MURANO il distretto del vetro e il caso Salviati
a cura di Laura Pison Università Iuav di Venezia
Professor Alberto Bassi
Corso di storia e critica
Anno Accademico 2011-2012
del design contemporaneo
Quaderni di ricerca ”Distretti & Design”
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SALVIATI azienda: Salviati distretto: distretto del vetro artistico di Murano tipologia di prodotto:
oggetti d’arredo artigianali in vetro
anno di fondazione: 1859 fatturato annuale: 250.000 Euro numero dipendenti: 12 sede: Fondamenta Radi, 16 - Murano (VE) sito web: http://www.salviati.com/ amministratore delegato: Bojan Bevc designers:
Anna Gili, Berit Johansson, Giancarlo Porti, Harry & Camila, Ingo Maurer, Johanna Grawundher, Luca Nichetto, Marco Zito, Maria Christina Hamel, Nigel Coates, Norberto Moretti, Renzo Stellon, Romanelli & Laudani, Simon Moore, Studio Dillon.
keywords:
Berit Johansson, Christian Ghion, glass blowing, Harry&Camila, Ingo Maurer, Luca Nichetto, Marco Zito, Murano, Nigel Coates, Norberto Moretti, Collettivo AUT, Dario Stellon, Studio Dillon, vetro artistico.
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Distretto, azienda, territorio Murano: il territorio Murano è un’isola della Laguna Veneta situata a nord-est di Venezia, lungo il canale dei Marani; le sue dimensioni sono molto ridotte, la sua superficie è di 1,17 km quadrati e i suoi abitanti sono 4.616. La densità è di 3945,3 abitanti per ogni chilometro quadrato1. Murano è riconosciuta come Distretto produttivo del vetro artistico poiché proprio sull’isola vi è un’ altissima concentrazione di aziende che producono vetro artistico. Il primo e forse, il più importante, motivo di questa alta concentrazione di produzioni in vetro nella storia di Murano riguarda la segretezza dei processi di produzione. Il segreto della fabbricazione del vetro attraverso una rigida sorveglianza e specifiche leggi protezionistiche era, infatti, più facilmente attuabile in un’isola di piccole dimensioni, dove le aziende produttrici sono più concentrate e isolate dal contesto urbano. Nel 1291, inoltre, un decreto disponeva che le vetrerie presenti sull’isola di Venezia, attive probabilmente già prima del mille, venissero trapiantate a Murano. Il motivo di questa scelta è dato dalla pericolosità della presenza di fornaci che spesso erano responsabili di incendi. Tuttavia, documenti antichi testimoniano come l’industria vetraria vi si fosse fortemente radicata molto tempo addietro. Il terzo motivo è legato alla salubrità dell’aria di Venezia: le esalazioni dei gas prodotti durante la lavorazione del vetro erano più facilmente allontanate in un’isola come Murano che, come tutte le località dell’estuario è prevalentemente dominata dai venti da sud est e da nord est. 5
1. Fonte ISTAT, 2011.
Ad oggi si registra una concentrazione molto alta di unità locali di produzione e lavorazione del vetro: una fornace ogni 25 abitanti. Si osserva dai dati censurali analizzati, come gli sviluppi demografici dell’isola siano fortemente legati alla produzione del vetro: circa l’ottanta per cento dei posti di lavoro infatti, deriva proprio da aziende che producono vetro. I dati (Gis IUAV e Laboratorio di Cartografia e Istat) del 1991 e del 2001 raccontano molto chiaramente l’andamento della produzione del vetro di Murano e dell’occupazione della popolazione in questo settore. Le Unità Locali, ovvero luoghi dove si produce e si vende vetro, attive e presenti sull’isola di Murano nel 1991 sono 182, mentre a Venezia sono 75. Nel 1991, dunque, le aziende presenti sui territori di Venezia e Murano sono un totale di 257 unità. Dal 1991 al 2001 le attività sull’isola di Murano crescono più del 30%, mentre a Venezia del 20% per un totale complessivo di 338 aziende presenti sui due territori esaminati. Le unità locali muranesi dunque, aumentano, mentre i numeri relativi agli addetti scendono vertiginosamente nel decennio in questione. Nel 1991 a Murano lavoravano 1908 persone e dieci anni dopo, il personale impegnato nel settore vetrario diminuisce del 15%. A Venezia, invece, nel 1990 gli addetti impiegati erano 147 e, nel Duemila, 219. L’ultimo censimento di unità locali e addetti dispondibile è quello del 2001, sono stati per questo analizzati i dati reperiti presso il Comune di Venezia (Progetto Murano elaborato da COSES, Consorzio per la Ricerca e la Formazione e Comune di Venezia, direzione piano strategico) che attestano la presenza sul territorio muranese di 397 imprese, 306 delle quali sono artigiane. 183 imprese sono attive nella lavorazione del vetro a mano e a soffio artistico, specializzazione storica dell’isola2.
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1. Il grafico sopra riportato descrive la presenza di aziende produttrici di vetro in base ai dati Gis Iuav laboratorio cartografia e ISTAT. I dati sono relativi agli anni 1971, 1991, 2001 nei territori di Murano e Venezia. Ogni fabbrica corrisponde a 10 Unità locali produttive di vetro (ATECO 26.1); ogni uomo corrisponde a 100 addetti.
2. Fonti GIS Iuav, Laboratodio di Gartografia Iuav, Istat e COSES - Consorzio per la Ricerca e Formazione del Comune di Venezia.
2. i punti di forza dell’isola di Murano: il Museo del Vetro, la Stazione Sperimentale, la Scuola Abate Zanetti
La filiera del vetro, dunque, costituisce a Murano una realtà decisamente rilevante rispetto all’economia locale: il 55% delle imprese attive al 2010 in 420 unità produttive e commerciali, infatti, si contraddistinguono come funzione economica caratteristica dell’isola, nonostante la crisi del settore e la delocalizzazione in altre zone della provincia veneziana (terraferma), dove i costi di trasporto e di produzione si abbattono sensibilmente. I punti di forza del comparto sono da ricercare nella specializzazione industriale del comparto stesso, nella possibilità di sfruttare una integrazione dei processi produttivi, nella presenza di manodopera specializzata, nella forte identità del comparto e, infine, nella molteplicità di soggetti attivi. I punti di debolezza sono stati identificati, in questa sede, negli alti costi dei trasporti delle materie prime e dei prodotti, negli alti costi energetici, nella dimensione delle aziende (per la maggior parte di carattere familiare), nei problemi di reperimento e formazione della manodopera, nelle difficoltà di comunicare il comparto dovute alla scarsa unità dello stesso, nella totale assenza di tutela della produzione artistica del vetro. Le strutture che storicamente hanno contribuito alla solidità del comparto sono la Scuola Abate Zanetti (nel tempo destinata alla formazione dei maestri vetrai); la Stazione Sperimentale del vetro (un tempo ente nazionale di ricerca); il Museo del vetro, struttura che ha raccolto all’interno delle sue mura, la storia degli imprenditori del vetro. Queste tre strutture sono fondamentali per la ripresa del distretto in quanto sono in grado, insieme ai punti di forza già citati, di formare una rete di comunicazione e conoscenza, valori necessari e fondamentali per la vita del distretto. Non possiamo non considerare, tra le entità fisiche già citate, l’Università Iuav di Venezia, istituto che forma designers e che potrebbe dare un apporto significativo in termini di cultura del progetto all’intero comparto3.
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3. Fonte COSES - Consorzio per la Ricerca e la Formazione, 2011.
Salviati: la storia All’interno della realtà muranese si è deciso di approfondire la storia dell’azienda Salviati, fornace che nasce nella seconda metà del 1800 per volontà dell’avvocato Antonio Salviati. Egli apre la sua fornace a Venezia, nel sestiere Dorsoduro 731; in essa si trovavano uno stabilimento dedicato alla produzione di mosaici ed una più piccola struttura destinata invece alla produzione di vetri tipicamente muranesi. Nel primo periodo Salviati collaborava con Lorenzo Radi nella gestione della fornace, mentre la direzione artistica è affidata a Enrico Podio. Con Abate Zanetti, il noto promotore della rinascita muranese, nonché fondatore della scuola per il disegno del
vetro, condivide l’ambizione di risollevare il comparto della produzione vetraria della laguna. L’azienda era presente alla Prima Esposizione Vetraria a Murano nel 1846, momento in cui l’isola ritorna ad imporsi sulla scena internazionale, con opere di mosaico monumentale ed ornamentale, grazie alle quali ottiene importanti riconoscimenti. Grazie al successo riscontrato nelle esposizioni internazionali, Salviati decide di aprire una fornace per il vetro soffiato. Oltre ai diversi appoggi sul territorio muranese, il capo d’azienda poteva contare su due personaggi londinesi: un diplomatico - Sir Austen Henry Layard - e uno storico - William Drake. Salviati fonda, dunque, nella Londra del 1866 la “Società Anonima per azioni Salviati &C. per l’industria della fabbricazione e commercio dei mosaici, smalti, calcedonie e vetrerie”. Questa nuova realtà riesce in quegli anni a raccogliere al suo interno i migliori maestri vetrai presenti sulla scena in quel momento. Sempre alla fine dell’Ottocento la produzione si divide in due parti: una per la realizzazione di smalti e un’altra per la produzione di vetri soffiati. Salviati viene seguito nell’impresa dedicata al vetro soffiato, dai più validi maestri vetrai operativi a quel tempo: Antonio Camozzo, Giovanni, Giuseppe, Benvenuto e Benedetto Barovier. Salviati muore nel 1890 e gli succedono i figli che tentano di portare avanti l’attività di Salviati. Essi costituiscono nel 1890 la società Dott. Antonio Salviati & C. Questa ha una vita breve e viene sciolta poco dopo, nel 1894. Proprio in questi anni emerge nella storia di Salviati, la famiglia Camerino con la quale Giulio Salviati (figlio di Antonio) decide finalmente di associarsi per dar vita alla società Salviati &C.. Il fratello di Giulio, Silvio Salviati decide di continuare l’attività del mosaico e associandosi così anch’egli a Camerino: in breve tempo Maurizio Camerino si trovava ad essere unico proprietario di due aziende4. Durante la guerra, tra il 1915 e il 1918, gran parte delle aziende muranesi, tra cui appunto la Salviati, deve sospendere la produzione e Camerino prende in affitto degli spazi di vendita in Via Montenapoleone a Milano dove realizza una grande sala
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3. Vaso Ring, Marco Zito e Cristian Tittoto per Salviati, 2012
4. Fonte: Salviati, il suo vetro e i suoi uomini. 1859-1987, Associazione per lo Studio e lo Sviluppo della Cultura muranese, Stamperia di Venezia 1989.
di vendita e dà spazio gli uffici dell’azienda. La piccola azienda milanese aveva dei buoni profitti, per questo viene tenuta aperta anche dopo la fine della guerra come filiale della casa madre veneziana. Maurizio Camerino viene ricordato anche per il suo importantissimo contributo che ha dato a murano attraverso la costruzione di una ricca collezione di vetri di Murano del’ 800 e del primo ‘900. La raccolta viene inaugurata il 7 Marzo 1922 con una larga eco di stampa e viene tutt’ora considerata la più completa rassegna della produzione muranese di un’epoca fondamentale del cammino dell’arte vetraria dell’isola. Nel 1927 la Salviati ottiene la licenza per la costruzione di una piccola fornace a Venezia, a Dorsoduro, indirizzata ai soffiati più tipici e raffinati. Questa piccola fornace però non era in grado di supportare l’intera produzione di Salviati, per questo per un periodo viene assorbita la produzione della Successori Andrea Rioda, azienda che cessa la sua attività nel 1937, ma che fino ad allora assicurava a Salviati la possibilità di produrre i suoi pezzi. Maurizio Camerino muore nel 1931 e la proprietà passa ai figli Mario e Renzo che produrranno una serie di vetri interessanti che verranno esposti in diverse Biennali; ad esempio quelle del 1932 e 1934 dove si vede la partecipazione dell’azienda Salviati in collaborazione con Dino Martens che ne disegnerà i pezzi. Nel 1948 entra a far parte dell’azienda Renzo Tedeschi, figlio di Olga Camerino, laureato in ingegneria, che risolleva la produzione introducendo la lavorazione di apparecchi da illuminazione. Nel ‘50 Salviati ricomincia ad essere presente alle Biennali attraverso la collaborazione con i disegnatori Mario De Luigi e Luciano Gaspari. Durante gli anni cinquanta le produzioni di Salviati vengono assicurate dalla fornace di Alfredo Barbini, e successivamente dalla ditta Fratelli Toso. Soltanto nel 1958 viene acquisito dell’azienda un capannone di grandi dimensioni sull’isola di Murano: nel 1959 iniziò il lavoro con ben otto piazze. La disponibilità di una grande fornace consente finalmente all’azienda di entrare nella competizione interna12
zionale per la fornitura di apparecchi da illuminazione nella quale la Salviati aveva investito moltissimo. I grandi lavori architettonici di illuminazione non distolgono però la Salviati dalla collaborazione con disegnatori di oggetti d’arredo dalle caratteristiche molto interessanti. Una sensibile e continua evoluzione stilistica contraddistingue l’azienda che riesce a rimanere in primo piano sulla scena internazionale. La storia di questa evoluzione è scandita dalla partecipazione continuativa alle Biennali di Venezia. Dopo il 1958 vediamo la partecipazione nel 1960: Salviati presenta un servizio da tavola disegnato da Romano Chirivi, Luciano Gaspari e Renzo Camerino. Nello stesso anno l’azienda partecipa al concorso bandito dall’ENAPI nell’ambito della XII Triennale di Milano, dove presenta un modello disegnato da Chirivi e uno da Gasperi ai quali viene assegnato il primo premio. La Salviati, come diverse altre aziende dell’epoca, ha investito moltissimo sulla cultura del progetto: attraverso di esso, e di conseguenza attraverso le varie collaborazioni con designers e artisti, è riuscita a costruire una vera e propria identità. Questa tesi viene confermata da un fatto determinante, avvenuto nel 1962, anno in cui la Salviati ottiene il Compasso d’Oro che l’A.D.I. (Associazione Disegno Industriale) assegna ogni anno ai migliori oggetti di design. L’oggetto premiato in questo caso era un vaso disegnato da Sergio Asti che viene poi presentato alla Biennale dello stesso anno. 4. Vaso Marco, Sergio Asti per Salviati, 1962.
Intervista con Dario Stellon *Product Manager di Salviati
Io penso che sia importante fare ricerca e ,per Murano oggi, avere delle nuove idee. Credo anche che sia fondamen14
tale aderire a quella che è la qualità del vetro in tutte le sue parti: fisica (della materia), del design e dell’innovazione. 15
Salviati, dal 1990 ad oggi. L’azienda subisce una serie di importanti cambiamenti di carattere gestionale. L’acquisizione da parte della multinazionale francese Arc International porterà alla Salviati, risollevandola, un’iniezione di capitali ingenti.
Salviati: 2012 L’azienda Salviati, viene acquisita agli inizi degli anni ‘90 dalla Venini, che la cederà pochi anno dopo, nel 1995, al colosso francese Arc International, che all’epoca contava al suo interno all’incirca 30.000 addetti. La multinazionale aveva acquistato l’azienda muranese per posizionarla al di sopra degli altri marchi presenti al suo interno, in modo da innalzare la qualità di tutta la produzione. Nel 1997 Arc International cede l’azienda a un gruppo più piccolo: in questo momento entra in gioco Dario Stellon, attuale Product manager dell’azienda. Il modello gestionale dell’azienda è rimasto molto simile a quello del passato, anche se la compagine sociale è stata ridotta a pochissime persone: soltanto dodici addetti lavorano oggi in Salviati. Dopo la cessione, tutte le fasi, dalla produzione al deposito e spedizione, sono state riportate a Murano e il marchio stesso è tornato ad essere un marchio italiano. L’apporto di capitale è stato ridotto in maniera determinante e le difficoltà nell’affrontare le spese quotidiane delle fornaci in isola sono crescenti. Inoltre, essendo la Salviati un’azienda internazionale, necessita di un forte supporto da parte del marketing che le consente appunto, di essere visibile all’estero. La progettazione in azienda avviene attraverso una serie di interessanti e fondamentali collaborazioni con designers esterni ad essa. I designers lavorano ad un progetto guidato da un brief aziendale; in seguito, il progetto dei designers viene analizzato sotto il punto di vista della fattibilità dallo studio tecnico interno all’azienda e, in seguito prototipato e prodotto dalle maestranze delle due piazze interne all’azienda Salviati. La partecipazione alle fiere è assidua, si tratta infatti del momento in cui si determinano la progettazione e la produzione dei mesi successivi. Salviati partecipa da tempo a Maison Object, Design Junction e prevede per il futuro più prossimo, di essere presente al Salone del Mobile a Milano. Il 99% del fatturato della Salviati è estero: il bacino di utenza riguarda, ad oggi, Francia, ma soprattutto Germania e Inghilterra. A Murano vi è solo un punto autorizzato alla vendita dei prodotti della Salviati che in futuro prevede di investire 16
nella venidta on-line dei suoi prodotti. La mission dell’azienda è quella di reinterpretare le antiche tecniche muranesi in una veste contemporanea. In Salviati, negli ultimi anni, la ricerca sta diventando fondamentale: l’azienda ha attivato diverse collaborazioni con designers (prima fra tutte quella con il collettivo AUT che ha lavorato con Salviati al progetto Breaking the Mould) atte a incentivare la sperimentazione sul materiale e sui processi di lavorazione, così da scavalcare i limiti millenari della forma e della materia vetro.
5. 2012, il collettivo A.U.T. espone a Berlino il progetto Breaking the Mould. Tutti i pezzi sono realizzati da Salviati 6. EX 6, esperimento realizzato per testare la resistenza della fibra di carbonio durante la lavorazione del vetro.
L’azienda, come gran parte di quelle presenti all’interno del comparto del vetro artistico di Murano, non percepisce la presenza di un’entità distrettuale. Il problema è da ricercarsi certamente nella tipologia delle aziende stesse: per lo più a carattere familiare. Ciò determina la presenza di particolari dinamiche che si discostano da quelle presenti all’interno di un tradizionale comparto industriale, che hanno portato, nel tempo, ad un vero e proprio distacco tra le aziende e il territorio. Queste non sono riuscite a costruire una linea d’azione comune per fronteggiare le condizioni sfavorevoli che si sono verificate nell’ambito della produzione vetraria negli ultimi 10 anni. DS Lo smaltimento, i reflui, la qualità dell’aria che filtriamo. Non siamo mai riusciti a creare un consorzio che ci consentisse di sopravvivere agli altissimi costi della produzione in fornace, elevati ulteriormente dal fatto che lavoriamo in isola. Il distretto, dunque, dovrebbe ripartire dal punto di vista culturale, realizzando dei progetti in grado di dimostrare che Murano è in grado non solo di conservare, ma altrettanto di far evolvere la sua cultura millenaria: un’immensa eredità. È necessario procedere ad un’educazione al prodotto in vetro, sia di chi lo produce, sia di chi lo vende. Nel momento in cui un consorzio di aziende muranesi si impegna a realizzare un prodotto etico e autocertificato, il cliente non comprerà semplicemente un prodotto in vetro, ma acquisterà un’esperienza: il prodotto sarà in grado di trasmettere una storia attuale.
bollino. Fino a quando le aziende saranno in grado di acquistare le proprie garanzie, ma nessuno è realmente in grado di controllarne le produzioni, non esisterà alcun tipo di certezza. Un consorzio dunque, che sia in grado di proporre un piano comune e unitario per incentivare la produttività dell’isola. Senza di esso non potremmo mai aspettarci alcuna risposta dalle amministrazioni. Allo stesso tempo dovremmo riuscire ad instaurare un rapporto solido con l’Università Iuav in modo da riuscire, attraverso la cultura del progetto a fare innovazione, e, allo stesso modo, coinvolgere Museo del Vetro e la Stazione Sperimentale. L’isola di Murano potrebbe essere autosufficiente dal punto di vista energetico, se pensiamo che le fornaci rimangono accese 24 ore al giorno per 11 mesi all’anno. La stessa questione della condivisione dei forni, se ben progettata, potrebbe essere la via per un nuovo tipo di produzione, più sostenibile e all’insegna della condivisione. Credo che Murano debba muoversi in questo senso; investire in questo tipo di progetti per comunicare un grande cambiamento dettato da tre fattori fondamentali: la trasparenza del mercato, la produzione di un prodotto più etico, lo sfruttamento delle risorse energetiche. In ogni caso penso che questo sia il momento giusto per realizzare il cambiamento. Io vedo nel mio ambiente le energie e i segnali per lavorare a un nuovo futuro.
DS Murano e tutte le sue aziende devono iniziare ad essere limpide, chiare e oneste. Da li si può partire, da un consorzio di realtà produttive che autocertifichi che il vetro è stato prodotto in isola e che racconti una storia. C’è bisogno di un consorzio etico. Tanto per partire: un consorzio etico. Potrebbe essere l’inizio di un progetto che coinvolgerebbe, con il tempo, tutte le aziende muranesi. Un consorzio reale, non un consorzio che assicuri l’autenticità del prodotto attraverso un 18
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Intervista con Dario Stellon, Product Manager dell’azienda realizzata presso la Salviati a Murano
Intervista con Norberto Moretti *Designer per Salviati
L’azienda Moretti Norberto fa decorazione, Norberto Moretti Designer disegna per la vetreria Salviati.
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7. Gazza, Noreberto Moretti per Salviati.
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Quando è iniziato il suo percorso come designer del vetro? NM Io ho iniziato la mia carriera come decoratore del vetro, poi nel 1997 ho iniziato a fare dei pezzi unici lavorando con gallerie d’arte americane ed europee. Nel 2000 sono stato contattato dalla azienda muranese Salviati che mi ha chiesto di iniziare a disegnare per loro: così ho iniziato a disegnare per una azienda. Come Designer io lavoro esclusivamente per Salviati. In veste di artigiano invece, ho un piccolo laboratorio dove produco pezzi unici che vendo nel mio show-room di Cannaregio a Venezia. Sono due lavori differenti. L’azienda Moretti Norberto fa decorazione, mentre Norberto Moretti Designer disegna per la vetreria Salviati. Che tipo di relazione ha con i maestri Salviati? Vogliamo capire come il progettista riesce nei casi più eccellenti a collaborare con il maestro e con l’imprenditore a capo dell’azienda. NM Il vetro è difficile da disegnare: per poter disegnare un pezzo in vetro è necessario conoscere a fondo le varie tecniche. In linea di massima, se un designer non conosce la tecnica, se il progetto viene ritenuto interessante, viene o trasformato o accomodato - solitamente dal capo fornace - per la fase di lavorazione. Il progetto passa sempre dallo studio tecnico prima di andare in produzione. Io però con Salviati ho un approccio molto particolare, conosco la materia, perciò quello che disegno può essere prodotto senza passare per l’ufficio tecnico. Esiste una categoria di designer del vetro? NM Una volta si chiamavano disegnatori, lavoravano nelle fornaci, ogni fornace aveva i suoi disegnatori che costituivano il vero e proprio studio tecnico aziendale. Negli esempi più validi, si intende. La figura del designer del vetro non esiste. Io personalmente mi definisco tale perché mi sono specializzato nello studio della materia vetro; la conosco talmente bene che non potrei disegnare nient’ altro con le stesse conoscenze. Non sarebbe fondamentale per le vetrerie in questo momento ritornare a dare importanza al progetto attraverso le collaborazioni con i designer e l’appoggio degli studi tecnici aziendali?
NM Io credo che si tratti di un problema di costi: fare il vetro costa tanto. Per mantenere funzionante una fornace vengono spesi intorno ai due/ tre mila euro al giorno di gas. Produrre dei pezzi in fornace costa all’incirca cinquecento euro l’ora: vengono occupati un maestro e due aiutanti, il materiale, i colori, il gas. Nel passato questo tipo di approccio alla produzione del vetro era come l’avete descritto voi, ma il costo del lavoro era molto più basso, le strutture erano enormi e gli addetti ai lavori erano veri e propri operai che venivano chiamati “tute blu”. Io personalmente, nel periodo in cui la Salviati era gestita dalla multinazionale del vetro Arc International, mi sono reso conto che all’interno di una piccola fornace muranese erano impiegati venti operai, altri settanta erano impiegati in Francia nella gestione del marketing. Che cosa ne pensa della distribuzione dei prodotti? Come funziona la sua distribuzione? NM Russia, Stati Uniti, Germania. Il vero problema non è dove va il prodotto. Il problema principale in questo caso è la mancanza totale di una cultura del vetro. Le persone che entrano in contatto con il territorio muranese, nella fattispecie i turisti, non hanno una cultura relativa alla produzione del vetro di Murano. Per questo non possiamo pretendere che essi siano in grado di distinguere un Venini da un cavallino realizzato con la lavorazione a lume. Quanti disegnano per Salviati? NM Al momento siamo in due, oltre al giovane gruppo AUT. Il caso Salviati oggi è un caso particolare in cui il proprietario è a diretto contatto con la realtà. Questo approccio ha dato dei forti segnali di ripresa, l’azienda ha ricominciato a partecipare alle fiere e ai saloni e sta tornando ad essere particolarmente attiva sulla scena.
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Intervista con Norberto Moretti, disegnatore del vetro e designer per Salviati
Bibliografia Massimo Brignoni, (a cura di) Vetro da usare, racconti di design sperimentale 18 design incontrano 10 maestri, Vianello libri, Venezia 2010; Astone Gasparetto, Il vetro di Murano dalle origini ad oggi, Venezia, Neri Pozza Editore, Venezia 1985 Giorgio Lombardi, Franco Gazzarri, a cura di, Murano isola subalterna. Per Sempre?, n.465 Casabella, pag. 32; Marco Romanelli, a cura di, Il vetro progettato: architetti e designer a confronto con il vetro quotidiano, Electa, Milano 2000; Giovanni Sarpellon (a cura di), Salviati. il suo vetro e i suoi uomini, 1859-1987, Stamperia di Venezia, Venezia 1989; Michela Scibilia, Nicolò Scibilia, Guida completa dell’isola di murano, Vianello Libri, Venezia 2007; Andrea Tosi, a cura di, La memoria del vetro. Murano e l’arte vetraria nelle storie dei suoi maestri, Marsilio, Venezia 2006.
Sitografia www.breaking-the-mould.com www.coses.it www.istat.it www.norbertomoretti.com www.salviati.com