Riviera nº 36 del 2/09/2018

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FOTO PINO CURTALE


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“RIVIERA”, LA FONDAZIONE CORRADO ALVARO, IL CENTRO STUDI PADRE STEFANO DE FIORES E IL SANTUARIO DELLA MADONNA DI POLSI HANNO ORGANIZZATO PER MERCOLEDÌ 12 SETTEMBRE 2018, ALLE ORE 11.00, UN INCONTRO DI STUDIO IN RICORDO DEL PROFESSORE PASQUINO CRUPI NEL QUINTO ANNIVERSARIO DELLA SUA MORTE

La Madonna di Pasquino “

Eravamo a metà degli anni Ottanta e il maestro che tutti conoscevamo come un ateo senza misericordia, salito per caso a Polsi, forse in virtù di un disegno che non tutti riusciamo a capire, rimase affascinato del luogo e della maestosità della taumaturga statua.

Il maestro, nella bara ha voluto, oltre all’ultima sua fatica letteraria, un volumone di ottocento pagine che traccia tutta la tragedia della questione meridionale, il cappello, la camicia rossa e l’immagine della Madonna di Polsi. Quella dove Maria è tutta rivestita di oro, e per Pasquino, ultimo baluardo di una Calabria sempre più povera e sola, è rimasta l’unica Madonna, quella vera.

A Polsi, che per me rappresenta il luogo dell’anima e della speranza, lo scrigno nel quale mi chiudo per sognare e amare meglio la vita che mi resta da vivere, gli incontri non hanno misura e nemmeno limiti. Qui, che è soprattutto un luogo di preghiera e di riflessione, a volte dettata anche dai ritmi della tarantella, si possono incontrare casi disperati e altri che rasentano la disperazione. Insomma, l’uomo – ma perché non diciamo anche la donna – con tutti i suoi limiti e le sue debolezze, una volta a Polsi, al cospetto del maestoso simulacro della Vergine Santissima, si scioglie, diventa tutta un’altra persona e si cala nella realtà polsiana con una forza e una ricercatezza che in altri luoghi non sono riuscito a riscontrare. Non a caso se vado a domandare a una donna, ma anche a un uomo che ha appena finito di confessarsi, quando è stata l’ultima volta che si è avvicinato alla confessione, con candore quasi disarmante, e senza masticare le parole, mi ripete: “l’anno scorso a Polsi”!” Il santuario di Polsi, la cui definizione migliore è stata data da un padre Gesuita che lo vede come “un utero materno rovesciato”, – mi dice un sacerdote – “è soprattutto confessione”. Un quasi immergersi nelle chiare e limpide acque, per uscirne più freschi e rinfrancati. Un modo originale che ci aiuta ad affrontare con più convinzione la vita e i suoi atti quotidiani, a testa alta e con lo spirito giusto. Lo spirito di Dio. “Anche se il miracolo più grande – come ripeteva nelle sue omelie l’ex superiore don Pino Strangio – non è quello dell’alzati e cammina”, ma piuttosto quello del “riconvertiti e prega”. Ciò premesso, è fuor di dubbio che la storia di Polsi è stata attraversata e segnata da diversi prodigi. Non siamo in grado di stabilire quante sono state le grazie attribuite alla Madonna di Polsi, perché gli autori che hanno indagato e raccontato i segni polsiani, si sono limitati a registrare soltanto una piccola parte, o almeno quelli che secondo loro erano ritenuti meritevoli di essere tramandati ai posteri. Il resto lo ha fatto la tradizione orale, che ha legato l’intervento della Madonna al miracolo della famosa donna incinta, quello della giara dell’olio e quello ancora più famoso, al quale è stato dedicato pure una canzone, della risurrezione del figlio del principe di Roccella, del quale, a memoria del portentoso evento si può ammirare la piccola bara in legno, poco prima dell’altare dedicato alla Croce. Segni della potenza divina che hanno attraversato i secoli e servono a testimoniare la grandezza del luogo. Nel secolo che ci siamo lasciati alle spalle, l’intervento della Madonna non si è fatto attendere e ha avuto come protagonisti diversi pellegrini. Uno su tutti, in particolare, è salito a Polsi per la prima volta più di trent’anni fa. Vi è salito tra lo stupore e la meraviglia di chi lo conosceva abbastanza bene, ed era un signore d’altri tempi, un signore di mezza età. Calzava scarpe lucide e di moda sotto un vestito a righe caratterizzato da un gilet stile americano, un fazzoletto rosso nel taschino della giacca e un cappello bianco la cui parte finale era circoscritta da un nastro nero. In bocca reggeva senza far fatica, ma dimostrando tanto mestiere un sigaro di quelli giganti che ogni qualvolta che respirava trasformava in un tizzone d’inferno a sua volta segnato da una nuvola di fumo infernale. Quest’uomo

parlava forte è chiaro, perché lui è stato da sempre il maestro della parola, e chi si meravigliò nel vederlo entrare in chiesa e togliersi il cappello al cospetto della Vergine Maria è perché aveva riconosciuto in quel signore distinto e tuonante, il professore Pasquino Crupi. Eravamo a metà degli anni Ottanta e il maestro che tutti conoscevamo come un ateo senza misericordia calato però in un pozzo di cultura, un ateo che aveva dedicato e sacrificato la sua vita e il suo talento al servizio di un idea che con l’andar del tempo è diventata il vero oppio dei popoli, salito per caso a Polsi, forse in virtù di un disegno che non tutti riusciamo a capire, rimase affascinato del luogo e della maestosità della taumaturga statua, così come rimase affascinato della figura ieratica e alta del superiore don Giosafatto Trimboli che nominò di punta in bianco, il suo maestro. Il fascino e l’amore per il pio luogo, sulle ali del ricordo di sua madre, che alla Madonna era attaccata corpo e anima, lo portò a ritornare a Polsi con una cadenza straordinaria, e ogni occasione era buona per ritornarvici. Per colloquiare con la Madonna, lui ateo che credeva solo nel rosso della bandiera, e per discutere di vita e di morte, di speranze e sofferenze, di accettazione della sofferenza come misura della nostra fede, di comunisti e tutto il resto, di santi e di diavoli, di letteratura ma soprattutto di storia della letteratura con il suo amico e maestro don Giosafatto Trimboli. Vi discutevano all’ombra della suggestiva cornice che fa da salotto al vecchio refettorio del santuario, dove i commensali ospiti del superiore, o che arrivavano all’improvviso e non avevano un posto dove andare a desinare, riposavano le stanche ossa, massacrate e messe a dura prova da un lauto pranzo a base di pasta con il sugo vivo di capra e carne di capra per secondo: bollita, arrostita e ancora calata nel sugo rosso di pomodoro coltivato nel vicino orto. E quasi sempre il giorno si faceva sera. Una cornice illuminata da quel pezzo di cielo, il cielo di Polsi, a sua volta ingentilito dal disegno di sorella luna, che per Pasquino è stata sempre rossa, dove il maestro, l’intellettuale, lo storico, l’amico, è diventato uno dei segni più evidenti della misericordia di Dio per intercessione della Madonna, perché Pasquino è divenuto un polsiano e al santuario ha dedicato la parte più vera e nascosta di se stesso, tutta in quel memorabile articolo apparso sulle colonne della terza pagina della Gazzetta del Sud, dedicato alla Madonna che lui ha considerato l’unica e la più alta, cioè quella vera. La Madonna di Pasquino. E che successivamente ha confermato, dedicando alla Madonna e al santuario due preziosi libri che sono emblematici della fede e dell’amore del maestro, per il santuario: “La Madonna di Polsi” e “Il romanzo di Maria di Polsi”. Se non sono segni questi, un miracolo per usare parole più semplici, allora spiegatemi voi che cos’è il miracolo. Il maestro, nella bara ha voluto, oltre all’ultima sua fatica letteraria, un volumone di ottocento pagine che traccia tutta la tragedia della questione meridionale, il cappello, la camicia rossa e l’immagine della Madonna di Polsi. Quella dove Maria è tutta rivestita di oro, e per Pasquino, ultimo baluardo di una Calabria sempre più povera e sola, è rimasta l’unica Madonna, quella vera. La Madonna di Pasquino! Antonio Strangio


Ricordando Pasquino Crupi a cinque anni dalla morte La sua vita fu di totale dedizione agli altri. Percorse forse centinaia di volte ogni lembo della Calabria per portare il suo contributo di cultura e di saggezza politica a tutti noi calabresi. Produsse vari volumi, ma soprattutto svelò a tutti noi calabresi la magnificenza della nostra antica e grande cultura letteraria. Dire, a cinque anni dalla sua dipartita, che non ci mancano le riflessioni politiche, sociali e di costume civile, la robustezza delle sue prese di posizione a volte polemiche sul declino della nostra democrazia o sull’antimeridionalismo di certa stampa che ha condotto buona parte dell’opinione pubblica a pensare che tutto il male dell’Italia venga dal Meridione e maggiormente dalla Calabria, sarebbe non avere coscienza di quanto la nostra società abbia perduto con la scomparsa di Pasquino Crupi. Proveniva dalla classe sociale più bassa e da una famiglia povera e numerosa, ancorché piena di dignità e di etica sociale. Nato, sotto il fascismo e quasi all’inizio della balorda guerra fascista, di essa ne subì tutte le conseguenze: miseria, persecuzione politica del padre, mancanza di libertà. Come alcuni di noi della sua stessa età e condizione sociale, subì, nel dopoguerra, le miserie economiche, la mancanza del pane quotidiano, le umiliazioni da parte della classe borghese. Ma tutto ciò fu forse la linfa per forgiare il suo carattere battagliero, già forte di per sé. Abbracciò, sin da ragazzino il verbo della difesa dei deboli e dei diseredati; a soli sedici anni, ancora con i pantaloncini corti, tenne i suoi primi comizi in piazza, a venti, ancora studente, comparvero i suoi primi scritti di critica letteraria sulla rivista Rinascita, dove opponeva la sua tesi a quella di Mario Montagnana sul romanzo pasoliniano Una vita violenta. La sua vita fu di totale dedizione agli altri. Percorse forse centinaia di volte ogni lembo della Calabria per portare il suo contributo di cultura e di saggezza politica a tutti noi calabresi. E mai, dico mai, ebbe compensi neanche per le spese, che rifiutava sdegnosamente, salvo il sedersi a convivio con i suoi amici ospiti. Scelse volutamente la facoltà di lettere, rifiutando il suggerimento del fratello Giovanni matematico, già accademico a Messina, di studiare legge. Capì da sé che lo studio letterario sarebbe stato più consono alle sue riflessioni filosofiche e sociologiche, alle aspirazioni giornalistiche e letterarie ed anche oratorie: …il mio desiderio era di piantarmi di fronte a un microfono, agitare le masse popolari, chiamarle alla lotta e alla rivoluzione… Laureato con lode si dedicò all’insegnamento con passione e all’organizzazione studentesca di protesta. Ebbe delusioni dalla militanza politica, e non poteva essere altrimenti dato io suo carattere non allineabile: ma ebbe più soddisfazioni dai

suoi scritti: biografie di scrittori, saggi di critica letteraria, libri e articoli su varie riviste specializzate sulle lotte contadine in Calabria. Fu un infaticabile lavoratore. Produsse vari volumi, ma soprattutto svelò a tutti noi calabresi la magnificenza della nostra antica e grande cultura letteraria con l’opera Storia della letteratura calabrese- Autori e testi. Ed infine sul letto di morte ci consegnò la summa della sua cultura meridionalista: La Questione Meridionale, al tempo della diffamazione calcolata del Sud. Chi non legge questo trattato - antologia poco capirà mai dei problemi del Mezzogiorno. Amò la poesia dialettale, non quella melensa, bucanuvole, ma quella solida, di vita vera, di lotta. Citava spesso un poeta semianalfabeta dialettale di Pietrapennata, Linardo Caridi dal verso rude e roboante: Falce e martello simbolo ideale/ dall’altra parte s’havi a distruggìri/ciò c’apparteni a cleru e feudali …: o anche Micu Pelle di Antonimina, altrettanto amato. La sua anima campanelliana non si rassegnò mai e non si stancò, fino alla morte, di incitare alla lotta per la redenzione della Calabria e del Mezzogiorno, e fece suoi i versi del grandissimo poeta e filosofo di Stilo “…Io venni a debellar tre mali estremi/ tirannide, sofismi e ipocrisia…” Ma un simile campione di pragmatismo politico e culturale, con una visione del mondo di stampo illuminista, scoprì di possedere anche un angolo spirituale nella sua anima grande e, dopo un occasionale colloquio con il teologo sanluchese P. Stefano De Fiores di cui più tardi disse “… sul far della notte la sua parola scese sull’anima mia esulcerata e le diede la freschezza della rugiada… e successivamente (1995) con Don Giosafatto Trimboli, che chiamò maestro spirituale, comprese finalmente le dolci parole della sua adorata madre Isodiana sulla Madonna di Polsi. Ecco perché Il suo Giornale settimanale Riviera, La Fondazione Corrado Alvaro, e il Centro Studi P. Stefano De Fiores, con l’assenso del Superiore del Santuario don Tonino Saraco, hanno deciso di dedicare un incontro di Studio sulla poliedrica personalità dell’illustre professore: Mercoledì 12 Settembre alle ore 11.00 nella sala convegni del Santuario di Polsi. Vi parteciperanno, amici, scrittori, editori, giornalisti, e chi altri vorrà onorare la sua memoria. Grazie a chi vorrà partecipare. Fortunato Nocera


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IN BREVE

Questa settimana Francesco Crea ci ha raccontato l’iter che permetterà alla ferrovia jonica di godere dei nuovi intercity per la lunga percorrenza, un risultato importante e che non sarebbe stato raggiunto senza l’aiuto dell’amministratore delegato di Trenitalia Orazio Iacono, degli ingegneri Giampiero Strisciuglio e Sabrina De Filippis, della direttrice del trasporto regionale di Trenitalia Maria Annunziata Giaconia e del direttore di Trenitalia regionale Calabria Domenico Scida.

Piero Pelù a Riace: "Mimmo è il sindaco più rock and roll" L’ex leader dei Litfiba è stato letteralmente conquistato da quanto Lucano è riuscito a realizzare a Riace

A sorpresa, lo scorso lunedì pomeriggio, il noto cantante rock Piero Pelù ha fatto un salto nel borgo di Riace. Ha visitato la fabbrica di aquiloni, il laboratorio tessile, del vetro, della ceramica, di produzione del cioccolato, per poi incontrare il sindaco Mimmo Lucano. "Il sindaco più rock and roll della storia" l'ha battezzato Piero Pelù, letteralmente conquistato da quanto Lucano è riuscito a realizzare a Riace. La visita del leader dei

Litfiba si aggiunge a quella dei numerosi personaggi che negli ultimi tempi hanno fatto voluto conoscere da vicino Riace. Tra tutti il sindaco di Barcellona, Ada Colai, e lo scrittore Roberto Saviano; quest'ultimo, subito dopo aver visitato il borgo, ha pubblicato un video in cui definisce il modello Riace una cattedrale di libertà che innestatasi su un deserto lo ha reso florido di vita.

Prefetture d’Italia: uno stato di salute precario che preoccupa Mattarella Nuovi intercity nella settimana in cui comincia l’elettrificazione Il 10 settembre, la divisione per la lunga percorrenza di Trenitalia farà entrare in servizio nuove coppie d’Intercity per il collegamento di Reggio Calabria con Taranto, da dove si potranno prendere le coincidenze diurne per Napoli e Roma e notturne per Bologna e Milano. Questo aggiornamento dona nuova linfa vitale ai collegamenti a lunga percorrenza lungo la ferrovia jonica, che avevano subito una durissima battuta d’arresto nel dicembre del 2011 a causa dell’impiego di vetture regionali e non pienamente a norma per i viaggi di durata. A partire da quel momento, infatti, l’unica contromisura adottata dal Ministero delle Infrastrutture per garantire un servizio efficiente lungo la costa era stata l’imposizione a Trenitalia di immettere, sulla rete ferroviaria Ionica, un intercity che potesse coprire la tratta Reggio-Taranto, richiesta alla quale la società rispose anche con una riduzione del 30% del prezzo del biglietto, acces-

so a bordo per i passeggeri possessori di abbonamento e la garanzia che, in caso di ritardo della vettura, le dirette coincidenze avrebbero atteso l’arrivo dei pendolari alla stazione di Taranto. Il punto di svolta che ha permesso il rinnovamento delle coppie d’intercity che sperimenteremo tra pochi giorni, tuttavia, si è verificato solo lo scorso anno, quando Trenitalia si è resa conto della necessità di far viaggiare lungo la ionica vetture dotate del pieno controllo delle porte e carrozze munite di sistema antincendio, aria condizionata, luci a led e prese elettriche che potranno circolare anche dopo l’entrata in vigore delle nuove norme sulla sicurezza a partire dal 2021. L’attenzione per ferrovia jonica, inoltre, prosegue anche sul fronte regionale. Giovedì, infatti, presso la stazione di Corigliano Scalo, il Presidente Oliverio e i vertici delle Ferrovie hanno partecipato alla consegna dei lavori per la realizzazione della Nuova Ferrovia Ionica, iniziati con la posa del primo palo per l’elettrificazione. L’investimento di circa 530 milioni di euro, dovrebbe proseguire nei prossimi mesi anche nel nostro comprensorio e andrà ad aggiungersi agli interventi di ristrutturazione di alcune stazioni e all’eliminazione dei passaggi a livello approntati in seguito alla sottoscrizione dei patti per Reggio.

IL PUNTO di Franco Crinò

I seggi alla regione e le preghiere ai santi Partito Democratico rischia di sgretolarsi. In mezzo ci saranno le elezioni europee, ma alle regionali, in Calabria, probabilmente ci saranno due “PD”, gli amici di Oliverio e i suoi contestatori (faranno un accordo trasversale con i partiti del centrodestra?). Non sappiamo nemmeno se gli alleati di governo a livello nazionale, Lega e 5 Stelle, che stanno calamitando la protesta, si metteranno insieme anche nelle regioni, per prendersi il voto del “cambiamento”. Comunque, il voto “organizzato”, per quanto molto ridotto, non è scomparso. Forza Italia, anche se stenta politicamente, comporrà più liste, di partito, degli amministratori, civiche. In provincia di Reggio, ad esempio, FI ha 2 consiglieri uscenti e si contano almeno 10 “signori delle preferenze” (?) tra i pos-

Il

L’affidamento della gestione commissariale di Gioia Tauro al Viceprefetto di Padova, indagato per abuso d’ufficio, starebbe creando un effetto a cascata che sta provocando un vero e proprio terremoto nelle prefetture calabresi.

sibili candidati. Mentre a sinistra peseranno le spaccature e la depressione per la sconfitta annunciata, in Forza Italia si “gonfierà” l'impegno per il “miraggio” di un buon numero di seggi. Ma quanti potranno essere? Nel 2014, su 7 seggi assegnati (divenuti 8 nell’attribuzione finale), 5/6 li ha conquistati la sinistra e 2 Forza Italia. Pronosticando il contrario, che la sinistra (PD e LeU) ne conquisti 2, i Cinque Stelle 1 più che 2, perché alle elezioni regionali prendono sempre meno consensi, ne rimangono 4: ragionando sul centrodestra così come lo abbiamo conosciuto, possono prenderne 1 la Lega, 1 Fd’I, 2 le liste di Forza Italia (quanti ne aveva…). Se viene introdotta la doppia preferenza di genere e con l’irrompere di alleanze innaturali, il pronostico, che già è difficile, diventa impossibile. Intanto, ci sono i segnali della gente: gli applausi ai funerali di Stato per il disastro del Ponte Morandi a Genova a Mattarella, Conte, Di Maio e Salvini e i fischi a Martina e Pinotti. Gli applausi e i fischi ai funerali ormai si usano. Accadde alle esequie di Falcone e Borsellino, è accaduto tante altre volte. Gli applausi per loro si rinnoveranno sempre, se Salvini e Di Maio si imbatteranno più in là, con il loro governo, in eventi avversi - speriamo mai, se riguarda-

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella non avrebbe gradito di dover sottoscrivere la nomina di Pasquale Aversa a commissario prefettizio di Gioia Tauro, comune sciolto per infiltrazioni di tipo mafioso. È la notizia, riportata dai colleghi di Corriere della Calabria, che ha creato un piccolo terremoto in Prefettura e mette in discussione una volta di più l’operato di Matteo Salvini in qualità di Ministro dell’Interno. Motivo del malcontento di Mattarella sarebbe da ricercarsi nella vicenda che ha recentemente coinvolto Aversa, viceprefetto di Padova attualmente indagato per rivelazione di segreti d’ufficio e abuso di potere per avere avvantaggiato nell’assegnazione di un appalto una ditta padana in luogo di una concorrente proveniente dalla Sicilia. Ma questo evento non sarebbe l’unico a destare preoccupazione in merito allo stato di salute delle Prefetture d’Italia: in questi stessi giorni, infatti, il Tar di Catanzaro e quello di Firenze hanno bocciato due interdittive ad aziende operanti rispettivamente nel capoluogo di regione calabrese e a Prato, mettendo in discussione al contempo gli otto anni di attività della Prefettura di Crotone, divenuti oggetto di indagine da parte della Procura distrettuale antimafia di Catanzaro, insospettita dal modo in cui la Prefettura avrebbe gestito i fondi destinati al famigerato Cara di Isola di Capo Rizzuto. Al centro dell’indagine la società “Quadrifoglio”, che aveva ottenuto la gestione della mensa per gli extracomunitari fino al commissariamen-

to da parte del tribunale di Catanzaro in seguito agli arresti illustri scattati con l’operazione “Jonny”, che dimostrò il controllo degli appalti da parte della cosca Arena. In seguito all’operazione, infatti, la società venne affiancata dalla pratese “Ristorart” venendo ben presto raggiunta da una interdittiva antimafia firmata da Rosalba Scialla, la stessa che, lavorando come viceprefetto di Crotone nel 2010, si era fatta apprezzare dagli imprenditori della “Quadrifoglio”, all’epoca molto impegnati politicamente e vicinissimi alla giunta regionale di centrodestra guidata da Giuseppe Scopelliti. Non è forse un caso, infatti, se, a partire da quel momento la prefetta ricoprirà incarichi anche delicati, come quello di commissario prefettizio di Corigliano Calabro e Siderno. Proprio per quest’ultimo incarico, come ben sappiamo, la Sicalla è stata trascinata in giudizio dall’ex sindaco Pietro Fuda per i danni erariali procurati alle casse comunali con la concessione della riscossione dei tributi di una società poi fuggita con la cassa. Il risultato di questa condotta, per adesso, è stato quello di aver ottenuto il prestigioso premio Anassilaos dal Consiglio Regionale calabrese e un incarico presso la prefettura di Milano, divenendo anche parte del Comitato metropolitano del capoluogo lombardo. Insomma, una situazione che rende evidente come il ruolo politico, presso il Viminale, abbia sempre più un ruolo predominante, non sempre, tuttavia, baciato dalla buona sorte.

no l'interesse nazionale – avranno, invece, gli applausi trasformati in fischi. Questo significa che hanno l'interesse a farsi vedere come quelli che governano davvero, che cambiano le cose, non come quelli che prendono i voti di chi vuole punire il PD e FI. Sono loro adesso a dover rispondere del funzionamento del Paese, non limitandosi solamente a scaricare le colpe su coloro che li hanno preceduti (che hanno pure molti meriti). Radio Locri(de), intanto denuncia che non si fa un solo passo in avanti sul territorio a livello economico e sociale, nei servizi, a cominciare dall'Ospedale e dai Trasporti. C’è tanto da raccontare, ma con l’immobilità della politica, quello che si legge in tutti questi giorni è l’omaggio ai Santi. Si sono visti grandi masse di fedeli e di curiosi (non tutti sono fedeli) alle Feste Patronali di Gioiosa Ionica e di Bovalino, di Bianco, di Casignana, dappertutto, quasi certamente si vedranno a Siderno… Tra gli “officianti” c’è pure qualche sindaco che dalla sua comunità è contestato. Ma votarsi ai Santi non basta. Franco Crinò




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L’inserto

Estate 2018, Locride, Calabria

Rimangono di questa estate della Riviera dei Gelsomini le immagini nitide e suggestive di alcuni momenti che potrebbero fare invidia alle più importanti località turistiche del mondo.

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Serve un lavoro serio e impegnativo per far sì che gli appuntamenti principali dell’Estate locridea diventino un prodotto, ovvero qualcosa di vendibile. Serve per tutto il territorio della Locride una nuova visione del futuro e dello sviluppo, soprattutto nel settore turistico.

È necessario costituire un pool di progettisti che elaborino un’offerta legata agli stessi eventi con uno studio sulla loro storia e sulle loro peculiarità. Successivamente va trovato un accordo con i comuni e con chi organizza gli eventi perché vengano utilizzate al meglio le risorse.

on riesco a dormire. Sono arrabbiato, sono molto arrabbiato. Non riesco più a sopportare le ingiustizie che subisce questa terra, non riesco a capire se è destino o altro ma non sopporto più di vedere i nostri giovani andare via, non sopporto più che una bella terra come la nostra debba vivere di stenti, perché non riesce a sfruttare le sue grandi bellezze. Allora, per cercare il sonno, inizio a scrivervi di quello che ho visto in questo periodo. Rimangono di questa estate della Riviera dei Gelsomini le immagini nitide e suggestive di alcuni momenti che potrebbero fare invidia alle più importanti località turistiche del mondo. Qualcuno penserà che sono troppo influenzato dai miei studi turistici perché nei miei articoli propongo spesso itinerari, ma forse questo è il modo migliore per fornire un’immagine chiara del nostro territorio. In questa premessa cercherò di offrire una visione della Locride attraverso le manifestazioni storiche e gli eventi nuovi che hanno trasmesso emozioni particolari; il percorso andrà da sud a nord per non fare preferenze. Partiamo dal clou dell’estate con i fuochi pirotecnici di Bianco famosi nel mondo, che fanno splendere tutta la costa, per poi passare alle “Stratificazioni” culturali che portano luce a Sant’Agata del Bianco, al sapore del caciocavallo tra le stradine di Ciminà durante la festa, al lungomare di Locri al tramonto la domenica, durante il Sunset, con migliaia di giovani che ballano mentre il sole cala sopra le loro teste. Spettacolo per pochi intenditori, il teatro greco di Portigliola all’alba il 15 agosto; spettacolo per tutti la cattedrale di Gerace che fa da sfondo a bravissimi giocolieri durante il Borgo Incantato o anche la travolgente domenica di agosto per le stradine di Gioiosa Jonica durante la ballata di San Rocco. Proseguiamo con la tradizione culinaria che fa giungere persone da tutta la regione per la sagra dello stocco a Mammola; il contatto con la natura alle cascate della Scialata a San Giovanni di Gerace; lo spettacolo della tradizione popolare della “Ntinna” a Martone; il castello di Roccella che sembra piegarsi alle melodie del Festival Jazz con l’arena piena di gente. Altro spettacolo per pochi, piazza Mese a Caulonia alle 3 del mattino piena di gente che balla mentre Mimmo Cavallaro intona ancora la sua tarantella; incanto per molti, Stignano che per due giorni diventa la capitale degli artisti di strada, ma anche la piazza di Stilo che sembra tornare indietro nel tempo durante il Palio di Ribusa; l’odore del vino a Bivongi mentre si festeggia il mercato della Badia; le varie feste di paese e le prossime feste della Madonna di Polsi a San Luca, di Portosalvo a Siderno e di San Cosimo e Damiano a Riace. Questi sono sicuramente gli appuntamenti di punta nell’estate della Locride. In questa riflessione ho cercato di concentrare il cuore di tutta una serie di manife-

stazioni che i comuni del nostro comprensorio organizzano con molti sacrifici e passione. Ma, purtroppo, tutto questo sforzo oggi non si è ancora tradotto in prodotto, come succede invece nelle realtà turistiche avanzate; per tradurlo in prodotto serve un lavoro serio e impegnativo per far diventare tutti questi eventi un qualcosa di vendibile. Mi ripeto: serve per tutto il territorio della Locride una nuova visione del futuro e dello sviluppo, soprattutto nel settore turistico. La prima cosa da fare è colmare due grandi handicap. Primo, la mancanza di coordinamento e progettualità; secondo, la creazione di una governance territoriale. In tutti i progetti di sviluppo si finisce sempre con il problema di non avere interlocutori credibili. Nello specifico, per vendere il prodotto “eventi” nella Locride o Riviera dei Gelsomini, a mio modo di vedere bisogna iniziare a lavorare da subito perchè i pacchetti turistici si vendono con molto anticipo: già a ottobre ci sono le prime fiere internazionali, in cui si vende il 2019 e il 2020. Ad oggi la nostra zona non vende il prodotto “eventi” come non riesce a far diventare attrazione altri prodotti, come le peculiarità naturalistiche, archeologiche, culturali e culinarie del territorio. Faccio un piccolo percorso pratico per spiegare meglio questo concetto. Mettiamo che si voglia creare un prodotto “eventi Riviera dei Gelsomini”, cosa serve? Cosa bisogna fare? Innanzitutto è necessario costituire un pool di progettisti che elaborino un’offerta legata agli stessi eventi con uno studio sulla loro storia e sulle loro peculiarità. Successivamente va trovato un accordo con i comuni e con chi organizza gli eventi perché vengano utilizzate al meglio le risorse. Qui serve un piccolo approfondimento. Molti degli eventi in questione si reggono su finanziamenti della Regione Calabria che coprono il triennio 2017/2019, quindi ancora molti di questi hanno a disposizione i fondi per il prossimo anno, e devono pensare già a come predisporre i progetti per gli anni 2020/2022, sempre se la Regione manterrà questo tipo di fondi. Nella Locride la manifestazione con più finanziamenti è sicuramente il Roccella Jazz Festival con più di 200 mila euro di finanziamento annuo, dopo viene il Kaulonia Tarantella Festival con 105 mila euro e dopo ci sono il Palio di Ribusa di Stilo, Bianco e qualche altro piccolo comune. Altri comuni si autofinanziano. Purtroppo, nonostante il programma sia triennale, la Regione e i comuni quest’anno sono riusciti a dare i programmi definitivi a poco meno di un mese dalla manifestazione con un evidente spreco di soldi e con una promozione limitata. Questo perché un amministratore non può avere anche le competenze che servono per organizzare questo tipo di eventi, e spesso si affida a soggetti tutto fare che causano più danni che altro. Nello stesso tempo qui ci sono tante professionalità che vanno a svolgere altrove questo tipo di lavoro. Bisogna trovare la forza di iniziare a dar vita a una macchina che curi tutti gli aspetti legati agli eventi, e riesca a collaborare con le amministrazioni, per far diventare prodotto sia il singolo evento che l’insieme degli eventi. Rosario Vladimir Condarcuri


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2 settembre, è tempo di bilanci. Quest'anno ad essere promossi con una sufficienza abbondante 22 comuni della Locride su 42. Abbiamo lasciato fuori i comuni commissariati - con l'eccezione di Siderno, il cui commissariamento è stato annunciato ad estate inoltrata - e i comuni che non si sono distinti per particolare impegno.

I promossi dell’estate 2018 nella Locride 1) Roccella

IN BREVE A farla da padrone sono stati i due più grandi festival della Locride, il Roccella Jazz Festival e il Kaulonia Tarantella Festival, che hanno garantito ancora una volta un enorme successo di pubblico, ma anche la rassegna teatrale di alto livello proposta dal comune di Portigliola.

Per troppi comuni l'offerta si è limitata agli appuntamenti ormai consolidati negli anni e non ci si è preoccupati di proporre alternative.

Ha iniziato prima di chiunque altro l’estate 2018 e lo ha fatto con un progetto sorprendente, destinato a divenire modello per chiunque abbia voglia di realizzare iniziative culturali di alto spessore. Dal 23 giugno al 15 luglio Roccella è stata, infatti, animata dal progetto META, nato con l’obiettivo di coniugare musica, enogastronomia, tradizioni e arte. Un format riuscitissimo che, ne siamo certi, farà scuola. Roccella ha proseguito l’estate nutrendo corpo e mente: ha, infatti, alternato lezioni di filosofia all’ormai irrinunciabile fitwalking. Assolutamente scoppiettante il mese di agosto con un risultato straordinario per la Notte Bianca che si conferma l’evento più partecipato della Locride con oltre 20.000 presenze. Ottima riuscita anche della XXXVIII edizione del Roccella Jazz Festival mai come quest’anno dal respiro internazionale.

2) Portigliola L’impressionante sforzo messo in campo da Rocco Luglio e Rossella Agostino ha consegnato a nuova vita il Teatro Greco Romano, regalando al pubblico dieci indimenticabili serate giustamente premiate da molti tutto esaurito. L’alternarsi sul palco del Festival del Teatro Classico di grandi nomi della drammaturgia italiana ha permesso di fare un excursus anche nella tradizione calabrese e nella musica, senza dimenticare il centro del paese, protagonista di diverse simpatiche serate d’intrattenimento! (foto: Antonio Romeo)

affluenza anche per la Sagra del Pezzo Duro a cui ha fatto seguito Percorsi di Emozioni al Castello, suggestivo appuntamento enogastronomico, e Percussioni Festival. A suggellare l’estate gioiosana il partecipatissimo appuntamento con la Festa di San Rocco e il concerto di Alex Britti che ha registrato 10.000 presenze.

4) Locri e Sant’Agata del Bianco Locri si conferma cuore pulsante della movida notturna comprensoriale, ma vivere di rendita non le basta a salire sul podio. La campagna elettorale di primavera, infatti, ha fatto sì che gli eventi di punta dell’estate, soprattutto in ambito culturale, iniziassero con molto (troppo!) ritardo. Lina Sastri ci ha ripagato di un Giugno Locrese svoltosi ad agosto e Domenico Pantano sta permettendo anche a Locri di avere una sua stagione teatrale estiva, ma anche a Gioiosa è stato tempo di elezioni… Le serate offerte da Sant’Agata dimostrano come il sindaco Domenico Stranieri, spingendo sull’acceleratore della cultura con il festival “Stratificazioni”, sia riuscito ad accontentare tutti facendo convergere pubblico in un paese che la sera si sarebbe dovuto svuotare. Aggiungiamo che sono stati ospiti, tra gli altri, una grande della musica italiana come Alexia e un musicista che ha collaborato con Sting e capirete perché questo piccolissimo paese merita di stare tra i giganti dell’estate locridea!

3) Bianco, Caulonia e 5) Gerace e Riace Quest’anno il “Borgo Incantato” è tornato a Gioiosa Ionica incantare sul serio. Boom di presenze e di meraviIn netta ripresa rispetto allo scorso anno. Eccezionali gli eventi che si sono susseguiti: si è iniziato con una novità assoluta di quest’anno, il Palio delle botti, rallegrato dal concerto di Mimmo Cavallaro e da uno straordinario spettacolo di artisti di strada. Come ogni anno, il paese dei fuochi è stato poi preso d’assalto nella notte di Ferragosto, con uno spettacolo pirotecnico sorprendentemente interminabile. Grande successo di pubblico anche la vigilia di Ferragosto con l’eccezionale concerto di Giusy Ferreri. L’estate cauloniese continua ad attirare il pubblico dei giovani e giovanissimi, sebbene le discoteche più “in” abbiano conosciuto annate migliori. Grande successo per il Kaulonia Tarantella Festival anche se, inutile nasconderlo, si sono un po’ persi l’energia e l’entusiasmo dello scorso anno. Succede così quando certi prezzemoli si tuffano di propria iniziativa nelle minestre degli altri lasciando un retrogusto amaro. Ci auguriamo per il prossimo anno una più giusta suddivisione dei compiti che tenga conto di meriti e competenze. Gioiosa non delude mai. Un’estate ricca di appuntamenti, soprattutto ad agosto. Notevole successo per la X edizione di Gustando il Borgo, che però perde un po’ della magia a cui ci aveva abituati. Confidiamo nel prossimo anno! Importante

glia. Peccato che rimanga un evento isolato, insieme a qualche altro sporadico appuntamento di minore portata. Gerace potrebbe fare di più, molto di più. Ha tutte le carte in regola per stare ai primi posti dell’estate locridea. Eppure non servirebbe molto: giusto un pizzico di impegno e lungimiranza, anche perché, con in mano uno tra i Borghi più belli d’Italia, si parte senz’altro avvantaggiati. Nonostante le difficoltà economiche e politiche, Riace non ha rinunciato al suo programma estivo, tutto incentrato sulla rassegna cinematografica “Riace in Festival”. Grazie alla direzione artistica dell’attore Peppino Mazzota, anche la manifestazione di quest’anno è stata ricca di eventi e rassegne in grado di attirare un folto pubblico, dimostrando quanto potenziale abbia la kermesse e quanto ampio sia il margine di miglioramento nel quale si può ragionevolmente sperare per gli anni a venire.

6) Ardore, Bovalino, Sant’Ilario e Stilo Diversi gli appuntamenti dell’estate ardorese. Serate all’insegna di spettacoli teatrali, culturali e

musicali di buon livello. A fare tappa ad Ardore Mister Muscolo e i suoi estrogeni, che hanno trascinato il pubblico in un’irresistibile atmosfera anni ‘70; la mitica band Equipe 84, che ha coinvolto più generazioni, e i Modà che si sono, però, esibiti senza il loro leader, Kekko, impegnato nella promozione del suo nuovo libro. Per comprendere la votazione riservata a Bovalino è necessario partire dal presupposto che il comune è in stato di dissesto e che la situazione politica del paese è tutt’altro che serena. Al netto di queste difficoltà, tuttavia, i bovalinesi non hanno voluto demordere e l’impegno profuso dal Comitato Festa per ridare lustro alla Festa patronale di San Francesco di Paola, trasformata in un evento di valorizzazione dell’agroalimentare, basta da solo a far intravedere un futuro migliore per il centro. Lasciatosi alle spalle i problemi legati a una presunta incandidabilità, il sindaco Pasquale Brizzi ha messo anima e corpo nell’organizzazione di un ciclo di eventi che hanno reso interessantissima la lunga estate di Sant’Ilario anche solo per il fatto di essere stata prodotta praticamente a costo zero. Presentazioni di libri, confronti, dibattiti e persino una serata di jazz hanno dimostrato che con la buona volontà si può fare tutto e che è legittimo aspirare a qualcosa di più per il 2019! Anche quest’anno Stilo ci ha catapultati per due giorni nel medioevo con il Palio di Ribusa, momento di ineguagliabile magia e suggestiva bellezza. Quest’anno la rievocazione delle antiche gesta di cavalieri, le meravigliose danze, i suoni di flauti e liuti che riecheggiavano nelle viuzze pullulanti di vita, i giochi di colore degli artisti di strada e i sapori di epoche passate ci hanno letteralmente sedotti. Stilo sa stupire, solo che lo fa troppo poco spesso per le potenzialità che ha.

7) Benestare, Bivongi, Staiti e Stgnano Benestare prosegue con il progetto di valorizzazione del centro storico cercando il contributo ideativo di tutti per sviluppare nuove soluzioni per “Il paese di gesso”. Lo ha fatto con un workshop itinerante. Interessante lo spettacolo teatrale “Donne e Mafia”, che ha potuto contare su attrici con grandi capacità interpretative. Ci aspettavamo, comunque, di più da un’amministrazione come quella di Benestare che si è accontentata di un’estate senza effetti speciali. Dopo l’appuntamento fisso con una delle più ambite sagre della Calabria, la Sagra del Vino, Bivongi è tornata a ravvivarsi con il Mercato della Badia, un mix ben riuscito di artigianato, gastronomia, musica etnica e artisti di strada. Con le sue cascate del Marmarico, poi, continua ad affascinare tanti turisti. Il problema è che Bivongi ha paura di spiccare il volo. Tende ad accontentarsi senza puntare seriamente sulle proprie potenzialità. Un vero e proprio museo a cielo aperto, impreziosito da mostre fotografiche, dipinti e sculture di grandi artisti locali. Questo è stata Staiti dal 16 al 18 agosto grazie alla II edizione del Grekanik Art Fest, il festival delle arti dell’area grecanica calabrese. Una kermesse originale, ben studiata, che


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o dà lustro all’arte moderna e contemporanea senza dimenticare la tradizione antica e popolare e che, soprattutto, da spazio a talenti emergenti del nostro territorio. Un’iniziativa che, ne siamo certi, continuerà a perfezionarsi. Stignano, come ogni anno, si rianima durante la sua Festa nei Vicoli, offrendo ai suoi cittadini due serate all’insegna del puro divertimento e del buon cibo. Per il resto dell’estate, però, torna in un religioso silenzio. Peccato, perché il borgo di Stignano potrebbe contare su angoli davvero suggestivi e ricchi di storia. Si spera che il prossimo anno ci sia un’organizzazione che estenda l’incanto del borgo per qualche giorno in più.

8) Siderno La tegola del commissariamento funesta l’estate, gettando nello sconforto una comunità che proprio adesso stava prendendo un po’ di respiro. Però, siamo onesti, al 9 agosto l’estate sidernese doveva essere già bella che delineata, invece l’impegno dell’amministrazione non è stato sufficiente. La città resta comunque a galla grazie alla Festa del Turista, quella dell’Emigrante e Sette Libri per Sette sere, oltre che per un corso e un lungomare comunque in grado di attirare un pubblico da tutta la Locride…

9) Agnana e Martone L’estate di Agnana è stata anche quest’anno all’insegna di tradizione e prodotti tipici. Il piccolo centro montano non sale agli onori della cronaca per numero di eventi proposti, ma l’impegno profuso dalla sindaca Caterina Furfaro e dal suo team per organizzare (e promuovere!) la sagra della pasta di casa con il sugo di capra, la fa entrare a buon diritto nella top 10, tanto più che l’evento ha riscosso un successo di pubblico che fa ben sperare per la crescita e il prosieguo della manifestazione! A Martone la tradizione popolare ritorna a farla da padrona anche durante l’estate 2018. La festa della ‘ntinna, le cui origini sono ormai perse nei secoli, torna a occupare con prepotenza un posto di primo piano tra le manifestazioni maggiormente caratteristiche della nostra regione, attirando, come di consueto, una vera e propria marea di persone nel piccolo paese della Valle del Torbido. Uniamo alla festa un buon lavoro di promozione dei nostri prodotti tipici e la sufficienza è più che raggiunta!

10) Casignana e Mammola L’impegno profuso nella valorizzazione del paese e della Villa Romana paga, ma la strada per migliorare le sorti del sito è ancora lunga. Intanto, l’estate 2018 sarà ricordata come quella in cui gli scavi sono stati fruibili al pubblico attraverso visite guidate, rappresentazioni teatrali e persino tramite la pagina Facebook del sindaco. La carenza, piuttosto, è stata nella comunicazione istituzionale: se non si trova un canale efficace per pubblicizzare le iniziative la crescita sarà lentissima! Dopo l’ultima posizione della classifica lo scorso anno ci saremmo aspettati uno scatto d’orgoglio da parte dell’amministrazione di Mammola. Invece l’estate del più esteso comune della Valle del Torbido è stata troppo in sordina, imperniata esclusivamente sulla sagra dello stocco. E gli altri eventi dell’estate? Non pervenuti, non promossi e, a quanto ne sappiamo, non svolti, con il solo grande impegno per la promozione dei prodotti tipici a tenere a galla il paese. I mammolesi meritano di più…


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“Uniti per San Luca” risponde ad Antonio Strangio

Egregia direttrice, purtroppo mi trovo costretto anche se non fa parte del mio essere e del mio fare politica, a rispondere alla nota stampa a firma di Antonio Strangio che riporta il Pensiero del comitato Provinciale San Luca pubblicato qualche giorno fa dalla Sua Testata. Anzitutto mi corre l'obbligo di fare una Premessa: Lo stesso giornalista è a conoscenza del Nostro progetto per San Luca fin dagli inizi ma non perché come lui stesso scrive “che dovevamo chiedere il Permesso” ma perché siamo assolutamente convinti che il nostro programma/progetto, senza l'aiuto dell'intera comunità rimarrà solo Delle belle parole, scritte su un pezzo di Carta. Uniti per San Luca non è un partito politico né un movimento, ma solo una Associazione di "Liberi" cittadini che da Ogni parte della Calabria ha deciso di Mettersi in gioco per far Tornare la Democrazia a San Luca. Noi tutti ci sentiamo San Luchesi, perché nell'epoca della Globalizzazione i confini sono solo delle linee immaginarie che l'uomo ha creato per distinguere gli uni dagli altri. Inoltre in ottica di Città Metropolitana che dovrebbe unire tutte le città della ex provincia Reggina, ci sentiamo ancora di più cittadini di San Luca. Ovviamente mi addolora sapere che solo oggi, dopo l'annuncio della nostra Candidatura, le uniche risposte dalle associazioni presenti nel comune di San Luca sono state di attacco al progetto ed alle stesse persone che hanno deciso di mettersi in gioco, forse perché spaventate dal cambiamento o forse perché compiacenti di un sistema che ha creato un vero e proprio stato di Dittatura. Certo cara direttrice perché quando per poter lavorare si è obbligati a passare per la caserma dei Carabinieri come fosse un ufficio di collocamento, forse qualcuno ha fallito. Quando un uomo di stato "il Commissario Prefettizio" percepisce 7500 euro al mese per un solo giorno di lavoro alla settimana in un comune dove la disposizione è al 90% qualcuno ha fallito. Quando nella casa di tutti, cioè al Municipio per accedervi bisogna consegnare il documento d'identità, in un comune qualcuno ha fallito! Bene caro comitato Pro San Luca noi siamo convinti e fortunatamente la gente perbene di San Luca lo ha capito, che solo dando la possibilità di portare avanti progetti di rilancio e progetti occupazionali ci vuole l'aiuto di persone di Stato come Il ministro degli Interni Matteo Salvini, non “Repressione ma Progettazione”. Noi col Ministro, ci siamo detti tutto questo ed avevamo anche chiesto alle associazioni compresi Il Comitato Pro San Luca di affiancarci nell’incontro, ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta se non scialbe critiche. Un altra cosa direttrice: le “Mangiate di Capra” sono solo momenti d’incontro e nello stesso tempo di confronto e dialogo con i cittadini Sanluchesi, e soprattutto un modo di mantenere saldo il rapporto con le tradizioni culturali del territorio a cui teniamo troppo per lasciarli andare, la mia mission sarà anche quella di promuovere e valorizzare quelle stesse tradizioni centenarie di San Luca e dei suoi figli, da buon leghista il quale mi sento. Sarebbe offensivo e me ne guarderei bene dal pensare che la Gente per convincerla basta un piatto di "Maccheroni al sugo di Capra". Concludo dicendo che le magliette famose che persino il giornalista che ha scritto ne ha chiesta una e gli è stata donata con piacere, sono solo il simbolo che San Luca vuole Rinascere e Rivuole La Democrazia… Noi ieri siamo stati a San Luca con un nostro Gazebo informativo e abbiamo passato la Notte fra la Nostra Gente presso il Santuario di Polsi, sempre più convinti che il rilancio passi soprattutto, come già detto, dalla rivalutazione delle nostre tradizioni, che sono molto apprezzate da tutta Europa. Quindi #DirezioneDemocrazia e #UnitiPerSanLuca Francesco Anoldo, Associazione Uniti per San Luca

L’YMCA Siderno cerca 6 volontari da impiegare nel progetto “Palestra di vita” Bando per la selezione di 6 volontari da impiegare nel progetti di servizio civile nazionale per l’attuazione di un centro di aggregazione (scadenza della domanda il 28 Settembre 2018 ore 18:00) La durata del servizio è di dodici mesi. Ai volontari in servizio civile spetta un assegno mensile di 433,80 euro. Progetto ideato per il rafforzamento e la crescita del centro di aggregazione YMCA Siderno. POSTI DISPONIBILI: 6 SEDE DI ATTUAZIONE: YMCA SIDERNO, Via Marina 7 – 89048 Siderno (RC) PER ULTERIORI INFORMAZIONI RIVOLGERSI presso la nostra sede sita in Siderno, via Marina 7 da lunedì a venerdì dalle ore 15.30 alle ore 19.30, oppure telefonare al 333 4509992 (Mario Trichilo) o inviare una email a:serviziocivile@ymcasiderno.it

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Calabria, mi facisti 'nnamurari

È una donna bellissima, la Calabria. Una donna dalle mille sfaccettature. Ha un sapore buonissimo, questa Donna: morderla è nutrirsi di Energia e di vita.

Mi sono innamorata e non pensavo sarebbe accaduto, ho un’età, delle certezze, delle convinzioni, dei pregiudizi, delle diffidenze. Mi hanno sempre parlato dell’Amore come qualcosa di pacato, tranquillo e che dà certezze. E invece ho scoperto che l’Amore vero è tutto il contrario: destabilizzante, tormentato, invasivo, sovversivo, inquietante, possessivo, litigioso e passionale. È una donna bellissima, questo Amore. Una donna dalle mille sfaccettature. Mi sono innamorata delle sue curve, ora sinuose, ora aspre, della sua folta chioma, a tratti diradata, della sua atavica e selvaggia ed incolta peluria, degli orpelli che indossa per sembrare più bella: a forma di pino, di leccio, di castagno, di faggio. Mi sono innamorata delle sue mani, che si innalzano verso l’alto, che quando ti accarezzano, hanno la delicatezza dell’arena depositata lungo le coste tirreniche, o del vento di maestrale che soffia per alleviare la calura, rigenerando lievemente lo spirito. Delle sue gambe, così snelle, ma morbide, assomigliano a quei fiumi che si inarcano per lunghi percorsi: gambe che hanno attraversato montagne, che percorrono pianure, che vanno verso il mare, e lì trovano dimora, in un diuturno ed eterno fluire e convergere, ora nel principio, ora nella fine, dove principio e fine si incontrano, dove si genera la vita, dove ha residenza l’Amore. Mi sono innamorata dei suoi occhi, due olive nere che più nere non si può, che penetrano e indagano dentro te che li guardi, come se dentro di essi si nascondesse la tua storia, ciò che eri, ciò che sei, ciò che sarai. Così li guardi, quegli occhioni misteriosi, circondati da spesse sopracciglia, che ricordano le insenature della costa degli Dei, e allora vorresti adagiarti su di esse, vorresti baciarle tutte, vorresti diventarne un tutt’uno, tra il mare ora spumeggiante, ora calmo piatto. Il suo corpo statuario è il fusto che contiene quegli occhi rifiorenti a ogni stagione: un corpo irrigidito dal tempo che passa inesorabile, duro e indurito, spesso e tonificato da anni e anni di

Addio a Francesco Gangemi, una voce libera

Si è spento Francesco Gangemi, direttore de Il dibattito, bellissima penna che non si è mai piegata ai ricatti, resistendo alle aggressioni e ai condizionamenti realizzati con le minacce prima e l’esecuzione del carcere poi. Una voce libera che si è sempre battuta per la difesa della Verità, del Sud e della Calabria.

battaglie, di venti e controventi, piogge, tempeste e bufere. Mi sono innamorata del suo profumo, un giorno sa di bergamotto, altri di cedro e di arancio… altri ancora sembra quello di olio vergine, appena premuto… Alcuni giorni emana odore di zagara, quando sa di gelsomino mi fa impazzire. E mentre le cammini a fianco, spesso, sa di finocchietto selvatico, molte altre volte di origano misto a salvia. Il suo profumo è devastante, verace, inalterato, travolgente. Vorrei abbracciarla in continuazione, per poterlo prendere tutto, questo profumo, fino a consumarlo interamente. Ha un sapore buonissimo, questa Donna: morderla è nutrirsi di Energia e di vita. Ha un sapore genuino, difficile da spiegare, come quando mangi il pane fatto in casa, e sai che è fatto col grano jermano, o quando lo intingi in un bagno d’olio extravergine dal sapore pungente, proveniente dalle tue colline, dove il pomodoro dei tuoi campi, l’origano delle tue montagne, il basilico del tuo orticello, sono forma e sostanza di te, di te prima di te, di te dopo di te. L’eclettismo è la virtù più bella di questa Donna: non sai mai come sarà la mattina che si sveglia, dopo una notte in cui passione e dolcezza si sono alternate per renderti felice, o magari dopo una notte in cui ti ha fatto dannare per motivi che, oggi, ti risultano incomprensibili. È un dono magnifico, questa Donna: cambia colore continuamente e mai un giorno, o una sera, è uguale a un altro. Quando, dopo una giornata di battaglie, comincia a riposarsi, ti regala il meglio di sé, nella tenerezza con cui cede le sue forze, come in un tramonto in cui il rosso e il giallo si fondono insieme, per generare un arancione mai uguale a sé stesso. Ci sono serate in cui indossa dei cappelli bellissimi, a forme di nuvole, nuvole fanatiche e testarde, che invadono il cielo, sovrastano il mare e giocano a nascondino dietro le montagne. Veri e propri acchiappa-colori: ogni colore è un sogno, un desiderio, espresso o inespresso, una speranza, tradita o meno, un’illusione, confessata o meno. La sua voce ricorda il ritmo di una tarantella, sanguigna, avvolgente, corpo a corpo, ma mai corpo su corpo, vicino e lontano, fuga e rincorsa, un viavai di emozioni che fanno battere il cuore all’infinito, avvolgente e ardente di spiriti folli e ribelli. Echi antichi, mai scaduti, voci di anime ancora a passeggio, storie di eroi, di santi e di diavoli, di amanti e di legami, di resistenze e di ricca povertà. Ma è il carattere che fa di questa Donna una Donna unica e originale: quello spirito dolcemente indomito, che se sai come prenderla ti dà tutta se stessa, ma se la tratti male ti riversa tutto il suo rancore, quell’istinto di vita di cui ti inonda, facendoti amare la tua carne, la tua anima, la tua mente, la passione con cui ti parla di sé e dei suoi sogni infranti, quel carattere tenace, testardo, ma nello stesso tempo comprensivo, amorevole, a tratti litigioso, irruento, a volte prevaricatore, altre sottomesso, istintivo ma ragionevole, mai pago, a tratti malinconico, ma sempre solare, energivoro, coinvolgente. Non sopporto le sue insicurezze, la paura di non essere mai all’altezza, la sua memoria del cuore che, nel far riemergere le violenze subite, non le fa spiccare il volo, la fiducia che dà agli uomini sbagliati quelli che, nel corteggiarla, bramano al suo possesso piuttosto che alla custodia di un Amore. Dieci volte al giorno discuto con lei e mi arrabbio, venti volte al giorno ci faccio l'amore, e ogni volta è sempre la prima volta, ogni volta la amo sempre più. Ho capito che amarla significa difenderla, mantenerla, averne cura, proteggerla, custodirla, pubblicizzarla, sublimarla, assecondarla, venerarla, contemplarla, rispettarla. Ho capito che amare la Calabria significa riscoprire il vero legame che unisce l'uomo alla terra di appartenenza, come due amanti che si ricongiungono e suggellano un patto eterno di reciproco Amore: un vero e proprio incontro karmico, di quello in cui due anime si riconoscono, dopo anni di “senso di vuoto”, si sentono a casa e non si lasciano più. Margherita Tripodi



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intervista www.larivieraonline.com

Anna La Rosa, già direttore dei servizi parlamentari nonché storico volto di Telecamere, programma Rai andato in onda per 19 anni, nei giorni scorsi ha organizzato una festa nella sua Gerace, davanti alla maestosa cattedrale con cena a base di prodotti tipici, tarantella e gli immancabili Gigante e Gigantessa. L’abbiamo intervistata per voi.

A COLLOQUIO CON ANNA LA ROSA

"Locride, tutte le porte si possono aprire: devi saper trovare la chiave” MARIA GIOVANNA COGLIANDRO nizia la sua carriera giornalistica all’agenzia di stampa Adnkronos, come cronista parlamentare. Nel ‘91 Anna La Rosa è chiamata in Rai nella redazione politica del Tg2. Quattro anni dopo dà vita a “Telecamere”, primo rotocalco di informazione politica, parlamentare ed economica, un salotto che ha avvicinato gli italiani ai politici rendendo questi ultimi meno ingessati, meno intoccabili. “Telecamere” fu un vero successo giornalistico, tanto che qualcuno la soprannominò “la Vespa in gonnella”. Eppure “Telecamere” arrivò prima di Bruno Vespa, prima anche di Gad Lerner. Quindi a copiare non fu certo Anna La Rosa. Nel 2002 viene nominata direttore di Tribune e Servizi Parlamentari; cinque anni dopo viene assegnata alle dirette dipendenze del Direttore di Rai3, occupandosi di realizzare Telecamere e Telecamere Salute, in onda fino a luglio 2014, quando entrambi i programmi spariscono inspiegabilmente e senza preavviso dal palinsesto Rai. Rivedremo Anna in tv nel 2017, quando decide di mettersi in gioco e partecipare come concorrente al talent show “Ballando con le stelle”. Lo scorso 17 agosto, come ogni anno, Anna La Rosa ha organizzato una festa nella sua Gerace, davanti alla maestosa cattedrale con cena a base di prodotti tipici, tarantella e gli immancabili Gigante e Gigantessa. All’età di 7 anni lasci Gerace e ti trasferisci a Roma. Com’è stato l’impatto con la capitale? La passione che mi lega alla Calabria e in particolare alla Riviera dei gelsomini, nasce da questo dolore che ho provato quando avevo 7 anni. Ho vissuto fino ad allora con nonna Rosa, la mia nonna paterna che, pur analfabeta è stata la più grande filosofa che abbia conosciuto nella mia vita. In realtà vivevo in una vallata, Doria, nei pressi della fiumara. Qui mia nonna aveva un mulino, che esiste ancora, e un frantoio. Ricordo che c’era una stanza sempre chiusa sopra casa nostra, in cui mia nonna conservava montagne di noci e di mandorle e io adoravo a 4 anni andare con i miei amichetti a rotolarmi tra le noci rumorose, ma trovavo puntualmente la porta chiusa. Chiedevo a nonna Rosa di aprirla e lei mi rispondeva tutte le volte: “Apri la porta!”. – “Ma come faccio? La porta è chiusa” – replicavo. Ma lei continuava a insistere che fosse aperta e aggiungeva una frase, che ho capito solo dopo diversi anni: “Anna, non esistono porte chiuse. Tutte le porte si possono aprire: devi saper trovare la chiave”. – “E dov’è la chiave? – chiedevo disperata. – “A mucciai, va trovala”. Oggi nel bagno di casa mia, nei miei studi da direttore Rai, c’è sempre come simbolo una chiave. È vero che adori ballare la tarantella? A Doria ho imparato a suonare e ballare la tarantella, era sempre l’occasione giusta per formare la cosiddetta ronda: compleanni, vendemmia, raccolta delle mandorle, delle olive, mietitura del grano. Un’infanzia felice... i primi problemi, però, sorgono quando arriva l’ora di andare a scuola. A Doria non c’era una scuola perché non c’era una strada praticabile che giungesse da Gerace, solo le capre potevano arrampicarsi; ricordo che il medico condotto arrivava a dorso di un mulo nei casi più estremi, tant’è che io sono nata in casa. L’unica scuola era a Vene, per raggiungerla impiegavo due ore

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tra percorsi scoscesi e pietrosi, con il vento che in alcuni tratti mi spingeva indietro. Quando arrivavo a scuola la maestra accendeva un braciere per far riscaldare me e il mio compagno nonché cuginetto Bruno, con cui affrontavo questa traversata. Durante la prima e seconda elementare sono andata avanti così. Poi ho raggiunto mio padre, in un quartiere della Roma bene, dove abitava Mastroianni, Domenico Modugno. Ho frequentato la terza elementare nella scuola “Alessandro Manzoni” e lì sono iniziati i miei problemi perché fino a 6 anni e mezzo sono stata la bambina più felice del mondo. Ho iniziato a sentirmi diversa, e in effetti lo ero. Mia madre mi faceva le trecce con i fiocchi mentre le altre bambine indossavano vestiti griffati, parlavo dialetto tanto che a un certo punto decisi di starmi zitta per non farmi deridere dalla classe. Fino alla quinta elementare ho parlato pochissimo, anche durante le interrogazioni. È vero che una maestra ti disse “Smetti di studiare e vai a fare la sarta”? Si chiamava Teresa Detudon e quando frequentavo la quinta elementare chiamò mio padre e gli disse: “Sua figlia non è in grado di affrontare le scuole medie, le consiglio di farle imparare un mestiere, la sarta o la parrucchiera”. Mio padre testardo, non l’ascoltò. Oggi, dopo una laurea in pedagogia ed essere stata vicepresidente del Consiglio Nazionale dei pedagogisti italiani, cosa risponderesti a questa cattiva maestra? Oltre ad aver studiato filosofia e scienze politiche, ho studiato pedagogia e mi sono specializzata in psicologia dell’età evolutiva, per i bambini da 0 a 6 anni. Questo perché, pensando ad Anna bambina, ho sempre cercato tutte le volte che ho incontrato bambini con disagio di aiutarli. Io comunque sono stata

In alto, Anna La Rosa in due momenti diversi della trasmissione “Telecamere”. A sinistra, Anna è con Milly Carlucci durante la sua partecipazione a “Ballando con le stelle”; a destra, con il leader di Fi, Silvio Berlusconi. In basso, Anna con la figlia Allegra a Gerace. fortunata: mia nonna inventava per me dei racconti bellissimi. Quando tornavo a Doria le dicevo: “Nonna, mi cunti nu cuntu?” e lei mi raccontava delle storie bellissime sulla luna per dimostrarmi quando fossi rientrata a Roma che la luna di Doria era la stessa di quella che vedevo io. E attraverso la luna mi raccordavo con la mia fiumara. Cos’è per te il potere? È la possibilità di fare le cose. Se fossi per un anno presidente della Regione Calabria, già saprei cosa fare. Quando da casa mia a Gerace mi affaccio per vedere l’alba immagino cosa potrebbe diventare questa terra. Perché Gerace non è patrimonio dell’Unesco, quando paesi dell’Umbria con meno storia, meno beni archeologici, architettonici, ambientali lo sono? Perché non lo è Portigliola con il suo splendido teatro che è

uno spettacolo anche vuoto, senza rappresentazioni? Mi piacerebbe anche fare il sindaco di San luca, ma sono già in tanti a volerlo fare… Cosa ti attira di più della Calabria? Quando sono a Roma prima di addormentarmi penso al rumore della fiumara e al sapore della ginestra. Altra cosa sono gli odori: quando piove ci sono dei profumi che non li trovi da nessun’altra parte e li avverti ancora prima che piova. E poi il mare: io sono stata alle Maldive, ai Caraibi, a Cuba ma nessun mare ha un sapore buono come il nostro, è più salato, per questo il pesce del nostro Ionio non ha bisogno di essere condito quando lo si cucina. Quanto ai piatti della Calabria, adoro le melangiani mbuttunati. Mi ha insegnato nonna Rosa a prepararle e mi vengono buonissime! Che speranze nutri per la Locride? Conosco tanti imprenditori che hanno avuto il coraggio di rimanere. Penso anche a voi di Riviera che da 20 anni andate avanti seppur con sacrifici. Tanti giornali aprono e chiudono... il vostro è un miracolo! Bisogna crederci, tutti i progetti si realizzano sulle gambe degli uomini. Anche in questo caso vale il motto di nonna Rosa: “Tutte le porte si possono aprire: devi saper trovare la chiave”? Più che mai! La Locride se lo merita e se lo meritano i suoi cittadini. Questi ultimi devono fare molta attenzione quando vanno a votare: devono scegliere un sindaco non perchè gliel’ha consigliato l’amico ma perché ha davvero le competenze e le capacità necessarie. Quando vedo che i comuni vengono commissariati con questa frequenza, con questa facilità, mi demoralizzo. Se c’è un problema in un comune in Calabria, la soluzione più semplice è commissariarlo. Il commissariamento di Siderno, proprio quando la città si stava riprendendo, mi ha veramente sconfortato. Pietro Fuda lo conoscevo sin da quando era senatore... Lo hai intervistato a “Telecamere” allora? Cosa ricordi? Sì, lo intervistai. La dote principale di Pietro Fuda non è sicuramente la simpatia, però è una persona rigorosa, è un tecnico, molto spigoloso. Non ho mai avuto l’impressione che fosse un uomo non onesto. È sempre andato controcorrente quando era necessario, quindi non riesco a digerirlo questo commissariamento. Se qualcuno ti parla male della Locride? Tiro fuori le unghie! Purtroppo mi capita spesso di sentir parlar male della nostra terra, ma questo succede perché negli anni passati la Locride e in generale la Calabria sono balzate agli onori della cronaca solo quando si registravano degli omicidi o quando veniva arrestato qualche latitante. E questa è l’immagine che nel resto d’Italia si ha della Calabria: una terra dove regna il malaffare. Non capisco perché non si raccontino anche le realtà positive e ce ne sono davvero tante. Mi auguro che il vento cambi... Farai ritorno a Gerace un giorno, per rimanerci? Magari, chi lo sa?! Sicuramente vorrò essere seppellita a Gerace. Ho litigato con diverse amministrazioni in passato. Avevo 37 anni quando ho presentato la prima domanda per avere un fazzoletto di terra su cui costruirci dei loculi per i miei genitori, per me e per mia figlia, se mai deciderà di venire qui. Ho impiegato 17 anni per avere l’assegnazione di questo pezzo di terra. Nel mio testamento ho scritto che in qualunque posto dovessi morire, anche fosse in Oceania, voglio essere seppellita a Gerace.



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Il GAL “Terre Locridee” studia nuovi percorsi enogastronomici Si è svolta martedì presso i locali del GAL “Terre Locridee” di Locri una prima riunione per definire un percorso “Le vie dell’Olio della Locride” Hanno partecipato molti attori culturali e imprenditoriali del territorio, oltre naturalmente a sindaci e membri del GAL. L'intento è quello di costruire un progetto, anticipato nel corso della manifestazione PromuoviLocride, e presentare la nostra offerta speciale alla scoperta dell’olio nella Locride. Durante la riunione si è stabilito di seguire una metodologia di lavoro precisa che individua nelle usanze antiche la scelte degli itinerari del territorio, cioè partire dal mare per andare verso la montagna, andando quindi a individuare nel territorio sei diverse aree che corrispondono alle sei più importanti vallate della Locride. Allo stesso tempo sono state individuati una serie di macro itinerari tematici di questa area, allo scopo di rendere più appetibile l’offerta turistica del territorio. Gli itinerari da elaborare sono: quello dei prodotti tipici, quello dei percorsi naturalistici,

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IL CASO

Il mistero Majorana è ad una svolta? Ettore Majorana è stato un fisico italiano. Operò come teorico della fisica all'interno del gruppo di fisici noto come i “ragazzi di via Panisperna” che, sotto la direzione di Enrico Fermi, nel 1934, scoprirono le proprietà dei neutroni lenti, dando avvio alla realizzazione del primo reattore nucleare sperimentale e della bomba atomica. La notte del 25 marzo 1938, il giovane fisico si imbarcò su un traghetto che da Napoli avrebbe dovuto portarlo a Palermo, ma in Sicilia non arrivò mai… Sono trascorsi ottant’anni e ancora la scomparsa del fisico Ettore Majorana è motivo di grande interesse e di varie supposizioni. Molti si chiedono che fine abbia fatto il famoso scienziato dopo che, la sera del 25 marzo 1938, si imbarcò su un traghetto diretto da Napoli a Palermo facendo così perdere le proprie tracce. Da quel momento tante sono state le ipotesi avallate: •suicidio (in quanto genio tormentato); •ritiro monastico (tesi sostenuta da Leonardo Sciascia); •fuga in Argentina o Venezuela •collaborazione con il Terzo Reich. In questi lunghi anni, dicevamo, il mistero Majorana è stato trattato da molti, ultimo in ordine di tempo Aurelio Pelle, sindaco di San Luca dal 1980 al 1984, che nel suo libro recentemente dato alle stampe “Cippo 382, alias Ettore Majorana”, cerca di offrire nuove risposte al mistero della scomparsa del fisico. Pelle, infatti, rivela che Ettore Majorana, una volta giunto a Palermo, si sarebbe diretto verso la Calabria e più precisamente nel paese di Corrado Alvaro. Prendendo a esempio il romanzo di Pirandello “Il fu Mattia Pascal”, Majorana avrebbe cambiato vita adottando il nome di Giovanni Carlino e lavorando come orologiaio. Si sarebbe ambientato velocemente nel paese dell’Aspromonte, riuscendo a farsi apprezzare dai compaesani nonostante una vita estremamente riservata, sempre lontana dagli obiettivi fotografici. Nel suo saggio, Pelle racconta di aver avuto egli stesso

modo di incontrare Carlino e, qualche volta, di aver scambiato due chiacchiere con lui. I motivi che avrebbero spinto Majorana a un così radicale cambiamento sarebbero da ricercare nei dissapori con la famiglia (specialmente con la madre) dovuti alla sua omosessualità o in un più generico desiderio di ritirarsi a vita privata che lo avrebbe convinto a terminare i suoi giorni in un luogo a misura d’uomo dopo aver conosciuto le difficoltà del mondo moderno. Probabile anche che, avendo compreso a cosa avrebbe condotto il lavoro svolto con i “ragazzi di via Panisperna”, Majorana si sia fatto prendere da un forte senso di colpa dopo aver compreso la portata distruttiva che avrebbe avuto la bomba atomica che stava per essere prodotta con il suo contributo e che, ironia delle sorte, sarebbe stata lanciata su Hiroshima il 6 agosto, giorno successivo al compleanno del giovane scienziato italiano. Aurelio Pelle, sulla base della sua esperienza personale e di documenti reperiti in comune, ritiene di aver scoperto che Carlino, alias Majorana, avrebbe contratto matrimonio con una certa Immacolata Salerno per nascondere la propria omosessualità e che, dopo la sua morte, avvenuta l’8 giugno 1962, sarebbe stato seppellito nel cimitero di Catania, in cui i suoi resti continuerebbero a riposare ancora oggi. Si presume che le sue spoglie siano registrate a nome di Immacolata Salerno. Per comprovare la tesi sostenuta dall’ex primo cittadino, dunque, non resta che effettuare delle analisi genetiche sul corpo e, eventualmente, un esame grafologico dei verbali anagrafici originali, oggi parte dell’Archivio Storico del Comune di Fabrizia e in grado di fare luce sulla vera identità dell’orologiaio Giovanni Carlino.Il “mistero Ettore Majorana” è dunque a un passo dalla soluzione? È davvero possibile che l’anima tormentata di questo genio, questo “Mattia Pascal” del mondo reale, abbia trovato pace tra i monti Calabresi? Rosalba Topini

CALABRESE PER CASO

Crescita civile. Un parolone quello dei beni archeologici, quello delle tradizioni e potrebbe essere inserita anche la proposta della “Riviera” dell’itinerario degli scrittori della Locride. Seguendo le finalità del PAL (Piano di Azione Locale) Gelsomini finanziato dalla Regione Calabria nel PSR Calabria 2014-2020. L’idea semplice ma allo stesso tempo ardita è quella di far diventare i percorsi dei pacchetti turistici. Da oggi inizia un percorso che dovrà portare dopo una fase di studio all’elaborazione di questi macro itinerari che poi a loro volta costituiranno dei micro itinerari come questo delle “vie dell’olio” Il percorso “Le vie dell’Olio della Locride”, prevede di svelare tutti i segreti del lavoro artigianale realizzato per ottenere un prodotto di grande qualità, dalla raccolta alla frangitura ed all’ottenimento di un olio extravergine d’oliva, per far trascorrere un weekend, una settimana o un giorno a contatto con la natura, con la raccolta negli uliveti, il passaggio al frantoio per assaporare quanto appena franto, il tutto alla scoperta delle eccellenze e del territorio Il GAL “Terre Locridee” con questo progetto si assume una grande responsabilità come agenzia di sviluppo del territorio per ottenere importanti risultati, obiettivo che però non può raggiungere senza la sinergia e la collaborazione con i soggetti operanti nel territorio, dalla Regione Calabria alla Città Metropolitana di Reggio Calabria, dall’Associazione dei comuni della Locride al Parco Nazionale D’Aspromonte, dal Museo di Locri al Consorzio di Bonifica Alto Jonio Reggino.

Tra navi e migranti, ponti che crollano senza appello e litigi di circostanza sembra che questo Paese abbia perso di sé ogni traccia. Diviso tra petulanti politici che si arroccano su luoghi comuni ideologicamente insostenibili e azzardate manovre di ambiti istituzionali che in nome di una molto singolare concezione di autonomia dei poteri sopravanzano ogni autorità derivata dal consenso popolare, il senso di vivere in uno Stato credibile si affievolisce a ogni sforzo di evitare, senza successo, l’inevitabile zapping. Tra un TG e l’altro, presi e compresi tra polemiche di ogni tipo, presentate da ogni dove e da una pluralità di sacerdoti figli del moltiplicatore opinionistico offerto dai social, ognuno vorrebbe credere di vivere in una comunità di pensiero, di azioni, parte di un progetto di crescita civile. Ma crescita civile, come scrissi in passato ha molti significati, tutti precisi, ognuno dei quali potrebbe non lasciare adito a dubbi. Tra questi, quello che crescere civilmente significa non solo evitare distorsioni della libertà che si trasformano in arbitrio, ma anche distorsioni della legalità, della verità, della concreta volontà di fare e non solo di recriminare. Distorsioni che si tramutano in sopraffazione o rassegnazione, in arroganza o in arrendevolezza, nello scansare le responsabilità piuttosto che chiudersi nell’apatico atteggiamento di colui che attende. Ma crescere come individui, come comunità culturalmente definita nella sua progressiva trasforma-

zione in una società multiculturale e multirazziale significa, anche, non solo avallare un buonismo di maniera senza pratica, ma disporre di un senso e di un sentimento di cittadinanza che si afferma attraverso una nuova cultura politica. Una cultura che ci faccia sentire tutti italiani e dove il significato di sovranità non sia il frutto senza distinguo del sovranismo, ma la ragione dell’identità di valori a cui si riconduce una consapevolezza di un passato che può governare un futuro se non ci si svende a un pensiero unico che mira a distruggere ogni possibilità di condivisione, anche solo in termini di accettazione di noi stessi quale reazione all’abbandono della nostra storia in nome di un globalismo senza anima. Una crescita c h e

guarda al Paese è, quindi, come una verità che supera una comoda astrattezza liquidabile per ragioni di cassetta politica, che vorrebbe alienare il Paese alle ragioni di un mercato per pochi. Ecco perché la crescita civile è una nuova cultura politica capace di affermare una tolleranza fondata sulla reciprocità, su un quadro culturale di confronto e di condivisione concepito nell’interesse laico ma identitario della nazione. Dove lo Stato con le sue ragioni di esistenza dettate dalla propria storia scritta con il sangue di vinti e vincitori, non si trasforma in un affare politicamente privato, ma che rimane l’ancora politica di un’individualità nazionale diffusa perché condivisa, di un progetto che va ben oltre le segreterie di un partito o della dittatura delle piattaforme metapolitiche del consenso degli internauti. Dove siano garantite quelle conquiste sociali tutelate dall’unica architettura giuridica fondamentale e garantista per il futuro di cui oggi ancora disponiamo, al di là delle riforme possibili, condivisa e allargata nel consenso: la Costituzione. Il contratto fondamentale che si pone quale documento senza colore, votato da destra e sinistra quando forse ciò aveva un senso, quando essere italiani aveva una sua ragione d’affetto, e nella quale possiamo trovare, ancora oggi, le garanzie e le risposte per un modello sociale condivisibile e sovrano, voluto all’interno di un’ottica di alternanza fondata sul programma del migliore e sul rispetto delle opportunità. Sul miglior governo possibile secondo i cittadini, sulle ragioni di un senso di nazione che non è negoziabile salvo essere pronti a scomparire come Stato, come nazione, come storia, come popolo. Giuseppe Romeo


Bianco sarà la capitale dei palmenti mediterranei Venerdì scorso presso il Municipio di Bianco, alla presenza del Presidente della Regione Calabria Mario Oliverio, il Sindaco Aldo Canturi e il Professor Attilio Scienza (Università di Milano), la cittadina della DOC più antica d’Italia (2500 anni), ha avviato un progetto per la valorizzazione dei palmenti, icone della cultura millenaria mediterranea della vite e del vino, presenti sullo stivale dalla Liguria alla Calabria e le isole. Il palmento è il luogo nel quale per secoli è avvenuta la pigiatura dell’uva per produrre il mosto. Il nome deriva dal latino palmes palmitis, tralcio di vite, o da paumentum, l’atto di battere, pigiare. Collocati solitamente in aree lontane da centri urbani o rurali, furono utilizzati in scala industriale tra l’età ellenistica e tutta quella romano-imperiale, per quasi un millennio. Il palmento è solitamente costituito da due vasche comunicanti: l’uva, versata nella superiore, era pigiata e lasciata riposare; quindi, tramite un foro nel tramezzo, si lasciava defluire il mosto, che sfruttava la naturale pendenza del territorio, nella vasca inferiore di fermentazione. Alcune località come Ferruzzano e dintorni propongono un numero impressionante di questi palmenti (700), usati ininterrottamente sino a qualche secolo fa; molti recano impresse delle croci di tipo bizantino o latino, fatto che permette di misurare almeno in parte il lungo periodo del loro uso. Come ricorda una pubblicazione dell’associazione Città del Vino, in assenza di roccia friabile, il palmento veniva costruito in muratura, impermeabilizzando le vasche con uno stato di intonaco; una tipologia presente in molti paesi dell’area del Mediterraneo (Armenia, Bulgaria, Cipro, Corsica, Francia, Italia, Malta, Spagna, Israele, Mauritania). In Italia testimonianze di palmenti si trovano, tra l’altro, in Liguria (San Lorenzo, Ventimiglia, IM), Emilia Romagna (zone appenniniche); Marche (San Leo, PU); Toscana (Sansepolcro, AR; Abbadia San Salvatore, SI; Vitozza, GR; Isola del Giglio, GR; Isola d’Elba, LI; Isola di Capraia, LI); Lazio (molte località delle Province di Viterbo e di Roma); Campania (Isola di Ischia); Basilicata (Pietragalla, PZ); Calabria (la già citata Ferruzzano, RC e altre località della locride come Bruzzano, RC; Caraffa del Bianco, RC; S. Agata, RC; Casignana, RC); Sicilia (Montalbano Elicona, ME; Camastra, AG; Motta, ME; Moio Alcantara, ME); Sardegna (Arzolas,NU). L’archeologia può diventare il filo conduttore dello “story-telling del vino”. La creazione di un Centro Studi per i palmenti a Bianco è l’occasione per un approfondimento sulla presenza dei palmenti (o piani di pigiatura) nel Mediterraneo per l’analisi dei processi sociali ed economici che hanno favorito la circolazione antica dei vitigni e dei metodi della loro coltivazione. Anche la viticoltura è espressione di una stratificazione culturale antica: ogni angolo della nostra Penisola nasconde un tesoro costituito da vitigni quasi sconosciuti e da tradizioni enologiche che sono state tramandate intatte da tempi immemorabili. Perché, quindi, non inserire anche i palmenti tra i giacimenti culturali più importanti d’Italia? In un'epoca dove la perdita dell’identità culturale è rappresenta da una vera e propria amnesia collettiva, come sostiene il professor Attilio Scienza dell’Università di Milano, il guru del vino italiano, “i palmenti possono rappresentare degli iconemi capaci di teatralizzare la viticoltura e i suoi territori.”

GIUDIZIARIA

L’intercettazione delle “confidenze”

FRUTTI DIMENTICATI

Fico del Paradiso FICUS CARICA L. FAM. MORACEE

Tale varietà è presente in modo notevole nel Soveratese dove in alcuni territori è preferita al prevalente Dottato, fico bianco che era molto usato per produrre i fichi secchi che ormai cominciano a diventare un ricordo in Calabria, che comunque sono di gran lunga migliori di quelli che si trovano sul mercato d’inverno, e sono importati fondamentalmente dalla Turchia. C’era addirittura un’attenzione maniacale per preparare i fichi secchi che venivano raccolti maturi e stesi sulle prazzìne costruite, le più efficaci con steli di ginestra di Spagna oppure con canne intrecciate colpite sugli internodi con una mazzola di legno e poi aperte con un coltello e poi intrecciate tra loro; esse venivano poste sulla loggia, un’impalcatura costituita da quattro forcine infisse nel terreno tenute assieme da quattro rami diritti generalmente di frassino o di altro albero dai rami appunto non contorti. Lì sopra i fichi seccavano e poi i migliori venivano infilzati alternativamente su uno stelo di canna incurvata ad u, chiamata schiocca e poi tenuti assieme alla fine, dallo spirùni ,ossia un pezzo di canna tagliata a forma di pugnale, con la cima più larga che doveva funzionare da tenuta, che veniva immerso per circa quindici cm dentro i fichi che erano stretti tra loro, che alla fine erano sovrastati da un fico più grande . Dopo tale operazione le schiocche di fichi secchi venivano immerse per pochi secondi in acqua bollente perché fossero sterilizzate ed alcune madri di famiglia le infornavano per qualche ora ed allora assumevano un colore bruno ed i fichi a quel punto sapevano di cotto. In altri ambiti territoriali, quello di Bova ad esempio, i migliori fichi venivano utilizzati per creare delle figure a forma di bambola con l’ uso di fichi neri per evidenziare alcune parti del corpo, mentre ovunque i fichi ,in parte danneggiate dai calabroni o dalle vespe, venivano raccolti a parte, chiamati pojidia ( gr. apojìdia ossia fichi di scarto) e poi infornati di modo che non andassero a male e poi d’inverno venivano dati ai maiali, alle capre casalòre, ossia allevate nell’orto di casa , per dare il latte ai bambini qualora le madri non l’avessero più o qualora la famiglia non possedesse un’asina che produce un latte simile a quello materno. L’uso più importante dei fichi di scarto era quello di darlo alle mucche al tempo dello sporo ( gr, spòros, semina ) alla fine di ottobre e ai primi di novembre, quando i contadini partivano da casa nell’ora in cui i Vastùna ( la costellazione di

I BRIGANTI

Lettera a un meridionalista salviniano

Orione ) erano nella parte più alta del cielo ( verso mezzanotte ) e qualora non aiutasse la luce della luna essi portavano con sé le lanterne ( i più abbienti ) o le dede ( gr. daìda , fiaccola) o tede, ricavate dal legno resinoso di pino, che venivano rifornite all’area tra Brancaleone e Bianco dagli Africoti (la desinenza ti deriva dal gr. tès , genitivo dell’articolo determinativo che significa originario di..., quindi è più nobile di Africesi, come pure Natiloti, Ferruzzanoti, Carraffoti ecc. ) e che servivano a illuminare i percorsi ai viandanti nelle notti senza luna. Dall’una all’incirca le mucche venivano alimentate in modo sostanzioso oltre che con il fieno, con i fichi di scarto, con fave già messe in ammollo il giorno prima e con pere secche e alle 6,30 circa venivano aggiogate per l’immane fatica della semina, specie nei terreni argillosi, quando dovevano tirare l’aratro di legno. Naturalmente i fichi di prima scelta venivano offerti in momenti e tempi particolari, venivano usati come alimento molto nutritivo, ricordando a tal proposito come facessero parte della dieta degli atleti che si preparavano per le olimpiadi nell’antichità e fondamentalmente venivano usati per preparare l’impasto speciale che serviva ad infarcire i dolci natalizi chiamati in modo diverso, in territori diversi ( Sammartine, Petrali ecc.). I fichi venivano fatti a pezzettini e poi assieme ad un’equivalente quantità di uva passa venivano messi a cuocere in una grande casseruola assieme a vin cotto, noci o mandorle, in mancanza di esse, con l’aggiunta di chiodi di garofano e cannella. In continuazione la pasta, fino a quando non fosse perfettamente amalgamata, veniva mescolata con un cucchiaio di legno. Nel territorio della Locride il Fico del Paradiso era assente o marginalmente presente, mentre era ed è diffuso abbondantemente sulla fascia ionica della provincia di Catanzaro nell’area che va da Badolato a Soverato con il relativo entroterra. Il frutto di tale varietà è più grosso del Dottato, ha la buccia più verde, che si apre leggermente a maturazione, ha la polpa ugualmente dolce, si presta ottimamente ad essere essiccato, produce più fioroni, mentre la caratteristica che lo distingue, è quello di avere il picciolo notevolmente più lungo. Le foto sono state effettuate nel giardino della casa di campagna della dott.ssa Rosa Brancatella, in contrada Muro Rotto, nel comune di San Vito (Cz). Orlando Sculli

Gentilissimo, pochi sono i punti fermi nella mia vita, e uno di quelli è la filosofia di Nicola Zitara, che ahimè ho scoperto troppo tardi! Quando ho appreso ciò che mai avevo imparato a scuola, ho cercato Nicola e ho trovato una casa che dista dalla mia 200 metri, e può immaginare il mio rammarico nel capire Chi avessi a così poca distanza e non poterci più parlare. Siderno è un paese difficile: i primi tempi dopo la “rivelazione” cercavo in ogni dove qualcuno che sapesse, e sembrava che nessuno cogliesse le mie angosce, mi sentivo sola. Adesso mi rendo conto che tutti sanno e nessuno ha il coraggio di alzare un dito. "Ormai la storia è andata, bisogna guardare avanti" mi dicono spesso. Ma non è così: le maestre dei miei figli ancora raccontano pappardelle inutili ai poveri fanciulli indifesi che imparano la minorità. Fin da subito sono stata tacciata, come molti, di "leghista del sud", e quindi mi affannavo a far capire che non è così, che la lega NORD è razzista da sempre, che fa il doppio gioco, che gli indipendentisti del sud lo sono per amore di recuperare la verità storica negata da quattro generazioni. Parole al vento. Ora Salvini, che saltava al ritmo di "Oh Vesuvio lavali col fuoco", è osannato come il nuovo Carmine Crocco, e questo è inammissibile. Sulle spiagge del nostro antico regno squadristi (fascisti) rincorrono ambulanti poveretti, con bandiere di "noi con Salvini", e ciò è drammatico. Quel losco figuro sta facendo tornare il fascismo, perché il popolo è gregge, e quando vede cibo gli corre dietro, possa essere pure letame! Ho capito il discorso religioso che Lei mi propone, in quanto crede che la lega NORD e la Meloni vogliano difen-

La Corte di Cassazione ha sempre ritenuto legittime ed utilizzabili le intercettazioni delle dichiarazioni confidenziali (cfr Cass. Sentenza VI sezione ud 29 marzo 2007, imp. De Marco). Sul punto, la Suprema Corte ha così statuito: L'intercettazione ambientale volta a registrare le dichiarazioni rese confidenzialmente dalla parte offesa, che si rifiuti di deporre ufficialmente, agli inquirenti della polizia giudiziaria che indagano sul delitto (tentativo di omicidio), è atto formalmente e sostanzialmente diverso dalla testimonianza indiretta, vietata dall'art. 195 c.p.p., comma 4, riguardante la deposizione resa da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria sul contenuto di quelle dichiarazioni, acquisite sotto forma di informazioni sommarie assunte da persone che possono riferire circostanze utili alle indagini (art. 351 c.p.p.). Tale intercettazione, che non infrange e, anzi, rispetta il divieto della testimonianza indiretta e non contrasta con l'art. 111 Cost., può essere pertanto legittimamente autorizzata ed eseguita secondo le disposizioni dell'art. 266 c.p.p. e sgg.. Nè è sostenibile che la registrazione in tal modo disposta comporti la violazione dell'obbligo della polizia giudiziaria di redigere verbale delle informazioni assunte a norma dell'art. 351 c.p.p., (art. 357 c.p.p., comma 2, lett. c)), perché in ipotesi la redazione del verbale è resa impossibile dal rifiuto dell'interessato di riferire formalmente le circostanze utili alle indagini da lui conosciute, determinando di conseguenza la necessità del ricorso all'intercettazione. Sulla base di questa premessa, nella specie è stata giustamente ritenuta legittimamente disposta ed eseguita la registrazione ambientale delle informazioni rese confidenzialmente agli inquirenti da S. Capurro, e l'espressione adoperata nella motivazione della richiesta, di far conseguire valore probatorio alle dichiarazioni da lui rilasciate informalmente, dev'essere intesa nel senso della consapevolezza dell'inutilizzabilità che sanziona il divieto posto dall'art. 195 c.p.p., comma 4, e della necessità di acquisire le dichiarazioni del Capurro col mezzo, diverso dalla testimonianza indiretta vietata, dell'intercettazione, avente pieno valore probatorio”. La soluzione adottata (nel senso della piena utilizzabilità delle captazioni) dalla Suprema Corte non potrà che valere, a maggior ragione allorché la captazione è avvenuta, per così dire, “alla fonte”, in un ambiente terzo ed acquisendo il dato direttamente dai soggetti – estranei al rapporto confidenziale con la Polizia Giudiziaria – portatori delle notizie di rilevanza penale.

dere la fede e la famiglia, che i Borbone erano ferventi cattolici e nel Regno delle Due Sicilie la chiesa era molto rispettata, ma io non sono borbonica e credo che la chiesa dovrebbe stare fuori dagli affari di stato. Credo anche che la famiglia sia quella dove c'è amore, non importa null'altro, se non il rispetto e la crescita sana, che in tante famiglie “tradizionali” spesso non esiste. La Meloni predica bene e razzola male, perché lei stessa, come Salvini, non ha avuto una sola e classica famiglia: sono tutte famiglie allargate. E comunque tutto ciò appartiene alla sfera personale, poiché non siamo stati creati con lo stampino, siamo tutti diversi e ognuno ha in sé il proprio destino. Chi siamo noi per sentenziare? Abbiamo diritti ottenuti con tanti sforzi come l'aborto, che la Meloni contrasta, e che i leghisti vorrebbero abolire riportando le donne ad abortire illegalmente, con tutti i rischi del caso. L’eutanasia è un altro tasto dolente, ma nessuno può e deve giudicare poiché non ci è dato sapere che esperienza di vita ognuno si porti dietro. Non credo che questo governo ci rappresenti poiché sta solo facendo sfogare una rabbia accumulata da decenni, e Salvini cavalca bene quest’onda, predicando, però, la non tolleranza. E noi meridionali sappiamo bene cosa significa perché l’abbiamo vissuta e continuiamo a viverla da 158 anni. Non appena finirà questo delirio di razzismo contro i neri vedrà che noi torneremo, per la lega NORD, come in origine: terroni (di merda), “mezzi italiani, italiani per concessione di Cavour” (Zitara). Saluti Brigantessa Serena Iannopollo


02 SETTEMBRE - 16

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attualità

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Il Veneto ci prova di nuovo. Dopo il tentativo autonomista dello scorso hanno, che aveva prodotto solo nella Locride un rigurgito antisecessionista, la regione settentrionale, cavalcando l’onda dell’acclamazione riservata un po’ dappertutto alla Lega di Matteo Salvini, reclama poteri esclusivi e chiede che venga approvata una norma che renda i servizi usufruibili dai cittadini in virtù del proprio reddito sociale. Eppure scelte simili, non molti anni fa, determinarono la devastazione dell’Europa…

Colonizzazione o riscatto? È il momento di scegliere!

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Quanto chiesto dal Veneto è la secessione dei ricchi che pensano di poter coprire i loro misfatti parlando d’altro, trasformando il sud in una colonia in cui sia stato distrutto il principio d’uguaglianza dei cittadini.

anno scorso la Locride è stato un punto di resistenza e di assoluta avanguardia nell’orizzonte nazionale perché abbiamo visto prima e meglio degli altri cosa nascondeva il referendum “autonomista” indetto nel “Lombardo-Veneto” ed abbiamo risposto con l’importante iniziativa presso il Comune di Siderno, oggi sciolto per infiltrazioni mafiose e tale scelta la dice lunga sullo stato comatoso della nostra democrazia. Non mi risulta ci siano state altre iniziative antisecessioniste in Italia. A un anno di distanza il Veneto (e, con più moderazione, la Lombardia) presenta il conto e chiede di calcolare i “fabbisogni standard” tenendo contro della ricchezza dei cittadini di ogni singola Regione, di modo che a maggiore ricchezza corrisponda un maggiore diritto a veder soddisfatti i fabbisogni sociali, avendo dunque migliori scuole, ospedali e servizi. Il tutto ai danni dei territori più poveri e in aperta violazione all’articolo 3 della Costituzione, il cui rispetto noi invocavamo il 22 ottobre dell’anno scorso. La Regione Veneto, inoltre, ha chiesto di avere poteri esclusivi “… sulle scuole private, sull’edilizia scolastica, sul diritto allo studio, sula cassa integrazione guadagni, sula programmazione dei flussi migratori, sulla previdenza complementare, sui contratti col personale sanitario, sui fondi di sostegno alle imprese, sulle Sovrintendenze, sule concessioni per l’idroelettrico e lo stoccaggio del gas, sulla protezione civile, sui vigili del fuoco, strade, autostrade, porti, aeroporti,…” l’elenco continua. È la secessione dei ricchi (come dice Gianfranco Viesti in un suo appello) che pensano di poter coprire i loro misfatti distraendo l’opinione pubblica parlando d’altro così che, zitti zitti, piano piano, si apprestano a trasformare il Sud e la Calabria in una colonia e a distruggere il principio di uguaglianza dei cittadini di uno stesso Stato. Il disegno eversivo che a Bossi non è riuscito nel 1996, quando aveva indetto la manifestazione secessionista sul Po, sta per riuscire a Salvini con l’oggettiva complicità di tanti meridionali. Sono “sfascisti” e, se non

saranno fermati, sfasceranno l’Italia e l’Europa! È in atto una politica che chiamano “sovranismo” ma nasconde ben altro; agli immemori ricordiamo che l’Europa dei singoli Stati “sovrani” coincide con quella fase della storia che ha visto i giovani europei ammazzarsi come cani: francesi contro tedeschi, italiani contro austriaci, polacchi contro russi, inglesi contro irlandesi. Solo per restare alle due guerre mondiali, quasi venti milioni di morti nel 1918 e ben 70 milioni di vittime innocenti nel 1945. Per nascondere il loro perverso disegno di attacco alla Costituzione e di colonizzazione del Sud hanno bisogno di creare il “nemico”, e se per i nazisti i

“nemici” erano “i perfidi ebrei” e per il fascismo la “perfida Albione” e “le potenze demo-plutocratichegiudaiche”, per Bossi eravamo noi “terroni-meridionali”, definiti “vergogna del mondo”. Oggi il “nemico” è l’Europa e sono i torturati, gli affamati e gli ultimi del mondo contro cui sono molti a scatenare le proprie frustrazioni, la propria rabbia e il proprio rancore! Non siamo allocchi e comprendiamo bene che, quando i comuni cittadini e interi popoli scendono nell’arena per combattersi, le oligarchie si rafforzano. Non applaudite come hanno fatto le generazioni passate con Hitler e Mussolini trovandosi poi in un’Europa fumante per le bombe e con le fosse comuni piene di cadaveri di donne e bambini. L’anno scorso il PD e gran parte della Sinistra sapiente, intelligente e accorta, ci ha snobbato. Ha preferito guardare a quel referendum dalle potenzialità devastanti facendo finta di non accorgersi o addirittura aderendo. Una vergogna che la Sinistra ha pagato e pagherà cara così come pagherà per la mera occupazione del potere residuo senza politica. È passato un anno dall’importante iniziativa del 22 ottobre dello scorso anno e noi non ci siamo arresi anche se non ci sfuggono i problemi che abbiamo incontrato. Per difendere i nostri valori il giorno 12 settembre saremo a Polsi (scelta non casuale) per un ricordo, e una riflessione sulla figura di un grande meridionalista e libertario: Pasquino Crupi. Il 22 ottobre ci saremo ancora in campo perché il momento è grave e dovremo, ancora una volta, scegliere tra un’Europa in crisi permanente, un’Italia a pezzi, una Calabria colonizzata e un Mediterraneo devastato dalle guerre, oppure un’Europa unita, un’Italia realmente “una e indivisibile”, un Sud riscattato, e i popoli del Mediterraneo in pace. Scelga ognuno di noi e scelga adesso, domani potrebbe essere troppo tardi così come lo è stato per coloro che alle vigilia della guerra mondiale sono andati in vacanza. Noi la nostra scelta l’abbiamo già fatta! Ilario Ammendolia



02 SETTEMBRE - 18

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38 ANNI DI RUMORI MEDITERRANEI: Roccella diventa una cittadella musicale Grande successo per l'edizione 2018 del Roccella Jazz Festival. Pubblico caloroso, ottimi responsi della critica, importante affluenza per il Roccella Jazz Campus. Si guarda già al 2019 per rafforzare la stabilità della rassegna.

a registrato un notevole successo la XXXVIII Edizione del Roccella Jazz Festival, tenutasi dal 12 al 22 agosto, con un significativo risultato per affluenza di pubblico, partecipazione ai lavori del Roccella Jazz Campus e qualità del programma, mai come quest'anno dal respiro internazionale. Numerosi sono stati, infatti, i musicisti provenienti da Francia, Inghilterra, Spagna, Romania, Albania, Mali, Stati Uniti, Brasile, Argentina e Uruguay, una presenza che non ha di certo fatto smarrire l'identità profondamente italiana. Gli apprezzamenti sono arrivati sia dal folto pubblico che dai critici presenti, con una valutazione positiva unanime sul cartellone, estremamente vario e versatile. Il Festival ha ospitato vedette straniere come Ray Gelato, Rosàlia De Souza, William Parker, Hamid Drake, Dean Bowman e Alexander Balanescu, giovani talenti come James Brandon Lewis e Anthus, eccellenze nostrane come Nicky Nicolai, Stefano Di Battista, Claudio Cojaniz e Daniele Sepe, personalità originali e sorprendenti come Minino Garay. Estremamente soddisfatto il direttore artistico Vincenzo Staiano, che sottolinea l'ottima risposta ottenuta dal Roccella Jazz Campus: "Il Campus è stato accolto con favore e ha registrato la partecipazione di studenti prove-

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Festa Nazionale del Teatro vola a Palermo il Bovalinese Giovanni Ruffo Nella capitale della cultura 2018, nella cittàmosaico di cui ogni tessera è espressione di mondi diversi, nella Palermo dei teatri e degli artisti, in occasione della Festa Nazionale del Teatro 2018 e per la FITA (federazione italiana teatro amatori), il giovane attore bovalinese Giovanni Ruffo, rappresenterà la sua terra. Dal 1 al 9 settembre, infatti, 13 ragazzi dell’Accademia del Teatro FITA, di età compresa fra i 18 e i 25 anni, provenienti da regioni diverse, rappresenteranno gli oltre 2000 giovani iscritti alla FITA partecipando ad un laboratorio teatrale che si concluderà il 7 settembre al teatro Orione, con lo spettacolo dal titolo “Azzurro Mare” di e per la regia di Azzurra Viglianisi. Una grande soddisfazione anche per il comune di Bovalino che rappresenterà la Calabria intera grazie alla passione, alla dedizione e al talento del giovane attore. Classe “97, Giovanni Ruffo, coltiva la sua passione per il teatro dall’età di 17 anni. Inizia la sua carriera prendendo parte alle farse carnevalesche rappresentate nell’anti-

nienti da tutta la città metropolitana e da altre regioni. I corsi più frequentati sono stati i workshop di fotografia, voce e scrittura critica. Abbiamo registrato anche una consistente presenza alle conferenze incentrate sul ruolo avuto dai siciliani-americani nella nascita e nello sviluppo del jazz e l’omaggio tributato a Frank Zappa". I corsi sono stati affrontati da molti dei musicisti presenti in cartellone, creando così una virtuosa e positiva circolazione di idee e stimoli, che ha reso Roccella Jonica una vera e propria cittadella musicale. Degno di rilievo il profilo organizzativo della rassegna, che ha visto consolidarsi il nuovo assetto costituitosi nel 2017, quando il Comune di Roccella ha preso le redini della manifestazione avvalendosi del supporto del proprio personale e di operatori e professionisti locali, con le sole eccezioni dell’ufficio stampa e del servizio di fonica. Ed è proprio sul versante organizzativo che si soffermano gli auspici per un ulteriore passo in avanti in futuro, allo scopo di rafforzare la stabilità del Festival, come afferma Staiano: "Il nuovo team che si è creato fa ben sperare per il futuro della manifestazione e sarebbe auspicabile che diventasse il personale stabile di una struttura o di un soggetto organizzativo autonomo dal punto di vista amministrativo". Una trentottesima edizione applaudita e riuscita, l'organizzazione è già al lavoro per il cartellone del 2019.

co borgo di Bovalino Superiore, con un gruppo amatoriale del posto, inizialmente come attore, successivamente come parte integrante della compagnia, giungendo poi a collaborare alla stesura dei copioni da mettere in scena. Un amore per il teatro e per il suo paese che si radica anche grazie alla "Fondazione Ciccio Marzano - Gruppo Spontaneo" di Bovalino (RC) - che opera nell’ambito sociale e teatrale dal lontano 1979 e di cui Giovanni è parte integrante. Una formazione, quella di Giovanni Ruffo, curata e alimentata negli anni da due grandi maestri bovalinesi: Enzo Marzano (presidente dell’associazione) e Pino Ammendolea collaboratore del gruppo nonché autore e regista. Ad attendere l’attore bovaliese una straordinaria opportunità e per la sua crescita personale che professionale, un'esperienza che lo vedrà esibirsi insieme a 12 colleghi davanti a un pubblico attento e scrupoloso.

La lunga estate della “Scialata” Si chiude un’estate speciale per San Giovanni di Gerace e per i suoi tesori naturali. Quella del 2018 è stata, infatti, certamente l’estate della “Scialata”, lo splendido sito naturalistico presente nelle montagne sangiovannesi, punto di approdo di un frequentatissimo sentiero di trekking tra le cascate della fiumara Levadìo, che si aggiu-

dica il titolo di vera e propria “regina” delle mete escursionistiche locridee di quest’anno. Già dal mese di aprile il sentiero escursionistico della Scialata ha visto crescere la presenza di visitatori e appassionati, con un picco rilevante nei mesi di luglio ed agosto, periodo durante il quale la Scialata e il suo sentiero hanno ospitato ogni giorno gruppi organizzati, associazioni di escursionisti, comitive, camminatori solitari, tutti attratti dalle meraviglie che la natura propone nell’ambito di questo percorso naturalistico: si costeggia in risalita un aspro torrente montano, che snoda il suo tracciato tra gigantesche rocce granitiche e boschi secolari fittissimi, in una natura incontaminata ricca di flora, per giungere all’area ristoro della Scialata, che lambisce una sorgente di limpidissima acqua oligominerale. Ma il pienone della “Scialata” nell’estate 2018 è frutto, in realtà, di un’attenta opera di riscoperta e sensibilizzazione cominciata da lontano. Un lavoro di anni, che ha consentito la conoscenza e la valorizzazione dal basso di questo paradiso naturalistico, riconosciuto ormai come uno dei percorsi naturali più suggestivi tra quelli esistenti nella Locride e nella provincia reggina, e caratterizzato dal fatto di essere facilmente accessibile anche agli escursionisti meno esperti e pertanto consigliato a tutti gli amanti della natura, del trekking, della fotografia naturalistica e delle passeggiate all’aria aperta. Il sentiero, tracciato nel 2000, è stato nel corso degli ultimi anni notevolmente attenzionato dal punto di vista della pulizia, della manutenzione, del lavoro diretto a migliorarne l’accessibilità e la fruibilità in sicurezza. Il Comune di San Giovanni di Gerace, con il fondamentale apporto delle squadre di operai forestali dell’Azienda regionale “Calabria Verde”, ha infatti curato nel tempo la costante

manutenzione di questo luogo di pace (la vera e propria “oasi” della Scialata), incentivandone la conoscenza e la fruizione turistica. Autori, dunque, del successo della Scialata devono essere considerati in primis il Comune di San Giovanni di Gerace, nel cui territorio si snoda il sentiero escursionistico, e l’Azienda “Calabria Verde”, i cui operai curano e gestiscono questo sito con una passione ed un’attenzione che vanno al di là dell’attività istituzionale dell’Azienda. Se il sentiero della Scialata è ormai conosciuto e apprezzato in tutta la Regione è grazie anche alle numerosissime associazioni ambientaliste ed escursionistiche calabresi, che hanno fatto della Scialata una tappa fissa nei loro programmi annuali.

Burraco: una passione che continua a crescere Si è svolto presso la Coorte del Palazzo Municipale di Locri, il 5º Torneo Amatoriale di Burraco organizzato da Francesco Ruso, presidente dell’associazione ASD Burraco Siderno Elite, e

patrocinato dal comune di Locri. Alla manifestazione di quest’anno sono stati disposti 34 tavoli da gioco contro i 30 dello scorso anno, a dimostrazione del fatto che, di anno in anno, questo sport è in grado di attirare un numero sempre maggiore di appassionati. Il torneo è stato suddiviso in tre gironi vinti rispettivamente: il girone A dalla coppia Barillà-Guerrisi di Reggio Calabria; seconde classificate le sorelle Messina di Messina; terza la coppia Carabetta-Caristo dell’ASD Burraco Siderno Elite; il girone B dalla coppia formata da Patrizia Foti e Macrì dell’Associazione Reggio; seconda classificata la coppia Sansalone-Zangari dell’ASD Burraco Siderno; terzi Francesca Repetto e Luciana Corica dell’ASD Burraco Siderno; il girone C, infine, dalla coppia Rosa Asprea e Giovanna Murdaca dell’ASD Burraco Siderno. Arbitri delle serata sono stati Francesco Ruso e Luigi Federico. La serata, all’insegna della passione per il gioco e del divertimento, si è conclusa con il taglio dalla torta offerta dall’Amministrazione Comunale di Locri e con il brindisi dei partecipanti. L’obiettivo prefissato da Francesco Ruso, per l’edizione del 2019, è volto a raggiungere i 50 tavoli da gioco, condizione resa favorevole anche dall’aumento di tesserati riscontrato quest’anno. L’associazione ASD Burraco Siderno Elite, inoltre, vuole informare tutti coloro che desiderano cimentarsi in questo gioco di carte, che a partire dall’11 settembre, presso la sede di via Trento a Siderno, verranno impartite lezioni gratuite a tutti i partecipanti.


#KTF2018: la commistione di generi ammalia il pubblico

Il Kaulonia Tarantella Festival va in archivio con un successo straordinario, affiancando alla tradizionale grande festa di Piazza Mese i concerti d’ascolto e le lezioni di tarantella, pizzica e ballettu. Proprio la mescolanza di generi e di tradizioni meridionali ed europee differenti è stata al centro dell’edizione del ventennale, destinata, con il suo nuovo corso, a dare slancio alla kermesse per gli anni a venire.

incontro e il confronto tra culture diverse sono stati il tema portante della XX edizione del Kaulonia Tarantella Festival. La kermesse, certamente ricordata per i numerosi appuntamenti offerti al pubblico, ha posto al centro delle attività didattico-divulgative temi cari alla tradizione non solo meridionale, offrendo una commistione di generi affascinante e ricca di significati per il pubblico. Confermando e consolidando una formula collaudata lo scorso anno, ai “concerti d’ascolto” del prime time, svoltisi tutti i giorni alle ore 20, sono state affiancate le lezioni Tarantella Riggitana, Pizzica Salentina e Ballettu Siciliano, che hanno intrattenuto il pubblico andando a completare il programma de “La Tradizione si Danza”. In questo ambito, molto apprezzati sono risultati i concerti svoltisi sotto i riflettori dell’affresco Bizantino o della Chiesa del Rosario, che hanno avuto per protagonisti Fabio Tricomi e il suo concerto delicatissimo e ricco di fascino; Fabio Macagnino e Cataldo Perri, impegnati a mettere in musica le toccanti parole di Carmine Abate durante la reading musicale “Identità: Musica e Parole”; Matilde Politi e Nino Racco, che ci hanno illustrato le differenze tra il cantastoriato siciliano e quello calabrese; i Tenores di Bitti e Fabio Vargiolu, che ci hanno accompagnato per mano attraverso un magnifico viaggio relativo alle tradizioni e ai ritmi della musica sarda. Come di consueto, il piatto forte di ogni serata è stata il concerto di Piazza Mese, che ha riscosso in ogni occasione un impressionante successo di pubblico grazie all’organizzazione affidata a quattro direttori artistici storici del KTF e alla partecipazione di artisti di primo piano del panorama folkloristico italiano e internazionale. La prima serata, coordinata da Danilo Gatto e Antonio Critelli, è così ruotata attorno alla straordinaria esibizione che il musicista spagnolo Hevia ha prodotto assieme all’Orchestra Popolare Calabrese, che ha reso possibile l’incontro tra due culture, quella galiziana e quella calabrese, apparentemente distantissime tra loro, unendo, forse per la prima volta, i suoni aspri della nostra zampogna a quelli, acutissimi e meravigliosi della cornamusa elettronica (la Gaita Midi) di Hevia.

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La seconda serata ha avuto invece come tema di base gli stili incrociati ad ispirazione popolare e, grazie alla direzione artistica di Paolo Dossena, ha visto salire sul palco lo storico gruppo degli Agricantus e un’incredibile quantità di virtuosi di uno specifico strumento musicale: Arnaldo Vacca e Alfio Antico con le loro percussioni, Francesco Buzzurro e la sua chitarra-orchestra, Giuseppe Milici e l’armonica cromatica, Nicola Giammarinaro e il suo funambolico clarinetto, oltre, ovviamente alla star del sassofono jazz Francesco Cafiso, che ha stupito il pubblico con perfetti fraseggi e virtuosistiche articolazioni del suono. La terza serata ha dunque visto salire sul palco una vecchia e graditissima conoscenza del Festival: parliamo naturalmente di Eugenio Bennato che, nella doppia veste di direttore artistico e musicista si è accompagnato per l’occasione a due gruppi strettamente connessi alla sua scuola: quello dell’artista folk reggino Mujura e il quartetto vocale Sponda Sud, che hanno scaldato il cuore del pubblico, avendone in cambio apprezzamento e grandissimo entusiasmo. Il gran finale è stato dunque affidato alle capaci mani di Mimmo Cavallaro, che per il secondo anno consecutivo ha voluto unire i propri ritmi quelli di un fenomeno musicale internazionale. Special Guest dell’ultima serata, infatti, è stato il gruppo londinese dei Tamburi Taiko del maestro giapponese Joji Hirota, che ha permesso al pubblico di ingannare l’attesa per il grande chimico della tarantella attraverso una magnifica esibizione dei ritmi ancestrali della cultura orientale. Cavallaro, a sua volta, non si è limitato al proprio repertorio, ma ha voluto dimostrare che due culture musicali quasi antistanti come quella della tarantella calabrese e quella sarda dei Tenores di Bitti possano convivere sullo stesso palco, un progetto speciale destinato a divenire il simbolo dell’edizione appena conclusa del Festival. Questi elementi hanno contribuito a rendere quella di quest’anno una manifestazione degna di celebrare al meglio i vent’anni di storia di una kermesse musicale che non si limita sterilmente a riproporre la tarantella, ma cerca nuove strade per offrire a pubblico e agli artisti nuove chiavi di lettura del passato e del presente, senza dimenticare mai di lanciare uno sguardo ricco di speranza anche al futuro. Jacopo Giuca

Eugenio Bennato: “Si può criticare il festival di Caulonia ma bisogna gioire del fatto che esista” Prima dell’esibizion e sul palco del Kaulonia Tarantella Festival, lo scorso 23 agosto, abbiamo incontrato nel suo camerino dal gusto retrò Eugenio Bennato, star internazional e della tarantella.

Maria Giovanna CoGliandro la terza serata del Kaulonia Tarantella Festival, tenutasi lo scorso 23 agosto, ha visto il ritorno di una star internazionale del genere, Eugenio Bennato, presenza importante e fondante del festival, nonché fondatore del movimento Taranta Power, con cui nel ‘98, sulla scia di un rinnovato interesse del pubblico giovanile per i ritmi della Taranta, salvò dal rischio di estinzione la cultura folk. In occasione della XX edizione ha pensato di dedicare al Kaulonia Tarantella Festival una canzone… ogni forma d’arte anche quella popolare ha a che fare con la creatività e con la contemporaneità. a 20 anni dal Festival ho pensato che fosse mio dovere festeggiarlo con un’invenzione poetica, “neverending Tarantella”, la tarantella infinita, che presenterò per la prima volta nel corso di questa terza serata del KTF. Nel ’98 nasce Taranta Power che segna una frattura nel vecchio modo di intendere la musica popolare, tracciando nuove strade di creazione artistica. Quelle strade sono valide ancora oggi? Sicuramente hanno prodotto un percorso rivoluzionario, con tante contraddizioni ma è bene che sia così. Si può criticare il festival di San Gimignano, si può criticare il festival di Caulonia ma si deve gioire del fatto che esistano, perché l’alternativa era la scomparsa di questi segnali di una cultura folk. oggi, quando sono arrivato a Caulonia, pioveva e sono entrato in un bar per ripararmi, mentre prendevo il caffè è partito il tamburello e l’organetto e si è scatenata la ronda: una scena emozionante che appartiene solo al nostro sud. dobbiamo fare i conti con delle critiche ma anche

essere orgogliosi di aver salvato una cultura che rischiava di scomparire. Popolare è un termine che significa tutto e il contrario di tutto. Lei che significato gli attribuisce? il popolare ha a che fare con l’identità. il popolare negli ultimi tempi si sta perdendo a favore della cultura occidentale e globalizzata. Tre aggettivi per descrivere il Sud? il Sud è misterioso, perché è una scoperta continua; inespresso, perché non gli è mai stato concesso di tirare fuori il proprio carattere ma ha sempre subito, è sempre stato in qualche modo colonizzato; terzo aggettivo: mio! Come vede il Kaulonia Tarantella Festival tra 10 anni? non si può fare una previsione, innanzitutto mi auguro che continui a realizzarsi ogni anno. Ho intitolato questa serata “nuova musica dal Sud”, mi auguro che tra 10 anni continueremo a sentire cose nuove. Per Caulonia rimane un eroe che ha salvato la tradizione. Cosa si può fare per tramettere l’orgoglio per le origini nei nostri territori del Sud? Si può fare quello che fanno gli artisti, di tutti i tempi. Gli artisti sono quelli che raccolgono un’eredità e la trasmettono in maniera spiazzante nel futuro. Mi aspetto che gli autori calabresi riescano a inventare di continuo una melodia, una strofa, perché ciò che importa è innanzitutto il rinnovamento. in secondo luogo non bisogna perdere l’identità, perché rinnovamento non significa scegliere modelli che non ci appartengono ma contaminare quei modelli nel nostro humus meridionale.



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ANGOLO FOOD

Arte&co

LA RICETTA: CREPES AL SALMONE

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L’astronomia mette radici nel cuore della Calabria

Antonino Brosio, 30 anni, fin da ragazzino nutre una passione viscerale per l’astronomia. Qualche anno fa ha scoperto che un Parco Astronomico era stato realizzato a Savelli nella Sila Crotonese…

rania, musa dell’astronomia, ha deciso di puntare sulla Calabria per far conoscere la bellezza del cielo stellato. Perciò a Savelli, comune italiano in provincia di Crotone, è sorto il Parco Astronomico Lilio. Intervistiamo uno dei suoi fondatori: il giovane astronomo Antonino Brosio, che è la prova concreta di come la nostra Regione offra tante possibilità per chi ha il coraggio di mettersi in gioco. Dove e quando sei nato? Sono nato il 17 ottobre 1987 a Cinquefrondi, ma vivo a Rosarno in provincia di Reggio Calabria. Come è nata la tua passione per l’astronomia? Spesso mi capita di pensare come nasca questa idea fissa nella mente di un uomo, perché sicuramente non è una passione ma diventa un vero e proprio desiderio di spingersi verso l’ignoto. Credo comunque che sia qualcosa insita nel DNA e di questo ne ho avuto la conferma da quando, lavorando presso il Parco Astronomico Lilio, vedo centinaia di bambini, che già in tenerissima età, hanno una grande ammirazione nei confronti di questa bellissima scienza. Per quanto riguarda la mia vicenda personale, ho da sempre avuto il pallino verso l’astronomia, ma ho iniziato ad approfondire e ad affacciarmi alla parte pratica quando all’età di 12 anni i miei genitori mi regalarono un telescopio newtoniano da 150 mm e, puntandolo verso il cielo, che ancora non era inquinato dalle luci come quello odierno, dal terrazzo di casa ho avuto modo di scoprire e osservare i fenomeni astronomici più importanti. Serve coraggio o coerenza per rimanere in Calabria?

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Non penso che serva coraggio per rimanere in Calabria, non ci troviamo in una zona di guerra o nel Terzo Mondo. A mio avviso, il problema della Calabria è che la gente ha poco coraggio di mettersi in gioco, pertanto il sistema s’inceppa e non va avanti. Ciò che danneggia la nostra Regione è la mentalità e non mi stancherò mai di ripeterlo: andare fuori e realizzare i propri sogni lavorativi non credo sia più semplice cha farlo in Calabria, tuttavia la convinzione che lo sia porta i giovani a tentare altrove. Che messaggio vuoi lanciare ai calabresi che lasciano la loro Terra e non fanno altro che criticarla? Si può anche andare via, non mi sento di criticare o giudicare chi lo fa, ci possono essere migliaia di ragioni per cui si scelgono altri posti, ma che senso ha criticare la propria Terra? In genere chi lo fa, secondo me, non merita di ritornarci neanche per le vacanze… “Con gli anni ho portato la Calabria ovunque, anche nello spazio”. Spiega questa frase. Grazie alla mia attività divulgativa sono spesso stato ospite di importanti trasmissioni televisive e servizi ai TG nazionali in cui ho sempre messo in evidenza la mia Regione, trasmettendo un’immagine più bella di quella che spesso ci cuciono addosso. Ho inserito il nome della Calabria in tutti i miei lavori portando sonde di ricerca e progetti importanti ai confini con lo spazio. L’ultimo progetto realizzato, lo scorso giugno, si chiama EOS Project. Si tratta di una sonda all’interno di un programma di Alternanza scuola lavoro con l’istituto tecnico russo di Nicotera, che è stata lanciata con successo lo scorso 30 giugno, con cui abbiamo testato un rilevatore di muoni chiamato ArduSIPM, realizzato dal Professore Valerio Bocci dell’INFN e dall’Università di Roma. Come nasce l’idea di costruire il Parco Astronomico Lilio? Nonostante abbia tentato tantissime volte di realizzare un osservatorio astronomico in provincia di Reggio Calabria, fin da quando avevo 15 anni, non ho mai avuto successo a causa della poca fiducia da parte della politica verso questo tipo di strutture. Qualche anno fa ho scoperto che un Parco Astronomico era stato realizzato a Savelli nella Sila Crotonese. Il parco, che dopo il mio arrivo è stato intitolato a Luigi Lilio, astronomo del 1500, originario di Cirò, creatore del famoso Calendario Gregoriano, in

realtà fu realizzato nel 2009 per volere del professore Filippo Frontera, docente di Fisica presso l’Università di Ferrara e originario di Savelli. Io ho avuto il merito di metterlo in funzione e fare in modo che tutti gli appassionati di questa scienza, abbiano la possibilità di incontrarsi, studiare, approfondire il cosmo e osservare gli spettacolari fenomeni che l’astronomia ci riserva. Sono state incontrate molte difficoltà per la sua realizzazione? Ci sono state parecchie difficoltà soprattutto burocratiche. Sicuramente la parte più difficile non è stata quella della realizzazione, ma far comprendere ai molti il significato del Parco e i benefici che può portare alla Regione. Quando è stato inaugurato e cosa offre ai visitatori? È stato inaugurato il 5 agosto del 2016 alla presenza di autorità politiche, civili e militari. Da allora ha funzionato a pieno regime senza fermarsi mai. Le attività, al suo interno, sono molteplici: lezioni spettacolari tridimensionali nel modernissimo planetario astronomico; laboratori didattici per bambini, dove è possibile realizzare spettacolari modellini degli oggetti dell’Universo; l’osservazione del Sole con filtri all’idrogeno Alpha; l’esplorazione notturna col telescopio del Sistema Solare e degli oggetti del cielo; osservazioni con il radiotelescopio per una visione del cosmo anche nelle onde radio. Il Parco, inoltre, essendo inserito in un ambiente naturalistico, offre la possibilità di effettuare pic-nic grazie alla presenza di barbecue e sedute, trascorrendo così rilassanti giornate. Durante l’anno quanti visitatori arrivano e da dove? In questi primi due anni sono arrivati dodicimila visitatori tra istituti scolastici, visitatori privati e gruppi organizzati da ogni parte del mondo. Secondo te, cosa manca alla Calabria per prendere definitivamente il volo? La voglia di fare, il coraggio di crederci e l’ottimismo. Dove trovi la forza per inseguire i tuoi obiettivi? La forza arriva dalla voglia di andare oltre, che sicuramente ogni individuo dovrebbe possedere. Siamo tutti figli delle stelle, nati da una supernova e questo dovrebbe bastare ad accendere quella curiosità di voler conoscere ciò che, al di là della nostra atmosfera, ci è ancora oggi ignoto. Rosalba Topini

Ingredienti per 4 persone. Per la pastella: 2 uova, 300 ml di latte, 120 gr di farina, sale. Per la farcia: 300 gr di ricotta, 200 gr di salmone, 150 ml di besciamella, 2 cucchiai di parmigiano, sale, pepe, timo. In una ciotola unite il latte alla farina e al sale e formate un composto liscio e omogeneo. Aggiungete poi le uova e lavorate fino a ottenere una pastella priva di grumi. Ungete con un po' di burro una padella antiaderente. Preparate quindi le crepes mettendo un mestolo d'impasto alla volta e facendo cuocere per circa 1 minuto a lato. Tagliate in piccoli pezzi il salmone e unitelo a sale, pepe, timo e ricotta. Amalgamate gli ingredienti e aggiungete metà della besciamella, quindi mescolate nuovamente. Stendete la farcia su metà parte di ogni crepes e richiudetele su se stesse. Richiudete ancora a metà ogni crepes e trasferitele in una teglia. Ricoprite con besciamella parmigiano. Cuocete in forno già caldo a 200 °C per 10 minuti circa.

IL COCKTAIL: COSMOPOLITAN Ingredienti per 2 persone: 80 ml di Vodka, 30 ml di Cointreau, 60 ml di succo di mirtilli, 30 ml di succo di lime. Per guarnire una fetta di lime. Versate in uno shaker i cubetti di ghiaccio poi aggiungete la vodka, il Cointreau, il succo di lime e infine il succo di mirtilli rossi. Chiudete lo shaker con il secondo boccale e shakerate. Separate i due pezzi dello shaker e applicate lo strainer, vale a dire l’apposito colino per separare il ghiaccio dal cocktail, e versate il contenuto in coppe di Martini. Lavate e asciugate un lime, poi tagliate una fetta sottile e decorate i bicchieri.

IL DOLCE:

SEMIFREDDO AI WAFER

Direttore responsabile:

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO

Direttore editoriale: ILARIO AMMENDOLIA COLLABORATORI: Jacopo Giuca, Lidia Zitara, Sara Leone, Giuseppe Romeo, Orlando Sculli, Sonia Cogliandro, Serena Iannopollo, Gaetano Marando, Rosalba Topini, Arturo Rocca, Franco Crinò, Giuseppe Gangemi. STAMPA: Se.Sta srl: 73100 Lecce

INFO-MAIL REDAZIONE:

0964342198 larivieraonline@gmail.com www.larivieraonline.com

Registrata al Tribunale di Locri (RC) N° 1/14 EDITORE - No così srl - via D.Correale, 5 - 89048 Siderno

Le COLLABORAZIONI non precedute dalla sottoscrizione di preventivi accordi tra l’editore e gli autori sono da intendersi gratuite. FOTOGRAFIE e ARTICOLI inviati alla redazione, anche se non pubblicati, non verranno restituiti. I SERVIZI sono coperti da copyright diritto esclusivo per tutto il territorio nazionale ed estero. GLI AUTORI delle rubriche in cui si esprimono giudizi o riflessioni personali, sono da ritenersi direttamente responsabili.

Ingredienti per 4 persone: 300 gr di wafer, 250 gr di mascarpone, 100 ml di latte condensato, un cucchianino di caffè solubile, 100 ml di panna per dolci, cioccolato. Montate la panna fredda di frigo e mettetela da parte. Mettete mascarpone, latte condensato e caffè in una ciotola e montateli a crema con le fruste. Aggiungete anche la panna e amalgamate con una spatola, con un movimento dal basso verso l'alto. Iniziate a comporre il vostro dolcetto: su un piatto da portata, create un primo strato di wafer. Mettete la crema al mascarpone in una sacca per pasticceria e create un primo strato di farcitura sui wafer. Create un secondo strato, prima i wafer e poi la farcia, e chiudete con un terzo strato di wafer. Decorate con la crema avanzata e con pezzetti e briciole di cioccolato. Potete servire subito, o conservare in frigo fino al momento di servirlo.


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O P O C S L’ORO

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Una palma d’oro nella banda Nonostante il successo ottenuto a Cannes dopo la sua straordinaria interpretazione per “Dogman”, di Matteo Garrone, Marcello Fonte è tornato nella sua Melito Porto Salvo per suonare nella locale banda Un re colorato e posare assieme all’ex assessore regionale In un numero quasi interamente dediMichele Tripodi. cato agli eventi che hanno animato l’estate della Riviera dei Gelsomini, non potevamo non dedicare almeno una foto anche a re Mimmo, coloratissimo frequentatore di tutte le feste svolte nelle lunghe notti locridee.

PD tarantolato Dive Su richiesta di un noto corrispondente La nostra amica Bluette Cauloniese, pubblichiamo questa foto dei Cattaneo posa in questo vertici del PD locale, tra i quali riconosciamo scatto già destinato a diveBruzzaniti, Canturi, Fragomeni, Panetta, nire virale con l’intramontaBelcastro e Romeo, che festeggiano il sucbile Cristiano Malgioglio, cesso del Kaulonia Tarantella Festival. ospite d’onore di alcune indimenticabili serate svoltesi nel nostro comprensorio durante questa scoppiettante estate 2018. Graditi imprevisti Buon Natale! Salvatore Tripodi Nel dirvi arrivederci degusta una alla fine di settembre, gustosissima pasta salutiamo questa “cacio e pepe” bella stagione pubbliadattata dalla cando questa singolanostra Paola in rissima foto della “pepe e cacio”, una Festa di Natale orgamodifica alla tradinizzata da un noto zione non del locale di Caulonia in tutto voluta che è queste settimane e stata comunque partecipata con gioia davvero graditissida un bel gruppo di ma da questo inasidernesi. spettato quanto eccezionale ospite.

Tamburi di gomma Durante la tradizionale discesa di San Rocco, a Gioiosa Ionica, Luigi “Gomma” Rescigno ha voluto militare tra i “tamburi” che accompagnano il santo, confermando il detto che sono le persone più silenziose, a volte, quelle che fanno maggior rumore!

Il futuro è nello sport Abbiamo pizzicato Giuseppe Sgambelluri e Giuseppe Cavallo, da sempre simbolo dell’impegno sportivo per la nostra Siderno, durante uno scambio di idee proposte sul futuro sportivo comprensoriale, al quale abbiamo voluto partecipare con grande interesse. Un cinema carico di significati La foto conclusiva del PIFF, manifestazione di cinema ideata da Walter Scerbo e che ha goduto della direzione artistica di Misefari e Battaglia (al quale vanno i nostri auguri di pronta guarigione), durante la quale è stato ricordato Gigi Malafarina.

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Ariete Buon inizio della settimana, con una frizzante Luna che vi renderà socievoli e ciarlieri; pesanti le giornate centrali, quando potreste essere colti da improvvisa nostalgia di una persona particolare; nel weekend la Luna in Leone vi restituirà l’ottimismo.

Toro Fino a giovedì la settimana scorrerà serenamente, con un po’ di pensieri nostalgici per un’ex; da venerdì la Luna in Leone porterà nervosismo e tensioni in famiglia; domenica tornerà il sereno grazie agli influssi di Mercurio e della Luna In Vergine. Gemelli La Luna nel vostro segno fino a martedì vi aiuterà a fare della sana autocritica; da venerdì la Luna in Leone vi regalerà una ventata di allegria; domenica sarà la giornata più ostica, a causa di una congiunzione che creerà paranoia e tanta suscettibilità. Cancro Settimana intensa, con il transito della Luna nel vostro durante le giornate centrali che vi aiuterà a fare una rigorosa e sana autovalutazione; weekend sereno all’insegna della lettura e del cinema d’autore, grazie agli influssi della Luna in Vergine. Leone Buon inizio della settimana, con la Luna in Gemelli che vi renderà socievoli e frizzanti; pigrizia nei giorni centrali, che sparirà grazie al transito della Luna nel vostro segno venerdì e sabato che favorirà sia la pulizia interiore che quella della casa. Vergine Inizio della settimana piuttosto teso a causa di alcune paranoie; la situazione migliora da mercoledì, quando la Luna in Cancro vi aiuterà ad avere maggior empatia e dolcezza; domenica Mercurio e la Luna entreranno nel vostro segno, donandovi lucidità. Bilancia Splendido l’inizio della settimana con aumento della vostra naturale propensione a brillare nei salotti mondani; pessime le giornate centrali, quando sarete pigri e molto scorbutici; meglio il weekend grazie all’ottimismo infusovi dalla Luna in Leone. Scorpione La settimana inizierà in sordina, per tingersi di romanticismo nelle giornate centrali, grazie agli influssi della Luna in Cancro; tensione e litigi come se piovesse nel weekend a causa della dispettosa Luna in Leone; tornerà finalmente il sereno domenica. Sagittario Luna opposta possibile foriera di tensioni; la situazione si calmerà da mercoledì per migliorare decisamente venerdì, quando la Luna in Leone vi restituirà ottimismo e voglia di fare; difficile la domenica, che sarà determinata da un po’ di malumore. Capricorno Settimana faticosa, con la Luna opposta al vostro segno durante le giornate centrali che vi farà innervosire per ogni sciocchezza; la giornata veramente positiva sarà la domenica, quando la Luna e Mercurio in Vergine vi aiuteranno a recuperare lucidità.

Acquario Ottimo l’inizio della settimana, durante la il quale sarete favoriti in amore; neutra la parte centrale e terribili venerdì e sabato, quando la Luna in Leone, in quadratura con Giove, vi farà attaccar briga proprio con tutti. Domenica noiosa ma riposante. Pesci Inizio della settimana turbolento, vi calmerete già da mercoledì, quando la Luna in Cancro vi porterà notizie di una persona cara a cui mancate molto; weekend intenso ma divertente grazie alla socievolezza della Luna in Leone. Un po’ di malinconia domenica.




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