Anno LVIII - N. 11
Domenica, 20 dicembre 2015
LA Jonio VOCE € 1,00
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DIMORE ACESI - 6
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www.vdj.it lavocedelljonio@hotmail.it
Periodico cattolico fondato da Orazio Vecchio
INTERVISTA - 1
Palazzo Pennisi di Santa Margherita ospitò la regina Margherita di Savoia Gabriella Puleo
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INTERVISTA - 2
Don Fortunato Di Noto sulla lotta alla pedofilia sulla sfida del terrorismo e sull’emergenza migranti Ileana Bella
Auguri di Buon Natale e felice Anno nuovo
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INTERVISTA - 3
Don Orazio Tornabene parla della vocazione e del suo essere “sacerdote per sempre” Maria Grazia Patanè
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Parla Johnny Dotti “Nuovo welfare oggi sono nuove forme di convivenza civile” Salvo Tomarchio
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Il Giubileo Eventi e riflessioni che caratterizzano questo tempo straordinario per chi vuole riconciliarsi con Dio e sé stesso
Invito a vivere un anno nella gioia del cuore
Il “Giubileo della Misericordia” indetto da Papa Francesco è un invito a vivere un anno nella gioia del cuore, perché liberato dallo stato di torpore o di angoscia, in cui ciascun uomo si può trovare, a causa dei suoi errori, viene rinnovato dalla grazia del perdono. Chi non ha provato l’esperienza della riconciliazione dopo una lite, con una persona cara? Sapersi ancora amati, dopo aver commesso un torto, e riconciliati dopo aver chiesto “scusa!” per la balordaggine commessa, rimette a chiunque le ali e fa ripartire nel cammino della vita. In un tempo – come il nostro – in cui perfino i rapporti familiari sembrano fallire e non dare più alcuna garanzia di stabilità e sicurezza, tra fratelli o tra coniugi, il Papa ha ritenuto che l’uomo abbia bisogno di recuperare la sua capacità di amare e di provare a sperimentare – pur nella fragilità del suo essere – la sua volontà di prendere a cuore e di avere cura della cose a cui maggiormente tiene, a partire da sé stesso. Che cosa di più grande che rafforzare i sentimenti che spontaneamente scaturiscono da un cuore che ama, capace di spendersi totalmente? Misericordia, infatti, termine composto dal verbo “miserere” e dal termine “cor”, sta ad indicare la capacità del cuore di provare sentimenti di vicinanza per chi è nel bisogno. Misericordioso è chi ha compassione, chi si accosta e consola chi si trova in difficoltà... e non soltanto in assenza di beni o risorse materiali (alimenti, vestiti, casa, lavoro...) ma anche chi è privo di affetti, chi non ha più stima di sé, si sente fallito, chi non ha fiducia e non si avventura e non prende iniziative, chi non avverte in sé alcun motivo per continuare a vivere,... Un anno per riconciliarsi con la propria vita, ambiziosa di grandi aspirazioni e di grandi ideali, ma nello stesso tempo fragile e soggetta a errori, a incapacità di scelte oculate e buone, a scivolate per superficialità o incoscienza... fino agli errori, con calcoli precisi di conquiste di “benessere” talvolta fallace e ambiguo. Teresa Scaravilli (continua a pag. 2)
Vicinanza per chi è nel bisogno Don Marco: “La Giustizia di Dio è radicata e nella misericordia” Don Marco Catalano, nuovo Rettore del Seminario vescovile e vice cappellano del Serra Club, ci rilascia un’intervista sul Giubileo della Misericordia. Potrebbe essere ammesso un sostenibile rapporto tra l’infinita Giustizia di Dio e la Giustizia umana? “Sì, nel senso che la Giustizia di Dio è radicata nella Verità e nella Misericordia: nella misura in cui la giustizia umana è capace di tener conto della verità e della misericordia si avvicina alla giustizia divina. La giustizia dev’essere sempre pensata e coniugata con la Verità e la Misericordia, mentre l’uomo tende ad assolutizzare la giustizia, intesa come un ‘do ut des’.” Come il diritto romano fu considerato sul piano della Giustizia all’avvento del Cristianesimo con l’imperatore Costantino? Ci fu un’integrazione o no? “Non sono un esperto di diritto romano. Credo che una delle questioni saltate fuori fu il problema della dignità della persona, mentre i Romani dividevano i cittadini in classi sociali con dignità ben distinta. Il Cristianesimo invece afferma l’unica dignità di figli di Dio per tutti gli uomini. E’ chiaro che ciò ha significato il rivedere le basi del diritto che regolano il vivere civile.” Anna Bella (continua a pag. 7)
DIOCESI Il Vescovo mons. Raspanti dopo l’apertura della Porta Santa nella Cattedrale affollata di fedeli
”Mai come oggi l’uomo ha bisogno di misericordia” Domenica 13 dicembre si è ufficialmente aperto anche nella nostra diocesi l’Anno Santo straordinario della Misericordia. Indetto dal Santo Padre Francesco, l’anno giubilare è stato inaugurato con la tradizionale apertura della porta santa nella chiesa Cattedrale diocesana; la cerimonia è stata presieduta dal vescovo mons. Antonino Raspanti alla presenza del vescovo emerito mons. Pio Vittorio Vigo nonché di tutti i parroci della città. Papa Francesco ha voluto in occasione di questo giubileo estendere tale atto, finora limitato alla Basilica di San Pietro in Vaticano, a tutte le cattedrali del mondo ma anche a santuari che nelle
varie diocesi rivestono particolare importanza e nei quali lungo l’intero anno giubilare è possibile lucrare l’indulgenza plenaria. Nella nostra diocesi, per esempio, è stata aperta la Porta Santa nei santuari mariani di Valverde e Vena. La solenne cerimonia si è iniziata con la ‘statio’ nel corso della quale, nella Basilica Collegiata di San Sebastiano martire, è stata data lettura della Bolla pontificia di indizione del Giubileo. Dopo la proclamazione della pericope evangelica del ‘padre misericordioso’, Nando Costarelli (continua a pag. 7)
DIOCESI Si intensificano le inziative: nel 2016 l’avvio di diversi progetti. Dal 2011 sono 124 “passaggi” registrati
MAGMA Nello speciale intervista a Frammartino
Senza dimora: la Caritas di Acireale in prima fila
”Ad Acireale si ama il cinema”
“Lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro in albergo” (Lc 2,7). Il racconto della nascita di Gesù ci ricorda la condizione di forestieri di Giuseppe e Maria. In piena notte, non trovando alcun alloggio, i due si accontentano di un posto di fortuna: una grotta, lungo la strada. I genitori del figlio di Dio non avevano alcuna “dimora”, così come oggi accade per oltre 50mila persone che, secondo quanto rivela l’indagine nazionale “Follow up”, in Italia vivono in strada. Lo studio è stato condotto dalla Federazione ita-
liana organismi per le persone senza dimora nel corso del 2014 in collaborazione con il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, l’Istat e la Caritas italia-
na attraverso il coinvolgimento di un migliaio i volontari. In parallelo è stata realizzata anche la prima indagine nazionale sulle Unità di strada (UdS) che ha permesso di mappare 229 unità che offrono supporto relazionale e assistenza ai senza dimora. Tra queste fa parte anche la Caritas diocesana di Acireale, impegnata da tempo nel servizio ai senza dimora sia nella propria sede che in strada. A tal proposito abbiamo chie-
sto un focus sulla nostra diocesi a Giuseppe Gulisano, direttore della Caritas di Acireale. Dal 2011 a oggi sono stati 124 i passaggi registrati di cui 98 uomini e 26 donne. Di questi la maggior parte sono italiani (78), seguono i marocchini (14), i polacchi (11), i romeni (10), i tunisini (6), due argentini, un tedesco, uno srilankese, un mauriziano. Dei 124 in 69 hanno chiesto e ottenuto assistenza in sede o in strada da parte dei volontari della Caritas diocesana, di cui 49 uomini e 20 donne. Domenico Strano (continua a pag. 2)
Grande successo per la IV edizione di Magma, il festival di cortometraggi promosso dall’associazione Scarti. Venticinque le opere in concorso. Premio Lorenzo Vecchio a “Papa”, cortometraggio realizzato dalla coppia estone Bassovskaja – Mich. Frammartino Girlin. Riconoscimento speciale per “Deus in machina” diretto da Nicola Piovesan. Abbiamo intervistato il regista Michelangelo Frammartino, presidente della giuria. Monica Trovato (speciale pag. 5
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In Seconda
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DIMORE ACESI - 6 Tra corso Savoia e via Currò il palazzo dei baroni Pennisi di Santa Margherita ZAFFERANA Manutenzione speciale
Ospitò la regina Margherita di Savoia Corso Savoia, l’antica via Carolina, è un susseguirsi di palazzi con importanti facciate. Tra di essi spicca il palazzo dei baroni Pennisi di Santa Margherita, al civico 32. Le origini della famiglia Pennisi sono molto antiche e i suoi componenti hanno spesso ricoperto cariche importanti nel contesto sociale e politico della città. Salvatore, maestro notaro della Corte Giuratoria di Acireale acquistò il feudo di Floristella con investitura il 26 febbraio 1782. Angelo Maria, dottore in giurisprudenza fu investito del feudo di Floristella il 15 febbraio 1788, mentre Giacomo fu infeudato del territorio di Santa Margherita il 28 novembre 1803, titolo trasmesso poi al nipote Angelo Maria nel 1808. Non ci sono notizie certe sulla data di costruzione del palazzo e dell’architetto che lo progettò, ma, probabilmente, colui che lo volle nel suo stato attuale, unificando le costruzioni già esistenti, fu il barone Pasquale Pennisi di Santa Margherita che ricoprì la carica di sindaco di Acireale per ben tre volte, nel 1861, nel 1888 e nel 1900. Il tracciato principale non era il Corso Savoia, ma via Currò; infatti, il prospetto principale che oggi possiamo ammirare venne realizzato, probabilmente, nella seconda metà dell’800. Riunire le varie costruzioni e realizzare la bella facciata deve essere stato un susseguirsi di eventi che portarono i proprietari dell’epoca a rendere magnifica anche al suo interno la sontuosa dimora. Anche in questo palazzo, come negli altri di nobili possessori acesi, vennero ospitati personaggi illustri: qui la Regina Margherita di Savoia fu ricevuta con tutti gli onori che si confacevano al suo rango nel 1881. Il barone Pasquale nacque nel 1845 e si unì in matrimonio con Grazia Calì. La cop-
pia ebbe ben nove figli, tre maschi e sei femmine. Il titolo di barone venne trasmesso al primogenito maschio, Giuseppe, che sposò il 4 giugno 1904 Maria Paternò Castello dei Marchesi di San Giuliano. Altri cinque figli del barone Pasquale si unirono in matrimonio con persone appartenenti a famiglie di spicco della nobiltà e dell’alta borghesia dell’epoca, mentre il cavaliere Salvatore e le figlie Rosina e Carmelina non si sposarono e risedettero sempre nel palazzo di famiglia. Il barone Giuseppe Pennisi e Maria Paternò Castello ebbero un matrimonio felice come si evince dall’epistolario fra i due coniugi (vedi Marcello Proietto, Indici dell’epistolario della famiglia Pennisi di Santa Margherita di Acireale, Accademia di Scienze Lettere e Belle Arti degli Zelanti e dei Dafnici, Acireale 2015) spesso distanti per l’attività politica del barone eletto più volte deputato del Regno. Maria era una donna colta e raffinata, e la sua vita si svolgeva nell’accudire amorevolmente il figlio, Pasqualino, nella devozione nei confronti del coniuge e, allo stesso tempo, presenza attiva nella società cittadina dell’epoca. Maria era stata educata e aveva portato a compimento i suoi studi nel prestigioso Collegio Sacro Cuore Trinità dei Monti a Roma, retto da una congregazione
di suore di origine francese. Ella compare anche nell’elenco delle nobildonne della Compagnia delle Dame di Carità di San Vincenzo de’ Paoli costituita dal primo vescovo di Acireale Gerlando Maria Genuardi. Giuseppe e Maria per una strana coincidenza nacquero nella stessa casa. I genitori di Maria stavano trascorrendo un periodo di vacanza nella tenuta di campagna della famiglia del barone Pasquale quando, anticipando sulla data prevista, la piccola decise di venire al mondo. Allora i mezzi di trasporto non erano veloci e comodi e Pasquale offrì la sua casa di Acireale come posto sicuro e più confortevole per far venire al mondo la bimba. Ma le coincidenze o il destino non si fermano qui ad unire indissolubilmente questi due cuori. Infatti quando la baronessa lascerà questa vita il 23 gennaio 1965 Giuseppe la seguirà appena poche settimane dopo. Il ricordo della scomparsa del barone è ancora vivo nelle generazioni successive in quanto si narra che egli, la mattina del 14 febbraio del 1965, preparandosi con cura e avendo consumato come di consueto il pasto a casa, disse ai suoi familiari che si andava a sdraiare nel proprio letto per raggiungere la sua amata. Fu trovato morto poco dopo. Nessuno saprà mai se il barone in un momento di sconforto per la perdita dell’amata moglie abbia voluto fare un gesto estremo ma, da quel momento, i due coniugi saranno uniti per l’eternità. Oggi una parte del palazzo è ancora abitata dai familiari di Giuseppe, infatti il nipote barone Francesco Pennisi di Santa Margherita pur essendo nato a Roma e avendo vissuto per buona parte della sua vita fuori dalla Sicilia è tornato nella casa dei suoi avi. Gabriella Puleo
LIBRI L’epistolario della famiglia Pennisi di Santa Margherita dello studioso Marcello Proietto
Preziosa testimonianza di vita tra ‘800 e ‘900
Lavori nelle scuole Novità nel settore dell’edilizia scolastica nel comune di Zafferana Etnea. Sono stati effettuati interventi di manutenzione straordinaria in quattro edifici scolastici della cittadina etnea e altri sono in programma. Responsabile unico del procedimento è l’ing. Ennio Costanzo che si avvale dell’opera del tecnico di supporto, ing. Antonio Casella. Il primo intervento ha riguardato la palestra del circolo didattico “ Matteo Maglia “, dove sono stati eseguiti lavori di manutenzione straordinaria
di copertura e interventi all’ingresso della struttura dalla via della Montagna. L’importo complessivo dei lavori è stato di € 443.000,00 e sono stati eseguiti dalla ditta “ Di Maria “ di Santa Venerina. Si è già proceduto al collaudo strutturale. Il secondo intervento ha interessato la scuola media di via Vittorio Emanuele, sezione di Fleri. I lavori di manutenzione straordinaria, eseguiti dalla ditta “Costruzioni generali edilizia srl”, sono cominciati a luglio e sono stati eseguiti celermente in modo da garantire il regolare inizio dell’anno scolastico.Tecnico della progettazione è stato l’ing. Davide Romeo. Sono ancora da completare, invece, i lavori esterni che riguardano la realizzazione di una scala di accesso dal piazzale
fascismo, con Giuseppe Grassi Voces, figlio del senatore del Un lavoro certosino, accurato, preciso, mela prima guer- Regno Michele Grassi Pasini. Grassi Voces ticoloso. Marcello Proietto è l’artefice del riorra mondiale e il era il rappresentante della Lista Municipale e dino dell’epistolario Pennisi di Santa Marghesentore di una nello scontro politico si formarono due faziorita, frutto di impegno e alta professionalità. seconda guerra ni, gli scioani sostenitori di Pennisi di Santa Indici dell’epistolario della famiglia Pennisi di che purtroppo ci Margherita e i baiocchi sostenitori del Grassi Santa Margherita di Acireale edito dall’Acsarà alcuni anni Voces. cademia di Scienze, Lettere e Belle Arti degli dopo. Maria è Il volume di Marcello Proietto, cultore di Zelanti e dei Dafnici è un’opera che rimarrà una donna col- Storia Medievale e Paleografia Latina presso il una pietra miliare nelle pubblicazioni dell’Acta, raffinata e la Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Ucademia. partecipazione niversità degli studi di Catania ed esperto in Tutto ha inizio negli anni ’70 del secolo alla vita sociale beni archivistici e librari, merita attenzione. scorso, quando la famiglia Pennisi di Santa della sua città L’autore, con grande abnegazione, è stato un Margherita, una delle famiglie acesi più in vista e di nobili natali, decide di regalare all’Acla rende parte esperto e profondo conoscitore non solo della cademia degli Zelanti e dei Dafnici il carteggio attiva dei fermenti sociali e culturali, non di- nobile famiglia Pennisi ma anche della storia dei suoi avi e in particolare la corrispondenza menticando, allo stesso tempo, l’assistenza ai patria di quegli anni. Oggi, oltre alla pubblicatra il barone Giuseppe Pennisi, la moglie Ma- meno fortunati e ai bisognosi, impegno tipico zione libraria, l’epistolario è ben conservato in ria Paternò Castello dei Marchesi di San Giu- delle nobildonne dell’epoca. dieci faldoni ad uso di studiosi e ricercatori di liano e il loro unico figlio Pasqualino. Nell’agguerrita lotta politica Giuseppe Pen- storia locale e nazionale. Il poderoso epistolario si compone di oltre nisi ebbe come concorrente diretto l’avvocato G. P. 5000 unità tra lettere, cartoline e missive di vario genere e si snoda lungo un periodo di tempo compreso tra il 1894 e il 1938. Anni di grandi cambiamenti in tutti i setci il Padre!”. Per questo egli può dire: to dell’8xmille “Insieme si può”. Scopo tori: l’avvento di nuove invenzioni che rivoluzioneranno lo stile di Nell’itinerario giubilare, il Santo Padre, “Qualunque cosa abbiate fatto al più del percorso del network Housing first vita di molti cittadini; il fermento propone questo pellegrinaggio dentro piccolo di questi miei fratelli, l’avete fat- è diffondere una nuova cultura per un politico con il cambiamento della il nostro cuore per giungere alla “porta to a me!”. “Non voglio sacrifici né offer- abitare sociale, sostenibile e inclusivo società e i Savoia al potere. Grandi del cuore di Cristo” da cui assorbire lo te!”, ma nel giorno in cui egli verrà nella rivolto a superare il problema dell’hogloria per giudicare i vivi e i morti, dirà melessness (senzatetto) attraverso soeventi anche nell’ambito letterario stile di Misericordia. e culturale in genere: sono gli anni Il volto di Cristo, infatti, rivela il a ciascuno di noi: “avevo fame, avevo luzioni innovative e sperimentali già dei grandi poeti come D’Annun- cuore del Padre, “ricco di grazia e mi- sete, ero nudo,... ero malato, ero in car- attuate in alcuni paesi del nord Europa. zio, che si spegnerà proprio nel sericordia”, capace di perdono fino a cere, ero sfiduciato, triste, abbandonato, Tornando all’indagine a livello naziona1938. settanta volte sette, disposto sempre ... e mi hai dato ...., vieni alla mia destra le, la metà dei 50.724 homeless viva al nord (56%), area del Paese dove è anche Il fondo assume grande im- a rinnovare il suo patto di amore con e partecipa alla gioia del tuo Signore!” L’invito a riscoprire il valore delle maggiore l’offerta di servizi. portanza non solo perché è uno chiunque lo “cerca con cuore sincero”. Per quanto riguarda la ripartizione spaccato di vita di una nobile faIl volto di Cristo, rivelatoci dai Van- opere dette di “misericordia” corporali miglia a cavallo tra l’800 e il ‘900, geli è quello dagli sguardi profondi, o spirituali, come le abbiamo imparate geografica il 25% vive al centro e solo ma è una testimonianza diretta capaci di fissare le pupille di ciascuno al tempo del Catechismo per preparar- il 20% nel Mezzogiorno, dove peraltro della vita dell’epoca. Le missive e parlargli cuore a cuore. “Lo fissò e lo ci alla nostra prima Comunione e alla rispetto al 2011 le presenze aumentano tra Giuseppe e Maria sono tenere, amò”, leggiamo quando chiama a se- Cresima, suggeriteci dal Papa, sono un del 2%. La stragrande maggioranza dei ma al tempo stesso testimoniano guirlo, o quando parla al giovane ricco modo concreto per riscoprire in noi senza dimora (85,7%) è uomo, gli stracome tra i due coniugi ci fosse una che gli chiedeva cosa dovesse fare per quei sentimenti di compassione di cui il nieri sono poco meno del 60% (58,2%), perfetta intesa non solo legata al avere la vita eterna. Gesù parla guar- nostro cuore è ancora capace, pur in un l’età media è di 44,4 anni, in aumento rapporto coniugale ma anche una dando negli occhi e in essi legge il bi- clima di apparente egoismo, rafforzato anche in considerazione della diminuintesa intellettuale, che li portava sogno di liberazione. Libera dalla ma- dalla paura e dalla diffidenza in cui sia- zione dei più giovani tra gli stranieri (diminuiscono gli under 34 da 46,5 al a colloquiare e a disquisire di ar- lattia, dal male , da ciò che ciascuno si mo caduti in questo secolo. Buon cammino nella gioia dell’in- 35,6%). Chi è povero è sempre più pogomenti di varia natura. L’attività porta addosso e aggiunge : “Ti sono politica di Pennisi sarà lunga: elet- perdonati i tuoi peccati! Va’ e non pec- contro tra chi si ama e chi sa di essere vero: la stessa persona frequenta 5 volte alla settimana gli stessi servizi per to deputato per ben quattro legi- care più!”, per poter cominciare una vita amato. Teresa Scaravilli mangiare e 3 volte a settimana gli stessi slature dal 1913 al 1929, svolgerà nuova, gli viene offerta un’altra oppordormitori per dormire; e vive in strada la sua intensa attività nella capita- tunità per osare un nuovo cammino, rida oltre quattro anni: sono circa 30mila le, ma il cuore e gli affetti restano dando stima, fiducia... le persone senza dimora croniche. Si nella sua Acireale. Le lettere all’aIl volto di Cristo è impresso in ogni .Nel 2016, ha aggiunto Giuseppe stima, infine, che sono1.000 i povedorata moglie toccano argomenti persona creata a immagine e somiglianintensi, importanti, come la sua za di Dio: Come Gesù è l’immagine del Gulisano, prenderanno il via alcuni ri all’anno in più che si aggiungono ai attività di deputato che si snoda Padre, “Chi vede me vede il Padre”, dice progetti a favore dei senza dimora tra marginali di sempre. Domenico Strano dal governo Giolitti all’avvento del a Filippo che gli chiede :”Gesù, mostra- cui “Housing first” e il nuovo proget-
dell’ufficio postale di Fleri. L’importo complessivo dei lavori a base d’asta ammonta a € 150.000,00. Il terzo intervento riguarda l’Istituto Comprensivo “ Federico De Roberto”. Infatti, è stato erogato dal Ministero della Pubblica Istruzione un finanziamento di € 309.000,00 per la messa in sicurezza della struttura scolastica. Si è già nella fase della progettazione esecutiva. I lavori, che cominceranno nell’estate del prossimo anno, prevedono il rifacimento di tutte le coperture e della facciata del fabbricato e dell’annessa palestra. Il quarto intervento, grazie ad un finanziamento di € 220.000,00, interesserà la scuola Materna di via Nuova Bonanno, e prevede interventi di m a nu t e n z i o n e straordinaria per eliminare tutte la cause di umidità dalla copertura e dalle fondamenta. I lavori dovrebbero cominciare la prossima estate. Inoltre il comune di Zafferana Etnea ha partecipato ad un bando che prevede l’accesso ad un finanziamento per la verifica strutturale di tutti i solai dei nove edifici scolastici di proprietà del Comune. L’ing. Antonio Casella, che attualmente si sta occupando delle problematiche relative agli edifici scolastici, ha dichiarato che è cresciuto il livello di attenzione che i tecnici comunali stanno riservando a questo settore e ben presto si darà seguito anche alla verifica e messa a norma di tutti gli impianti tecnologici. Il comune di Zafferana, infine, si adopererà per beneficiare di ulteriori contributi pubblici. Giuseppe Russo
dalla prima
Un anno nella gioia del cuore
La Caritas per i senza dimora
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Cultura e Società
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INTERVISTA Don Fortunato Di Noto parla della lotta alla pedofilia, del nuovo terrorismo e delle migrazioni
“Cristianesimo senza condizioni” Don Fortunato Di Noto è un sacerdote, Vicario foraneo della città di Avola (Sr) e parroco di una zona periferica della Città. Un sacerdote al servizio di tutta la comunità, ma soprattutto al servizio della difesa di bambini abusati e maltrattati. Un prete che, come si definisce lui stesso, “non è fuori dal mondo” e come tale non può girarsi dall’altra parte venendo a conoscenza di abusi su minori: da qui nasce nel 1989 l’Associazione Meter, di cui, don Di Noto, ne è presidente. Don Di Noto era intervenuto al meeting “Uniti per la famiglia”, svoltosi ad Acireale lo scorso 25 Ottobre, durante il quale ha dimostrato che si può migliorare la nostra società aprendo gli occhi davanti a quelli che sono i problemi reali, perché solo così si può trovare una soluzione di dialogo comune. Tutto questo può essere possibile in un mondo in cui alcuni uomini hanno dimenticato i veri valori, un mondo che oggi sta affrontando un grosso problema: il terrorismo. Di questa questione e della sua missione abbiamo parlato con don Fortunato Di Noto. Quando ha deciso di intraprendere la carriera ecclesiastica? “Più che carriera è stata una ‘risposta’ ad una chiamata che è maturata ed è ancora in cammino di conversione. E’ iniziata molto tempo fa, ho 52 anni, e ricordo ancora quando a 7/8 anni portavo sempre con me un libro (copertina rossa) non era un manuale comunista, ma un libro della vita che mi permise di conoscere Gesù, il Vangelo. Sono entrato in Seminario, però a 23 anni, dopo aver vissuto la mia vita da adolescente. Dopo le scuole superiori, sono entrato in seminario a Noto, ho studiato allo studio teologico a Catania, poi alla Gregoriana e ho anche studiato Bioetica, negli ultimi anni”. Quale è l’input che l’ha portata a creare l’associazione Meter? “Aver avuto il dono di ascoltare i neonati abusati che mi dicevano di aiutarli e che vidi nel 1989 in alcune foto che passavano con l’allora ‘preistorico’ Internet. Mettendo le mani nelle piaghe del dolore dell’innocenza, ho iniziato a gridare seriamente per loro, contro il silenzio, l’indifferenza, l’omertà, la stupidità intelligente che non voleva ammettere il dramma. Se non l’avessi fatto non avrei accolto e aiutato migliaia di vittime e segnalato in Italia e nel mondo tre milioni di siti e portali pedopornografici con centinaia e centinaia di bambini violati, abusati, maltrattati, uccisi dopo un abuso, anche centinaia di neonati”. Quando nasce Meter? “Nasce nella comunità della Madonna del Carmine, con un gruppo di giovani volontari, oggi le colonne portanti di una realtà
che ha travalicato i confini siciliani, italiani ed europei. Una realtà con poche risorse, ma con una volontà operativa e professionale encomiabile. E’ una struttura con molteplici servizi: dal Centro di ascolto e accoglienza, al centro adozioni internazionali e la scuola alla genitorialità, all’Osmocop (Osservatorio Mondiale contro la pedofilia e la pedopornografia), ai progetti nazionali e internazionali, al servizio nelle diocesi e nelle parrocchie. Per saperne di più credo sia meglio consultare il sito www.associa-
zionemeter.org”. Quali sono stati gli obiettivi che l’associazione ha raggiunto fino ad oggi? “Una domanda che richiederebbe un libro. Ogni anno rendiamo pubblico il Report Meter. Non ci sono solo numeri ma la presentazione di un lavoro capillare, attento, solidale, innovativo. Noi abbiamo scelto lo stile di vita dei fatti, i fatti ci rendono credibili. Siamo certamente un pungolo serio e una proposta con un patrimonio conquistato con fatica e determinazione”. Cosa, a suo parere, manca nella famiglia di oggi e cosa possiamo fare per migliorarle? “La famiglia esiste. Non manca nulla, è però disorietanta, confusa. Malata con metastasi che devono essere curate, nell’oggi. Non credo che la famiglia naufragherà. Evidentemente ha necessità di sostegno, risorse e di essere riamata da una società permeabile da minoranze che impongono con meccanismi di mercato, l’individualismo e la cultura relativista”.
RECENSIONE Il vescovo mons. Evasio Colli nel libro di Antonio Patanè
Fece maturare la diocesi Antonio Patanè, Evasio Colli V vescovo di Acireale, pp. 160, euro 15, Algra Editore, 2015. Abbiamo letto con interesse il saggio “Evasio Colli. V vescovo di Acireale” di Antonio Patanè, docente di Lettere e collaboratore della cattedra di Storia Moderna del Dipartimento di Studi Politici e Sociali dell’Università degli Studi di Catania. Egli ha indirizzato il suo interesse storico e storiografico su una figura di presule poco studiata, che fu nominato vescovo di Acireale e vi rimase dal 1927 al 1932. Proveniente dal Monferrato, fu chiamato da Pio XI per dirimere le tante controversie che avevano reso difficile la vita al suo predecessore mons. Fernando Cento, poi nominato nunzio apostolico all’estero. La ricostruzione di questo breve, ma intenso, periodo di episcopato di mons. Colli è stata sviluppata da Patané attraverso l’analisi di documenti dell’Archivio di Stato di Catania, della Curia Vescovile di Acireale e della pubblicistica del tempo riuscendo a delineare con chiarezza l’opera del presule tra pastorale e catechesi, eruzione dell’Etna del 1928 che travolse Mascali, i convegni diocesani, i riflessi dei Patti Lateranensi del 1929,e gli scontri istituzionali
ACIREALE Ricordo dell’umanista nato a Palermo e stabilitosi a Guardia
con le gerarchie del potere politico locale del fascismo e le molteplici vertenze sacerdotali. L’esito della ricerca è sicuramente interessante perché approfondisce la conoscenza non solo della forte personalità del presule e la sua prudenza nell’affrontare le questioni più spinose raggiungendo risultati a prima vista difficili da raggiungere, ma anche le sue innegabili capacità pastorali unite all’attenzione per i grandi eventi dell’epoca. Con le sue iniziative riuscì anche ad “inserire la giovane Diocesi acese nei circuiti ecclesiastici nazionali e quindi a farla ‘crescere’ e maturare ancor di più”. L’autore riconosce che altri studiosi non si sono espressi sempre favorevolmente nei confronti di questo vescovo, ma oggi, alla luce della documentazione di cui si dispone, occorre uno sguardo più sereno sulla sua opera, al suo arrivo e nei primi mesi vista con sospetto, ma poi riconosciuta nel suo valore, tanto da lasciare sorpresa e scontenta la popolazione acese quando giunse nel maggio 1932 la notizia del suo trasferimento nella diocesi di Parma per poi continuare il suo apostolato nel 1939 anche con la carica di responsabile generale dell’Azione Cattolica. Giovanni Vecchio
Davanti ai fatti degli ultimi giorni, con l’attacco di Parigi e il sopravvento di questi gruppi fondamentalisti, qual è la sua opinione? “Chi uccide in nome di Dio, bestemmia. Lo ha detto Papa Francesco. Impressiona che molti di loro sono figli di questa Europa, nati e cresciuti in questa terra. Una terra insanguinata con lo stesso sangue di europei islamizzati. Mi fa interrogare che nessuna voce ‘pacifista’ si esponga, agisca. Mi rattrista anche che le voci di alcuni ‘cristiani’ invochino la morte, la guerra, l’eliminazione del nemico. Ho una soluzione? Il dialogo è necessario, anche se duro, ma il dialogo realizza il sogno di una umanità e civiltà dell’amore”. Giorno 8 ha avuto inizio il Giubileo. Come considera l’iniziativa proposta dal Papa? Pensa anche Lei, come il Papa, che non si debbano blindare le porte di San Pietro in occasione dell’evento? “Se ci vogliono colpire, si faranno esplodere in qualsiasi parte e luogo. Siamo realistici, per entrare a san Pietro ti controllano. E sarà sempre più esteso questo controllo. Nessuna volenza può piegare la misericordia di Dio e il cammino di conversione dei credenti”. Cosa ne pensa dell’immigrazione? Il governo italiano davanti ai fatti di Parigi ha deciso di lasciare aperte le frontiere, mentre i francesi hanno intenzione di chiuderle perché temono ci siano terroristi tra chi davvero fugge dalla guerra. Qual’è la sua opinione a tal proposito? “Ero forestiero e mi avete accolto. La penso così. Il cristianesimo non si può imporre restrizioni e confini. Tutti dobbiamo rispondere all’invito di Gesù Cristo e a quello del Papa. Anche se ciò significa anche sottostare alle disposizioni, per l’accoglienza, di ogni Stato, e quindi del nostro. Dispiace molto il business dietro e dentro il fenomeno migratorio. E rattrista che non ci sia – qualche volta- una porta aperta per chi ha bisogno, italiano o straniero. Tutti si è uomini e umani”. Come, a suo parere, dovremmo comportarci davanti agli immigrati, sapendo che alcuni di questi si lamentano della nostra cultura? Le istituzioni dovrebbero avere più il pugno fermo e far valere le nostre tradizioni? In poche parole: dovremmo noi integrarci con loro o loro integrarsi con noi? “Dobbiamo convivere con corresponsabilità, rispetto delle regole e delle leggi: tutti immigrati e italiani. Non avere paura dell’altro. La paura genera terrore e, questa, paralizza. E’ un cammino, faticoso ma possibile. Smettiamola di generare distanze”. Ileana Bella
ACIREALE Presentato il secondo libro: Francesco Manna stavolta parla di sé
I libri di Di Maggio alla parrocchia Dopo la scomparsa della moglie Graziella Riccardo Di Maggio insigne professore, acese di adozione, a distanza di quasi 4 lustri dalla sua scomparsa è ancora nel cuore di coloro che ebbero la fortuna di conoscerlo e stimarlo dal punto di vista professionale e umano. “Oblitus Obliviscendus” è non solo il motto che il professore scelse per partecipare al “Premio Nazionale di Narrativa” intitolato al giornalista Gandolin (pseudonimo di Luigi Arnaldo Vassallo) ma è anche il titolo del libro curato dalla compianta professoressa Pinella Musmeci, poco prima della sua scomparsa. Nel 1948 Di Maggio inizia la sua brillante carriera di docente, che svolgerà con tanto amore e passione fino all’età pensionabile. Purtroppo, un malore improvviso lo strapperà ancora nel vigore degli anni alla sua famiglia. L’impegno della professoressa Musmeci è encomiabile perché ha tolto dall’oblio della memoria questa figura di eccellente studioso, scrittore e giornalista, sottolineandone la vivacità intellettuale e culturale che lo porterà a conoscere e frequentare studiosi di fama italiani e stranieri. Nell’incontro svoltosi nella biblioteca parrocchiale di Guardia il parroco, don Giovanni Cavallaro, ha ricordato Di Maggio e il suo fon-
do librario donato alla biblioteca della parrocchia, per espresso volere delle figlie. Moderatrice della serata la maestra Pina Spinella, già docente della scuola primaria “M.L. King” di Guardia, che ha ricordato il professore e introdotto i relatori dell’incontro: Salvatore Valastro, docente presso il “Gulli e Pennisi” e il dottore Marcello Proietto, cultore di Storia Medievale e Paleografia Latina presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania ed esperto in valorizzazione di beni archivistici e librari. Il primo ha citato alcuni importanti articoli di Di Maggio pubblicati su alcune testate giornalistiche, mentre Proietto ha parlato della biblioteca, recentemente inventariata, che conserva circa 2000 volumi. Il più antico risale al 1889, il più recente al 1996, anno della scomparsa del professore. Questo immenso patrimonio culturale è stato sistemato con affetto dalla figlia Antonella con l’aiuto di alcuni parrocchiani. Una biblioteca privata che ritorna a vivere diventando un bene pubblico da valorizzare e proteggere, in ricordo di colui che ha saputo creare un grande bagaglio di sapere. Gabriella Puleo
“Graziella, il giorno dopo”. È il titolo della seconda fatica letteraria di Francesco Manna (il primo volume è Graziella storia di una donna “guerriera”, edito, anch’esso, da BookSprint Edizioni, pubblicato nel 2013), presentata ad Acireale nei locali dell’ex Angolo di Paradiso. L’evento è stato organizzato dalla redazione de “La Voce dell’Jonio” e dall’associazione “Graziella Corso” di Misterbianco, col patrocinio dell’amministrazione acese. Nel corso della serata, in presenza dell’autore, si sono alternati due relatori, Gabriella Puleo, collaboratrice della già menzionata testata giornalistica ed Angelo Battiato, insegnante e scrittore. Ha moderato l’incontro Agata Sava. Puleo, nel suo intervento, ha focalizzato l’attenzione sulla lettura ed interpretazione del libro in chiave psicologica. Nei due volumi di Manna il racconto s’incentra sulla figura della moglie, Graziella Corso, venuta a mancare a causa di una terribile malattia. Ma se nel primo libro la protagonista è la consorte, nel secondo, le vicende narrate girano attorno ad un unico personaggio, ovvero l’autore. Manna ha voluto sacralizzare la scomparsa dell’amata moglie – come ha ribadito Puleo – ed ha superato il tragico evento affidandosi alla cura benevola
della scrittura.L’autore racconta, in un lessico semplice e scorrevole, la sua vita e la strada intrapresa dal giorno dopo l’assenza di Graziella. Egli si concede agli effetti salvifici delle cure naturali e dell’alimentazione biologica, scelte iniziate con la moglie e proseguite anche dopo la sua scomparsa. Inoltre, per ricordarne la memoria, ha fondato l’associazione culturale “Graziella Corso” ed ha creato l’omonimo premio letterario. Angelo Battiato ha sottolineato l’importanza dell’autobiografia, genere letterario utilizzato da Manna, evidenziandone l’acume emotivo dell’autore nel ‘raccontarsi’ e ‘raccontare’. La serata è stata allietata dalla musica e dalla voce di Silvio Giacobello, agente di polizia, nonché collega di Manna, che ha creato un’atmosfera consona ai temi trattati, eseguendo brani emozionanti. La sala della nuova struttura comunale ha ospitato un numeroso pubblico attento e sensibile ai temi presentati, partecipe negli interventi che si sono succeduti, quelli del dott. Giuseppe Vecchio, direttore de “La Voce dell’Jonio” e del prof. Nino Leotta. Due profondi ed interessanti discorsi di alto valore culturale che hanno completato l’intenso momento. Marcello Proietto
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Questa è la nostra forza...
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Giovedì 29 maggio 2014 anno XLVII (nuova serie)
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Speciale Magma
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INTERVISTA Il presidente della giuria Michelangelo Frammartino sulla vivace realtà della rassegna acese
E’ toccato al regista Michelangelo Frammartino presiedere la giuria della IV edizione di Magma, andando così ad accrescere l’elenco dei nomi significativi del panorama cinematografico contemporaneo che negli anni hanno preso parte alla mostra di cinema breve. Autore di videoinstallazioni, corti e lungometraggi come Il dono e Le quattro volte, opere che dopo essere state presentate a Locarno e a Cannes hanno ottenuto diversi riconoscimenti in tutto il mondo, nell’ambito della rassegna acese Frammartino non ha solo seguito il programma della manifestazione ma ha tenuto, tra l’altro, una masterclass dal titolo La bella e la bestia: riflessioni sulla regia. Lo abbiamo incontrato per chiedergli un resoconto della sua esperienza a Magma. Che opinione ha di questo festival, dopo tre giorni di proiezioni e anche alla luce della tavola rotonda che ha ricostruito la storia di Magma? “Assistere al convegno è stato molto emozionante. In questi giorni avevo già percepito la grande passione di chi, quattordici anni fa, ha creato questo festival, ma assistendo alla tavola rotonda ho avuto la possibilità di vedere, attraverso i contributi video, chi viveva questa passione. Un momento che mi ha molto emozionato è stato poi l’intervento dei giovani studenti che hanno letto dei brani tratti dai libri di Lorenzo Vecchio. Magma è un progetto che nasce da un grande amore per il cinema, da un’energia forte e contagiosa tanto da avere la forza di resistere e crescere nel tempo.”
Un progetto che ha puntato da subito ed esclusivamente sul cortometraggio, rimarcando l’autonomia espressiva del genere. Cosa ha pensato guardando questi 25 corti così diversi per tematiche, tecniche e stile di racconto? “Solitamente amo i festival che propongono una chiara idea di cinema, un’idea forte e ben precisa. Ma fin dall’ inizio ho avuto la sensazione che Magma, invece, dovesse assolvere ad un’altra missione. L’Italia è un paese in cui la distribuzione in generale fa acqua da tutte le parti, e forse al sud si paga ancora di più il prezzo di questo limite. Una rassegna come questa cerca di spaziare e far vedere il meglio di ogni forma narrativa, di coprire un po’ tutti gli ambiti della produzione audiovisiva. Credo sia questo il compito di Magma, la sua missione più urgente”. Com’è andata la due-giorni dedicata alla masterclass incentrata su un argomento così particolare: la combinazione di elementi di finzione e di realtà nella stessa opera, nella stessa inquadratura? E’ stato un incontro bello ed interessante perché i ragazzi non si sono limitati ad ascoltare o a chiedermi opinioni, mi hanno anche messo in difficoltà, esprimendo le loro riserve su alcune mie interpretazioni. È stato uno scambio interattivo. Solitamente la critica tende a limitare questa riflessione, contrapponendo realtà e finzione. Invece, la materia cinematografica è ricca di conflitti e contrapposizioni che quando emergono in un film ne accrescono la vitalità”. Monica Trovato
LA RASSEGNA A un originale corto di animazione il primo premio dell’edizione 2015
Il problematico rapporto tra figlia e padre lontano Con la sua “combinazione organica di racconto e direzione artistica di pupazzi animati” - questa la motivazione della giuria, presieduta da Michelangelo Frammartino e composta da Žofia Bosáková e Tsanko Vasilev - è stato il cortometraggio estone Papa realizzato da Mari-Liis Bassovskaja e Jelena Girlin a conquistare il premio Lorenzo Vecchio, nella IV edizione di Magma - mostra di cinema breve, organizzata dall’Associazione Culturale Scarti. Un corto d’animazione che mescolando insieme tecniche eterogenee come la stop motion, la pixilation e la ripresa dal vivo ha raccontato il problematico rapporto di una figlia con un padre lontano fin dall’infanzia. A ritirare il premio Villem Tammaru, animatore 3D del cortometraggio. Deus in machina, co-produzione italo-estone, diretta da Nicola Piovesan ha invece ricevuto una menzione speciale “per la felice combinazione tra scanzonata autoironia e talento della migliore tradizione comica italiana”. A salire sul palco, in questo caso, l’attore protagonista Orfeo Orlando. Il premio del pubblico è stato invece assegnato all’animazione tedesca Automatic Fitness di Alejandra Tomei.
Venticinque in tutto le opere in concorso proiettate dal 26 al 28 novembre scorso al multisala Margher ita di Acireale. Il meglio di 720 lavori arrivarti da 66 diversi paesi per proporre anche in quest’ultima edizione esempi di una produzione in formato breve che nel tempo ha mostrato una sua evoluzione estetica e narrativa: “Quest’anno i cortometraggi hanno manifestato un’esplosione di maturità rispetto agli anni precedenti ” - commenta Giulia Iannello, project management di Magma - “I registi hanno sfruttato a pieno il limite dei venti minuti, dandoci l’immagine di un cinema giovane ma consapevole, realizzato da autori che possiedono una grande abilità tecnica e belle storie da raccontare”. Tra gli elementi di novità che hanno caratterizzato quest’ultima edizione, una masterclass tenuta da Michelan-
gelo Frammartino, filmmaker e regista tra i più riconosciuti in Italia, e una tavola rotonda che ha ripercorso l’opera di Lorenzo Vecchio, fondatore e primo direttore artistico di Magma, scomparso nel 2005. Si riconferma invece punto di forza della rassegna la partnership con i festival internazionali, una collaborazione che già da diverse edizioni permettere di puntare l’attenzione su cinematografie meno rappresentate all’interno dei principali circuiti di distribuzione. Ospiti della IV edizione il bulgaro In the Palace International Short Film Festival e Fest Anča International Animation Festival, che si svolge in Slovacchia. Ai due festival stranieri sono state dedicate le sezioni speciali che hanno preceduto il concorso internazionale: “Negli anni è nato una sorta di circuito” - continua Giulia Iannello - “Tutti i festival con cui ci siamo associati dal 2007 ad oggi hanno mostrato l’interesse e il piacere di presentare i loro lavori a Magma. Allo stesso tempo grazie a queste collaborazioni anche noi abbiamo avuto l’opportunità di far conoscere i nostri corti in diversi paesi.” M. T.
NOVITA’
“Qui c’è un grande amore per il cinema” Evento in più: “Ho febbre da racconto Lorenzo Vecchio dieci anni dopo”
Un’edizione intensa, quella di Magma 2015. Partecipata e ricca di emozione, per il pubblico e soprattutto per i componenti dell’Associazione Culturale Scarti, che quest’anno, in maniera ancora più forte, hanno reso vivo il ricordo di Lorenzo Vecchio, primo direttore artistico e ideatore del festival e co-fondatore di Scarti, prematuramente scomparso nel 2005. Un ricordo che, in un incontro a più voci condotto con sobrietà dal giornalista Antonio Carreca, ha voluto soprattutto ripercorrere l’opera di Lorenzo, raccontare il suo amore per il cinema e la letteratura, la sua passione per la scrittura, la sua esigenza di raccontare storie. A tutto questo è servita la tavola rotonda dal titolo Ho febbre da racconto - Lorenzo Vecchio dieci anni dopo, organizzata, nell’ambito della rassegna dedicata al cinema breve, al Teatro Auditorium Ex Angolo di Paradiso della Villa Belvedere di Acireale. E’ spettato ai docenti del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania Antonio Sichera e Alessandro De Filippo, moderati dal giornalista Antonio Carreca, esporre ai presenti l’analisi della produzione scritta e visiva del fondatore di Magma. Il professor Sichera, docente di Letteratura moderna e contemporanea, si è concentrato sull’analisi del romanzo Mia madre non chiude mai pubblicato nel 2004 e vincitore del premio Vittorini opera prima, preso come esempio del modo il suo giovane autore concepiva e interpretava la scrittura: “Lorenzo era uno scrittore di razza, usava una voce sua, così precocemente viva, pronta e originale. Mi ha colpito questa originalità sostenuta da una sorta di geometria della scrittura” - ha affermato Sichera, ricostruendo la struttura ternaria e il ritmo del romanzo. Ma oltre alla scrittura, era il cinema la grande passione di Lorenzo Vecchio. L’ interesse per i meccanismi narrativi, per i codici e per il linguaggio cinematografico, lo coinvolge fin da adolescente, portandolo a sperimentare con la sua telecamera e, finito il liceo, determinando la sua scelta di studiare cinema e aspirare al mestiere di regista. Sull’abilità di Lorenzo nel raccontare storie usando anche il linguaggio visivo si è quindi concentrato l’intervento di Alessandro De Filippo, docente di Storia e critica del cinema. Ripercorrendo la produzione audiovisiva del giovane videomaker, De Filippo ha messo in evidenza la coerenza interna presente già nei primi lavori, realizzati soprattutto per gioco e coinvolgendo parenti e amici. Una costruzione narrativa chiara e definita, capace di portare, in certi casi, al superamento di limiti tecnici: “Enrico Ghezzi sosteneva che si può fare cinema anche con gli specchietti retrovisori, viaggiando in motorino. L’idea che viene fuori guardando questi lavori - ha spiegato De Filippo - è proprio questa. Lorenzo è riuscito a far cinema con qualsiasi cosa perché voleva in tutti i modi raccontare storie”. L’incontro è stato poi ulteriormente arricchito dalla testimonianza di Angelo Fichera, co- fondatore di Scarti, e dall’intervento di alcuni studenti del liceo “Gulli e Pennisi” che agli scritti di Lorenzo Vecchio hanno dedicato un gruppo di studio; l’intervento conclusivo è toccato al papà di Lorenzo, e presidente di “Scarti”, Sebastiano Vecchio, che ha anche ringraziato relatori, dicitori e pubblico. Mo. Tro
SCARTI Appassiona anche i francesi il corto di Mauro Maugeri e Daniele Greco sulla “Festa della vara” di Randazzo
Quando il folklore tiene insieme un’intera comunità Ancora un riconoscimento culturale per “A lu cielu chianau”, cortometraggio di Daniele Greco e Mauro Maugeri sulla festa dell’Assunta di Randazzo: è arrivato al festival Traces de Vies”. Il filmato fa parte del progetto “Sicily Folk Doc” dei due giovani registi, uno acese, Daniele Greco, e l’altro castellese, Mauro Maugeri, prodotto dall’Associazione Culturale Scarti, producer Giulia Iannello. Si tratta di cinque cortometraggi della durata di undici minuti ciascuno aventi quale tema le feste popolari della Sicilia, quale rito sociale. Il primo della serie che raccontano di alcune feste religiose della “terra del sole”, per l’appunto, “A lu cielu chianau”, che è stato realizzato tra agosto 2014 e maggio 2015, ha ottenuto la menzione speciale della giuria alla xxv edizione del festival francese che si è svolta dal 23 al 29 novembre a Clermont Ferrand. Unico film italiano selezionato in concorso nella sezione documenti stranieri, narra di un borgo medioevale, Randazzo, sito sulle pendici settentrionali dell’Etna, che custodisce l’oramai rinomata Vara. Si tratta di un carro trionfale alto 16 metri circa, che rappresenta il mistero dell’Assunzione di Maria Vergine in cielo, con simbolica rappresentazione di personaggi viventi, nello specifico bambini, legati ai tre misteri della Madonna: la dormizione, l’assunzione e l’incoronazione. Il fercolo è composto da una possente intelaiatura mascherata di tessuti, specchietti luccicanti dai mille volti, fiori, ornamenti color oro, così da regalare effetti ottici strabilianti.
Essa non rappresenta solo una raffigurazione dell’identità storica dei randazzesi, ma si amalgama col misticismo religioso che, a quanto pare, i due giovani filmaker hanno saputo ben cogliere. Suggestiva la partenza quando. a far da padrone sono lunghissime corde, anteposte al carro, tirate da bimbi e adulti, che iniziano a far muovere il carro permettendogli di staccarsi dall’impalcatura e avanzare imperioso per le vie del corso, omaggiato dai lanci, dai balconi dei residenti, di caramelle e cioccolati che i giovani cercano di afferrare mentre lo accompagnano con dei canti. Proprio dal ritornello Daniele e Mauro hanno preso spunto per il titolo. Tale visione induce l’intelletto a vivide emozioni che fanno ricordare il periodo medioevale, quando la città era residenza di re e regine. Il corto segue i protagonisti, nei preparativi, nella tradizione e mette in evidenza, portando un pezzo di Sicilia, come il folklore abbia la capacità di tenere insieme e adunare intere comunità che, nel giorno della festa, esprimono la loro identità collettiva. I registi si calano nella realtà randazzese per raccontarla ma con discrezione, lasciando che si presenti da se, quasi come se scomparissero. Tutto ciò è dettame di un modello a cui si richiamano, cioè ai due maestri del cinema dell’osservazione: il palermitano Vittorio De Seta e lo statunitense Friederick Wiseman. I due artisti cercano di rievocare un racconto che avvicini lo spettatore alla realtà nella sua autenticità. Oltre quello francese “A lu cielu chianau” ha già ricevuto in Italia: il premio per la migliore regia a “Corti di sabbia”, Quercianella (Li); premio A.P.P.A.C.U.V.I. al “Cerano Film Festival” (Co); menzione speciale della giuria al “Festival del Cinema di Frontiera” di Marzamemi (SR); premio “Giovannello da Itala” a Corto di Sera, Itala (Me). Maria Pia Risa
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INTERVISTA Don Orazio Tornabene, appena ordinato, parla della sua vocazione e del suo essere “sacerdote per sempre”
”Dare risposta con la testimonianza” S. MARIA AMMALATI
Presentato il ‘piccolo saggio’ Il cammino della misericordia della nostra Letizia Franzone
Un saggio che cerca di riflettere sui diversi momenti dell’uomo e sull’esperienza dell’abbraccio misericordioso del Padre. In “Il Cammino della Misericordia”, Letizia Franzone, teologa e collaboratrice di questa testata, pone la parabola del figliol prodigo come “catechesi” per riscoprire l’amore autentico in questo Anno Santo appena iniziato. Presentato lunedì scorso nella Chiesa di S. Maria degli Ammalati, il saggio si avvale di una nota del direttore della Voce dell’Jonio Giuseppe Vecchio e della presentazione di don Marcello Pulvirenti. Il direttore Vecchio nel corso della presentazione ha ribadito come “questo piccolo saggio è stato scritto con una semplicità straordinaria ma, al tempo stesso, con una profondità impensata”. “Letizia, in quanto teologa, è una persona che sa le cose di Dio”, ha aggiunto complimentandosi con l’autrice per l’iniziativa che risulta essere, ha sostenuto poi il direttore Vecchio, “una miniguida sulla strada della grande misericordia di Dio”. Il parroco Don Marcello Pulvirenti invece si è soffermato sui contenuti del saggio: “Ascolto, silenzio e comunione sono le dimensioni che descrivano bene la dimensione spirituale della parabola e v angelic a”. Si tratta di un piccolo saggio che parla dell’esperienza più grande della vita di ogni uomo: il perdono. “Quanto bisogno c’è nel cuore di tanti uomini di avere il coraggio di rientrare in se stessi” si chiede l’autrice nelle conclusioni dell’opera. Questo bisogno, secondo Letizia Franzone, può rinascere nella preghiera, luogo privilegiato di dialogo con Dio, dove ciascuno è chiamato a iniziare un personale cammino di misericordia. D.S.
Incontriamo don Orazio Tornabene , giovane sacerdote, fresco di ordinazione (ha ricevuto il sacramento il 28 ottobre scorso) e a lui poniamo alcune domande sulla vocazione e sulla missione che ha scelto di incarnare. Quando hai sentito che eri del Signore? Devo dire che la vocazione è qualcosa che si ha sin dalla nascita ma, crescendo, l’udito dello spirito certamente si affina. Vi sono stati due momenti fondamentali: un pellegrinaggio a san Giovanni rotondo, all’età di 17 anni, e un ritiro con l’azione cattolica parrocchiale, in cui io ero sia animatore dei giovanissimi che animato dei giovani. In quell’occasione ricordo di avere ascoltato, durante la messa quotidiana, un brano del vangelo di Matteo, “Pregate il padrone della messe, perché la messe è grande, ma gli operai sono pochi”. In quell’istante è stato come se dinnanzi a me si fosse aperta una porta che mi indicava la via che avrei dovuto percorrere. Io conducevo una vita piuttosto normale, ma ogni giorno mi rendevo conto che niente mi appagava, e sentivo crescere forte dentro di me il bisogno della preghiera e della vita comunitaria. Quando hai detto alla tua famiglia di aver preso questa decisione? L’ho detto una settimana prima di entrare in seminario e non è stato facile. Io non mostravo segni vocazionali esteriori che potevano indirizzare i miei familiari a capire cosa avevo per la testa. I miei genitori avevano fatto progetti su di me e temevo di non essere compreso. La mamma non se l’aspettava ed ha esclamato: “E il nipote chi me lo dà”. Papà
è rimasto impietrito ed ammutolito. Per non parlare di mio fratello che non mi ha rivolto la parola per giorni, perché convinto di avermi perso per sempre. Invece, con la grazia del Signore, la famiglia ha fatto insieme a me un cammino importante e profondo e i legami si sono rinsaldati, soprattutto quello con mio fratello. L’unica ad avere immaginato tutto è stata la nonna che ha mostrato subito una grande gioia e mi ha confessato di averlo capito da tempo. Durante il rito dell’ordinazione quale è stato il momento in cui hai pensato:Ecco, ora sono un sacerdote? I sentimenti sono forti e contrastanti: c’è emozione, paura, dubbio, fino alla fine. Poi ci si abbandona alla Grazia del Signore. Quando ho indossato la casula e mi sono ritrovato con le mani unte di olio ho pensato: Ecco, adesso sono sacerdote per sempre. Per Cristo e per i fratelli. E ho pianto di gioia. Che tipo di sacerdote sarai: liturgico, missionar io, maestro, dei giovani ? Sono stato chiamato da
Cristo a essere come lui e tutti questi aspetti rientrano nell’unico sacerdozio di Cristo. Una liturgia fatta con cura manifesta il tuo amore per Dio e per il suo popolo. Ma non si può restare chiusi nelle chiese, perché la Chiesa nasce missionaria e bisogna andare ed annunziare. Oggi la chiesa sta vivendo un momento molto difficile. Cosa ne pensi? Ogni uomo porta in sé la difficoltà del peccato. Io penso che bisogna seguire Gesù Cristo, che era mite ed umile di cuore, e soprattutto bisogna dare risposta con la testimonianza. Come diceva san Francesco, bisogna annunciare il vangelo, a volte anche con le parole. Siamo fratelli tra i fratelli e dobbiamo essere liberi dall’attaccamento alle cose. Non è facile, è una difficoltà che si affronta ogni giorno. Maria Grazia Patanè
DIOCESI Mons. Raspanti in Cattedrale conferisce nuovi ministeri a sei seminaristi
Due nuovi accoliti e quattro lettori Venerdì 27 novembre scorso, nella Basilica Cattedrale di Acireale, si è svolta una celebrazione eucaristica durante la quale ad alcuni giovani del Seminario diocesano sono stati conferiti i ministeri del lettorato e dell’accolitato. Il rito di istituzione dei ministeri, che per una “giovane tradizione”, si svolge nella veglia di avvento, quest’anno invece è stato anticipato al giorno precedente, a chiusura dell’anno liturgico per permettere al nostro Vescovo di presenziare all’ingresso del nuovo vescovo di Ragusa. Ad ogni modo, la celebrazione che ci ha dato due nuovi accoliti e quattro nuovi lettori è stata un grande dono di grazia che corona un’ultima parte di anno liturgico straordinario che ha visto, nell’arco di poche settimane, anche l’ordinazione di quattro sacerdoti e due diaconi. Un’abbondanza di grazia e ministeri che va ad arricchire e ringiovanire la nostra Chiesa e ci permette di guardare con gratitudine e fiducia il nostro futuro ecclesiale. I seminaristi istituiti accoliti sono Andrea Grasso, della parrocchia “S. Camillo” di Giarre, e Arturo Grasso, della parrocchia “S. Maria degli Angeli” di Acireale. I lettori sono Alfio Licciardello, della parrocchia “S. Margherita” di Pozzillo, Ludger Rakotonirina, della parrocchia “S. Maria del Monte Carmelo” di Aci Platani, Francesco Leonardi e
Orazio Sciacca, entrambi della parrocchia “Maria SS. di Loreto” di Acireale. I ministeri del lettorato e dell’accolitato sono conferiti ai seminaristi del 4° e 5° anno e rappresentano delle significative tappe di avvicinamento al sacerdozio. Con il lettorato, il seminarista impara a concentrare la sua formazione sulla Parola di Dio e ad acquisire una spiritualità biblica; egli è abilitato a proclamare le letture durante la liturgia e ad essere a servizio del ministero dell’evangelizzazione (iniziazione cristiana, catechesi, gruppi biblici, ecc.). Con l’accolitato il seminarista pone al centro della sua formazione l’Eucarestia, al fine di acquisire una spiritualità eucaristica; egli viene accostato all’altare del Signore per essere di aiuto ai presbiteri e ai diaconi nello svolgimento dei loro compiti liturgici e inoltre, come ministro straordinario della comunione, può distribuire l’Eucarestia e portarla ai malati e curare il culto eucaristico. Per i nuovi lettori e accoliti si apre, dunque, un anno liturgico fortemente segnato dalla Parola di Dio e dall’Eucaristia. Su questi capisaldi della fede devono costruire l’edificio della loro formazione perché essi costituiscono i principali punti di riferimento della vita del sacerdote. don Alfio Privitera
DIOCESI La liturgia penitenziale in Cattedrale propedeutica all’Anno Santo guidata dal vicario generale mons. Giombanco
“Il peccato vero fallimento dell’uomo, che soffre per la lontanza di Dio” Anche nella nostra diocesi si è svolta una liturgia penitenziale propedeutica all’Anno Santo della Misericordia inaugurato con l’apertura della Porta Santa nella chiesa Cattedrale, liturgia che è stata presieduta dal Vicario generale mons. Guglielmo Giombanco, nella stessa chiesa dedicata a Maria Annunziata. Tre i momenti previsti sul tema ‘Celebriamo la tenerezza di Dio’: il momento penitenziale con la preghiera dei fedeli e l’offerta dell’incenso (gesto che significava chiedere al Signore di bruciare i nostri peccati e trasformare la nostra vita in un’esperienza di rinnovamento, per poter spandere sempre ed ovunque il ‘buon profumo di Cristo Signore’), l’esposizione ed adorazione del Santissimo Sacramento dell’Eucaristia con la possibilità di accostarsi al Sacramento della Riconciliazione, attraverso la concreta disponibilità di alcuni sacerdoti, ed infine la preghiera comunitaria di compieta. Il momento penitenziale si iniziava con la liturgia della parola: la prima lettura, tratta dal libro della Genesi, evidenziava come l’uomo si sia macchiato del peccato originale, scegliendo nella propria libertà di infrangere l’alleanza che Dio Padre aveva precedentemente
stretto con lui e che, successivamente rinnoverà con il supremo sacrificio del Cristo, immolatosi sull’altare della Croce per la salvezza dell’umanità intera; quantunque, però, l’uomo peccatore possa avere paura di tornare da Dio, proprio la misericordia del Padre gli consente un riscatto dal peccato. Lo stesso tema era evidenziato dalla pericope evangelica del ‘figliol prodigo’: questi, in un primo tempo allontanatosi dal padre, si ravvede poi e, deciso di tornare alla casa paterna, non fa neppure in tempo ad arrivare che il padre, scorgendolo ancora da lontano, gli corre incontro, offrendogli il perdono. La riflessione proposta da mons. Giombanco mette in risalto proprio la misericordia del Padre: secondo quanto il Santo Padre scrive nella Bolla di indizione del Giubileo,
misericordia significa permanenza dell’amore del Padre il quale chiama alla conversione l’uomo, nonostante costui nella propria vita opponga ripetuti rifiuti al progetto di Dio. Dio, infatti, scruta nel cuore dell’uomo conoscendone ogni necessità, lo chiama alla conversione, cercandolo senza attenderne il ritorno. Come evidenziato nella lettura tratta dalla ‘Genesi’, l’uomo peccatore cerca di nascondersi all’ira di Dio, ma il Papa afferma che l’ira di Dio dura un istante mentre la misericordia divina è eterna. Il peccato è il vero fallimento dell’uomo al quale fa sentire la sofferenza della lontananza da Dio. Con il perdono divino, la vita dell’uomo è ‘ri-creata’, cioè rinnovata; l’uomo, allora, deve far risuonare nel proprio cuore il bisogno di Dio, unica realtà che illumina l’esistenza. Certo, è innegabile che l’uomo sia sempre
tentato a progettare la propria vita lontano da Dio, ma la promessa della vittoria di Cristo racchiude tutto nell’amore del Padre; la vita dell’uomo che fa esperienza del perdono di Dio è realmente trasformata. La pericope evangelica pone a confronto un padre con due figli, uno dei quali (il maggiore) rimane fedele al progetto di vita insieme al padre, mentre l’altro decide diversamente. Ecco, dunque, che il figlio fedele stenta a riconoscere il proprio fratello che decide di ravvedersi della propria vita trascorsa lontano dal padre ma, mentre il figlio fedele lo addita al padre definendolo ‘questo tuo figlio’, il padre, invece, esprime il proprio atteggiamento misericordioso nei confronti di un figlio che pur essendosi smarrito e, successivamente tornato sui propri passi, è sempre e comunque rimasto un figlio da amare. Il perdono fa bene sia a chi lo dona sia a chi lo riceve , poiché diventa una consegna reciproca di amore. Ecco, allora, che accostarsi al Sacramento della Riconciliazione significa poter vivere già con il momento iniziale del Giubileo (l’attraversamento della Porta Santa) l’incontro rigenerante con la Grazia divina. Nando Costarelli
dell’
Chiesa e Società
Jonio
20 dicembre 2015
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INTERVISTA Parla Johnny Dotti a margine dell’assemblea del Consorzio Gruppo Luoghi Comuni dalla prima L’inizio del Giubileo Il vescovo: “Ci vuole tanta misericordia”
Nuove forme di convivenza DALLA PRIMA
Giustizia pensata e coniugata con la verità e la Misericordia In che senso la giustizia umana può accogliere la dimensione della Misericordia nel caso dei detenuti? “Nella coscienza civile la pena spesso è vista e vissuta in maniera punitiva, mentre dovrebbe tener conto anche della valenza riabilitativa, per cui sono da valorizzare le iniziative che tendono a far emergere valori, che possono reintegrare le persone all’interno del tessuto sociale. La pena dev’essere soprattutto riabilitativa; ad esempio, con l’epletamento di un lavoro utile, il detenuto restituisce alla società quel bene sottratto con il reato commesso.” - Secondo lei, nel clima straordinario della Misericordia, si potrebbe ipotizzare un ricongiungimento con protestanti e ortodossi, rispettando alcune posizioni dei fratelli separati? “Questo processo di ricongiungimento si verifica già da anni; diverse sono le dichiarazioni congiunte tra cattolici, protestanti e ortodossi. Nel 1979 con san Giovanni Paolo II importanti furono le dichiarazioni di Saragozza, in cui si asserisce come la Chiesa cattolica, la Chiesa protestante e l’ortodossa affermano con linguaggio diverso gli stessi principi in merito alla fede. Si ricorda l’abbraccio tra Paolo VI e Atenagora I, durante il Concilio Vaticano II, in cui ci fu la revoca della reciproca scomunica. L’ecumenismo è già un processo in atto e il guardare alle Chiese sorelle con sguardo misericordioso non può che accelerare tale processo.” Anna Bella
Incontriamo Johnny Dotti ad Acireale, in una mite serata invernale, qualche ora prima di un intervento a margine dell’assemblea del Consorzio Gruppo Luoghi Comuni, gruppo di cooperative con sede ad Acireale che opera in svariati campi dell’universo del terzo settore. Il prof. Dotti, è uno degli attori di spicco del terzo settore italiano ed è frequentemente al centro del dibattito, per le sue interessanti e a volte provocatorie tesi sui temi del welfare e sulla riforma del terzo settore. “Buono è giusto” è il titolo del suo ultimo libro. Ma è ancora possibile trovare una chiave interpretativa che permetta di pensare politiche realmente efficaci e inclusive di fronte alle sfide che ci consegnano gli ultimi avvenimenti mondiali? Nel tempo della tecnica e delle macchine, che fanno tutto il possibile, all’uomo e alla sua libertà è rimasto soltanto l’impossibile. Dunque io non mi preoccuperei di ciò che è possibile, ma di quello che so che è impossibile, e dunque mi compete e mi da uno spazio di libertà e possibilità. La crisi che stiamo vivendo e le fortissime tensioni internazionali, trovano alimento anche in un impianto sociale e politico che, nella carenza delle risorse tradizionali,
diventa forse sempre meno universale e inclusivo. Quale può essere una direzione possibile, per trovare risposte di pace e vie nuove per declinare nuovi diritti (e doveri) nelle nostre democrazie? Nuovo welfare deve voler dire nuove forme di convivenza, non necessariamente di diritti o servizi. Ci sono almeno due o tre ragioni per indurre questo cambiamento. La prima è demografica. L’aumento della speranza di vita, genera un panorama completamente diverso da quello di mezzo secolo fa. Il secondo versante è quello economico, il welfare è sempre stato rubricato come un costo. Non è più sostenibile, a patto di ripensare il modello in senso generativo di risorse. La terza questione è di natura educativa: non siamo solo “volontà di
FRATRESIl presidente del gruppo acese Sorace parla della donazione di sangue
”Ricollegarsi alla dimensione del dono” Con 500 soci e una vita associativa che continua senza soste dal 1979 la Confraternita dei donatori Fratres continua ad Acireale senza sosta le sue attività. Corretta informazione sui rischi per la salute e importanza della prevenzione fanno da contorno alla consistente attività di raccolta del sangue in tutto il territorio di Acireale. Attraverso l’attività del centro fisso di donazione “Agostino Bella” di Via Paolo Vasta, la Fratres di Acireale garantisce circa 24 appuntamenti ogni anno per donare il proprio sangue a chi ne ha più bisogno. “Tengo a ricordare che la donazione del sangue è una attività che non prevede nessun rischio di nessun tipo per la salute. Tutto si svolge in assoluta sicurezza e igiene, e il nostro organismo è in grado di recuperare la perdita in pochissimo tempo”. A fare queste precisazioni è il presidente della Fratres di Acireale, Gabriele Sorace, che aggiunge: “Sembra incredibile, ma tutt’oggi la donazione in alcune zone non decolla proprio per una cattiva informazione e una mancanza di consapevolezza. Siamo a disposizione tutti i giorni per soddisfare curiosità e domande di chi vuole avvicinarsi in totale sicurezza e tranquillità alla donazione” Eppure a osservare bene, sono diversi i benefici per chi dona: i globuli rossi vengono rinnovati, si può ottenere gratuitamente un controllo del proprio stato di salute attraverso le analisi dei campioni di ogni sacca di sangue donato e soprattutto ci si rende utili in maniera concreta nei confronti di chi dipende proprio dalle donazioni per continuare a vivere. “Invitiamo tutti a venirci a trovare nella nostra sede e a prendere informazioni sulle prossime date in cui è possibile donare – continua il presidente Sorace - Proprio durante i periodi di vacanza e festività la disponibilità di sangue diminuisce mentre la domanda resta costante, dunque è ancora più importante sensibilizzare amici e parenti e ricordarsi di chi è meno fortunato. Ogni uomo può donare ogni 3 mesi, per le donne l’intervallo è di 6 mesi. Ogni donazione prevede un prelievo di circa 450 ml di sangue. La donazione dura circa 35 minuti, di cui circa 10 effettivamente dedicati al prelievo del sangue e non causa alcun dolore
o fastidio. Si può essere anche donatori di plasma, con una procedura del tutto simile e veloce. Ogni donatore prima di sottoporsi al prelievo compila con l’aiuto dei volontari un questionario che permette di escludere fattori di rischio che potrebbero impedire una donazione in piena sicurezza o rendere una sacca non utilizzabile. Il sangue donato viene poi conservato per un massimo di 45 giorni e messo a dispo-
sizione delle strutture ospedaliere, alla ricerca di un’autosufficienza di sangue cui ogni regione italiana aspira. “Nel tempo in cui viviamo – conclude Sorace – fatto troppo spesso di individualismo e indifferenza, ricollegarsi concretamente alla dimensione del dono mettendo a disposizione il proprio sangue diventa un’occasione unica per connettersi con l’altro in una dimensione molto intima e contemporaneamente concreta e simbolica. Invitiamo tutti a vivere questa esperienza; il prossimo anno contiamo di raggiungere quota mille donazioni e incrementare le giornate di raccolta.” Sal. Tom.
potenza” - come ci ha insegnato il ‘900 - ma siamo anche e contemporaneamente “fragilità”. Abbiamo bisogno di rimettere insieme questi due concetti per rifondare il concetto di solidarietà guardando a questa fragilità come una risorsa su cui costruire senso. Molto spesso lei si è soffermato a riflettere su una possibile dicotomia tra i concetti di società, regolamentata da leggi, ruoli e bisogni del singolo, e comunità, luogo dei valori condivisi e delle tradizioni. Comunità, valori e tradizioni quasi inevitabilmente sono schiacciati in prima battuta, per poi riemergere quasi come “controvalori” nella retorica populista delle destre. Esiste una via per riappropriarsi in senso costruttivo e generativo di questi concetti fondanti? Il filtro attraverso cui riorganizzare questi concetti classici della nostra storia è la libertà. La libertà intesa come ricerca dei legami che liberano. Non la libertà dell’individualismo, e nemmeno quella del mercato, non la libertà del capitalismo. La libertà deve tornare ad essere personale, rimettere a centro la persona come nodo di relazioni. Una comunità così intesa non produce relazioni chiuse ed esclusive, non produce soluzioni tecnocratiche e finte libertà. La comunità è tale se produce senso e se è capace di rinnovare le tradizioni ricercando non le forme di questa, ma il senso e il valore. Anche il terzo settore, è pur sempre una cosa del ‘900. Non è possibile e pensabile, che mentre cambia tutto, questo non cambi. Si deve trasformare, portandosi dietro ciò che ha di buono: uno spiccato senso di socialità, le intuizioni economiche, alcune idee di politica. Per concludere, a fronte di un Paese che invecchia, i cui riferimenti tradizionali si trasformano rapidamente quando non svaniscono del tutto, ragionando ottimisticamente, da dove cominciare la ricerca di un Paese “buono e giusto”? Dobbiamo uscire dalle consuetudini, non spaventarci del nuovo. Quello che ci verrà portato via sarà eventualmente il superfluo e non l’essenziale, che è la parte su cui rilanciare l’azione e la sfida. Bisogna uscire dal proprio perimetro per ricentrare sul futuro le proprie origini e i propri valori. Salvo Tomarchio
CONVEGNO Intervengono il vescovo e l’assessore regionale al Turismo
”Turismo religioso e di relazione in Sicilia” Nel salone del Seminario di Acireale l’11 dicembre si è svolto un convegno regionale sul “Turismo di relazione e turismo religioso in Sicilia”, promosso dalla diocesi di Acireale, Ufficio pastorale per lo sport e il turismo; presiedono il vescovo di Acireale, mons. Antonino Raspanti; l’assessore Regionale al Turismo, Sport e Spettacolo, on. Antony Barbagallo. Moderatore, dottor Concetto Bellia, esperto dell’Assessorato regionale Turismo. Sul tema specifico del convegno, “Il nuovo turismo di relazione e il valore dell’identità: dinamiche e opportunità del mercato turistico in Sicilia”, disserta con competenza e sinteticità il prof. Stefano Landi, presidente SI&A ed esperto del Comitato permanente di promozione turistica MIBACT, precisando come l’identità del turista è fatta di passioni; efficaci i flash sulla singolarità della Sicilia orientale e occidentale, sulla bellezza dei Santuari e della natura, sul camminare che diventa qualcosa di positivo per la salute del corpo e per l’anima. E’ proprio urgente promuovere il dialogo tra le culture e le religioni, tutelare il patrimonio culturale e naturale. Nella conclusione il professore rileva come, a livello mondiale, è molto sviluppato il turismo religioso. Nel frattempo, vengono proiettati video sulla festa di san Sebastiano, il “santo centurione” con i suoi numerosi devoti nella loro classica divisa e i volti felici per l’evento annuale; sullo spettacolo della lava dell’Etna; sui personaggi caratteristici
e affascinanti dell’”Opera dei pupi” e altro. Il discorso delle metodologie - attivare itinerari, segnalare percorsi, realizzare infrastrutture complementari di accoglienza, sensibilizzare la gente, promuovere siti sociali e i mass media -suscita nel numeroso pubblico aperti consensi. L’intervento della dott. Alessia Milella verte sugli esiti della I edizione della “Borsa del turismo delle Religioni”, voluta dall’Assessorato, con incontri di notevole interesse, itinerari turistici a sfondo religioso, ammissibili per il finanziamento a livello regionale; vendita di prodotti immediatamente commerciabili. Una novità l’ intervento del dott. Davide Comunale e della dott. Adele Trovato del Comune di Adrano; il primo traccia le strategie di sviluppo del territorio, ispirandosi al modello dei Cammini culturali in Europa: interessanti le vie franchigene di Sicilia; rileva la validità della cultura normanna che permea l’Isola; segnala quattro eccezionali documenti culturali. L’altra parla di percorsi in Sicilia senza tempo, di tradizioni e folclore da scoprire in ogni comune, dell’Etna e dei Nebrodi, tutti siti da valorizzare, manifestando l’urgenza di creare con gli enti locali aggiornamenti costanti. Infine, la dott. Lucia Di Fatta, dirigente dell’Area 2 dell’Assessorato Regionale Turismo, fa presente come bisogna lavorare in rete, per potere usufruire di tutte le risorse finanziarie. Anna Bella
più nota come ‘parabola del figliol prodigo’ il quale tornando dal padre ne sperimenta pienamente la misericordia, ha avuto inizio il sacro corteo dei fedeli verso la chiesa Cattedrale; ivi giunto, il vescovo spalancava la ‘Porta Santa’ mentre era pronunciata l’antifona ‘aprite le porte della giustizia’ e, precedendo il clero ed i fedeli, faceva ingresso in chiesa baciando, come hanno fatto anche tutti i fedeli, la porta che Dio Padre apre a noi attraverso il Cristo Signore: è la porta della misericordia, attraverso la quale possiamo abbandonare le tenebre del peccato e metterci alla luce della Grazia divina. La cerimonia si svolgeva secondo diversi momenti; all’altare maggiore aveva inizio il rito penitenziale, con la benedizione dell’acqua con la quale i fedeli erano aspersi, a significare la necessità per ogni uomo di purificarsi alla luce della misericordia di Dio. Di seguito, il vescovo elevava al Signore la preghiera con cui chiedeva, per intercessione della Beata Vergine Maria e di tutti i Santi, il perdono di tutti i nostri peccati, il che, tuttavia, non può prescindere da una nostra sincera volontà di pentimento. Dopo la proclamazione della pericope evangelica della terza domenica del tempo liturgico di Avvento, il vescovo pronunciava l’omelia, nel corso della quale egli evidenziava come il Santo Padre ha fortemente voluto la celebrazione di questo anno giubilare poiché mai come oggi l’uomo ha realmente bisogno di misericordia. Risulta, pertanto attuale la trilogia di parabole (il padre misericordioso, la pecorella smarrita ed il ritrovamento della moneta perduta) che insistono su questo tema. Dio, ricco di misericordia, chiama l’uomo ad un pentimento sincero; non si tratta, tuttavia, di un condono superficiale bensi di volerci offrire la possibilità di una ‘guarigione’ completa. Ciascuno di noi deve, tuttavia, riflettere sul fatto di trovarsi o meno nelle condizioni di ottenere il perdono di Dio. La misericordia, infatti, ha bisogno di essere accolta da un cuore puro, sincero e disponibile all’incontro col Padre misericordioso. Secondo il pensiero del Santo Padre, la Chiesa Universale è un ‘ospedale da campo’, ove abbiamo sempre la possibilità di curare le nostre ferite del peccato alla luce della Grazia divina. La Porta Santa è, dunque, il simbolo del cuore di Cristo che si apre per accoglierci. Il cuore del Giubileo è, dunque, ristabilire relazioni fraterne, sincere, generose, affinchè, come dice san Francesco d’Assisi, possiamo divenire autentici ‘strumenti di pace’. Altro momento era la rinnovazione della promesse battesimali, che costituiscono quella fede della Chiesa che, particolarmente in questo anno giubilare, siamo tenuti a custodire gelosamente quale inestimabile tesoro; prima della benedizione finale, impartita a nome del Santo Padre, il vescovo benediceva ed aspergeva l’icona della misericordia presentatagli dai rappresentanti della Consulta Giovanile diocesana ed infine esortava la porzione del popolo di Dio affidata alle sue ‘cure spirituali’ ad affidare tutte le intenzioni per l’anno giubilare alla materna intercessione della Beata Vergine Maria, la ‘Madre della Misericordia’, affinchè ella interceda presso il suo Divin Figlio a che Egli possa in ogni momento a tutti concedere la guarigione fisica e spirituale Nando Costarelli
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