IRAN SALT CAVES 2019 Marco Mecchia Hot dry desert, sulla mappa l’area è colorata viola chiaro, clima desertico caldo e secco. La spedizione La Venta, 17 speleologi, è partita dall’Italia il 2 febbraio 2019 per giungere nel cuore della notte a Shiraz, capoluogo della provincia Fars. All’aeroporto ci raggiunge Yones, speleologo e amico iraniano, con gli autisti dei pullmini che ci scorrazzeranno attraverso l’Iran. Si carica tutto e si parte immediatamente per Firuzabad, dove arriviamo che è ancora buio. Siamo forse gli unici turisti occidentali in città, e la gente è ospitale e curiosa. La giornata è dedicata all’organizzazione e alla spesa, e la mattina dopo si organizzano due squadre e si parte. Una squadra si concentrerà sul piccolo diapiro di Khoorab, dove l’esplorazione di una risorgente lo scorso anno si è fermata davanti a una strettoia, e l’altra su quello di Jahani, uno dei diapiri iraniani più grandi e in parte già esplorato dagli speleologi cechi. Su questo secondo diapiro, dopo alcuni tentativi, individuiamo una sterrata che si avvicina al fianco sud-ovest della montagna, ancora inesplorato. Il pullmino si inerpica fino a un piazzale un tempo utilizzato dalle ruspe per l’estrazione del sale; da qui ci si affaccia su una valle che sale fino al plateau con versanti ripidi e multicolori. Piazziamo le tende e la prima notte siamo sorpresi dalle temperature prossime allo zero. Il severo capo spedizione comunica l’orario della sveglia: 6 ora locale, per sfruttare al meglio le ore fresche del mattino, tutti i giorni. E ogni mattina con Antonio emergiamo alle 6 dalla nostra tenda, un po’ isolata rispetto alle altre, per trovare sempre tutti gli altri membri della squadra al termine della loro colazione e il caffè già freddo. Che efficienza! penso. Solo alla fine della settimana scopro che la differenza di orario con l’Italia non sono 2 ore come dice il mio orologio, ma 2 ore e mezza. Comunque, ogni giorno lasciamo La salita sul diapiro Nameki presso la citta di Lar
il campo prima che il sole inondi la vallata. L’ammasso salino è quasi ovunque coperto da una coltre di depositi insolubili e detriti, con spessori di diversi metri. Sul fianco del diapiro e sull’altopiano troviamo alcuni inghiottitoi e centinaia di doline, alcune con promettenti buchi neri al fondo che ci fanno pregustare indimenticabili esplorazioni. In tre giorni scendiamo una quindicina di pozzi, con profondità fino a una sessantina di metri. Invariabilmente, però, il fondo è ostruito senza accenni di prosecuzione, una situazione molto simile a quella descritta dai cechi-iraniani per il settore nordovest dell’altopiano. Cogliamo l’occasione per visitare la Waterfall Cave, galleria di attraversamento al termine di una lunga valle che taglia l’altopiano sfociando sul versante sudorientale del diapiro, prima di ricongiungerci all’altra squadra a Firuzabad. Sul Khoorab, Marco ha piazzato le sue trappole in grotta e fuori per la cattura della fauna; l’esplorazione della risorgente si è conclusa poco più avanti della strettoia e qualche piccola grotta è Stalattiti di sale nella Waterfall Cave, nel diapiro di Jahani
andata ad arricchire i dati di catasto, ma senza esagerare. Nel giorno di sosta decidiamo che fare nella seconda metà
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