La Voce dell'Jonio del 27 gennaio 2019 (anno LXII numero 1)

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LA Jonio VOCE Anno LXII - N. 1

Domenica, 27 gennaio 2019

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A 100 anni dal Ppi

Ispirarsi a don Sturzo per una politica sana Don Luigino non era un omone grande e grosso; tutt’altro. Basso, magro e gracilino nel corpo, poteva dare l’impressione di un relitto che persino la morte aveva rifiutato, fino a quando non si aveva la fortuna di accostarlo, di ascoltarlo e di vederlo in azione. Un autentico leone fiero di se stesso, della sua famiglia e del suo popolo che aveva eletto a riferimento primario della sua vita, in coerenza con la sua idea di cristianesimo. A scanso di equivoci, la vita di don Luigino può riassumersi in due motti: “Dio e Popolo, Pensiero e Azione” e “Idealità, Coerenza e Concretezza”. Immaginate che faccia avrà fatto il Vescovo di Caltagirone quando questo giovane prete, figlio di baroni e fratello minore, di 10 anni, di un vescovo, gli ha comunicato, con estremo garbo, che non aveva alcuna intenzione di fare il “prete-parroco tradizionale nella Caltagirone agreste e feudale” di inizio novecento, ma di voler fare il sindaco e il consigliere provinciale in un periodo in cui vigeva il “non expedit” e nel momento di transizione tra il Papa della rivoluzionaria “Rerum Novarum“ e della fine della “Opera dei Congressi” e il corso del nuovo Papa, Pio X, tutto da inventare. Don Luigino era convinto che fare il sindaco fosse la volontà del suo Capo, il povero Cristo, e la volontà del suo popolo. Si badi bene: egli non siconsiderava principalmente come “rappresentante di una fede religiosa” ma piuttosto come rappresentante della sua Comunità con tutti i suoi addentellati. Il suo “datore di lavoro” era il Popolo nella sua interezza. Non era il Vescovo e tanto meno lo Stato centrale, assente e incapace di ascoltare, capire e rispondere ai bisogni concreti di quella Comunità siciliana. Il Regionalismo e l’autonomia non erano un optional ma una scelta obbligata. Don Luigino era fermamente contrario alla creazione di un “partito cristiano” perché il cristianesimo non si può parcellizzare per la sua stessa natura identitaria, come se fosse una “parte-partito”. Il Cristianesimo si relaziona esclusivamente all’intera Comunità che, per sua natura è quindi “laica e pluralista”. Cristo e il cristianesimo rappresentano quindi una “proposta” a cui egli ha fermamente aderito, come uomo, come cittadino e come credente. Don Luigino era fermamente convinto che ogni azione – politica, culturale, sociale e religiosa – deve avere, come unici referenti, i cittadini-soci della Società – Comunità. Ed è in questa commistione di Pensiero e di Azione, che ha promosso l’azione leader dei sindaci, contribuendo a creare l’ANCI, che possiamo”. Enzo Coniglio (continua a pag. 2)

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Periodico cattolico fondato da Orazio Vecchio

CINEMA

SOCIETÀ’ - 1

Marcello Trovato prepara un film su Rino Nicolosi il politico acese che fu presidente della Regione Rita Messina

SOCIETÀ’ - 2

Don Antonio parroco del rione Sanità di Napoli e i suoi tanti giovani che credono nella bellezza

Il vescovo mons. Raspanti incontra quattro detenuti durante il loro percorso di reinserimento sociale

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Teresa Scaravilli

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Eugenia Castorina

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Terremoto di Santo Stefano Sfollate centinaia di famiglie, chiuse decine di chiese

Sconvolta la vita comunitaria Il Vicario generale “Il massimo impegno della diocesi per la ripresa” Il terremoto di S. Stefano ha duramente colpito alcuni centri della nostra diocesi già interessati dai precedenti eventi sismici del 1984 e del 2002. A fronte di pochi feriti, i danni provocati hanno sconvolto la vita di centinaia di famiglie, rimaste senza casa, e quella comunitaria, per l’inagibilità di decine di chiese. Abbiamo fatto il punto della situazione, a un mese dall’evento, con il vicario generale della diocesi mons. Giovanni Mammino.. Nino De Maria (a pag. 8)

TERREMOTO Il vicario generale della Diocesi don Mammino chiede l’aiuto di tutte le comunità locali

Una “Giornata di preghiera e di solidarietà” Il Vicario generale della diocesi di Acireale, don Giovanni Mammino, in occasione del terremoto di Santo Stefano, ha scritto una lettera ai Presbiteri, Diaconi, Religiosi e Religiose, Associazioni, Movimenti e Gruppi ecclesiali diocesani, che pubblichiamo: “Carissimi, il tragico evento del sisma, avvenuto nella notte del 26 dicembre scorso, ha sconvolto la

vita delle nostre comunità. Ringraziando sempre il Signore per aver vegliato sull’incolumità delle persone siamo tuttavia addolorati per il disagio di parecchie famiglie che, in breve tempo, hanno visto distrutta o resa inagibile la loro abitazione. Siamo inoltre rattristati nel vedere le nostre chiese, oratori, case canoniche, scuole e strade gravemente danneggiati. La perdita dei luoghi di aggregazione

DIOCESI - 1

genera nella gente sconforto e disorientamento e, a lungo andare, le comunità si sfaldano. I vescovi siciliani, riuniti il 9 gennaio a Palermo per la sessione invernale, esprimendo vicinanza e solidarietà alla nostra diocesi e a quella di Catania, hanno indetto per domenica 3 febbraio una Giornata di preghiera e di solidarietà (continua a pag. 2)

DIOCESI - 2

La “Festa della pace” dell’Azione Cattolica domenica 17 febbraio ad Aci San Filippo Don Arturo Grasso

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RICORDO

Pastorale giovanile La Consulta rileva la grande mportanza del servizio vocazionale Grazia Spinella

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PILLOLE DI SCIENZA Riscaldamento globale e cambiamenti climatici: i veri termini della questione con una tesi innovativa

Le foreste che scompaiono più che i gas inquinanti L’allarme per i cambiamenti climatici è oramai cronaca quotidiana. Leggiamo: La World Metereological Organization lancia l’allarme: mai raggiunto un livello così alto di gas serra nell’atmosfera; i principali gas responsabili dell’effetto serra, e dunque del riscaldamento del pianeta e del cambiamento climatico, hanno raggiunto un nuovo record: è questo il nuovo allarme lanciato dall’Onu che torna a chiedere alla comunità internazionale di intervenire rapidamente; l’anidride carbonica, il metano e il protossido di azoto sono molto al di sopra dei livelli preindustriali, senza alcun segno di un’inversione della tendenza al rialzo…; e via di questo passo, quasi fosse un bollettino di guerra; all’infinito. Dall’autunno del 1997 i satelliti della Nasa tengono sotto controllo il pianeta Terra con l’obiettivo di monitorarlo. È così che viene registrata la lenta ed inesorabile agonia del pianeta che, nel nostro sistema solare, ha avuto il privilegio di ospitare la vita. Il monitoraggio evidenzia con certezza deserti che avanzano, ghiacci che si sciolgono

– soprattutto al polo Nord e sulle alte cime –, mari che si surriscaldano in prossimità delle coste. “Colpa dell’uomo”, si grida oramai da più parti. Ma non mancano gli scettici e persino chi si oppone testardamente a queste grida allarmanti. La confusione aleggia sovrana. Vediamo, in breve, la questione ambientale dal punto di vista della termodinamica, scienza sicura perché fondata sulle solide basi dell’esperienza scientifica secolare. Senza entrar troppo nei particolari, riservandomi di ritornare sull’argomento, in primo luogo segnalo che ridurre il problema del cambiamento climatico solamente alla presenza in atmosfera dei gas serra inquinanti è riduttivo. L’argomentare sull’annerimento dell’atmosfera – seppur Angelo Pagano (dirigente di ricerca dell’Istituto di Fisica nucleare di Catania) (continua a pag. 2)

Adesso a Siracusa c’è una strada che porta il nome di mons. Inserra Gianni Failla

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SCUOLE E SOCIETÀ Acireale e Jesi

Liceo Classico di notte

Una manifestazione cresciuta in maniera esponenziale nell’arco di cinque anni, fino ad arrivare alla partecipazione di 433 licei di tutta l’Italia, mentre si prepara al salto internazionale con la collaborazione dell’Istituto di Ellenistica di Atene. Anconetani, Castorina e De Maria (a pag. 4)


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In Seconda

27 gennaio 2019

RICORDO/1 Carlo Calì e i principali “amori” della sua politica

Giarre e la floricoltura Non si è ancora spenta la triste eco, a Giarre, per la scomparsa del dott. Carlo Calì, che ha dato lustro e fama alla cittadina ionico-etnea sia con la sua reiterata attività di assessore e consigliere comunale, sia con quella di indiscusso e lungimirante “patron” della Festa dei Fiori, un appuntamento che per tantissimi anni promosse Giarre alle ribalte nazionali, con la sua floricultura, le sue imprese, spesso citata non solo nelle cronache ma anche in convegni e riviste specialistiche, e soprattutto gemellata con importantissime realtà italiane del settore, su tutte Pescia. La disponibilità e la generosità del vulcanico Calì andava di pari passo con la sua simpatica irruenza e la competente lungimiranza. Chi ha avuto il piacere e l’onore di conoscerlo non può che serbarne un ottimo ricordo: Carlo era quel che si dice l’amico di tutti! L’istituzione, in parallelo alla Festa dei Fiori, del premio nazionale “Garofano d’argento” (che prosegue con successo, a dicembre scorso è stato assegnato), consentì a Calì di portare a Giarre personaggi di fama anche internazionale nel settore della floricultura, e di promuovere il comparto valorizzando prodotti ed imprese, in partico-

lare siciliane. Parecchia fu l’attenzione per la stampa, tant’è che il dott. Calì istituì una borsa di studio per giovani giornalisti. Anche il sindaco di Giarre, avv. Angelo D’Anna, ha voluto esprimere il cordoglio personale e dell’intera città per la scomparsa di Calì: “Desidero esprimere il cordoglio della Città di Giarre per la perdita del dott. Carlo Calì, suo illustre amministratore per alcuni decenni ed esprimere le più sentite condoglianze a nome mio personale e di tutti gli amministratori ai suoi figli Carmelita, Anna Maria e Salvo, e ai familiari tutti. La figura di Carlo Calì emerge, anche tra chi non ha avuto la fortuna di lavorare al suo fianco, per la sua grande disponibilità ed il suo impegno infaticabile, per le sue idee e una lungimiranza che lascia trasparire alla base il senso di appartenenza alla nostra Città, l’orgoglio di essere Giarrese. La storia di Carlo Calì si intreccia al periodo di floridezza economica, politica, culturale e sportiva di Giarre. Rimane la sua testimonianza come esempio e monito nel dare in modo infaticabile il meglio di noi stessi per il bene di tutti”. Mario Vitale

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Jonio

RICORDO / 2 Nino Torrisi, vita da volontario fondò la Misericordia di Valverde

Rimane un grande esempio di altruismo Il mondo del volontariato piange Antonino Torrisi, per tutti “Nino”, che all’età di 77 anni, è venuto a mancare. Socio fondatore e primo presidente della Misericordia di Valverde, l’ha guidata per 17 anni dall’11 maggio 1984. Consigliere nazionale delle Misericordie d’Italia, vicepresidente regionale dei gruppi Fratres, consigliere comunale di maggioranza ai tempi dell’amministrazione Vasta di Valverde, Nino ha lasciato un profondo vuoto nel cuore della moglie e dei suoi due figli, innanzitutto. Un uomo amato da tanti, sempre in prima fila per aiutare il prossimo, un modello da seguire. Numerosi i post a lui rivolti su Facebook, addirittura gli amministratori del gruppo “Sei di Valverde se” hanno sostituito la precedente immagine di copertina con il necrologio di Nino. Tante lacrime ai suoi funerali, una chiesa gremita di amici e di chi ha avuto la fortuna di conoscerlo. Ad essere presenti anche i membri di alcune Misericordie di centri limitrofi. Il feretro è stato portato a spalla dai suoi confratelli che, prima di raggiungere la chiesa, hanno sostato davanti alla sede della Misericordia, per dare a Nino la possibilità dell’ultimo saluto. A celebrare il rito funebre nel Santuario di Valverde il parroco, padre Nei, che lo ha descritto proprio così come Nino era, una persona dal cuore grande, altruista, impegnata per il bene: “Dobbiamo ringraziare Dio per la vita di Nino,

una persona amorevole. Ha sofferto tanto prima di andarsene, ma ha vissuto questi momenti con serenità. È riuscito ad incoraggiare chi gli stava al fianco”, ha detto padre Nei. Nino, al bene della comunità ci ha pensato persino poco prima di morire. Niente fiori, il suo desiderio era quello che le offerte venissero devolute per l’acquisto di una nuova ambulanza, progetto che la Misericordia di Valverde porta avanti da qualche tempo. E così è stato. Durante la cerimonia, alcuni volontari della Misericordia di Valverde, e non solo, hanno ricordato Nino con parole commosse, raccontato aneddoti, mostrato il loro cordoglio ai familiari. Tutti d’accordo sul fatto che Nino ha fortemente creduto nelle energie di giovani e adulti volontari, che ha tramandato valori ed importanti insegnamenti. “Ci ha reso uomini del domani – ha aggiunto il governatore della Misericordia di Valverde, Salvatore Balsamo – sempre impegnato a 360° nel sociale”. All’uscita del feretro dalla chiesa, dopo un altro momento di preghiera con padre Nei, il suono delle sirene delle ambulanze appositamente parcheggiate in piazza del Santuario, ed il corteo verso il cimitero. Ciao Nino, che da sempre sei stato pure nostro fedele lettore. Graziella De Maria

dalla prima La politica si ispiri a don Sturzo

Riscaldamento globale

definire come il “Partito dei sindaci”, il partito di don Luigino. ANCI è la sigla di “Associazione Nazionale dei Comuni Italiani”. Il Partito Popolare Italiano (PPI) a livello nazionale, che egli crea nel 1919, esattamente cento anni fa, dopo l’esperienza disastrosa della grande guerra, deve essere visto come la logica estensione a livello nazionale della sua azione a favore delle Comunità locali. E nella stessa logica deve essere vista la sua strenua opposizione a Benito Mussolini, al suo partito e al suo Governo, nazionalista, centralista e antipopolare, fino al punto da preferire l’estremo sacrificio dell’esilio per ben 23 anni in pieno dissenso con le gerarchie vaticane che gli avevano già chiesto un anno prima, nel 1922, di dimettersi da Segretario del Partito Popolare Italiano che aveva creato nel 1919 con il famoso Manifesto rivolto agli Italiani liberi e forti che in questi giorni troppi ricordano per tirare Don Luigino per la giacchetta e farlo rientrare nel proprio schema politico. Una meschineria, distante anni-luce dalla vita di Don Luigino che non volle aderire neppure alla Democrazia Cristiana del dopoguerra, pur essendo stato un simpatizzante dalla nascita, nel 1900, del Movimento che aveva lo stesso nome, quando ancora lo univa una profonda amicizia al fondatore, amico e collega, don Romolo Murri. Sia chiaro una volta per tutte: don Luigino obbediva a Cristo che riconosceva come suo Capo, fondatore della dell’ Ecclesìa e ha sempre preso le Direttore responsabile distanze dalla gerarchia ponGiuseppe Vecchio tificia quando le scelte della stessa gli apparivano contradEditore dire il pensiero e l’azione del Associazione La Voce dell’Jonio suo Capo. Un dissenso che Via Mons. Genuardi, 14 pagò a caro prezzo fino alla 95024 Acireale morte avvenuta a Roma, l’8 Iscrizione Tribunale Catania agosto del 1959 all’età di 88 n. 220 del 5/4/1958 anni. Iscrizione al ROC Angelo Giuseppe Roncalli, (Registro operatori della divenuto Papa il 28 ottobre del 1958, decise di visitare il veccomunicazione) n° 22076 chio e fedele “sacerdote di CriRedazione sto” e chiedere scusa per le sofVia Mons. Genuardi 16, 95024 ferenze inflitte all’uomo santo Acireale - Ct (casella post. 174) del Signore e avviò le trattative tel. 095601992 con la sua Segreteria di Stato e con il Governo italiano. Ci era www.vdj.it quasi riuscito quando apprese lavocedelljonio@hotmail.it della morte di uno dei maggioAbbonamento annuo ri Giganti del Cristianesimo e Ordinario euro 12,00 del pensiero politico e sociale Extra 20,00 - Speciale 50,00 del Novecento. Per noi, don Luigino non è Sostenitore 100,00 morto e costituisce una guida sicura per realizzare una solida Conto Corrente Postale politica regionale autonomi7313800 intestato a sta, in un contesto nazionale ed europeo, fondata sui prinAssociazione La Voce dell’Jonio cìpi cristiani della solidarietà, Via Genuardi, 14 della legalità e della giustizia, 95024 Acireale fondamento della Sovranità popolare, l’unica legittima. Membro FISC - Federazione

questo sia un fatto reale – conduce a conclusioni fuorvianti: si tende a far passare l’idea che basta ridurre (o meglio azzerare) l’emissione dei gas inquinanti ed il problema ambientale è automaticamente risolto. Non è affatto così. La Terra viaggia nello spazio attorno al Sole, investita quotidianamente da una inimmaginabile energia raggiante: parte dell’energia viene (fortunatamente) riflessa (circa il 60%) e non passa gli strati atmosferici. La restante parte viene assorbita da aria, acqua e terre emerse. Questa alimenta tutti i cicli geo-termici e le correnti marine ed aeree. Una piccolissima parte (circa l’un per mille del totale) viene assorbita dalle piante, uniche depositarie del mistero della vita sul pianeta. Le piante (in particolare le grandi foreste tropicali) svolgono una funzione decisiva per la vita sul pianeta: esse incessantemente immagazzinano la parte più nobile dell’energia solare (fotosintesi clorofilliana) trasformando ciò che non è organico e sparso senza ordine certo (ad esempio, anidride carbonica ed acqua) in materia organica ben organizzata in strutture biologiche essenziali alla vita (zuccheri, ecc..). Le piante sono gli unici depuratori del pianeta. Lo si gridi. Una diminuzione sensibile di biomassa-vegetale (alberi) produce effetti catastrofici. Questa diminuzione è in atto, sensibilmente: più del 30% di biomassa è stata cancellata negli ultimi 100 anni dalla superficie terrestre. La scomparsa delle foreste è la vera minaccia ecologica in atto. Lo si gridi. Questa induce tutti gli altri effetti negativi, compresi la scomparsa oramai costante nel tempo di migliaia di specie animali e vegetali e l’aumento dell’anidride carbonica in atmosfera (osserviamo che le piante letteralmente si nutrono di anidride carbonica nel loro ciclo metabolico, producendo anche ossigeno). Ed ecco la mia tesi: lo spostare (coscientemente o per ignoranza strutturale) il problema ecologico dalla lotta alla scomparsa certa delle grandi foreste (imminente) alla lotta ai gas inquinanti (certamente molto nocivi per la salute assieme alle polveri sottili, soprattutto nelle caotiche città super affollate) produce una distorsione nella metodologia scientifica ed economica di contrasto alla più grande insidia globale oggi in atto: lo sfruttamento indiscriminato delle risorse biologiche di cui dispone il pianeta da parte di un sistema economico-produttivo-consumistico che, in nome del libero mercato e del progresso, nasconde, alle coscienze ignare, la schiavitù di tutti gli esseri viventi al cieco profitto monetario. “Semplicemente si tratta di ridefinire il progresso. Uno sviluppo tecnologico ed economico che non lascia un mondo migliore e qualità di vita integralmente superiore non può considerarsi progresso“ (Papa Francesco, Laudato si’, lettera enciclica: sulla cura della casa comune). Angelo Pagano (dirigente di ricerca dell’Istituto di Fisica Nucleare di Catania)

Jonio

Italiana Settimanali Cattolici

Enzo Coniglio

Terremoto, preghiera e solidarietà per sostenere le comunità duramente colpite dal terremoto. È nostro desiderio invocare la misericordia e la forza del Signore sulle popolazioni colpite e, allo stesso tempo, attivare la solidarietà per sostenere i primi interventi di ricostruzione mirati al sostegno di quelle comunità parrocchiali che non hanno più la chiesa e luoghi di incontro. Vi invito, nel contesto della celebrazione eucaristica domenicale e della giornata per la vita, ad incoraggiare le comunità nell’ implorare la misericordia del Signore sulla nostra mar-

toriata terra e a sostenere la raccolta fondi “Ricostruiamo le comunità”. Le donazioni possono essere inoltrate nei seguenti modi: 1. Mediante bonifico intestato a DIOCESI DI ACIREALE - UFFICIO CARITAS DIOCESANA Credito Valtellinese – IBAN IT83C0521626200000009042141 Oggetto: Ricostruiamo le comunità. 2. Consegnando le offerte presso gli uffici della Caritas diocesana, siti in via Galatea, 224 Acireale o presso gli uffici della Curia diocesana, siti in Largo Giovanni XXIII, 3 Acireale. Certo della sollecita adesione alla presente iniziativa porgo cordiali saluti”. Don Giovanni Mammino Vicario generale della diocesi di Acireale INTENZIONI DI PREGHIERA DEI FEDELI PER LA GIORNATA REGIONALE A FAVORE DELLE DIOCESI COLPITE DAL TERREMOTO DEL 26.12.2018

1. Per le comunità che hanno subito i danni del sisma, perché possano godere del celere supporto di quanti sono preposti alla ricostruzione, per il ritorno ad una vita normale. Preghiamo. 2. Perché la sofferenza di tanti nostri fratelli privi della loro abitazione ci faccia sempre più comprendere il senso di essere Chiesa, comunità accogliente e solidale che si fa carico del dolore e della necessità dei fratelli. Preghiamo. 3. In questo momento di dolore e smarrimento, non manchi da parte di ciascuno di noi la solidarietà umana e cristiana, in chi versa in uno stato di bisogno e di necessità. Preghiamo.

La preghiera dei fedeli può essere conclusa dalla colletta “In tempo di terremoto”. Dio creatore, che reggi con la tua sapienza l’armonia dell’universo, abbi pietà di noi tuoi fedeli, sconvolti dai cataclismi che scuotono le profondità della terra; vegli a sull’incolumità delle nostre famiglie, perché, anche nella sventura, sentiamo su di noi la tua mano di Padre, e, liberati dal pericolo, possiamo cantare la tua lode. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.


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Cultura

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CINEMA Marcello Trovato prepara un film sul politico acese scomparso che fu presidente della Regione

”Rino Nicolosi, sogno mediterraneo” “Ho scelto di attenzionare questa figura, di cui nessuno finora ha ricostruito le fasi della vita, perché la considero, ancora oggi, importante per la città di Acireale”. Con queste parole, il regista Marcello Trovato ha motivato l’origine del suo ultimo lavoro cinematografico, dal titolo: “Rino Nicolosi. Sogno Mediterraneo”. Un argomento che mette in risalto la storia locale e certamente gli eventi politici, attraverso l’agire di Rosario Antonino Nicolosi, conosciuto come Rino, che nel 1985, nell’apice della sua carriera politica, divenne Presidente della Regione Siciliana. Il regista, che ad Acireale conduce la sua vita, svolgendovi anche la professione di fotografo, ha fatto parlare di sé nei mesi passati, con la realizzazione e la proiezione del film “Nove anni a Tientsin”. La sua passione per la pellicola lo ha condotto a progettare e concretizzare questo nuovo lavoro, le cui scene saranno girate in diverse parti della Sicilia, iniziando da Sutera (Cl). Si

Recensione Il film Vincent “Van Gogh Sulla soglia dell’eternità” Genio malato e misterioso

tratta, questa, di una location già sperimentata, congeniale al regista per le sue caratteristiche naturali, che ben si addicono, come sfondo, ad alcune scene. Successivamente, sarà la volta di Acireale, per poi continuare con Catania, Palermo e Roma, in un arco temporale di lavori lungo circa quattro mesi. Nel capoluogo etneo, in particolare, farà da sfondo il Palazzo di Giustizia, in relazione alle questioni giudiziarie affrontate in alcuni

presentanti sono stati invitati dal nel presidente Leotta e dal vicepresidente Musmeci ad un incontro che si terrà nel palazzo di città il 15 febbraio 2019 per eleggere i membri del comitato di presidenza, composto da 5 membri, oltre al presidente e al vice presidente. La consulta è costituita dai rappresentanti delle associazioni iscritte all’albo comunale delle libere forme associative della cultura, in misura di un rappresentante per ognuna. Invitati permanenti ma senza diritto di voto sono: il sindaco, l’assessore alle Politiche culturali, il dirigente del settore competente, il presidente della commissione consiliare competente, i presidenti delle fondazioni “Bellini” e del “Carnevale”, il presidente dell’Accademia degli Zelanti e dei Dafnici, il direttore dell’ufficio dei Beni culturali della diocesi, ed infine un rappresentante per ciascun ordine e grado delle scuole pubbliche e paritarie.

Riesce a comunicare il pathos ed il dramma interiore del protagonista, mantenendo desta l’attenzione nello spettatore, per tutta la durata del film, 110 minuti. Il lavoro, che giunge dagli USA, dal titolo “Van Gogh. Sulla soglia dell’eternità”, racconta la storia del famoso pittore e la sofferenza di cui è stata intrisa, parallelamente alla piacevolezza degli scenari naturali, offerti numerosi nella pellicola. Il regista, Julian Schnabel, ha ripercorso le fasi della vita di Vincent Van Gogh, contestualizzandole in un ambito sociale, quello della metà dell’ottocento, carico di difficoltà per gli artisti in generale, e privilegiando alcune notizie biografiche rispetto ad altre. La voglia del pittore olandese di dipingere immerso tra la natura è stata evidenziata, come la sua necessità di trovare nel “circolo degli artisti” un preciso punto di riferimento. Anche il concetto che l’arte non sia pienamente apprezzata nel momento esatto in cui si produce e nel contesto in cui fiorisce viene più volte sottolineato. Lo stesso Van Gogh, interpretato dall’attore Willem Dafoe, ad un certo momento, nel dialogo intrapreso all’interno della clinica psichiatrica di Saint-Remy con il prete a cui spetterà la decisione di rimetterlo in società o meno, affermerà che il “talento datogli da Dio” sarà apprezzato in seguito. E si presenta, infatti, come un uomo dalla fede stabile, dalle pronte citazioni religiose, che convincerà proprio il prete, nel menzionato dialogo, della sua ritrovata stabilità mentale. La figura del fratello Theo, nei cui panni si è cimentato l’attore Rupert Friend, è presente certamente nella proposta biografia. Alla sua fine non si fa riferimento, sebbene appaia indirettamente legata alla sorte del fratello. Morì, infatti, pochi mesi dopo Vincent, secondo alcune fonti, logorato da quel profondo rapporto ed in crisi per l’impossibilità di aver potuto evitare la dipartita dell’amato artista. La sofferenza del pittore non viene ridimensionata nella pellicola, ma affrontata in tutta la sua drammaticità, attinente alla condizione di chi è tormentato dalle malattie mentali e si trova a vivere la propria esistenza nelle relative strutture. L’attesa, quasi ansia, di Van Gogh di attendere, seduto, l’alba è comunicata verosimilmente dalla scena in cui lo stesso è rivolto con sguardo fisso al cielo verso il sorgere del sole. Sottolineata la sua ricerca costante di punti stabili per il suo equilibrio interiore. Il rapporto con l’amico-pittore Paul Gauguin, interpretato da Oscar Isaac, determina, nel film, la decisione di tagliarsi il lobo dell’orecchio, per donarglielo quasi come fosse un dono d’addio. Il rapporto burrascoso fra i due è chiaramente riportato come l’insofferenza di Gauguin di vivere ad Arles. Soprattutto nel finale, il regista ha scelto di seguire un’ipotesi. Svelarla sarebbe togliere il piacere della visione a chi ne fosse interessato. Certamente, l’uso del sostantivo “eternità” nel titolo, si addice al senso stesso che Van Gogh diede alla sua arte. Riferendosi ad un suo dipinto, ritraente dei fiori, affermò: “Quei fiori appassiranno e moriranno, i miei resteranno, almeno avranno una possibilità”.

Gabriella Puleo

Ri. Me.

momenti del docu-film. In 70’ verrà ripercorsa la storia del noto politico acese e della sua città, ma con tematiche riguardanti anche l’intera Sicilia, giacché con l’omicidio del Presidente della Regione, Piersanti Mattarella, avvenuto a Palermo il 6 gennaio 1980, ad opera di “Cosa nostra”, si allarga lo scenario. E proprio l’Isola, martoriata da questo omicidio, si lascerà andare ad un dialogo, dal ritmo incalzante, con

la Mafia. Alle due presteranno le loro voci gli attori Rossella Caramma ed Agostino Zumbo, già conosciuti nel cast del regista. “Sarà un rivedere ciò che Rino Nicolosi ha fatto per Acireale e come lo ha realizzato. Un lavoro eseguito attraverso una ricerca meticolosa di fonti e testimonianze di chi lo ha conosciuto e ha interagito con lui”, ha spiegato il regista. Rita Messina

ACIREALE Prima riunione della Consulta comunale della cultura voluta dal sindaco Alì

Salvo Emanuele Leotta presidente Primo appuntamento per la Consulta della cultura di Acireale. Organo voluto dal primo cittadino della città, ingegnere Stefano Alì, con lo scopo di creare una rete di programmazione tra il comune e le numerose associazioni culturali presenti nel territorio. Questo, si auspica, possa portare in futuro ad una migliore organizzazione degli eventi culturali con un calendario di programmazione, per evitare che interessanti appuntamenti, che spesso richiedono anche un notevole impegno nell’organizzazione, possano essere offerti al pubblico nella stessa data. A presiedere l’incontro il sindaco Stefano Alì e il funzionario responsabile del settore servizi culturali Rosario Strano. In questa occasione sono stati eletti dai presidenti delle associazioni facenti parte della consulta, o dai loro legali rappresentanti, il presidente e il vicepresidente. Loro sono l’avvocato Salvo Emanuele Leotta (nella foto), presidente dell’asso-

ciazione “L’Impulso”, membro della “Fondazione Bellini” e animatore di comunità del progetto “Policoro” per la Diocesi di Acireale e Santi Musmeci dell’associazione “Morfeo”. Le 13 associazioni facenti parte della consulta, con i loro legali rap-

CONCERTI Due ore di spettacolo al Metropolitan di Catania con 25 brani e un veloce cambio di abiti eleganti e di diversi colori

Malika Ayane, non solo buona musica All’attesissimo concerto di Malika Ayane, al teatro Metropolitan di Catania, ad accendere i riflettori è “Stracciabudella” (scritto dalla cantante italo-marocchina in collaborazione con il musicista Shridhar SolanKi) con una cornice caratterizzata da colori bianco e nero, con a centro del palco Malika, che assume le sembianze di una dea moderna, considerato il look, posta al di sopra del palco. Ha così inizio lo spettacolo. Senza perdere tempo, neanche per i saluti. Appare molto composta e ad un tempo sexy, con la sua giacca nera a mo’ di vestitino corto, body nero e stivale nero che le fascia la gamba. Un look studiato, quello della Ayane, non solo da un punto di vista estetico, ma soprattutto pratico. Infatti, da lì a poco, la cantautrice, si spoglierà dalla giacca per rimanere solo con il body, abbigliamento da trapezista, che le faciliterà l’imbracamento ad un drappo rosso la vedrà farsi più terrena, calandosi giù nel palco dove verrà accolta da un pubblico variegato per età che la acclama. Malikaringrazia subito il pubblico, si dice contenta di essere a Catania, “questa città bellissima”, e promette una bella serata in sua compagnia, ma chiede collaborazione agli spettatori esortandoli a mettere da parte il cellulare e godersi lo spettacolo; una serata senza distrazioni… all’insegna della

musica e delle sue vibrazioni. La Ayane, ironizza sulle coppie, sui sentimenti, sugli uomini, definendoli “finiti dai 36 anni in su”, facendo riferimento alle sue canzoni, alle volte, malinconiche, ma che raccontano il vissuto. Infine, prima di riprendere a cantare, volge lo sguardo alle sue spalle per indicare quelli che definisce “i compari”, cioè la band che l’accompagna, collocata in bizzarre anticamere, ognuno rigorosamente a richiamare le tonalità del bianco e nero. Davvero un effetto domino! Due ore di spettacolo nel quale Malika coinvolge il pubblico con le musiche del suo ultimo disco “Domino” (quinto progetto discografico uscito il 21 settembre 2018 per Sugar Music). “Domino” rappresenta il grande ritorno sulle scene della cantautrice milanese dopo tre anni di assenza, durante i quali ha lavorato alla produzione del disco insieme con Axel Reinemer e Stefan Leisering al “Jazzanova Recording Studio” di Berlino. “Domino”, è stato elaborato e scritto tra Milano, Londra e Parigi, con la collaborazione di importanti autori internazionali già al suo fianco nel precedente album, “Naif”). E’, la sua, una scaletta di 25 brani, un susseguirsi di canzoni inedite ed altre molto partecipate per le quali il pubblico diventa protagonista. Una voce intrigante, quella di Malika, dai suoni delicati ma carichi.

Non è solo un susseguirsi di canzoni, ma anche di cambi di abito che la cantautrice sostituisce tra un brano e l’altro senza alcuna sosta, con una velocità supersonica. Qualche colore diverso e appariscente, come un abito lungo rosso ma a spadroneggiare è sempre il connubio tra bianco e nero. A segnare l’epilogo spetta a “Come foglie”, un brano conosciutissimo a cantare il quale il pubblico non si è sottratto, tutt’altro. A fine serata, la bionda Malika ringrazia tutti e presenta la band composta da: Daniele Di Gregorio alla marimba, Carlo Gaudiello al piano, Marco Mariniello al basso, Nico Lippolis alla batteria, Jacopo Bertacco alla chitarra. Maria Pia Risa


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ACIREALE Si conferma polo di cultura l’istituto che ha dato il “la” agli altri 432 che in Italia hanno aderito all’iniziativa

Sensibilizzare e coinvolgere. Sono queste le azioni chIl Liceo classico “Gulli e Pennisi” di Acireale si afferma sempre più come luogo-simbolo di cultura della nostra città, uno dei pochi rimasti a fare da punto di riferimento in tal senso ed in grado di proporre, organizzare e gestire eventi culturali di portata nazionale e, forse, anche internazionale. È quello che ha dimostrato in occasione della quinta edizione della “Notte del Liceo classico” svoltasi lo scorso 11 gennaio, in cui in posizione di capofila ha dato il “la” agli altri 432 istituti che hanno aderito all’iniziativa su tutto il territorio nazionale. L’idea, partita qualche anno fa da una semplice attività di “open day” – come quelle che fanno tutte le scuole in questo periodo per farsi conoscere e attirare iscrizioni – ha suscitato interessi e consensi tali da indurre l’ideatore, un “semplice” professore di latino e greco, Rocco Schembra, ad estendere l’idea ad altri istituti, pensando di creare una piccola rete locale di licei; ma la sua idea venne accolta, fin da subito, da ben 150 scuole, e non solo a livello locale. A poco a poco, un anno dopo l’altro, il numero degli aderenti è cresciuto sempre più, fino ad arrivare ai 433 di quest’anno. Non solo: a un certo punto la cosa piacque anche a qualcuno del Ministero, che così diede il proprio patrocinio; e quest’anno pure la Rai si ci è buttata a capofitto, intervistando il prof. Schembra, mandando servizi in abbondanza sulle varie reti nazionali e regionali e facendo la diretta sui canali tematici Rai Scuola e Rai Cultura da uno dei più prestigiosi licei romani, il “Giulio Cesare”. Ma non finisce qui, perché il prof. Rocco Schembra si prepara al “salto internazionale” e nel prossimo mese di febbraio si recherà ad Atene per coinvolgere nella Notte del Liceo anche gli istituti di quella che è stata la patria della cultura classica. Ma tornando al Liceo acese e alla notte ivi celebrata, abbiamo avuto modo di assistere a spettacoli, organizzati in stretta collaborazione tra docenti ed alunni, in cui i veri protagonisti sono stati gli alunni stessi, i quali hanno messo in campo le competenze acquisite a scuola, ma anche quelle possedute individualmente: abbiamo visto quindi ragazzi e ragazze che danzavano, suonavano il piano la chitarra e strumenti d’ogni genere, che cantavano canzoni rock ma anche brani d’opera lirica, che recitavano in francese in inglese in latino in greco. Il tutto con la stessa naturalezza e semplicità con cui tutti i giorni ti parlano dei loro problemi personali, dell’apprensione per l’interrogazione imminente, o della passeggiata con la ragazza o col ragazzo. C’erano costumi variegati, semplici, ricchi, d’ispirazione greca o latina, ma anche medievale, settecentesca, ottocentesca, moderna. C’era pure un simposio con cibi e vini che potevano essere gli stessi consumati dagli antichi Greci o Romani, a base di uva passa, sesamo, mostarda, cotognata. E la cosa bella – almeno per chi scrive – è stata quella di ritrovare ex alunni o figli di conoscenti o ragazzi e ragazze visti nascere e crescere. Ma anche i docenti – che forse in questa occasione stavano in posizione più defilata rispetto agli studenti – erano lì, presenti, vigili, contenti e soddisfatti non solo di ciò che avevano preparato e organizzato, ma di ciò che sapevano fare i loro alunni, mostrandosi fieri e orgogliosi di loro, molto più di quanto non facciano abitualmente

Pagina a cura di Nino De Maria

in classe, durante le interrogazioni e nelle normali giornate scolastiche. La manifestazione è iniziata con una sfilata con fiaccolata che partendo dalla vicina piazza Dante ha raggiunto la sede del Liceo. Qui, in contemporanea con tutti i licei partecipanti, il video “Ti porterò a Pompei” del cantautore toscano Francesco Rainero, assunto come inno ufficiale dell’evento, ha coinvolto tutti in un emozionante tuffo in quello che è uno dei principali luoghi-simbolo della civiltà classica, senza trascurare una puntatina nel luogo d’origine della manifestazione, la nostra Acireale. E poi aule a tema e corridoi affollati, ragazzi e ragazze che andavano di qua e di là con tuniche, pepli, copricapi felini, ghirlande di alloro, d’edera e pampini d’uva, muovendosi in fantastiche, fantasiose e raffinate scenografie approntate per l’occasione. Giacché il tema della serata era il “Dionisismo”, declinato in tutte le accezioni possibili in arte, letteratura, musica, teatro, danza: il tutto finalizzato ad esaltare la gioia ed il piacere connessi con l’antica divinità greca di Dioniso (poi identificata dai Romani nel dio Bacco). E in vari angoli della scuola – ingresso, corridoi, scale – molteplici cartelli (433 per l’esattezza) riportavano i nomi di tutti i licei italiani aperti, per l’occasione, in contemporanea fino a mezzanotte, a celebrare – in un’unica unità d’intenti – la cultura classica.

TESTIMONIANZA

”Gulli e Pennisi” e il “Dionisismo” Un’occasione preziosa per praticare la teoria L’evento è nato sei anni fa dall’idea del prof. Rocco Schembra, ed avendo riscosso successo tra il pubblico, l’anno dopo, quando io ho iniziato il liceo, è diventato un evento riconosciuto a livello nazionale con l’adesione di altri licei classici d’Italia. Ogni anno si vive con lo stesso clima, ma con qualche sfumatura diversa. Dopo che ci viene comunicata la tematica, cominciamo a pensare ad un progetto già dai primi giorni di scuola. Ciò che crea questa ricorrenza è un bellissimo clima di collaborazione tra insegnanti e alunni, che durante le ore scolastiche curriculari non c’è perché la condivisione è di tipo più intellettuale. Siamo sempre in un contesto scolastico, ma psicologicamente è come se non lo fossimo. Si tratta di mettere in pratica la teoria finora appresa. C’è il progetto al quale abbiamo pensato e la concertazione è rivolta alla sua realizzazione. Il nostro obiettivo è quello di trasmettere a chi viene da fuori la vastità di conoscenze che impariamo tra i banchi di scuola e lo facciamo con un altrettanta varietà di rappresentazioni. Durante la notte bianca il nostro liceo assume un altro volto per far vivere agli spettatori il tempo classico. Mi sono presentata all’appuntamento nel primo orario e già i corridoi cominciavano a popolarsi di visitatori. Davanti a me la scenografia della rappresentazione dei culti dionisiaci, compagni con abiti di scena che ripassavano la propria parte. Luci soffuse, colorate, per ricreare l’ambiente del tema della serata, il “Dionisismo”, affrontato da diversi punti di vista nelle varie aule tematiche del piano terra e del primo piano. L’accoglienza agli ospiti è data da un simposio scenografico dove è possibile gustare degli assaggi dolci e bere un sorso di vino. Più passava il tempo e più i corridoi diventavano pieni di persone, ragazzi e adulti, facce conosciute e facce mai viste prima. Tra quelle conosciute c’erano gli ex alunni che rimangono legati alla loro scuola. È un’occasione non solo per rivivere quell’atmosfera, ma anche per rincontrare professori e compagni. Ciò che colpisce d’impatto è la cura della scenografia tematica. Cartelloni, ambientazioni, disegni: si realizza tutto con attenzione e impegno e il risultato finale riesce a stupire, sia lo spettatore esterno, sia gli alunni che già la conoscevano in fase progettuale e che l’hanno vissuta e realizzata passo dopo passo. Una serata ricca di cultura e di amore per la cultura, quella che ha animato le diverse rappresentazioni artistiche: danze, musiche, recitazioni. Camminando avanti e indietro capto le parole dei visitatori entusiasti ed è una piccola grande soddisfazione. C’è molto impegno e preparazione dietro ogni dettaglio ma non è mai un sacrificio. Il successo che riscuotiamo è frutto di collaborazione e fiducia tra alunni e docenti, con l’unico scopo di far riscoprire la grandezza dei classici. Eugenia Castorina

Nino De Maria

JESI Interdisciplinarietà con conferenze, concerti e rappresentazioni teatrali in latino, greco e pure inglese, usi e costumi

Anche il tema dello “straniero” in chiave classica Abbiamo ricevuto una interessante testimonianza sullo svolgimento della Notte del Liceo classico da Jesi (Ancona) grazie alla direttrice del locale giornale diocesano “Voce della Vallesina”, Beatrice Testadiferro, che ringraziamo unitamente all’autrice dell’articolo e a tutta la redazione del giornale confratello. Variegato e interdisciplinare il programma della notte del liceo classico organizzata dal “Vittorio Emanuele II” di Jesi lo scorso 11 gennaio. Un’iniziativa nazionale a cui la scuola jesina ha aderito quest’anno per la seconda volta, proponendo conferenze, concerti e rappresentazioni teatrali, non solo in greco e latino, ma anche in lingua inglese (a cura dei docenti Graciotti e Mosca). Tra i temi proposti quelli attuali della concezione di “straniero” e delle fake news, con interessanti parallelismi tra mondo antico e contemporaneità. Ad essere coinvolti sono stati in primis gli studenti e i docenti, ma anche ex alunni del liceo, come per il concerto del Maestro Saverio Santoni, organista e compositore di fama internazionale. Numerose le mostre: quelle d’arte a cura della professoressa Lucia Zannini e dell’associazione Speiro, le video art di Stefano Agostini e Stefano Grilli, i cortometraggi di Andrea Gianfranceschi e Andrea Basili dell’Accademia di Belle Arti di Macerata dal titolo Chronotrip e Incompiuto e l’esposizione di monete greco-romane realizzate con stampante 3D dalle classi della professoressa Maria Giuseppina Sbarbati. Il ritorno alla classicità passa anche attraverso usi e costumi. Spazio è stato dato infatti anche all’arte culinaria, con la proposta di una degustazione di pietanze e ricette tipiche greche e romane (tratte dal De re coquinaria di Apicio), a cura del professor Luca Giancarli e dei suoi studenti. Non sono mancate letture di testi greci, ma anche lecturae Dantis da parte degli studenti della professoressa Paola Giombini e una lezione multidisciplinare su costellazioni e

mitologia dei docenti Enrico Baldoni e Patricia Zampini. Queste le parole della docente Zampini: “Tantissimi sono gli spunti interdisciplinari, soprattutto nell’Ellenismo, quando nascono le scienze. Aristarco di Samo è stato il teorico del sistema eliocentrico, Eratostene era matematico, astronomo e poeta, una specie di Leonardo da Vinci greco. La separazione scienza-umanesimo è un idealismo del nostro tempo. Come docenti del liceo classico siamo custodi di una vera tradizione, perché si tratta dell’unica scuola dove la cultura antica viene insegnata a non specialisti. Ed è importante insegnare che esiste un’unità del sapere, per guardare alle singole cose non come isole, ma come risultato di un cammino dell’umanità nella storia”. E sul tema dello straniero: “Nell’antichità c’erano gli stessi due atteggiamenti di ospitalità e rifiuto. Lo xènos era lo straniero, ma anche l’ospite. Una persona potenzialmente sospetta, ma che, se disposta ad es-

sere supplice, può persino diventare un protetto da Zeus. C’è sempre ambivalenza: in latino l’hostis è l’ospite, ma più tardi diventa il nemico e con l’editto di Caracalla, nel 212, la cittadinanza viene estesa a tutti tranne ai barbari (cioè coloro che non parlavano il greco)”. Il teatro ha dato spazio al classico latino, con una riduzione della Casina di Plauto, a cura della professoressa Patrizia Taglianini. Il regista Gianfranco Frelli descrive così lo spettacolo: “È stato il risultato di 30 ore di laboratorio realizzato a scuola tra dicembre e gennaio: la scelta di Plauto è legata al suo scrivere per puro divertimento. Lo scopo, anche nostro, era ridere per far ridere. Volevamo fare qualcosa di disimpegnato, ma comunque impegnativo perché l’opera è datata”. Sono andati in scena anche I promessi sposi, attraverso la drammatizzazione di alcune pagine dei primi 8 capitoli. I protagonisti sono gli studenti della 1^ A. La loro docente, Margherita Bellocchi, ne parla così: “Farli appassionare al romanzo è stata la cosa più importante. In classe punto molto sulla lettura espressiva ad alta voce e i ragazzi sembrano averla assorbita, tanto che a fine novembre è stata lanciata l’idea di una rappresentazione. Hanno lavorato in totale autonomia, dall’elaborazione del copione alla divisione dei ruoli, fino a costumi e trucco. Per me è stato importante lasciar loro libertà d’espressione. Mi sono limitata magari ad aggiungere delle trovate sceniche, ma per il resto li ho guardati lavorare dall’esterno”. Sul riscontro didattico e di pubblico dice: “È stato ottimo. Tra il pubblico c’è stato anche chi m’ha detto ‘ho voglia di rileggerli’. I promessi sposi si prestano molto alla drammatizzazione perché sono pieni di dialoghi ed è stato bello farne venir fuori la vena comica, la visione ironica che nel testo c’è, ma spesso viene dimenticata”. Angela Anconetani Lioveri (“Voce della Vallesina” - Jesi)


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DIOCESI Quattro detenuti del carcere di Giarre hanno incontrato il vescovo Raspanti in curia e dialogato con lui

Percorso di reinserimento sociale In occasione delle feste natalizie, alcuni detenuti del carcere di Giarre, diretto dal dott. Aldo Tiralongo, in un percorso di reinserimento sociale e di integrazione con l’ambiente esterno, da un po’ di tempo avviato con l’équipe educativa e con tutte le figure professionali, ivi compreso il Cappellano e gli agenti di custodia, hanno ottenuto il permesso di porgere al nostro Vescovo gli auguri nel suo domicilio e visitare gli uffici della Curia e il Vescovado. I giovani selezionati sono stati quattro, ma la loro esperienza ha avuto una risonanza per tutti i reclusi del penitenziario. A nome di tutti, uno di loro ha scritto una lettera, che ha letto al Vescovo e ai presenti, per esprimere i sentimenti che attraversavano la loro mente e il loro cuore per quelle poche ore di libertà e d’incontro di cui potevano godere. Ne trascrivo alcune parti, pronunciate con tanta commozione e con altrettanta gratitudine: “Di solito i ringraziamenti si fanno sempre nel finale mentre io mi permetto di farli prima, all’inizio, e alla fine perché la gioia di oggi è tanta, la felicità che ho toccato la libertà mi riempie di gioia. Stirare la vista verso il cielo, guardare la natura, gli occhi si svegliano e si

caricano di luce […] La lontananza con la famiglia distrugge, ti fa soffrire tanto. Il carcere fa tanto male, ma nello stesso tempo fa anche del bene, anzi ti toglie dal male peggiore perché una stanza piccolina ti aiuta tanto a riflettere, a valorizzarti, come persona, a modificare caratterialmente, ma soprattutto ti aiuta a dare valore alla famiglia e alla libertà […] Ho bruciato tantissimi anni della mia gioventù, della mia vita ma alla fine questo treno di sofferenza mi ha aiutato tanto a maturare e cambiare direzione. La cosa bella di tutto questo

viene se il racconto è stato sicuramente anche triste, la cosa bella è che io sto potendo leggere e voi state potendo ascoltare [...] Siamo usciti dalla porta della sofferenza per entrare bussando nella porta della pace e questo forse per qualcuno non è niente ma per noi è tanto ed è proprio per questo che non finisco mai di ringraziarvi per la vostra attesa, per il vostro invito, per la grande accoglienza e preparazione con impegno da parte di tantissime persone […]anche se siamo detenuti possiamo dire di essere fieri di trovarci in questo istituto perché siamo nelle mani di persone tutti in generale che non guardano l’orario di turno, non guardano lo stipendio ma principalmente guardano il percorso di ciascuno di noi per il nostro bene per una vita regolare migliore”. A questa visita ha fatto seguito un invito a pranzo in carcere insieme a tutti i detenuti e il personale per la cui realizzazione ognuno ha svolto un compito: dall’addobbo e allestimento dell’unica sala alla preparazione del pranzo, al servizio ai tavoli, al clima di festa e di famiglia che si è creato, anche con l’accompagnamento di qualche strumento musicale. Anche in questa occasione non è mancato il discorso di accoglienza e di gratitudine.

LA VOCE DELL’JONIO Musica, poesia giornalismo e presentazione del libro di Maria Pia Risa

Confronto nell’istituto penale acese Si è parlato di musica, giornalismo, poesia, in particolare poesie – preghiere, e anche di calcio e di problemi giovanili nell’incontro svoltosi nei giorni scorsi nell’Istituto penitenziario per minori di Acireale, con la partecipazione di un gruppo di professionisti legati a “La Voce dell’Jonio”, testata cattolica acese. Con i giovani ospiti della struttura e i loro educatori, Girolamo Monaco, Rita Scandurra e Marinella Patanè e il cappellano don Francesco Mazzoli, hanno partecipato i giornalisti Giuseppe Vecchio, direttore de “La Voce dell’Jonio”, Mario Agostino, direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale della cultura, e Maria Pia Risa, che è anche pedagogista, e il medico-musicista Gesuele Sciacca. Il senso dell’incontro, con parole diverse, è stato spiegato da don Francesco, dal coordinatore del gruppo di educatori, Monaco, e dal direttore de “La Voce”: conoscenza reciproca, scambio di esperienze, confronto franco, collaborazione. Così è stato facile per la giornalista-pedagogista Risa parlare della sua raccolta di poesie-preghiere, edita da “Agorà”; per il direttore de “la Voce dell’Jonio” illustrare brevemente il ruolo della testata e offrire ai giovani detenuti la possibilità di collaborazione; per Mario Agostino parlare del valore dello sport e, in particolare, del calcio; per Gesuele Sciacca, conosciuto soprattutto perché mette in musica le poesie, spiegare questo suo particolare genio creativo e declamare suonando e cantando alcune opere in versi. I giovani ospiti hanno seguito con attenzione l’intervento della Risa, svolto in un ambiente nel quale non si distinguevano relatori e pubblico tanto che la presentazione del libro si è risolta

Maria Pia Risa lascia copia del suo libro nella biblioteca

in una tavola rotonda. L’autrice della raccolta ha parlato, innanzitutto, della poesia in generale, definendola “una forma d’espressione estemporanea, un dettame del cuore” per poi spiegare la singolarità delle poesie della raccolta, che hanno “una forma orante, e la particolarità del rivolgersi a un Tu, cioè una invocazione con versi che esprimono la gloria di Dio, passando attraverso gioie, dolori, desideri, patemi d’animo, analizzando poeti di epoche molto diverse tra loro, basti pensare che l’antologia percorre ben oltre otto secoli. Si può pregare anche facendo poesia – ha sottolineato la Risa -. La poesia è una innata esigenza spirituale, una formidabile modalità di preghiera”. La poesia, dunque, dà voce all’anima, così come la musica; a questo punto è entrato in campo il maestro Gesuele Sciacca, con la sua voce e la sua musica, che è riuscito a trasportare ancor più i ragazzi con la declamazione cantata di al-

cune poesie; ha anche fatto cantare-recitare un giovane rap presente, coautore di un interessante testo in sui si parla della vita in carcere, del pianto delle madri di ragazzi detenuti, rassicurate, infine, con un ripetuto “ce la faremo”; un altro ragazzo ha accompagnato con un tamburo africano il maestro Sciacca, dimostrando anche lui una particolare sensibilità per la musica. Il maestro Sciacca ha voluto dedicare un pensiero al suo papà, “che non abita più con noi” e che aveva prestato servizio proprio in questa struttura, quando ancora non ospitava giovani. Nel dibattito tra i presenti trattati anche i temi dell’immigrazione e della religione e del suo ruolo nella società. La presentazione della raccolta di poesie-preghiere è stata fortemente voluta dall’autrice come momento portante dell’incontro, in considerazione del fatto che “c’è bisogno di rincuorare gli animi”, come la stessa Risa ha scritto nella dedica del libro donato ai ragazzi e da lei depositato nella loro biblioteca: “Per chi è stato meno fortunato di noi, è necessario farsi portatrici di speranza, soprattutto dove questa vacilla, per rischiarare e scaldare il cuore e la mente nelle più tenebrose delle notti”. A quanto pare l’incontro è stato fruttifero considerando che sono in cantiere progetti che vedranno impegnati in prima persona i ragazzi, con la musica, sotto la guida di Gesuele Sciacca, collaborazioni giornalistiche con “La Voce dell’Jonio” e altro. L’incontro si è concluso con tanti sorrisi e strette di mano e anche con l’impegno di rivedersi. L. V.

“Ultimamente siamo stati invitati quattro detenuti nel monumento del Vescovo ad Acireale … dove siamo stati accolti con braccia aperte. Tutto quello che guardavano i nostri occhi raccontavano una storia: oggetti, quadri, foto di personaggi esclusivi, persone che hanno lasciato dei ricordi incancellabili. Siamo usciti quel giorno di questa visita dal Vescovo, siamo usciti dalla porta della sofferenza per bussare nella porta della Pace … è stata per noi un’enorme gioia, una grandissima soddisfazione che sicuramente poche persone si possono permettere l’ospitalità che abbiamo avuto noi. Ci hanno aperto tutte le stanze, ci hanno fatto sentire i proprietari di quella struttura, ci guardavano negli occhi l’uno con l’altro. La gioia è stata tanta. Siamo usciti da quella enorme casa del Signore con il sorriso che ci teneva in piena grinta. Ci siamo trovati davanti … una suora anziana …(che ho voluto abbracciare) che aveva una carica interiore pazzesca con tanto spirito di capacità e forza nei suoi impegni quotidiani […] Arrivando in cella si fa mentalmente il riassunto della giornata e quella nonnina mi ha fatto riflettere tanto. Spesso noi giovani ci abbattiamo molto facilmente, tipo che siamo stranieri di questa vita. Si fanno spesso discorsi di poco senso. Dobbiamo ricordarci che ognuno di noi siamo esclusivi per chi ci ama come i nostri cari e tanti che ci seguono. Ognuno di noi possiamo essere utili a migliorare la società se lo vogliamo [...] Si può sbagliare, e tanti anche nell’ambito famiglie per bene. Mai si giudica. La cosa bella e importante é capire i propri sbagli in confidenza senza vergogna. Oggi è una giornata molto speciale piena di significato. Siamo molto onorati di avere il Vescovo attorno a noi addirittura a tavola con noi, a pranzare come un parente, un amico di famiglia, sicuramente come io che leggo, come tutti i miei compagni siamo strafelici per l’organizzazione di oggi … Come si fa a non apprezzare tutto questo benissimamente poteva farci una piccola visita e andare mentre ha scelto di pranzare con noi per tenerci tutti vicino dedicandoci mezza giornata del suo tempo molto prezioso. […] Giorno 10 dicembre siamo stati noi a bussare da Voi nella porta della pace mentre oggi è venuto Lei a bussare nella porta della sofferenza per regalarci una giornata fantastica ed esclusiva … la nostra felicità interiore non è il mangiare è la sua presenza, è la bellissima immagine di stare tutti uniti assieme, socializzando per migliorare la società e rappresentare sempre la Parola di Dio cioè la Pace che in questo periodo il mondo ha tanto bisogno di questo”. Non c’è nulla da aggiungere a queste parole così eloquenti. Sono la conferma che ogni uomo sa dare il meglio di sé quando trova qualcuno che ne ha cura e con amore lo accompagna. Ognuno di noi che viviamo in libertà possiamo essere strumenti di rieducazione e favorire la socializzazione per chi ha trovato qualche inciampo lungo la sua strada . Teresa Scaravilli

TESTIMONIANZA Serrato e prezioso incontro degli studenti dell’ultimo anno del liceo classico acese con il parroco del rione Sanità di Napoli

Don Antonio Loffredo e i suoi giovani che credono nella bellezza Don Antonio Loffredo, parroco del rione Sanità di Napoli, insieme a due dei suoi ragazzi, si trova ad Acireale in occasione della festa di San Sebastiano. Ovunque vada porta con sé la propria testimonianza, quella della rinascita del rione Sanità. Si rivolge soprattutto ai giovani, pieni di speranze come quelli del suo rione, ed è per questo che come tappa ha scelto il Liceo Classico “Gulli e Pennisi”. L’incontro con gli alunni dell’ultimo anno di liceo si è svolto nell’aula magna dell’istituto dove il racconto di questa realtà ha preso inizio per bocca di Don Antonio stesso ed è stato proseguito anche dai due giovani. Il rione Sanità all’epoca greco-romana fu luogo di sepoltura; vi sorsero necropoli e poi catacombe. Nel 1656 fu lazzaretto durante l’epidemia di peste e in seguito nacque un cimitero. Eppure in questo luogo di morti la gente ha continuato a vivere. All’inizio dell’Ottocento viene eretto un ponte per collegare Napoli con la reggia di Capodimonte, che passa proprio sotto il rione Sanità. Fu così che pian piano il rione venne abbandonato a se stesso. Un vallo dimenticato dal resto della città. Si interruppero i rapporti esterni e gli scambi di merci e così il piccolo rione si chiuse sempre di più in se stesso. Così negli anni si è insediata anche la camorra. Il paesaggio culturale-artistico è andato sempre più sparendo e molti monumenti sono stati abbandonati, e tra questi diverse chiese, palazzi reali e le catacombe di San Gennaro e di San Gaudioso. Ma oggi la situazione è totalmente diversa, grazie al programma di restauro eseguito dalla stessa comunità del rione per mezzo di associazioni interne composte da giovani intraprendenti. Così, diverse chiese sono state adibite ad oratori, teatri, centri d’istruzione. E le catacombe sono state riportate alla luce e sono diventate il fattore determinante della rinascita e riapertura del rione che, così, si è scrostato la polvere di dosso e si è rialzato in piedi. Gli abitanti del posto hanno riscoperto la ricchezza di questa terra di morti e l’hanno voluta condividere con il mondo: le catacombe sono infatti il principale polo attrattivo le cui visite turistiche aumentano di anno in anno.

Il turismo ha portato maggiori controlli e quindi maggiore sicurezza contro l’esistenza della camorra e di conseguenza è migliorato anche l’ambiente sociale. La dispersione scolastica era molto elevata, ma anche in questo campo il rione ha saputo migliorarsi. Oggi i ragazzi frequentano le scuole, seguono corsi pomeridiani artistici, crescono sognando un futuro più luminoso per se stessi e per la loro terra. Tra i più grandi in pochi seguono la carriera universitaria, ma frequentano comunque corsi e scuole che danno loro un’adeguata preparazione. “Non aspettiamo che una mano ci arrivi dall’alto, il cambiamento deve e può avvenire dal basso”, dice Don Antonio. Sono persone che nel cambiamento ci credono, ma ci credono davvero, e invece di sprecare il tempo in vane parole, preferiscono i fatti. Durante il suo racconto Don Antonio non parla della camorra, perché il loro scopo non è quello. Non hanno ridato bellezza al proprio rione con lo scopo di combatterla, ma con lo scopo di garantire un presente sereno ai propri bambini, alle generazioni future. “Il male si presenta in diverse forme e noi possiamo allontanarlo con la bellezza” aggiunge. Non a caso il loro credo è che la bellezza salverà il mondo. Incredibile pensare che oggigiorno esista una realtà così bella, sembra quasi utopica per i ragazzi che sono soliti pensare al futuro individuale e non a quello collettivo. Tuttavia, alla fine della testimonianza, gli studenti ne sembrano profondamente colpiti e continuano ancora a porre domande. Con questa testimonianza c’è un altro importante messaggio che ci è stato trasmesso: che non servono rivolte, rivoluzioni, non serve la violenza, le minacce, le proteste; il segreto per attuare un cambiamento, o un miglioramento, è la forza di volontà, la collettività e l’amore per la propria città. La base è la speranza dei giovani, quella che riesce a vedere il mondo pieno di possibilità, è l’entusiasmo che dipinge con colori vivaci ciò che in altre mani andrebbe abbandonato, perduto come un prezioso gioiello. Eugenia Castorina


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AZIONE CATTOLICA Settore adulti e Acr domenica 17 febbraio nella parrocchia di Aci San Filippo

E siamo a 60! Una data iL‘Azione Cattolica della comunità parrocchiale di Aci San Filippo è felice di ospitare, domenica 17 febbraio prossima, la FESTA DIOCESANA DELLA PACE, che vede la collaborazione tra il settore ACR (Azione cattolica ragazzi) e il settore adulti. Il tema della festa di quest’anno è “La pace è servita”. L’appuntamento è per le ore 9 nella parrocchia S. Filippo d’Agira in Aci San Filippo. La festa inizierà con dei momenti di gioco e animazione iniziali, a cui seguiranno dei laboratori in cui i ragazzi e gli adulti, divisi per fasce di età, rifletteranno sull’importante tema della pace. Alle 12 sarà celebrata la Santa Messa dal Vicario Generale della diocesi, mons. Giovanni Mammino. “Quello di gennaio – afferma Clausio Sgroi, vice responsabile settore ACR - è un mese importante per l’Azione Cattolica Ragazzi perché è il “Mese dedicato alla Pace”. I bambini ed i ragazzi dell’ACR sono invitati durante il cammino annuale a riflettere, spesso anche attraverso attività pratiche, di cosa significhi Pace. L’ACR è una speciale esperienza di Chiesa che nasce, vive e cresce all’interno della comunità parrocchiale e che, attraverso originali iniziative di fraternità rispondenti all’età, dona a ogni ragazzo la possibilità di incontrare personalmente il Signore Gesù. Il percorso formativo, che vede i ragazzi protagonisti del loro cammino di crescita, è un itinerario di iniziazione alla vita cristiana che parte dalla realtà quotidiana dei ragazzi e cerca di leggerla e interpretarla alla luce della Parola di Dio”. La pace, frutto di responsabilità e di condivisione, aiuta

all’ascolto, al dialogo, al rispetto ed al dono di sé. L’azione Cattolica, attraverso il raduno diocesano, desidera “costruire” una cultura dell’incontro cioè aiuta ognuno di noi a farsi prossimo per crescere insieme nella fede, sostenere ed accogliere la novità dell’altro. “La festa viene organizzata - continua Claudio Sgroi - ogni anno in una parrocchia diversa per sottolineare il fatto che la pace non si sperimenta solo a ‘casa nostra’ ma si vive anche al di fuori, nella vita di tutti i giorni e può essere uno strumento per conoscere nuove realtà. Quest’anno l’Azione Cattolica diocesana sarà ospitata dalla parrocchia S. Filippo d’Agira in Aci San Filippo, che ringrazio per l’entusiasmo e la collaborazione che ha dato sin dall’inizio e che continua a dare in questi giorni di preparativi”. Non ci resta che “fissare” la data in rosso sul calendario perché si tratta di un evento in cui non si può mancare. La fraternità che si sperimenterà nel raduno diocesano sarà “ingrediente” primario dell’unica pietanza, la pace, da essere servita nei nostri cuori e nell’intera AC diocesana. “Sarà la presenza dei ragazzi - conclude Claudio Sgroi - a rendere speciale la festa! Invito e mando un forte abbraccio a tutti i bambini, i ragazzi e le famiglie della nostra diocesi che in questo momento si trovano in difficoltà a causa del sisma dello scorso 26 dicembre. Non perdete mai la speranza e ricercate sempre la pace, anche nei momenti più difficili”. don Arturo Grasso

OTIUM ET NEGOTIUM - 21 Ogni domenica si ricorda la Santa Pasqua

“Scandalo per i Giudei” ma non solo... Dalla festa dell’Epifania parte l’annuncio della Pasqua. Ma ogni domenica è Pasqua, per il buon cristiano: ce lo ricorda il nostro Nino Ortolani, offrendoci pure una “chicca” astronomica sull’arrivo dei Magi. “Fratelli carissimi, la gloria del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno”. Questo è “l’annuncio di Pasqua”, che è stato dato alla fine del vangelo della festa liturgica dell’Epifania. In questo giorno si inseriscono nel presepe i misteriosi “tri rignanti, cu na stidda ‘ncumpagnia” venuti dal lontano oriente a “vidiri lu Misìa”. Non si tratta di stella-cometa, come è rappresentata da Giotto, ma di un fenomeno non consueto come la congiunzione di diversi pianeti. In corrispondenza dell’eclisse di Luna, avvenuta nell’estate scorsa, si sono visti

schierati tutti i pianeti facilmente visibili a occhio nudo: da Marte, vicinissimo alla Luna, a Saturno e Giove alti nel cielo, fino a Venere vicino al tramonto. Qualcosa del genere, spiegano gli astronomi, si è verificata quando è nato “lu Misìa”. Gli astronomi sono spesso chiamati astrologi per la grande confusione tra scienza, fantascienza e superstizione astrologica; questo spiega perché si sente parlare di “maghi” per indicare i tre “Re Magi”.

Da venti secoli la Chiesa “annuncia” la morte del Signore e “proclama la sua risurrezione nell’attesa della sua venuta” (Canone della Messa). Quest’anno il “triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto, culminerà il 21 aprile”. Ma “in ogni domenica, Pasqua della settimana, la santa Chiesa rende presente questo grande evento” che, come dice San Paolo è “scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani” (1Cor. 1,22). Possiamo aggiungere che è “scandalo e stoltezza che tanti sedicenti cristiani non festeggiano questa ‘Pasqua della settimana’, non andando a messa la domenica”. È per questo che in molti paesi, tra cui il nostro, chiamiamo “domenica” – dal latino Domini dies – il settimo giorno della settimana, mentre gli anglofoni continuano a chiamarlo “giorno del Sole” (sunday).

DIOCESI

Ecco la “Festa diocesana della pace” Conferiti dal Vescovo ministeri ai candidati al diaconato permanente Sabato 26 gennaio 2019, nella Basilica Cattedrale di Acireale, durante la solenne celebrazione eucaristica delle 18,30, il nostro vescovo, mons. Antonino Raspanti, ha conferito i ministeri ad alcuni candidati al diaconato permanente. In particolare, sono stati istituiti lettori i candidati Giuseppe Cassisi, della parrocchia Gesù Lavoratore di Giarre, Santo Concetto Licciardello, della parrocchia Santa Maria dell’Itria di Nunziata, Giuseppe Pietro Paolo Pennisi della parrocchia Sant’Antonio Abate di Aci Sant’Antonio. Il vescovo ha altresì conferito il ministero dell’accolitato ai candidati Salvatore Russo, della parrocchia Sant’Antonio Abate di Aci Sant’Antonio, e a Salvatore Troianini della parrocchia SS. Alfio, Cirino e Filadelfio di Sant’Alfio. “Il lettorato e l’accolitato sono due tappe importanti verso il diaconato permanente. Questo significa valorizzare i diversi carismi e i doni dello Spirito Santo nel popolo di Dio” ha detto il Vescovo durante la sua omelia nel corso della celebrazione eucaristica. I candidati sono stati presentati da don Andrea Cutuli che cura la comunità degli aspiranti e candidati al diaconato permanente e ad oggi è costituita da undici persone provenienti da diverse parrocchie della diocesi. “Ciò che ho provato nel mio cuore è stato un senso di gioia e di gratitudine nei confronti del Signore che ha suscitato nei miei confratelli e in tutti noi che siamo in cammino la vocazione al diaconato permanente. E in maniera particolare per coloro i quali hanno ricevuto i ministeri, per avere accolto con grande generosità e disponibilità questa chiamata.”. Così commenta Paolo Scandura, parrocchiano della Cattedrale che fa parte del propedeutico come aspirante candidato al diaconato permanente. Una figura, quella del diacono permanente, che si vuole continuare a valorizzare nella nostra diocesi per il prezioso servizio che può dare alle nostre comunità parrocchiali e per la quale occorre un non breve periodo di formazione: “Il diaconato permanente costituisce un importante arricchimento per la missione della Chiesa. Poiché i munera che competono ai diaconi sono necessari alla vita della Chiesa, è conveniente e utile che, soprattutto nei territori di missione, gli uomini che nella Chiesa sono chiamati ad un ministero veramente diaconale, sia nella vita liturgica e pastorale, sia nelle opere sociali e caritative «siano fortificati per mezzo dell’imposizione delle mani, trasmessa dal tempo degli Apostoli, e siano più strettamente uniti all’altare, per poter esplicare più fruttuosamente il loro ministero con l’aiuto della grazia sacramentale del diaconato».” (Da “Norme fondamentali per la formazione dei diaconi permanenti – Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti”). Andrea Romeo

Nino Ortolani

SAN FRANCESCO DI SALES Incontro col direttore de “La Sicilia” Antonello Piraneo e il vescovo mons. Raspanti

”Dalla community alle comunità”, se dietro ci sono valori “Da community a comunità”. Questo il tema dell’interessante incontro-dibattito organizzato dall’Ufficio comunicazioni sociali della diocesi di Acireale e dall’Unione Cattolica stampa italiana (UCSI) lo scorso 24 gennaio, giornata in cui la Chiesa celebra la memoria di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. Il titolo prende spunto dal tema (“Siamo membra gli uni degli altri. Dalla community alle comunità”) scelto da Papa Francesco per la 53a Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, che sarà celebrata domenica 2 giugno, solennità dell’Ascensione. Nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù in Acireale, moderati dal consigliere nazionale dell’UCSI Gaetano Rizzo, dopo i saluti del direttore dell’Ufficio diocesano, don Arturo Grasso, e del presidente regionale dell’UCSI, Domenico Interdonato, hanno partecipato al dibattito, offrendo interessanti spunti di riflessione, il vescovo della diocesi di Acireale e vice presidente della C.E.I., mons. Antonino Raspanti, e il direttore del quotidiano “La Sicilia”, Antonello Piraneo. Piraneo ha voluto anzitutto evidenziare, da un lato, la vicinanza e l’attenzione che il giornale da lui diretto pone alla comunità col suo territorio e, dall’altro, al ruolo del giornalista che, oggi più che mai, è quello di in-formare l’opinione pubblica, di mediare tra la piazza virtuale e la notizia: “Dobbiamo saper veicolare una corretta informazione per offrire un prodotto finito di qualità rispetto al prodotto grezzo che si può trovare sul web; un ruolo importante e anche gratificante, soprattutto quando si diffondono le buone notizie. Questa è la grande sfida dei nostri tempi”. Sul ruolo delle nuove tecnologie ha poi aggiunto: “Il Papa in prima persona dimostra che delle tecnologie non bisogna avere paura, ma vanno capite e gestite, anche per dare una corretta informazione. Community deve essere l’evoluzione stessa di comunità perché il

web ormai affianca la carta stampata, a cui è destinato un ruolo di approfondimento della notizia, che subito viene lanciata sul web”. Mons. Raspanti ha sottolineato come la comunità deve riprendere consapevolezza del suo ruolo in questa società, che qualcuno ha definito “liquida” o addirittura “nebulosa”; liquidità di cui è un segno la perdita di credibilità delle istituzioni, che non godono oggi di stima e di fiducia perché non ritenute credibili a causa di certi comportamenti e azioni compiute delle persone che le rappresentano. Ma – ha aggiunto – la società non può fare a meno delle istituzioni, l’obiettivo è, dunque, quello di rigenerare le istituzioni stesse per superare questa “caoticità”. Tra comunità e community, in ultima analisi, c’è in ballo la questione dei valori: “se dietro ci sono dei valori condivisi, allora si costruisce la comunità”. Il mondo dell’informazione ha una grande responsabilità in tal senso. Serve, quindi, una vera alleanza costruttiva, basata su nuove parole, che siano pilastri di un progetto di rinascita, affinché le parole diventino fatti. Entrambi i relatori hanno concordato sul fatto che la parola-chiave è impegno; impegno nella costruzione della comunità/community anche attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie. Al termine si è registrato anche l’intervenuto del nostro direttore, Peppino Vecchio, il quale ha evidenziato che il ruolo del giornalista è anche quello di educare i lettori a capire dove cercare le notizie affidabili, la corretta informazione; dare la notizia, infatti, è una responsabilità grandissima, che parte sempre dalla verifica delle fonti. Guido Leonardi


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Chiesa e Società

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DIOCESI I lavori della Consulta riunita a Pozzillo su sinodalità, essere giovani e importanza del servizio vocazionale

TREMESTIERI ETNEO

Una pastorale per tutti i giovani

“La Consulta è un luogo di discernimento in cui alla luce dello Spirito Santo nell’ascolto del territorio e secondo le indicazioni di Vescovi, si ricercano sempre nuovi percorsi pastorali“ (dalle indicazioni della Pastorale Giovanile Nazionale). Nell’ultimo incontro di Consulta Diocesana di Pastorale Giovanile, tenutosi presso i locali parrocchiali di Pozzillo domenica 27 gennaio, abbiamo voluto dar voce a quanto suggerito dal servizio nazionale a partire dal Documento Finale del Sinodo. Ad ottobre i Padri Sinodali hanno concluso i lavori fornendoci una base dalla quale iniziare ad interrogarci per mettere in atto ciò che i giovani hanno espresso, e il frutto delle loro riflessioni, in attesa dell’esortazione post-sinodale. I lavori della Consulta, iniziati nel primo pomeriggio e conclusi nella serata, hanno avuto come punti cardine la sinodalità (paragrafi dal 119 al 127), l’essere giovani oggi (paragrafi dal 45 al 57) e l’importanza della Pastorale Vocazionale a servizio dei giovani (paragrafi dal 138 al 143), attenzionata

da don Santo Leonardi, Direttore del nuovo ufficio, che lui ama chiamare “servizio”, per la Pastorale Vocazionale Diocesana. La metodologia adottata è stata quella della divisione in gruppi dai quali, nella condivisione finale, sono emerse valide proposte che esprimono il desiderio di costruire un progetto comune, nella varietà dei carismi delle singole realtà giovanili presenti in Diocesi. Sono le occasioni di conoscenza e condivisione come questa che permettono all’equipe di Pastorale Giovanile di lavorare per realizzare una pastorale che sia a servizio di tutte le realtà giovanili presenti in Diocesi e che permetta loro di essere rappresentate con gli altri uffici diocesani. A conclusione della Consulta, don Giuseppe Pavone, direttore della Pastorale Giovanile, ha espresso l’invito per una fattiva collaborazione e un impegno costante per la conoscenza reciproca.

Il 2 e 3 febbraio raccolta di firme per la legge sul reddito di maternità

Ha preso il via il 28 novembre 2018, dopo la presentazione alla Corte suprema di Cassazione e la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 10 novembre, la proposta di legge sul reddito di maternità alle madri italiane che si occupano in via esclusiva dei figli, proposta che prevede la raccolta di almeno cinquantamila firme di cittadini perché possa essere presentata al Parlamento per la discussione e l’approvazione in legge. Il Popolo della Famiglia, come soggetto politico proponente, è fiducioso nell’adesione dei cittadini italiani al disegno di legge che mira a dare dignità e valore alle donne madri che scelgono liberamente di prendersi cura del nuovo nato in famiglia, rinunciando temporaneamente all’eventuale lavoro fuori di casa. Il reddito di maternità – così come presentato nella proposta di legge - prevede un’indennità di 1000 euro al mese, comunque facoltativa e garantita per 8 anni e sempre rinnovabile fino all’ultimo figlio (solo alla nascita del 4° figlio l’indennità si trasformerebbe in vitalizio, così come nel caso di nascita di un figlio disabile). Per il finanziamento del reddito di maternità la proposta di legge ha previsto la copertura dal fondo per la presidenza del Consiglio per le politiche familiari e le pari opportunità (il costo per il primo anno sarebbe di 1 miliardo di euro, negli anni successivi di 3 miliardi all’anno, pari a circa l’8% del costo previsto per la manovra finanziaria del 2019). La proposta di legge sul reddito di maternità, nelle intenzioni dei proponenti, non vuole essere la solita maniera “assistenzialistica” di affrontare talune forme di povertà e di disagio sociali, piuttosto una strategia concreta, forse l’unica o comunque la più importante, per incrementare innanzitutto le nuove nascite in Italia, che detiene tristemente il suo primato in denatalità. I nuovi nati sono visti come dono e come bene per tutta la comunità! Il reddito di maternità, tra l’altro, consentirebbe anche una riduzione delle interruzioni di gravidanza per i tanti motivi economici che scoraggiano donne e famiglie intere, così contribuendo alla ripresa e all’incremento delle nascite. Soprattutto, il reddito di maternità darebbe valore al lavoro della donna nella cura e nell’educazione dei figli in famiglia, pur lasciando la libertà di scelta alla donna se accettare il reddito o continuare il suo lavoro all’esterno. Ultima ma fondamentale tra le finalità della proposta di legge del Popolo della Famiglia è il riconoscimento del valore sociale della famiglia (come già recita l’art. 29 della Costituzione) dando ad essa un sostegno economico, specie alle coppie con un solo reddito o con un figlio disabile. Per completezza di info sulla proposta di legge è possibile fare riferimento alla e-mail popolodellafamigliasicilia@gmail. com o al sito http://popolodellafamiglia.net . L’appuntamento per la raccolta di firme (che prevede naturalmente l’esibizione di un documento valido di identità) da parte dei volontari è dunque fissato per Sabato 2 febbraio alle ore 18:00 e Domenica 3 febbraio nella Parrocchia Chiesa Madre Santa Maria della Pace di Tremestieri Etneo (in via Roma 11/A) (tutta la giornata, nell’orario delle SS. Messe: 8:30, 10:30 e 18:30). Vincenzo Caruso

Grazia Spinella

GIORNALISMO E SOCIETÀ Cerimonia ufficiale il 24 gennaio per il sacerdote che fondò il giornale diocesano aretuseo

Adesso a Siracusa c’è una strada che ricorda mons. Inserra Come da tradizione la sezione siracusana dell’Ucsi (Unione Cattolica Stampa Italiana) ha festeggiato lo scorso 24 gennaio San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti e scrittori, con una serie di iniziative in ambito provinciale. Nel capoluogo siracusano, in occasione della celebrazione liturgica del Santo, è stata inaugurata la via cittadina “Mons. Alfio Inserra”, che l’Amministrazione comunale di Siracusa ha dedicato al compianto storico fondatore e direttore responsabile del settimanale “Cammino”, mons. Alfio Inserra. La celebrazione di San Francesco di Sales è stata promossa e organizzata, oltre che dall’Ucsi di Siracusa, dall’Ufficio per le Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi di Siracusa, dall’Assostampa siracusana e dal nostro settimanale. Nella chiesa del SS.mo Salvatore di via Necropoli Grotticelle, una concelebrazione eucaristica è stata presieduta da mons. Sebastiano Amenta, vicario generale dell’Arcidiocesi siracusana. Successivamente, alle ore 10.30, si è svolta “alla grande” l’inaugurazione ufficiale della via cittadina dedicata a mons. Alfio Inserra, nei pressi dell’ospedale “Rizza” (accanto alla via Enrico Di Luciano), alla presenza del sindaco di Siracusa dott. Francesco Italia, di Santo Gallo, consigliere dell’Ordine regionale dei giornalisti di Sicilia, dei parenti del compianto mons. Inserra, delle autorità locali e di numerosi e commossi amici, venuti anche da lontano, estimatori del sacerdote che a Siracusa fu anche parroco della parrocchia Santa Rita per oltre cinquantuno anni. Hanno pure partecipato il sindaco di Francofonte (città natale di don Alfio Inserra) Daniele Lentini, l’ex sindaco di Montagnareale (città peloritana che ha dedicato a mons. Inserra la biblioteca comunale) Anna Sidoti, l’ex presidente nazionale della FISC don Giorgio Zucchelli, che ha guidato una delegazione del settimanale diocesano di Crema “Il Nuovo Torrazzo”, i sacerdoti Luigi Corciulo e Sebastiano Amenta (in rappresentanza dell’Arcivescovo, impegnato in un incontro diocesano del clero), il presidente regionale dell’UCSI di Sicilia Domenico Interdonato, il segretario dell’Assostampa siracusana Prospero Dente. Alfio Inserra, nato il 4 agosto 1927, consacrato sacerdote l’8 aprile 1951, a Roma nell’Università Gregoriana conseguì nel 1953 la laurea in Teologia. Dopo esperienze pastorali vissute in Inghilterra e poi nella Curia diocesana siracusana, nel dicembre del 1959 fu nominato primo parroco della parrocchia siracusana di Santa Rita, dove - per oltre cinquantuno anni - lavorò assiduamente, generosamente, coraggiosamente, realizzando importanti opere pastorali, sociali ed educative. Fondò nel 1983 il settimanale diocesano “Cammino”, da lui di-

RIPOSTO Cattedra di S. Pietro con un’antica novità

La prima statua del Patrono

retto per ben ventinove anni, con sacrifici ma anche con ottimi riconoscimenti giornalistici. Fu a lungo vice presidente e consigliere nazionale della Federazione Italiana Settimanali Cattolici e amministratore del quotidiano “Avvenire”. Per conto dell’Europa fu componente dell’Unione Cattolica della Stampa Internazionale. Ha sempre onorato questi impegni in maniera straordinaria. Prelato d’onore di Sua santità il Pontefice, è stato premuroso sacerdote vicino alla gente, accanto ai problemi veri del popolo, sino al suo decesso del 17 dicembre 2011. Migliaia di persone lo ricordano adesso con gratitudine per una esistenza spesa bene in un territorio difficile ma riconoscente. In particolare padre Alfio appartiene, a pieno titolo, alla storia del nostro territorio siracusano. Appartiene alla gente che crede nel servizio all’Uomo. Molti di noi hanno conosciuto “un uomo senza età”, sempre ringiovanito e rinvigorito dalle esperienze e dalla visione alta degli ideali in cui ha creduto. Le sue scelte continuano a smuovere acque stagnanti, per vivere da veri protagonisti, per scuotere le mediocrità diffuse che spesso s’incontrano nei percorsi umani. Gianni Failla

In occasione dei 200 anni di apertura al culto della Basilica San Pietro di Riposto, avvenuta il 24 dicembre 1818, e dei 150 anni dell’erezione a Parrocchia, che cadrà il prossimo 21 giugno, la chiesa Madre di Riposto si appresta a solennizzare l’annuale festa della Cattedra di San Pietro, la cui ricorrenza si celebra il 22 febbraio. Quest’anno la festa assume un carattere straordinario perché in Basilica sarà esposta, a partire dalla domenica 17 febbraio, alla venerazione di fedeli la prima statua settecentesca del Patrono San Pietro che è custodita nella chiesa della Madonna della Sacra Lettera. Questa è la statua con la quale i nostri avi festeggiavano il Patrono di Riposto sino al 1884, anno in cui fu realizzata la statua attuale. La comunità si preparerà a questo momento di festa con un triduo di preparazione nei giorni: 19-20-21 febbraio. Il 22, giorno della festa, alle ore 18 ci sarà la solenne Concelebrazione Eucaristica presieduta da mons. Giovanni Mammino, vicario generale della Diocesi di Acireale. Al termine della Santa Messa, processionalmente l’antica statua di San Pietro sarà riportata nella

chiesa della Madonna della Sacra Lettera. In occasione del bicentenario dell’apertura al culto della Basilica di Riposto, il Santo Padre ha indetto un Giubileo parrocchiale straordinario che è iniziato lo scorso 2 dicembre 2018 e si concluderà il prossimo 6 luglio 2019. Ai fedeli e ai pellegrini che visiteranno la chiesa è concessa l’indulgenza plenaria, alle solite condizioni (Confessione sacramental , Comunione Eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice). Nino Di Mauro


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Speciale Terremoto

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A CAVALLO DI NATALE Quattro scosse, la più forte la notte tra il 25 e 26 di magnitudo 4,8 gradi, ingenti danni

Chiese chiuse, fedeli disorientati L’Etna quest’anno ci fa fatto il regalo di Natale. Ha cominciasegni del terremoto di S. Lucia del 1990 (che colpì la zona Foto di: Fabio Consoli e Franco Barbagallo to proprio la vigilia, il 24 dicembre, aprendo una bocca nuova del siracusano) e di quelli del 1984 e del 2002 che colpirono alla base del cratere di sud-est, uno squarcio simile ad un’ampia più o meno le stesse zone di adesso (Zafferana, Santa Venebocca sorridente da cui ha cominciato ad eruttare lava, cenere rina, Guardia). Anche i vescovi di Catania mons. Salvatore e lapilli. La lava per fortuna si è incanalata nella Valle del Bove, Gristina e di Acireale mons. Antonino Raspanti (giacché la ma la cenere ha formato un’ampia nube che ha ricoperto i cenzona terremotata è a cavallo fra le due diocesi) si sono subitri abitati lungo le pendici della montagna, raggiungendo pure to mossi e sono stati in prima linea a portare aiuto e conforil mare. La spinta sotterranea del magma e l’energia geotermito nelle zone colpite dal sisma, e questo fin dalle prime ore ca accumulata hanno poi dato luogo ad uno sciame sismico di del giorno di S. Stefano. Entrambi poi, il primo in qualità di migliaia di scosse, di cui quattro, in particolare, di magnitudo presidente della Conferenza episcopale siciliana ed il seconsuperiore ai quattro gradi della scala Richter: tra queste la più do in qualità di vice presidente della Conferenza episcopale forte, nella notte tra Natale e Santo Stefano, alle 3,19 del 26 diitaliana (Cei) hanno interessato le due assisi episcopali per cembre, di 4.8 gradi, avvertita in tutto il versante sudorientale avere degli aiuti concreti, soprattutto a favore delle comunidell’Etna. Molta gente si è riversata nelle strade e si è rifugiata tà rimaste prive di luoghi di culto agibili. È il caso, anzitutnelle auto o dove ha potuto, ma alle prime luci dell’alba ci si è to, di Pennisi, dove la chiesa parrocchiale rischia di essere resi conto che i centri più colpiti erano quelli di Fleri (nel coabbattuta. Ma è anche il caso di Fiandaca con la chiesetta mune di Zafferana) e di Pennisi, frazione di Acireale. Non ci inagibile. E di Santa Venerina, dove tutte le chiese, tranne sono state vittime, per fortuna, ma i danni materiali sono inquelle di Linera e Monacella, sono inagibili, e l’unico pogenti: case distrutte, strade e terreni di campagna attraversati sto, in centro, dove allo stato attuale è possibile riunirsi per da profonde linee di frattura, edifici inagibili, e tra questi alcucelebrare la messa, è l’oratorio della chiesa di Bongiardo; si ne scuole e numerose chiese. La macchina della protezione civile si è subito attivata per constatare i tratta oltretutto di un locale provvisorio utilizzato nell’attesa del completamento dei restauri danni e dare i primi soccorsi alle popolazioni colpite. della chiesa parrocchiale danneggiata dai terremoti del 1984 e del 2002. E pure ad Acicatena, Tutto questo ormai è cronaca a tutti nota, e mentre la fuoriuscita di lava è rallentata e lo alcune chiese hanno subito danni consistenti e la chiesa di Santa Lucia ha subito danni alla torsciame sismico sembra essersi attenuato, resta un territorio fortemente danneggiato, con gravi retta del campanile, dove è stata rimossa la croce in ferro pericolante per mettere in sicurezza disagi a causa delle scuole inagibili, delle strade chiuse e transennate, per il pericolo di crolli la torre campanaria. Il vescovo Raspanti, che fin da subito – come dicevamo – si è attivato negli edifici danneggiati e con tante persone rimaste senza un tetto e temporaneamente al- per essere vicino alle popolazioni colpite e ha celebrato delle messe all’aperto (come Fiandaca) loggiate presso parenti e amici, o in alcuni alberghi della zona. Sono arrivati pure i due vice o dove era possibile (l’oratorio di Bongiardo a Santa Venerina), ha nel contempo denunciato presidenti del Consiglio Salvini e Di Maio, il presidente della Regione Musumeci e varie autori- pubblicamente le lungaggini burocratiche per gli interventi di ricostruzione. tà. I comuni interessati hanno Non sono mancati, naturalattivato le loro unità di crisi e mente, gli atti di generosità presso l’area COM di Acirea- provenienti da tanti fronti, a le è stato istituito il centro di cominciare dal comitato per coordinamento di Protezione i festeggiamenti della festa di Civile e Vigili del Fuoco. Ma San Sebastiano, che ha destiadesso, a un mese circa di nato alla comunità di Pennisi distanza, è il tempo di supe- i soldi dei fuochi d’artificio; in rare la fase di emergenza e di ciò seguito dal comitato per i pensare al futuro, passando festeggiamenti di San Mauro, subito alla fase della ricostru- ad Acicastello, che ha adottazione per evitare che succeda to la stessa risoluzione. E poi ancora una volta quello che parrocchie, comunità, assopurtroppo è successo abitual- ciazioni di volontariato, tanmente in tante altre occasioni tissimi privati si sono sentiti simili, sia in Sicilia che in al- in dovere di pensare ai fratelli tre parti d’Italia. In Sicilia ab- colpiti dal sisma. biamo ancora sotto gli occhi i Nino De Maria

IL BILANCIO UN MESE DOPO Il vicario generale don Giovanni Mammino fa il punto della situazione

“Diversi piccoli centri rischiano la morte” 46 chiese danneggiate, di cui 34 parrocchiali, e di queste 22 del tutto inagibili. È questo in breve il punto della situazione, a distanza di poco più d’un mese dal terremoto di S. Stefano, nel territorio della diocesi di Acireale. Ne abbiamo parlato con il vicario generale don Giovanni Mammino, da poco incontratosi col vescovo mons. Antonino Raspanti con cui ha esaminato i risultati degli ultimi sopralluoghi ed interventi. L’elenco delle chiese parrocchiali inagibili è lungo: si va da Aci Bonaccorsi (S. Maria dell’Indirizzo) ad Aci Catena (Matrice, S. Lucia e Consolazione), da Aciplatani a Piano d’Api, da Lavinaio a S. Maria La Stella. Ma le situazioni più gravi sono sicuramente quelle di Pennisi, Fiandaca e Santa Venerina: nei primi due centri le chiese parrocchiali sono inagibili e pericolanti, in particolare quella di S. Maria del Carmelo a Pennisi, con il campanile che crollando ha squarciato il tetto della chiesa, con la canonica distrutta, il salone parrocchiale adiacente abbattuto dai Vigili del Fuoco perché pericolante, e la statua di S. Emidio – patrono del paese e protettore dai terremoti –, antistante la chiesa, caduta dal suo basamento la notte del sisma perdendo la testa; a Santa Venerina invece le chiese parrocchiali, sia del centro (S. Venera, Sacro Cuore e S. Maria del Carmelo a Bongiardo, quest’ultima appartenente alla diocesi di Catania), sia delle frazioni (Cosentini, Dagala, Maria Vergine), sono tutte inagibili tranne che a Linera e Monacella; l’unico locale disponibile per accogliere le comunità dei fedeli e celebrare la messa è un prefabbricato provvisorio a Bongiardo, dove domenica scorsa – pur in condizioni di estrema precarietà – è stata anche celebrata la festa del compatrono S. Sebastiano. Nell’ufficio del vicario era pure presente don Carmelo Sciuto, responsabile dell’Ufficio Beni culturali della diocesi, da poco rientrato da Roma dove ha partecipato, presso la Cei (Conferenza Episcopale Italiana), insieme con il suo omologo della diocesi di Catania, ad un incontro del Comitato nazionale appositamente istituito per esaminare la situazione del sisma che ha riguardato le diocesi di Acireale e Catania. In quella sede, dice don Carmelo, è stato constatato che la diocesi di Catania ha subito danni in sei parrocchie (in particolare a Fleri e Pisano), per un totale di sei milioni di euro, mentre nella diocesi di Acireale i danni sono stati stimati in 21 milioni di euro. Il comitato della Cei è di tipo misto, a cavallo tra l’economato ed i beni culturali, ma la situazione è al momento attuale molto ingarbugliata e la fase della ricostruzione è tuttora nebulosa, perché la situazione non si è ancora fermata e bisogna quindi aspettare che si stabilizzi: il nostro non è un terremoto di tipo tettonico ma vulcanico, e le faglie sono ancora in movimento; si parla infatti di “sisma silente”, come ad Aciplatani dove le linee di frattura (per le strade, nei muri, negli edifici) non si sono evidenziate subito dopo la notte di S. Stefano ma qualche giorno dopo e continuano ancora ad allargarsi, e come nella zona di Pennisi e Fiandaca (lungo la linea, per l’appunto, della “faglia di Fiandaca”), dove ampie e profonde fenditure nel terreno continuano costantemente ad allar-

garsi. I danni nelle varie chiese colpite dal sisma non sono ovviamente uniformi, ma in qualche caso converrebbe eliminare i campanili, perché in alcune situazioni – per vari motivi – hanno creato danni alle chiese, come ad esempio a Monterosso, a Pennisi e ad Aciplatani. Quali sono dunque, allo stato attuale, le prospettive e le situazioni risolvibili in tempi brevi, soprattutto dal punto di vista pastorale? Riprendiamo il discorso con don Giovanni Mammino, il quale ci prospetta un quadro particolareggiato: 1. Pennisi: ripristinare il prima possibile il saloncino dell’oratorio parrocchiale di via Torretta, da utilizzare per le celebrazioni e le altre attività parrocchiali; nel frattempo sarà ingabbiato il campanile e si cercherà di recuperare le suppellettili rimaste all’interno della chiesa; 2. Fiandaca: dare una prima sistemata alla chiesa per renderla fruibile; 3. Cosentini: sbloccare la situazione magari facendo un prefabbricato in un vicino terreno della parrocchia; 4. Santa Venerina: se si rimettono in sicurezza la facciata e gli stucchi all’interno del Sacro Cuore, si può rientrare in chiesa; si potrebbe così creare un centro comunale di aggregazione; 5. Acicatena: le chiese più o meno ci sono (tranne la Consolazione); per S. Lucia c’è il problema del campanile pericolante, ma è stato messo in sicurezza e ci sono a disposizione altre chiese filiali. Il problema grosso è dove non ci sono più chiese agibili e non ci sono altri locali disponibili, come a Santa Maria La Stella, un centro di seimila abitanti che non ha più una chiesa (c’è solo un saloncino). Quali rischi si corrono, in queste condizioni? “I rischi – ci dice ancora don Giovanni – sono legati al fatto che le persone in queste condizioni tendono ad andarsene dai centri terremotati, anche per via dei problemi della viabilità e delle scuole chiuse. E poi le parrocchie stanno perdendo i fedeli (anche dove le chiese sono ancora agibili), sia per la messa domenicale, sia per i sacramenti (battesimi, funerali, ma anche matrimoni). Adesso che si avvicina il periodo delle prime comunioni e cresime, si cercherà di ovviare alla situazione con delle cerimonie in piazza, a livello cittadino o interparrocchiale. In poche parole, si rischia la morte – civile, religiosa, pastorale – dei piccoli centri, perché nei piccoli centri la chiesa è tutto, è l’unico centro di aggregazione.” Egli lancia poi un appello per le famiglie che stanno chiedendo l’accesso al contributo per l’autonoma sistemazione: “I proprietari di case le mettano a disposizione a prezzi accessibili, senza maggiorazioni e senza approfittare della situazione.” Infine don Giovanni ci anticipa che domenica 3 febbraio verrà celebrata in tutta la diocesi una giornata di preghiera e di solidarietà per le comunità terremotate. Nino De Maria


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