Riviera nº 43 del 21/10/2018

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Ieri mattina è stato aperto un nuovo capitolo della lotta per la salvezza dell’Ospedale di Locri, con i sindaci del comprensorio scesi in piazza per una protesta a oltranza che convinca chi di dovere a dare risposte in merito. Ma quando e perché si è ingenerata la crisi infinita che nessuno è riuscito a risolvere? Basandoci sulla piattaforma realizzata dai primi cittadini per alimentare la protesta di questi giorni, abbiamo ripercorso gli step che ci hanno condotto alla situazione odierna.

Ospedale di Locri: cronaca di un calvario lungo 11 anni… Donazione

Sanità Day: le criticità da risolvere affinché i sindaci tolgano il presidio È iniziata ieri la protesta a oltranza dei sindaci della Locride per le condizioni in cui versa l’Ospedale comprensoriale. Con la riunione svoltasi lo scorso 15 ottobre, i sindaci hanno stabilito i le linee guida della protesta stabilendo quali dovranno essere le richieste da considerarsi soddisfatte prima che il presidio del nosocomio locrese venga rimosso. Ma quali sono queste richieste? Sono state sintetizzate in 11 punti, che riportiamo di seguito: 1. Costituzione di un’unità strategica per l’ospedale di Locri. 2. Un ospedale “spoke”a tutti gli effetti. 3. Rispetto della dotazione dei posti letto. 4. Adeguamento immediato delle risorse umane, tecnologiche e strumentali di ogni struttura di ricovero. 5. Nomina dei primari in tempi brevi e certi. 6. Copertura del personale medico e paramedico come da pianta organica. 7. Rigida applicazione del piano aziendale. 8. Efficientamento del pronto soccorso. 9. Ripristino della casa della salute di Siderno. 10. Risoluzione delle problematiche legate alla risonanza magnetica. 11. Creazione di una rete del 118.

JACOPO GIUCA a crisi dell’Ospedale di Locri, per l’Associazione dei Sindaci, trae origine dall’approvazione della legge regionale nº 9/07 dell’11 maggio 2007. Con tale norma, varata dal Consiglio Regionale allora guidato dal governatore Agazio Loiero, le 11 Aziende Sanitarie Locali presenti in Calabria venivano accorpate in 5 Aziende Sanitarie Provinciali in nome della razionalizzazione dei costi, decentrando tuttavia la gestione diretta dai poli periferici e, di fatto, creando un progressivo depauperamento dei servizi offerti. È in diretta conseguenza di una scelta che, con il tempo, si rivelerà scellerata, che nel marzo del 2011 chiude l’Ospedale di Siderno mentre le legittime preoccupazioni della cittadinanza vengono mitigate dalle promesse del governatore Giuseppe Scopelliti e della commissaria dell’ASP Rosanna Squillacioti, che garantiscono l’istituzione di una Casa della Salute e un immediato potenziamento del nosocomio locrese per dare continuità ai servizi. Tali promesse, purtroppo, non saranno mantenute e il lento ribollire dell’indignazione cittadina darà origine a una vera e propria esplosione di rabbia nel corso del 2013, quando le richieste sempre più pressanti di un intervento immediato e coraggioso per raddrizzare le storture dell’Ospedale saranno semplicemente ignorate da Scopelliti e dal neo dirigente dell’ASP Francesco Sarica. Una situazione di immobilismo che si protrarrà fino alla primavera del 2014, quando la campagna per le elezioni europee convincerà Scopelliti e Sarica ad annunciare l’inaugurazione di una pista notturna per il funzionamento dell’elisoccorso H24, salvo poi lasciare il progetto nel dimenticatoio una volta conclusa la parentesi elettorale. Dinanzi alla palese insensibilità della politica regionale ai problemi della Locride, nel maggio dello stesso anno i sindaci del comprensorio si incatenano dinanzi all’ospedale. Questa parentesi di protesta, presto bollata come goliardica dai detrattori dei nostri primi cittadini, rimane un esercizio di stile non in grado di apportare risultati concreti alla lotta per la riconquista del diritto alla salute fino all’insediamento del governatore Mario Oliverio, che porta con sé nuove promesse senza tuttavia che vengano attuati i provvedimenti concreti che tutti attendono con ansia. Per mantenere alta l’attenzione sull’Ospedale di Locri, il vescovo della diocesi di Locri-Gerace Francesco Oliva si attiva in prima persona, organizzando, nel dicembre del 2014, una fiaccolata con veglia di preghiera contro lo smantellamento della struttura. Incontri, proteste, proposte e un vertiginoso succedersi di commissari e direttori generali dell’ASP non impediscono che la situazione continui inesorabilmente a peggiorare. All’insediamento di Massimo Scura, nel corso della

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primavera successiva, corrisponde a stretto giro un invito a constatare di persona le condizioni in cui versa il nosocomio comprensoriale che il nuovo commissario ad acta alla sanità calabrese accetterà di buon grado, dicendosi sconcertato per la situazione in cui si trova la struttura. Viene annunciato lo sblocco immediato di 14 milioni di euro per sistemare le criticità più evidenti, ma il prosieguo della situazione di emergenza, nell’ottobre del 2015, convince oltre 10mila persone a manifestare ancora una volta contro lo smantellamento dell’Ospedale, i cui reparti, ormai, non fanno che funzionale a singhiozzo versando in un sempre più evidente stato di agonia. I sindaci non si fermano qui: coinvolgono i parlamentari regionali, avviano un confronto con il Ministero della Salute che porta, nel novembre del 2016, all’istituzione di un tavolo permanente, si tengono costantemente in contatto con Scura e il Direttore Generale dell’ASP di Reggio Calabria Giacomino Brancati, ma senza ottenere alcun risultato concreto. Nel giugno del 2017, anzi, l’ennesimo incontro sulla sanità organizzato dall’Amministrazione di Locri presso il Comune, non fa che innalzare il clima di tensione a causa delle risposte irrispettose di Brancati, cui farà seguito, nel mese successivo, un ulteriore summit alla presenza di un incollerito governatore Oliverio, pronto, a suo dire, a dare avvio a interventi sostitutivi e straordinari pur di salvare il polo sanitario locrideo. La Regione Calabria, invece, si chiude ancora una volta in un impermeabile silenzio che, nell’agosto del 2017, convince i sindaci del comprensorio a

rivolgersi direttamente a Roma. Nello stesso mese, l’allora Sottosegretario all’economia Tonino Gentile accetta di venire a visitare l’Ospedale di Locri, mentre il consigliere Regionale Francesco Cannizzaro si impegna in prima persona sull’argomento coinvolgendo direttamente la Ministra Beatrice Lorenzin. Anche questa volta, tuttavia, alle promesse non fanno seguito fatti concreti, tanto che, nel novembre 2017, i sindaci partono alla volta di Roma per una protesta simbolica dinanzi a Palazzo Chigi che si rivela ben presto un clamoroso fallimento. Nel mese successivo la Lorenzin accetta di ascoltare una delegazione di primi cittadini della Locride, con i quali prende l’impegno di inviare presso l’ospedale un’ispezione in seguito alla quale saranno finalmente valutati i correttivi da attuare per uscire dall’emergenza. Se il 2017 si chiude con l’invio degli ispettori, però, il 2018 non porta con sé alcun cambiamento. Con il passaggio di consegne governative in marzo, si torna anzi vivere un periodo di stasi che si protrae fino alla fine dell’estate, quando Cannizzaro torna a Locri per presentare ai sindaci la relazione degli ispettori ministeriali e, su richiesta dell’onorevole Francesco Sapia, si organizza un incontro in Prefettura al quale Brancati non si presenta. Arriviamo così al settembre di quest’anno, mese in cui Scura anticipa Oliverio rimuovendo Brancati dal proprio incarico e accetta un nuovo incontro a Locri per dare rassicurazioni sulla rapida risoluzione delle criticità. Promesse alle quali, tuttavia, nessuno crede…


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Striscia la Notizia rivolge i suoi obiettivi sul Ponte Allaro Questa settimana il TG satirico di Antonio Ricci “Striscia la Notizia” è tornata a occuparsi di Calabria e, per la precisione, di Locride. L’inviato Luca Galtieri, riconoscibilissimo nella sua giacca rossa decorata di evocativi punti interrogativi, è infatti stato avvistato sul Ponte Allaro, dove ha fermato alcuni passanti (e presumibilmente qualche responsabile dei lavori) per cercare di fare il punto sui lavori di ripristino della campata del ponte monarchico, ceduta dopo l’alluvione del 2015 e che tanti disagi ha arrecato ai pendolari, soprattutto in concomitanza con il divieto di transito imposto ai mezzi pesanti, costretti a dover fare il giro dal percorso tirrenico.

Mimmo Lucano, da arrestato a "esiliato-ospitato" Sanità: Reintrodotta la norma “AntiOliverio” Con l’approvazione del decreto fiscale avvenuta lunedì sera da parte del Consiglio dei Ministri si spengono le ultime speranze del Governatore della Calabria Mario Oliverio di poter assumere l’incarico di commissario per

il rientro dai disavanzi del settore sanitario regionale. Stralciata dal decreto emergenze di fine settembre, la norma che impedisce ai presidenti di regione di ricoprire un incarico commissariale in concomitanza con il proprio mandato era stata abrogata con la legge di bilancio 2017 varata dal Governo Renzi e viene oggi reintrodotta creando non pochi grattacapi a diversi amministratori regionali cui l’accorpamento delle cariche avrebbe fatto comodo per questioni di bilancio. L’approvazione delle norma, comunque, non metterebbe al sicuro la poltrona dell’attuale commissario ad acta della sanità Calabrese Massimo Scura. Il suo incarico potrebbe infatti essere ugualmente revocato con il passaggio di competenze a un nuovo commissario esterno piuttosto che, come si era auspicato in un primo momento, al presidente della Regione Calabria.

Dopo la decisione del Tribunale del riesame di Reggio Calabria che ha revocato gli arresti domiciliari, Mimmo Lucano ha dovuto abbandonare Riace perchè nei suoi confronti è stato disposto il divieto di dimora. Subito è partita la "corsa all'ospitalità". "Caro Mimmo lo so che non lascerai la tua e nostra amata Calabria ma se vuoi ti ospitiamo con amore a Napoli", ha scritto, in un tweet, il sindaco di Napoli Luigi de Magistris che aggiunge: "Il divieto di dimora nella tua Riace è peggio degli arresti domiciliari. Ma non potranno mai arrestare la rivoluzione. Riace vivrà con Lucano sindaco!". Disponibilità ad accoglierlo anche da parte del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Ma Mimmo resta in Calabria, tra

la sua gente, anche se lontanto da Riace che sembra sospesa nell'incertezza del futuro. Senza il "faro" come lo chiama qualcuno - che ha illuminato gli ultimi 15 anni di vita di questo borgo, le strade e i vicoli del paese, vissuti fino a pochi mesi fa da un'umanità multietnica, oggi sono desolatamente vuoti, quasi che i migranti, ma anche molti paesani, si siano messi ai "domiciliari" in attesa di capire gli sviluppi. Tanti i giornalisti accorsi da tutta Italia a intervistare Mimmo Lucano e tanti gli inviti ad ospitate in tv. Ad aspettarlo domani sera negli studi di "Che Tempo che fa" il conduttore Fabio Fazio con cui discuterà sul tema dell’immigrazione e sul Modello Riace.



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Tanti anni fa Cosimo rimase senza casa. La “legge” aveva assegnato le case popolari al maresciallo dei carabinieri, al cancelliere, agli impiegati di ogni ordine e grado e a tanti altri senza che ne avessero alcun titolo. L’unica soluzione fu occupare un piccolo edificio pubblico che diventò, col passar degli anni, la sua casa.

La legalità non deve essere una camicia di forza

Il dramma di Cosimo è più attuale che mai: la legalità è un valore solo quando è illuminata dalla Costituzione intesa come “patto sociale” vincolante per tutti e a ogni livello altrimenti diventa una camicia di forza che si fa indossare ai più deboli per renderli inoffensivi e servili.

ILARIO AMMENDOLIA

È morto Cosimo (Ottobrino). Aveva 81 anni, era un bracciante agricolo e una persona mite, uno di quei cittadini di cui normalmente la stampa non parla quando, come polvere di roccia, spariscono dal nostro mondo. Apparentemente uomini senza storia ma ognuno di noi ne avrebbe una da raccontare. La sua morte mi ha riportato a un giorno lontano nel tempo. Era rimasto senza casa in un paese di case popolari chiuse. La sua era una famiglia con tanti bambini piccoli che venne a trovarsi, da un giorno all’altro, senza un tetto e senza lavoro. Ignorati dalle “Istituzioni” e dalla “Legge” decisero di protestare pacificamente accampandosi nella pubblica strada. Io ero un giovane consigliere comunale comunista e credevo di sapere quale fosse il mio dovere: andai con i Pezzaniti e occupammo un piccolo edificio pubblico che diventò, col passar degli anni, la loro casa. La stessa in cui Cosimo è morto! Fummo dei “fuorilegge” e come tali denunciati ma ero convinto di interpretare lo stato d’animo di quella parte della popolazione che non aveva voce alcuna. La “legge” aveva assegnato le case popolari al maresciallo dei carabinieri, al cancelliere, agli impiegati di ogni ordine e grado e a tanti altri senza che ne avessero alcun titolo. Case per tutti ma non alle famiglie disagiate. E tutto ciò era avvenuto nella piena “legalità”! E così a distanza di tanti anni mi pongo ancora la domanda: facemmo bene o male a occupare quella “casa” per la famiglia di Cosimo? A quei tempi non avevo dubbi ed ero decisamente convinto che la “legge” - in molte circostanze - fosse lo strumento delle classi dominanti per sottomettere i cittadini inermi. E il “caso” di Cosimo era lì a dimostrarlo perché conteneva la prepotenza dei forti contrapposta alla debolezza endemica della gente comune. E non ero il solo ad avere queste idee! (Conservo ancora l’intervento di Umberto Terracini, già presidente della Costituente, con cui chiedeva l’amnistia e l’indulto per il ventennale della proclamazione della Repubblica come riparazione alla “violenza della legge”). Oggi continuo a pensare che molto più di chi rappresentava in quel momento storico la “Legge”, noi ci muovemmo sulla via indicata dalla Costituzione quando occupammo la casa per quei bambini rimasti senza un tetto. Spinti a esser “ribelli” per un atto di dignità umana e di giustizia sociale. Certamente per molti di noi l’impegno politico era altra cosa rispetto ad oggi . Lo scontro era duro e permanente ma mai personale e in ogni occasione di attrito sociale avvertivi il battito del cuore forte nella gola all’arrivo dei carabinieri ma non dovevi mai dimostrarlo. I valori di solidarietà e di umanità erano prevalenti rispetto a una formale quanto ipocrita “legalità”. Ci ritenevamo costruttori di un “nuovo mondo” e di un “nuovo Umanesimo” anche se ognuno di noi era cittadino e frutto del mondo e del paese in cui viveva ed era impastato dei valori (e disvalori) presenti nella società. Apparentemente forti, in verità fragili come foglie. Ho raccontato un episodio molto lontano nel tempo, debole eco di un mondo che fu! Da allora tutto è cambiato. Molte cose - la maggioranza - in meglio, altre in peggio. In fondo avviene sempre così nella storia dell’Umanità. Ma non bisogna dimenticare. Non sarebbe giusto innanzitutto per “Cosimo” che non vive più tra di noi ma non è stato un Uomo senza storia sia perché nessuno lo è e poi perché ha vissuto - almeno quel giorno - da protagonista la storia dell’Umanità. Riflettendo si capisce che il dilemma che ci ponemmo in quei giorni è più attuale che mai e che la legalità è un valore solo quando è illuminata dalla Costituzione intesa come “patto sociale” vincolante per tutti e a ogni livello altrimenti diventa una camicia di forza che si fa indossare ai più deboli per renderli inoffensivi e servili. Ed è ancora questo dilemma che ci ha portato a manifestare per la “Libertà” a Riace e ancora ieri dinanzi all’ospedale di Locri dove la “legalità repubblicana” è fatta a pezzi. Di quell’evento lontano, mi resta l’amaro in bocca per un mondo che abbiamo visto nel sogno che invece è svanito prima dell’alba.


ELEZIONI REGIONALI

Scacco matto, anzi scacco al Re

Nella foto Sergio Abramo, Mario Occhiuto, Giuseppe Pedà, Claudio Parente, Gianluca Gallo, Roberto Occhiuto, Francesco Cannizzaro, Mimmo Tallini e Sergio Torromino. Seduti Marco Siclari con Jole Santelli

Il centro destra sembra si stia organizzando per tempo alle prossime elezioni regionali di novembre 2019, mettendo in campo le sue forze migliori. Mario Occhiuto, attuale sindaco di Cosenza, potrebbe guidare il futuro della Calabria. Quanto ai possibili avversari, nessuna notizia giunge dai cinque stelle, mentre a sinistra, non si è ancora trovata la quadratura su Oliverio. Una mancanza di organizzazione che potrebbe rivelarsi disastrosa.

Un sindaco per la Calabria, con questo slogan si dovrebbe presentare agli elettori Mario Occhiuto alle prossime consultazioni elettorali di novembre 2019. Così sembra, infatti, dopo la riunione del 13 ottobre a Lamezia Terme dei vertici di Forza Italia, comunicata proprio con una foto di gruppo dove spicca l’abbracio tra Mario Occhiuto e il contendente Sergio Abramo. Già da questa foto escono fuori molti particolari riguardo anche la gestione e i cambiamenti all’interno del partito di Berlusconi in Calabria. Tra i presenti si notano i nuovi parlamentari Marco Siclari, Francesco Cannizzaro, Roberto Occhiuto e Jole Santelli, oltre all’assente giustificato Magialavori, i consiglieri regionali Mimmo Tallini, Giuseppe Pedà, Gianluca Gallo e Claudio Parente, oltre a Sergio Torromino, Sergio Abramo e Mario Occhiuto: saranno loro a guidare il futuro di Forza Italia in Calabria. Quello che più ci colpisce nella foto di gruppo sono gli esclusi. Cosa faranno questi ultimi è il problema che vorremmo esaminare, perché altrimenti non c’è dubbio che la scelta di sabato scorso diventi uno scacco matto in vista delle prossime elezioni regionali. Da rilevare che secondo fonti ben informate la candidatura alle regionali calabresi spetterebbe a FI, secondo un accordo stipulato tra Salvini Berlusconi e la Meloni. Sì, la casistica ci dà due dati certi: il primo che in Calabria vince chi parte prima, si ricordano in proposito le lunghe campagne elettorali di Oliverio e Scopelliti; il secondo dice che vince chi ha perso la volta precedente. Per cui, se questa è veramente la partenza della campagna elettorale del centro destra con Mario Occhiuto presidente, allora i giochi sono fatti. Non bastasse questo, da tempo girano anche dei sondaggi dove appunto la sua candidatura viene data vincente con il 70% dei consensi. Ora però analizziamo le variabili e gli schieramenti in campo. Per primo cerchiamo di capire cosa faranno i cinque stelle, che nelle passate elezioni nazionali hanno fatto la parte del leone eleggendo quasi tutti i candidati al parlamento. Al momento non si ha nessuna notizia e, inoltre, è molto verosimile che non si schiereranno in questa competizione perché il diverso sistema elettorale potrebbe ridurre di molto le loro percentuali di consenso. A sinistra, invece, non si è ancora trovata la quadratura su Oliverio, anche se è stato già formalmente delegato da più di 100 sindaci calabresi. La soluzione Oliverio, in effetti, a sinistra rappresenta comunque l’unica stada percorribile a meno

di rivoluzioni all’interno del PD di cui oggi non si intravedono nemmeno i rumori. Passiamo a destra o centro destra perché per come stanno le cose molto dipende da questo schieramento, che puo vincere o perdere queste elezioni, dipende dalla strategia e dalle scelte che porterà avanti. La situazione oggi a livello nazionale ci dice di un partito forte, la Lega, e di un nuovo assestamento in Forza Italia ma comunque, a meno di scelte rivoluzionarie, come per esempio un candidato unitario tra Lega e 5 stelle, dovrebbe vedere un centro destra schierato con i partiti classici della coalizione, Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia. Soprattutto in Forza Italia vanno cercate le personalità in grado di influenzare l’elettorato; in questo senso dicevamo la scelta di un candidato presidente a un anno esatto dalle elezioni ci sembra una scelta vincente, ma proprio questo diventa il banco di prova perché in elezioni precedenti la mancanza di conferme e certezze sul candidato hanno svantaggiato non poco il centro destra. Questo perché, come abbiamo raccontato e per come ci hanno informato, la scelta è fatta. L’unico problema, appunto, sarà la durata di questa scelta, perché è il tassello fondamentale. Pensare che tutti i vari personaggi del partito accettino a cuor leggero questa scelta è il nocciolo della questione, perché partendo dalla presidenza abbiamo assistito a una debolezza della leaderschip regionale di Jole Santelli che sembra oramai alla fine del suo mandato. Rimangono, poi, le divisioni territoriali che possono minare questa scelta. Per mesi si sono visti comunicati che pretendono, dopo anni, la candidatura per la guida della regione a Catanzaro, e anche a Reggio Calabria si sono fatti sentire. Poi abbiamo il silenzio preoccupante di molti leader, da Orsomarso a Wanda Ferro e Nicolò per quanto riguarda Fratelli D’Italia. Da Salerno, Esposito, Arruzzolo ai fratelli Gentile, Aiello e Maria Tripodi per Forza Italia, mentre sicuramente vorrà dire la sua anche Forgiuele e lo stesso Salvini per la Lega. Di fronte a questo scenario e soprattutto a questo silenzio riteniamo che la scelta di Lamezia non sia poi così decisiva, per cui forse è meglio parlare di uno scacco al Re. Oliverio è avvertito, c’è ancora spazio di manovra, sempre che non succeda l’imponderabile, l’impossibile, oggi: candidatura di Mimmo Lucano alla guida del centro sinistra, che farebbe saltare in aria la scacchiera Calabria. Rosario Vladimir Condarcuri

La lista degli amministratori sorgente di Forza I sindaci e gli amministratori vanno verso la meta regionale sfruttando la spinta del voto della loro comunità e del comprensorio, ma debbono dire cosa vogliono farne, dopo essersi impegnati a livello locale…

L’alleanza tra Salvini e Di Maio andrà avanti, loro sanno di non avere posizioni armoniche ma sanno pure che non si butta via tutto il potere che si stanno prendendo. Solo il disastro economico può farli separare. La forza di gravità impedisce all'uomo di volare - ha scritto Vittorio Feltri - e allo stesso modo non puoi abbassare le tasse, con aliquota unica, e insieme “perdere” soldi con la misura del reddito di cittadinanza. Quel disastro può materializzarsi, anche se nessuno lo vuole. Difficile, comunque, immaginare un centrodestra che decide di dichiarare la crisi in tutte le regioni che governa e che rinuncia a prenderne altre, è più realistico pensarlo con una fisionomia diversa dove i tratti principali, quasi tutti, ce li mette Salvini. Forza Italia si va “asciugando” elettoralmente, ma questa evenienza non si realizza domani; in Calabria, anzi, la caduta avviene più al rallentatore. Siamo a un anno dalle elezioni regionali, con il passaggio intermedio delle europee. La Lega qui ancora deve mettere radici, anche se nessuno può escludere un exploit determinato da un voto di “opinione”. Un’opinione favorevole regalata dalla bandiera della politica sull’immigrazione, si intende. Ma se fosse così bisognerebbe mettere nel conto un picco alto anche per i 5 Stelle, incassato per le politiche assistenziali, che (sarebbe perverso) vengono “gradite” al sud. Poco probabile. I partiti stanno andando ancora sugli schemi tradizionali, per esempio quello di mettere in lista molti sindaci e molti amministratori. Forza Italia in particolare. In provincia di Reggio Calabria, oltre alla lista con il simbolo di partito, con i nomi “pesanti” dei consiglieri regionali uscenti, e una del presidente, si annuncia una lista importante di amministratori, il sindaco di Oppido Mamertina Giannetta, di Melito Porto Salvo Meduri, di Locri Calabrese (via Sainato). Lì possono finire il sindaco di Villa San Giovanni Siclari (se il senatore Marco si fa vincere dalla tentazione…), di Motta San Giovanni Verduci (se vede debole la lista dell'UDC), di Roghudi Zavettieri (se arriva all'accordo politico). Due nomi al femminile: i consiglieri comunali di Reggio Calabria Mary Caracciolo e di Taurianova Cettina Nicolosi. I sindaci e gli amministratori vanno verso la meta regionale sfruttando la spinta del voto della loro comunità e del comprensorio. Debbono dire cosa vogliono farne, dopo essersi impegnati a livello locale. Tutti i candidati, di destra e di sinistra, debbono dimostrare che le loro scelte e le loro azioni sono ispirate da impostazioni programmatiche, strategie, questioni tecniche e non da motivazioni di carattere personale. Possiamo capovolgere l'impostazione e dire che i bravi amministratori aspettano i finanziamenti pubblici e riaccendono però l'idea di uno sviluppo coerente del territorio, hanno la forza di (far) superare lo stato di carenza dei servizi, nella sanità in primis, compiono un’operazione culturale che rafforza le speranze e aggrega interessi che non si fanno svilire e/o utilizzare dalle zone più forti della nazione. Se i risultati concreti verranno misurati con la soddisfazione dei cittadini, non potremo più a quel punto contestare la ponderatezza con cui viene dato il voto ad un partito. Tutti desideriamo parlare di un voto libero e consapevole. I nostri territori non possono ancora rimanere piegati sulle ginocchia, relegati a una politica assistenziale. Federico Lago


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A Riace va in scena la banalità del male

ISIDORO NAPOLI “Ho temuto per la tenuta democratica di fronte a barricate per l’arrivo di migliaia di stranieri, e a sindaci che mi dicevano no... Ho capito che andava governato subito il flusso migratorio e l’abbiamo fatto”. E intanto arrivano i dati della Marina militare libica che, negli ultimi due giorni, ha intercettato e riportato a terra circa 700 migranti che tentavano di attraversare il Mediterraneo. Il portavoce della Marina Ayoub Qassem ha detto che solo martedì sono state fermate due imbarcazioni con 290 persone a bordo. Una terza imbarcazione che portava 164 migranti è stata fermata al largo di Sabrata. Qassem ha poi precisato che - con l’aiuto dell’Italia - sono state intercettate due imbarcazioni con rispettivamente 88 e 134 persone. Un vero e proprio successo. I libici (la mafia libica, profumatamente pagata dallo Stato italiano) trattengono sulle proprie coste i disperati che tentano di imbarcarsi. Era l’agosto 2017. Salvini? No. Minniti Marco, da Reggio Calabria, Ministro degli Interni del governo Renzi e del cui input (aiutiamoli a casa loro) il ministro Calabrese si sentiva investito. Gli italiani hanno la memoria corta e si avvalgono delle "sveltine dell’informazione". Era vero che stavamo subendo un’invasione dall'Africa? No, non era vero allora, come non lo è oggi. Ma faceva comodo farlo credere. Come fa comodo oggi insistere sulla "paura dell'invasione". Alcuni numeri. Veri. Dal 1990 al 2017 il numero di immigrati nati all’estero e censiti nei 27 paesi che fanno parte dell’Unione Europea, più la Gran Bretagna, è cresciuto di 25,2 milioni. Ma di questi solo il 35% proviene da paesi del Sud del mondo. Ciò significa che gli africani, asiatici e latinoamericani, di cui si cerca di popolare i nostri “incubi”, sono stati 8,8 milioni in 27 anni: una media di 327mila all’anno. Nei 25 Paesi dell'Unione più la Gran Bretagna. Non tolgono lavoro a nessuno. Chiunque confronti gli indici della disoccupazione con quelli dell’immigrazione negli Usa e nei maggiori paesi europei vedrà che non c’è alcun rapporto tra i due andamenti. Disoccupazione e precarietà del lavoro dipendono dalle strategie di massimizzazione dei profitti fatte dai gruppi economici dominanti (delocalizzazione produttiva, automazione spinta, finanziarizzazione del capitale). L’attuale Ministro degli Interni (e della paura), Salvini è in servizio permanente effettivo a fare campagna elettorale. Gli strumenti gli sono stati gentilmente concessi dai suoi predecessori. I quali credevano di andare a suonare e sono tornati... suonati. L’attuale Governo, di propria produzione (bisognerà che se lo ricordino tutti quegli infelici che hanno votato 5stelle alle ultime elezioni credendo alle favole di Grillo & C.), ha trascritto e fatto approvare dal Parlamento queste sciagurate norme che diventano Leggi dello Stato: - pagare le mafie libiche perché trattengano nei lager di loro competenza i disperati che arrivano sulle coste africane nella speranza di fare un ultimo sacrificio e raggiungere la terra promessa; - impedire alle organizzazioni internazionali umanitarie di soccorrere in mare coloro i quali sfuggono alla rete dei mafiosi libici; - rendere, per coloro che sono riusciti a sopravvivere a questi tormenti, l’Italia un Paese totalmente inospitale. Cancellando l’esperienza degli SPRAR che, nonostante le contraddizioni e i limiti che sono emersi nel corso di quindici anni dalla loro nascita, rappresentano, comunque, la forma di accoglienza più seria e governabile. Apportando, come è giusto, le necessarie modifiche alla normativa. Guardando, per esempio, al modello Riace, invece di puntare tutto sui Centri di identificazione ed espulsione (lager), smantellando gli SPRAR. Ottenendo, in un colpo solo, un paio di risultati. Primo, accrescere a dismisura il numero degli illegali. L’annullamento della protezione umanitaria è una scelta grave che spinge verso forme di esclusione sociale i migranti più vulnerabili. Chi può fugge da un campo di detenzione (concentramento). Incrementando a dismisura l’opera delle forze dell’ordine e della magistratura. Secondo, facendoci fare un salto decisivo nella graduatoria dei Paesi disumani. La marginalità sociale, l’aggravarsi di situazioni di disagio fisico e psicologico, il rischio di cadere in situazioni di sfruttamento al fine di accattonaggio forzato o altre attività illecite, il decreto non fanno che affliggere persone già in difficoltà senza offrire un’alternativa concreta, aumentando l’insicurezza sociale per tutta la popolazione, migrante e italiana. Ma Salvini dice che la legge va rispettata e chi sbaglia deve pagare. Magari restituendo 100€ al mese per rim-

È già successo nella Storia che personaggi spesso banali si siano trasformati in autentici agenti del male. Occorre riprendere in mano i testi che parlano degli anni '30 per non commettere un errore che pagheremmo a caro prezzo, quello di non riconoscere i terribili segni di un orrore che torna. borsare il furto di 49.000.000,00 di €alle casse dello Stato (quarantanove milioni di Euro, cento miliardi delle vecchie lire). Col consenso di Di Maio e dei suoi giovani amici. Questi leghisti sono ossessionati dalla legalità. Come quando votarono che Ruby, la minorenne che allietava le serate eleganti di un vecchio bavoso, uno sciur brambilla brianzolo che gli passava danaro, a cui erano molto legati, era la nipote di Mubarak. Lo hanno fatto in Parlamento. Così era tutto perfettamente legale. Chi sbaglia paga. Deve averlo preso alla lettera la Sindaca leghista di Lodi. 200 Bambini, non in regola con la norma, non avranno più il diritto alla mensa. Qualche anno fa, al seguito delle Suore Missionarie del Catechismo, a Mulot in Kenia, dopo avere provveduto alla più grave emergenza, l'acqua, e costruito un sistema di raccolta delle acque piovane, le Suore, che gestiscono anche una povera scuola per i Bambini di quell’area, ci fecero avere le pagelle di questi Bambini. I voti riportati dagli alunni erano un vero disastro. Ci domandammo perché mai le Suore ci avessero fatto avere queste pagelle. Dopo un po’ capimmo. Le Suore sono povere e, come accade spesso ai poveri, non chiedono niente. Capimmo che dovevamo fare qualcosa oltre l'Ambulatorio Medico e la raccolta dell’acqua piovana. Con la Comunità Parrocchiale di Marina di Gioiosa Ionica, decidemmo di finanziare una piccola mensa per 100 Bambini. Sei mesi dopo l’apertura della mensa, ci mandarono nuovamente le pagelle degli alunni. I loro voti erano tutti schizzati in alto. E noi di Jimuel avevamo creduto che avviare una mensa per dei Bambini fosse un fatto naturale e semplice. Verificheremo, anzi, manderemo qualche esperto investigatore, ne siamo fornitissimi, per verificare che i Bambini che usufruiscono della mensa a Mulot, in Kenia, abbiano i requisiti per poterne usufruire. Qualcuno mi dirà che è dispendioso e che si potrebbero utilizzare ispettori kenioti. Ma volete mettere la professionalità dei nostri. Guardate come sono stati precisi a Riace. Se non dovessero essere sufficienti i nostri ispettori, ci faremo aiutare dei solerti funzionari municipali che hanno redatto gli elenchi dei Bambini da cacciare, perché illegali, dalle mense di Lodi. Gli chiederemo di rifarsi ai Rettori degli Atenei Italianissimi che nel 1938 redassero con alacrità e scrupolo, l’elenco dei Professori e degli studenti Ebrei da cacciare dalle Patrie Università. Ci sono, oltre l’indignazione, alcune azioni positive che si possono compiere. Con l’Associazione Jimuel verificheremo la possibilità di attivare una mensa a Lodi, per tutti i Bambini disagiati e per quelli cacciati dall’Istituzione. Poi c’è la L.R. della Calabria la n° 18/2009: Accoglienza dei richiedenti Asilo, dei rifugiati e sviluppo sociale, economico e culturale delle Comunità locali. (BUR n. 11 del 16 giugno 2009, supplemento straordinario n. 1 del 19 giugno 2009). Si può richiedere al Governo Regionale un atto concreto a favore della Calabria, non solo di Riace. Che sancisca fattivamente che la storia, la cultura, le tradizioni della Calabria e dei calabresi è intrisa del valore dell’accoglienza. Mi capita di discutere spesso con un mio carissimo Amico, del rapporto tra legalità e giustizia. Nobilissimo dibattito. Temi alti, molto più alti delle mie competenze. Ma qui, oggi, in Italia, a Riace come a Lodi, questo dibattito non c’entra nulla. Ciò che serve è un sacrificio di memoria, di storia, italiana ed europea. Riprendere in mano i testi che parlano degli anni '30. Altrimenti commetteremo un errore che pagheremmo a caro prezzo, quello di non riconoscere i terribili segni di un orrore che torna. Non avremo più scuse di fronte alle future generazioni. E poi c’è la “banalità del male”, Hannah Arendt. Arendt ha sollevato la questione che il male “… possa non essere radicale: anzi è proprio l'assenza di radici, di memoria, del non ritornare sui propri pensieri e sulle proprie azioni mediante un dialogo con se stessi che personaggi spesso banali si trasformino in autentici agenti del male. È questa stessa banalità a rendere, com'è accaduto nella Germania nazista, un popolo acquiescente quando non complice con i più terribili misfatti della storia e a far sentire l'individuo non responsabile dei propri crimini, senza il benché minimo senso critico”.



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La vita ti ha sedotto e poi tradito Dedicato a Francesco Sotira, in questa foto con suo padre Antonio, dal quale è tornato per un nuovo abbraccio.

INTEGRAZIONE UOMO-ANIMALE

I maestri e Margherita

Eugenio Montale definì il romanzo di Bulgakov “Il maestro e Margherita” «un miracolo che ognuno deve salutare con commozione». Allo stesso modo credo si debba salutare con commozione la bella pagina di amicizia e convivenza tra l’essere umano e quello animale scritta a Carmelia, di Delianuova. I fatti. Ai piani di Carmelia vi è l’unico rifugio montano, degno di questo nome, di tutto l’Aspromonte ed è stato inventato, realizzato e gestito dai coniugi Antonio e Teresa Barca coadiuvati dal figlio Salvatore. Il rifugio è denominato il Biancospino per un enorme arbusto di Crataegus oxyacantha. Famiglia: Rosaceae, che campeggia nel giardino e che si colora a maggio di splendidi fiori bianchi e da settembre le bacche rosse resistono per decorare la pianta anche per tutto l’inverno. La particolarità di questo posto è che, arrivando, chiunque si sente subito a suo agio e l’accoglienza sta nell’impatto visivo anche prima di conoscerne gli anfitrioni. Tutto invita a restare in perfetta armonia e confidenza. La varietà di piante spontanee perfettamente integrate con quelle impiantate, i due cani che corrono a salutare senza infastidire con guaiti e/o leccate o, peggio, con assalti fisici. Tutto è gentilmente essenziale. I locali sono sobri ed eleganti al tempo stesso, il legno della struttura caldo e accogliente. Questa primavera un cacciatore arriva al Biancospino con un fagotto e lo consegna a Teresa e Antonio, che aprendolo ne tirano fuori un cucciolo di capriolo di appena qualche giorno di vita. Il cacciatore avvistandolo da solo in mezzo all’erba ha pensato che fosse stato abbandonato dalla madre. Così non è perché egli non sapeva che la madre lo lascia solo mentre va alla ricerca di cibo e torna più volte solo per allattarlo. Ormai era necessario accudirlo perché non poteva essere restituito al suo giaciglio, impossibile da ritrovare e comunque la madre non lo avrebbe più ripreso per via degli odori aggiunti dal maneggio degli umani. La cosa ha comportato il disbrigo di una pratica burocratica per l’affido che si è risolta nel giro di un mese. E nel frattempo? Proteggerlo e nutrirlo è stato un compito festoso per la famiglia che è com-

posta oltre che da Teresa, Antonio e Salvatore, dai due cani Breda e Diana, i cavalli, le galline, le anatre. Margherita, così è stato battezzato il piccolo capriolo femmina, assume la poppata tre volte al giorno dalle mani di Teresa per i primi giorni ma poi si alternano tutti a soddisfare il suo appetito sempre crescente. Una capra fornisce il latte, un recinto appositamente costruito la protegge quando nessuno le può badare ma nel momento in cui Margherita viene lasciata libera entrano in gioco i due cani che la fiancheggiano nelle corse ma non le consentono di allontanarsi troppo. La notte è ricoverata in un rifugio che la salvaguardi dai lupi. Margherita ha istintivamente capito che questo è un posto per restare e ha fatto di tutto per integrarsi impegnandosi a rendere questo posto ancora più significativamente accogliente con i suoi agili salti e con la confidenza che concede anche agli ospiti appena arrivati. Ancora una volta la gente e la montagna calabrese si dimostrano popoli e terra di accoglienza e di integrazione. Arturo Rocca

A Siderno un mostro prova piacere a uccidere i gatti A Siderno il cielo piange e la terra si è bagnata di sangue innocente! Un pazzo psicopatico si aggira a Siderno. Non potremmo definirlo in altro modo dal momento che prova piacere e divertimento a uccidere esserini innocenti che già hanno avuto la sfortuna di essere abbandonati. Negli ultimi giorni sono stati almeno una decina i mici sfortunati uccisi brutalmente con un oggetto contundente, forse un punteruolo. L’associazione OLA, che da tempo si batte per i loro diritti, ha più volte denunciato. Ad alcuni mici è stato fatto esame autoptico dall’IZS, Istituto Zooprofilattico Sperimentale, che ha confermato le cause della morte.

Sei sempre stato innamorato della vita. L'hai amata tanto quando l'aspettavi ogni mattina con il tuo sorriso disarmante. L'hai amata in tutte le sue forme ed aspetti. L'hai amata nelle belle donne, nelle moto, nella velocità, nell'alcool. Ma l'hai amata tanto anche quando, vestita di quotidianità, si mostrava a te nella tua famiglia, nella tua amata compagna di vita, nei tuoi splendidi piccoli che amavi sopra ogni cosa, nelle serate chiassose con gli amici. L'hai amata tanto, quando diversi anni fa sei stato sul punto di lasciarla, ma poi sei tornato da lei più forte

e innamorato di prima. E lei? Lei ti ha illuso, ti ha sedotto con i suoi doni, e poi, beffarda di tutti noi, ti ha tradito, lasciandoti improvvisamente e mostrando a tutti noi il suo volto più crudele! E noi? Noi possiamo solo ricordare il tuo sorriso disarmante guardando i tuoi figli e tuo nipote, che è anche il mio, che ti somiglia tanto e cercare una consolazione terrena con le preghiere! Mi piace immaginarti a far casino anche lì con i tanti amici che ti hanno preceduto! Buon viaggio Fra! Maria Caterina Montoro





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rubriche

Roccella pronta a costruire il futuro Roccella si prepara al rinnovo degli organi elettivi comunali. Le forze politiche e i movimenti che intendono proporsi alla comunità con i loro programmi per il futuro del paese hanno di fronte nuove e impegnative sfide, la prima delle quali è quella di riuscire ad armonizzare i tre elementi fondamentali su ci si sono fondate, fino ad oggi, le politiche di sviluppo sostenibile della nostra comunità: crescita economica, l’inclusione sociale e tutela dell’ambiente. Molto si è fatto negli scorsi anni, ma tanto si può e si deve migliorare. L’attenzione alla costruzione delle precondizioni di sviluppo – costruzione di scuole sicure, di infrastrutture per la cultura, recupero e valorizzazione dei beni storico architettonici, sviluppo di buone pratiche ambientali, ecc – deve essere mantenuta, ma si deve con più forza e vigore agire sulla valorizzazione e sul rafforzamento del tessuto connettivo della comunità. Sulle reti di relazioni e, soprattutto, sulle reti di protezione per i soggetti con disagio non solo economico, ma anche sociale. Si dovranno potenziare gli strumenti di crescita economica che hanno fatto crescere l’economia cittadina in questi anni, ma dovranno ricercarsi anche nuove strade di sviluppo. Si dovrà ulteriormente cementare il rapporto di fiducia tra istituzioni locali e cittadini per saldare ancora con più forza quel patto civile che sta alla base del successo della nostra città. Roccella è chiamata a esercitare ancora con più vigore il ruolo di traino nelle buone prassi amministrative per tutto il comprensorio, mettendosi a disposizione per la crescita complessiva della Locride e raccogliendo la sfida dell’impegno ultracomunale. Di fronte a questo scenario non ci può essere posto per rivendicazioni personali, per proposte di governo che mirano solo a costruire rivincite, senza preoccuparsi del dopo, del futuro. E non ci può essere posto per egemonie che rifiutano il confronto politico. Su questi temi si sono incontrate le delegazioni consiliari e politiche del movimento Roccella Prima di Tutto e di Roccella Bene Comune, avviando una seria e costruttiva riflessione comune sulla costruzione di una proposta politica che ricerchi la sintesi tra posizioni che oggi siedono su banchi diversi in Consiglio comunale. Una riflessione che assuma la centralità del confronto politico come motore di ricerca di soluzioni condivise utili per lo sviluppo ed il futuro di Roccella. I due movimenti sono sintesi di esperienze politiche consolidate nella nostra cittadina. Per questo rifuggono da logiche diverse da quelle assunte nell’incontro. Non ci si incontra in segreto, ma alla luce del sole. Nella casa Comunale. Non si tratta su posti in organico, ma si parla di temi, problemi e possibili soluzioni. Non si da per scontata la sintesi, ma si lavora alacremente per trovarla nel supremo interesse della comunità di Roccella. Nei prossimi mesi questi incontri continueranno. Con lo spirito costruttivo registrato nel primo incontro e con la consapevolezza della grande responsabilità che si ha di fronte. Aprire a Roccella un nuovo ciclo amministrativo che veda impegnate le nuove generazioni nella costruzione diretta del proprio futuro e ricostruisca in esse l’interesse per l’impegno politico a favore della propria comunità

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CALABRESE PER CASO

Europeisti migrazionisti e antieuropeisti sovranisti all’ombra dei Bronzi (di Riace) Il confronto tra anime ribelli divise tra difensori dell’altruismo al di sopra di tutto e sostenitori della primacy dello Stato quale massima categoria politica di organizzazione politica, giuridica ed economica di una comunità sembra, in Italia, essersi consumato a pochi chilometri dalla costa locridea. Una sorta di querelle politico-istituzionale, con qualche venatura giudiziaria a far da cornice, che sembra quasi traghettare il nostro Paese dall’effimero revival del meridionalismo oggi multietnico e multiculturale alla discussione sul futuro dell’Europa che si gioca con il Gruppo di Visegrád. Ovvero, con quell’insieme di quattro Paesi, per adesso, dell’Europa Orientale a noi lontani lontani, che sulle politiche migratorie speculano per alzare il prezzo di una loro permanenza o meno nell’Unione Europea. Ora, senza voler annoiare l’attento lettore spostando la sua attenzione sui massimi sistemi – e prendendo in prestito alcune osservazioni condivise con un attento osservatore con cui ho condiviso percorsi scolastici in Calabria - forse dovremmo ricordare che cosa è stata e cosa sarebbe dovuta essere l’Unione Europea. Veicolo, quest’ultimo, attraverso cui raggiungere una migliore comprensione tra i popoli che la compongono e una maggiore condivisione di valori. Probabilmente, sovranisti o meno, o democrat aperti all’altro purché siano altri a occuparsi delle risorse, dovremmo ricordarci che la, sino al 1995, Comunità Europea poi “Unione”, fu una grande intuizione degli statisti tedeschi e francesi del dopoguerra che, con grande lungimiranza, capirono che dovevano essere statuiti in modo stabile e istituzionale i criteri di risoluzione dei contrasti economici tra i sei Stati fondatori. Costoro, proponendo preliminarmente da un punto di vista economico, intendevano rimettere in campo un’idea politica di un sog-

getto sovranazionale che vedeva Francia e Germania dalla stessa parte dopo secoli di lotte. Erano, insomma, tali Padri illuminati, convinti che la pacifica convivenza dei decenni a venire non sarebbe stata un’utopia, ma un’opportunità per giungere prima o poi a un modello federalista o quasi federalista se non almeno confederale. Alla fine del 1989, a ben dieci anni dalle prime elezioni per il Parlamento europeo del 1979, in molti erano anche convinti che altri muri sarebbero crollati come quello di Berlino. Ma la realtà, Maastricht nonostante, fu cosa ben diversa. Ai muri di pietra venivano alzati, ad ogni passo in avanti, muri di gomma. Meno duri, ma più flessibili e direzionabili secondo gli egoismi degli uni o degli altri membri dell’Unione o, altrettanto, secondo le intemperanze politiche di un pensiero omologante che avrebbe dovuto passare al di sopra dei popoli, magari ripristinare una sorta di nuova ideocrazia possibile come se la tecnocrazia dell’euro non sarebbe stata più che sufficiente. Il vero dramma che si compie in Europa, e che si consuma nella Visegrád italiana fatta da partiti che riesumano il loro appeal ideologico e leader a caccia di consensi - magari credendo di essere i nuovi passionari e uomini della Provvidenza - è che in fondo a far dissolvere ogni garanzia di identità, quanto ogni giusto sentimento di tolleranza e confronto, sono proprio coloro che si trincerano in posizioni radicali. Alcuni non riconoscendo il valore della propria identità partecipandola all’ospite; altri andando ben oltre un sentimento di comunità cercando di fare della diversità uno strumento piuttosto che un’occasione di vera e sincera crescita nel rispetto delle tradizioni e degli ordinamenti dello Stato. In questa guerra tra poveri, si fa per dire, eurodelusi, euroscettici ed euro-omologatori, nessuna soluzione adeguata sembra affacciarsi all’orizzonte. Vi è solo una mortifican-

te, rinnovata, tendenza al protagonismo e alla personalizzazione che alla fine nega ogni significato al termine comunità: europea, nazionale, regionale e comunale. Visegrád, da tanto lontano, dimostra che è già difficile mettere assieme esperienze storiche europee che, in qualche modo, hanno legami comuni. Così come le vicende del piccolo comune dei Bronzi dimostrano quanto il non aver avuto idee chiare sul come governare le politiche migratorie da Bruxelles sino al breve entroterra jonico reggino alla fine ha trascinato tutti, popolazioni e migranti, su un terreno scivoloso e di difficile composizione se è il risultato complessivo ciò che ci interessa individuare piuttosto che l’emergere di nuove leadership. D’altra parte, quando una politica è così cieca e senza memoria si ottiene il riemergere di rigurgiti "sovranisti" altrettanto miopi quanto quelli populisti o “omologazionisti”. Ed è allora che una sola riflessione rimane da fare. Che in assenza di una proposta politica consapevole e interprete della storia e delle realtà nazionali forse alcuni, ma non sono pochi in verità, politici dovrebbero evitare di cercare modi, mezzi e argomenti per distinguersi ad ogni costo, godendo di privilegiati spazi televisivi o pagine offerte dai giornali. Forse dovremmo evitare di credere che non servono agitatori di masse o urlatori mediatici. Probabilmente basterebbe anzitutto guardare che cosa chiedono le nostre popolazioni, la nostra gente, in Europa, in Italia, in Calabria e nella stessa Locride per capire che l’ospitalità e, soprattutto, la qualità dell’ospitalità dipende anche dalla qualità della vita, dei servizi, delle opportunità di crescita delle nostre comunità locali. Un esame a cui invito sia i promotori dell’accoglienza senza riserve, e sia coloro che del Sud alla fine se ne dimenticano a urne chiuse. Giuseppe Romeo

La Lega cancella il linguaggio di genere

Dopo due anni gli indirizzi sulle cariche istituzionali femminili sono da buttare Per la felicità di ogni maschio e maschietto, la Lega ha cancellato con un gran colpo di spugna le linee guida volute dall’allora presidente della Camera, Boldrini, per la definizione delle cariche pubbliche relative alle donne. Stiamo parlando delle famigerate parole “ministra”, “assessora”, “consigliera” ecc. Parole odiate e vituperate dagli uomini quanto da molte donne, completamente imbibite di cultura maschilista e patriarcale come il pan di spagna di alchermes nella zuppa inglese. E visto che il provvedimento parte proprio da un gruppo di donne sarà facile obiettare: “Ma lo hanno voluto loro!”, dunque non può essere sessismo o frutto della cultura patriarcale, diranno i signori maschi: scusa pronta sul tavolo ben servita a chi ne avesse bisogno (furba la Lega!). Eppure tutti ben sappiamo che la carognaggine non ha sesso, razza o colore politico, così come la stupidità, e che se un provvedimento viene da una donna, non è necessariamente femminista. Questa è una balla grande come il Colosseo, perciò i signori maschi sono pregati di riporla dove tengono tutta la loro attrezzatura per pensare, cioè nelle mutande. Così come possono riporla nel tanga le donne maschiliste che si credono persino femministe, ché il mondo ne trabocca e sono più diffuse del cognome Omissis a Siderno. Il provvedimento è un atto politico molto forte, che ci riporta indietro di decenni e dimostra quanto se la stia passando male il genere femminile in questo periodo. Dopo una parentesi di ristagno durante gli Ottanta e Novanta, il Berlusconismo ha sprofondato la figura della donna in un abisso di ignominia. Dal celebre “puttantour” alla frase: “Ora non ho tempo, incarta-

mi un pompino ché lo passo a prendere dopo”, fino agli apprezzamenti a un’adolescente diventati meme sui media. La lingua rispecchia - e delle volte precede - i mutamenti sociali, lo dissero un paio di personcine che della cosa se ne intendevano: quel tal Platone, un altro che conoscete sicuro e si chiamava Aristotele, altra gente piuttosto nota in periodi più recenti, tipo Wittgenstein, de Saussure, Umberto Eco, il solito Heidegger ché dove lo metti sta, e vi risparmio gli altri. Ma devo venire a dirvelo io? Se non c’è un termine per definire quella cosa, semplicemente quella cosa non esiste nella mente dell’Essere Umano. I confini del nostro mondo sono i nostri confini linguistici. Se non esiste “ministra”, vuol dire una sola cosa: le donne non possono amministrare niente, dagli atti burocratici ai culti religiosi. Non ci provate neanche ad attaccare la pippa del maschile neutro. Neutro un cazzo. Una collega giornalista - da maschilista fatta e finita qual è - sosteneva a spron battuto che le cariche pubbliche devono rimanere al maschile perché… perché… perché… Perché? Non lo sapeva manco lei, ma lo diceva lo stesso perché le hanno insegnato così fin da piccola, imbottita di maschilismo come un panino di mortadella. E come lei tante altre persone, uomini e donne, incapaci di critica, ignoranti fino alla bestialità. E si tacciano completamente coloro che al sentire normali declinazioni femminili di termini abitualmente maschili, come “cardiologa” o “agronoma”, ribattono con il classico: “Nun se po’ sentì”. Al “nun se po’ sentì” io rispondo che chi lo dice conosce molto poco la lingua italiana, stracarica di vocaboli cacofonici e decisamente inudibili, da “ingressare” fino a “cuoiaio”, “succubare”, “enurèsi” e molte

altre anche di uso comune. Semplicemente siamo solo abituati a sentirli e non ci facciamo caso. Da “maestro” viene “maestra” e da “infermiere” deriva “infermiera”. Non abbiamo nessun problema con questi vocaboli solo perché mestieri da secoli ampiamente diffusi tra la frazione femminile della popolazione. La donna che si firma “urologo”, “biologo” o “medico”, non solo svaluta sé stessa come persona, ma come professionista. Sta esplicitamente dicendo: “Ehi, io valgo quanto un maschio, perché i maschi nella mia professione, valgono di più”. Il che a me fa pensare: “Gioia cara, non solo non conosci la lingua italiana, ma probabilmente neanche la tua professione, perché se non sai parlare non sai pensare, e se non sai pensare non sei brava a fare il lavoro per il quale ti sto pagando”. Gioia, felicità, giubilo e liberazione anche per i giornalisti, il cui divorzio dalle regole grammaticali è stato ormai ampiamente sancito anche dalla Sacra Rota, la cui ignoranza crassa, supina e pluristratificata, ha portato anni addietro a parti linguistici acefali e deformi, come la celebre frase “la sindaco è andato”. Tranquilli, colleghi, scrivete un po’ di quel che cazzo vi pare, tanto l’avete sempre fatto. E molti di voi non solo per ignoranza, anzi, l’esatto opposto: perché sapete perfettamente quanto potere vi sia in una cosa semplice come una parola. Una parola contiene un intero mondo, contiene il potere di descrivere e controllare, di generare poesia, ragionamenti, pensieri. E a quel potere voi maschi non volete rinunciare. #vigliacchi Lidia Zitara – che sempre userà termini femminili con coraggio e determinazione


CONVERSANDO

La Calabria al centro di Slow Wine 2019

GIUDIZIARIA

Slow Wine è giunta alla nona edizione e sempre di più si connota per il rigore nel segnalare e premiare esclusivamente vini e cantine che lavorano la vigna senza cercare scorciatoie. «Se dovessimo riassumere in uno slogan la filosofia della guida potremmo dire “meno marketing e più viticoltura”», raccontano i curatori Giancarlo Gariglio e Fabio Giavedoni. Slow Wine è l’unica guida a visitare ogni anno le quasi 2000 cantine recensite, grazie a un numero di collaboratori che ormai sfiora le 300 persone. Una mappatura del territorio che non ha pari e che permette di segnalare agli addetti ai lavori e ai semplici appassionati sempre nuove aziende e realtà enologiche. Ma veniamo alla Calabria: «“Nessuno si salva da solo” ha scritto Petrini nella prefazione di un libro che parla di contadini langaroli e di donne calabresi. Sembra che i produttori calabresi presenti in guida l’abbiano finalmente capito, e i risultati si vedono. La qualità media dei vini calabresi è salita notevolmente. Raccontando i territori, tappa obbligata è Pizzo dove da qualche anno viene coltivato nuovamente lo zibibbo di Pizzo, Presidio Slow Food: un giovane produttore ha deciso di vinificarlo secco ed è stato un successo. Lungo i crinali del monte Orsomarso, poi, inizia la Doc Terre di Cosenza che, a queste altitudini, costituisce senza dubbio la zona più vocata in regione per la produzione di ottimi bianchi. Concludiamo a Cirò, luogo in cui si è fatta e si sta facendo la storia del vino calabrese» continuano i curatori. Due le Chiocciole assegnate alle aziende calabresi che in questa nona edizione di Slow Wine hanno interpretato i valori in sintonia con Slow Food: ‘A Vita, Cirò Marina (KR); Sergio Arcuri, Cirò Marina (KR). Due anche le Monete assegnate alle aziende calabresi che hanno espresso un buon rapporto tra la qualità e il prezzo per tutte le bottiglie presentate alle degustazioni: Ceraudo, Strongoli (KR); Cote di Franze, Cirò Marina (KR).

Sul trasferimento fraudolento dei beni

FRUTTI DIMENTICATI

Pero Tropeano PIRUS COMMUNIS L. FAMIGLIA ROSACEE

Si resta sbalorditi dell’abbondanza di varietà di peri che si riscontrano nel territorio della Locride e specie in quella parte che va da Bianco a Brancaleone. Infatti a sud di tale area, nel territorio di Palizzi e in quello di Bova, si ritrovano delle varietà comuni, che indicano che nel passato i due territori, quello di Bova e quello di Palizzi, erano più intimamente connessi di quanto non lo siano adesso e lo dimostrano gli elementi che sono comuni nel mondo del germoplasma. Infatti fino agli anni cinquanta la collaborazione nelle aree confinarie era assidua nel mondo agricolo per cui i contadini si prestavano mutua assistenza, si scambiavano i semi, reciprocamente gli animali da lavoro, dagli asini ai muli per il trasporto dei prodotti, alle mucche per l’aratura dei campi. Addirittura provvedevano a riparare assieme i selciati delle loro contrade o a costruirne di nuovi qualora mancassero. L’esempio più emblematico era costituito dalla costruzione dei condotti che trasportavano per chilometri l’acqua che doveva servire per alimentare i mulini, che anche venivano riparati assieme, qualora fossero comunali e per uso irriguo, per cui esistevano delle regole ben precise da rispettare. I condotti erano scavati ai fianchi delle fiumare, in pianura oppure scavati nella roccia, qualora l’acqua dei torrenti fluiva incassata tra pareti rocciose. Naturalmente anche in altri ambiti, la collaborazione era stretta, specie nel mondo femminile, dove si assisteva all’aiuto reciproco nel campo della tessitura, dalla cardatura della lana, alla preparazione dei fili per l’orditura, ma anche nel mondo agricolo e in quello specifico della coltivazione del grano dove interveniva la donna nella sarchiatura del grano, quando bisognava ripulirlo dalle erbacce in gennaio febbraio. A questo punto le donne di una comunità si prestavano aiuto reciproco con la pratica del “prostafè” ossia scambiandosi reciprocamente e gratuitamente l’impegno lavorativo, cominciando in un campo di una determinata famiglia, del gruppo di donne, poi passando ad un altro e così di seguito fino alla fine del lavoro, utilizzando per tutte le stesse ore lavorative. Ritornando al discorso delle varietà di peri, Palizzi aveva dei tipi che differivano da quelli della sua frazione, Pietrapennata e questo è giustificabile dal fatto che la frazione era stata fondata nel IX secolo d.C., da profughi di Malta che si erano rifugiati in Calabria, in seguito dell’invasione dell’isola da parte degli arabi; essi avevano portato con sé le essenze agricole del loro territorio, compresi alcuni tipi di peri e anche delle viti. Brancaleone evidenziava delle caratteristiche particolari in riferimento alle viti, ma anche ai peri, in quanto esisteva una varietà di pero unico nel territorio,

I BRIGANTI

Non si affitta ai merdaionali

costituita dalla Colacassara, che produceva dei frutti dalla pezzatura grossa, dalla polpa bianca e liquescente a maturazione; essa sopravviveva in un unico esemplare nella proprietà della famiglia Leocane; di essa possiedo un’unica e sparuta pianta, l’unica scommessa contro l’estinzione. Si distingue ancora Brancaleone in quanto possiede in contrada Fischìa, praticamente un parco di ulivi “ Tondi” monumentali, dall’età ciascuno di molte centinaia di anni. Di recente ho appurato che tali ulivi si identificano con la Zinzifarica da quando l’anno scorso, Samanta Zelasco, del Crea di Cosenza, ha commissionato a Enrico Ligato alcune punte apicali di una tonda di Palizzi, mentre a me aveva commissionato la ricerca in provincia di Reggio della Zinzifarica, una varietà di ulivo a grave rischio di estinzione. Dalle analisi eseguite sul campione di Palizzi, è venuta fuori la presenza in quel territorio della Zinzifarica . Ad essa è seguita l’analisi sul campione portata da me ed è risultata un’altra Zinzifarica, che vive in pericolo da circa ottocento anni in contrada Fischìa di Brancaleone. Nell’area tra Staiti e Bianco, decine sono le varietà eccellenti di peri, che variano rispetto alla zona a cui si è fatto prima degli accenni e tra queste risultano primeggiare per qualità la varietà "Maluni" (Melone) e “L’Angelica”, presente a Ferruzzano. Invece tra Motta S.Giovanni e tutta la Locride si ricorda la presenza costante di una varietà, le cui pere venivano raccolte alla fine di ottobre e conservate per tutto l’inverno come le Pere Lisciandruni; esse non andavano a male fino a quando, nei primi anni venti del 900, non arrivò dall’Africa la mosca della frutta e fu un disastro per tutti i tipi di frutta appunto. Nel Territorio di Ferruzzano, fra le altre varietà a rischio di estinzione, sopravvive in soli tre esemplari, la varietà Tropeano, misteriosa nel nome, forse perché proviene da Tropea; un esemplare lo custodisce Santino Panzera, un secondo Domenico Callipari e un terzo lo scrivente. Le tre piante sono giovani e sono state create con gli innesti di una pianta antica che non c’è più. I frutti maturano tra la fine di luglio e la metà di agosto e sono di pezzatura medio-piccola, dalla forma regolare, tondeggiante e dal picciolo lungo e carnoso. La parte opposta al picciolo al tempo della maturazione assume un colore roseo, mentre quella più vicina ad esso diventa gialla. Il frutto non è attaccato dalla mosca della frutta, se non sporadicamente, nonostante maturi in piena estate. Il gusto è gradevole, con una punta lievissima di acidulo che lo rende più interessante, mentre la polpa è bianca e succosa al punto giusto. Orlando Sculli

Non lo scrivono, però lo pensano, e lo attuano. Provate a cercare casa in una regione del nord, come sto facendo io, e ne vedrete delle belle. Si trovano tanti annunci online, di agenzie, di privati. Mi sto confrontando con tante cose strane lassù, tipo che preferiscono famiglie senza bambini, ancora meglio i single. Se famiglia, vogliono come garanzia il doppio stipendio, magari a tempo indeterminato. E un garante, che fa sempre comodo. E si sa che questi non sono tempi da doppio stipendio, ma uno ci prova a cercare lavoro, solo che prima servirebbe un tetto sulla testa, giusto per non girovagare per le vie della città come un barbone. Il doppio stipendio non c’è ma ce n’è uno, però non è a tempo indeterminato. Se c’è un’entrata è una cosa buona dalle mie parti, perché almeno c’è un lavoro. In quelle “alture” invece non è una garanzia. Perché lì girano i ssordi forti. Però il garante c’è, perché per fortuna ci sono i nonni che fino alla fine della loro vita devono provvedere alle generazioni presenti e future. Ma non gli basta un garante e uno stipendio. Vogliono anche sapere di dove sei. Se cerchi casa al norde manda in agenzia tuo cognato milanese per primo, anche se a lui non serve, perché gli diranno che ci sono tante belle case.

Con la sentenza n. 8 del 28.02.2001 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione rilevano che «il delitto di trasferimento fraudolento di valori integra un’ipotesi di reato istantaneo con effetti permanenti e si consuma nel momento in cui viene realizzata l’attribuzione fittizia, senza che possa assumere rilevanza il permanere della situazione antigiuridica conseguente alla condotta criminosa». Argomentano le Sezioni Unite nel modo seguente: «…La linea interpretativa che ravvisa in detto delitto un'ipotesi di reato permanente, così da consentire l' applicabilità della fattispecie ai fatti pregressi all' entrata in vigore della legge (Sez. I, 23 novembre 1999, Rosato), si fonda sull' argomento che il fatto reato è strutturato in modo tale da costituire una situazione di apparenza giuridica quanto alla titolarità o disponibilità del bene e nel mantenere consapevolmente e volontariamente una simile situazione; facendone derivare, a corollario, che la consumazione non si risolve in un momento ma dura per tutto il tempo in cui lo stato antigiuridico persiste (Sez. III, 15 luglio 199, Lai; Sez. III, 28 gennaio 1993, Guadalupi). La linea che, invece, lo qualifica reato istantaneo assegna valore esclusivo alla condotta, costitutiva della situazione apparente, considerando privi di rilevo gli ulteriori effetti derivanti dal comportamento (Sez. I, 14 ottobre 1993, Epifani; implicitamente, Sez. VI, 26 febbraio 1993 Parisi. Ritengono queste Sezioni unite che l'art. 12 quinquies del decreto-legge più volte rammentato delinea un' ipotesi di reato istantaneo con effetti di natura permanente. Il disvalore della condotta si esaurisce, infatti, sul piano del possibile giuridico, mediante l'utilizzazione di meccanismi interpositori in grado di determinare l'effetto traslativo del diritto sul bene (ovvero il conferimento di un potere di fatto sul bene stesso), così da determinarne (attraverso i modelli della simulazione o del negozio fiduciario) la (solo) formale attribuzione, al fine di raggiungere la conseguenza elusiva delle disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli artt. 648, 648-bis e 648-ter c.p. Una volta realizzata l' "attribuzione fittizia", il delitto perviene alla sua consumazione, senza che possa assumere giuridica rilevanza la situazione (anti)giuridica conseguente al trasferimento; l'attribuzione, della "titolarità" o della "disponibilità" sulla cosa, intesa come situazione giuridica o come situazione di fatto giuridicamente rilevante, pur non inquadrabile nell' ambito di rigorosi schemi civilistici, sta comunque ad indicare il fittizio conferimento di un'apprezzabile signoria sulla res che, allorché venga realizzata, esaurisce la rilevanza penale del fatto, secondo un modello comune (almeno di norma) a tutte le ipotesi di reato che comportino un'attribuzione patrimoniale illecita. Il permanere della situazione antigiuridica, quale conseguenza del contegno criminoso si profila, quindi, rispetto alle finalità di fattispecie, diretta a reprimere, un effetto lato sensu "traslativo", da iscrivere nel più ampio genus del c.d. "riciclaggio", come dato non eccedente l'ambito di un postfatto non punibile...».

Poi però lui dirà che quella casa è per i cognati del sud, e... magia delle magie, i proprietari hanno deciso di non affittare più! Poco importa se gli dai 3 affitti come caparra più quello del corrente mese, più un affitto per l’agenzia. E allora tornano in mente quei cartelli affissi a Torino dopo l’unità, in cui c’era scritto bello grande “non si affitta ai meridionali”, e pensi che i tempi non sono poi tanto cambiati. Almeno allora avevano il coraggio di dirtelo, ora non possono perché per legge non si può, altrimenti... ma non manca molto. Coi tempi che corrono verranno fuori tante belle leggine per cui sarà possibile fare tante cose. Ma per loro, non per noi. A noi invece sarà preclusa ogni strada buona. Ma che dico “sarà”... lo è già! E basta con queste abboffate sull’immigrazione, che serve solo a qualcuno per allargare il consenso tra gli ignoranti. Bisognerebbe mettere nelle scuole l’ora di umanità, e magari chiedere ai nostri bravi ministri di andare a spiegare nelle scuole che cosa vuol dire unità nazionale, secondo loro. Io già un’idea me la sono fatta. Brigantessa Serena Iannopollo


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attualità

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Se i gine chi sono

«Non dimenticherò mai quando il Rettore della Facoltà di Medicina dell’Università “La Sapienza” di Roma, nel lontano 1971, mi diede in mano una pergamena: era il Giuramento di Ippocrate. La mia emozione, nel leggerlo, era fortissima. Vi era scritto, tra l’altro: “Non mai ad alcuna donna suggerirò prescrizioni che possano farla abortire, ma serberò casta e pura da ogni delitto sia la vita sia la mia arte”. Nella mia lunga carriera ho mantenuto fede a quel giuramento!»

GUIDO GLIOZZI

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uando ha inizio la vita? L'autorità scientifica che può dirci con certezza quando ha inizio la vita umana è la biologia. Questa branca della scienza moderna è giunta a una conclusione chiara, cristallina: la vita umana comincia al momento del concepimento. Si tratta di un fatto scientifico, non di una filosofia, di un'opinione o di una teoria. Oggi, l'evidenza che la vita umana inizi fin dal concepimento è un fatto così ben documentato che nessuno scienziato intellettualmente onesto e informato o un medico possono negarlo. Quando è stata introdotta la legge sull'aborto lei era già ginecologo? Che posizione prese? Non dimenticherò mai quando il Rettore della Facoltà di Medicina dell’Università “La Sapienza” di Roma, nel lontano 1971, nel congratularsi con me, mi diede in mano una pergamena: era il Giuramento di Ippocrate. La mia emozione, nel leggerlo, era fortissima. Vi era scritto, tra l’altro: “Giammai, mosso dalle premurose insistenze di alcuno, propinerò medicamenti letali né commetterò mai cose di questo genere. E, per lo stesso motivo, non mai ad alcuna donna suggerirò prescrizioni che possano farla abortire, ma serberò casta e pura da ogni delitto sia la vita sia la mia arte”. Nella mia lunga carriera ho mantenuto fede a quel giuramento! Combattere la piaga degli aborti clandestini: questa fu una delle argomentazioni che 40 anni fa furono portate a sostegno della legge 194. Di fronte, però a un’area di clandestinità stimata in non oltre 100.000 aborti l’anno, si lanciò il numero inverosimile di 3 milioni ogni 12 mesi. I sostenitori della 194, quindi, falsarono i dati per perseguire i propri scopi. Come giudica questo atteggiamento? Non è mia intenzione polemizzare (l’ho fatto anche in maniera forte quando si effettuò il Referendum per l’abrogazione della 194), ma non posso non asserire che ieri, come anche oggi, per scopi esclusivamente politici e per “racimolar e ” con-

sensi si sono dette delle falsità. Ieri, come oggi, si specula sulla ignoranza (non conoscenza) della gente. Come dimenticare quando si parlava dell’embrione come un “grumo di sangue” o di “ammasso di cellule”? La storia sembra ripetersi. Dopo la dichiarazione di Papa Francesco, "L'aborto è come affittare un sicario", le attiviste di "Non una di meno" hanno dichiarato: "Ogni anno 50 mila donne muoiono a causa di un aborto illegale e quindi non sicuro: i sicari sono gli obiettori e i mandanti Stato e Chiesa". Cosa pensa di questa dichiarazione? Si commenta da sé. Sono un ginecologo (ho lavorato in Ospedale per 35 anni) e, ovviamente, ho sollevato “obiezione di coscienza” nel 1978 quando è stata promulgata quella legge. Proprio la stessa “194”, all’art. 9 (“esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza”) me lo consentiva. La mia “scelta” era dettata da quel giuramento di cui sopra come medico e, da cristiano, sicuramente in sintonia con gli insegnamenti del Vangelo e, quindi, della Chiesa. Qual è in media il numero degli aborti praticati ogni anno in Italia? Le statitistiche di cui sono a conoscenza risalgono al 2016 (dati forniti dal Ministero della Salute) e gli aborti volontari, in quell’anno sono stati 84.926. Solo per la cronaca, dal 1978, anno in cui è entrata in vigore la legge, al 2016 il numero degli aborti è di 5.814.635. Ampia è la possibilità di diffusione del ricorso alle pillole abortive, che andrebbe rubricato come aborto clandestino dal momento che sfugge a ogni registrazione e controllo sanitario e che soprattutto vede la donna agire in solitaria. Ma la legge sull'aborto non avrebbe dovuto assicurare alla gestante in difficoltà una

protezione medica e sociale? Da quando è stata prodotta la pillola abortiva RSU 46 (anche se anche le cosiddette “pillole del giorno dopo” o quelle del “quinto giorno” sono abortive perché impediscono all’embrione concepito di “annidarsi” nell’utero), si è stabilito di farla prendere alle donne in regime di ricovero ospedaliero per i possibili gravi rischi cui potevano andare incontro le gestanti. È evidente che anche per la pillola RSU46 sarebbe indispensabile seguire “l’iter” previsto per le IVG, ma questo non succede e nessun partito politico ha preso una posizione netta a riguardo per timore di far “cadere” governi di coalizione in cui anche chi si definiva antiabortista era determinante e anche troppo… “aggrappato” alla poltrona. "Norme a tutela sociale della maternità", questo il titolo della legge 194. Ma dal testo della legge scompare, insieme alle parole "moglie", "marito" e "padre", la parola "madre". Tolta di mezzo anche la parola "figlio", sostituita con la più tecnica "concepito". Come si può tutelare la maternità se se ne cancella il lessico? Ho detto in precedenza che sono obiettore di coscienza. Questo però non mi ha impedito di effettuare un progetto, nell’ultimo anno in cui ho prestato servizio in un Consultorio statale, che aveva come titolo “Corretta applicazione della legge 194”. Perché? I primi due articoli di questa legge vengono regolarmente disattesi ed è un fatto gravissimo. In quel periodo, ho cercato di fare rispettare proprio quella parte della legge che, nell’insieme, continuo a ritenere ingiusta. Come lei stessa diceva, la legge ha per titolo “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”. E già l’art. 1 recita: "Lo Stato (…) tutela la vita umana dal suo inizio. (…) L’IVG non è un mezzo per il controllo delle nascite” e l’art. 2 “I consultori familiari (…) assistono la donna in stato di gravidanza, informandola sui diritti, attuando speciali interventi quando la gravidanza o la maternità creino problemi, contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza (…)”. Nella prassi era sufficiente che una donna si presentasse in Ospedale con una certificazione di un medico di base non obiettore, nella quale si richiedeva l’interruzione della gravidanza, perché la stessa si ritenesse “idonea” all’ intervento senza tener conto per nulla dei primi due articoli della legge suddetta o di altre limitazioni previste da quelli successivi (artt.4 e 5). L'articolo 5 della legge 194 stabilisce che il consultorio e la struttura socio-sanitaria hanno il compito, in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall'incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari, di aiutare la donna "a rimuovere le cause che la porterebbero all'interruzione della gravidanza (...), di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante

la gravidanza sia dopo il parto". Questo è stato fatto in 40 anni? Ciò che ho detto prima per i primi due articoli, ovviamente vale anche per l’art. 5. Naturalmente il progetto di cui ho accennato, pur avendo avuto il consenso di tutti gli operatori sanitari, compresi i medici di base, è rimasto chiuso in un cassetto e non è stato mai attuato per motivi esclusivamente politici. La legge 194 ha eliminato il padre dal processo decisionale sull'aborto a meno che la madre non lo voglia. Dove sono le "pari opportunità"? Perché non è stata posta la giusta attenzione a quella che potremmo definire "paternità interrotta"? Altra incongruenza della legge! Il “figlio” non appartiene certamente alla madre! È un “terzo” concepito dalla “coppia” e semplicemente “custodito” nel grembo della madre. Qui il discorso si farebbe lungo e non può esaurirsi in poche battute… Oggi la legge 194 è a rischio. Dopo l'approvazione da parte del consiglio comunale di Verona della mozione 434 con cui la città si dichiara ufficialmente contro l'aborto, c'è chi, come il Comitato No194, vorrebbe inserire una pena dagli 8 ai 12 anni per le donne che decidono di abortire e per i medici che li aiutano. Cosa pensa in proposito? Non credo assolutamente che la legge sia a rischio. La politica o la “magistratura” lo impedirebbero. Basti pensare come la legge n. 40 del 2010 sulla procreazione medicalmente assistita sia cambiata in tante parti per “sentenze” di Tribunali che hanno sovvertito il senso stesso della legge scaturita da un Referendum plebiscitario. L’approvazione di quella mozione del consiglio comunale di Verona non è “contro” qualcosa ma è solo “per” aiutare quelle donne che decidono di far nascere il proprio bambino, nel rispetto di quei primi due articoli della 194 in cui si vuol far “superare le cause” che spingono la donna a pensare che sia più conveniente interrompere una gravidanza. Tra coloro che oggi chiedono l'abolizione della legge 194 c'è chi è convinto che sia una delle cause principali del calo delle nascite. Lei da credito a questa convinzione? Il calo delle nascite, a mio avviso, non è dovuto al fatto che tante mamme chiedano di abortire. I motivi sono altri e complessi e sarebbe davvero troppo lungo elencarli, ma sicuramente mancano le politiche familiari necessarie al sostegno della vita nascente delle giovani coppie. Questo a livello socio-politico. Poi, da cristiano, mi sento anche di dire che, quando si tornerà a pensare (e si ritornerà…) che il matrimonio uomo-donna è un capolavoro congegnato da un Dio che è Amore e che il figlio è un frutto della “comunione” dei due coniugi, allora i figli torneranno a nascere e ad allietare la casa e la vita di due sposi.


orto

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO

Un tema spinosissimo quello dell'aborto ma ancora più spinoso sarebbe il silenzio che relegherebbe l'aborto in un angolo insieme al dolore e al tormento che, in ogni caso, straziano la donna che si trova di fronte alla scelta più difficile della sua vita. Per fare luce su una tra le questioni più delicate che da sempre divide i "pro life" e i "pro choice" abbiamo intervistato Guido Gliozzi, per 35 anni ginecologo presso l'Ospedale di Locri, obiettore di coscienza e profondamente cristiano, e Mirella Parachini, ginecologa presso l'Ospedale San Filippo Neri di Roma, femminista, militante radicale, dal 1974 compagna di Marco Pannella, al fianco del quale ha combattutto diverse battaglie tra cui quella che ha portato all'approvazione della legge sull'aborto.

ecologi sono i sicari, o i mandanti? «È una contraddizione della Chiesa cattolica quella di attaccarsi al fenomeno dell’aborto senza risalire al fatto che la sua stessa dottrina impedisce di fare prevenzione. Eppure nel 1966 ci fu una commissione in Vaticano che approvò la pillola come metodo contraccettivo. Fu poi Papa Paolo VI, all’ultimo momento, a porre il veto e a decidere diversamente con l’enciclica l’Humanae Vitae, con cui bandì l’uso della pillola»

MIRELLA PARACHINI

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uando ha inizio la vita? Il ginecologo può dire quando inizia la gravidanza, e la gravidanza inizia con l’impianto dell’ovulo fecondato in utero. Al di là di questo, la vita inizia quando si decide di portare avanti la gravidanza con tutto quello che comporta, in modo responsabile e razionale. Decidere di interrompere la gravidanza, paradossalmente, è molto più responsabile che proseguirla quando si comprende che non si è in grado di accogliere al mondo un essere umano così come meriterebbe. Quando è stata introdotta la legge sull'aborto lei era già ginecologo? Che posizione prese? Ancora no, mi sono laureata il 21 luglio 1978, la legge è entrata in vigore il 22 maggio. Da militante radicale e da membro del Movimento di Liberazione della Donna ho preso parte alle battaglie che hanno portato all’approvazione della Legge Combattere la piaga degli aborti clandestini: questa fu una delle argomentazioni che 40 anni fa furono portate a sostegno della legge 194. Di fronte, però a un’area di clandestinità stimata in non oltre 100.000 aborti l’anno, si lanciò il numero inverosimile di 3 milioni ogni 12 mesi. I sostenitori della 194, quindi, falsarono i dati per perseguire i propri scopi. Come giudica questo atteggiamento? È un argomentazione tipica dei movimenti pro life. Da diversi anni sostengono che il numero stimato da 1 a 3 milioni di aborti clandestini fosse strumentale. Da un punto di vista medico, una questione di salute che riguardi 100 mila o 1 milione di persone sempre un problema di salute è. Lo Stato italiano si trovava di fronte alla piaga dell’aborto clandestino, così come si troverebbe qualunque paese in assenza di una legislazione, e questo comportava rischi per la salute ma anche per la vita delle donne. Ci sono migliaia di studi fatti anche da agenzie internazionali come l’OMS che dimostrano che laddove è assente la legislazione per l’aborto, è maggiore il numero delle complicazioni legati agli aborti clandestini. Attaccarsi ai numeri (“erano 100 mila e non 3 milioni”), è pertanto tipico di chi fa ideologia e non si occupa di politica sanitaria. E l’aborto va collocato innanzitutto come un intervento di tipo medico, perché riguarda la salute riproduttiva delle donne. La storia sembra ripetersi. Dopo la dichiarazione di Papa Francesco, "L'aborto è come affittare un sicario", le attiviste di "Non una di meno" hanno dichiarato: "Ogni anno 50 mila donne muoiono a causa di un aborto illegale e quindi non sicuro: i sicari sono gli obiettori e i mandanti Stato e Chiesa". Cosa pensa di questa dichiarazione? È una contraddizione della Chiesa cattolica quella

di attaccarsi al fenomeno dell’aborto senza risalire al fatto che la sua stessa dottrina impedisce di fare prevenzione. Mi permetto a chi mi dà del sicario di ribattere: “Ma chi è il mandante? Non è che il mandante sei tu che non attui la giusta prevenzione mosso dalle tue idee, basate su dogmi di fede?”. Vorrei ricordare che nel 1966 ci fu una commissione in Vaticano che approvò la pillola come metodo contraccettivo. Fu poi Papa Paolo VI, all’ultimo momento, a porre il veto e a decidere diversamente con l’enciclica l’Humanae Vitae, con cui bandì l’uso della pillola. Vorrei anche sottolineare che c’è una bassissima cultura della contraccezione nel nostro Paese e, cosa assai grave, la contraccezione è a pagamento. Se vai all’estero e dici che le spese per la contraccezione sono a carico della coppia mentre l’aborto è gratuito rimangono sconvolti, perché si chiedono come sia possibile in uno Stato antiabortista: è una contraddizione. Qual è in media il numero degli aborti praticati ogni anno in Italia? Nel 2016 sono stati 84.926, il trend è in diminuzione e il dato italiano rimane tra i valori più bassi a livello internazionale. Ampia è la possibilità di diffusione del ricorso alle pillole abortive, che andrebbe rubricato come aborto clandestino dal momento che sfugge a ogni registrazione e controllo sanitario e che soprattutto vede la donna agire in solitaria. Ma la legge sull'aborto non avrebbe dovuto assicurare alla gestante in difficoltà una protezione medica e sociale? Non so quanto sia diffuso il ricorso alla pillola, non è possibile stabilirlo. Quello che le posso dire è che è sicuramente illegale, che la legge viene violata. "Norme a tutela sociale della maternità", questo il titolo della legge 194. Ma dal testo della legge scompare, insieme alle parole "moglie", "marito" e "padre", la parola "madre". Tolta di mezzo anche la parola "figlio", sostituita con la più tecnica "concepito". Come si può tutelare la maternità se se ne cancella il lessico? La legge è frutto di una lunghissima e travagliata gestazione. Attaccarsi alle parole per considerarla più o meno corretta non è il punto. È un po’ come quando fanno le battaglie di genere e non si può dire “ragazzo”, “ragazza”, “bambino”, “bambina” ma bisogna usare dei termini neutri. Questo atteggiamento di politically correct non lo condivido. Penso più alla sostanza. Non è un fastidio nei confronti della parola “marito”, “moglie”, qui il succo della questione è che lo Stato tuteli la salute riproduttiva della donna. Da che mondo è mondo le donne sono morte di aborto – usavano pozioni, veleni, ferri da calza, andavano dalle mammane chi vuole misconoscere questa realtà parla dell’importanza delle parole, chi bada alla salute pensa a legiferare correttamente. L'articolo 5 della legge 194 stabilisce che il consultorio e la struttura socio-sanitaria hanno il compito, in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall'incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o

familiari, di aiutare la donna "a rimuovere le cause che la porterebbero all'interruzione della gravidanza (...), di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto". Questo è stato fatto in 40 anni? Quando lessi per la prima volta l’articolo mi dissi: in scienza e coscienza come fa il medico a rimuovere le cause? Posso sicuramente utilizzare la risorsa dell’assistente sociale che lavora in consultorio con me, ma la possibilità che il ginecologo rimuova le cause l’ho trovata sempre un tantino ipocrita. Mi lasci aggiungere una cosa: se la donna vuole davvero trovare un modo per portare avanti la gravidanza si fa aiutare. Pensare che la difficoltà economica sia l’unico motivo che possa giustificare la richiesta di interruzione di gravidanza è un’illusione: ci può anche essere il caso di una donna che in quel determinato momento non si sente di portare avanti una gravidanza e fare un figlio. La donna non è un mero contenitore, il suo utero non è un sacchetto, non si può pensare di costringerla a portare avanti una gravidanza e poi a dare via la creatura che ha partorito, rassicurandola con il fatto che sia protetta dall’anonimato. È un modo abnorme di considerare la donna nonostante anni e anni in cui si è cercato di aderire al concetto ribadito dalle agenzie scientifiche internazionali, come l’OMS, secondo cui la salute riproduttiva fa parte dei diritti umani fondamentali. Quindi, quando si dice “salute riproduttiva” si riconosce il diritto a riprodursi quando lo si desidera, non quando capita. La legge 194 ha eliminato il padre dal processo decisionale sull'aborto a meno che la madre non lo voglia. Dove sono le "pari opportunità"? Perché non è stata posta la giusta attenzione a quella che potremmo definire "paternità interrotta"? No, non lo ha eliminato perché, se la madre lo vuole, il padre può intervenire nella decisione. In ogni caso succede molto più spesso il contrario, ovvero che la donna si senta abbandonata. Quanto alle pari opportunità, non possono essere imposte, possono essere favorite quindi non credo che lo Stato debba entrare nella coppia. Se la relazione di coppia prevede che il padre sia una parte attiva nella decisione e di

sostegno, non è certo il legislatore né tanto meno il ginecologo che lo deve imporre. Viceversa, se la donna volesse interrompere la gravidanza e il padre le imponesse il contrario, saremmo di nuovo di fronte all’assenza di pari opportunità, quindi non trovo che ci sia incongruenza nella legge. Oggi la legge 194 è a rischio. Dopo l'approvazione da parte del consiglio comunale di Verona della mozione 434 con cui la città si dichiara ufficialmente contro l'aborto, c'è chi, come il Comitato No194, vorrebbe inserire una pena dagli 8 ai 12 anni per le donne che decidono di abortire e per i medici che li aiutano. Cosa pensa in proposito? La mozione del consiglio comunale di Verona dice una serie di falsità. Intanto sostiene che da quando è stata emanata la legge 194 gli aborti sono aumentati: falsissimo. Se si parte da un assunto errato, il ragionamento che segue lascia il tempo che trova. Tra coloro che oggi chiedono l'abolizione della legge 194 c'è chi è convinto che sia una delle cause principali del calo delle nascite. Lei da credito a questa convinzione? C’è un paradosso tutto italiano: da un lato il calo delle nascite, dall’altro il calo degli aborti; inoltre, l’uso della contraccezione è tra i più bassi rispetto ad altri paesi europei. Il quarto parametro che non torna è che ci siano in Italia meno donne lavoratrici rispetto ad altri paesi. I paesi scandinavi o il Regno Unito hanno un tasso di abortività molto maggiore dell’Italia, pur ricorrendo a una maggior contraccezione tra i metodi sicuri (pillola, spirale, ecc), hanno un maggior tasso di impiego e fanno più figli. Quindi mettere in automatico la correlazione aborti-infertilità non ha alcun senso. Mettendo a confronto i quattro parametri si può addirittura arrivare a dire: gli italiani fanno meno sesso rispetto agli altri!


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La sidernese Teresa Cricelli conquista il Festival di Amelia con il suo volume su Augusto Vera Dopo anni di ricerca negli Archivi Nazionali di Roma e di Parigi, a la Sorbonne, Teresa Cricelli ha recuperato e tradotto in italiano alcuni saggi di Augusto Vera, mai giunti prima in Italia, scritti in lingua francese e riguardanti l’Idealismo tedesco

È stato presentato nell’ambito dell’Ameria Festival 2018 il libro “Augusto Vera e la filosofia hegeliana” della sidernese Teresa Cricelli. Il volume approfondisce il pensiero filosofico del filosofo ternano - “hegeliano integrale”, come si definì lui stesso - e mette in risalto la rilevanza che Vera ebbe nel panorama culturale del Risorgimento nazionale. Con i migliori mezzi possibili, Augusto Vera servì l’idea italiana e nazionale e, convinto del valore assoluto dell’Idealismo, professato e sostenuto sulla più autentica base hegeliana in materia di filosofia politica, lo manifestò e applicò su tre argomenti fondamentali - la sovranità popolare, la separazione della Chiesa dallo Stato, l’abolizione della pena di morte - tematiche che, a quei tempi, erano della massima attualità, e attorno alle quali si battagliava sulle cattedre e sui giornali, in Parlamento e sulle riviste. Per Augusto Vera “la libertà è il principio della vita morale, la fonte di tutti i beni, la sola capace di fondere prosperità e grandezza dello Stato. La libertà morale, la libertà dello spirito è la fonte di tutte le altre, e la libertà legale, civile o politica, senza la libertà di coscienza, è una libertà incompleta e sterile; è un corpo senza anima. La libertà di coscienza non è la libertà individuale, l’assenza di ogni regola e di ogni autorità. Una tale libertà è la licenza, la confusione di tutti gli elementi nell’ordine del pensiero come nell’ordine della realtà. La vera libertà di coscienza è la libertà della ragione. È in effetti la ragione sola che

può conciliare la libertà e l’autorità. Obbedendo alla ragione, si obbedisce a se stessi, e, nello stesso tempo, si obbedisce alla legge”. Nonostante il suo indiscutibile valore, il nome di Vera rimane, però, quasi inesistente nei grandi trattati filosofici di tutto il 900. Dopo anni di ricerca negli Archivi Nazionali di Roma e di Parigi, a la Sorbonne, Teresa Cricelli ha recuperato e tradotto in italiano alcuni saggi di Augusto Vera, mai giunti prima in Italia, scritti in lingua francese e riguardanti l’Idealismo tedesco e la giustificazione storica della Rivoluzione francese. Un lavoro intenso e certosino che le ha consentito di dare alla luce dopo tre anni un volume che, come sottolineato dall’emerito e compianto professore Girolamo Cotroneo, presidente del dottorato di ricerca in filosofia dell’Università di Messina, è riuscito a “rivalutare l’intera cultura italiana dell’Ottocento che non è stata soltanto un’appendice più o meno ripetitiva delle grandi filosofie straniere, ma che a quel dibattito ha dato un contributo anche se non sempre riconosciuto e apprezzato”. “Sono orgogliosa di essere stata ad Amelia, e aver ricordato con gli amerini un filosofo di grande levatura – ha dichiarato Teresa Cricellli. – Aver presentato Augusto Vera ai suoi concittadini, innalza la mia ricerca verso una completezza quasi totale e comunque più soddisfacente. Ho portato così il suo pensiero, con sfumature più che mai attuali nella sua terra natia. L'emozione provata nel visitare quei luoghi appartenuti a Vera è stata indescrivi-

bile. Resterà sempre un ricordo a me tanto caro”. “Ringrazio con affetto – prosegue la Cricelli – l’Amministrazione Comunale di Amelia e la Regione Umbria per aver patrocinato un evento con argomentazioni non consuete come sono appunto quelle filosofiche; il Sindaco Laura Pernazza per l’ospitalità; Federica Proietti, Assessore alla Cultura per la sua disponibilità nell’organizzare questo incontro e nel coordinare tutto l'itinerario nei miei giorni di permanenza ad Amelia; il Dottore Riccardo Romagnoli, Presidente della Società Teatrale “Ameria Festival” per aver inserito l'evento nel Programma e per aver dimostrato l'apprezzamento al mio lavoro dedicando la serata teatrale del 5 ottobre in mio onore; il Dottore Riccardo Passagrilli per la sua disponibilità nel descrivermi la storia dei luoghi amerini; il Dottore Giacomo Petrarca per l’interesse dimostrato verso il mio lavoro; il Professore Marco Moschini per la sua partecipazione e per il suo intervento”. Con il libro “Augusto Vera e la filosofia hegeliana”, Teresa Cricelli, nel 2017 aveva conquistato per la sezione Saggistica il 1° Posto della XVI edizione del Premio Letterario Città di Siderno “Armando la Torre”. Inoltre, il suo volume fu oggetto di un interessante convivio culturale organizzato nel dicembre 2016 dal Rotary Club di Locri, presieduto dal Dottore Giovanni Condemi, con cui si diede avvio a una serie di incontri e conversazioni che riservarono ampio spazio ai migliori professionisti della nostra terra.

Approda a Gioiosa Ionica la prima edizione de “La Corrida” L’associazione Arte e Musica, in collaborazione con il Comune di Gioiosa Ionica, presenta la prima edizione de “La Corrida”, che si terrà sabato 27 ottobre, alle ore 21:00, presso l’Auditorio Scuole Medie di Gioiosa Ionica. L’iscrizione è gratuita, il divertimento è assicurato e saranno messi in palio grossi premi per tutti i partecipanti! Per informazioni, rivolgersi al numero 389 6009199.

Siderno Nuovo riconoscimento per il barman Nicolò Bolognino Martedì 16 ottobre, si è svolta la quarta edizione dello Skyway Cocktail Competition, una manifestazione indetta dall’Associazione Barmen Italiani che ha richiamato i più talentosi creatori di bevande dell’intera Penisola per preparare, con il Gin e Genepy della Valle D’Aosta, fantastici Cocktails. Durante un’intensa giornata trascorsa sulla terrazza panoramica di Punta Helbronner, sul Monte Bianco, il barman di Siderno Nicolò Bolognino ha tenuto alto il nome della Calabria nel campo del food&beverage, conquistando una vittoria che si aggiunge alle numerose ottenute nel settore da Nicolò negli ultimi due anni.

Alla Mondadori di Siderno un incontro-dibattito con Ilaria Cucchi

“Stefano appariva col volto pesantemente tumefatto, camminava a fatica, la sua loquela sconnessa… Una settimana fra malesseri e visite mediche, senza che nessuna delle persone incontrate mostrasse un minimo di pietà e umanità. È il decesso numero 148 in una struttura carceraria, nel corso del 2009, cifra che raggiungerà quota 176 a fine anno”. Con questa tag line l’associazione “Stefano Cucchi Onlus” ha annunciato in settimana lo svolgimento di una presentazionedibattito che si svolgerà questa sera, domenica 21 ottobre, alle ore 17:00, presso la sala della libreria Calliope Mondadori di Siderno, all’interno del centro commerciale La Gru. L’incontro, diviso in due parti, sarà inaugurato dalla proiezione del film “Sulla mia pelle”, che racconta gli ultimi giorni di vita di Stefano, sul cui caso ci sono stati importanti sviluppi in seguito alle dichiarazioni del carabiniere Francesco Tedesco. Al termine della proiezione, poi, la giornalista Maria Teresa D’Agostino modererà un dibattito al quale sarà presente in videoconferenza Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano grazie alla quale la sua vicenda giudiziaria non è finita sterilmente nel dimenticatoio, e Irene Testa, socia fondatrice dell’associazione Stefano Cucchi Onlus.


Camini: Un percorso di rigenerazione e di incontro tra popoli e culture differenti

Da giovedì 1 a domenica 4 novembre 2018, il borgo di Camini ospiterà il suo primo “Community Retreat”. Il piccolo centro della Locride, grazie al lavoro ventennale della “Eurocoop Servizi Jungi Mundu” ha promosso un progetto di rigenerazione e di autentica inclusione che vede protagonisti gli abitanti del territorio insieme a popoli e culture differenti. Quello proposto attraverso il “Camini Community Retreat” è un suggestivo viaggio di ricongiungimento con le proprie emozioni verso uno stato di benessere e di pace che vede i/le partecipanti lavorare a livello individuale e collettivo.

L’avvocato sidernese Giuseppe Gallo fa valere le ragioni di una vittima della strada L’Avvocato Giuseppe Maria Gallo, difensore dei familiari di Giuseppe Buttaro, finanziere di 59 anni in pensione, investito e ucciso a Genova il 24 gennaio 2016, esprime vivo apprezzamento per l’esemplare sanzione di otto anni e mezzo di reclusione irrogata dal giudice del tribunale di Genova Adriana Petri a Cevallos Walverdr George Wilson. Questo è uno degli ultimi processi per omicidio stradale colposo celebrati con la vecchia norma, che prevedeva un trattamento più favorevole all’imputato rispetto ad oggi. La soddisfazione sta nel fatto che il giudice ha irrogato una pena probabilmente mai comminata in Italia in queste proporzioni per la violazione del previgente art. 589 c.p. La motivazione della sentenza verrà depositata fra 90 giorni. Tuttavia, è facile immaginare che alla base di questa sentenza vi sia la considerazione dello stato di alterazione del conducente per via della droga e dell’alcol assunti dall’omicida.

Con tutti Sono sulla terra, tra gli esseri umani. Penso e mi accorgo che le varie epoche, forse, non rappresentano il passato. Se non esiste il tempo, il passato non ha significato! Ero tra gli Egizi, tra i Greci, tra i Cristiani, tra gli Ebrei deportati e tutti gli altri, ero e sono sempre io, mi avvedo che il tarlo del male ancora persiste. Il nazifascismo si nasconde tra i difensori della legalità, tra i custodi del bene, dell’ordine, stupri assassini sono frequenti, miete vittime e infligge feroci condanne morali,

CANOLO

Sarà inaugurato il centro di lettura “Il mondo in un libro”

contro inermi e probi cittadini. In altre epoche si sarebbe comminata la camera a gas! A simili individui non hanno insegnato niente le tragedie subite dagli innocenti nel passato. Il loro desiderio di vendetta, con un minimo di potere, è innegabile! Non mi trovo in un susseguirsi di giri intorno al sole, sulla madre Terra. Io con tutti gli altri che vivono tentando quotidianamente di sopraffarsi a vicenda! Mi rivedo sempre in ogni luogo, vivo i sogni e le speranze di tutti. No, non con il trascorrere dei giorni sul calendario, ma fuori d’ogni momento, nei luoghi vicini

cartacei e informatici. L'inaugurazione de “Il mondo in un libro”, dedicato ad Antonio Calautti, rappresenta un'importante conquista per Canolo e per la sua crescita culturale. L’associazione Thaletes si impegnerà affinché il centro di lettura, insieme ad altre iniziative in serbo, facciano da traino per lo sviluppo culturale del paese. Impegno che andrà oltre la semplice, quanto scontata, garanzia dell’apertura e chiusura dei locali, impegno che intende dotarsi, nel tempo, di figure professionali, di collaborazioni che accrescano il valore sia dal punto conservativo del patrimonio di libri in atto, sia nello sviluppo e crescita del centro stesso. Con l'inaugurazione del Centro di lettura “Il mondo in un libro”, dedicato ad Antonio Calautti, si gettano le basi per un ulteriore sviluppo del paese in un campo fondamentale qual è quello della Cultura.

e lontani, nei posti più strani, con popoli noti e ignoti, mentalità diverse, ma qual è quella giusta? Valida universalmente! Non posso giudicare, perché vivo con tutti, insieme a tutti, sono una piccola parte di una grande cattedrale, ogni pezzo al suo posto, sgretolandosi uno, cadono tutti e può venire la catastrofe, il crollo, provocato da quell’atomo mancante! Quando l’essere che vive è immobile, steso senza respiro, si pensa che sia finito, no! Va a fare parte dei silenti, che sono tantissimi, tutti assenti. Veramente fuori dal tempo! L’albatros

ROCCELLA JONICA

Calcio: la Locride ha finalmente il suo centro federale sportivo

La Locride ha il centro federale sportivo. La presentazione del nuovo centro in rappresentanza del territorio è avvenuta nella sala dei congressi dell’ex Convento dei Minimi a Roccella Jonica. Al tavolo dei relatori, oltre alla presenza dei componenti federali tra i quali Giampiero Persichetti, responsabile organizzativo CFT Nazionale, il Presidente della Figc Calabria, Saverio Mirarchi e Maurizio Condipodero, presidente del Coni regionale, Massimo Costa, coordinatore regionale settore giovanile e scolastico, Cristina Manfredini, responsabile area sud Italia, il sindaco di Roccella, Giuseppe Certomà e di Locri, Giovanni Calabrese, accompagnato dal suo vice Raffaele Sainato e dall’assessore Giuseppe Fontana. Un’importante occasione per i giovani calciatori locridei Under 13, 14 e 15, che avranno così l’occasione di formarsi sotto il punto di vista specialistico grazie alla presenza di tecnici federali e addetti qualificati. Il centro territoriale della Locride ha nel suo organico il responsabile organizzativo Giuseppe Filastro e il responsabile

L'associazione Thaletes, in collaborazione con il Comune di Canolo, rappresentato dai Commissari straordinari Umberto Campini, Cosimo Facchiano e Valerio De Joannon, giovedì 25 ottobre, alle ore 18, ha inaugurato il Centro di lettura “Il mondo in un libro”, dedicato ad Antonio Calautti, canolese, segretario comunale appassionato di lettura, storia e arte; è grazie alla sua ricca donazione testamentaria composta da circa 2.400 volumi, al senso di civiltà dei cittadini, all’impegno della Commissione straordinaria e a quello dell’associazione Thaletes - che si occuperà della gestione che è stato possibile raggiungere questo traguardo atteso da anni. Nei mesi scorsi l’associazione e molti volontari canolesi hanno proceduto alla ristrutturazione dei locali dell’ex plesso scolastico, lo stesso destinato, con apposita delibera, a Centro di lettura, rendendolo, quindi fruibile ai cittadini e alle scolaresche che avranno a disposizione una saletta ove poter approfondire documenti storici

Il ricco programma prevede sessioni di hatha yoga, di riarmonizzazione sonora con le campane tibetane, di ginnastica armonica, di mindfulness, tuinà e sarà, inoltre, completato da percorsi di guida a una corretta alimentazione. Saranno, inoltre, previste visite sul campo ai laboratori artigianali che animano le vie del borgo e che rappresentano la ripresa delle attività commerciali in contrasto all’esodo di massa, ai progetti di autocostruzione sociale e agli orti, oltre a cene sociali, attività lungo il litorale ed escursioni ad alcuni dei siti storici presenti nei dintorni, tra cui la casa del filosofo Tommaso Campanella a Stilo e il quattrocentesco Convento dei Domenicani a Placanica. Il ritiro è dedicato alla memoria di Khayouma Tao. Le iscrizioni sono possibili fino al numero massimo di posti disponibili. La quota di partecipazione è di Euro 300.00 comprensiva di vitto e alloggio (3 notti/4 giorni - inclusivi di tutti i pasti e dei costi di assicurazione e certificazione per le ore di sessione frequentate valide come formazione).

tecnico Salvatore Accursi, istruttori Manuele Filippone, Leo Scordo, Giuseppe Minnella, Francesco Macrì, Gianluca Lombardo e collaboratori organizzativi Giuseppe Musolino e Luigi Baldari. “Non posso che esprimere grande soddisfazione per quanto raggiunto – dichiara il sindaco di Locri Giovanni Calabrese, – perché avere un Centro Federale nella nostra Locride ha ancora più valore, e questo è il risultato della caparbietà di due sindaci che hanno a cuore le sorti del nostro territorio e il futuro dei loro giovani, non poteva che portare a questo risultato. Lavoreremo – aggiunge Calabrese - in sinergia con Roccella Jonica affinché il tutto possa procedere sempre nel migliore dei modi e non si perda nel tempo quello che con tanto sacrificio è stato costruito fino ad ora. È un’opportunità importante per i nostri giovani, con la speranza che qualcuno riesca a mettersi in luce calcando campi prestigiosi, e magari anche indossando la maglia della nazionale italiana”.



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Arte&co

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Volti e mani solcate dal tempo e dalla fatica sono i soggetti che affascinano Raffaele Montepaone, emergente artista vibonese che gira i paesini sperduti della Calabria per realizzare immagini suggestive che documentano gli usi e i costumi delle vecchie generazioni calabresi.

Raffaele Montepaone, “Le pietre fuori e il mare dentro” ha escalamato una bambina di 10 anni di fronte alla fotografia della donna che fuma. “La pelle sembra di pietra - ha spiegato mentre negli occhi è possibile vedere il mare”

il fotografo delle nonne di Calabria

Un’atmosfera inaspettata capace di trascinare lo spettatore in un alternarsi di pace e stupore grazie a “Faces Hand Life”, la mostra fotografica allestita nei giorni scorsi a Palazzo Campanella di Reggio Calabria. Occhi attenti, volti sorridenti e mani segnate dal lavoro vivono immersi in una natura incontaminata: sono le donne anziane della Calabria portatrici di saggezza, tenacia e semplicità. Il fotografo che ha realizzato tutto questo, dopo un lavoro decennale fatto di incontri e dialoghi, di studio e di approfondimento nei borghi più sperduti della nostra Regione è Raffaele Montepaone. Chi è Raffaele Montepaone? Sono nato a Vibo Valentia il 20 maggio 1980 e fin da piccolo sono stato attratto dall’affascinante mondo della fotografia. All’età di dodici anni ho cominciato a frequentare lo studio fotografico di famiglia dove sono stato educato a una particolare cultura fotografica. Durante il mio apprendistato, con il mio primo maestro, ho curato soprattutto l’aspetto tecnico e teorico; mentre con il secondo, che mi ha dato da subito in mano una 35 mm, ho iniziato un percorso di crescita e ricerca, ancora in continua evoluzione, orientandomi verso il reportage e la fotografia antropologica. Cosa rappresenta per te la fotografia? La fotografia è il modo migliore per esprimere le mie emozioni. Senza ombra di dubbio rappresenta la mia passione. La mostra “Life” vede protagoniste donne anziane della Calabria. Perché questa scelta? Ho scelto le donne perché sono capaci di raccontare il loro mondo interiore una volta conquistata la loro fiducia, mentre gli uomini in generale sono sempre restii a parlare di se stessi (soprat-

tutto quelli calabresi). Inoltre, le donne, vivendo più a lungo degli uomini, è più probabile che raggiungano il secolo di vita. Cosa hai letto in quegli occhi? Negli occhi degli anziani si può leggere qualunque cosa, l’importante è voler sentire quello che hanno da dire e da trasmettere. Durante l’esposizione alla Biblioteca Nazionale di Torino una bambina di circa 10 anni, dopo aver visitato la Mostra, riferendosi alla fotografia della donna che fuma, ha scritto: “le pietre fuori e il mare dentro”. Spiegandomi il significato: “mentre la pelle della signora sembra di pietra, negli occhi è possibile vedere il mare”. Commento molto profondo e attento, perché i bambini sono capaci di varcare la soglia e captare la bellezza interiore. Un altro particolare presente nelle tue fotografie sono le mani. Cosa simboleggiano? Le mani sono la parte del corpo che più trasmettono il vissuto di una persona, insieme ai volti. Solo guardando le mani si può comprendere cosa hanno fatto nella vita. Quale parte della Calabria hai voluto mettere in evidenza? Ho desiderato evidenziare i valori più semplici, ma allo stesso tempo più importanti della vita, quali i legami familiari e il valore del sacrificio. Il tuo lavoro è frutto di una lunga ricerca iniziata nel 2007 con lo scatto a “Donna Concetta”. Cosa ti ha colpito di questa donna? Quello con zia Concetta (così si faceva chiamare) è stato un incontro casuale. Nel 2007 lavoravo come fotoreporter per un quotidiano locale. Mi chiesero un servizio su Stilo, piccola perla dell’entroterra calabrese e lì incontrai la prima protagonista dei miei scatti: una novantenne laboriosa, simbolo della tradizione religiosa e popolare di quel paese. Inizialmente non fu facile fotografarla, ma questo non mi scoraggiò, perché ero così affascinato dai suoi racconti che preferii conoscerla prima di fotografarla, come accade per tutti i miei soggetti. Solo dopo, nel tempo, presi consapevolezza che quello era ciò che volevo fare, ovvero rappresentare la bellezza e la grandezza della vita tramite quegli occhi e quei volti che, nonostante i segni del tempo, riuscivano ancora a stupirsi e a stupirmi. Cosa ha regalato, a te, la conoscenza di queste donne? Ciascuno dei miei soggetti mi ha arricchito moralmente e trasmesso nuovi insegnamenti. Di contro mi sento lontano dal fanatismo e dal bigottismo, facile da riscontrare in persone di una certa età. Quali sono le soddisfazioni ottenute con il tuo lavoro? La soddisfazione più grande è quella di costatare che la gente conosce la mia fotografia ancor prima di conoscere me. In fondo è stato sempre il mio desiderio, da quando ero ragazzo, lasciare un segno in questo campo. Il cammino è lungo, ho ancora tanta strada da percorrere, però sono sicuro di aver intrapreso quello giusto. Quali soggetti desideri fotografare in futuro? Non sono un fotografo che programma le sue fotografie: come per Life, che è venuto a cercarmi, verranno loro a cercare me. Rosalba Topini

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O P O C S L’ORO

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Ariete Lunedì, martedì e mercoledì vi aspettano emozioni e novità inaspettate, in un periodo in cui – lo ammetterete – non state vivendo grandi “scosse”… Anche il fine settimana sarà bello e favorevole, soprattutto per quanto riguarda la sfera sentimentale!

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Nuovo Cinema Caulonia Caulonia diventa set cinematografico. Mimmo Calopresti, in questa foto ritratto assieme all’assessora Maria Grazia Di Masi e al vicesindaco Domenico Campisi ha infatti scelto il paese per girate alcune scene della sua prossima fatica cinematografica.

Senza perdere la tenerezza Giorgio Imperitura e Aldo Canturi uno splendido sorriso al termine dell’ultima assemblea dei sindaci, durante la quale è stata decisa la linea d’azione per salvare l’ospedale. Anche se il momento è delicato, non bisogna perdere la voglia di sorridere!

Il direttivo del cambiamento Il sindaco di Antonimina Luciano Pelle e Ilario Ammendolia ricordano il periodo in cui erano rispettivamente vicepresidente e presidente dell’Assemblea dei sindaci della Locride, augurandosi che l’attuale direttivo imprima un cambiamento al comprensorio.

Uniti si vince Fabio Laganà, fratello di Maria Grazia, e la sua compagna, abbracciano i campioni olimpici Valentina Vezzali e Francesco D’Aniello, intervenuti a Locri lo scorso 16 ottobre in occasione della commemorazione di Francesco Fortugno.

Testa in fiamme La nota soubrette della Locride Bluette Cattaneo, nel suo sempiterno girovagare, si è ritrovata a posare durante una manifestazione nientemeno che accanto alla showgirl Elisabbetta Gregoraci proprio mentre sfoggiava un peculiarissimo copricapo piccante… Rappresentati locridei Francesco Lupis, Nino De Gaetano al centro, Andrea Marino e Nicola Gara alla sua immediata sinistra e altri due baldanzosi giovani hanno rappresentato la Locride in quel di Bruxelles durante un incontro istituzionale che ha determinato le sorti dell’Europa.

Featuring di lusso Peppe Voltarelli si esibisce al Premio Tenco 2018 assieme alla spalla d’eccezione Morgan, con la quale hanno dato vita a una serata indimenticabile che ha mescolato la più bella tradizione musicale italiana con quella, più identitaria della Calabria.

Toro Continua un ottobre tutt’altro che fortustancante… e piuttosto nato L’opposizione di Venere vi mette in difficoltà sul piano dei sentimenti: anche le relazioni più forti rischiano di essere messe in discussione. Sul lavoro, attenti a non caricarvi. Gemelli Godrete di una bellissima luna soprattutto nel week-end. Se in questo periodo siete alla ricerca di una storia importante, potreste incontrare qualcuno di speciale. Buone notizie e gratificazioni in ambito lavorativo nelle giornate di lunedì e martedì. Cancro La settimana si apre con tre giornate nervose: lunedì, martedì e mercoledì, infatti, una luna sfavorevole vi renderà particolarmente tesi e avrete in più occasioni la voglia di mandare tutto e tutti a quel paese. Non lo fate! Da giovedì andrà meglio! Leone Anche questa settimana sarà stressante e in ambito lavorativo non mancheranno le tensioni e le discussioni, soprattutto nelle giornate di giovedì e venerdì. Anche nella coppia la situazione nervosa: approfittate di sabato e domenica per rilassarvi. Vergine Sarà una settimana piena di belle sorprese, che arriveranno sul fronte sentimentale. Venere favorisce gli incontri e la nascita di nuovi amori. Attenzione soltanto alle giornate di sabato e domenica: la luna sfavorevole potrebbe rendervi nervosi. Bilancia La settimana non comincia nel migliore dei modi: sopporterete, nelle giornate di lunedì, martedì e mercoledì, una brutta luna in opposizione che vi farà sentire nervosi e di cattivo umore. Non vi abbattete: ogni inconveniente sarà risolto molto presto. Scorpione Venere regala alla vostra relazione uno sprint mai visto prima: qualche coppia potrebbe addirittura decidere di compiere un grande passo… Anche sul lavoro non mancano occasioni e soddisfazioni. Se avete qualcosa da proporre fatevi avanti senza indugi! Sagittario Lunedì e martedì davvero fortunati: la luna sarà dalla vostra parte e vi aiuterà a sistemare qualche questione rimasta in sospeso. Saranno le giornate di sabato e domenica a darvi del filo da torcere con tensioni di coppia che dovrete affrontare serenamente. Capricorno Potrete contare sull’appoggio di Venere e Mercurio, pronti a regalarvi stabilità, affetto e soddisfazione. Rischierete di sentirvi in ansia o agitati. Cercate di non rimuginare troppo e aspettate: vi renderete conto che non vale la pena preoccuparsi!

Acquario L’amore vi darà pensieri. Attenzione soprattutto alle giornate di giovedì e venerdì, quando a una Venere sfavorevole andrà ad aggiungersi una luna poco fortunata: il rischio di tensioni e litigi col partner è altissimo! Meglio, sabato e domenica.

Un genio calabrese In questa splendida foto, una giovanissima Alba Parietti si fa abbracciare dal compianto genio della moda calabrese Gianni Versace, in grado di dimostrare, nella sua troppo breve vita, che cosa siano in grado di realizzare i nostri conterranei di buona volontà.

Pesci Continua il vostro periodo fortunato. Venere vi regala emozioni e un amore super-romantico, proprio come piace a voi! Belle novità sono possibili anche in ambito lavorativo nelle giornate di giovedì e venerdì. Un po’ di malumore sabato e domenica.




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