LA Jonio VOCE Anno LXI- N. 1
Domenica, 28 gennaio 2018
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99 anni fa l’Appello
Popolarismo sturziano un esercizio di dignità Il 18 gennaio 1919 veniva redatto a Caltagirone il celebre Appello ai liberi e forti, che ha restituito dignità e vigore all’impegno politico dei cattolici italiani, fino ad allora esclusi dalla vita del Paese a motivo del non expedit di Papa Pio IX. L’Appello, che rappresentava il manifesto fondativo del popolarismo e del Partito Popolare Italiano di don Luigi Sturzo, si connota per elementi di impressionante attualità ancora oggi, a 99 anni dalla sua stesura. Quello di Sturzo, prete e politico, sottile pensatore e teorico di un liberalismo che sapeva coniugarsi con la dignità della persona e le ragioni sociali alternative al materialismo, era un partito innovativo e innovatore in quanto prendeva anzitutto le mosse da un programma concreto articolato per punti e svincolato da qualsiasi narrazione ideologica affascinante, ma sprovvista di umanità. Il prete calatino aveva teorizzato un partito di ispirazione cristiana, sebbene tuttavia laico, indipendente dalle gerarchie ecclesiastiche e altro dalla Chiesa, politico – di parte, appunto –, radicato nella società e nella storia italiane, però con un afflato fin da subito internazionalistico. Sturzo e i suoi amici si preoccupavano di un mondo diviso dalla guerra, di ricercare un equilibrio stabile tra gli interessi nazionali e la pace, che passasse dal rifiuto dell’imperialismo, dal disarmo universale, dalla trasparenza dei trattati, dal riconoscimento della dignità e dei diritti dei lavoratori, dalla legislazione sociale e dalla tutela delle libertà, a cominciare da quella di culto. L’Appello ai liberi e forti rivendica il primato della persona su qualsiasi altra sovrastruttura, a essa naturalmente sussidiaria, il rispetto delle autonomie locali, della famiglia e dell’iniziativa privata, una democrazia parlamentare proporzionale, il voto alle donne, il Senato elettivo, la semplificazione normativa e della burocrazia. La libertà di Sturzo non è libertinaggio, né entropia, né mano invisibile dell’economia; è ordinata, propedeutica a un’organizzazione sociale inclusiva, nell’ambito della quale affermare diritto del lavoro e protezione sociale non è lotta di classe, ma esercizio di dignità, umanità, progresso per tutti, tanto quanto riconoscere il ruolo dell’iniziativa individuale affrancata dai lacci di legislazione e amministrazione asfittiche. In questo punto di equilibrio tra diritti e doveri, libertà e responsabilità, laicità dello Stato e dimensione spirituale trova fondamento il popolarismo sturziano. Il Partito Popolare Italiano era infatti un partito programma, non il depositario di una qualche verità filosofica, ideologica o religiosa e perciò, nel senso più proprio e profondo del termine, è stato un partito laico. Vale la pena di ricordarlo, in quei principi e persino in buona parte di quel programma possiamo ancora trovare ispirazione. Elia Torrisi
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Periodico cattolico fondato da Orazio Vecchio
S. GIOVANNI LA PUNTA
“Una mattonella per il Beato” Lanciata una raccolta fondi per la casa di padre Allegra che sarà trasformata in chiesa Salvo Cifalinò
ACIREALE
ACIREALE
Il presidente della Fondazione e l’assessore al Turismo commentano il cartellone del Carrnevale 2018
Studenti dell’”Artistico” dipingono la Basilica di San Sebastiano per una estemporanea
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Anna Bella
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Fabriella Puleo
Solidarietà - 1 Raccolto l’appello per la ricostruzione di una chiesa in CentroAfrica
In aiuto di padre Giovanni Cosentino Saro Musmeci ricorda il missionario che fondò Gioventù Studentesca
Tutto parte da un cerchio di solidarietà, di unità d’intenti, di sintonia d’azione, al fine di dare aiuto a chi ne necessita. Padre Giovanni Cosentino, originario di Santa Lucia, nel Comune di Acicatena, missionario comboniano a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana devastata dalla guerra civile, diversi mesi addietro fa una telefonata. In quella breve occasione di poterla fare, perché non è sempre facile mettersi in contatto con il resto del mondo, è sicuro di trovare all’altro capo del telefono comprensione ed immediata corrispondenza. Rita Messina (continua pag. 2) Nino De Maria a pagina 3
SOLIDARIETÀ - 2 La raccolta fondi per finanziare la ristrutturazione dell’ex Istituto Magistrale
Dalla “Partita del cuore” ci si aspettava di più Una festa condita da dodici gol. Così la partita della solidarietà giocata allo stadio “Massimino” di Catania per reperire fondi da destinare alla ristrutturazione dell’immobile un tempo sede dell’istituto magistrale “Regina Elena” di Acireale, di recente assegnato dal Seminario vescovile – che ne è il proprietario – alla “Società San Vincenzo de’ Paoli”, da sempre in prima fila sul fronte del sostegno di quanti si tro-
CHIESA E SOCIETÀ
MASCI
Partecipazione politica Appello dei vescovi siciliani Verso il rilancio del “Policoro” per progetti di lavoro giovanile Pippo Sorrentino
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vano in difficoltà. La gara ha avuto come protagoniste la squadra ItalianAttori e una rappresentativa di ex calciatori del Catania, alla fine sei volte a segno ciascuna. Ma il risultato che contava non era di certo quello espresso dal campo, ma il “quantum” raccolto che, per la verità, è rimasto distante dai livelli sperati. Gaetano Rizzo (continua a pag. 2)
DIOCESI
Celebrati i 30 anni della sezione acese Società più giusta con lo stile scout Pippo Sorrentino
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Andrea Orazio e Alfio diaconi don Alfio Privitera
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SANTA VENERINA Il complicato caso della struttura di solidarierà che avrebbe dovuto essere realizzata dalla Caritas italiana dopo il terremoto del 2002
Quell’”Opera - Segno” che forse non nascerà mai Dal 2002, subito dopo l’ultimo terremoto, a oggi tiene banco a Santa Venerina la questione “Opera-Segno”, una struttura di solidarietà che avrebbe dovuto sorgere per iniziativa della Caritas. In realtà la sua genesi trova appiglio proprio nella Caritas italiana, il suo corso ha interpellato sia il contesto ecclesiale e quello civile e ha coinvolto diversi addetti ai lavori. Accanto alle scelte della Curia ci sono quelle dei consigli comunali che si sono susseguiti e delle parrocchie di Santa Venerina. Diamo qualche accenno. Individuato il terreno la Caritas italiana e quella di Acireale sconsigliarono il suo acquisto soprattutto per la sua distanza rispetto al centro urbano. Le parrocchie non diedero ascolto ai tecnici e concordarono per quel terreno. Appena il
tempo di costruirvi delle mura perimetrali e i lavori si bloccarono per problemi di natura tecnica interni alla Curia. Cambiano i vescovi (da mons. Pio Vigo a mons. Raspanti), i parroci, i consigli comunali e si passa a una fase nuova. Il terreno e un altro bene vengono messi in vendita e il Comune è uno dei possibili acquirenti. A questa operazione si contrappongo le perplessità di chi sostiene, con numeri alla mano, che il Comune non è ancoro uscito dal dissesto. Questo è quanto emerso. Oggi siamo in grado di raccontare le pagine più salienti di questa storia. Il nostro giornale, oltre a ricostruirla, vuole restituirle un briciolo di dignità portando a galla le diverse versioni dei fatti. Abbiamo raccolto e riportato la voce
della Caritas diocesana, quella della politica comunale di Santa Venerina e abbiamo cercato di spiegare quando nascono e a cosa servono le “Opere-Segno”. Non occorre focalizzarsi troppo su queste due paroline. Però dietro ad esse scopriremo quel movimento centro-periferia che interpella le comunità sia ecclesiali che civili a prendersi carico concretamente delle situazioni di bisogno. In fine dei conti, quella che vi raccontiamo è una’ “irrealizzata”: un progetto sorto nel momento giusto ma forse nel posto sbagliato. Oggi, inoltre, il terreno che doveva servire per realizzarvi un centro di incontro e aggregazione, subito dopo il sisma 2002 diventa un possibile campo di scontro alle porte delle elezioni amministrative del paese che si terranno nel
giugno prossimo. Attualmente il terreno è in vendita e con i proventi le parrocchie vogliono acquistare l’ex collegio delle Canossiane posto al centro del paese e farvi un presidio per le attività pastorali e caritatevoli. C’è ancora tempo per lasciare un segno. Questa volta positivo. Domenico Strano (Speciale a pag. 8)
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In Seconda
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SAN GIOVANNI LA PUNTA La casa natale di padre Allegra diventerà chiesa
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ACI S. ANTONIO Incontro dialogato
Una mattonella per il Beato La poesia di Cucchi La vecchia casa al civico 16 di via Soldato Salvatore Torrisi a San Giovanni la Punta, in cui il 26 dicembre del 1907 nacque Gabriele Maria Allegra, è in fase di ristrutturazione e diventerà luogo di culto. La casa natale del beato, grazie soprattutto alle donazioni dei fedeli cristiani cinesi, in data 10 maggio 2017 (rogito notarile redatto dal notaio Antonio D’Amico in Acireale, numero di repertorio 184154), viene acquistata dalla Provincia dei frati Minori di Sicilia. Questi, con scrittura privata di comodato d’uso gratuito, nel mese di luglio del 2017, hanno affidato l’immobile ad “uso esclusivamente religioso e di culto, aperto a tutti i pellegrini” alla Associazione Gabriele fra le genti onlus , della quale fanno parte alcuni familiari del beato. “Le scelte progettuali di restauro scrive tra l’altro l’ing. progettista Fabio Domenico Lombardo - sono partite dalla memoria del luogo. La casa natale del beato Gabriele Allegra è uno spazio dove sono chiaramente percepibili l’intimità ed il calore delle vicende umane e familiari che l’hanno abitato e vissuto. L’idea del restauro è partita proprio da queste tracce e dal presupposto di conservare e ripristinare la consisten-
za originaria dello spazio, restituendolo libero dai segni dell’incuria e pronto ad una nuova prospettiva di crescita.” “Per sostenere i costi del restauro - fa sapere ‘l’associazione Gabriele fra le genti onuls’ - è stata avviata una raccolta fondi dal titolo una mattonel-
la per il beato. E’ una iniziativa che ci vede costruttori di pace; la casa natale del beato diverrà Casa di accoglienza e spiritualità. Il nome e cognome di chi avrà contribuito con un piccolo aiuto economico sarà inciso su una mattonella che farà parte della fabbricato; sarà pietra visibile e fondante dell’inizio di una grande opera di bene e allo stesso tempo per noi segno di gratitudine per la generosità ricevuta.” L’importo da versare per la tua mattonella è di euro 50 (cinquanta) ma, volendo, si possono versare anche somme maggiori. Il bonifico bancario va fatto sul conto intestato “Gabriele fra le genti onlus” - banca popolare di Milano - iban: IT 83 E 05034 84200 000000001050 - cod. SWIFT: BAPPIT21C93 . Causale: Una mattonella per il beato. Alla posta: sul conto corrente postale intestato a “Gabriele fra le genti onlus” iban: IT 78 Z 07601 16900 0010257 62723 – Cod. SWIFT: BPPIITRRXXX. Causale: Una mattonella per il beato. Oppure, con bollettino postale, indicando il numero di conto 1025762723. Causale: Una mattonella per il beato. E-mail: gabrielefralagenti@gmail.com Salvatore Cifalinò
Breve biografia di Padre Allegra: “Sugnu sicilianu, italianu e cinisi” Brevemente, ricordiamo la figura di frà Gabriele Allegra. Sebbene fosse nato il 26 dicembre del 1907, all’ anagrafe venne registrato il 2 gennaio del 1908. I suoi genitori erano poveri, ma profondamente religiosi. Il padre faceva il contadino, la madre era casalinga. Gabriele, al termine delle scuole elementari, entrò nel collegio serafico di San Biagio di Acireale. Poi svolse Il noviziato nel convento San Vito in Bronte, dove intensificò la devozione, la meditazione e l’amore per San Francesco. Emise i voti semplici nell’ottobre del 1924, anno in cui ritorna ad Acireale per compiervi gli studi umanistici e filosofici. A Roma, nel Collegio Internazionale di Sant’Antonio, continua la sua formazione nello stile di vita francescano. Nel 1930 viene ordinato sacerdote e nel 1931 padre Gabriele si imbarca alla volta della Cina, destinazione il seminario Minore di Hengyang , in cui consolida il sogno di tradurre la Bibbia in lingua cinese. Padre spirituale dei piccoli seminaristi, viene poi nominato Rettore del seminario. Vivere nello stile di vita del popolo cinese, gli permette di approfondire la cultura e la storia di quella gente e di comprendere più velocemente la lingua cinese. Nell’aprile del 1935 completa la traduzione della Sacra
Scrittura in lingua cinese e successivamente fonda uno Studio Biblico francescano a Pechino, inaugurato nel 1945. Nel 1948 trasferisce lo Studio Biblico a Hong Kong. Nel 1955 viene insignito della laurea Honoris Causa in Sacra Teologia, quale riconoscimento alla sua biblica cultura e all’immenso lavoro di traduzione . Sono stati tanti i viaggi che padre Allegra compiva in particolare tra la Cina, l’Italia, e la Sicilia. Quando gli chiedevano se si sentisse più italiano o cinese egli, sorridente, rispondeva nel suo dialetto: “sugnu sicilianu, italianu e cinisi.” Negli ultimi mesi di vita, malgrado la sua salute fosse messa a dura prova, amava ritornare tra i lebbrosi e i bambini poliomielitici. Giovanni Paolo II lo indicò come “uomo del dialogo tra Cristo e la Cina”. Muore ad Hong Kongi il 26 gennaio del 1976 e nel 1986 il suo corpo viene trasferito in una cappella della chiesa di San Biagio di Acireale. Il 29 settembre del 2012, ad Acireale, avviene la sua proclamazione a Beato. Sal. Cif.
Venerdì 19 gennaio la Biblioteca Comunale di Aci Sant’Antonio ha ospitato una delle voci più originali e più note della poesia contemporanea: Maurizio Cucchi, autore di varie raccolte di poesie, nonché critico letterario e curatore di opere fondamentali della letteratura italiana ma anche straniera (Edgar Allan Poe o Federico García Lorca, tra gli altri). L’incontro, a cui ha preso parte un vasto e interessato pubblico, ha visto l’intervento iniziale di Antonio Di Mauro, poeta e critico letterario, profondo conoscitore e fine studioso della poetica di Cucchi, che ha tracciato un profilo chiaro ed esaustivo del poeta milanese al quale lo lega, peraltro, una lunga amicizia. A seguire, la giornalista Grazia Calanna, soffermandosi su alcuni versi del poeta, ha posto all’autore interessanti domande sulla propria concezione di poesia. La poesia di Cucchi è la poesia dell’uomo che riesce a stupirsi delle cose che vede anche nelle realtà materiali e concrete di ogni giorno; particolare rilevanza nella poetica di Cucchi ha la dimensione della memoria e del ricordo, che sembra essere un filo rosso presente in tutta la produzione dello scrittore. L’incontro con il poeta, durato circa due
ore grazie agli interventi ed ai quesiti posti dal pubblico presente, ha affrontato anche alcune tematiche propriamente linguistiche e filologiche; fra queste l’importanza attribuita dal poeta alla sonorità delle parole (non in senso meramente formale ma di piacevolezza per il lettore), l’importanza di una lingua chiara ma che non ceda alle tendenze dominanti, fortemente incentivate dai mass media, che la sviliscono appiattendone o, talvolta, snaturando la naturale semantica. A concludere e a porgere i saluti finali è stato il sindaco di Aci Sant’Antonio, Santo Caruso, il quale, facendosi interprete dei sentimenti dei numerosi intervenuti, ha ringraziato il poeta omaggiandolo con un dono/ricordo, che è stato particolarmente gradito. Cucchi, accompagnato prima dell’incontro dai promotori dell’evento, Quintino Rocca, Maria Grazia Leone e Nunzio Lizzio, con la guida dell’artista locale Gaetano Di Guardo, ha potuto inoltre ammirare, soffermandosi da vicino, gli antichi e pregevoli manufatti esposti nell’interessantissimo museo locale dedicato al carretto siciliano, emblema della cittadina del Casalotto. Guido Leonardi
dalla prima In aiuto di padre Cosentino dell’
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La chiesa del villaggio di Dekoa in cui ha sede la sua missione è stata distrutta, a causa della guerra in corso, ed è fondamentale ricostruirla. La richiesta di un aiuto economico, di una raccolta per poterla mettere nuovamente in piedi giunge ad Acireale, agli amici dell’età giovanile e viene prontamente accolta. Padre Cosentino, infatti, negli anni in cui esercitava il suo ministero sacerdotale in Sicilia, intorno agli anni sessanta, agiva in modo da sviluppare nei ragazzi il concetto della “comunità”, della “solidarietà umana”. “Padre Giovanni voleva creare, e vi riuscì, un gruppo formato da ragazzi in età da liceo, da giovani che non si conoscevano, per guidarli ai concetti di solidarietà umana, alla condivisione, alla fratellanza ed all’amicizia. L’associazione, denominata Gioventù Studentesca, ci riuniva ad Acireale e ci dava la possibilità di trattare temi settimanali, sviluppandovi intorno un dibattito, ma anche fornendo uno scambio di esperienze personali. Una forma di condivisione della vita, all’insegna dell’esperienza di comunità e, soprattutto, di rispetto per gli altri e del loro modo di vedere le cose, talvolta diverso dal proprio”, ci ha spiegato il preside Rosario Musmeci, uno dei membri di quel gruppo giovanile. Il concetto di “condivisione”, ma anche quello di “solidarietà”, di “fratellanza”, resiste nel tempo, cresce con quei giovani, oggi adulti, che sono andati avanti nelle loro personali esperienze di vita e li ricongiunge, proprio nell’accogliere la richiesta di padre Cosentino. Una prima raccolta di fondi avviene nell’immediato, tra i componenti del gruppo, ma si comprende subito che l’iniziativa può essere estesa. Alfio Vecchio, regista teatrale, ne allarga i margini ulteriormente. Lo scorso venerdì diciannove gennaio, infatti, nella sala Pinella Musmeci, sita all’interno della villa Belvedere di Acireale, si è svolta una serata di spettacolo, con brevi rappresentazioni teatrali, esecuzioni di pezzi musicali, a
scopo di “beneficenza”. Questo evento ha raccolto quei contributi economici volontari che giungeranno lontano, nella terra africana martoriata dalla violenza e dagli scontri continui. Nell’ ex colonia francese, indipendente dal tredici agosto 1960, la capitale Bangui è ancora oggi teatro di un conflitto bellico tra forze governative e guerriglieri. In questi luoghi, padre Giovanni svolge la sua attività di missionario, nonostante la sua cagionevole salute: “La sua è una donazione agli altri totale”, afferma il preside Musmeci. Su questa scia, la richiesta di aiuto da parte del missionario ha ottenuto la giusta adesione con diverse donazioni, allo scopo di ricostruire la chiesa cristiana distrutta e fornire un adeguato luogo di culto ai fedeli. Rita Messina
Delude la “Partita del cuore” Le risorse necessarie per adeguare lo stabile di via Marchese Sangiuliano, infatti, sono consistenti, anche perché il progetto incoraggiato dal vescovo,
mons. Antonino Raspanti, prevede servizi di mensa e lavanderia industriale (a riguardo è disponibile il macchinario donato dallo stesso Pastore della Chiesa acese). Inoltre, nello stesso edificio verrà allestito il deposito per lo stoccaggio e la distribuzione dei generi di prima necessità raccolti dai volontari guidati dal presidente Antonino Oliva. Progetti e propositi che i protagonisti della partita hanno inteso sottolineare anche al microfono già dopo il calcio d’avvio avvenuto alla presenza di mons. Raspanti e di quanti hanno contribuito alla realizzazione dell’iniziativa solidale, a cominciare dalla Fondazione “Domenico Sanfilippo Editore”, intervenuta all’evento anche con il condirettore del quotidiano “La Sicilia”, dott. Domenico Cianco. Il gran mattatore della gara è risultato Marco Vivio, già sul piccolo schermo con “Il maresciallo Rocca”, “Un medico in famiglia”, “Un posto al sole” e “Il generale Dalla Chiesa”; i suoi quattro “sigilli” e le marcature di Vincenzo De Michele e Giacomo Bottoni hanno costretto le vecchie glorie del Catania a faticare non poco per evitare la resa. La verve di Sebastiano Somma, poi, ha impreziosito l’incontro, frutto dell’intesa tra Futurlab, associazione guidata da Antonio La Ferrara, e l’avv. Ugo Scalise, “motore” della “ItalianAttori”, allenata da Sarino De Domenico e in campo con Enrico Tubertini, Paolo Romano, Francesco Frangipane, Emiliano Ragno, Fabrizio Nevola, Gilles Rocca, Mauro Franciotti, Omar Sandrini, Niccolò Senni, Stefano Veneruso e Manuel Ferrarini. Il Catania vecchie glorie era composto da Antonio Dal Poggetto, Nino Cantone, Andrea Suriano, Maurizio Anastasi, Nino Leonardi, Giuseppe Colucci, Orazio Russo, Agatino Giustolisi, Ciccio Pannitteri, Claudio Galletta, Michele Marino, Nunzio Papale, Andrea Condorelli, Mario Belardi, Mario Collura, Gigi Chiavaro, Alfredo Smirni e Angelo Scaltriti. Gaetano Rizzo
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Cultura e Spettacolo
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ACIREALE Studenti del Liceo Artistico “Brunelleschi” impegnati in una estemporanea “lunga” e tutta particolare
Dipingere la Basilica di S. Sebastiano Il Liceo Artistico “Brunelleschi” e la Basilica di San Sebastiano. Il Liceo Artistico “Brunelleschi” di Acireale è rinomato per la bravura di alunni molto creativi: alcuni dei loro lavori adornano locali dell’Istituto. Dirigente scolastico è la prof. Maria Elena Grassi, molto impegnata nel promuovere rapporti con la società. Per l’alternanza scuola lavoro, è in corso fino alla fine di gennaio l’estemporanea di pittura ‘San Sebastiano’, alla quale sono assegnate le eccellenze del corso di Arti figurative; l’iniziativa viene promossa dall’acese Interior Designer Sebastiano Raneri, docente nei Master di I.D. del Politecnico di Milano, collabora anche con il Politecnico di Torino, ed è past Presidente mondiale degli Interiors Designers . Lavora in Cina come libero professionista. I suggestivi e originali quadri con tecnica di colori ad olio, in fase di avanzata realizzazione, sono degli alunni del triennio della sezione B, sotto la guida delle professoresse Teresa Balsamo, Enna Marino, Carmen Motta. E’ in programma un’apposita mostra ad Acireale e a Messina, presso il salone del Caffè Barbera del 1870. C’è in cantiere, inoltre, l’iniziativa di Raneri circa il gemellaggio del Brunelleschi con un Istituto di Shang-hai, dove esporre la mostra: verrà offerto il relativo viaggio al gruppo artistico. Pienamente consenziente per la prestigiosa iniziativa, la dirigente, prof. Grassi, che ha sostenuto il nostro incontro con i giovani artisti, ciascuno con la propria opera, alla presenza del prof. Raneri, in presidenza. Proficuo il dialogo con gli alunni: due della III B, una della IV B, undici della VB. - Quali emozioni sono alla base della tematica dei vostri quadri? E’ un’esperienza allettante, la vostra? “L’esperienza che sto vivendo è molto emozionante, e insieme imbarazzante. Mi sento soddisfatta: originale, l’occhio artistico della campana, in primo piano; nello sfondo, la proiezione dei
campanili della Cattedrale e di San Pietro, intravisti dall’alto del campanile della basilica di san Sebastiano: per me è un momento creativo che mi ha esaltato.”(Alessandra Pappalardo, 5°B) ”Ho voluto rappresentare due puttini della splendida ghirlanda di angioletti nella facciata della Basilica: essa risalta come originale cornice.”(Marianna Calì) “Attratta dalla bellezza della statuina del lampione della villetta, l’ho messa a fuoco con la cupola della Basilica.”(Noemi D’Imprima) – Hai sintetizzato il sa-
cro e il profano? - “Sì….” ( Noemi) “La prospettiva della cupola dalla parte sinistra mi ha colpito per i colori neutri e per la sua bellezza architettonica.”(Angela Ialuna) -Cari giovani artisti, fatemi un vostro spontaneo commento sui quadri, che rappresentano il rapporto tra Dio e l’uomo, tra Dio e la città “Ho scelto la figura di Mosé per la sua magnificenza e per lo sguardo trascendente; interessanti, i giochi di luce.”(Salvatore Pulvirenti) ”Attraverso il lampione
della villetta, in prospettiva con la cupola, ho voluto relazionare la quotidianeità, solitamente in secondo piano, con il sacro”(Rosy Zinna) “Mi ha interessato la parte frontale della cupola, contemplata da un’apertura del campanile, da cui si gode un bel panorama della natura.” (Liliana Palamidessi) “Mi ha ispirato la statua del profeta, dal ricco panneggio, con la mano mozzata da qualche vandalo; la forza dell’espressività del volto mi ha colpita.” (Alessia Andronico, III B) “A destra della porta d’ingresso, la statua di san Cristoforo con il bambino sulle spalle: ho riprodotto il carattere imponente, espressivamente protettivo.” (Giovanna Trovato) “ Ho dipinto di scorcio la Basilica, quale sfondo al mercato di frutta e verdura: la quotidianeità, alla luce del luogo sacro.” ( Ylenia Seminara). “Siccome l’uomo ha bisogno di Dio, ho voluto creare un insieme: la Basilica diventa un tutt’uno con la dimora dell’uomo.”( Francesco Zito) “C’è una correlazione tra la figura antropomorfa di Mosé e il creato, ovvero la natura, in quanto entrambi sono emanazioni di Dio. Il mio stile personale è impressionista.” (Chiara Rapisarda, IV B) “Ho focalizzato il campanile e la cupola della Basilica dallo sbocco di Via Alessi in via Musmeci: nei pressi c’è, forse da qualche secolo, il Teatro dell’Opera dei Pupi. Mi è piaciuta questa prospettiva, perché privilegia il teatro dei Pupi come simbolica rappresentazione della nostra città.” ( Martina Cracolici ) “Il mio quadro ritrae la statua del grande personaggio biblico, il giovane David, che tiene in mano la testa del nemico Golìa, da lui vinto nella tenzone.” (Paola D’Agostino, IIIB ) L’incontro si conclude con vivissimi auguri per il gemellaggio con gli studenti cinesi. Anna Bella
Recensione “Dal chiodo alla chiave” Teologia fondamentale di Francesco Titolo: Dal chiodo alla chiave. La Teologia Fondamentale di Papa Francesco. Autore: Michelina Tenace, insieme ai professori del dipartimento di Teologia fondamentale della Pontificia Università Gregoriana. Editore: Libreria Editrice Vaticana Anno di pubblicazione: 2017 Il testo, in edizione tascabile, si articola per 150 pagine ed è un’opera miscellanea, i cui contributi sono stati elaborati dai professori del dipartimento di Teologia fondamentale dell’Università Gregoriana di Roma, secondo gli ambiti di competenza degli stessi. I docenti hanno raccolto la sfida del fare Teologia insieme, partendo da alcuni punti nodali del pontificato di Papa Francesco, che risultano utili alla riflessione teologica. Il testo si apre con l’introduzione della curatrice, la professoressa Michelina Tenace, la quale spiega il senso del testo e del suo titolo. Perché chiamare un libro di Teologia “Dal chiodo alla chiave”? Tutto parte dall’incontro avvenuto all’udienza del 10 aprile 2014 con la comunità della Pontificia Università Gregoriana, nella quale il Papa, salutando il direttore del dipartimento di Teologia fondamentale, quasi con compassione disse: «Teologia fondamentale! È come succhiare un chiodo!». Di fatto, la Teologia fondamentale e, più in generale la Teologia tutta, spesso non ha nulla da dire all’uomo, perché affetta dalla malattia dell’autoreferenzialità. Dunque «succhiare un chiodo» è una cosa noiosa e inutile, oltre che disgustosa. La sfida che la Teologia odierna deve cogliere è allora quella di liberarsi dalla malattia del narcisismo intellettuale e dischiudere all’uomo contemporaneo il tesoro della Chiesa, come una «chiave», insomma. Oggi assistiamo al pontificato di un vescovo di Roma dal tenore rivoluzionario, sotto tanti aspetti. Questo offre alcuni spunti per la riflessione teologica, dal peso non indifferente. Ne evidenziamo solamente due, presenti nel testo. Il primo è l’assunto che il cristiano è colui che deve «fare il primo passo», colui che, consapevole della propria attività missionaria, va incontro all’altro per primo; proprio come il suo Signore. Questo fa sì che si aprano delle prospettive di valutazione relazionale nella vita dei credenti, non indifferenti. Il secondo è che ogni buon teologo e filosofo riconosce di avere un pensiero sempre aperto e inconcluso, non perché sia minorato, ma perché sempre attento al maius di Dio, il quale supera ogni umana conoscenza. Questo libera dall’ansia di compiutezza che, in molti casi, si rivela come un tranello diabolico. Siamo ancora lontani da una Teologia che sappia auto-comprendersi come adulta, nel senso di “pioniera” e non ripetitiva del Magistero, ma comunque è un passo più che significativo. Un testo molto interessante dunque, per la portata della sfida che coglie: quella di intendere la Teologia come una chiave dischiude il tesoro inestimabile della Chiesa. Lo stile scorrevole e la disposizione organica dei contenuti, libera da tecnicismi di sorta, ci rendono un’opera accessibile al grande pubblico. Francesco Pio Leonardi
MOMENTI PER DEKOA Lo spettacolo all’ex “Angolo di Paradiso” per sostenere la missione di padre Giovanni Cosentino
Musica, poesia, recitazione e tanta solidarietà Nonostante la coincidenza con le celebrazioni della vigilia di San Sebastiano, venerdì scorso, 19 gennaio, la sala “Pinella Musmeci” dell’ex Angolo di Paradiso era piena di ex “giessini” che avevano risposto all’invito lanciato dai club service acesi a nome di don Giovanni Cosentino, missionario acese nella Repubblica Centroafricana. “Momenti per Dekoa”, l’iniziativa organizzata per finanziare la ricostruzione della chiesa della missione di don Giovanni (distrutta dai guerriglieri), è partita proprio da loro, da quel gruppetto di “giovani” che furono i primi a frequentare, negli anni ’60 del secolo scorso, la “Gioventù Studentesca” (GS) fondata da quel giovane prete che lanciò la proposta di raccogliere gli studenti delle scuole medie superiori per un’esperienza formativa nuova. Sono gli stessi “giovani” che si rivedono ogni volta che don Giovanni torna dall’Africa. E stavolta, in particolare, lo “zoccolo duro” era costituito da Saro Musmeci (che ha curato le pubbliche relazioni coinvolgendo gli altri “giessini” e i club service), Rosa Barbagallo (che ha scelto e adattato i testi letterari da mettere in scena) e Alfio Vecchio (che ha curato la regia). Ma non c’erano solo loro, perché sono intervenuti attori, musicisti, presentatori. C’era anche un prete, un “allievo” di don Giovanni, uno che lo ha conosciuto da bambino a Fiumefreddo, in quella parrocchia “Castello” dove egli era parroco, e dove, grazie a lui, ha maturato la sua vocazione al sacerdozio: don Salvatore Cassaniti (adesso parroco a San Cosimo), il quale, oltre a presentare la sua testimonianza umana, ha dato un piccolo saggio di ciò che faceva da piccolo nella sua parrocchia e cioè suonare il piano e cantare, presentando un piccolo repertorio napoletano. Ha aperto e chiuso la serata Gesuele Sciacca, il medico-musicista acese che si è specializzato nel mettere in musica, insieme con la
band, le poesie degli autori celebri e non: infatti, oltre all’“Infinito” di Leopardi e ad una composizione di Alda Merini, ha pure presentato “Donna negata”, una poesia della nostra Rosa Barbagallo. Abbiamo poi ascoltato, nell’esecuzione della pianista Vera Pulvirenti insieme con alcune delle sue “Quinquies domina”, alcune colonne sonore di celebri film. Per la parte teatrale, i bravi e numerosi interpreti (che non citiamo per motivi di spazio e per non fare torto a nessuno) si sono esibiti in brani che vanno dal comico, con l’“Acqua minerale” di Achille Campanile, al tragico con “Le Troiane” di Euripide, passando attraverso la sicilianità de “La Lupa” di Verga e di alcune poesie tratte da “La Centona” di Martoglio. Una serata gradevole e conviviale, preceduta dai saluti dei presidenti dei vari club service e dall’introduzione di Saro Musmeci, che con l’ausilio di un video ha presentato l’iniziativa illustrando
anche la situazione della Repubblica Centroafricana, dilaniata in atto da lotte fratricide e dove i cristiani sono tra i primi ad essere perseguitati, anche con la distruzione dei luoghi di culto; cosa che è avvenuta pure per la chiesa della missione di don Giovanni Cosentino. Peppe Spoto, in veste di presentatore, ha inanellato i vari interventi, contribuendo a creare anche quel clima di cordialità e di serenità che si respira quando si incontra un gruppo di vecchi amici. Ed è il clima giusto che speriamo possa giungere anche a Dekoa a don Giovanni Cosentino, insieme con le offerte generosamente elargite nel corso della serata, che, per la cronaca, sono state di 877 euro, somma che è destinata ad aumentare perché alcune persone, che non hanno potuto partecipare all’evento, hanno promesso un loro contributo. Nino De Maria
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Grazie ai sacerdoti Ogni persona, ogni storia è importante
Don Diego Conforzi, parroco di Sant’Ugo a Roma
In Italia ci sono 35 mila sacerdoti diocesani che hanno deciso di donare la loro vita al Vangelo e agli altri. Per vivere hanno bisogno anche di noi. Doniamo a chi si dona.
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Cronaca
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CARNEVALE ACESE Il presidente della Fondazione Belcuore e l’assessore Coniglio commentano l’ormai imminente programma
Sei carri allegorico-grotteschi e due esordienti Ormai manca poco, Re Burlone sta per tornare nella nostra città! E tutti gli acesi lo aspettano con gioia. Si, è proprio vero che il carnevale per la città di Acireale è un momento importante, legato a storia e tradizioni. Un momento in cui il divertimento e l’allegria si impossessano delle piazze, delle strade e dei vicoli della città con maschere, coriandoli, stelle filanti e i bimbi in maschera. L’assessore alla cultura Antonio Coniglio e il presidente della fondazione del Carnevale Antonino Belcuore hanno gentilmente risposto ad alcune nostre domande. Assessore Coniglio, ormai è tutto pronto per l’edizione 2018 del “più bel Carnevale di Sicilia”? Si, certo i tour operator già da parecchio tempo hanno ricevuto il programma per Antonio Belcuore proporlo ai turisti che speriamo possano essere sempre numerosi. Nel corso degli ultimi anni abbiamo cercato di raggiungere due importanti obiettivi: il primo è stato quello di attenzionare le necessità della struttura che ospita la Cittadella del Antonio Coniglio carnevale con interventi necessari e urgenti, il secondo pubblicizzare in tutto il territorio nazionale il nostro Carnevale. Chi in questi giorni avrà modo di transitare per l’aeroporto di Fiumicino troverà la pubblicità di questa edizione. Programma e circuito sono come le scorse edizioni? In linea di massima si. Due fine settimana, più gli eventi degli altri giorni canonici e il circuito di circa 3,5 chilometri. Quest’anno avremo l’applicazione delle norme della circolare Gabrielli che con la restrizione degli accessi nel circuito, che comunque resta gratuito, e 11 varchi da control-
lare è una necessità. Anche quest’anno ci sarà la lotteria legata al Carnevale? Si, ormai è diventato un appuntamento, per sentirsi parte del Carnevale. Il Comune di Acireale sta investendo tanto, come ogni anno, in questa manifestazione? Si, e voglio sfatare un luogo comune legato alle cifre che vengono stanziate per il carnevale. Le cifre per i grandi eventi nulla tolgono a somme per altre necessità importanti della nostra città. Il milione di euro che si spende per il carnevale va a ricadere positivamente su tutta l’economia del territorio, quest’anno verranno anche messi in vendita gadget e merchandising. Presidente Belcuore, qual è il clima che si respira tra gli “addetti ai lavori” a pochi giorni dall’edizione 2018? Un clima festoso, ci sono 6 carri con due associazioni nuove, nuova linfa per il Carnevale, giovani cantieri che si affacciano al Carnevale di Acireale. Ci può anticipare alcuni dei temi scelti dai maestri per questa edizione? Il tema della giustizia, ricordando i giudici Falcone e Borsellino. Un carro sarà dedicato ai
bimbi e a i giochi di un tempo messi a confronto con quelli di oggi. Il Carnevale è una attrazione anche per le nuove generazioni? Sì, certo, oggi i giovani possono anche divertirsi ballando sui carri come in discoteca, con un disc jockey che farà una tipologia di musica diversa da un carro all’altro. In ogni cantiere come si amalgama la nuova generazione con quelle di lunga esperienza? Bene, c’è una tradizione di famiglia in molti maestri della cartapesta, e i giovani iniziano con
i piccoli lavori per poi acquisire quelle tecniche e quella maestria che solo una lunga esperienza e sicuramente la bravura e la passione possono dare. I nostri carri sono delle vere opere d’arte. Dunque il nostro Carnevale gode di ottima salute? Si, ottima salute, tutto può sempre essere migliorato ma abbiamo avuto grandi soddisfazioni. Ricordiamo che lo scorso anno il quotidiano britannico “The Guardian” ha inserito il Carnevale di Acireale tra i 10 più belli d’Europa. Meglio di così! Gabriella Puleo
ROTARACT CATANIA NORD Il progetto “Wingbeat: le ali del cuore”
Vogliono acquistare un drone salvavita
Martedì 16 gennaio a Catania, presso la sede del Rotary Club Catania Nord in Corso Italia, il Rotaract Club Catania Nord presieduto da Federica Sciara e in collegamento da Torino il RAC Torino San Carlo presieduto da Giorgia Bellagarda hanno presentato ai rispettivi soci il progetto nazionale Rotaract Wingbeat: le ali del cuore, finalizzato all’acquisto di un drone salvavita e a finanziare la relativa formazione di due sanitari del 118. Nel corso della serata sono intervenuti la Dottoressa Marianna Pasquali da Torino e da Catania il Dottor Giuseppe Laudani, che hanno
illustrato ai partecipanti genesi e conseguenze di un arresto cardiaco e come agire in caso di emergenza. Il drone è dotato di un defibrillatore, grazie al quale sarà possibile ridurre i tempi del soccorso anche negli ambienti più angusti, di due telecamere frontali, di un sensore a infrarossi per la visione notturna, di un microfono per comunicare direttamente tra la centrale operativa e il personale in loco e di un paracadute. L’apparecchio è pilotato a vista su frequenze criptate con un’autonomia di 45 minuti. Partner del progetto sono il Comitato CRI di Bologna, unico centro in Italia autorizzato dall’ENAC al pilotaggio di droni in ambiente critico, la Centrale operativa 188 dell’Emilia Romagna, il Laboratorio UniBo@CRIBo e la IDS Corporation. Il ricavato della serata è stato destinato all’iniziativa. Elia Torrisi
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CONFERENZA EPISCOPALE SICILIANA I lavori della sessione invernale: anche una dichiarazione contro i privilegi
Appello per la partecipazione politica La CESI (Conferenza Episcopale Siciliana) si è riunita a Palermo dal 15 al 17 Gennaio 2018 per la sua prima sessione quinquennale 2018-2022 sotto la presidenza di Mons Salvatore Gristina, Arcivescovo di Catania. Diversi gli argomenti affrontati assumendo innanzitutto la decisione di coinvolgere gli organismi di partecipazione (Commissione Presbiterale Siciliana, Direttori degli uffici pastorali regionali, CISM, USMI, CIIS e Consulta Regionale per l’Apostolato dei Laici). I Presuli hanno guardato ad ampio spettro le necessità siciliane per le quali non sempre c’è la necessità di approntare impegni o programmi che propongono la necessità di reperire risorse che consentano piani di intervento a titolo oneroso. Un aspetto che può definirsi di tipo “sociale” che investe la sensibilità e l’interesse di tutti i cittadini è sicuramente l’appello per la partecipazione politica. “Tutti dobbiamo avere a cuore il presente e l’avvenire della nostra comunità, di ogni comunità di cui facciamo parte” scrivono. Ed è vero. Una volta l’affluenza alle urne era molto, molto più alta ed ognuno si sentiva partecipe delle conquiste. Oggi i cittadini sembrano “disamorati”. Certo, non c’è più lo stimolo dei parroci, come una volta, ma la disaffezione per la cosa pubblica è diventata il life-motive della vita quotidiana: nulla ci appartiene direttamente, ergo posso pensare a me soltanto. Però non possiamo disconoscere che “questa è una priorità che dal punto di vista educativo e formativo, dal punto di vista sociale e da quello ecclesiale deve stare a cuore a tutti”. Altro argomento affrontato di carattere “sociale” è la celebrazione del centenario della nascita del Cardinale Salvatore Pappalardo, Arcivescovo di Palermo e Presidente per tanti anni della stessa CESI. Pappalardo, uomo del sud, nato a Villafranca Sicula il 23.9.1918 ha avuto un peso notevole nel governo della chiesa siciliana lottando apertamente, primo presule a farlo pubblicamente, contro “Cosa Nostra” riconoscendone esplicitamente l’esistenza. Famosa la frase detta al funerale del generale Dalla Chiesa “Mentre a Roma si pensa sul da fare, la città di Sagunto viene espugnata dai nemici” (dove Sagunto sta per Palermo). Restando sul tema i Vescovi hanno espresso vivo compiacimento per la conclusione dell’iter processuale diocesano della causa di beatificazione di don Luigi Sturzo sostenendo che “Il suo esempio e il suo pensiero spronino tutti, cittadini, amministratori e politici, ad una visione alta della politica quale atto di carità verso il prossimo”, richiamando la frase usata dal Beato Paolo VI. Compiacimento è stato espresso dai Vescovi per le attività del Centro Madre del Buon Pastore del quale hanno approvato il pro-
gramma delle attività promosse per l’anno 2018. Non è passata sotto tono la ricorrenza del 25° anniversario dell’Appello «Convertitevi!» che S. Giovanni Paolo II lanciò con forza nella Valle dei Templi il 9.5.1993. I Vescovi intendono proseguire e rilanciare l’eco di quel grido accorato del Santo Padre contro ogni forma di prevaricazione e violenza mafiosa. E non poteva essere trascurato un altro grido, quello di aiuto lanciato dal missionario laico Biagio Conte che, per protestare contro la situazione di degrado in cui versano molti cittadini, è andato a dormire, digiunando, sotto i portici delle poste centrali di Palermo per “schiaffeggiare l’indifferenza verso chi muore per strada da solo, chi non ha una casa, chi non ha un lavoro”. Fra gli argomenti affrontati non poteva mancare la presa di posizione contro i privilegi economici e gli stipendi d’oro di cui in questo periodo tanto si parla, tanto fanno indignare chi non arriva neanche alla fine
del mese. Le Chiese di Sicilia assicurano che continueranno a venire incontro alle diverse povertà utilizzando anche le risorse derivanti dai fondi dell’otto per mille destinate alla Chiesa cattolica. Argomento del quale oggi si parla e si tratta in tutte le salse è l’occupazione (sarebbe
più opportuno dire la “disoccupazione”) giovanile. La presenza di don Bruno Bignami, vice direttore dell’Ufficio Nazionale della CEI per i problemi sociali e il Lavoro, ha dato lo spunto per discutere del Progetto Policoro promosso dalla CEI con lo scopo di aiutare i giovani del sud disoccupati o sottooccupati a migliorare la propria condizione lavorativa. Tutti siamo convinti che l’edilizia sia un volano formidabile per l’economia. In questo periodo l’economia ristagna e l’edilizia langue (ma forse bisogna invertire causa ed effetto). I Vescovi hanno preso in esame la bozza delle nuove disposizioni concernenti la concessione dei contributi dai fondi derivanti dall’otto per mille per i Beni culturali Ecclesiastici e l’Edilizia di culto il cui testo definitivo dovrà essere approvato dalla prossima Assemblea Generale dei Vescovi Italiani, apportando un consistente afflusso di ossigeno alla asfittica società dei giovani disoccupati. Pippo Sorrentino
FESTA DI SAN SEBASTIANO Un personaggio fondamentale durante il “giro” del fercolo
‘U mastru di vara, se non ci fosse lui... E finalmente, dopo la fervida attesa dei preparativi, il venerato simulacro di San Sebastiano fa la trionfale uscita dalla Basilica a lui dedicata per immergersi nel circuito delle strade cittadine e ricevere l’abbraccio della città e l’omaggio dei devoti. Dopo il solenne pontificale celebrato dal Vescovo, il fercolo si affaccia dal portone della chiesa. Subito partono i fuochi d’artificio, il cui fumo offusca il sole e riempie totalmente la piazza come una fitta nebbia. Diradato il fumo e finito il fervorino, cominciano le manovre per sgombrare la piazza antistante allo scopo di permettere la discesa del fercolo senza rischi per i portatori e per la gente assiepata torno torno. E finalmente, quando tutto è pronto, lo scampanellio del “mastro di vara” dà il via alla discesa del fercolo tra le acclamazioni dei devoti, veloce ma non troppo. Breve respiro per fare la curva davanti al bar Cipriani, e poi via, di corsa, verso la via Ruggero Settimo, dove avviene la prima sosta quasi all’altezza dell’ex caserma dei Vigili Urbani, dei quali San Sebastiano è il protettore. Tutto il ritmo del percorso, durante tutta la giornata, sarà scandito da lui, il “mastro di vara”, con il campanello, con la voce tonante e con il braccio, ora agitato freneticamente a spingere, incitare, spronare, incoraggiare i portatori, ora a rallentarne la marcia, secondo le evenienze. Sono 58 i portatori, un piccolo esercito che segue puntualmente le sue indicazioni. E lui, il “mastro di vara”, dall’alto del fercolo, ha la visione e il controllo della situazione e, collaborato dal rappresentante dei devoti che sta anche lui sul fercolo insieme con il decano della Basilica o con un altro canonico, guida tutte le manovre, scandendo i tempi, dirigendo le manovre, incoraggiando i movimenti più arditi, richiamando se occorre i portatori più riottosi o più pigri, ma tutto in perfetta coordinazione e sintonia, come il meccanismo di un orologio svizzero. E guai se non fosse così, perché basterebbe
un minimo errore o una piccolissima distrazione per provocare dei disastri. Il “mastro di vara” sa quel che fa, quel che deve fare e quel che deve far fare ai portatori, minuto per minuto, e lui è da tanti anni, ormai, che ha questa funzione, e basta il suo aspetto austero ed imponente – con tanto di baffi – a incutere timore e rispetto. Perché la “vara” pesa più di tre tonnellate e mezza ed è alta sette metri, non ha motore, non ha freni e non ha ruote gommate: tutto si muove e avanza grazie alle braccia dei portatori, in un equilibrio molto delicato. Il “mastro di vara” ed il suo aiutante, quelli che stanno sulla “vara”, sono gli unici che possono portare la “scuzzetta” nera sul capo, al posto del foulard beige che indossano tutti i devoti. È importante, la figura del “mastro di vara”, a cominciare dalle manovre per l’uscita del fercolo. E poco dopo c’è la salita di San Biagio, dove il fercolo viene portato a spalle (a ricordo del tempo in cui la strada non era ancora lastricata): è una salita silenziosa perché non c’è lo stridio delle ruote sul lastricato, ma non c’è, soprattutto, nessuno che fiata, ed il silenzio generale si scioglie infine in un caloroso applauso alla fine della salita. Ma nessuna manovra può essere trascurata dal “mastro”: ogni singola curva, ogni salita, ogni discesa; e poi ci sono le corse, all’uscita, all’ingresso di piazza Marconi, in corso Umberto per raggiungere il palazzo del Vescovo… per arrivare al rientro in Basilica a notte fonda, più impegnativo dell’uscita per la corsa di ingresso nella piazza, la manovra di inversione di marcia e la risalita all’indietro della scivola; con l’aggiunta della stanchezza dell’intera giornata in giro per la città. Ma con la gioia e la soddisfazione di avere, ancora una volta, onorato degnamente il Santo Martire Sebastiano. Nino De Maria
MASCI Celebrati i 30 anni della sezione di Acireale alla presenza di gruppi di tutta la Sicilia
La società sarebbe migliore se tutti gli uomini si comportassero da scout E il giorno fatidico arrivò, l’avevamo atteso tanto, avevamo lavorato tanto, ed era arrivato. Erano passati trenta anni dalla nascita della Comunità acese del Masci. La stessa sala teatro (messa a disposizione dal parroco don Gaetano Caltabiano, nostro assistente religioso), ove era nata la Comunità –la più grossa Comunità italiana con 91 iscritti, numero fuori dall’ordinario - era piena di scout di ogni taglia, specie dei “diversamente giovani” del Masci, provenienti da ogni parte dell’isola, da Palermo a Siracusa, da Modica a Milazzo, da Avola a Messina. Gli Adulti Scout acesi, emozionati e contenti, si aggiravano nell’ampio salone fra i numerosi amici delle altre Comunità e le autorità che aveva aderito all’invito. C’erano mons Giuseppe Malandrino, vescovo emerito di Acireale e Noto, mons Paolo Urso, vescovo emerito di Ragusa, mons Giovanni Mammino, vicario generale della diocesi di Acireale in rappresentanza del vescovo, fuori sede. Lo scautismo acese è l’albero cresciuto grazie al piccolo seme che nel lontano 1943 piantò mons Biagio Catania, a cui il Masci è riuscito a fare intitolare una piazza della città. Oggi quell’albero, ben vegeto e radicato, si è allargato con ben sette gruppi in città ed altri nei comuni viciniori. Frutto di quell’albero è anche la Comunità Masci di Acireale che oggi ha inteso celebra-
re i suoi 30 anni grazie a quelle persone che l’hanno “fatta”, creando rapporti, relazioni, operando delle scelte. Ed oggi propone la testimonianza di chi ha vissuto un periodo, e lo vive ancora, di chi ha fatto l’esperienza in una Comunità di Adulti Scout. Una testimonianza forte, robusta, convinta e convincente per lasciare un segno che perduri nel tempo. Un punto di riferimento per chi vuole accostarsi allo scautismo adulto con il “metodo della strada” mettendo al centro dell’azione educativa il servizio e la formazione permanente alla luce dell’insegnamento del fondatore del Masci italiano, Mario Mazza, per il quale l’educazione è un processo senza fine.
La cronaca della giornata ha inizio alle 9,30 con il rito dell’alzabandiera, secondo lo stile scout, per proseguire nella sala teatro dove, dopo i saluti di rito della Magister, Margaret Patanè, prende la parola la Segretaria regionale Rosanna Scuto Fiorini che pone in evidenza la sua doppia veste: “da segretaria regionale evidenzio la numerosa partecipazione delle Comunità siciliane fra le quali esiste un forte legame di amicizia e fratellanza, da componente della Comunità acese sono felice di festeggiare i 30 anni di vita con i fratelli con cui ho condiviso il percorso fin qui fatto” Nino Leotta componente della Comunità, presenta brillantemente, con la sua solita verve, il libro “Ti racconto ... una storia” che la Comunità di Acireale ha preparato per i suoi 30 anni. Si tratta di una pubblicazione commemorativa infarcita di documentazioni e citazioni dei diversi avvenimenti storici accaduti perché la storia non si può dimenticare anzi, dice Leotta, “non si può raccontare la storia se non si fa la storia”. Dopo la presentazione del libro, gli interventi: il prof. Alfonso Sciacca, primo Magister della Comunità, ricorda la nascita del Movimento in città esaltando la valenza del metodo scout nella formazione di tanti giovani; il messinese Carmelo Casano consigliere nazionale del Masci; il Vicario generale che
porta i saluti del vescovo mons Antonino Raspanti; i Magister delle varie Comunità siciliane presenti che hanno voluto festeggiare la ricorrenza con simpatici e, in alcuni casi, originali doni. La parte ufficiale si conclude con la celebrazione della S. Messa officiata da mons Giuseppe Malandrino (già vescovo della diocesi al momento della nascita della Comunità) e concelebrata dal rettore del locale seminario don Marco Catalano. Dopo l’ammainabandiera, gli scout convenuti si ritrovano nei locali parrocchiali per il pranzo comunitario, cui faceva seguito l’immancabile torta commemorativa particolarmente apprezzata da tutti i presenti. Baden Powell, il fondatore dello scautismo, scriveva, oltre cento anni addietro, che “Il Movimento scout si propone di fare dell’individuo un cittadino attivo e felice, di spingerlo a lavorare per la Comunità, di sviluppare il senso della fraternità di ogni singolo paese, per costruire una pace permanente”. Fondamentalmente, quindi, quei 130 Adulti scout, provenienti da ogni parte della Sicilia, che domenica 14 Gennaio hanno voluto essere vicini ai fratelli acesi, sono la dimostrazione che lo scautismo è scuola di civismo, è arte di vivere, è veicolo di Pace. P. S.
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DIOCESI Ordinati dal Vescovo mons. Raspanti nella Basilica Cattedrale dinanzi a una folla di fedeli
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Andrea, Alfio e Orazio diaconi
La Pasqua centro del tempo liturgico
Il cammino di formazione e di avvicinamento al sacerdozio è giunto alla sua ultima tappa intermedia per tre seminaristi della nostra Diocesi che il 5 gennaio scorso, nella Basilica Cattedrale di Acireale, sono stati ordinati diaconi dal vescovo Antonino Raspanti. I novelli diaconi sono Andrea Grasso, 26 anni, della parrocchia S. Camillo di Giarre, attualmente alunno dell’Almo Collegio Capranica di Roma; Alfio Licciardello, 28 anni, della parrocchia S. Margherita di Pozzillo, ospite del Seminario di Piazza Armerina che ha sede a Palermo; Orazio Sciacca, 25 anni, della parrocchia Maria SS. di Loreto di Acireale. La celebrazione ha visto la presenza non solo dei sacerdoti e dei familiari degli ordinandi ma anche di tanti fedeli delle diverse parrocchie dove i tre seminaristi hanno svolto il loro tirocinio pastorale, oltre agli amici del Seminario che seguono da vicino e con affetto il
cammino della comunità. La solennità dell’Epifania è stata la cornice di questo bel momento di Chiesa. Il vescovo, nella sua omelia, ha parlato della fede dei re magi che hanno riconosciuto la presenza di Dio nell’umiltà del bambinello di Betlemme e ha invitato i futuri diaconi a fare lo stesso nell’esercizio della carità, cioè a riconoscere il Signore nei poveri e nei fratelli da amare e servire. Quindi gli ordinandi hanno espresso la loro volontà di essere consacrati e di assumerne gli impegni, fino alla conformazione a Cristo. Con l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria i tre giovani hanno ricevuto la grazia del sacramento dell’ordine sacro. Ora per don Andrea, don Alfio e don Orazio (così dovremo chiamarli d’ora in poi) è iniziato l’ultimo e più intenso tratto della formazione, quello che li prepara al sacerdozio ministeriale. Mentre proseguono i loro studi, rispetti-
vamente in teologia dogmatica, teologia biblica e catechetica, dovranno affrontare esperienze pastorali sempre più impegnative: si accosteranno all’altare durante le celebrazioni, servendo i sacerdoti; annunceranno la Parola di Dio; potranno battezzare, assistere ai matrimoni, impartire benedizioni e celebrare alcuni sacramentali. Assumeranno maggiori respon-
sabilità nelle attività pastorali e in particolare nel servizio dei poveri e degli ammalati. Insomma, hanno davanti un tempo, quello del diaconato transeunte, breve ma ricco di grazia, esperienze e stimoli affinché siano pronti a ricevere il dono più grande della consacrazione presbiterale. don Alfio Privitera
Carissimo lettore,
DIALOGO INTERRELIGIOSO Intervista al pastore Latz sul cammino ecumenico
“Potente è la tua mano, Signore”
Come ogni anno la Chiesa celebra la Settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani, appuntamento proposto già fin dal 1908 e tradizionalmente compreso tra il 18 ed il 25 Gennaio, culminante con la festa della Conversione di S.Paolo. l’impegno ecumenico della Chiesa Cattolica stimolato particolarmente dall’espressione conciliare del documento “Unitatis Redindegratio” , negli ultimi decenni ha assunto una maggiore rilevanza ed un sempre più intenso coinvolgimento nel tentativo di assecondare il sogno del Signore (“perché siano una sola cosa” cfr Gv 17,21) con la consapevolezza che: “siamo pellegrini, e che peregriniamo insieme” (E.G. 244), e che perciò: “attraverso uno scambio di doni, lo Spirito può condurci sempre di più alla verità e al bene.” (E.G. 246). Quest’anno è toccato al Movimento ecumenico dei Caraibi preparare il sussidio per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, con l’approvazione della Società Biblica, del Consiglio Ecumenico delle Chiese e del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani. Il materiale per la preghiera personale e comunitaria è stato fatto pervenire per email a tutti i parroci della Diocesi. Il tema della Settimana di preghiera 2018 prende spunto dal brano biblico di Esodo: “Potente è la tua mano, Signore” (Es 15,6) in riferimento al riconoscimento della potenza di Dio nell’esperienza della liberazione di Israele dalla schiavitù. Il tema intende essere memoria per tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà, della potenza liberatrice di Dio, memoria che incoraggia a divenire strumenti della liberazione divina nelle varie situazioni di oppressione ed ingiustizia nel mondo, così come le stesse chiese dei Caraibi testimoniano, oltre che con la loro storia, con l’attuale e comune impegno a superare le sfide sociali che le popolazioni della regione devono affrontare. Come ogni anno la Settimana è stata aperta in Diocesi dalla veglia ecumenica organizzata dall’Ufficio diocesano per l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso, lo scorso 18 Gennaio, presso la Chiesa San Paolo di Acireale, presieduta dal nostro Vescovo Mons. Antonino Raspanti e con la partecipazione del Rev.do Mikhail Iichim, pope della chiesa ortodossa rumena, e del Rev.do Andreaas Laatz, pastore della chiesa luterana di Sicilia, animata dai canti del Rinnovamento nello Spirito. Don Santo Leonardi
Unità possibile se ci impegna tutti Lo scorso 18 gennaio, presso la parrocchia San Paolo di Acireale, si è svolta la tradizionale veglia in occasione dell’inizio della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. In tale occasione, abbiamo incontrato il rev.do Andreas Latz, pastore della Comunità Evangelica Luterana di Sicilia. Cosa pensa di quest’incontro? Che valore ha la preghiera comune? Questa è la sesta volta da quando sono arrivato in Sicilia che partecipo a questa preghiera comune, in questa Chiesa. Per me è veramente importante. È una porta aperta da parte della Chiesa cattolica e di quella ortodossa. Si respira sempre uno spirito ecumenico. Quali passi ulteriori bisogna compiere nel cammino verso l’unità? Molti passi sono stati fatti. Basti vedere l’impegno di papa Francesco in occasione del giubileo dei cinquecento anni della Riforma, oppure il documento firmato insieme “Dal conflitto alla Comunione”. Ci sono ancora i problemi; basti vedere la disputa sull’Eucaristia o, più in generale, quella sul numero dei Sacramenti. Nella Chiesa luterana infatti sono solo due mentre in quella cattolica sono sette. Ma questo non è così importante. Secondo me, ripeto, molti passi sono stati fatti e molti bisogna farne nel cammino verso l’unità. Come ha appena accennato, nell’ottobre 2017 sono stati celebrati i 500 anni della riforma. Il papa
ha mostrato di voler valorizzare questo importante avvenimento, che allora provocò una scissione, nell’ottica dell’unità. Come valutate l’impegno ecumenico della Chiesa cattolica degli ultimi anni? Tantissimo. Mai come oggi l’impegno è tangibile. Il 15 novembre 2015 ho avuto la gioia di partecipare al culto, con papa Francesco, nella Chiesa luterana di Roma. È stato molto bello partecipare ad un’assemblea così ecumenica, così aperta. E da parte vostra? Da parte mia. Sono pastore responsabile di tutta la Sicilia. Io e la mia Comunità siamo impegnati in più di quindici luoghi diversi nell’isola, nelle celebrazioni di questa settimana ecumenica. Pensa che l’unità sia pienamente realizzabile o sia solo un’utopia? Bella domanda. Da parte mia penso sia possibile. Non so di preciso in quanto tempo questo possa avvenire, se in cinquanta o cento anni, non so. Se si continua così, con gli stimoli offerti da questo papa, con l’idea dell’ecumenismo anche da parte del Vaticano si può. Adesso c’è un movimento ecumenico. Chissà se questo non possa portare ad avere una Chiesa unita con la sola differenza del rito luterano, così come già esistono le chiese unite, ma che mantengono il rito bizantino ad esempio. Questa però è una mia personale visione.
come avrai notato, nella messa dell’Epifania viene letto l’“annuncio del giorno della Pasqua”, che così inizia: “Fratelli carissimi, la gloria del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno”. “Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza”. È un invito a vivere alla presenza di Dio ricordandoci di essere suoi figli. “Centro di tutto l’anno liturgico è il triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto, che culminerà nella domenica di Pasqua, il 1° aprile”. Spente ormai da tempo le luci del tempo di Natale viene acceso questo faro che illumina la liturgia del tempo ordinario che finirà sabato 1 dicembre. Infatti il 2 dicembre sarà la prima domenica di Avvento. In questo lungo tempo liturgico, di oltre trenta settimane, si inserisce la parentesi della Quaresima, con inizio delle “Ceneri il 14 febbraio”, e del tempo Pasquale che si conclude con la festa di Pentecoste il 20 maggio. “In ogni domenica, Pasqua della settimana, la santa Chiesa rende presente questo grande evento nel quale Cristo ha vinto il peccato e la morte”. Non è una semplice commemorazione, un ricordo di un fatto storico appartenente al passato, ma “memoriale del sacrificio di Cristo”, cioè “rendere presente e attuale il sacrificio che Cristo ha offerto al Padre, una volta per tutte, sulla Croce” (C.C.C. N. 280). Per questo il primo tra i precetti della Chiesa è “partecipare alla Messa la domenica” (C.C.C. N. 432) perché, come è successo ai discepoli di Emmaus, “ci siano spiegate le scritture” (Lc, 24,32). Per questo tanta ricerca nella Chiesa per stabilire, ogni anno, la data della Pasqua: domenica successiva al primo plenilunio di primavera. Ma quando comincia la primavera? Di questo potremo parlarne in altra occasione. Ricevi intanto cari saluti da Nino Ortolani
Francesco Pio Leonardi
PILLOLE DI SPIRITUALITÀ - 2 L’importanza del dialogo nel cammino delle comunità
La Chiesa cattolica è maestra di relazione «Se è ben condotto, il dialogo porta a soffrire-con quelli e quelle che diversamente si farebbero soffrire, al syn-paskein; libera cioè dai paraocchi e distrugge i pregiudizi, facendo così apparire l’altro nella sua verità nuda». Queste parole del teologo canadese Jean-Marie Roger Tillard, scritte nel suo celebre testo “Dialogare per non morire” (trad. it. di F. Strazzari, Bologna 2000, p. 13) contengono un anelito tutto particolare. Quando parliamo di dialogo siamo tentati di identificarlo come la discussione tra due o più persone su un determinato tema; in realtà questo termine porta con sé il significato più ampio di relazione, nella quale è in gioco non solo un momento, ma la vita intera. Solo in questa prospettiva è possibile giungere al syn-paskein (soffrire-con) di cui parla il teologo. Quando si soffre insieme a qualcuno, vuol dire che si è condiviso tutto, anche la debolezza. Il rischio della parcellizzazione delle relazioni e dei momenti della vita purtroppo si corre anche all’interno della Chiesa che, per sua natura, dovrebbe essere maestra di relazione:
spesso nutriamo l’idea che sia sufficiente entrare in relazione col Signore e con gli altri in dei momenti precisi, che poi vanno staccati dalla vita privata, dominio esclusivo del singolo, evitando il rischio di compromissioni varie. Così facendo, si annida il tarlo della formalità. Siamo stanchi di mandare avanti una Chiesa che si occupa solo della propria autoconservazione, ma povera di umanità. Se è vero che si accede a Dio attraverso l’umanità di Cristo, allora dovremmo avere il coraggio di entrare sempre più nelle fitte trame dell’umano, per comprenderne le gioie e le speranze, i dolori e le angosce (cfr. Gaudium et Spes n.1). Sia nelle piccole relazioni interpersonali che nelle macro-relazioni tra istituzioni è fondamentale mettere in gioco tutto, perdere tutto, per ottenere altrettanto, «perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà» (Mt 16, 25). F. P. L.
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28 gennaio 2018
Speciale Santa Venerina
dell’
Jonio
OPERA SEGNO - 1 Cos’ha bloccato la realizzazione dell’opera che avrebbe rappresentato un presidio di solidarietà
Dopo il sisma del Italia ad Acireale. A pagina a cura di Domenico Strano 2002 che colpì Sanseguire tutto l’iter fu ta Venerina la Caritas l’ingegnere Garozzo. Italiana propose la reDopo diversi progetti alizzazione di un “opestralciati arrivò il via ra-segno” per le parroclibera di Caritas italiachie colpite. Fu chiesto na ma con delle precise alle parrocchie di Santa indicazioni: il terreno Venera, Sacro Cuore e doveva essere intestaDagala – e in un primo to alle tre Parrocchie momento anche Bondi Santa Venera, Sacro giardo – di individuare Cuore e Dagala (nel il terreno. La cronaca frattempo mons. Griparrocchiale riferisce stina, vescovo di Catache non fu cosa facile nia, aveva ritirato Bone alla fine fu scelto il giardo) e l’opera doveva terreno agricolo di Via prevedere delle aule per Trieste dietro il camla catechesi e il culto. po sportivo. La Caritas Nel 2011 - il terreno è diocesana e la Caritas già in mano alle parrocItaliana, per voce dei chie - l’Opera- segno è rispettivamente tecniancora appesa al palo a ci Garozzo e Pericoli, causa di problemi tecsconsigliarono però nici interni alla Curia fortemente l’acquisto diocesana e l’8xMille del terreno: era posto ritira per inadempienza troppo fuori dal cenla somma stanziata. tro cittadino e la conSi chiude una prima formazione geofisica fase e se ne apre un’alcollinare avrebbe fatto tra. I parroci e il vescolievitare enormemente vo Antonino Raspanti, i costi di realizzazione da poco insediatosi, (a questo si aggiunga la concordano che occordestinazione d’uso del re individuare nuove terreno a verde agricostrade. Nel 2015 le Calo). nossiane lasciano l’eNonostante ciò si dificio di via Mazzini scelse quel terreno. di Santa Venerina e, a L’area, di 5.005 mq, fu margine di un Consiacquistata dalla Dioglio pastorale inter-parcesi di Acireale per € rocchiale, nasce l’idea 60.000,00 con i fondi di convertirlo in centro raccolti e messi a disposizione dalle Diopolifunzionale per lo svolgimento delle atcesi del Piemonte gemellate con la Diotività pastorali e caritative. Per finanziare cesi di Acireale dopo il sisma. Centomila l’acquisto dell’edificio, posto al centro del euro, che la Diocesi mise a disposizione, paese, si pensa di vendere il terreno di via furono impiegati per realizzare le mura Trieste e successivamente anche il salone perimetrali (vedi foto). Nel 2004 avvenne parrocchiale di via Martoglio. L’incarico di il cambio di destinazione d’uso e fino al trovare acquirenti viene affidato al geom. 2007 nulla fu fatto. I costi dell’opera, nel Salvatore Raciti che riveste il doppio ruolo frattempo, lievitarono notevolmente. Cadi consigliere per gli affari economici della ritas italiana a quel punto “richiama” le parrocchia del Sacro Cuore e di consigliere parrocchie perché era ormai evidente che comunale. con la somma a disposizione sarebbe stato Si apre un nuovo spiraglio, ma a metimpossibile realizzare l’opera. Fino a quel terci lo zampino questa volta è la politica momento con la somma messa sul tavolo, locale. Viene chiesto all’amministrazione pari a €. 300.000,00, erano state realizzate comunale se il comune intende acquistare solo le opere di sbancamento, la regimeni due beni. La Giunta, guidata dal sindaco tazione delle acque e la recinzione in ceSalvatore Greco, ci medita su e alla fine mento armato. Si pensa così di rivedere il inserisce l’operazione tra le opere triennaprogetto. li con un mutuo per il 2019. Alle speranze Il direttore della Caritas del tempo Giudel fronte propositivo si contrappongoseppe Gulisano chiese al vescovo mons. Pio Vigo se fosse no le perplessità di quello politico. E così il 27 dicembre percorribile la strada di una richiesta alla Cei di ulteriori dell’anno scorso, dopo un lungo percorso consiliare, la fondi e il vescovo suggerì la possibilità di usare la somma bocciatura dell’operazione da parte dei consiglieri di opgià stanziata per la realizzazione di una chiesa in corso posizione manderà tutto in soffitta.
OPERA SEGNO - 2
Dai problemi burocratici alla politica Don Orazio Tornabene direttore Caritas diocesana “Non solo risposte alle povertà ma anche espressione di carità” Come mettere insieme fraternità, responsabilità e capacità di condivisione? A questa domanda Caritas italiana a margine del convegno nazionale del 1994 asserì che la carità andava soprattutto seminata fuori, accanto alla gente, là dove fragilità e emergenze determinano contesti sociali a rischio. Ecco spiegate le “opere-segno”: un movimento, possiamo definirlo, periferia-centro che interpella le comunità sia ecclesiali che civili a prendersi carico concretamente delle situazioni di bisogno. La loro realizzazione non nasce solo come risposta alla povertà: “Le opere-segno – ha affermato don Orazio Tornabene, direttore Caritas Acireale - possono nascere per esempio come segno tangibile della carità a seguito di eventi calamitosi quali per esempio i terremoti. Si tratta in alcuni casi di segni condivisi poiché le Caritas diocesane si gemellano fra loro. La nostra in passato ha ricevuto la richiesta di gemellaggio da parte delle diocesi del Piemonte mentre noi ci siamo uniti con L’Aquila a seguito del terremoto”. Le opere-segno non vanno intese come interventi straordinari: “La loro realizzazione è espressione di una carità ordinaria. Ciascuna diocesi, grazie ai fondi dell’8xMille o alle collette, progetta queste opere perché rimangano nel tempo e vengano utilizzate per fronteggiare emergenze sociali”, ha chiarito l’operatore Giuseppe Gulisano, già direttore della Caritas diocesana di Acireale. Una delle opere-segno sorte nella nostra diocesi è il dormitorio di Aci S. Antonio attraverso il progetto C.a.s.a. rivolto ai senza fissa dimora, inaugurato nel novembre del 2017. Per Santa Venerina, dopo il sisma del 2002, Caritas italiana stanziò un contributo per la realizzazione di un centro inter-parrocchiale. Sulla sua realizzazione incisero sin da subito responsabilità ecclesiali e civili. Oggi è ancora un’opera irrealizzata e non è tanto sulle colpe che bisogna soffermarsi ma sul senso di responsabilità che avrebbe dovuto esserci negli addetti ai lavori. Le opere-segno, è chiaro, non sono la soluzione ai numerosi problemi di povertà ed esclusione sociale; indicano piuttosto alla comunità ecclesiale e a quella civile il dovere della presa in carico dei soggetti più deboli. Solo così la responsabilità assunta da “ciascuno secondo la sua capacità” (Mt 25,14) diventa feconda nella progettualità rivolta alla ricerca del bene comune, nella promozione della solidarietà e della fraternità.
OPERA SEGNO - 3 Due tesi: la parola al sindaco Salvatore Greco e al consigliere di opposizione Giuseppe Marano
Il “no” politico che spazza una soluzione possibile
Salvatore Greco
Giuseppe Marano
Sulla vicenda si intersecano anche i lavori del consiglio comunale di Santa Venerina. Il sindaco Salvatore Greco ci svela che “l’esigenza di vendere il terreno in cui doveva sorgere l’opera segno e, successivamente, il salone parrocchiale di via Martoglio, è stata prospettata a settembre dell’anno scorso dal parroco don Giovanni Marino supportato da alcuni parrocchiani del consiglio affari economici tra cui Salvatore Raciti, consigliere di opposizione. Come giunta abbiamo accertato la possibilità di acquisire questi beni e prevederli nel bilancio perché ritenevamo che potessero tornare utili alla collettività. Avevamo trovato pure una fonte per acquisirli. In giunta avremmo senz’altro dato il via libera a quest’operazione ma occorreva il passaggio in consiglio comunale”. Nel bilancio 2017 l’amministrazione comunale di Santa Venerina aveva previsto alcuni investimenti per opere utili al paese e l’accensione di un mutuo di 200mila euro per acquisire i due immobili di proprietà delle parrocchie di Santa Venera, Sacro Cuore e Dagala. Il tam – tam consiliare è iniziato il 3 novembre scorso e si è concluso il 27 dicembre con l’approvazione dello strumento finanziario dell’ente svuotato dalle previsioni di spesa. Bocciato pure il reinserimento per il 2019 del mutuo. Da qui nasce il disappunto del sindaco Salvatore Greco: “Sono rimasto male per questo esito perché comprendo che l’opposizione abbia bocciato gli altri mutui portati in consiglio ma non comprendo la bocciatura di quello proposto per acquistare i due beni che avrebbero permesso alle
parrocchie di investire sulla struttura dell’ex canossiane. Pur di andarmi contro - ha aggiunto il sindaco Greco hanno detto no anche a questo mutuo che sarebbe stato pagato a partire dal 2019 e di cui non avrei avuto beneficio politico certo”. Ad argomentare le ragioni della bocciatura è il consigliere d’opposizione Giuseppe Marano: “In occasione dell’approvazione del bilancio scopriamo che il terreno è in vendita e viene proposto all’acquisto del Comune attraverso un mutuo per il 2019. Conosciute le difficoltà economiche dell’Ente, realisticamente fuori dal dissesto economico chissà ancora quando, una sua ulteriore esposizione economica-debitoria per complessivi € 1.000.000 (compresi altri mutui) è apparsa subito responsabilmente improcedibile. Sembrò ancor più atipica la forzatura a deliberare oggi per il 2019, anno quando sarà legittimato il Consiglio in carica a farlo e non questo”. Secondo Giuseppe Marano molte delle responsabilità sono da imputare anche a Caritas italiana: “Da questo episodio – ha aggiunto – è emerso l’amaro disimpegno economico della Caritas verso il nostro territorio e la nostra popolazione con la rinuncia a realizzare la struttura sociale promessa e tanto attesa che si inquadrata nel panorama della ricostruzione post-sisma 2002. La cattiva notizia si sarebbe assorbita meglio se la Caritas avesse riscattato, e messo a disposizione delle parrocchie, la parte mancante dell’istituto canossiano di via Mazzini”.