Riviera nº 47 del 18/11/2018

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Il leghista Carmine Bruno tradisce la Calabria solo per qualche applauso

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Al Maurizio Costanzo la show Se l'uomo un di bugia è solidale solo llese rocce con le bestie pro Salvini

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO Un fulmine a ciel sereno. Di punto in bianco il Comune di Brancaleone ha chiesto lo sgombero dei locali del Centro recupero tartarughe marine a causa del mancato rinnovo del contratto di comodato d'uso dei locali da parte della Ferservizi (Gruppo Ferrovie dello Stato). Nessuna tartaruga sarebbe più stata salvata. Una richiesta che ha lasciato sgomenti i volontari della onlus che in 12 anni hanno salvato oltre 600 tartarughe marine, provvedendo sempre ad autofinanziarsi senza mai gravare su alcuna istituzione. Il presidente del CRTM Filippo Armonio e la vicepresidente Tania Il Grande, contando solo sulle proprie forze, dal 2006 hanno soccorso centinaia di tartarughe alla deriva, accolte e curate per poterle rimettere in libertà. Non posso dimenticare la commozione di Tania nel corso del servizio realizzato dalla BBC al CRTM, quando Raoul, una delle tante Caretta caretta salvate ogni anno dai pericoli di pesca e inquinamento, veniva restituita al mare. Ma il rischio chiusura del CRTM sembra essere scampato: il presidente della Giunta regionale della Calabria Mario Oliverio ha chiesto l'intervento dell'assessorato alle Infrastrutture, presso la Direzione regionale di Rfi per tentare di scongiurare lo sgombero dei locali dove i volontari dell'associazione si prendono cura delle tartarughe recuperate in mare. Bene, benissimo. Intervento tempestivo. Così come tem-

pestiva è stata la solidarietà che il CRTM ha ricevuto da più parti. Una solidarietà bellissima, toccante. Una solidarietà che quando c'è di mezzo la vita dei nostri animali scatta spontanea. Gli animali sono in grado di mettere d'accordo tutti e tutti, per fortuna, avvertono lo slancio di salvarli se in pericolo. Sfortunatamente, però, non si può dire altrettanto quando a dover essere salvate sono le persone. Perchè, mi sono chiesta, quando a chiudere è un centro di accoglienza, non si registra la stessa mobilitazione? Perchè, addirittura, quando succede, c'è chi esulta? Chi si eccita all'annuncio delle ruspe? Perchè le stesse persone - non tutte naturalmente - che riescono a indignarsi quando un centro di recupero per tartarughe chiude, se ne infischiano se degli esseri umani sono rispediti in strada? Forse perchè occuparsi degli esseri umani richiede un maggior impegno? Forse perchè la sofferenza dell'altro è costosa? Forse perchè gli animali non ci chiedono nulla in cambio, ci fanno sentire in ogni caso buoni e onnipotenti? Forse perchè con gli animali non scatta l'invidia sociale? In fondo gli animali restano animali e non invaderanno mai la nostra area d'azione, i nostri interessi, gli animali ci faranno comunque sentire l'asse della ruota. Gli esseri umani, invece, minacciano i nostri obiettivi, la nostra sete di potere, la ricerca della nostra felicità. Ma sì, scrolliamoci dalle spalle gli altri, in cerca di pace. Nel frattempo la nostra coscienza si ricopre di patina e la via della dissoluzione ultima dei rapporti umani è vicina.

Ieri sera facendo distrattamente zapping, sono finito sul Maurizio Costanzo Show. Ultimamente guardo poca televisione, ma notando sul piccolo schermo Matteo Salvini, volevo vedere se almeno il Maurizio nazionale avrebbe fatto qualche domanda scomoda, di quelle che vorrei fare io, al leader della Lega. Niente, lasciate ogni speranza, dopo qualche minuto mi è venuto da pensare che tutto il programma fosse un grande spot per Matteo: gli ospiti erano chiaramente pro Salvini, da Briatore che lo paragona a Hamilton, a Mario Giordano che lo invoca come salvatore della patria, passando da Enrico Papi che gli fa indovinare canzoni difficilissime come “O sole mio”. Una vera tragedia, uno spettacolo peggiore delle rappresentazioni comiche di Hitler fatte da Charlie Caplin. Stavo per cambiare canale quando Costanzo ha passato la parola al pubblico e, dopo il primo intervento, ha annunciato con molta enfasi che la domanda successiva sarebbe venuta da un ragazzo calabrese. Mi auguro che il ragazzo si farà sentire e chiederà al Ministro degli Interni perché il suo programma politico ci stia penalizzando molto, molto più di quanto avvenuto con qualsiasi altro governo. Niente, appena si presenta lo riconosco subito: “Salve, Ministro sono Carmine Bruno, ho 26 anni e vengo da Roccella Jonica”. Fa chiaramente finta di non

conoscere Salvini, mentre sia io sia i nostri lettori più fedeli ricordano che abbiamo pubblicato alcune foto dello stesso a Pontida con il suo eroe, inoltre sia Salvini che Domenico Furgiuele contano su di lui come coordinatore regionale dei giovani Leghisti calabresi. Chiede al Ministro degli Interni cosa farà per risolvere il drammatico problema dei disoccupati nella nostra regione, domanda che più concordata non si può, tanto più che il vice premier risponde subito che mentre gli italiani il 15 agosto andavano al mare, lui, il nuovo duce, era a San Luca in Calabria, proprio per risolvere questo problema. Perfetto. Se prima avevo qualche dubbio in merito, a quel punto ho avuto la matematica certezza che la puntata fosse solo un enorme spot pro Salvini, organizzato nei minimi particolari. Mi dispiace di aver riposto stima in questo ragazzo che da almeno 5 anni è un convinto sostenitore di Salvini, ma dopo la pagliacciata di ieri sera, penso che si dovrebbe vergognare, perché per fare bella figura con il suo leader ha tradito tutta la Calabria, si è reso partecipe di una esaltazione di un politico a discapito della regione in cui lui vive; ha fatto l’attore, ha recitato a soggetto, ha fatto la comparsa in un grande film che tanto male fa sia alla Calabria che ai calabresi. Solo per qualche applauso. Vladimir


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IL CASO

Tangenti Anas: la “Dama Nera” patteggia. Meduri assolto Martedì si è chiuso davanti al gup del tribunale di Roma Ezio Damizia il procedimento che riguardava ex dirigenti dell’Anas e un gruppo di imprenditori accusati tra il 2012 e il 2015 di aver pagato tangenti per aggiudicarsi gli appalti o sbloccare contenziosi in atto. Tra coloro che hanno concordato la pena ci sono Antonella Accroglianò, la cosiddetta “Dama Nera”, già responsabile del Coordinamento Tecnico Amministrativo dell’Ente e raggiunta da due misure cautelari tra l’ottobre del 2015 e il marzo del 2016 perché considerata un vero e proprio “deus ex machina” all’interno del sodalizio criminoso: dovrà scontare 4 anni e 4 mesi di reclusione e subire la confisca di 470mila euro più altri 180mila già restituiti all’Anas, che ha revocato nei suoi confronti la costituzione di parte civile. Dichiarato inoltre estinto il rapporto di lavoro tra l’Ente e l’ex funzionaria, una sanzione simile a quella applicata a Oreste De Grossi (3 anni e 4 mesi), Giovanni Parlato (3 anni e 4 mesi) e Antonino Ferrante (3 anni e 3 mesi). Tre anni e mezzo è invece la

condanna in abbreviato inflitta all’imprenditore Paolo Tarditi, mentre è stato assolto l’ex sottosegretario alle Infrastrutture del governo Prodi, Gigi Meduri, già presidente della Regione Calabria. «Tutti i testimoni di questo processo hanno scagionato l’ex sottosegretario alle Infrastrutture Luigi Meduri da qualunque tipo di coinvolgimento in fatti di corruzione: sia gli imprenditori Bosco e Costanzo, sia la “dama nera” Accroglianò hanno escluso qualunque tipo di comportamento penalmente rilevante da parte del mio assistito. Siamo soddisfatti della sua assoluzione anche se nulla potrà ripagarlo di questi anni di gogna mediatica». Lo sottolinea l’avvocato Giuseppe Managò, difensore di Meduri, accusato di corruzione per aver “favorito” il pagamento da parte di Anas di lavori già appaltati e eseguiti dai cavalieri del lavoro di Catania, gli imprenditori del gruppo Bosco e Costanzo. «Meduri non ha preso alcuna “mazzetta” né altra utilità ha solo svolto un ruolo di “mediazione” tra Anas e imprenditori affinché i lavori eseguiti fossero pagati», ha spiegato Managò.

Caulonia torna anche questa settimana sulla TV di Stato Per Caulonia “Mezzogiorno in Famiglia” continua. Dopo la sfida entusiasmante della scorsa settimana con i concorrenti di Galatina, comune della provincia di Lecce, i ragazzi cauloniesi hanno superato il primo turno, guadagnandosi la partecipazione a questo weekend di trasmissione, in diretta su Rai 2. Grande soddisfazione per il traguardo raggiunto è stata espressa dal sindaco Caterina Belcastro: “Un risultato esaltante - ha affermato il primo

POLITICA

cittadino - a conferma che il lavoro che stiamo portando avanti è quello giusto e che si muove nell’interesse di una comunità finalmente unita. È la vittoria di un paese compatto che riesce a fare squadra. Avremo ancora la possibilità di rappresentare Caulonia sulle reti nazionali. Questo ci fa immensamente piacere e ci esorta ad un impegno ancora maggiore”.

Morra batte Grasso nella corsa a presidente della Commissione Antimafia Il senatore del Movimento 5 Stelle Nicola Morra, è stato eletto mercoledì presidente della Commissione parlamentare antimafia durante la prima seduta svoltasi a Palazzo San Macuto. Nicola Morra, 55 anni, è nato a Genova il 5 luglio del 1963 e si è trasferito in Calabria, dove ha lavorato come professore di storia e filosofia prima per il Liceo Scientifico Scorza, poi per il Liceo Classico Lombardi Satriani di Cassano Ionio e infine per il Liceo Classico Bernardino Telesio di Cosenza. Attivista 5Stelle dal 2011, è stato eletto senatore del Movimento 5 Stelle nel 2013, durante la quale ha fatto parte della 1ª commissione permanente Affari costituzionali ed è stato Vicepresidente della Commissioni Affari Costituzionali. Attualmente Segretario della 1ª commissione Affari costituzionali, rileva l’incarico di presidente della Commissione Antimafia da Rosy Bindi, che ha ricoperto il ruolo nella precedente legislatura. L’incarico gli è stato affidato con 30 voti, più del doppio rispetto ai 13 ottenuti dal suo diretto concorrente, il senatore di Liberi e Uguali Pietro Grasso.



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È una bella cosa esser giovani ma dipende solo dalla data di nascita. E se uno usa il termine “puttane” per apostrofare gli avversari può avere venti anni ma appartiene al Medioevo.

Essere giovani non è un merito “

In politica si vedono orde giovaniliste occupare poltrone senza lasciare alcuna impronta positiva. Ovunque costoro lasciano il segno della gioventù anagrafica che nasconde una precoce vecchiaia politica e culturale.

ILARIO AMMENDOLIA

Sono stato contento per la giusta assoluzione di Virginia Raggi. Ho sempre pensato che la giovane sindaca della capitale sia una persona umanamente simpatica ma assolutamente inadeguata al ruolo che ricopre. Saranno gli elettori di Roma a dare un verdetto sulla sua amministrazione ma gli insulti e la criminalizzazione sono fuori posto. Sempre! Per cui considero molto grave che il Vice Presidente del Consiglio dei Ministri, Di Maio, insieme a Di Battista abbiano “festeggiato” l’assoluzione della Raggi chiamando i giornalisti “puttane”, “venduti”, “avvoltoi”, e “sciacalli”. Soffermatevi sulla parola: “puttane”! Non siamo in uno sperduto villaggio ma ai massimi livelli della “classe dirigente” e dello Stato italiano. Al di là delle offese ai giornalisti mi sembra evidente che la “criminalizzazione”, gli “insulti” abbiano sostituito le idee. La denigrazione sistematica ha

distrutto la politica anche quando opera su fronti avversi: oggi con la Raggi, ieri con Maria Elena Boschi. Sì, perché la Boschi può piacere o meno (a me politicamente non piace) ma non è una criminale eppure come tale è stata trattata, soprattutto da certi ambienti giornalistici vicini ai “grillini”. Qui c’è un tema che va oltre il “garantismo” e il vuoto politico. Faccio fatica a immaginarmi un anziano senatore liberale come Benedetto Croce chiamare “puttane” o “cornuti” i giornalisti che hanno criticato anche Lui. Ed era Benedetto Croce! Credo che non ne avesse bisogno. Aveva nella sua testa così tante idee, valori, progetti, da non aver alcuna necessità di parlare per slogan e cambiando le felpe (come Salvini) o insultare gli avversari e i giornali come fanno sistematicamente i dirigenti grillini. E non era il solo. In passato un esponente politico serio a nessun livello avrebbe utilizzato tali termini. Oggi è di moda il giovanilismo spesso utilizzato per far carriera senza meriti e senza filtri. È una bella cosa esser giovani ma non è un merito particolare: dipende solo dalla data di nascita. E se uno usa il termine “puttane” per apostrofare gli avversari può avere venti anni ma appartiene al Medioevo. Eppure negli ultimi anni abbiamo assistito a un “giovanilismo” sventolato come unico merito. Di questa corrente Renzi ne è stato il portabandiera. Ha agitato la “rottamazione” (che oggi si guarda bene dall’attuarla con se stesso) dei “vecchi” come arma politica e ha portato il suo partito (e non solo) al disastro. Ma non è stato il solo. Esiste ed è forte una confusa e trasversale corrente di “non pensiero” che per nascondere il vuoto politico e culturale agita l’età! In Calabria come a Roma. Callipo che passa da candidato del PD alla presidenza della Regione Calabria al sostegno a Occhiuto (esponente della destra) ne è l’esempio. Nella regione, nella città metropolitana, nei comuni si vedono orde giovaniliste occupare poltrone senza lasciare alcuna impronta positiva. A Reggio come a Catanzaro, nella Locride come nella Piana. Ovunque costoro lasciano il segno della gioventù anagrafica che nasconde una precoce vecchiaia politica e culturale. Sia chiaro, neanche esser anziani è un merito e anche per questa fascia di età valgono le cose che abbiamo detto a proposito dei giovani. Vecchi e giovani hanno tanto da dare e tanto da ricevere gli uni dagli altri perché il mondo appartiene a tutti ma sono soprattutto i giovani che hanno più anni da vivere. I nonni hanno bisogno dei nipoti e questi dei nonni perché quando i primi si rifugiano nella televisione e i secondi nella rete credo che si interrompa un circuito vitale. A me va benissimo che un giovane faccia il sindaco, l’assessore, il presidente della Regione o il ministro ma deve avere come requisito essenziale la capacità di governare e di rappresentare decentemente i propri elettori altrimenti è molto meglio che giochi al pallone o legga un buon libro.


Siderno è giorno dopo giorno più buia, triste e piena di rifiuti. Colpa dei commissari nominati a riportare la legalità? No, è lo stesso atto della nomina a produrre l’illegalità: non si può interrompere il lavoro di una squadra che conosce bene i problemi del paese per nominare dei professionisti, che anche se preparatissimi, non possono da un giorno all’altro conoscere quello che non si apprende sui libri ma solo vivendo quotidianamente a stretto contatto con il paese da amministrare.

Tempo di riflettere H

Qualche notte fa ho avuto un incubo, ho sognato che Siderno veniva di nuovo commissariata e tornavamo a vivere la tragedia del 2012/2015. Mi sveglio tormentato, riaccendo il cervello e mi rendo conto che non era un sogno ma la cruda realtà.

o iniziato a scrivere questa riflessione due sabati fa ma, come insegna il giornalismo, mai scrivere prima del tempo. Lunedì pomeriggio, infatti, ho conosciuto a un convegno a Siderno la commissaria Caracciolo, alla quale per onestà intelletuale ho voluto parlare dell’intenzione di pubblicare questo articolo, la cui stesura, quel sabato mattina, è stata mossa da un’unica ragione: vedo il mio paese andare avanti con tristezza, vivere rassegnato perché privato di un’amministrazione comunale voluta dal popolo. Quello che osservo pone una serie di riflessioni e di analisi che mettono al centro del discorso la legalità a 370 gradi, come direbbe la ministra Lezzi. Questa tristezza non riesco più a tenerla dentro nemmeno io. Per cui cerco di stimolare delle riflessioni, che non sono contro nessuno ma, anzi, spero stimolino risposte anche dai vertici istituzionali che si potrebbero sentire chiamati in causa solo in senso negativo. Questo l’incipit originario dell’articolo: Qualche notte fa ho avuto un incubo, ho sognato che Siderno veniva di nuovo commissariata e tornavamo a vivere la tragedia del 2012/2015. Mi sveglio tormentato, riaccendo il cervello e mi rendo conto che non era un sogno ma la cruda realtà. Scherzi a parte, purtroppo a Siderno la maledizione è tornata l’8 agosto scorso durante una calda sera di mezza estate, come nelle migliori commedie di William Shakespeare. Penso che questo sogno abbia però una natura rivelatrice o ispiratrice perché, riflettendo bene, non ho ancora incontrato e conosciuto i tre nuovi commissari che si sono insediati quest’estate. Vuoi per mancanza mia, perché non ho partecipato alla loro unica e sola uscita pubblica, il giorno di Portosalvo, vuoi perché da quello che percepisco sono assai restii a frequentare il popolo che amministrano e vuoi perché, dati alla mano, saranno stati presenti a Siderno una ventina di giorni su tre mesi di commissariamento. A mia discolpa aggiungo pure che per abitudine passo dal comune almeno due volte a settimana ma dei commissari neanche l’ombra. Rifiutano come tutte le commissioni che ho conosciuto il contatto con la plebe, anche perché forse temono il contaggio. Ricordo ancora che quando si è insediata la commissione precedente al primo incontro con un’associazione di cui facevo parte, il commissario Tarricone ci chiese il documento di identità. Al contrario nei tre anni di amministrazione Fuda, il

sindaco lo vedevo molto più spesso, e per il legame di amicizia e perché, comunque, l’amministrazione era interessata molto di più a un confronto con i cittadini, sia nel corso dei consigli comunali che durante le conferenze stampa. L’Amministrazione Fuda, inoltre, ha organizzato una serie di incontri, conferenze, convegni per stimolare un dialogo sempre più serrato tra chi amministra e chi vive nel posto amministrato. Ricordo così, senza andare a cercare negli archivi, almeno 50 presentazioni di libri con cattedratici di tutta Italia, persone di cultura - da Pantaleone Sergi a Isaias Sales, da Pino Aprile a Guido Pescosolido - che il sindaco invitava a Siderno per ampliare la visione dei cittadini verso il resto d’Italia e d’Europa. C’è stasto il congresso nazionale del Centro Democratico con il segretario nazionale Tabacci, c’è stato molte volte il Presidente della Regione Calabria, oltre a parlamentari di quasi tutte le forze politiche. Mi si farà notare: “ma i commissari devono fare altro”. E io rispondo: perché? Non devono i commissari, secondo la legge, riportare la democrazia in un territorio? Non devono i commissari far vedere alla gente che loro sono la legalità? E il Prefetto Di Bari, convinto che per riportare la legalità bisognava chiedere che l’amministrazione venisse sciolta, cosa ha fatto per riportare la cittadina sulla sponda della legalità? È mai venuto a Siderno in questi tre mesi? È riuscito a portare qualche opera prodotta dalla legalità? Mi dispiace ma io sono uno che si pone delle domande, e vorrebbe anche delle risposte ma, come la gente della Locride, questo diritto non c’è l’ho. Noi siamo governati, attraverso i commissariamenti, da gente che non è di qui, non si preoccupa del futuro di questa terra e, cosa più grave, non paga gli errori che commette in questa terra. Vorrei dare maggior peso all’ultima frase, perché di fronte a un’accusa precisa fatta da chi ha letto le carte, ovvero la richiesta di risarcimento danni nei confronti della vecchia commissione antimafia, ancora non ci sono risposte, mentre io vorrei un Prefetto e uno Stato che mi rassicurino e mi dicano in tempi brevi e con certezza che i rappresentanti dello Stato che hanno mandato a Siderno hanno riportato la legalità, non hanno sprecato i soldi dei cittadini sidernesi. Va, inoltre, aggiunto che, al tempo dei commissari guidati da Taricone, accertai che il corpo esterno al comune era di 13 dirigenti pagati dal comune dopo la dichiarazione di dissesto. Tre commissari straordinari, tre commissari per il dissesto, sei funzionari della prefettura di Catanzaro e il comandante dei

vigili. Questi sono gli strumenti con cui si combatte la ‘ndrangheta? Amplificando la sfiducia dei cittadini, garantendo l’immunità a funzionari dello Stato? Inviterei sia il ministro, sia i magistrati che i prefetti che vogliono affrontare seriamente il problema del fenomeno mafia, a studiare bene queste situazioni, perché dai fatti che vi ho raccontato si evince solo un grande favore a chi cerca di dominare questo territorio, azzerando la coscienza civica, azzerando la fiducia nello Stato e cercando di non far crescere né la conoscenza né la coscienza di un popolo. Ricordo a me stesso e a chi legge che una cittadina impara la legalità, impara a stare con lo Stato con esempi che dimostrano che lo Stato è vicino. Lo Stato deve essere un padre, una figura che a queste latitudini è il vero latitante. Per finire, voglio riportare alcuni fatti che si sono verificati a Siderno in questi ultimi tre mesi, perché a una mia analisi sono esplicativi di una situazione di completo abbandono del territorio. Sono sicuro che i commissari chiamati ad amministrare Siderno siano convinti di essere nel giusto e di fare l’impossibile per questo paese, ma sembra non sia così. Non è così perché dopo due mesi dall’alluvione i rifiuti (nella foto) sono ancora lì, Piazza Europa è diventata una discarica a cielo aperto, la raccolta differenziata ha subito dei peggioramenti, il paese è giorno dopo giorno più buio perché nessuno cambia le lampadine, ci sono alcune strade a cui non si presta più alcuna cura. Non ritengo sia colpa di chi è stato nominato a riportare la legalità, ma è lo stesso atto della nomina a produrre l’illegalità: non si può interrompere il lavoro di una squadra che conosce bene i problemi del paese per nominare dei professionisti, che anche se preparatissimi, non possono da un giorno all’altro conoscere quello che non si apprende sui libri ma solo vivendo quotidianamente a stretto contatto con il paese da amministrare. Penso, quindi, che chi è stato chiamato a svolgere un ruolo che non può portare a termine per come ho spiegato, rifletta sul coraggio di dire: “non si può fare in questo modo, stiamo sbagliando”. Mi piacerebbe che queste mie parole provichino, soprattutto tra chi è stato chiamato in causa, un confronto, perché penso che su questa situazione in molti debbano cambiare idea. Cambiare idea è un fattore importante. Ho sentito una frase bellissima in un film: gli sbagli fanno le persone. Se questo fosse vero, solo un passo indietro potrebbe salvare un paese, una regione, l’Italia intera. Rosario Vladimir Condarcuri


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Dopo le ultime piogge si susseguono le denunce relative allo stato in cui versano gli alvei delle nostre fiumare. Come spesso accade, non è ancora chiaro chi si dovrebbe occupare della questione e, soprattutto, con quali mezzi ma, uniformandosi a una buona pratica svolta in altre aree d’Italia, il problema potrebbe essere archiviato una volta per tutte…

Fiumare ostruite: l’ennesimo dramma dell’immobilismo? Si chiama “compensazione” ed è un processo che permette la pulizia delle fiumare a costo zero per gli Enti Locali. La difficoltà della messa in pratica di questa procedura, tuttavia, sarebbe legata a un veto della Procura.

Dopo le recenti piogge che hanno sconvolto la nostra Regione è superfluo sottolineare che la situazione del nostro territorio risulta più che mai drammatica. Abbiamo già parlato sulle colonne del nostro giornale delle criticità registrate negli alvei delle fiumare che attraversano la maggior parte delle nostre città e di quanto impressionante sia, in certi casi, l’accumulo di detriti, rifiuti e fanghi che ne sta ostruendo i percorsi alimentando la possibilità che con le prossime piogge si debba assistere alla rottura degli argini. Della situazione aveva parlato con largo anticipo il capo della protezione civile Carlo Tansi, che già in agosto, sulle pagine del Quotidiano del Sud, non aveva esitato ad affermare che, se non fossero stati puliti i letti delle fiumare in tempi ragionevoli, si sarebbe potuti andare incontro a vere e proprie carneficine. Ma perché allora, questa operazione, che in un Paese normale dovrebbe essere routinaria, continua a non essere effettuata? Come spesso accade nella nostra sfortunata terra, sembrerebbe anzitutto per mancanza di fondi, cui si aggiungerebbe, altra evenienza fin troppo frequente, un vertiginoso rimpallo delle responsabilità reso ancora più paradossale, nella nostra zona, dal ruolo ancora poco chiaro ricoperto dalla Città Metropolitana di Reggio Calabria. Nonostante molti puntino frettolosamente il dito contro i sindaci dei singoli paesi, infatti, sarebbe proprio a causa dell’immobilismo di quest’ultimo Ente se le nostre fiumare versano in un stato di degrado a dir poco raccapricciante, considerato che, in

altre zone del nostro Paese, è proprio attraverso l’intervento delle Province o delle Città Metropolitane che si ovvia a questo genere di problemi. Già in seguito all’alluvione del 2015, infatti, da alcuni sindaci, proprio della Locride, sarebbe stato chiesto alla Città Metropolitana di emanare una delibera di giunta che autorizzasse l’applicazione anche nel nostro territorio il metodo della “compensazione” per pulire i letti delle fiumare a costo zero. Tale procedura permette agli enti locali, previa autorizzazione da parte degli organi di governo sovraordinati, di stringere accordi con ditte che si occupano di questo genere di operazioni affinché i lavori di pulizia siano a costo zero per gli enti locali e le aziende vengano retribuite con gli stessi materiali di risulta, permettendo così loro di riciclare questi materiali per effettuare opere idrauliche ed edili. Sulla messa in pratica di questa operazione assai diffusa in altre regioni d’Italia, tuttavia, la Procura avrebbe posto il veto della legge anticorruzione, affermando che l’evenienza che nel nostro comprensorio si possano affidare gli incarichi a ditte raggiunte da interdittive antimafia o che queste ultime possano rivolgersi a proprietari di silos in odor di ‘ndrangheta sia troppo alto per concedere le autorizzazioni richieste. Per questa ragione, la procedura si sarebbe arenata nel rispetto della legge, senza tuttavia che lo studio di soluzioni alternative impedisse l’accumularsi di altri materiali nel corso di questi anni. Con l’avvento delle violentissime piogge che hanno flagellato la nostra costa provocando anche dei morti,

nelle scorse settimane la situazione è peggiorata in maniera evidente, eppure le proteste di primi cittadini e residenti continuerebbero a non essere sufficienti a smuovere la coscienza della Metrocity, alla quale, peraltro, non avrebbe mai rivolto un sollecito in merito nemmeno la Protezione Civile (né c’è da aspettarsi che lo faccia oggi che il suo capo Carlo Tansi è stato sospeso dall’incarico). Al fine di assicurare il corretto iter di affidamento, infatti, sarebbe sufficiente indire un bando da svolgersi sotto la stretta sorveglianza della Procura che, anche se non in tempi brevissimi, permetterebbe comunque entro pochi mesi di avviare i lavori di pulizia. Eppure l’Ente persisterebbe nel proprio immobilismo lasciando intendere che il problema non sia prioritario e facendo affidamento sulla possibilità che i sindaci ricorrano all’emanazione di un’ordinanza di pulizia in via emergenziale. Anche in questo caso, tuttavia, sarebbero i dettami della legge a legare le mani degli amministratori locali. I primi cittadini, infatti, potrebbero emanare un’ordinanza per la pulizia delle fiumare solo in caso di imminente ed evidente pericolo per la vita delle persone e, nel caso in cui un eventuale controllo dovesse accertare l’assenza degli estremi ritenuti ragionevoli all’emanazione dell’ordinanza stessa, il sindaco che l’avrebbe emessa rischierebbe di andare incontro a una denuncia per abuso di potere. E sappiamo tutti che cosa comporterebbe una denuncia di questo genere alle nostre latitudini… Jacopo Giuca


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redazionale

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Siderno: Chi sbaglia, il cane o il padrone?

Si dice che il cane sia il migliore amico dell’uomo, vero? Ma perché tante cacche (scusatemi) sui marciapiedi di Siderno e nei giardini pubblici, frequentati peraltro dai bambini? Perché omaggiarci con un “regalino” con relativa puzza incredibile sotto le scarpe? Chi sbaglia, quindi: l’amico dell’uomo o il padrone? Allora, signori e signore, tenete pure il vostro amico, ma sappiatelo gestire, non è mica un giocattolo… Noi siamo stanchi di mettere i piedi sopra gli escrementi e di vedere i nostri bimbi caderci sopra con le mani e quant’altro… Se è il vostro migliore amico, andateci d’accordo; ripeto, chi sbaglia: il cane o l’uomo? Armatevi di busta e paletta e andremo tutti d’accordo. Giuseppe Belligerante

Questo spazio è riservato a te. 1200 battute per lamentarti o complimentarti con noi, fare segnalazioni, raccontarci le tue esperienze, potrai inviarci foto degli scorci del tuo paese o video se hai un talento nascosto. Saremo lieti di risponderti pubblicamente, daremo voce al tuo pensiero e ti daremo visibilità sui nostri social. Sii parte integrante di questa realtà

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REGIONALI 2019

Che scuse deve aspettarsi la Locride dai candidati?

Ottava legislatura regionale (2005 - 2010, centrosinistra, Loiero Presidente), la Locride esprime tre consiglieri regionali (uno emigrato dal centrodestra durante la legislatura ): solo a parlare di Sanità, è il periodo (da un punto dobbiamo partire) nel quale l’ASL di Locri viene accorpata con Reggio Calabria. Vero è che Scura (e tanti altri) sostengono che non è questo, di per sé, la causa della crisi dell'ospedale di Locri ma il difetto enorme di Governance che si è scontato. Nona legislatura (2010 - 2014, centrodestra, Scopelliti Presidente), la Locride non prende un consigliere regionale, nello schieramento vincente, l'unico con delle chance, per un distacco di 117 voti. Questo va ricordato soprattutto ai “professionisti della lagna”, i super-campalinisti della zona, che nel segreto dell’urna si sono fidati di altri. Vero è che non è dimostrabile che le cose potevano andare meglio di come sono andate. Ma bastava veramente poco, aggiungiamo. Decima legislatura (2014 - 2019, centrosinistra, Oliverio Presidente), sopra il giudizio severo rivolto al governo regionale in carica, e il pronostico di sconfitta a novembre prossimo, la Locride ci mette il carico da undici. Si sono dunque aggravati i problemi e rimane l’assen-

za di una rappresentanza, del collegamento con i territori, ma fare catastrofismo non serve a nulla, bisogna combattere ogni giorno per riprendersi. C’è la tentazione, sbagliata, di rinnegare le proprie convinzioni o, meglio, di nascondere i partiti dietro il civismo. Lo fanno il Partito Democratico e Forza Italia e questo altro non è che insicurezza e un eccesso di tatticismo. Chi ha o pensa di avere il vento a favore prende di mira tutto il sistema: la Lega, a torto o a ragione, caratterizzerà la fase politica prossima, nel senso che anche in Calabria crescerà. È un partito sulla scena già dai primi anni novanta, rinnovata da Salvini, ma rimane una grande incognita quella di conciliare la sua impostazione con i bisogni economici e sociali del sud. Su cosa poggiano la propria campagna elettorale i 5 Stelle, invece, come si presentano? Claudio Cerasa, su altri temi, ha detto, e noi lo trasferiamo qui “sono rancorosi, vogliono cancellare tutto il passato, sono incompetenti orgogliosi di esserlo, mettono in discussione tante conquiste della scienza, vedono cospirazioni dappertutto…”. Cosa può dire e promettere un candidato alle elezioni regionali a un cittadino - elettore della Locride?

Se di centrosinistra, “Ci abbiamo provato, non ci siamo riusciti a darti una mano, avremmo avuto bisogno di almeno un’altra legislatura, ma a quanto sembra…”. Pessimismo alle porte, anzi… dentro casa. Se di centrodestra, “Vabbè, vinciamo, perché lo facciamo una volta ciascuno, a prescindere dai meriti e dai demeriti, ma siete voi elettori a recarvi alle urne… Per tentare di fare qualcosa, dateci, se lo ritenete, qualche rappresentante territoriale vostro…”. Pessimismo inconfessato… Se dei 5S, “Vi promettiamo la rivoluzione, ma avrete capito che non la sappiamo fare…”. Non valutabile. Ma sui programmi, in generale, cosa si può dire? Ci è piaciuto ascoltare un relatore di un convegno organizzato a Siderno dalla Mediterranea di Reggio Calabria, con il decisivo impulso dell'associazione Calabria 2025, “Nel frattempo che parliamo dei soliti, inevasi problemi della Locride, infrastrutture, servizi… facciamoci venire qualche idea nuova… la cura è il lavoro. “Dove tuona un fatto, statene certi, ha lampeggiato un’idea”, ha scritto Ippolito Nievo, scrittore e patriota. La stiamo aspettando. Federico Lago

Se si vuole ridare credibilità allo Stato, bisogna che tutti comincino a collaborare onestamente Perché il film sulla morte di Stefano Cucchi fa paura? Il pensiero che rimanga testimonianza concreta basata su atti giudiziari dell’ennesima probabile morte di Stato, ha fatto scattare la molla dell’intimidazione. Gli episodi, ormai noti, di Siderno e Pizzo Calabro in Calabria sono la spia del clima di tensione che si respira da tempo in Italia. Chiedere la lista dei partecipanti alla proiezione del film su Cucchi da parte delle autorità come è successo nella sala della libreria a Siderno o chiedere direttamente dalla questura agli organizzatori della visione a Pizzo Calabro spiegazioni sulla natura del gruppo e sull’identità dei suoi partecipanti, sono cose alquanto strane in uno stato di diritto, che vanno oltre i normali controlli. Con le dovute proporzioni, nell’antica Roma si chiamavano ‘liste di proscrizione’. Forse con il governo salvimaio siamo già a questo? Nessuno vorrebbe pensarlo, ma i due episodi insieme al blocco dei pullman per il controllo di bagagli e passeggeri diretti a Roma per manifestare pacificamente il dissenso al decreto sicurezza, inducono quantomeno a pensare a un velato tentativo di intimorire e scoraggiare chi esprime contrarietà e non si adegua al pensiero unico, anche se, con modi garbati e gentili si cerca di giustificare il tutto con “atti di normale routine” e “presenza delle forze dell’ordine tra la gente”. È una storia questa di Stefano Cucchi che rappresenta una tragedia tutta italiana in cui brutalità, viltà, malasanità, malagiustizia, e favoreggiamenti si amalgamano, si intrecciano e diventano un tutt’uno. Purtroppo, se si è creata una certa diffidenza verso le istituzioni, se lo Stato lo si avverte ostile, è perché dai fatti di Genova durante il G8

fino alla vicenda odierna di Stefano Cucchi, passando per Gabriele Sandri e Federico Aldrovandi, le mele marce che hanno finora infangato e offuscato l’immagine dei ‘difensori dell’incolumità pubblica’, quasi sempre sono rimaste al loro posto perché chi avrebbe dovuto prendere i dovuti provvedimenti non lo ha fatto, alimentando e mettendo in mostra tutta una rassegna del falso e della diffamazione. Se si vuole ridare credibilità alle istituzioni e agli apparati delle forze dello Stato, bisogna che tutti comincino a collaborare onestamente e apertamente con la magistratura in tutti i processi e sospendere gli indagati fino alle alte sfere e a tutti i livelli, facendo pagare i colpevoli. Questo film, secondo il pensiero della coraggiosa e tenace Ilaria, sorella di Stefano che non ha mai smesso di volere la verità, “sarà uno strumento importantissimo per restituire un’anima e una dignità al fratello e, anche attraverso di lui, rappresenterà una speranza per molti altri”. Film come questo e quello sul G8, aggiungo io, andrebbero proiettati nelle scuole, e possibilmente andrebbero inseriti nei programmi di addestramento militare per sviluppare una diversa concezione di vita, perché se le forze dell’ordine interessate si fossero adoperate fin dal primo momento con trasparenza e avessero cooperato alla verità con le famiglie delle vittime e i magistrati, si sarebbero risparmiate tante sofferenze e avrebbero recuperato tanta credibilità. Pasquale Aiello

In ogni dove

Da lungi arrivo, milioni di anni fa io già c’ero! Tra le stelle in cielo, nell’onde del mare, sulla terra con il fuoco o nel vento o sotto la pioggia, c’ero, nessuno mi ha mai fermato! Molti hanno invano tentato, mandandomi in Siberia o alla ghigliottina in Francia.

Neppur il gas dei nazisti o il fascio imperante mi hanno fermata! Finché il sole e l’aria esisteranno, io ci sarò. Sopravvivrò accanto a tutti gli oppressi, ai prigionieri, ai quali darò conforto, sarò l’ultimo sussurro degli eroi, perché mi chiamo libertà! L’albatros



Redazionale

La sesta edizione di Mondolio organizzata dall’Oleificio Capogreco è stata un’occasione di divertimento e apprendimento per i bambini che hanno potuto visitare l’azienda agricola e scoprire tutte le fasi della produzione.

L’oro verde della abato scorso si è svolta la sesta edizione di Mondolio, un evento organizzato dall’Oleificio Capogreco a Moschetta di Locri, dedicato alla conoscenza di uno dei fondamentali prodotti della nostra terra, l’olio. Una manifestazione che rientra nel contesto di promozione del territorio attraverso la conoscenza delle stesse aziende che qui operano e dei loro prodotti. Manifestazione riuscita per la famiglia Capogreco: Antonella e Giuseppe hanno trasmesso tutta la loro passione ai visitatori, aprendo le porte dell’azienda ai ragazzini dell’Istituto Maria Santissima Assunta di Locri, il Centro ricreativo educativo “Il Girotondo” di Mammola e l’Istituto La Cava di Bovalino, oltre alla presenza del GAL “Terre Locridee”, dei Carabinieri del Comando di Locri e dei Vigili del Fuoco distaccamento di Siderno e Catanzaro. È stata una giornata di divertimento e di apprendimento che ha permesso ai bambini di visitare l’azienda agricola e scoprire tutte le fasi di produzione che anticipano l’olio in tavola. La dedizione della famiglia Capogreco alla produzione dell’olio extravergine d’oliva contribuisce a valorizzare e a far conoscere un territorio vocato e ricco di storia, la cui produzione olearia evoca origini antiche e alta qualità nel contesto regionale. L’olio prodotto in questa azienda è stato definito dagli assaggiatori esperti del panel test “Fruttato, intenso di olive verdi e invaiate, con sentori di erba e foglie, verdure acerbe e pomodoro verde. Si pre-

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senta al gusto con note di amaro piccante e dolce che si rincorrono sul palato e creano armonia, in chiusura rimane un piacevole retrogusto di frutta secca, in particolare noce e mandorla. Molto armonico. Colore: giallo oro con riflessi verdi.” Il nuovo impianto situato in contrada Moschetta gode di moderne strutture che consentono alla famiglia Capogreco di offrire servizi efficienti e all’avanguardia, efficaci per la molitura secondo partite omogenee delle olive e il successivo imbottigliamento in ambiente controllato, a garanzia dell’alta qualità. Un complessivo sistema di produzione che fornisce al consumatore la possibilità di risalire le origini del prodotto “dal campo alla tavola”, una massima garanzia di eccellenza che testimonia inoltre il forte legame tra prodotto e territorio, alla base della filosofia dell’impresa. I processi produttivi applicati si basano sul controllo della qualità e dello stato igienico-sanitario delle olive con la successiva selezione, lavorazione immediata con sistema continuo a freddo e gramolatura partitaria. Si conclude con la separazione e lo stoccaggio dell’olio in ambiente ermetico. Quattro generazioni di operatori del settore hanno consentito di mettere a frutto l’esperienza acquisita nel tempo, facendo della tradizione, della qualità e dell’innovazione tecnologica i punti fermi per la crescita della filiera olivicola-olearia della Locride. Un olio, dunque, da gustare su pietanze tipiche e di alta gastronomia, che certamente arricchirà la tavola degli intenditori e di coloro che consumano prodotti genuini, garantiti e soprattutto frutto della nostra terra.


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L’oleificio Capogreco, con la produzione dell’olio extravergine d’oliva, contribuisce a valorizzare, a far conoscere un territorio vocato e ricco di storia la cui produzione olearia evoca antiche origini ma anche l’alta qualità nel contesto regionale.

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CALABRESE PER CASO

Prove tecniche elettorali Vi è una macchina che sembra non fermarsi mai. Si fermano i treni, si ferma l’economia, si fermano o si ritardano i provvedimenti per offrire al cittadino servizi adeguati come nella sanità, il lavoro, la scuola, le attività produttive. Insomma, si può fermare ogni cosa o ritardarne il corso ma la macchina elettorale, soprattutto quella pre-elettorale, questa non si ferma mai. In un incessante movimento perpetuo, che in fondo potrebbe anche intimidire l’oscillazione del pendolo di Foucault in chiave etica se non proprio morale, ci troviamo ogni giorno con non meno di un articolo su quotidiani o webzine o pagine e antipagine del web nelle quali si sacralizzano, si smentiscono, si raccontano o si prevedono leader prossimi a diventare governatori; insomma una serie di figure che rincorrono un successo in una terra che di successi può vantarne, purtroppo, veramente pochi. Ma non solo. In questa corsa alla legittimazione di partito o di parti di esso, o alla costruzione di un consenso politico-amministrativo fatto di lettere ed intenti da parte di presunti grandi elettori di lontana tradizione feudale, tutto passa in secondo piano. Questo vale per il perché ci si candiderebbe, per il cosa si vorrebbe fare, per la motivazione politico-programmatica per la quale ci si vorrebbe cimentare in una competizione prossima futura o riconfermarsi alla guida senza presentare risultati alla mano. Ma non solo. Al di là delle

vicende europee, delle quali non mancano sollecitazioni ad aprire dibattiti possibili scoprendoci europeisti dell’ultima ora, la corsa alla leadership sembra ormai aperta e ogni iniziativa potrebbe sembrare adeguata se resa ed offerta con investiture che nella solennità tendono a dissolvere concorrenti possibili o a consolidare nuove guide illuminate. Guide il cui lume non brilla dal momento che percorre da anni strade molto distanti, se non impercorribili, da Damasco, e altrettanto lontane da un’Europa che non comprendiamo o da un Mediterraneo che scopriamo solo secondo il vestito politico e culturale che intendiamo indossare ci può essere utile. In tutto questo, alla fine, tecnicamente prim’ancora che politicamente non si vede la Calabria al centro di nulla. Non vi sono conti o resoconti da cui partite. Ne insuccessi da confessare per poter onestamente riconsiderare in chiave programmatica azioni amministrative di ieri o per ispirare azioni amministrative future. E così, nella pratica di spin-doctor fai da te, continueremo a leggere di tutto e a verificare tecnicamente quanto coloro che della politica ne fanno una propria vetrina, oltre che un loro motivo di esistenza, siano ancora capaci ad autopromuoversi mentre, girando per le nostre piazze o guardando al nostro quotidiano, l’impietosa inerzia prevale alla fine su ogni facile dinamismo del sempre solito, e tecnicamente collaudato, politicamente corretto. Giuseppe Romeo

Città Metropolitana e pianificazione urbanistica "... pilastro di un ambientalismo moderno – sosteneva Giorgio Ruffolo - è la Pianificazione Territoriale. È lo strumento principale per sottrarre l'ambiente al saccheggio prodotto dal "libero gioco" delle forze di mercato. Alla logica quantitativa della accumulazione di cose, essa oppone la logica qualitativa della loro "disposizione", che consiste nel dare alle cose una forma ordinata (informarle) e armoniosa. Non si tratta, soltanto, di porre limiti e vincoli. Ma di inventare nuovi modelli spazio-temporali, che producano spazio (là dove la civiltà quantitativa della congestione lo distrugge), che producano tempo (là dove la civiltà quantitativa della congestione lo dissipa) e che producano valore aggiunto estetico". Il 16 Novembre il Consiglio della Città Metropolitana avvierà la sessione di discussione sul piano strategico della Città Metropolitana di Reggio C., il PTC. A più di due anni dalla sua nascita, il nuovo Ente che sostituisce la Provincia, batte un colpo sullo strumento fondamentale per la pianificazione territoriale al quale dovranno fare riferimento gli strumenti urbanistici dei singoli Comuni. Questo decisivo appuntamento si svolgerà nel più assoluto disinteresse da parte dell’ intera classe politica della Locride (e del resto della ex Provincia, per la verità), dato per assodato che i tanti Comuni dell’Area Metropolitana dati in gestione all’apparato burocratico della prefettura, saltano a piè pari tutto il tema della programmazione urbanistica, come se non fosse questo il vero terreno sul quale si decide lo scontro per il controllo del territorio con la criminalità organizzata. Quasi che l’argomento non la interessasse, visto che non c’è nessuno da eleggere ad alcuna carica. Sarà invece, la stella polare che deve orientare la pianificazione urbanistica, che avrà una nuova filosofia: l’interesse per il bene comune. Interesse per il bene comune significa interesse di una Comunità di Cittadine e di Cittadini. Una Comunità riconoscibile, dotata di identità, caratterizzata dal senso di appartenenza dei suoi membri. Una Comunità aperta, che riconosce nello scambio con le altre Comunità il motore del suo sviluppo. Lo sviluppo vero, quello dell’essere e non dell’avere. Quello che ha subito il territorio della Provincia è uno sviluppo distorto, che ha privilegiato l’edificazione disordinata di una quantità di edifici ed opere pubbliche, il più delle volte brutti ed in netto contrasto con lo stesso territorio e con il suo paesaggio, consumandone la gran parte a scapito della vocazione agricolo-

turistica. Contemporaneamente ha visto svilupparsi una viabilità che ha privilegiato la mobilità individuale su gomma, più costosa, più inquinante, più pericolosa, a scapito della vivibilità delle Città da parte soprattutto delle sue categorie più deboli : i Bambini, gli Anziani, le Persone diversamente abili, i nuclei familiari in cerca di spazi dove trascorrere il tempo libero. In maniera non dissimile da ciò che è accaduto nel resto della nostra Regione e più diffusamente in tutto il Paese. Gli elementi strategici di programmazione e progettazione del Piano saranno dunque (o dovrebbero essere) in base al dettato della L.R. 19/2002 e smi all’art. 18bis: - individua, con riferimento ai contenuti del QTR a valenza paesagistica, gli obiettivi e gli indirizzi da perseguire nelle trasformazioni territoriali e le azioni conseguenti - individua le strategie di tutela attiva del patrimonio territoriale - determina le prescrizioni di coordinamento delle politiche di settore e degli strumenti della programmazione della Città metropolitana - determina gli ambiti territoriali per la localizzazione di interventi di competenza della Città Metropolitana - determina le politiche e le strategie di area vasta in coerenza col QTR in riferimento alla promozione della mobilità sostenibile su scala metropolitana e migliorare l’accessibilità dei territori anche attraverso la promozione dell’intermodalità; - determina la rete dei servizi d interesse della Città Metropolitana I temi ambientali devono trovare un’adeguata considerazione nelle attività di valutazione svolte ai diversi stadi della progettazione, per verificare l’effettiva integrazione della dimensione ambientale nelle politiche di sviluppo, e devono creare maggiore consapevolezza nei Cittadini, degli effetti ambientali degli interventi proposti. Inoltre è importante favorire l’affermazione di una nuova modalità nella Progettazione dei Piani Strutturali Comunali che tengano conto del contesto dei vari distretti, le Valli nella fattispecie della nostra Provincia e nella Regione, e delle nuove dinamiche urbanistiche intervenute dopo l’approvazione della nuova LUR con i Contratti di Costa e di Fiumara. Contratti che hanno visto, per un troppo breve periodo, la Locride fare da apripista in ambito regionale con l’avvio di un proprio Contratto integrato di Costa e Fiumara, primo esperimento in ambito regionale. In particolare, compito dei nuovi PTC, sono o dovreb-

bero essere, la presa d’atto della crescente sensibilità ambientalistica, proveniente in massima parte dalla spinta Europea in tal senso, e quindi legati a una visione qualitativa del territorio e non più quantitativa. L'indirizzo Europeo impone “di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e di contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione e dell’adozione di piani e programmi, al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile, assicurando che venga effettuata la valutazione ambientale di determinati piani e programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente”. Ci è data, in questo quadro, una grande opportunità di salvare il nostro territorio residuo. Particolarmente aggredito da cinquant'anni di speculazione edilizia e di abusi di ogni genere, che lo hanno classificato ai primi posti del mondo come indice di edificazione. Il presupposto da cui partire, se ancora sussiste una opportunità di progresso per il nostro territorio e per il futuro delle giovani generazioni, è costituito dalla rigorosa salvaguardia dell'Ambiente. Il nostro, particolarmente ricco sia sotto il profilo naturalistico e paesagistico, che dal punto di vista artistico ed archeologico. Programmare l'assetto Urbanistico del territorio significa sognare un futuro nel quale non si pensi più allo sviluppo di interessi particolari dove la criminalità organizzata affondi i propri artigli, ma un progresso dove a regnare siano gli interessi collettivi, in cui la vocazione turistica legata alla riscoperta di una agricoltura moderna, regalino opportunità di lavoro e di impresa svincolati dall'assistenzialismo e dalla subalternità alle cosche della ndrangheta. Occorrerebbe rafforzare nettamente sia gli obiettivi che le competenze e le risorse economiche attribuite alle Città Metropolitane, prevedendo almeno: - una robusta competenza di pianificazione territoriale “di struttura”; - una delega sulla fiscalità delle trasformazioni immobiliari e sulle relative rendite, oggi frammentata e tenuta a livelli incompatibili col finanziamento finanche delle infrastrutture di base e della manutenzione urbana; - un esplicito obiettivo di riduzione dei consumi di suolo, mirando al consumo di suolo zero - un obiettivo di semplificazione ed efficientamento della gestione delle aree produttive, - una competenza su edilizia sociale e riuso del patrimonio edilizio inutilizzato, - l’istituzione di un “consiglio di sviluppo” metropolitano con le parti sociali, economiche e culturali,

- la proposizione di credibili procedure per la partecipazione dei cittadini, - un’azione di comunicazione e di costruzione di un’identità metropolitana. Il secondo tema strettamente collegato al primo è una nuova politica dei trasporti e della mobilità, che interrompa il perverso circuito delle grandi opere, spesso e volentieri cattedrali nel deserto, come la variante della 106. Non sono un geologo ma mi pongo alcune domande. Che influenza ha avuto il prelievo di migliaia di metri cubi di sabbia degli alvei dei nostri torrenti per la realizzazione di opere come la succitata variante della 106, o la diga sul Lordo oppure la costruzione del Porto di Roccella, sul dissesto idrogeologico del nostro litorale (vedi lungomare di Siderno) e sulle inondazioni che devastano il territorio con costi paurosi ad ogni scroscio di pioggia. Abbiamo bisogno di una politica dei trasporti e della mobilità di merci e persone che sia compatibile con il nostro territorio, all'interno di un piano strategico complessivo che riguardi tutto il territorio della futura Città Metropolitana. Per ciò che riguarda la Locride non si parte da zero. Oltre alla già citata tratta ferroviaria che collega Reggio Calabria a Taranto (la Ferrovia della Magna Grecia) si può contare su due infrastrutture di elevata qualità: -Il Polo Logistico multimodale, inserito opportunamente nel Piano Regionale dei Trasporti, che può nascere, se adeguatamente sostenuto e finanziato nell’area di incrocio tra la variante della ss 106 e la ss 682 nella Valle del Torbido, è una risposta adeguata al rispetto di tali opportunità. La Ciclovia della Valle del Torbido e della costa da Caulonia ad Ardore. Entrambe opere già avviate e da completare. Infine come presentarsi a questo importante appuntamento? Con quale assetto istituzionale? Si può contare su tre Consiglieri nel Consiglio della Città Metropolitana (due della Locride, Belcastro e Fuda, e uno dell’area Grecanica, Zavettieri) sui quali ricade l’onere di attivare un vero dibattito su questo importante tema. Ma bisognerà rimettere al centro dell’agenda politica il riassetto degli Enti Locali. La caratteristica geomorfologica della Calabria e particolarmente della nostra provincia è caratterizzata da comunità che sono nate e si sono sviluppate attorno ai corsi dei torrenti che da monte scendono vorticosamente verso la valle. Ed è proprio nel riassetto Amministrativo delle comunità delle Valli, le Unioni dei Comuni, sull'esempio di ciò che è già avvenuto nella Valle del Torbido, colpevolmente abbandonato, che, io credo, stia la possibile soluzione della ricerca di un’efficace rappresentanza che superi la disastrosa parcellizzazione che ha sempre, nel corso degli scorsi decenni, penalizzato il nostro territorio. Queste realtà istituzionali sarebbero titolari di un ruolo riconosciuto e che nello statuto della Città Metropolitana potrebbe essere sancito ufficialmente. La "Locride" non ha un ruolo istituzionalmente riconosciuto e l'esperienza ormai più che decennale dell'Assemblea dei Sindaci, non depone sicuramente a suo favore. Sisì Napoli


GIUDIZIARIA

Una “galassia” di scommesse on line CONVERSANDO

Il Cirò entra nel patto che valorizzerà i vini rosa italiani Il Consorzio Vini Cirò e Melissa entra ufficialmente a far parte del Patto del Rosé. L'accordo è stato siglato durante il Merano Wine Festival dal presidente del Consorzio calabrese Raffaele Librandi. Con il Patto del Rosé i Consorzi di tutela del Chiaretto di Bardolino, del Valtènesi, del Cerasuolo d'Abruzzo, del Castel del Monte, del Salice Salentino, e ora anche del Cirò, sottolineano la volontà di perseguire un obiettivo preciso: valorizzare il vino rosa autoctono e portare nel mondo uno stile italiano del rosé, fatto di un'interazione unica e irripetibile tra il sapere umano e la peculiare vocazione di vitigni tradizionali, suoli e climi. I territori sono quelli che da sempre esprimono una particolare vocazione nella produzione di vini rosé e che costituiscono oggi i capisaldi dei rosati a menzione geografica ottenuti da uve autoctone. "Siamo felici che anche il Consorzio Vini Cirò e Melissa - spiega Franco Cristoforetti, presidente del Consorzio del Chiaretto di Bardolino e capofila del progetto - sia entrato a far parte del Patto del Rosé a conferma del fatto che la strada che stiamo percorrendo è quella giusta. Quello della Doc calabra è un territorio che ha molto in comune con quello delle altre cinque realtà che hanno aderito all'accordo, un territorio ricco di storia e di tradizione, produttore di uno dei vini rosati più antichi e apprezzati". "Entrare nel Patto del Rosé con gli altri cinque Consorzi - sostiene dal canto suo Raffaele Librandi - significa valorizzare ulteriormente il Cirò e il suo patrimonio storico-culturale di grande valore. Basti pensare che viene considerato uno dei più antichi vini al mondo, già prodotto quando Cirò era una colonia greca ed era conosciuta come Cremissa". Il Cirò rosato, ottenuto da uve gaglioppo viene prodotto in una zona Doc compresa tra i comuni di Cirò, Cirò Marina, Crucoli e Melissa, in provincia di Crotone. Le sue origini risalgono alla Grecia antica: il vino di oggi è un discendente diretto del Krimisa, che veniva offerto ai vincitori dei Giochi Olimpici. A testimonianza del fatto che da sempre il territorio è legato al mondo del vino, a Cirò si ergeva un importante tempio greco dedicato a Bacco, divinità del vino. L'auspicio dei sei Consorzi di tutela è quello di giungere presto alla costituzione di un Centro del vino rosa autoctono Italiano che possa essere sede di confronto, promozione e ricerca.

FRUTTI DIMENTICATI

Prunesta di Prenura

Nel mio percorso alla ricerca di vitigni perduti o a rischio di estinzione nella primavera del 2002 andai a finire sulla destra idrografica della fiumara di Prenura nella sezione appartenente al comune di Molochio in un vigneto che era stato piantumato da oltre cinquant’anni. In quell’area prevalentemente le vigne erano coltivate da agricoltori di Cittanova e sporadicamente da qualcuno di Molochio; ero capitato una mattina di aprile quando le viti erano già sbocciate e avevano emesso le prime foglioline. Ero stato indirizzato in quella contrada dal defunto ispettore scolastico Domenico Raso, nativo di Cittanova, ma residente a Reggio Calabria. Ero partito alle sei del mattino da Brancaleone e arrivai sul posto alle otto meno un quarto circa e seguendo indicazioni confuse, mi trovai di fronte a un alto cancello di ferro e a uno spettacolo inconsueto in quanto la vigna era stata creata su fasce ricavate dall’appianamento di piccole parti di terreno (ràsule) che venivano tenute da muri a secco costituiti da pietre e ciottoli di granito recuperati sul greto del torrente vicino. Le fasce erano dei perfetti semicerchi che continuavano fino alla sommità di una collina, con in mezzo un pianoro, per cui ebbi l’impressione di trovarmi di fronte a un teatro greco dotato di numerose cavee, ma al posto degli spettatori verdeggiavano le viti. Il cancello era vicino alla destra idrografica della fiumara, lontano quindi dalle fasce più alte dove avvistai un uomo che non era giovane. Era stato informato che si chiamava Pasquale Postorino e allora cominciai a chiamarlo, ma non ottenevo nessuno risposta quando intervenne un vicino di vigna che si chiamava Rocco Delfino, di Molochio, ma sposato a Cittanova con la cugina della moglie di Postorino che mi informò che sentiva poco. Continuai a chiamarlo urlando e allora ebbi la seguente risposta: “sento poco, ma vi dico che solo a mezzogiorno scenderò da quassù, perché ho fatto grande fatica a salirci e non posso ritornare indietro e poi risalire perché ho subito alcune operazioni al cuore”. Mi guidò nella sua vigna Delfino affermando che grosso modo era costituita dalle stesse varietà dell’altra e cominciai a fotografare le punte apicali delle viti per varietà, etichettandole. Ci lasciammo verso mezzogiorno con la promessa di rivederci a maggio al tempo della fioritura, ma prima mi diede il numero di telefono di Postorino. E a maggio ritornai, dopo aver telefonato ad ambedue e trovai solo Postorino, indaffarato a eseguire la potatura verde, in quanto Delfino, nonostante fosse più giovane di alcuni anni, aveva fastidiosi problemi di salute ed era andato per controlli medici. Constatai che egli era molto competente in tutti i settori agricoli e conosceva anche la flora del territorio e quando gli chiesi come chiamasse una pianta alta cinque sei metri carica di fiorellini di un rosa carico, ai bordi della vigna, mi rispose che si chiamava “rosangiara” e mi spiegò che nel passato ricavavano dai suoi rami più diritti e non grossi le stecche per i corpetti delle donne ed allora lo informai che in italiano si chiama fusaggine o beretta del prete. Cominciò a passare in rassegna le sue viti, a cominciare da una, che chiamò Gaglioppo di Scilla, che costi-

I BRIGANTI

Diamo i numeri

tuiva un grande pergolato vicino a un pozzo, sotto cui c’era un tavolo, dove a mezzogiorno consumava il cibo che la figlia gli preparava tutti i giorni. La sua famiglia aveva coltivato da generazioni quel pezzo di terra dove si recava da bambino e da ragazzino aveva il compito di tenere a bada, e sotto stretta sorveglianza, una capra da latte, ma un giorno gli scappò e andò a finire in un campo sulla sinistra idrografica della fiumara e, cercandola tra gli altissimi steli di avena che si muovevano, vide emergere una bellissima bambina dai capelli corvini, che gli indicò dove aveva intravisto una capra. Restò abbagliato e seguì nella crescita quella bambina, che quando fu ragazza divenne la sua fidanzata e infine la sua adorata sposa, che si portò in Francia, sulla Costa Azzurra, dove era emigrato e poi scioccamente era ritornato a Cittanova con due ragazzi; la femmina si era sposata mentre il maschio lavorava come camionista. Ritornai ovviamente almeno una volta al mese, seguendo il percorso dell’uva, dall’invaiatura alla maturazione e osservavo e annotavo quanto mi si diceva, fotografando sia i grappoli nella loro evoluzione che le foglie. Di volta in volta aggiungeva qualche vite alla lista che avevo predisposto, dal Nigrufittu alla Malvasia Nera, dalla Bagnarota al Moscatello bianco, dalla Virdìa al Moscatello nero aromatico ecc. e io annotavo sempre notizie utili per ogni cosa. Mi raccontava quale uve vinificate in purezza avrebbero dato il rosso migliore e alle mie domande come mai ci fossero dei richiami a Bagnara e a Scilla nel nome di alcune viti egli rispondeva con saggezza che tali cittadine nel passato rappresentavano dei punti di riferimento per alcuni vini ritenuti ottimi. Basti pensare che sulle fasce di Bagnara da centinaia di anni veniva coltivato lo zibibbo dalle cui uve veniva fuori un bianco da tavola delicato e molto aromatico. Per i rossi i vecchi viticoltori, nell’area di Cittanova e di Molochio, consigliavano il Nigrufittu, il Burdò e specialmente la Prunesta. E volle portarmi ad ammirare una vite di Prunesta, la sua preferita, tra le viti dalle bacche nere ed effettivamente osservai dei grappoli eleganti, conici, dagli acini quasi sferici, leggermente subovali, coperti di pruina, indice di qualità. Naturalmente, quando c’era, invitavamo Rocco Delfino, gentilissimo, ad aggiungere le sue considerazioni e le sue esperienze e allora i discorsi sulle uve, sulle viti e sul vino s’infittivano e naturalmente a mezzogiorno sotto la pergola del Gaglioppo di Scilla consumavamo a tre dei pranzi semplicissimi. Un giorno che andai a trovarlo, Pasquale Postorino, guardando con tristezza la vigna di suo cugino, mi comunicò che non c’era più e fummo in silenzio per almeno dieci minuti. Continuai a effettuare le mie visite rituali a Prenura e l’ultima fu nell’estate del 2012 perché già nel 2013 non c’era motivo perché vi andassi. Ormai a Plenura solo qualche vigna sopravvive, mentre nella vigna di Postorino ci sono solo sterpaglie. Orlando Sculli

A farci caso, il mese di novembre equivale al numero 11. Qualche giorno fa è stato il giorno 11 di novembre, che scritto in cifre fa 11.11. Ovviamente accade ogni anno, ma ogni giorno ci imbattiamo in numeri ricorrenti per ognuno di noi, ciascuno ha il suo. Nella numerologia il numero 1 equivale alla partenza, all’inizio di tutte le cose, e nel caso mio calza a pennello. Invece, vedere questo numero ripetuto, ovvero l’11, vuol dire cogliere l’attimo. Per chi crede negli angeli, una persona che si imbatte spesso nel numero 11.11 sta ricevendo un messaggio dal suo angelo custode, e bisogna cercare di interpretare i segni che arrivano da un livello spirituale profondo. È una chiamata al risveglio, indica che la strada è pronta. Mi piace l’11, ovunque vada cerco sempre di sedermi al tavolo 11 oppure lo cerco sui numeri civici, e quando la somma dei numeri che trovo dà l’11 mi sento al sicuro. In un mondo in cui si è abituati alla divisione, al fare le cose per conto proprio, anche per il fatto che i governi attuano il “dividi et impera”, il numero 11.11 è un ponte che conduce

È una vera e propria “galassia” di scommesse on line quella scoperta nei giorni scorsi dalla procura antimafia che ha portato a galla un sommerso fatto da una rete di gioco da banco e on line strutturata con la costituzione di una rete di società con sede formale in paesi cosiddetti paradisi fiscali, con ricorso anche a società fiduciarie organizzata secondo una struttura piramidale, ordinata in più livelli gerarchici (vertice della struttura con back office, Master, Agenti, Sub-Agenti, ricevitorie anche denominate agenzie e comunque articolate in CED (Centro Elaborazione Dati), CTD (Centro Trasmissione Dati), PVR (Punto Vendita Ricarica), PDR (Punto di Raccolta). Una struttura operativa mediante la creazione e l’utilizzo piattaforme informatiche, quali quelle realizzate mediante le società, sempre ad essi riferibili, con sede in Malta e con sede in Curacao, funzionale a consentire il gioco su siti non autorizzati dall’Agenzia Dogane e Monopoli (ADM), operanti su server esteri (collocati anche a Malta e in Romania), mediante allocazione informatica suscettibile di essere rapidamente variata in ragione degli accadimenti e, in particolare, degli interventi di oscuramento da parte dell’Autorità. Ai piani alti dell’organizzazione si adottavano modalità gestionali attraverso cui esercitavano abusivamente l’organizzazione del gioco e delle scommesse, simulando una attività di mera trasmissione dati relativa alla raccolta delle scommesse da parte dei vari centri, diversamente denominati, presenti nel territorio italiano e estero, favorendone la accettazione e la raccolta in Italia e all’estero; in particolare, commettevano il fatto con le seguenti modalità: a) accettando direttamente la conclusione del relativo rapporto contrattuale e, quindi, procedendo anche alla raccolta della posta giocata, in contanti, dal cliente (o della sua promessa) in contrasto con la disciplina di settore; b) concedendo fidi ai vari livelli della struttura piramidale (Master e Agenti) affinché si incrementasse il gioco/scommessa nell’utenza; c) aprendo di ingenti canali di credito ai CED, in modo da consentire a questi ultimi di concedere “fidi di gioco” allo scommettitore o al giocatore e così, sollecitare il gioco irresponsabile; d) stipulando illeciti accordi di cobanco e sotto- banco con i vari livelli della struttura per condividere l’alea di rischio della scommessa (sia in caso di incasso sia in caso di pagamento della scommessa) e stabilendo, a tal fine, delle percentuali di partecipazione al capitale di rischio tra il bookmaker estero e i Master/Agenti; e) procedendo direttamente in agenzia al pagamento in contanti delle vincite, incentivando ulteriormente, in tal modo, il gioco d’azzardo irresponsabile, sapendo gli scommettitori o i giocatori di poter riscuotere la vincita immediatamente presso l’agenzia in cui era stata effettuata la scommessa o la giocata; f) facendo pervenire, in contanti, ai “master”, con cadenza ciclica, le somme della raccolta delle scommesse –ovvero gli incassi da parte delle agenzie degli introiti derivanti dalle giocate perse dagli scommettitori o dai giocatori- previa trattenuta dell’importo, parimenti in denaro contante, spettante all’agente a titolo di provvigione; g) omettendo l’identificazione del giocatore con accettazione di scommesse al banco; h) accreditando ai CED, attraverso un conto madre, le somme necessarie per pagare le scommesse vincenti e consegnando alle medesime articolazioni periferiche, sempre in contanti, le somme da inviare, mediante bonifico, alle società in precedenza indicate, aventi formalmente sede a Malta, al fine di fornire una parvenza di regolarità alle relazioni tra i CED e il bookmakers maltese. i) omettendo la registrazione dei conti di gioco individuali e, al contrario, utilizzando il conto gioco del CED/CTD. Tali quindi da determinare anche l’espletamento di sostanziale attività di bookmaker da parte di soggetti che operano nel territorio dello Stato (Master, agenti e sub-agenti) in assenza di titolo abilitativo, cosi, in definitiva violando apertamente la normativa di settore che consente lo svolgimento di più limitata attività connessa alla mera trasmissione della scommessa soltanto da parte di soggetti autorizzati. La struttura organizzata era: fondata sulla non tracciabilità delle scommesse effettuate e dunque dei proventi conseguiti, sottratti necessariamente al pagamento dei tributi diretti e indiretti; funzionale alla realizzazione di profitti illeciti, non dichiarati e non tracciati superiori in importo a 650 milioni di euro (di valore complessivo della raccolta), importo successivamente incrementato in epoca successiva al 2016) ; orientata ad ostacolare la identificazione della provenienza dei profitti, così da consentirne in ogni caso il reimpiego, il riciclaggio e l’autoriciclaggio.

all’unità. E dire 1 equivale a Dio. Perché se è vero che tutto ha un senso allora siamo tutti parte dello stresso progetto, sia che lo si comprenda o che non si riesca a farlo. Siamo tutti parte dell’Uno. Nella storiografia, accostare due volte l’undici all’anno in corso darà una data triste: 11.11.18 ovvero la fine della prima, inutile, guerra mondiale, che vide la scomparsa di almeno due generazioni, di padri e figli, costretti a combattere per la gloria di pochi. Cento anni dopo ci rendiamo conto che ancora l’uomo, come razza, stenta a imparare dai propri errori, e forse è per questo che il numero 11 cerca di imporsi con insistenza, poiché c’è sempre un motivo per ogni cosa. È il tempo della svolta, perché l’evoluzione deve avvenire, benché proprio in questo momento ci siano uomini che tentano di spargere il solito odio, che colpisce i deboli e arreca danno. Ma l’evoluzione non si può arrestare, e l’evoluzione è fare parte di un Unico progetto, in quanto siamo Uno, tutti, nessuno escluso. Buon 11.11 a tutti. Brigantessa Serena Iannopollo


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intervista www.larivieraonline.com

Per provare a vincere, come successo a Baggio in Italia-Norvegia nei mondiali del ‘94, i padri hanno sacrificato la generazione dei quarantenni, che non è mai diventata classe dirigente come lasciato credere in un primo momento ma una generazione angosciata, le cui angosce si sono trasferite sui genitori e probabilmente, per chi ce li ha, anche sui figli.

I quarantenni fregati da un’offerta di due fustini in cambio del dash

“È

MARIA GIOVANNA COGLIANDRO

«Quando ci hanno proposto “dateci la vostra flessibilità e in cambio avrete più soldi per costruire da soli le vostre certezze”, abbiamo accettato senza capire cosa ci stesse succedendo».

uscito lo scorso 2 ottobre per Rizzoli “I Rassegnati”, di Tommaso Labate, un’accurata e accorata riflessione sui ventenni degli anni Novanta, la generazione che avrebbe dovuto condurre l’Italia fuori dalla sua crisi di invecchiamento, ma che spreca imperdonabilmente la sua occasione, perdendo la partita all’ultimo rigore. Per descrivere la generazione dei quarantenni torni al 23 giugno 1994, alle ore 21:50. Cos’era successo? Succede qualcosa che tutti gli italiani hanno visto ma che non ricordano: Roberto Baggio viene sostituito da Arrigo Sacchi in un momento che sembrava decisivo per la nostra nazionale. Baggio è la metafora della generazione dei quarantenni (che comprende quella fascia di età che va dai 35 ai 50 anni), iperpreparata, competente, predestinata. Sono stati la prima generazione ad aver studiato l’inglese in modo serio, a seguire corsi di chitarra, di pianoforte. Sono cresciuti in un periodo in cui le scuole e la ricerca ricevevano finanziamenti altissimi, erano un fiore all’occhiello in Europa. Eppure al momento della resa dei conti, i padri, per provare a vincere, come successo a Baggio in quella partita, hanno sacrificato la generazione dei quarantenni, che non è mai diventata classe dirigente come lasciato credere in un primo momento ma una generazione angosciata, le cui angosce si sono trasferite sui genitori e probabilmente, per chi ce li ha, anche sui figli. Una generazione cresciuta mentre si diffondeva la cultura del curriculum e che tuttora si ritrova ad andare fiera di essere pagata in visibilità. Da un lato l’illusione, dall’altro una magra consolazione. Cos’è peggio? L’illusione diffusa con la cultura del curriculum. Questo stracitare il curriculum ancora oggi genera delle illusioni. I curricula, essendo scritti da noi, raccontano delle cose sciocche, inutili. Ricordo che, usci-

to dall’università, come tanti, ho messo il mio curriculum online, e ad oggi mi rendo conto che avevo scritto una marea di sciocchezze. Per distinguerci dagli altri durante i colloqui avremmo dovuto raccontare delle frottole senza pari: ad esempio, chi come me odiava la montagna, si diceva amante del trekking; o, ancora, ci si dipingeva come amanti del cinema francese di Truffaut negando di aver visto un film di Vanzina o Neri Parenti. Quella del curriculum è una falsa promessa del nostro tempo, come se l’elenco di cose vere o presunte stabilisse la cifra di quanto vali. Non penso che nella dittatura del curriculum, di cui parlo nel libro, se un’azienda è in cerca di un dipendente e si presentano due aspiranti, uno che ha preso 110 e lode e uno che ha preso 105, valga a prescindere il 110 e lode. La rigidità imposta dal curriculum a questa società fa male a tutti e fa male anche alla politica che ne parla oggi in continuazione. I quarantenni sono una generazione la cui dignità deve essere concessa per decreto. Quali sono state le mancanze più rovinose della politica degli ultimi 40 anni? Innanzitutto io sono contrario a tutti coloro che se la prendono a prescindere con delle classi determinate, che siano i politici, i giornalisti, gli imprenditori: non mi piacciono queste generalizzazioni. La colpa è stata dei giovani politici degli ultimi vent’anni che invece di essere un passo avanti a quelli più grandi di loro, sono stati un passo indietro o un passo a fianco. Una volta i movimenti giovanili dei partiti stavano avanti ai partiti: il Partito Comunista Italiano non considerava simpatico Pasolini ma questo non impediva ai giovani della federazione comunista di frequentare Pasolini. Adesso questo non sarebbe possibile: i giovani del PD, i giovani di Forza Italia restano sulle scie del leader di turno nella speranza che questi li noti e li porti avanti. Più che della politica, la colpa è dei giovani che o sono stati degli Yes Man che aspettavano il loro turno oppure, come Renzi, hanno avuto coraggio in una prima fase ma poi fondamentalmente hanno fatto gli

interessi propri più che quelli della propria generazione. I 40enni oggi governano e hanno governato nel passato recente. Che cosa accomuna il 40enne Renzi e il 40enne Salvini? Nessuno dei due ha rappresentato la propria generazione. Sostenere che i quarantenni governino per il semplice fatto che ci siano stati due quarantenni che hanno governato negli anni recenti vuol dire pensare di aver risolto la fame nel mondo se due bambini malnutriti mangiano. Hai sottoposto a 15 persone una stessa domanda: “Cosa sogni?”. Tutti ti hanno risposto: “In che senso?”. Si è perso il senso o si è persa la capacità di sognare? Si è perso il senso. Dalle decine e decine di lettere che ho ricevuto da parte dei lettori de “I Rassegnati” sto riscontrando che la generazione dei quarantenni di sogni ne ha. Quindi non è che la gente non sogni più: l’angoscia del nostro tempo sta nel fatto che la gente non pensa che qualcuno possa chiederle che cosa sogna perché considera

Il nuovo libro di Tommaso Labate presentato anche a Marina di Gioiosa

I Rassegnàti, una generazione senza santi nè eroi anche a Marina di Gioiosa Nella sala del Consiglio comunale di Marina di Gioiosa alla presenza dell’Autore e di Pietro Melia, i Presìdi del Libro hanno presentato “I Rassegnati” davanti ad un pubblico eccezionalmente numeroso.

appena arrivato in libreria i Rassegnàti (sottotitolo, L’irresistibile inerzia dei quarantenni), di Tommaso Labate, giornalista del Corriere della Sera, calabrese di Marina di Gioiosa Jonica, dove, qualche sera fa, alla presenza dell’Autore e di Pietro Melia che con lui ha dialogato, i Presìdi del Libro lo hanno presentato nella sala del Consiglio comunale davanti ad un pubblico eccezionalmente numeroso. Una prima lettura suscita un’impressione non precisa, e cioè che si tratti di un libro dedicato “solo” ai quarantenni. E invece no. Rileggendolo, quella prima impressione si fa più larga e profonda, e il libro si rivela per quello che effettivamente è: una

È

riflessione, necessariamente rapida, ma dettagliata e informata sulla lunga crisi che ha accompagnato il Paese dagli anni 70/80 al nostro oggi in cui i quarantenni stanno sulla scena, dimessi, scoraggiati, frustrati perché illusi prima e delusi poi, “senza santi e senza eroi”, per dirla con le parole del più volte citato Vasco Rossi. Uno spazio importante è occupato dal complesso rapporto con i padri, uomini della generazione precedente, attuali sessanta-settantenni: lo scontro diventa l’occasione per tracciare la diversità dei contesti sociali in cui sono rispettivamente nate e cresciute le due generazioni. La prima ha agito in un mondo più strutturato, più facile da leggere, con prospettive e condizioni di lavoro abbastanza certe

e garantite, ad alta probabilità di accesso al posto fisso. Un mondo che, sul piano politico, era aperto alle passioni collettive che trovavano sfogo dentro ampi scenari (il “68, il “77). Dal confronto, i quarantenni di oggi escono a pezzi: smarrimento, senso di precarietà senza tempo, conseguenti frustrazioni con corredo di egoismi, rancori marcati e diffusi, latitanza rispetto alle urgenze di interesse pubblico. Soffrono particolarmente, e Labate vi si sofferma, perché hanno fatto in tempo di vivere la coda di un’epoca più serena, che li ha illusi e poi li ha delusi, in quanto il futuro che prometteva non è mai arrivato. Ci sia permessa una rapida diversione nella più palpitante attualità: Torino, Piazza Castello stracolma


Tra i lettori de “I Rassegnati” non poteva mancare nonna Flora

È stato pubblicato da Rizzoli “I Rassegnati” di Tommaso Labate, cronista politico del Corriere della Sera. Trentanovenne di Marina di Gioiosa Ionica, Labate ha iniziato la sua carriera da giornalista a “Il Riformista” nel 2004. Dal 2012 è passato al quotidiano di via Solferino e conduce “Corriere Live” per il sito della testata. Cura, inoltre, una rubrica sul settimanale “Io Donna”. Su La7, con David Parenzo, ha condotto le trasmissioni In onda e Fuori Onda. che anche i sogni più banali siano irrealizzabili. Ognuno di noi ha uno zio di 70 anni che lo incita a scendere in piazza a fare la rivoluzione. Ma la rivoluzione non l’avevano fatta loro per noi? Ciascuno si batte anche per quelli che vengono dopo ma fondamentalmente è rappresentante del proprio tempo. Chi ha combattuto per liberare il nostro paese da nazisti e fascisti ha reso un servizio anche a chi è nato dopo, ma sono state combattute anche battaglie per motivi contingenti. A me, per esempio, sorprende che le battaglie studentesche, tipo quella condotta dalla “Pantera”, che cito nel libro, (la notte del 27 dicembre una pantera fu avvistata nelle vie di Roma e divenne poi il goliardico simbolo della protesta giovanile contro le riforme della scuola e dell’università, ndr) non abbiano prodotto alcun risultato non fosse altro perché gli studenti si sono fatti fregare dal sostegno dei professori, da un’alleanza che li avrebbe stritolati. Infatti, com’è andata a finire? Degli studenti si sono perse le tracce, mentre i professori che sostenevano gli studenti lo fecero a ragion veduta tant’è che stanno ancora al loro posto. La modalità “scontentezza attiva” in cui il 40enne vive ha creato una sorta di rabbia nei confronti della sua stessa generazione. Tra di loro i 40enni si malsopportano, sempre attenti a che l’altro non lo freghi. Rifaranno mai pace? L’obiettivo del mio libro è che anche un solo caso si realizzi, che davanti a una sola macchinetta del caffè di una qualsiasi azienda due quarantenni tornino a pensare di essere dalla stessa parte della barricata. Molto spesso confondiamo i piani: è una panzana il fatto che lavoratori e imprenditori siano dalla stessa parte, è ovvio che entrino in conflitto. Due quarantenni, invece, che sono visti dalla stessa società come in perenne conflitto dovrebbero stare insieme, dovrebbero maturare una coscienza di classe che hanno avuto le generazioni precedenti.

per la manifestazione a favore della o del TAV, organizzata da sette donne cinquanta/sessantenni, prima perfettamente sconosciute; il fatto è fuori dal libro per evidenti ragioni cronologiche, ma ne conferma in pieno la tesi di fondo. Onesto intellettualmente, l’Autore finisce per essere impietoso nei confronti dei suoi coetanei accusandoli apertamente di essere vili e paurosi a cominciare proprio dal confronto con i padri, i quali, all’epoca in cui erano giovani, seppero invece dimostrare grande coraggio con i loro, che poi, in qualche modo, li ripagò. E qui, una lunga serie di riferimenti gustosissimi: ad esempio, i giovani militanti comunisti romani che dialogavano con Pier Paolo Pasolini, a dispetto dei “consigli” della Segreteria nazionale del partito che considerava lo

Il mitico “scambio impossibile” proposto da Paolo Ferrari in un celebre spot degli anni ‘80: due fustini di un detersivo anonimo in cambio di uno di Dash.

Tommaso Labate finisce per essere impietoso nei confronti dei suoi coetanei accusandoli apertamente di essere vili e paurosi a cominciare proprio dal confronto con i padri, i quali, all’epoca in cui erano giovani, seppero invece dimostrare grande coraggio con i loro, un coraggio che in qualche modo li ripagò.

Coloro che hanno fatto il ’68 pur avendo tra di loro delle sfumature, degli approcci culturali diversi, sono ancora oggi i capi di questo Paese: guidano banche, giornali, aziende. A noi, invece, questo non è successo e non succederà finché non capiremo che la nostra rassegnazione sarà minore quanto maggiore sarà la nostra capacità di stare insieme e solidarizzare tra di noi. I rassegnati di cui parli includono quella generazione che va dai 35 ai 50 anni. Chi viene prima come lo definisci? Chi viene prima ha vissuto un’infanzia non bella come la nostra. I rassegnati sono la generazione che dalla seconda guerra mondiale in poi ha vissuto il meglio da bambino. Chi è nato sotto le bombe della guerra e chi è nato nel pieno dell’ultima crisi economica che ha travolto il mondo, e col mondo anche l’Italia, ha fatto fin da bambino i conti con una sofferenza che, nel primo caso, era bellica, nel secondo, produceva effetti bellici. Chi, infatti, è nato nel 2000 ha fatto i conti con una famiglia che non si poteva permettere ciò che si permetteva la media delle famiglie degli anni ’80. La generazione dei “rassegnati” è l’unica che è partita da una situazione rosea ma che si è ritrovata ad andare sempre indietro. Siamo stati meno attrezzati a tutte le sfide che ci sono state poste di fronte, alcune di queste grandissime, come il fatto che il mondo del lavoro fosse caratterizzato dall’assenza totale di regole. Quindi, quando ci è stato proposto lo scambio di due fustini di un detersivo anonimo al posto di uno di dash, “dateci la vostra flessibilità e in cambio avrete più soldi per costruire da soli le vostre certezze”, abbiamo accettato senza capire cosa ci stesse succedendo. E così oggi ci troviamo in una società che considera normale che un lavoratore con partita IVA o un lavoratore precario, a parità di mansioni, guadagnino meno di un lavoratore a tempo indeterminato che può contare su delle garanzie. Tu sei originario di Marina di Gioiosa… (mi interrompe) No, io non sono originario di Marina di Gioiosa, sono di Marina di Gioiosa! … Un 40enne nato nella Locride e uno nato a Milano sono rassegnati nella stessa misura? Incredibilmente sì, perché nonostante le differenze tra Nord e Sud siano tantissime, non si vedono nella rassegnazione. Tant’è che se si considerano le statistiche degli emigranti italiani, la prima regione che perde giovani è la Lombardia, la più ricca. Cambia il luogo in cui se ne vanno: i giovani lombardi provano ad andare a Londra, i giovani della Locride provano ad andare in Lombardia. Comunque scappano e scappano perché la paura è comune. Tu sei un rassegnato? No, assolutamente no. Però anch’io sono vittima della crisi che mi prende durante la notte quando penso che siamo di fronte a un sistema senza più certezze, quando penso che non so chi baderà ai miei genitori nel momento in cui non saranno più autosufficienti o ai miei fratelli se io dovessi scomparire. La spinta a scrivere il libro è stata proprio questa: se travolge persino me la rassegnazione, immagina che cosa succede agli altri. Altro motivo che mi ha spinto a scrivere il libro è il fatto che sono convinto che a fare la differenza tra me e un mio coetaneo sia stata la fortuna. Ma è inconcepibile che in un paese occidentale e avanzato come il nostro sia la fortuna a stabilire “tu sì, tu no”.

scrittore e regista un pericoloso eretico da evitare; o quello che vide protagonista un giovane socialista, Enzo Curzio, che, in occasione del referendum proposto da Mario Segni sulla preferenza unica, osò schierarsi a favore, così suscitando le ire di Bettino Craxi che aveva appena consigliato agli italiani di andarsene al mare; quel giovane scomparve dal panorama politico italiano, ma non si rassegnò; decise di andarsene negli Stati Uniti, dove ha vissuto e sta vivendo una vita pienissima di incontri e occasioni felici (con finale a sorpresa). Nello scorrere delle pagine si susseguono altri temi, ai quali nel breve spazio consentito, si può solo accennare. Non riguardano solo i quarantenni, ma toccano anche aspetti non irrilevanti dei nostri giorni: la scomparsa della solidarietà e del-

l’altruismo, la crisi dell’ambientalismo, la forte attenuazione della comunicazione tra le persone, il senso diffuso della paura. Però, attenzione, l’Autore non sostiene che tutto è perduto: i quarantenni, sembra voler suggerire, farebbero ancora in tempo a sterzare. A tale proposito, aiuta Hermann Hesse, che nella prefazione al suo “La cura”, scrive:” Si dice degli Svevi che non mettono giudizio prima dei quarant’anni…”. Insomma, come si diceva all’inizio, Tommaso Labate ha scritto un libro importante, ricco e complesso, che tratta con concisa precisione una serie di grandi questioni; lo stile è brillante, ironico, veloce. Francesco Macrì


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cultura www.larivieraonline.com

In un periodo storico in cui lo storytelling si sta diffondendo in maniera capillare, le mille storie della nostra terra potrebbero rivitalizzare le quote del brand Locride permettendo al settore turistico di offrire ai nostri visitatori esperienze immersive che potrebbero fare del turismo esperienziale la punta di diamante della nostra economia.

Ogni nostra contrada è una narrazione L’YMCA di Siderno celebra i suoi della nostra terra 70 anni con la presentazione del libro “Palestra di vita” Sabato 24 novembre 2018 alle ore 18:30, presso la Sala Nettuno del Grand Hotel President di Siderno (RC), si terrà la celebrazione dei 70 anni di attività dell’Associazione YMCA. Per l’occasione verrà presentato il libro “PALESTRA DI VITA – Raccontiamo 70 anni di Storia” che raccoglie fotografie, ricordi, aneddoti, pensieri e emozioni di quanti hanno fatto parte dell’Associazione. Dopo i saluti dell’ex segretario YMCA di Siderno Diego Tamburrini, inter-

verranno il Dirigente Scolastico Antonio La Rosa, il Segretario Generale YMCA Johan Vilhelm Eltvik, il Segretario General YMCA Europe Juan Simeos Iglesias, l’ex presidente YMCA di Malta Tom Cusens e il Presidente YMCA di Siderno Vincenzo Lizzi. Modera Rosario Condarcuri. Per maggiori informazioni potete rivolgervi al numero 347 3392482 o scrivere una mail a dtamburrini@alice.it

Federico Buffa racconta la nazionale di calcio campione del mondo nell’82, il viaggio di ritorno e la mitica partita a carte di alcuni calciatori con Sandro Pertini. Alberto Porrà (per restare in tema calcistico) narra di Ibrahimovic ragazzino, poverissimo e affamato, che la mattina mangia anche la colazione dei fratelli costringendo il padre a mandarlo spesso a casa della madre, dalla quale viveva separato, e che poi reagisce alla vita, in campo e fuori, con la sfrontatezza che tutti conosciamo. Alberto Angela racconta la vita della principessa Sissi o le ultime ore di Pompei, oppure i campi di sterminio nazisti e riesce a coinvolgere ed emozionare. Massimo Gramellini la sera, in TV, racconta storie da par suo. Sono solo alcuni esempi di storytelling (narrazione), fenomeno di cui molto si parla in questo periodo, e di alcuni fra i più bravi storyteller (narratori). Lasciamo un attimo da parte lo storytelling aziendale e le nuove frontiere legate a esso in campo economico (l’utilizzo della narrazione e della storia della propria azienda per far conoscere il brand puntando molto sui social), il fatto che vi sia in generale un bisogno di narrazione, una sorta di voglia di riscoperta di luoghi, storie, personaggi, usi, tradizioni, cibi, non credo ci siano dubbi. La cosa interessante, a mio avviso, è l’importanza che la narrazione, il racconto orale, possono avere in campo turistico, non fosse altro che per le tante storie che la Calabria, i borghi calabresi e in generale i borghi italiani possono raccontare, caso unico al mondo di museo diffuso, come asserisce Philippe Daverio. Quello che sta accadendo a Ferruzzano attorno alle riprese del film di Mimmo Calopresti ne è un esempio: la partecipazione emotiva della gente a questa narrazione è grandissima, certamente veicolata e aiutata anche dai social, ma tantissimi altri esempi se ne possono fare. Uno di pregnante attualità riguarda il Parco Nazionale della Sila, dove si sta facendo da tempo un discorso interessantissimo legato allo storytelling (lo slogan è: fare marketing condividendo esperienze), mentre in altre parti della Regione si sta cercando di portare avanti questi progetti legati al racconto e all’esperienza. Andando in giro per i nostri paesini si può avere la fortuna (a me capita spesso) di incontrare persone anziane che raccontano la vita di una volta e testimoniano con nostalgia e tenerezza episodi di un tempo perduto, che ovviamente non può tornare, ma del quale occorre-

rebbe far tesoro. Questa operazione non dev’essere solo di tipo nostalgico, di documentazione storica, certamente utile a chi la fa per mestiere. La difficoltà, ma nello stesso tempo la cosa affascinante, è riuscire a inserire questi racconti di vita vissuta all’interno di un progetto generale che comprenda tanto altro e che sia capace appunto di fare marketing condividendo esperienze. La tanto decantata, ricercata, dibattuta, spesso “abusata” valorizzazione turistica e specialmente la valorizzazione del turismo culturale, deve puntare certamente su interventi materiali sull’enorme patrimonio storico-artistico del quale disponiamo, ma deve anche guardare ai beni immateriali, a tutto ciò che è legato alla cultura e al territorio, alla riscoperta di tradizioni, manifestazioni popolari, eventi, tutti elementi di un contenitore all’interno del quale lo storytelling può rappresentare un elemento di pregio, in grado non solo di attrarre turisti, ma di creare le condizioni per un soggiorno piacevole e “interessato”. Ci si chiede da più parti, proprio in questi giorni, anche alla luce di Programmi di finanziamento legati ai borghi, se sia più difficile far rimanere i residenti nei nostri piccoli centri oppure far arrivare i turisti. Riguardo lo spopolamento delle aree interne si è tanto dibattuto e si continua a farlo, sulla possibilità di incrementare le presenze e il soggiorno nei borghi si susseguono tantissimi incontri e convegni nella nostra Regione, se ne fa uno al giorno, quasi uno per ogni borgo e qualche volta, ahimè, lo si fa cosi tanto per fare. Nessuno può pensare di aumentare in modo considerevole il PIL calabrese (ultimo in Italia) intervenendo solo nel settore turistico, servirebbe tanto altro, ma senza interventi seri in questo settore è evidente che le speranze si riducono al lumicino. I luoghi ci sono, ogni nostro borgo e ogni nostra contrada è già storytelling, bisogna raccontarlo, bisogna raccontare, e mi riferisco alla sola eno-gastronomia, che per esempio attorno al successo del pane di Jermano di Canolo c’è tutta una storia datata attorno all’anno mille e che raccontarla può servire non solo alle aziende se sono brave a farlo, ma deve far conoscere Canolo e tutte le bellezze naturalistiche del suo territorio. Ciò vale per lo stocco di Mammola, per il vino Greco di Bianco, per il caciocavallo di Ciminà, per il bergamotto, per i palmenti di Ferruzzano e per tanto altro ancora. È cosi difficile provarci? Antonio Crinò




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Arte&co

Il 22 ottobre scorso sono iniziate le riprese di "Via dall’Aspromonte", un film di Mimmo Calopresti tratto dall’omonimo romanzo di Pietro Criaco, incentrato sul crepuscolo di un mondo e il desiderio di cambiare il corso degli eventi.

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Via dall’Aspromonte:

dal libro al film, dalla poesia al racconto Il pregiudizio, che per secoli ha marcato questa Terra, sta perdendo colpi e questo per merito di un’unica arma: la cultura che permette di riconoscersi e di conoscere.

“Tutto girava intorno a mio padre e io ero la luce dei suoi occhi. Lo capivo dal suo sguardo, dai suoi atteggiamenti. Erano i giorni della vita e del sole, della luce e dell’aria. Tutto brillava intorno a me che vivevo di piccole cose, di granelli, di pulviscoli quasi invisibili. Tutto era per me come una festa. E poi c’era la fiducia di mio padre, il collante perfetto per superare tutti gli ostacoli. Era come volteggiare nell’aria con le farfalle di maggio. C’erano i canti delle donne, i discorsi con Andrea lo spaccapietre e la nostra prima e unica strada da completare. E alla fine, sopra tutto questo, c’era mio padre che troneggiava come un gran condottiero, che lottava per la libertà del suo popolo”. Frammenti tratti dal libro “Via dall’Aspromonte” di Pietro Criaco, edito da Rubbettino. Ambientato alla fine degli anni ’50 ad Africo, il libro ci trasporta in un mondo lontano dove mancava il necessario, dove si camminava a piedi scalzi, ma c’erano più sorrisi, legami sinceri e una grande volontà di lottare per quello che si credeva fosse importante. La storia è raccontata in prima persona da Andrea, un bambino di Africo. Una donna muore di parto, per-

ché il dottore non riesce ad arrivare in tempo dal momento che non esiste una strada di collegamento. Dopo questa morte e con la tragedia di un bambino rimasto orfano, alcuni abitanti del paese, guidati dal padre di Andrea, scendono a Bova Marina per rivendicare la presenza di un medico condotto ma, consapevoli che dal sindaco non otterranno nulla, decidono di costruire, con le pietre, una strada per uscire dall’isolamento e soprattutto essere persone come le altre. Lavorano alacremente a questo progetto oltre al padre del narratore, mastro Andrea lo spaccapietre, Santoro con la sua ruspa, Filippo il carpentiere, altri con pale, seghe, mazze, tanta energia e sudore. C’erano le donne che arrivavano, verso mezzogiorno, con delle ceste sopra la testa. Il sogno da realizzare era più importante della fatica, della paura e soprattutto valeva il detto: “Quando non hai niente, non hai niente da perdere”. Per tutti era un momento di festa e di vicinanza. I personaggi sono veri, vivono delle contraddizioni nel bene e nel male e questo permette che si crei una forte empatia con il lettore. Alla costruzione della strada si oppongono il sindaco della Marina, perché ha troppi interessi politici e il malavitoso Don Totò che intende mantenere il suo potere sul territorio. La grinta e determinazione spingono gli abitanti a non arrendersi e in mezzo a queste vicissitudini, Andrea apprenderà tante lezioni di vita. La sua rivalsa arriverà venti anni dopo quando, ormai ingegnere, potrà iniziare, con l’approvazione di Provincia e Regione, i lavori per una strada cha da Africo porterà al mare. Prima di iniziare a scrivere c’è sempre qualcosa che scatta dentro e spinge per metterla su carta. Pietro Criaco ha raccontato così il suo inizio: “Mi ha colpito il fatto che si diceva che ad Africo non esistevano strade di collegamento con il mondo esterno. Questa cosa m’inquietava e affascinava allo stesso tempo. Questa storia dell’isolamento e della precarietà, dove lo Stato era assente chiedeva, a gran voce, aiuto. L’unico mezzo possibile per raggiungere la salvezza sarà l’utopia, espressa attraverso la voce narrante del protagonista.” Dalla poesia del libro di Pietro Criaco si è

trasportati nel racconto del film diretto da Mimmo Calopresti, le cui riprese sono iniziate il 22 ottobre tra Ferruzzano e Africo. Il film è una produzione Italian International con Rai Cinema, prodotto da Fulvio e Federica Lucisano, scritto da Mimmo Calopresti con Monica Zapelli, già autrice de “I cento Passi”. È interpretato da Francesco Colella, nel ruolo di Peppe, colui che muove gli animi alla rivoluzione; Valeria Bruni Tedeschi nei panni di Giulia, una maestra elementare del Nord che arriva ad Africo a dorso d’asino e vuole insegnare l’italiano: “Se Africo entrerà nel mondo grazie alla strada, i ragazzi dovranno conoscerlo prima imparando a leggere e scrivere”; Marcello Fonte - premiato al Festival di Cannes come migliore attore protagonista per “Dogman”, film candidato italiano agli Oscar 2019 - è il poeta che all’inizio prende sottogamba l’importanza della strada; Sergio Rubini è il boss di turno, mentre Marco Leonardi è il suo antagonista. Una parte è stata affidata anche al sidernese Marco De Leo. Ruolo principale è quello dei bambini, in particolare il piccolo Francesco che interpreta Andrea. Intorno a questi attori ruotano tante comparse,

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scoperte grazie ai casting aperti nella Locride e realizzati da Lele Nucera. In questo film c’è molto amore per la Calabria e Africo che, nell’etimologia greca vuol dire “schiuma”, è un luogo dell’anima. Il messaggio è il riscatto sociale, la strada rappresenta il cambiamento e in Calabria si respira il vento del cambiamento: qualche anno fa un film sulla Calabria si preferiva girarlo altrove, oggi invece si decide di investire in questa Regione. Il pregiudizio, che per secoli ha marcato questa Terra, sta perdendo colpi e questo per merito di un’unica arma: la cultura che permette di riconoscersi e di conoscere. Al dibattito culturale, presso la libreria Mondadori di Siderno, moderato da Maria Teresa D’Agostino, Mimmo Calopresti, alla presenza dello scrittore Pietro Criaco, del direttore editoriale di Rubbettino Luigi Franco e di alcuni attori del film, ha espresso il suo desiderio di rappresentare, attraverso questo film, un popolo e di rompere con le solite etichette, compresa quella ci vuole paese di ‘ndrangheta, che ci hanno sempre penalizzato. Rosalba Topini

Direttore responsabile:

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Direttore editoriale: ILARIO AMMENDOLIA

COLLABORATORI: Jacopo Giuca, Lidia Zitara, Giuseppe Romeo, Orlando Sculli, Sonia Cogliandro, Serena Iannopollo, Gaetano Marando, Rosalba Topini, Arturo Rocca, Franco Crinò, Giuseppe Gangemi. STAMPA: Se.Sta srl: 73100 Lecce

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18

NOVEMBRE

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the blob

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Amori politici Il noto imprenditore di Bivongi Franco Carnovale guarda ammirato in televisione Federica Roccisano, suo (pen)ultimo amore politico ospite di una nota trasmissione di LaC in cui si è parlato di prospettive della politica regionale.

Rigore decisivo Un giovanissimo Antonio “Plis”, in questa foto risalente all’ormai remoto 1998, abbraccia George Weah, all’epoca giocatore del Milan, oggi governatore della Liberia, stato dell’Africa nord occidentale oggi pieno di speranze di crescita.

Gemelli L’oroscopo settimanale segnala distrazioni e ritardi sul lavoro. Inoltre ci sarà qualcosa di poco chiaro nell’ambiente professionale che vi innervosirà molto. L’amore, almeno, vi farà tornare il sorriso. Non esitate a confidarvi col vostro partner!

Col sorriso sulle labbra Vincenzo, Totò e Andrea, i simpaticissimi baristi del Bar Scocchieri di Locri, sono sempre pronti a ad accogliere con un gran sorriso i clienti, senza che la loro battuta pronta corrisponda mai a una flessione nell’efficienza lavorativa!

Cancro Alla ricerca costante di nuovi stimoli opterete per dare uno scossone deciso alla vostra viata sentimentale. Vi lascerete andare, infatti, con persone conosciute da poco ma in grado di esercitare una fortissima attrazione fisica nei vostri confronti. Leone L’amore andrà bene grazie al sestile di Venere e il lavoro ancora meglio grazie a due preziosi alleati come Giove e Mercurio. Non mancheranno novità interessanti, che vi faranno continuare a far sentire più forte che mai il vostro ruggito agli altri. Vergine Non sarà una settimana semplice. Avrete molto lavoro da sbrigare e le cose non andranno bene come speravate. Ci potrebbero essere intoppi e ostacoli che, comunque, sarete determinati a superare. Ma la caparbietà potrebbe non essere sufficiente… Bilancia L’oroscopo della settimana indica grandi soddisfazioni dall’ambito sentimentale, vi sentirete appagati dalle attenzioni del partner. Riuscirete anche a dare buoni consigli d’amore agli amici, che vi ripagheranno in maniera sorprendente e inaspettata.

Eravamo quattro amici al bar… Il “Barone” Francesco Macrì, il sindaco di Portigliola Rocco Luglio, il collega di Bianco Aldo Canturi e il presidente dell’ordine dei commercialisti di Locri Ettore Lacopo si incontrano per quattro chiacchiere istituzionali e amicali.

Scorpione I nati della terza decade saranno più coinvolti dal trigono di Marte che vi renderà molto affascinanti e con una bella carica di energia. Vi dedicherete con trasporto al partner riuscendo a rinnovare il vostro amore e anche a risolvere alcune criticità. Sagittario La fatica delle ultime settimane porta finalmente i risultati sperati. Giove e Mercurio nel segno vi porteranno, finalmente, quella promozione che aspettavate da tanto. Ci saranno miglioramenti lavorativi quasi per tutti e occasioni fortunate.

Lo scoop Questi tre signori, seduti su una panchina di Piazza Portosalvo, a Siderno, a voce del portavoce Dino Alvaro, ci consigliano di frequentare più spesso l’area centrale della nostra città per essere veri reporter e avere sempre notizie di primo piano dal nostro comprensorio.

Decentramenti Dopo l’intervista concessa al nostro giornale qualche mese fa, la giornalista di Gerace Anna Larosa si è spostata un po’ a sinistra… incontrando nientemeno che l’ex politico e sindacalista Fausto Bertinotti. Forse è finita un po’ lunga…

Ariete Sarà una settimana produttiva. Riuscirete infatti a intrecciare fortunati contatti con l’estero che vi potrebbero permettere di intrecciare emozionanti storie sentimentali, ma anche interessantissime collaborazioni lavorative. Non perdete l’occasione!

Toro In questa settimana rifletterete molto sul vostro rapporto d’amore. Cercate di essere onesti, prima di tutto con voi stessi e poi con il partner su ciò che non va e su come si potrebbe sistemare. La fiducia sarà ciò che vi farà risolvere i problemi!

La classe di un sir Armato del suo fido ombrello parasole, sir Micelotta ci concede una posa fotografica tra la miriade di impegni, istituzionali e personali, che affollano le sue intense giornate e che lo rendono ricercatissimo dalla società bivongese!

Educazione culturale Il professore Giuseppe Giarmoleo istruisce una nuova classe alla frequentazione attiva agli eventi culturali del nostro comprensorio presenziando alla presentazione di “Via dall’Aspromonte” alla Mondadori di Siderno, la scorsa settimana.

O P O C S L’ORO

Capricorno Dopo le difficoltà della scorsa settimana potrete finalmente affrontare una settimana abbastanza serena. I nati della terza decade saranno più colpiti dagli influssi negativi di Venere, Marte in sestile donerà coraggio e determinazione in ogni situazione.

Per una buona causa Come ogni anno, è tornato questa settimana l’appuntamento con l’AIRC, che ha raccolto i fondi per la lotta al cancro grazie al preziosissimo supporto, nel nostro comprensorio, delle associazioni AMMI e Cambi@menti, impegnate per la causa.

Acquario Il sestile di Mercurio e Giove potrebbe farvi ottenere dei riconoscimenti lavorativi inaspettati o nei quali non speravate più e portarvi buone occasioni di guadagno. Se saprete tenere a bada i timori e le gelosie del partner anche l’amore sarà ok. Pesci Purtroppo non è un buon periodo. Saranno giornate caratterizzate da alti e bassi. Il settore professionale sarà il più colpito, ma il consiglio delle stelle è quello di reagire e non piangervi addosso. Marte nel segno vi aiuterà ad affrontare i problemi.




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