LA Jonio VOCE Anno LXII - N. 4
Aprile-Maggio 2019
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Domenica 26 maggio
Al voto per realizzare l’Europa che sogniamo Tra pochi giorni, quali cittadini dell’Unione Europea, saremo chiamati al voto per il rinnovo degli organi di Governo, a cui affidare il delicato e necessario compito della formazione di una identità europea che serva al mondo di oggi e che si proietti con fiducia verso il futuro. Mi piace richiamare alla memoria quel sogno che spinse i Fondatori, portatori di un ideale comune, a formulare le prime regole per una convivenza pacifica e stabile, accompagnata da benessere economico e sociale tra gli Stati aderenti, autonomi ma interdipendenti. Le regole condivise avrebbero mantenuto l’identità di ogni popolo e consentito un movimento di interscambio ma anche arricchito le competenze e le possibilità di concorrenza oltre i confini degli Stati aderenti e offerto maggior potere per stipulare accordi e convenzioni alla pari con altri Stati Sovrani del mondo intero. Certamente il sogno non era facile né semplice da realizzare, specialmente se pensiamo che gli stessi Stati avevano combattuto due guerre mondiali e tanto sangue umano era stato sparso e tanto odio covava nel cuore di molti. Bisognava pensare a sanare queste ferite e risollevare gli animi di tutti i cittadini che, solo se animati da spirito di fratellanza e di capacità di perdono, si potevano superare. L’Europa era radicalmente cristiana ma i popoli erano tutti diversi: ebrei, zingari, vicini di casa invasori e pericolosi, molto odio e diffidenza attraversava il cuore dei più. Eppure, all’indomani della guerra, era il 1950, Robert Schuman annuncia la necessità di tendere la mano al nemico e di affratellare i popoli per dissolvere l’odio e aiutare i più deboli. La Francia si pacifica con la Germania e nasce la solidarietà, che costituisce il cemento che lega popoli e Stati, tutti insieme, non io e nemmeno il mio popolo per primo, ma il più debole, il più bisognoso, uomo o popolo, ha diritto di precedenza. Tutto questo non può essere trascurato, perché ne costituisce la radice, la ragione di fondo. Non si tratta allora di decidere chi comanda e di chi obbedisce in Europa, bensì di formulare programmi e procedere a interventi che riducano, fino ad estinguere, le cause di malessere, e orientarsi a realizzare eguaglianza e giustizia sociale, pace e sicurezza, lavoro e benessere, mediante controlli e verifiche, scambi e cooperazione per raggiungere obiettivi che vadano oltre quelli riguardanti i residenti ma si aprano agli orizzonti dell’intera umanità. Teresa Scaravilli (continua a pag. 2, pagine 12 e 13 speciali)
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Periodico cattolico fondato da Orazio Vecchio
Fumettistica
diocesi- 1
Etna Comics 2019 dal 6 giugno a Catania Mostra sugli 80 anni dell’Uomo Pipistrello Mario Vitale
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diocesi - 2
“A tavola c’è più gusto” Festa incontri dell’Acr Concluso il percorso iniziato in autunno
Pastorale Giovanile alla Casa don Milani Due giorni intensi riflessioni e spiritualità Grazia Spinella
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Claudio Sgroi
Acireale La Festa dei fiori cambia nome e segna un aumento di forestieri presenti
Due Carnevali e tanti turisti
Successo che conferma l’opportunità dell’offerta di eventi in primavera E dopo la pausa di quaresima e della Pasqua, è ripreso il carnevale acese. Sì, perché quest’anno per la prima volta si è parlato di “Carnevale dei fiori” e non più di “Festa dei fiori” (come nelle precedenti edizioni). Per cui si è avuta la netta impressione che il più bel carnevale di Sicilia sia stato semplicemente sospeso per dare spazio alla quaresima ed alle celebrazioni di Pasqua, per poi riprendere a fine aprile. Solo il clima era un po’ diverso (ma non tanto, poi, visto come sta andando quest’anno il tempo) Nino De Maria (continua a pag. 2)
intervista Evidenziato un deficit di circa 350mila euro nella gestione della festa di Re Burlone 2019
L’on. Nicola D’Agostino: “Crac di Carnevale” Dopo l’interrogazione del deputato regionale Luca Sammartino, che chiedeva chiarezza sulle procedure per l’affidamento della gestione delle aree di sosta e sul ticket d’ingresso del Carnevale di Acireale 2019, adesso è l’onorevole Nicola D’Agostino che punta i riflettori sull’ultima edizione della grande kermesse carnascialesca, dopo la conclusione della “Festa dei fiori” con la sfilata dei carri infiorati. Ma cosa è successo “dietro le quinte” di questa manifestazione che ogni anno attira visitatori da ogni parte d’Italia e anche dall’estero? L’edizione 2019, appena conclusasi, verrà ricor-
arte e fede
data, oltre che per i carri di cartapesta e di fiori sempre di alto livello artistico, per l’introduzione del ticket d’ingresso e per il ritorno di artisti di fama che si sono esibiti in piazza Duomo.
Gabriella Puleo (continua a pag. 14)
Elezioni amministrative
Ecco “La Maddalena” capolavoro di P. P. Vasta in mostra fino al 9 giugno al Museo Diocesano Guido Leonardi
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Intervista
Acicastello: Scandurra Zafferana: Russo Nuovi Sindaci e Giunte sono già a lavoro D. Bonaccorso e R. Mazza
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Ricordo Don Vincenzino Di Mauro precorse i tempi nella Diocesi acese sul dialogo interreligioso e l’accoglienza ai migranti
Quando cattolici e musulmani pregavano insieme Don Vincenzino Di Mauro, nato a Linguaglossa il 4 luglio 1929, e ivi deceduto il 23 febbraio 2012, figlio, nipote e fratello egli stesso di emigrati, ha dedicato una grossa fetta della sua vita pastorale ai parrocchiani emigrati all’estero: Nord-Italia, Svizzera, Germania, Belgio, Inghilterra, Stati Uniti, Argentina, Venezuela, Australia e ai migranti provenienti dal Continente africano. Questa sua attenzione non è sfuggita ai vertici della Diocesi di Acireale: sin dagli anni ’70, sotto il Vescovato di mons. Pasquale Bacile, ha ricoperto, ininterrottamente sino al 2010, la carica di Direttore dell’Ufficio Se.re.s. (Segretariato Regionale dell’Emigrazione Siciliana) della Diocesi di Acireale. É stato più volte in missione, oltre che al nord-Italia, in Svizzera, Germania, Stati Uniti, Australia sia da solo che con i vescovi mons. Giuseppe Malandrino e mons. Pio Vittorio Vigo, per incontrare le comunità degli emigrati e far sentire loro l’affetto della terra lontana. Memorabili gli annuali incontri itineranti estivi del 27 luglio con gli
emigrati immancabilmente in vacanza in Sicilia per visitare innanzitutto i propri genitori oltre che i parenti e gli amici. Man mano che passavano gli anni, l’azione pastorale di don Vincenzino, sempre pronto a leggere i segni dei tempi, cominciò a diventare di più ampio respiro e la finalità dell’accoglienza fu orientata anche ai migranti provenienti dall’Africa, per i quali il nostro territorio cominciava ad essere una meta prescelta. Ecco allora che, ancor prima della preghiera universale organizzata nell’ottobre del 1986 ad Assisi dal Papa San Giovanni Paolo II, don Vincenzino cominciò a rivolgere la sua azione di accoglienza alla folta colonia di marocchini presente a Linguaglossa e dintorni. Egidio Di Mauro nipote di don Vincenzo (continua a pag. 2)
Don Giovanni Vecchio da Acicatena in Brasile “A servire la Chiesa dove chiama il Signore” Rita Messina
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Acireale Il processo a dirigenti ACCA
La Diocesi parte civile
Il 13 maggio, nel Tribunale di Catania riporta una nota dell’Ufficio comunicazioni sociali della Diocesi acese - si è aperto il procedimento a carico di persone che hanno fatto parte della cosiddetta “comunità di Lavina”. Distinguendo queste persone dagli altri componenti dell’associazione ACCA (Associazione Cattolica Cultura Ambiente) e da quanti hanno partecipato alle sue attività sociali e religiose, è noto che esse vi hanno svolto un ruolo chiave, proponendo la “comunità” con le sue attività presso le autorità della Diocesi, presso il popolo cristiano e presso l’intera società come entità e opera di apostolato cattolico. Se le accuse saranno provate, sarà evidente che tali (continua a pag. 2)
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In Seconda
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Ricordo - 1 Un prezioso strumento di conoscenza culturale e turistica il libretto dell’eccentrico personaggio del mondo culturale acese
“Acireale, città del barocco”, guida di Biagio Fichera Biagio Fichera, ACIREALE (La città del Barocco) Guida turistica, Giugno 2018, ADL TypeCt La Guida turistica di “Acireale ( La città del Barocco )” dell’acese Biagio Fichera è molto densa di contenuti, data la competenza artistica e l’eccellente conoscenza della città nativa, da parte dell’Autore. Acireale è descritta in tutti i particolari, dalla spiegazione dello stemma cittadino, con relativo racconto del mito di Aci e Galatea, immortalato dal greco Teocrito di Siracusa, ai richiami storici e ai commenti artistici. La Città si espande su un suggestivo altopiano, formatosi da eruzioni vulcaniche, la timpa, quasi a picco sull’azzurro mare Ionio ad est, mentre ad ovest è dominata dal maestoso vulcano Etna: la posizione, che esalta la città nella bellezza della Natura, nella Guida, è visibile attraverso stupende foto del paesaggista Biagio Fichera, esperto nel linguaggio visivo. Vedi il meraviglioso balcone del Belvedere; il gruppo Aci e Galatea con sfondo dell’Arena Eden; Mare-Neve Santa Maria La Scala; le foto delle Chiazzette, con la magnifica foto del bastione della Fortezza del Tocco. In complesso, le foto sono circa un centinaio; quelle, riguardanti la città, riescono a dare al lettore la fisionomia barocca di Acireale, ricca di belle chiese e palazzi singolari. Emblematica, la foto “Il sonno della Città, abbracciata dalla luna”, con lo sfondo del mare Ionio, illuminato dalla luna piena; il Duomo a sinistra; nel centro la Basilica dei Santi Pietro e Paolo, di fronte Via Cavour; uno squarcio del Palazzo di Città a destra; il tutto sotto le luci della luna, dominante nel limpido cielo notturno. Quattro gli itinerari, con altrettante cartine toponomastiche: partenza, sempre da Piazza Duomo, punto nevralgico e singolare per la sua bellezza, in cui si vivono eventi e feste cittadine. Rientro in Piazza Duomo, per goderne la vista. Gli itinerari sono concrete proposte che agevolano il turista nel conoscere Acireale. Primo itinerario: visita di Piazza Duomo con il suo barocco Palazzo di Città, che rappresenta nella sua maestosità la dinamica dell’ artistica di Acireale. Nella volta della sua sala centrale si ammira Direttore responsabile l’affresco “Italia” di Primo Panciroli. Giuseppe Vecchio E’ dell’inizio del secolo XVII, la Basilica dei Santi Pietro e Paolo, dal prospetto originale, con un’antica statua di Cristo alla Colonna Editore e l’altra di Cristo Morto che viene portata in processione il venerdì Associazione La Voce dell’Jonio santo. Via Mons. Genuardi, 14 Il Duomo, molto bello, specie nella volta della navata centrale e 95024 Acireale nella Cappella della Patrona Santa Venera, è dotato di opere artiIscrizione Tribunale Catania stiche di vari autori, tra i quali emergono Paolo Vasta, Antonino n. 220 del 5/4/1958 Filocamo, Giacinto Platania e Vito D’Anna; interessante la meriIscrizione al ROC diana del 1843, individuata dall’astronomo danese Christian F. Pe(Registro operatori della ters. La storia particolare del Duomo è illustrata da Biagio Fichera. Attraverso via Cavour con palazzi del Settecento e Ottocento, si comunicazione) n° 22076 giunge in Piazza San Domenico, con la magnifica, omonima chieRedazione sa e il settecentesco Palazzo Musmeci; indi, le Piazze Grassi, MarVia Mons. Genuardi 16, 95024 coni con la splendida Edicola della Madonna del Rosario, LionarAcireale - Ct (casella post. 174) do Vigo. Nell’antica Basilica di San Sebastiano, con un prospetto tel. 095601992 barocco eccezionale, si riscontrano opere artistiche di Paolo Vasta, Vito D’Anna, Antonino Bonaccorsi, Matteo Ragonisi, Giovanni www.vdj.it Lo Coco, Michele Vecchio, Francesco Mancini. Il Palazzo Pennisi lavocedelljonio@hotmail.it di Floristella fronteggia la villetta con il monumento di Lionardo Abbonamento annuo Vigo. Ordinario euro 12,00 Secondo itinerario: è delineata la zona sud e ovest della Città. Extra 20,00 - Speciale 50,00 Ecco via Davì con la settecentesca iscrizione “Teatro Eldorado”, il monastero di San Benedetto; in Piazza Marconi, Palazzo Riggio; Sostenitore 100,00 nel percorso, le antiche chiese di Odigitria, S. Francesco di Paola, S. Venera, S. Michele, S. Biagio, S. Giuseppe. Sulla Piazza di San Conto Corrente Postale Biagio, il Palazzo Puglisi – Cosentino, con facciata settecentesca e 7313800 intestato a uso di pietra lavica. Nella Guida, pregevoli i commenti di Fichera su ciascuna chiesa, Associazione La Voce dell’Jonio sui palazzi e soprattutto sulla ricca Biblioteca Zelantea; sull’annesVia Genuardi, 14 sa Pinacoteca, con una stupenda tela di Giuseppe Sciuti “Io sono 95024 Acireale la Luce del mondo”; inoltre, sul Piccolo Museo archeologico, con il busto di Giulio Cesare. La “carrozza del Senato” con pitture di Membro FISC - Federazione A. Vasta fa lì bella mostra. Infine, Piazza Porta Gusmana, con il Italiana Settimanali Cattolici Palazzo neoclassico Grassi Voces, e l’altro, Calì Costa Fiorini del
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tardo Ottocento. Terzo itinerario: Fichera illustra il Palazzo Costa - Grimaldi e il Palazzo vescovile, in Piazza Duomo. Dalla via Currò, con la secentesca chiesa di S. Vincenzo Ferrer e il palazzo Modò, si passa, attraverso la piccola via Tono, nel Corso Umberto, dove si ergono palazzi ottocenteschi e del primo Novecento. L’Autore segnala il Palazzo Nicolosi, il Palazzo Figuera, l’ex Collegio Santonoceto per la loro architettura; nella Piazza Garibaldi, il monumento ai Caduti, opera dello scultore Michele La Spina. Originale, il prospetto concavo della chiesa di S. Rocco. Sullo sfondo, in stile neoclassico, la chiesa della Madonna dell’Indirizzo. Vicino il Villino Nicolosi, con il parco. Nella Piazza Indirizzo, La Villa Belvedere, aperta al pubblico nel 1848, ha un balcone da favola, da dove nei giorni luminosi si può ammirare lo Stretto di Messina e il calabro Aspromonte; suggestiva, la scultura di Aci e Galatea; in stile moresco, l’Arena Eden. Attraverso i viali, si giunge al cancello sud: Viale Regina Margherita, da dove si accede a S. Maria degli Angeli; più giù, in via Galatea, alla chiesa di S. Camillo e infine a S. Maria del Suffragio: in tali antiche chiese, si contemplano meravigliose opere d’arte. Quarto itinerario: in via Galatea, l’antica chiesa dell’Arcangelo Raffaele è adorna di opere artistiche di notevole valore; il Collegio S. Luigi e la chiesetta della SS. Trinità. Al termine della strada, l’antica Piazza Carmine con la chiesa di S. Maria del Carmelo, arricchita da opere di Alessandro Vasta e da una statua molto bella della Madonna. Proseguendo a sud, il Castello di Scammacca, dove la cappella è affrescata da Giuseppe Sciuti. Interessanti, la chiesa del SS. Crocifisso del Rinazzo e quella della Maddalena. Originale, il Palazzo Calanna, con affreschi di Giuseppe Sciuti. Di fronte, il Palazzo Vigo, dove visse il letterato Lionardo Vigo Calanna. Salendo, la chiesa di S. Antonio di Padova, ricca di opere artistiche di Paolo Vasta e del figlio Alessandro; spicca nella facciata il portale in stile gotico, del 1475. Infine, la chiesa degli Agonizzanti, dove trascorrevano in una cella le loro ultime ore i condannati a morte. In sintesi, magnifici i Palazzi cittadini citati, ma altri vanno segnalati: Panebianco, Gambino, Fiorini, Pennisi, il Gran Hotel des Bains. Essi attestano la bellezza architettonica di Acireale, ammirata dai turisti. Biagio Fichera nella sua Guida dà una meravigliosa immagine storica di tali Palazzi. Come studioso delle tradizioni popolari, l‘Autore parla della “Festa del pescatore” in agosto, a S. Maria La Scala; del più bel Carnevale di Sicilia e del Carnevale dei fiori; della Nivarata; della ricca cucina siciliana. Inoltre, nel campo della cultura, presenta il Museo dell’Opera dei Pupi di Pennisi- Macrì; il Presepe Settecentesco; l’antica chiesa di Santa Venera al Pozzo, adiacente ai ruderi delle Terme romane del primo secolo. Sull’Etna, interessanti foto con approfondite didascalie. Sulle due popolari feste religiose -“San Sebastiano”, il 20 gennaio e “Santa Venera”, il 26 luglio - Fichera traccia la storia con grande empatia, corredandola di significative foto dei fercoli d’argento di entrambi i Santi. La Guida è dotata di un’essenziale storia della Sicilia e della fondazione di Xifonia, poi Akis, da parte dei Greci nel 700 a. C.; dello Stradario e di informazioni utili per i turisti. Di rilievo, sia la traduzione di Emilia Palmieri e Kevin Collins, sia la pianta di Acireale, con cinque caratteristiche foto. La biografia di Biagio Fichera, a cura di Maria Speri, è sul retro della copertina, con foto dell’autore. Anna Bella
dalla prima Realizzare l’Europa che sogniamo Nessuno di noi può dirsi proprietario di qualcosa che ha ricevuto venendo al mondo: la terra, il cielo, il mare, l’aria, la natura, il creato sono di ogni uomo e l’uomo è il custode di tutto questo ben di Dio. Custodendo coltiva, migliora e rende fruibile ad altri quel bene, ma nessuno può appropriarsi il potere di negare a un altro uomo ciò che gli spetta per diritto in quanto uomo vivente, persona umana, che deve vivere la sua vita in pienezza. Adoperiamoci, allora, ciascuno di noi, cittadino, professionista, formatore, genitore, credente o uomo di buona volontà, a creare cultura solidale di fratellanza universale, che sappia realizzare legami di umana cooperazione e di scambio, di fiducia reciproca, stima e lealtà, per sconfiggere la paura e per combattere l’aggressività e la violenza. Non sono le armi che rendono sicura la vita dell’uomo né danno benessere e pace ai popoli, ma sono i legami, le relazioni di cura, di custodia, di bene, di stima che si rafforzano nella reciprocità che possono portarci alla pace e all’uguaglianza tra uomini, gruppi, popoli e Stati e Unione di Stati, sovrani e autonomi, ma con pari dignità e con altrettanta responsabilità. Non perdiamo questa opportunità, andiamo a votare e realizziamo quell’’Europa che sogniamo! Teresa Scaravilli
La Festa dei fiori di Acireale Campagna elettorale. Guardando al futuro prossimo dell’Ue i con qualche fanciulla in abiti primaverili e agghindata con coroncine di fiori in testa, ma anche con tanti giacconi e soprabiti da fine inverno. Per il resto, molti bambini in maschera, tanti coriandoli, stessa illuminazione per le strade (compreso il grande pannello luminoso con il logo della manifestazione che campeggiava
in piazza Duomo), stesse bancarelle con maschere, mascherine, dolciumi, zucchero filato, coriandoli e bombolette varie, ed anche stesso amato/odiato ticket d’ingresso. E per le strade, nei tre giorni del 27 e 28 aprile e del 1° maggio, bande, gruppi mascherati e carri imponenti. No, qui c’era qualcosa di diverso, perché c’erano pure i primi quattro carri allegorico-grotteschi classificatisi nell’edizione invernale (o pre-pasquale), ma c’erano – soprattutto – sei bellissimi carri infiorati nuovi di zecca, che hanno attratto le attenzioni dei turisti e suscitato le meraviglie di tutti, sia turisti che “indigeni”. I maestri fiorai dei sei cantieri hanno infatti dato il meglio di se stessi, illustrando temi di stretta attualità (salvaguardia della natura, uso esagerato dei telefonini, la fretta eccessiva che caratterizza ormai tutti i nostri comportamenti), e pure autocelebrandosi, ma non trascurando il tema sempiterno dell’amore. E poi fiori e variopinti addobbi floreali dappertutto, per le strade, nelle vetrine dei negozi, nel mercatino allestito in via Ruggero Settimo, ma anche in tutte le mostre e manifestazioni a tema floreale messe in atto: dall’arte sartoriale alla fotografia e alla filatelia (con tanto di annullo postale speciale), dalla pittura ai coriandoli (nell’arte della coriandolata), fino alla creazione di un orto sociale urbano (curato dai ragazzi migranti dell’associazione “Il Nodo”). Riproposta anche la mostra dei carri in miniatura (anche se in locali diversi) e visitabili i vari musei cittadini (Pupi, Uniformi storiche) con l’aggiunta nel neo-museo del Carnevale e del Museo diocesano, dove è in corso la pregevole esposizione delle stampe di Dürer sulla “Passione di Cristo”. Una novità assoluta è stata rappresentata dall’inserimento di due stand, in piazza Indirizzo, dedicati a due specialità gastronomiche locali: il “trunzu di Aci”, protagonista della sagra che da qualche anno si tiene in estate; e la granita (a cura dei maestri granitieri acesi), che rispetterà nel 2019 un anno “sabbatico” nell’ormai tradizionale festival della “Nivarata”. Numerosi i turisti che sono stati presenti per l’occasione (anche se non come quelli dell’edizione invernale) e che sono stati in qualche caso completamente spiazzati da questa manifestazione “fuori stagione”. Estasiati i tantissimi bambini che giravano per le strade – veri protagonisti della situazione – attratti dall’atmosfera festosa e dai tanti (bravissimi) artisti di strada che si esibivano in piazza Duomo e per le strade. Alla fine, dopo lo splendido spettacolo conclusivo delle Fonta-
ne danzanti, in cui si mescolavano armoniosamente acqua, fuoco, musica, luci e colori, la giuria ha assegnato la palma della vittoria a due carri ex aequo: “Vado di fretta” e “Oriental… mente”; a seguire, al 3° posto, “Perdere l’amore” e, al 4° posto, altre due opere ex aequo, “Tra musica e colori” e “Io sto con gli animali”; infine, al 6° posto, “Stregati dal telefonino”. Ma la classifica è solo una mera questione burocratica, perché tutte le opere realizzate erano parimente belle e originali, ricche di fiori, di colori e di movimenti, e tutte degne di vincere il 1° premio, come dimostrano i due ex aequo, che evidenziano sicuramente l’imbarazzo della giuria nel giudicare. Nino De Maria
Ricordo di don Vincenzino Di Mauro
Indimenticabile la preghiera ad Allah e a Dio in cerchio, a Linguaglossa, nel piazzale del Centro Sociale – Oratorio oggi a lui dedicato, con arabi e cristiani che si tenevano per mano … e dopo la preghiera, tutti a tavola a mangiare “cous-cous” e “salsiccia e cauliceddi”, classico piatto arabo il primo e siciliano il secondo, anche se alcuni extracomunitari hanno preferito il piatto alternativo vegetariano con verdure di campagna e parmigiana. Il tutto finalizzato ad una integrazione fra popoli di lingua e cultura diversa. Don Vincenzino, quindi, baldo antesignano, pioniere e precursore dei tempi. Egidio Di Mauro nipote di don Vincenzo
La Diocesi di Acireale parte civile persone hanno arrecato un grave danno ai cattolici e alla Diocesi, per lo scandalo conseguente. Al fine - conclude la nota - di tutelare il bene della fede dei cattolici, che la Diocesi rappresenta e custodisce, quest’ultima ha chiesto al giudice di costituirsi parte civile nel suddetto processo, partecipando in tal modo attivamente a meglio far emergere la verità”.
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Cronaca
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Santa Maria la Stella Seriamente provata, la comunità fa appello perché si esca dallo stallo post-terremoto
Difficoltà per celebrazioni e catechesi Zafferana Etnea
L’Associazione carabinieriprima per vendita solidale
Primi nella distribuzione dei fiori contro gli abusi sui bambini. L’Associazione Nazionale Carabinieri di Zafferana, per il terzo anno consecutivo, mantiene il primato del primo posto - fra le 1.700 piazze d’Italia in cui si è svolta l’iniziativa - nella distribuzione delle 45 piantine colorate messe a disposizione dal “Telefono Azzurro”, in cambio di una donazione minima di 13 euro. L’iniziativa si chiama “Fiori d’Azzurro” ed è rivolta alla raccolta di fondi da utilizzare per finanziare attività volte al contrasto della violenza sui minori. In Italia sono tanti i bambini e gli adolescenti che subiscono violenza fisica e psicologica. Bambini ed adolescenti maltrattati, privati della loro identità, schiacciati dalla paura del domani. Non mancano gli abusi, un vero e proprio dramma, che spesso spingono i più deboli a compiere gesti estremi. I volontari della sezione di Zafferana, presieduta dal brigadiere capo Giovanni Marino, con il loro gazebo montato in piazza Cardinale Salvatore Pappalardo, per il terzo anno consecutivo, hanno venduto a tempo di record tutte le piantine a disposizione. Un risultato che inorgoglisce il presidente Marino che alcuni giorni prima dell’iniziativa ha visitato le scuole per parlare del Telefono Azzurro e promuovere la campagna di raccolta fondi: “Esaurite tutte le piantine, - ha raccontato Marino - abbiamo provveduto a comunicare telefonicamente il successo dell’iniziativa al Telefono Azzurro. Stentavano a crederci per la velocità con cui le avevamo distribuite. Ci hanno ringraziato calorosamente e si sono complimentati con i nostri volontari prima telefonicamente e poi anche per iscritto”. All’iniziativa hanno collaborato fattivamente i volontari: Alfio Previtera, Giuseppe Conte, Giuseppe Di Mauro, Rosario Zappalà, Alfio Privitera, Sarah Ricca e Rosanna Costanzo. Rosalba Mazza
L’alba del 26 dicembre 2018 manifestò tristemente gli effetti devastanti di quanto era avvenuto con quel tremolio insistente della terra delle ore 3,19. Non ci furono fortunatamente vittime ma il disastro è stato enorme. A distanza di tanti mesi ancora ne subiamo i condizionamenti. Il danno è materiale con l’inagibilità degli edifici, ma reca anche un turbamento interiore che inesorabilmente si riversa nella vita civile ed ecclesiale. I danni sono in diverse abitazioni, nelle vie di comunicazione e nella chiesa parrocchiale. Per quanto riguarda la situazione della chiesa parrocchiale, dal sopralluogo fatto, si è riscontrata una inagibilità parziale. Danni più importanti ed estesi sono stati rilevati al suo interno. Una lesione vistosa si constata nell’arco trionfale in muratura. In particolare, le lesioni, oltre ad essere diffuse e a formare una trama
(simile alla lettera “M”), si notano anche dall’alto sino alla sua base. Tutte le volte a crociera della navata e la volta dell’abside presentano lesioni estese e continue alla base, con conseguente distacco dal muro perimetrale. Quasi tutte le finestre della navata mostrano una lesione alla sommità dell’arco, l’ungo l’intradosso. Se questo è il danno materiale, il suo riflesso è il disorientamento dei fedeli, la difficoltà nella conduzione ordinaria della catechesi, la complessità nel realizzare le celebrazioni liturgiche… Questa condizione rende ogni cosa, anche la più semplice molto più complicata. Certo, si sta reagendo e anche si tenta di tener desto l’ambiente. La Settimana Santa da poco trascorsa, ha visto una bella partecipazione, anche se per ottenere questo risveglio abbiamo tentato tutte le vie possibili. Un impegno che ha coinvolto tanti desidero ricordare. Il Giovedì Santo sembrava difficile preparare l’altare della reposizione dell’Eucaristia, per l’angustia dei locali. Si è così pensato di preparare un sentiero che abbiamo definito “meditativo”, che condu-
ceva ad una piccola sala dove era solennemente esposta la santa Eucaristia. Tutti hanno fatto il sentiero meditando sulle frasi evangeliche che erano poste in appositi espositori e poi si concludeva con l’adorazione personale davanti al Santissimo. L’impegno è tanto ma si fa appello a tutti perché si esca da questa situazione di stallo. Santa Maria La Stella è una realtà composita e di nuovo insediamento abitativo con pochi servizi, una chiesa piccola e adesso perfino inagibile. Spero che si tenga presente questa situazione. Don Salvatore Coco Parroco di Santa Maria la Stella
Giarre Presentato il protocollo d’intesa tra il Comune e il Club Lions Giarre-Riposto
Barattolo d’emergenza per gli anziani Negli uffici comunali di via Federico II di Svevia - comunica una nota stampa del Comune - il sindaco di Giarre Angelo D’Anna e il presidente del Lions Club Giarre-Riposto, Salvino Barbagallo, hanno sottoscritto un protocollo d’intesa relativo ad una collaborazione inerente l’iniziativa socio-sanitaria denominata “il barattolo d’emergenza”, service nazionale del club. Erano presenti anche l’Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Giarre Dario Li Mura e i componenti del club service Sebastiano Russo,(cerimoniere) Antonio Anastasi (segretario) Anna Castiglione (consigliere di Club). Si tratta di un progetto predisposto dal Lions denominato “Il Barattolo di emergenza” da applicare sul territorio del Comune rivolto agli ultrasessantacinquenni: il progetto consiste nel posizionare, a domicilio delle persone indicate che vivono sole o comunque in situazione di difficoltà, un barattolo contenente una scheda con tutte le informazioni di base affinché i soccorritori in caso di emergenza abbiano velocemente a disposizione le informazioni di base sulla persona. Il Comune nello specifico opera sul territorio gestendo il Servizio di assistenza domiciliare, rivolto ad anziani, disabili e persone fragi-
li, fornendo personale qualificato a domicilio attraverso cooperative sociali accreditate che si occupano dell’igiene personale, ambientale e di controllo dello stato socio-sanitario dei cittadini che usufruiscono del servizio. “II protocollo nasce dall’idea di mettere in sinergia le risorse che operano sullo stesso territorio nel lavoro di rete – spiega nel comunicato il presidente Lions Barbagallo - affinché la persona, in questo caso l’anziano o disabile, in stata di bisogno e che spesso vive solo, possa usufruire di un servizio in caso di emergenza. Il barattolo di emergenza viene posizionato a casa dell’anziano e contiene una scheda informativa compilata con le informazioni necessarie e più importanti per il primo soccorso, poiché spesso in caso di emergenza non sempre è possibile rispondere a tutte le domande dei soccorritori”. Abbiamo accolto con favore la proposta del club lionistico Giarre Riposto – hanno dichiarato il sindaco D’Anna e l’Assessore Li Mura – da rivolgere agli anziani che vivono da soli al fine di poter usufruire di un servizio da utilizzare in caso di emergenza di primo soccorso.
tulipark Il Parco sulla Casilina fa pensare a un ambiente fiabesco fatto di fiori, profumi, colori (e buona cucina)
Angolo d’Olanda a Roma con un milione di tulipani e un mulino a vento A Roma, come in molte altre città d’arte, il FAI ha dedicato due giorni all’apertura di siti non visitabili durante l’anno, in concomitanza con le “Giornate di primavera” , che si svolgono in tutto il Lazio. Per un lungo periodo sono previsti eventi di ogni genere: manifestazioni, feste, sagre, spettacoli, fiere ecc. E sembra proprio che i romani amanti della floricoltura abbiano riscoperto la passione per i tulipani, il fiore simbolo dell’Olanda, dando vita a dei piccoli paradisi fioriti nel cuore della città, nella zona Roma-est lungo la Casilina (V Municipio) e a Castel di Leva, nell’agro romano (circa 12 km a sud di Roma). In via dei Gordiani presso Villa De Sanctis, a poco più di 3 km a est dal Colosseo, dopo il successo dello scorso anno, è stata aperta la nuova sede del campo che ospita un pezzetto d’Olanda. Con i suoi 26.000 metri quadri di magie e colori, il TuliPark è il primo giardino olandese in Italia con migliaia di tulipani di 91 varietà diverse da ammirare percorrendo 4 chilometri di sentieri floreali. La progettazione del parco ha come base solida una filosofia green, secondo quanto raccontano gli organizzatori, “evitando l’uso di prodotti dannosi per l’ambiente e non deturpando la spettacolarità paesaggistica della zona”. Giunto alla seconda edizione, dopo più di 9 mesi di lavoro per impiantare oltre 300 mila bulbi, offre la possibilità di godere della bellezza dei tulipani, vivendo un’esperienza unica e indimenticabile.
È dotato di specifiche aree relax ed è possibile assistere a spettacoli vari e a sempre nuove attrazioni che permettono ai visitatori di conoscere usanze e curiosità della patria dei tulipani. Il parco comprende anche un mulino a vento tipico olandese, più una serie di attrazioni adatte a grandi e bambini come la mucca Frisona in vetroresina in scala, uno zoccolo classico olandese (Klompen) di grandi dimensioni, uno stand adibito alla personalizzazione e vendita dei souvenir klompen, laboratori di flowers design ed altro ancora. Vi si svolgono spettacoli di vario genere e sono previste esibizioni di acrobati internazionali, balli tradizionali olandesi in costume e degustazione di cibi tipici. Inoltre, con l’esclusivo metodo u-Pick si possono raccogliere i tulipani preferiti. Giovani cortesi e volenterosi spiegano ai visitatori come fare e danno indicazioni e consigli su come mantenere vivo il fiore reciso o interrare i bulbi nel terreno e nei vasi. Entrando si ha la sensazione di trovarsi in un ambiente fiabesco, ma soprattutto si è attratti dalla stupenda coreografia che associa immagini e colori. Il ROMA FLOWERS PARK è anch’esso ispirato al famosissimo Keukenhof olandese. Resterà aperto fino al 5 maggio. Alla sua prima esperienza, questo nuovo campo ispirato al primo, seppure in tono minore, rappresenta un pezzetto d’Olanda nel nostro paese, un luogo ameno dove sarà possibile trascorrere una giornata con la famiglia o con gli amici. Oltre un milione, assortiti in 70 varietà e colori, sono i tulipani presenti a questa prima edizione. In questo periodo il luogo è rimasto chiuso sia per il maltempo che per aspettare la seconda fioritura. Ma resta un luogo magico che ci catapulterà in un mondo fatto di fiori, profumi e colori e dove sarà possibile, inoltre, degustare del buon cibo della tradizione italiana. A tale proposito sono state predisposte due vaste zone ristoro
e pic-nic dove i visitatori potranno rilassarsi, sostare e pranzare all’ombra di un vigneto o di un uliveto, degustando piatti della tradizione italiana, tra cui quelli provenienti direttamente dalle zone terremotate di Amatrice. Il Roma Flowers Park è un luogo dove saranno soddisfatte le esigenze di grandi e piccini. Il parco dell’Ardeatina, a tale proposito, sarà dotato di un posto dove giocare e socializzare con gli altri bambini, oltre all’ampia collina in cui saranno liberi di correre e divertirsi, mentre i genitori si riposano nell’ambiente naturale. Ma ci sarà anche l’area per la formazione. Infatti, il concetto di questo progetto è quello di celebrare l’arrivo della primavera con i bambini ed i ragazzi delle scuole: esperti saranno a loro disposizione per spiegare le tecniche ed il modo di piantare i bulbi da fiore e la loro stagionalità. Un’occasione, decisamente unica e imperdibile, un’esperienza che unisce crescita, formazione e divertimento. Raggiungerlo, anche con i mezzi pubblici, sarà facile poiché si trova in prossimità del Santuario della Madonna del Divino Amore, luogo di devozione tanto caro agli abitanti della capitale e meta di molti pellegrinaggi. Entrambe le iniziative rappresentano un particolare esempio, quindi, di come poter usufruire di un gradevole soggiorno all’aria aperta e godere nel modo migliore “delle giornate romane di primavera”. Carmela Tuccari
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Cultura e Spettacolo
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Intervista L’acese trapiantata a Santa Venerina Edy Valastro, pianista, cantante, docente e ora scrittrice
Dalle sue parole trapela il legame esistente tra lei e la musica, il modo di rapportarsi ad essa e il ruolo fondamentale che svolge nella sua vita. Edy Valastro, pianista, cantante ed insegnante di canto, nata a Catania, che vive a Santa Venerina, ci racconta il suo vissuto, scandito in ogni fase ed in ogni esperienza dalle note, dal ritmo, dall’incalzare delle tonalità fino ad approdare, appunto, al jazz che l’ha conquistata e non più lasciata. La stessa dichiara la sua passione in modo diretto e chiaro, definendo la musica la sua “linfa vitale”. Un amore “reciproco” certamente, che la vide interessata ed applicata fin da bambina con lo studio del pianoforte. Un mondo di melodie che la bionda insegnante ha approfondito ed esplorato con interesse sempre maggiore, fino al conseguimento del diploma di primo livello in canto jazz all’Istituto di Alta Formazione Musicale “Vincenzo Bellini” di Catania. Ma la voglia di perfezionarsi e crescere artisticamente l’ha condotta a riprendere nuovamente gli studi a Messina, al Conservatorio “Arcangelo Corelli”, con l’obiettivo di ottenere a breve la laurea magistrale in Arrangiamento e Composizione. Teoria e pratica, un binomio che l’accompagna costantemente. L’artista scandisce le sue giornate tra i momenti dedicati all’insegnamento rivolto agli studenti dell’Istituto Musicale “Pietro Vinci” di Caltagirone, tra quelli inerenti alle esibizioni nei concerti e non ultimi quelli in cui dirige cori e si cimenta in libertà espressive, che il jazz permette di avere, con il suo “spirito di improvvisazione”, come ci
ha spiegato. Il tutto condiviso con la sua famiglia, i cui membri sono accomunati dallo stesso amore per la musica. Amore espresso in modo diverso: bassista, il marito Antonio Carini, mentre il figlio minore, Federico, che frequenta il Liceo Scientifico “Archimede” di Acireale, si dedica alla batteria ed il maggiore, Vittorio, alla chitarra, oltre allo studio al Bellini di Catania. Quasi un linguaggio “esclusivo” il loro, all’interno delle pareti domestiche, perché abbraccia diversi ambiti musicali, diversi strumenti utilizzati, diversi ritmi, ma tutti elementi convergenti nell’e spre ssione univoca della musica. “Mi piace tutta la musica, tutti i suoi generi e da lì mi muovo per esprimerla al meglio” ha affermato la Valastro, che di recente si è cimentata nella realizzazione del saggio intitolato “Ella Fitzgerald Da stella dello Swing a regina del Bop”, edito da Algra. Un lavoro, durato due anni, incentrato sulla “First lady” del Jazz, che per Edy Valastro era quasi inevitabile. “Ho pensato di dare il mio contributo per far conoscere ancora di più questa figura prioritaria nel panorama del jazz. Ho sempre considerato la Fitzgerald un modello da seguire, anche dal punto di vista umano”, ha spiegato. La cantante rivela, infine, il suo desiderio, coerente ancora con il mondo della musica: dirigere un’orchestra. Nell’attesa, continua ad esercitare la sua voce, a creare incontri di note, a modulare le stesse ed interpretarle nel suo modo unico e personale.
il libro
Conquistata dal jazz e da Ella Un saggio sulla vita artistica della star del Bop Fitzgerald Un piacevole ed interessante spazio culturale è stato offerto dalla presentazione, ad Acireale nella sala Costarelli di piazza Duomo, del volume Ella Fitzgerald. Da stella dello Swing a regina del Bop, recentemente scritto dalla musicista Edy Valastro. Dopo i saluti di benvenuto da parte di Mario Di Prima, presidente dell’associazione “Costarelli” e di Giuseppe Vecchio, direttore de “La Voce dell’Jonio”, promotori dell’iniziativa, la docente e giornalista Rita Messina ha presentato autrice e volume, sottolineando come questo lavoro vada a riempire uno scarno spazio editoriale, un dato certamente inaspettato se paragonato al calibro e alla notorietà internazionale dell’artista. Un contesto familiare e sociale difficile, ha continuato con affabilità la Messina, ha contrassegnato l’esordio della cantante, fino all’incontro con il batterista Chick Webb che ne plasma l’esuberante talento artistico rendendola indiscussa leader dello swing. Da qui gli incontri con stelle di prima grandezza: Benny Goodman, Louis Armstrong, i “boppisti” Dizzy Gillespie, Charlie Parker, Thelonious Monk e ancora Oscar Peterson, Duke Ellington, Count Basie. La rievocazione di straordinari concerti e jam session che hanno fatto la storia del jazz, riaffiorati alla memoria grazie anche ad un loop di immagini proiettate in sala, si è alternata alla narrazione di dolorose vicende personali – due matrimoni falliti, gravi problemi di salute – affrontate da Ella Fitzgerald con tenace determinazione. L’intervento di Edy Valastro si è focalizzato sulle eccezionali doti canore dell’artista: l’estensione di tre ottave le permettevano di spaziare con disinvoltura da possenti note gravi fino ad intensi acuti, mentre la ricchezza timbrica, unita ad un’inesauribile inventiva ritmica, davano vita a virtuosistici “scat” dei quali è tuttora considerata insuperata creatrice-esecutrice. La presentazione del volume è stata intervallata dall’ascolto di celeberrimi brani portati al successo da Ella Fitzgerald: “Mack the knife”, “These foolish things”, “The lady is a tramp”, resi con morbida cantabilità dalla Valastro, puntualmente accompagnata al pianoforte da Angelo Fichera. Alfio Grasso, editore del volume per i tipi “Algra”, ha sottolineato come nella saggistica sia importante lasciare una traccia qualificata di una corrente letteraria, di un pensiero filosofico o, come in questo caso, di un personaggio importante: nel libro di Edy, ha continuato, si percepisce oltre al grande lavoro di ricerca, l’influenza e il ruolo guida che Ella ha avuto per l’autrice. Indubbio merito dell’opera è quello della pluralità di approccio che lo rende fruibile per l’appassionato del genere, un riferimento per lo studioso, vista l’acribia dell’impianto, utile per la didattica, dato che lo studio del jazz è finalmente entrato a pieno titolo negli Istituti di Alta Formazione Musicale. Esattamente cento anni prima della serata del Costarelli, il 25 aprile del 1917 in Virginia, nasceva Ella Fitzgerald, “Lady Time” come la chiamava Lester Young che ne intuì l’originalità dello stile capace di travalicare i “tempi” delle correnti artistiche; una donna che ha incarnato l’anima del jazz, l’improvvisazione, sinonimo di libertà d’espressione e dunque libertà dell’essere. Nella giornata della Festa della Liberazione questo appuntamento culturale ha così assunto un rilievo ancora più intenso e profondo.
Rita Messina
Katya Musmeci
fiumefreddo Il convegno a più voci per indagare e illustrare “L’uomo e l’ambiente per una ecologia responsabile”
è quanto mai urgente la cura della casa comune Si è svolto a Fiumefreddo, nel tardo pomeriggio di domenica 28 aprile, presso la Parrocchia M.SS. del Rosario al Castello, alla presenza di un pubblico attento ed attratto dalla viva attualità dell’argomento proposto, il previsto incontro di formazione culturale “L’uomo e l’ambiente per una ecologia responsabile”. L’interessante convegno, patrocinato dal Comune ed illustrato dalle relazioni del Rev. Sac. Egidio Vecchio, amministratore della Parrocchia medesima, e dal prof. Giovanni Patanè, docente presso l’Istituto di Istruzione Superiore di Riposto, ha preso avvio con la relazione introduttiva del presidente della Pro – Loco di Fiumefreddo, geom. Leonardo Alessi, il quale ha brevemente riepilogato i due importanti aspetti del tema prescelto, quello di natura spirituale, morale e teologico ed il più specifico elemento sociale, politico e scientifico. Ha nell’occasione ricordato la recente, eminente Enciclica di Papa Francesco e l’esortazione ad abbandonare quella “irrazionale fiducia” posta in un progetto di sfruttamento ambientale del Pianeta, ed ha richiamato la risoluzione dell’ONU del 25/09/2015, la più importante guida in 17 punti per uno sviluppo sostenibile, con l’uso di modelli, pure sostenibili, di produzione e consumo. Padre Egidio ha invece sottolineato nel suo intervento la piena centralità che riveste il benessere della Terra per il Magistero della Chiesa Cattolica nell’ambito della dottrina sociale che analizza appunto il corretto rapporto esistente tra l’Uomo ed il Creato. Infatti, se indubbiamente il Pianeta è dono di Dio, è però l’Uomo che detiene la responsabilità del corretto uso di esso, nell’ambito di quelle tre relazioni, colte dal relatore, dell’Uomo con Dio nella preghiera, col prossimo proponendosi attraverso la disponibilità e la carità verso i fratelli, e poi infine col Creato. Uno squilibrio od uno sbilanciamento anche
di una sola di queste tre relazioni, conduce alla crisi ecologica. All’intervento hanno fatto seguito il saluto dell’assessore alla cultura Sebastiana Girgenti e la breve riflessione del Presidente del Consiglio comunale di Fiumefreddo, Marinella Cascino. Il professor Patanè ponendosi nel solco di quella stessa precedente relazione spirituale, intercorrente tra l’Uomo e Dio, esaurientemente analizzata da Padre Egidio Vecchio, ha sostenuto sul piano scientifico una riflessione strutturata in tre parti: 1) L’ecologia come sistema (Ecosistema); 2) Il comportamento e le azioni dell’Uomo verso l’ambiente; 3) L’uso sostenibile dell’Ecosistema terrestre, cioè la Casa Comune di Papa Francesco. Ha ben evidenziato la parte importante che riveste l’Eco-
logia, cioè la scienza che studia le interazioni degli esseri viventi tra loro e con la natura non vivente, nell’organizzazione di un corretto rapporto all’interno del Creato. Nell’interazione tra loro degli animali e dei vegetali c’è una armonia e c ‘è poi la materia, costituita per esempio dal sole o dalla pioggia. Gli Ecosistemi tendono a diventare sempre più complessi, con sempre più varietà di animali o vegetali. Quale giudizio dare sulla salute della Terra? Dato che registra una diminuzione degli insetti, il fatto costituisce un grosso problema (ed un grosso sintomo di cattiva salute). Cosa fa allora l’uomo? Turba l’ambiente con l’inquinamento (per es. scarico di acidi nell’ambiente) o con lo sfruttamento (prelievo di risorse non rinnovabili come il petrolio) o rinnovabili (come la pesca dal mare). Il disboscamento provoca pure problemi, in quanto in passato lo sfruttamento aveva carattere solo locale ed oggi ha dimensioni globali. L’uso massiccio di pesticidi e fertilizzanti chimici distrugge non solo gli insetti dannosi ma anche il sistema intero. Si aggiunge la plastica non biodegradabile, e la misura è colma. L’uomo non è perciò il padrone del Creato. Il relatore ha portato diversi esempi del modo profondamente sbagliato di agire dell’uomo. Occorre passare subito dall’economia lineare a quella circolare. L’economia lineare estrae le risorse, le utilizza per il consumo ed abbandona gli scarti od i residui. L’economia circolare ricicla tutto. La materia scartata può essere trasformata in risorsa. L’auspicato mutamento radicale del modo di pensare della società, conduce al proverbio indiano, ricordato dal prof. Patanè: “Non ereditiamo la Terra dai nostri Padri, la prendiamo in prestito dai nostri figli”. La cura della Casa comune è un impegno doppio: verso Dio e verso le generazioni future. Sebastiano Rosario Catalano
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Libri Presentata a Santa Maria la Stella “La cura dell’anima”, opera del parroco don Salvatore Coco
Una grammatica della vita interiore Nel salone parrocchiale di Santa Maria La Stella, frazione di Aci S. Antonio, ha avuto luogo la presentazione del libro del parroco don Salvatore Coco, “La cura dell’anima, Grammatica della vita interiore”, Carthago edizioni. Presenti, l’autore don Salvatore Coco; il presidente della casa editrice, dott. Edgardo Liggeri; don Vittorio Rocca, docente di Teologia morale allo Studio teologico “San Paolo” di Catania, autore della prefazione; il sindaco di Aci Sant’Antonio, dott. Santo Caruso; un pubblico formato da attenti parrocchiani e da intellettuali del territorio. Serata interessante, che ha impegnato ciascuno a rivedere lo stato della propria anima con un tocco di spirito critico. Presentatrice, l’arguta pubblicista Ester Giarracca. Il coro “Regina Pacis” di S. Maria La Stella, diretto da Nadia Russo, composto da simpatiche giovani donne, si è esibito in bei canti; esperti i due giovani artisti, il violinista Antonino Capizzi e il pianista Giuseppe Castorina. Lettore, dalla chiara dizione, di alcuni singolari passi del libro, Salvo Russo. Don Vittorio Rocca rievoca i suoi primi anni di sacerdozio, la conoscenza di don Salvatore Coco, oggi uno dei canonici della Basilica Collegiata di San Sebastiano di Acireale. Sostiene come il testo sia profondo, e affronti tematiche quasi dimenticate: la grammatica della vita interiore. Si è consapevoli oggi d’essere anima? Ovvero avere il cielo dentro di noi? Compito dell’uomo: essere attento a tale spiritualità, di cui anche i Greci parlavano. Il teologo addita in Coco colui che ci sta ricordando questa verità: il prendersi cura dell’anima significa essere
coscienti di noi stessi. Don Rocca sottolinea come ciò significhi anche prendersi cura del mondo, di conseguenza non è un ripiegamento su se stessi: chi è attento alla propria interiorità, sarà capace di cambiare il mondo. L’anima è luce che fa trionfare la vita. Segue un intermezzo musicale che offre al pubblico un momento di gioia. Salvo Russo legge un brano del libro sull’interiorità. Il sindaco Caruso osserva acutamente che, per non fare prevalere la parte buia che è dentro di noi, bisogna ricorrere alla sinergia e alla collaborazione, facendo emergere la luce che è in noi. Ester, la presentatrice, rileva che nel lungo tragitto della vita bisogna valorizzare le relazioni stabili e autentiche; infine elogia la verve creativa del parroco, ringraziandolo. L’intervento del dott. Liggeri verte sul coraggio di conoscere se stessi, citando don Coco e passi biblici: far emergere attraverso il cuore la bellezza dell’essere.
Infatti, la ricerca del senso della vita spinge l’uomo ad un viaggio attraverso un percorso sapienziale. Liggeri testimonia la presenza divina che guida le azioni: ”viaggia per te stesso in te stesso”, citazione di don Coco sulla scelta di far trionfare la vita. Ancora, la lettura di Salvo Russo su un altro brano del libro riguardante la pienezza di gioia in Dio; il discernimento, ovvero la differenza tra bene e male. S’inserisce Ester Giarracca con lo choc delle paure dei frutti avvelenati: la solitudine, la vecchiaia, la morte. Ultimo pezzo biblico: Marta e Maria. Don Coco prende la parola, rilevando l’urgenza del dialogo in una società difficile, dove ognuno cammina per i fatti propri, mentre bisogna trovare una piattaforma che ci unisca. Richiama Socrate con la sua specificità dell’uomo, e Platone, notando come nel nostro tempo ci siamo staccati dall’interiorità, con il prevalere delle incomprensioni. Con concretezza l’autore chiarisce che partire dalla cura dell’anima significa volere una società rappacificata; esigere il discernimento all’interno di un’esperienza spirituale; conquistare il respiro di una dimensione nuova, mentre spesso si agisce per impulsività. Infine, l’accenno alla malattia, alla solitudine, alla morte e alla relativa paura che c’incatena e ci paralizza, mentre la morte apre l’incontro con Dio. Il coro ”Regina Pacis” allieta il pubblico con un significativo canto. Ester Giarracca conclude la serata con l’ augurio di essere una persona unica nel mondo; prendendo tra le mani il proprio essere si accendono le luci di un nuovo giorno.
l’uso del dialetto. Parole cariche di espressività veicolate dal siciliano, che riportano le riflessioni di Tecla e le sue emozioni. Proprio il dialetto ha costituito argomento di notevole coinvolgimento per il pubblico, che ha partecipato con spunti individuali e domande all’autrice, nel corso dell’incontro moderato dalla giornalista Gabriella Puleo. La scrittrice ha raccontato il suo rapporto con esso e la naturalezza con cui lo ha inserito in alcune parti dell’opera. Ha descritto la sua voglia di narrare la terra in cui vive ed ha dichiarato il suo legame profondo con la stessa. Ha affermato anche di coltivare costantemente la sua passione per la scrittura e di avere altri lavori già in cantiere. Rita Messina
Anna Bella
Anna Bella
Racconto di una vita travagliata
riportare la sofferenza d’animo della protagonista. La voglia di abbandonare la casa, manifestata anche dal fratello Saro, è legittima e corrisponde ad una necessità di salvezza dalla sua difficile sorte. L’autrice ha inserito nel racconto
La grande eruzione dell’Etna del 1669 L’impatto su popolazione e territorio Nei locali della Biblioteca Zelantea di Acireale, ha avuto luogo una straordinaria conversazione, con supporto del video, tenuta dal dott. Stefano Branca dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, sul tema della “Grande eruzione dell’Etna del 1669. L’impatto sulla popolazione e il territorio”, a cura dell’Accademia degli Zelanti e dei Dafnici dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. L’ing. Aldo Scaccianoce, vice presidente dell’Accademia, salutato il pubblico, presenta l’illustre relatore, prof. Stefano Branca, tracciando idealmente la storia della nostra civiltà siciliana, che per millenni ha convissuto con terremoti ed eruzioni. L’avv. Carmelo Galata, a sua volta, intrattiene il pubblico sulla forte personalità del prof. Branca, in relazione alla rappresentazione scientifica e storica dell’Etna. Il prof. Branca indica nel video il percorso dell’eruzione dell’Etna, che ha condizionato la storia del territorio, esattamente 350 anni fa, evento importante dal punto di vista storico e vulcanico. Catania, prima del 1669, possedeva dal 1300 una cinta muraria, sviluppatasi poi con Carlo V, specie nella zona del Castello Ursino, Porta Decima. Era una “ città bianca”, in quanto - sostiene lo storico Giarrizzo - aveva acque in superficie: i canali idrici di“Porta canalium” sfociavano nel mare Ionio. Nelle Terme Achilliane del secondo secolo, tuttora scorre acqua. Il braccio principale dell’eruzione dai Monti Rossi - in dialetto, località denominata ‘’Monte della ruìna’, come sottolinea l’oratore, - circonda il settore della città bianca, cancella le acque in superficie, che poi si ritroveranno a venti metri di profondità. L’eruzione, dall’11 marzo all’11 luglio, ricopre di lava un’area di 40 km quadrati, con un volume di lava maggiore tra le eruzioni degli ultimi 400 anni. Catania, dopo Palermo, è la città più importante della Sicilia: si trasforma in “città nera”. Lunghezza massima della colata, 17 km; questa è formata da tre bracci. Ad Est, la lava va in direzione di Sant’Agata Li Battiati. Una scossa tellurica distrugge Nicolosi, ma tra la popolazione precedentemente allontanatasi, nessun morto. Distruzione di cinque località: cadono le case di 1400 persone. E’ distrutto il famoso Santuario di Mompileri: il pittore Francesco Morabito dipinge gli effetti dell’eruzione; in seguito, viene ritrovata intatta, protetta da strutture architettoniche, la statua della Madonna. Gli abitanti vanno verso Catania; tre giorni dopo, due bracci di lava ad Ovest, scendendo, provocano l’abbattimento delle case di cinquemila persone, che diventano profughe. A quei tempi - mette in rilievo il prof. Branca - le eruzioni erano interpretate come punizioni divine; al di sotto della superficie terrestre, si credeva che ci fosse Lucifero. Viene distrutto San Giovanni Galermo. Si formano tubi di scorrimento lavico, mentre la crosta è in raffreddamento. Attraverso un tunnel la lava arriva nel circondario di Catania: è il 29 marzo, sono trascorsi diciotto giorni dall’eruzione. Il braccio Sud Est raggiunge Misterbianco; della Matrice si salva il campanile e una pala d’altare, intatta; la lava, il 4 aprile, va verso Catania; la popolazione disperata si rivolge a Sant’Agata: ”tu, venuta da Costantinopoli, perché fai bruciare la tua città? “ Il relatore ne cita il gesuita Cassia. Viene nominato vicario generale “per l’incendio di Mongibello” l’autorevole don Stefano Riggio di Acireale, che presso Ognina individua il sito per lo sfollamento del popolo, facendovi costruire un accampamento. La lava va verso la Plaia e vicino al monastero dei Benedettini, circolando a Catania. Le classi elevate si trasferiscono ad Acireale e a Messina; il popolo ad Ognina. Il 16 aprile la lava giunge alle mura di Carlo V: le porte vengono ermeticamente chiuse; la colata si blocca, deviata verso il Castello Ursino: bastione Infetti e bastione TIndaro; rimane la Torre del Vescovo. Il 23 aprile la lava raggiunge il mare, percorrendo la strada di San Giuliano e addossandosi alle mura occidentali, ben puntellate, con porte ostruite, vicino Porta Decima. L’8 maggio, la lava in città si ferma, in seguito alla rottura di un argine a monte: le mura hanno retto contro la lava, deviandola verso il mare, salvando la città dalla distruzione totale. Il 16 maggio cede solo un tratto di mura presso il Bastione di San Giorgio, zona della città bianca. Il 25 maggio la lava in città si ferma, ma prosegue verso la Plaia. Sono i primi innovativi tentativi d’intervento nel fronteggiare l’eruzione, come poi avverrà dopo trecento anni nelle eruzioni del 1983 e del ’91-93. Il professore Branca sottolinea che Don Stefano scrive un memoriale. Il 6/7 giugno la colata riprende a riversarsi nel fossato del Castello Ursino: Catania, tramutata da “città bianca” in “città nera”. L’11 luglio finalmente la colata cessa: quattro mesi infernali, che cambiano un territorio, esaltato per la bellezza da Greci, Arabi e da altri popoli. Il Principe di Biscari, Ignazio Paternò Castello (1719-1786), fa costruire un giardino sui resti della lava. Attraverso scavi, riappaiono le acque. La serata culturale si conclude con un vivace dibattito.
Acireale Presentata la riscrittura di “Tecla”, con parti in dialetto, di Rita Caramma
Ha parlato, Rita Caramma, del suo libro, di ciò che lo caratterizza, dei suoi personaggi, della Sicilia e del suo dialetto. Lo scorso venerdì 3 maggio, nei locali della libreria Mondadori di Acireale, è stato presentato al pubblico “Tecla” (Youcanprint Editore), il racconto, riproposto ai lettori in una versione aggiornata, realizzato dalla scrittrice e giornalista acese. Il libro mette in primo piano la figura di una donna, Tecla, appunto, che si muove in terra siciliana, negli anni della prima guerra mondiale, e che vive tra disagi emotivi e personali. La perdita della madre e la presenza di un padre dedito all’alcol, troppo spesso violento, determinano il suo agire quotidiano e le sue scelte. “Correva e cercava rifugio dietro ogni albero ... come faceva da piccola”, descrive l’autrice nel
Recensione
Fumetti L’attore di The Big Bang Theory tra gli ospiti della rassegna che si apre il 6 giugno. Mostra per gli 80 anni dell’uomo pipistrello
“Etna Comics” con Galecki e Batman Confesso: il vostro cronista ogni qual volta deve esordire col pezzo di presentazione di Etna Comics, nonostante oltre 40 anni di onorata carriera pubblicistica, è preso da leggero panico e rinvia la scrittura di questo pezzo, per due semplici motivi: anzitutto, la certezza di ripetersi nel tessere le lodi di questa manifestazione ormai di respiro internazionale; quindi, la consapevolezza che giammai riuscirà a dare una informazione completa, essendo centinaia i momenti da vivere in quest’ormai tradizionale appuntamento di fine primavera a Catania, appuntamento imperdibile e non solo per gli amanti della nona arte. La nona edizione di Etna Comics, festival internazionale del fumetto e della cultura pop, anche quest’anno propone infatti appuntamenti interessanti che sicuramente richiameranno decine e decine di migliaia di persone dal 6 al 9 giugno nei padiglioni del complesso fieristico Le Ciminiere di Catania. Un nome su tutti, ben noto e carissimo ai “nerds”, è quello dell’attore Johnny Galecki, il Leonard della sit-com “The Big Bang Theory”, giunta alla dodicesima ed ultima stagione, l’ennesimo trionfale successo di quel favoloso regista, sceneggiatore, produttore televisivo e compositore newyorkese che è Chuck Lorre (lo stesso di “Due uomini e mezzo” e tante altre divertentissime serie). La presenza del fisico sperimentale Leonard Hofstadter (Galecki), vittima preferita del fisico teorico Sheldon Cooper (Jim Parsons) e sposato con la seducente Penny (Kaley Cuoco), richiamerà un enorme numero di fans ma purtroppo solo un migliaio potranno
accedere all’incontro, per motivi di sicurezza: tant’è che sul sito di Etna Comics, cui rinviamo, sono indicate le modalità per poter partecipare all’incontro con Galecki. Tornando al Fumetto, perno della manifestazione, segnaliamo la mostra dedicata a Batman, personaggio che quest’anno compie 80 anni! Amato in tutto il mondo, è un’autentica icona pop, un personaggio crossmediale fonte di ispirazione per celebri fumettisti e registi. Etna Comics non poteva restare immune al fascino del più celebre e cupo cittadino di Gotham City tributandogli una grande esposizione ricca di Bat-curiosità, a cominciare dalle favolose tavole, tra cui quelle dei grandissimi Neal Adams (guest star del festival), Bill Sienkiewicz e altri ancora fino all’italianissimo Giovanni Timpano (anche lui tra gli ospiti di Etna Comics). Tanti gli autori presenti, della Disney, della Bonelli e tante altre case editrici: ci limitiamo a citare Giada Perissinotto, Andrea Freccero, Lorenzo Pastrovicchio, Paolo Mottura, Emiliano Mammucari, Maurizio Di Vincenzo, Giulio Rincione, Val Romeo, Luigi Siniscalchi, Valerio Piccioni, Marcello Mangiantini, Gianluigi Gregorini, Alessandro Vitti, Claudio Castellini, Simone Bianchi (autore del manifesto di questa edizione che rappresenta la leggendaria Gammazita) , Moreno Chiacchiera, Pasquale Qualano, Luca Maresca, Alex Maleev, Gary Frank, oltre al già citato Neal Adams. Tutti nomi che fanno venir l’acquolina in bocca agli appassionati dei comics. Uno spazio esclusivo sarà gestito dai Bonelliani Siculi, associazione nata alcuni anni fa nel catanese formata da veri “vecchi”
(ma non troppo…) fans degli albi prodotti dalla maggior casa editrice fumettistica italiana e quindi di personaggi che vanno dagli “storici” Tex, Zagor, Mister No, Dylan Dog, Nathan Never fino ai più recenti Morgan Lost e Dragonero, solo per citarne alcuni. Ospite d’onore dei Bonelliani Siculi sarà Laura Zuccheri, prima donna a disegnare l’inossidabile Tex. Non mancheranno l’“area Japan” (manga, anime ecc.), i momenti di cinema, musica (Giorgio Vanni, Keisho Ohno e Mika Kobayashi tra gli ospiti), il concorso per i cosplayers (presente Ambra Pazzani, la Cleopatra e Wonder Woman italiana), l’area giochi (sia di società e di ruolo che videogames) e quella con gli youtubers… Insomma, impossibile non divertirsi ad Etna Comics! Mario Vitale
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Chiesa e Società
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Diocesi Due giorni intensi vissuti dalla Pastorale Giovanile con riflessioni e spiritualità nella casa “Don Milani”
“Dio vuole che siamo noi stessi” “Cristo vive e ti vuole vivo!” è stato questo il tema del Ritiro Diocesano dei Giovani svoltosi gli scorsi 11 e 12 maggio presso la casa don Milani in Pozzillo. Un tema forte, tratto dalle prime righe dell’esortazione postsinodale “Christus vivit”, firmata dal Papa lo scorso 25 marzo nella Santa Casa di Loreto. Il fulcro di questa esperienza sono state le meditazioni sui capitoli III “Voi siete l’adesso di Dio”, guidata da don Giuseppe Pavone, e IV “Percorsi di Gioventù”, guidata da Rosario Pappalardo, che verrà ordinato Diacono dal nostro Vescovo il prossimo 3 luglio. Il ritiro si è svolto in un clima familiare, vista la partecipazione di alcuni dei giovani dell’equipe diocesana di pastorale giovanile e di pochi altri giovani. Il punto di partenza del ritiro è stato il prendere coscienza che noi siamo il presente, nella Chiesa e nella società, non il futuro come vogliono farci credere in tanti, in troppi, e che è questo il momento di dare senso alla nostra vita. In questa due giorni, ci sono stati consegnati due messaggi importanti che vogliamo condividere con voi. Il primo è che “noi giovani non siamo chiamati a riflettere la luce di Dio ma a rifrangerla”, la rifrazione è infatti è quel fenomeno che si osserva quando un fascio di luce attraversa un mezzo diverso: esso cambia direzione, cambia la lunghezza d’onda, si “personalizza” in base alle caratteristiche del mezzo attraversato. Dio non vuole che siamo delle sue fotocopie bensì che riusciamo ad essere noi stessi, sporcandoci le mani e individuando dove sta il nostro tesoro “perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore” (Mt 6, 21). Il secondo è che “noi non siamo i nostri limiti ma siamo ciò che siamo in grado di fare, l’amore che riusciamo a donare ai fratelli” e che “se mettiamo Gesù come mèta del nostro cammino, tutto acquista senso in Lui,
anche ciò che potrebbe sembrare lontano dal mondo cristiano, come l’andare in discoteca. Mettere Cristo al centro della nostra vita non significa farsi prete o suora ma significa sceglierlo come mèta finale e vivere ogni esperienza della nostra vita, le tappe intermedie, sentendolo sempre accanto a noi, anche quando sbagliamo strada”. Abitare i nostri limiti, scoprire i nostri punti di forza, questo ci permette di conoscerci e quindi di scoprire se i nostri sogni sono davvero nostri e se coincidono con il sogno che Dio ha su di noi, dando senso alla nostra vita.
Una provocazione forte ci è stata lanciata con la lettura del brano della Scrittura noto come la chiamata di Samuele (1 Sam 3): che idea abbiamo noi adesso della Chiesa? Nel brano, Eli, l’anziano, dorme e non sente più la voce del Signore, Samuele dorme, sente la voce del Signore, ma senza Eli non sa riconoscerla. Quante volte viviamo i contesti parrocchiali senza aver incontrato Dio nella nostra vita? Queste sono le riflessioni che abbiamo meditato in un deserto atipico: lo scalo di Pozzillo al tramonto. Un’atmosfera ricca di
pace, di serenità dove i nostri pensieri sono stati cullati dal suono del mare, dai colori del tramonto che sono penetrati nei nostri cuori e che ci hanno permesso di contemplare quanto ci era stato consegnato dinnanzi alla meraviglia del creato. Nella notte fra il sabato e la domenica abbiamo adorato e contemplato Gesù Cristo, nella cappella della casa dove si è svolto il ritiro, guidati dal brano del Vangelo noto come “I discepoli di Emmaus”: un momento intenso dove i nostri cuori si sono aperti all’incontro con Cristo. Denso di significato anche il contributo dato alla giornata di domenica dalle suore dell’Eremo di Sant’Anna (Valverde): con la loro gioia dirompente ci hanno fatto lodare Dio nel canto e nel ballo, con un cuore solo. Il mandato si è concretizzato nella consegna dell’esortazione apostolica sulla quale abbiamo riflettuto insieme per poter continuare il cammino iniziato e capire ciò che il Papa ci restituisce a conclusione dei lavori del Sinodo. Il ritiro si colloca nel contesto del cammino diocesano dei giovani “Segui i passi dell’amore - Il Vangelo si fa strada”, la cui prossima tappa vede come protagonisti i giovani maturandi con la festa loro dedicata, il prossimo 5 giugno alle ore 12.00 presso la Chiesa “Gesù Lavoratore” in Giarre, durante la quale ci saranno diverse testimonianze e la benedizione delle penne della maturità. In estate, a partire dal 16 di agosto, rivivremo l’esperienza del cammino diocesano dei giovani sulle orme dei Santi Alfio, Cirino e Filadelfo, con qualche variante sul percorso, quindi l’invito è: anche se lo avete fatto lo scorso anno, non prendete impegni dopo ferragosto così da poter partecipare a questa bellissima esperienza estiva! Grazia Spinella
Otium et Negotium - 22 Il 18 maggio beatificazione della Ortiz
Il nostro Nino Ortolani ci propone oggi una riflessione sulla “presenza” di Gesù dopo la risurrezione, attualizzata anche da Guadalupe Ortiz, una donna spagnola dei nostri tempi che sarà beatificata il prossimo 18 maggio. “Dicono che sia risorto”. Questo il titolo di un libro di Messori; e questo si legge tra le righe nel racconto dei due discepoli allo sconosciuto che li accompagnava nel loro viaggio verso Emmaus. Appena giunti al villaggio, allo spezzare il pane mentre erano a mensa, scoprirono l’identità del risorto. “Il primo giorno dopo il sabato”, mentre i discepoli erano riuniti “a porte chiuse per timore dei giudei, Gesù venne in mezzo a loro dicendo «Pace a voi»” (Gv 20,19). In questa prima apparizione ai discepoli manca Tommaso. “Otto giorni dopo”, alla presenza di Tommaso, “venne Gesù, a porte chiuse, e disse «Pace a voi»” (Gv 20,26). A Pentecoste i discepoli si presentano con sicurezza al popolo. “Pietro levatosi in piedi con gli altri undici, parlò a voce alta così...” (Atti 2,14). “Gesù... che voi avete ucciso... Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni” (Atti 2,23-32). “Cristo vive. Questa è la grande verità che riempie di contenuto la nostra fede.” Sono le prime parole dell’omelia “Cristo presente nei cristiani” di San Josemarìa Escrivà raccolta nel volume “È Gesù che passa”. Questa “grande verità” è l’eco della predicazione degli Apostoli giunta fino a noi, avendo attraversato i secoli di storia che ci separano. “Quando assistete i vostri fratelli nel lavoro quotidiano, è Gesù che agisce, che cura...”. Con queste parole San Josemarìa soleva invitare chi lo seguiva a santificare il proprio lavoro, santificarsi lavorando e santificare gli altri mediante il lavoro. Non può dunque il cristiano, se coerente, ripetere l’espressione dei discepoli di Emmaus: “Dicono che sia risorto”; non può vivere il suo rapporto con Gesù standosene “a porte chiuse per timore ...”. L’ambiente in cui si svolge la sua vita è quello in cui è chiamato a testimoniare e a santificarsi. Tutto ciò si riscontra nella vita di Guadalupe Ortiz de Landàzuri, donna dell’Opus Dei morta nel 1975. La Chiesa ha accertato il miracolo della scomparsa improvvisa di un tumore ottenuta per la sua intercessione. Sarà proclamata beata, a Madrid, il 18 maggio*prossimo. PR IMNino Ortolani
15 O P .00 RE 0 € MI *P O RI MO 15 P .00 RE 0 € MI O
CHI PARTECIPA fA vINCERE gLI ALTRI. CHI PARTECIPA fA vINCERE gLI ALTRI.
CONCORSO
PER LE PARROCCHIE
2019
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2019
A grande richiesta torna TuttixTutti, il concorso che premia le migliori idee per aiutare chi ne ha più bisogno. Iscrivi la tua parrocchia e presenta il tuo progetto di solidarietà: potresti vincere i fondi* per realizzarlo. Per partecipare basta organizzare A grande richiesta torna TuttixTutti, il concorso che premia le migliori idee per un incontro formativo sul sostegno economico alla Chiesa cattolica e presentare un aiutare chi ne ha più bisogno. Iscrivi la tua parrocchia e presenta il tuo progetto di progetto di utilità sociale a favore della tua comunità. Parlane subito col parroco e solidarietà: potresti vincere i fondi* per realizzarlo. Per partecipare basta organizzare informati su tuttixtutti.it Anche quest'anno, aiuta e fatti aiutare. un incontro formativo sul sostegno economico alla Chiesa cattolica e presentare un progetto di utilità sociale a favore della tua comunità. Parlane subito col parroco e informati su tuttixtutti.it Anche quest'anno, aiuta e fatti aiutare.
Il concorso è organizzato dal Servizio C.E.I. per la Promozione del Sostegno Economico Il concorso è organizzato alla Chiesa cattolica. dal Servizio C.E.I. per la Promozione del Sostegno Economico alla Chiesa cattolica.
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Chiesa e Società
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giarre Raccolta fondi per i lavori di riparazione, nella Giornata-ricordo si è fatta memoria di don Nino Cristaudo
Nell’oratorio festivo di Giarre, via Carlo Alberto 74, avrà luogo un incontro in cui saranno ricordati attività e protagonisti dell’oratorio stesso, attraverso testimonianze e foto; al tempo stesso sarà presentata la campagna “RipariAmo Casa Oratorio”, finalizzata ad una manutenzione straordinaria della struttura, campagna già partita online sulla pagina Facebook omonima dove si possono trovare tutte le informazioni utili ad effettuare una donazione su un conto corrente appositamente creato dalla parrocchia. Il codice Iban su cui fare la donazione è IT32P0501804600000016796971. Nella stessa pagina sono spiegati tutti i lavori che verranno fatti e come cambierà il volto dell’oratorio. Interverranno, tra gli altri, mons. Rosario Di Bella, indimenticato assistente di parecchi decenni fa, Beniamino Villaggio, uno dei fondatori della società sportiva Altair, Alfio Tropea, tra gli organizzatori delle cosiddette Olimpiadi giovanili negli anni Sessanta, il presidente di Azione Cattolica, Salvo Catalano, la corale Jonia e, naturalmente, l’arciprete don Nino Russo. E’ difficile riassumere in poche righe quello che ha rappresentato l’oratorio per chi ha vissuto negli anni Ottanta e Novanta, dopo un periodo di chiusura e inattività, la sua ristrutturazione ed il rilancio dell’Azione Cattolica nei settori Ragazzi, Giovanissimi e Giovani. Questa meravigliosa struttura della Parrocchia S. Isidoro Agricola, duomo di Giarre, in quel periodo di trasformò in vero e proprio ritrovo di giovani provenienti non solo da quella ma anche da altre parrocchie e addirittura di altre città, tant’è che ad un certo punto ebbe un vero e proprio record di tesserati all’A.C. diocesana e, soprattutto, un consiglio formato da decine di educatori e responsabili per la miriade di attività che la struttura ospitava: oltre ai predetti gruppi ACR, Giovanissimi e Giovani di Azione Cattolica, quello sportivo, quello teatrale, gli Scouts del CNGEI, la banda cittadina, la corale Jonia, la radio parrocchiale “Iter”, il Gruppo Famiglie e ci sia perdonata l’eventuale dimenticanza di altre realtà che sicuramente hanno contribuito, come quelle citate, alla formazione umana e cristiana di centinaia e centinaia di giovani, tra incontri, catechesi, ritiri spirituali, attività ludiche e sportive, teatro, musica e quant’altro. Ed i giovani dell’oratorio erano perno fondamentale per tutti i momenti liturgici forti in parrocchia. Alla base di questa significativa esperienza
e della possibilità di farla sta un nome: quello dello scomparso don Antonino Cristaudo, già viceparroco al duomo, parroco di Trepunti e assistente dell’Oratorio di Giarre e di tutti quelli diocesani. Parlare di don Nino, zelante e scrupoloso, dall’aspetto severo ma in realtà, come che si dice, un amicone, è motivo di gioia e di dolore contestualmente. Gioia per quanto da lui realizzato e per quanto a lui devono centinaia di ragazzi e giovani, tant’è che qualche anno fa i ragazzi di quel periodo hanno voluto apporre una lastra commemorativa accanto all’ingresso del salone dell’oratorio; dolore perché, come suol dirsi, un assistente che anteponeva il suo operare per l’oratorio ed i suoi gruppi a qualsivoglia tipo di interesse personale, manca davvero nel cuore e nella mente di tanti: teneva molto alla formazione dei suoi responsabili, don Nino, e puntualmente pagava i corsi di formazione ed acquistava catechismi e manuali operativi di tasca propria. Vedere che negli anni l’oratorio ha continuato a vivere grazie anche all’apporto di chi in quel periodo frequentava l’ACR o i gruppi giovanissimi è motivo di umana e cristiana soddisfazione anche per chi scrive. Troppi gli amici da menzionare; nell’impossibilità di citare ciascuno di loro, sicuramente vanno ricordati Nello Azzarelli ed Isidoro Muscolino, prematuramente scomparsi. E poi veri e propri pilastri, la maggior parte dei quali oggi affermati professionisti, come Caterina Fazio, Saro Galasso, Maria Rita Pennisi, Giuseppe Longo, Giusy Grasso, Salvo Andò, Salvo Rumiato, Mario Russo, Francesca Arnone, Paolo Greco e tanti, troppi per poterli citare tutti. Ad maiora, oratorio, che il maquillage ti riporti ai fasti di un tempo, soprattutto per chi ti frequenta!
Diocesi & sport
Mobilitazione per la casa oratorio “In cammino ... sulle orme dei Santi” con il Vescovo da Fornazzo a Sant’Alfio
Una giornata all’insegna dello sport…e non solo! La “Passeggiata non competitiva su strada”, giunta alla sua terza edizione e svoltasi quest’anno lungo la strada che da Fornazzo (frazione del Comune di Milo) conduce a Sant’Alfio, tra profumi di primavera e natura a tratti incontaminata, è stata tante cose insieme: sport, condivisione, amicizia, stili di vita sani, amore per il territorio. Una giornata importante per tutto il movimento sportivo. L’evento è organizzato dal Centro Sportivo Italiano (CSI), Comitato di Acireale, con la fondamentale collaborazione dell’Ufficio del Turismo, Tempo libero e Sport della Diocesi di Acireale ed il patrocinio dei comuni di Milo e Sant’Alfio. Al fine della buona riuscita della manifestazione hanno offerto il proprio generoso contributo anche i giovani del Servizio Civile, la Misericordia di Acireale, i membri del Consiglio del Csi e tanti volontari. Radunatisi nel primo pomeriggio di sabato 27 aprile presso la piazza di Fornazzo, gli oltre duecento partecipanti (molti dei quali giunti con i pullman messi a disposizione dal Comitato di Acireale), dopo un momento di preghiera e riflessione, dettato dal Vescovo della Diocesi di Acireale, mons. Antonino Raspanti, si sono avviati lungo la strada provinciale n. 51 in direzione Sant’Alfio. Il percorso di 3,3 km, coperto in circa un’ora di camminata piacevole e salutare, scandita dalla fatica ma soprattutto dai sorrisi di grandi e piccini, si è concluso presso la piazza del comune pedemontano con la dovuta sosta di ristoro. Alle 17,30 la S. Messa celebrata da Don Stefano Presti, consulente ecclesiastico in seno al CSI, nella Chiesa Madre, animata per l’occasione dalla “band Lavina 6” accompagnata dal Coro e dai ragazzi della Parrocchia “Maria SS. Ritornata” di Lavina; al termine della funzione, la consegna del mandato sportivo alle parrocchie ed ai gruppi sportivi del CSI. Erano presenti delegazioni provenienti da ben diciotto parrocchie. Quale, dunque, il messaggio di cui far tesoro? Nel solco del consolidato binomio fede e sport, il Vescovo di Acireale ha invitato i partecipanti a riflettere sulla metafora del cammino: “La vita è un continuo peregrinare e l’essere umano è un viandante che si avvia in cammino fino alla meta agognata ma – ha aggiunto mons. Raspanti – proprio come lo sportivo ciò richiede non poco impegno e sacrificio”. La strada, tuttavia, sarebbe destinata ad essere in salita senza la preghiera e l’amore di Dio onnipotente ed eterno, a cui bisogna affidarsi incondizionatamente affinché tenga su di noi la sua santa mano e ci guidi con la sua protezione in ogni fase della vita. La stessa protezione percepita durante questo indimenticabile pomeriggio di sport, come confermatoci da Antonino Leonardi del CSI: “Perchè la vita è uno straordinario cammino dal valore troppo inestimabile per non percorrerlo insieme con Lui, con Nostro Signore”. L’auspicio, espresso anche dal presidente del CSI di Acireale, Salvo Raffa, è che il tempo trascorra in fretta così da poter rivivere un’altra meravigliosa giornata di festa come questa, con rinnovato desiderio di viverla, naturalmente, “Insieme”. Appuntamento, pertanto, alla prossima edizione. Guido Leonardi
Mario Vitale
Carcere e fede Commuove con la sua preghiera un recluso a Giarre durante la Messa per la Cresima a tre detenuti
“Ti chiedo di darmi un briciolo di fede per poterti amare” Si sono preparati per questa serata e hanno impegnato molte energie tutti quanti gli operatori, i volontari e i giovani reclusi del carcere di Giarre per la celebrazione in cui il nostro Vescovo avrebbe unto con il Crisma tre di loro per il Sacramento della Cresima il 24 aprile. Il collegamento della Celebrazione Eucaristica, preceduta dalla recita del Santo Rosario e introdotta con i Vespri, ha consentito agli ascoltatori di Radio Maria di seguire tutta la cerimonia che si è svolta nel teatro del reclusorio, trasformato ad altare. Su questo troneggiava la bellissima statua in legno di Maria, Madre della Misericordia, che ha iniziato il suo pellegrinaggio nelle carceri. Tutta la Liturgia è stata festosa, accompagnata da una corale, oltre che da una singolare voce di soprano e le vibranti note di violino e pianoforte. Tanta emozione era visibile nei volti di tutti. Nella preghiera che segue, scritta da uno di loro, sono meglio espressi i sentimenti che si vivevano: “Gesù Cristo Santissimo, questa è la preghiera di un peccatore carcerato … Tu hai camminato insieme a noi per il sacrificio a cui il nostro Padre Celeste ti ha mandato, senza lamentarti ma, anzi, insegnandoci con le tue parole ed il tuo esempio come vivere su questa terra; però io per primo non ti ho ascoltato, en-
trando nella strada più larga e spaziosa e camminandoci per lungo tempo … quando mi sono voltato indietro ho trovato solo il buio e il vuoto … così come in un sogno ti ho cercato e una luce potente (luce di stella) ha toccato i miei occhi … chi poteva immaginarlo che nel buio più buio ti avrei trovato! Perché solo adesso, con il senno di poi e la coscienza di chi sa, ho cercato Te e Tu non mi hai cacciato, anzi hai toccato il mio cuore facendomi sentire veramente amato da Te. Oh Santo Gesù, io non ho il tuo coraggio e tanto meno riuscirei ad affrontare le sofferenze che hai vissuto, ma ti chiedo di darmi solo un briciolo della Tua forza per portare la mia croce e un briciolo di fede per poterti amare e vivere il resto della mia vita tenendoTi sempre “tra le braccia” del mio cuore. Amen La gioia più grande è stata espressa dai bambini e i familiari che per l’occasione si sono ritrovati insieme: i papà non si saziavano di baciare i loro piccoli e di tenerli in braccio, di stringerli a sé e di voler dire mille pensieri con un solo gesto e in un solo momento, come per allungare il tempo del loro stare insieme e per insegnare loro che si può rendere bella la vita e viverla sempre nella gioia. Teresa Scaravilli
Acireale Il “Cammino di Santiago” raccontato a San Paolo
Esperienza che ti cambia “Arrivare a Santiago è un’esperienza che ti cambia: ammirare il Santuario, dopo aver affrontato il cammino, ti dà una carica immensa. Non è paragonabile al semplice arrivo sul luogo da turisti, è stato meraviglioso”. Cosi ha commentato la sua impresa Giovanna Gravina che, insieme a Giuseppe Spinelli e a Francesco Guarrera,hanno raccontato la loro esperienza del cammino di Santiago di Compostela nella biblioteca della parrocchia S. Paolo di Acireale Il Cammino di Santiago di Compostela è un lungo percorso che i pellegrini intraprendono, attraversando la Spagna, per giungere al santuario di “Santiago di Compostela”, situato a Galizia, piccolo comune a nord-est della Spagna, che accoglie la tomba dell’Apostolo Giacomo il Maggiore. Egli, poco dopo l’ascesa di Gesù, compì un’opera di evangelizzazione in Spagna, per questa ragione quando tornò nel suo paese, in Palestina, venne condannato e decapitato. Come racconta la leggenda, i suoi discepoli, con una barca guidata da un angelo, riportarono il corpo a Galizia, dove venne seppellito; pochi secoli dopo sulla sua tomba venne costruito un tempio in suo onore. Nell’893 si cominciano ad avere le prime testimonianze di pellegrinaggi in onore dell’apostolo. Il percorso è composto complessivamente da 800 km, ci sono diversi punti di partenza francesi e italiani, dall’Italia si parte dalla via Francigena attraverso i passi
del Moncenisio o del Monginevro e poi la via Tolosana fino ai Pirenei, ma da qualunque paese partano i pellegrini, il punto di raccolta è il Puente de la Reina, un piccolo comune spagnolo situato ai confini della Francia. Da qui ha cominciato il suo cammino il giovane Francesco Guarrera, vivendo a pieno l’ esperienza da pellegrino ed attraversando tutte le successive tappe, che sono 17, sino a giungere al Santuario. Il percorso si svolge in circa 1 mese, ma è possibile aggregarsi ai pellegrini anche durante le varie tappe come hanno fatto Giovanna Gravina e Giuseppe Spinelli che, partendo da Sarria, hanno percorso 20 km al giorno per una settimana fino a giungere al santuario attraversando 4 delle 17 tappe del cammino. Daniela Selmi
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diocesi Nella parrocchia di Gesù Lavoratore di Giarre s’è concluso il percorso formativo iniziato in autunno
“A tavola c’è più gusto”, festa dell’ACR “A tavola c’è più gusto!”. Questo è stato il titolo scelto per la Festa degli incontri diocesana di Azione Cattolica, svoltasi lo scorso sabato, 11 maggio 2019 presso la parrocchia Gesù Lavoratore di Giarre. La festa viene organizzata nel mese di maggio dall’équipe diocesana del settore ACR (Azione Cattolica Ragazzi) e ogni anno viene scelto un luogo diverso proprio per dare a tutte le parrocchie la possibilità di ospitare questo evento che raccoglie i bambini e i ragazzi dell’ACR di tutte le parrocchie della diocesi. Lo scopo della festa è quello di permettere l’incontro dei bambini e dei ragazzi attraverso le varie attività e i giochi, così da far respirare la dimensione diocesana della nostra associazione perché … ”E’ più bello insieme !”. Il tema trattato in maniera approfondita e varia è stato quello della tavola. La tavola è il luogo in cui ci si riunisce, luogo di incontro e condivisione della gioia della giornata. Il cibo a tavola trova un valore aggiunto, un aspetto sempre nuovo nell’essere condiviso e mangiato insieme. Questo tema ha accompagnato i ragazzi dell’ACR per tutto l’anno, nei rispettivi percorsi parrocchiali differenziati per gruppo (piccolissimi, 6-8,9-11,12-14), quindi la festa è da considerarsi la fine di questo lungo percorso iniziato in autunno. Il pomeriggio è iniziato con un momento d’accoglienza scandito da musica e animazione. A seguire don Mario Camera, assistente ACR diocesano, ci ha fatto pregare ricordandoci
dato il proprio contributo con la loro presenza.
che la nostra religione mette al centro la Tavola. Gesù stesso la utilizza come strumento d’incontro e condivisione con i suoi discepoli ed Egli diventa cibo di vita eterna per noi nell’Eucaristia. Dopo questo momento iniziale, i bambini e ragazzi sono stati divisi in squadre e ogni squadra ha fatto un percorso scandito da cinque giochi a tema che hanno messo in risalto gli aspetti più importanti della tavola: fratellanza, uguaglianza, condivisione, stupore, fiducia, gioia, essenzialità e rispetto. Per concludere, abbiamo tirato un po’ le somme del pomeriggio ripercorrendo le attività svolte e abbiamo condiviso la merenda insieme. Ogni parrocchia ha contribuito, oltre che con la propria presenza, portando beni di prima necessità per le persone meno fortunate, beni che sono stati donati alla Caritas della parrocchia che ci ha ospitati. Per concludere, un ringraziamento alla comunità parrocchiale Gesù Lavoratore, al parroco Don Antonio Pennisi e all’Azione Cattolica parrocchiale per la disponibilità, la generosità e l’accoglienza; ai componenti delle equipe ACR diocesana che hanno organizzato e guidato le attività; a tutti i partecipanti che hanno Claudio Sgroi Responsabile diocesano Acr
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Radio Maria La ricca esperienza vissuta dagli operatori alla Giornata regionale della Misericordia per le carceri
Una umanità ferita e dolente Pubblichiamo il resoconto, un po’ ridotto, di una ricca esperienza vissuta dagli operatori di Radio Maria della diocesi di Acireale, così come ci è stato inviato. In questa mattina di fine aprile, caratterizzata da una temperatura mite, il buon Dio ha pensato di donarci “un anticipo d’estate”, che ci accompagnerà, già dalle prime luci dell’alba, nel nostro viaggio verso il centro della Sicilia e precisamente Pergusa, alle porte di Enna, “con a seguito”, adagiata nel suo imballo riposto sul sedile posteriore dell’auto,la statua di Maria Madre di Misericordia per le Carceri (statua lignea intagliata a mano ad Ortisei in Val Gardena, destinata al pellegrinaggio all’interno delle case di reclusione). Il tempo stringe e noi di Radio Maria dobbiamo posizionare la Madonnina sull’altare e allestire il nostro gazebo prima che i fedeli affluiscano alla spicciolata nel luogo dell’incontro, per partecipare alla ”Giornata Regionale della Misericordia” per le carceri. La Parrocchia SS Crocifisso che ci ospita è già “parata a festa”, ma con la sobrietà che contraddistingue questo luogo e i suoi abitanti. Individuata la locazione appropriata sul sagrato, la nostra postazione prende forma, grazie al prezioso aiuto di Domenica (la catechista che opera nella C.C. I.C.ATT. di Giarre provincia di Catania) e Valentina, che più di trent’anni fa è arrivata a Catania dalle sue Mauritius, con un bagaglio
di sogni forse mai avverati, ma presentandosi ad un appuntamento che mai sicuramente avrebbe potuto immaginare: l’incontro con Gesù e Maria. Il primo ad avvicinarsi, chiedendo il motivo della nostra presenza, è l’Arcivescovo di Messina, monsignor Giovanni Accolla che, tra le altre cose, ci tiene a sottolineare, è un assiduo ascoltatore di Radio Maria, specialmente durante i suoi spostamenti mattutini, che sono veramente tanti. E poi si accostano al nostro banchetto, man mano che arrivano in chiesa, i cappellani con la loro rappresentanza di detenuti provenienti da quasi tutte le carceri della nostra Isola. Dopo un momento di accoglienza e il relativo rinfresco, si inizia con la celebrazione della Santa Messa con al centro, davanti all’altare, alcune decine di cappellani, il Vescovo di Piazza Armerina, monsignor Rosario Gisana e monsignor Giovanni Accolla. L’assemblea, formata quasi unicamente da detenuti e loro familiari, dimostra grande compostezza e un religioso silenzio, rotto, durante la Consacrazione, dal grido di un fratello ristretto di colore, che per ben tre volte ripete pregando Jesus is alive, Jesus is my life, Jesus is with me (Gesù è vivo, è la mia vita, è con me) ……. una espressione di fede di un fratello africano che, pensandoci bene, mi porta alla mente quando a volte, seduto in una pizzeria e iniziando a mangiare, accenno a un frettoloso e timido segno di croce cercando di non
dare nell’occhio quasi mi vergognassi della mia religiosità; quante cose abbiamo ancora da imparare dagli “ultimi”, in materia di fede. Alla fine della Santa Messa, quando tutti si sono accostati all’Eucarestia, si avvicendano all’ambone i volontari con le loro testimonianze. Ascoltiamo l’esperienza di Paola, una consacrata laica di Piazza Armerina (En), quella di Stefania della Caritas, volontaria al Pagliarelli (Pa), quella ancora di Gaetano e la moglie Anna Maria, che portano il loro contributo presso il carcere di Enna e quella della nostra sorella volontaria Domenica, che illustra ai presenti come Radio Maria,
Misericordia Il presidente del gruppo acese, Sebastiano Leonardi, fa il bilancio in assemblea
Un anno al servizio degli altri Ad Acireale, nel salone parrocchiale del Sacro Cuore s’è svolta un’interessante assemblea della “Misericordia” sulle attività di sanità, assistenza, solidarietà svolte nel 2018. Il presidente, dott. Sebastiano Leonardi, nella sua circostanziata relazione, ha parlato di complesse problematiche, della responsabilità negli incarichi, del clima di fratellanza vigente. Numerose le iniziative svolte, non solo nel comune di Acireale, ma anche in vari centri della provincia di Catania. Leonardi ha sottolineato anche come il 2019 sia l’anno quarantesimo della fondazione della Misericordia che, con spirito evangelico, è stata sempre al servizio della città, vivendo esperienze uniche con riscontro di generosità ed entusiasmo, specie nei volontari e nei giovani del servizio civile, guidati dall’Ispettore dei servizi e dai vari Dirigenti. Nella conclusione, il Presidente ha invitato i numerosi soci a valorizzare gli ideali dell’Associazione, vertenti sulla carità verso quanti nella loro fragilità sono oppressi dal bisogno, in una realtà sociale talvolta molto triste. Ha messo in luce, infine, la positività del cammino assieme ad altre Associazioni, alle parrocchie e ad organizzazioni sociali. Di rilievo, la continuazione del protocollo d’intesa con il Comune di Acireale ed inoltre, la gestione della Cappella dell’Associazione nel locale Cimitero, il trasporto di persone disabili nei movimenti per le Elezioni comunali e politiche, l’attività del Centro di Formazione, mediante l’impegno di Volontari Istruttori. Ci sembra opportuno, in sintesi, citare alcuni servizi forniti dalla Misericordia e riguardanti le festività cittadine: in gennaio, 20 e 27, san Sebastiano; Carnevale dal 3 al 13 febbraio;
le celebrazioni della Settimana Santa; Festa dei Fiori, 27-29 aprile; 6 giugno, Giornata cittadina del Sollievo nella parrocchia Cuore Immacolato di Maria. Gli eventi straordinari sono stati diversi: la Peregrinatio delle reliquie dei Santi francesi Luigi e Zelia Martin, genitori di Santa Teresa del Bambin Gesù; nella 28.ma Sagra delle Aiuole e del Balcone fiorito, è stato consegnato il Premio 2018 alla Misericordia, in omaggio ai servizi attuati durante tutti gli anni sociali. Un Corso formativo dal 15 ottobre al 15 novembre, su organizzazione del dott. Orazio Rocca, responsabile della Protezione civile. All’inizio dell’anno sociale, due incontri: uno con don Gabriele Patanè, nuovo Amministratore della Parrocchia Sacro Cuore, l’altro con don Orazio Greco, assistente spirituale della Misericordia, assurto a nuovo parroco dell’Arcipretura parrocchiale di Castiglione di Sicilia. Il 26 dicembre, in seguito al terremoto nell’area di Pennisi, pronto intervento e turnazione di volontari con relative attività. Gli eventi ordinari si sono svolti con una discreta partecipazione di volontari: XXXV
il Corso per soccorritori dal 3 marzo al 26 maggio, compresa l’iniziativa della Protezione civile “Esercitiamoci insieme”. “FORMAT”, evento di formazione, con la partecipazione di Daniele Greco, Orazio Rocca, Simona Scalia ( 24 marzo, 21 e 22 aprile); Corso di progettazione sociale, con la partecipazione di Alessandra Pittera e Simona Ricca; domenica 25 marzo, Cena di Pasqua in collaborazione con la Caritas; Giornata della Misericordia a Pozzillo e Festa del mare, 19 e 20 maggio; Nivarata 25-27 maggio; Passeggiata in bicicletta: Misericordia e Fratres, 17 giugno; 21-22 luglio, Sagra del polpo; 2829 luglio, Sagra del pesce spada; Fiera dello Jonio, dall’1 al 10 settembre; “Io non rischio”, manifestazione di Protezione civile in Piazza Duomo, 14 ottobre. Ambulanze, percorrenza di km 14.468; effettuati, 523 servizi. Don Gabriele Patané ha preso la parola per una riflessione spirituale, in relazione alla Santa Pasqua: Dio, creando l’uomo libero, anche la libertà è una sua scommessa, con la vittoria della Resurrezione sulla morte e sul peccato, per rinnovare tutte le cose. Con la celebrazione della Pasqua, si guarda il mondo con gli occhi di Dio sulle attività di volontariato. Gesù nella sua Passione si è voluto identificare con quanti soffrono. Il Crocifisso interviene nella vita dell’uomo con l’amore e la Misericordia. Nel suo intervento il dott. Rosario Sorbello, infine, ha augurato all’Associazione una lunga e proficua vita da spendere al servizio degli altri. La serata si è conclusa con un incontro di fraternità. Anna Bella
da otto anni stia seguendo un percorso organizzato di evangelizzazione negli istituti di pena (Dio renda merito alle volontarie di Radio Maria, Giò Carrozza e la sua figliola, fondatrice la prima e ambedue organizzatrici del “Progetto Maria Madre di Misericordia per le Carceri”). La preghiera del carcerato, recitata da Nicolò fratello ristretto del Pagliarelli, chiude la condivisione delle testimonianze. Nella vicina “Oasi Madonnina del Lago”, l’ora del pranzo ci vede ancora mescolati fianco a fianco: i detenuti con i loro familiari accanto ai cappellani, agli esponenti del clero nelle varie forme, ai laici volontari, in un caleidoscopio di visi e voci. Per allietare questa mensa ha raccolto l’invito degli organizzatori il comico e attore ragusano (ma di fama nazionale) Massimo Spata che, lasciando i suoi impegni di lavoro, non ha esitato a catapultarsi verso Pergusa e, in tempo record, partecipare a questo evento. Massimo, con la sua performance artistica, tenuta gratuitamente in svariati istituti di pena, è un veterano in questa espressione del volontariato; egli esordisce con una frase, oserei dire lapidaria, che ci spiazza a dir poco, anche perché detta da un comico: “Scontare una pena non significa mortificare un Uomo”. Il resto è stato una mezzora di ilarità che ha strappato almeno una risata o un sorriso a tutti. E’ tempo di raccogliere tutte le nostre cose, reimballare la statua della Madonnina e imboccare la strada del ritorno, ognuno con il nostro bagaglio d’emozioni acquisito in questa giornata ……. bisogna scendere, anche se a malincuore, dal monte Tabor (Mt 17,1-8) e fare i conti con la vita di tutti i giorni: i “carcerati” da una parte, con un passato alle spalle pesante come un macigno, con un presente difficile e un futuro incerto, e i “liberi” dall’altra parte, che spesso devono fare i conti con periodi di aridità talmente forti da non avere niente da invidiare alla terra del deserto. Il viaggio di ritorno offre lo spunto per fare un bilancio della giornata, così osservando il viso finalmente rilassato di don Paolo Giurato (coordinatore regionale dei cappellani nonché organizzatore dell’evento) chiedo: caro don Paolo è stato raccolto l’invito a partecipare a quest’evento esteso ai cappellani di Sicilia? Sì – risponde -, oserei dire superiore ad ogni rosea aspettativa, considerando che oggi è stata la prima esperienza nella nostra regione di questo importante evento, sulle orme degli incontri che annualmente si svolgono al santuario di Pompei in Campania, organizzati dall’ispettore generale dei cappellani delle carceri, Raffaele Grimaldi. Al calar della sera arriva, davanti al cancello della casa circondariale I.C.ATT., la statua della Madonna, ma rispetto a stamattina, con “a seguito noi” stanchi ma soddisfatti. In appresso ci ricorderemo ancora, noi volontari e loro carcerati, di quello che abbiamo vissuto oggi in questa giornata di comunione fraterna? Forse no, presi come siamo dagli affanni del quotidiano; ma sono sicuro che ognuno di noi, al momento opportuno, saprà tirar fuori, come per incanto e per dare testimonianza, tutto ciò che oggi è scaturito dall’ascolto e dalla messa in pratica della Parola di Cristo: come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, cosi sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata (Is 55,10-11). Paolo Cannavò operatore di Radio Maria
Acireale Consegna effettuata con l’inaugurazione dal consorzio “Il Nodo” a conclusione di un laboratorio di arredo e qualificazione di aree a verde
Orto sociale urbano, strumento di integrazione, cura e condivisione “Semi d’integrazione” questo il titolo dell’iniziativa organizzata dal Consorzio Il Nodo di Catania che, in collaborazione con il club Rotary di Acireale, ha realizzato e consegnato ad Acireale le chiavi del nuovo “Orto degli Odori”, un’area di 400 mt2, fino a pochi mesi fa in totale stato di abbandono, all’interno del cortile di via Padri Filippini, un’antica proprietà della Confederazione dell’Oratorio di S. Filippo Neri, da anni in locazione al comune. “L’orto sociale urbano” – si legge in un comunicato de Il Nodo – rientra tra le attività progetto SPRAR MSNA Acireale, e giunge a conclusione di un laboratorio professionalizzante di arredo e riqualificazione di aree a verde per tecnici degli orti urbani che ha coinvolto 14 minori non accompagnati e neo maggiorenni, ospiti delle strutture di accoglienza del Consorzio Il Nodo. Un’idea che ha permesso di restituire alla collettività un bene, di cui potrà goderne con visite guidate, attraverso un percorso realizzato con l’ausilio di cartelli esplicativi, ma anche di effettuare un tirocinio formativo rivolto a giovani stranieri, sotto la guida di tutor e la supervisione di tecnici, con la possibilità apprendere conoscenze poi spendibili. Alla cerimonia di consegna hanno partecipato il sindaco di Acireale, Stefano Alì, il presidente del Consorzio Il Nodo, Fabrizio Sigona, il presidente del club Rotary di Acireale, Antonio Borzì, il governatore del distretto Rotary Sicilia-Malta, Giombattista Sallemi, la presidente del Consiglio comunale Sonia Abbotto, la presidente del Tribunale dei Minori di Catania, Maria Francesca Pricoco, ma anche la sindaca di Caulonia, Caterina Belcastro, un comune in provincia di Reggio Calabria, con cui Il Consorzio Il Nodo collabora nei progetti Sprar MSNA e Adulti.
Il “Global Chorus Intregration Project” dei progetti SPRAR di Caulonia e Benestare, gestiti dalla cooperativa sociale Pathos, ha regalato uno straordinario momento di musica, con il coro di giovani stranieri e italiani, guidati dal maestro Carlo Frascà, che hanno intonato brani nuovi e riadattati, come un emozionante Inno di Mameli a ritmo di rap. E se all’interno dell’area sono state piantate oltre 60 varietà di piante aromatiche, molti di più sono stati i semi simbolici gettati per far crescere concetti come “gentilezza”, “educazione ai piccoli gesti”, “continuità” e “valori che poi sono diritti – per usare le parole della Presidente del Tribunale dei Minori Francesca Pricoco –all’accoglienza, alla relazione, all’ascolto attraverso un percorso virtuoso, nel rispetto della legge italiana e delle Convenzioni europee, diritti che devono essere a maggior ragione riconosciuti alle persone più vulnerabili, per far si che una vita e un mondo migliori siano davvero possibili, dove tutti hanno spazio e diritto d’esserci”. “Attiviamoci tutti – ha detto il presidente del Consorzio Il Nodo Fabrizio Sigona, lanciando un appello ad amministratori e i rappresentanti del club Rotary – perché da domani si lavori alla creazione di un gruppo di imprenditori che possano e vogliano far diventare questi progetti una buona prassi nel costruire e consolidare un sistema di integrazione dal punto di vista lavorativo”. “L’idea è quella di una “formazione” al lavoro– ha sottolineato Sigona – grazie alla quale i giovani stranieri possono essere messi nelle condizioni di arrivare alla maggiore età sapendo fare. Una scuola che sia officina di apprendimento, con un doppio valore: imparare i rudimenti del settore ma anche capire come prendersi cura di spazi comuni. Il bello diventa op-
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Chiesa e Cultura
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Mostra Al Museo Diocesano con le incisioni di Durer il capolavoro di Pietro Paolo Vasta e altre tele
La splendida mostra “Passio Domini Nostri Jesu”, nata e realizzata grazie alla collaborazione tra la Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Catania, La Biblioteca centrale della Regione siciliana “Alberto Bombace” e il Museo diocesano di Acireale, oltre alle dodici stupende tavole della “Grande passione” di Albrecht Dürer (Norimberga, 1511), che saranno esposte nelle sale di Palazzo D’Amico (via mons. Genuardi 16, Acireale) fino al 9 giugno 2019, si arricchisce, per una precisa scelta degli organizzatori, anche di altre opere d’arte, sullo stesso tema della Passione, provenienti da diverse chiese della nostra Diocesi. Lodevole è stato, in proposito, il lavoro di tanti volontari, che hanno contribuito all’allestimento dell’esposizione. Tra le altre opere, spiccano certamente due pregevoli manufatti provenienti da Randazzo: una tavola del tardo Quattrocento siciliano, raffigurante la scena della pietà, e una “pace” (oggetto liturgico) di bottega settentrionale in avorio intagliato con la raffigurazione del Cristo all’interno del sepolcro ed, a lato, l’apostolo Giovanni (l’altra figura laterale della madre dolorosa è andata perduta). Probabilmente, però, l’opera in mostra che più colpisce i visitatori – tanto da destare l’ammirazione dello stesso vescovo di Acireale e di moltissimi presenti alla cerimonia di inaugurazione dello scorso 13 aprile – è la tela raffigurante la Maddalena. Ritenuta il capolavoro del pittore acese Pietro Paolo Vasta, essa fu realizzata per l’altare maggiore dell’omonima chiesa di Acireale, edificata da privati nel sec. XVIII come luogo di culto e affidata poi ai Padri dell’Oratorio di San Filippo Neri, i quali, quarant’anni fa circa, trasferirono il quadro presso il loro istituto per evitare che fosse oggetto delle mire di ladri sacrileghi. Dopo diversi decenni ed un accurato intervento di restauro, la tela può essere nuovamente ammirata. Già Lionardo Vigo, nella sua Vita di P.P.Vasta (1827) evidenziava “i pregi pittorici di questa tavola”, che an-
noverava tra le migliori del pittore acese. Anche la critica moderna, peraltro, ha apprezzato il dipinto. “E’ una Maddalena giovane, seducente, bellissima, anche se improntata a un senso grave e solenne. Il pentimento, […] il ripudio della vita dissoluta sono ormai alle spalle” ha scritto Giuseppe Contarino nel suo contributo per il volume Omaggio a Pietro Paolo Vasta (AA.VV., Acireale, 1999). “La Maddalena dalle lunghe chiome – sono ancora parole di Contarino – è come sdraiata su di una sedia. Lo sguardo compreso, incantato, fissa un esile Crocifisso sorretto da una coppia di angeli. Gli occhi sono grandi; le braccia scoperte fino al gomito. La mano destra accarezza un teschio adagiato su un tavolino: la morte non fa paura quando è guardata nella prospettiva di Dio, anzi diventa compagna. Un prezioso panneggio copre pancia e gambe della donna. Il colore giallo richiama i biondi capelli che, sciolti, accarezzano morbidamente le spalle. La veste ha una generosa scollatura, dalla quale prende le mosse il bel tornito collo. La giovinezza si dichiara e trionfa, malgrado il teschio, il richiamo alla sofferenza e l’invito implicito a meditare le sofferenze di Cristo Crocifisso” L’attrattiva di questa interessantissima mostra in corso ad Acireale è, quindi, duplice: la Passione di Cristo secondo Albrecht Dürer (ovvero il segno di un’artista che ha attraversato più di cinque secoli, continuando a catturare le nostre emozioni) ed i pregevoli ed a volte sconosciuti capolavori d’arte pittorica e scultorea locale, come questa splendida Maddalena del Vasta. Guido Leonardi
incontro con il clero
Finalmente esposta “La Maddalena” Come custodire e valorizzare i beni culturali La tematica affrontata, nei giorni scorsi, nella Basilica Santi Pietro e Paolo in Acireale è stata occasione per il clero diocesano di riflettere sui Beni Culturali Ecclesiastici. Il vicario generale mons. Giovanni Mammino ha aperto i lavori salutando i sacerdoti convenuti mettendo in evidenza l’importanza che hanno i beni culturali nel nostro territorio diocesano, perché oltre ad un interesse puramente “estetico” presentano un interesse artistico, storico, archeologico, archivistico e bibliografico. La giornata si è arricchita di importanti contributi. Don Carmelo Sciuto, direttore Responsabile diocesano dell’Ufficio dei Beni Culturali, ha illustrato il delicato lavoro che svolge all’interno della diocesi. “È importante - afferma don Carmelo – che ognuno di noi comprenda l’importanza del bene culturale affidato che, non è legato alla nostra volontà, ma è tutelato dalla sopraintendenza. Noi abbiamo il compito della custodia. È un bene che ci viene consegnato, è della collettività e noi ne siamo responsabili. Il bene va curato, mantenuto e tenuto in vita seguendo la prassi alla quale la legge ci obbliga”. Ha ontinuato don Carmelo: “Il bene deve essere fruibile e messo in rete, ed è ciò che stiamo cercando di fare attraverso il progetto del Parco Culturale ecclesiale” Il vescovo di Acireale mons. A Raspanti inoltre ha aggiunto: “Tutelare il patrimonio storico e artistico della diocesi è un dovere perché è un patrimonio che abbiamo ricevuto dai nostri padri ed è quindi un’eredità culturale. Dobbiamo tutelare, conservare e fruire il bene per valorizzarlo. È necessaria quindi una corretta gestione dei beni culturali perchè così,questi diventano un modo per raccontare, per cantare, per inneggiare, per manifestare la gioia della nostra fede, la gioia dell’incontro con Cristo o dell’incontro con i fratelli”. Il vescovo conclude con una nota: “La fiducia si conquista solamente aumentando la credibilità e la trasparenza cioè riducendo le distanze tra la parola e l’azione. La credibilità di noi uomini di Chiesa si poggia sulla Parola di Dio che si fa azione se tradotta in interventi a favore della collettività”. L’incontro con il clero si è concluso con la visita al museo diocesano sito in Via Mons. Genuardi, 16. Don Arturo Grasso
diocesi Percorsi formativi del Centro di ascolto
Macchia di Giarre Messa in scena in chiesa “Ante Golgotha”
Il Centro di Ascolto (CdA) della diocesi di Acireale – si legge in una nota stampa -ha registrato una forte povertà culturale in materia di salute, soprattutto per quanto riguarda la prevenzione. Questa situazione è dovuta a due fattori: da un lato la crisi economica e dall’altro la facilità che il web offre nel trovare risposte. Tutto ciò ha portato, soprattutto tra le persone del ceto medio-basso dei nostri paesi, ad una scarsa presa di coscienza del valore della salute. Un sondaggio diffuso da IBSA Foundation for Scientific Research ha messo in evidenza che oltre l’88% degli italiani (il 93,3% tra le donne) consulta il web quando ha bisogno di informazioni sulla salute e il 44% ritiene che rivolgersi a internet sia poco o per nulla rischioso. L’evidenza preoccupante è che quasi la metà del campione intervistato, soprattutto nella fascia d’età 45-54 non valuta l’affidabilità delle fonti che consulta. Capiamo bene che la scarsa informazione implica spesso scelte poco sicure, comportamenti rischiosi, minore capacità di autogestione e più ospedalizzazione. Alla luce di quanto detto, quest’ ufficio insieme all’O.A.S.I “Maria SS. Assunta”, la Coop. Mons. M. Cosentino ed il contributo del Dott. Filippo Di Mauro ha avviato il 4 Febbraio scorso il Progetto 8xmille “O.A.S.I. Salute”. Questo progetto si sviluppa in 4 fasi: Informazione, Formazione, Accoglienza, Erogazione di prestazioni mediche. Quindi, anzitutto vi sarà
Nella chiesa “Maria Santissima della Provvidenza” di Macchia di Giarre, l’Accademia dei Giullari diretta da Sebastiano Mancuso ha portato in scena la rappresentazione teatrale “Ante Golgotha”: la storia di Gesù e dei personaggi della passione. Attraverso lo stile della giullarata, con elementi propri del teatro antico e del teatro contemporaneo che si intrecciano e si contaminano vicendevolmente, lo spettacolo trasporta il pubblico nella storia dei personaggi che hanno partecipato alla Passione di Gesù, spiegandone, con estrema semplicità, sentimenti, parole e gesti. In un gioco di luci e di ombre, gli attori – senza identificarsi in un preciso costume – interpretano la storia di Gesù e dei personaggi che lo seguono fino al Golgota, in un iter circolare, che parte dalla morte di Cristo e prosegue, attraverso l’alternarsi delle Sacre Scritture e di monologhi teatrali, con una breve ma intensa narrazione delle tappe fondamentali della sua vita. Lo spettacolo continua portando in scena la passione di chi ha partecipato alla storia di Gesù, accompagnandolo nel cammino verso il Golgota, e si conclude com’è iniziato, con l’evento che chiude il cerchio di questa rappresentazione e della nostra storia: la morte di Cristo.
Povertà culturale La Passione in stile giullarata una prima fase informazione/formazione nelle comunità parrocchiali della nostra Diocesi sull’educazione sanitaria ed igienico-culturale e sulla prevenzione medica soprattutto a quella fascia di popolazione che per mancanza di cultura ha visto tale formazione come un inutile spreco economico, anziché qualcosa di importante per il benessere della vita quotidiana. Nei percorsi formativi che avranno luogo nei vari vicariati, sarà proposto un dialogo diretto tra i relatori ed i partecipanti facendo luce sulle nuove frontiere della medicina tradizionale e sulle nuove discipline mediche identificate come non convenzionali. Inoltre - così si chiude la nota stampa -, sarà allestito un Poliambulatorio clinico multidisciplinare, c/o l’O.A.S.I “Maria SS. Assunta” di Aci sant’Antonio, aperto al pubblico che erogherà visite mediche specialistiche tradizionali e di medicina non convenzionale. Gli utenti saranno invitati ad andare presso suddetto Poliambulatorio dal CdA diocesano e dalle Parrocchie della Diocesi, sempre dopo aver contattato il nostro CdA, e gratuitamente sarà offerta loro la possibilità di sottoporsi a trattamento di screening medico tradizionale, ma anche di tipo non convenzionali e specialistiche. Gli incontri di informazione e formazione si svolgono in alcune Parrocchie dei diversi Vicariati. C. S.
L’Accademia dei Giullari ha portato in scena l’anima di questi personaggi ed il personale ed intimo contatto che ognuno di essi ha con Dio: partendo dai Vangeli ma attribuendo ad ogni figura considerazioni ed emozioni proprie, esplode, scena per scena, tutta la potenza espressiva di una riflessione – profonda ma semplice – che incide il significato delle cose, che scava le coscienze ed il senso della quotidianità, che ricalca la psiche di ogni personaggio delineando, al contempo, quella di ciascuno di noi. Una rappresentazione che ricorda allo spettatore quanto ciascuno, dinnanzi al mistero del sacrificio di Cristo, possa calzare i panni di ogni tipo di fragilità umana, rivedendosi in Pietro che rinnega il suo Maestro ed amico, o in Pilato che pur chiedendo “cos’è la verità?” si lava le mani nell’indifferenza e nella menzogna. In un susseguirsi di passi del Vangelo e riflessioni, di emozioni ed immedesimazioni, nelle parole della Maddalena si racchiude l’intensità espressiva che coinvolge lo spettatore di “Ante Golgotha”: “Io ero lì, e baciavo la terra e il sangue lungo il doloroso cammino verso il Golgota. Io ero lì, a sentire tutto l’odio e l’amore che lo circondava”. Giulia Guarrera
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Speciale Europa
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La Comunità Papa Giovanni XXIII Compendio in 9 punti presentato all’Università di Catania
Pubblichiamo il comunicato inviatoci dall’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. I Giovani, l’Europa e i grandi temi. Dal tema della pace a quello dell’affidamento familiare passando per la cruciale questione dell’adozione e accoglienza. E ancora il lavoro come strumento per restituire dignità, contrastando povertà e diseguaglianze fino allo sviluppo di canali legali di migrazione tramite corridoi umani. Questi alcune delle 9 proposte contenute nel breve compendio realizzato dall’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, che è stato presentato ieri, lunedì 6 maggio, nell’Aula Magna del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali di Catania a giovani e candidati in vista delle elezioni europee. A introdurre i lavori e fare gli onori di casa, Giuseppe Vecchio, Direttore del Dipartimento, che parla di «un vero e proprio dramma del nostro sistema europeo, che non riesce a condensare in un’unica realtà, forte e stabile, le diverse realtà nazionali. La grande sfida di oggi, che non è soltanto politica, ma anche culturale e sociale è quella di riuscire a costruire un’identità solida capace di interloquire con il resto del mondo». Il cuore delle proposte firmate dalla Comunità Papa Giovanni XXIII e maturate durante il cammino di condivisione che l’Associazione ha intrapreso accanto alle persone più fragili, nelle parole di Edoardo Barbarossa, membro dell’Associazione. «L’Europa in cui crediamo, titolo del
nostro compendio – dichiara Barbarossa – è un chiaro invito ai candidati alle elezioni europee a orientarsi sull’etica e trasportare sul proprio piano i principi della Prossimità, fratellanza responsabile e dignità umana. Crediamo in un’Europa che torni ad essere delle persone e che restituisca a ogni cittadino pari opportunità e dignità». Insomma, un’Europa di Prossimità, capace di rispondere a quel bisogno di futuro partendo prima di tutto dai giovani. E sono stati proprio loro i protagonisti indiscussi del dibattito di ieri, animato dalla presenza di 5 giovani speaker, che attraverso un “viaggio” tra storie, proposte ed esperienze, hanno raccontato la loro idea di Europa. A partire da Natascia Arcifa, referente della campagna Stavolta Voto, intrapresa dal Parlamento europeo con l’obiettivo di promuovere il coinvolgimento democratico in vista delle elezioni, al quale ha aderito anche la stessa Comunità Papa Giovanni XXIII. Spazio anche a storie di coraggio e umanità, come quella della ventiquattrenne Paola Fracella, Operatrice di pace di Operazione Colomba della Comunità Papa Giovanni XXIII, che da oltre un anno e mezzo vive in Libano al fianco dei profughi siriani. E ancora racconti di accoglienza e integrazione nelle parole di Philopos Daoud, studente egiziano all’Università degli Studi di Catania; una “passeggiata” tra celti ed europei per ripercorrere il concetto di identità europea che si basa sulla ricchezza tra le diverse identità nazionali con il focus di Luigi Provini ed “Europa e Costituzione: una questione di senso” con la sessione introdotta da Agatino Lanzafame. “Aiutateci a costruire un’Europa di cui non avere paura – incalza un giovane partecipante, rivolgendosi ai candidati presenti -. Sostenete progetti e strumenti di contaminazione tra le nuove generazioni, soltanto conoscendo l’altro, l’Europa e le diverse culture possiamo non avere paura e contrastare questo clima sovranista e di terrore che si sta diffondendo in maniera capillare”. Hanno accolto l’invito e partecipato all’appuntamento i candidati: Caterina Chinnici, Elia Torrisi, Dino Giarrusso, Corradino Mineo e Matteo Iannitti.
il punto
Prossimità, fratellanza e dignità Un grande compito nelle mani dei giovani L’etica tra convinzione e responsabilità
Resi noti i volti, i programmi e le alleanze, la macchina elettorale per le elezioni europee del 26 maggio si muove sferragliando. All’appuntamento ci si prepara senza l’entusiasmo e la fiducia che si ebbero nel 1979 per la prima elezione a suffragio universale del Parlamento europeo la cui presidente fu Simone Veil, una donna scampata dai lager nazisti, una indomita combattente per la libertà e la democrazia, una convinta sostenitrice che l’unità europea potesse restituire speranza alle nuove generazioni. Sono trascorsi 40 anni da quelle elezioni: troppi perché le ricordi una società sempre più schiacciata sul presente, sempre più impoverita di memoria, sempre più incapace di accompagnare i giovani verso il domani. La politica che si presenta all’appuntamento del 26 maggio appare più malata del malato che vorrebbe curare. Non colma, quindi, il vuoto provocato da anni di fragilità del percorso comune europeo e neppure incoraggia a guardare oltre gli orizzonti ristretti dell’interesse nazionale. La cultura, a sua volta, fatica a superare il muro dello slogan che si contrappone mietendo consensi al ponte del ragionamento. In questo contesto l’errore da evitare è rassegnarsi, consegnare l’utopia nelle mani di quanti la deridono con un rumoroso e rassicurante pragmatismo. “Ma - scrive il filosofo Paul Ricoeur in ‘L’Europa e la sua memoria’ - i popoli non possono vivere senza utopia, al pari degli individui senza il sogno. A tal riguardo, l’Europa senza frontiere rigide è un’utopia, perché essa è innanzitutto un’Idea. L’espressione stessa di orizzonte d’attesa evoca in qualche modo l’utopia; l’orizzonte è ciò che non è mai raggiunto”. Ma non è perdente sostenere il senso e il valore dell’utopia di fronte a una politica e a una opinione pubblica imprigionate in un presente senza respiro e senza futuro? “L’importante - risponde il filosofo francese - è che le nostre utopie siano utopie responsabili: tengano conto del fattibile e dell’auspicabile, vengano a patti non solo con le resistenze spiacevoli della realtà ma anche con le vie praticabili tenute aperte dalla coscienza storica”. La riflessione diventa, nello stesso tempo, impegnativa e affascinante perché porta il pensare e l’agire alle soglie del futuro, verso le quali sono incamminate le nuove generazioni come dimostrano le manifestazioni di questi giorni. Sono i giovani a dire che l’utopia non è una fuga dalla realtà e che l’etica della convinzione deve essere declinata con l’etica della responsabilità. Integrare un’etica con l’altra, afferma Ricoeur,“resta un grande compito, forse la più grande utopia”. Un grande compito nelle mani dei giovani. Paolo Bustaffa
Acireale Incontro a più voci all’Accademia Zelantea lezione Ce lo ricorda Leonardo da Vinci da oltre 500 anni
Una famiglia con differenze Siamo cittadini del mondo Nella sala Cosentini della Biblioteca Zelantea di Acireale, su organizzazione del locale Meic, è stato realizzato un incontro sul tema: “Una nuova idea di Europa?”. Il prof. Stefano Figuera, rappresentante dell’Accademia degli Zelanti, nell’introduzione, traccia una riflessione critica sull’arduo cammino verso l’Europa Unita e sulle relative difficoltà, proponendo il ritorno allo spirito dei Padri d’Europa, senz’altro più potente di quello degli Stati nazionali. L’Europa è una famiglia, anche se ci sono differenze. Lineare la presentazione dell’oratore, prof. Rosario Sapienza, Ordinario di Diritto Internazionale all’ Università di Catania; convinto europeista, collaboratore di varie riviste. Il presidente del Meic, dott. Pietro Currò, parla dei valori del Vangelo e della cultura, fondamenti della coscienza politica e civile, vertenti sui principi di pace, giustizia, libertà, uguaglianza. L’oratore prof. Sapienza testimonia d’aver fatto parte del Meic, d’essere stato presidente diocesano di Catania. Entra in argomento sull’Europa Unita, richiamando il singolare documento del 2012, con cui la Commissione europea si scostò dalla dottrina socio-economica europea di mercato. Sottolinea come in questo delicato momento i credenti non devono trascurare d’andare a votare in modo responsabile alle prossime elezioni, per dare un contributo alla costruzione politica dell’Unione europea. Cita le specifiche parole di Papa Francesco: ricostruire uno spirito di comunità, compito dei cattolici; è un atto di buona volontà, impegnarsi per l’unità dei popoli, in quanto i principi che ci unisco-
no sono di più dei principi che ci dividono. Pertanto, si devono mettere in luce i motivi che uniscono i popoli. Il prof. Sapienza fa poi riferimento all’Erasmus: per ogni Stato, borse di studio per i propri cittadini; inoltre, segnala la Corte di giustizia, la difesa di libertà, uguaglianza, rispetto dei diritti umani, pluralismo, solidarietà; punta l’attenzione sui progetti atti a consentire lo sviluppo di ogni singola comunità locale, con il riconoscere i principi della convivenza. La parola passa al giovane borsista di ricerca presso l’Istituto di Studi politici S. Pio V di Roma, Pietro Figuera, che centra l’attenzione sul modo d’influire nel contesto e sulle sfide. Sostiene che le prossime elezioni sono occasioni per analizzare il futuro dell’Europa. Fatta una sintesi della guida politica e morale del passato, focalizza errori del sistema, specie la creazione economica, che ha anticipato l’Unione politica, per la cui futura realizzazione individua varie difficoltà. Attraverso il video proiettato, si evidenziano per l’integrazione le forze centrifughe e le centripete, l’avanzamento verso Est, le conflittualità, la distribuzione di poteri. Nel dibattito abbastanza nutrito, si fa riferimento ai mercati finanziari internazionali, al principio della centralità della persona, all’importanza della solidarietà, alla rivoluzione pacifica della decolonizzazione dopo la seconda guerra mondiale, alla Brexit, al ruolo del Mediterraneo, all’economia cinese. Infine, si discute di problematiche attuali. Anna Bella
Nell’autunno del 1516 Leonardo da Vinci decide di lasciare l’Italia e di trasferirsi in Francia, accettando l’invito di Francesco I. Tre mule trasportano al di là delle Alpi tutto ciò che quest’uomo, ormai sessantaquattrenne, e già deciso a non far più ritorno nella sua terra, ritiene di portare con sé. Sicuramente tre tele, di cui una è la Gioconda, e poi disegni, documenti, manoscritti, trattati: ciò che resta di una vita vissuta all’insegna dell’arte e della ricerca, il cui senso è ben rappresentato da quella sorta di prezioso diario che Leonardo ha l’abitudine di compilare, appuntandovi massime, sentenze e riflessioni. Sono stato qualche anno addietro nella regione della Loira ed ho visitato la casa di Cloux, donata a Leonardo da Francesco I, nei pressi della deliziosa Amboise, dove il grande Leonardo visse per circa tre anni, chiudendo la sua vita il due maggio del 1519 Per tutto il tempo della mia breve permanenza in quei luoghi una domanda mi ha angosciato: cosa spinse Leonardo a venire qui, a lasciare per sempre la sua terra, adattandosi volontariamente a vivere con il suo fedele allievo Francesco Melzi, di circa quarant’anni più giovane, con il suo servitore Battista de Villanis e con una donna del luogo, una certa Mathurine, ingaggiata per accudire alla cucina ed al ménage di routine? Non sentiva egli, come la maggioranza degli uomini, l’anelito a chiudere i suoi giorni lì dove era nato? La risposta è ovviamente negativa. Anzi: si può pensare che il senso di estraneità alla sua terra, a Firenze, a Roma a Milano, i luoghi dove aveva lavorato, fosse in lui così forte da spingerlo a troncare con il passato e con gli affetti ed a sobbarcarsi ad intraprendere un viaggio lungo (circa tre mesi),
faticoso e pericoloso pur di mettere una grande distanza e la catena delle Alpi tra quanto gli restava da vivere e quanto era ormai il suo vissuto. Tra gli uomini del suo passato e quelli del suo futuro. E’ tremendo pensare ciò di un grande genio. E’ tremendo cioè che un genio come Leonardo non sia stato né compreso né amato dagli Italiani di allora. La vicenda di Leonardo, oggi tornato suo malgrado alla ribalta in occasione dei cinquecento ani dalla sua morte, diventa un terribile paradigma per quanti finiscono i propri anni portandosi addosso il gravame di un sentimento di marcata estraneità ai modelli della consuetudine consolidata della vita passata. Ci si accorge come gli ambiti sono stati assai stretti e noiosamente ripetitivi in rapporto all’urgenza ed alla voglia di una vita che avrebbe potuto essere diversa. Il noto diventa obsoleto ed invano si cerca in esso qualcosa che possa ravvivarlo di un luce diversa dal fitto grigiore che l’opprime. Leonardo aveva dato alla sua terra il frutto del suo inimitabile genio. Ne aveva ricevuto in cambio troppo poco. Sentiva che i suoi occhi avevano bisogno di altri paesaggi e di altro cielo da vedere, di altri uomini a cui confidare i sogni ancora freschi della sua mente prodigiosa, di altre terre su cui porre le stanche orme dei suoi incerti passi. Se è sua la tomba in quella stretta cappella del castello di Amboise, allorché ci chiniamo su di essa per riverirla sentiamo il bisogno di affidare a lui il bisogno di essere cittadini del mondo e di guardare all’Europa non tanto quale patria di un’infausta moneta, ma come la culla di una civiltà antica che ci appartiene, perché senza di essa rischieremmo di essere più miseri e provinciali. Alfonso Sciacca
dell’
Speciale Europa
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Bilancio Buone notizie dal Parlamento europeo: norme preziose per ambiente, web e lavoro
Drasticamente diminuita la plastica Forse non ce ne siamo accorti, ma in questi cinque anni il Parlamento europeo ha contribuito a migliorare la vita dei 508 milioni di cittadini dell’Unione europea. Come? Votando nuove norme e partecipando alla definizione dei progetti e del budget comunitario che prevede fondi per investimenti produttivi, sviluppo territoriale, cultura, sicurezza, ricerca, istruzione… Tra le innumerevoli norme varate ce ne sono una decina che ci riguardano molto da vicino e che un video prodotto dall’Europarlamento sinteticamente illustra. Roam like at home. Abbiamo tutti un telefono e chi viaggia sa quanto è sempre stato costoso chiamare o ricevere chiamate quando era fuori dal proprio Paese, in vacanza o per lavoro all’estero. Ebbene: è entrato in vigore il 15 maggio in Europa il limite dei 19 centesimi al minuto per le chiamate internazionali all’interno dell’Ue, ma già dal giugno del 2017 sono applicate le norme dell’Ue sul roaming a tariffa nazionale (roam like at home), per cui se si è all’estero si chiama, si inviano messaggi e si naviga allo stesso costo della propria tariffa domestica. Salvare l’ambiente. Andiamo tutti a fare la spesa e sicuramente ci siamo accorti che nei supermercati per acquistare frutta e verdura i sacchetti sono cambiati (e sono a pagamento): non è speculazione o una nuova tassa, ma una decisione importante del Parlamento nel 2015 per ridurre l’uso di sacchetti di plastica leggera, che hanno effetti devastanti sull’inquinamento di mari e fiumi. Sulla stessa linea si muove la legge approvata nel marzo scorso (e che entrerà in vigore nel 2021) che vieta i prodotti di plastica monouso (piatti, posate, cannucce). Ancora nell’ambito ambiente e clima, è da ricordare l’approvazione da parte del Parlamento dell’Accordo di Parigi, nel 2016 che ha segnato l’inizio dei lavori per una serie di misure per ridurre le emissioni di carbonio e promuovere l’uso di fonti di energia rinnovabile. Sul fronte energia invece noi consumatori possiamo aspettarci un risparmio medio fino a 500 euro all’anno sulle bollette dell’energia grazie all’etichettatura energetica semplificata per gli elettrodomestici approvata dagli eurodeputati nel 2017. Protezione dati, e-commerce. Altre importanti decisioni ri-
guardano internet: ad esempio, per gli acquisti online e l’e-commerce, dal 2018 chi acquista on line prodotti e servizi in un altro Paese Ue non potrà più essere immotivatamente discriminato con tariffe maggiori semplicemente perché l’ordine proviene da un Paese estero. Sempre dal 2018 è in vigore il nuovo regolamento sulla protezione dei dati che ci aiuta a controllare di più l’uso dei nostri dati personali. Mano tesa alle famiglie. A cambiare la vita di tante famiglie saranno le misure che solo ad aprile sono state votate per conciliare lavoro e vita privata: anche i neo-papà avranno diritto a un minimo di 10 giorni di congedo parentale e per i lavoratori che si occupano di parenti gravemente malati c’è la possibilità di usufruire di 5 giorni di congedo l’anno. Sul fronte lavoro, diritti minimi per i lavoratori con contratti a zero ore, voucher oppure delle piattaforme digitali, come Deliveroo o Uber sono ora in vigore nell’Ue. Lotta al terrorismo. Forse meno verificabili nella vita quotidiana, ma non per questo meno concrete e incisive, sono le norme adottate dal Parlamento nel 2016 e che obbligano le compagnie aeree a fornire ai servizi di sicurezza le informazioni relative alle persone che viaggiano per e fuori dall’Ue; oppure le regole comuni e più severe contro i combattenti terroristi stranieri e i cosiddetti “lupi solitari” e per contrastare il finanziamento del terrorismo. O ancora nel dicembre 2018, il Parlamento ha approvato il partenariato commerciale e strategico Ue-Giappone, “il più grande accordo commerciale bilaterale mai negoziato dall’Unione”, anche se negli ultimi anni sono stati siglati accordi commerciali anche con Canada e Singapore. Tra gli impegni che questo Parlamento ha segnalato– e che il prossimo dovrà portare avanti – la richiesta che finanziamenti Erasmus+ siano triplicati nel prossimo quadro finanziario pluriennale 2021-2027, per permettere a sempre più giovani europei di partecipare a questo programma in materia di istruzione e formazione. Sarah Numico
Convegno Il segretario Cei mons. Crociata intervenuto al “Re-thiking Europe”
Capacità di dialogare, integrare, generare “L’Europa deve riscoprire di essere una comunità di persone e di popoli” e necessita di “un nuovo umanesimo fondato sulla capacità di dialogare, integrare e generare”. Mons. Mariano Crociata, vicepresidente della Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece), è intervenuto oggi al convegno “Re-thinking Europe: the Social Doctrine of the Church in action”, svoltosi all’Università Cattolica di Milano, con una relazione dal titolo “Papa Francesco parla all’Europa”. Promosso dal Centro di ateneo per la dottrina sociale della Chiesa e dalla Facoltà di Scienze politiche e sociali, in collaborazione con la Federazione internazionale delle università cattoliche, il convegno prevedeva anche una relazione di padre Olivier Poquillon, segretario generale Comece (“Re-thinking Europe, re-building community in Europe”). I saluti introduttivi sono stati rivolti da Simona Beretta, direttore del Centro di
ateneo per la dottrina sociale della Chiesa, e da Guido Merzoni, preside della Facoltà di Scienze politiche e sociali. Presente ai lavori anche mons. Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica. Gli interventi di Papa Francesco sull’Europa hanno fatto da trama alla riflessione di mons. Crociata, che ha preso spunto dalla questione delle radici cristiane per ricordare come Bergoglio
le stia ripresentando e richiamando con una posizione “nuova ed originale”. “Il Papa definisce l’identità europea in termini relazionali e multiculturali”. La lettura del momento presente segnala paure diffuse, sfiducia dei cittadini, solitudini, “ideali soppiantati da tecnicismi”. “Occorre dunque una nuova ermeneutica del futuro”, nel quale è chiesto ai cristiani un impegno generoso, competenze, basato sui valori evangelici. “Servono memoria, coraggio e una sana utopia – ha affermato Crociata – per un’opera comune” in cui la Chiesa pone fiducia. “L’Europa ritrovi speranza nella solidarietà – l’auspicio – senza chiudersi in false sicurezze, aprendosi alla pace e a una reale responsabilità nel mondo”. Ai credenti è chiesta una partecipazione responsabile alla costruzione del bene comune, fondata su “competenza, formazione, abnegazione”. Gianni Borsa
Parsi (Università Cattolica) “Occorre restaurare l’equità” Come avvenne dopo la Conferenza di Versailles cento anni fa, oggi “lo ‘spirito dei vinti’ sembra pervadere il Vecchio Continente, alimentato dallo spettro di una nuova incombente crisi economica e dall’impasse politica, propositiva e sociale che ci avvolge”. Lo sottolinea Vittorio Emanuele Parsi, direttore dell’Alta scuola di Economia e politica internazionale (Aseri) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, nell’editoriale dell’ultimo numero della rivista “Vita e Pensiero”, in uscita domani. Il tema “della tensione, interferenza e confusione tra autogoverno e autodeterminazione – spiega - si ripropone in Europa sullo sfondo della crisi del progetto di unificazione, con la manifestazione in forme marcate di nazionalismi più o meno identitari e con l’accentuazione dei tratti leaderistici e populisti delle democrazie: ovvero con lo snaturamento di queste ultime”. Secondo Parsi, “è un’illusione credere che per allontanare l’incubo di un ripetersi della storia, forse in toni più farseschi ma non per questo meno tragici, sia sufficiente la stigmatizzazione morale di chi vuole ergersi a interprete delle rimontanti paure”. Né, rileva, “è sufficiente ritenere di essere, magari essendolo davvero, dal ‘versante giusto’ della storia o servire i più nobili tra gli ideali.” Occorre, invece, è l’analisi di Parsi, “riconoscere che è la corretta percezione della iniquità del sistema sociale ed economico contemporaneo, di cui la rampante e crescente diseguaglianza è la manifestazione più evidente, a provocare la sfiducia nelle istituzioni politiche (innanzitutto ma non solo) e ad alimentare proposte politiche illiberali e reazionarie”. “Per rintuzzare queste ultime – conclude - occorre prima di tutto restaurare l’equità, così che possa tornare la fiducia”. Riccardo Benotti
Fiore (Ufficio europeo in Italia) “Un voto che riguarda tutti noi” “La campagna Stavoltavoto dell’Europarlamento per incoraggiare i cittadini europei ad esercitare il proprio diritto di voto, è un record di adesioni. A 10 giorni dalle elezioni sono 300mila gli iscritti in tutta Europa al portale Stavoltavoto.eu. L’Italia è seconda solo alla Germania”. Lo ha detto ieri sera Valeria Fiore, responsabile dell’Ufficio Parlamento europeo in Italia, aprendo l’evento “#StavoltaVoto: Spizziamoci i candidati”, organizzato dal Pe e dalla Commissione europea, in occasione del dibattito tra gli Spitzenkandidaten, i candidati di punta alla presidenza della prossima Commissione. Tanti i temi affrontati: dall’ambiente alla lotta al cambiamento climatico, dai giovani all’innovazione, dalla creatività alla gastronomia, per scoprire l’Europa che verrà dopo il 26 maggio. Fiore, a margine dell’incontro a Roma, ha parlato della percezione negativa che molti cittadini hanno dell’Europa: “Questa sensazione nasce da una mancanza di consapevolezza adeguata del ruolo e delle azioni che l’Ue svolge quotidianamente. Nel caso ad esempio dei molti fondi che arrivano agli enti locali, in pochi sanno che sono stanziati dall’Europa. Troppo spesso vi è poi la tendenza da parte dei singoli Stati, a ‘scaricare’ la colpa sull’Unione, quando in realtà le decisioni non sono state prese nell’ambito del processo legislativo europeo”. “StavoltaVoto, vuole dunque dirci che l’Ue riguarda tutti noi. A volte più di quanto possiamo immaginare. Una presa di coscienza che deve partire dai banchi di scuola. Proprio per questo molti degli eventi della campagna hanno visto i ragazzi protagonisti. Nella tornata precedente il 30% dei ragazzi, si era infatti astenuto solo perché non aveva ritenuto importante l’appuntamento”. R. B.
paradosso inglese’ Il sistema elettorale (proporzionale) favorisce i piccoli partiti, in gran parte euroscettici
Il fallimento della Brexit certificato dal ritorno alle urne E cosi il “Withdrawal agreement”, la legislazione che porta la Gran Bretagna fuori dall’Unione europea, tornerà, per la quarta volta, nel parlamento britannico la settimana che comincia con lunedì 3 giugno. È l’ennesimo, disperato, tentativo della premier Theresa May (voci insistenti parlano di possibili dimissioni) di far approvare da Westminster l’accordo che ha concluso con Bruxelles lo scorso novembre. Ma a una settimana dalle elezioni europee (nel Regno Unito si vota il 23 maggio) l’esperto di sondaggi per la Bbc, John Curtice, spiega al Sir che la strategia del primo ministro britannico non porterà a nulla e alle elezioni del prossimo 23 maggio il partito conservatore perderà ancora. L’ordine d’arrivo: primo Farage. “Manca ancora una settimana al voto e i sondaggi non sono attendibili al 100% ma sarei molto sorpreso se il partito per il Brexit di Nigel Farage non arrivasse al primo posto, i laburisti al secondo e i liberaldemocratici terzi con i conservatori come fanalino di coda”, spiega Curtice (nella foto), docente di politica all’università di Strathclyde, analista di sondaggi per la Bbc. “Al quinto posto penso che ci saranno i verdi e, al seguito di questi, il partito “Change Uk”, formato da parlamentari indipendenti che vogliono un secondo referendum per rimanere nella Ue. Il partito nazionalista scozzese Snp trionferà in Scozia”. Theresa May sconfitta ancora. Per Curtice il prossimo 23 maggio la perdita sarà considerevole per i Tory e anche per i laburisti. Da quando è passata la data prevista per il Brexit del 29 marzo scorso gli elettori hanno cominciato ad abbandonare i due partiti maggiori. Vincerà l’euroscetticismo. L’esperto spiega che, alle elezioni europee, nel Regno Unito, hanno sempre vinto i piccoli partiti euroscettici perché viene applicato il sistema proporzionale, anziché quello unino-
minale secco, usato nelle elezioni legislative. Inoltre l’affluenza alle urne è, di solito, bassa e gli elettori usano il voto per protestare contro le mancanze del governo. Basti ricordare il successo del partito Ukip di Nigel Farage nel 2014 che era arrivato al primo posto con il 27% del voto. “Il risultato elettorale europeo non cambierà la posizione che hanno tenuto, fino ad oggi, i parlamentari”, spiega l’esperto. “I Tory, che sostengono Brexit, interpreteranno il successo di Nigel Farage come un segnale che il partito deve appoggiare un hard Brexit, un’uscita senza accordo dall’Unione europea, e voteranno contro il trattato proposto dalla premier. Oppure decideranno di inghiottire il loro orgoglio e votare a favore perché avranno paura che il partito conservatore venga danneggiato da Farage durante un’elezione generale. Anche i laburisti saranno divisi tra coloro che vogliono andarsene dall’Unione europea, che voteranno per la May, e coloro che preferiscono un secondo referendum”. La premier perderà ancora, per la quarta volta, il voto di Westminster. Curtice non ha dubbi e sostiene che tutti gli altri esperti concordano con lui. GIl trionfo di Farage. “La novità più importante delle elezioni europee nel Regno Unito sarà il trionfo del Brexit Party di Nigel Farage”, spiega John Curtice. “Il numero di elettori che sono a favore dell’uscita dall’Unione europea sono, più o meno, gli stessi del referendum del 2016 che ha dato il via al Brexit. La differenza è che il prossimo 23 maggio voteranno per Farage anziché per i Tory”. Silvia Guzzetti (da Londra)
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Interviste
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75° Csi Il presidente Vittorio Bosio tra fedeltà alle radici e sguardo sul futuro nello spirito associativo
Il Csi compie 75 anni tra fedeltà alle radici e sguardo al futuro. Immutata la sua mission: promuovere uno sport a forte impronta educativa, con particolare attenzione ai giovani e ai più vulnerabili. Ineludibile l’alleanza con la Chiesa. A colloquio con il presidente nazionale che l’11 maggio ha guidato l’associazione dal Papa. Oltre un milione e duecentomila tesserati, di cui 542.222 giovani sotto i 20 anni e 5.836 atleti con disabilità; 12.579 società sportive affiliate; 122 discipline sportive praticate; oltre 132 mila tra allenatori, animatori, arbitri, giudici e dirigenti; 19 sedi regionali e 139 sedi territoriali. Fondato il 5 gennaio 1944, a pochi mesi dalla liberazione di Roma dai tedeschi, il Csi (Centro sportivo italiano) compie 75 anni e ha festeggiato la ricorrenza con tre giorni di eventi a Roma (10 – 12 maggio), culminati con l’udienza con Papa Francesco in Vaticano. Slogan dell’anniversario “Una lunga storia d’amore per lo sport”. “Siamo nati nel 1944 per volere di Pio XII e attraverso l’Azione cattolica ancora prima che finisse la guerra”, racconta al Sir il presidente nazionale Vittorio Bosio che abbiamo incontrato alla vigilia della ricorrenza. “Alla fine della seconda guerra mondiale – prosegue – c’era bisogno di molte cose, ma il Papa pensò di creare un ente come il Csi intuendo che anche lo sport fosse una componente importante per l’educazione e la crescita dei giovani. Anche se con caratteristiche diverse, l’emergenza educativa è sempre esistita e il nostro percorso si è continuamente adattato alle esigenze di una società in evoluzione. Il Csi ha segnato la storia dell’Italia”. Un anniversario importante come questo è occasione di bilanci ma anche di uno sguardo sul futuro… E’ un momento per guardare certamente al passato – nelle radici si innesta il nostro futuro – ma soprattutto per prendere atto che la missione di educare attraverso lo sport rimane viva e attuale tenendo saldi i principi fondativi e la nostra ispirazione profondamente cristiana. Ho riletto il discorso rivolto nel decennale di fondazione dall’allora presidente Luigi Gedda a Pio XII e – dice sorridendo – mi sono reso conto che potrei dire le stesse cose a Papa Francesco. Pur nella diversità delle situazioni, la nostra missione era e rimane quella di servizio alle parrocchie, agli oratori e, da qualche tempo, anche alla società civile. Il nostro obiettivo è sempre lo stesso: fare attività sportiva per la crescita dei ragazzi mettendo al centro non il campione ma la persona. Da noi, tutti trovano casa: abbiamo avuto l’onore di avere molti campioni tra i ragazzini che hanno iniziato con noi, ma siamo onorati soprattutto di quei milioni di persone che hanno vissuto con noi momenti belli ed esperienze sane, gioiose e educative diventando “campioni nella vita”. La stessa espressione usata da Papa Francesco nel giugno 2014, in occasione del 70° del Csi, quando ha invitato i vostri ragazzi a mettersi in gioco nella vita come nello sport e a non accontentarsi di un pareggio mediocre. Ed ha auspicato anche la presenza di un gruppo sportivo in ogni parrocchia, ma a determinate condizioni… Con la franchezza che lo contraddistingue, si è soffermato sull’importanza di essere campioni nella vita e di dare vita ad un gruppo sportivo in ogni parrocchia, a patto però che sia “impo-
stato bene, in modo coerente con la comunità cristiana, se no – le sue parole – è meglio che non ci sia”. Quest’ultimo passaggio a volte si è tenuto un po’ sotto traccia, ma non basta essere un gruppo sportivo per educare. Il nostro valore aggiunto consiste nel fatto che noi facciamo sport al servizio della persona: bravi, meno bravi, normali dei quali magari non si occupa nessuno perché non hanno particolari doti. centralità che nei suoi. Al centro di ogni progetto sportivo-educativo deve sempre esserci la persona. Noi continueremo a promuovere lo sport per tutti, con particolare attenzione alle situazioni “difficili”: disagio sociale, disabilità, immigrazione, carceri. La settimana scorsa sono stato in Campania dove, tramite una convenzione con il ministero di Grazia e giustizia, è stato avviato un progetto in tutte le carceri minorili regionali affinché i ragazzi, finito di scontare la pena, possano essere accolti nelle società sportive. Con i ragazzi disabili, siamo stati dei “precursori” in un’epoca in cui si ritenevano non idonei all’attività sportiva. Abbiamo sempre sostenuto il valore dello sport “unificato” in squadre di disabili e normodotati. Accoglienza è attenzione ai più deboli per valorizzarli e aiutarli a scoprire e a tirar fuori da sé il meglio. Bisogna metterci cuore e passione, far capire che vogliamo loro bene. Lo sport in questo può fare molto. Se dovesse delineare un breve identikit del Csi oggi, come lo traccerebbe? Come un’associazione in cammino al servizio degli altri mettendo al centro delle proprie azioni l’accoglienza e la voglia di fare del bene. Di fronte ad uno sport spesso ferito da corruzione, violenza, doping, razzismo, quale testimonianza può offrire il Csi? Ai miei dirigenti, allenatori, animatori, arbitri dico sempre che dobbiamo fare poche prediche e testimoniare con l’esempio quello che siamo. Solo con la testimonianza possiamo mostrare ai giovani la bellezza di uno sport pulito e proporre modelli buoni contro i messaggi legati ad agonismo esasperato, guadagno o successo. Che cosa chiedete alla Chiesa? Accompagnamento attraverso gli assistenti nominati nei comitati provinciali e i sacerdoti che si occupano dei ragazzi nelle parrocchie, e indicazione della strada da percorrere insieme per educare attraverso lo sport e mettere lo strumento dello sport a servizio della pastorale. Un’alleanza, quella tra sport e Chiesa, ineludibile. Mettersi in gioco e fare educazione oggi non è facile, la sconfitta è sempre dietro l’angolo ma dobbiamo fare rete. Da solo, nessuno è in grado di elaborare un vero progetto educativo per i ragazzi. Insieme potremo ottenere anche oggi grandi risultati. Che cosa dirà l’11 maggio al Papa? Ci ho pensato molto (sorride), ma penso dirò poco perché non sono importanti le mie parole ma quello che lui ci dirà. Gli dirò chi siamo, che cosa stiamo facendo, e gli chiederò se la strada intrapresa e percorsa in questi 75 anni è ancora valida per i prossimi 75 anni. Ci aspettiamo molto dalle sue indicazioni. Giovanna Pasqualin Traversa
Dalla prima pagina
Per saper essere campioni nella vita L’on. Nicola D’Agostino “Il crac di Carnevale” Ma cosa è successo per suscitare tensioni e polemiche che hanno puntato i riflettori sulle spese che suscitano dubbi e forti perplessità? Il deputato regionale Nicola D’Agostino, alcuni giorni fa, in una conferenza stampa nel salone dell’associazione Costarelli, ha posto l’accento proprio sulle spese che, a quanto pare, non hanno raggiunto il pareggio con le entrate e le risorse economiche a disposizione della Fondazione organizzatrice sel Carnevale. L’onorevole D’Agostino ci ha rilasciato una intervista. Una manifestazione di grande livello, quella del Carnevale di Acireale 2019, ma troppo costosa? Il costo del Carnevale acese negli ultimi dieci anni è stato di circa un milione di euro l’anno, coperto da Comune, Regione e sponsor vari; quest’anno è costato un milione e settecentomila euro, mai è costato così tanto, a dimostrazione che i conti erano fuori controllo. Quasi il doppio delle spese della edizione precedente; non avendo copertura certa delle entrate, il pareggio di bilancio era a rischio; comunque la gestione fa emergere incompetenze. Fatti i conti dovrebbero esserci 350.000 euro di sbilancio, se questi dati venissero confermati bisognerà trarne le conseguenze. Se questo sbilanciamento dovesse essere confermato con i dati che la Fondazione fornirà prossimamente chi dovrà pagare per questo? Il Comune, con il bilancio comunale, questo significa gravare sulle spalle dei cittadini e questo è veramente grave. Dunque il ticket d’ingresso di cui si parla da anni e da quest’anno introdotto non ha dato i risultati sperati? Il ticket ha portato delle entrate, questo è innegabile, di circa 350.000 euro ma, nel contempo, sono stati spesi tanti soldi con spettacoli vari, mentre il vero spettacolo dovrebbe essere rappresentato dai carri allegorico-grotteschi. Ma non sono solo gli spettacoli ad aver fatto lievitare così tanto le spese; le dimissioni del collegio dei revisori dei conti della Fondazione, che aveva messo sull’avviso i dirigenti, invitandoli alla prudenza, dice tanto. Amministrare i soldi pubblici significa avere la certezza di essere in parità, non certo in perdita. Dagli anni ’80, quando al Carnevale acese si esibivano cantanti famosi che chiedevano cachet normali, ai nostri giorni con cantanti che chiedono cifre astronomiche che cosa è cambiato? E’ cambiato tutto, sono trascorsi ben 40 anni, è tutto un altro mondo, bisogna fare i conti con le proprie risorse, bisogna essere più oculati soprattutto bisogna essere attenti perché quello che si gestisce è denaro pubblico, che non può essere sperperato, bisogna fare previsioni attendibili delle entrate e delle uscite. Secondo lei, considerando che i nostri maestri della cartapesta sono molto bravi e realizzano delle opere d’arte sarebbe possibile un Carnevale di alto livello senza ospiti e spettacoli di contorno? Quest’anno c’è stato il boom degli spettacoli, ma ribadisco che, se c’è la disponibilità finanziaria, ben vengano le esibizioni dei big; ma, se non c’è, tutto cambia. Ci sarà il Carnevale estivo edizione 2019? Non ne ho assolutamente idea, il danno è così enorme che non so cosa intendano fare, ma non solo per il Carnevale estivo, mi riferisco anche al Carnevale 2020. Gabriella Puleo
60° Ucsi La presidente dell’Unione dei giornalisti cattolici, Vania De Luca, ricorda l’attualità dei motivi ispiratori
“Verità, giustizia, fraternità. E costruiamo ponti” L’ Ucsi (Unione cattolica stampa italiana) compie 60 anni. Era infatti il 3 maggio 1959 quando si svolse a Roma, con la partecipazione di 200 giornalisti, l’assemblea costitutiva dell’associazione. Il commento al Sir della presidente nazionale Vania De Luca, che premette: “Il fatto di essere la prima donna a ricoprire questo incarico è una responsabilità in più. Effettivamente nel nucleo fondativo vi erano solo uomini. Tuttavia negli anni successivi anche le donne sono entrate nell’unione e da diversi mandati molte sezioni regionali sono a guida femminile. Personalmente, all’interno dell’Ucsi non ho mai avvertito alcun tipo di discriminazione”. A colpire oggi De Luca è una coincidenza: “Il 3 maggio 1959, duecento giornalisti davano luogo all’assemblea costitutiva; nel 1993 l’Assemblea generale delle Nazioni unite proclamava il 3 maggio Giornata mondiale della libertà di stampa. Una coincidenza che sembra voler sottolineare e dare forza al nostro impegno per la libertà di informazione che stiamo portando avanti insieme a giornalisti di tutto il mondo”. Ritornando con la memoria al 3 maggio di 60 anni fa, la presidente osserva: “Nei documenti fondativi dell’unione appaiono cattolici giornalisti e giornalisti cattolici. Tutti insieme; ognuno con la propria identità personale e con la propria testimonianza cristiana nella pluralità delle testate. Una costante che prosegue. Ancora oggi le testate cattoliche svolgono certamente un importante servizio pubblico, ma la testimonianza di giornalisti cattolici all’interno di testate laiche – dove a volte è davvero difficile tenere fede ai propri ideali – è un modo significativo di essere sale, lievito, luce, attraverso il proprio lavoro”. De Luca sottolinea inoltre la volontà, espressa dai fondatori, di “valorizzare il contributo cattolico per accrescere nell’opinione pubblica la stima verso il giornalismo come strumento di verità, giustizia, fraternità”. “Tre termini – dice – che mi colpiscono profondamente. In particolare ‘fraternità’, parola chiave della missione che Papa Francesco sta portando avanti nel mondo e ne esprime la volontà di dialogo con l’Islam, con tutte le fedi non cristiane ma in generale con tutti gli uomini e
le donne di buona volontà”. Parole “tanto più urgenti nell’odierno contesto internazionale di violenza e sopraffazione”. Oggi, prosegue, “con l’emergere dei populismi – in Europa e non solo – viviamo a livello mondiale una cultura di muri, scontri ed esclusione che giornalisticamente si traduce in un linguaggio aggressivo e violento. Ci hanno molto colpito per la loro ostilità e durezza alcuni recenti titoli su temi sociali sensibili o ambientali. Il nostro compito deve essere esattamente l’opposto; dobbiamo testimoniare la volontà di costruire ponti e ricostituire fraternità”. “Verità, giustizia e fraternità – insiste De Luca – sessant’anni dopo sono ancora più urgenti. Sono frutto del Concilio, del clima nel quale è nata la ‘Inter mirifica’, di una generazione di cattolici e anche di laici che portava avanti quel tipo di sensibilità. E’ la profezia del Concilio, la risposta ai grandi temi del mondo. Tuttavia, nonostante si fosse intuito che la via di una umanità più giusta dovesse passare attraverso la ricerca della verità, di condizioni eque e di fraternità tra gli uomini, questa profezia non è ancora stata realizzata e deve continuare ad essere testimoniata. Oggi, quando il Papa parla di fraternità ci sembra un discorso rivoluzionario che oltretutto stimola in chi non è d’accordo reazioni opposte e violente. Con queste parole di Francesco si scontrano mentalità, progetti politici, interessi economici; eppure noi dobbiamo continuare a farle nostre”. Attraverso il proprio sito e la rivista Desk, l’Ucsi porta avanti una riflessione su grandi temi monografici: “lavoro degno, giustizia riparativa, migrazione in chiave inclusiva, città” i temi già trattati, spiega la presidente annunciando che per il prossimo numero in uscita a giugno è stata commissionata ad un autorevole centro di ricerca un’indagine “sulle parole della coesione o della disgregazione sociale attraverso i socia media”. “Quel numero – conclude – lo offriremo al Pontefice in occasione dell’udienza che ci ha concesso a settembre per i nostri 60 anni”. G. P. T.
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Elezioni comunali
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Acicastello Carmelo Scandurra, primo cittadino, ha messo insieme consiglieri dei due vecchi schieramenti
Si impongono le liste civiche
Concluse le elezioni comunali dello scorso 26 aprile, d Aci Castello sono già iniziate le manovre post elettorali con la formazione della giunta e l’insediamento del consiglio comunale dell’era targata Carmelo Scandurra. A trionfare, con 4.934 voti, è stato l’imprenditore e politico di Aci Trezza, più volte consigliere ed assessore, nell’ultimo mandato, presidente del civico consesso, che ha battuto la compaesana, l’uscente vice sindaco Ezia Carbone che ha avuto 2.835 preferenze. Il terzo candidato, Antonio Bonaccorso esponente del Movimento 5 stelle, ha totalizzato a 1.412 consensi. Per l’ente comunale rivierasco, quella di quest’anno, è stata una tornata elettorale davvero “fuori dal comune”, per le alleanze e per i colpi di scena che si sono succeduti. Il fronte che ha sostenuto il primo cittadino Filippo Drago, non più ricandidabile dopo 10 anni di mandato, si è spaccato con Scandurra (avvicinatosi nell’ultimo anno al deputato regionale Luca Sammartino) che ha portato con sé 8 consiglieri provenienti dalla vecchia maggioranza ed ha trovato la quadratura del cerchio aggregando 5 consiglieri della minoranza. Una coalizione di ben 7 liste civiche politicamente variegate poiché formate da esponenti delle varie anime del Pd, da rappresentanti dell’area D’Agostino, nonché da esponenti di Forza Italia, della Lega e di Fratelli d’Italia, che non hanno condiviso la scelta del centro – destra di candidare la Carbone. Di questi tre partiti, solo gli azzurri hanno presentato la lista a sostegno della do-
cente trezzota (vicina all’ex senatore Pino Firrarello), che ha potuto contare anche su due liste civiche, di altrettanti consiglieri uscenti e del sindaco Drago. Inutile sottolineare che i programmi elettorali dei due contendenti, provenienti dalla stessa esperienza amministrativa, per gran parte erano praticamente sovrapponibili, al netto di alcune diversità di approccio su alcune tematiche come la viabilità. Ed in questo senso a potare il vessillo dell’alternativa ci ha pensato Bonaccorso, che ha deciso di non correre per il consiglio comunale, ed ha presentato una formazione di matricole affiancato nei suoi comizi da deputati europei, nazionali e regionali. Con l’elezione di Scandurra, intanto, nei prossimi giorni nell’aula “Michele Toscano” (che adesso conterà soltanto 16 scranni) ritorneranno ben 13 dei 20 membri del civico consesso che avevano concluso la consiliatura, 10 in maggioranza a sostegno del sindaco eletto (Antonio Maugeri, Orazio Sciacca, Salvo Danubio, Antonio Guarnera, Sebastiano Romeo, Francesco La Rosa, Santo Grasso, Marco Calì, Nicola Zagame, Venerando Cacciola) e 3 all’opposizione (Massimo Papalia, Salvo Tosto, Ezia Carbone quale candidato sindaco secondo classificato. Dei rimanenti, uno (Turi Bonaccorso) è tornato ad essere consigliere dopo 5 anni, mentre il civico Giorgio Sabella ed il grillino Luca Libertino colleghi di lavoro nella vita di tutti i giorni, si ritroveranno da neofiti tra i banchi della minoranza.
Frattanto, in attesa della prima seduta che dovrebbe incoronare alla presidenza del consiglio Cacciola, il primo cittadino ha nominato la sua giunta. Il dagostiniano Sciacca è stato scelto per il ruolo di vice sindaco ed assessore alle attività produttive mentre Romeo, esponente legato a Basilio Catanoso, ha avuto le deleghe urbanistica, viabilità e servizi cimiteriali. Alla leghista Melina Fragalà è stato dato il compito di occuparsi di bilancio, ecologia, pubblica istruzione e pari opportunità ed a Salvo Danubio, sostenitore della senatrice Valeria Sudano, l’incarico di seguire i lavori pubblici e le manutenzioni. Neanche il tempo di festeggiare e di completare gli assetti organizzativi, che già la giunta si è dovuta mettere a lavoro a capofitto per affrontare i primi nodi a cominciare dagli scavi per la realizzazione del collettore fognario, ed anche l’avvio dell’opera di manutenzione del campo sportivo e del ripristino del pavimento di alcune vie. Diversi però saranno gli impegni futuri da affrontare, a partire dal cimitero e dalla viabilità, per continuare con lo sviluppo e le opere pubbliche, con un quadro economico più sereno rispetto al passato, ma sempre a rischio. E’ questa la sfida che il neo sindaco castellese, che dall’altra parte avrà un’opposizione intransigente ed attenta, dovrà adesso vincere per confermarsi. Davide Bonaccorso
Zafferana Etnea Il neo-sindaco Salvo Russo e i suoi assessori già al lavoro, prioritario il post-terremoto
Una giovane amministrazione di legali(tà) Il risultato delle elezioni amministrative dello scorso 28 aprile ha decretato nuovo sindaco di Zafferana Salvo Russo. Una vittoria scacciante, quella ottenuta da Russo su gli altri tre sfidanti in gioco, che lo ha visto primeggiare con il 52,49% dei consensi. Le 2872 preferenze ottenute lo hanno visto puntare in avanti, distanziandosi notevolmente dalla seconda classificata, Rosaria Coco che, con i suoi 1970 voti, si è attestata sul 36% dei consensi. A notevole distanza si sono piazzati Carmela Scuderi del Movimento 5 Stelle, che ha raggiunto la percentuale del 6,41% e, dulcis in fundo, Angelo Di Mauro, che ha totalizzato il restante 2,12%. Salvo Russo, 43 anni, avvocato specializzato in diritto civile, amministrativo e tributario, è il nipote dell’ex sindaco Giuseppe Leonardi. La sua esperienza politica è cominciata cinque anni fa, quando si è candidato alla carica di consigliere comunale nel listone unico a sostengo dell’uscente Alfio Russo, al secondo mandato, che lo ha voluto nella sua squadra di governo con deleghe all’Urbanistica, ai Lavori Pubblici, e agli Affari Legali e alla Pubblica Istruzione. Salvo Russo ha vinto le elezioni con una squadra formata da giovani, compresi in una fascia d’età da 28 anni a 52 anni, quasi tutti neofiti della politica. Unica eccezione Sergio Alampo, consigliere dimissionario durante il secondo mandato di Alfio Russo. Nel 2017, infatti, i consiglieri si dimisero in massa per opporsi alla decisione del Tar Catania, che aveva rimesso al suo posto il presidente del consiglio Salvatore Sapuppo, sfiduciato da nove consiglieri di maggioranza su tredici. Nessun simbolo di partito ha accompagnato la sua candidatura ma, alla chiusura della campagna elettorale, è venuto a manifestargli simpatia e sostegno il deputato regionale Pd Anthony Barbagallo. La lista che l’ha sostenuto si chiama “#Progetto Polis”. Il consigliere più votato a sostegno di Salvo Russo è Salvo Coco, 28 anni - il più piccolo tra i candidati al consiglio - con all’attivo nel suo curriculum la presidenza della Consulta Giovanile dal 2011 al 2015 e del Comitato Organizzatore dell’Ottobrata dal 2016 al 2018. Ha ottenuto 623 preferenze. A seguire, nella lista “#Progetto Polis”, si è piazzata Maria Trovato con 569 voti a favore, seguita da Ezio Pappalardo, avvocato, che si è distanziato di soli due voti (567 preferenze). Una valanga di voti anche per l’avvocato Cettina Coco che ha portato 521 preferenze. Pappalardo e Coco erano anche assessori designati. Seguono, poi, Sergio Alampo, 31 anni, avvocato, con 376 voti; Arianna Santanocita (ufficiale giudiziario) con 332 voti; Giuseppe Di Salvo, 31 anni, presidente dell’associazione “Andrea Riggio” di Pisano con 297 voti; Francesca Tornatore (264 voti) ; Otto i seggi attribuiti alla maggioranza: Salvo Coco, Maria Trovato, Ezio Pappalardo, Cettina Coco, Sergio Alampo, Arianna Santanocita, Giuseppe Di Salvo, Francesca Tornatore. Quat-
tro al momento i consiglieri non letti della lista “#Progetto Polis”: Francesco Leonardi (262 voti), Samantha Privitera (230 voti), Salvo Leonardi (187 voti) e Fabio Marino, agronomo e presidente dell’Associazione Provinciale Apicoltori Catanesi (180 voti). L’opposizione è formata da quattro consiglieri eletti nella lista “Zafferana Viva” che sosteneva la candidatura di Rosaria Coco, figlia dell’ex sindaco Alfio Coco, arrivata seconda. I quattro consiglieri di minoranza sono: la stessa candidata sindaco Rosaria Coco che avendo superato le percentuali richieste dalla legge ha diritto ad un posto in consiglio; l’ex deputato regionale Alfio Barbagallo, il candidato più votato in assoluto con 634 voti di preferenza; Rosanna Privitera e Giusi Costa. Il neo-sindaco Salvo Russo ha già provveduto a nominare la squadra di governo. La terna di assessori è formata da tre uomini e da una donna, tutti laureati in giurisprudenza: Ezio Pappalardo, Cettina Coco, Sergio Alampo e Salvo Coco. Tre di loro sono avvocati mentre il quarto è un praticante avvocato. Confermati i due assessori designati durante la campagna elettorale: Ezio Pappalardo e Cettina Coco. A Pappalardo, che è stato nominato anche vice sindaco, sono state assegnate le deleghe al Bilancio, al Contenzioso, ai Tributi, al Commercio ed alle Attività Produttive. Di Scuola, Famiglia, Politiche Sociali e Pari Opportunità si occuperà Cettina Coco. Gli altri due assessori sono Sergio Alampo, a cui sono state affidate le deleghe all’ Ambiente, Randagismo, Servizi al Cittadino, Manutenzione Ordinaria e programmata e Gestione dei rifiuti; e Salvo Coco che si occuperà di Sport e Tempo Libero, Politiche Giovanili, Turismo, Associazionismo e Volontariato, Rapporti con il Comune ed altri Enti. Si è in attesa che venga convocata la prima riunione di Consiglio comunale, in cui alcuni dei consiglieri nominati assessori potrebbero dimettersi dalla carica di consigliere per svolgere esclusivamente il ruolo di assessore. In tal caso potrebbero aprirsi le porte del consiglio per i primi non eletti della lista di maggioranza “#Progetto Polis” che andrebbero a surrogare i consiglieri dimissionari. Nella prima riunione dovrà essere nominato il presidente del Consiglio, la cui scelta cadrà, probabilmente, su Arianna Santanocita, anche lei laureata in giurisprudenza, che svolge il lavoro di ufficiale giudiziario. La nuova amministrazione guidata dal neo sindaco Salvo Russo dovrà affrontare, prioritariamente, la questione della ricostruzione delle case e degli edifici pubblici colpiti dal terremoto di Santo Stefano dello scorso 26 dicembre delle frazioni di Fleri, Poggio Felice e Pisano. Rosalba Mazza
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Vita
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intervista Don Giovanni Vecchio parla del suo servizio alla Chiesa acese prima e ora a quella brasiliana
”Eccomi là dove chiama il Signore“ Quanto rimarrai? “Non è una domanda alla quale si può rispondere oggi”. Non lo fece allora ma può rispondere adesso, a distanza di quasi 35 anni, don Giovanni Vecchio, a quella domanda rivoltagli dal fratello, il giornalista Giuseppe, direttore de “La Voce dell’Jonio”, che lo intervistò per “La Sicilia” a ridosso della sua partenza come missionario in Brasile. E lì, a Belo Horizonte, capitale dello Stato di Minas Gerais, c’è rimasto per tutti questi anni, dal 1984 ad oggi, per dare il suo contributo alla comunità cristiana. Nei giorni scorsi è tornato in Sicilia, ad Acicatena, per trascorrere qualche giorno in compagnia di parenti ed amici ed è stata l’occasione per condividere, con questa intervista, la sua esperienza, vissuta nel sud-est del Brasile, in una città di oltre due milioni di abitanti, di cui circa il 30% discendenti da emigrati italiani, ma profondamente diversa dalla sua terra d’origine per abitudini, realtà sociali ed economiche. Dopo gli studi condotti alla Pontificia Università Gregoriana di Roma in Filosofia e Teologia, l’ordinazione sacerdotale nella chiesa di Santa Lucia ad Acicatena, i diversi anni trascorsi al servizio della diocesi di Acireale, giunge il momento della partenza, che si rivela come la naturale risposta ad una “chiamata” personale percepita dal sacerdote. L’incarico al seminario di Belo Horizonte e il suo contributo come insegnante di filosofia e teologia all’Università Cattolica della città segnano l’inizio della sua attività. L’atteggiamento carico di naturalezza con cui ne racconta i vari aspetti, corrisponde al giudizio che di essa ne dà. Che esperienza è stata, ed è, per lei questa al servizio della Chiesa brasiliana? Un’esperienza vissuta serenamente, così come ero sereno quando sono partito, affrontata senza particolari difficoltà, anche dal punto di vista della lingua: in portoghese ho tradotto libri interi. In tutti questi anni di attività ho potuto rendermi conto dei diversi contesti lì esistenti. In alcuni periodi, infatti, sono stato impegnato in parrocchie di livello più popolare ed in altri ho svolto la mia attività in parrocchie di alta borghesia e gente più ricca. Le prime comprendono uno strato della popolazione più semplice, più povera, ma in esse si sente maggiormente lo spirito di partecipazione comunitario, la dedizione nello svolgere le attività, la volontà di aiutare gli altri, di aiutarsi insomma. Le seconde, ovvero le parrocchie dei quartieri più ricchi, sono, a volte, dotate di efficienza tecnologico-finanziaria, ma con minore spirito di dedizione, di sacrificio e solidarietà da parte dei fedeli. Peraltro, l’estensione territoriale di una parrocchia nelle zone rurali è equivalente, all’incirca, a quella di un’intera diocesi qui in Sicilia. Che caratteristica ha la Chiesa brasiliana? L’attività della pastorale mette in evidenza la presenza di fedeli che collaborano notevolmente alla vita comunitaria e che assumono la responsabilità di iniziativa, chiedendo che il sacerdote dia loro forza, aiuto, ed il proprio intervento in determinate situazioni. Non sempre è il prete che deve trainare, sono i laici che si attivano e chiamano il sacerdote per dare un sostegno. Per esempio, in qualche parrocchia la Messa si celebra una volta al mese. Nelle altre settimane, la comunità si riunisce e si fa una celebrazione della parola, presieduta da un laico ed i ministri straordinari che danno la Comunione. C’è, in sostanza, una maniera di condurre le attività tipiche della parrocchia con una intensa partecipazione dei laici. In quali tipi di situazioni il prete è chiamato ad intervenire? Per esempio, ci sono dei gruppi di coppie che, di fronte ad una società capace di distruggere parecchie famiglie, per riscoprire la bellezza del matrimonio cristiano, della fedeltà, del valore della famiglia come la intende il Vangelo, si aiutano gli uni gli altri, condividendo le loro esperienze e chiedendo che un prete li accompagni, li segua nel percorso. Siamo chiamati ad intervenire anche da gruppi di insegnanti. L’insegnamento riveste un ruolo delicato, i docenti cercano il modo migliore di porsi nei confronti degli alunni, e chiedono che noi sacerdoti, insieme agli insegnanti cristiani, fedeli al battesimo, diamo un aiuto sia agli alunni sia alle famiglie. O ancora, ci sono laici che si uniscono per creare un gruppo rivolto principalmente ai giovani, alle loro necessità, per toglierli dalle situazioni di pericolo. La Chiesa interviene anche in questo caso. C’è sempre bisogno di attuare una corretta opera di formazione e dottrina?
C’è bisogno sempre, certo, di una formazione anche in ambito di dottrina. Per molto tempo sono stato rettore al Seminario. Oggi è presente una forte attività delle sette protestanti. Sono aumentate anche in percentuale, come numero degli aderenti ad esse, mentre è diminuita in maniera stridente la percentuale relativa alla Chiesa cattolica. Un fenomeno che è cresciuto progressivamente nel corso di questi 35 anni che ho vissuto lì. Alcuni pensano che questo sia dovuto anche al fatto che la predicazione e le condizioni di impegno che la Chiesa cattolica cerca di trasmettere siano esigenti, ma è l’esigenza stessa insita nel Vangelo, a cui bisogna accostarsi con serietà. Ecco perché c’è bisogno di una giusta formazione, di comprendere in modo idoneo il senso del Vangelo. Qual è la condizione socio-economica del Brasile attualmente? Come si vive? In questi 35 anni, oltre al miglioramento del livello medio del reddito, c’è stato anche un evidente aumento dell’età media. Tuttavia, c’è sempre quello scarto, quella differenza tangibile tra le classi più ricche, che detengono una fetta enorme maggioritaria di reddito, e i poveri, che continuano ad arrabattarsi con un salario minimo e vivere di stenti. Il miglioramento c’è e si vede, ma alcune condizioni richiedono interventi pubblici notevoli. Ad esempio, le persone che spontaneamente andavano a raccogliere oggetti nell’ immondizia, oggi, attraverso l’opera caritatevole di gruppi legati alla Chiesa, sono cresciuti come coscienza civile, si sono costituite delle cooperative. Le amministrazioni prevedono la raccolta differenziata e chi raccattava le lattine di bibite non è visto più come un poveraccio, ma come una controparte che con la sua cooperativa ha giuridicamente anche una personalità. In relazione a ciò deve essere trattato in modo degno e rispettato, perché sta svolgendo il lavoro di selezione dei rifiuti. L’architettura sacra corrisponde alle esigenze della comunità? In termini di adeguatezza e di valore artistico? In genere tutte le comunità provvedono a costruire e mantenere le proprie chiese, dalle più semplici e modeste, alle più grandi e sontuose. A Belo Horizonte non c’è finora una Cattedrale. Quando ci sono eventi particolari, in cui è prevista una grande partecipazione di fedeli, svolgiamo la Celebrazione Eucaristica nella quale noi sacerdoti siamo oltre 450 e i fedeli più di 20.000. Alcune cittadine sorte in epoca coloniale annoverano chiese costruite con arte, in stile barocco e magnificente secondo lo stile che portavano con sé i colonizzatori. Fra tutte Ouro Preto, che significa “Oro nero” e ne ricorda l’origine. Fu fondata, infatti, da cercatori di metalli preziosi, i cercatori d’oro, ed è un tipico esempio di arte coloniale. Ha lasciato la diocesi di Acireale per la missione in Brasile. Quale attività svolge, oggi, all’interno della comunità di Belo Horizonte? (A questa mia domanda risponde sorridendo) Non sono più parroco principale ma un aiutante. Sono uno dei “vecchi”, un prete aiutante di un altro giovane prete, che è un mio ex alunno. Uno che ho allevato, per capirci, e adesso è il mio capo. Ne ho oltre 200 di preti ex-alunni. Svolgo anche in maniera intensa il compito di dare assistenza ai gruppi del movimento Comunione e Liberazione, di cui faccio parte, e sono incaricato spesso di dirigerne i ritiri spirituali, di dare assistenza agli adulti o ai giovani. Lavoro anche nelle pubblicazioni scritte in portoghese, perché abbiamo una rivista ed una casa editrice. A Belo Horizonte convivo con tutti gli altri preti. Quando sono partito ero un sacerdote della diocesi di Acireale, prestato con una convenzione rinnovabile, realizzata attraverso certe norme proprie della Chiesa tra i due vescovi. Ormai da 5 anni io non sono più un prete della diocesi di Acireale “prestato” a Belo Horizonte, ma un prete di Belo Horizonte, mentre qui sono ospite, sono in viaggio. Conclude così, quasi a delineare la sua “precisa fisionomia”, maturata nel corso di un cammino svolto con serena dedizione, don Giovanni Vecchio la nostra chiacchierata, che diventa condivisione di un’esperienza vissuta all’insegna dei precetti cristiani e della solidarietà. Rita Messina
riflessione Il preside emerito Alfonso Sciacca ragiona sul senso della vita all’indomani della festa al Liceo Classico
“Ottant’anni anni, traguardo per andare avanti” Sì, ho compiuto ottanta anni; e il fatto, pur avendo in sé una valenza privata, è stato portato sotto i riflettori dell’intera città, quasi che questa circostanza della mia vita potesse incardinarsi e confondersi tra il flusso degli eventi sociali. Non so se rallegrarmene o risentirmi. Comunque è andata così. È stata l’occasione, e questo sì che mi fa piacere, perché al “Gulli e Pennisi”, che è la mia scuola ed anche la nostra scuola, si riunisse un gran numero di donne ed uomini, di tutte le età, per celebrare non tanto il mio compleanno, quanto l’importanza storica di questo liceo, alla cui scuola, alla scuola cioè di grandi maestri, alla scuola della cultura classica, si sono formate generazioni e generazioni di giovani, oggi adulti e maturi cittadini. E che da questo incontro, affollatissimo e sentito per la semplicità e la spontaneità di affetti squisitamente genuini, sia nata, con minore o maggiore evidenza, la consapevolezza che questo patrimonio di cultura, questa condivisione di idee, questa tensione amicale, questo bisogno di mettere l’uomo al centro di ogni dibattito o di riflessione, non debba e non possa essere perduto se abbiamo ancora a cuore le sorti della nostra città. La consapevolezza cioè che cultura e politica non debbano essere disgiunte: anzi che debbano convergere verso il terreno del bene comune; e che l’amicizia in bonis debba (finalmente!) essere un punto stabile di riferimento di una sana e produttiva pratica politica. Compiuti gli ottanta anni, un traguardo necessario per andare avanti (e del quale non ho merito alcuno), vedo dinanzi a me distese sconfinate di verde, orizzonti non più lontani, una musica dolce e soave che incanta e consola. Il bosco della vita, sempre fitto e folto, nasconde ciò che esso al suo interno possiede di umile e di basso, per attirare la mia attenzione solo su quelle cime svettanti degli alberi che sembrano guardare il cielo, non di altro desiderose che di azzurro intenso e luminoso. Ed intanto il passato reclama. Il passato si fa strada, e con prepotenza, all’interno del mio animo, e pretende di recitare le parti del protagonista, quelle che gli spettano per dovere di copione, quando il testo della nostra vita ha ormai poche pagine da leggere prima di arrivare al punto finale. Un’età assai delicata, librata tra passato e futuro, un passato lontano che urge prendendo l’abbrivo dagli anni della fanciullezza, e un futuro immediato che sventola ali di argento. Bisogna tenere insieme queste due parti, lasciandole tenzonare quanto vogliono, a condizione però che mi consentano, tra passato e futuro, di continuare a vivere il mio presente, per quello che esso è. Quod adest, dicevano i Romani. E consigliavano di “comporlo”, questo presente, di metterlo in ordine, e di conservare ciò che di bene l’ora fugace ci porta. Se pensiamo solo al futuro gli dei, quelli dei Romani e di Orazio poeta, ridono di noi (deus ridet), perché il futuro è coperto ed oscurato pru-
dentemente da una nube caliginosa (Hor. Carm. III, 29). Così mettendo insieme tanti attimi fuggenti (carpe diem) ho toccato questo traguardo. Non ho mai pensato ad un dio che ride di noi, Ma forse è così. Si diverte osservando le nostre sterili miserie. Ho fatto nella mia vita tante cose. Mi sono dedicato a mille occupazioni. Mi è piaciuto vivere nel mondo dei miei studi, chiudendo sovente la porta a tutto il resto, e al tempo stesso mi sono dedicato alla politica (tà koiná, dicevano i Greci) ed a ciò che è comune a tutti e che ha bisogno di essere curato da ciascuno di noi. L’importante è saper conciliare gli opposti, con la coerenza dell’impegno. L’importante è possedere le cose e non permettere che esse, le cose del mondo, siano loro a governraci. E così nella politica ho attinto alla cultura, all’essere, all’assoluto. E nella mia professione di uomo di scuola non ho mai dimenticato la polis, il mondo delle cose. La loro materialità. Senza mai disperdere la concretezza del sapere. E, da preside, ho cercato di mettere la scuola, il mio liceo, al centro del mondo, iniziando con il metterlo al centro della città. Ho amato la mia città, ma senza quei provincialismi insulsi che te la fanno credere la più bella del mondo, senza cioè esserne invaghito. Ho stimato i miei concittadini, ma li ho rimproverati quando era (ed è) necessario farlo. Ho cercato di essere coerente con me stesso, per trovare all’interno del mio animo quell’unità indispensabile, a fronte della molteplicità del mondo. Quella unità che ti fa capire la molteplicità. Ho cercato, infine, di mettere insieme il bello ed il buono, convinto che l’uno non possa esistere senza l’altro. E così ho guardato con sospetto tutto ciò che fosse solo bello; e con pari sospetto tutto ciò che proclamasse di possedere l’assoluta bontà. Sono stato infine un temerario. E non perché essa, la temerarietà, fosse una dote naturale. Ma perché ho realizzato una cultura temeraria. Rifuggo, ancora oggi, dalla cultura quieta, chiusa in se stessa. «Donnabbondesca» (anche se don Abbondio mi è simpatico). La vera cultura è quella che osa, e che non si accontenta mai. Quella che mette in crisi se stessa ed è disposta a provare, e sperimentare. Così sono arrivato alla mia età. E, statene certi, continuerò ad essere temerario. «Sapere aude»: abbi il coraggio di sapere. Ma dopo che hai assaporato il sapere, che cosa dovresti fare, se non continuare ad audere? Ad osare, voglio dire. Non mi resta che ringraziare quelli che mi sono stati vicini, testimoni veraci di un affetto che permane nel tempo e si consolida. Alfonso Sciacca