LA Jonio VOCE Anno LX- N. 1
Domenica, 29 gennaio 2017
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Evangelii Gaudium
La gioia che sgorga dallo stare con Dio Si respira ancora l’intenso Anno Giubilare della Misericordia da poco trascorso, e dare attenzione all’ Esortazione Apostolica “Evangelii Gaudium” di Papa Francesco, sembra essere la logica e spontanea conseguenza di un ben preciso percorso ecclesiale, quello di una nuova tappa evangelizzatrice alla riscoperta della gioia dell’annuncio. Sin dalle primissime righe di questa Esortazione, Papa Francesco comunica la singolare bellezza della gioia che sgorga da un cuore appassionato e vivo, affermando: “ La Gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’ isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia”. Il tempo in cui l’ uomo di oggi si trova a vivere è caratterizzato da un evidente individualismo e da una notevole indifferenza a quelli che sono i valori autentici e importanti. Sembra aver smarrito il fine ed il senso della vita, si va spesso a tentoni e spesso nella desolazione “… E’ una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata. Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi, non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’ entusiasmo nel fare il bene”. Questo stile di vita, spesso vissuto anche da molti credenti, non è certo il disegno di Dio “ Questo non è il desiderio di Dio per noi, questa non è la vita nello Spirito che sgorga dal cuore di Gesù Cristo risorto”. Dalla lettura di questa Esortazione , si comprende il desiderio del Papa che invita tutti a riscoprire l’ autentica e duratura gioia e nessuno si deve sentire escluso da questo invito. E’ l’invito annunciato da tutta la Sacra Scrittura, l’invito a gioire perché siamo figli di un Padre misericordioso che ama tutti fino a donare la sua vita per ogni uomo. La gioia di cui parla la Scrittura, non è certo il sentimento fugace di un momento scaturito davanti a cose o a situazioni che sfiorano il cuore non lasciando nulla del loro passaggio…, ma soltanto vuoto e tristezza per quel sentire del cuore che non è appagato ancora. La gioia di cui parla la Sacra Scrittura, fiorisce nel deserto del cuore quando, sgombrato da ogni superfluo e consegnata ogni fragilità, ogni debolezza, ogni incertezza, ogni timore, ogni desiderio a Dio, ci si lascia raggiungere dalla brezza delicata della sua tenerezza che tocca il cuore colmandolo di pace. E’ la gioia che sgorga dallo stare con Dio nella preghiera, in un cammino personale di fede insieme alla comunità ecclesiale, dove si vive la vita sacramentale e si sperimenta la gioia della condivisione. E’ quel sentire permanente del cuore che prova emozione e ricorda ancora il sapore della meraviglia di sentirsi amati. Questa è la grande Gioia da dover sempre annunciare e divenirne appassionati testimoni, la gioia di sentirsi amati da un Padre che tocca il cuore con il suo tenerissimo sguardo, uno sguardo silenzioso che cambia la vita di colui che ha la saggezza di lasciarsi raggiungere da questo sguardo di amore. Letizia Franzone
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Periodico cattolico fondato da Orazio Vecchio
RICORDO
LIBRI
RICORDO
Salvatore Maugeri imprenditore della sanità insegnava catechismo nella sua Acicatena can. Salvino Pappalardo
Il “Filastroccario” di Pippo Scudero un’altra opera educativa e formativa
Salvatore (Turi) Urso sindaco di Aci S. Antonio uomo politico sempre dalla parte della gente
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Graziella Maugeri
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Gabriella Puleo
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Diocesi Il Vescovo a Santa Venerina consegna il mandato ai presidenti parrocchiali di Azione Cattolica
Modi e tempi nuovi di evangelizzare e presidente diocesana La “Le vie maestre: amore verità, giustizia e libertà” L’Azione cattolica diocesana riprende il cammino con i nuovi presidenti parrocchiali. Domenica 22 gennaio a S. Venerina il vescovo mons. Raspanti ha consegnato loro il mandato: “Sperimentate con intelligenza modi e tempi nuovi per annunciare il Vangelo”. Intanto, sono in corso i preparativi per l’assemblea diocesana del 12 febbraio: c’è da scegliere il nuovo consiglio diocesano per il triennio 2017-2020 il quale, una volta eletto, indicherà una terna di nomi al vescovo per la carica di presidente diocesano. Il 2017, poi, è l’anno in cui si ricordano i 150anni dalla nascita dell’Ac. Abbiamo fatto il punto della situazione con l’attuale presidente diocesano in carica Anna Maria Cutuli: “L’adesione è ancora in corso anche se prevediamo un leggero calo degli iscritti. Alcune parrocchie sono in crescita e dimostrano entusiasmo. Annalisa Coltraro Domenico Strano e Annalisa Coltraro (a pag. 7)
ACITREZZA Dall’antivigilia di Natale non si hanno notizie di Enzo Cardì e Fabio Giuffrida, usciti in mare
Mistero sui due amici scomparsi, ma si spera sempre Dallo scorso 23 dicembre l’intero borgo marinaro di Aci Trezza è in ansia per la sorte dei due pescatori, salpati dal porto con una piccola barca e non più rientrati. Enzo Cardì abitante ad Aci Trezza e Fabio Guffrida originario di Cannizzaro ma residente ad Aci Catena, oltre a condividere la stessa età, condividevano la passione per il mare e per quella pesca che dava loro soddisfazioni e qualche soldo per vivere. Erano usciti, nonostante le condizioni meteomarine al limite della
praticabilità, per una breve battuta e calare il consueto “conzo”, insieme ad un’altra imbarcazione che invece è rientrata dopo appena poche decine di minuti. Da quel momento in poi non si è saputo più nulla di Enzo “u biondu” e di Fabio, ragazzi conosciuti e voluti bene in paese. Anche i cellulari hanno smesso di comunicare e dare segnali di vita Davide Bonaccorso (continua a pag. 2)
RIFLESSIONE
ACIREALE
L’arch. Vito Messina “Come migliorare il già bello centro storico” Anna Bella
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ACIREALE
Sulla presentazione di “Cercatori del Paradiso” Autenticamente umani sull’esempio di La Pira Teresa Scaravilli
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“Il Carnevale può essere strumento di sviluppo” Così Antonio Belcuore presidente della Fondazione Andrea Viscuso
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In Seconda
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RICORDO Salvatore Maugeri, docente universitario e grande imprenditore della sanità
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RICORDO L’on. Salvatore (Turi) Urso
Insegnava catechismo ad Acicatena Un uomo politico Da qualche tempo la Fondazione Salvatore Maugeri, benché le sue benemerenze, si trova alla ribalta della cronaca, non certamente per volontà del fondatore il quale, con grande genialità e con generosità cristiana, intese, nei momenti del cosiddetto miracolo economico, salvaguardare la salute degli operatori nell’industria. Egli si preoccupò dei grandi rischi di coloro che lavoravano nel campo manufattoriale, dovuti alle materie chimiche adoperate e generati dall’enorme sviluppo industriale dell’epoca. Ma andiamo alle sue origini. Salvatore Maugeri, professore ordinario di Medicina del lavoro, nel 1965, al centro di Pavia in via Boezio, fondava il primo Istituto di Igiene industriale per il monitoraggio delle esposizioni nell’ambiente del lavoro. Si chiamava, allora, “La Clinica del Lavoro e della riabilitazione”, ente giuridico di diritto privato, per supportare l’attività dell’Università di Pavia. Dal quel nucleo storico di via Boezio, come Fondazione Maugeri si è estesa progressivamente su tutto il territorio italiano. Ma perché vengo ad occuparmi della Fondazione? Non sono un medico, non un ricercatore scientifico, né ho mai fatto ricorso alle prestazioni di questa meritevole Istituzione. Il motivo sta nel fatto che Salvatore Maugeri nasce in Sicilia, ad Aci Catena, il 17 novembre del 1905, da Orazio e da Lucia Pennisi, appartenenti ad una agiata famiglia di agricoltori e legati da stretta amicizia anche con la mia famiglia. L’ho conosciuto personalmente e mi ha onorato della sua amicizia, in modo particolare, durante gli anni della mia permanenza a Milano. Dai genitori e dalla parrocchia Santa Maria della Catena egli riceve un’educazione perfettamente cristiana, ma frequenta assiduamente anche la chiesa di Santa Maria della Consolazione, dove gode della stima del parroco Rosario, mio zio, che gli affida l’insegnamento catechistico. Superate le scuole medie superiori e ottenuta la maturità classica nel liceo Gulli e Pennisi, in seguito anche alle vicende del servizio militare, lascia l’Università di Catania, dove è allievo del patologo e clinico medico L. Preti, che poi seguirà nei trasferimenti. Si laurea a Parma in Medicina e Chirurgia il 10 luglio 1929. Nel 1930, usufruendo di una borsa di studio, frequenta a Friburgo l’Istituto di Anatomia Patologica diretto da Ludwig Aschoff e successivamente l’Istituto di Chimica Fisiologica di Tubinga e di Immunologia di Berlino. Nel 1932 si specializza in Clinica Medica e a Parma inizia la carriera accademica, che lo vede Assistente e poi Aiuto. Nel 1936 è a Milano e nel 1941 a Padova, titolare della cattedra di Medicina del Lavoro. Nel 1952, nella stessa Padova, fonda il primo
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Istituto di Medicina del Lavoro, capostipite di quella che sarà la moderna medicina del lavoro in Italia. Durante questo periodo deve affrontare un duro lavoro, soprattutto perché, avendo sempre mantenuto la residenza a Milano, è costretto a continue ed estenuanti trasferte nell’Ateneo veneto dove, non potendo disporre di una sede autonoma, soffre il disagio di lavorare come ospite presso l’istituto di Clinica Medica. A Milano sposa Luisa Cavallero da cui nascono i figli Aldo e Umberto, che poi si sono succeduti nella presidenza della Fondazione Salvatore Maugeri Clinica del lavoro e Riabilitazione, nata ufficialmente con D.P.G.R. Calabria 8 febbr. 1995 n. 170. Purtroppo, Aldo, avvocato, in carica dal 18 aprile 2012, precocemente scompare il 29 luglio 2014. Intanto, l’incontro nel 1953 con il finanziere Michelangelo Virgillito è la premessa per l’istituzione di una nuova cattedra di Medicina del Lavoro nell’Università di Pavia, la cui direzione Maugeri assume come professore ordinario nel 1956, tenendo la lezione “Sviluppi e compiti della Medicina del Lavoro”, poi pubblicata in Folla Medica pp. 197-216. Infatti la grande intuizione di Salvatore Maugeri è quella di comprendere la necessità di nuovi strumenti per il recupero dell’eventuale danno, conseguente all’attività lavorativa. Per questo la Fondazione, negli anni 70, affronta il problema, creando gli istituti di Riabilitazione ospedaliera. In tal senso, egli pubblica un gran numero di lavori scientifici, riguardanti i diversi settori della sua specialità, i quali sono elencati nel “Treccani: Dizionario biografico degli Italiani – vol. 72 2008”. Vanno pure menzionate alcune semplici pubblicazioni o manuali, come “La Trattazione della Terapia della Patologia del Lavoro”; “La Terapia Medica, Manuale pratico per medici e studenti”. Ma rimando ancora alla Treccani, per l’elencazione della ricca bibliografia che riguarda il nostro per-
sonaggio, l’intero curriculum vitae, nonché il riassunto dei suoi lavori scientifici e le relative scoperte. Oggi la Fondazione Maugeri è presente nelle seguenti sedi: Pavia, Milano, Montescano, Lissone, Tradate, Castel Goffredo, Lumezzane, Telese, Campoli, Genova, Nervi, Veruno, Cassano Murge, Bari, Padova, Mistretta, Sciacca,… Sino ad oggi, con oltre tremila operatori, di cui 650 medici, con un fatturato annuo di 300 milioni. E’ stata, e forse lo è ancora, la più grande tra le società benefit, con riconoscimento del Ministero della Salute Ircss. Essa, se da un lato garantisce prestazioni cliniche ed assistenziali caratterizzate da standard certificati, dall’altro le integra con una spiccata propensione alla ricerca biomedica e alla didattica, nell’ottica di una promozione globale della persona e dei suoi bisogni. Il professore Maugeri non interruppe mai i legami con la sua terra di origine, per la quale manifestò sempre larga disponibilità e dove tuttora vivono alcuni suoi parenti, tra i quali un cugino sacerdote, parroco a Linguaglossa. Legato di un amore tenerissimo alla madre, interrompeva gli impegni professionali, per dedicarle lunghe permanenze nella casa paterna di via Sant’Elena e Costantino. Ma anche la mamma, persona energica e volitiva, in un giorno dell’anno 1949, si recò presso il figlio nella città di Milano, affrontando ottantenne, ma indenne e in perfetta salute, il viaggio in ferrovia. Ancora, dopo la scomparsa di mamma Lucia, egli proseguì le sue visite nel silenzio pacifico dell’antico camposanto di Aci Catena, raccogliendosi in mesta e prolungata preghiera, accanto alle sue spoglie. Egli si spense improvvisamente nel silenzio operoso nel proprio studio, a Milano il 24 febbraio 1985. La sua operosità e il suo ingegno non sono stati dimenticati. A Pavia e in altre città d’Italia esiste un strada o un’Istituzione oppure una Casa di cura dedicata alla memoria del professore Salvatore Maugeri. Tuttavia, Aci Catena, terra natale, gliela nega. Le vicende attuali che implicano responsabilità e personaggi, in una storia inverosimile e romanzesca, possono rappresentare il risultato della concupiscenza o dell’ingordigia umana, ma nello stesso tempo richiamano l’immagine, assai diversa, di un uomo attento e laborioso, geniale scopritore, che ha reso testimonianza alla fede e alla scienza. Forse la Maugeri è oggi come un paziente infartuato, bisognoso di cure, mentre il piano di risanamento entra nella fase esecutiva. Essa, pertanto, come auspica l’umanità sofferente, dovrà guarire e guarirà. La Trilantic Partners Europe è entrata nel capitale dell’ex Fondazione Maugeri, oggi Ics Maugeri società spa benefit. canonico prof. Salvino Pappalardo
dalla prima Acitrezza: mistero su Enzo e Fabio Qui, grazie all’ausilio di mani esperte e materQualche ora di attesa e poi il via alle ricerche in lungo e largo per tutta la costa orientale della Sicilia, con vedette ed elicotteri della Capitaneria di porto di Catania, senza non poche difficoltà a causa del concomitante maltempo. Un’attesa vana, in riva al mare dei Ciclopi, per la madre e la sorella di Fabio e per la sorella di Enzo, quasi a rievocare il quadro della toccante scena de “La terra trema” di Visconti, in cui le tre donne della famiglia Valastro attendono il ritorno di patron ‘Ntoni e dei suoi figli, sorpresi in mare da una tempesta. Da quel giorno è trascorso più di un mese, ma dei due amici pescatori nessuna traccia. Intanto in paese e nelle comunità di Cannizzaro e Aci Catena, si continua a vivere con il fiato sospeso, in un generale clima di angoscia, a tratti mista a rassegnazione, in mezzo a tanti perché. Non c’è alcuna traccia in mare e nella fascia costiera, della presenza di Fabio ed Enzo, né tanto meno di un qualsiasi indizio utile a poterne decretare le sorti. Le ricerche
dedicate, andate avanti per diverse giorni, sono state sospese per proseguire in larga scala grazie alla presenza in mare di numerose imbarcazioni, militari e civili. Anche l’unità di crisi del Ministero degli esteri è stata informata dal deputato Basilio Catanoso per la ricerca dei dispersi in acque internazionali, mentre il sottosegretario delle politiche agricole, alimentari e forestali Giuseppe Castiglione, sollecitato dal sindaco Filippo Drago e dal suo vice Ezia Carbone, ha assicurato la massima attenzione da parte del governo nazionale per le attività di controllo in mare nella speranza di poter trovare i due giovani. E non c’è giorno che passa in cui i numerosi pescatori di Aci Trezza, prendendo il largo per catturare il buon pesce del nostro mare, volgono lo sguardo in ogni cala e in ogni anfratto nella speranza di poter risolvere un vero e proprio mistero. Il mare, infatti, si sa bene che ciò che da può anche togliere in un sol colpo, ma è pur vero che quasi sempre qualcosa, anche solo una piccola cosa la rende. Ed in questo strano caso non ha ancora restituito nulla. Secondo quanto affermato dalla sorella di Fabio, Santa Giuffrida, nelle ore successive all’avvio delle ricerche, la coppia di pe-
scatori si sarebbe trovata a circa 12 miglia dalla terraferma, quando con molta probabilità qualcosa non ha più funzionato nel motore da 40 cavalli che portavano a bordo del motoscafo di 7 metri con il quale hanno preso il largo. Probabilmente, poi, le correnti hanno fatto il resto. In oltre 30 giorni di pathos, l’unica segnalazione pervenuta è stata quella di alcuni pescatori augustani che nel giorno di Natale hanno notato a largo l’esplosione in cielo di un razzo segnalatore, ma dalle autorità marittime hanno subito smentito la circostanza. Mentre il mistero continua e si infittisce sempre di più, ad Aci Trezza ogni sguardo rivolto verso il mare è un pensiero per Enzo e Fabio, mentre ogni preghiera guardando il cielo è rivolta al buon Dio e a San Giovanni Battista, affinchè possano far cessare questa lunghissima ed estenuante attesa. E’ la speranza delle famiglie, che continuano a rimanere in silenzio ad aspettare, è il desiderio dei tanti amici del chiosco della piazza e del bar della via principale, che Enzo e Fabio amavano frequentare tra una battuta di pesca e l’altra, che li continuano ancora ad aspettare a braccia aperte. Davide Bonaccorso
rimasto sempre vicino alla gente
A 92 anni non ancora compiuti, il 7 gennaio si è spento nella sua casa di Aci S. Antonio l’on. Salvatore Urso che per oltre 25 anni è stato sindaco della cittadina, alla quale ha legato indissolubilmente il proprio nome per la quantità di opere realizzate negli anni del suo governo, grazie alla sua intraprendenza e alle felici intuizioni che lo hanno fatto essere sempre avanti precorrendo i tempi. Erano noti ai suoi concittadini il suo temperamento irruento che gli dava la carica nell’affrontare le imprese più difficili e la caparbietà che non lo faceva arretrare neanche davanti alle cause ritenute impossibili. E poi amava il suo paese e la sua gente, per la quale è stato sempre disponibile, anche dopo essersi ritirato dalla scena politica. Salvatore Urso, per tutti Turi, era senza dubbio un politico di razza: dopo gli esordi come sindacalista nella Federazione provinciale dei coltivatori diretti di Catania, gli incarichi si susseguono negli anni e nel 1967 lo troviamo presidente della Coldiretti di Catania, poi vice presidente dell’ESA ( Ente sviluppo agricolo della Regione siciliana), fino al salto di qualità che lo vede parlamentare nazionale. Nel 1972, infatti, viene eletto alla Camera dei Deputati nella lista della Democrazia Cristiana, militante nella corrente gullottiana. Verrà riconfermato per ben cinque legislature fino al 1994 e nominato Sottosegretario di Stato nel primo e secondo Governo Spadolini e nel quinto Governo Fanfani. Ma il frutto del suo impegno per lo sviluppo di Aci S. Antonio è ben visibile a tutti, anche se negli anni in cui l’on. Urso era alla guida del Comune non gli furono risparmiati accuse, critiche e feroci opposizioni dagli avversari politici. Egli, però, andò sempre dritto per la sua strada, col preciso obiettivo
di migliorare la qualità della vita di quel piccolo paese. Sotto la sua sindacatura, infatti, sono state realizzate importanti opere pubbliche tra cui ne ricordiamo a memoria alcune: la villa comunale, il campo sportivo, l’asilo nido, la scuola media, la scuola elementare, l’ufficio postale, l’impianto di illuminazione, la fognatura, il casello autostradale, tante strade interne, ma soprattutto la circonvallazione che circonda il paese come in un grande abbraccio ed è l’invidia di tanti Comuni vicini. Anche il Piano regolatore generale tuttora vigente vide la luce sotto la sua sindacatura. Ho conosciuto l’on. Urso nel 1969, in una circostanza per così dire frivola: nella frazione santantonese di Santa Maria La Stella si svolgeva “La stella d’oro”, rinomato festival di canzoni per bambini, in Italia l più importante dopo lo” Zecchino d’oro” e lui che era il presidente della manifestazione (che sostenne fino all’ultima edizione del 1975), premiava i vincitori e si faceva fotografare insieme alla presentatrice della Rai, Lilli Lembo, perfettamente a suo agio. Chi scrive ricorda con una certa emozione anche l’arrivo del metano ad Aci S. Antonio: era l’aprile del 1991 e in piazza Maggiore affollata come nella festa patronale, con la banda e le majorettes, il presidente della Regione, on. Rino Nicolosi accese la prima fiammella, accompagnato dal sorriso raggiante del primo cittadino! Ad Urso si deve pure l’istituzione nel 1991 di un giornale, organo di informazione del Comune – “Obiettivo crescita” – che ebbi l’onore di curare per tutto il periodo della sua pubblicazione e che, ad oggi, è rimasta l’unica iniziativa del genere nella storia del paese. Senza nulla togliere agli altri, credo che Aci S. Antonio possa essere fiera di avere avuto un sindaco come Turi Urso. Graziella Maugeri
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Cultura e Spettacolo
Jonio
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MOSTRE Non solo “Il Divino Infante” e il Presepe settecentesco di Santa Maria della Neve esposti a Palazzo Amico
Antichi tessuti rivivono in giovani mani Continua la mostra dedicata al Divino Infante e al presepe settecentesco di Santa Maria della Neve presso i restaurati locali di Palazzo Amico in via Monsignor Genuardi 16, ad Acireale. La sua apertura, prevista inizialmente solo per tre giorni, visto l’ottimo afflusso di visitatori, è stata prolungata sino a tutti i fine settimana di gennaio. Visitare le sale che si susseguono nel percorso dedicato alla natività di Nostro Signore è una esperienza interessante ed emotivamente coinvolgente. Il “viaggio” inizia con la piacevole compagnia degli alunni del liceo classico “Gulli e Pennisi”di Acireale, che nel progetto di alternanza scuola - lavoro, accompagnano i visitatori, con puntuali e precise spiegazioni delle opere esposte. E così, grazie alla presenza non solo degli alunni ma anche di esperti nel settore, che hanno contribuito alla realizzazione dell’allestimento della mostra,come Rosario Trovato esperto in tessuti, possiamo scoprire storie e aneddoti facendo
un tuffo nel passato, fino a quel lontano 24 dicembre 1772, quando venne benedetta e aperta al culto la chiesa di Santa Maria della Neve. Scenario magico, incantato, perché una grotta naturale faceva da scenario alla chiesa e chissà se, fin da quel lontano anno, non venne allestito durante il periodo natalizio un presepe. I personaggi che lo componevano man mano sono aumentati e, intorno ai primi anni dell’800, vennero realizzati altri pastori, con la valente opera del ceroplasta Mariano Comaci, che realizzò le teste e le mani. E
che dire dei sontuosi abiti: è un’emozione vederli nella teca che oggi li custodisce e pensare che secoli di abbandono e incuria non hanno scalfito la loro originaria bellezza. Anche se oggi non sono più esposti nell’attuale allestimento del presepe, speriamo che possano essere conservati e restaurati. Le notizie storiche narrano che, dopo un periodo di chiusura, il presepe ritornò a vivere durante i primi anni del secolo scorso, con nuove figure ad opera dell’artista Giovanni Strano. Veniva allestito, secondo tradizione, due volte all’anno, a Natale e per l’Epifania, quando l’arrivo dei Re Magi consentiva di modificare la scena della natività per poi vederla rinnovata completamente l’anno successivo. Nella sala dedicata all’esposizione dei tessuti si può vedere all’opera un giovane di grande talento, il
diciannovenne Vincenzo Pelliccia che, pur tanto giovane, si occupa del restauro di antichi tessuti. I ricami vengono eseguiti con fili d’oro e argento, e i fili antichi vengono riutilizzati e intrecciati con nuovi fili dando al ricamo una luce meravigliosa. Quanta maestria e quanta passione in un lavoro a dir poco certosino e sentire dalla voce del diretto interessato che le ore spese su quel telaio passano così veloci da perdere la nozione del tempo non è cosa da poco. Camillo Tarda, zio del giovane Pelliccia e maestro del ricamo, espone nella stessa sala anche sue produzioni realizzate per committenti privati e per le nostre chiese. Di notevole pregio tutte le altre opere esposte, molte bisognose di restauri e quindi speriamo che l’impegno di tutti gli organizzatori della mostra, possa raggiungere l’importante obiettivo di ridare, attraverso il restauro, nuova vita a questi tesori della nostra città. Gabriella Puleo
LIBRI Un’altra opera letteraria e allegra dedicata ai ragazzi da un educatore per vocazione
Il “Filastroccario” di Pippo Scudero Parlare ai bambini, cercare di catturare la loro attenzione con un approccio facile, accattivante e stuzzicante è l’obiettivo fondamentale di ogni scrittore che scrive libri per l’infanzia. Sicuramente compito arduo, ma allo stesso tempo affascinante come solo il mondo dei piccoli, popolato da personaggi e luoghi fantastici, è in grado di dare. Il dottore Pippo Scudero ha già al suo attivo molte pubblicazioni dedicate all’infanzia e l’ultima sua opera, appena pubblicata, sicuramente è già destinata a confermare i precedenti successi dello scrittore acese. “Gennaio, febbraio, marzo filastroccario per un anno straordinario” prendendo spunto dal calendario e dai nomi che sono ricordati ogni giorno, alcuni di santi e martiri molto conosciuti e con un gran numero di fedeli, altri meno noti e alcuni del tutto sconosciuti, sono lo spunto per introdurre una filastrocca per ogni giorno dell’anno. I nomi citati danno vita a tante piccole storie in cui il protagonista svolge un lavoro, e così conosciamo Ilario che fa il bibliotecario, Verdiana che è una modella visto che è tanto bella, Beniamino che è un bravo bagnino,
Romano che è uno scrupoloso vigile urbano,Coletta che è campionessa di corsa provetta, e tanti altri per i giorni dell’anno da gennaio a marzo. Ovviamente la lettura delle filastrocche fa nascere spontanea la voglia di conoscere i nomi citati nei restanti 9 mesi dell’anno, e così siamo impazienti di poter leggere presto il “filastroccario” di aprile, maggio e giugno, in attesa poi degli altri 6 mesi. Certo Pippo Scudero conosce bene il mondo dei ragazzi, vista la sua lunga esperienza con l’Agesci (Associazione guide e scout cattolici italiani) di cui è stato responsabile regionale e nazionale. Nel corso degli anni è maturata in lui la voglia di scrivere per l’infanzia, e da qui sono nati li-
bri come “Soffia e và”, “Noa, la colomba di Noè”, “Prendiamoci per mano . . . più gioia ci sarà”, “ 999 piedi” e “Il matto con gli stivali”. I libri per bambini devono avere qualcosa in più per catturare la loro attenzione e curiosità, e quindi i testi ad essi dedicati hanno spesso delle meravigliose illustrazioni, a corredo del contenuto scritto. Nel suo filastroccario il dottore Scudero si è avvalso di una importante collaborazione, quella con Tiziana Longo, illustratrice e freelance catanese che collabora con importanti case editrici italiane e straniere. Il filastroccario di “gennaio, febbraio e marzo” è stato presentato al pubblico il 21 dicembre 2016, ad Acireale, nei locali dell’opera dei pupi, in via Alessi; a questa faranno seguito prossimamente altre presentazioni, dedicate non solo ai più piccoli ma anche a tutti noi adulti che abbiamo ancora voglia di sognare, fantasticare e magari pensare che quel favoloso mondo incantato che ci ha fatto compagnia negli anni dell’infanzia non sia poi del tutto passato e troppo lontano per non essere “sbirciato” ancora!! G. P.
Mostre Collettiva di pittura: paesaggi di Coco, Comes, Re e Vinciprova Nei locali del Palazzo del turismo di Acireale, in Via Ruggero Settimo, è aperta un’interessante mostra collettiva di pittura, di recente inaugurata. I quattro artisti partecipanti, siciliani, - Letizia Coco, Enzo Comes, Anna Maria Re, Nicolò Vinciprova – sono riusciti a creare delle tele magnifiche su suggestivi paesaggi della Sicilia orientale, che destano nel nostro animo particolari emozioni. La bellezza della natura è in primo piano, i colori tipici della nostra terra rifulgono, i paesaggi si vivificano in modo artistico, assumendo aspetti di sogno con giochi di luce di magnifico effetto. Il “porticciolo di Aci Castello” di Enzo Comes, artista catanese dal 1955 operante in modo eccellente, è una tela che rappresenta questo mitico angolo della Sicilia molto singolare con colori chiari, suggellati dall’azzurro intenso del mare. Breve scambio di vedute con l’artista, che dichiara: “La Sicilia assolata, da me raffigurata, naviga tra sogno e realtà, dove sono valorizzati anche gli agenti atmosferici. Amo la Sicilia e cerco di trasmettere il mio amore con ricerca della forma”. Letizia Coco è nativa di Adrano, insegnante di educazione artistica nelle scuole della provincia catanese; dal 2001 ha partecipato a varie estemporanee e collettive d’arte, affermandosi con prestigio. Intervista-lampo: - E’ la Natura che la ispira? Il quadro “Ulivi di Motta Sant’Anastasia” è emblematico, non è così? “Sì, mi piace la luce siciliana: il sole fa vibrare i colori, rendendoli quasi sfaldati; la mia pittura è quasi grafica, preferisco i colori vivaci. Voglio soprattutto far risaltare i miei sentimenti”. Anna Maria Re è un’acese, molto impegnata nel campo misterioso dell’arte da parecchi anni, provetta insegnante anche lei di educazione artistica nella provincia di Catania, membro di rilevanti associazioni artistiche, partecipante a varie mostre in Italia. Nel 1970 in Acireale consegue il primo Premio Internazionale di Pittura, Galleria “Il Ciclope”. Nel 2008 ha realizzato acquerelli per il Patriarca di Gerusalemme. Nicolò Vinciprova di Agira, dopo un’intensa esperienza bolognese, ritorna a Catania, dove frequenta la Scuola libera del Nudo dell’Accademia di belle Arti. Nel 2007 si laurea. La partecipazione a mostre in Sicilia e a Roma lo fa conoscere nel mondo dell’arte. Il suo punto di vista sulla sua pittura: “Tutto si amalgama. I miei stati d’animo vengono proiettati nelle mie tele”. Anna Bella
INTERVISTA DOPPIA L ei acese e lui giarrese, attori già noti al grande pubblico, parlano della difficile formazione e della esaltante attività professionale
Loredana Marino e Bruno Torrisi: “La sicilianità aiuta e ti fa vincere”
Un po’ intirizziti dal freddo, ma assolutamente disponibili a condividere la loro esperienza, con naturalezza e spontaneità, gli attori siciliani Bruno Torrisi e Loredana Marino hanno incontrato, lo scorso mercoledì 18 gennaio, gli alunni dell’Istituto San Michele di Acireale. Il Liceo Scientifico Paritario, diretto dai Padri Filippini, ha ospitato i due attori in occasione della giornata inaugurale dell’ “Open day”, ovvero l’apertura dei locali scolastici ai visitatori, ai genitori, agli studenti, che fossero interessati a questo indirizzo didattico. Bruno Torrisi, nato a Giarre, meglio noto come “il Questore Licata” di Squadra Antimafia, diffusa serie televisiva, ha interpretato diversi ruoli teatrali (“Alcesti” di Euripide ,“Libertà”, tratto da Giovanni Verga, “Goldoni e le sue commedie”, etc.), cinematografici (“L’uomo delle stelle” di G. Tornatore” etc.), nonché televisivi (“Il Commissario Montalbano: La forma dell’acqua”, “Paolo Borsellino”, “Carabinieri 6”, “Squadra antimafia-Palermo oggi”, etc.). Loredana Marino, nata ad Acireale, volto di “Peppa Granata” nella fiction “Agrodolce”, ha iniziato la sua carriera con il teatro (“Storia di una capinera”, “I Malavoglia”, “Cavalleria Rusticana”, di G. Verga etc.), per continuare con la televisione (“Donne di mafia”, “Agrodolce”, “L’onore e il rispetto 5”, etc.), e con il cinema (“ Maestrale”, “War Story”, etc). Come è iniziata la vostra carriera di attori? Torrisi - “Da giovane ho deciso, per curiosità, di intraprendere la scuola di teatro, per conoscerne le materie oggetto di studio, così ho fatto la domanda e mi hanno accettato. Da quel momento sono stato catturato dagli spettacoli ed è stato così fino ad oggi”. Marino- “Ho fatto il provino alla scuola di Arte drammatica del Teatro Stabile di Catania, sono riuscita ad entrarvi ed ho iniziato il percorso di preparazione per la recitazione”. Quanto è importante per l’attore il percorso teatrale? Torrisi - “Il percorso teatrale è importante; per fare l’atto-
re ci vuole un percorso lungo, anche di coscienza propria, il conoscere le proprie emozioni, una per una, perché più sai di te stesso più riuscirai ad interpretare i personaggi, che spesso sono diversi da come siamo noi”. Marino - “Il teatro è una preparazione utilissima per l’attore, è la sua base, impari la tecnica, ti confronti con i diversi ruoli da interpretare”. Chiunque aspiri a diventare un bravo attore deve, quindi, studiare sodo? Torrisi - “Si, come per qualsiasi altro mestiere è necessaria una preparazione, bisogna studiare. Se si vuole fare il medico, si dovrà studiare per anni; se si vuole diventare bravi, nel fare l’attore, bisogna sapere più cose, in più ambiti, bisogna conoscere tutte le regole, i trucchi del mestiere, ma anche il proprio corpo, la propria interiorità”. Marino -“Lo studio è fondamentale, bisogna sapere, conoscere, per poter affrontare al meglio qualunque tipo di ruolo. Io ho studiato anche all’Università, in Filosofia, e non è stato facile conciliare le due cose, ma se hai una passione riesci a superare le difficoltà”. Che emozione prova un siciliano nel mettere in scena opere di autori siciliani, in cui la propria terra, la propria cultura svolge il ruolo di protagonista? Torrisi - “ E’ chiaro che interpretare ruoli a noi consoni, a noi più vicini, magari anche in dialetto, ci diverte, però a noi attori piace fare tutto, ci innamoriamo di ogni personaggio ci venga affidato, fa parte della nostra mentalità, che sia siciliano, napoletano o milanese, non fa differenza”. Marino - “Quando interpreti qualcosa legato al contesto della tua terra ti è più vicino, più attinente alle tue origini, quindi, alle tue corde e, di conseguenza, è una cosa che senti più tua, per certi aspetti, più facile. Per quanto mi riguarda, ad esempio, tengo molto al nostro dialetto che, reputo, da non tralasciare mai. E’ ovvio che quando ci si accosta ad autori lontani dalla nostra tradizione siciliana è una situazione stuzzicante, è una sfida, perché proprio allora si vede la bravura di un attore, quando interpreta qualsiasi tipo di ruolo, in modo professionale. Io ho amato tutti i ruoli che ho interpretato, sia a teatro sia
in televisione, in entrambi i settori ho vissuto forti emozioni e questo grazie al mio lavoro. Per me si tratta, in realtà, più di una vocazione e quando devo definirlo lavoro, sento il termine quasi come una storpiatura sulla mia bocca”. Il fatto di vivere in Sicilia, lontano dalla capitale, dove, invece, si concentrano le maggiori produzioni cinematografiche e delle fiction televisive, può ostacolare le aspirazioni dei giovani in questo settore? Torrisi - “Ricordiamo, innanzitutto, che per noi siciliani la teatralità è innata, la portiamo nel sangue grazie al teatro dei Greci, e questo ci aiuta, perché l’abbiamo dentro. Il fatto di vivere in Sicilia comporta dei continui spostamenti per raggiungere il set, come nel mio caso, che ho scelto di vivere qui. Da qualche tempo anche i film e le fiction vengono spesso girati nella nostra terra, siamo spesso “colonizzati”. Tanti giovani registi stanno emergendo, quindi la passione personale si deve coltivare”. Marino -“ Per me l’essere siciliani è un vantaggio, anche vivere in Sicilia, terra ricca di bellezze e diversi scenari, lo è. Lo reputo un vantaggio per la sua cultura e per l’espressività del nostro dialetto.Ritrovo in me i suoi colori ed è un arricchimento personale. Per questo motivo, incoraggio i giovani a seguire le proprie aspirazioni. Nonostante le numerose difficoltà che ho avuto, che sto avendo e che continuerò ad avere, sono convinta che nella vita bisogna seguire la propria strada, anche se questa sarà irta di difficoltà ed incontrerà molti ostacoli”. Ringraziando Bruno Torrisi e Loredana Marino per averci aperto questa piacevole “finestra” sull’essere attori siciliani oggi, mettendo a disposizione la loro esperienza per quanti coltivano nell’animo la stessa passione, auguriamo loro un buon lavoro e di rivederli presto nel grande o piccolo schermo ad interpretare nuovi ruoli. Rita Messina
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Cronaca e Società
29 gennaio 2017
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Jonio
INTERVISTA Sulla profonda devozione per San Sebastiano parla il rettore della Basilica acese dedicata al martire
Don Rocca: “Ci si riscopre più popolo” L’architetto Vito Messina : come migliorare il già pur bello centro storico di Acireale
COLLOQUIO
Il bisogno di far festa, che non è solo un aspetto religioso ma anche sociale e antropologico, è uno dei caratteri peculiari del popolo siciliano. Questo tema ha dato ampio spunto a sopraffini studiosi come Leonardo Sciascia, Giuseppe Pitré, Salvatore Salomone-Marino, creando opinioni diverse fra loro ma tutte concordi con il rischio insito nella pietà popolare: quella cioè di essere considerata cultura minore e per questo di essere dimenticata. Oggi il popolo continua a manifestare il bisogno di far festa, di incontrarsi, di fare esperienza della gioia eterna e tutto questo può diventare occasione di evangelizzazione sé ad alimentare la devozione non sono solo i sentimenti ma qualcosa di più. Dello stesso parere è don Vittorio Rocca, decano dal 2016 della basilica di S. Sebastiano, il santo inneggiato come il “comandante” che proprio in questo giorno, dopo lo slittamento di venerdì scorso per il cattivo tempo, percorre le strade della città accompagnato da una moltitudine di devoti. Dove nasce il senso di fare festa? “Il popolo ha bisogno di far festa per riscoprirsi più popolo. È questa la caratteristica della religiosità popolare: non si tratta di una religione ufficiale ma un modo attraverso cui è il popolo stesso che si fa festa. Dice Papa Francesco nell’Evangelii gaudium che ogni qualvolta il popolo fa festa evangelizza se stesso. Quindi noi dobbiamo guardare alla pietà popolare con molta simpatia: negli anni passati c’era un certo senso di diffidenza nei confronti delle feste popolari ma oggi la Chiesa ha compreso che in questi eventi c’è una forza evangelizzatrice. Sono convinto che le feste popolari sono eventi provvidenziali, di gioia, momenti che vanno capiti, letti e compresi ma di cui non possiamo fare a meno.” Come si spiega questo forte legame tra il Santo e i suoi devoti? “La festa di San Sebastiano è la festa del popolo di Acireale. Non c’è un’altra festa capace di coinvolgere tutti, dai dotti ai meno dotti. È molto indicativo il fatto che è posta all’inizio dell’anno e in un certo senso è come se i devoti ricominciano le proprie attività sotto la protezione del Santo. San Sebastiano è molto lontano come storia ma questa lontananza è allontanata dal popolo che lo sente sempre accanto a se. C’è un movimento di devoti continuo e noto tanti giovani che si avvicinano, la maggior parte di loro sotto la festa, ma durante l’anno c’è sempre qualcuno che viene a pregare, a sostare, a meditare dinanzi alla cappella, segno che ancora oggi questo Santo chiama.” Parliamo di gesti e riti. A cosa mirano e cosa rappresentano questi per la gente?
“Proprio nella cultura popolare il segno è essenziale. Quando parliamo di religiosità popolare, non intendiamo certo una fede intellettuale! È una fede immediata, semplice, che si esprime con i sentimenti. La festa di San Sebastiano ha tanti segni. Uno di questi è indossare il fazzoletto benedetto, un altro è la fascia, tutti segni semplici ma che la gente vede, tocca e pratica. Ma potrei dire di più: il vero segno della festa di San Sebastiano è la gente. La gente che non lascia mai solo il Santo lungo il giro. Tra le feste che io ho avuto modo di vedere quella di San Sebastiano si distingue perché il Santo non è mai lasciato solo. Tutto questo è straordinario se consideriamo che il giro dura dodici ore.” La festa non è solo sentimento. Almeno così dovrebbe essere… “Importante è educare al vero senso della festa dando dei contenuti. Cioè oltre al sentimento immediato c’è bisogno di una formazione che va coltivata. Quest’anno abbiamo proposto e organizzato conferenze sulla figura di Sebastiano come cittadino e come cristiano, la presentazione di un libro in dialetto sulla vita del Santo. E ancora una conferenza sulla facciata della basilica, esempio di narratività barocca, e una la mostra sui fercoli della devozione. Anche lo stesso triduo può diventare un momento culturale e non solo religioso. Le giornate sulla pace, per i bambini e la carità, hanno lo scopo di aiutare i fedeli e i devoti ad andare oltre al sentimento immediato e a crescere in una dimensione più profonda di fede. Il Santo non è solo intercessore uno a cui chiedere delle grazie ma è anche un modello di vita da seguire”. Qual è il suo augurio ai devoti di San Sebastiano? “Vedere in Lui un esempio di coerenza, coraggio, generosità. San Sebastiano ha una particolarità: esso si presenta nudo ma allo stesso tempo sorridendo. Sembra essere assolutamente sconfitto e umiliato ma nonostante tutto è sorridente. Ecco un esempio di come affrontare le avversità della nostra vita! Per questo lo chiamiamo il “comandante”: perché ci da forza per superare le difficoltà e le prove della nostra vita”.
ACIREALE L’annegamento nel Platani
Tutto il centro storico di Acireale è molto bello, ammirato dai turisti, amato dai cittadini. La piazza Duomo, barocca, con le due basiliche della Cattedrale e dei Santi Pietro e Paolo, e il maestoso Palazzo di Città, è un artistico capolavoro , ancor più valorizzato dopo la pavimentazione marmorea, con linee geometriche in bianco e nero, e con il centro, originale, raffigurante lo stemma della città, illuminato di sera, in modo suggestivo . Gli autori dell’eccezionale opera sono gli architetti Paolo Portoghesi, Vito Messina, Aldo Scaccianoce. Della piazza parliamo con l’arch. Vito Messina. - Quale ispirazione ha avuto nell’attuare il centro artistico del cosiddetto “Cinque oro”? “Il centro, rappresentato da una stellina al di sopra dello stemma di Acireale, ovvero l’incrocio dell’asse dell’ingresso del Municipio con quello laterale della Cattedrale, sarebbe l’incontro tra il potere temporale e quello religioso. L’illuminazione del Municipio, realizzata nel 2009, è stata anticipata di qualche mese dall’illuminazione della piazza. Il consumo è corrispondente a un Kw e mezzo, a causa delle lampade led.” - Secondo lei, la manutenzione della piazza, che piano piano sta cambiando colore, è adeguata o no? “ Bisogna evitare di fare manifestazioni tipo fiere, perché quello è il salotto della città e dovrebbe essere a disposizione dei cittadini e soprattutto dei turisti. Durante il recente periodo natalizio, nessun turista ha potuto godere della piazza nel suo complesso. Salvaguardare l’opera è necessario.” -In corso Umberto, strada del centro storico, molto ammirata dai turisti per i suoi palazzi ottocenteschi e del primo Novecento, ci sono due case ormai ridotte a ruderi, in corrispondenza di via Fabio e di via Scionti, due obbrobri che degradano l’ambiente e hanno causato vari fastidi ai residenti, che hanno più volte protestato presso l’amministrazione comunale. Vorrei ricordare l’intervento del prof. Di Maggio, coadiuvato da una raccolta di firme dei residenti, rimasto del tutto inascoltato. Tra l’altro, il prof. Di maggio ha ucciso una serpe in mezzo ai ruderi. La legge non aiuta la città a risolvere questo grave problema, trascurato da decenni? “ Prima bisogna vedere chi sono i proprietari. La legge dovrebbe aiutare a risolvere il problema o espropriando o costringendo i proprietari a bonificare il sito.” - Fuori del centro storico, in zona San Cosimo, sono stati trasferiti gli uffici comunali della Polizia urbana in moderni edifici, funzionali, dinanzi ad una vasta area a terreno battuto, con qualche striminzito alberello, confinante con le case popolari e adibita a caotico parcheggio. Per il decoro di Acireale, sarebbe urgente creare o una villetta, tipo piazza Garibaldi, o una bella piazza, spaziosa, con aree di parcheggio, alberata, con una bella fontana al centro. Architetto, è d’accordo? “Sì, bisogna approntare un progetto ad hoc. Data l’elevata densità abitativa ed essendoci diversi servizi d’interesse pubblico, una parte dell’area è da riservare a parcheggio, da aggiungersi a quella prevista dal Piano regolatore generale; bisognerà inserire anche il verde, con attrezzature di interesse comune, adornandolo con qualche fontana. Attualmente l’area ha una rilevante vocazione a parcheggio.”
Domenico Strano
Anna Bella
TECNOLOGIE E SALUTE Un proplema che riguarda la popolazione
Verso il processo a tre Campi elettromagnetici: valutare i rischi Ha sorpreso non poco ma ha anche destato stupore ed incredulità, negli acesi, la notizia del rinvio a giudizio dell’avv. Nino Garozzo, ex sindaco di Acireale, dell’ing. Giovanni Barbagallo, dirigente dell’Ufficio tecnico comunale, e dell’ex comandante dei Vigili Urbani, dott. Alfio Licciardello. Il reato, contestato dal Gip di Catania dott.
ssa Monaco Crea, è quello di omicidio colposo; il fatto risale al 3 maggio 2013, allorquando perse la vita Giuseppe Castro, travolto dalla furia delle acque del torrente Lavinaio-Platani, tracimato per le abbondanti piogge alla periferia sud della città acese. La notizia è piovuta come un fulmine a ciel sereno; ma l’inchiesta, evidentemente, era andata avanti senza che trapelassero indiscrezioni di sorta. Purtroppo, il sito in questione era già stato funestato da fatti simili; infatti, intorno agli anni ‘90, furono eseguiti dei lavori per la messa in sicurezza; le forze della natura, come
sempre più spesso capita, si sono scatenate in modo incontenibile. Gli imputati, tranquilli in coscienza, hanno voluto chiudere l’udienza preliminare subito per andare al dibattimento e così portare al processo le consulenze sui lavori. Restano alcune perplessità che, a questo punto, sarà il dibattimento a chiarire: il torrente è di proprietà della Regione e i lavori contestati sono stati eseguiti ben prima che si insediasse come sindaco l’avv. Nino Garozzo; sono pure cambiate le leggi e, dal 2000, i sindaci non sono responsabili per gli atti di gestione. Peraltro, già dagli anni ’90 pare che la Protezione Civile, in caso di allerta, controlli le vie attorno al torrente in questione; la segnaletica (nella foto) indica il divieto di accesso in caso di criticità. Quel giorno non c’era neppure allerta meteo. In ogni caso, le cause della morte di Giuseppe Castro vanno indagate e sarà il Tribunale a decidere eventuali responsabilità; ci si augura che si proceda in tempi brevi anche perché c’è di mezzo la reputazione di tre professionisti, che non possono restare “come color che son sospesi”. Carmelo Ronsisvalle
L´uso crescente delle nuove tecnologie nel campo delle radiotelecomunicazioni in aree pubbliche come anche nuovi processi produttivi in ambiente industriale, ha portato, negli ultimi decenni, ad un continuo aumento della presenza di sorgenti di Campi Elettromagnetici (CEM), rendendo la problematica dell’esposizione della popolazione e dei lavoratori a tali agenti di sempre maggiore attualità. Ogni onda elettromagnetica è caratterizzata da una particolare frequenza, che viene misurata in Hertz (Hz); in base alla loro frequenza le radiazioni generate da un campo elettromagnetico si distinguono in radiazioni ionizzanti e non ionizzanti. Le radiazioni ionizzanti possono alterare o danneggiare le cellule umane (ad esempio: raggi X, sostanze radioattive); a frequenze più basse, si trovano le onde non ionizzanti (emesse da cellulari, elettrodomestici, antenne, ripetitori, macchine elettriche, ecc.), che invece non danneggiano la struttura della materia, ma possono produrre diversi effetti, in relazione alla frequenza ed all’intensità delle onde. Per questa ragione, si usa convenzionalmente distinguere tra gli effetti biologici indotti dai campi elettromagnetici non ionizzanti a bassa frequenza (come tali, intendendo i campi generati dalle sorgenti contrassegnate da una frequenza compresa tra 50 e 300 Hz: impianti elettrici, centrali elettriche, elettrodotti, macchinari elettrici, ecc) da quelli indotti dai campi elettromagnetici non ionizzanti ad alta frequenza (vale a dire, i campi prodotti da impianti aventi una frequenza da 100 Khz a 300 Ghz: ripetitori radio televisivi, ponti radio, antenne, ecc.). L’insieme di leggi e norme alle quali si fa riferimento nella valutazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici, è piuttosto complesso. La normativa, infatti, prende in considerazione ambiti applicativi diversi, sia per la tipologia degli esposti, che per i parametri caratteristici del campo elettromagnetico. Una prima distinzione viene fatta sugli esposti: si parla di esposizione professionale quando un soggetto per la specifica attività lavorativa è esposto a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, mentre, invece, si definisce genericamente esposizione della popolazione, ogni tipo di esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, di tutte quelle persone che permangono in un’area, senza esserne stati informati dell’esistenza. A livello nazionale, il riferimento normativo per la sicurezza nei luoghi di lavoro è il decreto legislativo 9 aprile 2008 n.81 “Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro”. Le disposizioni specifiche in materia di protezione dei lavoratori dalle esposizioni ai campi elettromagneti-
ci sono contenute nel Capo IV del Titolo VIII - Agenti fisici così come modificato dal Decreto Legislativo 1 AGOSTO 2016 N.159 (GU N. 192 del 18-8-2016) che ha recepito in Italia la DIRETTIVA 2013/35/UE, ed è entrato in vigore il 2 settembre 2016. Tale Decreto ha introdotto per la prima volta nel nostro Paese specifici obblighi e norme di tutela della salute per i lavoratori esposti a campi elettromagnetici. Alla base della normativa c’è l’obbligo di valutare l’esposizione dei lavoratori, ed in particolare adesso si esplicitano in maniera chiara gli obblighi del Datore di lavoro relativamente alla Valutazione del rischio da Campi Elettromagnetici. Esempi di luoghi di lavoro per i quali, comunemente, si può effettuare la giustificazione del rischio, sono: uffici, centri di calcolo, negozi, alberghi, parrucchieri ecc. Esempi di luoghi di lavoro o mansioni per i quali, comunemente, si devono effettuare approfondimenti nella valutazione del rischio sono: centrali e sottostazioni elettriche, installatori e manutentori di sistemi fissi di telecomunicazioni, manutentori di linee elettriche, saldatori ad arco o a induzione o a scarica capacitiva, installatori e manutentori di sistemi radar, aeroporti, aziende ospedaliere, cliniche private, ecc. Per quanto riguarda l’esposizione della popolazione, invece si fa riferimento ad altra normativa (Decreto Ministeriale n. 381 del 10/09/1998, D.P.C.M. 8 luglio 2003, D.L.vo 1 agosto 2003, n. 259 – Codice delle Comunicazioni elettroniche , ECC.) con limiti più cautelativi rispetto ai lavoratori, applicabili in base al tempo di permanenze (superiore o inferiore alle 4 ore). In definitiva, a tutela dei cittadini e dei lavoratori è opportuno effettuare maggiori controlli con la pubblicazione/divulgazione dei risultati raccolti. In tale contesto le misure di campo elettromagnetico, oltre che soddisfare gli obblighi imposti dalla normativa in ambito lavorativo, permette di tranquillizzare la popolazione o di intraprendere azioni di risanamento qualora i limiti indicati vengono superati. Affrontare tali tematiche, impone una conoscenza di base sugli aspetti tecnici e normativi, spesso reperibili in maniera difficoltosa e disorganizzata. Il sito WEB www.campielettromagnetici.net, presenta gli aspetti tecnici normativi in maniera semplice e completa evidenziando gli aspetti critici, permettendo anche di trovare soluzioni alle criticità dell’esposizione ai CEM sia in termini di misure di verifica che anche di azioni di risanamento e di ripristino a conformità di eventuali sorgenti difformi.
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Jonio
Speciale San Sebastiano
29 gennaio 2017
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SANTA VENERINA Domenica 29 il culmine delle celebrazioni, dopo un decennio torna l’inno strumentato
Un mese di festa, sedici momenti di preghiera Domenica 29 gennaio Santa Venerina festeggia il suo compatrono San Sebastiano. Il programma dei solenni festeggiamenti si è aperto ufficialmente il primo gennaio con il suono festoso delle campane e i fuochi d’artificio. Alla gioia dell’annuncio della festa è subito seguita la prima delle iniziative per incrementare il culto verso il santo martire: le sosta delle reliquie con un momento di preghiera guidati dal parroco don Giovanni Marino presso alcune famiglie della parrocchia. Questi momenti, di cui uno si è tenuto nel Centro diurno Arcobaleno, sono andati oltre il sentimento devozionale. In questo modo le famiglie hanno potuto accostarsi alla vita del santo e comprendere come essa sia stata forgiata da Cristo. Lungo tutto il mese di gennaio sono stati ben sedici i momenti di preghiera culminati con la festa liturgica del santo venerdì 20 gennaio al termine della quale le reliquie sono state portate in processione lungo le strade del paese. La festa entrerà nel vivo domenica 29 gennaio: alle funzioni liturgiche, che trovano il loro fulcro nella messa solenne delle 10,30, che sarà celebrata da don Rosario Pappalardo, vicario parrocchiale della parrocchia SS. Cosma e Damiano” in Acireale, il quale ha vissuto parte del suo cammino pastorale proprio nella parrocchia Santa Venera, si affiancheranno le manifestazioni esteriori che sono uno dei tratti peculiari delle feste religiose del nostro territorio.
Il culto verso questo santo suscita particolare devozione e chiama attorno a se tutti, dai giovani ai meno giovani. Particolarmente significativa è l’iniziativa de “I piccoli rizzareddi”, piccoli devoti che, sulle orme spesso dei loro genitori, crescono nella devozione verso il Santo rendendosi partecipi durante i momenti salienti della festa come l’uscita del fercolo nel pomeriggio. Quest’ultimo è uno dei momenti più attesi della festa. Quest’anno a dettare la riflessione dal fercolo (fervorino) sarà don Vittorio Rocca, decano della Basilica di San Sebastiano in Acireale. Una piccola novità segna la festa de prossimi giorni. A distanza di oltre un decennio si potrà riascoltare la cantata in onore di San Sebastiano con la parte strumentale donata dal Maestro Salvatore Musumeci. L’inno, di autore anonimo (forse palermitano), fu portato a Mascali dal Maestro Filippo Licata e utilizzato dall’arciprete Rosario Rigaglia, che fu abile musicista e ne scrisse il testo. Fu strumentato per banda agli inizi degli anni ’60 dal Maestro Giovanni Leonardi di Zafferana Etnea. Agli inizi degli anni ’90 il Musumeci ne ascoltò alcuni frammenti su nastro geloso (i primi registratori a bobina) e decise così di strumentare l’inno rispettandone le linee melodiche originali. Una curiosità: la stessa melodia la si ritrova in un inno a S. Rosalia e in uno dedicato a S. Leonardo, patrono di Mascali. L’inno fu eseguito dalla banda diretta dal Maestro Musumeci fino al 2003 e quest’anno sarà eseguito dalla banda di Zafferana Etnea. Annalisa Coltraro
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Chiesa e Società
29 gennaio 2017
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TESTIMONIANZA Tra la Cattedrale e la Parrocchia di Santa Tecla l’evento curato da Masci e Agesci
Le grandi giornate della “Luce della pace” ORDINAZIONI
Raffaele Stagnitta il 10 febbraio sarà consacrato diacono Saranno presto tre i seminaristi diaconi che si preparano al raggiungimento della meta dell’ordinazione sacerdotale. Dopo l’ordinazione diaconale di Arturo Grasso e Ludger Rakotonirina dello scorso 28 ottobre, è la volta di Raffaele Stagnitta che sarà consacrato diacono il prossimo 10 febbraio. La celebrazione si svolgerà ad Acireale, nella Basilica Cattedrale, alle ore 18,30. Raffaele ha 27 anni e proviene dalla parrocchia “S. Maria delle Grazie” di Linguaglossa. È nella chiesa Madre che ha maturato la sua vocazione, con la luce della Parola di Dio, dei sacramenti e dell’accompagnamento spirituale ma anche della sua grande passione… la musica, che ha coltivato per tanti anni grazie agli studi al Conservatorio e che lo hanno aiutato a crescere nella fede e capire quale “spartito” il Signore vuole che suoni nella sua vita! Nel 2010 è entrato in Seminario. Nel 2014 è stato inviato a proseguire la formazione all’Almo Collegio Capranica di Roma, di cui è attualmente alunno e a Roma ha completato gli studi teologici. Dal 2015 è iscritto al Pontificio Ateneo S. Anselmo per conseguire la licenza in Liturgia. Ora il suo percorso, un po’ allungato e sfalsato rispetto agli altri alunni che vivono in diocesi a motivo del suo trasferimento a Roma, è in dirittura d’arrivo. L’ordinazione diaconale costituisce il primo grado dell’ordine sacro: con questo passo l’ordinato viene consacrato definitivamente, configurato a Cristo servo, ed infatti egli assume tutti i doveri che ne derivano, come la fedeltà alla preghiera della Chiesa, la promessa di obbedienza e il celibato. Egli è abilitato alla predicazione, all’amministrazione di alcuni sacramenti e al servizio liturgico e all’esercizio della carità, soprattutto verso i poveri.
Quest’anno l’inverno sembrava non volere mai arrivare. Eravamo a Dicembre e le giornate si mantenevano belle, non c’era freddo. Noi eravamo già pronti per accogliere la “Luce della Pace” che, dopo un viaggio di migliaia di Km, arrivava a noi per riscaldarci i cuori. Avevamo già confezionato i lumi da donare ai bambini della Parrocchia Santa Tecla, nell’omonima frazione marinara della costa acese: cartoncino, cordicella, colla, 1000 tappi di sughero, 100 lumini e decine di mani erano serviti per confezionare quel piccolo dono segno materiale della “Luce” da donare. Poi, all’improvviso, il tempo cambiò. Acqua a più non posso, e relativi danni, ci fu su tutta la Sicilia. Una incontrollata paura ci attanagliò: avremmo potuto accogliere la “Luce”? Arrivò l’alba del giorno 18; la prima curiosità da soddisfare era sapere com’era il cielo. Tante finestre si aprirono permettendoci di scrutarlo impauriti ma fiduciosi. Da qui comincia il racconto di cosa è stata quella memorabile giornata. Le 5 del mattino erano passate da poco: Pina, la camicia, il fazzolettone dove lo hai messo? Per tutta risposta “non dimenticare la sciarpa ed il berretto! Erano gli ingredienti fondamentali per uscire a “prendere” la fiammella che Carmelo si era impegnato a portare in mezza Sicilia. L’aria di sosta davanti (e dietro) l’Autogrill della stazione di servizio vicina al casello era già popolata da un folto gruppo di giovani (e diversamente giovani) scout provenienti addirittura da altre provincie; tutti, muniti di lanterne dalle diverse fogge e misura, erano già ad attendere la fiammella. All’improvviso sbucò il bianco furgone che aveva appena varcato il casello di Acireale della A18. Il tempo teneva, le facce si distese-
ro, tutti sentivano la “responsabilità” di questa accoglienza. E la fiammella si moltiplicò. Una, dieci, venti ….. lanterne vennero accese, ognuno voleva la “sua” luce per portarla e farla moltiplicare nei luoghi di provenienza. Enzo, Francesco e compagni furono i primi ad andare via: avevano davanti centinaia di Km per arrivare a casa in quel di Enna o Porto Empedocle. Noi, invece, eravamo già a casa con un fitto programma per l’intera giornata. Prima tappa la stazione ferroviaria di Acireale, luogo simbolo degli arrivi, dove si accoglie chi viene da lontano. 50/60/70 ragazzi dell’AGESCI appartenenti a diversi gruppi della città o di centri viciniori erano li per avere quel fuocherello che, anche se non fa miracoli, miracolosamente attira; assieme a loro quelli un pochino più grandi (dai 60 in su), quelli del MASCI che volevano la stessa cosa. La preghiera, qualche canto, le foto di rito, poi appuntamento alle 9 in Cattedrale: la Santa Messa, preceduta da una breve presentazione della storia e del significato della
Don Alfio Privitera
INTERVISTA Il nuovo presidente del Meic acese sul ruolo del laicato cattolico
“Luce” fatta dal Magister, accoglieva tutti in un abbraccio simbolico, ma avvertito fisicamente sulla pelle di ognuno, unendo gli scout, giovani e meno giovani, ai fedeli, alle famiglie presenti in chiesa. Poi il tempo volò via, si fecero le 17. Ed allora, di corsa, superiamo quei pochi Km che ci separano da Santa Tecla, sulla provinciale Acireale-Riposto. Fortunatamente il tempo continuava a sonnecchiare, con il cielo colmo di nuvoloni neri ma senza pioggia, ed il mare che era li a qualche decina di metri brontolava minaccioso con la risacca che si infrangeva sugli scogli. Dovevamo sistemare tutto: dai lumi costruiti con le nostre mani, ai doni per i ragazzi che avrebbero partecipato alla tombola. Non c’erano i 60 ragazzi preventivati dal parroco, ma poco ci mancava. Non avevamo il tempo per contarli, c’era il pandoro da tagliare, i premi da ordinare per categoria, il computer ed il proiettore da collegare! Ma le cose si incastravano da sole, sembrano tanti corpi con un’anima sola. E venne l’ora della Messa. La Comunità in fila, preceduta dalla “Luce”, entrò in chiesa mentre il Magister spiegava origine e motivazione della “Luce della Pace”. Il parroco ci fece una sorpresa: durante la Messa ci sarà il battesimo di una bambina della parrocchia, a lei andrà il primo lume fatto di tappi di sughero che verrà donato a tutti i ragazzi presenti. “accendetelo alla lanterna e portatelo a casa, io ce l’ho già, vedrete e sentirete il calore che dona al cuore di ognuno quest’esile fiammella che viene da tanto lontano” dice il Magister. Poi la serata scorre come sempre, i ragazzi che a tombola tentano di imbrogliare, gli A.S. che li controllano, i premi che soddisfano (e tante volte no), la pizza che viene gustata con ingordigia, mandata giù con l’ausilio di qualche bibita. Poi il pandoro: non ci sono i canditi poco amati dai ragazzi. E, alla fine, ci sediamo. La stanchezza si fa sentire (stiamo correndo da quasi 20 ore) ma la soddisfazione è tanta. Persino il parroco, don Alfredo, sorride per avere superato indenne la nostra invasione con la nostra novità. La “Luce della Pace di Betlemme” arde e risplende in chiesa. Speriamo che arda nei cuori degli uomini . Pippo Sorrentino
ACICASTELLO Festa comunitaria
Currò: “Rendere la Chiesa presente e operante” Cingalesi castellesi Il Movimento ecclesiale d’impegno culturale di Acireale ha un nuovo presidente. Si tratta di Pietro Antonio Currò, magistrato, attualmente giudice per le indagini preliminari nel Tribunale di Catania. All’interno di questa intervista trattiamo con lui la forza del laicato nella Chiesa, anima del Movimento, della realtà acese e delle attività culturali che s’intendono promuovere in questo nuovo anno. È proprio l’essere cristiani che costituisce il Movimento: questo carattere ecclesiale, come afferma lo statuto, ha ricevuto “incoraggiamento e continuità di indicazioni magisteriali dei Papi che lo hanno sempre apprezzato e sostenuto...”, in quanto diretto a contribuire a garantire la crescita “di un uomo di fede consapevole di compiere un cammino insieme con gli altri uomini dentro una storia nella quale Dio realizza il suo piano di azione”, come ebbe a evidenziare san Giovanni Paolo II. Conosciamo meglio il nuovo presidente del Meic. Ci racconti i suoi primi passi dentro questa realtà. “Il Meic è, a mio avviso, una delle vie attraverso le quali un laicato maturo e consapevole può efficacemente esprimersi all’interno della comunità ecclesiale. Dall’esperienza fucina di mia moglie Marinella, che proprio negli anni di quel suo impegno ho conosciuto, è stato naturale il passaggio suo e mio nel gruppo Meic di Acireale a cui aderiamo da più di quindici anni.” Quanto è importante il laicato oggi per la Chiesa? “La presenza dei laici nella Chiesa, come anticipavo, credo sia necessaria, proprio alla luce dell’insegnamento del Concilio Vaticano II: pensiamo a “Lumen
Gentium, 30-38 e al “Decreto sull’apostolato dei laici”. In questa prospettiva il Meic riveste un ruolo importante nella misura in cui è, per ricalcarne l’acronimo, un “movimento”, quindi un nucleo di persone accomunate da una visione dinamica della vita e del mondo che in modo sobrio partecipano all’esperienza ecclesiale nel tentativo di testimoniare il vangelo nella quotidianità”. Quali sono le iniziative prossime che intendete promuovere? “Sono convinto che l’azione del gruppo debba tradursi, nell’ambito della nostra diocesi, in alcune attività che tradizionalmente si iscrivono nel novero di quelle tipiche del Meic: pensiamo, da un lato, all’attenzione verso lo studio e la conoscenza delle Sacre Scritture, e verso i documenti del Concilio Vaticano II, dall’altro. É evidente che per dirci cristiani adulti e consapevoli non possiamo esimerci da questo tipo di impegno -che riflette la vocazione “culturale” del movimento- e, dall’altro, all’attenzione verso la spiritualità: il pensiero va agli esercizi spirituali che il gruppo organizza fin dagli
anni Novanta durante il periodo della Settimana Santa”. Come intendete approcciarvi con le emergenze del nostro tempo? “I temi della emergenza educativa, del lavoro, della legalità non possono lasciarci indifferenti. Queste aspirazioni di contenuto dovranno trovare un metodo di realizzazione che sia il più “coinvolgente” possibile sia sotto il profilo territoriale con la necessità di ricercare il nostro interlocutore non soltanto nella comunità acese ma anche in quelle degli altri centri che appartengono alla nostra diocesi, sia sotto il profilo personale, escogitando nuove strategie che ci consentano, anche sfruttando le sinergie con gli organismi diocesani e con le altre associazioni ecclesiali, di essere più efficaci nella nostra azione evangelizzatrice in modo da “toccare” il maggior numero di persone, di giovani, ma anche di appartenenti a quella generazione di quarantenni-cinquantenni che ho l’impressione abbia, per così dire, messo la “sordina”. Quale augurio rivolge il nuovo presidente ai soci acesi? “Mi sento innanzitutto di rivolgere ai soci Meic del gruppo di Acireale un invito, quello di non avere timore di esercitare la loro specifica funzione di laici nella Chiesa che è quella di partecipare alla sua missione salvifica, rendendo “presente e operante la chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze in cui essa non può diventare sale della terra se non per mezzo di loro” (così Lumen Gentium, 33)”. Annalisa Coltraro
Da oltre vent’anni nelle quattro frazioni del comune di Aci Castello è presente una folto gruppo proveniente dallo Sri Lanka. Una comunità silenziosa e laboriosa capace di integrarsi appieno e in breve tempo nel tessuto sociale ed economico del centro rivierasco. E questa integrazione è stata festeggiata per la prima volta quest’anno, giorno 15 gennaio, complice la festa del patrono San Mauro. Un evento voluto dalla diocesi di Acireale, dall’ufficio diocesano Migrantes, insieme alla parrocchia San Mauro Abate e con il patrocinio del comune stesso. Oltre dieci famiglie, provenienti dalla lontana isola, i cui figli sono a tutti gli effetti
castellesi, hanno prima partecipato al pontificale presieduto dal vescovo acese monsignor Antonino Raspanti e poi ad un momento di fraternità all’oratorio parrocchiale, in concomitanza con la 103^ giornata del migrante e del rifugiato e nell’ambito dell’iniziativa denominata “Un abbraccio allo “Sri Lanka”. Al festoso incontro hanno anche preso parte il parroco don Nino Merlino con il suo vice don Salvatore Di Mauro, il vice sindaco Ezia Carbone, ed il trezzoto don Marcello Zappalà direttore dell’ufficio diocesano che ha voluto fortemente questa iniziativa. Davide Bonaccorso
dell’
Chiesa e Società
Jonio
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DIOCESI Il Vescovo mons. Raspanti alla consegna del “mandato” ai presidenti di Azione Cattolica
“1° annuncio nel quotidiano”
La
“Il primo annuncio avviene nel quotidiano. È qui che siamo chiamati a incarnare il Vangelo e a compiere le scelte che non sono mai improvvisate ma frutto del discernimento”. Lo ha ricordato il vescovo mons. Antonino Raspanti ai gruppi di Azione cattolica della diocesi di Acireale, domenica 22 gennaio a Santa Venerina, in occasione del mandato ai nuovi presidenti parrocchiali per il triennio 2017-2020. L’accoglienza ai neo presidenti parrocchiali da parte degli “accierini” (i ragazzi dell’Acr), posti all’ingresso della chiesa del Sacro Cuore, è stato un gesto carico di significato che ha anticipato ciò su cui il vescovo si sarebbe soffermato nell’omelia: la trasmissione della fede da generazione in generazione. Sul forte legame tra l’Azione cattolica e il suo pastore è stato l’intervento iniziale del presidente diocesano Anna Maria Cutuli: “Ci impegniamo con la Gerarchia per la realizzazione del fine generale apostolico della Chiesa”. Due le parole chiave da sottolineare ha aggiunto: “La diocesanità e l’unitarietà: ci stringiamo attorno al Vescovo, segno dell’ unità della Chiesa locale e invitiamo i presidenti a prendersi cura dell’associazione in tutte le sue articolazioni”. Nell’annunciare alle nuove generazioni il Vangelo occorre avere cura; ed è proprio su questo che il vescovo ha incentrato la sua omelia, partendo dallo zelo con cui gli apostoli cominciarono ad annunciare Cristo: “La trasmissione della fede alle nuove generazioni – ha detto – non è un fatto scontato ma un processo graduale”. All’interno di questo processo un ruolo da sempre cruciale è quello dell’as-
È un anno particolare quello appena iniziato per l’Azione cattolica Italiana: ricorre, infatti, il 150mo anno dalla nascita dell’associazione. Le celebrazioni inizieranno con la XVI Assemblea nazionale e il tema scelto per l’anno associativo 2017-2018 è “Bella Storia”, un invito per tutte le associazioni locali a ripercorrere la propria storia, a fare memoria delle tradizioni, degli avvenimenti storici e delle figure più significative, per riscoprire il valore delle idee e delle scelte che in ogni epoca hanno consentito all’Azione Cattolica di interpretare al meglio la realtà. Guardare al passato, quindi, per costruire giorno dopo giorno il futuro dell’associazione, che quest’anno vede il rinnovo dei consigli parrocchiali e diocesani e a tal proposito è stata scelta la frase “Fare nuove tutte le cose. Radicati nel futuro, custodi dell’essenziale”, titolo di un Instrumentum laboris, inviato da Roma a tutti i consigli parrocchiali e diocesani, perché diventi uno stimolo per la riflessione in vista dell’ormai prossima assemblea elettiva. Questo titolo è stato confermato per l’assemblea del rinnovo delle cariche del consiglio diocesano di Ac che si terrà il prossimo 12 febbraio. Su quest’appuntamento e sulla vita diocesana dell’associazione abbiamo chiesto un parere ad Anna Maria Cutuli, presidente diocesana di Ac in carica. “Il principio ispiratore di questo documento - ci dice la presidente diocesana - è l’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium: l’intenzione è di seguire senza indugi l’invito di Francesco per una Chiesa e una Azione Cattolica in uscita. Ogni associazione, anche la più piccola, ha qualcosa d’importante da offrire: lo sforzo richiesto a tutte le associazioni del Paese è di dare risposte per pensare insieme all’AC dei prossimi anni, puntando l’attenzione su quattro punti fondamentali e molto concreti: l’attenzione al territorio; i processi da innescare; il ruolo dell’associazione; le alleanze da stringere. A tutti noi è richiesta una scelta concreta per il futuro, un “Ci impegniamo” che deve guidare i nostri passi per i prossimi anni”. Sarà un bel modo per far vedere che, aggiunge la presidente diocesana, “l’Azione Cattolica s’impegna per continuare a essere, ormai a quasi 150 dalla fondazione, un dono prezioso a servizio della Chiesa e del Paese”. L’Azione cattolica acese continua la propria missione nella diocesi e in modo capillare nelle parrocchie, facendosi presente in quarantasei di esse. Il numero dei tesserati non è certo poiché l’adesione non si è ancora conclusa, ma secondo una previsione complessivamente si registrerà un leggero calo del numero di aderenti. In questo caso è necessario comprendere e chiedersi in che modo la vita associativa possa aver inciso sulla scelta di non aderire. “Un aderente in più o in meno, infatti, non è semplicemente una tessera in più o in meno – sottolinea Anna Maria Cutuli; l’Ac vuole parlare alla vita delle persone e intercettare le loro esperienze. Ogni socio merita una cura particolare perché ciascuno, soprattutto chi è nuovo, si senta accolto all’interno dell’esperienza di vita che proponiamo”. Un dato, però, è certo: alcune parrocchie sono in crescita e dimostrano entusiasmo e voglia di fare; altre avvertono momenti di stanchezza e di scoraggiamento ma non demordono. Altre associazioni sono nate nel corso di questo triennio e ci sono contatti avviati per far nascere l’Ac in altre parrocchie. Un’attenzione particolare è rivolta anche ai piccoli aderenti all’associazione. Il mese di Gennaio, che solitamente si apre con il messaggio del Santo Padre in occasione della Giornata mondiale della pace, è dedicato all’Acr: i ragazzi sono stimolati a riflettere su questo tema e vivere l’annuale Festa della Pace che sarà celebrata il prossimo 5 febbraio nell’Istituto delle suore Pallottine di Riposto. Come ormai si è soliti fare, anche quest’anno l’Acr collaborerà con il Settore Adulti. Piccoli e grandi rifletteranno e giocheranno insieme per capire come si fa a essere costruttori di pace. “L’obiettivo è suscitare in ognuno il desiderio di essere testimone e di dare il suo contributo a partire dai quattro pilastri: Amore, Verità, Giustizia, Libertà, vie maestre per un percorso da fare insieme. Si avverte oggi il bisogno di essere costruttori di pace, e quindi tutti da cittadini siamo invitati a partecipare alla Festa e a prendere un impegno non episodico ma costante nel tempo per raggiungere un obiettivo comune”, ha detto infine Anna Maria Cutuli. Annalisa Coltraro
sociazionismo cattolico: “Il passaggio dell’annuncio tra una generazione e l’altra non è come trasferire una somma di denaro da una banca all’altra” ma “un processo che richiede continuamente modi e tempi diversi di annunciare”. Annunciare non è solo una preoccupazione dei sacerdoti ma di tutti i battezzati in Cristo: riprendendo una frase del beato Giovanni XXIII ha invitato quindi l’Azione cattolica diocesana a “sperimentare con intelligenza la trasmissione della fede” esortando i vari gruppi a “avere più coraggio per interpretare ciò che oggi i giovani e le persone in difficoltà cercano”. Un richiamo poi all’unità e alla comunione: “Siete persone scelte e chiamate da Cristo per annunciare il suo Vangelo. Laddove persistono divisioni questi sono sintomi di un affetto scomposto. Impegnatevi a costruire testimoni credibili del Vangelo”. Gesù ha scelto gli apostoli educandoli: così deve essere anche per l’Azione cattolica che ha un grande dono, quello di “fare conoscere Cristo”. Questo impegno, ha concluso il vescovo, “richiede sempre più coraggio”. L’Azione cattolica diocesana si prepara ora a vivere l’assemblea diocesana del 12 febbraio nel corso della quale sarà eletto il nuovo consiglio diocesano. Successivamente questo si riunirà per costituire una terna di nomi da proporre la vescovo per l’incarico di presidente diocesano per il triennio 2017-2020. Tra questi tre nomi il vescovo nominerà il nuovo presidente diocesano.. Domenico Strano
Le “Opere di un viaggio” si rimettono... in viaggio Opere di un viaggio, il libro che parla degli affreschi di Giuseppe Spina Capritti presenti nella chiesa di S.Maria degli Ammalati, in Acireale, da poco edito dalla casa editrice “La Voce dell’Jonio” , intraprende un itinerario finalizzato a raggiungere l’uomo nei luoghi più “laici”. Il fine di questo percorso da noi intrapreso infatti, è quello di non voler limitare soltanto agli ambienti accademici o ecclesiastici il messaggio contenuto nel testo, ma si desidera promuoverlo ovunque si possa raggiungere l’uomo nella sua
quotidianità. Pensiamo che il messaggio offerto da questi affreschi raffiguranti scene bibliche dell’Antico Testamento possa uscire fuori dai muri e arrivare all’uomo, proprio perché scaturisce da un armonioso dialogo tra Arte Sacra e Fede. Vari in tal senso sono i prossimi appuntamenti (il primo l’11 febbraio al Bar Russo di Santa Venerina), nei quali poter comunicare la storia di un percorso che trova la sua collocazione in una chiesa ma che, proprio per la sua stessa natura di annuncio del Vangelo, sente il bisogno
di andare al di là dei confini. L’immagine che si porta avanti, infatti, è proprio quella della Bellezza, che è Dio, che si mette in cammino per offrirsi all’uomo nei suoi luoghi ordinari, per ricordargli ciò che porta nel cuore ma che magari in certi momenti della propria vita, sembra aver smarrito o dimenticato. L’Arte Sacra, infatti, ha avuto sempre il fine di raccontare attraverso le immagini la storia della salvezza, storia di un Padre misericordioso che và incontro ad ogni uomo per donargli il suo amore.
presidente Cutuli: “Farsi sempre costruttori di pace”
RIFLESSIONE A margine della presentazione del saggio di Mario Agostino sul “sindaco santo”
Autenticamente umani sull’esempio di Giorgio La Pira Un incontro particolarmente interessante quello svoltosi il 28 dicembre scorso al “Nuovo Costarelli” di Acireale, nel clima delle feste di fine anno, per riflettere e fare emergere valori e ideali, per cui vale la pena spendere la vita e vivere nella città dell’uomo, per costruire insieme il Bene Comune. La proposta di un «Dibattito su Giorgio La Pira: “Quando la speranza si fece politica”» scaturisce dalla pubblicazione di “Cercatori del Paradiso, il noviziato politico di Giorgio La Pira” (Città Nuova Editrice), del giovane promettente giornalista Mario Agostino, che palesa, in modo mirabile, le radici della terra in cui è nato e della famiglia in cui è cresciuto, per la passione e la competenza che trasmette sia nel libro che nel suo intervento conclusivo. La serata, introdotta e moderata dal nostro Vescovo, Antonino Raspanti, ha voluto mettere a confronto due parlamentari siciliani, l’eurodeputato Ignazio Corrao, del Movimento 5 Stelle e il deputato regionale Nicola D’Agostino. La figura singolare del “Sindaco Santo”, come viene definito Giorgio La Pira, provoca stupore e interpella le coscienze. Oggi, siamo tutti sospettosi sulle qualità morali e sulla competenza dei governanti. Pare che la politica sia ben lontana dall’essere la forma più nobile di carità cristiana. Viene generalmente considerata “sporca”, ed entrare in politica si traduce in un volgare “sporcarsi le mani”. Senza voler essere così negativi nel giudizio, si avverte un pessimismo dilagante per l’assenza o la negazione della speranza nel genere umano. Eppure, è proprio la speranza il cuore pulsante dell’uomo. La speranza spinge e attiva tutte le energie vitali di ogni essere umano, se questi decide di realizzare qualcosa a cui non vuole rinunciare e per cui è disposto a spendersi. Da adulti, sappiamo bene che la speranza non è un fatto magico, non è un colpo di fortuna, come una vincita al lotto. Per il credente, ancor più per il cristiano, la speranza ha un Volto, un Nome, è Gesù di Nazareth, che conosce il cuore umano e i suoi bisogni, ma anche le sue risorse e le sue ambizioni. Riconoscere in Gesù Cristo, l’uomo solidale con ogni uomo, di tutte le razze e di tutti i tempi, e assumerLo come Modello e Maestro di vita, cambia ogni prospettiva, trasforma la vita. Giorgio La Pira, uomo di questa nostra terra siciliana e di questo nostro tempo, lo testimonia bene. La sua fede in Gesù Cristo, morto e risorto, lo trasforma e gli apre nuovi orizzonti e nuove prospettive. Egli comprende che deve diventare lievito in seno alla società umana per trasformarla in “famiglia umana”, vivendo una “fraternità universale”, quasi un preludio della città di Dio. Tanto da poter dire, con audace ottimismo: “Quale valore allora acquista la vita umana: quante creature attendono da noi la mano fraterna che dà il lavoro, la casa, l’assistenza, la gioia” (cfr. M. Agostino, G. La Pira - Cercatori del Paradiso, pag. 55). Assume su di sé la speranza, come valore tangibile da vivere, non come utopia di chi sospira, dicendo “Speriamo!” Sperimenta come la giustizia e la pace possano essere realizzate con la volontà di molti e con strategie umanamente strutturate; che si
può ben governare una città, un’impresa, un popolo, il mondo intero; che unire le forze per il Bene Comune è un dovere; che fare convergere le idee conduce tutti alla vittoria e nessuno viene mortificato; che rinunciare al proprio punto di vista può aprire orizzonti nuovi e più ampi; che condividere è meglio che dividere. La speranza, infatti, richiede un impegno personale, convinto ed esplicitamente esercitato. Ogni cittadino adulto, nel proprio ambito di vita, può e deve, coerentemente e responsabilmente, dare il proprio contributo; con intelligenza e con entusiasmo, con quella passione capace di sfidare ogni difficoltà, adoperarsi per realizzare quel bene in cui crede; e, perfino, rinunciando, ad un bene soggettivo per guadagnarlo in favore di molti altri. Il dovere dell’impegno coerente con i valori umani di libertà, di verità, di giustizia, di pace, di solidarietà, di rispetto dell’altro… non è solo del credente, ma di ogni uomo, quale membro della famiglia umana. L’uomo è generativo, per sua stessa natura. Ha il compito di custodire la vita, farla crescere, educarla e moltiplicarla. La coerenza con questa dimensione prettamente umana arricchisce la propria umanità ed eleva a divino anche il non credente e lo rende felice, secondo il sogno di Dio. Non sono stati proprio questi valori a fare convergere sulla stesura della Carta Costituzionale i nostri Padri Costituenti, nonostante fossero di diverse e contrapposte ideologie e di diverse formazioni politiche e partitiche? Non li ha spinti, forse, il profondo sincero amore per la Patria, la ricerca appassionata e disinteressata del Bene Comune e l’urgente bisogno di ricostruire il Paese? Al credente si chiede un di più di coerenza e di azione, perché consapevole di essere inviato a seminare e a testimoniare l’intervento di Dio nella storia degli uomini. Questa consapevolezza fa dire a La Pira: “O mi dono amandoli [i fratelli] ed allora la mia vita si espande in loro e si perfeziona, o mi chiudo in me stesso e allora la mia vita si rattristisce ed insensibilmente ma progressivamente si estingue” (op. cit. pag. 57). Tutti riconoscono in La Pira una grande ricchezza di umanità! Certamente, non si può nascondere la sua audacia davanti alle situazioni di grande bisogno e di povertà che incontrava. Mi domando se ci possa essere un uomo privo di umanità. Si può essere poveri ma non privi. Forse si ha bisogno solo di crescere, di essere aiutati a diventare adulti. In una società in cui l’assenza delle figure genitoriali crea un vuoto educativo e i giovani non hanno modelli di confronto stabili e affettivamente sicuri, si ha fortemente bisogno di uomini e donne maturi. E se ogni adulto svolgesse consapevolmente questo ruolo per tutta la società? Tutti potrebbero contribuire a realizzare una società autenticamente “umana!” Teresa Scaravilli
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29 gennaio 2017
Speciale Carnevale
dell’
Jonio
INTERVISTA Il nuovo presidente della Fondazione sulle novità dell’edizione 2017 e soprattutto sulle potenzialità socio-economiche
Belcuore: “Strumento di sviluppo per Acireale” Tra genio e sregolatezza in un vortice di colori che esaltano maestria e tecnica: per molti acesi si tratta dell’appuntamento più atteso dell’anno, per altri un biglietto da visita, ma certamente è quasi impossibile scindere la città di Acireale dal Carnevale. Dopo quello che possiamo definire un anno di pausa, all’interno del quale i carristi hanno riproposto le creazioni di due anni fa, questa edizione si appresta a cominciare con alla guida un nuovo presidente della fondazione, Antonio Belcuore. Che osserva: «L’anno scorso è stata fatta una scelta difficile, coraggiosa, ma sicuramente utile che ha permesso alla cittadella del carnevale di avere i requisiti minimi per lavorare in serenità e soprattutto in sicurezza, ma i segnali che quest’anno avremo un grande evento li abbiamo avuti già all’uscita del bando con 8 carri in concorso e purtroppo ne abbiamo dovuto escludere uno. Abbiamo rilanciato il concorso delle maschere isolate e dei carri in miniatura per una manifestazione a 360 gradi». - Dove può arrivare il Carnevale e quali sono i margini di crescita? «Il carnevale può sicuramente essere uno strumento per lo sviluppo di un settore socio economico, dovremmo iniziare a declinarlo non per sé stesso, ma per la cartapesta, il problema è capire quanto i nostri artigiani sono effettivamente disponibili a scommettersi con la cartapesta. La società che vive oggi il Carnevale non è la stessa di oggi; oggi è un pezzo di festa tra le tante e bisogna trovare un modo per riportarlo al centro». - È possibile riuscire a destagionalizzare questo evento? “I tentativi sono già stati fatti lo scorso anno per la verità, basti pensare alla festa dei fiori ad aprile e la Coriandolata a fine agosto. Proprio la Coriandolata potrebbe essere l’erede della tradizione del coriandolo acese monocolore: l’anno scorso si trattò di un esperimento, ma quest’anno lo spazio dedicato sarà maggiore puntando ad un’altra manifestazione che nel campo delle arti effimere rappresenta la capofila, l’infiorata di Noto”. - Il sogno mai sopito, oltre alla destagiona-
lizzazione, rappresenta il desiderio di valorizzare la maestri e la tecnica della cartapesta? «Dobbiamo riuscire ad avviare un percorso della scuola della cartapesta, bisogna andare a ricercare la volontà dei ragazzi, la cartapesta è un mestiere che si affida ad una grande tecnica, ho visto tanti giovani lavorare ai cantieri e questo è il segnale di nuove generazioni che si affacciano a queste tradizioni ed è un segnale di tramando importantissimo: è grazie ai maestri artigiani che oggi abbiamo il Carnevale di Acireale così come lo conosciamo». - Tradizione, storia, arte, tecnica. Il Carnevale non è solamente folklore e divertimento,
ma molto di più: l’obiettivo è quello di riuscire ad esportarlo all’infuori dei confini locali e fare in modo che diventi un appuntamento anche per chi non vive da acese questo evento. Proprio in questi giorni la manifestazione acese è stata inserita tra i 10 migliori carnevali al mondo, un segnale di crescita non da poco che fa ben sperare per il futuro? «Il Carnevale serve alla città anche e soprattutto sotto il profilo economico. Voglio che questo non sia un momento soltanto di divertimento ma soprattutto di crescita economica della città». Andrea Viscuso
CONCORSO Iniziativa dell’Associazione filatelica e numismatica acese
Maschere e mascherine, l’arte acitana
Liberare la propria fantasia, dare concretezza alle proprie idee attraverso un disegno che rappresenti in modo originale e personale il Carnevale di Acireale. L’opportunità di “mettersi in gioco”, sia per puro divertimento sia per misurare le proprie competenze nel disegno, viene fornita, anche quest’anno, dall’Associazione Filatelica e Numismatica acese. Con l’approssimarsi, infatti, dell’appuntamento carnascialesco, evento festivo più allegro e colorato per eccellenza, le iniziative ad esso correlate cominciano ad arricchire i pensieri e le idee degli amanti dell’originalità, dei colori, del divertimento. L’Associazione Filatelica e Numismatica acese, in collaborazione con la Fondazione del Carnevale di Acireale, con Poste Italiane, filiale di Catania Due e con la Federazione Società Filateliche Italiane, ha organizzato il concorso di disegno su cartolina postale, dal titolo “Maschere e mascherine, l’arte acitana”. Giunto ormai alla sua ventesima edizione, l’appuntamento, inserito all’interno di un calendario di eventi caratterizzato dalla consueta mostra a tema, nonché dall’apposito annullo postale, è rivolto agli alunni delle scuole (materne, elementari, medie) e a chiunque volesse cimentarsi nell’iniziativa. L’elaborato grafico deve essere realizzato sul retro di una cartolina postale o nella specifica cartolina dedicata al concorso e poi spedita alla già
menzionata Associazione, casella postale 17, 95024 Acireale, entro il 16 febbraio. “Quest’anno i riflettori saranno puntati particolarmente sulle maschere, sui gruppi mascherati, in modo tale da incentivare ulteriormente lo spirito del Carnevale - ha affermato il presidente dell’associazione, Rosario Bottino -. Durante il corso degli anni, infatti, il vero spirito della manifestazione, ovvero il mascherarsi, la scelta di un costume singolare, è venuto sempre meno, quindi il concorso di disegno su cartolina, insieme alle altre iniziative, vuole essere un modo per riscoprire le maschere del nostro carnevale”. Il concorso, dunque, vuole stimolare la partecipazione ad un evento, quale il Carnevale di Acireale, rinomato a livello nazionale ed internazionale: “Scopo dell’Associazione è quello di coinvolgere anche le scolaresche acesi, che ogni anno hanno risposto con i loro originali disegni in maniera massiccia all’iniziativa e far riscoprire, al tempo stesso, ai più giovani, il piacere di poter spedire una cartolina affrancata, in un periodo storico in cui tutto è ormai digitale”, ha precisato il segretario dell’associazione, avv. Mario Tornatore. Le cartoline saranno esaminate da un’apposita commissione di esperti collezionisti che deciderà quali premiare per categoria. Per ulteriori delucidazioni inerenti l’iniziativa è possibile rivolgersi al Centro informazioni di Piazza Duomo 16, ad Acireale. Rita Messina