L’agricoltura viene definita “attività primaria” in quanto fornisce prodotti di base, come frutta, verdura, legumi, cereali, che possono essere commercializzati così come vengono raccolti oppure essere utilizzati come materie prime destinate alla trasformazione per produrre altri alimenti.
È importante ricordare che sul mercato si trovano sia frutta che verdura con il marchio di specificità (IGP o DOP) che tutela e valorizza quella determinata produzione, tipica di un certo territorio e ottenuta da tecniche di lavorazione legate alla tradizione e alla storia stessa del prodotto.
Orti e frutteti sono diffusi dovunque: nelle zone di collina e di montagna, come in pianura; fanno parte di un sistema agricolo in cui sostenibilità e produttività devono coesistere per una migliore salvaguardia ambientale. La frutta viene coltivata per la maggior parte nelle regioni del nord-est (Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige) e in Campania e Puglia, tranne ovviamente gli agrumi che trovano nelle regioni del Sud Italia il loro clima ideale, così come l’uva da tavola e i fichi.
Caratteristiche vegetali di luoghi e prodotti
Per le verdure, invece, le differenze territoriali sono meno significative, anche perché molto spesso la produzione avviene in serra, pur esistendo in quasi tutte le regioni italiane una buona produzione ortofrutticola.
Il frutteto e le piante da frutto Il frutteto sorge su un terreno solitamente abbastanza ampio e le sue piante possono essere tutte uguali o di tante specie diverse. Le piante, distanziate tra loro, sono disposte secondo un ordine preciso, a filari in direzione nord-sud per ricevere la luce solare dall’alba al tramonto. Le piante da frutto sono perenni, cioè vivono a lungo e producono frutti per molti anni. Le piante si possono suddividere in:
rampicanti, con viticci o radici che servono loro per avvolgersi intorno a sostegni, come la vite o il kiwi;
sarmentose, che non possono sostenersi da sole e devono essere aiutate con fili di sostegno e pali, come le piante di lampone e di rovo.
arboree, con fusto e rami, che si sviluppano in altezza come il melo, il pero, il pesco, il ciliegio;
arbustive, con i rami che partono a livello del suolo come il mirtillo, il ribes;
Le piante poi si possono differenziare anche in base al tipo di frutto prodotto: pomi, drupe e bacche. Il pero e il melo producono pomi carnosi che hanno la caratteristica di avere i semi all’interno di un torsolo, mentre il pesco, l’albicocco, il susino, il ciliegio danno dei frutti detti drupe con all’interno della polpa un nocciolo duro e legnoso che contiene i semi. Le bacche sono invece quei frutti con tanti piccoli semi all’interno della polpa, come l’uva, il kiwi e mirtillo. Particolari sono le piante di agrumi che producono un frutto chiamato esperidio, che non è altro che una bacca speciale suddivisa in tanti spicchi.
Tutte le piante comunque producono frutti che hanno all’esterno la buccia (epicarpo), più o meno consistente, poi una parte interna che per lo più è commestibile (mesocarpo), e i semi, racchiusi o meno in una parte legnosa (endocarpo) . Una curiosità: nella frutta a guscio come noci, nocciole, mandorle la parte che si consuma è costituita dai semi dato che epicarpo, mesocarpo ed endocarpo sono legnosi.
L’orto e gli ortaggi
Un orto per essere produttivo deve essere esposto al sole, su un terreno abbastanza piano, non troppo sassoso, ricco di humus, cioè di sostanze organiche e nutritive. Solitamente viene suddiviso in diversi appezzamenti, su ognuno dei quali cresce una coltura diversa. Non sempre tutto il terreno a disposizione viene coltivato, proprio per alternare le piante e farlo “riposareâ€?. Gli ortaggi sono piante erbacee con un ciclo abbastanza breve che dalla semina alla raccolta dura pochi mesi come per indivie, radicchi, pomodori, bietole. Ci sono però anche colture biennali tipo carote, rape, cipolle, carciofi e asparagi. Vengono impiegate diverse tecniche per la semina: cipolla, aglio, carota, insalate, spinaci vengono seminate direttamente nel terreno, preparato in piccoli solchi, mentre altre piante come il basilico, la melanzana, il pomodoro o il peperone vengono fatte germinare in un semenzaio per poi trapiantare le piantine nel terreno. Alcune piante non possono sostenersi da sole e devono essere legate a sostegni tipo il pomodoro, altre come il pisello e il fagiolo sono rampicanti.
I prodotti dell’orto vengono classificati in base alla parte che viene comunemente utilizzata: ortaggi a radice, a fusto, a foglia, a fiore, a frutto, a gemma, a seme, a bulbo e tuberi. Quelli a radice sono carota, barbabietola, ravanello. Di altre verdure come il cavolo, in tutte le sue varietà (cavolo verza, cavolo cappuccio, cavolo rapa), la bieta, il finocchio, lo spinacio e tutti i tipi di radicchio e indivia si utilizza la foglia.
Ortaggi a fiore sono invece cavolfiori, carciofi, cime di rapa e broccoli, mentre quelli a frutto sono il pomodoro, il cetriolo, il peperone, la zucchina, la melanzana, la zucca. Di asparagi e cavolini di Bruxelles si consuma il germoglio. Sottoterra vengono raccolti i bulbi come cipolle, aglio, porri, scalogni.
Il termine “filiera” indica tutto il percorso che compie un particolare prodotto per arrivare al consumatore: dal campo alla tavola. Questo percorso deve essere sempre più rispettoso dell’ambiente. Un’agricoltura che utilizza in modo indiscriminato prodotti chimici di sintesi per aumentare la produttività del terreno, uccidere gli insetti nocivi ed eliminare le erbe infestanti, con il tempo diventa fortemente dannosa per l’ambiente . Il mondo agricolo si sta indirizzando, sempre di più, verso una agricoltura sostenibile o meglio ancora ecocompatibile, che punta anche alla qualità del prodotto, oltre che alla quantità, per soddisfare le esigenze di un consumatore sempre più sensibile alla conservazione ambientale.
Certamente le abitudini di vita e le scelte alimentari hanno grande influenza e possono produrre gravi ripercussioni sull’ambiente: scegliere prodotti locali a “filiera corta”, meglio se biologici o a lotta integrata, contribuisce anche a rispettare l’ambiente. I prodotti a lotta integrata e quelli definiti comunemente “biologici” sono ottenuti con tecniche più vicine a quelle tradizionali o almeno più rispettose dell’ambiente e del benessere animale, dove viene escluso o limitato a pochi casi l’utilizzo di sostanze chimiche di sintesi, tipo fitofarmaci e antiparassitari, o di additivi come conservanti, coloranti, esaltatori di sapidità e simili… Sia a livello europeo che nazionale nel mondo agricolo e produttivo si dà sempre più importanza alla verifica e al controllo della filiera alimentare: infatti , per una maggiore sicurezza e qualità, non si considera più solo il prodotto alimentare pronto per il consumo, ma l’intero processo alimentare
Un’agricoltura si può definire “sostenibile” quando fa parte di un sistema produttivo che migliora la qualità dell’ambiente e le risorse naturali dalle quali dipende, conserva e migliora le caratteristiche del suolo rispettando la biodiversità. Al tempo stesso deve fornire anche alimenti nella giusta quantità, essere economicamente valida e migliorare la qualità di vita degli agricoltori stessi. Per un’agricoltura sostenibile devono essere quindi utilizzate tecniche agricole rispettose dell’ambiente, valorizzando anche le tradizioni di quel territorio. Sia la legislazione italiana che quella europea hanno introdotto delle norme specifiche per tutelare e valorizzare le produzioni agroalimentari tipiche di determinati territori e derivate da tecniche di lavorazione legate alla tradizione e alla storia stessa del prodotto. Questi prodotti vengono riconosciuti grazie alla presenza di un marchio di tipicità (IGP o DOP) che garantisce quelle particolari caratteristiche, sia produttive, sia merceologiche che organolettiche. Sono l'espressione di un territorio, inteso come storia, cultura e tradizione e possiedono caratteristiche chiaramente differenziate rispetto ad altri della stessa categoria merceologica.
Un termine molto usato in questo settore è “qualità alimentare” che assume un significato preciso anche sulla base di norme legislative europee: si valuta la qualità di un prodotto quando si è in grado di conoscere e verificare non solo la qualità dell’alimento, ma anche quella dell’intero processo produttivo, dalla coltivazione della pianta fino alla produzione, trasformazione, conservazione, distribuzione, commercializzazione e consumo. Viene presa in considerazione così tutta la filiera alimentare, cioè il percorso che un prodotto agroalimentare fa “dal campo alla tavola”: è la cosiddetta “tracciabilità”. Grazie a questo nuovo approccio diventa possibile , sulla base di una documentazione precisa e di procedure definite, ripercorrere il processo produttivo anche a ritroso. È il sistema della “rintracciabilità”, reso obbligatorio in tutta l’Unione Europea, che permette di ricostruire il percorso di un alimento, a garanzia di maggiore sicurezza per il consumatore. Nella produzione di frutta e verdura le fasi di lavorazione sono semplici, essendo prodotti di prima trasformazione: dopo la semina e le operazioni colturali avviene la raccolta, seguita eventualmente dalla maturazione che, per motivi commerciali. può essere anticipata o ritardata. Viene poi fatta una selezione in base alla categoria commerciale prima della vendita. Oggi però sono sempre più diffusi prodotti ortofrutticoli che hanno subito altri processi di trasformazione: sono i prodotti di quarta e quinta gamma. I vegetali di quarta gamma, dopo essere stati, puliti, lavati e tagliati, vengono confezionati e sigillati in sacchetti o vaschette in plastica per essere consumati in brevissimo tempo, mentre quelli di quinta gamma sono parzialmente cotti e quasi pronti per il consumo.
Gli alimenti “a Km zero”, definiti anche con il termine più tecnico “a filiera corta”, sono prodotti locali che vengono venduti o somministrati nelle vicinanze del luogo di produzione. Questi alimenti hanno per lo più un prezzo contenuto dovuto a ridotti costi di trasporto e di distribuzione, all’assenza di intermediari commerciali, ma anche a scarso ricarico del venditore che spesso è lo stesso agricoltore o allevatore. Gli alimenti “a Km zero”, oltre a provenire da una specifica zona di produzione, offrono maggiori garanzie di freschezza e genuinità proprio per l’assenza, o quasi, di trasporto e di passaggio. Inoltre con questa scelta di consumo, si valorizza la produzione locale e si recupera il legame con le proprie origini, esaltando nel contempo gusti e sapori tipici, tradizioni gastronomiche e produzioni locali. La filiera corta punta a stabilire una relazione diretta fra chi consuma e chi produce e questo può essere raggiunto in modi diversi : ad esempio consumatori singoli od organizzati nei cosiddetti “gruppi di acquisto” si rivolgono direttamente all’agricoltore e all’allevatore, per acquistare i loro prodotti. Gli stessi produttori possono “aprire” la loro azienda ai consumatori come anche organizzare dei mercati locali, i cosiddetti “farmers markets”. Acquistare alimenti “a filiera corta” è ormai abbastanza diffuso, soprattutto nelle zone a forte produzione agricola e per particolari prodotti, tra cui sicuramente frutta e verdura. Infatti i prodotti vegetali “locali” , raccolti al momento giusto e subito messi in commercio, garantiscono una maggior freschezza e migliori caratteristiche organolettiche, grazie al breve tempo di trasporto. In questo modo inoltre viene valorizzato il consumo dei prodotti stagionali recuperando così il legame con il ciclo della natura e con la produzione agricola.
L’agricoltura biologica non utilizza antiparassitari, erbicidi, o concimi chimici, ma usa metodi naturali per assicurare la produttività delle piante. Inoltre si serve di risorse rinnovabili, riciclando anche rifiuti vegetali e animali, per migliorare e mantenere la fertilità del suolo. Il prodotto “biologico” è diverso da quello convenzionale perché è stato prodotto, raccolto e lavorato, seguendo le tecniche dell’agricoltura biologica; tutto il ciclo di produzione e trasformazione dal campo fino alla tavola è regolamentato da specifiche norme, controllato e certificato da organismi appositamente autorizzati. È, infatti, il metodo ad essere biologico, non il prodotto. Questi alimenti non possono contenere additivi come conservanti, coloranti, esaltatori di sapidità e simili e sono esenti da OGM e vengono lavorati, trasformati e confezionati nel pieno rispetto dei loro valori nutrizionali. La frutta e la verdura “biologica”, cosi come tutti gli altri prodotti definiti così, devono avere una specifica etichetta che deve riportare delle indicazioni particolari. La dicitura "Agricoltura Biologica - Regime di controllo CE” e il logo europeo dell’agricoltura biologica non sono obbligatori, anche se si ritrovano molto spesso. L’agricoltura integrata utilizza tecniche produttive, di trasformazione e conservazione che prevedono un uso limitato di antiparassitari, concimi e acqua, nel rispetto dell’ambiente: ad esempio per eliminare gli insetti nocivi per le piante vengono allevati alcuni insetti, innocui, che entrano in competizione con quelli nocivi, non permettendone lo sviluppo. I prodotti “a produzione integrata” spesso sono caratterizzati da specifici marchi che il produttore impiega volontariamente per farli individuare meglio al consumatore.
Biodiversità indica la varietà di tutti gli organismi viventi presenti sul pianeta Terra e di tutti i sistemi ambientali nei quali vivono. Esiste una enorme ricchezza naturale che rende ogni ambiente diverso dall’altro: per il paesaggio, per la flora, per la fauna e anche per la cultura di chi vi abita. Tutto questo è il frutto di un’evoluzione dovuta, secoli fa, principalmente al susseguirsi di processi naturali e oggi, sempre di più, all’intervento dell’uomo che ha modificato, a volte in modo irrimediabile, il paesaggio provocando l’estinzione di piante e animali. Specie animali e vegetali si evolvono in relazione all’ambiente e quindi una maggiore diversità ambientale permette di differenziare il maggior numero di specie, specie che sono in equilibrio fra loro in una relazione complessa in cui, se viene a mancare una specie, tutte le altre ne risentiranno, compreso l’uomo. Per questo la biodiversità è alla base di tutti i meccanismi che regolano i rapporti tra tutti gli esseri viventi così da garantire l’equilibrio dei diversi ecosistemi. Negli ultimi decenni la biodiversità in Italia ha subito una fortissima riduzione, a causa soprattutto del consumo del suolo che, secondo un rapporto del WWF, “si perde al ritmo di 110 chilometri quadrati all'anno, pari a 30 ettari al giorno, 200 metri quadrati al minuto”. Le zone umide e i boschi di pianura sono stati gli ambienti che hanno subito maggiori danni, ma anche altri sono stati compromessi. Per tradizione il sistema agricolo è sempre stata considerato uno dei maggiori nemici della conservazione della biodiversità e delle specie selvatiche. Oggi però è possibile conciliare un’agricoltura produttiva con la tutela degli ecosistemi, mantenendo la “diversità” delle molte varietà di animali e piante e valorizzando la complessità e la ricchezza genetica delle colture, per assicurare raccolti migliori e più sicuri e per far fronte al cambiamento climatico.
Per garantire la sopravvivenza delle specie vegetali è nata “L'Arca di Noè della Biodiversità”: si trova nel Circolo Polare Artico e contiene milioni di semi provenienti da tutti i Paesi del mondo con lo scopo di proteggere le colture e preservarle nel tempo. Esistono molte iniziative nate per salvaguardare questo patrimonio tanto che è stato coniato un nuovo termine per indicare chi si occupa di ricercare, classificare e preservare le “antiche” varietà di prodotti vegetali: sono i cosiddetti seed savers o salvatori di semi. Solo in Italia sembra infatti che, negli ultimi 40 anni, si siano perse l’85% delle varietà antiche di ortaggi e frutta. Alcune Associazioni si sono prese l’impegno di selezionare i prodotti agroalimentari di qualità a rischio di estinzione, tutelando anche chi li produce e potenziando, in vario modo, il loro mercato. Molti sono i prodotti ortofrutticoli selezionati in zone particolari delle diverse regioni italiane: per la precisione 41 varietà di ortaggi e 56 varietà di frutta. Tra le verdure si trovano asparagi, carciofi, pomodori, peperoni, cipolle, aglio e non solo. Particolare, per esempio, è la papaccella napoletana: si tratta di un peperone piccolo e costoluto, coltivato in Campania, con un colore che va dal verde intenso al giallo sole o dal verde al rosso vinato e con una polpa particolarmente dolce. In Lombardia, in provincia di Pavia, intorno a Cilavegna, si coltiva appunto l’asparago di Cilavegna caratteristico per la punta di colore violetto e il sapore raffinato. Ci sono molte varietà di frutta: sono soprattutto mele, pere, pesche, arance e limoni, ma anche ciliegie, prugne, fragole… La Ramassin del Monviso Valle Bronda è il termine dialettale per indicare una piccola susina blu-violetta con un profumo intenso e sapore dolcissimo, coltivata in Piemonte da moltissimo tempo. In Calabria si produce il bergamotto: è un agrume simile all’arancia, con un colore dal verde al giallo; il suo fiore bianco e odorosissimo si chiama zagara, come quello dell’arancia, parola di origine araba.