La Voce dell'Jonio (25 novembre 2018) Anno LXI numero 10

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LA Jonio VOCE Anno LXI - N. 10

Domenica, 25 novembre 2018

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Dalla parte della gente

Informazione e pluralismo sono valori irrinunciabili Qualcosa sta cambiando nel Paese se il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nell’ultimo mese ha sentito la necessità di ribadire più volte che l’informazione è un bene pubblico di rilevanza costituzionale. E che la libertà di stampa e la tutela delle minoranze richiedono il sostegno dello Stato. In un tempo in cui pare che tutto debba essere ricondotto alla legge di mercato, il valore del pluralismo nell’informazione torna ad essere al centro del dibattito. Qui ci interessa in particolare quello che dà voce ai territori, alle comunità, alle periferie, alle realtà decentrate. Sono i giornali di carta e sul web che raccontano una comunità, un’area ben definita del nostro Paese. Molte delle notizie che diffondono non arrivano mai alla ribalta nazionale. Sono i giornali diocesani che, come ha sottolineato papa Francesco, sono “voce, libera e responsabile, fondamentale per la crescita di qualunque società che voglia dirsi democratica, perché sia assicurato il continuo scambio delle idee e un proficuo dibattito basato su dati reali e correttamente riportati”. Hanno una tiratura legata al territorio e svolgono una funzione indispensabile e preziosa nella crescita democratica della Nazione e consentono di essere consapevoli del tempo che si sta vivendo. Ancor più nell’attuale contesto comunicativo che avvolge tutti con sempre nuovi strumenti, veloci e persuasivi. Da quest’anno, dopo un lungo ed articolato lavoro a livello parlamentare e dei protagonisti dell’informazione tra cui anche la Fisc, è in vigore la riforma del comparto editoria, che con regole chiare, trasparenti ed eque, sostiene l’informazione locale (carta e web) legata al no-profit e alle cooperative dei giornalisti. La notizia di questi giorni è che in Parlamento sarà discusso un emendamento alla legge di Bilancio, su proposta di una porzione della maggioranza al Governo, che rimette in discussione tutto questo, liquidando un tema vitale per il Paese. Tutto si può ridiscutere e migliorare, ma, per un comparto così significativo, delicato e complesso come la libertà di stampa e il pluralismo informativo, occorre un ascolto più ampio con coloro che sono coinvolti. Evitando dogmatismi pregiudiziali, e guardando alla realtà delle cose ed al contesto democratico. Un cambio repentino della legge metterebbe a rischio anche i posti di lavoro di migliaia di giornalisti che sono radicati sul territorio. E non è immaginabile un Paese impoverito di queste voci, sarebbe privato di apporti fondamentali al dibattito sociale e civile. Verrebbe meno un’informazione credibile sempre sul campo al di là delle tante, troppe, fake news che proliferano. Confidiamo, quindi, che non si proceda al cambiamento attraverso la legge di Bilancio, ma che si apra un confronto costruttivo e aperto per continuare a sostenere il pluralismo. *

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Periodico cattolico fondato da Orazio Vecchio

mostra - 1

Mostra - 2

“Percorsi e segreti dell’Impressionismo” Opere di 40 artisti esposte a Catania fino al 21 aprile Rita Messina

Santa Venerina

Il sindaco Salvo Greco “La comunità può essere orgogliosa del Premio Cutuli”

Foto di angeli e fiori per fare riflettere sul Bene e sul Male esposte ad Acireale

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Maria Pia Risa

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Domenico Strano

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Dove va la comunità italiana Pur nel disorientamento la meta dovrebbe essere chiara

Cercare umanità e correttezza Alla scuola del Vangelo c’è molto da imparare “Aspettala, ca veni!”, mi avrebbe detto mio padre, quando esitavo a prendere una decisione, a fare una scelta, quando ancora non ero completamente certa di quel che volessi fare. Oppure: “Di stu passu, n’agghiorna!”. Infatti, da tempo viviamo tempi di incertezza, di disorientamento, di interrogativi senza risposta, come se mancassero dei punti di riferimento, una meta, le coordinate di un progetto, le tappe di un cammino, gli strumenti di lavoro, i mezzi per acquistarli. Teresa Scaravilli (continua a pag. 2)

avvento Per la Chiesa cattolica è tempo di attesa e di speranza scandito da quattro domeniche dedicate

Il Natale cristiano rischia di divenire “muto” L’Avvento è tempo di attesa e di speranza, tempo luminoso scandito dalle quattro domeniche che ci separano dal Natale. Il Natale ci ricorda che il Figlio di Dio è venuto nel Mondo nell’umiltà della culla, così come la Pasqua dove il Cristo grida silenziosamente la solitudine e l’abbandono della croce. Culla e croce diventano la porta dell’amore e dell’a-

scolto tra Dio e l’uomo. Il Natale cristiano, che ha sostituito la festa pagana del Dies natalis soli invicti, rischia nella società distratta odierna di divenire “muto” in quanto l’uomo non riesce più ad “ascoltare” il silenzio di Gesù ed entrare in un dialogo vivo avvolto di interiorità e di spiritualità con il Padre. La bella Notizia comunica-

Intervista

ta dagli angeli non annuncia all’uomo una fuga dal mondo ma invita ad una presenza interiorizzata nel mondo, cioè ad una spiritualità incarnata. Il cristiano, come il profeta Osea, ha bisogno del deserto per abitare il quotidiano e non vivere separato dalla realtà. Don Arturo Grasso (continua a pag. 2)

diocesi

Camilliani, fratel Carlo sull’Anno vocazionale “Siamo orgogliosi del nostro carisma”

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Cinema

Don Orazio e don Alfio ordinati sacerdoti don Raffaele Stagnitta

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cultura e società Parte da Belpasso una iniziativa che si sta facendo strada in Italia e combatte tante battaglie sociali

“Lascia un libro, prendi un libro” e fai tanto bene 2000 volumi, 70 esercizi commerciali, 20 città, 6 regioni. Ma cosa sono questi dati? A cosa si riferiscono? Si riferiscono ad un progetto che è stato pensato e realizzato dal dott. Giuseppe Rapisarda. Lui, l’ideatore, ha una laurea in chimica e la passione per i viaggi che, nel corso degli anni, lo ha portato lontano dalla Sicilia, per esplorare il resto del mondo circa trecento volte. I viaggi e il contatto con culture diverse aprono la mente e lo spirito, coinvolgendo il viaggiatore in un turbinio di emozioni e pensieri che solo chi ha visto e scoperto tanto può avere. Il progetto “Lascia un libro, prendi un libro” è a dir poco fantastico! La raccolta e lo scambio di libri nei vari esercizi commerciali delle città per-

mette, a tutti coloro che vogliono, di prendere un libro e in cambio portarne un altro, che resterà lì, a disposizione di un altro lettore, pronto a fare lo stesso. Si, perché l’unico obbligo per chi prende un libro è di lasciarne un altro, pur non avendo l’obbligo di restituire quello che porterà a casa. E tutto questo a costo zero, che non è poco! In questo progetto il denaro non è assolutamente contemplato. Così entrare in un panificio, in una rivendita di ferramenta, in un bar, in salumeria e così via non solo ci permetterà di fare i nostri acquisti ma anche di coltivare la passione, speriamo sempre più contagiosa, della lettura. Gabriella Puleo

(continua a pag. 2)

La rassegna “Magma” dai grandi numeri 26 film da vedere dei 600 pervenuti M. Trovato e G. Rinzivillo

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In Vaticano “Opere di un viaggio”

Nelle mani del Papa

Una copia di “Opere di un viaggio”, scritto da Giusy Spina e Letizia Franzone, primo libro edito da “La Voce dell’Jonio”, è stata consegnata personalmente a Papa Francesco da una coppia di Santa Maria Ammalati, dopo la Messa celebrata da Francesco in Santa Marta. Giusy Spina (a pag. 8)


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In Seconda

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RICORDO / 1 Don Alfio Maccarrone per 60 anni parroco del borgo

RICORDO / 2 Suor Giuseppina Barbanti operò per diversi anni ad Acireale

Gracile, con uno sguardo che parlava da solo, un appassionato di storia. Inseparabile dal suo crambes, il cappello che indossava anche con l’abito talare. È questo il mio racconto di don Alfio Maccarrone, morto il 7 novembre scorso all’età di 92 anni. Al nostro primo incontro tenne a sottolineare che nonostante la sua età (al tempo dell’intervista aveva 87 anni) si sentiva “vispu e ca’ menti bona”. All’epoca lo raggiunsi nella sua canonica a Santa Maria La Scala, il borgo marinaro che lo ha consacrato come il parroco più longevo della nostra diocesi (parroco per ben 60 anni). Una memoria viva e limpida quella di don Alfio Maccarrone, testimone autentico del ventunesimo secolo. Nacque a Monacella il 29 luglio 1926, allora appartenente al comune di Giarre. La sua fu una modestissima famiglia di campagna che viveva di ciò che la terra gli donava. Nel biennio 1938/39 entrò in Seminario e fu allievo dei rettori monsignor Pelluzza, Sozzi e Russo. Ricevette gli ordini sacerdotali il 2 luglio 1950 con il vescovo Mons. Salvatore Russo, dopo un percorso di studi durato ben dodici anni e segnato da straordinari quanto travolgenti eventi, come lo scoppio e il tragico susseguirsi della Seconda Guerra Mondiale, nell’anno santo 1950 ricevette il suo primo incarico in qualità di vice parroco nella Parrocchia di San Mauro di Aci Castello. Quattro anni dopo, nel 1954, fu la volta di Santa Maria la Scala, in qualità di Parroco, ministero pastorale poi conclusosi il 13 gennaio 2014 con l’ingresso del nuovo parroco don Francesco Mazzoli. Prima dell’intervista per la nostra testata sui “preti secolari” (nel 2013) conoscevo già don Alfio Maccarrone. Ogni sabato, da solo e alla guida della sua Uno Fiat bianca, da Santa Maria La

Al vespro dello scorso 27 ottobre, nella casa di Barriera a Catania, dove da qualche mese era ricoverata a motivo di un improvviso ma allarmante malore, ha concluso la sua operosa giornata Suor Giuseppina Barbanti delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Suor Giuseppina era stata Ispettrice delle FMA e ultimamente Direttrice dell’Istituto di Caltagirone. Noi di Acireale la ricordiamo “energica” e giovane Direttrice dell’Istituto di via Davi’ (San Benedetto), agli inizi degli anni ’80, quando l’Istituto era casa di formazione per le postulanti. Dotata di una vivace intelligenza, profondamente innamorata del carisma dell’Istituto fondato da Don Bosco, Suor Giuseppina ha saputo trasmettere, a quanti hanno avuto la possibilita’ di accostarla, serenita’ e gioia tipica dell’esperienza salesiana. Quello che colpiva di questa donna era il suo sorriso che diceva accoglienza, disponibilita’ all’ascolto e quant’altro fosse necessario perche’ l’interlocutore si trovasse a suo agio. Piu’ volte, durante il suo ufficio di Ispettrice, sono stato invitato a tenere ritiri e incontri di formazione nelle varie occasioni in cui erano soliti radunarsi sia il Consiglio, sia le varie case dell’Isola. Lei era sempre presente per rassicurare le Consorelle sul cammino da compiere, guardando con fiducia e speranza al futuro, sebbene il numero andava sempre piu’ a diminuire e i problemi da affrontare erano tanti. L’ultimo incontro e’ avvenuto per via telefonica lo scorso mese di aprile. Le avevo inviato l’ultimo mio libro e Lei si era premurata di ringraziarmi per il pensiero. Ho saputo dalle Suore dell’insorgere del male e dell’aggravarsi delle sue condizioni. Lei si affidava alla volonta’ di Dio, senza perdere nulla della serenita’ che sempre l’ha contraddistinta. Con un bagaglio accumulato nei tanti anni di consacrazione, Suor Giuseppina si e’ congedata da questo mondo per aprirsi, definitivamente, allo stupore e alla meraviglia di Dio che aveva servito e amato nel suo pellegrinaggio terreno. Serberemo caro il suo ricordo e pensando a Lei non potremo non fare riferimento a quanto il libro dei Proverbi scrive: “ Una donna forte e virtuosa chi la troverà? il suo pregio sorpassa di molto quello delle perle” (31.10). A-Dio carissima Suor Giuseppina, dal cielo continua a sorridere con noi e per noi !

Anima di S. Maria la Scala “Interprete fedele del carisma salesiano” Scala saliva a Monacella, nella sua campagna di famiglia. Spesso si fermava al panificio dei miei genitori per acquistare i “cuccitateddi” ben cotti per poi far ritorno a casa sua, nel suo borgo, tra la sua gente. Prima che salisse in macchina immancabilmente chiedeva di parlare con mio padre e per rispolverare un po’ di ricordi legati all’infanzia e la vita spicciola e modesta dei borghi di Dagala e Monacella anche se da punti di vista diversi (ben 40 anni di differenza!) Domenico Strano

Don Roberto Strano

dalla prima Dove va l’Italia se perde umanità e correttezza (continua dalla prima pagina) Cosa manca all’Italia di oggi per rispondere agli interrogativi dei nostri cittadini? Sono sempre stata fiera di essere italiana, di avere ricevuto una cultura dagli orizzonti sconfinati, dall’apertura mentale e dalla generosità del cuore, dall’intelligenza speculativa e creativa; di questo popolo, che ho ritenuto grande e capace di osare, di non arrendersi, di morire, perfino, pur di rimanere autentico, libero, onesto, sovrano! Perché così me lo presentava la scuola che frequentavo. Fin dalle elementari, ricordo che la maestra ci faceva sognare e gareggiare tra i compagni di classe, per spiegarci, nella giornata del risparmio, cosa volesse dire per l’uomo, la dignità di guadagnarsi da vivere, con le sue capacità e doti naturali; come fosse indice di saggezza non spendere mai tutto quel che si possedeva, riuscire a mettere da parte qualcosa ogni giorno per gli imprevisti della vita, per aiutare chi non ce la poteva fare, per cause indipendenti dalla propria volontà. C’invitava ad esprimere nei nostri compiti in classe le nostre osservazioni in merito. Altro che reddito di cittadinanza! Altro che debito con l’Unione Europea! Il cittadino ha diritto a ricevere istruzione; a sviluppare tutte dell’ le sue capacità intellettive, Direttore responsabile creative; a ricevere la giusta Giuseppe Vecchio ricompensa per il suo lavoro; a godere del frutto del suo Editore lavoro, mediante il riposo Associazione La Voce dell’Jonio settimanale, periodico, sulla Via Mons. Genuardi, 14 base delle esigenze che sca95024 Acireale turiscono anche dalla fatica Iscrizione Tribunale Catania che il lavoro stesso gli procun. 220 del 5/4/1958 ra. C’è anche il bisogno, che è Iscrizione al ROC anche un dovere, di condivi(Registro operatori della dere con la sua famiglia il suo tempo libero; coltivare i suoi comunicazione) n° 22076 carismi, sviluppare le doti Redazione personali a suo piacimento. Via Mons. Genuardi 16, 95024 C’è il dovere della responsaAcireale - Ct (casella post. 174) bilità educativa nei confrontel. 095601992 ti dei suoi figli e dei figli che crescono nel proprio territowww.vdj.it rio di appartenenza. lavocedelljonio@hotmail.it Ogni adulto è e deve esseAbbonamento annuo re anche un educatore per i Ordinario euro 12,00 giovani, per quelli che hanno Extra 20,00 - Speciale 50,00 ancora bisogno di essere guidati o attratti da chi ha matuSostenitore 100,00 rato esperienze negli anni e ha raggiunto uno stile di vita Conto Corrente Postale bello, sereno, gioioso, conta7313800 intestato a gioso nel bene. Da provocare domande sul come ha fatto Associazione La Voce dell’Jonio per essere tale. Guardare agli Via Genuardi, 14 adulti, quando ero piccola, 95024 Acireale per me era come leggere un libro di favole o assistere ad Membro FISC - Federazione un film ricco di avventure. Italiana Settimanali Cattolici Quante cose sapevano i gran-

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di! Quando anch’io come loro sarei stata capace di raccontare simili esperienze di vita, ricche di tante emozioni e di tanti miracoli che solo chi le vive le sperimenta e se ne può vantare! Era un sogno di bambina! Si, perché i bambini hanno bisogno di sognare, hanno diritto a inventarsi con i sogni, il loro futuro! Quanti genitori oggi vivono con i loro figli e “perdono tempo” a raccontare le loro storie, i loro sogni, quanto hanno dovuto faticare per riuscire e realizzarli? Quanti sono gli adulti che – stando con i giovani – diventano per loro modelli da imitare, maestri a cui rivolgersi per ricevere consigli, conoscenze, valori? Quanti giovani annoiati per le nostre strade, quanti senza sogni, senza idea del loro futuro! “Perché?”. Perché il valore famiglia, il valore persona, il valore vita è stato sostituito da un disvalore: il “denaro!”. Perché non è il lavoro che separa gli uomini, è il denaro che si volatilizza e non è mai sufficiente che crea la disperazione e la solitudine di grandi e piccoli. E per amore del denaro abbiamo pure perduto la socialità, la creatività innata in noi, la sussidiarietà costitutiva dell’essere umani, la solidarietà tra esseri uguali, interdipendenti gli uni dagli altri. Mi vengono in mente quante occasioni in cui noi bambini stavamo insieme mentre i grandi lavoravano, anche nella stanza accanto. Non ci annoiavamo e non eravamo mai soli, né i piccoli, né gli anziani. Chissà quante mamme, quanti figli, quanti adulti di ogni età, sarebbero felici di avere riconosciuta, come nobile attività lavorativa, e quindi degna di compenso economico, il compito di cura dei figli, dei genitori, dei propri cari in difficoltà e non autosufficienti, disabili, con un reddito di inclusione, sulla base delle proprie risorse e della disponibilità ad accompagnarli ad una loro autonomia, servendo i propri affetti naturali, familiari, o magari, facendo turni di presenza con gli altri familiari, con i condomini, con il vicinato, con i parrocchiani? Perché non riconoscere questo servizio come lavoro degno di retribuzione e consentire tanto lavoro nero e mal pagato, anche per simili compiti svolti presso estranei? Gli affetti non si coltivano con il denaro né con la sostituzione. Ci fanno soffrire le sostituzioni forzate (la morte, la malattia, le separazioni, …). Gli affetti, i modelli di riferimento, le mete da raggiungere, i sogni … non si sostituiscono, quando si sostituiscono sono un’altra cosa. Se non siamo capaci di dare vita agli affetti, di dare realtà ai nostri progetti vitali, abbiamo fallito come umani. C’è un altro cambiamento nella società del terzo millennio che cozza con la dignità della persona. Si è vero, i furbi ci sono sempre stati, ma almeno prima non erano premiati, oggi si premiano i furbi e si penalizzano gli onesti perché ingenui. Oggi, l’onesto paga per sé e per chi sbaglia. Non vale più “chi sbaglia paga!”. No, Mi riferisco al condono. Chi non paga le tasse produce il debito nello Stato e quindi i prestiti e le sanzioni. Se tutti pagassero in proporzione ai loro beni, tutti pagheremmo di meno; non avremmo debiti né in casa nostra né con l’Europa; avremmo migliori servizi scolastici, sanitari, di sussistenza e anche di solidarietà. E, se con onestà e competenza, ciascuno svolgesse il lavoro che ama fare e sa fare meglio, avremmo anche meno disgrazie, meno ponti che crollano, meno incidenti stradali con una buona manutenzione e monitoraggio delle nostre strade e dei nostri mezzi di strasporto. Ma, insomma, vogliamo fare la differenza tra onesti e non? Vogliamo dare all’Italia una mano per crescere in umanità e in correttezza? Se è vero che l’Italia è un Paese cattolico, alla scuola del Vangelo abbiamo molto da imparare e da proporre

a tutte le persone oneste che si potrebbe vivere meglio tutti mettendo a fuoco ciascuno le proprie competenze, con onestà, senno e responsabilità. Teresa Scaravilli

“Porta un libro e prendine uno” esempio di cultura a costo zero (continua dalla prima pagina) . I titolari degli esercizi commerciali aderenti dovranno solo mettere a disposizione un piccolo spazio dove collocare i libri e niente più, creando pian piano una piccola biblioteca che entrerà in luoghi meno canonici delle biblioteche ufficiali ma ad ampia fruizione di pubblico. Il progetto “Lascia un libro, prendi un libro”, vuole essere non solo veicolo di cultura ma anche di impegno sociale. Infatti, Giuseppe Rapisarda ha pensato anche di legare a questa iniziativa una campagna di sensibilizzazione contro l’uso scorretto e smodato delle slot machine, che ogni anno incrementano un giro d’affari di oltre 25 miliardi di euro. Lo slogan “Si ai libri, No alle slot machine” vuole essere un invito a tutti quei bar, dove spesso molti giocatori trascorrono tante ore della loro giornata “bruciando” molto denaro. Oltre all’impegno sociale, questa iniziativa vuole pure servire da monito contro lo sperpero di carta che si destina al macero, non pensando al lungo processo necessario per la sua produzione. Creare dei punti di raccolta presso le Isole Ecologiche attive in alcuni comuni, è già un modo per dare un segno importante contro la distruzione dei libri. E poi non dimentichiamo che i libri non “passano di moda”, anche un libro stampato e pubblicato tanti anni fa è una importante fonte di sapere, e qui la bibliofilia potrebbe dirci tanto in proposito. A Belpasso, comune di residenza di Giuseppe Rapisarda, sono circa 30 gli esercenti che hanno aderito al suo progetto, e tanti altri esercizi commerciali di comuni limitrofi hanno sposato la diffusione della cultura, attraverso questo originale metodo. Chi intendesse aderire o saperne di più potrà, attraverso la pagina Facebook da lui creata, ricevere informazioni e farsi una idea di come possa essere semplice aderire, e così “salvare” tanti preziosi volumi. L’elenco dei negozi e attività aperte al pubblico che potrebbero aderire sono innumerevoli ed anche le amministrazioni potrebbero essere sensibilizzate, per diffondere questo progetto all’interno del tessuto socio – economico delle proprie città. Gabriella Puleo

Avvento, attesa e speranza (continua dalla prima pagina) L’alba del nuovo giorno nascerà con il bagliore della piena luce del Bambin Gesù e del Cristo crocifisso. In quest’avvento il presepe non sia quindi uno dei tanti elementi decorativi presenti nelle nostre case, nelle nostre piazze e oserei dire nelle nostre chiese ma sia un invito a verificare la nostra sensibilità spirituale capace di intercettare la vita e di portare nella preghiera umile le problematiche sociali. Don Arturo Grasso


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CATANIA Appassionante la visita ai “percorsi e segreti dell’Impressionismo”

“Era senza nero, si servì del blu” Avere dinnanzi le loro opere permette di scoprirne caratteristiche, analogie e differenze, ammirando gli elementi che hanno reso unici e singolari i pittori impressionisti. Si ha la sensazione, confermata dall’osservazione reale, appunto, che gli oltre 40 artisti del movimento, nato in Francia nel 1874, si siano dati appuntamento al Palazzo della Cultura, di via Vittorio Emanuele, a Catania. È li, infatti, che dallo scorso mese di ottobre è ospitata la mostra “Percorsi e segreti dell’Impressionismo”, a cura di Vincenzo Sanfo, Fiorella Minervino e con un catalogo a cura di Maïthé Vallès-Bled. Si tratta di un progetto di Sicilia Musei in collaborazione con Dietro le Quinte e Diffusione Italia International Group, con il patrocinio del Comune di Catania e con la collaborazione del Musée d’Agen. Il cammino a ritroso nel tempo e nell’arte permette d’incontrare subito Eugene Delacroix, con il suo “leone” realizzato in carboncino su carta, e continua dando modo di osservare, lungo tutto il percorso delle mostra, le varie tipologie di opere: disegni, olii, acquerelli, acqueforti, pastelli su cartone, sculture e ceramiche dipinte. Tutto ciò che ha permesso agli artisti di riprodurre “en plein air” (all’aria aperta), gli elementi del vissuto, dello scenario naturale. Si incontra Gustave Dore’, con il suo “Viaggio sui Pirenei”, seguito dall’acquaforte “Le fleuve Scamandre”, di Pierre Auguste Renoir, e dalla sua litografia relativa la ritratto di Wagner. Ma capita anche di avere la spiegazione di come sia nato l’impressionismo, in modo quasi semplicistico, leggendo a grandi lettere le parole dello stesso Renoir: “Una mattina, siccome uno di noi era senza nero, si servì del blu: era nato l’impressionismo”. Ed, infatti, il blu è presente nelle opere di questi artisti, prima fra tutte “Nypheas”, di Claude Monet. La presenza del famoso pittore è affiancata da tutti gli altri, forse meno rinomati, ma non per questo meno degni di nota, che hanno contribuito a creare il movimento artistico nella sua interezza, scandendone le fasi ed i momenti.

Di Vincent Van Gogh la mostra offre una sola opera, l’ “Heliogravure”, che propone il ritratto del Dottor Gadget, collezionista d’arte, oltre che medico, con cui venne in contatto. L’uomo è rappresentato intento a fumare la sua pipa, con un’intensa espressione del volto, immerso nei suoi pensieri. Altro ritratto, ma colorato e dai tratti morbidi ed ampi, è quello di una donna bionda, in posa tranquilla e calma, realizzato dalla pittrice e disegnatrice americana Mary Cassat. L’espressione penetrante dei suoi occhi, dichiara la “pittura introspettiva” dell’artista, che predilige i momenti della vita quotidiana e il ruolo della donna nel delicato rapporto madre-figlio e di educatrice all’interno dello stesso. Le sue parole, riportate in caratteri notevoli sopra le opere, la raccontano: “Ho respinto l’arte convenzionale. Ho iniziato a vivere”. Stessa espressione serena, stesse linee morbide, stessi colori: bianco, blu, rosa, nell’infante di Armand Guillaumin, che ritrae, coglie e racconta un attimo di quella piccola vita, reale per quel momento, eterna per chi lo ammira. E se la magnificenza di “Notre Dame de Paris”, di Jean-Francois Raffaelli, si scontra subito con la semplicità o meglio con la povertà della mamma con i due piccoli figli, rappresentati in primo piano, l’opera conferma la predilezione per i paesaggi e per gli spaccati del quotidiano, in linea con il movimento in questione. E, a conferma di ciò, dinnanzi al villaggio di Ernest Ponthier de Chamaillard, ci si chiede davvero se bisogna imboccare la stradina a destra della piccola chiesa o quella a sinistra. A ciascuno la propria scelta, che lo porterà ad incontrare non si sa che cosa. Molti altri nomi caratterizzano il percorso, Cézanne, Degas, Signa, etc. Molti altri lavori accompagnano l’osservatore a ricostruire l’impressionismo, lavori che hanno contribuito a preservare un preciso momento storico, la realtà ed il modo di vederla con gli occhi degli artisti. Un appuntamento prezioso per Catania e per l’hinterland, a cui è possibile aderire fino al 21 aprile.

Alle “Porte di Catania”

Lo sport catanese

molto rossazzurro

Continua a essere visitata da tifosi e sportivi, dopo il bagno di folla ed entusiasmo contagioso registratisi all’inaugurazione della “Mostra dello Sport Catanese”, svoltasi giovedì 8 novembre presso il Centro Commerciale “Porte di Catania”.Un pomeriggio di festa, rappresentato nel miglior dei modi dai volti sorridenti e festosi dei tanti bambini presenti. Di sportivi, che hanno portato lustro a Catania, ce n’erano tanti, di tutte le discipline: dai portieri rossazzurri del passato Roberto Sorrentino, Marco Onorati e Armando Pantanelli fino all’attuale Matteo Pisseri, passando per le olimpioniche Giusi Malato, Martina Miceli e Tania Di Mario, stelle dell’Orizzonte Catania che fu. Presente anche una significativa rappresentanza dell’Amatori Catania Rugby, con Massimiliano Vinti in testa, un’allegra comitiva delle ragazze che vinsero lo scudetto con la Jolly Componibili sul finire degli anni settanta e quel Francesco Rachichi che ha fatto la storia del CUS Hockey maschile e femminile.

Rita Messina

ACIREALE Fotografie di tele e affreschi raffiguranti angeli e anche di fiori

”Il Bene frutto del sacrificio e il Male frutto dell’invidia” “La presente mostra vuole evidenziare due aspetti importanti della storia umana: il Bene, frutto del sacrificio, il Male, frutto dell’invidia”. Così Nuccio Costanzo, commerciante in pensione e fotografo per passione, introduce la premessa alla mostra in preparazione che si terrà all’ex collegio “Arcangelo Raffaele” di Acireale dall’8 al 16 dicembre prossimi. Una mostra di argomento particolare; si intitola, infatti, “Il Bene e il Male: gli Angeli nella raffigurazione pittorica – Fiori in Natura”. Nuccio Costanzo, che ha una grande passione per il Bene, è andato a fotografare affreschi e tele raffiguranti angeli di diverse chiese di Acireale (Arcangelo Raffaele, Suffragio, San Sebastiano, Cattedrale, Ss Salvatore e San Pietro) , Linguaglossa (chiesa Madre e S. Egidio) e Matrice di Piedimonte, nonché della pinacoteca della “Zelantea”; ha chiesto al presidente dell’associazione “Cento Campanili” di Acireale, Antonio Agostini, di scrivere le didascalie; ha diviso le fotografie per argomenti in quat-

tro parti: sofferenza, gloria, bellezza e castigo; ha anche fotografato fiori di ogni genere in spazi pubblici e giardini e balconi privati: e ha messo insieme così il materiale da esporre. Gli abbiamo chiesto il perché dell’accostamento degli angeli ai fiori, messi insieme in un’unica esposizione. La risposta è stata semplice e significativa: “In fondo la tematica è una; gli uni e gli altri costituiscono la stessa tematica, quella della purezza. Anche i fiori in natura – sottolinea il Nostro nella premessa alla mostra – nascono e crescono nella loro semplicità e bellezza; essi sono puri e ci rendono gioiosi allietando i vari momenti del nostro vivere quotidiano e manifestando la bontà del Creato”. Mentre, circa l’obiettivo dell’iniziativa, l’autore ha dichiarato: “Intendo contribuire a far prendere coscienza della realtà umana, che ciascuno, nella propria vita, ha sempre a che fare con il Bene e con il Male, che si combattono; e quindi fare riflettere sulle proprie azioni

e sulle loro conseguenze”. “La mostra - scrive ancora Costanzo nella sua premessa - serve a comprendere meglio il messaggio che gli artisti pittori dei secoli scorsi, con le loro opere, hanno voluto trasmetterci nella loro profondità. Ricordarsi di essere nati in questo mondo fragili diventa imperativo categorico, ma ci propone di essere angelici, secondo un piano divino, per vivere meglio la nostra vita”. Si potrebbe ben dire che si tratta di una iniziativa missionaria. La mostra verrà inaugurata sabato 8 dicembre, giorno della festa dell’Immacolata, alle 17, alla presenza del vescovo di Acireale, mons. Antonino Raspanti; interverrà il prof. Alfonso Sciacca, esperto d’arte sacra. L’esposizione sarà visitabile, fino a domenica 16 dicembre, dal lunedì al venerdì dalle 17 alle 20, sabato e domenica dalle 10 alle 12,30 e dalle 17 alle 20,30.

Non solo calcio come tema di questa bella iniziativa – ideata da Luccio di Grazia e realizzata attraverso il progetto grafico di Bruno Marchese, al coordinamento editoriale di Salvo Emanuele e al supporto dei ragazzi di “Tutto il Catania minuto per minuto” – ma largo anche a scatti, trofei e cimeli di tutti gli sport che hanno lasciato una traccia indelebile nella storia catanese, vedi gli scudetti volley conquistati dalla Paoletti nel 1978 e dell’Alidea nel 1980, senza dimenticare le imprese della scherma e della Canoa Polo. Una mostra permanente, aperta per un anno, animata da una serie di eventi che vedranno al centro dei riflettori un campione del passato, di qualsiasi sport.

Maria Pia Risa

L. V.

FOTO DELL’AFRICA S’inaugura il 30 l’esposizione di foto degli “Amici delle Missioni”

Solidarietà e amicizia per aiutare gli ultimi Venerdì 30 Novembre 2018 nei locali del Palazzo di Città, Piazza Duomo Acireale, si svolgerà la Cerimonia d’apertura della Mostra fotografica “La Nostra Africa” - 20 anni di amicizia - realizzata dai volontari dell’Associazione “Amici delle Missioni Acireale” insieme al suo ideatore, Sebastiano Genco. Da anni il Diacono Genco, infatti, attivo nel territorio acese, si batte contro la povertà e l’emarginazione, in difesa degli ultimi, affiancato da uomini e donne, giovani e meno giovani che fin dal primo momento hanno condiviso ideali e progetti e dal 1998 operano in Guinea Bissau. Lo scopo della Mostra, che resterà aperta al pubblico nei giorni 1 e 2 Dicembre dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 17,00 alle 20,00 con ingresso libero, è quello di far conoscere una realtà scomoda, che solo la solidarietà e “l’amicizia” riescono in qualche modo a modificare e migliorare. Le 22 foto amatoriali, scattate dai volontari stessi durante le missioni, attraverso l’impatto visivo molto più accattivante della parola, narrano la “storia” di un popolo che vive in un clima di autentico disagio e di desolante povertà, ma sorprende per la gioiosa vitalità che lo contraddistingue.

Le immagini sono corredate da didascalie esplicative che rendono ancora più chiaro il messaggio in esse contenuto e ne sottolineano il valore. Spiccano i colori dell’Africa nello sfondo paesaggistico e nelle tinte dei vestiti, ma quello che più colpisce è il sorriso che si apre spontaneo sui visi dei bambini e sui volti segnati dalla fatica delle donne. L’Associazione “Amici delle missioni Acireale” in questi anni ha costruito strutture di aiuto, accogliendo e proteggendo i bambini rimasti soli, costruendo scuole e centri di sviluppo sociale. È evidente negli sguardi captati dall’obiettivo come sia stato valido l’impegno ed il lavoro dei volontari e come grazie al sostegno delle Adozioni a Distanza e la creazione di ambulatori, spesso improvvisati per i vaccini, molti di questi piccoli riusciranno ad avere un futuro migliore. All’interno dell’esposizione si trova anche un “angolo” dedicato alla cronistoria dell’associazione, con i nomi dei volontari che, anno per anno, dal 1998 al 2018, sono partiti alla volta della Guinea fino a raggiungere l’entroterra dove ancor più evidente è lo stato di indigenza. La Mostra merita di essere visitata per poter avere una visione globale delle diverse condizioni di vita sul nostro pianeta ed ammirare nel contempo la bellezza genuina e l’espressività dei soggetti fotografati. Carmela Tuccari


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RECENSIONE Un messaggio genuino e limpido nelle “Trasparenze”, ultima raccolta poetica di Giovanni Vecchio

Giovanni Vecchio, “Trasparenze” – Poesie (pagine 108) “Trasparenze” la nuova raccolta poetica di Giovanni Vecchio, come si evince dal titolo, racchiude la genuinità e la limpidezza di un messaggio che l’autore vuole trasmettere ai cultori della poesia, ma anche a coloro che aspirano alla costruzione di un Mondo migliore. Un messaggio che, a primo acchito, può sembrare semplice o banale in un contesto come l’attuale in cui l’avere e l’apparire offuscano “l’essere”, ma non lo è affatto, anche se suona come una “Voce nel deserto”, pur senza averne alcuna pretesa almeno nell’intenzione del poeta, poiché Giovanni Vecchio è uomo semplice nel modo di essere e di proporsi. La personalità schiva e adamantina, infatti, esula da virtuosismi e costrizioni e si veste di quell’umiltà che, come spesso ha dichiarato nei suoi sporadici interventi, darebbe più senso e valore alla vita di ogni uomo. Nel suo libro sentimenti quali la fratellanza, l’umanità, la condivisione, l’amore verso l’altro, vengono valorizzati così come nelle opere precedenti, ma qui si evince ancor più il senso intimistico e personale con una carica di sensibilità che traspare da tutte le liriche. Il testo, suddiviso in tre sezioni, parla soprattutto di Amore, quello per la sua donna e, in senso lato, quello per le persone care e per la natura. L’incipit è dato dalla prima parte, dedicata alla sua “moliera”, nella quale la signora Lucia viene vista come “una dolce fata” e ancor più “quale guida preziosa” (pag. 11); mentre in “Dolce compagna” (pag. 19) egli dice: “E ancora tu, / dolce compagna, / il cuore mio desti / e la mia vita ispiri” e di tutto questo si dichiara grato. Ma la dichiarazione d’amore più significativa rivolta alla sua “musa” ispiratrice è: “E … siamo ancora insieme!” contenuta nella lirica “Amore” (pag. 17). Dall’intesa duratura e inossidabile con la moglie, egli passa alla “declamazione” dei legami di affetto e di amicizia. Così nella seconda parte del volume con il suo poetare si rivolge alla madre, al padre ad amici e conoscenti, e parla anche di sé, della natura oppure, come in “Cicitta” (pag. 41), di un’ipotetica figura gentile “… arietta che al cuore parla / e desta sentimenti: / – gemme preziose”. La delicatezza delle immagini crea un’atmosfera che avvicina il lettore alla conoscenza di profili a lui sconosciuti, mentre l’incisività del verso li rende vividi e reali. Il volume è stato presentato nella Sala Costarelli di Acireale. Da sx: l’autore, Rita Messina e Giuseppe Vecchio

ARCHEOCLUB ACIREALE

L’Amore in tutte le sue sfaccettature

Il “trittico” si conclude con le “riflessionis”, considerazioni argute e talvolta amare, che contengono in un “unicum” il pensiero personale e i temi cari al poeta, quali la giustizia e la verità, la fede e l’onestà ecc … A proposito di quest’ultima virtù che “modella l’uomo” egli dice: “Mi adopro a che / io possa fare / a render sempre / sani pensieri” (pag. 105). Ed in questa affermazione è evidente la grande nobiltà d’animo e la disposizione a migliorarsi del Nostro. Ma insiste ancora su falsità e atteggiamenti malevoli elogiando, con ironia esplicita, sentimenti negativi contrari alla morale (“Tratti roventi” pag. 92) per colpire nel segno, invitando a meditare sui mali che affliggono la società e sulla possibilità di ribaltare l’andazzo dei giorni nostri. E negli ultimi versi si legge il monito: “Vergognati uomo, / rapito qual sei / dal gusto del male”. Le iperboli presenti nel verseggiare rendono più graffiante e vigoroso il concetto. L’originalità dell’espressione verbale e l’essenzialità del tratto pittorico sono le qualità di questo lavoro, in cui anche i termini inusuali sottolineano una ricerca poetica, svolta “senza adottare regole e schemi di sorta” (dalla prefazione di Rita Messina). Il volume, dedicato ai genitori, si presenta con una bella veste grafica che affianca al componimento poetico il tocco dei gradevoli disegni eseguiti dall’autore stesso. Un libro, quindi, al quale bisogna accostarsi con la giusta predisposizione a comprendere e meditare sulla bellezza della Vita e sulle opportunità che essa offre a chi è in grado di coglierle. Carmela Tuccari

Nino Quattrocchi ricorda tre scrittori da riscoprire Antonio Prestinenza, Enzo Marangolo e Michele Pricoco “Interessante e significativo incontro culturale, nella sede di Acireale dell’Archeoclub d’Italia, su “Brevi momenti letterari locali: Prestinenza, Marangolo e Pricoco”, relatore Nino Quattrocchi, classe 1938, una vita lavorativa nelle segreterie degli istituti scolastici statali, scrittore di storia locale, operatore culturale. Nino Quattrocchi (a sinistra) e Alfredo Rizza Presentato da Alfredo Rizza, presidente del sodalizio, Quattrocchi ha fatto subito presente la chiave di lettura della conferenza: non fare disperdere la memoria di interessanti momenti locali di vita e di crescita culturale della prima metà del secolo scorso, solcate da ansie ma anche ravvisate da speranze. E portato a conoscenza e contestato quanto sostenuto dallo scrittore Gaetano Savatteri che, in un suo recente saggio (2017), ha sostenuto che la Sicilia letteraria non è più quella di Verga, Pirandello, Tomasi di Lampedusa, di Sciascia, è un’altra. “Siamo sinceramente convinti – ha detto Nino Quattrocchi – che togliendo dalle mensole delle nostre librerie i capolavori di Verga, Pirandello, Tomasi di Lampedusa, Sciascia, De Roberto, Brancati, Bufalino, Consolo ed altri, elimineremmo non solo pezzi fondamentali della migliore letteratura italiana, ma addirittura un pezzo della nostra anima. Saremmo più poveri, più fragili nell’interpretare il passato, nel leggere il presente e meno attrezzati nel capire il futuro”. Pertanto, fatte queste debite premesse, ha riferito che, esaminando il microcosmo letterario locale dell’acese, quale si configura nella prima metà del ‘900, ha trovato autori che hanno dato manifestazioni inequivocabili delle loro capacità letterarie, del loro valore. Fra questi, Antonino Prestinenza, Enzo Marangolo, Michele Pricoco. Antonio Prestinenza Del primo autore, Antonino Prestinenza, il relatore ha ricordato la sua nascita ad Acireale (28 settembre 1894), il Diploma Magistrale conseguito a 16 anni e quello successivo del Liceo Classico, le sue collaborazioni a riviste letterarie del calibro il “Giornale dell’Isola letteraria”, nella quale scrivevano Giorgio La Pira, Vitaliano Brancati, Ercole Patti. Ha ricordato pure che nel 1922 Prestinenza ha pubblicato il sonetto “Il mio paese” sul settimanale acese “La Trinacria” e che nel 1924 partecipò al concorso per un romanzo inedito con “La città delle cento campane”, indetto dall’Accademia Mondadori, romanzo non vincitore ma successivamente pubblicato a Torino nel 1929 con un buon riscontro di critica. Questi i titoli degli altri suoi romanzi: “Primavera borghese” (1933); “Amore all’antica” (1934): “La collina degli innamorati” (1939). Ancora: nel 1948 per Prestinenza iniziò la seconda stagione della sua vita con la chiamata alla direzione (8 giugno) del quotidiano La Sicilia, ruolo svolto fino al 13 febbraio 1967, data della sua morte. Il secondo “personaggio” presentato è “lo scrittore raffinato e avvocato principe del foro di Catania” Enzo Marangolo, nativo di Catania (1922), residente ad Acireale, intellettuale e grande amico di Brancati, Sciascia, Patti, autore del romanzo “Un posto tranquillo” pubblicato per la prima volta nel 1964 da Bombiani. “Un romanzo scorrevole, di formazione, romanzo antifascista – ha sottolineato Quattrocchi – che racconta la vita della città di Acireale e dei suoi abitanti, con al centro l’estate del 1943. Con questo lavoro su Acireale, il fascismo e la guerra, Enzo Marangolo ci ha lasciato una testimonianza letteraria di grande pregio. Un volume da tirare fuori dal limbo letterario in cui versa. Un libro di Acireale, per gli acesi di tutte le generazioni”. Enzo Marangolo ci ha lasciati il 9 agosto del 2009, all’età di 86 anni. Michele Pricoco L’eclettico Nino Quattrocchi ha chiuso l’incontro soffermandosi su Michele Pricoco, nativo di Aci Catena, classe 1924, residente ad Acireale da sposato, docente nei Licei statali di Acireale, un “personaggio” non solo letterario. Questi i suoi testi: “La fuitina”; “Na nuvula infunnu”;“ I santi guardoni”; “Tavula vecchia e …Tavula nova”; “ Il Circolo dei Cavallacci”; “La sapete … l’ultima?”; “Poeti dialettali acesi dal ‘700 a oggi” e “Poeti dialettali catenoti dal ‘700 a oggi”. Dalla attenta lettura di tutti questi testi ecco una attenta riflessione di Quattrocchi su Pricoco: “E’ un umorista dalla battuta mordace, sarcastica, prontissima negli sproloqui, che peraltro egli stesso inventava. In lui l’umorismo è tutt’uno con la persona ed è l’elemento centrale di tutta la sua ricca e variegata produzione. Nei suoi scritti c’è un verismo pacato, dove la realtà è trasfigurata in una sorta di pensosità che affiora qua e là e spesso conclude”. Il professore Michele Pricoco è morto nel 1993. Chiudiamo la cronaca di questa bella serata con l’invito a leggere o rileggere quanto prodotto dai nostri concittadini, senza preoccuparci di andare dietro alle mode del momento, come spesso sostenuto dalla studiosa Sarah Zappulla Muscarà. Ci arricchiremo senz’altro. Camillo De Martino

SANT’AGATA LI BATTIATI Terza edizione della rassegna “Autori in divisa” ma anche musica e mostra d’arte

Confronto pubblico tra scrittori sulle loro opere L’Associazione culturale “Graziella Corso”, con il patrocinio del Comune di Sant’Agata Li Battiati, ha organizzato la terza edizione di “Autori in divisa”. Incontro di dialogo e confronti tra colleghi che, oltre al loro quotidiano impegno per la collettività, hanno coltivato negli anni una passione che li accomuna: la scrittura. Qualcuno è alla prima esperienza, altri hanno già scritto, ed insieme all’insegnante e coautrice dell’evento, Anna Maria Gazzana, hanno dialogato sui loro libri. Presentatrice la bravissima Agata Sava. Il progetto, che rientra all’interno dell’evento culturale denominato “Battiati Cult”, si è svolto presso la biblioteca comunale del comune etneo ed ha visto la presenza di numerosi ospiti tra cui il vicario della questura di Catania, primo dirigente Salvatore Fazzino, il vice comandante della stazione dei carabinieri di Sant’Agata Li Battiati Giuseppe Calabrò e l’ispettore del lavoro Francesco Marchese. I presenti, oltre a conoscere gli autori partecipanti, hanno potuto ammirare i dipinti dell’artista Pinuccia Alì. Il sottofondo musicale è stato curato dall’assistente capo coordinatore della polizia postale di Catania Giuseppe Roccella mentre i brani, tratti dalle opere presentate, sono state lette dal professore Angelo Battiato. Ma veniamo ai protagonisti di questa terza edizione. Francesco Manna, assistente capo coordinatore in servizio all’U.P.G.S.P. (ufficio volanti) della questura di Catania, organizzatore e presidente dell’associazione “Graziella Corso”, che ha partecipato anche alle scorse edizioni, quest’anno ha presentato il suo ultimo libro dal titolo “Storie di tutti i giorni”, scritto insieme ad Agata Sava, vice presidente dell’associazione. Gianluca Granieri, sovrintendente capo in servizio alla Polaria dell’aeroporto di Catania, ha presentato la nuova versione, anche grafica, del suo “Un milanese a Catania” e Cristiana Zingarino, scrittrice, mamma, assistente capo, in servizio all’ufficio di gabinetto della questura di Catania, è autrice del libro è “Butta la lenza”. Il libro “Storie di tutti i giorni, mille caratteri e non solo” scritto da Francesco Manna e Agata Sava, è una raccolta di frammenti di scrittura, creati ed elaborati dai due autori nel corso di questi ultimi anni. Agata Sava, pittrice, autrice di poesie, è al suo esordio come scrittrice. Decidere di scrivere e pubblicare “Storie di tutti i giorni” è stato un progetto interessante e nato quasi per caso, visto che i due autori partecipano a contest letterari nei quali il “ring” dato ai partecipanti può essere di mille caratteri, spazi inclusi, con un tema assegnato dal vincitore morale della precedente edizione.

Manna definisce l’esperienza dei contest “un’ottima palestra, tirar sempre nuove idee, con racconti che spaziano sugli argomenti più disparati, ma che alla fine hanno un filo conduttore in comune: allenare la mente”. Così nasce l’idea di pubblicare questi racconti che, man mano crescono e, oltre ai contest dai mille caratteri, ritroviamo nel volume anche i nano-racconti di 250 battute, e poi i contest di 2000 e 3500 caratteri. Alla fine viene fuori un percorso che i due autori hanno sviluppato e reso fruibile a tutti i lettori, dove la mente e il cuore spazia con estrema leggerezza e sincerità, portando a leggere quest’opera tutta d’un fiato, come spesso si dice di un libro particolarmente interessante, o può anche leggersi a “piccole dosi”, quando e come si vuole, perché ogni pagina racchiude un piccolo racconto, con il suo piccolo universo creato dalla mente di Agata e Francesco. “Un milanese a Catania” opera di Gianluca Granieri, narra l’amicizia tra Giuseppe e Ambrogio, il milanese, (il nome ci dice tutto). Giorno dopo giorno, i due amici avranno modo di conoscere e scoprire angoli affascinanti e meno conosciuti di questa metropoli del sud Italia, piena di fascino e di bellezze architettoniche, ma arretrata rispetto a Milano dal punto di vista economico e sociale. Cristiana Zingarino, autrice di “Butta la lenza” racconta il cammino, a volte non facile, per dar vita alle proprie passioni, spesso messe da parte dalle incombenze quotidiane. Nel racconto Cristina, la protagonista, donna impegnata in famiglia e nel mondo del lavoro, grazie all’amica Marilena riscopre il suo antico amore per la letteratura e per la scrittura. Da qui inizia un viaggio introspettivo dove Cristina, in un mondo senza spazio e tempo, incontra 5 scrittrici, Jane Austen, Virginia Woolf, Oriana Fallaci, Elsa Morante e Margaret Mazzantini. La protagonista non sa spiegarsi come avvengano questi incontri ma nell’intersecarsi del racconto tra fantasia e realtà, giunge alla consapevolezza di voler realizzare i suoi sogni, al di là del quotidiano vivere. Il lettore viene “trascinato” in suggestive ambientazioni che introducono un mondo onirico ma che non dimentica la realtà. L’evento, che ha avuto anche la presenza del primo cittadino di Sant’Agata Li Battiati Marco Rubino, ha riscosso un notevole successo e si prepara, come evento itinerante, ad altri tre importanti appuntamenti in provincia di Torino il prossimo febbraio. L’11 a San Mauro Torinese, mentre il 12 nel pomeriggio a Pinerolo per concludersi in serata a Torino. Gabriella Puleo


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BOOKSTORE MONDADORI Elena Filetti e Sebastiano Valastro parlano della loro creatura

“Il valore del rapporto diretto” Il libro, fonte di sapere, di cultura, di storie nate dalla fantasia di grandi scrittori, libri che narrano gli avvenimenti storici delle varie epoche, libri dedicati all’infanzia, dedicati ai ragazzi, libri per ogni lettore che ama “perdersi” nello sconfinato mondo di un foglio su cui qualcuno ha voluto unire stati d’animo a vocali e consonanti per dar vita ad una pagina. . . Acireale, da sabato 24 novembre, avrà una nuova realtà commerciale dedicata al libro, in via Oreste Scionti, a pochi passi dallo storico corso Umberto I. Un nuovo negozio, dello storico marchio Mondadori, ritorna ad animare un settore che negli ultimi anni ha sofferto di una crisi che è indice di un disagio socio – economico ma anche di un allontanamento dal sapere, dai libri. Complice forse lo spasmodico evolversi della rete Internet, ma ciò non basta a giustificare il calo del settore. La nuova realtà acese voluta e realizzata da due giovani librai, Elena Filetti e Sebastiano Valastro, sicuramente parte con una marcia in più, legata all’entusiasmo e alla voglia di scommettersi dei due titolari del nuovo Bookstore, con una solida esperienza di entrambi nel settore. Abbiamo chiesto ad Elena e Sebastiano di raccontarci questo loro progetto lavorativo e la realtà cultu-

rale, oltre che economica che hanno deciso di realizzare. Come nasce l’idea di aprire un Bookstore Mondadori? Facciamo questo lavoro da tanti anni, mestiere nato per passione, cercato, e abbiamo pensato che era arrivato il momento di metterci in società e affidarci a Mondadori. Acireale vive una difficile crisi del settore economico, come vi ponete di fronte a questa realtà? In maniera propositiva, e questo è già tanto. Cosa volete offrire ai vostri clienti? Il valore aggiunto - che è il rapporto diretto con il libraio - che può dare una libreria rispetto al libro acquistato online. Pensiamo di organizzare in questa sede presentazioni, eventi, laboratori per i bimbi.

Vogliamo offrire molto al mondo dei piccoli, perché ci siamo resi conto che anche se un adulto può rinunciare ad acquistare un libro per sé al bambino non dice no, cercando di far sviluppare l’interesse e l’amore per la lettura. Spesso le presentazioni dei libri non hanno tanto pubblico, secondo voi perché? Andrebbe pianificata meglio la fascia oraria, canonica quella delle 18, ma non tutti sono liberi, intorno alle 20 sarebbe perfetto, ma le librerie, come tutti gli esercizi commerciali, chiudono alle 20.30. Cosa fare? Cercare un punto di incontro negli orari che possa essere accessibile a larghe fasce di pubblico. E poi è fondamentale una buona promozione. Anche l’autore e la casa editrice dovrebbero fare campagna promozionale. Secondo voi gli editori seguono bene i loro libri? Non è solo un problema di editori, è molto importante il distributore. Molti autori locali hanno questo problema: i loro libri restano distribuiti solo nelle librerie locali quando invece dovrebbero essere presenti in tutto il territorio nazionale. Pensate di creare nel vostro bookstore un angolo per gli autori acesi? Assolutamente si, c’è un banner apposta sulla Sicilia, uno spazio pre-

giato. Li saranno collocate le opere degli autori siciliani ed acesi, molti li conosciamo anche personalmente. Oggi chi è il lettore tipo? La fascia di età che acquista di più è compresa tra i 15 e i 20 anni. Potremmo dire che il lettore tipo è una donna giovane, intorno ai 25 anni. Poi c’è anche il lettore adulto, tenace, che preferisce i saggi, non è comunque facile traformare in età adulta un non lettore in lettore, quindi bisogna abituare i bambini alla lettura perché sono loro i lettori del futuro. Quali sono, secondo la vostra esperienza, i libri più venduti? La narrativa rosa oggi è molto attenzionata dalle case editrici, come la Newton e Compton che ha un grande catalogo di romanzi rosa. La libreria in fondo è il luogo più democratico del mondo. Cosa troverà il lettore nel vostro bookstore oltre ai libri? Due librai “chiacchieroni”, perchè questa libreria nasce da una nostra grande passione. I servizi della casa Mondadori e poi il progetto “alunni libreria” che coinvolge le scuole, interagendo con gli alunni. Sono i librai che invitano le scuole a partecipare, a visitare le librerie, e speriamo che siano in tanti a venirci a trovare. Gabriella Puleo

OTIUM ET NEGOTIUM - 19 Il 2 ottobre del 1918 nacque l’Istituzione che poi diventerà prelatura

I 90 anni dell’Opus Dei, creatura di Escrivà Siamo nel 2018, un anno che finisce per 8. Per una strana coincidenza, tutti gli anni del secolo scorso che finiscono per lo stesso numero 8 hanno registrato degli eventi particolari, in campo storico o sociale: a partire dal 1908, con il disastroso terremoto di Messina; e poi il 1918, l’anno conclusivo del primo conflitto mondiale... una fila di dieci eventi di cui ricorre quest’anno l’anniversario. Il nostro Nino Ortolani ci fa riflettere oggi sul terzo anno di questa serie, il 1928, l’anno in cui Fleming scoprì la penicillina ed in cui una delle più grandi eruzioni dell’Etna distrusse completamente Mascali. Ma è anche l’anno in cui un giovane sacerdote spagnolo “vide” qualcosa di particolare, un qualcosa di cui quest’anno ricorre il 90° anniversario. Carissimo lettore, “C’ero anch’io nel 1928” può dirlo solo un ultranovantenne che ha vissuto gli anni della ripresa dopo la grande tragedia del secolo: la prima guerra mondiale. La faticosa ripresa della vita sociale italiana ha visto qualche anno prima una consultazione elettorale fortemente contestata da Matteotti, che venne per questo as-

sassinato dalle squadracce fasciste. Ma la storia è formata anche da tanti piccoli avvenimenti della vita quotidiana che scorre nel silenzio delle case. Il due ottobre del 1928, nel silenzio di un ritiro spirituale, un giovane sacerdote della diocesi di Madrid “vide” l’Opus Dei. Josemarìa Escrivà aveva ventisei anni, e a mezzogiorno “vide” quello che cercava da ragazzo con una preghiera incessante: “Domine ut videam”. Dei pochi dettagli usati dal Fondatore, per raccontare quanto è successo in quella occasione, l’unica espressione usata è stata: “vide”. Questa istituzione della Chiesa, divenuta “Prelatura personale Santa Croce e Opus Dei” nel novembre del 1982 per volontà del papa Giovanni Paolo II, ha compiuto novanta anni. Essa è una porzione della Chiesa e non “una chiesa nella Chiesa che rema per conto proprio”, come falsamente è stata presentata. È un “albero buono” che negli ultimi decenni ha dato buoni frutti ben visibili: la beatificazione nel 1982 seguita dalla canonizzazione nel 2002 del fondatore San

Josemarìa; la beatificazione del primo prelato mons. Alvaro Del Portillo nel 2014 e la beatificazione di Guadalupe Ortiz, numeraria dell’Opus Dei, che avverrà a maggio del 2019 essendo stato riconosciuto un miracolo ottenuto per sua intercessione. Tanti miracoli sono avvenuti nella storia dell’Opus Dei nei novanta anni trascorsi, ma il più importante è avvenuto il due ottobre 1928, quando quel giovane sacerdote “vide” che tutti i fedeli, e non solo i consacrati con i loro “voti”, possono e debbono tendere a “santificare il lavoro, santificarsi nel lavoro e santificare gli altri con il loro lavoro”, secondo una espressione tanto cara a San Josemarìa. E tutto ciò per la semplice vocazione alla santità ricevuta nel Battesimo. E tu, caro lettore, hai qualche ricordo particolare legato agli anni che finiscono per 8? Mi farebbe piacere conoscerlo. Ricevi intanto cari saluti da Nino Ortolani

Testimonianza “E’ come se avessi ritrovato l’Amore” Se c’è un posto che mi disegna un enorme sorriso in volto, quello è senz’altro una libreria. Ne ho subìto il fascino fin da bambina e da allora è stato amore. Andavo in quarta elementare quando è cominciata la mia passione per la lettura e la mia libreria di rifornimento era la Mondadori di corso Umberto. Scendevo sempre dritta al piano inferiore, in fondo, nell’ultima stanza dove c’era la sezione dedicata ai ragazzi della mia età. Mi piacevano i libri che parlavano di magia e incantesimi, ne divoravo uno dopo l’altro. Crescendo ho smesso di scendere sotto e mi limitavo alla sezione fantasy. D’estate, durante la passeggiata pomeridiana con le amiche, quella libreria era una tappa obbligata. Un giorno però vidi la porta d’ingresso chiusa ad un orario in cui di norma stava aperta. Non ci diedi peso. Ma pochi giorni dopo mi fu detto che la libreria aveva chiuso. Ricordo di aver sentito un piccolo vuoto dentro, e ogni volta che passavo davanti a quella scritta rossa, su quella vetrata buia, mi sentivo presa da una strana sensazione di tristezza. Certo, oggi entro nelle altre librerie con lo stesso entusiasmo con il quale entravo in quella, ma c’è sempre qualcosa che è diverso. In fin dei conti tutte le librerie sono uguali, ma l’ambiente che si respira è diverso da una libreria all’altra perché le cose sono tutte relative. Nei miei ricordi quella libreria è dipinta con colori diversi rispetto ai colori dei ricordi altrui. Dopo circa quattro anni, mentre mi trovavo davanti al bar Condorelli, un altro mio posto del cuore, guardandomi di lato ho visto le vetrate di un negozio coperte da carta con stampato un logo che riconoscerei tra mille, e poi la scritta che recitava: “Mondadori Bookstore prossima apertura”. Mi sono detta: “Sto sognando”. Ma no, non stavo sognando, era tutto vero. Non riuscivo a credere ai miei occhi che brillavano e allo stesso tempo erano lucidi per la felicità. La libreria della mia infanzia era tornata di nuovo nella mia città. E sabato 24 novembre non potevo mancare ad un evento che per me era epocale, quasi una rinascita: l’inaugurazione della Mondadori ad Acireale in via Oreste Scionti di fronte al bar Condorelli. Due capisaldi dalla mia infanzia uno davanti all’altro. Non potevo sognare di meglio! Anche se solo per poco tempo, già questo luogo è stato occasione di bellissimi incontri ed emozioni che mi hanno portata a sognare. In mezzo a scaffali di libri ho avuto modo di respirare un’atmosfera che ai giorni nostri diventa sempre più rara. Lettori appassionati, scrittori, figure istituzionali o semplici curiosi, dai bambini ai più grandi, tutti accomunati dall’amore per la cultura che i libri, più di ogni altro mezzo comunicativo, sanno esprimere. È proprio vero che le cose belle arrivano proprio quando meno li aspettiamo. E credo che sia un bellissimo regalo per tutti coloro che come me amano guardare una vetrina di libri e annusare l’odore della carta. Per questo vorrei dire un grazie di cuore a coloro che hanno riportato nella nostra città una realtà culturale storica monumentale come quella di casa Mondadori. Eugenia Castorina

SANTA VENERINA Serata sobria eppure intensa per ricordare la giornalista catanese del “CorSera” assassinata in Afghanistan

Il sindaco Greco: “La comunità orgogliosa del Premio Cutuli” Il mondo, specialmente il nesso tra l’Europa e il Mediterraneo. Le voci di chi questo mondo lo racconta, spingendosi fin dentro contesti rischiosi e di frontiera. E poi le emozioni, quelle non mancano mai, di chi sperimenta giorno dopo giorno sulla propria pelle il mestiere del giornalista. Tutto ciò nel ricordo di Maria Grazia Cutuli, l’inviata del Corriere della Sera uccisa il 19 novembre 2001. Anche quest’anno la quattordicesima edizione del premio internazionale di giornalismo a lei intitolato, organizzata dal comune di Santa Venerina e dall’Università di Catania sotto l’Alto patrocinio della Presidenza della Repubblica, ha portato alla ribalta tre nomi e tre storie di giornalisti coraggiosi. La cerimonia si è svolta sabato 24 novembre a Santa Venerina, il paese che accoglie, nel piccolo cimitero di Dagala del Re, le spoglie della giornalista. A consegnare targa e fiori il sindaco di Santa Venerina Salvatore Greco, Sabina Cutuli, sorella di Maria Grazia Cutuli, e Francesco Faranda, segretario del premio. La giuria ha deciso di assegnare il premio per la sezione stampa estera alla giornalista egiziana Dina Ezzat, vice caporedattore del settimanale egiziano in inglese Al Ahram weekly. Tra i nomi da lei intervistati spiccano quelli del presidente iraniano Mohammed Khatami, i leaders palestinesi Yasser Arafat e Mahmoud Abbas, il primo ministro israeliano Shimon Peres, i leaders iracheni prima e dopo la guerra del 2003, i leaders di Hamas in seguito alla loro ascesa al potere a Gaza. Per la sezione stampa italiana il premio è stato assegnato al giornalista Fabrizio Gatti, dal 2004 inviato e giornalista investigativo per il settimanale “L’Espresso”. Dal palco del

cine teatro Eliseo di Santa Venerina Fabrizio Gatti ha elogiato la comunità per l’organizzazione del premio: “Vorrei complimentarmi con i cittadini di Santa Venerina e il suo sindaco per l’organizzazione del premio, segno che questa comunità non vuole dimenticare una figura assai cara come quella di Maria Grazia Cutuli”. Fabrizio Gatti ha svolto, da infiltrato, numerose inchieste lungo la rotta dell’immigrazione illegale dall’Africa all’Europa, sul capolarato in agricoltura e nell’edilizia, sulle scarse condizioni igieniche negli ospedali, sulla cricca degli appalti pubblici e sui naufragi nel mar Mediterraneo. Infine, per la sezione giornalista siciliano emergente la giuria ha voluto premiare la giovanissima

catanese Stefania D’Ignoti, da maggio 2017 giornalista freelance specializzata in questioni mediorientali. Si è occupata di rifugiati, religione e diritti delle donne. La D’Ignoti, nel giugno scorso, ha vinto la Jerusalem Press Club fellowship per i giovani corrispondenti dal Medio Oriente e ha trascorso tre mesi sul campo in zone di conflitto, come Cisgiordania e le alture del Golan. A condurre la serata, sobria e come sempre dagli alti contenuti, è stata Daiana Paoli di RaiNews 24. Sul palco per il dibattito sul tema drammatico della migrazione, con una speciale attenzione rivolta ai bambini e soprattutto ai minori non accompagnati e al tema dell’accoglienza, si sono alternate le voci di Antonio Ferrari, editorialista del Corriere della Sera, Enzo Bianco, vicepresidente del Comitato Europeo delle Regioni, Carmela Pace, vicepresidente UNICEF Italia, e i giornalisti vincitori. Assente Mimmo Lucano, sindaco di Riace. Inevitabile è stato il legame con il vicino Medioriente. Perché, dopo tutto, il premio serve non solo per guardare al passato ma soprattutto per osservare, analizzare e capire l’attualità: “L’Europa, ma in generale il mondo, non sta molto bene. L’immigrazione è un tema avvolto da egoismi e disinteresse e sentire un ministro italiano dire ‘chi se ne frega, sono problemi loro’ è inaccettabile”, ha sottolineato Antonio Ferrari del Corriere della Sera. Anche l’attualità più stringente è emersa dal dibattito con il ricordo del rapimento in Kenya della giovane missionaria Silvia Romano. “Questa comunità - ha detto il sindaco Salvatore Greco - può solo essere orgogliosa di questo premio, momento culturale di altissimo livello”. Domenico Strano


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L’impegno dei sacerdoti è quotidiano

Scopri le loro storie su Facebook e sostieni con generosità la loro missione

Carità, solidarietà e accoglienza grazie ai nostri “don” Tra storie di attualità e segnalazioni, video, inviti alla riflessione e alla preghiera comunitaria, la pagina Fb Insieme ai sacerdoti - lanciata nel novembre 2013 - viaggia ormai oltre i 187mila “mi piace”. Obiettivo: far conoscere e condividere la vita di sacerdoti diocesani che si possono, anzi si devono sostenere anche con le nostre Offerte deducibili destinate all’Istituto Centrale Sostentamento Clero, Offerte ecclesialmente importanti e di cui spesso abbiamo parlato su queste pagine. Il riscontro quanto mai positivo di questa pagina Fb sembra destinato a crescere grazie ai miracoli di “ordinaria”

carità compiuti ogni giorno dai 35mila sacerdoti al servizio del Vangelo insieme alle proprie comunità ecclesiali. Le loro storie, segno tangibile della presenza di Dio tra noi, sono raccontate nella sezione “Insieme a Don”. Storie belle come bella è la carità evangelica, la solidarietà, l’accoglienza. L’invito rivolto a tutti è dunque di visitare questa pagina Fb per scoprire le vite dei sacerdoti santi che vivono in mezzo a noi, con noi e per noi. Basta collegarsi condividendo, commentando e magari cliccando su “mi piace”! Maria Grazia Bambino

Ecco alcune storie di sacerdoti presenti su Facebook.com/insiemeaisacerdoti A Roma don Stefano Meloni ha fatto della parrocchia di S. Maria della Misericordia uno dei luoghi più accoglienti del quartiere: la S. Messa domenicale affollatissima, un oratorio attivo, centro d’ascolto e 300 volontari al servizio dei poveri. Agli anziani che dormono per strada offre un tetto e pasti caldi con il suo progetto d’accoglienza. Sempre nella periferia romana troviamo padre Claudio Santoro, vicario parrocchiale di San Barnaba, che ha aperto le porte dell’associazione casa famiglia Lodovico Pavoni ai nuovi poveri in fuga da guerre e povertà fornendo, grazie all’intervento gratuito di professionisti, assistenza scolastica e post scolastica, medica e psicologica. E sicuramente ha riscontrato dei “like” la testimonianza di don Franco Picone, che da quel lontano 19 marzo 1994, giorno in cui don Giuseppe Diana fu ucciso dalla camorra nella sua chiesa San Nicola di Bari a Casal di Principe, ne continua l’opera ed il suo cammino verso la legalità. La giornata di don Franco Lanzolla, invece, si svolge a Bari, tra i volontari, la gente comune, l’accoglienza degli emarginati nella mensa

DOMANDE E RISPOSTE SULLE OFFERTE INSIEME AI SACERDOTI

(150 pasti al giorno, 16 mila l’anno, per 12 etnie diverse presenti) e nel poliambulatorio parrocchiale (con 8 medici e infermieri volontari e servizio gratuito, anche per la distribuzione di medicinali). Non vengono dimenticati i tossicodipendenti. Ad Olbia ci pensa don Andrea Raffatellu, parroco della Sacra Famiglia. La faccia rotonda, gli occhiali, il sorriso mite. Quella gestualità semplice che ti fa sentire capito, accolto, fanno di lui un sacerdote speciale che, con il suo grande lavoro, ha fatto della casa accoglienza “Arcobaleno” un posto da cui far ripartire tanti giovani tossicodipendenti. Anche per questo nel 2009 ha ricevuto “Il premio della bontà Antonio Decortes” assegnatogli dai cittadini di Olbia. Ad Andria, nella casa accoglienza Santa Maria Goretti, don Geremia Acri, insieme ai volontari, offre ai migranti che arrivano per la raccolta invernale delle olive il calore di una famiglia e molto altro: dalla Mensa della carità, al Servizio Pasti caldi a casa e al Servizio sacchetti viveri; dall’Ambulatorio medico – infermieristico alle Visite domiciliari, fino al Servizio preghiera.

CHI PUÒ DONARE L’OFFERTA PER I SACERDOTI?

Nella terra dei fuochi, il territorio in provincia di Napoli avvelenato dai roghi di rifiuti, spesso altamente tossici, c’è la parrocchia di San Paolo Apostolo in Caivano, dove don Maurizio Patriciello s’è fatto portavoce della lotta contro camorra e cattiva politica che da anni fanno affari ai danni dei più deboli. Da umile sacerdote di periferia, don Maurizio ha alzato la voce contro lo scempio che si consuma in quell’area. La sua forza ha dato nuova forza e speranza ai fedeli. Il Giambellino, quartiere nella periferia di Milano famoso grazie a una canzone di Giorgio Gaber, è da sempre una comunità coraggiosa e combattiva, una fucina di idee, un pullulare di associazioni, una ricchezza nata dall’incontro di genti diverse per estrazione, nazionalità e cultura. La parrocchia di San Vito al Giambellino, cuore pulsante del quartiere è animata da tre sacerdoti: don Tommaso, don Giacomo e don Antonio. Sono i tre volti del quartiere, quello degli anziani nati al Giambellino e ormai storici abitanti, dei giovani che riscoprendolo tornano a viverci, degli immigrati che ne colorano le vie con lingue e culture differenti.

PERCHÉ DONARE L’OFFERTA SE C’È GIÀ L’8XMILLE?

Ognuno di noi. Per se stesso, per una famiglia o un gruppo parrocchiale. Offerte e 8xmille sono nati insieme. Nel 1984, con l’applicazione degli Importante è che il nome del donatore corrisponda ad una persona fisica. accordi di revisione del Concordato. L’8xmille oggi è uno strumento ben noto, e non costa nulla in più ai fedeli. Le Offerte invece sono un COME POSSO DONARE? passo ulteriore nella partecipazione: comportano un piccolo esborso l Con conto corrente postale n. 57803009 intestato a “Istituto centrale in più ma indicano una scelta di vita ecclesiale. Tuttora l’Offerta copre sostentamento clero - Erogazioni liberali, via Aurelia 796 00165 Roma” circa il 2% del fabbisogno, e dunque per remunerare i nostri sacerdoti l Con uno dei conti correnti bancari dedicati alle Offerte, indicati sul sito bisogna ancora far riferimento all’8xmille. Ma vale la pena far conoscere le Offerte perché questo dono indica una scelta consapevole di vita www.insiemeaisacerdoti.it ecclesiale. E raggiunge anche i sacerdoti di parrocchie piccole e lontane. l Con un contributo diretto all’Istituto sostentamento clero della tua diocesi. La lista degli IDSC è su www.insiemeaisacerdoti.it PERCHÉ SI CHIAMANO ANCHE “OFFERTE DEDUCIBILI”? l Con carta di credito CartaSì, chiamando il numero verde Perché si possono dedurre dal reddito imponibile nella dichiarazione dei CartaSì 800-825 000 o donando on line su www.insiemeaisacerdoti.it redditi fino a un massimo di 1.032,91 euro l’anno.


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Interviste

Jonio

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CAMILLIANI Concluso l’Anno vocazionale della Provincia siculo-partenopea, bilancio e sguardo sul futuro

Si è appena concluso l’Anno vocazionale camilliano della Provincia siculo-napoletana, un cammino che ha registrato diversi momenti di formazione, spiritualità, confronto, organizzazione. Ne parliamo, per saperne di più, con fratel Carlo Mangione Vicario provinciale e consigliere per la formazione in provincia Ci spiega cos’è e come si è sviluppato l’Anno vocazionale camilliano? Si è aperto in tutte le comunità della Provincia siculo napoletana, che comprende le regioni della Campania, Puglia e Sicilia. Ogni comunità ha riflettuto, meditato e pregato ad intra e ad extra con attività specifiche atte a prendere coscienza del grande dono della nostra vocazione e di farla conoscere ad altri, in modo speciale ai giovani. Cosa ne è venuto fuori per ciò che riguarda l’Ordine, le singole comunità che i Camilliani servono e, in generale per il territorio della Provincia siculo-napoletana? Intanto un rinnovato entusiasmo per il dono ricevuto, la vocazione camilliana, sempre attuale e proponibile. Questo è il bilancio più bello. Da questa presa di coscienza ne scaturisce il pensare e attuare alcune iniziative specifiche. Quali sono le iniziative che possono scaturire subito? L’ incentivazione delle Missioni camilliane parrocchiali; cioè andare in comunità parrocchiali dove noi non siamo presenti e portare il carisma di San Camillo ai malati e ai cosiddetti “sani” per far si che le parrocchie diventino vere famiglie dove ci si faccia carico dei più deboli e fragili, e tra questi i malati e i poveri. Ci sono nuove vocazioni? Cosa pensate di fare per suscitarne di più? Come Provincia religiosa stiamo vivendo un bel risveglio vocazionale, in questi ultimi anni abbiamo avuto alcune professioni solenni, ordinazioni e attualmente tre novizi a Messina e tre postulanti ad Acireale e a luglio prossimo un ordinazione sacerdotale a Palermo. Tutto questo è un grande dono di Dio e una grande grazia per tutti noi. Come fare a suscitare altre vocazioni? Semplicemente vivendo con fedeltà creativa e radicale il nostro carisma e la

nostra spiritualità, tutto il resto lo farà poi il Signore. Come vede il servizio che i Camilliani svolgete nel territorio della Diocesi? In diocesi la presenza dei religiosi camilliani è ben radicata dal lontano 1743. Attualmente siamo presenti ad Acireale con il centro di prima e pronta accoglienza, a Mangano con l’istituto Giovanni XXIII per diversamente abili e la casa famiglia per malati di Aids, la Tenda San Camillo. Inoltre le nostre sorelle Ministre degli Infermi di San Camillo svolgono un prezioso servizio agli ammalati a domicilio, sensibilizzando le comunità parrocchiali. Ci sono emergenze che vorreste coprire meglio? Un desiderio nel cuore c’è; ritornare a prendere la Cappellania dell’ospedale Santa Marta e Santa Venera di Acireale, dove siamo stati presenti per ben 97 anni……. Qual è l’apporto dei volontari? Ad Acireale c’ è una bella tradizione di laici camilliani che hanno sempre seguito e collaborato con i religiosi: volontari e famiglia camilliana laica. Quest’ apporto non solo è necessario ma è soprattutto arricchente ed entusiasmante per tutti, religiosi e laici. Se dovesse fare un appello, cosa direbbe? Direi semplicemente di essere orgogliosi di avere un carisma e una spiritualità cosi forte e di far si che tutto questo ci aiuti a realizzare il progetto di Dio nella nostra vita: La santità, così come Papa Francesco ci sprona ogni giorno. Una santità vissuta nella ferialità e nel quotidiano con i poveri e malati. La Voce

MISSIONARIA AIFO

Fr. Carlo: “Orgogliosi del nostro carisma” Susanna Bernoldi: “Perché cerco il bene degli altri”

La prof. Susanna Bernoldi, insegnante d’inglese, nativa d’Imperia e ivi residente, è persona molto impegnata in vari campi, specie nella dirigenza nazionale dell’Aifo. La tua vita di laica missionaria, da quale forza interiore è ispirata, quando con passione parli in pubblico di particolari problematiche sociali? “La spinta viene dalla fede e dall’educazione avuta dalla famiglia e soprattutto dall’esempio di mia madre: cercare il bene degli altri. Poi chiaramente dal Vangelo, che parla di andare verso chiunque soffre. E tutto questo l’ho trovato in Raoul Follereau. Da Aifo ho imparato che le verità occorre cercarle, andando sul campo e cercandole su fonti alternative ai media, che troppe volte sono assoggettati o guidati da interessi economici e politici”. Quali sono le tue esperienze più forti? “Le esperienze più forti le ho vissute a Calcutta nelle case di Madre Teresa, dove ho potuto toccare con mano l’impegno, non solo delle Suore, ma di centinaia di volontari di ogni età, venuti da tutto il mondo. Dal 1993 ci sono andata otto volte. Nel ‘97 ho perso, in un incidente stradale, l’unico mio figlio, Davide, di 21 anni: ne ebbi la notizia, mentre prestavo servizio a Calcutta. Madre Teresa immediatamente fece celebrare una Santa Messa per lui e per me. Ancora, forti le esperienze in Sud Sudan, in diversi anni delle ferie estive, presso le Suore comboniane di alcuni villaggi: mi mettevo a disposizione per qualsiasi servizio; in particolare insegnavo l’inglese ai ragazzi”. Molto significativa la poetica intuizione di un giovane africano: “La tua pelle è bianca, / la mia nera, / ma il nostro sangue / è dello stesso colore.” Inoltre, mi è piaciuta e mi ha sorpreso la tua foto sulla biblioteca della baraccopoli Koropocho, in Kenia: di chi è stata l’iniziativa? “ La biblioteca è stata aperta dall’Aifo in una delle cinque baraccopoli di Nairobi con il sostegno di una parrocchia di Roma e un’offerta di Generoso Scicchitano in memoria del fratello defunto, don Rocco Scicchitano, per 40 anni parroco, che aveva sempre sostenuto i progetti Aifo. Senza dubbio, la cultura fa progredire i popoli”. Nei progetti Aifo, andando sul posto, quali sono state le tue impressioni? “Le modalità di rispetto che Aifo adotta per aiutare quelle comunità a riacquistare la dignità di persone”. Le tue frequenti e recenti visite in Medio Oriente, quale importanza per te hanno rivestito? “L’incontro con un popolo palestinese forte, indomabile nella sua resilienza, che, dopo settanta anni di occupazione violentissima da parte del governo israeliano, continua caparbiamente a voler rimanere nella sua terra nonostante ogni giorno i soldati e anche i coloni uccidano civili inermi; vengono abbattute case e distrutti gli uliveti, fonte primaria dell’economia palestinese. La Striscia di Gaza è una prigione a cielo aperto: 360 Km quadrati di superficie, con 1.800.000 abitanti, di cui 1.240.082 rifugiati palestinesi. Tanti i disabili”. Ma l’Onu perché non interviene a difendere la giustizia? “L’Onu ha promosso molte risoluzioni di condanna per la costruzione del muro e per l’insediamento dei coloni, ma gli Stati Uniti hanno sempre posto il veto. E Israele dichiara che nessuno ha diritto di giudicare. Conseguenze: armi proibite dalle convenzioni internazionali; l’embargo da sette anni; l’acqua non è potabile; solo tre ore di corrente elettrica. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la vita sta per essere impossibile”. Anna Bella

ACIREALE Parla del suo intenso programma la psicoterapeuta Maria Moschetto, garante dell’infanzia del Comune

“Mi guardo intorno con gli occhi di un bambino” Lo scorso ottobre la dottoressa Maria Moschetto, psicologa e psicoterapeuta è stata nominata garante dell’infanzia e dell’adolescenza nel comune di Acireale. Un compito non facile, che dovrà essere affrontato dalla dottoressa Moschetto con grande spirito di abnegazione e in sinergia con enti ed istituzioni varie. Fondamentale la progettazione e la condivisione con l’assessorato alle Politiche sociali, con gli uffici dei Servizi sociali, con il Tribunale dei minori e il tribunale ordinario, le istituzioni scolastiche e le varie associazioni attive nel settore. Nello stesso tempo, in quanto organo monocratico, svolgerà il suo compito in piena autonomia e indipendenza di giudizio e valutazione. Le attività promosse per il bene dei fanciulli e degli adolescenti saranno molteplici e varie, considerato il particolare momento storico–sociale non facile e la necessità di una attenzione particolare a questa fascia di popolazione che ha bisogno di garanzie, tutele e programmi mirati ad un equilibrato e sereno sviluppo fisico e psicologico. E’ la dottoressa Moschetto in persona che ci racconta come pensa di affrontare e gestire i primi mesi di questo incarico. Dottoressa Moschetto come pensa di iniziare il percorso per garantire i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza? Non è facile, certamente mi sento gratificata, è un compito importante ed ho bisogno di monitorare il territorio, conoscerlo. Creare una analisi dei bisogni iniziali, prima di vigilare devo capire. Voglio capire cosa c’è di buono e cosa bisogna migliorare. Da quando ho ricevuto l’onore di questo incarico provo a guardarmi intorno con gli occhi di un bambino. Il 20 novembre si è celebrata in tutto in tutto il mondo la giornata internazionale dell’infanzia e dell’adolescenza. Cosa

pensa di fare in questa data? Si, è una giornata importante, ed è necessario poter fare conoscere alla nostra città il servizio che il garante può dare. Voglio realizzare un gruppo di lavoro, chi vuole può partecipare, associazioni come quella forense, Ordine degli ingegneri, dei geometri, l’Ordine dei medici, degli psicologi, anche i giornalisti perché l’informazione è importante.

Vuole parlarci un po’ di lei? Lavoro da circa 6 anni in oncologia medica, mi occupo del sostegno ai pazienti e ai familiari. Appena laureata ho iniziato collaborazioni con il tribunale, per la tutela dei minori, ho collaborato con le scuole di ogni ordine e grado per la formazione degli insegnanti, l’orientamento degli alunni. Mi sono formata come psicoterapeuta e faccio parte della task force dell’ordine degli psicologi. In questo ruolo ho partecipato ai casi di emergenza dopo immani catastrofi, sono stata in Abruzzo, ma anche presente nel nostro territorio occupandomi sempre di supporto alle famiglie. Oggi, secondo lei, la scuola italiana cosa offre agli alunni in generale e in particolar modo a chi ha dei bisogni particolari? Sono ottimista, la scuola oggi offre tanto, forse anche troppo. Però dobbiamo fare molta attenzione alla coordinazione con le famiglie, perché è un lavoro di sinergia tra questi due mondi dove i fanciulli si formano. Bisogna riflettere molto se si pensa che per esempio un lutto in famiglia porta gli adulti a scegliere di allontanare i più piccoli da quella triste realtà, però nello stesso tempo in televisione passa la notizia di bimbi uccisi in Siria o di piccoli migranti che muoiono annegati insieme alle nozze del rapper Fedez con Chiara Ferragni. Oggi la formazione degli insegnanti di sostegno non è più una scelta ma spesso un ripiego per poter entrare nel mondo della scuola ed accorciare i tempi se la cattedra per l’insegnamento della propria materia è difficile da raggiungere. Ma gli insegnanti di sostegno dovrebbero avere una preparazione eccellente in questo delicato e specifico settore. Spero vivamente che tutto ciò venga attenzionato nel giusto modo. Gabriella Puleo


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FEDE E AMORE La ricca esperienza di una coppia di Santa Maria Ammalati nel 50° di matrimonio

“Opere di un viaggio” consegnata al Papa FESTA DI SANTA VENERA D’INVERNO

La prima del nuovo arciprete don Fresta

È stata la prima festa di Santa Venera per il nuovo parroco della Cattedrale don Mario Fresta, insediatosi da poco più d’un mese. Ed è stata anche la prima volta senza il vescovo, da quando mons. Raspanti è a capo della diocesi acese; ma quest’anno – sicuramente con molto rammarico – ha dovuto rinunciarci, essendo impegnato proprio in quei giorni a Roma per l’assemblea generale della Conferenza Episcopale Italiana (di cui è anche vice presidente). Per gli acesi la cosiddetta “festa d’inverno” di Santa Venera è una ricorrenza molto sentita, in cui si ricorda la traslazione delle spoglie della concittadina martire, ma in cui i più anziani ricordano anche alcune antiche tradizioni legate alla commemorazione e non più attuate, come le cosiddette “14 messe”, che venivano celebrate contemporaneamente in tutti gli altari della Cattedrale. Ma si ricorda anche, in tale occasione, la tragica notte del 14 novembre 1941, durante la seconda guerra mondiale, quando, subito dopo le celebrazioni vespertine in onore della Santa Patrona, la città venne bombardata dagli aerei dell’aviazione britannica (l’unica volta durante tutto il periodo bellico), con danni molto limitati rispetto a quanto sarebbe potuto accadere se il bombardamento fosse avvenuto qualche ora prima, mentre erano ancora in corso le celebrazioni. E si gridò subito al miracolo. I festeggiamenti di quest’anno hanno avuto due momenti principali, di cui uno al mattino con la solenne celebrazione eucaristica successiva all’apertura della cappella di Santa Venera ed alla traslazione del suo busto reliquiario sull’altare maggiore, con la partecipazione del clero cittadino, dei seminaristi e del coro degli istituti comprensivi acesi (diretto dalla maestra Clotilde Fiorini) che ha animato la liturgia. Il secondo momento ha visto nel pomeriggio il solenne pontificale celebrato dal cardinale Paolo Romeo, arcivescovo emerito di Palermo (ma acese doc e fortemente legato alla patrona Santa Venera), a cui hanno partecipato le autorità civili e militari ed i sindaci di Acireale, Stefano Alì, e di Giarre, Angelo D’Anna, al quale è toccato quest’anno l’onere e l’onore di offrire l’olio per la lampada votiva della cappella di Santa Venera, che viene donato ogni anno da uno dei comuni della diocesi. Dopo la funzione, il busto di Santa Venera è stato portato solennemente in processione al Palazzo di Città, dove il neo-parroco della Cattedrale don Mario Fresta ha pronunciato l’atto di dedica della città, ricordando l’esempio di santità della giovane martire concittadina, patrona della città e della diocesi; il card. Romeo ha impartito infine la solenne benedizione. Prima del rientro in Cattedrale per la reposizione del busto reliquiario della Santa Patrona, un breve e gradevole concerto piromusicale ha concluso la parte esterna dei festeggiamenti. Nino De Maria

Pubblichiamo la cronaca singolare di un incontro particolare che ha visto anche la consegna, nelle mani del Santo Padre, del primo libro con il quale “La Voce dell’Jonio”, editrice del giornale omonimo che ha sessant’anni di vita, ha esordito in campo librario. Si tratta di “Opere di un viaggio”, nel quale Letizia Franzone e Giusy Spina descrivono e commentano, l’una dal punto di vista teologico e l’altra da quello artistico, gli affreschi biblici di Giuseppe Spina Capritti che campeggiano sulle pareti laterali della loro chiesa parrocchiale di Santa Maria degli Ammalati in Acireale. Leggendo la nota che segue si capirà la singolarità e la particolarità, aggettivazioni con le quali abbiamo presentato l’articolo. 16 novembre, 6.30 del mattino, tutto è pronto! A Roma comincia ad albeggiare, le prime luci di un cielo limpido e azzurro appaiono sullo sfondo del grande colonnato della Basilica di San Pietro! Mio padre è li, pronto a vivere la sua emozione più grande e con lui mia madre, attenta e piena di emozione anch’ella. Tutti in Cappella, a Santa Marta in Vaticano; mentre si apre una porticina, alle 7 in punto Sua Santità appare così come lo vediamo, come si presenta agli occhi di tutti, con la sua sapiente espressione, colmo del grande amore che riesce a trasferire alle persone mentre celebra la Santa Messa. I bambini presenti rendono un po’ più animata la celebrazione, rendono vivo il sacramento…; “è la vita”, osserva un prete che si trova lì, è proprio il rumore della vita che si presenta con forza agli occhi degli intervenuti. Tutti partecipano, tutti sono lì, ignari, come lo è la mia famiglia, di quello che farà provare il grande momento che vivranno. Lo hanno sognato, sperato, lo hanno desiderato con forza e finalmente adesso è divenuto realtà. Dopo la celebrazione i partecipanti vengono invitati a trattenersi; lo smarrimento aleggia sui loro volti, cosa accadrà? È tutto finito lì? Ci si chiede, cosa succederà adesso? Vengono invitati ad entrare in una stanza dove l’uomo vestito di bianco è pronto ad accoglierli con il sorriso di un padre che attende i propri figli; i miei genitori sono lì, ancora una volta, per primi corrono a salutarlo e la loro gioia è colma. Il volto di mia madre, gioioso,

stupito, entusiasta, incredulo ma sereno; è come se il tempo si fermasse, niente intorno li distrae; mio padre Antonino, un uomo felice di quella felicita che non si riesce ad esprimere a parole, immensa, infinita; ci sono solo loro mentre gli scatti di un fotografo riescono a fermare il tempo, lo stesso tempo che per loro non scorre più! Secondi di eternità… è gioia piena. Il Santo Padre chiede loro se ci fosse un motivo che li ha portati fin lì e mia madre spiega che hanno festeggiato ben 50 anni di nozze; quindi chiede ancora: “E’ chi dei due ha avuto più pazienza?”. Una domanda a cui nessuno è riuscito a dare risposta. ll Papa rivolge loro la domanda che svela il motivo della loro unione che dura da 50 anni, non si sono mai separati, forse perché quella pazienza li caratterizza entrambi! Quella pazienza che li unisce sempre più e fa sì che amino l’un l’altra e amino i loro figli. Quindi, mia madre dice di aver portato dei doni e da una scatola viene fuori una tovaglietta cucita e ricamata a mano dalle signore che ogni venerdì si riuniscono per dar vita a degli oggetti meravigliosi che offrono in beneficenza in parrocchia, la stessa di cui parla il libro “Opere di Un Viaggio”, il secondo regalo che i miei genitori offrono al Santo Padre. Si tratta di un volumetto scritto a due mani da me e da Letizia Franzone. Il Santo Padre è incuriosito, ne sfoglia le pagine e la gioia di un padre che vede fra le mani del Papa il libro scritto dalla figlia è debordante. A questo punto mio padre gli

chiede di poterlo abbracciare… Il suo sogno sta per coronarsi. Felice e colmo di gioia, mio padre abbraccia quell’uomo che per lui è motivo di stima, di orgoglio, di amore, quell’uomo che ha sognato e desiderato ardentemente di incontrare così, proprio come quando si incontra un amico. Dialogare con lui e consegnargli la cosa più preziosa, il libro che la figlia ha scritto con immensa gioia e partecipazione. L’amore di un padre e di una madre si manifesta in questo grande gesto, la gioia dei miei genitori adesso trabocca veramente. Si abbracciano come se fossero vecchi amici ed è questo il gesto più importante di Papa Francesco: accogliere le persone senza differenza di razza, di colore, di sesso, accoglierle in un abbraccio senza chiedere nulla in cambio ma solo di pregare per lui. Giusy Spina

SOVVENIRE 8 x mille e offerte deducibili, i due strumenti che hanno i cittadini per sostenere l’azione della Chiesa

Don Mario Arezzi: “Basta un piccolo contributo personale per aiutare i sacerdoti” Sono ancora pochi i fedeli cattolici che conoscono la funzione del Sovvenire. Non tutte le parrocchie ricevono la giusta sensibilizzazione e, oltre al carente impegno dei laici, si fa strada spesso l’errata concezione dell’utilizzo delle offerte. La Giornata nazionale per il sostentamento dei sacerdoti, celebrata la scorsa domenica 25 novembre, ha lo scopo di far conoscere questa forma di condivisione fraterna e di supporto economico ai pastori delle comunità e riscoprire un modo per essere affidati gli uni agli altri, ripetendo il gesto con cui si provvedeva agli uomini di Dio nelle comunità cristiane delle origini. Proprio quest’anno ricorre il trentesimo anniversario della pubblicazione del documento “Sovvenire alle necessità della Chiesa. Corresponsabilità e partecipazione dei fedeli”. Ma cosa è il Sovvenire e a cosa serve? Si tratta di una forma di sostentamento al clero attraverso due sistemi: l’8 per mille e le offerte deducibili per il clero. Sono due strumenti distinti anche se l’uno non esclude l’altro. In pratica chi sceglie di destinare l’otto per mille alla Chiesa Cattolica può anche fare un’offerta a favore del sostentamento del clero e viceversa. E qui però che emerge anche il diverso valore ecclesiale dei due gesti. Proprio perché non costa nulla, come spiega l’Abc del Sovvenire sul proprio sito internet, l’otto per mille è per il credente un atto di coerenza con la propria fede, mentre l’offerta per il clero ha un maggior valore di partecipazione ecclesiale poiché comporta un esborso personale, sia pure ripagato in parte dal vantaggio della deducibilità in sede di dichiarazione dei redditi, anche nel caso in cui non sia obbligato alla presentazione della dichiarazione. Come vengono distribuite e a chi

sono destinate? Da Roma l’Istituto centrale per il sostentamento del clero ripartisce le offerte raccolte in forma di remunerazione mensile ai 36 mila sacerdoti italiani: 35.000 preti in attività nelle 25.600 parrocchie italiane; circa 3.000 preti anziani o malati, venendo loro in aiuto dopo una vita dedicata al servizio; circa 400 preti fidei donum, cioé sacerdoti diocesani in missione nei paesi del terzo mondo. Per il clero vige il sistema perequativo: ogni sacerdote gode di un sostentamento dignitoso a parità di condizione. Due sono i pilastri su cui si basa questo sistema: la parrocchia, con il contributo di sette centesimi per abitante trattenuti nella cassa parrocchiale e l’integrazione garantita dall’Istituto centrale mediante le quote dell’8 per Mille e le offerte liberali a favore dei sacerdoti. L’anno scorso 78.289 fedeli hanno effettuato per il sostentamento dei sacerdoti una donazione diretta all’Istituto centrale sostentamento del clero e sono state raccolte 102.820 offerte, per un totale di 9.609.811,21 euro. “Basta un piccolo contributo personale, ognuno secondo le proprie possibilità” ha affermato don Mario Arezzi, incaricato diocesano di Sovvenire, “per garantire una sussistenza dignitosa ai sacerdoti ma soprattutto per aiutarli nel loro servizio al Vangelo e alle persone”. Quello del sostentamento al clero è un tema spesso frainteso e, ha precisato don Mario Arezzi, “occorre una maggiore sensibilizzazione e informazione dentro e fuori le parrocchie”. Perché è importante donare? “Così facendo rendiamo visibile la chiesa comunione indicata da Gesù”, ha concluso l’incaricato diocesano. D. S.


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DIOCESI Due ordinazioni presbiterali in Cattedrale e a Pozzillo per le mani del vescovo mons. Raspanti

Don Orazio e don Alfio sono sacerdoti Ad Acireale, in una Cattedrale gremita di fedeli, ha avuto luogo l’ordinazione presbiterale di don Orazio Sciacca. La celebrazione, presieduta dal nostro vescovo mons. Antonino Raspanti con la presenza del cardinale mons.Paolo Romeo, ha visto la partecipazione di molti sacerdoti e di tanti, tra conoscenti ed amici, giunti dalle diverse parrocchie nelle quali don Orazio ha svolto la sua esperienza pastorale durante gli anni di formazione. Il novello sacerdote – ventisei anni compiuti il 31 dello stesso mese di ottobre – è originario di Loreto, frazione di Acireale. Nella cornice del prezioso Santuario Mariano, don Orazio ha incontrato il Signore e iniziato la sua esperienza di Chiesa ricevendo i sacramenti dell’iniziazione cristiana. Seguendo l’esempio della sua famiglia, si è inserito nella vita parrocchiale in modo attivo, specialmente tra i ministranti e in oratorio, esperienze fondamentali che hanno preparato il terreno all’ascolto della voce del Signore. Negli anni di Liceo, il suo rapporto con Dio non è mancato, anzi si faceva via via più intenso, facendogli immaginare la possibilità di dedicarsi interamente a Lui. Così, dopo aver conseguito la maturità scientifica, ha scelto di intraprendere il cammino del Seminario, preceduto dall’anno propedeutico. Il tempo del discernimento è stato vissuto da don Orazio come esperienza forte di preghiera, fraternità e studio, approfondendo in particolare il tema del rapporto con i giovani attraverso corsi specialistici a Messina e Roma. «Ringrazio Dio e la Chiesa per l’inestimabile dono della Consacrazione sacerdotale – dice don Orazio – che per grazia e senza mio merito ho ricevuto. La carità pastorale possa essere sempre lo stile e la via del mio ministero, per manifestare ai tanti fratelli e sorelle che incontrerò lungo il cammino, che Dio è vicino e benedice con gioia ogni suo figlio». Il nostro giovane sacerdote inizierà a mettere in pratica questa «carità pastorale» nelle parrocchie “S. Giovanni Battista” e “S. Maria la Nova” di Acitrezza, dove il Vescovo lo ha inviato in qualità di Vicario parrocchiale. Auguriamo che la sua presenza sia avvertita da tutti come presenza di Dio, che mai abbandona. don Raffaele Stagnitta

Grande festa a Pozzillo per l’ordinazione presbiterale di don Alfio Licciardello. Il 5 novembre scorso, nella chiesa madre della località marinara di Acireale, il nostro Vescovo ha conferito il sacramento dell’ordine, nel grado del presbiterato, a questo giovane della nostra diocesi. Don Alfio, classe 1989, arriva così a questo momento importante dopo gli anni di formazione nel Seminario Diocesano durante i quali ha approfondito lo studio della teologia. In particolare, frequentando la Facoltà Teologica di Sicilia presso Palermo, sta ulteriormente affinando la sua ricerca teologica nel ramo della teologia biblica. Il bagaglio intellettuale di questo giovane sacerdote è arricchito, inoltre, dall’esperienza nella Facoltà di Ingegneria, maturata negli anni precedenti al suo ingresso in Seminario. Nella formazione di don Alfio, però, non c’è solo la componente accademica: la partecipazione numerosissima di sacerdoti e fedeli alla liturgia di ordinazione testimonia la sua capacità di costruire relazioni fraterne, tramite «rapporti di amicizia che resistono nel tem-

po» – affermava don Alfio nel suo discorso di ringraziamento: relazioni di amicizia nate nella parrocchia “S. Margherita” di Pozzillo, o tra i banchi di scuola del Liceo scientifico, come anche nelle diverse comunità nelle quali ha prestato il suo servizio pastorale. Relazioni che saranno ancora più numerose, adesso, con l’esercizio del ministero: il novello presbitero è stato inviato, infatti, alle parrocchie “S. Isido-

ro Agricola” e “S. Maria della Strada” in Giarre come Vicario parrocchiale. Don Alfio certamente non dimenticherà le sue radici “marittime”, fattore che potrà aiutarlo nel diventare «pescatore di uomini» per condurre tutti, con calma e serenità, a Cristo Signore. d. R. S,

LIBRI Presentato “E nasciu lu Bambineddu” di don Roberto Strano nel “Presepe alla grotta”

E se domani si facesse la “Via praesepii”? Il libro di don Roberto Strano dal titolo “E nasciu lu bambineddu” non poteva che essere presentato nella grotta che ospita il presepe settecentesco, vicino alla chiesa di Santa Maria della Neve, sulla strtada provinciale che porta alle frazioni marinare a nord di Acireale (Santa Maria la Scala, Santa Tecla, Scillichenti, Stazzo e Pozzillo). Perché questo lavoro, dal titolo affettuoso che richiama la fede popolare, nasce proprio lì, nella Grotta (‘a Rutta in dialetto siciliano), osservando - come ha dichiarato l’autore - i personaggi, soprattutto nelle loro espressioni di devozione, ammirazione, meraviglia, adorazione. E’ stata una serata intensa, presentata a moderata dal giornalista Mario Agostino, direttore dell’Ufficio diocesano per la Cultura, e introdotta da don Francesco Mazzoli, parroco di Santa Maria la Scala e Santa Maria della Neve e presidente dell’associazione “Presepe Settecentesco”, che ha l’obiettivo di restaurare tutte le figure e di rilanciare il sito, come luogo di cultura e di interesse turistico. Don Gaetano Pappalardo, relatore ufficiale, ha subito sottolineato il doppio servizio, di valorizzazione del sito e di riflessione, svolto il libro, che è preceduto da una “prefazione di pregio”, scritta da Sandro Barbagallo, che è curatore delle collezioni storiche dei Musei Vaticani e del Museo del Tesoro della Basilica Lateranense. E ha ricordato i numeri del lavoro di don Roberto, che tratta 10 personaggi, riporta 22 citazioni della Sacra Scrittura, 13 di autori vari. E poi rileva come, dal volumetto traspaia l’amore del suo autore per la propria mamma e per Acireale, come l’osservazione e la riflessione siano tappe della ricerca di Dio. Don Pappalardo ha sottolineato, ancora, che il presepe altro

non è che la nostra storia e ha dato un assaggio della singolarità del libro parlando della figura del “maravigghiatu”, visto come il cristiano che vede Dio all’opera. Infine, ha definito le riflessioni di don Roberto come “prediche in atto”. Il Vescovo mons. Raspanti ha esordito riprendendo il discorso del relatore; e ha sottolineato come il lavoro di don Roberto Strano “in nuce” sia una “via praesepii”, certamente da sviluppare, “che esplicita quello che facciamo per Pasqua”, con la “via Crucis”, mentre “per Natale no”. Ha sottolineato come quelli dell’autore del libro siano ricordi di bambino e riflessioni da adulto; ha ricordato come dinanzi alla lezione di umiltà che esprime il presepe e a quella del Natale si possa riflettere positivamente circa “l’indifferentismo attuale” nei riguardi della fede e del cattolicesimo in generale. Contro il quale si può ricordare quel Gesù che, rifiutato dalla nascita alla morte, desta la meraviglia già richiamata, “sentimento semplice, piccolo, forte” che muove il pastore dinanzi alla scena del presepe con un messaggio sconvolgente. Ha chiuso la serata, allietata dagli intermezzi musicali del suo Martina Scuto, soprano, ed Enrico Giuseppe Restuccia al piano, l’autore; il quale ha ricordato, tra l’altro, che il suo libro nasce come mistagogia, segna l’andare verso Cristo e si parte dal grande discorso cristologico di Paolo VI a Manila. Infine, ha ricordato che il suo è anche un contributo per aiutare l’associazione “Presepe settecentesco”, il cui progetto di restauro in corsa per i finanziamenti del Fai (Fondo Ambiente Italiano) ha ottenuto pochissimi voti, tanti che depongono per un netto disinteresse degli acesi. La Voce

ACIREALE Illustrati all’inaugurazione dell’Anno accademico dell’Università popolare

Tre percorsi storici di Via Crucis nel centro cittadino È possibile individuare almeno tre percorsi di via Crucis nel territorio di Acireale, tra il ’600 ed il ’700. Questa constatazione è emersa nel corso della cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2018/2019 dell’Università Popolare “Giuseppe Cristaldi”, svoltasi il 25 ottobre scorso nei locali della Biblioteca Zelantea. La serata era centrata sugli altarini di Acireale, per cui dopo i saluti del presidente dell’Accademia ospitante dott. Giuseppe Contarino e del presidente dell’U.P.G.C. dott. Angelo Pagano, il prof. Sebastiano Di Marco, docente di topografia, ha esposto i risultati di un censimento effettuato dai suoi alunni dell’indirizzo “Costruzioni, Ambiente e Territorio” dell’Istituto Tecnico “Galileo Ferraris”, finalizzato al recupero ed alla valorizzazione delle antiche edicole votive acesi. Il prof. Francesco Calì, ex docente universitario e segretario generale dell’Accademia degli Zelanti e Dafnici, ha successivamente illustrato, avvalendosi pure di antiche piante cittadine dell’epoca, gli storici percorsi seguiti per la pia devozione della “Via Crucis” durante il periodo pasquale. Un primo percorso, utilizzato prima del 1656, partiva dall’antica chiesetta della Madonna dei Miracoli (adesso inglobata all’interno del Cimitero) e attraverso le stradine di campagna della zona (che allora chiaramente non era edificata) arrivava al convento di San Biagio, per proseguire poi, attraverso il tracciato

delle attuali vie Capuana e Verga (detto via Sacra, “Vasara”), fino alla parte alta dell’attuale corso Savoia (dove sorgerà poi il palazzo del barone di Santa Lucia). Lungo tale percorso, c’erano delle postazioni che ricordavano le vicende tragiche del processo e della crocifissione di Gesù Cristo, in numero variabile, poiché non era stata ancora definita l’attuale impostazione di 14 stazioni. Le cose cambiarono nel 1656, quando venne a predicare gli esercizi spirituali, in occasione della Santa Pasqua, il gesuita licatese padre Luigi La Nuzza, il quale individuò nella chiesetta del Santissimo Salvatore il luogo del Calvario cittadino, facendo erigere, nella collinetta attigua alla chiesa, tre croci che ricordavano il luogo della crocifissione di Gesù. Lungo un percorso che partiva da piazza Duomo, la prima sosta era quella dell’attuale piazza Porta Cusmana, che segnava all’epoca il confine del centro abitato (e dove nascerà qualche anno dopo la Porta Gusmana, uno, per l’appunto, degli ingressi della città). Il percorso si snodava poi verso nord, fino al “Calvario”, con sei “altarelli” mobili, che in un secondo momento furono costruiti in muratura (come risulta da una pianta del 1770). Di tali “altarelli” non esiste più traccia, tranne i due collocati all’inizio e alla fine, e cioè quello di piazza Cusmana (che rappresenta l’ultimo incontro tra Gesù e la madre Maria, cioè la cosiddetta “spartenza”, ovvero la separazione, il saluto definitivo) e quello posto all’incrocio tra corso Savoia e viale Principe Amedeo

(con la crocifissione di Gesù). Un ulteriore prolungamento del percorso sarebbe stato poi allestito a partire dalla chiesa del Santissimo Salvatore (che si trovava all’epoca alle porte del bosco di Aci), con sette stazioni che ricordavano i sette dolori della Madonna; tale percorso si concludeva nei pressi del santuario di Loreto, con un altarino che è ancora esistente (anche se modificato e rimaneggiato) alla confluenza tra la via Loreto-Balatelle e la via del Santuario. Il terzo percorso è stato illustrato, in uno degli interventi, dal prof. Gaetano Puglisi, studioso di storia acese e già docente di Storia Romana presso l’Università di Catania, il quale ha parlato di un itinerario che, partendo dalla chiesa di San Crispino (ubicata in via Vittorio Emanuele, poco più sotto di San Sebastiano), raggiungeva – passando per la piazza Commestibili (attuale piazza Marconi) e la via San Giuseppe – piazza San Biagio e che veniva fatto fare ai condannati a morte. Siamo nell’epoca in cui il carcere (poi abbattuto) si trovava al posto dell’attuale villetta di piazza Lionardo Vigo, da cui i condannati venivano portati nella vicina chiesetta di San Crispino (detta proprio per questo degli “Agonizzanti”) per gli ultimi conforti spirituali. Venivano poi condotti a percorrere una sorta di cammino penitenziale che riproduceva l’itinerario effettuato da Cristo fino al Calvario e che era articolato proprio in 14 stazioni (secondo quanto si ritrova pure nel vangelo di San Marco, a cui si sarebbe successivamente ispirata anche la ritualità cristiana). E proprio la piazza San Biagio era infine il luogo del patibolo, al centro della piazza, dove sorge adesso una croce in ferro. Nino De Maria


10

25 novembre 2018

Speciale Magma

dell’

Jonio

IL CONCORSO Diventa sempre più internazionale la mostra di cinema breve ideata da Lorenzo Vecchio

Ventisei cortometraggi in concorso, selezionati tra oltre 600 lavori provenienti da 52 paesi del mondo, per questa XVII edizione di Magma - Mostra di cinema breve, organizzata dall’Associazione Culturale Scarti che da anni si occupa di promozione e produzione del cortometraggio e dell’audiovisivo. Riconfermandosi un’occasione di visibilità per opere di alta qualità a cui spesso, per via del loro formato, sono preclusi i tradizionali canali di distribuzione, anche quest’anno il festival ha visto la riconferma di una massiccia partecipazione di produzioni provenienti dalla Francia, la Spagna, la Germania e il Belgio. Paesi in cui si realizzano cortometraggi di altissimo livello. Altri lavori provengono invece da Usa, Iran, Paesi Bassi, Taiwan, Gran Bretagna, Lituania, Estonia e Grecia. A caratterizzare però l’edizione 2018 è la presenza di opere provenienti dall’ America Latina, da paesi come il Brasile, il Cile e il Messico. Novità di quest’ultima edizione, anche la consistente presenza italiana con quattro lavori in concorso, film molto diversi tra loro, storie che toccano tematiche più serie e attuali, ma anche racconti spensierati e divertenti. Riconfermate anche quest’anno le collaborazioni internazionali. Nel corso delle passate edizioni Magma è riuscito infatti a creare ed intensificare le collaborazioni e gli interscambi con i più importanti festival internazionali, tra i quali l’Encounters Film Festival, il Tirana International Film Festival e il Leeds International Film Festival.

Partner della XVII edizione è il Festival Internazional du Film Insulaire che si svolge ogni anno a Groix, una piccola isola della Bretagna, unendo cinema, musica, mostre, dibattiti sul tema dell’insularità. Uno tra gli eventi culturali più importanti delle piccole isole metropolitane francesi, nato con l’obiettivo di facilitare incontri e scambi e dare voce agli isolani di tutto il mondo. Da diciotto anni a questa parte Groix dedica di volta in volta il suo festival ad un’isola diversa. L’estate scorsa è toccato proprio alla Sicilia essere protagonista. In quell’occasione, assieme a diversi registi siciliani e agli studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo, l’Associazione Culturale Scarti è stata contattata e coinvolta dagli organizzatori del FIFIG - Festival Internazionale del Film Isolano di Groix. Ad essere particolarmente apprezzati dal pubblico francese i lavori di Daniele Greco e Mauro Maugeri, realizzati nell’ambito del progetto Sicily Folk Doc, prodotto da Scarti e dedicato alle feste religiose siciliane. La partnership nata lo scorso agosto porterà il prossimo anno alla presentazione di una sezione apposita all’interno del festival francese, mentre nell’ambito di Magma 2018 ai film del Festival Internazional du Film Insulaire è stata dedicata la sezione speciale Isole di cinema. Una selezione di cortometraggi presentati al pubblico dalla programmatrice e curatrice del FIFIG, Sarah Farjot.

NOVITÀ

26 opere da proiettare, 600 pervenute “La strada dei Samouni” Lungometraggio premiato al Festival di Cannes per aprire l’edizione 2018 Ancora una volta il meglio della produzione breve internazionale ha coinvolto il pubblico di Magma- Mostra di cinema breve. Ventisei opere in concorso per contendersi il Premio Lorenzo Vecchio, proiettate durante la tre-giorni organizzata presso il Margherita Multisala di Acireale. Una XVII edizione, per l’ormai affermato festival cinematografico, che ha preso il via dedicando però la serata inaugurale alla proiezione di un lungometraggio La Strada dei Samouni, film di Stefano Savona premiato all’ultimo Festival di Cannes con l’Oeil d’Or. Un documentario che affronta il tema della questione palestinese imponendone l’aspetto più umano, fatto di storie familiari, relazioni preziose e dilaniate e di amore per la terra. Se nel corso delle passate edizioni il festival ha dedicato tutto il suo spazio al formato breve, affermandosi come manifestazione di riferimento in ambito europeo, una novità per l’edizione 2018 è stata l’apertura al lungometraggio, come evento introduttivo al concorso. “Abbiamo deciso di inaugurare il festival con un regista che stimiamo molto e che è stato apprezzato da critica e pubblico anche a livello internazionale” - spiega la responsabile della progettazione culturale del festival, Giulia Iannello - “Iniziamo con questo documentario animato di Stefano Savona. Ma l’aspetto interessante è che esiste anche in questo caso un legame, un anello di congiunzione con Magma. A curare le animazioni del film è stato infatti Simone Massi, il famoso disegnatore che in diverse occasioni ha partecipato al concorso. I suoi lavori sono stati selezionati e premiati più di una volta. Ci piaceva quindi l’idea di lasciare spazio anche al lungometraggio, ma mantenendo in un certo senso un legame con la storia del nostro festival”. Altro appuntamento che ha preceduto le proiezioni delle opere in concorso è stato l’incontro organizzato al King Multisala Cinestudio di Catania con Franco Maresco, regista e sceneggiatore palermitano, presidente di giuria per l’edizione 2018, a cui il festival ha reso omaggio con la proiezione di due film: “Dopo un lungo corteggiamento siamo stati molto contenti di ricevere l’ok da parte di Franco Maresco, un regista famosissimo che tutti noi apprezziamo da tanti anni sia nel panorama televisivo che in quello cinematografico” - racconta Giulia Iannello - “Si tratta di due lavori molto lontani, che appartengono a due periodi diversi della sua produzione. Enzo, domani a Palermo!, realizzato a quattro mani con Daniele Ciprì nel 1999 e premiato alla Mostra del Cinema di Venezia, è un ritratto grottesco di Enzo Castagna, l’organizzatore di comparse cinematografiche palermitano che ha conosciuto tanti nomi famosi del cinema italiano e internazionale. Mentre La mia Battaglia è un bel ritratto di Letizia Battaglia, realizzato lo scorso anno da Maresco per omaggiare la fotografa a cui recentemente è stata anche dedicata una mostra al MAXXI di Roma.” M. T.

Monica Trovato

ATTIVITÀ DI SCARTI Si arricchisce di altre due pellicole il progetto “Sicily Folk Doc”, due giorni di masterclass “Lapilli”

Franco Maresco, Eleonora Mastropietro e Sarah Farjot Come ogni anno Magma, Mostra di Cinema breve, presenta un parterre di giurati di tutto rispetto. A farne parte per l’edizione del 2018 Franco Maresco, Presidente di giuria, Eleonora Mastropietro e Sara Farjot. Regista, sceneggiatore e direttore della fotografia, Franco Maresco ha iniziato a lavorare con Daniele Ciprì nel 1986 per una rete privata di Palermo per poi passare in Rai e collaborare alle trasmissioni televisive Blob, Fuori orario e Avanzi con Cinico TV: protagonisti delle interviste, rigorosamente girate in bianco e nero, uomini grotteschi e alienati ritratti in una Sicilia arida e desolata. Primo lungometraggio del duo è Lo zio di Brooklyn (1995, gangster story in salsa siciliana) a cui segue Totò che visse due volte (1998, film a episodi che aprì il dibattito sulla censura preventiva). E poi Noi e il Duca (1999, omaggio a Duke Ellington), Il ritorno di Cagliostro (2003, storia del rocambolesco set dell’omonimo film) e Come inguaiammo il cinema italiano (2004, ritratto a tutto tondo della coppia Franco e Ciccio). Nel 2014 vince il Premio Speciale della Giuria Orizzonti a Venezia con il film Belluscone. Una storia siciliana (2014), progetto votato al fallimento di raccontare in un film il legame di Silvio Berlusconi con la Sicilia. Belluscone nel 2015 vince anche il David di Donatello come miglior documentario. Da qualche anno ama raccontare grandi personaggi sotto forma di documentario. Eleonora Mastropietro Geografa e ricercatrice presso l’Università degli studi di Milano, ha sviluppato un forte interesse per il cinema e la scrittura. Nel 2007 frequenta il corso di Scrittura Cinematografica presso la Civica Scuola di Cinema di Milano e successivamente quello di Cinema Documentario. Suc-

cessivamente partecipa a laboratori e corsi di formazione e collabora alla regia di film collettivi. Nel 2013 fonda l’Associazione La Fournaise per la quale cura la produzione esecutiva del film documentario Ninì di Gigi Giustiniani e Raffaele Rezzonico (Genziana d’oro al 64° Trento Film Festival) e scrive il film documentario Sagre Balere di Alessandro Stevanon (Miglior film, Bellaria 2017). Il suo primo lungometraggio documentario, Storia dal qui, è in concorso al 59° Festival dei Popoli a Firenze. Sarah Farjot lavora per il Festival International du Film Insulaire che si svolge ogni anno a Groix, una piccola isola della Bretagna (Francia), unendo cinema, musica, mostre, dibattiti sul tema dell’insularità. Prima di vivere e lavorare a Groix, ha studiato giornalismo per due anni e ha lavorato a Parigi per un canale politico. L’ambiente lavorativo e lo stress della vita a Parigi non la soddisfavano, per cui ha deciso di lasciare il giornalismo e viaggiare sola in Asia per sei mesi. Tornata in Francia, ha svolto vari lavori, tra lui quello di coordinatrice di una organizzazione di cinema documentario in Bretagna. Contemporaneamente, per molti anni ha prestato lavoro volontario presso Il Festival International du Film Insulaire a Groix e dal 2016 riveste l’incarico di direttrice artistico e programmatrice dell’evento. Giovanni Rinzivillo


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