La voce dell'jonio 24 gennaio 2016

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Anno LIX - N. 1

Domenica, 24 gennaio 2016

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INTERVISTA- 1

dell’

www.vdj.it lavocedelljonio@hotmail.it

Periodico cattolico fondato da Orazio Vecchio

INTERVISTA - 2

Danilo Ferrari e il grande coraggio di andare avanti nonostante tutto Graziella De Maria

INTERVISTA -3

La parrocchia “Regina Pacis” festeggia i 50 anni

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Mario Vitale

PERIODICO CATTOLICO La Voce dell’Jonio sta continuando gli sforzi per offrire alla diocesi e all’intero territorio un servizio sempre migliore. L’abbonamento è la scelta di fiducia che il giornale ora chiede ai propri lettori.

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INTERVISTA - 4

Don Giuseppe Russo spiega il senno dell’Anno per la Vita consacrata “Donare misericordia”

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Abbonati alla Voce dell’Jonio

Graziella De Maria

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Don Lanzafame lascia l’ufficio dell’Irc “30 anni entusiasmanti” Gli succede don Raciti Maria Grazia Patanè

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Festa di san Sebastiano Quattro pagine speciali con il racconto dal vivo delle celebrazioni e del “giro” cittadino del fercolo

Acireale cammina con il Compatrono

Cosa sarebbe Acireale senza la festa di San Sebastiano? Quest’anno è la festa n. 445! Possiamo dire che Acireale da sempre celebra il glorioso martire Sebastiano, scegliendolo come suo compatrono. Acireale ha voluto costruire la splendida Basilica a lui dedicata. Basilica riconosciuta come Monumento Nazionale dallo Stato e in tempi recenti come Monumento testimone di Pace dall’Unesco. La Basilica è stata pensata dagli acesi come uno scrigno prezioso. Che cosa custodisce uno scrigno? Custodisce un tesoro. È lui, San Sebastiano, il tesoro di Acireale! La Festa è il giorno in cui questo tesoro è dato a tutti; si apre la Basilica-scrigno e si consegna il tesoro-Sebastiano alla città. Quest’anno la Festa è stata caratterizzata dal Giubileo della Misericordia voluto da Papa Francesco. Il nostro vescovo Antonino ha concesso a tutti coloro che hanno visitato la Basilica durante la Festa – alle solite condizioni indicate dalla Chiesa – di poter attingere alla grazia dell’indulgenza giubilare: cerchiamo di diventare più “belli” come lui, Sebastiano, è bello per i doni ricevuti dal Signore (Taliatilu quantu è beddu!). Ci siamo sentiti ancor di più figli della Chiesa. Grazie al Papa e al vescovo! Questo tesoro è portato fisicamente dai devoti, che, con spirito di generosa dedizione, accompagnano per tutto il giorno il fercolo del bimartire. Grazie devoti portatori! Questo tesoro è possibile portarlo perché c’è l’impegno di tanti: il Capitolo Collegiale della Basilica, il Comitato ufficiale della Basilica, i Comitati dei quartieri, le Associazioni legate al culto del Santo, l’Amministrazione comunale, le Forze dell’Ordine, la Polizia municipale, le Associazioni di volontariato, i vari sponsor…grazie a tutti! Il giorno della Festa siamo tutti più ricchi, perché Sebastiano passa dalle strade, dai quartieri, incontra innumerevoli volti, storie, passa e benedice le nostre gioie e i nostri dolori, sostiene le nostre speranze e allevia le sofferenze con la grazia e la misericordia di Cristo. Acireale! Il tuo compatrono non ti ha mai abbandonato nelle prove (la peste, le guerre, le crisi…): cammina con te e tu, allora, continua a camminare insieme con lui. Rialzati, rivestiti, apri gli occhi e sorridi alla vita! Chiamatulu cu tuttu u coriii…viva Sammastianuuu! Can. prof. Vittorio Rocca Rettore della Basilica

S. Sebastiano, tesoro della città

(Antonio Agostini, Nando Costarelli, Graziella De Maria, Antonella Agata Di Gregorio, Fabio Grippaldi, Ornella Panebianco, don Gaetano Pappalardo, don Vittorio Rocca, Domenico Strano nelle pagine 5, 6, 7 e 8)

GIUBILEO IN DIOCESI Celebrazioni ed eventi culturali nei due luoghi sacri dell’indulgenza

Santuari: Vena spalanca la porta, il vescovo a Valverde Il Giubileo straordinario della Misericordia dovrà essere un anno di speranza e rilancio per il Santuario di Vena e la borgata che sorge intorno a questo millenario luogo di fede. La scelta del vescovo di Acireale, mons. Antonino Raspanti che ha assegnato alla chiesa nel territorio di Piedimonte Etneo il ruolo di “Porta Santa” per le indulgenze della Diocesi, accanto alla Cattedrale di Acireale e dal Santuario di Valverde – ha subito chiamato a mobilitarsi fedeli e parrocchiani, sotto la guida del rettore don Carmelo La Rosa. Si è costituito allora in autunno il “Comitato per Francesco Vasta (continua a pag. 2)

Il vescovo della Diocesi di Acireale, mons. Antonino Raspanti, domenica 24 gennaio, ha celebrato la Santa Messa pomeridiana nella chiesa della Misericordia di Valverde (Ct), scelta come Giubilare per acquisire l’indulgenza. Tra i fedeli, componenti della “Misericordia” di Valverde, del Lions Club di Catania, della Confraternita del Ss.mo Crocifisso del Santuario e dell’Arciconfraternita Santa Maria della Misericordia” di Valverde, e il sindaco del paese, Rosario D’Agata. Graziella De Maria (continua a pag. 10)

ACIREALE Nell’edizione 2016 tante novità, tra cui il ritorno delle maschere singole, e qualche polemica (anche di troppo)

ACIREALE Pagina speciale dell’Istituto San Michele

La scelta difficile del Carnevale che si farà in tre

Una scuola seria e sicura

Siamo ormai in pieno clima del Carnevale di Acireale 2016, o forse sarebbe meglio dire “edizioni”, dato che da quest’anno si farà letteralmente in tre, forse per far dimenticare il più possibile la coraggiosa e, pare inevitabile, scelta di proporre i carri allegorico grotteschi dell’anno scorso. Con l’obiettivo dichiarato di destagionalizzare il carnevale e ampliare l’offerta turistica della città la grande novità è lo spostamento a fine aprile della parata dei carri infiorati. Così nel 2016 alla tradizionale manifestazione invernale che parte il prossimo 30 gennaio, si uni-

Pubblichiamo una pagina speciale nella quale l’Istituto San Michele dei Padri Filippini di Acireale parla di sé, della sua storia e del suo domani, offrendosi come luogo privilegiato di studio e di crescita morfale e umana. L’istituto ha il Liceo scientifico paritario, anche con semiconvitto e offre il servizio del semiconvitto anche s studenti di csuola elementare e media. Le iscrizioni sono sempre aperte. (Pagina )

ranno quella estiva che ha preso piede da qualche anno e assoluta novità quella primaverile del “Carnevale dei fiori” dal 23 al 25 aprile.

Proprio la scelta del 25 aprile ha scatenato polemiche e perplessità. L’anniversario della liberazione dal nazifascismo è infatti festa nazionale ed è indubbiamente una data che impegna in tutta Italia le istituzioni in attività e commemorazioni ufficiali che invitano alla memoria e al ricordo e che sono dunque ben distanti dal

clima carnascialesco. Sembra facile intuire che se confermata la scelta genererà polemiche che avranno risalto non solo nelle cronache cittadine. “Rivendichiamo il coraggio di una scelta difficile e lanciamo una sfida che chiama in causa tutta la città. Vogliamo mettere al centro del nuovo progetto l’artigianato artistico presente in città e integrarlo in un percorso organico di sviluppo per la città. Questa idea comporta anche rinunce e sacrifici e prevede tappe precise”. Salvo Tomarchio (continua a pag. 2)


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In Seconda

24 gennaio 2016

AIFO La lebbra una malattia in continuo regresso ma non ancora estinta

2014, l’impatto è stato con 26.360 nuovi casi. Da un’apposita ricerca realizzata nel 2011 dall’Aifo, in base al Rapporto dell’ OMS, ogni 100.000 abitanti si rilevano i seguenti dati: 1) più di 10 casi in due Paesi dell’Africa e in due dell’Asia, in uno del Sudamerica. 2) si scende tra 5,1 e 10 in otto Paesi dell’Africa; in Asia (alcuni Stati dell’Indonesia, Myanmar); Sudamerica (Paraguay).3) Tra 2,1 e 5: in dieci Paesi dell’Africa centrale e centro-

”Celestina, goditi il Cielo”

meridionale; Asia meridionale, circa in cinque Stati; Sudamerica, due Stati. 4) Escluso qualche Stato, del tutto immune, si verificano casi tra l’1,1 e il 2 , in quasi tutta l’Africa e il Sudamerica. Se il Pianeta soffre per diverse lebbre, la morte della lebbra, principale obiettivo, è ancora un miraggio; essa purtroppo persiste a dilaniare innocenti, colpevoli di subire ingiustizie, soprusi e fame. Sensibilizziamoci alla dura realtà: lotta continua per sconfiggere per sempre la lebbra. Essenziale è la promozione dell’inclusione sociale di quanti sono guariti dalla lebbra, ma a causa di pregiudizi vengono tenuti lontani dalla società. Urge sostenerli e incoraggiarli, eliminandone gli ostacoli e accogliendoli. A. B.

Il Vescovo Raspanti: “Vivere è aiutare a vivere”

Figile e figli carissimi; Domenica 31 Gennaio celebreremo la Giornata mondiale dei malati di lebbra dal tema “Vivere è aiutare a vivere” L’anno giubilare che abbiamo appena aperto invita all’esercizio operoso delle opere di misericordia spirituali e corporali, per manifestare il volto delia misericordia di Dio rivelato in Gesù Cristo. Lo stesso Maestro, durante la sua vita terrena, ha avuto una particolare cura e predilezione per i lebbrosi, manifestando vicinanza e guarigione. I gesti di tenerezza e di at-

tenzione verso i fratelli ammalati e nel caso specifico i lebbrosi, sono gesti fatti a Gesù stesso, come Lui stesso afferma nel Vangelo (cfr. (Mt 25,31-46), Durante l’Angelus del 24 Gennaio 2015, in occasione della scorsa Giornata mondiale il Santo Padre Francesco così sì esprimeva: “”Esprimo la mio vicinanza alle persone che soffrono per questa malattia, come pure a quanti si prendono cura di loro, e a chi lotta per rimuovere le cause de! contagio, cioè condizioni non degne dell’uomo’’. Anche noi vogliamo unirci al ringraziamento dei Papa

esprimendo all’AlFO (Associazione italiana Amici di Raoul Follereau) e in particolare ai componenti dei gruppo diocesano i! sentito ringraziamento per la loro opera di sensibilizzazione nelle Parrocchie e nelle Scuole. Invito tutti a celebrare bene la Giornata, contribuendo così, anche noi, a favorire la guarigione di tanti malati di (ebbra per reinserirli nei circuito della quotidianità da cui - a motivo della malattia - sono stati scartati fuori. Su tutti la mia benedizione + Antonino Raspanti

La figura di Celestina Arcidiacono Strano, scomparsa la vigilia dell’Epifania, suscita profonda emozione in quanti l’hanno conosciuta ed amata. E sono molte in verità le persone affascinate dalla sua forte personalità, che si traduceva in un carattere determinato, schietto e appassionato. Le esequie celebrate nella Cattedrale di Acireale, con grande partecipazione di gente, hanno confermato come Celestina fosse voce di popolo, l’interprete immediata delle necessità dei disereditati, degli emarginati, dei sofferenti delle periferie di Acireale, non solo, ma anche degli ultimi nel mondo. In Uganda, si recò per 15 giorni nel marzo 2012; al ritorno promosse un incontro sulle condizioni di miseria di tale Paese africano con l’associazione ex alunni Scientifico ‘Archimede’. La grave e lunga malattia, con ricoveri ospedalieri, è stata affrontata da lei con coraggio alla luce della speranza, amorevolmente assistita dal marito, prof. Rosario Strano; dai figli Angelo e Lisa, alla cui formazione aveva dato il meglio di se stessa. La mia conoscenza di Celestina risale alla stagione acese della “Gioventù studentesca”, sulla scia del fondatore don Giussani a Milano; padre Cosentino, assistente in Acireale; una cinquantina e più gli studenti di scuole superiori entusiasti della Giesse, di stanza in piazza san Domenico: tra di essi Celestina Arcidiacono, studentessa

La festa di san Giovanni Bosco nella omonima frazione acese Quest’anno nella frazione acese di S. Giovanni Bosco si concludono i festeggiamenti per il bicentenario della nascita dell’omonimo Santo, fondatore della congregazione dei Salesiani.“ Di S. Giovanni Bosco imitiamo sempre la passione per il Vangelo che si è espressa nel servizio educativo alle giovani generazioni – spiega don Carmelo Raspa, amministratore della parrocchia “Beata Maria Vergine Aiuto dei Cristiani” - da lui apprendiamo come l’educazione dei giovani sia questione di cuore e come essa sia quanto mai urgente per aprire un futuro di speranza”. Di seguito il programma dei festeggiamenti. Domenica 24 gennaio. Ore 10- S. Messa e be-

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Jonio

Direttore responsabile Giuseppe Vecchio Editore Associazione La Voce dell’Jonio Via Mons. Genuardi, 14 95024 Acireale Iscrizione Tribunale Catania n. 220 del 5/4/1958 Iscrizione al ROC (Registro operatori della comunicazione) n° 22076 Redazione Via Mons. Genuardi 16, 95024 Acireale - Ct (casella post. 174) tel. 095601992 Mail Fax 095 9707019 www.vdj.it lavocedelljonio@hotmail.it Stampato da ITALGRAFICA Via Nocilla 157 95025 Aci S. Antonio (CT) tel 095 702 23 59 www.ital-grafica.it Abbonamento annuo Ordinario euro 12,00 Extra 20,00 - Speciale 50,00 Sostenitore 100,00 Conto Corrente Postale 7313800 intestato a Associazione La Voce dell’Jonio Via Genuardi, 14 95024 Acireale Membro FISC - Federazione Italiana Settimanali Cattolici

nedizione dei panini. Ore 19- Catechesi per le famiglie della parrocchia e di Guardia e fraternità conviviale presso il salone parrocchiale. Giovedì 28 gennaio: inizio triduo di preparazione predicato da don Lucio Cannavò. 0re 17.30- S. Rosario; ore 18.00: S. Messa; 0re 19.30: Veglia di preghiera animata dall’Oratorio parrocchiale. Venerdì 29 gennaio. Ore 10.30- S. Messa presieduta da mons. Paolo Urso e animata dai bambini delle scuole. A seguire pranzo per i bambini delle scuole. Ore 17.30- S. Rosario; ore 18.00- S. Messa. Ore 19.30- Dibattito sulla Shoah presso il salone parrocchiale. A seguire fraternità conviviale. Sabato 30 gennaio.Ore 15.45- Proiezione del

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RICORDO Una donna che visse appieno l’altruismo

Il 14 la “Giornata” ad Acireale Il Gruppo Aifo (Associazione Italiana Follereau ) di Acireale, di cui è referente il prof. Giuseppe Vicari, organizza per la mattinata di domenica 14 febbraio, in piazza Duomo, la tradizionale Giornata Mondiale dei malati di lebbra. Essa venne istituita da Raoul Follereau, definito l’”Apostolo dei lebbrosi”, nel 1954, con il messaggio: ‘Senza l’amore nulla è possibile; con l’amore, nulla è impossibile’. E’ opportuno precisare che oggi si parla di malati di tutte le lebbre. Dopo la scoperta di un medico scandinavo, negli anni Ottanta, dello specifico virus della lebbra, che alligna nel degrado, questa micidiale malattia molto antica, da incurabile, è diventata curabile; purtroppo, anche se gli ammalati di lebbra nel mondo africano, sudamericano, indiano, sono fortemente diminuiti, data la fame serpeggiante nel Pianeta, la lebbra non è morta, esiste. Anzi, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, alla fine del 2014 sono stati diagnosticati nel mondo 213.899 nuovi casi di lebbra. Nei progetti sostenuti dall’Aifo, nel

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film “Don Bosco” per ragazzi presso il salone parrocchiale; ore 17.30- S. Rosario; ore 18.00- S. Messa; ore 18.30- Giochi per ragazzi presso il salone parrocchiale; ore 20.00- Veglia diocesana presso il santuario mariano di Valverde e consegna del quadro di S. Giovanni Bosco. Domenica 31 gennaio. Ore 10.00- S. Messa presieduta da don Giovanni Cavallaro, parroco di Guardia e Rettore dell’OASI “Maria SS. Assunta” in Aci S. Antonio; ore 17.30- S. Rosario; ore 18.00- S. Messa presieduta dall’amministratore parrocchiale. Omaggio al simulacro di S. Giovanni Bosco alla porta della chiesa. A seguire Rassegna.

dell’Istituto salesiano ‘Spirito Santo’. In una giornata di spiritualità, casualmente, intravidi la sedicenne Celestina, prostrata in preghiera ai piedi di un grande Crocefisso, in atteggiamento d’intensa fede: m’apparve nell’atto di voler donare la sua disponibilità con generosità, quale sarà la sua esistenza. Proficua la sua adesione alla San Vincenzo della Cattedrale; in seguito, Celestina è molto attiva a livello cittadino, aperta alle problematiche più urgenti, impegnata in molteplici attività, sempre disposta a collaborare con quanti richiedevano un suo qualificato intervento, data la sua ricca esperienza in campo sociale e la sua coinvolgente capacità di trasmettere agli altri una straordinaria carica d’intesa, facendosi carico di assillanti problemi quasi fossero suoi. Prodigioso il talento di Celestina nell’intraprendere iniziative personali, originali: 13 marzo 1981, apertura del Centro ricreativo-culturale in via Carducci:sostegno scolastico, gite, incontri per i ragazzi delle periferie. Nell’ottobre 1981, costituzione dell’associazione AVESCI. 8 settembre 1988, apertura del Centro diurno Arcobaleno, attivo fino al 1996. 15 marzo 1991, Convegno sul tema “Il bambino e la città; 10 anni di Avesci”. 13 marzo 1991 viene stipulata la Convenzione Avesci- Comune, funzionante circa tre anni. 13 marzo 2001, fondazione prima della “Ludoteca in Pediatria” nell’ospedale di Acireale; poi della ludoteca di quartiere nel quarto Circolo di piazza Dante. Ciao, Celestina, goditi il Cielo. Anna Bella

dalla prima Il Giubileo nel Santuario di Vena

Il Carnevale acese 2016 si farà in tre

il Giubileo”, che ha guidato il Santuario fino alla solenne apertura della Porta dello scorso 13 settembre. «L’obiettivo era far sì che la borgata e la nostra chiesa si facessero trovare pronti, e così è stato - dice La Rosa – la nostra chiesa apre le porte, anzi spalanca le porte alla misericordia di Dio. Un fatto di speranza, in questo mondo in cui tante porte si chiudono, un segno, questa porta che sia apre per aprire i cuori alla fiducia in Dio e nell’uomo». Circa un migliaio di fedeli, infatti, ha preso parte alla cerimonia che ha dischiuso la Porta Santa del Santuario di Santa Maria della Vena, officiata dal vicario generale della Diocesi, mons. Guglielmo Giombanco. Proprio quel giorno è partita una delle iniziative cardine del Giubileo di Vena: il rettore La Rosa ha infatti annunciato l’avvio di una raccolta fondi che per la donazione di una campana ad una chiesa povera dei Balcani. Accanto all’idea di “Una campana nei Balcani”, è già stato approntato un fitto calendario di momenti di approfondimento spirituale e preghiera a cadenza settimanale, a cura di religiosi e pastori che raggiungeranno Vena da ogni parte d’Italia. Gli aggiornamenti sulle attività sono sempre disponibili sul sito web www.santuariodellavena.it e sulle relative pagine social. «L’inizio di questo anno santo corona un bel periodo di comunione ed attivismo – osserva ancora padre La Rosa, entusiasta per il richiamo suscitato dal Giubileo – lavoriamo affinché il Giubileo porti ancor di più attenzione verso questo antico luogo di devozione e spiritualità». Per non perdere questo treno, il Comitato guidato dal rettore ha concentrato in una petizione, corredata da oltre 200 firme, un elenco di segnalazioni e richieste d’intervento difficilmente attuabili senza il sostegno del Comune di Piedimonte. Si va dal rinnovamento della segnaletica per la chiesa - ad oggi quasi inesistente - al decoro della piazza del Santuario e di stradine e trazzere attigue, passando per il contrasto al randagismo e miglioramenti su gestione di rifiuti e sicurezza, fino al ben più complesso problema dell’accoglienza dei pellegrini. A Vena non esistono strutture destinate all’ospitalità, c’è però la macroscopica eccezione dell’Ostello della gioventù, edificio da una ventina di posti letto di proprietà dell’ex Provincia di Catania, dal 2012 in comodato d’uso ad una cooperativa sociale catanese, di fatto in disuso a parte rare visite di gruppi scout. Al Comune, allora, il Comitato ha chiesto di avviare un’interlocuzione con i gestori per «Mettere finalmente l’Ostello al paese», cogliendo proprio l’occasione propizia del Giubileo. Vena, infine, dedicherà l’anno santo all’idea del «cammino nella fede», il percorso che ogni uomo è chiamato a percorrere verso l’orizzonte della Misericordia, attraverso il simbolo di un paio di sandali. «Lo abbiamo scelto – conclude don Carmelo La Rosa - anche per rivolgere un pensiero ai popoli che, in ogni parte del mondo, si mettono in cammino verso la salvezza».

A parlare è il presidente della fondazione del carnevale Antonio Coniglio, che si assume la responsabilità di tutte le scelte, in nome di un progetto a lungo termine: “Vogliamo recuperare la cittadella del carnevale, in termini di sicurezza e dignità, e proporre alla Regione Siciliana un progetto articolato per arricchire l’offerta turistica, solo così possiamo trasformare il Carnevale in un reale strumento di sviluppo e investimenti.” Tra le novità di quest’anno l’assenza della sfilata dei carri il giovedì grasso, dopo tanti anni tornano le maschere singole in cartapesta, che saranno 5 e sono state realizzate da giovani artigiani acesi. Altra novità è “Balla coi carri” di giorno 6 febbraio, quando i giganti di cartapesta diventeranno discoteche all’aperto. Nessun grande nome della musica a Piazza Duomo per i concerti serali, spazio ad artisti e musicisti siciliani. Tra le attività minori è interessante la novità della “Coppa Carnevale”, torneo di calcio per rappresentative Under 17. Ennesima edizione di transizione dunque, senza grandi nomi e senza investimenti e con un progetto di cambiamento che continua ad essere declinato al futuro. Alla fondazione si riconosce il coraggio di provare a rimescolare le carte, ma è pure vero che a queste condizioni, affidandosi al sostegno pubblico nel breve periodo difficilmente sarà possibile rompere questo circolo vizioso. D’altra parte, comanda il mercato, e gli investimenti privati sono difficili da attrarre per una manifestazione che è e resta ancora troppo provinciale. L’augurio è che il clima sia più mite di quello della passata stagione, e che Acireale possa comunque mostrarsi in una delle sue facce migliori; diversamente non è difficile prevedere un mezzo passo falso, in attesa dell’appuntamento primaverile, che presenta l’unico elemento di rilevante novità. Salvo Tomarchio

Francesco Vasta


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Istituto San Michele

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24 gennaio 2015

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IL DIRETTORE Padre Alfio Cantarella illustra la grande missione dei Filippini di Acireale e dell’Istituto

La missione didattico-educativa dei Padri Filippini di Acireale nella scuola parte da molto lontano nel tempo. Nel 1761, pochi anni dopo la fondazione della Congregazione per opera del P.Mariano Patanè, non essendovi ad Acireale una scuola pubblica, i Padri decisero di aprire una loro scuola per l’alfabetizzazione e l’istruzione religiosa dei ragazzi. “Non essendovi ancora in Aci un pubblico Collegio di studi, quasi tutti i giovani della città vennero ad istruirsi all’Oratorio”. La scuola dei Padri dell’Oratorio acquistò tanto prestigio da essere insignita nel 1808 del titolo di “Real casa di educazione” dal Re di Napoli. Nel 1866, con la legge Siccardi, furono confiscati i beni ecclesiastici e ai Padri Filippini fu espropriata la Scuola che per circa cento anni aveva illuminato la mente e il cuore dei ragazzi. Nel 1874 I fratelli PP.Rosario e Antonino Licciardello dell’Oratorio misero a disposizione la loro casa in via Dafnica e in virtù dell’art.252 del codice della P.I., fu riaperta la Scuola con atto costitutivo del 31 dicembre 1874. Nasceva così il Collegio S. Michele che nella sua lunga storia ha accolto ed educato ragazzi provenienti da tutta la Sicilia, dalla Calabria e perfino dal Lazio e dal Trentino.. Sono trascorsi 142 anni da quel giorno e i Padri Filippini hanno proseguito il loro ministero didattico educativo, pur con crescenti difficoltà, sostenuti dai continui incoraggiamenti del Magistero. Ne citiamo solo uno di Giovanni Paolo II: La scuola cattolica riveste un primario aspetto di cultura indispensabile per la piena formazione dei giovani credenti. Anzi proprio questo aspetto di universale sintesi culturale la rende plausibile anche a chi non condivida la fede cattolica. Sento pertanto il dovere di far giungere a tutta la Chiesa l’invito a compiere ogni sforzo per mantenere efficiente le strutture della Scuola cattolica; in particolare se ne sentano responsabili i Vescovi, i sacerdoti e soprattutto quelle benemerite Congregazioni maschili e femminili che le hanno fondate. Essi debbono custodire col massimo impegno, come le pupille degli occhi, questo grande incomparabile servizio alla Chiesa”. Auspichiamo che le Istituzioni preposte siano concretamente vicine alla Scuola cattolica in questo momento così difficile della loro storia.

IL PRESIDE “Fede e cultura al servizio della Diocesi”

Impegno e testimonianza

Nella dilagante varietà delle scuole paritarie, l’Istituto San Michele si distingue per la sua irripetibile posizione storica. Nato, assieme alla Diocesi, per volontà del Vescovo Genuardi, ha svolto in tutto questo tempo un ruolo di testimonianza e di impegno, al punto che la storia della Diocesi e quella del San Michele sono state coerenti e convergenti. Ne ha tratto, così, vantaggio la comunità diocesana alla ricerca di una propria fisionomia identitaria. Anche oggi, tra le difficoltà del momento, il San Michele si colloca nel solco di tale tradizione e fa voti perché non vada disperso il suo grande patrimonio di cultura e di fede. prof. Alfonso Sciacca preside

PARLANO GLI STUDENTI

”San Michele” preziosa scuola cattolica “Con la preparazione culturale si persegue la crescita morale” Ricordo l’anno 2010, un mio amico, iscritto al terzo anno di liceo in una scuola pubblica, attraversava un periodo di disagio. La sua esperienza scolastica lo faceva sentire un numero scritto sul registro, non un individuo! La sua personalità e la sua identità venivano fuori nel modo più sbagliato. Probabilmente perché pochi riescono a cogliere una sensibilità che spesso viene manifestata con atteggiamenti “arroganti”. Fu così che nella famiglia si valutarono delle alternative e fu proposto l’Istituto San Michele. Così, in questo nuovo ambiente, il ragazzo recuperò l’interesse verso la scuola e, soprattutto, sviluppò fiducia e affetto per coloro che compongono questo istituto: il preside, il direttore, i professori e non ultimi tutti gli assistenti. Quando arrivò anche per me il primo anno di liceo, decisi di iscrivermi sin da subito in questa scuola. Tutt’oggi, giunta all’ultimo anno, sono una delle “anziane” di questo istituto. Posso con sicurezza dire che il San Michele è innanzitutto una grande famiglia dove, oltre a svolgere il programma didattico ministeriale, si persegue un ulteriore obiettivo: la crescita morale e spirituale dei giovani ispirandosi a sentimenti e valori quali la tolleranza, il rispetto, la solidarietà, la fede. Ispiratore di questa filosofia è in prima persona Padre Cantarella e con lui lo è stato Padre Di Maio, il quale purtroppo per motivi di salute si è dovuto chiamare fuori dagli impegni scolastici ma rimarrà sempre una figura fondamentale nella mia formazione sin dai primi anni del liceo, così come per molti altri ragazzi che han-

P. Alfio Cantarella d. O.. direttore

FAMIGLIA Il pieno diritto all’istruzione

EX ALLIEVI “Essere del ‘San Michele’”

Essere forti e liberi Amicizia e orgoglio L’istruzione è un diritto, un’arma, un mattone. La Storia ce lo insegna. La lotta all’analfabetismo ha significato nei secoli scorsi allargamento delle basi democratiche, difesa dalle angherie dei potenti, prospettiva di libertà. La questione non è molto cambiata nel nuovo millennio. Chi non rafforza la propria cultura resta indietro. Imbrigliato nelle credenze, nel luogo comune, nella volontà degli altri. Manipolato dalle informazioni televisive, abbindolato dalle false religioni, schiavo delle paure generate dall’ignoranza. Questo insegniamo, all’Istituto San Michele, ai nostri ragazzi. A difendersi. A essere forti e liberi. A integrarsi in una società altamente competitiva, non sempre facile da comprendere. La nostra scuola ha un cuore pulsante: è l’amore verso Dio e verso il prossimo. In nome di questi valori proviamo ad accogliere (co: insieme e lègere: raccogliere) in un vivaio di relazioni le diverse personalità, prendendo atto dei valori di cui sono portatrici. Ricostruiamo negli spiriti fragili la fiducia a volte spezzata dalle esperienze negative vissute in altre realtà formative. Coltiviamo le eccellenze, con attenzione e rispetto verso le inclinazioni naturali, come si fa in una famiglia. Perché l’Istituto San Michele è una grande famiglia che accoglie, ama, ascolta, consiglia e guida dolcemente gli alunni verso la realizzazione di sé e dei propri obiettivi. Irene Giuffrida docente di Storia e Filosofia

Mi domandi: ma che vuol dire “essere” del San Michele e far parte dell’associazione ex-allievi del San Michele? Mi accusi, magari, di inutili sentimentalismi, quasi laudator temporis acti. Io ti rispondo con un pensiero tratto dalla cronaca dell’annuale incontro del 2008. Mentre si formano i gruppi di amici (consorti e figli al seguito, per molti), l’inviata di un’emittente Tv mi intervista: mi chiede un’idea sul “come e perché” dell’incontro. E io lo riassumo con due parole: amicizia e orgoglio. Facile il riferimento alla prima, ritrovare i “compagni di scuola” e l’atmosfera di un tempo; per l’orgoglio, ritorna il pensiero che la scuola, la mia scuola, cattolica è stata fucina di formazione, di proposta di ideali, di indicazioni precise sulle motivazioni dell’essere: poter dire, “io sono stato parte di un mondo che tende alla perfezione”. E i valori assimilati allora assumono un significato più importante oggi, che la società e la scuola sembrano non essere capaci di risolvere la crisi dei giovani. Ma come allora, anche oggi una scuola “cattolica” come il “San Michele” ha molto da offrire per la formazione delle nuove generazioni, sulla via tracciata da Filippo Neri, schema di una pedagogia che invita ad educare “nella” libertà e “alla” libertà. Rosario Musmeci già preside e poi dirigente superiore per i servizi ispettivi nel Miur, presidente dell’associazione ex-allievi

TESTIMONIANZA Un ex allievo parla della scelta della sua famiglia

“Ho pregato mio padre di portarmi in collegio” Ho pregato mio padre di portarmi via (dalla scuola di Palermo dove non mi trovavo a mio agio) ma era molto perplesso perché non riusciva a trovare una via d’uscita. La soluzione l’ho trovata io dicendogli “ Papà portami in collegio “. L’incredulità di mio padre si notava dalla sua bocca aperta ma mi accontentò portandomi al San Michele dove già c’erano due miei cari compaesani. E così nell’ottobre del 1962 inizia la mia avventura al San Michele di Acireale: un’avventura meravigliosa sotto i tutti i punti di vista. Studiare e studiavo con passione, giocare e giocavo a pallone in quel cortile dal terreno così duro che se cadevi , e si cadeva tantissime volte, ti facevi almeno un graffio se non qualcosa di più grave, socializzare e socializzavo con tutti quei ragazzi che mi capitavano a tiro, specialmente con i mei compagni di scuola con i quali ho trascorso tre anni di Liceo che definire belli è riduttivo e quindi dico meravigliosi. Una classe composta di 16 persone che studiava , si impegnava e faceva anche tanto casino suscitando le bonarie ire dei nostri superiori… dott. Carmelo Girgenti ex-allievo “maturo” del 

no frequentato questo istituto quando lui aveva il ruolo di docente e preside. Tutti i nostri docenti condividono gli stessi principi su cui si fonda l’idea di formazione del San Michele. Anche loro, infatti, oltre ad arricchire il nostro bagaglio culturale grazie alle loro conoscenze, si impegnano per trasmetterci questi valori. Possiamo vantarci di un corpo docente sempre disponibile nei nostri confronti, anche con particolare attenzione e dedizione verso coloro che mostrano più difficoltà. Colgo l’occasione per ringraziare, credo a nome di tutti gli alunni, anche tutti quei docenti che non fanno più parte di questo istituto, ma che hanno partecipato in questi anni alla nostra crescita umana e alla nostra formazione culturale. Ogni docente ha saputo lasciare un segno indelebile nelle personalità che si sono formate in questa grande famiglia. Questo è il San Michele. Giulia Russo alunna di V scientifico

“Ci si sente appieno a casa propria e si ha un’istruzione di qualità” L’istituto San Michele di Acireale vanta una storia di centoquarantadue anni, durante i quali ha accolto tra le sue mura un gran numero di studenti, formandoli in maniera impeccabile. Per gli studenti che hanno voglia di un sapere di “qualità”, senza dover rinunciare alla propria serenità, questo istituto è il luogo ideale. Il corpo docente, formato da insegnanti molto qualificati, cerca sempre di venire incontro alle esigenze di ogni singolo alunno e ce la mette tutta per fare apprendere anche le nozioni più difficili con gioia! L’istituto vanta aule ampie e luminose, un teatro unico per bellezza, una hall delle scuole da sogno, due campi da calcio, un campo da tennis, una cappella grande e luminosa, in stile liberty. Per finire: al San Michele si incontrano i Padri Filippini, che accolgono tutti con gioia e fanno sentire subito a “casa propria”. Alfio Noto studente del III scientifico


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Cultura e Società

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INTERVISTA Parla il giovane affetto da tetraparesi alla presentazione del suo libro a Maugeri di Valverde

Danilo, il coraggio di andare avanti «Così su due piedi, o meglio su quattro ruote, mi riesce difficile presentarmi con poche, efficaci, parole. Sono Danilo Ferrari. Per voi è un po’ poco per riuscire a immaginarmi, perciò aggiungo che la lingua che parlo è alquanto rara, fatta di segni trasmessi con gli occhi. Trovare questo modo è stato naturale per me (affetto da tetra paresi spastico – distonica con assenza di linguaggio, la parentesi non è casuale ma nasce dal fastidio che mi crea pronunciare questa diagnosi, che ha sempre nascosto agli altri ciò che io veramente sono) ma non è stato altrettanto naturale per gli altri

capirmi, perché non emetto suoni, e non posso utilizzare le mani». In questo modo si presenta Danilo Ferrari nel suo libro “Il coraggio è una cosa”. Danilo riesce a comunicare solo con lo sguardo. È proprio vero, “gli occhi sono lo specchio dell’anima” e quelli di Danilo trasmettono una dolcezza infinita. Si è laureato in Scienze dell’Educazione con una tesi in Filosofia su “Diritti umani e dignità della persona”, è giornalista pubblicista dal 2007 e attore di Nèon Teatro. La presentazione del libro di Danilo ha avuto luogo nella Parrocchia S. Maria delle Grazie di Maugeri – frazione di Valverde – , un evento organizzato dall’associazione 104 Orizzontale. Maria Stella Accolla è la sua insegnante, colei che dà voce ad ogni suo sguardo e sua amica. Danilo, cosa è il coraggio? «Coraggio è guardare me stesso e decidere che si può andare avanti». Qual è il prossimo tuo obiettivo da raggiungere? «Io penso tante cose, non sempre ciò che si desidera si realizza, so di voler andare avanti. Non voglio fermarmi. Gli obiettivi raggiunti mi sembravano impensabili, potrei stare bene così». Maria Stella, di cosa tratta il libro di Danilo? «Questo libro è un insieme di articoli in cui Danilo riflette su qualcosa, dice il suo punto di vista, parla di ciò che lo fa arrabbiare». Lei offre tanto a Danilo ma sicuramente riceve più di quanto dà, è così? «Si, il nostro è uno scambio di amicizia basato sul dare e sull’avere». Alla maestra della scuola elementare

“VENTO DELL’ANIMA” Secondo libro di Maria Pia Basso

di Danilo, Mina Visonà, è stato chiesto: Il ricordo più bello? «Quando Danilo ha individuato i colori, è sempre stato affettuoso con tutti e disposto a comunicare con gli occhi». Come ha affermato Piero Ristagno, presidente dell’associazione culturale Nèon e editore del libro «Stare con lui è una cosa bellissima, si vive il tempo in modo rilassato». Graziella De Maria

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Nell’accogliente cornice della libreria Feltrinelli di Catania ha avuto luogo la presentazione del recente blibro della scrittrice dottoressa Maria Pia Basso. Il numeroso pubblico presente in sala è stato accolto dal garbo, dalla gentilezza e dal piacevole sorriso della scrittrice giunta alla sua seconda fatica letteraria. Relatore il dottore Salvo Fichera, stimato professionista che, conoscendo in profondità il pensiero dell’autrice, , ha egregiamente raccontato alla platea il senso e il cuore di “vento nell’anima”. Il titolo non è un caso perché importante nella storia di Arianna, la protagonista del racconto, è una canzone dei Pooh, gruppo musicale storico nel panorama della musica leggera italiana. Il brano dal titolo appunto “vento nell’anima” fa da colonna sonora alla tenera storia d’amore tra la protagonista e Gustavo, affascinante uomo, fisico nucleare, appena separato e con un figlio adottivo, Giulio, che ha un rapporto molto intenso con Arianna. Il libro, senza nessuna retorica, conquista fin dalle prime pagine il lettore, con un crescendo che inizialmente delinea i protagonisti in maniera quasi sommessa per poi aumentare sempre più, entrando “nell’anima” di Arianna e degli altri personaggi. La scrittrice, narrando la storia della protagonista, porta a riflettere sul senso della vita, dei momenti bui come di quelli sereni, in un susseguirsi di eventi che accomunano ogni essere umano. Tanti i temi importanti affrontati nel racconto, la difficoltà di crescere e il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, i travagli interiori vissuti di fronte ad un lutto che nega la vicinanza fisica con le persone care ma che non interrompe il rapporto d’amore che va ben aldilà della morte. Il rapporto con i genitori, spesso fonte di attrito, o segnato da un distacco quando manca la comunicazione che è sempre alla base di qualsiasi rapporto umano. Anche gli anziani che sono vicini a noi svolgono un ruolo importante, come la tenera figura di Adele, confidente di famiglia, che Arianna scoprirà invece essere la sua vera nonna materna. E che dire della scoperta a volte traumatica di figli che vengono a conoscenza di non essere i figli naturali di coloro che hanno sempre creduto i loro veri genitori. Questo e tanto altro è da scoprire pagina dopo pagina in “vento nell’anima” che a pochi mesi dalla sua pubblicazione è già un grande successo editoriale come il primo libro della dottoressa Basso “noi due”. Gabriella Puleo


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Festa di San Sebastiano

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IL SANTO AL CIMITERO Corone d’alloro alla cappella dei militari, preghiere e tanta commozione tra la gente

Ricordare i caduti, invocare la pace

Nel centenario della Prima Guerra Mondiale, il fercolo con il simulacro di San Sebastiano si è fermato al cimitero di Acireale per ricordare i caduti, i feriti e i dispersi di guerra, pregare per loro e invocare la pace nel mondo. Forte la commozione dei fedeli, una festa sentita quella di San Sebastiano. Senso di rispetto si legge dallo sguardo dei credenti, fiduciosi e protettivi nei confronti del Santo. Alla domanda “quanto è grande l’emozione che si prova in questa festa?” Rosa Grasso ha risposto: «Sin da piccola sono stata devota di San Sebastiano. Da cinque anni porto il voto, sono stata graziata. Gli acesi amano questa festa. Il 20 gennaio Acireale si ferma, non esiste per altro. Esiste solo per San Sebastiano. Non ci sono parole per spiegare l’emozione

che si prova, le lacrime scendono da sole». C’è anche chi partecipa alla festa seguendo una tradizione che si tramanda da padre in fi-

glio. Davanti alla cappella dei militari sono state deposte le corone di alloro dell’amministrazione comunale (con il sindaco

Roberto Barbagallo) e del Circolo San Sebastiano, momento accompagnato dalla fanfara dei Bersaglieri di Belpasso. Presenti le associazioni combattentistiche, civili e militari. Il sindaco di Acireale ha commentato, tra l’altro: “I soldati affidavano a San Sebastiano il loro destino e speravano in un ritorno. Viva l’Italia, viva Acireale, viva San Sebastiano!” A guidare la preghiera e benedire i fedeli padre Andrea Cutuli: “Ricordiamo il sacrificio di chi ha dato la vita per la patria. Invochiamo il nostro Santo martire, preghiamo per i fratelli caduti di guerra e per le vittime di ogni forma di violenza, per la pace nel mondo e per il rispetto della dignità umana. San Sebastiano, soldato di Cristo e nostro protettore, prega per noi”.

IL FERCOLO IN CITTÀ

Sosta davanti alla Basilica

Piazza Carmine

LA DEVOZIONE Il rapporto con il Santo passa anche dai simboli

Piazza Porta Gusmana

Non ci sono parole per descrivere pienamente i sentimenti provati dai numerosissimi devoti, durante la giornata dei solenni festeggiamenti in onore di San Sebastiano Martire: la grande fede ed il profondo legame con il Santo li spingono a recarsi fin dalle prime ore della giornata in Basilica, per aspettare in preghiera, con trepidante affetto, la svelata del simulacro. Gli uomini e le donne di Sebastiano accompagnano il fercolo per le vie cittadine, vivendo pienamente ogni singolo istante di questa lunga ed emozionante giornata. “I devoti non sono soltanto quelli che indossano l’abito votivo - ha affermato Nando Patti, rappresentante dei devoti -; quest’ultimo infatti è strettamente legato ad una promessa fatta al Santo per una grazia ed ha dei simboli ben precisi: il maglione beige simboleggia

Piazza Duomo

la nudità del Santo ed il colore rosso, al collo ed ai polsi, il martirio; il fazzoletto, secondo tradizione, veniva indossato, durante le epidemie di peste, per poter essere riammessi all’interno delle mura cittadine; la fascia è legata alle epidemie di peste, infatti, poiché la malattia si manifestava sotto le ascelle, serviva per rendere visibili eventuali residui; i piedi scalzi, come il Santo, per compiere il giro penitenziale. I devoti si dividono in portatori e non portatori: i primi ricevono per lascito il compito di spingere il baiardo, sono 58 ed hanno, secondo regolamento (redatto nel 2006 e modificato nel 2015), un’età compresa tra i 18 ed i 65 anni; gli altri si occupano di contenere la gente, lungo il giro penitenziale, creando dei cordoni, affinché il fercolo transiti in sicurezza”.

Rientro del fercolo in Basilica

IL FERCOLO ALLA VECCHIA STAZIONE La Fanfara dei bersaglieri di Belpasso e il grido “viva Sammastianu”

Il fischio del treno come cento anni fa quando si partì per la guerra In piazza Agostino Pennisi, vecchia stazione di Acireale si è omaggiato il Santo martire nel centenario del passaggio del treno sul quale partivano i combattenti della prima guerra mondiale (1916-2016). La Fanfara dei bersaglieri di Belpasso ha accompagnato l’attesa e i fuochi d’artificio il passaggio del treno. Don Sebastiano Battiato, vicario nella parrocchia sant’Antonio Abate di Aci San’Antonio, ha ricordato: “Cento anni fa i nostri fratelli partirono per combattere lasciando le loro famiglie, affidandosi a San Sebastiano. Quanto bisogno c’è di pace nel mondo! Chiediamo al Santo martire la pace nei nostri cuori, nelle nostre famiglie. Ogni uomo è nostro fratello, nessuno è nostro nemico. San Sebastiano è il soldato della pace. Dio la domenica ci aspetta in Chiesa, carichiamoci di Cristo. Divoti non semu muti”, i fedeli hanno risposto gridando in coro “Viva Sammastianu”..


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Festa di San Sebastiano

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IL FERVORINO Riflessione dai contenuti forti consegnata dal rettore ai fedeli durante l’uscita dalla Basilica

“Sebastiano è nudo, legato, ferito. È nudo: spogliato, umiliato, senza dignità. È legato: senza libertà. È ferito: trafitto dalle frecce, un bersaglio umano. Ma, pur essendo nudo, legato e ferito, è sorridente, con gli occhi aperti, con la corona sul capo. Non è perdente, non è sconfitto, è vittorioso! Ha vinto l’odio con l’amore, ha vinto la vendetta con il perdono! Acireale! Vinci anche tu. Rialzati dalle umiliazioni e dalle corruzioni! Acireale! Vinci anche tu. I tuoi legami siano legami di amore e non di violenza! Acireale! Vinci anche tu. Le tue ferite sono per la vita e non per la morte. Siano occasioni di misericordia! Acireale! Sebastiano non ti ha mai abbandonato in nessuna prova della tua storia. È rimasta con te durante la peste, durante le guerre…ha camminato e continua a camminare con te. Acireale vuoi anche tu camminare con lui? Vuoi continuare il tuo cammino con il glorioso martire? Allora forza e coraggio! Alza la tua voce, Acireale! Esprimi la tua devozione, mostra la tua fede, fai sentire il grido della tua fede!” Con queste parole il can. prof. Vittorio Rocca, rettore della Basilica Collegiata San Sebastiano Martire, ha concluso la sua riflessione consegnata ai fedeli, durante la Solenne Uscita del venerato simulacro del Santo: un’esortazione ad imitare u rizzareddu!

Pagine 6 e 7 a cura di Graziella De Maria e Antonella Agata Di Gregorio

IL COMITATO

“Acireale, vinci anche tu come Sebastiano” Guidati dal rettore 14 giovani operano per trasmettere il patrimonio di fede

Il Comitato per i festeggiamenti 2016 di San Sebastiano Martire è composto dal presidente, il can. prof. Vittorio Rocca, rettore della Basilica Collegiata San Sebastiano Martire, e da quattordici giovani: Giovanni Saitta, Orazio Frizzi, Gianluigi Pulvirenti, Paolo Di Mauro, Salvatore Rapisarda, Adriano Pittera, Andrea Mangano, Rosario Bella, Giuseppe Castorina, Michele Bottino, Rosario Fichera, Maurizio Rapisarda, Sebastiano Argentino, Salvatore Cannavò. Ogni anno il Comitato per i festeggiamenti, in sinergica collaborazione con i Canonici del Capitolo Collegiale della Basilica, organizza e promuove i solenni festeggiamenti in onore di San Sebastiano, a cui lavora assiduamente ed instancabilmente per un lungo periodo. L’impegno di ogni singolo membro, profuso con totale abnegazione, ha come obiettivo quello di trasmettere alle nuove generazioni il grande patrimonio di fede, costituito dalla pluricentenaria devozione degli acesi verso il giovane Sebastiano, intorno al quale, nel corso dei secoli, si sono costruite e tramandate particolari tradizioni. Questi giovani, svolgendo ognuno il proprio compito, contribuiscono a garantire l’esito positivo della grandiosa e complessa organizzazione dei festeggiamenti, con l’aiuto di altri volontari che, pur senza un impegno fisso e continuativo, offrono la loro collaborazione in onore del Santo Martire. Nel corso dell’anno, l’impegno profuso si esplica anche nella creazione ed organizzazione di tutta una serie di attività di matrice culturale, grazie alle quali la Basilica diviene punto nevralgico all’interno del panorama cittadino.

NEI QUARTIERI Manifestazioni di giubilo e commozione, al Sacro Cuore anche il suono delle sirene delle ambulanze

Caloroso abbraccio dei fedeli in tutte le “fermate” del “giro” cittadino Attraverso le vie e le piazze cittadine, il racconto della devozione verso Sebastiano, Santo di Misericordia, e delle diverse manifestazioni di questo profondo legame, tramandato tra le diverse generazioni, da padre in figlio, sin dai tempi più antichi, che ogni anno coinvolge un numero sempre più ingente di fedeli. In ogni quartiere un tripudio di colori, una grande commozione, manifestazioni di giubilo: i fedeli hanno accolto il venerato simulacro del Santo stringendosi intorno ad esso come in un abbraccio, affidandogli le gioie ed i dolori del loro vivere quotidiano. Dopo un’assenza di diversi anni, quest’anno San Sebastiano è stato accolto con enorme gioia dalla chiesa parrocchiale Sacratissimo Cuore di Gesù: un volo di palloncini rossi e coriandoli coloranti, accompagnati da un prolungato scampanio e dalle sirene delle ambulanze dell’adiacente sede della Misericordia, di cui il Santo ne è protettore.


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Festa di San Sebastiano

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IL PREDICATORE Don Gaetano Pappalardo collega la festa al Giubileo e ricorda l’esempio di Sebastiano

”Il nome di Dio è misericordia”

Come tutti sanno, quest’anno la Chiesa celebra il Giubileo straordinario della Misericordia. Il triduo di preparazione alla Festa di S. Sebastiano, che nella sua vita terrena fu un uomo ricco di misericordia, è un’occasione privilegiata per riflettere su alcuni aspetti di quello che San Giovanni Paolo II amava definire come «il più stupendo attributo del Creatore e del Redentore» (Giovanni Paolo II, Dives in Misericordia, 13). Il nostro tempo, pur caratterizzato da diverse contraddizioni, è pur sempre un kairós, ovvero un tempo opportuno. A tal proposito, Papa Francesco non si stanca mai di ricordarci come sia un tempo di misericordia: anche oggi, infatti, ci viene incontro Gesù Cristo che con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona rivela la misericordia di Dio. Gesù, che è «il volto della misericordia del Padre» (cf. Papa Francesco, Misericordiae Vultus, 1), così come, tanti secoli or sono, conquistò il cuore di Sebastiano e fece di Lui un apostolo della Divina Misericordia, ancor oggi vuole realizzare nella nostra vita meraviglie di grazia. Dunque siamo chiamati a non accogliere invano la grazia di Dio (cf. 2Cor 6, 1), anzitutto, attraverso un umile riconoscimento del nostro peccato. Scriveva San Giovanni in una sua lettera: «Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità» (1Gv 1, 8-9). L’umiltà, che come notava Gilbert Keith Chesterton, un grande autore del Novecento, è “madre dei

giganti”, non consiste in un pretestuoso disprezzo di sé. In verità, tutti abbiamo ricevuto in dono da Dio innumerevoli doni e talenti; ciascuno ha il dovere di utilizzare bene il patrimonio che gli è stato elargito. Affermava a tal proposito san Giovanni Crisostomo in una sua omelia: «Non offendere Dio. Se dici che il sole non può splendere, gli fai torto; se dici che il cristiano non può far del bene, offendi Dio e lo rendi bugiardo. È più facile infatti che il sole non scaldi e non brilli, che un cristiano non risplenda» (Giovanni Crisostomo, Om. 20, 4). Dal latino humus, terra, l’umiltà rimanda piuttosto alla capacità di “stare con i piedi per terra”, riconoscendo che, pur costituiti figli di Dio, rimaniamo creature fragili, sempre bisognose non solo del perdono di Dio, ma anche di quello vicendevole. Bisogna inoltre considerare come la Misericordia sia sempre una virtù a caro prezzo: basta contemplare un crocifisso per comprendere quanto sia costata a Gesù Cristo! San Sebastiano da parte sua ha voluto seguire da vicino il Maestro, fino al martirio. Egli ha fatto della sua vita un’attualizzazione di quella pagina evange-

lica in cui il Signore, rispondendo a San Pietro, spiegava che «non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà» (Mc10, 28-30). Se da una parte, infatti, non cercò di sfuggire alla persecuzione – da Milano si recò a Roma dove impeversava con più veemenza, allo scopo di aiutare i suoi fratelli nella fede – dall’altra l’affetto di innumerevoli devoti sparsi in tutto il mondo attesta che il Signore mantiene le sue promesse, superando largamente ogni umana aspettativa. Come ha osservato recentemente l’attore Roberto Benigni, presentando il libro intervista di Papa Francesco Il nome di Dio è misericordia: «La misericordia non è una virtù che sta seduta in poltrona! È una virtù attiva che si muove […]. La misericordia di Francesco non è una visione sdolcinata, accondiscendente o peggio ancora buonista della vita: è una virtù severa, è una sfida vera, ma non soltanto religiosa, teologica, una sfida sociale e politica». San Sebastiano tanti secoli fa ha raccolto questa sfida, giorno dopo giorno, compiendo il suo dovere in maniera ineccepibile; mettendo a repentaglio la propria vita, pur di rendersi utile e di testimoniare la propria fede; pregando per la città che lo perseguitava. Un esempio tanto grande chiede non soltanto di essere ammirato, ma – almeno in parte – imitato. Che la sua intercessione presso il trono dell’Altissimo ci aiuti in questo affascinante itinerario di santità! Don Gaetano Pappalardo

Il martirio e la gloria del “defensor fidei” negli affreschi del XVIII secolo opere dell’acese Pietro Paolo Vasta La basilica di San Sebastiano martire di Acireale rappresenta un interessante scrigno di opere artistiche che nei secoli si sono sommate e che nel loro insieme costituiscono una compiutezza di stile che fa percepire la devozione che Acire-

ale ha avuto e che continua ad avere nei confronti del Santo bimartire. Architettura, scultura, pittura, arti decorative: in essa si esprimono al meglio, quasi a voler rappresentare un campionario di possibilità che mettono in luce le tante forme di espressione della fede dei nostri padri. Fin dall’esterno della chiesa lo sguardo è invitato a guardare verso l’alto, a contemplare quel carico di sculture che fanno percepire come nessuna cosa sia lasciato al caso. Da un lato storia e arte, rappresentate da pietre secolari che l’estro e i canoni artistici hanno eretto, dall’altro il paradigma dell’uomo salvato da Cristo, bi-

sognoso di conversione e in cammino verso la casa del Padre. Ecco l’invito ad entrare, per cercare quel legame indissolubile che solo l’arte sacra sa esprimere al meglio. Lo stesso mescolarsi di angeli e santi tra mostruosi mascheroni è segno della continua lotta tra il bene e il male, tra la vita e la morte, elemento distintivo del barocco siciliano. Varcando la soglia si rimane affascinati dalla solarità dell’interno ed è soprattutto nella zona presbiteriale che si raggiunge uno dei punti massimi della pittura settecentesca ad Acireale. Dietro il compenso di 150 onze, Pietro Paolo Vasta, a metà degli anni Trenta del XVIII secolo, ebbe modo di esprimere tutta la sua maestria proprio per il filo narrativo che lega le varie scene, creando un equilibrio tra la committenza ecclesiastica, il gusto del popolo e i suoi ideali estetici. Sulla parte sinistra è il Martirio di San Sebastiano: nonostante si tratti di una scena di supplizio, è una vera e propria festa barocca. Non c’è la tendenza a rappresentare il Santo isolato, ma la scena si anima di molteplici personaggi tra cui emerge la serenità dello sguardo di Sebastiano, non più rivolto verso terra ma verso l’alto, verso l’Eterno. Segue la scena di San Sebastiano soccorso dalle pie donne: è una delle più teatralmente narrative, «uno dei dipinti più maravigliosi creati dal pennello di Paolo» diceva il Vigo. È intenso il gioco di sguardi e di mani. Anche questo episodio fa riferimento alla Passio Sancti Sebastiani nella quale si dice che il corpo del Santo era completamente ricoperto da frecce tanto da «farlo sembrare un riccio ricoperto da aculei». Sebastiano non era ancora morto e le donne, che volevano seppellirne il corpo, con somma gioia, si accorsero che il Santo ancora respirava. Nel catino Papa Caio accoglie San Sebastiano

che viene proclamato defensor Fidei, come è scritto sullo scudo del fanciullo che guarda verso l’osservatore. A seguire la scena di San Sebastiano che incontra Diocleziano, è quella del coraggio e della meraviglia, poiché la presenza di Sebastiano dinanzi all’imperatore suscita sbalordimento. Sulla parete di sinistra la Morte di San Sebastiano conclude il percorso terreno del miles Christi. L’occhio dell’osservatore entra nel racconto attraverso lo sguardo del bambino che si agita nel grembo della madre. I suoi occhi innocenti vogliono alludere all’innocenza del Santo che non aveva fatto altro che predicare ciò in cui credeva. Attorno alla figura del Santo anche qui ruotano i suoi carnefici, pronti a sferzare i colpi con mazze di ferro chiodate e, mentre un vecchio mostra un idolo pagano, ecco arrivare un angelo che porta la corona e la palma del martirio. Si spalancano quindi i cieli: la rappresentazione della Gloria di San Sebastiano della volta sembra dilatare lo spazio che si apre verso l’esterno. La scena ruota attorno alla glorificazione del Santo culminando con la figura del Padre che irradia lo Spirito Santo, segno di quell’amore trinitario che va verso Gesù il quale porge la corona a Sebastiano: è la vittoria ed il premio definitivamente raggiunto per aver scelto senza esitazioni la sequela di Cristo. Dall’altare quindi è un chiaro invito a seguire «il comandante che mette in fuga ogni ogni male». Antonio Agostini

FERCOLI DELLA DEVOZIONE In mostra nella chiesetta di S. Antonio di Padova miniature in materiali diversi

Manufatti che confermano una fede profonda Uno sparo di mortaretti ed un prolungato festoso scampanìo hanno salutato nel tardo pomeriggio di lunedì 11 gennaio l’inaugurazione della mostra ‘I fercoli della devozione’. Giunta alla sua quarta fortunata edizione, la rassegna, che si propone tra i momenti propedeutici all’ attesa festa annuale, ha consentito ai numerosissimi presenti l’ammirazione di diverse miniature del fercolo di san Sebastiano, compatrono della città. Non è stata casuale, come già per le tre precedenti edizioni, la scelta della sede ove la rassegna è ospitata, se si pensa che l’antica chiesetta era inizialmente dedicata proprio al santo bimartire (tanto che vi si conserva, nei locali della sagrestìa l’antica cappella che custodiva il venerato simulacro del santo) e lo rimase finchè non fu ultimata la costruzione dell’attuale maestosa e poco distante Basilica. Il presidente del gruppo ‘I fercoli della devozione’ Salvatore Leone ha sottolineato come la mostra sia un’autentica testimonianza del continuo aumento della devozione verso il

Santo tra i giovani e non una gara tra espositori con inevitabili vincitori e vinti. Non ci sono, dunque, i tradizionali ‘ricchi premi e cotillons’, ma solo il riconoscimento unanime della estrema perizia con cui ragazzi e giovani gioiosamente si cimentano nella complessa realizzazione di tanti piccoli capolavori. Sono diverse le opere esposte nell’ambito della mostra; miniature di fercoli e di varette, ma anche quadri e foto, sia d’epoca che recenti, a testimonianza di una festa per la quale l’entusiasmo si rinnova di anno in anno, a dispetto dell’inesorabile trascorrere del tempo. I piccoli preziosi manufatti sono principalmente realizzati in legno, con lamierino cesellato per le parti esterne, mentre la parte inferiore (il baiardo, tradizionale struttura di sostegno della macchina processionale) è realizzata in ferro. Gli espositori sono tutti ragazzi e giovani che si cimentano con impareggiabile maestrìa e con particolarmente sentita devozione nella realizzazione dei manufatti. All’interno della mostra sono presenti di-

ciassette opere; oltre ai fercoli in miniatura è possibile ammirare quadri e foto d’epoca e recenti. Tra le opere esposte è possibile ammirare una ricostruzione del transito del treno presso la vecchia stazione di Acireale con i militari in partenza per il fronte bellico durante il primo conflitto mondiale ed il festoso saluto rivolto al santo; l’evento ci riporta indietro al 20 gennaio 1916 e proprio quest’anno se ne solennizzerà la ricorrenza del centenario con la sosta del simulacro del santo a bordo del fercolo presso il monumento dei caduti all’interno del cimitero di Acireale. In uno tra i quadri d’epoca sono effigiate alcune storiche figure che, nel tempo, hanno reso la festa di san Sebastiano un momento sempre particolarmente importante ed atteso; tra costoro, mons. Biagio Catania, per anni Decano della Basilica, ed i due maestri di vara, Pittera e Mangano. Infine, la più antica tra le miniature esposte è stata realizzata nel lontano 1938. Nando Costarelli


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DIOCESI Padre Vittorio Sinopoli sulla festa del mezzo secolo di vita della Parrocchia “Regina Pacis” di Giarre

Cinquant’anni di crescita nella fede Era l’8 dicembre del 1965 quando veniva aperta al culto la parrocchia Regina Pacis di Giarre. In questi cinquant’anni si sono succeduti alla guida della comunità parroci che hanno contribuito a fare la storia della presenza cattolica nella cittadina jonico-etnea: l’ultranovantenne don Giuseppe Pappalardo, l’attuale arciprete del Duomo don Antonio Russo, e, affidata dal 2003 alle cure pastorali dei Missionari Servi dei Poveri (i padri bocconisti del beato Giacomo Cusmano), padre Francesco Panzera e l’attuale parroco padre Vittorio Sinopoli. “Abbiamo inaugurato l’anno giubilare –precisa padre Vittorio- l’8 dicembre 2014 con una solenne concelebrazione eucaristica presieduta dal vescovo di Acireale mons. Antonino Raspanti” Numerosi sono stati i momenti celebrativi durante l’anno giubilare. “Tra questi –continua il dinamicissimo parroco- tre settimane mariane col simulacro della Madonna di Medjugorie, la settimana eucaristica dello

scorso ottobre culminata con la missione popolare sul tema <<La Chiesa: famiglia in comunità>> animata dai padri, dalle suore e dai consacrati Servi della Parola”. Non sono mancati altri appuntamenti indimenticabili: durante l’anno giubilare è stata ottenuta dalla Segreteria Apostolica l’indulgenza plenaria; a maggio un gruppo di parrocchiani si è recato in pellegrinaggio per partecipare all’udienza generale di Papa Francesco.

“Al termine dell’udienza –ricorda emozionato padre Vittorio- Sua Santità ha benedetta la Corona che si trova sul capo del simulacro del simulacro di Maria Regina della Pace”. Due concerti di musica colta hanno celebrato l’anniversario: il 7 dicembre il gruppo vocale Sine Nomine ha proposto il “Llibre Vermell de Montserrat” e l’8 la corale polifonica Jonia, diretta da Giuseppe Cristaudo, ha eseguito brani ispirati alla misericordia. “In questo quartiere, ormai da anni in crescita –afferma il parroco- la parrocchia rappresenta un punto cardine per tutti i componenti delle famiglie, piccoli, adulti ed anziani. Sono ben frequentate le attività pastorali: catechismo, Azione Cattolica, la Caritas ogni mercoledì distribuisce generi di necessità, e non mancano momenti ricreativi e ludici, come ad esempio l’attività teatrale”. Nell’adiacente Centro Sociale Cusmano sono stati accolti alcuni minori immigrati. “A fronte dell’invito continuo e pressante del Papa, che ci esorta a testimoniare coi fatti, ricordiamo una frase cara al Beato Cusmano: predicare la fede con la carità delle opere. L’auspicio –conclude padre Vittorio- è che il cinquantesimo non sia stato solo una tappa storica raggiunta, bensì occasione in cui si acquista maggior consapevolezza che nella Chiesa siamo chiamati all’edificazione del Regno di Dio nel servizio ai fratelli”. Mario Vitale


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INTERVISTA Don Giuseppe Russo spiega il senso dell’“Anno per la vita consacrata” che si chiuderà il 1° febbraio

“Bisogna donare Misericordia” LETTERA

Don Russo. “Apriamo mente, cuore e vita alla bontà di Dio”

Carissimi fratelli e sorelle, martedì, 2 febbraio p.v. – giornata annuale della Vita Consacrata –, a Roma, si chiuderà l’Anno che il santo Padre ha voluto dedicare alla riscoperta, alla riflessione e al rinnovamento della Vita Consacrata. Nella nostra Diocesi lo chiuderemo, in Cattedrale, la vigilia (lunedì 1 febbraio) e nel contempo celebreremo il Giubileo per tutti i consacrati. Il raduno è previsto nella Basilica dei Santi Pietro e Paolo, alle ore 18.00, per il rito della luce con la benedizione delle candele, quindi, in processione, ci recheremo in Cattedrale entrando per la “PORTA SANTA” per ottenere l’indulgenza del Giubileo alle solite condizioni; seguirà la concelebrazione dell’Eucaristia, presieduta dal Vicario Generale, Mons. Guglielmo Giombanco. Vi prego di mettere in agenda questo speciale ed esclusivo appuntamento al quale siamo invitati a partecipare, dando – vista la singolarità dell’evento – opportuna precedenza di fronte ad altri eventuali impegni. Rispondiamo all’invito del Signore che abbiamo ricevuto attraverso il profeta nel giorno dell’Epifania del Signore, invito rivolto certamente a tutti i battezzati ma particolarmente rivolto a ciascuno di noi: “Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te”. Siamo chiamati, dunque ad accogliere la luce che ci viene dalla culla di Betlemme e siamo anche mandati a portarla ai nostri fratelli, a cominciare dai più prossimi fino ai più lontani, e a questo mondo dove ancora “la tenebra ricopre la terra” e dove ancora “nebbia fitta avvolge i popoli” (cfr Is. 1,1-2): il dono che abbiamo ricevuto diventi luce e splendore nel cammino dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. Se apriamo la nostra mente, il nostro cuore e la nostra vita alla benignità e alla bontà misericordiosa di Dio, certamente Egli agirà in noi e, attraverso di noi, giungerà come dono di grazia a tanti uomini bisognosi di soccorso, di solidarietà, di tenerezza, di comprensione e di perdono. Abbandoniamoci nelle braccia misericordiose del Padre, all’opera redentrice del Figlio suo e alla luce che viene dal suo Santo Spirito, perché, sostenuti dall’intercessione materna di Maria, possiamo rinnovare il nostro fervore e il nostro slancio carismatico nell’accoglienza del Regno di Dio e nel nostro saperci spendere a favore dei più diseredati. In attesa di incontrarci per tale significativo appuntamento, auguro e impetro dal Signore per tutti, servi fedeli del padrone della Vigna, ogni dono e un cammi¬no fruttuoso e ricco di grazia in questo Anno Santo della Misericordia. Cari e cordiali saluti. Vostro nel Signore

don Giuseppe Russo

Martedì 2 febbraio a Roma, si concluderà l’Anno che il santo Padre ha dedicato al rinnovamento della Vita consacrata. La Diocesi di Acireale lo chiuderà, in Cattedrale, giorno 1 e celebrerà il Giubileo per tutti i consacrati. Don Giuseppe Russo, cosa significa Vita Consacrata? «Un tempo uomini e donne seguivano Gesù come discepoli, dedicavano la loro vita a Lui. La Chiesa, dopo la morte di Gesù, si espanse con piccole comunità, i Padri fondarono istituti come il San Benedetto, il San Giovanni della Croce, nacquero i primi Consacrati. I Consacrati hanno i voti di castità, povertà, obbedienza. Oltre gli istituti religiosi, ci sono quelli secolari laici. I religiosi hanno l’impegno del vestito e di vivere in comunità, i secolari vivono nelle loro famiglie, non fanno parte di congregazioni, rispettano i voti, devono rendere conto su come spendono i loro soldi per gli abiti, per il cibo,

vengono seguiti per la confessione». Come si celebrerà il rito giorno 1? «Ci riuniremo alla Basilica dei Santi Pietro e Paolo, si benediranno le candele – Cristo luce del mondo – , ci si recherà in Cattedrale con le candele accese entrando per la Porta Santa. Ci sarà la celebrazione della Messa alla

come si presenta la situazione? Non abbiamo fatto moltissimo. Le suore si riuniscono per i riti e fanno un pellegrinaggio. Quest’anno abbiamo fatto un’assemblea in Cattedrale in merito alla Vita Consacrata. Ora ci saranno cinque incontri, quasi uno ogni due mesi. Uno lo terrà il vescovo, si sta invitando un

quale parteciperanno tutti. Ognuno dirà il Credo e il Padre Nostro per ricevere l’indulgenza. Questo è un impegno di vita nuova, bisogna donare misericordia. La celebrazione sarà giorno 1 per riunirci tutti, suore e preti». In merito al bilancio,

cappuccino francescano di Caltagirone, una teologa di Palermo, una laica. Quali sono le finalità di questi incontri? «Consultarsi sul convegno di Firenze, riflettere insieme sia religiosi che religiose. Si farà un pranzo insieme, ci si

GIUBILEO Introduciamo le Opere di misericordia corporali e spirituali

Prendersi cura dell’uomo che ha bisogno Continuando la nostra rubrica iniziata il mese scorso, riguardo al “Giubileo Straordinario della Misericordia”, riflettiamo adesso sulle cosiddette “Opere di misericordia”. Iniziamo dando uno sguardo generale sul loro significato, per poi affrontarle singolarmente. Nella Bolla di indizione: Misericordiae Vultus, al n.15, Papa Francesco esorta il popolo cristiano a riflettere sulle opere di misericordia corporali e spirituali, scrivendo: “E’ mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza

spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina. La predicazione di Gesù ci presenta queste opere di misericordia perché possiamo capire se viviamo o no come suoi discepoli. Riscopriamo le opere di misericordia corporale: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, ospitare i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti. E non dimentichiamo le opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammoni-

DIOCESI Nell’Ufficio per l’insegnamento della religione cattolica subentra don Raciti

Don Lanzafame, 30 anni entusiasmanti alla guida dell’Irc Don Vincenzo Lanzafame, lascia la guida dell’Ufficio dell’Insegnamento della Religione Cattolica e della Pastorale scolastica della Diocesi, per fare posto a don Sebastiano Raciti, parroco della chiesa San Paolo, nonché direttore spirituale regionale dell’Azione Cattolica. Il cambiamento era già nell’aria e si è concretizzato in occasione del consueto incontro dello scambio di auguri di Natale dei docenti di religione, quando il vescovo Nino Raspanti ne ha dato ufficialmente notizia. Trent’anni di incarico in cui don Vincenzo è stato l’indiscusso protagonista e il sensibile testimone dei cambiamenti, anche radicali, che il docente di religione ha dovuto affrontare a partire dalla Prima Intesa del 1985, passando dalle Tre Intese dell’85 -90- e sua revisione e dalla Nuova Intesa del 2012. Anni di trasformazioni così profonde della società, da ripercuotersi sia sul ruolo del docente di religione, sempre più inserito nel quadro delle finalità della scuola, che sulla sua formazione professionale. Gli effetti più tangibili di questo cambiamento sono stati indubbiamente la modifica dei titoli di accesso all’insegnamento e il concorso per l’immissione in ruolo. Padre Lanzafame ha esercitato il suo ruolo con competenza, passione e umiltà, grandi qualità che ha mostrato soprattutto nel delicato compito di assegnazione di incarichi e supplenze dove,vero e proprio pioniere, è stato il primo a fare uso della graduatoria, quale strumento di chiarezza e di imparzialità. Ciò gli ha valso l’apprezzamento della CESI (Conferenza Episcopale Siciliana) che gli ha assegnato l’incarico di responsabile regionale dell’IRC per la Sicilia. - Don Vincenzo, come definirebbe questi anni? “Un’avventura piacevole, anche se rischiosa. Devo ringraziare madre natura di avermi dato questo carattere, perché altrimenti non avrei potuto svolgere per tutto questo tempo un incarico tanto delicato, assegnatomi nel lontano 1986, dall’allora vescovo, mons. Bacile”. - Come è giunto a questo incarico? “Io ho percorso tutte le tappe: sono stato vicepreside ed anche preside incaricato al Magistrale. Ho avuto la fortuna di avere accanto un dirigente meraviglioso, Nino Leotta, il quale si fida-

confronterà su varie realtà e tematiche». Cosa ne pensa sulla vocazione religiosa di oggi? « Oggi c’è una crisi esistenziale che si fa sentire. Le famiglie devono essere curate a livello ecclesiale. In genere, le famiglie non vanno neanche a Messa, devono impegnarsi. Il problema è amplio. La famiglia è una piccola Chiesa, i genitori sono i sacerdoti della casa. Spesso le famiglie non sono preparate e formate. Occorre chiedersi: come coltivo la mia fede? Che vita sacramentale faccio? Bisogna vivere la gioia della fede, donarla agli altri, reimpostare tutto». Si è pensato a realizzare un corso di formazione per le famiglie? «Si, giorno 22 inizierà un corso nella parrocchia S. Maria degli Angeli che si intitola La famiglia oggi, giardino da coltivare o la terra di nessuno? Si incontreranno i giovani e le famiglie. La gente parteciperà? ». Graziella De Maria

va ciecamente di me e mi ha consentito di maturare un’esperienza non indifferente sul piano organizzativo scolastico. Da qui ad applicare gli stessi criteri all’Ufficio dell’IRC il passo è stato breve, anche se difficile. Ricordo che alcuni vescovi non gradivano che venisse fatta una graduatoria, in quanto ritenevano preminente il mandato del vescovo”.In tutti questi anni come ha visto crescere la figura del docente di religione? “All’inizio i docenti erano paurosi e titubanti. Io li ho seguiti molto,organizzando frequenti riunioni in cui mi è stata di grande aiuto Barbara Condorelli,con la quale mi sono sempre confrontato. Man mano il docente è diventato sempre più preparato, formato e competente e questo gli ha consentito di sviluppare una professionalità che ha dato grande dignità al suo ruolo”. - Qual è il ricordo più bello di questi anni? “Il sorriso dei docenti. Abbiamo creato un rapporto basato sull’amicizia e sul rispetto reciproco”. - E quello più brutto? “Non ce ne sono stati. Forse il disagio di intervenire con qualche docente a motivo del suo comportamento professionale”: - Come ha appreso del cambio di guardia? “Da tempo avevo manifestato al vescovo la volontà di lasciare l’incarico, perché una mia ulteriore permanenza avrebbe tolto la possibilità a qualcun altro di formarsi adeguatamente. Era necessario fare spazio. Il giorno in cui sono stato convocato dal vescovo ho trovato ad attendere anche padre Raciti ed ho chiesto, candidamente, chi dei due dovesse entrare per primo. Mi sono sentito rispondere: “Ma entrambi!” E lì ho capito. Il vescovo non poteva fare scelta migliore. Padre Raciti ha il mio carattere, è stato docente al Seminario, è buono e paziente e sarà supportato egregiamente da Barbara Condorelli che, nel frattempo, è stata nominata vice direttore. Il giorno dopo avere appreso la notizia mi sono affrettato a spedire al vescovo una piccola torta con la scritta:Bravo- Grazie, perché mi sento felice delle scelte fatte”. Mariagrazia Patanè

re i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti”. Ma cosa sono queste opere di misericordia corporale e spirituale? Una definizione delle opere di misericordia la troviamo nel Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2447, in cui si legge: “Le opere di misericordia sono azioni caritatevoli mediante le quali aiutiamo il nostro prossimo nelle sue necessità materiali e spirituali”. Continuando ancora la lettura del Catechismo della Chiesa Cattolica si legge come l’ indigenza fisica e i bisogni spirituali, nelle loro molteplici manifestazioni, sono il segno di quella debolezza congenita in cui si trova l’uomo dopo il primo peccato e della necessità che ha di essere salvato. Per questo motivo la miseria umana suscita la compassione di Cristo Salvatore, che ha voluto caricarla su di sé ed ha voluto identificarsi con i “più piccoli dei suoi fratelli”. Da tutto questo si comprende la doverosa attenzione di ogni cristiano a quelli che sono i bisogni di ogni uomo. Ad imitazione del Cristo che si china sull’uomo ferito da qualsiasi debolezza corporale e spirituale, il cristiano è chiamato a partecipare allo stesso sentire di chi è più nel bisogno. Compiere le opere di misericordia dunque, diventa uno stile di vita del cristiano che non deve sentirsi mai superiore a chi rivolge la sua attenzione, ma deve vedere nel fratello a cui presta la sua attenzione, il volto di Cristo sofferente, e come scrive s. Paolo: “Chi fa opere di misericordia, le compia con gioia” (Rm 12,8 ). Tutti abbiamo bisogno di misericordia, di quell’amore di cui Dio ha donato e dona continuamente a ciascun uomo. Attuando l’invito di Gesù, quello cioè di essere misericordiosi come lo è il Padre che è nei cieli, il cristiano attualizza la sua autentica vocazione che si fa forte solo della fede in Gesù Cristo, così come leggiamo nella Bolla di indizione. Letizia Franzone

dalla prima

Giubileo a Valverde Durante l’omelia, il vescovo ha attenzionato il significato della parola “oggi” secondo Gesù: «Gesù quando dice oggi intende dire con la mia presenza, perché ci sono io. Oggi indica il tempo in cui Lui è venuto, i cuori e le menti di coloro che lo accolgono. Riempirci di Dio vuol dire ricevere la salvezza. Oggi la salvezza è nelle nostre vite, nei nostri cuori. Che Maria Santissima ci aiuti ad aprire il cuore. Questo è il mio augurio». Al sindaco D’Agata abbiamo chiesto: Cosa ne pensa di questo evento? «Evento molto bello, conosco monsignor Raspanti. È un uomo di grande cultura. Ho letto il suo libro su Giovanni Pico della Mirandola. La riapertura di questa chiesa mi riempie di orgoglio, abbiamo accelerato i tempi, importante è il ruolo della Confraternita». - Quali sensazioni ha provato? «È stata un’emozione, un piacere nel vedere il vescovo qui tra noi. Oggi è anche la festa di San Francesco di Sales che come motto aveva “umiltà e dolcezza“». - Perché la chiesa è stata chiusa per un periodo così lungo? «La chiesa aveva gravissimi problemi strutturali». G. D. M.


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Cronaca

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SANTA VENERINA Un gruppo di artigiani si mettono insieme per fare conoscere meglio i loro prodotti di qualità

Ferro battuto, ceramiche, vini, liquori e dolci

Conoscere a fondo le tradizioni di una parte del territorio etneo, portare con se dei ricordi e delle esperienze indimenticabili. Nasce da un’iniziativa spontanea, da un vivo desiderio di farsi conoscere e dire a testa alta che l’Etna è un posto meraviglioso fatto da tanti piccoli centri che nulla hanno da invidiare a quelli ben più noti. Stiamo parlando di “Arti-

giano-artistico Santa Venerina” che vede insieme alcuni rappresentanti del settore agro-alimentare e dell’artigianato artistico di Santa Venerina intorno, più che a un progetto, a una sfida: attrarre i turisti di passaggio dal paese diretti al vulcano.

“Artigianato-artistico Santa Venerina” è il titolo che hanno scelto per la brochure illustrativa. Il turista-lettore consultandola vi scorgerà delle eccellenze: il ferro battuto di Arredilferro, fondata nel 1923 da Nino Fichera, dove tradizione e genialità passano dalle mani di Alfio e Nino Fichera dando vita a sculture oggi apprezzate anche all’estero; i liquori della distilleria “storica” del cavaliere Rosario Giuffrida, oggi gestita dall’imprenditore Mariano Caggegi, fondata nel 1865 da Sebastiano Giuffrida e poi ereditata nel 1928 dal figlio Rosario, che fu il primo sindaco di Santa Venerina; le preziose ceramiche e gli utensili della viticoltura del “Museo del Palmento”, un vero e proprio tesoro tanto da essere posto sotto il vincolo della Soprintendenza dei beni culturali di Catania, dove è possibile ammirare la creatività di Christiane Amblard, ceramista per passio-

ne; e poi ancora i vini doc dell’azienda agricola “Emanuele Scammacca del Murgo” situata all’interno della spettacolare Tenuta San Michele; infine, i dolci e in particolare la frutta di pasta reale realizzata minuziosamente da Nevia Russo dell’omonima pasticceria di famiglia sorta nel 1880. Ad onor di cronaca è doveroso aggiungere che a Santa Venerina altre aziende hanno fatto parlare di sé e meritano una sosta di quanti vorranno cogliere questo invito che i maestri artigiani hanno lanciato. Quello di “Artigianato-artistico Santa Venerina” è un bel segnale perché dimostra la forza imprenditoriale di un territorio, la voglia di mettersi in gioco e di farsi conoscere, di farsi promotori egli stessi con le compagnie che organizzano i tour sull’Etna. E perché no, al tempo stesso rappresenta un messaggio rivolto a chi questi territori sono chiamati ad amministrarli per il loro sviluppo. E che quest’ultimo passi soprattutto dalla capacità del turismo è oramai un dato assodato. Domenico Strano

CONFERENZA - DIBATTITO AD ACIREALE

Giustizia-informazione, un rapporto che va corretto “In nome del popolo italiano”: da queste parole con cui iniziano tutte le sentenze pronunciate dai tribunali italiani ha preso spunto una conferenza-dibattito, organizzata dai consiglieri comunali di Acireale Sabrina Renna e Riccardo Castro presso i locali dell’ex “Angolo di Paradiso”, dal significativo sottotitolo: “Assolti dalla Legge e condannati dalla società? Tra distorsione dei media e verità processuale”. I temi del dibattito, come è facilmente intuibile, sono stati quelli della Giustizia in Italia: tutela dei diritti (in primis quello alla difesa dell’indagato), lentezze, costi e disfunzioni del sistema giudiziario, carcere e reinserimento del condannato; il tutto alla luce del rapporto (spesso distorto) tra mondo dell’informazione e verità processuale. A moderare l’incontro sono stati l’avv. Enzo Di Mauro e il blogger Mario D’Anna. Sono intervenuti Flavia Panzano (magistrato del Tribunale di Catania), Enrico Trantino (avvocato penalista del Foro di Catania), Mario Barresi (giornalista del quotidiano “La Sicilia”) e Raffaele Sollecito, autore del libro autobiografico “Un passo fuori dalla notte”, in cui racconta la sua personale esperienza di indagato, processato ed, infine, prosciolto per la morte della studentessa inglese Meredith Kercher (avvenuta a Perugia nel 2007). Ripercorrendo la vicenda personale e processuale di Sollecito, gli intervenuti, in rappresentanza del mondo della magistratura, dell’avvocatura e del giornalismo, hanno evidenziato i rischi di un’eccessiva sovraesposizione mediatica, che finisce per avere dei riflessi negativi sulla conduzione delle indagini e sulla stessa dinamica processuale. A volte, comunque, non sono estranei a questa “spettacolarizzazione” del processo neppure i vari soggetti coinvolti (inquirenti, avvocati, magistrati, indagati). Tutti hanno convenuto, quindi, che occorre porre un argine a tali fenomeni distorsivi per garantire maggiore rispetto dei diritti dell’individuo: dell’indagato/imputato alla difesa, dell’opinione pubblica alla corretta informazione e del cittadino alla punizione dei reati. Ciò per evitare che qualcuno finisca ingiustamente nel “tritacarne” mediatico e si trovi ad essere condannato sui giornali o in televisione prima ancora che si celebri il processo o, addirittura, si concludano le indagini. Centrale e decisivo, quindi, è il tema del rapporto tra diritto e informazione, che va ricondotto nell’alveo del rispetto delle norme di legge e delle regole deontologiche, anche alla luce di una recente pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, secondo la quale il diritto di cronaca non può mai ledere il principio della presunzione di non colpevolezza. La serata si è poi conclusa con interventi e domande dal pubblico sui temi dell’incontro. Guido Leonardi


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