Riviera n° 41 del 11/10/2015

Page 1



LA CONTROCOPERTINA

www.rivieraweb.it

DOMENICA 11 OTTOBRE

3

Sarà ricordato oggi a partire dalle 10:30, presso la Sezione di Locri dell'Archivio di Stato, lostilista calabrese,originariodiBivongi,AntonioRusso.

Antonio Russo, lo stilista che trasformò la Per più di trent'anni ha fatto sfilare sul palco di Roccella Jonica prima, e Siderno poi, le sue straordinarie creazioni, insieme a quelle dei giovani stilisti emergenti di tutta Italia e di grandi griffe come Luciano Soprani, Marelles Ferrara, Rosy Garbo, Egon Von Furstenberg, le sorelle Fontana, Yoshinori Shimizu.

Locride in Piazza di Spagna D al suo atelier di Via Roma a Roccella ha mostrato, irradiandolo, il volto pulito della moda sartoriale italiana, elevando al contempo l'immagine della Calabria migliore nel mondo. Lo stilista calabrese Antonio Russo, originario di Bivongi e patron per ben 32 edizioni della "Sfilata di Alta Moda Sartoriale" di Roccella Jonica, evento assai noto nel mondo della televisione e dello spettacolo, sarà ricordato oggi a partire dalle 10.30 presso la Sezione di Locri dell'Archivio di Stato, in occasione dell'evento nazionale "Domenica di carta". Filmati, bozzetti, foto e articoli che la stampa nazionale e internazionale ha dedicato al nostro compianto stilista, imitato in Italia e nel mondo, saranno esposti in una mostra curata da Rita Matrone che ha gentilmente concesso un'anteprima ai nostri lettori. Cosa rappresenta Antonio Russo per la categoria sartoriale italiana e perchè l'Archivio di Stato ha deciso di dedicargli una mostra? La categoria sartoriale italiana credo che debba molto ad Antonio Russo, soprattutto per essersi sempre prodigato, nel corso della sua trentennale attività, in difesa dei valori dell'artigianato sartoriale da contrapporre all'invasione di capi prodotti da un'industria di serie. Per quanto riguarda l'Archivio di Stato posso dire che, l'archivio Russo ci è stato segnalato dal dott. Domenico Lanciano giornalista fondatore dell' Università delle Generazioni che ha sede in Agnone del Molise e per alcuni anni collaboratore di Antonio Russo nell'organizzazione della Rassegna Internazionale di moda sartoriale. La dott.ssa Mirella Marra Direttrice dell'Archivio di Stato di Reggio Calabria, da cui dipende la nostra sede di Locri, ha subito manifestato

grande interesse per l'acquisizione di un archivio che apparentemente poteva sembrare lontano dai nostri standard culturali, ma che si è poi rivelato fonte preziosa per la storia della moda artigianale calabrese. In seguito abbiamo valutato il materiale che cortesemente ci è stato messo a disposizione dalla famiglia del cavalier Russo e dietro autorizzazione ministeriale si è proceduto alla relativa acquisizione. Proprio in quanto fonte preziosa per tutti coloro che sono interessati a ricostruire la storia dell'artigianato locale, e in special modo di quello sartoriale, abbiamo ritenuto opportuno presentare l'Archivio Russo nell'ambito di una manifestazione quale “Domenica di carta“ il cui slogan è “ la cultura è apertura“. Quanto c'era in Antonio Russo dell'artista geniale e sregolato e quanto dell'artigiano? Osservando le foto dei suoi modelli posso dire che coesistevano in lui due anime: una geniale, pronta a recepire tutte le novità della moda e l'altra legata

allo stile e alla raffinatezza dell'alta moda sartoriale italiana, un vero artigiano attento ai minimi particolari, dal taglio alla composizione delle stoffe, alle cravatte da abbinare ai modelli maschili, e persino alle fodere degli abiti che venivano fornite dalla più prestigiosa ditta milanese dell'epoca. Grazie al contributo di Antonio Russo Roccella avrebbe potuto divenire la capitale della moda sartoriale del Mediterraneo? Penso proprio di sì e non sono l'unica perchè tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscere l'impegno di Antonio Russo nel campo della moda pensano la stessa cosa. Non dobbiamo dimenticare che a discutere di moda, grazie alla sua simpatia, alla sua capacità di instaurare rapporti di stima, sono venute in Calabria le mitiche sorelle Fontana, oltre che stilisti provenienti dalla Francia, dalla Jugoslavia, dalla Germania e persino dal Giappone, per non parlare degli ambasciatori dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, quali Grecia, Egitto, Spagna, Malta. Maria Giovanna Cogliandro


RIVIERA

Lo stile di AB COLLEZIONI veste il tuo autunno L'autunno di AB COLLEZIONI è una seconda primavera. Le nuove tendenze Fall/Winter 2015-16 dai caldi toni stagionali rivivono nelle borse dal design originale e impeccabile, negli accessori di tendenza e negli esclusivi e vivaci outfit. Inoltre, l’autunno è Vintage: eleganti borse in vera pelle sono un evergreen adatto ai periodi freddi. Lo stile AB COLLEZIONI veste il tuo autunno: per tutti i possessori di AB CARD -10% di sconto su tutte le nuove collezioni all’interno di AB STORE in via Tasso a Siderno.

ATTUALITÀ

GIUDIZIARIA

“Stupor Mundi”, maxi operazione antidroga

L

a maxi operazione antidroga denominata “Stupor Mundi” ha colpito oltre 30 soggetti, destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip di Reggio Calabria, su richiesta della Procura distrettuale antimafia reggina che ha coordinato le indagini del Goa della Guardia di Finanza di Catanzaro. Un troncone è stata definito in appello nei giorni scorsi, con 14 condanne per oltre 130 anni di reclusione. Il processo tornava da una decisione della Cassazione che aveva annullato con rinvio su un’eccezione del collegio difensivo. Molti imputati, che non avevano altre pendenze, venivano scarcerati per decorrenza dei termini di fase. L’indagine “Stupor Mundi” prendeva le mosse da un’altra, denominata “Igres”, condotta negli anni precedenti e incentrata sui rapporti tra un siciliano, tale A.M. e delle famiglie di Platì, con la regia di un presunto broker di Siderno, per il traffico di cocaina dalla Colombia all’Europa. Infatti intorno alla figura di un platiese, tale M.R., secondo gli investigatori esistevano nuovi soggetti, a quel tempo ancora sconosciuti, operanti sempre nel settore del traffico internazionale, ma con strutture e metodologie diverse da quelle già trattate in ambito “Igres”. L’organo inquirente, immediatamente dopo il sequestro di un’ingente partita di “cocaina” (170 kg) avvenuta nel novembre del 2002, decideva di stralciare la posizione processuale di tre soggetti e di altri ancora sconosciuti alle indagini. Primo fra tutti tale P.G., allora meglio conosciuto come “Giovanni”. Lo sviluppo successivo delle indagini, le numerose intercettazioni telefoniche, i tanti servizi di osservazione e pedinamenti, confermavano abbondantemente l’esistenza di una diversa e agguerrita organizzazione criminale, i cui promotori, organizzatori e finanziatori, erano quasi per intero, tutti di origine calabrese. Man mano che i nuovi personaggi venivano identificati, era anche possibile ricostruire l’organigramma dell’intero assetto criminogeno, individuando i ruoli e le posizioni di ciascuno. Venivano altresì individuate altre “cellule criminali organizzate” che, consapevoli della forte capacità dell’organizzazione principale, si rivolgevano ad essa per l’acquisto di consistenti partite di droga da piazzare sul mercato laziale e piemontese. Le attività ponevano in luce collegamenti tra le cosche alle quali gli indagati erano riconducibili, si trattava di alcune famiglie di Platì, di Ciminà, di Guardavalle, di Santo Stefano in Aspromonte e di San Luca e altre cosche calabresi. Molteplici le caratteristiche del sodalizio appurate nel corso delle indagini: la mobilità dei membri dell’associazione, idonea a garantire un continuativo e coordinato esercizio dell’attività tra Torino, Milano, la Calabria, il Lazio, l’Olanda e il Belgio; la costituzione in Olanda e Belgio di un nucleo operativo stabile destinato a sovrintendere al commercio della cocaina avviata verso il mercato italiano; la reiterazione di viaggi dall’Olanda all’Italia, e comunque lo spostamento da e per l’Italia con scadenze ricorrenti dai Paesi di smistamento dello stupefacente dei presumibili fornitori o emissari dei fornitori e dei corrieri dell’organizzazione; l’esistenza di strutture di riferimento a Torino e Milano, luoghi di incontri finalizzati al reperimento di capitale e al successivo spaccio dello stupefacente; la predisposizione di basi logistiche e depositi, individuabili negli appartamenti rientranti nella disponibilità di alcuni indagati; il reclutamento e l’invio di manovalanza calabrese e straniera secondo formule destinate a ripetersi in occasione di ogni operazione; la capacità di far fronte alle continue richieste di ingenti quantitativi di cocaina provenienti dai mercati clandestini; la molteplicità di fonti di approvvigionamento; la predisposizione di mezzi finanziari per il trasferimento di capitali all’estero e di accorgimenti per la loro gestione..

www.rivieraweb.it

DOMENICA 11 OTTOBRE

4

I ragazzi dellaV A del Pascoli di Siderno lasciano una traccia nella storia HANNO PARTECIPATO AL PROGETTO NAZIONALE PATCH FOR FUTURE E SONOTUTTIVINCITORI. IL 24 OTTOBREVOLERANNO ALL'EXPO DI MILANO PER LA PREMIAZIONE UFFICIALE. "La maestra Francesca ha riletto l'email tre volte. Non ci credeva!" - racconta raggiante Erica mentre la sua maestra sembra avvolta da un'aura di gratificazione impareggiabile. Lo staff di Patch for Future il 30 settembre scorso alle 17.47 comunica alla maestra Francesca Lopresti che "considerato il lavoro condiviso tra alunni, insegnanti e genitori, la giuria ha deciso di premiare tutti i ragazzi della IV A (oggi V) dell'Istituto Comprensivo Pascoli-Alvaro di Siderno". Patch for Future avrà quindi non uno ma un'intera classe di vincitori, perchè è stato impossibile scegliere. Patch for Future è un'iniziativa promossa da Symbola - Fondazione per le qualità italiane in collaborazione con la Kip International School, veicolata dal MIUR (Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca), e nasce da un'idea dell'artista italo- persiano Howtan Re. Patch for Future è tra i protagonisti dell'Expo di Milano: lo scorso 22 settembre, presso i Giardini dell'Onu, è stato inaugurato lo spazio che porterà all'in-

terno dell'esposizione universale la campagna dedicata ai più giovani e ispirata agli Obiettivi del Millennio delle Nazioni Unite. Puntando su arte e creatività, Patch for Future ha lanciato un progetto indirizzato agli studenti della scuola primaria e secondaria, che prevede la realizzazione di un'opera collettiva ideata da Howtan Re. L'intento è quello di

sensibilizzare i ragazzi su temi importanti come la lotta alla povertà e alla fame, la riduzione della mortalità infantile, lo sviluppo sostenibile, l'impegno a rendere universale l'educazione primaria. Quest'ultimo è stato il tema su cui si sono concentrati i ragazzi della V A del Pascoli che il prossimo 24 ottobre voleranno all'Expo

di Milano per la premiazione ufficiale. Ognuno di loro ha realizzato su uno scampolo di stoffa (Patch) pensieri e idee sulla scuola. Su un fazzoletto di lino grezzo, tessuto legato alla nostra tradizione, i ragazzi della V A hanno dipinto, ricamato e scritto poesie in dialetto calabrese, dando prova della loro straordinaria creatività e tenera saggezza. "Sono immensamente orgogliosa dei miei ragazzi - dichiara la dirigente Rosita Fiorenza Risultati del genere si raggiungono solo quando è possibile contare su una forte collaborazione tra insegnanti, alunni e genitori. A vincere è stata la nostra comunità scolastica. Sono fiera di farne parte". Ogni patch realizzato dai ragazzi vincitori sarà adesso utilizzato per dar vita a The Globe, la prossima opera di Howtan Re che sarà esposta presso la sede dell'ONU. "La nostra traccia nella storia l'abbiamo lasciata" - commenta con aria soddisfatta Domenico. E noi siamo più che certi che non sarà l'unica! Maria Giovanna Cogliandro

Aeroporto dello stretto, riusciranno a salvarlo? Il 26esimo scalo italiano, con quasi 580mila passeggeri l'anno, rischia di chiudere battenti dopo una gestione ai limiti del paranormale.

Le ultime ore, forse, dell’Aeroporto reggino. La tempesta che ha investito lo scalo calabrese, ormai da diversi mesi al centro di un dibattito politico e giudiziario che non ha portato a nessun punto, non vuole cessare. Anzi, incalza, avvicinando un bacino di utenza importante all’impossibilità di essere serviti dal secondo scalo aeroportuale della Calabria. Il termine, perentorio, imposto dall’ENAC – l’Ente Nazionale Aviazione Civile – alla SOGAS, che entro il 15 ottobre deve soddisfare i requisiti economici e finanziari necessari al mantenimento della già precaria concessione dello scalo reggino, non aiuta di certo una situazione già delicata, culminata con le dimissioni del presidente del CdA SOGAS, Carlo Alberto Porcino, e di due membri dello stesso, Vincenzo Calarco e Domenica Catalfamo, quest’ultima già presidente della Sezione trasporti della Provincia di Reggio Calabria. I dimissionari qui presentati, ricordiamo, erano stati indicati dalla Provincia di Reggio Calabria, il socio di maggioranza dell’Aeroporto reggino. Insomma, un cane che si morde la coda. Strano come lo stesso artefice della gestione made in Provincia, attore istituzionale che, con la complicità di una leggerezza da parte della politica comunale, non ha garantito al 26esimo scalo italiano, con quasi 580mila passeggeri l'anno, una tranquilla sopravvivenza, si stia strenuamente battendo per difendere quella che si è rivelata una gestione ai limiti del paranormale. Lo scalo di Reggio ha una posizione strategica ambitissima, un progetto di riqualificazione rimasto per anni in naftalina – l’unica a sopravvivere è la neonata stazione ferroviaria Reggio Aeroporto; del piano superiore, del molo per i viaggiatori provenienti da Messina e di altre innovazioni per anni sbandierate nemmeno l’ombra – e

che garantiva ampissimi margini di miglioramento, eppure a detta del presidente del CdA l’unico problema è stato il sovrabbondare di personale. Non le disfunzioni di uno scalo, non la Sicurcenter che accusa la gestione di inadempienza. La speranza, però, non deve essere l’ultima a morire. È bene ricordare che al termine della proroga concessa dall’ENAC alla SOGAS, l’aeroporto potrebbe non chiudere definitivamente, aprendosi diverse porte che, sebbene la decisione da parte del CdA di non esternalizzare il servizio alla società belga Aviacenter – già vincitrice di un bando per la stessa esternalizzazione -, potrebbero significare la sopravvivenza del Minniti. Di sicuro, scaduta la proroga,

ENAC potrebbe bandire un altro bando per la gestione dello scalo, comportando o la creazione di una società unica di gestione su scala regionale o l’effettiva privatizzazione della struttura – si veda l’esempio del gigante Capodichino, oppure, infine, la creazione di una società mista che possa poggiare sul sostegno anche dell’amministrazione di Messina, la quale ha dimostrato recentemente un interesse ad entrare nella gestione del Minniti. In attesa di una più auspicabile situazione concertata con gli attori istituzionali “del posto”, ossia Comune, Provincia e Regione, lo scenario di un nuovo bando ENAC è un punto di partenza da non sottovalutare. Antonio Cormaci



Attualità

La Lettera di Monsignor Francesco Oliva

Non lasciamoci rubare la dignità Carissimi fratelli e sorelle, sento il bisogno di scrivervi in questo particolare momento. Lo faccio semplicemente per invitare a far sentire la nostra voce di cittadini e credenti di fronte alle tante sofferenze del nostro popolo. Fare silenzio quando il bene comune è in pericolo è solo omertà e viltà. Accogliamo il disagio di tanti nostri fratelli a motivo della povertà, della mancanza di lavoro e di vari tipi di sfruttamento propri di un territorio bello, ma gravemente emarginato. Emarginato geograficamente per un sistema viario e di trasporto, precario e inadeguato, con una linea ferroviaria ferma agli anni trenta, che ci isola dal resto del paese; Emarginato economicamente, perché da queste parti non si vede ombra di investimenti e la disoccupazione impera a tutti i livelli; Emarginato socialmente, perché fatti e misfatti hanno reso questo lembo della penisola terra bruciata, un deserto dal quale stare lontani, dove il turismo, che potrebbe essere una risorsa, è totalmente assente; Emarginato culturalmente per la presenza di consolidate forme di illegalità e di un radicato e diffuso sistema mafioso, che fa la parte dello Stato laddove questo appare assente e forte solo sotto l’aspetto repressivo. Locride, rialzati e cammina. Difendi la tua dignità. Difendila di fronte ad ogni tentativo di usurpazione dei diritti che ti spettano. Non rassegnarti quando questi vengono negati: il lavoro da diritto diviene privilegio di pochi, le famiglie sono abbandonate a se stesse, i giovani fuggono in cerca di un destino migliore e tanti nostri borghi, piccoli gioielli d’arte, si spengono nel loro isolamento. Difendiamo anzitutto il primario diritto alla salute. Non possiamo tollerare che l’Ospedale della Locride, ultimo baluardo a difesa della nostra salute in un’area così marginale, e tutto il sistema sanitario del territorio debbano subire continui tagli e ridimensionamenti, costringendo ammalati, anziani e bambini ad estenuanti viaggi. È giusto che ci chiediamo: da che parte stiamo come cristiani e cittadini? Prendiamo a cuore i problemi comuni, difendiamo il diritto ad abitare il nostro territorio. Invito le Comunità cristiane, le Associazioni, i movimenti cattolici e tutti i fedeli ad essere in prima fila nella difesa del diritto alla salute, a mobilitarsi a difesa dell’Ospedale e della sanità nella Locride. E’ un bene che ci appartiene, un diritto di civiltà che nessuno può toglierci. Difendiamolo e non rassegniamoci. Aderiamo e partecipiamo compatti alla manifestazione del 17 ottobre prossimo a cominciare dalle ore 9.00 in corteo verso l’Ospedale. Ci saremo per dire: abbiamo una dignità, che nessuno ci può togliere! Francesco Oliva

Il calvario del nosocomio di Locri sembra procedere senza sosta grazie a commissari troppo inebriati dall’interesse personale per vedere che stanno condannando a morte un intero comprensorio.Il 17 ottobre la Locride protesterà contro questo schifo.

Breve s di un o dimenti

el momento stesso in cui Giovanni Calabrese ha preso le redini della città di Locri, una delle sue principali preoccupazioni è stato il buon funzionamento dell’Ospedale. Rispettando pienamente un rigido codice morale che dovrebbe essere proprio di ogni primo cittadino che si rispetti, Calabrese ha dimostrato di tenerci alla salute dei propri cittadini, nella sicura consapevolezza che l’ospedale di Locri non serve solo un bacino limitato di utenti, ma è strategico per tutta la Locride. Tale consapevolezza, purtroppo, non appartiene per nulla ad amministratori o commissari della sanità calabrese, tant’è che, solo negli ultimi due anni, non c’è stato Sarica o Scura che si sia esentato dall’annunciare tagli, depotenziamenti e chiusure di reparti. Incatenamenti, manifestazioni di sindaci provenienti dall’intero comprensorio, come quella del 19 giugno 2014, e persino veglie di preghiera indette dal vescovo (ricorderete sicuramente quella del 7 dicembre scorso) non sono servite a fermare lo stupro di una struttura già in ginocchio da parte degli esponenti di una politica bastarda, più interessata a reggere il moccolo agli amici dei capoluoghi che a dare una speranza a chi invece davvero ne avrebbe bisogno. Lettere di sdegno, di polemica, e disperati appelli si sono susseguiti sortendo nei capi della sanità calabrese lo stesso effetto che la richiesta di risarcimento per una pecora scannata dall’esercito di passaggio da parte di un contadino avrebbe sortito in un tiranno d’epoca medievale. Se a questo si aggiunge che la messa all’angolo del nostro nosocomio è stata fatta per favorire un’ASP commissariata e, novità della settimana, ancora priva di chi dovrebbe guidarla a due settimane dalla nomina della triade (tutta residente fuori dalla Calabria), la situazione assume davvero i connotati di un paradosso a tinte fosche che pare uscito dalla testa contorta di Daniel Pennac. Come trovare il bandolo di questa ingarbugliata matassa e gridare alla Regione il nostro territorio è una sua parte integrante, che siamo tutti cittadini di pari dignità e paghiamo le tasse come tutti gli altri? Per adesso, a Locri si sta preparando la grande manifestazione del prossimo 17 ottobre che, a partire dalle 9:00, riunirà amministratori e cittadini pronti a denunciare la mancanza di interventi seri da parte delle istituzioni e a sputare tutto il proprio sdegno sulle facce imperturbabili di chi, proprio tranquillo, non dovrebbe essere. Ma, ne siamo sicuri, la vicenda non si chiuderà qui. Jacopo Giuca

N


www.rivieraweb.it

DOMENICA 11 OTTOBRE 7

in strada storia Scendete al nostro fianco ospedale icato L’appello di Giovanni Calabrese

Il 17 ottobre è ormai prossimo e le sensazioni non possono che essere positive date le numerose adesioni già pervenute e l’incoraggiamento a non mollare che molti cittadini ci rivolgono quotidianamente. Scendete in strada al nostro fianco!!! Il mio sincero ed accorato appello è rivolto ai cittadini della Locride, che, una volta per tutte, hanno la reale opportunità di dimostrare quanto ci tengono a questo territorio. Abbiamo tutti quanti la possibilità di far vedere all’Italia intera la nostra unità, se questa realmente esiste. I nostri avi hanno lottato con le unghie e con i denti, alcuni perdendo anche la propria vita, per la difesa della loro terra contro i proprietari latifondisti; poi hanno lottato affinché si concretizzasse l’annessione al neocostituendo stato italiano: quello stesso Stato che oggi ci toglie ogni minimo servizio in nome della spending review (in parole povere in un’ottica di risparmio). Un risparmio deciso a tavolino, senza tenere conto di sperperi perpetrati negli anni e di situazioni apparentemente simili ma totalmente diverse per ogni singolo territorio d’Italia. La Locride è proprio uno di questi, un’area particolare, depressa e in sofferenza. La Locride è realmente lontana dal resto d’Italia ed è innegabilmente fuori dall’Europa. Un isolamento voluto da Roma e acconsentito da una datata classe politica regionale incompetente o disinteressata, se non per attività inerenti il proprio tornaconto personale in termini di voti. Hanno tagliato i treni che collegavano la Locride con il Nord Italia, anche se di treno portavano solo il nome, accontentandoci nel 2015 di avere una linea non elettrificata (sic!) e un servizio non consono al prezzo pagato, pur di poter partire e arrivare nelle nostre stazioni. Hanno deciso di non investire quanto promesso per la realizzazione di arterie stradali veloci: ne è limpido esempio la variante della nuova strada statale 106 che ha visto la luce dopo oltre un trentennio di parole e che negli anni ha subito riduzioni di tratte, isolando così paesi certi di avere una strada importante vicina per poter uscire dalla loro nicchia territoriale. Nei comuni più piccoli e interni rispetto alla costa, hanno deciso di offrire un servizio postale a singhiozzo, con aperture a giorni alterni (quando va bene). Hanno deciso che non abbiamo diritto ad avere un lavoro dignitoso nel luogo dove siamo nati e cresciuti. Ora, dulcis in fundo, come se nulla fosse, hanno deciso di toglierci la Sanità con la prossima chiusura dell’Ospedale di Locri che, per varie contingenze, è diventato l’unico ed effettivo Ospedale della Locride, il solo tra Reggio e Catanzaro, quindi nell’arco di 200 chilometri. Prima hanno attuato l’accorpamento con l’Azienda Sanitaria di Reggio Calabria,

togliendo l’autonomia (in termini di gestione economica e sanitaria) al Nosocomio di Locri. Poi hanno deciso di trasformarlo in un Ospedale Spoke (riuscendo soprattutto nel loro principale intento: non far capire ai cittadini cosa volesse realmente significare), attuando però politiche totalmente diverse rispetto a quanto stabilito per legge per una struttura “Spoke”, basate sul NON finanziamento, sul NON investimento sul personale, sul NON adeguamento e/o manutenzione di macchinari ed attrezzature fondamentali per l’attività ospedaliera. Quindi, come si fa, ad oggi, a parlare di sviluppo della Locride, di occupazione, di progetti futuri, se anche ciò che è minimo (ed essenziale) ci viene tolto? Come possiamo dire ai nostri figli di rimanere qui ad investire il loro futuro, in una terra che di prospettive ne ha poche? Come si fa a negare alle persone più anziane o economicamente più svantaggiate, la possibilità di curarsi “a casa loro”, senza necessariamente doversi spostare nel resto d’Italia? La storia ci dice che i nostri nonni hanno lottato per avere la ferrovia, le strade, le scuole, che paradossalmente sono tutte strutture ed infrastrutture rimaste al secolo scorso, ma che ad oggi per fortuna ci ritroviamo, proprio grazie alla volontà e alla caparbietà di una classe borghese – popolare che, avendo a cuore il territorio dove vivevano, ne hanno voluto la loro presenza, non tanto per loro stessi ma per i loro posteri, e per lo sviluppo di un territorio dalle potenzialità infinite. Ecco, rifacendomi e rifacendoci a questa storia, che è la nostra storia, apparentemente così lontana, ma realmente così vicina, faccio un appello a tutti i cittadini della Locride, a chi lavora per le Istituzioni, a chi opera in proprio, alle dipendenze o nel sociale, a chi fa parte di associazioni, a chi è disoccupato o studente, a chi ha i figli piccoli o a chi è anziano, nell’abbandonare ogni loro singolo impegno e nel venire a Locri il 17 ottobre per manifestare insieme e pacificamente a difesa e tutela del nostro Ospedale. Perché l’Ospedale della Locride non deve chiudere. E noi dobbiamo essere in tanti e soprattutto uniti, per far sentire la nostra voce, altrimenti si continuerà a decidere a tavolino sulla nostra pelle. Rompiamo gli indugi !!!! Per una volta dimostriamoci coesi e abbandoniamo atavici campanilismi che hanno solo fatto male a questo territorio. Vi aspetto tutti quanti, da Bivongi a Staiti, da Monasterace a Palizzi, a partire dalle ore 9:00 davanti il Palazzo di Città, per poter poi procedere in corteo verso il nostro Ospedale. Io non mollo, ma la battaglia deve essere comune! #iononmollo #17ottobre #tuttipresenti #difendiamolospedale Giovanni Calabrese

IL MONDO GIOVANILE DELLA LOCRIDE NON SI RASSEGNA E SCENDE IN CAMPO Il Rotaract club di Locri aveva già espresso da tempo la volontà di occuparsi delle numerose problematiche che il territorio annovera, indicando come necessaria un’ampia collaborazione del mondo giovanile. L’imminente rischio che si configura per l’ospedale di Locri ha fatto sì che rispondessero positivamente all'appello di partecipazione attiva rivolto dal CORSECOM in occasione della manifestazione di giorno 17 a tutela dell’ospedale. Per questa occasione i giovani rotaractiani insieme al Leo club di Locri, hanno coinvolto le diverse associazioni giovanili del comprensorio per partecipare alla riunione preparatoria prevista al comune di Siderno lunedì 12 ottobre alla ore 17. La straordinaria adesione di molte associazioni territoriali e delle rappresentanze universitarie dei giovani Locridei negli atenei di Reggio, Messina e Cosenza, dimostra la grande volontà e attenzione che rivolgono nei confronti del proprio territorio. Gli aderenti all’iniziativa sono: le consulte giovanili di Siderno, Sant’Ilario e Antonimina, le associazioni Antonimina guarda avanti, O’strakon(Marina di Gioiosa Ionica), Carpe Diem (GioisaSuperiore), Associazione Giovani di Caulonia, Nuovi Orizzonti per il Sud (Portigliola), Giovani per la Locride(Locri), Comitato piazza dell’emigrante( Siderno), il Rotaract club di Locri e il Leo club di Locri, il Coordinamento provinciale forza Italia giovani, il Coordinamento regionale studenti per le libertà, i rappresentanti universitari della Locride delle università di

Cosenza, Reggio Calabria e Messina. La comunità giovanile ha deciso di cogliere come un’occasione questo momento incerto e confuso per unirsi etrasmettere positività e speranza, ricordando che le menti più predisposte allo sviluppo e all’innovazione, grazie alla loro vivacità, sono quelle dei giovani. Questo dovrebbe far pensare al potenziale importantissimo che la gioventù rappresenta e quindi alla necessità che questa diventi protagonista nello studiare una strategia condivisa con le istituzioni le forze sociali, produttive ed economiche, con il mondo cattolico e con tutti coloro che credono che opponendosi all’inefficiente staticità, si possa fornire alla Locride una dignitosa integrazione nei nuovi contesti globali. Da queste considerazioni, sorge la necessità di una partecipazione popolare, in particolare del mondo giovanile, capace di scuotere amministratori e politici inducendoli ad azioni più incisive e risolutorie. I giovani, quindi, presentano questo momento di avvio del percorso appena accennato e chiedono, se questo è condiviso anche dai politici e amministratori regionali, il potenziamento dell’ospedale,il suo smantellamento rappresenta oggi, per la comunità locridea, non solo un mancato presidio di sanità pubblica, ma genera una percezione di abbondono, sfiducia e isolamento territoriale. Coordinamento Giovanile della Locride


POLITICA

www.rivieraweb.it

DOMENICA 11 OTTOBRE

8

UNCONSIGLIOCOMUNALEBALBETTANTENELDIFENDEREL’ONOREDISIDERNO EDEISUOISTESSICOMPONENTI

E di quel“morbo”nessuno parlò... ILARIO AMMENDOLIA na doverosa risposta a un lettore che dopo aver letto il mio articolo pubblicato su “Riviera” domenica scorsa mi domanda da che parte sto. In una società scissa in “diavoli” e “angeli” io continuo a restare dalla parte degli uomini. Anzi e per esser ancor più precisi dalla parte degli “ultimi” e degli “sfruttati” di ieri e di oggi. Non aderisco al conformismo e mi dissocio dal pensiero unico dominante. Se questa è una colpa mi dichiaro subito colpevole e passo all’articolo. Ho grande rispetto per i singoli componenti del consiglio comunale di Siderno. Conosco direttamente il sindaco e molti consiglieri e so che sono tutte persone capaci, perbene, impegnate, composte e serie. Sono sicuro che coloro che non conosco non siano da meno. Ciò premesso, mi si perdoni l’ardire, ma la riunione del consiglio comunale mi è apparsa come decisamente deludente. Ho avuto la netta sensazione di un consiglio esitante nel difendere l’onore della Città ferita. Balbettante nella difesa dei suoi stessi componenti pur accusati ingiustamente. Decisamente reticente nel puntare il telescopio sulle cause di un “morbo” che infetta una parte della popolazione. Infatti ha evitato di discutere del perché la ‘ndrangheta con il passar degli anni è diventata più forte e a chi ascrivere eventuali responsabilità. Il dibattito è annegato in un continuo e, a volte, strumentale richiamo a concetti quali la legalità e la trasparenza scissi dalla storia. Si è avuta la chiara sensazione che il consiglio abbia messo al centro del dibattito questioni marginali ed eluso i problemi vitali. Sia chiaro, non giudico e non ne faccio una colpa ai singoli consiglieri. Comprendo perfettamente il clima pesante come il piombo che schiaccia tanta parte della Calabria. Un clima che genera paure anche a chi non avrebbe ragione alcuna di averne. A mementi mi è sembrato che ogni consigliere guardasse l’altro con sospetto e che ci fosse una rimozione del passato e un rifiuto della storia della Città. A conclusione del dibattito, è stato approvato un documento scisso dalla realtà, infarcito di amenità e di luoghi comuni. In questo clima sicuramente non sereno si stagliava il pallore del presidente del consiglio comunale, Paolo Fragomeni. Il suo volto pieno di tensione ha detto ciò che le bocche non sono riuscite a dire. Fragomeni è apparso un uomo costretto a soffrire per una “colpa” che non esiste, una “colpa” che neanche la Santa Inquisizione aveva ritenuto tale. Mi riferisco alla discutibilissima “colpa di parentela” nata da un atto di amore e tornata in auge nonostante siano passati oltre duecento anni dal secolo dei Lumi. Il silenzio sulla vicenda mi è apparso un cupo messaggio di paura. Io sono solo un modesto osservatore dei fatti, tuttavia non posso tacere che avrei voluto vedere un Consiglio comunale in piedi, orgoglioso di Siderno e della sua gente. Orgoglioso della storia della Città. Capace di un’analisi franca e senza sconti e da cui ripartire. Mi sarei aspettato un consiglio consapevole di essere stato pienamente legittimato dagli elettori. Gli unici che hanno il diritto di “delegittimare” la massima istanza democratica di una comunità. Un consiglio espressione genuina del paese pur nella sua complessità senza dover ubbidire a criteri dettati da qualsiasi potere estraneo ed esterno alla città. In una democrazia autentica c’è chi deve combattere la criminalità. Un consiglio comunale può e deve fare molto di più. Deve avere l’ambizione di essere portatore di un Progetto capace di delineare, pur senza fughe dalla realtà, una comunità senza mafia e senza sopraffazioni da parte di alcuno. La ‘ndrangheta è l’espressione di una moderna idolatria del denaro e del potere. L’amministrazione comunale deve essere portatrice di valori alternativi come l’uguaglianza, la solidarietà, la democrazia. Infine un solo esempio a cui guardare pur nella consapevolezza della diversità delle situazioni. Qualche anno fa Harlem e la zona portuale di Marsiglia erano off limits per i cittadini perbene e per le stesse forze dell’ordine. Oggi la realtà è completamente cambiata. Non v’è stata un’antimafia gridata e teatrale ma un grande Progetto di sviluppo e di radicale cambiamento concordato da tutti i livelli dello Stato. Governo, Comune, forze dell’ordine e tutte le forze vive della società sono intervenuti da ogni lato cambiando radicalmente la situazione. Oggi Harlem è una zona ambita di New York tanto che Bill Clinton ha comprato casa. Le zone di Marsiglia sono in buona parte recuperate. Nella Locride si sono sciolti i comuni, sono state sospese le garanzie costituzionali e si straparla di lotta alla ‘ndrangheta da trenta anni, i costi (soprattutto umani) sono stati altissimi, le carriere di alcuni folgoranti, i risultati molto dubbi.

U

«Mi è sembrato che ogni consigliere guardasse l’altro con sospettoe che ci fosse una rimozione del passato e un rifiuto della storia della Città»

Perlage francese e oscurantismo calabrese Rachida Dati, signora della giustizia francese, ministro di Sarkozy, aveva due fratelli in galera, più il padre. Paolo Fragomeni, presidente del consiglio di Siderno, è stato buttato, ovvero, inserito con metodo incomprensibile, tra le 1471 pagine dell’inchiesta Acero-Krupy per essere il cognato di Giuseppe Commisso, fratello del boss Cosimo Commisso. La giustizia che guarda avanti, nel momento in cui affronta il male salvaguardando la parte buona del male, costruisce civiltà. Quella che, al contrario, si nutre di oscurantismo e di pregiudizio genealogico, discende nelle tenebre. E la Calabria, all’uso egizio, muore tra sceriffi e faraoni di Mastrosso, presunti santi e grandi peccatori che trovano sempre un modo, mille modi, per incastrare Roger Rabbit. Comanda Reggio, con quel vecchio gioco della birra tra il padrone di destra e il sotto di sinistra, con i rispettivi kapò e lacché, bravi e promessi sposi. Reggio è un problema, una zavorra, che, da quarant’anni, decide la sorte dell’intera provincia con quel vecchio ping pong tra piazza Camagna e il Cordon Bleu. Senza risultati per il popolo, senza speranza per il futuro e con una patacca in fronte al sole: la Città Metropolitana, un contenitore per comandare oltre che per fottere. E Siderno e la Locride, Gioia Tauro e la Piana subiscono e patiscono anche per colpa di giornalisti di bassa marca o marchetta, sempre a disposizione, anche fuori provincia, sempre a gettone, di chi ha bisogno della ‘ndrangheta per mantenersi il vecchio privilegio: uno, nessuno, centomila con la sindrome delle iene, intolleranti alla luce del sole. Maledetta ‘ndrangheta. Rosario Vladimir Condarcuri

Riflessioni Negli ultimi anni sempre più si è ritrovati a commentare notizie afferenti ordinanze di custodia cautelare, fermi e successive convalide, arresti e misure di prevenzione varie. Puntualmente spuntano le stesse domande e le medesime risposte. Ci si chiede se con quegli arresti si stia o meno criminalizzando un territorio, una comunità, una classe politica, degli imprenditori e altro ancora. Alcuni anni addietro un lungimirante editore ha immaginato di vendere un brand che richiama a un territorio specifico, superando quello che geograficamente veniva inteso come il territorio della ’ndrangheta, quello dell’anonima sequestri, con un triangolo individuato in una zona dell’Aspromonte che ha dato i natali a sequestratori condannati a pene esemplari. Cosa è rimasto di quel territorio geografico? Molte faide e decine di narcotrafficanti. Con i soldi dei sequestri c’è chi si è costruito una villa alla marina … c’è chi ha investito in un ristorante o altro locale commerciale in un’altra regione d’Italia o all’estero. Il tutto spesso e volentieri dietro a prestanomi. Cosa rimane quindi di quell’espressione geografica? Rimane la ’ndrangheta che non investe ma che ha occupato tutto quando era possibile occupare. Anche, in alcuni casi, la politica. Ci sono dichiarazioni di collaboratori di giustizia che riferiscono del figlio del capo

locale diventato medico e primario in qualche ospedale… in altri casi il figlio del boss è un professionista stimato. La loro capacità si misura anche da come si esprimono e da come scrivono. Ci sono professionisti che in alcuni casi hanno scritto “lì Bovallino” o “lì Siderni” o “ lì Monasteraci” o “lì LLocri” etc.. Segue puntuale data e firma. Scripta manet. Negli anni si è parlato più volte di “borghesia mafiosa”, che si cela dietro a delitti dove le sentenze però non parlano di “mafia”. Servono a cosa certe parate quando tutto è peggio di prima? Un dirigente dei servizi segreti tedeschi, al vertice per anni nel controspionaggio, riferendosi all’economia criminale globalizzata molti anni fa ha ammonito: “Il pericolo per uno Stato di diritto non risiede nell’atto criminale in sé, ma nella possibilità della criminalità organizzata di influenzare, grazie alla sua enorme potenza finanziaria, i processi decisionali in modo duraturo. In alcun casi è in grado di dettare alla politica la sua legge e i suoi valori. In questo modo scompaiono gradualmente l’indipendenza della giustizia, la credibilità dell’azione politica e la funzione tutelare dello Stato di diritto. La corruzione diviene un fenomeno accettato. Il risultato è l’istituzionalizzazione progressiva della criminalità organizzata”. Quando ciò dovesse avvenire lo Stato non sarebbe capace di garantire i diritti e le libertà ai cittadini. In questo caso non basta immaginare un nuovo nome per distinguere un territorio dal malaffare. Perché a quel punto probabilmente non ci sarà neanche la libera stampa. r.m.



ATTUALITÀ

www.larivieraonline.com

DOMENICA 11 OTTOBRE 10

POLITICA

Una consiliatura di servizio per salvare Gerace SINDACO Sì L’amministrazione Varacalli, secondo l’opposizione, sta facendo sprofondare il borgo nel baratro. La soluzione di Cusato e Gratteri è un patto che metta delle pezze prima delle prossime elezioni.

malcontento generalizzato che l’amministrazione Varacalli sta generando tra le mura del Comune e, spesso, anche tra i cittadini di Gerace, ha spinto i consiglieri di opposizione Angelo Gratteri e Giuseppe Cusato a sottoscrivere recentemente un “Patto Civico di corresponsabilità per una Consiliatura di Servizio”. Il documento, che attesta una comunione di intenti volta a garantire il bene della comunità geracese, vuole essere una strategia unificante utile a indicare la rotta per un futuro recupero del tessuto socioeconomico della città che, stando alle parole di Cusato, sta vivendo uno dei momenti più bassi della propria storia politica. «Nonostante durante il suo periodo di opposizione abbia in più occasioni reclamato l’istituzione di Commissioni Consiliari - afferma Causato - il sindaco, oggi, non riconosce nemmeno quegli organi che dovrebbero essere obbligatori per legge. Non informa se non durante la declamazione dell’ordine del giorno le motivazioni per cui vengono convocati i Consigli Comunali e concede raramente il diritto di replica, impedendo

Il

che l’opposizione possa avere il contrappeso che merita nell’organo amministrativo. «Questo crea, per i consiglieri di opposizione, delle difficoltà a esercitare i propri diritti e doveri nell’interesse della collettività e, a parere nostro, è la causa diretta della situazione di stallo vissuta da Gerace. «Preoccupandosi esclusivamente di curare la propria immagine, l’Amministrazione ha completamente

dimenticato le promesse fatte in campagna elettorale, finendo con l’alzare i contributi per i cittadini quando è stato dichiarato un dissesto che poteva essere evitato semplicemente rispettando le direttive dei revisori dei conti». Il senso di responsabilità espresso da Cusato e dalle 11 pagine che costituiscono il patto civico, viene già esercitato quotidianamente a riprova che quanto si sta affermando può avere (e, anzi, già ha) un riscontro concreto, che i cittadini possono toccare con mano. Non sono stati pochi, infatti, i provvedimenti dell’ultimo periodo di cui i consiglieri di opposizione hanno garantito l’approvazione, come quello relativo alla transazione per l’adeguamento alle normative europee dell’impianto di depurazione di Siderno, che serve anche la città di Gerace. L’obiettivo conclamato di questa consiliatura di servizio è la realizzazione di una missione che implementi le aspirazioni della comunità risolvendo i suoi problemi più urgenti, cercando di preparare la strada per l’amministrazione che verrà. Jacopo Giuca

CITAZIONE PRESUNTA FOTO NOTIZIA

Seminario europeo YMCA: Siderno si veste di sport

Fuda o Borges? Caro Direttore, avevo colto in un comunicato di promozione elettorale del sindaco Pietro Fuda una frase suggestiva: “un passato da recuperare, un presente su cui riflettere, un futuro da costruire”. Questa frase echeggiava qualcosa a me letterariamente familiare, che al momento mi sfuggiva. Ora, ripensandoci, mi sovviene il grande Jorge Luis Borges, che presentando una sua raccolta di versi, Carme presunto e altre poesie, asseriva che la lettura della poesia soddisfa il bisogno di “recuperare un passato o prefigurare un avvenire”. Sarebbe interessante sapere se l’assonanza del concetto fosse stata involontaria o se l’autore del comunicato avesse mutuato lo stesso concetto dalla lettura di Borges. In ogni caso, la politica che si serve anche delle citazioni letterarie, fa ben sperare per il miglioramento della comunicazione pubblica. Se seguono i fatti (le realizzazioni), tanto meglio per tutti. F.D.C.

DAL PAPA

Dal 30/9 al 4/10, l’YMCA ha ospitato il Seminario Europeo dello sport, che ha visto la partecipazione di rappresentanti provenienti da Germania, Finlandia, Danimarca, Macedonia, Ucraina e Svezia. I componenti del direttivo YMCA hanno incontrato il sindaco per la presentazione dei futuri campionati europei, assegnati a Siderno per il 2016. L’ospitalità di Siderno ha dato le basi per i futuri eventi internazionali e si discute di riproporre da noi il Seminario Europeo anche per il prossimo anno.

La L.A.Do.S. ci racconta di una Locride che pensa al prossimo La Locride si è dimostrata altruista in occasione della 1ª Giornata Nazionale del Dono, quando la L.A.Do.S. ha portato la sua autoemoteca in Piazza Portosalvo, a Siderno. Ventitré volontari si sono presentati nelle ore in cui l’Associazione è rimasta in piazza, garantendole di raccogliere quindici donazioni tra cui sei da nuovi tesserati. Per gli otto rimanenti, niente paura: non in condizioni ottimali per la donazione di domenica, potranno ripresentarsi a metà novembre nello stesso luogo. Ma la grande attività della

L.A.Do.S., in questo periodo, non si ferma. Ieri sono stati a Bivongi, sabato prossimo saranno a Marina di Gioiosa Jonica e domenica a Natile di Careri, solo per citare gli appuntamenti già fissati. Chi volesse sapere dove l’associazione sarà nelle sue tre uscite settimanali non deve fare altro che collegarsi sul suo sito, sul quale dovrebbero presto apparire anche notizie relativamente all’imminente “trasferta” sulla Piana, che allargherà ulteriormente il bacino dei volontari!

QUELLA SCUOLA CHE STA PIÙ A CUORE AGLI ARCHITETTI CHE AI POLITICI…

Il centro Italiano Protezione Civile Siderno, sede del banco alimentare, ha preso parte all’udienza con il Pontefice che si è svolta sabato 3 ottobre in Vaticano presso Sala Nervi. 4000 i Volontari del Banco Nazionale Alimentare presenti, unitisi sotto lo slogan “Carità è Amore” di Papa Francesco! Questo viaggio di solidarietà è stato sostenuto da alcuni imprenditori sidernesi, che vengono ringraziati pubblicamente ed eccezionalmente per aver dato la possibilità di affrontare il viaggio offrendo il loro contributo. Tra tutti si ringrazia in particolare la Full Travel di Pino Canzonieri per aver messo a disposizione un pulmino. L’articolo completo è pubblicato sulla pagina www.rivieraweb.it

Gli uffici regionali del settore istruzione/edilizia scolastica di Catanzaro, questa settimana, hanno ospitato per la terza volta in appena dieci giorni gli architetti Brianti, Mezzatesta e Cavallaro, che hanno discusso delle problematiche amministrative relative agli appalti degli istituti scolastici di Condofuri e Oppido Mamertina. Presente ai meeting, e a ricordare che i costi di spostamento sono stati a carico degli interessati, anche Pier Paolo Zavettieri, che da mesi si batte per questa causa.

SINDACO NO Il titolo, come sempre simpatico e ironico, a una foto che mi ritraeva sulla “Riviera” di un paio di settimane fa insieme agli amministratori comunali 2010 2015, sebbene involontariamente, rappresentava quella che in realtà è un’opinione alquanto diffusa: un vero lapsus freudiano. “Il fu Ninì Scordino…” è l’inizio di quel titolo e il verbo è un passato remoto che si usa in genere per chi non c’è più, come l’ “Ei fu” del Manzoni per Napoleone. Meno male che ho il senso dei miei limiti e che non sono affatto superstizioso! C’è in effetti una certa convinzione che un Sindaco quando termina il suo mandato, soprattutto se per una sconfitta elettorale, entri in una condizione di identità perduta, rimanga privo di ruolo sociale e non riesca a elaborare il “lutto”. Insomma: non è più lui; appunto, “ei fu”. A parte il fatto che questa è una delle tante opinioni generalmente prive di adeguato riscontro (un insegnante continua a fare l’insegnante, un imprenditore, un commerciante, un avvocato, ecc. continuano a fare il loro lavoro, e magari con maggiore impegno e passione di prima), lo è ancor di più se l’interessato decide autonomamente di non ricandidarsi, indipendentemente dalla possibilità di essere rieletto. E non mancano, a parte il mio, casi di questo tipo. Non c’è dubbio che quasi tutte le scelte, proprio per la loro struttura e la loro dinamica, richiedono un prendere-accettare e un lasciare-rinunciare, che talora può anche comportare una privazione sofferta e talaltra una liberazione. All’interno di queste situazioni psicologiche ed esistenziali si svolge la parte più importante e significativa della nostra vita: nell’ambito scolastico-universitario, lavorativo, religioso, civico e in alcuni casi, i più sofferti, anche sentimentale. Il grado di problematicità e di “pesantezza” della scelta dipende molto dall’essere attratti da un solo obiettivo o, al contrario, da una molteplicità di percorsi, tutti più o meno di pari interesse e fascino. Ambedue le situazioni, sul piano psicologico e operativo, presentano vantaggi e svantaggi: in una condizione la scelta monopolizza ed esaurisce, in quel determinato ambito, tutte le potenzialità del soggetto e genera un senso di completezza; nell’altra la scelta viene vissuta come parziale limite e presuppone l’esplorazione di altri ambiti operativi e la ricerca di altre esperienze. I motivi per cui una persona, se ci riesce, decide di fare il Sindaco non fuoriescono da questa cornice di riferimento e, nel contempo, si arricchiscono di altri elementi specifici, che nobilitano o squalificano la scelta stessa. Pertanto, si può interpretare la funzione amministrativa come: servizio - variamente inteso - alla comunità e alla risoluzione dei suoi problemi; esplicitazione e messa in atto delle proprie competenze; occasione di pubbliche relazioni con la gente e/o verso l’ “alto”; conquista di un prestigio personale e/o di un ruolo sociale, magari uno nuovo, altrimenti carenti o assenti; impegno retribuito; puro esercizio di potere e di comando (?). Ovviamente nessuna di queste motivazioni esclude che l’attività amministrativa venga poi svolta con, più o meno, senso di responsabilità. Siccome l’esperienza mi dice che le motivazioni iniziali di questo elenco sono di gran lunga prevalenti, ribadisco che non fare più il Sindaco non significa che egli “fu” (non sto dicendo questo in polemica con “Riviera”, ironica e simpatica, ma per correggere una certa opinione pubblica che, comunque, in questo senso non mi ha coinvolto). Per quanto mi riguarda, quasi un anno prima della scadenza del mandato sindacale avevo pubblicamente dichiarato che non mi sarei ricandidato, pur avendo, forse la probabilità, sicuramente la possibilità di essere rieletto (per la quarta volta). Per riappropriarmi del “mio” tempo e della “mia” vita (perché un Sindaco responsabile non ha una “sua” vita), ossia per poter fare le tante cose che non avevo potuto fare prima o fare come avrei voluto, ma che desideravo fortemente di realizzare: stare di più con la mia famiglia; studiare; scrivere; riallacciare i rapporti, quasi persi, con i tanti amici anche di fuori Bianco; impegnarmi di più nell’ambito ecclesiale; coltivare gli hobby e altro ancora. Nessuna stanchezza, dunque, né liberazione da un peso insopportabile, ma nemmeno fare il Sindaco è stata una scelta di vita, certamente una parentesi vissuta con senso di responsabilità e grande disponibilità verso i miei concittadini di Bianco. D’altra parte, in certe situazioni virtuose, fare il Sindaco, come qualunque altra attività politica, può anche essere una scelta di vita. In questi casi col vantaggio dell’esclusività dell’impegno e, però, con il rischio di volerci restare quasi ad ogni costo e dipendere da esso. E ciò, se è così, può presentare qualche svantaggio. Antonio Scordino


+

0gni donna porta con sè un'equazione tra ciò che ha (il suo patrimonio estetico) e ciò che è (la sua essenza). La soluzione di questa espressione è enunciata attraverso le emozioni che comunica. HA + È = Equazione perfetta. Una MISS non è un'immagine stereotipata ma è portatrice di una qualità unica, la sua. Gli hairstalyst CDB, stanchi di una bellezza che annulla le differenze, sostengono le donne che hanno il coraggio di espremere la propria unicità e a queste Miss dedicano la collezione "MISS L'ERA DEL CORAGGIO". Seguendo questo principio hanno creato la nuova collezione ispirandosi a tre contemporary trend: 1.OB-SHAG TAGLI MEDI - BOB E LOB IN VERSION SHAG Creiamo la fusione dei mondi ispirazionali che dal '60 incrociano i '90 e inventano il nuovo OB-SHAG, la sintesi, l'equazione perfetta del nostro tempo: glamour e

audacia, il BOB e il LOB si fondono con lo SHAG per spettinare la perfezione. 2.MOD TAGLI CORTI - MINI BOB - PIXIE TOUSLED Celebriamo le differenze con lo stile MOD di una Londra anni '60, caretterizzato da un elegante modernismo che supera il casual e dal desiderio di distinguersi con un look innovativo e curato, attraverso mini BOB, PIXIE TOUSLED (ciuffo scarmigliato e rasature ai lati), un mix tra Twiggy e Peggy anni '60, Linda Evangelista anni '90 e Tyra Banks oggi. 3.GRUNGE TAGLI LUNGHI - SCALATURE VOLUMI NATURALI E VISSUTI Esaltiamo il trasformismo possibile, di una femminilità meno ingenua e più ironica, dell'emancipazione tipica degli anni '90, liberata dagli eccessi degli anni '80, da Courtney Love all'era delle Super Top Models. Lunghe scalature e volumi naturali e vissuti.

-




GERENZA

Le COLLABORAZIONI non precedute dalla sottoscrizione di preventivi accordi tra l’editore e gli autori sono da intendersi gratuite. FOTOGRAFIE e ARTICOLI inviati alla redazione, anche se non pubblicati, non verranno restituiti. I SERVIZI sono coperti da copyright diritto esclusivo per tutto il territorio nazionale ed estero. GLI AUTORI delle rubriche in cui si esprimono giudizi o riflessioni personali, sono da ritenersi direttamente responsabili.

Registrata al Tribunale di Locri (RC) N° 1/14

RCEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Con i lavoratori non si scherza L'assessore Roccisano annuncia l’impegno a pagare le mensilità arretrate per i lavoratori percettori della mobilità in deroga ma poi, tutt'a un tratto, si scopre che non ci sono le risorse per emettere i decreti di pagamento. Adesso si attende una presa di posizione forte da parte della Roccisano, affinchè venga garantita la dignità a questi lavoratori, gettati senza riguardo nel più totale sconforto. Abbandonati a loro stessi, 29.000 padri e madri di famiglia non riescono ad arrivare alla fine del mese. La politica promette illudendoli e mandando l'ennesimo messaggio vuoto di contenuto, facendo passare un messaggio ancora più orripilante: la politica calabrese non prende sul serio le necessità primarie dei suoi elettori. Per un attimo 29.000 lavoratori hanno visto la luce fuori del tunnel ma poi sono ripiombati nell'abbandono più buio. La politica deve smetterla di promettere mari e monti e iniziare a dare segni di affidabilità e concretezza. Paolo Piscioneri

Direttore responsabile: MARIA GIOVANNA COGLIANDRO Editorialista: ILARIO AMMENDOLIA

Per richieste di pubblicità rivolgersi a: PI GRECO Comunication srl info 0964383251 GLI INSERZIONISTI sono responsabili dei marchi e dei loghi pubblicitari nei loro spazi, l’Editore non risponde per eventuali dichiarazioni, violazioni di diritti, malintesi, ecc... Tutti i marchi riportati sono registrati dai legittimi proprietari.

COLLABORATORI: Jacopo Giuca, Lidia Zitara, Cristina Caminiti, Eleonora Aragona, Franco Parrello, Domenico Spanò, Sara Leone, Sara Jacopetta, Katia Candido.

STAMPA: Se.Sta srl: 73100 Lecce

EDITORE - No così srl - via D.Correale, 5 89048 Siderno

www.larivieraonline.com

DOMENICA 11 OTTOBRE 14

Incarcerepertreparole: locale,uomini,distaccato Il nostro calvario è iniziato la notte del 13 novembre 2012, quando mio suocero, Fragomeni Salvatore, è stato arrestato nell'ambito dell'Operazione Saggezza. Sono passati 3 anni, il processo di primo grado si é da poco concluso con una sentenza che brilla per ingiustizia e inequità: mio suocero è stato condannato a 10 anni e 6 mesi di reclusione. E beh, direte voi, qualcosa avrà fatto per essere condannato; e beh, vi dico io, mio suocero è in carcere per delle intercettazioni in cui usava un linguaggio dialettale e "mafioso"… sì, mafioso, ma solo secondo gli inquirenti. Ha usato un linguaggio e delle parole che la magistratura ha interpretato a proprio piacere e che lo hanno fatto diventare capo di un locale di 'ndrangheta: e così, un litigio familiare è stato fatto diventare un litigio di 'ndrangheta e un allontanamento tra fratelli é stato fatto diventare un "distacco" di locali di 'ndrangheta. Le indagini sono iniziate nel 2007, siamo nel 2015, (ne hanno avuto di tempo per fare approfondimenti!), ma in questi anni su mio suocero non è venuto fuori niente (perché niente realmente c'é). Vi dirò, anzi, che durante gli interrogatori nel processo, é stato chiesto a chi ha effettuato queste minuziose indagini, chi fosse Fragomeni Salvatore, che lavoro facesse, dove abitasse, etc, ma il testimone non ha saputo fornire risposte, ha detto che di Salvatore Fragomeni sa solo ciò che ha ascoltato nelle intercettazioni. Io, allora, mi chiedo, se chi è a capo dell'operazione, sospetta che questo tale Fragomeni Salvatore sia un delinquente, sia il capo del locale di Gerace, perché non fa fare altre indagini su di lui? Perchè non far mettere sotto controllo le sue utenze? Perché basare tutto su quelle tre PAROLE? Perché sì, in questo processo sono stati in grado di levare più di 10 anni di libertà a un uomo solo ed esclusivamente considerando tre parole (neppure 3 frasi, proprio 3 singole parole: locale, uomini, distaccato). E io mi chiedo: si può far arrestare una persona, farla condannare così, solo per l'interpretazione arbitraria, a mio avviso assolutamente non obiettiva, di alcune intercettazioni? Beh, nostro malgrado la risposta pare essere positiva: in Calabria è possibile arrestare le persone senza prove concrete, perché la magistratura può fare il bello ed il cattivo tempo... c’è chi si è eretto a difensore della giustizia, ha pubblicato i suoi libri sul linguaggio della 'ndrangheta, e chi usa questo linguaggio (da lui portato a conoscenza dei più) è un

mafioso. C’è chi è alla ribalta della cronaca per le sue maxi operazioni, caratterizzate da centinaia di arresti ciascuna (sennò non farebbero scalpore! e chissà quanti innocenti, tra queste centinaia), per il suo vedere la ndrangheta dappertutto E NON C’È NESSUNO CHE “VIGILI” SUL SUO OPERATO (siamo tutti uomini e nessuno è onnipotente!!!...). Io non nego che la 'ndrangheta esista, né penso che non si debba combattere, ma la Calabria non è solo ‘ndrangheta, i calabresi non sono tutti mafiosi e forse c'è qualche falla nel sistema: si fanno maxi operazioni a cui ci si arriva con indagini sommarie (per lo meno é quello che ho visto con l'arresto di mio suocero) e povero, chi va a finire nella rete, perché non c'è modo di salvarsi... Come li convinci che ciò che loro hanno interpretato è tutt'altro? Non puoi, io l'ho capito in questi anni, perché credono solo a ciò che fa comodo loro. Hanno stabilito che usare certi termini dialettali (che per loro stessa natura sono intrinsechi nel linguaggio di chi ancora parla il dialetto giornalmente) sia indice di mafiosità e noi non possiamo smentirli, perché non abbiamo modo di farlo! Tutto quello che dicono i collaboratori di giustizia è oro colato, ma quando un onesto cittadino cerca di difendersi, per loro racconta solo frottole. Io non conosco le dinamiche mafiose, ma penso che un boss, il boss di un piccolo paese come Gerace, se fosse tale,

avrebbe fatto fare alla propria ditta di calcestruzzi tutti i lavori del proprio paese: mio suocero portava avanti la famiglia con piccoli lavori saltuari; al boss non penso andrebbero a rubare il carburante dai mezzi di cantiere e non causerebbero danni agli stessi; non andrebbero a rubare a casa sua e, SOPRATTUTTO UN BOSS PER PRIMA COSA NON ANDREBBE A SPORGERE REGOLARE DENUNCIA AI CARABINIERI! Questo è mio suocero, il "grande boss": un povero disgraziato che lavorava dalla mattina alla sera cercando di mandare avanti la baracca, un uomo che denunciava quando subiva qualche torto... un uomo che dopo un litigio con il fratello si è allontanato da quest'ultimo e non si è distaccato da nessun locale, perché di nessun locale fa parte. Con questa mia, non penso che cambierò il suo destino giudiziario, ma voglio che la gente sappia: la "legge non è uguale per tutti" in Calabria e in ogni aula di tribunale ci dovrebbe essere scritto "perdete ogni speranza o voi che entrate", perché è quello che è successo a noi. Ho perso le speranze che qualcuno creda alla verità di mio suocero, che poi è l'unica davvero, ma voglio ringraziare tutte le persone che ci sono vicine, e non lo fanno per solidarietà al boss e alla sua famiglia , ma perché conoscono Fragomeni Salvatore e sanno che uomo onesto è. Faustina Serafino

FERROVIA JONICA

Siamo gli ostaggi impotenti di dirigenti ottusiestrangolatoridell’economia C'

è modo e modo di sequestrare e imprigionare le persone. Non si pensi a quattro mura o a cancelli di ferro con serrature scricchiolanti, il modo più raffinato è quello di impedire la libertà di movimento! Cioè togliere la possibilità di viaggiare! IL DIRITTO AL TRASPORTO deve essere garantito. I pensieri sono ospiti del nostro cervello. si insinuano come tarli e affiorano continuamente nella mente, non lasciano adito ad altro. Sulla tratta ferroviaria ionica c'erano treni che univano Reggio Calabria a Taranto, Bari, Crotone e Catanzaro Lido, e vetture che venivano unite ai treni per tutta Italia a Lamezia. C'era anche un rapido! D’incanto, per voglia di un mago cattivo, oggi i treni non ci sono più! Si pensi che per raggiungere Roccella da Crotone ci vogliono ben tre ore e mezza con cambio di tre littorine! I magnifici dirigenti hanno promesso di sostituire i treni adattando un sistema di trasporto tipo metropolitana, pensando che nella zona ionica non si capisca (o non ci siano persone all'altezza di capire) cos'è la metropolitana: treni veloci che avrebbero dovuto unire Reggio Calabria a Lamezia, via ionica, diverse volte al giorno andata e ritorno. La Repubblica italiana è uno Stato di diritto, nel quale ogni cittadino può far valere i propri diritti, anche nei confronti dello Stato. Quante lotte, quanti sacrifici, nei tempi passati, sono stati necessari per ottenere questi diritti per raggiungere l'attuale condizione di vita, per costruire delle regole valide per tutti, avere la libertà di scegliere democraticamente la forma di governo, senza imposizioni o ricatti! Quanta fatica è servita a scrivere una costituzione a garanzia dei diritti di ognuno e di tutti! È ovvio che quando si forma un gover-

no, legalmente letto, si passa alla pratica, si mettono in atto le premesse di legalità, di rispetto del popolo, e si attua, con vari provvedimenti, l'equità che allontana qualsiasi atto discriminatorio tra cittadini conviventi nel territorio di cui lo Stato SOVRANO. Quanto affermato sottintende naturalmente che se tutti i cittadini (appellativo con il quale si fa riferimento a persona conscia dei propri diritti e conseguentemente dei propri doveri) hanno l’obbligo di contribuire alla vita economica dello Stato, hanno anche il diritto di ricevere dallo Stato pari trattamento in qualsiasi luogo vivono. Quale grande conquista è stata l'avvento della tv, che oggi garantisce di ricevere le trasmissioni in tutti i luoghi del territorio nazionale (sulle montagne, nelle pianure, città, paesi, palazzi capanne) anche se bisogna pagare il canone! Si ricorderà che, tempo fa, qualcuno aveva promesso che, grazie ai ricavi della pubblicità, i cittadini sarebbero stati presto esentati dal pagamento. Promesse. Ricordiamo la costruzione della strada ferrata, eseguita non come un'impresa economica, IN ONORE DEL DIO DENARO, ma come servizio vantaggio di tutti gli italiani. Unì l'Italia dalle Alpi alla Sicilia, da ambo i lati della penisola. Costeggiando il Mar Ligure, il Tirreno, l'Adriatico, lo Ionio, giungeva persino oltre (in Sicilia e Sardegna), formando un sistema di trasporto per spostarsi agevolmente in qualunque situazione! Rese possibile partire da Milano a ritornare a Milano costeggiando i mari che bagnano la penisola! Non esistevano allora autostrade e neanche strade molto agevoli (si noti che ancora oggi sulla strada statale 106 esistono i ponti costruiti nel ventennio e sono transitabili a senso unico alternato!). Alcune città erano collegate dai servizi

marittimi, come accadeva a Napoli e Palermo. La Ferrovia dello Stato, chiamata FS, unì l'Italia libera. Anche cittadini della costa ionica potevano usufruire del diritto di MOBILITÀ e viaggiare da un capo all'altro della penisola per varie necessità, soprattutto di salute. La zona ionica della Calabria è la malata d'Italia soltanto nella mente di coloro i quali la considerano tale e fanno di tutto per farla regredire! Oggi le FS hanno cambiato nome, si chiamano TRENITALIA - oggi impera il rendimento economico a senso unico: i lunghi treni merci che portavano i prodotti agricoli dal sud al nord non ci sono più, i dirigenti attuano tagli e il denaro speso per la costruzione dei sottopassaggi nelle stazioni, ha realizzato costruzioni che oggi giacciono inutilizzate e sono diventate latrine pubbliche. Non si tiene conto del rendimento UMANO, che la mobilità dei cittadini è un diritto primario come la sanità e deve essere praticata in modo equo in tutto il territorio dello Stato. Non si venga a parlare dei cosiddetti rami secchi, etichetta valida solo per alcuni luoghi fuori mano e con esigua popolazione. Quando si parla di COSTA IONICA, ci si riferisce a una parte integrante d'Italia, si parla di un bacino di utenza di diverse decine di migliaia di cittadini che hanno gli stessi diritti degli altri e non hanno esenzioni perché rami secchi! Si pensi ai bus che hanno sostituito con grande disagio per gli utenti le vetture ferroviarie per ROMA, TORINO, MILANO. Ancora prima del rendimento economico (che per le autolinee esiste) bisogna tener conto del rendimento umano, motivo per il quale è avvenuta la costruzione della ferrovia! È vero, si possono attuare bypass ferroviari (Metaponto Cosenza) più brevi, ma con il rischio di affollare sempre

più la tirrenica lasciando la tratta Metaponto - Reggio Calabria deserta. Già prima della guerra, e durante, c'erano i treni con le vetture per tutte le città d'Italia, e soprattutto per la capitale! Il welfare di uno stato di diritto non può assolutamente pensare solo al rendimento economico, che compete ai privati, ma deve rispettare tutti i cittadini senza penose discriminazioni. Hanno riesumato vecchie vetture da destinare alla tratta della riviera ionica, hanno eliminato la tratta Reggio Calabria - Taranto - Bari tanto utile, una volta servita, tra l'altro, da un rapido che univa Bari a VILLA SAN GIOVANNI e ritorno, e sempre affollato, anche da messinesi, comodo per le coincidenze con i traghetti per la Grecia ed altri. Si continua a parlare di turismo ma non si sa quanto è complicato spostarsi per raggiungere le zone ioniche. Quanto è facile per questi dirigenti tagliare tratte ferroviarie oggi qui è domani lì, senza tener conto dei disagi arrecati a migliaia di persone, a cittadini, che non possono più raggiungere agevolmente ospedali specialistici inesistenti al sud, oppure costretti a muoversi per mille altri motivi. LORO, i dirigenti, prendono le Frecce, che sono tanto belle che non vorreste mai scendere. Gli abitanti ionici le possono ammirare solo in televisione. A fine di queste poche parole non resta altro che amaramente constatare come decisioni errate di esseri ottusi possono strangolare l'economia, il progresso civile di un territorio che è parte integrante della nazione. E tutto questo accade senza che i governanti (che percepiscono lauti stipendi) corrano ai ripari mentre il resto del mondo progredisce sempre più. Sia di esempio l'Albania! Gasparro Bruno



RIVIERA

ATTUALITÀ

Largo alla generazione "Z" CRESCIUTI CON I SOCIAL NETWORK, A SCUOLA SFOGGIANO UNO SMOKEY EYES, ASCOLTANDO LA MUSICA IN STREAMING. PER LOROTUTTO È PIÙ EASY E PIÙ FAST. La chiamano generazione “Z” e sono i nati dal ’96 circa al 2001. Sono i giovanissimi, gli adolescenti di oggi che popolano facebook, instagram e qualsiasi altro tipo di social network. Sono i fan degli One Direction e Justin Bieber. E sono anche parecchio bellini. A scuola si va col trucco, si delinea lo sguardo con il kajal, si tira la cerniera del borsellino con le dita adornate da unghie rigorosamente ricostruite o con nail art da far invidiare la National Gallery di Londra. Hanno capelli lunghissimi legati a trama di treccia e sono so fashion. La femminilità mista all’aggressività di un braccialetto con le borchie. Degli anni ’90, hanno estrapolato la moda, le gonnelle, le maglie che scoprono l’ombelico, i giubbottini di jeans. Nel 2015 si spera in una miopia o in un astigmatismo per poter indossare grandi occhiali da vista, meglio se neri, dietro ai quali ci sta benissimo uno smokey eyes e rossetto rosso da contrapporre a Converse e jeans strappato. Alla nostra età (anni ’80) portare gli occhiali da vista era una tragedia. Pianti, disperazione. Preferivamo uscire senza e poi per strada non riconoscevamo nemmeno il ragazzo che ci piaceva, pur di non sembrare delle talpe. Già, il ragazzo che ci piaceva. Generalmente si trattava di un compagno di classe alla quale si mandavano i famosi bigliettini, passati per esempio tramite l’astuccio, o lanciati quando la prof era di spalle. Non avevamo il cellulare, solo qualcuno dei compagni più fortunati ne aveva uno, molto simile al primo mattone che San Francesco posò per riparare la Chiesa di San Damiano. Erano quei cellulari che quando vibravano qualcuno urlava “Il terremoto!” e invece era solo il serpentello di Snake che si era incastrato su se stesso. Non avevamo WhatsApp, per cui, se proprio si voleva inviare un sms dal cellulare dei nostri genitori al cellulare del genitore del nostro amato, dovevi saper bene organizzare quei 160 caratteri. Ed è per tale motivo che oggi ci si inalbera quando si leggono frasi scritte ancora a mo’ di “xkè, cn, cmq, 6, qnd”: potete scrivere quanto caspita vi pare, è gratis, fatelo! Non le pagate più le lettere! E insomma, noi degli anni ’80 si è cresciuti con l’usanza degli squilli, che voleva semplicemente significare “Ti penso!”. Non la dimentico no, la mia felicità di alcuni pomeriggi autunnali, riempiti dagli squilli del ragazzo che mi faceva battere il cuore, con la sua tuta Adidas nera e le strisce bianche (rigorosamente tre, se erano di più o di meno eri uno sfigato). Ascoltavamo la musica nei lettori portatili, quindi importantissima era la scelta delle canzoni: in un cd ne potevi mettere circa 20. Altro che I-tunes, altro che Spotify. Eravamo la generazione del “limite”: l’offerta attivata a Natale per gli sms gratis, aveva un limite; i nostri orari di rientro, avevano un limite. E della connessione ad internet sui pc che avevamo a casa, ne vogliamo parlare? Quel rumore assordante emesso, che lo sapevano fino a Reggio che ti stavi connettendo, tanto era stridulo quel suono. Oggi un po’ di cose sono cambiate, un

po’ tanto. Ma il cambiamento è inevitabile e necessario. È funzionale. Ciò che il mondo propone ai giovanissimi di oggi, non lo ha proposto a noi. Un adolescente del 2015 ha davvero un’immane possibilità di crescere e formarsi in modo più ricco. Ma è proprio questa enorme possibilità che deve essere gestita in modo corretto, ponendo un filtro che non è quello a cui tutti pensiamo oggi (il mayfair di Instagram), ma una sorta di lente che possa permettere ai ragazzi e ai loro genitori soprattutto, di osservare meglio. Che mamma e papà facciano pure i raggi X a ciò che circonda i loro figli, ovviamente evitando di cadere nell’iperprotezione. Ma non diamo per scontato i luoghi e le compagnie che i nostri figli frequentano. Perché se l’obiettivo finale è l’autonomia, è pur vero che la vita è fatta di stadi (vedi Erickson e i suoi studi), ognuno della sua durata, e nessuno stadio andrebbe oltrepassato, prima di essere vissuto a pieno, e per il tempo necessario. Dare la possibilità a un ragazzo di 13 anni di partire per una vacanza studio con la scuola per migliorare l’inglese è un’occasione da cogliere senza pensarci troppo su, secondo me. Basti pensare che io e miei amici, alle stessa età, abbiamo trascorso semplicemente cinque giorni in Sila dove al lago Cecita ci siamo stati pure due volte. Ma trascorrere una notte in un locale e osservare scene che a tratti sconvolgono anche me, che sono adulta, e magari trovarmi di fianco la ragazzina che il mese prima ha finito gli esami di terza media, mi lascia un po’ perplessa. L’adolescenza è l’età in cui si mette in crisi la propria identità (il famoso “non sono un bambino, ma nemmeno un adulto”) e cosa non si farebbe per dare un senso a quella identità che vacilla. È l’età in cui gioca un ruolo centrale l’emulazione (prendere qualcuno come modello ed imitarlo), nei modi di vestire, di parlare, di comunicare. Quel “ai miei tempi non eravamo così” è una frase che trova spazio quotidianamente, perfino io mi ritrovo a dirlo. Ma i “tempi” sono questi, non c’è la possibilità di tornare indietro, di tornare alla lira, alle feste di compleanno con la semplice torta con la panna e la scritta “Buon compleanno” in gel rosso, a Dawson’s creek in cui Joey Potter non desiderava la O bag, ma probabilmente un motoscafo per raggiungere più velocemente il suo Dawson, invece che ammazzarsi a remare (no, non di selfie). Non servono più le enciclopedie pagate un botto di soldi dai nostri papà per fare una ricerca sulla Lituania e non c’è bisogno che la nostra vicina sponsorizzi un buon negozio di vestiti. È tutto più easy, più fast. È tutto online. E non possiamo pretendere che i giovanissimi di oggi capiscano o comprendano quello che noi siamo stati, semplicemente perché non lo hanno vissuto. Ma possiamo insegnare loro, educarli all’utilizzo buono di tutto ciò che di più tecnologico c’è. I fattori di rischio sono tanti, troppi, ma fortunatamente non mancano i fattori di protezione. Ed è su quello che dobbiamo puntare. Sara Jacopetta


SETTIMANALE

www.larivieraonline.com

DOMENICA 11 OTTOBRE

17

“Z”, Millenial e“X”, tre generazioni a confronto I PRIMI SONO I PIÙ PRAGMATICI. PIENI DI ASPIRAZIONI I SECONDI. QUELLI DELLA GENERAZIONE “X” RESTANO, INVECE, INGUARIBILI SOGNATORI. Steve Jobs aveva programmato un tasto centrale che consentiva di poter annullare tutte le operazioni in un attimo, così da tornare indietro con un semplice clic. Oggi questo è possibile. Arriveremo, forse, un giorno alla possibilità per le neomamme di poter scambiare sms amorevoli con il loro bambino ancora nel pancione. A renderlo fattibile potrà essere magari la generazione successiva alla “Z”, la generazione “Alpha” che qualcuno chiama screenager, un nome da pelle d’oca. In attesa che venga tracciato un profilo più dettagliato della generazione Alpha, occupiamoci di chi è già incappato nelle “grinfie” dei sociologi. Partiamo da loro, la generazione Z, ovvero i nati tra il 1996 e il 2001. La caratteristica che salta immediatamente agli occhi è che sono altamente "tecnologizzati". Ripudiano i libri cartacei perché loro leggono (se leggono) esclusivamente sull'e-book, giudicano vintage - tanto per essere eleganti - chi va a studiare in biblioteca e vivono in un mondo parallelo dove le persone hanno le sembianze dei loghi di Facebook, Instagram e WhatsApp più che quelle umane. Sono nati in epoca di grandi cambiamenti e quando la crisi ancora non si sentiva. I computer a schermo piatto erano già in commercio e a scuola c'erano le lavagne interattive. Martina è nata nel 2000 ed è l'opposto di sua sorella - che poi sarei io. Guarda "Uomini e donne" perché dice di innamorarsi delle storie degli altri, anche se farebbe meglio a innamorarsi delle sue. Cambia il codice di sicurezza del cellulare ogni sera. Teme che qualcuno possa frugare nei suoi contatti, manco fosse una serial killer che nasconde chissà quale assurdo mistero. Ride sempre, ma guardando lo schermo del cellulare, finisce i giga di traffico internet in tre, massimo quattro giorni. Va disperatamente in cerca di una rete Wi-fi non protetta, manco fosse in astinenza da cibo su un'isola deserta e, quando riesce a scovarne una, si ritrova 2500 messaggi sulle varie chat da parte dei 3400 gruppi di cui è membro, che nemmeno Obama nella sua posta elettronica. È sempre assente dal pianeta Terra, ascolta la musica con le cuffie, e ogni tanto si riesce a strapparle qualche considerazione sul mondo che la circonda. Questa è una di quelle rare volte. "Allora Martina, cosa sono per te passato, presente e futuro?"- mi accingo a chiederle. Ci pensa un po' e poi afferma: "Ehm...allora, il passato è quello che ho già vissuto, la crescita, i divieti dei genitori, le ore a scuola. Il presente è quello che sto

vivendo adesso, gli anni delle amicizie, delle uscite, dello sport. Il futuro è… che io vorrei lavorare". Martina frequenta il terzo anno dell'Istituto Tecnico Commerciale e a mio padre l'ha detto chiaramente: lei vuole lavorare, perché a stare sui libri non ha proprio la testa. Risponde alla mia domanda con estrema leggerezza e semplicità, tipica dei suoi 15 anni, e con una pragmaticità che mette in croce tutti i sogni e le aspirazioni di chi ha solo qualche anno più di lei. Come per esempio Caterina, nata nel 1993. Frequenta l'università e ha tanti sogni. Oltre a studiare, è impegnata nel sociale e nella gestione della sua famiglia. Lei appartiene alla generazione che i sociologi hanno definito dei Millenial, ovvero i nati tra l’82 e il ‘95. È "tecnologizzata" ma non troppo, preferisce il profumo dei libri alla luminosità dell'iPad, e sorride più alle persone in carne e ossa che allo schermo di un iPhone. Rivolgiamo a lei la stessa domanda posta a Martina: "Cosa rappresenta per te il passato, cosa il presente e cosa il futuro?". "Per me il passato è stato crescere insieme ai miei fratelli, con mia madre che ci sgridava quando combinavamo danni, e la nonna che ci permetteva di tutto. È le giornate passate con la mia famiglia, o in comunità a organizzare manifestazioni. Il presente è pieno di impegni, di aspirazioni, di studio, di progetti. È l'università ma anche la famiglia e gli amici. In realtà non ho neanche il tempo di pensare al presente. Invece per il futuro spero di realizzare i miei sogni, trovare un lavoro, mettere su famiglia". Per sottolineare una differenza di prospettiva ancora maggiore, poniamo la stessa domanda a Francesca, una donna adulta, classe 1980, generazione X. Il suo approccio al medesimo interrogativo è molto più sentimentale. "Quando io ero un'adolescente apprezzavo tutto. Conoscevo il valore delle cose, perché la realtà storica e sociale lo permetteva. Non pretendevo nulla dalla mia famiglia, anzi la consideravo come una squadra, all’interno della quale avrei dovuto contribuire secondo le mie possibilità. Non come oggi che i ragazzi pensano che tutto sia loro dovuto. La mia felicità era ascoltare il mio programma preferito in radio e sognare ascoltando le canzoni del mio artista". E mentre lo afferma sorride. Nelle sue parole c'è molta commozione, le piace ricordare. "Il mio presente sono i miei figli, a cui devo garantire il massimo, e il mio lavoro. Il futuro invece... insomma diciamo che per il futuro mi sento di dire: speriamo bene! La vedo dura". Sara Leone


RIVIERA

AL MEMORIAL PEPPE TIZIAN DI BOVALINO IL CIRCUS DEL BEACH CROSS

Nicola Irto a Gioiosa Jonica parla del futuro della Calabria

Questa sera, alle ore, alle ore 19:00, in Piazza Plebiscito, a Gioiosa Jonica, si svolgerà un convegno organizzato dal Circolo del Partito Democratico cittadino dal titolo “Le sfide di oggi la Calabria di Domani”. Durante l’incontro il giornalista Bruno Gemelli effettuerà un’intervista al Presidente del Consiglio Regionale della Calabria Nicola Irto.

Oggi il Circus del Beach Cross approderà ancora una volta sulla spiaggia di Bovalino con l'edizione 2015 del memorial PEPPE TIZIAN curato da Pasquale Vizzari e Michele Racco con la collaborazione del MOTOCLUB EXTREME DI MARINA DI GIOIOSA JONICA. La gara inizialmente prevista per il 4 ottobre è slittata di una settimana a causa delle proibitive condizioni meteo marine. Il tracciato di 1.200 metri realizzato sul lungomare San Francesco da Paola ospiterà i migliori piloti specialisti della sabbia con la sola esclusione del giovanissimo campione Emilio Scuteri chiamato a rappresentare l'Italia nella squadra ufficiale della FMI al trofeo delle nazioni. Prevista la partecipazione dei due leader di campionato Nello Carbone (MX2) e Giuseppe Marafioti (MX1) oltre ai loro piloti che giungeranno dalla Sicilia dalla Puglia e dalla Campania. La Direzione di Gara è stata affidata a Vittorio Cordì e tutto lo staff del CORE Calabria sarà presente per dare giusto merito ad un appuntamento che segna quest'anno la tappa della decima edizione proseguendo la tradizione del super mare cross inventato dal Cav. Gaetano Di Stefano che era giusto appunto originario di Bovalino.

CULTURA E SOCIETA’

L'artista Giovanni Longo alla biennale Jeune Création Européenne

Un "pezzo" di Calabria alle porte di Parigi Ci sarà anche l'artista calabrese Giovanni Longo tra i sei italiani che esporranno alla JCE - Jeune Création Européenne 2015-2017. La biennale prevede un'esposizione itinerante che prenderà il via dal 14 ottobre presso il Centre culturel Le Beffroi di Montrouge, a pochi passi dalla capitale francese, per poi proseguire verso nord a Hjørring (Danimarca), verso est a Wroclaw (Polonia) e Cesis (Lettonia), infine a sud con le mostre di Como (Italia), Figueres (Spagna) e Amarante (Portogallo). La mostra raccoglie le opere di 56 artisti emergenti provenienti da diversi paesi europei offrendo un variegato colpo d'occhio sulle tendenze delle nuove generazioni. Il principio ispiratore è offrire un’occasione di visibilità tramite una vetrina internazionale, un programma di residenza e un catalogo illustrativo. La selezione italiana è stata effettuata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Como, partner del progetto JCE, attraverso il concorso nazionale Como Contemporary Contest con l’obiettivo di sostenere i giovani artisti italiani sulla scena contemporanea nazionale e internazionale. L'opera di Giovanni Longo dal titolo "Distanza zero" si inserisce nella serie di sculture denominate "Fragile Skeletons". Realizzate attraverso l'assemblaggio di numerosi pezzi di legno, queste sculture rappresentano simboliche strutture scheletriche fragili ed evocative. Un meticoloso lavoro di raccolta e comparazione degli elementi lignei recuperati lungo le spiagge e le foci delle fiumare calabresi, da sempre considerati dall'artista luoghi magici e indecifrabili. Longo, le cui opere da alcuni anni riscuotono una buona attenzione internazionale, nell'ultimo mese ha sviluppato un nuovo progetto artistico proprio in Francia, sulle colline di Grasse, durante la residenza Giovani artisti in Côte. Questo ultimo lavoro verrà presentato nel mese di dicembre presso il Centro Polifunzionale per la Fotografia e le Arti Visive PHOS di Torino.

“VOGLIA DI CAMBIARE “ Per la“CALABRIA FILM" presidente: Paolo Sanci, segretario di produzione: Pino Gambardelli, operatore: Antonio Alì. Si sta girando nei paesi della Locride: Roccella Jonica, Marina di Gioiosa Jonica, e Locri, il film "Voglia di Cambiare" con la regia di Paolo Turrà, noto attore catanzarese e interprete del film nella parte di un commissario di polizia, e con Evelyn Candido attrice di Gioiosa Jonica, come protagonista principale. La storia narrata dal film è quella di un commissario, fedele servitore dello stato che viene trasferito in una località a sud della Calabria dove trova un ambiente , che nonostante il passare degli anni è rimasto alle vecchie tradizioni sociali e culturali fortemente legate al modello di comando imposto da persone malavitose senza scrupoli. Il film si avvale di un cast di giovani promesse tutti calabresi di cui alcuni già con valide esperienze. Lo sforzo di questa produzione è il frutto di un sentimento profondo di amore verso la propria terra che costringe tutti i protagonisti, tra l’altro senza nessuna ricompensa economica, a un impegno faticoso tutto volontario e svolto nell’interesse esclusivo di dare un contributo significativo allo sviluppo culturale, artistico e sociale alla Calabria. È da evidenziare la partecipazione di un grande Gianni Pellegrino, personaggio importante nella storia raccontata, autore di una straordinaria interpretazione così come tutti gli altri attori come: Cristina Nauman, Valeria Saccomando, Valentina Rames, Anna Maria Poveromo, Loredana Iachino, Santina Critelli, Arianna Biamonte, Santina Cavallaro e, ancora, Ale Cody, Marco Catanzaro, Giancarlo Saccomando, Pino Pizzati, Roberto Polito, Orazio Scarfò, Anthony Reale, Antonio Brescia, Mattia Scaramuzzo, Fiore Caroleo, Emiliano Chillico e tantissimi altri che realizzano un'ottima performance aderente alla descrizione dei personaggi ottimamente definiti e diretti dal regista.

Due giovani stiliste calabresiportanoaPechino il Made in Italy del Sud

Silvia Aiello e Stefania Giovinazzo volano a Pechino dopo aver strabiliato la giuria di "Imbastire un sogno, cucire un'idea 2015" il concorso nazionale, indetto dalla Confartigianato di Prato che quest'anno ha avuto come location Milano, la capitale italiana della moda. Aiello e Giovinazzo portano a Pechino il marchio made in Italy del Sud. La loro formazione proviene dall'Accademia New Style di

Cosenza che ha consentito a tanti allievi di affermare una loro idea o entrare nelle grandi maison di moda. Il concorso "Imbastire un sogno, cucire un'idea 2015" è uno dei più interessanti per i giovani stilisti italiani. Promosso già da alcuni anni dalla Confartigianato di Prato, ha dei rigidi criteri di selezione, basti pensare che le proposte da parte dei fashion designer arrivano in maniera anonima, una giuria a più voci

valuta su competenze tecniche e capacità oggettive non solo l'idea, ma anche la capacità di realizzazione di un modello che da astratto si trasforma in un capo reale. Intanto c'è l'entusiasmo di chi parte, Silvia Aiello e Stefania Giovinazzo, consapevoli di essere entrate in un progetto importante ed entusiaste di rappresentare l'Italia in una terra ricca di storia e cultura, uno dei principali mercati mondiali, come la Cina.

Sei cake designer calabresi a Milano per realizzare la torta più grande del mondo

C'era anche un gruppo di "cake designer" calabresi nella squadra che domenica scorsa, presso il salone Hobby Show, la manifestazione della Fiera di Milano, ha conquistato il record della torta più grande del mondo, spodestando l'Inghilterra. Più di tre tonnellate di peso, la torta da guinnes ha la forma del nostro stivale e si estende per 244 metri quadri. In fondente di zucchero sono stati modellati i più importanti monumenti delle principali città italiane. Per realizzarla ci son volute 10.000 uova, 800 kg di burro, 300 kg di farina e il lavoro di oltre 300 tra "sugar artist" e pasticcieri coordinati dall'Ancdi, l'Associazione nazionale cake designers Italia. Sull'intera operazione ha fatto buona guardia Lorenzo Veltri, giudice del Guinness World Records noto al pubblico per la sua partecipazione alla trasmissione "Lo Show dei Record" condotta da Gerry Scotti. Ben 12.000 porzioni di torta sono state distribuite gratuitamente ai visitatori della feria e più di tremila sono state offerte al banco alimentare a alla Caritas. Un’esperienza esaltante per la squadra calabrese, formata da Patrizia Sulla, Giusy Vescio, Alessia Saporito, Floriana Crucitti, Anna Alecce, Filomena Tucci, coordinate da Daniela Amendola, delegata regionale dell'Ancditalia Calabria.


Attilio Bandiera. Il nome di questa ragazza bionda, piccola, delicata, andata sposa a soli 19 anni,veniva chiamata affettuosamente con quel nomignolo perché sembrava uscita proprio da un romanzo romantico. Aspettava il suoAttilio, in trepidazione continua, sempre in campo insieme con suo fratello Emilio e gli altri compagni di lotta per "affrancare la nostra Patria dallo straniero" che la teneva oppressa. Maria, nel frattempo si ammala di tisi: Attilio è lontano. Per uno strano gioco del destino un giorno, in sogno, vede il marito che, al grido di "Viva l’Italia" viene ucciso. Attilio in realtà subirà questa sorte pochi mesi dopo fra il crepitare dei fucili nemici, nel Vallone di Rovito, proprio in Calabria. Maria morirà prima del suo ritorno. L’unica a sopravvivere un’altra donna forte: la madre dei Fratelli Bandiera. Ormai vecchia ottuagenaria avrà la forza di andare a ricevere le salme dei figli nella loro città d’origine, Venezia, una Venezia ormai liberata.

RIVIERA

LA ROSA DEIVENTI ACCANTO A GRANDI UOMINI GRANDI DONNE MA QUASI... DIMENTICATE (parte 2)

Continuiamo a incontrare figure di donne che hanno contribuito con la loro vita a onorare e ornare l’Italia del Risorgimento. Dopo Cristina Di Belgioioso, oggi ci occupiamo di un nome meno conosciuto ma non meno importante, una fra quelle che, con il cuore in gola, aspettavano i loro "eroi" impegnati a fare dell’Italia un Paese libero e indipendente. Fra queste: Maria, la "Marietta", moglie di

www.larivieraonline.com

DOMENICA 11 OTTOBRE

19

Professor Romano uomo di scuola VITO PIRRUCCIO

L’editore piccolo piccolo che aveva un sogno grande grande Franco Pancallo vive sommerso dai libri da 40 anni. È stato bibliotecario, libraio, editore, scrittore, custode di una cultura antica. La sua storia è parte integrante di Locri, un romanzo perfetto che trae origine dal passato per ritornare ai suoi fasti. “L’idea di realizzare questo progetto a Palazzo Nieddu mi ha subito affascinato, tanto che mi sono immediatamente spostato lì per sovrintendere ai lavori.”

“Imparai a utilizzare Photoshop per ristampare le meraviglie del passato e grazie a tanta costanza oggi ho un catalogo di quattrocento libri antichi”

on è difficile raggiungere l’attuale sede della Franco Pancallo Editore, ma è complicato trovare la corrispondenza dell’indirizzo su un qualsiasi stradario cartaceo o digitale, per aggiornato che sia. La strada che conduce all’estremità locrese della nuova 106 fa un piega che cela un edificio nel quale ho trovato una persona cordiale, la cui solitudine nelle ore lavorative poco si addice alla grande voglia di chiacchierare. Tra una sigaretta e l’altra, Franco Pacallo mi racconta la sua storia, così incredibile da sembrare il parto di uno dei libri che stampa nelle ampie stanze della in cui vive dall’alba al tramonto. Ciò che mi racconta si intreccia perfettamente con la storia di Locri e, proprio per cercare di ricreare quell’atmosfera unica, voglio riportare le sue parole. «Sono qui perché ho accettato una proposta folle del sindaco esordisce.

N

«Qualche tempo fa, Calabrese mi ha chiesto di collaborare alla realizzazione del Museo del Libro. Gli è venuto in mente il mio nome perché, nel 1964, realizzai la biblioteca comunale su incitamento di Guido Laganà. «L’idea di realizzare questo progetto a Palazzo Nieddu mi ha subito affascinato, tanto che mi sono immediatamente spostato lì per sovrintendere ai lavori. Ciò che non mi era stato detto era che il restauro avrebbe riguardato anche la pavimentazione, pertanto me ne sono dovuto andare con urgenza trovando una sistemazione di fortuna. «Ho saputo in seguito che il mio nome deve essere stato fatto anche perché Francesco Macrì, predecessore di Calabrese, gli aveva regalato “Da Locri Epizefiri a Locri”, un libro sulla storia della città scritto da me con la collaborazione di Gabriella

Bonsignore. «Mi chiese di realizzare il testo Mario Caligiuri, Assessore Regionale alla cultura al quale mi lega una profonda amicizia. «“Vorrei fare un regalo a Locri” mi disse un giorno. “Trovami un libro che parli della città dalla sua fondazione fino a domani mattina e ristampalo senza preoccuparti dei diritti d’autore.”. Avrei realizzato volentieri l’idea non fosse stato che un libro così non esisteva. «“Allora scrivilo tu”, mi disse Caligiuri con non chalance. «Mario Sapeva che, anni prima, Luigi De Sena mi chiese di scrivere l’editoriale per un’inserto periodico sulla Calabria che sarebbe dovuto finire ne L’Espresso e che Caligiuri lesse avidamente. Come aveva promesso, si occupò di tutte le pratiche per la realizzazione del libro, ma non riuscimmo a distribuirlo a causa di una mia malattia e del contestuale abbandono dei finanziamenti da parte della Regione. «Ricordo con affetto la stesura del volume. Mentre lo scrivevo, avevo dinanzi agli occhi un cortometraggio che mi mostrava come, da Zaleuco, la storia di Locri si era evoluta fin ad arrivare alla decadenza del IV secolo. Da Gerace Marina, si giungeva ai giorni nostri, a quella lettera che Calabrese ha scritto ai suoi cittadini all’inizio dell’estate. «In questo lasso di tempo a Locri ho cominciato a muovermi io, che nel 1974 ho intrapreso il mestiere di librario grazie alla passione inculcatami dai miei genitori per musica, lettura e scrittura. «Fu la realizzazione di un sogno che, nell’arco di un anno, mi avrebbe permesso di portare in magazzino milioni di libri. Eravamo i librai migliori della regione, situazione che sarebbe perdurata fino ai tre incendi che ho subito nel 2006, momento in cui la mia parabola avrebbe cominciato a essere discendente. «Non mi sono dato per vinto e mi sono reinventato editore non per far tremare la famiglia Berlusconi, quanto per onorare la mia formazione e sviluppare una cultura meridionalista che devo alla pazienza di Pasquino Crupi e alla lettura de “I migranti” di Perri. Proprio la ricerca di quel testo mi spinse a ristamparlo fotocopiandolo pagina per pagina in quaranta copie, delle quali la metà andarono buttate per realizzare il fronte-retro. Scoperta questa passione, ristampai con questo sistema altri testi fino a quando Pino Macrì mi invitò nel suo studio mostrandomi come, con il computer, si potevano recuperare libri devastati dalle intemperie.

«Imparai a utilizzare Photoshop per ristampare le meraviglie del passato e grazie a tanta costanza oggi ho un catalogo di 400 libri antichi, risalenti anche alla prima metà del ‘500 e quasi introvabili. Nonostante le pagine su cui lavoro siano devastate dall’umidità o illeggibili per le caratteristiche della carta, scannerizzo le pagine e analizzo le lettere rovinate o illeggibili. Pulisco ogni singola lettera per rendere i caratteri più nitidi o la copio e incollo da un’altra parola. Per ognuna delle migliaia di pagine allineo le righe, rendo leggibile ogni lettera e concludo con la stampa. Il mio lavoro non comprende, però, le lettere capovolte o gli errori, che ritengo peculiarità immutabili del testo, di cui mi occupo di fare un Fac-Simile. «Il più grande riconoscimento a questa mia fatica è avvenuto per puro caso. Faccio parte della commissione del premio “La Giara”, durate il quale regalai al direttore di Rai Calabria, Demetrio Crucitti, “Astrologicorum Libri” di Campanella. «Non sapevo che Crucitti fosse amico di Tiberio Timperi, al quale parlò di me e del mio lavoro. Poco dopo ricevetti una chiamata dalla Rai di Roma, che mi disse che Timperi voleva ospitarmi nella sua trasmissione. «Quei quindici minuti di gloria, purtroppo, sono passati inosservati alla politica, fatta eccezione per quella volta in cui l’Assessore alla Cultura Saverio Zavettieri mi fece svenire. «Anche in questa occasione fu il caso a metterci lo zampino. Ristampai un libro di Peppe Arena. Una sua ex alunna venne da me e ne volle acquistare una copia. Era la segretaria di Zavettieri che, incuriosito dal mio lavoro mi fece contattare per farsi inviare tre copie del libro, che spedii con dedica e con in allegato il catalogo della mia casa editrice. «Rimase così colpito che chiese al contabile quanti soldi ci fossero nelle casse e lo incitò a versarmeli tutti affinché stampassi dei testi per le biblioteche. Quando mi arrivò la raccomandata non immaginavo di cosa si trattasse. L’aprii e vi trovai all’interno la richiesta e un assegno di 35 milioni. «Fu così che persi i sensi! «Mi convinsi che sarebbe stato l’inizio di una collaborazione con le istituzioni, ma quell’iniziativa non ebbe mai un seguito. Oggi, purtroppo, non versiamo in condizioni ottimali. «Ma non ho intenzione di mollare. Continuerò a svolgere questo lavoro convinto che questa terra riprenderà a crescere riscoprendo il proprio passato e le motivazioni per cui meritò l’appellativo di Magna Graecia!» Jacopo Giuca

La notizia della morte del prof. Michele Romano, l’anziano professore medaglia d’oro della Pubblica Istruzione deceduto a Locri, arriva di prima mattina in un tam-tam che si protrae per diversi momenti grazie alla lunga lista di amici e uomini di scuola (docenti, personale di segreteria e collaboratori scolastici) che, in ruoli diversi, hanno conosciuto l’uomo dei mille contatti e dell’infinita disponibilità. Un vero filantropo che sapeva magistralmente coniugare professionalità e amicizia e che, oggi, diremmo “uomo d’altri tempi”. L’ho conosciuto 35 anni fa nella scuola elementare di Guardavalle che, allora, comprendeva la direzione didattica del centro storico catanzarese e le frazioni di Sciordillà ed Elce della Vecchia, dislocate nella montagna che si inerpica verso l’altopiano delle Serre. “Un uomo d’altri tempi” il prof. Michele Romano lo era, anche, allora. Con l’inseparabile compagna della sua vita, la maestra Giuseppina Mosca, raggiungeva ogni mattina puntualmente la direzione didattica dove lo aspettava la sfilza di problemi che sapeva affrontare, con calma serafica, nella sua veste di vicario esercitata per lunghissimi anni con i vari direttori didattici, oggi dirigenti, che si sono succeduti alla guida della popolosa comunità scolastica di Guardavalle. L’anno che l’ho conosciuto, la scuola stava vivendo, come oggi, un lungo travaglio di riforma (si stava prospettando il passaggio nelle scuole elementari dall’insegnante unico al team che la Legge del 1985 avrebbe gradualmente inserito nel modulo organizzativo della scuola di base). Come oggi, anche allora, la riforma è stata preceduta da un reclutamento massiccio che, diversamente da oggi, però, ha significato un vero e proprio turnover, con l’entrata in campo di una leva di insegnati tra i 20 e i 30 anni che la scuola italiana non conoscerà mai più. In questo contesto di ingresso massiccio di giovani leve nelle aule ho avuto modo di apprezzare le doti umane e professionali del prof. Michele Romano. Eravamo, in pratica, una vera e propria schiera di ventenni freschi di studi e completamente digiuni di didattica sul campo. E il prof. Michele Romano, nel suo ruolo di vicario, ci dislocava nei vari plessi con accortezza in modo tale da conciliare l’entusiasmo giovanile con la missione educativa-formativa al servizio dei ragazzi. L’accortezza era talmente studiata che, anche, il tutor assegnatoci per l’anno di prova, rispondeva a requisiti di esperienza e di gioventù: un tutorponte che, nel caso mio e di un folto gruppo di neo-ammessi a seguito del concorso del 1981, ci ha letteralmente introdotti alla pratica del “fare scuola” (si trattava del prof. Giglio Demasi, oggi dirigente scolastico a Soverato). Ricordo l’abilità di affidarci, per esempio, la novità dell’introduzione nella didattica della matematica del calcolo binario e dell’uso dei regoli facendo perno, soltanto, sulla nostra giovanile predisposizione ad accogliere le innovazioni che facevano capolino nella scuola riformata degli anni ’80. Ma l’elenco sarebbe veramente lungo e il rischio di sforare l’ampiezza del pezzo mi frena nel racconto. Ma il tratto che più mi ha colpito, in quella prima esperienza di insegnante, è stato l’incontro con un vero uomo di scuola come il prof. Michele Romano. Sono stato attratto principalmente dalla sua naturalezza nell’affrontare i problemi di una scuola, oggettivamente difficile in quanto dislocata su un vasto e impervio territorio. Quando noi principianti alle prese con la “cattedra” avevamo un problema, la soluzione era a portata di mano: il prof. Romano! Allora non era, ancora, arrivata l’era dei computer e dei telefonini, ma il mezzo “risolva problemi” era quel telefono con la rotella poggiato nel suo ufficio della Direzione Didattica di Guardavalle. E, quanto, il telefono era insufficiente, la macchina di ognuno di noi era a disposizione per raggiungere il Provveditorato di Catanzaro in Viale dei Normanni. Il prof. Romano raccoglieva le sue carte e non c’era impiegato del Provveditorato di Catanzaro, dal personale di portineria al Provveditore in persona, che non lo accogliesse con quel saluto caloroso e familiare che gli era congeniale. Non c’è uomo o donna di scuola che ha lavorato con il prof. Michele Romano che non si sia servito della sua disponibilità e del suo prodigarsi disinteressato per il bene della comunità scolastica a lui affidata. Non ha mai inseguito la carica dirigenziale, ma il prof. Michele Romano i galloni li ha saputo meritarseli sul campo e lo attestano i numerosi riconoscimenti che, sicuramente, la maestra Giuseppina Mosca e i suoi figli custodiranno gelosamente e riservatamente, come loro costume, a perenne ricordo del loro amatissimo congiunto. Quell’uomo di “altri tempi” ha concluso il suo ciclo terreno lasciandoci testimoni di immensa riconoscenza. Ci ha lasciati da “uomo d’altri tempi” e, oggi, un’altra bandiera della scuola calabrese si ammaina inchinandosi.



ATTUALITÀ

www.larivieraonline.com

DOMENICA 11 OTTOBRE 21

L’intervista a Antonio Cassone

La chirurgia del naso: estetica e funzionale Quali sono gli interventi che possono essere praticati sul naso? La rinoplastica è l’intervento chirurgico con il quale vengono eliminati i dismorfismi della piramide nasale; la settoturbinoplastica corregge le deviazioni del setto nasale e riduce l’eccessivo gonfiore dei turbinati inferiori e medi garantendo una buona respirazione nasale; infine, la chirurgia funzionale endoscopica delle cavità sinusali (FESS), da praticare in caso di sinusiti croniche purulente o polipoidee. Quando e perché fare la rinoplastica? Poiché il naso costituisce la parte più prominente del viso, i suoi difetti estetici, sono fonte di forte condizionamento della persona dal punto di vista psicologico e, quindi, sociale. La rinoplastica si prefigge come scopo quello di rimodellare un naso con difetti estetici e armonizzarlo con tutte le altre componenti del volto. In questa sede la competenza del chirurgo, unitamente al senso estetico ed all’esperienza di cui deve essere dotato, è determinante poiché il medesimo tenendo conto delle caratteristiche fisiognomiche del viso del paziente e delle, altrettanto rilevanti, sue aspettative, dovrà avere come obiettivo quello di coniugare il migliore risultato estetico con la naturalezza dello stesso nella sua visione complessiva. Quali sono i più frequenti difetti estetici del naso per cui il paziente si rivolge al chirurgo? Il naso aquilino (con gibbo osseo e/o cartilagineo) o deviato o a sella, la punta quadrata o globosa, la base larga, le asimmetrie delle cartilagini alari sono tutti dismorfismi che possono essere corretti nel corso di un intervento di rinoplastica, attraverso il modellamento dello scheletro osto-cartilagineo del naso. A secondo della necessità il chirurgo potrà optare per una rinoplastica chiusa, in cui l’accesso viene garantito da incisioni interne alle narici, o per una rinoplastica

aperta, nella quale viene effettuata una piccola incisione della columella; quest’ultima è da preferire in caso di importanti difetti estetici a carico della punta. A quale chirurgo ci si può affidare per essere sottoposti ad un intervento di rinoplastica? L’Otorinolaringoiatra che esegue la rinoplastica ha un vantaggio rispetto ad altri chirurghi: conosce perfettamente l’organo che andrà ad operare ossia la fisiopatologia delle cavità nasali, potendo quindi valutare, attraverso delle indagini endoscopiche (rinofibroscopia), l’opportunità di associare alla chirurgia estetica del naso una chirurgia funzionale a carico delle strutture interne (settoturbinoplastica e FESS). Quali sono le condizioni che inducono l’Otorinolaringoiatra a consigliare la settoturbinoplastica e la FESS?

L’intervento Vincenzo Calafiore

Detti interventi sono consigliati in caso di deviazioni del setto nasale, che determinano stenosi più o meno marcata di una o entrambe le fosse nasali, o ipertrofia dei turbinati (sporgenze ossee della parete laterale delle fosse nasali rivestite da tessuto spugnoso ipervascolarizzato) o ancora in presenza di polipi rinosinusali. I sintomi che il paziente lamenta sono la difficoltosa respirazione nasale, soprattutto notturna con possibile russamento e apnee nel sonno, la cefalea frontale e periorbitaria, la riduzione della capacità del paziente di percepire odori e sapori, la voce nasale, la lacrimazione e l’abbondante produzione di secrezione acquosa dalle cavità nasali. Allorquando con il trattamento farmacologico (lavaggi nasali, antistaminici, cortisonici per uso topico e sistemico) non si ottiene la scomparsa dei sintomi suddetti è necessario far ricorso alla terapia chirurgica, previa TC del massiccio facciale. A seconda dei casi verrà eseguita la settoplastica, la turbinoplastica con laser o con tecnica tradizionale, ed, in caso di poliposi naso-sinusale, si procederà ad un intervento chirurgico endoscopico funzionale (FESS) che consiste nell’apertura dei seni paranasali flogosati, al fine di ripulirli del processo infiammatorio cronico e ripristinare la fisiologica aerazione delle cavità sinusali. È possibile effettuare contemporaneamente l’intervento estetico e quello funzionale? La rinosettoturbinoplastica, associata o meno alla chirurgia endoscopica dei seni paranasali, è l’intervento che coniuga la possibilità di soddisfare il miglioramento estetico del naso alla necessità di ripristinare la normale ventilazione rino-sinusale. Esso intervento, nonostante abbia tempi chirurgici ovviamente maggiori rispetto alla sola rinoplastica, non costituisce un maggiore disagio per il paziente relativamente al decorso post-operatorio, consentendo di conseguire contemporanemante più risultati.

Dott. Antonio Cassone Specialista in Otorinolaringoiatria Responsabile dell’Unità Operativa di Otorinolaringoiatria della Casa di Cura “Cappellani-Giomi”. Messina Responsabile del DS di Otorinolaringoiatria della Casa di Cura “Carmona”. Messina Riceve: Studio Raymat, Via Calvario 15 A Marina di Gioiosa Jonica Tel 0964 /416856; Via Riviera 13 Villa San Giovanni tel 0965/794842 339/1459340 Via Torrione 6 Reggio Calabria tel 0965/794842 – 339/1459340

Quando il ginocchio si usura L’artrosi di ginocchio o gonartrosi è una patologia caratterizzata dal progressivo consumo della cartilagine articolare e delle strutture che costituiscono il ginocchio, ovvero menischi, legamenti, tendini, osso sub condrale. Col passare del tempo si verifica una deformità dell’articolazione associata a una limitazione dei movimenti con conseguente peggioramento della qualità di vita del paziente. L’artrosi inizia generalmente in età avanzata ma ci sono dei casi in cui può interessare anche soggetti più giovani, come ad esempio quelli già sottoposti a interventi chirurgici al ginocchio, oppure nelle pregresse fratture che interessano la zona articolare e nei pazienti che hanno costituzionalmente ginocchia vare o valghe. Nei casi di artrosi iniziale si ricorre ai trattamenti cosiddetti conservativi: terapia medica, infiltrazioni intra-articolari con acido ialuronico o cortisone, fisioterapia. Nelle forme di grave artrosi di ginocchio si ricorre all’intervento chirurgico per impianto di protesi, che può essere parziale o totale. La protesi di ginocchio è un dispositivo metallico che sostituisce le parti degenerate del femore e della tibia, riproducendone la forma e la funzione. Dopo l’intervento il paziente può deambulare già dal terzo giorno post operatorio. È importante che ci si rivolga sempre a centri specializzati e altamente qualificati dove si ricerca la sterilità assoluta dell’ambiente operatorio e del materiale utilizzato, come ad esempio l’Istituito Ortopedico del Mezzogiorno d’Italia di Reggio Calabria, dove si eseguono oltre 800 impianti protesici l’anno.

IL DOTT. VINCENZO

CALAFIORE RICEVE PREVIO APPUNTAMENTO PRESSO: STUDIO MEDICO PRIVATO, VIA DEL TORRIONE 24, REGGIO CALABRIA, TEL 0965/21079; CELL 329/4255444

STUDIO MEDICO POLISPECIALISTICO RAYMAT, VIA CALVARIO 15/A MARINA DI GIOIOSA JONICA, TEL. 0964/416856; ISTITUTO ORTOPEDICO DEL MEZZOGIORNO D'ITALIA , DI REGGIO CALABRIA TEL 0965/361221 (IN REGIME DI CONVENZIONE COL SSN).


RIVIERA

Compagni giornalisti Enzo Romeo e Pino Albenese, per uno strano caso del destino, sono vestiti come fossero propagandisti de L’Unità, invece sono solo due cronisti locali!

Sull’attenti! Per alcuni lui è il “Maresciallo”, altri, invece, lo conoscono più semplicemente come Lillo. Tutti sanno che è il papà di Salvatore e Mario Trichilo.

Artigiani dell’editoria Locridea Un po’ di sana sinistra à la calabrese, in questa bella foto, che ritrae insieme i due leggendari Franco Pancallo e Mimmo Gareffa, campioni d’editoria.

Una guida politica e una intellettuale Il bravo sindaco di Portigliola, Rocco Luglio, ritratto in compagnia dell’ex sindaco di Caulonia, e nostro grandissimo editorialista, Ilario Ammendolia.

Gente di Catojio a Benestare (1) La scorsa settimana, una fresca sera benestarese è stata riscaldata dall’atmosfera di una notte dedicata ai catoji. Qualcuno iniziava a preparare la cena…

Piccoli ometti crescono “Tanti Auguri Vincenzo! Con affetto e tanto amore ti auguriamo buon compleanno con tutto il cuore! Nonna Maria, zia Concetta, Papà e Marika”

Spanò in incognito Due gemelli sono venuti a trovarci dalle desolate lande del West. Ma le male lingue affermano che dietro la barba di uno dei due si nasconda Attilio Spanò!

La classe non si sc Ecco a voi l’uomo iacqua che ha insegnato lo stile alla Locr tiluomo d’altri tem ide, un gentore sano di bontà d’pi, un portaa voi Giovanni Fem animo: ecco ia!

Gente di Catojio a Benestare (2) … altri si erano portati avanti con il lavoro e attendevano col sorriso sulle labbra l’arrivo dei primi clienti, inondando di dolci profumi le strade…

Tre di soppiatto Erano usciti dalla porta sul Sellaro, Carmelo retro, Salvatore Galluzzo e Stefano Zirilli, ma non sono stati abbastanza veloci per il nostro fotografo!

La crisi non colpisce l’altruismo (1) Settimana dedicata alla beneficienza, quella di Piazza Portosalvo. La raccolta fondi indetta dall’Unicef, della quale abbiamo immortalato tre esponenti,…


SETTIMANALE

www.larivieraonline.com

DOMENICA 11 OTTOBRE 23

La quiete dopo la tempesta Una settimana difficile, quella del consigliere Figliomeni. La compagnia dell’amico e maestro filosofo Tavernese, dunque, si rivela un premio meritato!

Un tutt’uno con il mare Ancora uno scatto per la nostra meravigliosa patrona che, durante la processione di Portosalvo, pare emergere dalle acque come un miracolo della natura. La guida Mimmo Pturistica ne. Qui anetta fa spesso Alvaro, chè con parenti deil ciceropersone e diceva che pe l dottor perché nole medicine non r alcune servono n c’è riparo …

18mila anni di felicità Per Emiliana e Rocco Marzano è arrivato il giorno di festeggiare i 18 anni anche del secondogenito. Gli anni passano, ma la famiglia è sempre splendida.

Gioiosa Marina-Siderno coast to coast Da Marina di Gioiosa, giunge dopo periglioso viaggio in Siderno il dottore Carbone, qui ritratto col compagno Fragomeni. Questo e altro per un amico!

Gente di Catojio a Benestare (3) … altri ancora si prendevano o qualche istante per fare una fot sa po in osi ricordo, mettend dinanzi al nostro fotografo assieme al sindaco Rosario Rocca.

uca Il gattino di Gianl cata di de La rotonda di alla memoria usta gi on C Gianluca esto ospita spesso qu a il rv se os gatto che rlastraffico come se pavecdi o ic se con un am chia data

stivi Virtuosismi estate non è mai finita, o e l’ A Caulonia minciata e, indipendenforse è già rico anto l’acqua sia fredda a temente da quun Tubiolo al tuffo! ottobre, ecco

La crisi non colpisce l’altruismo (2) … si è contesa il primato di evento benefico con la raccolta di sangue della L.A.Do.S., organizzata da Filippo Tedesco e da tutti i volontari della Locride. e allon enp i d s he sa a pre uro c dicata all Calcio è . t u f Un rata de iderno ccesso La se ne del S ande su anche tazio un gr ripartire stata no vuole Sider allone! dal p



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.