LA Jonio VOCE Anno LX - N. 11
Domenica, 24 dicembre 2017
€ 1,00
dell’
Spedizione in a.p. 45% Autorizz. Dir. Prov. P.T. CT.
Buon Natale
Possiamo impararlo dalla famiglia di Nazareth
www.vdj.it lavocedelljonio@hotmail.it
Periodico cattolico fondato da Orazio Vecchio
CINEMA
LIBRI
ARTE E FEDE
Due giovani registi acesi vincono il festival francese con un lavoro sulla festa di San Giacomo a Capizzi Monica Trovato
Gli affreschi scoperti nella chiesa del Salvatore e il mistero non spiegato della copertura con calce
“Se chiudo gli occhi” piccole-grandi storie di Nino Quattrocchi sulla sua Acicatena
3
Camillo De Martino
3
Guido Leonardi
5
Acireale Molteplici iniziative per celebrare degnamente il periodo festivo più bello dell’anno
Natale fra tradizione e novità Natale! La ricorrenza del Natale ogni anno ci invita ad andare dentro il mistero grande che esso racchiude: la nascita di un bambino da una madre vergine che porta in sé la sovranità del figlio di Dio. Lo stupore ci avvolge e noi rimaniamo incantati con gli occhi lucidi di lacrime di gioia perché Dio compie per l’uomo quel che mai l’uomo sarebbe stato capace di immaginare per la sua stessa felicità. “Dio che molte volte in tutti i tempi aveva parlato agli uomini in vari modi, oggi parla a noi per mezzo di un Bambino”, ci ricorda la lettera agli Ebrei. Il Verbo si è fatto carne umana, è un neonato, viene in mezzo al suo popolo e porta un annuncio inaudito, mai prima ascoltato, mai più smentito: ”Pace in terra agli uomini e gloria su nel cielo!”. Quel Bambino sarà per l’umanità intera la luce che dirada le tenebre dell’errore e del male, sarà motivo di salvezza eterna per quanti accoglieranno la sua Parola. Quel Bambino è il Figlio di Dio, è Dio. Egli porta in sé la verità della vita e la forza invincibile dell’Amore: è il “sole che sorge dall’alto per illuminare coloro che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte e dirigere i passi dell’uomo sulla via della pace”, secondo il racconto del Vangelo di Luca. Sembra tutto chiaro. Dio, assumendo la natura umana, entra nella nostra umanità e l’attira a sé perché diventi divina e non si lasci più travolgere dal male, ma viva e si nutra solo di bene. E tutto ciò è vero, ma occorre che l’uomo desideri nutrirsi e ricercare il bene, perché il bene lo trasformi e lo abiliti a operare bene sempre. Senza la volontà di ben vivere e di bene operare l’uomo resterà in preda ai suoi istinti peggiori e, abbandonato a se stesso, non riconoscerà ciò che è buono e ciò che è saggio e lo fa vivere, cadendo inesorabilmente nell’annientamento di sé e dei suoi istinti, oggi come ieri, da sempre. Il Bambino ci presenta la fragilità, la debolezza della creatura che necessita delle cure della madre per sopravvivere, la totale dipendenza e l’abbandono in chi lo guidi e lo istruisca per farlo diventare adulto. Egli è totalmente dipendente e totalmente inerme. Non è capace di fare il male. In Maria e Giuseppe scopriamo l’importante ruolo della famiglia, sul piano educativo e affettivo, che protegge ed educa, che sostiene e insegna la solidarietà e il reciproco aiuto. Teresa Scaravilli (continua a pag. 2)
Tutta da vivere la notte di Natale e chi vuole può “lasciare pagato un...” Molteplici e attraenti le iniziative offerte agli acesi nel periodo natalizio. Si va dai mercatini ai tradizionali presepi, ma non mancano pure i momenti riservati alla solidarietà: pranzi sociali, studenti che cucinano per i poveri e la possibilità offerta da “Lascia pagato un...” E la notte di Natale sarà tutta da vivere, con la messa di mezzanotte a cui seguirà un concerto in piazza con un noto artista, che sarà una sorpresa assoluta per la città. Nino De Maria (a pag. 8)
LA PREGHIERA DEL PADRE NOSTRO Come potrebbe essere corretto l’errore teologico linguistico-rilevato dai bilisti
Modifica: ”Non abbandonarci alla tentazione” «Non ci indurre in tentazione è una traduzione non buona. Anche i francesi hanno cambiato adesso il testo. Sono io a cadere, non è lui che mi butta nella tentazione per vedere come mi comporto; lui è padre e non fa questo. Un padre aiuta ad alzarsi subito. Chi induce alla tentazione è Satana.
INTERVISTA
La preghiera che noi diciamo è “aiutami, dammi la mano quando Satana mi tenta”». Con queste parole rivolte a don Marco Pozza, dell’emittente TV 2000, Papa Francesco ha riproposto pubblicamente.
Francesco Pio Leonardi (continua a pag. 2) Il Cardinale Betori
DIOCESI - 1
Don Vittorio Rocca sulla legge del fine-vita “Aiuto nel morire non per morire” Francesco Pio Leonardi
6
DIOCESI - 2
Alfio, Andrea e Orazio saranno diacono il 5 gennaio GRQ $O¿R 3ULYLWHUD
SANTA MARIA LA SCALA Originale iniziativa della parrocchia diretta a raccopgliere fondi per riparare il tetto della chiesa
7
Il caffè di don Francesco affacciati sul mare “scalotu” Una splendida terrazza affacciata sul mare di Santa Maria la Scala, dalla quale si gode un incantevole panorama. Un posto ideale per sorseggiare un caffè e passare un po’ di tempo in compagnia. Da questa intuizione è nata l’iniziativa dal titolo “Il buon caffè, salviamo la casa della Madonnina del mare”, ideata dal parroco di Santa Maria la Scala, don Francesco Mazzoli, per raccogliere dei fondi al fine di riparare il tetto malandato della chiesa. Tanti i frequentatori della frazione acese ed i turisti che hanno partecipato e continuano a partecipare all’iniziativa che, avviata lo scorso mese di febbraio, sta riscuotendo un notevole successo. In cambio di un’offerta libera, la do-
menica (dalle 11 alle 12,30 e dalle 15 alle 17,30) si ha la possibilità di usufruire della terrazza, attigua ai locali parrocchiali, dove si può gustare un buon caffè, magari accompagnato da un goloso cannolo o da altri dolci, oppure prendere un aperitivo. Notevole la partecipazione registrata soprattutto nei mesi di aprile, maggio e ottobre. In estate la terrazza è stata pure utilizzata da chi ha voluto festeggiare con i propri ospiti battesimi o anniversari di matrimonio. Si è registrata la presenza di numerosi turisti stranieri, provenienti soprattutto dal Belgio e dall’Inghilterra, ma anche di tedeschi e francesi. Guido Leonardi
(continua a pag. 2)
Turismo esperienziale Dodici giovani “abilitati” ad affrontare una sfida originale e avvincente Gabriella Puleo
7
VOLONTARIATO Il Csve in prima fila
2018 anno di svolta
Il 2018 che sta per arrivare rappresenta, come sottolinea Salvo Raffa, presidente del Csve (Centro servizi per il volontariato etneo), un anno di transizione e aggiornamento, prezioso per affrontare la riforma del Terzo Settore. Maro Agostino (a pag. 5)
2
24 dicembre 2017
In Seconda
dell’
Jonio
ANNIVERSARIO Venti anni di presenza feconda della Congregazione dell’Oratorio a S. Nicolò
UDIENZA PRIVATA Il Papa sui giornali Fisc
Ricorrono in questi giorni i vent’anni dall’inizio del ministero dei Padri della Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri nella comunità ecclesiale di San Nicolò in Aci Catena. Domenica 14 dicembre del 1997, infatti, con una solenne concelebrazione presieduta dal vescovo mons. Giuseppe Malandrino, i Padri oratoriani si insediarono nella parrocchia di San Nicolò mentre, dal 27 novembre 1994, erano già impegnati nel ministero pastorale nella parrocchia San Michele Arcangelo di Acireale, permanendovi fino al 29 settembre 2001; ad essi fu inoltre assegnata, il 2 luglio 2000, la cura pastorale anche della comunità parrocchiale ‘Maria SS. Immacolata’ di Ficarazzi. Frattanto, transitati dalla Congregazione di Acireale a quella di Palermo, i Padri oratoriani prendevano possesso della comunità ecclesiale sannicolese, quando era già a compimento l’itinerario di costituzione della nuova Congregazione che, formata dai Padri Dino Magnano, Franco Burgo e Stefano Panebianco (quest’ultimo ordinato presbitero dal vescovo di Acireale mons. Salvatore Gristina nella chiesa di San Sebastiano in Acireale il 3 luglio 1999), è stata poi ufficialmente costituita dal 22 febbraio del 2002 con sede nella casa di contrada ‘Vampolieri’ di Aci Catena. La nuova Congregazione, la prima dopo un centenario dall’ultima istituzione, fu ufficializzata il successivo 13 maggio dello stesso anno con la consegna del ‘Rescritto Apostolico’ nel corso di una solenne concelebrazione presieduta nella chiesa Cattedrale di Acireale da mons. Gristina. Frattanto, il 31 luglio del 2000, il giovane chierico Antonio Panarinfo (poi rimasto alla Congregazione di Palermo) fu ordinato presbitero nella chiesa parrocchiale di San Michele in Acireale dal vescovo mons. Gristina, mentre il successivo 2 febbraio del 2003, inoltre, la Congregazione catenota ufficializzava l’ingresso del giovane Carmelo Nicotra quale fratello laico. L’ormai ventennale ministero dei Padri oratoriani a San Nicolò ha vissuto tanti momenti certamente da ricordare. All’atto del loro insediamento a San Nicolò, i Padri oratoriani
In una Roma dal clima invernale – freddo, ma carico di una intensa atmosfera natalizia – i giornalisti della Uspi (Unione stampa periodica italiana) e della Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici) hanno incontrato, lo scorso sabato 16 dicembre, Papa Francesco nell’udienza a loro riservata. L’incontro si è svolto nella rinascimentale Sala Clementina (ubicata al secondo piano del palazzo apostolico) e vi ha partecipato pure il nostro direttore Peppino Vecchio. “Voi avete un compito, o meglio una missione, tra le più importanti nel mondo di oggi: quella di informare correttamente, di offrire a tutti una versione dei fatti il più possibile aderente alla realtà” – ha detto loro papa Francesco – “Siete chiamati a rendere accessibili a un vasto pubblico problematiche complesse, in modo da operare una mediazione tra le conoscenze a disposizione degli specialisti e la concreta possibilità di una loro ampia divulgazione”. In particolare, con riferimento alle testate diocesane, ha aggiunto: “Si tratta di un giornalismo strettamente connesso alle dinamiche locali, alle problematiche che nascono dal lavoro delle varie categorie, agli interessi e alle sensibilità delle realtà intermedie, che non trovano facilmente canali per potersi adeguatamente esprimere”. In quest’ottica i giornali diocesani “possono rivelarsi – ha continuato il Santo Padre
Comunità cresciuta con i padri Filippini Utili per evangelizzare avvicendarono nella comunità ecclesiale il parroco sac. Giuseppe Vecchio che dal 31 marzo del 1983 aveva a sua volta avvicendato il sac. Mario Finocchiaro, trasferito alla parrocchia ‘San Giacomo apostolo’ di Aci Catena. Così come il borgo sannicolese era assolutamente privo di infrastrutture, tanto che si era ancora ben lontani dagli attuali sviluppi che ne hanno moltiplicato il tasso di residenzialità, anche la chiesa parrocchiale si presentava particolarmente essenziale negli arredi, molti dei quali erano stati rimossi e conservati nei locali adiacenti per provvedere al ripristino dei locali della chiesa. In tale contesto, i Padri oratoriani, iniziando dal potenziamento di alcune consolidate devozioni (tra le quali quella al Santo Patrono, San Nicola di Bari), hanno portato avanti giorno dopo giorno il proprio progetto pastorale ad ampio raggio, anche attraverso l’utilizzo di alcune loro strutture (l’Oasi ‘Madre del Divino Amore’ di contrada Pisano di Zafferana Etnea ed il Centro Ricreativo Estivo di Ispica) ed oggi la comunità sannicolese si presenta con una propria ben precisa identità nel panorama ecclesiale diocesano. Proprio i Padri oratoriani hanno, per esempio, istituito la festa solenne del 9 maggio in onore del Santo Patrono (essi hanno realizzato un nuovo fercolo su una vecchia barca, a ricordo della traslazione delle reliquie del Santo Vescovo da Mira, in Turchia, a Bari), ma anche altre nuove devozioni, quali quelle a Santa Rita da Cascia ed a San Giuseppe (ai riti religiosi della solennità in onore del Santo compatrono è stato affiancato il ‘Cummittu’, gioiosa agape fraterna che, simbolo di provvidenza, è un’antica tradizione che si conserva in diversi paesi della Sicilia) o anche i riti della Settimana Santa in preparazione alla Pasqua di Risurrezione. Ma la presenza dei Padri Oratoriani nella comunità ecclesiale sannicolese è particolarmente legata a due eventi molto significativi: la consacrazione della chiesa parrocchiale (22 ottobre 2005) e, a conclusione di un lungo iter iniziato dal parroco don Giuseppe Vecchio e dal dott. Antonino Garozzo, l’apertura al culto e la successiva consacrazione della nuova grande
chiesa intitolata alla Divina Misericordia (19 aprile e 25 ottobre 2008). Se la consacrazione dell’antica seicentesca chiesa parrocchiale, per quasi quattro secoli simbolo ed unico punto di aggregazione dell’omonima frazione, poteva finalmente coronare, attraverso l’ardore apostolico dei Padri oratoriani, il sogno lungamente accarezzato dai fedeli e dai sacerdoti che si erano avvicendati alla guida della comunità, la massiccia urbanizzazione del territorio circostante e gli angusti spazi dell’antica chiesetta avevano reso indispensabile l’edificazione del nuovo grande tempio, dotato di strutture all’avanguardia. Cosa che consente ai Padri oratoriani un’azione pastorale particolarmente rivolta ai giovani e, dunque, perfettamente conformata allo stile ed al carisma filippino, oltre a costituire una grande struttura di spiritualità che i Padri oratoriani pongono anche a disposizione dei giovani aprendosi, altresì, alle esigenze della diocesi. Sono, infatti, sempre più numerosi i giovani che affollano le due chiese, dedicando il proprio tempo alle attività più disparate, ma sempre conformate ad una sana crescita nel gioioso spirito filippino. La presenza dei Padri oratoriani a San Nicolò ha, inoltre, significato una positiva evoluzione della comunità sannicolese anche dal punto di vista civico; sull’onda di un sempre rinnovato entusiasmo, è stata, infatti, intitolata a San Filippo Neri la nuova grande palestra comunale di via Sant’Antonio ed oggi la comunità ecclesiale e quella sociale possono muoversi insieme verso il raggiungimento di sempre rinnovati traguardi. La Congregazione oratoriana di Aci Catena, che ha superato i quindici anni di vita, annovera oggi i Padri Dino Magnano, Franco Burgo e Stefano Panebianco, oltre al giovane Orazio Arena ed al fratello laico Carmelo Nicotra ma tanti altri giovani vi sono transitati, l’ultimo dei quali in ordine di tempo è Sebastiano Curcuruto, in atto in attesa dell’ordinazione presbiterale e transitato alla Congregazione di Guardia Sanframondi, in provincia di Benevento. Nando Costarelli
– utili strumenti di evangelizzazione, uno spazio nel quale la vita diocesana può validamente esprimersi e le varie componenti ecclesiali possono facilmente dialogare e comunicare”. Papa Francesco li ha poi messi in guardia dai “peccati della comunicazione”: disinformazione, calunnia e diffamazione: “sono peccati gravissimi, che danneggiano il cuore del giornalista e danneggiano la gente”. Ha quindi rivolto loro l’auspicio che “che non venga meno l’impegno da parte di tutti per assicurare l’esistenza e la vitalità a questi periodici”. Alle parole del Pontefice ha fatto eco il presidente nazionale della Fisc, il bresciano don Adriano Bianchi (direttore de “La Voce del Popolo”), che ringraziando il Papa per “il suo impegno e la sua sollecitazione perché i pastori non ci abbandonino in questo servizio”, ha aggiunto: “Il Papa ci ha ricordato come il nostro sia un lavoro che implica un’evoluzione della società e del bene delle persone. Ciò significa che sia il frutto di una dimensione vocazionale, non è solo un mestiere”. Alla fine dell’udienza, Papa Francesco ha stupito i presenti salutando personalmente tutti i 400 partecipanti: è stato un messaggio in più da parte del Santo Padre e un segno della stima che egli nutre nei confronti dei giornalisti cattolici. AD
dalla prima
dell’
Jonio
Direttore responsabile Giuseppe Vecchio Editore Associazione La Voce dell’Jonio Via Mons. Genuardi, 14 95024 Acireale Iscrizione Tribunale Catania n. 220 del 5/4/1958 Iscrizione al ROC (Registro operatori della comunicazione) n° 22076 Redazione Via Mons. Genuardi 16, 95024 Acireale - Ct (casella post. 174) tel. 095601992 www.vdj.it lavocedelljonio@hotmail.it Stampato da TIPOLITOGRAFIA TM di Venera Mangano Via Nino Martoglio, 93 95010 Santa Venerina (CT) tel 095 953455 Abbonamento annuo Ordinario euro 12,00 Extra 20,00 - Speciale 50,00 Sostenitore 100,00 Conto Corrente Postale 7313800 intestato a Associazione La Voce dell’Jonio Via Genuardi, 14 95024 Acireale Membro FISC - Federazione Italiana Settimanali Cattolici
Il Buon Natale impariamolo Come si può correggere dalla santa famiglia di Nazareth l’errore del Padre Nostro
Il caffè di don Francesco affacciati sul mare “scalotu”
Il Bambino ci presenta la fragilità, la debolezza della creatura che necessita delle cure della madre per sopravvivere, la totale dipendenza e l’abbandono in chi lo guidi e lo istruisca per farlo diventare adulto. Egli è totalmente dipendente e totalmente inerme. Non è capace di fare il male. In Maria e Giuseppe scopriamo l’importante ruolo della famiglia, sul piano educativo e affettivo, che protegge ed educa, che sostiene e insegna la solidarietà e il reciproco aiuto. Il Bambino tende le braccia come in un cordiale abbraccio verso l’uomo e prospetta un avvenire che estende i confini fino all’estremità della terra, nei confronti di ogni vita umana, di ogni razza e di ogni continente, perché nessun uomo sia solo. Dio lega a sé ogni vita umana e invita a vivere da fratelli, umanità redenta dall’umanità del Figlio di Dio. Guai a chi è solo! Perché a nessuno manchi il necessario per vivere e crescere bisogna realizzare quel sogno di libertà che la vita porta con sé: quel mondo di verità e di giustizia, di pace e di bene, iscritto dall’eternità nel cuore di ogni uomo. A ciascuno la responsabilità di scoprirlo e costruirlo per la propria e altrui felicità. Questo c’insegna ogni anno il Natale. Ribaltare ogni logica umana per accogliere la logica di Dio, che da ricco che era si fece povero per arricchire della sua divinità tutti noi che vaghiamo nelle tenebre dell’errore. “Cercate il Regno di Dio e la sua giustizia e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù!” è l’invito che si diffonde sulle strade del mondo da millenni. A ciascuno di noi accoglierlo e viverlo! Buon Natale! Impariamolo dalla Santa Famiglia di Nazareth!
Il problema della traduzione italiana errata dell’ultima parte del Padre Nostro. In realtà questo problema era stato sollevato precedentemente, in occasione dell’opera di ri-traduzione della Sacra Scrittura, iniziata nel 1988, e culminata con la presentazione della Sacra Bibbia CEI del 2008. La commissione di sovrintendenza, nella quale era presente il noto biblista card. Carlo Maria Martini, dopo molte discussioni, arrivò alla soluzione della modifica della traduzione del passo del Vangelo di Matteo a “non abbandonarci alla tentazione”. A ribadirlo qualche giorno fa, in un’intervista al quotidiano “Avvenire”, è stato l’arcivescovo di Firenze, il card. Giuseppe Betori. Il presule tuttavia affermava che la traduzione sopra proposta è stata approvata per quel che riguarda l’uso nel Lezionario, ma non per il suo utilizzo nel Messale romano: «questa traduzione, però, per poter entrare nell’uso liturgico deve essere “vidimata” dalla Santa Sede con quella che ora, in base alle nuove norme volute dal Papa, è una approbatio. Ma questo manca ancora. Non sappiamo se la Santa Sede ce la farà cambiare, ma si può pensare che il testo proposto venga approvato, considerato anche l’apprezzamento che sembra emergere per esso nelle parole del Santo Padre nella recente intervista sul Padre Nostro». Se e quando la traduzione verrà approvata per l’uso nel Messale, allora verosimilmente entrerà nell’utilizzo comune. Se è vero che le parole, pur non esaurendo la realtà non sono mero flatus vocis, questa “nuova” istanza non servirà ad esaurire le questioni riguardanti la Preghiera cristiana (che forse è ben altro), ma aiuterà a prendere maggior consapevolezza della vera paternità di Dio.
“Lo stare seduti bevendo un caffè – ci dice don Francesco Mazzoli - è un modo di incontrare la gente, di far conoscere le iniziative della nostra parrocchia, la sua storia e il borgo di S.M.la Scala. Con alcuni si è instaurato anche un rapporto di amicizia. Si inizia con l’ascoltare la gente, che magari dapprima si meraviglia nel vedere un sacerdote che serve ai tavoli o prepara il caffè. Poi si finisce per condividere le proprie storie personali e, quindi, ci si apre alla dimensione della preghiera, in alcuni casi anche con la celebrazione del sacramento della confessione. Questo è importante - chiosa don Francesco - perché oltre al contributo economico si finisce per guadagnare anche qualche anima”. “Desidero ringraziare pubblicamente Giovanni Grasso e gli altri parrocchiani che mi sono di indispensabile aiuto in questa iniziativa, nonchè Santo e Stefano Massimino della ditta Ammu-cannoli espressi siciliani. Ricordo poi un importante appuntamento per la parrocchia con la celebrazione della festa del patrocinio della Madonna della Scala, il prossimo 28 dicembre”.
Teresa Scaravilli
Francesco Pio Leonardi
Guido Leonardi
dell’
Cultura e Spettacolo
Jonio
24 dicembre 2017
3
CINEMA “Il giorno del Muro” di Daniele Greco e Mauro Maugeri vince il festival di documentari di Clérmont Ferrand
Come si vive la festa di San Giacomo “Un film fisico, una drammaturgia costruita attorno ai corpi, che ci fa sentire lo slancio, lo sforzo e la sofferenza sia intima che collettiva. Un poema cinematografico senza dialoghi, raccontato come un western e attraversato dalla suspense, che ti trascina fino a sfociare in una conclusione burlesque”, con questa motivazione la giuria della XXVII edizione del Festival du Film Documentaire Traces de Vies ha assegnato a “Il giorno del muro”, documentario breve sul folklore siciliano, il prestigioso Prix de la Création. Diretto da Daniele Greco e scritto e realizzato con Mauro Maugeri, il documentario si è contraddistinto per il suo interesse antropologico nel raccontare come la comunità montana di Capizzi, borgo nel cuore della Sicilia, da secoli ridefinisce la propria identità collettiva preparando e vivendo, con la ripetizione di gesti atavici e con riti dalle origini antiche, la tradizionale festa di San Giacomo. Il film, che già a luglio aveva ottenuto una menzione speciale al “Roma Cinema Doc” e lo scorso settembre a Valguarnera ha vinto il Premio Cerere, riservato ai cortometraggi dedicati ai miti, alle feste e alla religiosità in Sicilia, è la seconda opera del Sicily Folk Doc, il progetto di
una serie di documentari brevi, partito nel 2014 con il corto “A lu cielu chianau”, dedicato alla festa dell’Assunzione di Maria a Randazzo. Pensato dall’Associazione Culturale Scarti, il Sicily Folk Doc porterà alla realizzazione di ben cinque cortometraggi, prodotti da Giulia Iannello e realizzati dai due registi, Daniele Greco e Mauro Maugeri, insieme al sound designer Fabio Trombetta e al montatore Antonio Toscano. Una serie di documentari che attraverso il racconto cinematografico mostrano il modo in cui le piccole comunità siciliane definiscono ancora la propria identità attraverso riti folkloristici e feste religiose che di volta in volta si legano agli elementi della natura come l’aria, la terra, l’acqua. Suggestive e spettacolari feste popolari alla cui preparazione la gente del posto dedica spesso mesi di lavoro, per veder poi rinnovato nel giorno delle cele-
brazioni il senso di appartenenza, d’ identità e condivisione. Premiato da una giuria composta dal regista Damien Fritsch, dalla sceneggiatrice Juliette Senik e dalla produttrice Michèle Soulignac, in quest’ultima edizione del festival francese dedicato al cinema del reale, svoltosi a Clermont Ferrant, dal 27 novembre al 3 dicembre scorso, “Il giorno del muro”, attualmente in distribuzione sulla piattaforma di documentari on demand Tenk, racconta l’intreccio del sacro e profano nel giorno della festa del santo patrono
nel piccolo paese sui monti Nebrodi, comunità di artigiani, agricoltori e pastori. San Giacomo è portato in processione. Il fercolo usato come ariete per abbattere il muro di una casa. Ad ogni colpo corrisponde un miracolo. Nessun dialogo ma solo un paesaggio sonoro per sottolineare come in questi riti i significati delle parole siano spesso poco importanti rispetto alle profonde vibrazioni del suono prodotte da nenie, preghiere e canti tradizionali. Gli autori del documentario, Greco e Maugeri, hanno voluto dedicare il premio proprio agli abitanti di Capizzi, ringraziandoli “per la capacità di guardare alle proprie radici come la risorsa più grande, di costruire su di esse il futuro, di trovare in esse la risposta più efficace all’omologazione culturale dominante”. Nuovo progetto di questo percorso cinematografico di conservazione della memoria e di curiosità antropologica sarà “Acquasanta”, documentario girato da Mauro Maugeri nel borgo marinaro di Santa Maria la Scala, film attualmente in fase di post-produzione e la cui distribuzione è prevista già per i primi mesi del 2018.
Per il prof. Sciacca, lo scrittore Quattrocchi, nella rievocazione della propria esistenza, nel “presente della memoria”, ha un atteggiamento bucolico. I luoghi della sua infanzia, gli anni della guerra, le persone conosciute, i libri letti appartengono al passato, ma chiudendo gli occhi e rilassandosi, riappaiano nel presente senza tempo. La relazione di Sciacca è stata intercalata dalle letture di alcune pagine dell’opera da parte dell’attore acese Turi Badalà, classe 1942, con stile e incisività. La serata è stata chiusa dallo stesso Quattrocchi che ha sottolineato che la storia (piccola o grande riportata nel suo volume) è autobiografica, dato che ha vissuto le vicende narrate. All’autore, che in alcune pagine del suo volume si definisce “vecchio” perchè della classe 1938, ricordiamo quanto affermato dal poeta e drammaturgo Metastasio: “La vita si misura dalle opere e non dai giorni”. E Nino Quattrocchi “opere” ne ha fatto tante! Camillo De Martino
G. P.
Monica Trovato
Piccole storie, grandi avventure
attenta e puntuale dell’opera letteraria di Quattrocchi, che, rievocando noti autori, italiani e latini, tra cui Terenzio Afro Publio (195 a.C – 159 a.C), ha mostrato una preparazione culturale umanistica che non guasta nel campo del suo impegno politico. A seguire una nota dell’ingegnere Mario Patanè, catenoto, riguardante il periodo in cui Quattrocchi era a capo dell’amministrazione comunale, periodo speso per valorizzare i beni architettonici e paesaggistici del territorio e fare conoscere ai suoi concittadini, attraverso la loro presenza in loco, famosi scrittori, poeti, artisti, registi e attori cinematografici.
Alfonso Sciacca disquisisce su sicilianità o insularità Nell’ambito delle manifestazioni culturali promosse dal Kiwanis club di Acireale, si è svolto nella sala stampa del palazzo di città, il 15 dicembre 2017, un interessante incontro sulla sicilianità o insularità, nelle opere e nel pensiero di letterati siculi. A disquisire sull’argomento è stato invitato il professore Alfonso Sciacca, che nella sua relazione ha focalizzato l’attenzione principalmente su Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Leonardo Sciascia, due pilastri della nostra cultura, non certo messi a confronto ma citati per parlare di narrativa e di Sicilia. La nostra amata ma difficile isola, piena di problemi e di contraddizioni, di sfolgorante bellezza e di grandi problemi mai risolti. Leggere qualche pagina del grande capolavoro di Tomasi di Lampedusa ci riporta ad un’epoca passata, lontana da noi ma che è l’emblema del fatto che in Sicilia tutto cambia ma in realtà non cambia nulla. I tempi mutano, ma sembra più frutto dell’apparenza e non della realtà. “Il Gattopardo”, unico romanzo dello scrittore, fu completato nel 1956 e all’inizio furono in molti a non capire che era un capolavoro. Elio Vittorini, anche lui scrittore siciliano, avendo letto il libro per la casa editrice Einaudi che decise di non pubblicarlo, cosa che qualche tempo dopo fece Giorgio Bassani a capo della Feltrinelli. Fu la scrittrice Elena Croce ad inviare il manoscritto a Bassani dopo la morte di Tomasi di Lampedusa spentosi nel 1957. Il professore Sciacca delinea anche a grandi linee parte della storia della nostra isola, con le colonizzazioni fenicia e greca per poi passare alle dominazioni dei normanni, degli angioini, degli aragonesi, fino ad arrivare alla storia più recente con l’epoca borbonica, ed è qui che si interseca uno dei capolavori della nostra letteratura, “I vicerè” di Federico de Roberto, scrittore che non ha avuto in vita il giusto riconoscimento al suo talento e al suo capolavoro, conosciuto e giustamente rivalutato solo recentemente. Pagine di storia che sono l’esempio che i potenti sono e restano tali anche quando il mondo attorno a loro cambia. Il giovane protagonista Consalvo Uzeda, a differenza del padre Giacomo che non accetta i cambiamenti, si adegua ai tempi e pur di rimanere al potere diventa assessore, poi sindaco ed infine viene eletto al parlamento del Regno d’Italia. De Roberto si ispirò per questo alla figura di Antonino Paternò Castello, marchese di San Giuliano che fu sindaco di Catania, ambasciatore e ministro degli Esteri. L’insularità sofferta emerge anche dalla lettura di un brano di “La luce e il lutto” di Gesualdo Bufalino. Capire la Sicilia per un siciliano è capire se stesso, condannandosi o assolvendosi, ma non possiamo dimenticare quel che è stata la nostra isola, culla di civiltà e grandi ingegni.
LIBRI Presentato Se chiudo gli occhi, memorie appassionate di Nino Quattrocchi su Acicatena
“Se chiudo gli occhi...”, sottotitolo Piccole memorie da un paese di Sicilia, di Nino Quattrocchi, è un atto d’amore alla sua terra, al suo paese natale Aci Catena. Il volume di ben 200 pagine, tratta storie piccole e grandi avvenute tra gli anni ‘50 e ‘90 del secolo scorso, costituisce una raccolta di fatti, avvenimenti e storia locale, alla quale l’autore ha dedicato tutto se stesso con profonda verità e grande commozione. Nino Quattrocchi, catenoto, classe 1938, Maturità classica, segretario nelle scuole Materne, sindaco della sua città dal 21 marzo 1989 al 31 maggio 1990, non è nuovo nel campo della scrittura. Infatti sono suoi i lavori “Il tempo della memoria”, edito nel 2006 e “Acicatena sottovoce”, edito nel 2012. Il nostro scrittore, inoltre, è anche un grande appassionato di sport (ciclismo), di musica, canzoni, attento lettore di saggi e romanzi. La presentazione del volume è avvenuta nell’antisala consiliare del Palazzo di Città di Acireale, presente l’assessore alla Cultura acese Antonio Coniglio, a cura del prof. Alfonso Sciacca. Per primo ha preso la parola l’assessore Coniglio con una disamina
Kiwanis club
ACIREALE Inaugurata nella galleria del Credito siciliano la mostra “Call for Iolas’ House” visitabile fino al 4 marzo
Opere di confronto e installazioni artistiche Palazzo Costa Grimaldi ad Acireale, dal 2004 sede della galleria del Credito Siciliano, ospita dal 15 dicembre 2017 al 4 marzo 2018 la mostra “Call for Iolas’House” a cura di Stefania Briccola, Leo Guerra, Cristina Quadrio-Curzio e prodotta dalla fondazione Gruppo Credito Valtellinese. Numeroso il pubblico presente alla inaugurazione, coordinata da Filippo Licata e che ha avuto la presenza del sindaco di Acireale ingegnere Roberto Barbagallo e di Sua Eccellenza monsignor Antonino Raspanti, vescovo della nostra diocesi. La mostra, dedicata alla villa relitto del gallerista e collezionista d’arte Alexander Iolas, costruita tra il 1965 e il 1968 ad Agia Paraskevi ad Atene, oggi, purtroppo, è ridotta a un monumento in totale declino, in balia di vandali che dopo la morte del proprietario hanno distrutto gli arredi interni ed esterni e sottratto la ricchissima collezione di opere d’arte ospitata al suo interno. Alexander Iolas fu il primo direttore artistico della galleria Gruppo Credito Valtellinese ed è stato lui a commissionare al famoso artista Andy Warhlo “The Last Supper”, ispirato al capolavoro di Leonardo Da Vinci e oggi in collezione Creval. Nella sua villa, Iolas aveva portato la storia dell’arte contemporanea, della Pop Art e del Nouveau Realisme con opere di De Chirico, Mattiacci, Fontana, Finotti, Warhlo. Oggi, purtroppo,
questo immenso patrimonio è irrimediabilmente perduto e il progetto espositivo che il pubblico potrà seguire durante la visita si articola in due percorsi: uno che espone una serie di opere “di confronto”, visibili nelle collezioni private e del credito Valtellinese e l’altro, ricostruendo le installazioni artistiche della villa attraverso il re-made dei capolavori perduti. In questa opera di ricostruzione sono stati coinvolti gli allievi ed insegnanti dei licei artistici di Giarre e Morbegno. Interessante la vita del gallerista che iniziò la sua carriera a
Berlino prima come musicista per dedicarsi poi alla danza. Con l’ascesa al potere di Hitler lascia la Germania e si reca a Parigi dove continuerà a studiare danza ma, nel 1944 a causa di un infortunio lascia la danza per dedicarsi a tempo pieno al mondo dell’arte. Si trasferisce a New York dove diventa in breve uno dei galleristi più quotati, contribuendo alla fama di importanti artisti. Villa Iolas fu il suo più importante progetto, volendo creare al’interno di questa grandiosa e lussuosa dimora una esposizione permanente di grandi opere e che dopo la sua morte sarebbe diventata il “Museo Alexander Iolas”. Purtroppo, la sua scomparsa, avvenuta a New York nel 1987, pose fine a questo progetto a causa della decisione degli eredi di vendere il tutto. Ma il Ministero della Cultura bloccò la vendita, riconoscendo la villa patrimonio culturale greco. Il mancato esproprio e il divieto ai privati di poter intervenire sono stati causa del degrado in cui versa la villa ormai da tanto tempo. In mostra anche un video originale con le testimonianze di amici e conoscenti come Andrè Mourge che fu anche suo compagno di vita ed artisti come Marina Karella, Fausta Squatriti e Novello Finotti. Gabriella Puleo
4
24 dicembre 2017
dell’
Jonio
Grazie ai sacerdoti Ogni persona, ogni storia è importante
Don Diego Conforzi, parroco di Sant’Ugo a Roma
In Italia ci sono 35 mila sacerdoti diocesani che hanno deciso di donare la loro vita al Vangelo e agli altri. Per vivere hanno bisogno anche di noi. Doniamo a chi si dona.
Sostieni il loro impegno con la tua Offerta OFFRI IL TUO CONTRIBUTO AI SACERDOTI CON: Q versamento sul conto corrente postale n. 57803009 Q carta di credito, chia-
mando il Numero Verde 800-825000 o sul sito www.insiemeaisacerdoti.it Q bonifico bancario presso le principali banche italiane Q versamento diretto all’Istituto Sostentamento Clero della tua Diocesi. L’Offerta è deducibile. Maggiori informazioni su www.insiemeaisacerdoti.it Segui la missione dei sacerdoti su www.facebook.com/insiemeaisacerdoti CHIESA CATTOLICA C.E.I. Conferenza Episcopale Italiana
dell’
Speciale CSVE
Jonio
24 dicembre 2017
5
VOLONTARIATO Il presidente Salvo Raffa all’assemblea dei soci sul 2018 e la riforma del Terzo Settore
”Anno di transizione e aggiornamento” Una chiusura dell’anno all’insegna della provvisorietà e dell’attesa per il mondo del volontariato, proiettato verso un 2018 che si preannuncia particolarmente intenso e sfidante, visto il rinnovamento richiesto dalle linee della Riforma del Terzo Settore varata con la legge 106 del 2016. Una programmazione ancora provvisoria, di fatto, quella approvata pertanto lo scorso 12 dicembre dall’assemblea ordinaria delle associazioni aderenti al Centro di Servizio per il Volontariato etneo, nella Casa del volontariato di Librino in viale Castagnola. Per il CSVE ed il variegato mondo del terzo settore interessato sul territorio, si preannuncia una fase di analisi, aggiornamento e complessità, in attesa dei definitivi decreti attuativi che tradurranno gli effettivi risvolti della legge di riforma. Nell’assemblea dei soci, il CSVE ha reso conto del lavoro di verifica e aggiornamento svolto sui territori attraverso le riunioni di distretto provinciali già dagli inizi di dicembre.“Confermiamo una programmazione provvisoria nell’attesa di avere indicazioni specifiche dai decreti attuativi della Riforma – spiega il presidente del CSVE, Salvo Raffa: – ci aspetta un anno di transizione, dove l’istituzione del nuove registro nazionale del Terzo settore previsto dalla Riforma interesserà molte e diverse realtà del volontariato in generale. La riforma imporrà a tutto il mondo del volontariato di passare dalla cultura dell’io a quella del noi – afferma – e come centro di servizio saremo chiamati a impegnarci nell’accompagnamento delle piccole, medie e grandi associazioni: è nata – sottolinea - con buoni auspici, ma sono ancora molti i punti da chiarire per il nostro mondo e per questo saremo chiamati a un intenso lavoro di affiancamento al servizio di tutti i nostri aderenti”. Di fatto, la programmazione approvata ricalca la consueta attenzione alle storiche aree di attenzione del CSVE, nel
tentativo di tenere conto in primis delle aperture della riforma a soggetti del Terzo Settore, ossia quelli che secondo la nuova legge risulteranno categorizzati come aventi volontari al proprio interno. Formazione del volontariato, consulenza, comunicazione, sostegno alle attività saranno ancora i perni del CSVE: ad esempio, per lo studio dell’applicazione della riforma, la consulenza del CSVE sarà al servizio delle associazioni aderenti, le quali potrebbero non avere dimestichezza con la stesura del bilancio sociale, che sarà obbligatorio per la nuova legge, o potrebbero necessitare di aiuto per modificare adeguatamente il proprio statuto, qualora vogliano rientrare effettivamente nel Registro nazionale quali enti del Terzo Settore riconosciuti.
D’altra parte, lo stesso CSVE ha avviato il suo percorso di riforma statutaria, ma saranno anche altri gli obblighi rilevanti per molte realtà del territorio: limite della durata del mandato, incompatibilità di incarichi di amministrazione a fronte di incarichi politici o istituzionali saranno altrettanto rilevanti norme, così come la pubblicazione sul proprio sito internet, esso stesso pertanto obbligatorio, del bilancio economico e sociale. L’ultima legge che disciplinava il volontariato, prima di quest’ultima sopra menzionata, risultava la 266 del ’91, mentre la 383 del 2000 era l’ultima ad avere disciplinato le associazioni di promozione sociale. “Gli intenti che ispirano la nuova legge sono condivisibili perché dopo più di 30 anni è necessario aggiornarsi ai tempi di oggi con disponibile spirito di rinnovamento da parte di tutti – sottolinea Raffa – altrimenti si rischierebbe di limitare proprio la forza del volontariato: tutti siamo chiamati ad essere pertanto innovatori anche nella gestione del nostro impegno di volontariato: è questo l’impegno che ci diamo nel 2018, perché siamo convinti che quanto seminato tra questo ed il prossimo anno possa costituire una buona base per gli anni avvenire. La politica, anche associativa – conclude - è l’arte del sapere scegliere: abbiamo necessità di scegliere e speriamo di avere una buona strategia per intraprendere le strade giuste, anche perché la Riforma significherà per le piccole organizzazioni di volontariato rapportarsi con le grandi sigle storiche della promozione sociale, comprensibilmente più strutturate e organizzate. Anche qui cercheremo di aiutare le associazioni a sopravvivere nel rispetto della loro identità e a seguire il ritmo: sarà un anno difficile che ci impegnerà ancora di più nel lavoro di rete e di sinergia con tutte le istituzioni, i volontari e le agenzie educative”. Mario Agostino
Speciale Arte e Fede ARTE E FEDE Illustrata l’eccezionale scoperta di tre affreschi nel presbiterio della chiesa del Ss. Salvatore di Acireale
Ma rimane il mistero della copertura con calce Eccezionale scoperta, quella realizzata nella parrocchia acese del SS.Salvatore, grazie all’intraprendenza di un giovane parroco e all’abilità di sapienti restauratori. Dopo due secoli di oblio, infatti, sono nuovamente “riemersi” gli affreschi che decoravano l’area del presbiterio. “Si tratta di una narrazione cristologica - ci spiega il parroco, don Marcello Zappalà - che poggia sull’iconografia di tre banchetti: l’ultima cena di Gesù con gli apostoli, le nozze di Cana e il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Ad essi si aggiunge la raffigurazione della croce e dei simboli della Passione di Gesù”. Tutte raffigurazioni che sottolineano ulteriormente la dimensione di “chiesa del Calvario” che il SS.Salvatore ha avuto fin dal Seicento. Il progetto di restauro prevedeva inizialmente di recuperare gli affreschi delle pareti laterali del presbiterio, mai i saggi realizzati nella parte superiore delle finestre e nelle vele della volta hanno aperto nuove strade di investigazione. L’intervento è stato curato dalla cooperativa Ferlito Restauri e dalla dott. ssa Cappa, storica dell’arte della Soprintendenza ai BB.CC. di Catania. Quest’ultima ha apprezzato il coraggio mostrato dal parroco nel decidere di andare avanti con gli interventi di restauro, eliminando gli stucchi e le strutture successive, man mano che venivano fuori tracce di altri affreschi. “E’ stato davvero emozionante scoprire la data (1721) e le iniziali (MP) dell’autore, ancora non identificato, ma che può ben
essere collocato in ambito seicentesco. Un artista che si sarà formato a Roma, perché gli affreschi denotano una straordinaria conoscenza dell’architettura e della prospettiva”. Sulle qualità dell’autore concorda anche il restauratore Raimondo Ferlito, che ha riscontrato l’ottima fattura della malta utilizzata. Rimane, comunque, misterioso il motivo per cui questi splendidi affreschi siano stati successivamente coperti con la calce. L’obiettivo adesso è quello di valorizzare ancora di più quest’antica chiesa, che diventa punto di riferimento per la città il Venerdì Santo, quando proprio qui viene esposto il settecentesco simulacro del Cristo morto. Un apposito cartel-
lo con informazioni turistiche è stato collocato all’esterno della chiesa dall’amministrazione comunale di Acireale. Questa straordinaria scoperta, attraverso la bellezza delle immagini (che è sempre riflesso della bellezza di Dio) potrà aiutare i fedeli a recepire il messaggio teologico della Salvezza. SCHEDA Il ciclo pittorico si compone di tre grandi affreschi, accomunati dal medesimo tema, la mensa: a sinistra, troviamo quello raffigurante l’episodio evangelico del banchetto di nozze a Cana, sormontato dall’allegoria della Misericordia (che allatta un bimbo); a destra, il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, con, al di sopra, l’immagine della Giustizia, che tiene nelle sue mani una spada e una bilancia; al centro del presbiterio, in alto, la raffigurazione dell’ultima cena, in cui si notano il bellissimo volto di Gesù e Giuda vestito alla maniera spagnola. Nelle vele della volta sono dipinti degli angioletti che reggono i vari simboli della Passione di Gesù (croce, chiodi, lancia, corone di spine, sacchetto con i trenta denari, colonna, scala, sudario), accompagnati da cartigli che riproducono passi del Vecchio Testamento. Al centro della parete vi è riquadro, sormontato da un’iscrizione, ancora leggibile: “Acensis pietas Salvatori Domino D(ono). D(edit).D (edicavit).” Guido Leonardi
6
Chiesa e Società
24 dicembre 2017
dell’
Jonio
INTERVISTA Don Vittorio Rocca, docente di teologia morale, sulla recente legge che regolamenta il fine-vita
”Aiuto nel morire, non per morire” Su molte questioni riguardanti il fine vita un grande dibattito si è acceso negli ultimi mesi, culminato lo scorso 14 dicembre nell’approvazione al Senato del disegno di legge in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento. Ne parliamo con don Vittorio Rocca, docente di Teologia morale presso lo Studio Teologico San Paolo di Catania. Quale atteggiamento deve assumere la Teologia della Chiesa dinanzi alle tante voci che permeano il dibattito? Essa è una voce tra le tante o pretende di essere qualcosa di più? Credo che la Chiesa – anche attraverso la sua riflessione teologica – possa offrire a questo dibattito un supplemento di saggezza, davanti alla morte intesa come la soglia collocata fra due vite: quella che tutti conosciamo e quella che nessuno conosce (e che per noi cristiani è rischiarata solo dal mistero di Gesù Risorto). La teologia, che è la fede che cerca di capire, fornisce un riferimento essenziale nel marasma intellettuale e civile di questo tempo. Davanti alla modernità e soprattutto alla modernità tecnologica che chiamiamo post-modernità, essa non propone una sterile mitragliata di condanne, ma la convinzione che ciò che sembra minacciare la dottrina della Chiesa può essere un’occasione per il Vangelo. Non dunque il ricorso a un meccanicismo morale o moralistico, ma la sapientia cordis che sa che anche le dimensioni etiche devono essere misurate sapendo che dietro ogni parola c’è il mistero dell’esistenza. Qual è la differenza tra eutanasia e accanimento terapeutico? Spesso il limite tra le due tra le due cose non è così chiaro. Come riconoscerlo? Si tratta di una vexata quæstio. Sul tema del fine-vita il magistero si è espresso chiaramente. Da Pio XII al Catechismo della Chiesa Cattolica. Basta aprire il testo del nuovo Commento teologico-pastorale al Catechismo per trovare queste parole: «Dall’eutanasia va distinta la rinuncia all’accanimento terapeutico: la decisione di interrompere “procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate”, infatti, può essere perfettamente legittima. Infatti, “non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire” (CCC 2278). Rispetto alle cure da offrire al malato, il n. 2279 precisa: vanno sempre garantite le cure ordinarie; gli analgesici utilizzati per alleviare le sofferenze del paziente sono leciti anche se vi sia il rischio di abbreviare la vita (principio del duplice effetto); le cure palliative, che “costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata”, sono da incoraggiare». Si tratta di trovare le vie per facilita-
re al morente l’incontro e l’accettazione della morte, non di collaborare alla sua realizzazione, di fornire un accompagnamento e un aiuto nel morire, non un aiuto per morire. Il principio di “proporzionalità al bene integrale della persona” come indice di moralità viene affermato dal Catechismo della Chiesa Cattolica ed è stato ribadito anche dal Papa. Come concretizzarlo nei contesti drammatici di cui parliamo senza cadere nell’etica della situazione? Queste considerazioni si iscrivono all’interno di una precisa visione etica il cui «imperativo categorico» è il non abbandono del malato e il cui «comandamento supremo» è «la prossimità responsabile». Dinanzi alla tendenza a ridurre il “fine-vita” a una serie di decisioni tecniche, è necessario rivendicare fortemente il carattere etico della questione. La sfida vera non si gioca tanto sul livello giuridico-normativo, ma su quello etico e antropologico. Delle persone dobbiamo sempre prenderci cura, fino all’ultimo atto della vita, quando saremmo tentati di sottrarci alla relazione. Una tale cura va esercitata proprio verso i più deboli, verso le persone più fragili, dal momento che proprio dal sentirsi abbandonati scaturiscono spesso le richieste di porre fine alla propria esistenza. Quale sensibilità e quali mezzi dovrebbero porre in gioco le nostre Comunità cristiane per sovvenire ai bisogni di tali persone in difficoltà? Innanzitutto occorre affermare che l’etica cristiana non dà alcuna spiegazione al problema del male, della malattia e della morte.
dico... il politico – anche se pochi politici sono intellettuali – “vestiti” di superbia, arroganza, avarizia, prepotenza, arrivismo. Bisogna togliersi questi “vestiti” per prendere in braccio “’u bammineddu” che si presenta nudo e infreddolito, e cullarlo, baciarlo e stringerlo al cuore come faceva San Josemarìa in tempo natalizio. Ciò avviene “annittannu”, cioè pulendo bene “’a stadda” del proprio cuore: con una bella confessione. “Il Natale è tempo di gioia”, ha detto Papa Francesco all’Angelus, ma “senza Gesù è una festa vuota”.
vita non va né esaltata, né a maggior ragione criminalizzata. Va riconosciuta per quello che è e che doveva essere: un necessario passo in avanti per adeguare la giustizia in sanità alla realtà (e non alle illusioni) del nostro tempo. Purtroppo però l’impressione è che essa sia nata male, in quanto frutto di un complesso travaglio e di un voto finale segnato dalla chiarezza di una vasta maggioranza parlamentare, ma senza la chiarezza normativa necessaria a scongiurare forzature e con un potenziale dirompente in grado di generare abbandoni terapeutici e forse persino incapace di evitare derive verso quell’eutanasia. Sono senz’altro d’accordo nello stigmatizzare i limiti della legislazione attuale, soprattutto per quanto riguarda la definizione e il trattamento dell’accanimento terapeutico. È dunque auspicabile un miglioramento delle norme giuridiche non solo a favore dei medici, ma soprattutto dei malati. L’approvazione della legge ha un retroterra, quello dell’idea che la qualità della vita sia il vero valore da perseguire e che la sua valutazione dipenda unicamente dalla volontà del singolo. Se questo fosse l’indice principale la legge potrebbe aprirsi in futuro anche all’approvazione dell’eutanasia. Cosa ne pensa? La legge sul biotestamento introduce un’idea sbagliata di libertà che stravolge la tradizione culturale e la compagine sociale del nostro paese. Dal punto di vista filosofico, la legge si basa su un solo presupposto culturale: la libertà coincide con la possibilità dell’autodeterminazione. Da questo punto di vista l’introduzione del testamento di vita va senz’altro incoraggiata. Ma occorre guardarsi da una interpretazione troppo rigida di tale principio, che fa di esso il criterio esclusivo di valutazione dei comportamenti in campo sanitario. La tendenza ad esasperare il principio di autodeterminazione è frutto di un’antropologia individualista, che non tiene in alcun conto la dimensione sociale dei problemi e perciò l’esigenza di affrontarli (e di risolverli) in una prospettiva di un’autentica solidarietà. Va detto quindi che il giudizio etico sull’eutanasia non può che essere negativo. Il principio di autonomia è irrinunciabile, ma relativo — anzi relazionale — e non assoluto. Quelle della Chiesa non sono scelte oscurantiste, perché la Chiesa se dice dei “no” è perché ha dei “sì” più grandi. Non è una risposta esclusivamente negativa, ma è per qualcosa di più, una pienezza maggiore di vita e di gioia. La Chiesa dice questo, perché ha il Vangelo da annunciare, e il Vangelo ha sempre buone notizie per tutti.
Nino Ortolani
Francesco Pio Leonardi
Ciò che sappiamo è che non siamo interamente padroni della nostra vita e del nostro destino, a cominciare dalle condizioni della nostra nascita: l’esistenza di ciascuno di noi dipende dalla famiglia, dalle condizioni di vita, di educazione, di cultura, di solidarietà sociale, di storia, ecc. Il cristianesimo chiede una sola cosa a chi è nella malattia: che, attraversando la malattia, continui ad amare gli altri e ad accettare di essere amato, perché neppure questo è facile. La sofferenza non è gradita a Dio, altrimenti egli sarebbe sadico, e purtroppo di immagini perverse ne ha ricevute molte, attraverso le proiezioni dei cristiani e della Chiesa su di lui! Quando parliamo di fine vita inevitabilmente entra in gioco l’esigenza di creare un apparato normativo civile che tuteli le parti in causa. Si ritiene soddisfatto del disegno di legge approvato lo scorso 14 dicembre? Penso anzitutto che c’era l’esigenza di un intervento normativo. La nuova legge sul fine
RIFLESSIONE Davanti al presepe di Betlemme
Non c’erano intellettuali “Il povero grida e il Signore lo ascolta”, recita il Salmo responsoriale del giorno 19 dicembre in preparazione al Natale. “Povero” è questo mondo nel quale viviamo, “povero” è ciascuno dei pastori che vediamo in fila nel presepe con un dono, da offrire “o bammineddu”. Dai doni che porta il pastore si capisce il suo mestiere: il macellaio, il pescatore... “’u picuraru cu picureddu pi jucari lu bammineddu”. Tra i mestieri presenti nel presepe non si trova però l’intellettuale. La mentalità popolare vede il prete, l’avvocato, l’ingegnere, il me-
SPIRITUALITÀ Per sentire la Parola di Dio
PILLOLE DI SPIRITUALITÀ Il mistero dell’incarnazione
Abbattere le barriere del cuore L’alterità di Dio rispetto al mondo
Quando si decide di abbracciare la propria fragilità si potrà scorgere lo sguardo innamorato di Dio e ascoltare la sua voce che delicatamente parla alla nostra vita. Infatti, la fragilità, la debolezza, le innumerevoli miserie non guardate nella loro autentica realtà, ma celate dietro false apparenze, assopiscono il cuore impedendogli di aprirsi all’amore di Dio per essere guarite. Abbracciare fragilità e debolezze, non significa giustificarle, ma significa guardarle, accoglierle e consegnarle a Dio, scoprendo dentro questo abbraccio, l’abbraccio misericordioso del Padre che risana ogni miseria. Distratti da tante cose, imbrigliati nel superfluo, spesso si smarrisce il senso della vita e ci si sente soli lungo il cammino faticoso dei giorni, non riconoscendo più, e spesso non cercandolo, il volto dell’Amore, il solo capace di dare senso e pienezza all’esistenza. Bisogna cercare il volto di Dio nelle cose che ci circondano, nelle esperienze che feriscono il cuore, nelle emozioni che fanno sentire vivi, nei delicati e anonimi quotidiani, cercare il suo volto per dare senso e pienezza al proprio vissuto,“Il tuo volto, Signore, io cerco”, prega il salmista biblico (Sal.26,8). Dio, infatti, parla all’uomo come un padre dialoga con i propri figli, come uno sposo con la propria sposa, come un amico con il proprio amico, desiderando di trovare un cuore aperto e attento che lo ascolti. Tra questi innumerevoli luoghi dove Dio si comunica all’uomo, il luogo privilegiato dove leggere la sua Parola è la Sacra Scrittura. La Bibbia non è un libro di altri tempi, o solo per alcuni,
ma è la parola di Dio rivolta ad ogni uomo capace di aprire il proprio cuore: “La parola ti è molto vicina:è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica” (Dt 30,11-14 ), si legge nella Scrittura. Cercare il volto di Dio e ascoltare la sua Parola, significa accogliere l’amore di Dio che continuamente si dona, significa lasciarsi raggiungere e toccare fino a permettergli di sconfinare oltre le innumerevoli barriere del cuore. Mettendosi in ascolto nella preghiera, nella lettura orante della Sacra Scrittura, nella partecipazione ai Sacramenti, si potrà sperimentare la compagnia di Dio, la sua dolcezza e tenerezza, la sua presenza costante che fa sentire sicuri e in pace, si scoprirà Dio come il confidente fedele che ridona respiro e libera dai soffocanti turbamenti del cuore. Vivere la vita in compagnia di Dio, nelle diverse vocazioni e sfumature, nei diversi luoghi nei quali egli chiama a testimoniare il suo amore: questo stile di vita, rende l’uomo realmente uomo, poiché realizza autenticamente il fine della propria vita partecipando di quella beatitudine proclamata dal salmista biblico “Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi, non indugia nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli stolti, ma si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte” (Sal 1,1-2). La legge del Signore è la legge dell’amore, quell’amore che Dio stesso rivela nelle pagine sacre della Scrittura, coinvolgendo l’uomo a respirare questo infinito amore che a lui parla e si rivela. Letizia Franzone
“Quando parliamo del mistero dell’incarnazione spesso dimentichiamo un dato fondamentale, il fatto che Dio si dona all’uomo nel provvisorio, nel contingente. Siamo abituati ad avere un’idea di Dio metafisicamente intesa, per la quale egli è la Verità che fuga ogni dubbio, la Ragione al di sopra di ogni cosa. Di fatto è così, ma bisogna pur ammettere che calcando troppo la mano su questi concetti, più che il Dio Cristiano ritroviamo quello hegeliano, capace di tutto e pressoché immanente. Ora, lo scoglio nel quale s’incaglia ogni tendenza immanentista è il problema del male. Se diciamo che Dio è buono e capace di tutto, se egli è la Verità che a priori folgora ogni menzogna, perché esiste la sofferenza degli innocenti? Un problema insolubile, questo, che allontana dalla fede molta gente. Quello che ci consegna la Scrittura, in realtà, è un Dio che sposta il problema metafisico a quello fisico, che abita il provvisorio non considerando un tesoro geloso la propria assolutezza (cfr. Fil 2, 6). Un Dio illogico insomma. Pensandoci bene, se Dio fosse logico, manipolabile dai nostri processi mentali, rimarrebbe tale o sarebbe il frutto di una nostra proiezione?
Un Dio che si dona nel provvisorio si lascia incontrare dalle nostre possibilità di conoscenza (intese in senso largo), anch’esse contingenti. Se è vero che ogni affermazione o pensiero umano hanno la pretesa di essere assoluti, lo è ancor di più il fatto che essi sono fortemente relativi ai diversi contesti nei quali vengono concepiti. Bisogna solo avere l’umiltà e il coraggio di ammetterlo. Il Signore dunque non dà delle risposte preconfezionate, ma si dona nella debolezza di un bambino, non risolve automaticamente il problema del male, ma lo abita fino a condividerne l’esperienza della morte, non si manifesta grandiosamente forte, ma si fa riconoscere nei limiti di persone deputate ad annunciarlo, e così via. Solo a partire da tale prospettiva è possibile un discorso su Dio che tenga conto, da un lato, della totale alterità di Dio rispetto al mondo provvisorio, dall’altro, della costitutiva apertura dell’uomo a Dio. La grande sfida della Teologia odierna è proprio quella di indicare la dinamicità dell’incarnazione all’uomo contemporaneo, tanto auspicata dal Vaticano II. F. P. L.
dell’
Chiesa e Società
Jonio
24 dicembre 2017
7
DIOCESI Il vescovo consegna gli attestati a 12 giovani partecipanti a un corso che li ha preparati per una sfida originale
Avanti con il turismo esperienziale OTIUM ET NEGOTIUM - 15
Padre Giuseppe Russo un prete con cui confessarsi
La riflessione che ci propone stavolta il nostro Nino Ortolani prende spunto dalla recente scomparsa di don Pino Russo, il parroco di Santa Maria degli Angeli. Un prete di quelli che lasciano il segno, e non solo perché hanno
svolto il loro servizio pastorale per ben 42 anni nello stesso posto. Don Pino nella sua parrocchia ha sposato i genitori da giovani, ha poi battezzato i loro figli che ha successivamente sposato quando sono cresciuti, ed ha pure battezzato i nipoti. È per questo che Nino Ortolani lancia una sorta di sfida ai lettori, che vuole anche essere un invito a inviare dei piccoli ricordi di questo “Padre”, ricordi che pubblicheremo puntualmente sulla nostra edizione web.Carissimo lettore, Carissimo lettore, Con questo prete “mi ci cunfissassi”. Quante volte abbiamo sentito questa espressione nei confronti di qualche sacerdote al quale ci rivolgiamo chiamandolo “padre”... Uno di questi era sicuramente “Padre Russo”, parroco di Santa Maria degli Angeli, che ci ha lasciati proprio il giorno di Santa Lucia. Molti acesi abbiamo frequentato la sua parrocchia perché la sua era una parrocchia - famiglia; un ambiente in cui si sentiva il calore dell’amicizia, della... “Famiglia”. Vorrei scrivere a lungo su questi quarantadue anni vissuti con “don Pippo”, come lo ha chiamato il prof. Monaco. “Fedele collaboratore” lo ha definito mons. Raspanti, ringraziandolo per la sua disponibilità e l’esercizio dell’obbedienza. Per i religiosi la castità e la povertà sono punti cardini nei rapporti sociali; per padre Russo, pur non essendo religioso, traspariva in ogni suo gesto e in ogni sua decisione l’esercizio di queste virtù. Traspariva nel volto dei presenti al suo funerale la commozione per la perdita di una persona cara, in una cattedrale affollata come nei grandi eventi. Sicuramente ognuno avrebbe desiderato esporre la propria gratitudine per quanto da lui ricevuto, per le sue gentilezze, per le eventuali correzioni o suggerimenti da lui dati con garbo e senza mai ferire; tra questi i tantissimi giovani suoi figli spirituali. E tu cosa potresti raccontare di questo... “Padre”? Nell’attesa del Santo Natale, ricevi cari saluti da Nino Ortolani
Lo scorso 16 dicembre 2017, nel palazzo vescovile di Acireale, monsignor Antonino Raspanti ha consegnato gli attestati di partecipazione a 12 allievi del corso di formazione in Turismo esperienziale. Nuovo termine per parlare di turismo, concetto a noi siciliani molto familiare ed importante, visto che di turismo potrebbe vivere bene la nostra isola, che a quanto pare, pur rimanendo una delle mete preferite dai turisti, deve adeguarsi alla richiesta di mercato che vede sempre più un turista, anzi un viaggiatore attento, esigente e interessato ad entrare in empatia con il luogo prescelto. Il metodo Artes che indica l’animatore relazionale turistico esperienziale è una nuova figura di accompagnatore che non nasce esclusivamente dalla classica figura della guida turistica. Coloro che si accingono ad intraprendere questa nuova attività lavorativa possono avere una formazione che può spaziare su larghi settori (ingegneri, architetti, fotografi, storici ecc..) ma che interseca la specializzazione base di ogni operatore con il mondo del turismo. Il corso di formazione “Turismo esperienziale” che si è svolto ad Acireale è stato organizzato e realizzato dalla fondazione “Città del fanciullo”. Storica realtà acese, fondata nel 1953 da monsignor Paolo Randazzo mentre era vescovo Salvatore Russo. Lo scopo della fondazione è dare assistenza, educazione, istruzione scolastica e professionale a giovani orfa-
ni o abbandonati. Nel 1992 il Ministero dell’Interno ha riconosciuto alla fondazione il ruolo giuridico di ente morale. L’attività della fondazione, sospesa per alcuni anni, è stata ripresa nel 2008 da monsignor Pio Vittorio Vigo riprendendo la formazione professionale dei giovani che devono inserirsi nel mondo del lavoro. La fondazione, per statuto, è presieduta dal vescovo pro tempore. Fino a pochi anni fa il turista si “accontentava” di visitare i luoghi di maggior interesse storico-artistico, di soggiornare in buone strutture alberghiere e scoprire anche da solo la parte più vera e profonda del luogo che stava visitando. Oggi il viaggiatore del terzo millennio vuole entrare in un rapporto empatico con il luogo e i suoi abitanti, facendone parte integrante e diventando protagonista di un intreccio narrativo che si svolge sul palcoscenico
del territorio. L’offerta è strutturata per arrivare al cliente finale tramite la rete di operatori turistici tradizionali cioè tour operator e agenzie viaggi. Le “storia da vivere insieme” sono pacchetti turistici che seguono il “modello Artes” che garantisce qualità e sicurezza. Prima della consegna degli attestati alcuni dei partecipanti al corso di formazione hanno voluto raccontare quello che sarà il loro “pacchetto turistico” spaziando dai percorsi naturalistici a quelli enogastronomici, dove il turista si troverà a vivere personalmente l’esperienza dei pescatori o dei cuochi chiamati “monzù”, parola napoletana dal francese “monsieur”, appellativo dato anticamente ai cuochi professionisti. Da i percorsi della storia dell’opera dei pupi alla scoperta della “cella trichora di Santo Stefano” di Santa Venerina all’esperienza da vivere nella città di Mascali, distrutta dalla colata lavica del 1928, parlando con la cittadinanza, andando alla casa del Comune e pensare a come fare per far ripartire l’economia dopo una tragedia. La pietra lavica diventa protagonista di questa ricostruzione ( visto che tutto è distrutto e solo la pietra lavica è presente in quel luogo). Il turista potrà creare da sè un oggetto in una apposita fabbrica e poi tenerlo come ricordo di questa esperienza. Insomma non più “solo” turisti ma “consumattori” come le guide esperienziali amano chiamare i loro clienti! Gabriella Puleo
DIOCESI In Cattedrale triplice ordinazione per le mani di mons. Raspanti
Alfio, Andrea e Orazio diaconi il 5 gennaio
Alfio Licciardello
Andrea Grasso
Orazio Sciacca
presbiterale che avverrà non prima di sei mesi dopo quella diaconale e presumibilmente entro l’anno venturo. Il diaconato, che è il primo grado dell’ordine sacro, costituisce una consacrazione definitiva e comporta l’assunzione di alcuni doveri che sono propri anche dei sacerdoti (l’annuncio della Parola di Dio, il celibato, l’obbedienza, la preghiera della Chiesa) e abilita l’ordinato ad essere ministro di alcu-
Come si chiamano in arabo i giorni della settimana? “Lunedì, litinni; martedì, tilad; mercoledì, arba: giovedì, Kamìs; venerdì, gomà lun; sabato, sabd; domenica, ad.” Quanto tempo dura il Ramadàn, con relativo digiuno? “ Trenta giorni: dalle 5,30 non si mangia, né si beve fino a sera; il Ramadàn si conclude con una festa.” La donna incinta è esonerata dal digiuno? E i malati? “Sì, per tutti loro non si deve osservare il digiuno.” Durante la preghiera ci sono musica e canti? “Mai musica e neppure canti”.
ni sacramenti e sacramentali. Il diacono è strettamente unito al ministero del vescovo e dei presbiteri suoi collaboratori e si contraddistingue per il servizio della parola e della carità. I tre ordinandi hanno un percorso vocazionale molto simile: sono cresciuti nelle proprie parrocchie, nei gruppi ministranti, giovanili e oratorio ed è lì, con l’aiuto dei parroci e di altri sacerdoti, che hanno maturato ben presto la vocazione, entrando in Seminario dopo aver terminato la scuola superiore. Andrea Grasso, 26 anni, proviene dalla parrocchia S. Camillo di Giarre. È entrato in Seminario nel 2011. Da due anni è alunno dell’Almo Collegio Capranica di Roma ed iscritto al corso di licenza in teologia dommatica presso la Pontificia Università Gregoriana. Alfio Licciardello ha 28 anni ed è originario della parrocchia S. Margherita di Pozzillo. È in Seminario dal 2012. Attualmente svolge nel fine settimana il tirocinio pastorale nella parrocchia S. Isidoro Agricola di Giarre; durante la settimana si reca a Palermo dove sta conseguendo la licenza in teologia biblica presso la Facoltà Teologica. Orazio Sciacca, 25 anni, è della parrocchia Maria SS. di Loreto di Acireale. Ha fatto il suo ingresso in Seminario nel 2012. È iscritto all’Istituto S. Tommaso di Messina per conseguire la licenza in catechetica ed è presente a S. Maria La Stella per il tirocinio pastorale. Per tutti e tre l’appuntamento è per la vigilia della solennità dell’Epifania, quando attraverso l’imposizione delle mani e la preghiera di ordinazione del Vescovo, saranno consacrati diaconi. Il pontificale di ordinazione avrà inizio alle 18,30. Il giorno precedente, nelle rispettive parrocchie, si svolgerà la veglia di preghiera di preparazione.
Anna Bella
don Alfio Privitera
Il cammino di formazione e di avvicinamento al sacerdozio giunge alla sua ultima tappa intermedia per tre seminaristi della nostra Diocesi. Il prossimo 5 gennaio, infatti, i giovani Andrea Grasso, Alfio Licciardello e Orazio Sciacca saranno ordinati diaconi dal Vescovo Antonino Raspanti nella Basilica Cattedrale di Acireale. Ricevuto il diaconato, avrà inizio per loro l’ultimo e intenso tratto di preparazione verso l’ordinazione
DIALOGO INTERRELIGIOSO Visita con don Santo Leonardi alla moschea di Catania
Dov’è prevista la preghiera cinque volte al giorno Su iniziativa di don Santo Leonardi, dell’Ufficio diocesano Dialogo interreligioso ed ecumenico, ha avuto luogo una visita alla Moschea di Catania. La Moschea, aperta nel 2012, è frequentata per la preghiera del venerdì da molti musulmani. Si trova nel centro di Catania, a Piazza Cutelli, a poca distanza dal Convitto Cutelli, in via Umberto. La visita è guidata dal giovane Mahmoud, ben preparato e attento alle nostre domande. La facciata è semplice e nello stesso tempo austera. La vasta sala della preghiera è dotata di platea, tribuna e galleria: nella sua architettura, con massime del Corano finemente scritte nelle pareti in alto, in lingua araba, ha un aspetto singolarmente solenne. In tale sala si riuniscono gli uomini, per la preghiera, inginocchiandosi e atteggiandosi in vari modi; il pavimento è interamente ricoperto da uno spesso tappeto con raffigurazioni simboliche. I lampadari in metallo, istoriati, sono belli e originali. Mediante una scala si sale nei due piani delle tribune, riservate alle donne. Ad est della sala c’è una porta in legno massiccio artisticamente lavorato, con una scritta coranica in alto: rappresenta la direzione della Mecca. Accanto, attraverso una scaletta si sale su un ripiano, circondato da una balaustra, “luogo della preghiera”, da dove l’iman parla ai convenuti e dirige la preghiera. A fianco, su una mensola sta il libro del Corano: in nome di Allah, il Compassionevole, il Misericordioso. Cominciamo il colloquio con Mahmoud, chiedendogli quali sono gli appellativi di Allah nel Corano: “Sono molti, novantanove: grande, buono, bello, forte, misericordioso, donatore di grazie etc.” Quanti sono gli appuntamenti del giorno per la preghiera e in quali orari? “Sono cinque. Il primo è alle 5,30; gli altri, 11,52; 14,24; 16,42; !8,10; facoltativo, alle 7,02.
8
24 dicembre 2017
Cronaca
dell’
Jonio
ACIREALE Iniziative del Comune e associazioni di ogni genere, anche solidali, per le feste di fine anno
Mercatini, presepi d’arte e tant’altro È tutta un fiorire di miriadi di eventi, manifestazioni e iniziative, la città di Acireale in questo periodo. Iniziative organizzate dal Comune, da chiese, parrocchie, enti vari, e pure da privati. Il mercatino di Natale – per cominciare – aperto tutti i pomeriggi in piazza Duomo, e nei giorni festivi e prefestivi anche di mattina; e poi c’è Babbo Natale in persona, che ha preso casa in via Romeo e quasi tutti i giorni riceve bambini, amici e curiosi mattina e pomeriggio fino al 26 dicembre (ma non il 25, chiaramente, per “altri impegni”), dopo di che probabilmente passerà la mano alla Befana. La sera le strade del centro storico sono rischiarate da una illuminazione straordinaria che ricrea l’atmosfera natalizia assieme alle vetrine riccamente illuminate e addobbate dei negozi. Ma la cosa più interessante e significativa e che maggiormente si intona con il vero spirito del Natale è il percorso “Stupor Mundi”, il circuito dei presepi cittadini e mostre di presepi, a cominciare dalle due storiche: la prima organizzata dall’Associazione Artigiani Acesi (iniziata 22 anni fa dal compianto cav. Rosario Lizio) e che anche quest’anno si tiene nei locali dell’ex Collegio Santonoceto; e la seconda, la “Stella di Betlemme”, giunta alla 17^ edizione e curata dal Gruppo Liberi Artisti nell’ex Convento di San Rocco. Ma non ci sono solo quelli indicati nel dépliant illustrativo del Comune, perché in tale percorso possiamo annoverare anche il neonato Museo del Natale “San Francesco” (in corso Savoia 134) e tutti i presepi allestiti nelle chiese parrocchiali, senza contare i vari presepi viventi che si svolgeranno in diverse chiese nei giorni festivi
e la sfilata storica dei Re Magi che si tiene ad Aciplatani il 6 gennaio. La perla, come al solito, è rappresentata dal Presepe Settecentesco allestito in una grotta lavica naturale all’interno della chiesa di Santa Maria della Neve, che anche quest’anno è stato riaperto al pubblico nel periodo natalizio nonostante tutti i
problemi legati alla situazione strutturale dei locali che avrebbero bisogno di urgenti lavori di manutenzione e restauro; anzi quest’anno, grazie al nuovo e dinamico parroco don Francesco Mazzoli, la “Grotta” sarà animata da una serie di concerti e manifestazioni sul tema del Natale. Ma anche nel resto della città sono in programma tanti concerti, recital, animazioni, spettacoli teatrali, e pure numerose iniziative di beneficenza, quali il pranzo con gli amici del centro d’accoglienza di San Camillo (il 25 dicembre) e la giornata di aggregazione con i centri diurni per anziani (il 28 dicembre). E ancora: “Lascia pagato un...”, ovvero la possibilità di fare un acquisto presso gli esercizi commerciali convenzionati lasciando un piccolo conto aperto a favore dei Centri di Solidarietà Sociale; e “Cresciamo in solidarietà”, un’iniziativa per i ragazzi delle scuole superiori, che in alcuni giorni cucineranno e serviranno la cena per gli ospiti del Centro di Accoglienza “San Camillo”. “Da oltre 10 anni non possiamo immaginare un Natale faraonico, ma un Natale fatto di lavoro e dignità, grazie all’impegno di tante persone”, ha dichiarato l’assessore Antonio Coniglio, a cui fa eco il sindaco Roberto Barbagallo: “La cooperazione è l’unica chiave per lo sviluppo della nostra città, che deve lasciarsi alle spalle il pessimismo”; e aggiunge: “L’augurio è che possa essere un Natale più sereno per tutti i cittadini. Lo vivremo insieme nel rispetto della tradizione e non dimenticando chi sta meno bene di noi. Nino De Maria
ACIREALE Grazie al neoparroco don Francesco Mazzoli e un apposito comitato
Rilanciato il presepe del ‘700 Un capolavoro, una testimonianza storico-artistica racchiusa in uno scrigno naturale. È questo il presepe settecentesco di Acireale, voluto dal sacerdote acese don Mariano Valerio all’interno della chiesa dedicata a Santa Maria della Neve, dallo stesso aperta al culto nel 1752. Nel corso dell’Ottocento venne ingrandito ed arricchito da altri personaggi a grandezza naturale. Successivamente, onde preservare la bellezza espressiva dei volti e l’accurata confezione dei costumi, fu oggetto di due interventi di restauro: il primo da parte del ceroplasta Giovanni Strano, agli inizi del ‘900, il secondo ad opera della Soprintendenza ai Beni culturali nel periodo 1979-1984. Quest’anno un apposito comitato, guidato dal neo-parroco don Francesco Mazzoli, ha organizzato un ricchissimo programma di eventi, apertosi sabato 2 dicembre con il concerto inaugurale del coro “Voci dell’Arcobaleno”, diretto dalla maestra Giusi Nicotra. All’evento, molto partecipato, è intervenuto anche il vescovo di Acireale, mons. Antonino Raspanti, il quale, dopo aver ringraziato coloro che per negli
anni precedenti si sono presi cura della chiesa, ha espresso il suo plauso per questa nuova iniziativa di valorizzazione, nata dall’idea di due donne, Paola Riccioli e Giuliana Pistarà. Grazie al supporto ed alla collaborazione gratuita di
amici e sponsor, esse sono riuscite ad avviare questo progetto, che prevede dei passaggi ulteriori, dal punto di vista della manutenzione dei locali, della conservazione e restauro dei pastori. Operazioni indispensabili, queste ultime, per poter trasmettere alle generazioni di domani questo autentico capolavoro dell’arte ceroplasta. L’obiettivo immediato è quello di promuovere e valorizzare l’artistico presepe e la chiesa, che sarà al centro di diversi eventi culturali e musicali nonché sede delle celebrazioni liturgiche del periodo di Natale. Concerti musicali, racconti natalizi, rassegne canore e conferenze animeranno questo luogo magico, che sarà comunque visitabile per tutto il mese di dicembre e fino al 7 gennaio, dalle ore 9 alle 12,30 e dalle ore 15 alle 20. Il biglietto d’ingresso è di modico importo: € 1 per i bambini delle scuole, € 1,5 per gruppi di almeno venti persone, € 2 per gli adulti. Importante sottolineare, infine, come artisti, corali, associazioni, relatori ed orchestre parteciperanno alle diverse serate a titolo gratuito. Guido Leonardi
CSI Giovedì 21 ad Aci S. Antonio
Cena di solodarietà
A Natale, si sa, sogni e progetti prendono forma e concretezza, grazie all’impegno sincero ed alla partecipazione sentita. La serata che, giovedì ventuno, la sezione acese del Csi (Centro Sportivo Italiano) dedica allo sport in generale ed ai suoi rappresentanti, mira a realizzare un progetto di validità sociale, un “Parco giochi inclusivo” nel territorio. Quale momento migliore per riunire in un clima augurale gli animi, se non il momento conviviale della cena, che diviene evento di solidarietà: “Il Natale dello Sportivo”. Un’iniziativa promossa dal Csi di Acireale, in collaborazione con l’Ufficio per la Pastorale dello Sport della Diocesi, con la Caritas ed il Seminario Diocesano, che coniuga il piacere dello stare insieme con l’unità di intenti, ovvero la raccolta fondi, per rendere concreto il progetto di realizzazione del parco giochi. L’appuntamento, innovativo nella sua peculiarità della condivisione del pasto, conferma una tradizione che coinvolge gli amanti dello sport in occasione della sacra festività. Si rivolge, infatti, alle Società Sportive, ai Consiglieri di Comitato, agli operatori del Csi, alle associazioni di volontariato, nonché ai partner del progetto. La cena, preparata dalla Cooperativa Sociale Onlus “Mons. Michele Cosentino”, con sede negli stessi locali della cooperativa all’interno dell’Oasi, in via Marchese di Casalotto ad Aci Sant’Antonio, si arricchisce di altre iniziative, lungo il suo svolgersi. A scandirla, il sorteggio di premi e cimeli relativi al mondo dello sport ed il riconoscimento conferito, per la prima vota, alle “Società dell’anno”, distintesi nel corso dei mesi per l’impegno e i meriti nell’ambito sportivo. Rituale e gradito lo scambio di auguri tra i dirigenti e gli operatori locali del Csi ed ancor più la benedizione di mons. Antonino Raspanti, Vescovo di Acireale. Il contributo di venti euro, per l’adesione alla serata di solidarietà, converge alla creazione del fondo per realizzare il progetto del parco giochi. Comunicare la partecipazione all’evento, tramite e-mail a presidenza@csi-acireale.com o telefonicamente al presidente Salvo Raffa, è utile al fine di agevolare l’organizzazione. Un connubio vincente, sport e solidarietà, che in occasione del Natale vuole alimentare un progetto ludico e condivisibile per tutti, quello del parco giochi, ma che in ogni momento dell’anno è importante per l’apertura e l’attenzione rivolta verso “gli altri”. Rita Messina
SANTA VENERINA Il parroco padre Giovanni Patanè sul presepe vivente di Cosentini, prima recita martedì 26
”Ci aiuta a ritrovare il vero motivo di questa festa” È ormai un appuntamento atteso da tutto l’hinterland quello del Presepe vivente di Cosentini (Santa Venerina), ambientato all’interno del Parco Oasi a ridosso della chiesa parrocchiale, un lembo di terra incontaminato dove è possibile riassaporare la purezza e la bellezza del bosco d’Aci. Avvolti da questo scenario i visitatori potranno rivivere la nascita di Gesù Bambino. Dieci le casette più la capanna e un centinaio i personaggi impegnati: questi i numeri del Presepe vivente di Cosentini che partirà ufficialmente il prossimo martedì 26 dicembre. Il suono delle ciaramedde farà da sfondo lungo i sentieri del bosco in cui saranno rappresentati gli antichi mestieri siciliani: le ricamatrici, l’oste, i lavannari, u falignami; poi nello spirito della fratellanza e comunione cristiana si potrà prendere parte idealmente al banchetto festoso per la nascita di Gesù, degustando i prodotti tipici quali frittelli, pani cunzatu, ricotta frisca, ciciri. Al centro ci sarà la capanna con la Sacra Famiglia (inscenata da una giovane coppia del luogo), l’asinello e il bue. Come lo scorso anno un manto bianco avvolgerà querce e latifoglie ricreando la caduta della neve.
La rappresentazione di Cosentini è organizzata dal “Comitato Presepe Vivente” composto da otto membri ma ad essere coinvolta è l’intera Comunità della Parrocchia Maria SS. Del Rosario. “Con l’esperienza del presepe vivente – ha affermato padre Giovanni Patanè – vogliamo ritrovare la vera essenza e il vero motivo di questa festa: se il Figlio di Dio si è fatto uomo scegliendo un’umile e povera capanna, noi stessi dobbiamo ritornare a questo spirito di umiltà che contraddistingueva lo scenario di Betlemme per riscoprire i veri valori di una festa che può rinnovare gli animi e ricucire i rapporti strappati dal tempo e dalle incomprensioni”. L’anima del comitato è Salvatore Battiato, il “costruttore” del presepe, mentre il parroco padre Giovanni Patanè ne è il presidente. “Il presepe ci tiene impegnati un anno intero. Finita un’edizione si pensa subito a quella a venire e questo per una ragione semplice: rendere ogni anno l’edizione più bella e attraente”, ha detto Pippo Bella, uno degli organizzatori, che si occupa della contabilità. E annuncia: “Per l’Epifania ospiteremo il cantastorie Luigi
Di Pino che si esibirà per un’ora subito dopo l’arrivo dei Re magi”. Anche questa settima edizione ha ricevuto il patrocinio del Comune di Santa Venerina e della Regione Siciliana. L’ingresso è gratuito per i bambini al di sotto dei dodici anni mentre agli altri visitatori verrà richiesto un piccolo contributo. Questi i gior-
ni e gli orari di apertura: 26 Dicembre 2017 dalle ore 10:30 alle 16:00; 30 Dicembre 2017 dalle ore 10:30 alle 16:00; 6 Gennaio 2018 dalle ore 15:30 alle 20:00; 7 Gennaio 2018 dalle ore 10:30 alle 16:00. Domenico Strano