrisi e sulla musicalità dei versi che in perfetto dialetto bovalinese, esprime i caratteri dei personaggi che hanno fatto parte della sua quotidianità”. Importanti e indispensabili gli interventi del prof. Franco Nicita che ha letto da vero professionista alcune delle poesie più significative tratte dal libro così come l’attore bovalinese Vincenzo Marzano che ha interpretato in maniera ineccepibile alcuni “tipi” che fino a qualche anno fa ancora caratterizzavano la vita dei bovalinesi. Meritatissimi gli applausi ricevuti anche dalla prof.ssa Anna Costa che al termine del suo interessante intervento ha “recitato” una poesia di Guerrisi e del prof. Franco Giordano. Serata di grande spessore culturale per un poeta che va oltre i confini del proprio territorio, oltre la Calabria, sicuramente un intellettuale che merita di far parte di quella cerchia “speciale” degli scrittori e dei poeti europei.
RIVIERA
Un Abate in Cattolica Il grande scrittore Carmine Abate fa bella mostra di sé sulla porta della Cattolica di Stilo.
Gioiosani marini Alla prima riunione per la Città metropolitana fanno bella mostra di sé due gioiosani marini: il sindaco Domenico Vestito e Stefano Catalano.
Super Paolo Bros. Ecco a voi Paolo, l’onnipresente esperto di tubature che, quando si presenta un guasto si materializza alla velocità della luce manco fosse Super Mario.
Vertici di professionalità Pinone Morabito, storico dirigente del Partito Comunista ed ex presidente della Provincia di Reggio Calabria, posa con la consueta compostezza in compagnia di Giampaolo Catanzariti, noto avvocato. Calabria Politica In un solo scatto vi presentiamo un importantissimo spaccato di storia della Calabria politica del ‘900: Ilario Ammendolia e Saverio Zavettieri.
Discorsi squillacioti Gregorio Talotta, vicesindaco di Squilliace, Pasquale Muccari, primo cittadino di Squillace e Francesco Aversa, vicesindaco di Sansostene, siedono al banco dei relatori durante una riunione a Roccella.
Un incasso importante Claudio Bata e Peppino Bazzaretto posano con un sorriso a sessantaquattro denti dopo aver rendicontato l’incasso del Sunset.
La rettifica di Cosimo D’Agostino Gentile direttore, Apprendo con mia somma meraviglia dalla Riviera del 21 agosto 2016 che io, accomunato in una fotografia con il Compagno Peppe Futia, sarei stato un “ex Consigliere del Partito Socialista Italiano”, dopo essere stato definito sempre dalla Riviera come l’ultimo dei Comunisti. Ora, con tutto il rispetto per il PSI e senza nulla togliere al Compagno Futia con cui siamo stato in 5ª insieme, e insieme abbiamo amministrato questo nostro Comune per diversi anni, e lungi anche da me il sospetto che qualcuno abbia voluto strumentalizzare il fatto che io e Peppe fossimo seduti vicini, e questo sì per amore della politica che non ci ha mai abbandonato, CHIEDO in base alla legge sulla stampa, non per amore di polemica, ma per amore della verità e soprattutto per amore della verità storica, la RETTIFICA della didascalia apparsa sul suo settimanale con la dicitura “Cosimo D’Asgostino ex Consigliere Comunale del Partito Socialista Italiano” in “Cosimo D’Agostino, ex Consigliere Comunale del Partito Comunista Italiano”. Con simpatia, Cosimo D’Agostino La redazione si scusa per l’evidente errore di stampa. Sicuramente non volevamo cancellare la storia di quello che noi avevamo definito “l’ultimo comunista”
SETTIMANALE
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Star paesane 2 Riproponendo una gag dell’estate 2015, Laura e Paola indicano le scarpe di Daniela che sostituisce l’assente ingiustificato Alessandro Lombardo.
Ritrovi scolastici Daniela Ferraro ritrova una compagna delle scuole elementari, Gabriella, e si fa scattare questa bellissima foto sul lungomare con preghiera di comparire sul nostro giornale. Detto, fatto!
tato divertimento Trentadue anni di immu e Mimmo Trauma Il Kaulon di Rocco Logozzoanni, è ancora predel 1984, dopo trentadue sente!
Tombeur de femmes Il bell’ex consigliere provinciale Vincenzo Loiero anche quest’anno col suo charme è riuscito ad attrarre un’attrice famosa e, dopo Alba Parietti, aggiunge alla propria collezione Anna Falchi!
SABATO 28 AGOSTO
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Occupazione abusiva Tony Bellamina, detto “Castoro” occupa la strada a modo suo. Non sappiamo bene se per protesta o voglia d’attenzione.
“Vengo anche io” “No tu no!” Rorò Agostino si consola facendosi uno scatto con Albino Fragomeni e Francesco Serafino, dopo che Checco Curtale, Ninetto Speziale, Pino Carnà e Isa di Bianco, suoi privilegiati compagni di fotografia e spesso ospiti delle pagine del nostro giornale, si godono la bella vita pronti a fare un super aperitivo a Roccella.
Intramontabile Luca Avellis, turista fai da te, è pronto per il suo viaggio on the road a bordo della sua meravigliosa 600 bordeaux!
Tutta la Locride in un tris Ecco tre persone che racchiudono in sé tutta la Locride: parliamo di Totò Crinò, di Casignana, Antonello Alfarano, di Bivongi e Pino Albanese, di Siderno,.