Laboratorio di Psicologia dell'educazione

Page 1

Università Cattolica del Sacro Cuore Scienze della formazione primaria Laboratorio di Psicologia dell’educazione-Compito autentico Gr. 2 Docente Professoressa Giulia Peretti LAURA BABOLIN, MATRICOLA 4913110

PRIMA PARTE: La relazione educativa è un particolare tipo di legame che si costruisce intenzionalmente tra due soggetti ed è un tema centrale nel contesto scolastico. Questa relazione non si basa solo su un trasferimento delle conoscenze ma anche nella conoscenza e nel rispetto dell’altro. È una relazione circolare tra educatore e educando che permette un legame positivo dove ciascuno diventa per l’altro un punto di riferimento, qualcuno con cui condividere i propri stati d’animo e le proprie esperienze e quindi di poter progettare interventi educativi appropriati. La capacità di costruire una relazione educativa in cui le dimensioni affettive e sociali siano proporzionate ai bisogni, alle caratteristiche del singolo allievo, agli obiettivi dell'intervento educativo, flessibili alle circostanze e ai cambiamenti che via via la relazione stessa produce nell'allievo, è parte integrante della competenza professionale dell'educatore. Quindi se l’altro ha fiducia in noi potrà aprirsi e lasciarsi andare al dialogo e noi dobbiamo essere capaci di un ascolto attivo ed empatico. SECONDA PARTE: analisi critica di un’esperienza relazionale sperimentata personalmente nel contesto di lavoro o nel tirocinio. CHI SONO: Sono una studentessa di scienze della formazione con una laurea pregressa in Storia e tutela dei beni culturali. Il mio sogno anche se in età adulta è di potermi formare sempre di più per ottenere un livello professionale adeguato. In questo momento, sono insegnante di sostegno in una classe quarta di un istituto comprensivo in provincia di Varese. Verbalizzo di seguito la relazione tra l’alunno S. e la mia figura nel contesto scolastico. COSA SO: S.L. è un bambino di nove anni inserito nel contesto scolastico soltanto ad inizio anno. S.L. proveniva da un istituto diverso sempre all’interno della provincia di Varese. È inserito in una classe composta da 17 alunni: 10 femmine e 7 maschi. L’alunno vive una situazione familiare problematica, lui e la mamma sono stati allontanati a inizio settembre dal contesto in cui vivevano e dalla figura paterna. Sono stati inseriti in un progetto di tutela del minore per cause non note. Quindi anche i documenti che dovrebbero accompagnare ogni passaggio da una scuola ad un’altra in questo caso non sono mai pervenuti. L’ unico documento in nostro possesso è la diagnosi: grave disturbo espressivo e recettivo del linguaggio. Da quel momento ho effettuato una serie di osservazioni sistematiche per arrivare alla stesura di un piano educativo individualizzato. Dall’osservazione è emerso che S.L. predilige il rapporto 1:1 con la figura adulta ricercando spesso il contatto fisico. Inoltre, l’alunno ha difficoltà nell’autoregolare il proprio comportamento che si rileva a volte irruente nei confronti dei suoi pari. Quando non è impegnato nell’attività mette in atto condotte disturbanti e fatica a controllare i propri stati emotivi tendendo all’iperattività. Difficoltà a mantenere costante l’attenzione sul compito, fatica nell’organizzazione e nella gestione del proprio materiale scolastico (spesso prende il materiale dell’insegnante o dei compagni senza chiedere il permesso e dimenticandosi di restituirlo). COSA CAPISCO: la situazione appena descritta mi fa riflettere sulla sofferenza del bambino, in un momento delicato di crescita fisica e psicologica. Penso che, la costante richiesta della presenza dell’adulto e la continua ricerca del contatto fisico dell’alunno, probabilmente arrivi da una mancanza di basi solide familiari che portano S.L. a ricercare sicurezza su una figura adulta. Quando mi accorgo che l’alunno mette in atto comportamenti disturbanti vuol dire che è una richiesta di attenzione così mi avvicino e gli accarezzo la mano rassicurandolo con parole dolci. In


alcuni atteggiamenti messi in atto dal bambino mi sembra di percepire la mancanza di serenità (come se gli mancasse la presenza di figure adulte guida). Ogni qualvolta si manifestano questi episodi provo un senso di dispiacere e di impotenza. Perché vorrei che tutti i bambini avessero la possibilità di vivere un’infanzia serena in un clima amorevole. Con S. il rapporto è stato inizialmente di conoscenza e di osservazione, lui mi cercava sempre e solo per il contatto fisico o per prendere le mie penne, (non ne voleva sapere di svolgere nessuna attività). Con il passare dei giorni ho capito che dovevo prima conquistare la sua fiducia, capire i suoi interessi per poter costruire una relazione che mi permettesse di entrare in contatto con lui. Ho iniziato ad osservarlo, ad ascoltare le sue richieste e soprattutto a creare un dialogo che lo aiutasse a sentirsi accettato e rassicurato da me e dai suoi pari. Con S. è stato una bellissima esperienza di relazione educativa che mi ha fatto uscire dalla mia confort-zone e mi ha dato la possibilità di conoscere una realtà diversa arricchendo cosi il mio bagaglio culturale e professionale. COSA IPOTIZZO: Ipotizzo che la relazione con l’alunno si deve basare sulla fiducia, sull’amore, facendo sentire l’alunno accolto in un clima di classe sereno e tranquillo. Il mio ruolo non sarà solo quello di supportare e aiutare l’alunno nella didattica, ma anche quello di una figura guida che lo rassicuri nella sua routine con la mia presenza costante. Importante per S.L. è anche andare ad instaurare una relazione con i pari per creare amicizie future e durature che gli permettano di acquisire maggiore sicurezza emotiva. Contemporaneamente, per costruire il pieno benessere nel vivere il contesto scolastico, si potrebbero ipotizzare interventi educativi che coinvolgano la mamma e i servizi educativi. Infatti, l’alunno potrebbe essere inserito in un progetto nuoto che organizzerà la scuola per fargli vivere momenti di quotidianità come i suoi pari. Personalmente suggerirei alle educatrici di attuare un percorso con la psicologa per la gestione di questo momento delicato, per potergli offrire più attenzioni e aiutarlo a metabolizzare la situazione familiare. Durante le lezioni cerchiamo con l’aiuto delle colleghe di includere S.L. in tutte le materie e di fornirgli sempre il materiale necessario per svolgere le diverse attività. TERZA PARTE: MACRO-FRASE CON PAROLE CHIAVE Tutti noi siamo un sistema, anche il bambino è concepito come un sistema e come tale ha un senso di appartenenza percepito nell’attaccamento con la famiglia. I diversi sistemi devono sempre entrare in contatto tramite una comunicazione efficace per creare una relazione che generi fiducia tra gli individui e non ci faccia sentire soli. Ogni singolo sistema è un supporto che può farci vedere con sfumature diverse la vita portando ad un buon lavoro di squadra.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.