Riviera n°41 del 09/10/2016

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CONTROCOPERTINA

LA STORIA

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DOMENICA 09 OTTOBRE

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Vito Micelotta, tecnico del comune di Monasterace è stato arrestato tre volte con la stessa accusa e per tre volte è stato assolto. L’ultima assoluzione pochi giorni fa:“perchéil fatto non sussiste!”

BOKASSA, PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CENTRO AFRICANA TRA IL 1966 E IL 1976, IL GIUDICE ROY BEAN E VITO MICELOTTA

La legge dei sette capestri! Parafrasando Levi, oserei dire “voi che vivete tranquilli nelle vostre case, ditemi se quanto è successo è giusto! Giudicate voi se è normale che un’innocente di appena 39 anni, con tre bambini piccoli, possa esser sbattuto in carcere, la sua abitazione perquisita, la sua vita sconvolta”.

ILARIO AMMENDOLIA “Al cuore Ramon, mira al cuore.” Per tre volte Ramon ha alzato il fucile e ha fatto fuoco mirando al cuore, e per tre volte il bersaglio colpito è finito a terra. Ma quella che vi racconteremo non è la scena di un film di Sergio Leone ma uno strano “duello” che non si combatte ad armi pari. Il bersaglio, se pur si rialzasse, camminerà barcollando per il resto della vita. Per cui iniziamo con le parole che “Joe” rivolge a Ramon nel film: “vediamo se è vero”. Vediamo se è vero che Vito Micelotta, tecnico del comune di Monasterace è stato arrestato tre volte sostanzialmente con la stessa accusa, su iniziativa dello stesso PM e per tre volte è stato assolto. L’ultima assoluzione pochi giorni fa: “perché il fatto non sussiste!” Tre arresti! Tre errori! I mandati di cattura, richiesti da uno dei PM tra i più conosciuti d’Italia, certamente il più famoso della Calabria che come Ramon del film “per un pugno di dollari” è noto perché non sbaglia mai un colpo: Nicola Gratteri. E nel 1994 i colpi partirono a raffica di mitraglia. Centodieci persone coinvolte nell’operazione “Stilaro”. Quasi tutti assolti ma cento innocenti rappresentano solo un danno collaterale. Tra questi il geometra Vito Micelotta accusato, così come Lui stesso ci fa leggere dalle carte, “… perché nella sua qualità di tecnico comunale, allo scopo di procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale, affidava fittiziamente a una ditta esponente della cosca mafiosa operante sul territorio di Monasterace, un lavoro di lire 600 mila.” Così “per un pugno di euro” il geometra trascorre in carcere 123 giorni. La notte sente vaneggiare un uomo accusato di aver assassinato tre persone con l’accetta. Il tempo scorre, finisce la detenzione e poi… viene completamente scagionato. L’accusa non regge già nella fase dell’indagini preliminari. Assolto! Parafrasando Levi, oserei dire “voi che vivete tranquilli nelle vostre case, ditemi se quanto è successo è giusto! Giudicate voi se è normale che un’innocente di appena 39 anni, con tre bambini piccoli, possa esser sbattuto in carcere, la sua abitazione perquisita, la sua vita sconvolta”. Il marchio di galeotto impresso a fuoco sulla pelle! E tuttavia siamo ancora nella “normalità” calabrese. Vito Micelotta dovrà acquisire a sue spese la consapevolezza di essere uni “presunto-innocente”. La sua vita non può essere più la stessa. Infatti, dopo appena quattro anni, è di nuovo sulle prime pagine dei giornali. Di nuovo in carcere sostanzialmente con la stessa accusa che in Calabria non si nega a nessuno: “concorso esterno in associazione mafiosa”. Quaranta giorni in carcere. Anche questa volta Micelotta verrà scagionato nella fase dell’indagine preliminare dopo una pronuncia del tribunale della libertà che sancisce che non ci sarebbe stata ragione alcuna per arrestarlo. Se la Legge in Calabria avesse ancora un senso, qualcuno avrebbe dovuto interrogarsi come ciò sia potuto succedere. Invece, tutto è silenzio perché tutto è viltà! Ovunque è prepotenza! I calabresi devono portare sulle spalle il peso terribile della ndrangheta, la paura dei magistrati e vi assicuro che in molti casi c’è da aver paura. La viltà della politica e la codardia di tanta parte della “classe dirigente ”. Infine la fuga e in tanti casi la complicità della stampa di regime. Nel 2010 Vito Micelotta è di nuovo in carcere sostanzialmente con la stessa accusa! Centodue giorni di carcere.

Pochi giorni fa l’assoluzione certa, categorica, senza ombra di dubbio: assolto perché il fatto non sussiste! I suoi figli non sono più i bambini che nel 1994 videro il loro padre strappato alla famiglia e portato via. Sono ormai grandi e hanno scelto di andar via dalla Calabria. Via da tutto ciò che la Calabria è diventata. È normale che ciò avvenga? Qualcuno dirà: “se l’hanno arrestato qualcosa ha fatto”! Non c’è affermazione più vile, più infame e più oltraggiosa di questa. Più offensiva per la Costituzione e per la Giustizia. Noi non siamo chiamati a dare alcun giudizio sul geometra Vito Micelotta che ci ha raccontato la sua storia mostrandoci tutti i documenti e con gli occhi velati di lacrime. Uno sguardo da cui traspare l’eterna solitudine di tanti calabresi che li porta a una motivata sfiducia e successivamente a una muta contrapposizione allo “Stato” in cui la ndrangheta ci sguazza.

anche Bokassa aveva fatto approvare una buona Costituzione. La Carta Costituzionale non è nulla se non vive ogni giorno nella vita dei cittadini. Invece, un po’ ovunque, ma certamente in Calabria, la Costituzione agonizza e muore ogni giorno! E io non credo a coloro che si affliggono per le modifiche alla Carta scritte con l’inchiostro e restano insensibili alle ferite inferte col sangue degli innocenti. Non credo una sola virgola alle parole dei Travaglio e dei tanti PM, e che, in questo momento, si agitano “in difesa della Costituzione.” Il caso che abbiamo appena riportato, al di là della persona, è un oltraggio alle carni vive della Costituzione destinato però a restare nell’ombra. Nessuna pietà per questi figli di un Dio minore che sono vittime di cui nessuno ricorderà mai il nome. Raccontare la loro storia non significa mettersi contro i magistrati, così come parlare della “malasanità” non significa mettersi contro i medici

La Carta Costituzionale non è nulla se non vive ogni giorno nella vita dei cittadini. Invece, un po’ ovunque, ma certamente in Calabria, la Costituzione agonizza e muore ogni giorno! E io non credo a coloro che si affliggono per le modifiche alla Carta scritte con l’inchiostro e restano insensibili alle ferite inferte col sangue degli innocenti. Il geometra di Monasterace può essere un galantuomo ma potrebbe essere il mostro di Loch Ness! Può essere antipatico o simpatico, corrotto o persona perbene. Una cosa però è certa “al di là di ogni ragionevole dubbio”: per tre volte è finito in galera da innocente. Potrebbe aver commesso mille crimini ma i “reati” per cui è stato portato tre volte in carcere non li ha mai commessi. Innocente Micelotta! Sostanzialmente “bufale” le tre operazioni riportate da tutti i giornali come fulgide pagine di storia contro la ndrangheta. In questo momento in tutta Italia ci sono tante persone mobilitate per il “sì” o per il “no” al referendum. Dice bene il professor Zagrebrelski quando afferma che

ma piuttosto “resistere” sulla trincea più esposta alle rappresaglie dei forti. È dura e ne faremmo volentieri a meno! Ma abbiamo il dovere di continuare, pur con le forze residue, la nostra Resistenza. Continueremo a esprimere la nostra vicinanza a tutti i magistrati che fanno il loro dovere, nessuno escluso, e la massima solidarietà a quanti di loro combattono in prima linea contro il crimine, ma mettendo subito in chiaro che nessuno incarna la legge, nessuno è la legge. Quando ciò accade non siamo più nella Repubblica Italiana tutelata dalla Costituzione ma nel regno del “giudice” Roy Bean che amministrava la giustizia dei sette capestri ed era la legge all’Ovest del Pecos.


ATTUALITÀ

SOCIETÀ

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DOMENICA 09 OTTOBRE

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Domenica scorsa è terminata un’epoca. Il Ricaroka, quel locale storico di Marina di Gioiosa Jonica nato venti anni fa da un’idea di Marcello Fazzolari,è rimasto a luci spente per una decisione che sembra irreversibile sulla base delle parole lette sul profilo Facebook di Riccardo Fazzolari, che lascia tuttavia intendere anche che questa chiusura potrebbe essere propedeutica alla creazione di qualcosa di nuovo.

Marina di Gioiosa: Chiude il Ricaroka, ma la speranza resta l’ultima a morire

RICCARDO FAZZOLARI Io tu e il rhum ! I ricordi mi passano davanti velocissimi , nemmeno il tempo di abbracciarli . Sono tanti, pieni e intensi .. I vostri occhi, i vostri sorrisi, la gioia di vivere e l'amore per la vita .. È sempre difficile esternare sentimenti e sensazioni in questi momenti .. GRAZIE per ogni emozione che mi avete regalato, per le splendide notti trascorse insieme con allegria, gioia e quella meravigliosa Magia che siete sempre riusciti a creare .. Ricaroka è questo, Ricaroka siete voi .. Custodirò con cura e porterò sempre con me ogni momento vissuto ... Indelebili nel mio cuore .. Bevo l'ultimo sorso di rhum e abbasso le luci promettendo di accenderne altre , ancora più intense, sempre con Voi, INSIEME ... A presto Amici ! The Show Must Go On...

The show must go on” ha sottolineato Riccardo nel suo intervento sul social network, al quale hanno fatto seguito i commenti pregni di amarezza e nostalgia di chi il Ricaroka lo porterà sempre nel cuore. «La chiusura del Ricaroka è certamente stata una decisione sofferta - ci ha raccontato Riccardo, che abbiamo raggiunto per approfondire la vicenda - ma posso assicurare a tutti che si è trattato di un passaggio obbligato per offrire qualcosa di completamente nuovo, ma che al contempo non tradisca l’anima del nostro vecchio locale. Abbiamo già un progetto preciso in mente, del quale non voglio raccontare molto al pubblico per non cancellare l’effetto sorpresa, ma che posso assicurarvi sarà volto ad attirare i nuovi clienti facendo sentire al contempo a casa chi già ci conosce. State tranquilli, ricominceremo molto prima di quanto possiate immaginare!» Parole piene di speranza, che sembrano lasciare aperta la possibilità di rinnovare e innovare l’anima di un locale che è rimasto nel cuore di tutti, come testimonia la discussione aperta sui social, che riassume meglio di qualunque altra cronaca quanto accaduto negli ultimi giorni.

GIUSEPPE ... Caro Riccardo tu sai che conosco la storia del Mitico Rikaroka essendo tra l'altro uno degli assidui frequentatori grazie al mio FRATERNO Amico MARCELLO in quel locale abbiamo fatto tendenza.. oggi ti dico che provo rabbia nel sapere che l'istituzione del divertimento non nella provincia di reggio ma della Calabria chiude..Mah spero che un giorno ritorni in auge come allora.. Ti Abbraccio Riccardo.. GIORGIO ... Un locale che, per come è strutturato e concepito, in città come Roma, Londra, New York, sarebbe diventato un cult (e non esagero affatto)

GESSICA ... Ricaroka non è un locale, non sono le mura e i tavoli che ci hanno regalato emozioni, il Ricaroka siete voi: il duro lavoro prima di Marcello e ora di Riccardo, tutto il suo staff sempre pronto e professionale, la qualità del cibo e la buona musica che, combinati insieme, ci hanno allietati e accompagnati in tanti momenti di gioia. Tutto questo non finirà mai ma si concentrerà in un unico posto che continuerà a regalarci grandi emozioni: IL GOLOSIA!!! LUCIANO ... E’stato il sogno di Marcello e di Salvatore e anche il nostro sogno chi come me la visto sorgere dal nulla come altri ex colleghi del golosia...

PAOLO ... Ricordo nitidamente tutti i calcoli economici prepedutici al progetto, la trattativa sul fitto, la progettazione ed i bozzetti di Tironi sino agli esecutivi, i sopralluoghi a Bergamo in produzione, la scelta del nome dedicata ai rispettivi figli, fino all'inaugurazione alla presenza del vescovo e di centinaia di persone. È stata una lunga e bella esperienza per la tua famiglia ma ora bisogna voltare pagina e costruire un futuro diverso colmo di bei ricordi e tanta esperienza. Fra i tanti ricordi due in particolare, uno rivolto a tuo nonno paterno e l'altro all'instancabile Carmine che tanto ha contribuito in tutti questi anni. In bocca a lupo!!

MICHELE ... Caro Riccardo. Dalle tue parole si capisce tutta la tua tristezza. Io non conosco i motivi. Ma so benissimo di che pasta sei fatto e chi ti ha insegnato queste tue passioni. In bocca al lupo. Sempre al VOSTRO fianco BETTY ... Ricordo l'estate di vent'anni fa ,io con le amiche al Ricaroka...quanto divertimento quando Marcello con in mano la macchina fotografica mi invita ad andare nel privee dove Raul Bova agli inizi della sua carriera festeggiava il suo compleanno .Conservo la foto nel cassetto .In bocca a lupo per tutto Riccardo un bacio Betty

Lo status con il quale Riccardo ha annunciato la chiusura del Ricaroka e alcuni dei numerosi commenti che sono apparsi sotto lo shockante post Facebook nelle ore successive.

GIUDIZIARIA

SanLuca“lamamma” Mercoledì viene arrestato dagli agenti della Squadra Mobile di Reggio Calabria e dallo Sco di Roma il latitante Antonio Pelle, 54 anni, boss della “famiglia Pelle-Vottari”. Latitante dal 2011, viene soprannominato “Vanchelli” e “la mamma”. Di San Luca ritorna a parlare, non sempre in maniera esatta, la stampa nazionale. Il passato del “paese” è nella storia tragica della cronaca nera e giudiziaria. La ripresa della faida tra i “Pelle-Vottari” e i “Nirta-Strangio”, con la strage di Natale del 2006 si ferma il 15 agosto 2007 davanti a sei morti, tutti giovani, uccisi a Duisburg.Seguirà l’operazione Fehida, che racconta l’evoluzione dei sodalizi criminosi operanti a San Luca sin dagli anni Settanta. Ecco come gli investigatori descrivono il centro aspromontano di San Luca, da loro punto di vista: “Nel corso dei decenni, è stato attraversato da mutazioni che hanno interessato gli assetti del potere ‘ndranghetistico locale e che, storicamente, possono essere riconducibili a tre consecutivi periodi temporali. Il primo periodo è riferito agli anni ’70, il

secondo decorre dal 1979 e giunge sino alla prima metà degli anni ’90, il terzo si avvia alla fine del 1994 giungendo sino ai giorni nostri”. “Nel corso degli anni ’70 sulla base delle risultanze investigative emerse dalle varie indagini svolte sulle cosche di San Luca e secondo quanto narrato da alcuni collaboratori di giustizia i gruppi mafiosi operanti in San Luca erano essenzialmente tre : N., R. e M.”. “Ciascuno dei gruppi, costituiti da un gran numero di componenti, molti dei quali impiegati come “operai forestali”…, era legato agli altri due sia da vincoli di parentela che derivati da riti quali battesimi, cresime e matrimoni, e pertanto da collegamenti di “comparaggio”. Essi si “spartivano” la superficie del comune montano di San Luca e di alcune località comprese nelle immediate vicinanze, dividendo tutto in tre aree ove, tradizionalmente, si cercava soprattutto di impossessarsi della proprietà di appezzamenti di terra sempre più vasti, in vista dello sfruttamento ai fini di pascolo, e quindi per l’allevamento di bestiame. Si trattava

in ogni caso di anni in cui, accanto alle attività criminali connesse all’esercizio di attività agricole, erano intraprese iniziative sempre più importanti nei settori delle guardianie, delle estorsioni, dei sequestri di persona e del traffico degli stupefacenti. Le tre organizzazioni ‘ndranghetistiche agivano autonomamente e difficilmente si ostacolavano tra loro nelle attività criminali, e quando vi erano contatti con elementi di altri paesi, la rappresentanza era assunta dagli esponenti della famiglia N. alias…, quali capi riconosciuti da tutti gli esponenti della ‘ndrangheta della provincia reggina”. “Il secondo periodo, quello compreso tra il 1979 ed il 1990, vedeva la fusione dei primi due gruppi in un’unica grande organizzazione criminale, facente capo ai P.-R.-N. Le ragioni di siffatta “metamorfosi” andrebbero ricercate sia in un rinnovato e più razionale sforzo investigativo operato positivamente in quegli anni dalle Forze di Polizia, che portò all’arresto di numerosi capi famiglia e di altrettanti esponenti di spicco delle consorterie in esame, sia nel prepotente

ingresso della ‘ndrangheta sanluchese in quel lucroso “business” costituito dai grossi traffici di sostanze stupefacenti e di armi, che necessitò di un modellamento nuovo dell’organizzazione per affrontare con efficienza il più vasto impegno ed i nuovi rapporti nazionali ed internazionali instaurati il 18.07.1989 la Procura della Repubblica di Locri emetteva ordine di arresto provvisorio nei confronti di 23 persone”. “Il decennio degli anni ottanta, il secondo periodo nell’evoluzione degli equilibri criminali di San Luca si può definire come una sorta di “ cuscinetto” tra quello che lo aveva preceduto e quello successivo, nel corso del quale si consolidano gli assetti appena descritti, i gruppi criminali ormai ben delineati nelle loro rispettive branche di influenza crescono e prosperano e si pongono i primi problemi di “convivenza”, che sfoceranno in una contrapposizione sempre più manifesta che esploderà nella sua massima violenza nei primi anni del decennio successivo, per trascinarsi fino ai giorni nostri”.



RIVIERA

LACOPERTINA

Mercoledì scorso è stato catturato Antonio Pelle, l'ennesimo boss che latitava in casa sua. A chi sono utili questi superlatitanti che di tanto in tanto vengono stanati come topi di fogna?

STANATA A BOVA PEDINA DI RISERV MARIA GIOVANNA COGLIANDRO No, non ditemi che siete rimasti stupiti. Suvvia... Una scena già vista, centinaia di volte. Latitava a quattro passi da casa Nino Lo Giudice, meglio conosciuto come il Nano, il pentito autoaccusatosi di aver messo nel 2010 le bombe all'ingresso della Procura Generale di Reggio Calabria e davanti all'abitazione del magistrato Salvatore di Landro. Latitava a casa sua Paolo Alvaro, posto ai vertici della cosca "Carni i cani": si nascondeva in un bunker sotterraneo, con comoda anta scorrevole sui binari. Latitava a casa sua Ernesto Fazzalari, ricercato da oltre 20 anni e ritenuto il latitante più pericoloso, dopo Messina Denaro, oltre che il più feroce capo della 'ndrangheta. Sorpreso nel sonno, si è ritrovato i carabinieri addosso e le manette ai polsi. "Uno dei gol più belli" ha esultato Angelino Alfano lo scorso 26 giugno quando lo Stato lo ha stanato. "Grazie a giudici e forze dell'ordine. Viva l'Italia!" - gli ha fatto eco il premier Matteo Renzi. A un tiro di schioppo da casa sua, tra cicorie e ricotte, nel 2006 veniva catturato, dopo 43 anni di latitanza, il boss dei

stesso, nel novembre del 2003 si recò presso la Superprocura di via Giulia, a Roma, e chiese di parlare con l'allora capo della Direzione nazionale antimafia, Pier Luigi Vigna. Riferì che Bernardo Provenzano, stanco e pieno di acciacchi, voleva trattare la resa. Ma non si trattava di una rese incodizionata: il messaggero chiese due milioni di euro perchè bisognava far credere che lo Stato avesse pagato per la sua consegna e che il re dei boss fosse stato venduto. Vigna si fidò o si volle fidare dell'inviato: per lui, prossimo alla pensione, la cattura di Provenzano sarebbe stata una succosa medaglia da appuntarsi al petto. Ma Vigna non potè contare su un'uscita col botto. Il messaggero smise di portare messaggi perchè nel frattempo il boss si era ammalato. Intanto alla guida della Dna arrivava Piero Grasso che non diede subito credito all'inviato speciale. Chiese di fargli avere una prova biologica di Provenzano da poter confrontare con il dna in loro possesso. Una prova che non arriverà mai tanto che Grasso bollerà la proposta di quel millantatore una "bufala colossale". Nell'aprile del 2006 - o forse a marzo, come si legge in alcune dichiarazioni di Grasso sentito nel dicembre 2012 sul caso Cisterna - la primula rossa verrà raccolta da Giuseppe Pignatone e Renato Cortese. Non so se anche in questo caso si possa esordire con un “l’hanno preso quando l’hanno voluto prendere”, così come fece il giudi-

Il Commissario Scura dopo 500 giorni dimostra di non conoscere le problematiche e, pertanto, non è in grado di proporre alcuna soluzione.Contalecomportamento,quindi,sirendepartecipedel “disegno criminoso” finalizzato alla chiusura dell’Ospedale.

SANITÀ

boss Bernardo Provenzano, tradito da un pacco di biancheria pulita e profumata, inviato dalla moglie. Una cattura così banale per quella "primula rossa inafferrabile", considerata allora al centro di ogni trama criminale. Mercoledì scorso è stata la volta di Antonio Pelle, l'ennesimo latitante in casa. È stato ritrovato nascosto in una sorta di loculo sopra l'armadio della camera da letto. È sbucato dal suo nascondiglio come una talpa. Lo cercavano da cinque anni, da quando, beffando tutti, era riuscito a evadere dall'ospedale di Locri. Era finito lì per una grave forma di anorresia, che poi si scoprì autoindotta in carcere con pillole dimagranti. Riuscì a fuggire, perchè essendogli stati concessi i domiciliari, non veniva piantonato ma controllato a ore. Era ritenuto dagli investigatori "il capo di quello schieramento che ha portato all'omicidio di Maria Strangio nel Natale del 2007 e che ha suscitato la reazione delle cosche opposte, culminata con la strage di Duisburg" e lo controllavano a ore. Torniamo un attimo a Provenzano, il supercapomafia onnipotente. Venne catturato l'11 aprile 2006, il giorno dopo quelle elezioni politiche che consegnarono la vittoria all'Unione. C'è chi dice che l'avevano già preso ma diedero la notizia dopo per non pesare sulla campagna elettorale. C'è anche chi sostiene che dovesse essere preso nel 2004. Un messaggero di Provenzano, come si definì lui

Locri: Il 22 ottobre si torna a manifestare per il nostro ospedale Mentre l’Ospedale cade a pezzi ed i reparti vengono smantellati, viene potenziato un reparto inutile (reparto truffa!) a scapito degli altri reparti fondamentali dal punto di vista sanitario.

A distanza di qualche giorno dalla visita del Commissario Scura all’Ospedale di Locri è necessaria e ritengo anche doverosa qualche ulteriore considerazione. Il Commissario Scura è ritornato a Locri a distanza di 500 giorni dalla sua prima visita. Quell’incontro, avvenuto nel maggio 2015 su esplicito invito del sottoscritto, era servito per evidenziare allo stesso, all’epoca solo da qualche settimana al timone della sanità calabrese, le gravi criticità che stavano attanagliando l’Ospedale della Locride con il serio rischio di portarlo alla chiusura. In quell’occasione Scura, dopo ore aver visto, udito e toccato con mano, sostenne “di aver ben compreso la gravità della situazione” e, dicendo “di aver trovato situazioni vergognose e peggiori dei presidi sanitari del terzo mondo” – parole sue - prese il solenne impegno che in poco tempo avrebbe adottato tutti quei necessari provvedimenti per correggere il tiro ed invertire la rotta, con il giusto obiettivo di garantire anche ai cittadini della Locride il diritto alla salute per come sancito dalla Costituzione Italiana. Di tempo ne è passato e malgrado le proteste e segnalazioni e con diecimila cittadini che lo scorso anno hanno

Autunno caldo: nei prossimi giorni verranno presentate nuove iniziative di protesta auspicando anche l’intervento del nuovo Prefetto di Reggio Calabria.


SETTIMANALE

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ALINO L'ENNESIMA VA DEI POTERI FORTI ce Peppino Di Lello dopo la cattura di Totò Riina. Quel che è certo è che mi viene difficile credere che Bernardo Provenzano sia stato catturato perchè aveva bisogno di indumenti puliti. Andiamo! Non penso che Provenzano si cambiasse le mutande ogni 43 anni! Quando una latitanza si protrae negli anni, come successo anche nel caso di Antonio Pelle, fa leva necessariamente, non solo e non tanto su un ambiente sociale colluso e tollerante con gli assassini, ma soprattutto su istituzioni complici guidate da un'attenta disattenzione. Politici, imprenditori, disonesti incensurati, insospettabili... un ingranaggio di elementi che ruotano sugli stessi cardini. Quando un latitante pericoloso viene catturato è perchè le maglie della rete di protezione si sono via via allentate fino a creare un buco enorme. Bisognerebbe chiedersi perchè la rete a un certo punto si sfilaccia, quali vantaggi - che per un periodo l'hanno resa forte - sono venuti meno. Le indagini giudiziarie, infatti, da decenni dimostrano che stanato un topo, ce n'è già pronto un altro che rosicchia affari e che può già contare su una nuova rete. E la lista dei 100 latitanti più pericolosi al mondo si rinnova di cattura in cattura. Buttare giù qualche birillo ogni tanto può tornare utile a qualcuno, ma perchè sia utile a tutti serve fare strike. E per fare strike deve scendere in pista la politica che fa

manifestato il proprio disagio, partecipando alla più grande e imponente manifestazione della Locride -, nulla sembra essere cambiato in positivo, ma al contrario vi è stato un vistoso peggioramento della situazione della sanità pubblica nel comprensorio. Nei giorni scorsi Il Commissario Scura ha ritenuto utile “ripassare” da Locri. Dall’incontro, rigorosamente a porte chiuse – per imposizione di qualche notabile “primario” - con il personale ospedaliero, è emerso chiaramente che a distanza di un anno e mezzo il Commissario Scura non aveva nulla di interessante da comunicare e, soprattutto, confermava di non aver portato nessun risultato utile per l’Ospedale e per i cittadini del territorio, che continuano a vedersi costretti a ricorrere a cure mediche presso gli Ospedali di Reggio e Catanzaro anche per banalità, con grave ed evidente disagio. Delle promesse di Scura fatte nel maggio 2015 non è rimasta traccia: non si hanno notizie dei fondi per la ristrutturazione dell’Ospedale che vengono tirati in ballo in ogni occasione preannunciando l’imminente inizio dei lavori, non vi è traccia della nuova “moderna” e non “contemporanea” apparecchiatura di risonanza magnetica – sembrerebbe che l’apparecchiatura promessa altro non sia se non uno strumento ormai superato e rimasto invenduto nello scantinato di qualche fornitore amico. Altresì non vi è traccia dei concorsi “trasparenti” per l’individuazione dei primari che rappresentano la parte fondamentale per il rilancio dei reparti del nosocomio Locrideo e si continua a non individuare valida soluzione per far funzionare l’elisoccorso anche nelle ore notturne malgrado l’inaugurazione di questo servizio sia stata fatta nel lontano maggio 2014 e non si può non ricordare che gli ascensori continuano a non funzionare. Il personale, medico e non, è stato lasciato in totale stato di abbandono. Peggio del terzo mondo eravamo e tali siamo rimasti. Con l’aggravante, però, che in tale periodo ci sono stati una decina di casi di malasanità dei quali il Commissario Scura è da considerare tra i responsabili morali.

Lo stesso Scura, con la visita dei giorni scorsi, non avendo risolto alcun problema, conferma di essere partecipe, in associazione con altri, al disegno criminoso che vuole smantellare a tutti i costi l’Ospedale della Locride. Ciò trova ampia dimostrazione nella partecipazione alla reiterata inaugurazione - con tanto di spumante e pasticcini – del Commissario Scura del “Reparto di Pneumologia” – il cui primario è anche Direttore del Dipartimento Aziendale Ospedaliero – che rappresenta una sgradevole invenzione per fini e obiettivi esclusivamente politici e che non si può non definire un “reparto truffa”, anche perché l’unico medico che aveva i titoli professionali per dirigere tale reparto è stato con arroganza e prepotenza “parcheggiato” altrove! A questo punto è obbligatorio porsi delle domande. Come ha fatto il Commissario Scura a non rendersi conto che, mentre l’Ospedale cade a pezzi e tutti i reparti sono carenti di attrezzature basilari, in controtendenza con tale situazione è stato allestito un nuovissimo Reparto di Pneumologia che gode invece di ottima salute e usufruisce di attrezzature e

strumenti all’avanguardia monitorati da un sistema di sorveglianza h24? Si è chiesto l’esperto Commissario perché tanta generosità ed evidente disparità rispetto agli altri reparti? Con tutto il necessario e dovuto rispetto per tale branca della medicina si è domandato il preparato e capace Commissario governativo se per i cittadini di Locri hanno priorità altri reparti? Come fa a non rendersi conto il buon Scura che il Pronto Soccorso e i reparti di Ortopedia, Chirurgia, Medicina, Radiologia, Pediatria, Nefrologia e altri settori fondamentali per la sopravvivenza dei cittadini sono invece in totale stato di abbandono e solo un reparto è stato “creato” e potenziato? Per tale motivo è evidente che anche Scura è partecipe a quel, già denunciato, disegno criminoso che ha l’obiettivo di chiudere l’ospedale con evidente mortificazione dell’intero popolo della Locride che, ormai stanco e avvilito, è costretto a subire quest’ennesima umiliazione. Scura è oggi corresponsabile del declino della struttura ospedaliera anche se il percorso di “smantellamento” ha origini lontane con enormi, se non

Politica e la scuola che Cultura. Non viviamo più nelle campagne di Assisi dove c'è pronto un San Francesco a mediare con il lupo che terrorizza gli abitanti e non siamo più nelle condizioni di sperare che qualsiasi altro santo semini la santità. E soprattutto non siamo più di fronte alla vecchia Cosa Nostra ma immersi in un sistema oligarchico che si muove su scala internazionale e che gestisce ingenti capitali di cui questi bruscolini di 'ndrangheta, catturati tra il clamore e lo stupore generale, non sentiranno mai l'odore. Questi superlatitanti, che nel migliore dei casi hanno la terza media in tasca, non contano nulla. Sono pedine di riserva, tirate fuori quando serve tirarle fuori. Chi conta veramente rimarrà insospettabile. E gli insospettabili sono persone piacevoli con cui si passerebbe volentieri una serata. La scuola che fa Cultura (della politica che fa Politica inizio a perdere le speranze) deve insegnare alle future generazioni come distinguere le persone con cui uscire fuori a cena. La scelta del governatore Oliverio e dell'Assessore alla Pubblica Istruzione Federica Roccisano di inaugurare l'anno scolastico a San Luca, paese che ha dato i natali a Corrado Alvaro e purtroppo anche a tante pedine di riserva, può essere un segnale importante, purchè la sua spia non sia a intermittenza.

esclusive, responsabilità della politica regionale. La “tragedia ospedaliera” è iniziata durante il Governo Chiaravalloti con Assessore alla Sanità il blasonato “Professore” Giovanni Filocamo – all’epoca contemporaneamente anche Deputato della Repubblica - è stato sostenuto dal Governatore Loiero con l’avallo dei consiglieri regionali Locridei Cherubino, Racco e Frascà, proseguito con il Governo Scopelliti e non interrotto dall’attuale governo regionale, impotente davanti all’arroganza e alle assurde decisioni del commissario Scura, imposto da Renzi al PD calabrese; ovviamente cotanto scempio davanti all’imbarazzante e incredibile silenzio dei consiglieri regionali di entrambi gli schieramenti schieramenti, sempre pronti a fare incetta di voti sul territorio, ma mai disponibili a promuovere azioni concrete per la Locride e, soprattutto, diventati “sordomuti” sulle problematiche della sanità. Sembra una triviale coincidenza, ma l’unico esponente politico che ha denunciato le storture e le malefatte dell’ex azienda sanitaria locale e, soprattutto, che aveva ben compreso l’obiettivo dello smantellamento della

sanità pubblica nella Locride era stato l’On, Franco Fortugno che, forse anche per questo, è stato brutalmente eliminato considerato che a distanza di dieci anni si continuano a non conoscere i reali motivi di tale efferato e brutale omicidio. Personalmente ritengo che se Franco Fortugno fosse rimasto in vita non avrebbe politicamente consentito quello che altri hanno invece avallato a danno di un intero territorio. Certamente così non si può continuare. L’“ospedale/poliambulatorio” in queste condizioni non ha motivo di esistere. Dopo quest’ennesima visita beffa del Commissario Scura e davanti al silenzio del personale sanitario che continua ad avere paura e a non ribellarsi a tale vergognoso sistema, verranno attuate nei prossimi giorni le iniziative da intraprendere insieme a quei sindaci che continuano a credere in questa battaglia, alle poche forze sindacali che giustamente continuano a denunciare alle competenti autorità disfunzioni, truffe e ruberie varie e al Vescovo che non ha mai fatto mancare il proprio sostegno. Di tutto ciò sarà necessario e doveroso informare il nuovo Prefetto di Reggio Calabria, che proprio nella lettera di presentazione ha dichiarato che non farà mancare il proprio appoggio allo sviluppo del territorio. Le cose gravi accadute e che, purtroppo, continuano ad accadere nell’Ospedale della Locride non possono e non devono portare alla chiusura del nosocomio per come qualcuno vorrebbe. Noi continueremo a NON stare zitti, anzi porteremo avanti tutte quelle azioni necessarie, pacifiche e democratiche per impedire che tale insano obiettivo venga raggiunto e continueremo invece a rivendicare per i cittadini della Locride una sanità giusta e adeguata sul proprio territorio. Noi continueremo senza tregua e senza paura a rivendicare il diritto per i cittadini della Locride ad avere una sanità adeguata, continueremo a difendere la Locride preparandoci a tante importanti iniziative finalizzate a ridare dignità e prestigio all’intero territorio. Giovanni Calabrese


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ATTUALITÀ

Monasterace, omicidio Mary Cirillo: chiesto l’ergastolo per il marito Giuseppe Pilato

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Ergastolo e isolamento diurno per un anno. Questa la pena chiesta dal Pubblico Ministero della Corte di Assise di Locri, Rosanna Sgueglia, per l'omicidio di Mary Cirillo, assassinata il 18 agosto 2014 in casa a Monasterace, dal marito, Giuseppe Pilato, con un colpo di pistola alla testa all’altezza della tempia. Dopo avere ucciso la moglie, Pilato si diede alla fuga e si costituì ai carabinieri il 23 agosto successivo. Movente dell'omicidio, secondo quanto è emerso dalle indagini, la gelosia di Pilato nei confronti della moglie. Dopo un anno di processo si è giunti alla discussione ed entro metà novembre è prevista la sentenza definitiva.

Siderno e Barcelos, Portogallo, sottoscrivono un gemellaggio per il miglioramento del tessuto sociale È stato sottoscritto ieri, in Portogallo, il gemellaggio tra i comuni di Barcelos e Siderno, voluto dai sindaci Miguel Jorge da Costa Gomes e Pietro Fuda al fine di valorizzare le attività culturali dei rispettivi paesi e incrementare la propria esperienza e conoscenza nell’ottica di migliorare complessivamente il tessuto sociale. La sottoscrizione del gemellaggio è stata effettuata da Pietro Fuda e dalla vicesindaco di Barcelos Armandina Saleiro, facente funzione di sindaco per sopraggiunti impegni istituzionali del primo cittadino portoghese da Costa Gomes. L’Amministrazione Comunale di Siderno

Riccardo Mauro è il vice sindaco della Città Metropolitana È Riccardo Mauro il vice sindaco della Città Metropolitana. Lo ha deciso all'unanimità il Consiglio metropolitano di Reggio Calabria, durante la seconda seduta a Palazzo Alvaro, dello scorso 30 settembre. «È necessario fare presto e bene – ha dichiarato Mauro – e bisogna partire dallo Statuto aprendo ai territori». Nel corso della seduta la discussione sullo Statuto ha registrato la convergenza dei consiglieri metropolitani sulla consapevolezza che esso dovrà essere il più compartecipato possibile. Inoltre, è stato deciso di pubblicare quella che sarà la bozza dello Statuto, che il consiglio metropolitano licenzierà il prossimo 19 ottobre. Sono state istituite tre commissioni che valuteranno la bozza di Statuto del nuovo ente e delibereranno separatamente gli otto titoli che lo compongono.

FLAG “IONIO 2”: Presentato il Piano di Azione Locale (PAL) Lo scorso giovedì 29 settembre, presso la Sala del Consiglio Comunale di Soverato, alla presenza dei membri dell’assemblea di presentazione del Piano di Azione di Locale (PAL) da parte del costituendo Gruppo di Azione Costiera “FLAG IONIO 2”, il presidente del Comitato promotore del Distretto Rurale del Medio Ionio e della Valle del Crocchio Domenico Gallelli ha approvato il piano di azione locale. Il PAL rientra nei finanziamenti del P.O. FEAMP ed è sviluppato sulla base di tre ambiti: rafforzare il sistema della filiera della pesca, creare azioni di diversificazione del settore ittico attraverso l’incremento turistico e ittituristico, valorizzare la costa. Grazie al lavoro al gruppo tecnico individuato dal partenariato, costituito dai professionisti Luisa Caronte, Rosario Condarcuri, Pantaleone Mercurio, Guido Mignolli, Monica Mollo, Gregorio Muzzi, Stefano Zirilli, Alessandro Zito, si è potuto elaborare un programma di azione locale fondato sull’analisi delle debolezze significative del settore (ma anche dei valori chiaramente espressi, delle potenzialità, dei risultati che emergono da azioni svolte più di recente), e lo si è potuto presentare nei tempi previsti dal Bando, PO FEAMP 2014-2020. Il Partenariato costituito da oltre 60 partner rappresenta il Gruppo di Azione Costiera per la pesca più grande della Calabria. Esso comprende i comuni che partono da Belcastro e passano da Botricello, Cropani, Sellia Marina, Simeri Crichi, Catanzaro, Borgia fino ad arrivare a Bova Marina. La collaborazione e la sinergia fra enti territoriali nati per lo sviluppo locale hanno individuato il Comune di Roccella Ionica amministrato da Certomà Giuseppe, che si è assunto in questa fase il ruolo di Capofila del Progetto.

‘ndrangheta: sequestrato Gioiello del mare di Brancaleone e 217mln di beni Quote societarie, fabbricati, terreni, rapporti finanziari e anche un villaggio turistico per un valore complessivo di 217 milioni sono stati confiscati dalla Guardia di finanza all'imprenditore Antonio Cuppari, attualmente ai domiciliari e condannato a 10 anni di reclusione per associazione mafiosa in quanto ritenuto legato alla cosca Morabito di Africo. Alla confisca dei beni, tra la Calabria e il Lazio, hanno proceduto i finanzieri del comando di Reggio Calabria e dello Scico, coordinati dalla procura di Reggio. Tra i beni confiscati anche il villaggio turistico 'Gioiello del Mare' di Brancaleone. Gli accertamenti della Gdf hanno consentito di portare alla luce una discordanza tra il patrimonio direttamente o indirettamente a sua disposizione ed il reddito dichiarato. Secondo l'accusa, Cuppari conduceva i suoi affari "in totale dipendenza delle scelte, alleanze ed interessi del clan Morabito a cui faceva riferimento" che "deteneva di fatto una quota occulta di potere decisionale".



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SOCIETÀ

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Locride

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Insieme al Governatore Oliverio, Carlo Tansi ha avviato un cambiamento radicale del Dipartimento di Protezione Civile regionale, un tempo al centro di interessi di grossi gruppi che hanno avuto un ruolo importante nella gestione di appalti. Un dipartimento oggi bonificato e cheTansi vorrebbe veder crescere se non fosse per un ostacolo insormontabile: l’elefante Burocrazia.

A chi fa paura il binomio

Oliverio-Tansi?

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO Qualcuno ha proposto di clonarlo come la pecora Dolly, ma i più lo considerano una pecora nera. Sì, perché Carlo Tansi, responsabile della Protezione Civile regionale, potrebbe ostacolare quella politica che teme di perdere privilegi acquisiti e cementificati negli anni. E, colmo dei colmi, potrebbe essere proprio il responsabile della protezione civile la causa di un violento terremoto. Quello dello stesso Dipartimento cui è a capo. Lo scorso mercoledì l’abbiamo raggiunto telefonicamente per avere chiarimenti in merito allo sfogo palesato su facebook, in cui minaccia di abbandonare la nave. In un’intervista del marzo scorso ha dichiarato: “Io mollare? Mai! Non è nella mia natura!”. Aggiungendo che più è contrastato, più è pervaso da un’immensa energia che la porta a reagire alle provocazioni di certi miserabili avvoltoi. Che fine ha fatto quell’energia? Non ho mai pensato minimamente di dimettermi. Ho solo minacciato di farlo per smuovere questo baraccone, questo elefante che è la burocrazia e che oggi affligge l’intera Regione Calabria. I politici passano, i funzionari e i dirigenti purtroppo restano. Il mio è un grido d’allarme. Perché sento sulla testa tutto il peso della responsabilità. Io mi ritrovo c o n una

sala operativa che ogni qualvolta ci sia maltempo va via la luce, se va via la luce non possono partire i messaggi di allerta per i comuni e se i comuni non vengono allertati e qualcuno ci rimette la pelle sotto un’alluvione io sono responsabile penalmente. Qual è il progetto rimasto bloccato su quella scrivania e per cui ha minacciato di dimettersi? È un progetto di informatizzazione della sala operativa che prevede la doppia fibra ottica - così nel caso in cui si perdesse una linea in caso di emergenza, ne abbiamo a disposizione un’altra - e il collegamento satellitare (sicuro in caso di terremoto perché prescinde dai ponti), con dieci celle di sicurezza, una sorta di bunker distribuiti in tutti i principali centri della Calabria che, in caso di terremoto, anche se tutto dovesse crollare, rimangono in piedi; all’interno di queste celle in metallo sono posizionati un telefono, un computer e una linea internet di emergenza. È necessario, inoltre, un moderno sistema di App. Abbiamo progettato, ad esempio, Easy Allert, un progetto inizialmente rallentato dalla burocrazia ma finalmente sbloccato. Si tratta di un’app che permette di segnalare in tempo reale il verificarsi di una calamità e che grazie alla geolocalizzazione è in grado di guidare con precisione la macchina dei soccorsi. Inoltre, offre la possibilità di scattare una foto e inviarla immediatamente così da far comprendere l’entità dei danni. L’app è gratuita e funziona anche off line, quindi senza l’aggancio alle celle della telefonia mobile, che in caso di terremoto possono andare in tilt. Un altro progetto sperimentale su cui stiamo lavorando permette, invece, di individuare quali sono le aree sicure in cui recarsi in caso di emergenza. Anche in questo caso si sfrutterebbe il sistema di geolocalizzazione satellitare che oggi qualunque smartphone consente. E anche in questo caso l’app sarebbe gratuita e funzionerebbe off line. In passato ha presentato esposti su distrazioni di fondi e ha subito minacce. Ad agosto, invece, sono stati dati alle fiamme i container della protezione civile… Ho presentato quattro esposti; tra questi, uno riguardava la gestione degli interventi di messa in sicurezza del territorio di Vibo a seguito dell’alluvione del 3 luglio 2006, u n a

gestione che personalmente ritengo alquanto discutibile. Erano stati stanziati 48 milioni. Eppure Vibo continua ad andare sott’acqua quando si verificano eventi alluvionali. Abbiamo passato al setaccio gli ultimi tre anni di gestione del dipartimento e sono stati individuati, a mio avviso, dei profili di responsabilità penale che saranno vagliati dalla Procura di competenza. Non so se ci sia un collegamento tra le minacce subite e gli esposti che ho presentato, questo lo stabilirà l’autorità giudiziaria. Quel che è certo che io nel marzo scorso ho subito telefonicamente una minaccia di morte e l’autorità ha aperto un fascicolo per individuare da dov’è partita la chiamata. Nel mese di agosto, invece, dopo il terremoto di Amatrice l’incendio al CAPI (Centro Assistenziale di Pronto Intervento), un incendio che i vigili, nella loro relazione, definiscono di natura probabilmente dolosa. Anche in questo caso sono in corso delle indagini. Se l’incendio non fosse stato sedato per tempo avrebbe fatto danni di milioni di euro perché lì si trovano tutti i mezzi che servono per intervenire in caso di emergenza: tende, cucine da campo, torri faro, letti, padiglioni igienici, gruppi elettrogeni... Il Centro è un polo di riferimento per tutta l’Italia meridionale in caso di emergenza. Dalla sua parte, nei piani alti, ha potuto contare solo sul Presidente Oliverio anche lui determinato verso la strada del cambiamento… A chi fa paura il binomio Oliverio-Tansi? Probabilmente a chi si oppone al cambiamento. Ci sono tanti interessi consolidati negli anni alla Regione Calabria e a chi viene sottratto questo potere si allarma. Io vorrei semplicemente avere una squadra tecnica altamente specializzata e non poter contare soltanto su autisti o, in sala operativa, su telefonisti. Vorrei elevare il livello dell’informatizzazione e adeguare la protezione civile regionale agli standard tecnologici; non dimentichiamo che viviamo nella regione d’Italia più esposta ai rischi naturali. Esponenti della vecchia politica mi attaccano ogni giorno ma basta digitare su Google per vedere chi sono. Comunque, dalla mia parte non ho avuto soltanto il presidente Oliverio, che conosco da diversi anni e con cui ho condiviso altri percorsi virtuosi quando era presidente della Provincia di Cosenza e io facevo il ricercatore del CNR. Grande disponibilità c’è stata, infatti, anche dal professore Antonio Viscomi e una particolare attenzione da parte del Direttore del Dipartimento Programmazione Nazionale e Comunitaria Paolo Praticò, entrambi per aspetti diversi - determinanti nel neutralizzare la burocrazia imperante nella Regione. Hanno favorito la rotazione del 60% dei dirigenti, un fatto che non si è mai verificato nella storia della Regione Calabria. Dopo il suo post su Fb ripreso da molte testate, Flora Sculco, in una nota, dichiara “Tansi, evidentemente, non è in sè” definendo il suo sfogo uno sproloquio; la invita, poi, a evitare sregolatezze comportamentali ricordandole che già in passato per le sue espressioni avven-

tate è stato convocato dalla Commissione Vigilanza e Controllo, che non prese provvedimenti solo perché lei chiese pubblicamente venia. Come hai interpretato questo suo invito? Io non commento, lascio ai calabresi una libera interpretazione. Ponte sullo Stretto. Oliverio è favorevole a patto che se ne parli all’interno di un piano infrastrutturale più ambizioso e completo. Lei cosa pensa? Il Ponte sullo Stretto può anche essere realizzato con criteri antisismici, perché la tecnologia lo consente, però, se si dovesse verificare un forte terremoto, crollerebbero molti edifici abusivi o non adeguati a criteri antisismici, sia a Reggio che a Messina; per cui il ponte rimarrebbe in piedi e, come ha già detto il mio collega Mario Tozzi, collegherebbe due cimiteri. Pensiamo, quindi, prima a spendere i soldi per mettere in sicurezza le scuole dove vanno i nostri figli e gli edifici dove viviamo; dopo aver risolto questo e altri problemi penseremo anche al ponte. Tra i contrari al Ponte sullo Stretto c’è chi sostiene che sfregerebbe il panorama. Ma lo Stretto è stato già deturpato dall’abusivismo edilizio. A che punto siamo con la lotta all’abusivismo? Nel 2016 esistono dei mezzi favolosi per individuare le zone abusive, ovvero le immagini dal satellite. È chiaro che le case non nascono nell’arco di una notte. Ci sono delle grandi responsabilità da parte dei sindaci, delle polizie municipali. Spesso invito l a polizia municipale, anziché f a r e multe a chi viene beccato dall’autovelox a oltrepassare di un chilometro all’ora il limite consentito, di vigilare sulle case abusive. La lotta all’abusivismo devono farla i comuni, i sindaci e la polizia municipale. Oggi a quasi un anno dalla sua nomina, dopo aver cercato di tirare la Calabria fuori da tutt’altro fango, riaccetterebbe di diventare responsabile della protezione civile? Quando il presidente Oliverio mi prospettò questa possibilità, mi delineò il quadro della protezione civile: un ambiente malsano a causa di interessi di grossi gruppi

che hanno avuto un ruolo importante nella gestione di appalti. A distanza di un anno posso dire che c’è stata un’operazione di bonifica. Molte cariche sono state rinnovate - quasi tutte - sono state esposte denunce, sono stati dati segnali di cambiamento. Bisogna avere il coraggio di mettere le mani nel fango sennò questa regione non cambia mai. Io ho accettato questa sfida e la riaccetterei più che mai. Appena arrivato la prima cosa che ho notato è stata la presenza di tre camion di grandi dimensioni con all’interno attrezzature molto sofisticate che consentono di individuare tra le macerie persone ancora in vita, aprire dei varchi e buttare giù anche pareti in cemento armato. Sono stati acquistati nel 2011, costano 600 mila euro ciascuno, e dal 2011 al 2015, data del mio insediamento, non sono mai stati immatricolati e quindi assicurati. Giacevano nel deposito, nella naftalina. La prima azione che ho fatto è stata, quindi, di immatricolarli e assicurarli e per il terremoto di Amatrice sono stati messi a disposizione della colonna mobile nazionale, perché sono vitali. Sul suo profilo fb scrive “È degno di stima chi circondato dal fango non si sporca”. Quanto è difficile rimanere intatti? È difficile ma non impossibile. Quando si individuano delle situazioni di illegalità bisogna avere il coraggio di informare l’autorità giudiziaria. Purtroppo spesso si rimane a lavorare nel proprio alveo ma, se io guardo solo al mio operato e chiudo gli occhi su quello degli altri, ho un atteggiamento mafioso. C’è molta gente in Calabria che vuole il cambiamento, però purtroppo non ha lavoro e deve adeguarsi a questo clientelismo imperante che vuole il sottosviluppo e precarizzare le persone. Se tutti avessero un posto fisso avrebbero più libertà di denunciare e prendere posizione.



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LASTORIA

Antonella Panetta, ragazza di Caulonia, è rientrata dal suo periodo di volantariato in Messico. È andata per portare aiuto agli ultimi del mondo e, quando altro non è riuscita a fare, ha strappato loro un sorriso. Ha regalato ai bambini del Messico una parte della sua vita.

Emigrare è un diritto quando non si è costretti a farlo People will forget what you said. They will forget what you did. But they will never forget how you made them feel

(Maya Angelou)*

SONO UN CITTADINO, NON DI ATENE O DELLA GRECIA, MA DEL MONDO. (SOCRATE)

i sono sempre chiesta che senso avesse l’espressione mediatica “crisi rifugiati”, ossia la parola “crisi” unita a quella di “rifugiati”. Di certo se fossi nelle condizioni tali da rientrare nello status di rifugiata, sarebbe un edulcorato eufemismo definirmi “in crisi”. Ciò che si sta verificando a Tijuana alla frontiera nord del Messico a partire da maggio, più che una crisi è solo la punta dell’iceberg di un movimento migratorio iniziato dopo il 2010, esattamente dopo il disastroso e tragico terremoto che ha colpito Haiti. Ma non erano le folle di uomini e di donne a essere in crisi (a quella sono già tristemente abituati da tempo), ma era Tijuana a essere in crisi. Abituata al flusso oramai “normale” di deportados e di migranti dal Centroamerica, non si è resa conto dei cambiamenti degli equilibri sociali in atto. Quello che si stava verificando è sembrato a tutti noi della Casa del migrante qualcosa di anomalo, qualcosa a cui inizialmente non riuscivamo a dare una spiegazione, ma che di certo ci ha trovati impreparati. Decine di persone attendevano di entrare in uno dei pochissimi posti in grado di proteggerli realmente e di garantire loro un po’ di riposo e una boccata di speranza dopo settimane di viaggio. Così, pur essendo un posto per soli uomini, abbiamo iniziato ad aprire la porta anche alle numerose donne partite coi loro bambini e rimasti per strada; abbiamo cominciato a raccogliere informazioni cercando di capire perché decine di persone provenienti dall’isola caraibica e intere famiglie messicane avessero deciso di spingersi fino alla frontiera, diretti verso gli Stati Uniti a chiedere asilo politico in questo esatto periodo storico. E ciò che è emerso dalle nostre interviste è stato un drammatico e complesso contesto di violenza generalizzata, di giovani uomini e giovanissime madri sole, senza una rete sociale, istituzionale e familiare solida che li proteggesse dai soprusi di un ambiente dominato dagli abusi e dal giogo delle organizzazioni criminali legate al narcotraffico. Specie negli stati di Guerrero e Michoacan che, con il loro altissimo tasso di criminalità e il loro primato nel numero di omicidi, rientrano nella lista delle aree (non in guerra) più pericolose al mondo. Storie di sequestri, uccisioni, minacce senza fine o semplicemente di paura, paura che tutto questo possa prima o poi coinvolgere i propri famigliari e risucchiare nel vortice della manovalanza nera fratelli, mariti e figli ancora adolescenti. Alcuni di loro purtroppo sono stati rispediti al mittente dopo essere stati trattenuti per giorni in dei centri di detenzione statunitensi. Perché per i messicani è difficilissimo ottenere una protezione, il Messico è

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grande e ci si potrebbe trasferire in uno dei trentuno stati che sia più “sicuro”. La storia e la cronaca dell’intero Paese, però, ci raccontano tutt’altro. E poi storie di giovani costretti ad abbandonare la propria terra dopo un catastrofico terremoto che ha obbligato quasi un’intera generazione a emigrare in cerca di condizioni di vita migliori, scegliendo come prima tappa il Brasile, che sull’onda di un’economia in crescita ha dato loro opportunità di lavoro, fino alla sua attuale profonda crisi politica e sociale che li ha spinti a intraprendere una nuova rotta che, dal Perù, attraversa l’Ecuador, la Colombia, Panama, Costa Rica, Nicaragua, Honduras, Guatemala fino in Messico, dove con un permesso di 21 giorni giungono a Tijuana verso il sogno americano. Un percorso migratorio identico per tutti, che non li ha risparmiati da pericoli, estorsioni e mazzette quasi a ogni frontiera; difficile per noi non sospettare che ci sia dietro un vero e proprio traffico di esseri umani. Alla frontiera sud, poi, sono in molti a mentire sulla loro nazionalità. La maggior parte, per la lingua che li accomuna, dichiarano di essere congolesi, dando seguito a voci che dicono che si possa avere più chance se si è considerati africani, specie per poter chiedere asilo, perché povertà e mancanza di lavoro non sono motivazioni valide per poter ottenere questo tipo di protezione; il terremoto ad Haiti c’è stato nel 2010 perciò nep-

pure la catastrofe naturale può essere per loro più motivo di protezione umanitaria, nonostante le gravissime conseguenze che questo evento comporta ancora oggi per un paese già poverissimo. Anche alla Casa si presentano come africani, ma dopo un’iniziale ritrosia e comprensibile timore riusciamo con un po’ di pazienza, di ironia e con l’aiuto dei compagni haitiani giunti prima di loro a conquistare la loro fiducia. Quasi duecento ospiti presenti e per alcuni di loro, finiti i posti letto a disposizione, come un gioco a incastri siamo riusciti a ricavare piccoli spazi nel suolo su materassi e sacchi a pelo. Gruppi di giovani haitiani hanno iniziato così a chiedere rifugio, a spingere dietro la porta in attesa che un posto per loro si liberasse. È stato molto difficile per noi dover dire a molti: “ci dispiace ma non c’è più posto”. Sono stati giorni di duro lavoro e costante mediazione nonostante i divari linguistici. Richieste di ospitalità e spesso di vero e proprio aiuto a qualsiasi ora del giorno e della notte. Da subito ci è stato chiaro quanto le autorità, sia messicane che statunitensi, stessero sottostimando ciò che si stava verificando, dimostrando inadeguatezza nel modo di intervenire o di non intervenire considerandolo un evento occasionale. Con il passare dei giorni, però, insieme agli altri centri di accoglienza della città, che da mesi si stanno facendo carico di questa ina-

spettata situazione, abbiamo iniziato a prendere atto del fatto che questo movimento migratorio stava assumendo tutte le caratteristiche di un fenomeno strutturale e che anche ciò che stava accadendo al di là dell’oceano non era così lontano come poteva sembrare, non riguardava solo il Mediterraneo o l’Europa, ma stava coinvolgendo tutti a livello mondiale. I movimenti migratori hanno sempre fatto parte della storia dell’uomo, si emigra per tantissime ragioni ed emigrare è un diritto quando non si è costretti a farlo. Ma negli ultimi vent’anni le emigrazioni forzate sono aumentate esponenzialmente a causa di guerre, violenza, persecuzioni ad opera di governi dispotici, per catastrofi naturali e una conseguente estrema povertà. Ma per qualsiasi ragione un essere umano decida di emigrare, perché costretto da una sola di queste cause, verso un paese più sicuro per sé e per la propria famiglia, in un luogo in cui una vita dignitosa è possibile, abbiamo il dovere di aiutarlo e accoglierlo. Perché tutti abbiamo diritto ad un’altra possibilità. E non saranno certo nuovi muri a fermare questo desiderio di vita. Antonella Panetta *(Le persone dimenticheranno ciò che hai detto. Dimenticheranno ciò che hai fatto. Ma non dimenticheranno mai come le hai fatte sentire)



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RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Quei ragazzi della V A non vissero nel Paese delle Meraviglie Caro Direttore, dopo lo sconcerto che le lettere di Alba Oppedisano e di Mimmo Pellegrino pubblicate dalla Riviera hanno creato negli autori del libro “Quei ragazzi della V A”, ma soprattutto nei lettori e negli stessi protagonisti di quel fantastico gruppo, che tale resta aldilà di qualunque interpretazione distorta o fuorviante, si impone qualche precisazione. Non importano le interpretazioni più o meno non veritiere, importa invece sottolineare che le code avvelenate postume nulla hanno a che vedere con il periodo gioioso e straripante di armonia di quel gruppo. Ne consegue che, se nel libro è stata raccontata la frattura tra due di quei ragazzi, Mimmo e Pietro, la ragione va cercata in una ferita mai rimarginata, ma si tratta di una ferita inferta da nessuno dei due protagonisti, semmai dai silenzi assordanti – tra l’altro ampiamente ricordati nel libro - che hanno caratterizzato i rapporti tra i due. E allora perché parlarne, dopo m e z z o secolo degli anni della V A? Una risposta potrebbe essere, e per noi lo è, la seguente: è solo rimpianto e nostalgia travestiti da rabbia, perché quel legame fraterno è stato spezzato non tanto dalla realtà lavorativa di Mimmo e Pietro quanto, vale la pena di ribadirlo, dai silenzi non solo assordanti ma anche incomprensibili del primo, durante la malattia del secondo. Raccontare questa frattura in un libro che celebra l’amicizia tra un gruppo di ragazzi che ha fatto epoca può sembrare un controsenso, ma la si è voluta riportare proprio per evitare che passasse l’idea che “Quei ragazzi della V A” vivessero nel “Paese delle meraviglie” e fossero immuni dal contagio dei veleni della realtà esterna. Si è chiesto, Mimmo, come mai Pietro conservasse e conservi ancora le sue lettere e le sue foto che risalgono al 1962? Quanto ad Alba e al suo commento a proposito della famosa cottarella di cui si parla nel libro, che dire? Nulla, assolutamente nulla perché nulla c’è da dire se non che è impossibile non concordare con lei sul fatto che, a diciotto anni, la “cottarella” è un classico di quell’età. Nel caso specifico, però, la citazione voleva (e vuole) essere un tributo alla vivissima intelligenza di una bellissima ragazza e questo, per colui che la cottarella per lei se l’è presa, appare un omaggio ed un doveroso riconoscimento. Parola di Romano, Edda! Ed ora un’informazione ai lettori della Riviera, che saranno rimasti stupiti e forse spiazzati dal tono delle lettere di Alba e Mimmo. Quei ragazzi della V A sono stati una realtà vera ed autentica nella storia dell’Istituto tecnico “G. Manzoni” di Siderno e code urticanti del tipo di quelle qui riportate nulla tolgono al valore della testimonianza di quelle pagine. Lo sanno bene gli amici di allora e di oggi, accorsi in gran numero (e con le lacrime agli occhi) alla presentazione del libro in quella magica serata del 23 luglio scorso nella suggestiva cornice della Villa comunale di Siderno. Ma lo sanno bene anche i lettori del libro che hanno apprezzato quella “passeggiata” a ritroso nel tempo se, grazie a loro, il libro è alla sua terza ristampa. E’ noto che i proventi del libro sono stati e saranno devoluti in beneficenza. Grazie per l’ospitalità. Enzo Movilia e Pietro Parisi

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Importante nomina nazionale per Filippo Luca Fimognari Il dottore Filippo Luca Fimognari apprezzato medico originario di Locri, in servizio come Primario del reparto di Geriatria dell’Ospedale Annunziata di Cosenza, dopo una sua prima permanenza all’ospedale “Vittoria” di Torino, è stato eletto presidente nazionale della Società di Geriatria Ospedale e Territorio (Sigot). La sua elezione ha avuto luogo a Roma a seguito di apposita riunione del Consiglio direttivo della Società. La sua elezione all’importante carica suggella il suo impegno in un settore particolarmente importante della sanità Italiana. Filippo Luca Fimognari, anche se da molti anni opera lontano dalla Locride, è particolarmente conosciuto nel territorio anche perché , oltre ad essere professionista particolarmente apprezzato per le sue capacità e per il suo impegno, è figlio del Senatore Giuseppe Beniamino Fimognari, già sindaco di Gerace e politico di primo piano del territorio ai tempi della cosiddetta prima Repubblica.

Amazon distribuirà nel mondo i prodotti Made in Calabria Un colosso come Amazon distribuirà nel mondo l'artigianato calabrese. I manufatti Made in Calabria realizzati dai nostri artigiani imboccheranno la strada dell'internazionalizzazione grazie a un accordo tra la Regione e una delle più grandi aziende di commercio elettronico mondiale. "La qualità delle produzioni e il rapporto con il mercato attraverso la rete innovativa - ha affermato il governatore Oliverio - possono fare della nostra regione un punto di riferimento importante e possono consentire alla Calabria di fare emergere potenzialità che fino ad oggi non sono state pienamente espresse. Ora spetta a noi, ai produttori, alla rete utilizzare al meglio questo canale, non esclusivo ma molto importante, per agevolare il confronto con il mercato".

UDITE, GENTE, UDITE! Madonna del Rosario e Catoja:un binomio vincente di grande richiamo popolare.Perché non organizzare i due eventi insieme? Altro che Gerace! Faremmo venire gente da tutta la Calabria!!! E il nome di Benestare sarebbe sotto i riflettori dei media per oltre una settimana. Quanto lardo potrebbe colare! Ne trarrebbe vantaggio la nostra storia contadina, l'ambiente, il gesso, l'estate, le tradizioni popolari, le farse carnascialesche,il teatro popolare, la cucina casereccia, il maiale, e, perché no: qualcuno potrebbe anche pensare di aprire una pizzeria, un ristorante, o riaprire l'ex Bar Galletta/Caminiti, la cui chiusura pesa sulla coscienza di molti, perché un paese senza il suo bar storico sempre spento, dove ognuno di noi ha lasciato una fetta di giovinezza, non può restare al buio anche nei giorni di festa. Insomma sarebbe un input per far risorgere il nostro paese. Udite, gente, uditeeeee.... Franco Blefari

L’angolo di Parrello

C'è posta del mio Amore? L 'altro giorno, un postino ora in pensione mi raccontava di quando ai suoi tempi suonava per consegnare la posta e le ragazze accorrevano a chiedere se ci fosse qualcosa inviata dal loro amore. Lasciava tante lettere alle ragazze e queste ne erano felici.

"E adesso, Giuseppe, che tu sappia non se consegnano più? " - " Ma Franco, non lo sai che i giovani oramai con il telefonino si scambiano messaggi in continuazione? Ora arrivano solo bollette di luce, gas, acqua e continui solleciti di pagamento. Una

volta ci si muoveva in bicicletta, adesso si utilizza il motorino e appena la gente ne avverte il rumore si chiude in casa, sperando che non senta suonare il proprio campanello". "Ciao Giuseppe e buona giornata ". Franco Parrello



SOCIETÀ

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DOMENICA 09 OTTOBRE 16

Cosentino:“Locride, non aver paura di spiccare il volo” «Io non credo che il problema della Locride sia la sua caratura criminale, quanto piuttosto un’epidemia di cui la sua popolazione è vittima: quella della “rassegnazione al peggio”. Voi locridei dovete valorizzarvi di più, perché, vedete, io penso che la Calabria sia come una conchiglia che sembra vuota, ma all’interno della quale puoi sentire il mare. E ve lo dice un pugliese che trascorre ogni suo momento libero in una terra bellissima come il Salento. «Voi avete delle risorse umane e naturali incommensurabili. Recentemente ho fatto una gita a Pietra Cappa e, camminando lungo il percorso della fiumara Laverde, sono naufragato in quella vertigine di rocce e ginestre, in quegli abissi di verde e blu, di una bellezza che è un po’ come voi: non decisa, vittoriosa e consapevole, ma struggente, sofferta e rassegnata. Forse si tratta di una rassegnazione che deriva dalla natura sismica del territorio, che spinge a non costruire nella consapevolezza che entro un centinaio di anni tutto sarà scomparso. Eppure sono convinto che questa rassegnazione, questa malattia del “chi tu faci fari”, vada combattuta, perché può essere più criminogena della ‘ndrangheta. «Anche umanamente, la vostra è una bellissima realtà, della quale non siete pienamente consapevoli. La gente, infatti, non vi conosce o, peggio, vi disconosce, esattamente come accade ai Bronzi di Riace. Ma sapete che, in Puglia, c’è ancora oggi gente che pensa che Riace sia un borgo del Peloponneso o un centro della Tessaglia piuttosto che una cittadina della Locride? Nel marzo 2010, da Roma, si presentarono alla procura di Locri degli ispettori ministeriali che indossavano dei montoni di pelle, perché erano convinti che il paese fosse sul cucuzzolo di una montagna, nel nulla sconfinato. In altri termini, voi da un lato non siete bravi a farvi conoscere, mentre fuori dalla Calabria vi ignorano con l’aggravante del pregiudizio che, si sa, è anticamera dell’ignoranza. «Contrariamente a quanto si legge sulla Costituzione, l’Italia non è una “Repubblica democratica fondata sul lavoro” ma una società telecratica fondata su tre cose: la proroga, il condono e l’immagine. Ciò sul quale oggi abbiamo meno controllo è proprio quest’ultimo aspetto: siamo impotenti sulla selezione delle immagini, abbiamo perso qualunque capacità selettiva, viviamo una resa incondizionata di fronte alla volontà di imporre al mondo le nostre gesta, la nostra insulsaggine. Per fare un esempio, pratico: oggi la foto di un evento conta più dell’evento stesso. Guardiamo tutto attraverso lo schermo del nostro smartphone, non conta più essere, ma apparire e questa tirannia dell’immagine danneggia la Locride, che soccombe alle mode nate sulla base della scemenza o dell’efferatezza altrui. Ci stiamo abituando a scegliere sulla base di click anonimi, che milioni di persone per pigrizia o incapacità di giudizio ficcano nel mucchio. Non conta più la qualità dell’impegno, delle idee, la cultura della partecipazione attiva, contano soltanto la falange e il polpastrello. Siamo dinanzi a una rinuncia al giudizio, che rischiamo di pagare molto cara, perché la violenza degli uomini sogna proprio di trovarsi dinanzi a un pubblico passivo, quiescente, rassegnato. «Questa passività della società contemporanea come si riverbera nella Locride? Sottolineando solo il cliché che la dipinge come un inferno, un’immagine alla quale non sono immuni nemmeno le persone più culturalmente elevate. Qualche anno fa, a un mio intelligente collega napoletano che aveva lavorato in zona venne chiesto da Einaudi di scrivere un libro sulla Locride con il quale anche lui è caduto nella botola dei pregiudizi. E parliamo di un professionista capace, non di un cronista sensazionalistico o di un bastardo ubriaco. Nonostante la sua natura di magistrato, che dovrebbe spingerlo, per definizione, a maneggiare esclusivamen-

Nell’ambito degli Approfondimenti politici promossi da Fattore Comune e svoltisi presso il Comune di Siderno lo scorso fine settimana, siamo rimasti piacevolmente colpiti dalle parole del Magistrato Salvatore Cosentino, autore di un intervento, che riportiamo integralmente, che ha sottolineato i nostri pregi e ha cercato di convincerci a lasciarci alle spalle i nostri difetti, dai quali ci siamo fatti troppo condizionare, negli anni.

te la verità, anche lui si è fatto contaminare dalla civiltà dell’immagine, cosa evidente fin dalla copertina del libro, che rappresentava la Locride come se fosse la peggiore Beirut o Sarajevo prima della ricostruzione dalla guerra. Come la foto, anche lui diceva cose inesatte: parlava di un palazzo di giustizia di quattro piani e che dormiva con un forcone vicino al letto per paura degli ‘ndranghetisti ma, soprattutto, non è reale la descrizione che faceva dei contesti sociali della Locride: scriveva, infatti, che in inverno la gente resterebbe in strada solo fino alle cinque del pomeriggio, orario in cui si abbassano le serrande perché si vive in un clima di paura che fa chiudere le finestre, non consente di parlare nemmeno sottovoce e impedisce addirittura di pensare. Si badi bene che queste cose venivano scritte su un libro edito da Einaudi, non dall’ultimo editore scalcagnato e depresso, e alla fine degli anni novanta, non nel medioevo. È vero che quindici anni fa c’erano più omicidi di quanto la pax di oggi ne faccia registrare, ma affermare che la gente fosse per strada solo fino alle cinque del pomeriggio è antistorico o, più semplicemente, falso. «A questa civiltà dell’immagine negativa che danneggia la vostra terra, dunque, non sono immuni nemmeno persone culturalmente preparate o case editrici di livello raffinatissimo. E questa non è colpa vostra. La vostra colpa, piuttosto, è l’assuefazione al peggio, la rassegnazione. Il problema della Locride non sono i fucili, le lupare, il narcotraffico, che sono più che altro i problemi di Milano. Il problema della Locride è culturale. «La criminalità non si sconfigge soltanto con codici, manette e operazioni antimafia, ma con la conoscenza, l’educazione al gusto, al bello, all’arte. Non a caso Platone sosteneva che educando i bambini non ci sarebbe stato bisogno di punire i grandi. Ecco perché il vostro problema è la deleteria filosofia del “chi tu faci fari”, un modo di pensare che è l’acqua in cui sguazza e prospera il “pesce” ‘ndrangheta. «Smettetela con questa epopea della rassegnazione: avete delle doti umane incommensurabili perché laddove il mondo costruisce muri, voi siete in grado di gettare ponti: mi riferisco alla vostra proverbiale ospitalità. Dopo quindici anni di assenza, quando rientrai alla procura di Locri, mi recai subito dal dirigente per sapere quali erano i compiti più urgenti che dovevo svolgere, rispettando una mentalità pugliese molto pragmatica. La prima domanda che mi rivolse quando mi vide fu se avevo pranzato e non lo fece per disimpegno, ma per accogliermi. Questa vostra ospitalità ha radici biostoriche, si tratta di un sentimento maturato e radicato nei millenni, perché nell’antichità siete stati abituati a vedere nel forestiero un possibile dio che veniva dal mare. «Sono arrivato nella Locride piangendo per la paura, ma sono certo che un giorno, grazie alla vostra umanità, al tratto gentile della vostra indole, andrò via sempre piangendo, ma stavolta per il dispiacere. Per parafrasare un famoso film francese, in Calabria si piange due volte, quando si arriva e quando si parte. Certo, in qualità di magistrato non posso non dimenticare le brutture o non recriminare la recrudescenza del crimine, in grado di dare le vertigini. Ma come uomo sono convinto che la vertigine non debba per forza essere paura di cadere, ma possa nascondere la voglia di spiccare il volo. «Non posso che concludere con una frase di Leonardo Sciascia, che ricordo spesso nelle scuole, dove tengo diverse conferenze nella convinzione che l’educazione possa prevenire il crimine più delle manette: “La mafia non sarà sconfitta soltanto da un esercito della DIGOS, ma da un esercito di maestre elementari”. Io aggiungo: anche da una certosina ricerca in biblioteca». Jacopo Giuca



CULTURA

L’Officina dell’Artesi ripresenta al grande pubblico con un calendario prestigioso e ricco di eventi. Abbiamo contattato Giuseppe Piromalli, direttore artistico della compagnia, per sapere che cosa si aspetta da questa nuova stagione, se agli esordi credeva che il gruppo potesse riscuotere tanto successo in appena quattro anno e se, oggi che Reggio è diventata Città Metropolitana, cambierà l’approccio al proprio lavoro.

Spettacolo

Officina dell’Arte: l’essenza stessa della cultura reggina “Il nostro obiettivo principale è fare ridere: per questo presenteremo gli spettacoli di grandi cabarettisti come Gennaro Calabrese, Pino Insegno e Ale & Franz, che hanno scelto Reggio per l’unica tappa del loro spettacolo nel sud Italia”.

È ormai giunto l’esordio di una nuova stagione teatrale per l’Officina dell’Arte. secondo quale criterio avete stilato il calendario e cosa sperate di lasciare al pubblico? Stilare il cartellone è un’attività che ormai portiamo avanti da tre anni. Come Officina dell’Arte abbiamo un nostro modo di interpretare il teatro, grazie al quale prediligiamo da sempre l’inserimento in calendario di commedie brillanti e spettacoli di cabaret. Pur riconoscendo l’importanza della prosa e della lirica, amiamo far ridere la gente e per questo inseriamo in cartellone compagnie teatrali o singoli attori che abbiano una predisposizione al sorriso. Da qui si evince la presenza di grandi nomi come Gennaro Calabrese, Pino Insegno e Ale & Franz, dei quali siamo riusciti a portare lo spettacolo a Reggio Calabria per la loro unica tappa al sud Italia e che, certamente, costituiscono la punta di diamante della stagione, per la quale già ci stiamo preparando nonostante manchi ancora molto al 18 e 19 febbraio, date in cui si esibiranno. Far ridere la gente, in questi nostri anni di attività, è diventata quasi una missione: chi assiste a uno spettacolo da noi organizzato, deve tornare a casa consapevole di aver fatto una riflessione senza perdere il sorriso. Com’è evoluta, in questi anni, l’attività della vostra compagnia e quali sono i suoi obiettivi a lungo termine? Siamo una compagnia tutta reggina, composta da persone che hanno avuto le proprie esperienze personali altrove per poi riunirsi in un unico gruppo, nato quattro anni fa. Come succede per tutte le belle cose, anche l’Officina dell’Arte è emersa per caso, sulla base dell’amicizia trentennale dei suoi componenti. L’esperienza maturata da ognuno di noi prima di imbarcarsi in questa avventura collettiva ci ha permesso di collaborare fin da subito con il Politeama Siracusa di Reggio Calabria e, già allora, alla base del nostro progetto, c’era il divertimento scaturito dallo stare assieme. Non so cosa accadrà a lungo termine, ma di una cosa sono certo: continueremo a lavorare al fine di lasciare la compagnia in eredità a qualcuno anche se, negli anni, i singoli membri si allontaneranno dalla scene per ragioni professionali o di età. Per questo abbiamo costituito un gruppo di giovani dai 16 a i 25 anni che vivono il palco e le commedie con noi, dando loro le basi utili a produrre lavori che possano andare in scena negli anni a venire e consentano loro, un domani, persino prendere le redini della compagnia. È un progetto al quale crediamo moltissimo e dal quale vorremmo far nascere una vera e propria accademia di teatro, in modo che questi giovani possano essere formati da veri docenti e istruttori che permettano loro di allargare il proprio panorama artistico e professionale. Secondo il sindaco Falcomatà siete la dimostrazione vivente che Reggio può produrre cultura. Adesso che Reggio Calabria è diventata una Città Metropolitana sono cambiate le vostre pro-

in prima persona i nostri spettacoli. Certo, oggi possiamo contare su una fruttuosa campagna abbonamenti, ma le spese da affrontare restano importanti. Fatta questa premessa, la Città Metropolitana non ci obbligherà a cambiare il nostro approccio, piuttosto mi auguro che sia l’approccio dei cittadini metropolitani a cambiare nei nostri confronti. Nonostante la crisi, resto convinto che Reggio possa creare cultura, ma dobbiamo renderci conto che, nonostante siamo sulla buona strada, il cammino da affrontare è ancora lungo e complesso per arrivare a livelli raggiunti, per fare un esempio non troppo lontano da noi, dalla Sicilia. Ci vogliono persone disposte a sacrificarsi pur di raggiungere i propri obiettivi, che abbiano visione del futuro e siano disposte a investire tempo e denaro nei propri sogni. La Città Metropolitana, adesso, dovrebbe riconoscere quanto, queste nuove realtà, possano contribuire a elevare la sua immagine, oltre che quella dell’intera Calabria, perché noi dell’Officina siamo riusciti ad arrivare fino a Roma con la nostra programmazione e, oggi, per questa ragione, possiamo contare sul contribu-

spettive o il vostro modo di approcciarvi al lavoro? Partiamo da un dato di fatto: siamo un associazione teatrale e culturale che è sta creata grazie ai fondi dei propri componenti. Certo, il Comune di Reggio Calabria e la Provincia ci sono stati vicini e sono venuti incontro alle nostre esigenze, mettendoci nelle condizioni di entrare in luoghi di cultura come possono essere il Teatro Siracusa e, oggi, il Cilea. Ciò che è nato da quando siamo partiti, tuttavia, è il solo frutto della nostra passione e di qualche sacrificio economico, perché abbiamo sempre prodotto

to finanziario di Confindustria e su spettacoli unici come, lo dicevo prima, quello di Ale & Franz. Se noi, senza il supporto attivo delle istituzioni, siamo riusciti a realizzare tutto questo, una collaborazione stretta con compagnie emergenti farà aumentare esponenzialmente le possibilità di avere successo. Quando la Città Metropolitana comincerà a ragionare in questi termini, faremo tutti un grande salto in avanti. Jacopo Giuca

L’IDENTITÀ DEL SITO ARCHEOLOGICO DI CASIGNANA COME OCCASIONE PER RAFFORZ

LaVilla Romana di Casigna ANTONIO CRINÒ La storia ci ha lasciato un ricco patrimonio architettonico e culturale, fatto di aree archeologiche, cinte murarie, templi, teatri che ancora oggi, nella nostra regione continuiamo a disperdere e trascurare, sicuramente a non valorizzare per come meriterebbero. Questo vale in generale; alcune trasmissioni televisive a scala nazionale come Presa Diretta e Tg2 Dossier hanno invece “ benedetto” la Villa Romana di Contrada Palazzi di Casignana, che è a pieno titolo e con importanza primaria nel circuito degli studiosi, nel quadro dei finanziamenti per la valorizzazione dei Beni Culturali, in un progetto che attrae visitatori in maniera consistente ed è ora protesa ad entrare nel contesto dell' Area Metropolitana. Nella valorizzazione dei Beni Culturali non possono e non devono esistere “localismi politici” e “localismi economici”: a non fare un discorso d'insieme si riducono le possibilità di creare sviluppo, ogni realtà (ogni ente, nel nostro caso), deve disegnare un ruolo rilevante per sé, ma deve stare dentro l'idea di “rete”, per realizzare più facilmente sviluppo. La realtà del Parco Archeologico di Casignana (perché di Parco, a buona ragione, si deve parlare) vuole, infatti, legarsi al meglio

al disegno dell'Area Metropolitana: è finita la fase dei discorsi sulla magnificenza delle tradizioni culturali e delle bellezze dei luoghi fine a se stessa, bisogna fare come il Nord, che la valorizzazione delle sue risorse e delle sue vocazioni le ha “accompagnate” attraverso le piccole e medie imprese che sono nate, che sono state fatte nascere. L’area archeologica della Villa Romana di Contrada Palazzi di Casignana si estende per circa 10 ettari a monte e a mare della SS.106, e il suo nucleo centrale e monumentale, cui si riferiscono i ruderi oggi visibili, è rappresentato da una grande villa extraurbana, con ambienti termali e residenziali, che costituisce uno dei complessi più importanti di epoca romana dell’Italia Meridionale, e conserva il più vasto nucleo di mosaici finora noto in Calabria. La villa, sorta probabilmente nel corso del I secolo d.C., in una zona già frequentata in età greca , raggiunse il massimo splendore nel IV secolo d. C., per essere abbandonata nel V secolo, anche se l’area continuò ad essere frequentata fino al VII secolo d.C. Dal 1998 a oggi il Comune di Casignana, in collaborazione e con la supervisione scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria, ha intrapreso e realizzato una serie di inter-


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Polo Museale della Calabria: oggi la Giornata nazionale delle Famiglie al Museo Oggi il Polo Museale della Calabria partecipa alla Giornata nazionale delle Famiglie al museo promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Per l’occasione, il MArRC dedicherà l’intera giornata ai più piccoli, con giochi ed eventi che li possano avvicinare al mondo dell’archeologia e dell’arte. Anche a Locri, il museo resterà aperto dalle ore 9 alle 20 con l’obiettivo di dedicare l’intera giornata alle famiglie.

A Villa Afrodite il Passaggio di Consegne della luogotenenza del Kiwanis Club

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Grande successo per la Notte della Luna L’interessante esperienza che nel 2010 ha portato tutto il mondo ad osservare la Luna nella stessa serata, è stata riproposta quest'anno nelle serate del 7 e 8 ottobre. L’evento, denominato “In.O.M.N.”, International Observe the Moon Night, è promosso a livello mondiale dalla NASA, l’agenzia spaziale americana. In Italia la “Notte della Luna” è supportata dall’Istituto Nazionale di Astrofisica, dalla Società Astronomica Italiana, in collaborazione con l’Unione Astrofili Italiani. Sono 500 le iniziative programmate in Italia, tra queste quelle del Planetario Provinciale Pythagoras - Sezione Calabria Società Astronomica Italiana, che aderisce all’iniziativa fin dalla sua prima edizione. L’obiettivo è quello di proporre osservazioni al telescopio dedicate alla Luna, di approfondire temi quali la genesi e le caratteristiche fisiche, la mitologia, la poesia, la musica e le diverse espressioni artistiche ispirate al nostro satellite naturale. Il programma messo in atto dal Planetario ha visto venerdì 7 ottobre alle ore 21:00 l’incontro con il prof. Nicola Petrolino, critico letterario e cinematografico, che ha parlato, attraverso video di sua produzione, della Luna nel cinema e nella poesia. Ieri sera, invece il programma iniziato alle ore 20:00 con l’osservazione del nostro Satellite con gli strumenti è stato frutto di un preciso calcolo astronomico: la Luna, infatti, essendo al primo quarto, ha regalato splendidi contrasti di ombre sui crateri e sui mari. È stata una vera sorpresa per chi ha avuto l’occasione di scrutarla da vicino al telescopio per la prima volta. La serata è poi proseguita con lo spettacolo sotto la cupola. Un’esperienza unica considerato il recente arricchimento del Planetario di un sistema di proiezione ad alta definizione a tutta cupola in grado di proporre animazioni, immagini e suoni,da affiancare al classico strumento di osservazione meccanica. I presenti, grazie a questa tecnologia, hanno potuto sorvolare da vicino la Luna, ammirandone mari e crateri e discutendo sulla sua genesi e caratteristiche fisiche. La serata è stata allietata dalla “Magia delle macchine parlanti” del dott. Giuseppe Nicolò, esperto di musica e collezionista di grammofoni. Il Planetario, nella convinzione che una corretta diffusione della cultura scientifica costituisce uno dei presupposti per il pieno esercizio dei diritti democratici dei cittadini, non ha potuto che essere soddisfatto della grande partecipazione registrata e non vede l’ora di poter organizzare lo stesso tipo di evento anche il prossimo anno. Tutti insieme, allo stesso modo del poeta Petrarca: “io aspetto tutto il dì la sera che l' sol si parta e dia luogo a la Luna", abbiamo atteso e ogni giorno attenderemo di osservare il nostro satellite a cui il pianeta Terra deve moltissimo.

Nello splendido scenario di “Villa Afrodite” si è svolta la cerimonia del “Passaggio delle Consegne” della Luogotenenza della divisione 13 Calabria e del “Passaggio della Campana” del Kiwanis Club Magna Grecia “Luigi Giugno”, tra il presidente uscente Mimma Lippolis e il successore Giuseppe Belcastro commercialista di Siderno. Alla cerimonia ha partecipato il vescovo della Diocesi di Locri Gerace mons. Francesco Oliva e la massima espressione nazionale del Kiwanis International e la Fidapa.

ZARE L’OFFERTA CULTURALE DELL’INTERA AREA METROPOLITANA DI REGGIO CALABRIA

ana e la Città Metropolitana venti, acquisizione dei terreni, indagini geo-archeologiche, scavo, restauro e opere di vario genere, finalizzati alla scoperta, alla valorizzazione e alla fruizione della Villa di Palazzi, già nota per gli scavi della Soprintendenza Archeologica a partire dagli anni 70. Con l’utilizzo di diversi finanziamenti nazionali ed europei, il Comune ha promosso una serie di campagne di scavo archeologico in estensione che hanno portato alla luce cospicue ed interessanti parti del complesso monumentale ancora sepolte e hanno consentito la scoperta di numerosi ambienti pavimentali a mosaico e a intarsi marmorei. Oltre ai lavori di scavo sono stati eseguiti i restauri dei pavimenti e dei rivestimenti degli ambienti termali della villa. Sono state inoltre realizzate opere infrastrutturali di vario genere, quali un edificio per le attività didattiche, uffici nell’edificio moderno che sorge in prossimità della villa, impianti per lo smaltimento delle acque e impianti di videosorveglianza, potenziati nei mesi scorsi. Con l’ultimo finanziamento concesso si è proceduto all’intervento più imponente, indispensabile per la conservazione e la fruizione della villa che costituisce il fulcro dell’area archeologica: la copertura definitiva dell’intero nucleo di ambienti a monte della S.S. 106. Grazie alla copertura è stato possibile realizzare una

serie di percorsi sopraelevati che si snodano all’interno degli ambienti termali, consentendo l’apprezzamento, finora parziale, dei mosaici e dei pavimenti a intarsi marmorei per cui la villa di Casignana è nota. E’ stato inoltre completato lo scavo archeologico del nucleo centrale del complesso, che ha portato alla luce, tra l’altro, nuove stanze con pavimenti a mosaico, ancora non visibili perché in attesa di restauro, e una grande vasca a ornamento del giardino. Si sono poi estese le indagini geo-archeologiche nelle aree acquisite al patrimonio pubblico, che hanno dato interessanti risultati, confermando l’estensione dell’area archeologica ben oltre il nucleo centrale già conosciuto. Per consentire una migliore fruizione del monumento si è costruito un sottopassaggio che mette in relazione il nucleo a monte della S.S. 106 con il complesso a mare, dove sono tutt’ora in corso i lavori per la realizzazione della copertura degli edifici lì presenti, progettata e finanziata dall’Istituto Centrale per il Restauro di Roma. Si ha così una visione unitaria la villa, separata arbitrariamente in due parti dal passaggio della strada statale jonica, che ne ha spezzato l’unità. A breve inizieranno i lavori di completamento del Parco Archeologico della Villa Romana, con i quali si continuerà la campagna di scavo in aree nelle quali le

indagini effettuate hanno evidenziato la presenza di murature antiche, si completerà il restauro degli splendidi mosaici pavimentali, si realizzerà un teatro all’aperto ed , infine, un’area attrezzata e un edificio di servizio con annesso parcheggio . Noi dobbiamo porci l'obiettivo della valorizzazione dei beni culturali in un discorso che comprenda l’intera provincia, e con la Città Metropolitana è “nato” un appuntamento ineludibile, in grado di creare dal basso una nuova economia, fatta di turismo, cultura, prodotti tipici che entrano in un mercato ampio. E, come si è detto, si va avanti non con le “isole”, per quanto fantastiche, come questa della Villa Romana, ma con un discorso organico che “raccoglie” quello che c'è sul territorio, certo in una virtuale, naturale graduatoria delle realtà sulle quali possiamo contare. La Città Metropolitana incontra ognuno di noi, che si sente figlio del luogo in cui si è formato, ma l'obiettivo del nuovo “abito territoriale” del reggino è di essere un luogo più grande, dove si cresce e si realizza la “contaminazione” delle comunità e la “messa in comune” dei patrimoni, che significa il progresso di tutti. Proviamo a rovesciare il dato della incompiutezza dei nostri progetti, al Sud,” del “riparare” in continuazione gli errori, che, poi, ci costano più fatica. Lo splendido

reperto archeologico del quale stiamo parlando si presenta all'appello fantastico e produttivo, anticipando che i prossimi scavi porteranno certamente alla luce altre magnificenze: sarà la Città Metropolitana a chiedere ulteriore spazio e nuovi investimenti per questa realtà, più di quanti fin qui sono stati trovati. Ora ci si mette a disposizione di un progetto collettivo che avrà più attori e più fattori di sviluppo. Buone amministrazioni (localismo politico) hanno valorizzato la Villa Romana di Casignana, collegato il progetto con l'esperimento di Albergo Diffuso nello stesso Comune (44 posti letto ), adesso la “composizione” nella Città Metropolitana pretende di produrre azioni che si “allargano” (che vanno oltre il localismo economico). L'aumento dei posti letto sul territorio, il lavoro con i tour operator per dare seguito alla grande pubblicità, tutta meritata, garantita alla Villa Romana dalla televisione nazionale, il raccordo con i progetti nelle scuole per formare guide turistiche, un mercato ampio per i vini passiti, soprattutto, che a ridosso del reperto del quale stiamo parlando, nascono, ma dei nostri prodotti in genere, tutto l'indotto che si immagina sono i fattori di sviluppo che vogliamo indicare. La Città Metropolitana è il nuovo principale attore istituzionale che dovrà gestire il prestigioso percorso.



CULTURA E SOCIETÀ

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I FRUTTI DIMENTICATI

A CURA DI ORLANDO SCULLI E ANTONINO SIGILLI

DOMENICA 09 OTTOBRE 21

Inziamo questa settimana un viaggio alla scoperta dei frutti appartenuti a una Calabria che non c’è più e che vogliamo disperatamente recuperare. Questa settimana presentiamo tre varietà di melograno uniche e oggi in via di estinzione.

I melograni “

Nell’antichità il frutto era simbolo di abbondanza e fertilità ed era considerato sacro presso gli ebrei e altri popoli. Dalle nostre parti le varietà più diffuse, figlie del retaggio greco, erano la “Denti di cavallo”, “Denti i sumeri” e “Denti i surici”.

della Locride

Il Melograno Punica Granatum L. (Fam.Punicacee)

Alcuni sono i paesi dell’area caucasica che rivendicano di essere la patria del melograno tra cui l’Azerbaigian e l’Armenia. Nella prima nazione ogni anno in ottobre, il mese della maturazione dei frutti, vengono organizzate delle feste, mentre in Armenia addirittura viene ricavato un vino dalle premitura dei semi del frutto del melograno stesso. Si diffuse in tutta l’area dal Caucaso fino all’India e oltre, fino a raggiungere la Cina e il Giappone; esso riesce a sopravvivere persino in aree semidesertiche ed è coltivato, in tanti paesi del mondo ( tranne quelli freddi) compresi quelli dell’Africa e dell’America dove l’introdussero gli spagnoli. Il nome scientifico contiene il termine punica ( fenicia ), che indica la funzione di diffusione di tale pianta in tutto il Mediterraneo da parte dei fenici, mentre granatum indica che il frutto contiene tanti grani o semi detti arilli, contenuti in partizioni interne divise da membrane. I romani chiamavano il frutto malum granatum ossia mela che contiene tanti grani o semi; del resto in italiano il frutto in questione si chiama mela granata o melagrana. Nell’antichità tale frutto era il simbolo dell’abbondanza e della fertilità ed era considerato sacro presso gli ebrei ed anche presso altri popoli; oggigiorno è considerato un frutto preziosissimo in quanto contiene antiossidanti che aiutano le cellule a non invecchiare. Addirittura nell’Azerbaigian viene estratto un olio dai semi, che aiuta le cellule della pelle a restare giovani; esso costa tantissimo ed è usato nella cosmetica. È considerato addirittura un frutto regale che possiede il simbolo della

regalità rappresentato dal calice fiorale che è opposto al picciolo. In tutta la Locride i melograni sono molto diffusi e non mancano negli orti e nei “giardini mediterranei “ (agrumeti) e ogni paese si fregia di averne di qualità migliori rispetto ad altri. In ogni modo fondamentalmente la varietà più diffusa è la cosiddetta “Denti di cavallo” dai grani più allungati e più grandi, presente anche in altre regioni d’Italia, mentre l’esperienza dei vecchi agricoltori di Gerace ci indica altre varietà

non denominate altrove. E ricordiamo “La Denti i sumeri”, ( la “Denti di asino”), ricordata anni addietro dal defunto segretario Francesco Femia dai grani dalla grandezza media, mentre di recente, sempre a Gerace, abbiamo conosciuto tramite la moglie del defunto Santo Mittica, Rosetta Filippone, il nome della varietà dai semi piccolissimi, ossia, la “Denti i surici” ( la Denti di topo ), che ad Antonimina viene denominata Carmosina, secondo quanto è indicato da Cosimo Pelle; le suddette varietà evidenziano i grani molto dolci. Nella Locride meridionale sono presenti, in fase d’estinzione, due varietà, il Melograno bianco, dai grani candidi e dolci, presente ormai con un solo esemplare a Ferruzzano Marina, nell’orto di Francesco Pulitanò e il melograno nero, presente ormai solo nel campo del prof. Francesco Campo di Sgruda di Palizzi. L’ultima varietà è molto interessante in quanto essa matura i suoi frutti solo a dicembre-gennaio e a quel punto i suoi grani sono rossoscuro, tendenti al nero, che risultano leggermente aciduli. Si ricorda a questo punto che il melograno attualmente più apprezzato al mondo è il Wonderful, che produce melagrane dagli arilli aciduli. In conclusione ricordiamo che la varietà che insidia al mondo la Wonderful è la spagnola Mollar con i grani dai noccioli morbidi. Su questo versante, proprio nel comune di Bivongi è stata individuata una varietà dai grani con i noccioli morbidi, ma dal colore più rosso della spagnola Mollar.

Si è tenuto a Gioiosa Jonica il processo all’Europa ALLA DIFESA L’EDIC CALABRIA&EUROPA E VIRGILIO DASTOLI DEL MOVIMENTO EUROPEO IN ITALIA PER L’ACCUSA GLI STUDENTI DEL LICEO MAZZONE E DELL’ISTITUTO TURISTICO ZANOTTI BIANCO i è tenuto a Gioiosa Jonica, presso lo storico Palazzo Amaduri, la prima calabrese tappa dell’iniziativa in atto dallo scorso maggio in alcune regioni italiane promossa dal Movimento Europeo - Italia e denominata "Processo all'Europa" . La proposta presentata dal Direttore della Europe Direct “Calabria&Europa” Alessandra Tuzza ha registrato la partecipazione degli esperti dell’Edic che hanno affiancato il Prof. Virgilio Dastoli, Presidente del Movimento Europeo per l’Italia, già Direttore della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, nella difesa dell’Europa contro i molteplici capi d’accusa promossi dagli studenti degli istituti “P. Mazzone” di Roccella e Gioiosa Jonica e dell’IIS “Zanotti Bianco” di Marina di Gioiosa Jonica. Presenti per le istituzioni locali il Presidente del Consiglio Comunale di Gioiosa Jonica Maurizio Zavaglia e l’assessore Zenone, che hanno portato i saluti del territorio alla corte. L’ottimo lavoro degli studenti ha condotto i difensori e gli esperti attraverso un botta e risposta che si è sviluppato lungo otto capi di accusa ben articolati e presentati dai pubblici ministeri davanti alla giuria popolare. A conclusione della mattinata è stata emessa la sentenza con punti di condanna e diverse assoluzioni. L’udienza unica del Processo all’Europa, ha coinvolto gli studenti delle classi II e III A del Liceo Scientifico

S

Mazzone di Gioiosa Ionica e le classi IV A, IV B, IV C, IV D, V A, V B, V C E V D dell’Istituto Tecnico per il Turismo U. Zanotti Bianco di Marina di Gioiosa Ionica, presieduta dal Giudice incaricato Oppedisano Giada della classe V A dell’Istituto Tecnico per il Turismo U. Zanotti Bianco di Marina di Gioiosa Ionica, e si è espressa come segue: Condanna l’Europa sui seguenti capi d’accusa: -POLITICA DELL’EURO: per non aver regolamentato la politica monetaria nei singoli stati, lasciando la libertà a ciascun stato di singola o doppia circolazione monetaria; -PROBLEMA DELLA BREXIT: perché l’uscita della Gran Bretagna non è stata scelta dall’elettorato giovanile, futuro dell’Europa, ma dalla classe di anziani che ha avuto paura di affrontare temi quali la solidarietà, la competitività e per la poca incisività degli Stati Europei che non hanno valutato la pericolosità di aver creato un precedente per gli altri stati che vorrebbero dividersi dall’UE; -PROBLEMA DEL DIFFERENTE PESO CHE I SINGOLI STATI HANNO ALL’INTERNO DELL’UE: perché non tutti gli stati hanno la stessa incisività politica ed economica; -TTIP: l’accordo tra U.S.A ed UE è sbilanciato a favore della superpotenza U.S.A e l’Europa non si pone come possibile alternativa sullo stesso piano; -IMMIGRAZIONE: per aver lasciato stati come l’Italia e la Grecia con il carico maggiore

per l’assenza di una vera politica unitaria sul problema, chiede l’esclusione dei fondi spesi per l’immigrazione dal Patto di Stabilità. Assolve l’Europa dai seguenti capi d’accusa: -LIBERA CIRCOLAZIONE DI MERCI E CAPITALI: per gli sforzi fatti; -COSTITUZIONE DEGLI STATI UNITI D’EUROPA: perché uno stato federale funzionerebbe meglio dell’attuale assetto istituzionale europeo; -POLITICA DELLA DIFESA: perché ha istituito l’organizzazione della difesa dei confini come Frontex; -ISTRUZIONE: in quanto la politica europea risponde alle esigenze culturali ed educative dei cittadini europei grazie alla ricezione dei fondi per l’innovazione. Soddisfatti, a chiusura del dibattimento il professore Dastoli e gli esperti della locale Europe Direct, Panetta, Rinaldis e Palermo, che hanno ringraziato per l’encomiabile lavoro portato avanti le professoresse delle scuole coinvolte guidati dalle docenti Marilisa Morrone e Ieraci del Liceo “P Mazzone” e dalla professoressa Antonietta Nicita dello “Zanotti Bianco”. “Il format di discussione – ha affermato il Direttore dell’Edic Tuzza- ha premiato gli sforzi di approfondimento condotti dalle scuole e sarà sicuramente riproposto presso altre istituzioni educative del territorio regionale per la vivacità della discussione che è riuscito a scatenare”.


RIVIERA

Soddisfazione evidente Giorgio Frascà, fratello dell’ex sin daco e nostro amico Vincenzo, osserva con soddisfazione la propria uva trasformarsi in vino, sulla base di un processo chimico che ha, come ogni anno, del miracoloso! Sappiamo della bontà del suo vino perchè abbiamo incontrato un più che allegro Giorgio Calvi ...

Mera casualità Pierpaolo Zavettieri e Nino Maesano si concedono una breve pausa prima di riprendere le rispettive attività alla cittadella Regionale di Catanzaro. Sapevate che soffermarsi sotto la scritta P2 è stato un caso del tutto fortuito? Sapevatelo! Cinto d’alloro il capo… Ecco il meraviglioso scatto di una serata con gli amici per festeggiare il neo dottore Saverio: Da destra: Giuseppe, Pietro, Bruno, Saverio, Mimmo e Enzo.

Bella compagnia Arturo Rocca posa con le sue amiche venute dall’est. Arturo è un promotore della nostra cultura, per questo molte sono le ragazze che vengono a trovarlo in quel di Benestare. Che pensavate?!

In primissimo piano Antonio “Plis” posa con l’ex giocatore del Siderno Mario Fuda. Non fatevi ingannare dalla foto: l’imbarazzante differenza di altezza è dovuta solo a un crudele gioco di prospettive!


SETTIMANALE

www.larivieraonline.com

Eredità mancate Giulia Palmisano, conosciuta attrice della Locride, ha recentemente partecipato al programma RAI L’Eredità. Non avrà vinto l’ambito premio, ma ha certamente rappresentato la bellezza della nostra terra con il generoso contributo del suo sorriso.

Apprezzamento generazionale Vincenzo Crupi, figlio del compianto Pasquino, posa con Franco Blefari, poeta da sempre ammirato dal padre, durante la festa dei “Catoj”.

Amicizie folcloristiche Genni Blefari posa sereno con Frank il Vagabondo, mattatore delle serate di Portosalvo in via Firenze!

Offerte irrinunciabili Nessuno resiste al richiamo delle bancarelle, e per dimostrarvelo, abbiamo rispolverato questa fotografia che ritrae Pino Albanese, Antonio Pettè e il consigliere comunale Agostino Baggetta durante una passeggiata lungo la fiera di Portosalvo.

SABATO 09 OTTOBRE

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Rappresentanze sidernesi Passeggiando per Siderno, su una semplice panchina, si possono fare incontri davvero straordinari. È ciò che è accaduto al nostro fotografo, che ha deciso di immortalare, da destra: Enzo rappresenta l’Arma, Sandro la medicina, Pippo l’arte dei motori, Peppe l’ingegneria e Giacomo il commercio: tutta la professionalità di Siderno in un unico scatto!



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