La Voce dell'Jonio (29 ottobre 2017) anno LX numero 9

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LA Jonio VOCE Anno LX - N. 9

Domenica, 29 ottobre 2017

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Bassetti sulla politica

dell’

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Periodico cattolico fondato da Orazio Vecchio

MUSICA ANNI ‘50

“Gli amministratori guardino a La Pira�

DIOCESI

LIBRI

“Le Signorine� all’esordio col Cd “Canzoni da due soldi� Rita Messina

Don Nicotra s’insedia nelle parrocchie acesi S. Michele e S. Giuseppe don Licciardello a Cannizzaro

Presentata “Viaggiare� ultima fatica letteraria del canonico Pappalardo un’opera introspettiva

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Anna Bella

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Nando Costarelli

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Diocesi Festa per i 150 anni con sei parole: laico, intuizione, essenziale, corresponsabilitĂ , territorio, missione

L’Azione Cattolica guarda avanti “Se tutti i sognatori fossero come Giorgio La Pira, oggi le nostre cittĂ avrebbero ben altri strumenti per aggredire le povertĂ che, oggi, sono tornate ad essere, drammaticamente, delle vere emergenze socialiâ€? Il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, mons. Gualtiero Bassetti, ha scosso cosĂŹ la politica italiana dal convegno “Spes contra spem 4â€? di Palermo, dove il 13 ottobre scorso la Fondazione Giorgio La Pira ha riunito circoli, associazioni e cittadinanza nel nome dell’ex sindaco siciliano di Firenze, del quale quest’anno ricorrono i 40 anni della morte. Un richiamo che arriva dopo la sua prima prolusione al Consiglio permanente della CEI, tenuta il 25 settembre scorso, postasi giĂ quale inequivocabile appello all’impegno per la Chiesa italiana e i politici, in special modo i cattolici, sulla scorta della “profeziaâ€? di cinque anni di magistero di Papa Francesco, in particolare rispetto a temi d’emergenza quali lavoro, giovani, famiglia e migrazioni. “Quando, nel 1965, la stagione lapiriana venne forzosamente chiusa, nessuno avrebbe potuto accusare La Pira di non aver realizzato concretamente il programma del 1951. Anzi, le realizzazioni lapiriane hanno qualcosa dell’incredibile giĂ al 1954â€? – argomenta mons. Bassetti. Proprio in virtĂš di questa concretezza, riďŹ uto di applicare a La Pira la categoria del “sognatore. Se tutti i sognatori fossero come La Pira, oggi le nostre cittĂ avrebbero ben altri strumenti per aggredire le povertĂ che, oggi, sono tornate ad essere, drammaticamente, delle vere emergenze socialiâ€?. In Italia servono cattolici che sappiano “rammendare il tessuto sociale dell’Italia con prudenza, pazienza e generositĂ â€? aveva ammonito in conclusione della sessione CEI Bassetti: che sappiano unire il Paese e non dividerlo, o peggio dividersi tra “cattolici della moraleâ€? e “cattolici del socialeâ€?. “La dignitĂ della persona umana – aveva sottolineato Bassetti - non è mai calpestabile e deve essere il faro dell’azione sociale e politica dei cattolici. Non ci si può prendere cura dei migranti e dei poveri per poi dimenticarsi del valore della vita o farsi paladini della cultura della vita e dimenticarsi dei migranti e dei poveri, sviluppando in alcuni casi un sentimento ostile verso gli stranieriâ€?. “Credo che noi, uomini e donne del terzo millennio, dobbiamo risvegliarci da un certo torpore in cui siamo sprofondati negli ultimi decenni – ha aermato. - Anni in cui ci siamo voluti illudere che assieme al tramonto delle ideologie fossero ďŹ nite anche le emergenze storiche. Ma non è cosĂŹ. Mario Agostino (continua a pag. 2)

e Una grande famiglia che tende verso l’alto rimanendo a terra L’Azione Cattolica diocesana ha festeggiato i 150 anni della fondazione al Palasport di Giarre in presenza della presidente Anna Maria Cutuli e del sindaco Angelo D’Anna. Come in una grande famiglia, momenti di confronto, allegria e preghiera. Chiara Messina (servizio a pag. 4)

VALVERDE VenerdĂŹ 27 in prefettura tavolo tecnico in prefettura sulla sicurezza della piazza e della chiesa

Santuario chiuso, disagi per l’attività parrocchiale Lo scorso dicembre il Santuario di Valverde, a causa del maltempo, ha subito importanti danni a livello strutturale. Ad essere colpita l’ala del convento, in cui vivevano padre Nei, padre Gelson, padre Leandro e padre Cherubino, il chiostro e una parte della facciata; i pilastri dell’adiacente convento agostiniano hanno ceduto e mandato in rovina mura e alcuni dipinti. La bomba d’acqua di mercoledÏ 27 settembre ha aperto una piccola voragine tra il

Graziella De Maria (continua a pag. 2)

MISSIONI

INTERVISTA

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Municipio e la piazza. Nemmeno due giorni dopo un’altra buca si è aperta nei pressi del Santuario. Ăˆ in corso la progettazione per il restauro; servono 400 mila euro circa. La Cei e l’8Ă—1000 ďŹ nanzieranno il 70%, il Santuario dovrebbe corrispondere con il restante 30%, circa 120.000 euro. Si proseguirĂ con una gara d’appalto e con l’inizio dei lavori.

Don Arturo Grasso ha imparato negli Usa le nuove tecniche di comunicazione sociale Nino De Maria

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IMMIGRAZIONI

Il gruppo di volontari guidato da Genco a gennaio tornerĂ in Guinea Bissau Domenico Strano

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Fondazione Migrantes Secondo il XII Rapporto sono 5 milioni gli italiani residenti all’estero Mario Agostino

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In Seconda

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SETTIMANE SOCIALI A Cagliari si parla di libertà, creatività. partecipazione e solidarietà

Jonio

OTIUM ET NEGOTIUM - 13 I Santi

“Ecco qual è il lavoro che vogliamo” Peccatori ma grati a Dio È in corso a Cagliari la 48esima edizione delle “Settimane Sociali dei Cattolici Italiani” (dal 26 al 29 ottobre), dedicata alla questione del lavoro. Il tema scelto, che trova fondamento nel paragrafo 192 dell’Evangelii Gaudium, è “Il lavoro che vogliamo: libero, creativo, partecipativo, solidale”. In Sardegna sul tavolo ci sarà un modello “virtuoso” di lavoro sul quale i Vescovi Italiani, gli intellettuali, gli imprenditori, i liberi professionisti, gli operatori del terzo settore, i giovani rifletteranno e discuteranno, nell’ambito del fecondo laboratorio della Settimana Sociale, avviata per la prima volta nel 1907 a Pistoia dallo scienziato e “apostolo sociale” Giuseppe Toniolo. Il mondo cattolico italiano proporrà un’idea di lavoro che sia chiaramente connotata come vocazione personale da coltivare, attraverso adeguati percorsi formativi; come opportunità, che nasce dall’incontro tra impegno personale e innovazione in campo istituzionale e produttivo; come valore, intimamente connesso alla dignità della persona, base della giustizia e della solidarietà sociale, generatore di vera ricchezza; come fondamento di comunità, strumento di valorizzazione della persona all’interno di un gruppo, di sostegno all’interazione tra soggetti, di sviluppo del senso di un’identità aperta alla conoscenza e all’integrazione con nuove culture, generatore di responsabilità per il bene comune; infine, come volano di legalità, volto alla creazione di luoghi trasparenti, di relazioni autentiche, basate sul senso di giustizia e di eguaglianza nelle opportunità. A Cagliari ci saranno circa 900 attori sociali, suddivisi in tavoli “a composizione mista” - ossia comprendenti, tra religiosi e laici, tutte le componenti della cosiddetta società civile - che valorizzeranno le peculiarità dei singoli punti di osservazione sulle tematiche del lavoro lavorando su tre macro-aree tematiche: 1)“Giovani, scuola, formazione, lavoro”; 2)“Creare nuove opportunità di lavoro e di impresa” (in questa seconda area, in particolare, sarà impegnata la delegazione della diocesi di Acireale, composta da tre sacerdoti e da un giovane professionista, scelto come coordinatore di un tavolo di lavoro); 3)“Il senso del lavoro umano e le sfide dell’innovazione”. Al fine di realizzare un incontro par-

tecipativo, che sia punto di sintesi e di rilancio di un cammino corale che rinnovi l’impegno delle comunità cristiane, il percorso di preparazione alle “giornate di lavoro” di Cagliari - che ha visto la partecipazione della delegazione acese anche al convegno Cei denominato “Chiesa e Lavoro”, tenutosi a Napoli lo scorso febbraio -, si è snodato attraverso quattro linee direttrici: ha preso le mosse da un’iniziale denuncia delle situazioni più gravi e inaccettabili, quali lo sfruttamento, il lavoro nero, la

disuguaglianza, la disoccupazione – specie al Sud e tra i giovani – e le problematiche legate al mondo dei migranti; è seguita una fase di racconto delle profonde trasformazioni del lavoro, dando voce ai lavoratori e alle lavoratrici, interrogandosi sul senso del lavoro nel contesto attuale; la raccolta, la diffusione e la valorizzazione di buone prassi - mediante il progetto “Cercatori di LavOro” - che, a livello aziendale, territoriale e istituzionale, stanno già offrendo nuove soluzioni ai problemi del lavoro e dell’occupazione. L’auspicio è che la fucina-laboratorio di Cagliari dia concretezza all’ultima fase di questo iter operativo: la costruzione di alcune proposte operativo-normative da indirizzare ai leader politici nazionali e sovranazionali (presenti in Sardegna), affinché propongano nel breve periodo riforme organiche, di sistema, capaci di soddisfare le nuove istanze lavorative e sociali. Salvo Leotta

In questa riflessione, dedicata ai Santi (tra qualche giorno ricorre la festività di Ognissanti), il nostro Nino Ortolani ci lascia con un quesito su una importante questione di stretta attualità.

Carissimo lettore, “Regina sanctorum omnium” si invoca la Madonna nelle litanie lauretane. “Dai cori angelici... ave Maria” canta la devozione popolare; e il pittore Sciuti nella volta della nostra Cattedrale ha voluto rappresentare questo “concerto celeste”. Benedetto XVI ha paragonato i santi a un grande “insieme di strumenti che, per la loro individualità elevano a Dio una grande sinfonia di intercessione, di ringraziamento e di lode” (Udienza del 25 aprile 2012). Quanto sarebbe piaciuto questo paragone a padre Maugeri, lui che in ogni omelia parlava di musica e di santità! “I santi formano la Chiesa del Cielo, dove essi vedono Dio ‘a faccia a faccia’ (1 Cor 13,12)”,

come recita il Catechismo della Chiesa Cattolica al N. 209; ma quando erano con noi “...qui sulla terra si riconoscevano tutti peccatori, sempre bisognosi di conversione e di purificazione” (C.C.C. N. 165); ricorrevano con frequenza – nei limiti delle loro possibilità – al Sacramento del perdono e ringraziavano sempre Dio per il dono incommensurabile del Sacramento del Battesimo. Tale Sacramento è stato amministrato sempre nei primi giorni di vita; sempre più frequentemente, però, si parla di inversione di tendenza. Tu che ne pensi? Credi sia meglio che si riceva il Battesimo, e quindi tutti i Sacramenti, da adulti? Aspettando una tua risposta, ricevi cari saluti da Nino Ortolani

Acireale città dei mercatini: in piazza Giovanni Giovanni XXIII quello “dei morti” Acireale diventa sempre più città dei mercatini. Da quando la Fiera dello Jonio è approdata in piazza Duomo e nel centro storico (nel 2016) ed ha preso in mano la situazione l’assessore al Turismo Antonio Coniglio, egli ha lanciato l’idea dei mercatini per le ricorrenze più importanti dell’anno. Ed il primo mercatino del genere è stato quello messo su per le festività natalizie del 2016, mentre i prossimi saranno quello dei Morti e la seconda edizione dei mercatini di Natale. L’idea non è del tutto originale, perché tante volte, negli anni passati, furono organizzati mercatini del genere dall’amministrazione comunale, sia in occasione del Natale che della ricorrenza dei defunti. Ma la novità introdotta dall’assessore Coniglio è costituita dall’ubicazione di tali mercatini, in piazza Duomo. Anche nello scorso mese di luglio venne organizzato una sorta di mercatino in piazza Duomo, in coincidenza con il festival dell’Opera dei Pupi. Perfino per la fiera settimanale del sabato, dopo il successo della prima edizione della Fiera dello Jonio in centro, era stata lanciata l’idea di tenerla lungo lo stesso circuito in centro storico, anziché in periferia, ma la cosa è ancora in fieri (o forse è già stata messa a mollo). Allora, come dicevamo, è già tutto pronto per il “mercatino dei Morti”, con dodici casette in legno ubicate, stavolta, a sinistra della Cattedrale, nella zona che da qualche anno è stata denominata largo Giovanni XXIII, ma

che comunque rientra nell’area della piazza Duomo. Siamo pure davanti al vescovado, perché dell’organizzazione fa parte anche la diocesi di Acireale. Le dodici casette (che inizialmente erano otto) saranno destinate esclusivamente all’esposizione e alla vendita di dolci tradizionali dei morti e di giocattoli e – grande novità – saranno concesse in uso a titolo assolutamente gratuito, perché “l’iniziativa – si dice in un comunicato stampa del Comune – è organizzata con l’intento di esaltare le tradizioni locali in occasione della commemorazione dei defunti e accrescere l’attrattività del centro storico.” E aggiunge l’assessore Coniglio: “Vogliamo incentivare le pasticcerie e i giocattolai acesi a essere parte di questa iniziativa”, che così continua: “È un’occasione per riprendere una tradizione e mettere al centro le nostre specialità. Dobbiamo farlo in ogni momento dell’anno. Grazie anche al vescovo che sollecita e contribuisce alla creazione organica di un circuito del gusto”. E allora appuntamento in largo Giovanni XXIII, dal 28 ottobre al 2 novembre, per degustare nucatoli, ’nzuddi, “ossa di morto”, ma anche paste di mandorla, frutta martorana, “totò”, biscotti degli angeli, piparelle; e per ammirare e scegliere giocattoli di tutti i tipi, antichi e moderni, da far “consegnare dai morti”, la notte antecedente il 2 novembre, ai nostri figli e nipoti. Nino De Maria

dalla prima Il presidente Cei sulla politica dell’

Jonio

Direttore responsabile Giuseppe Vecchio Editore Associazione La Voce dell’Jonio Via Mons. Genuardi, 14 95024 Acireale Iscrizione Tribunale Catania n. 220 del 5/4/1958 Iscrizione al ROC (Registro operatori della comunicazione) n° 22076 Redazione Via Mons. Genuardi 16, 95024 Acireale - Ct (casella post. 174) tel. 095601992 www.vdj.it lavocedelljonio@hotmail.it Abbonamento annuo Ordinario euro 12,00 Extra 20,00 - Speciale 50,00 Sostenitore 100,00 Conto Corrente Postale 7313800 intestato a Associazione La Voce dell’Jonio Via Genuardi, 14 95024 Acireale Membro FISC - Federazione Italiana Settimanali Cattolici

“Oggi noi viviamo in un grande ‘cambiamento d’epoca’, in base al quale la visione profetica di La Pira è di fondamentale importanza per la Chiesa e l’Italia”. Una visione, quella di Giorgio La Pira, fondata tanto sulla concretezza quanto sulla bellezza per rendere politicamente operativo il binomio del pane e della grazia, per la quale Firenze rappresentò nel mondo qualcosa di unico. Il 5 luglio 1951, nel suo discorso programmatico, il neosindaco di Firenze imperniò il primo punto amministrativo sulla “pagina più bella ed umana del Vangelo: risolvere i bisogni più urgenti degli umili”. Pagina tradotta su tutti i campi del sociale: dalle medicine al latte, distribuito quotidianamente nelle scuole per integrare la dieta, in molti casi inadeguata, dei bambini di Firenze; dalle case requisite, alla costruzione dell’Isolotto; dalla lotta contro i licenziamenti di massa, alla nazionalizzazione del Pignone e della Galileo. Mario Agostino

Valverde: tavolo sulla sicurezza

Abbiamo parlato con il parroco del Santuario Nei, che ci ha detto, tra l’altro: “La situazione del Santuario è un caos. La piazza chiusa non è un problema solo del Santuario ma di Valverde; la piazza è il cuore del paese, vederla chiusa ci fa stare male, poi nel vedere anche il Santuario ci viene da piangere, ma andiamo avanti. La vita della parrocchia continua. Subito dopo la chiusura del Santuario del primo ottobre, ci siamo spostati nella chiesa della Misericordia. Avevamo già chiesto mesi prima all’ arciconfraternita Santa Maria della Misericordia la disponibilità in caso di necessità, siamo stati accolti. Le celebrazioni del Santuario regolarmente si svolgono nella chiesa della Misericordia, insieme ad altre funzioni come battesimi, i matrimoni non an-

cora, ne abbiamo spostato uno all’eremo di Sant’Anna ed uno nella chiesa di San Sebastiano di Acireale. Abbiamo ritardato con l’inizio del catechismo – continua così padre Nei -, che si tiene nella scuola comunale di Corso Vittorio Emanuele; il sindaco ci ha accolti, il comune ci ha dato la disponibilità per tutto l’anno. Il catechismo si svolge lì e questo dà più serenità alle famiglie. Il servizio di segreteria continua in Santuario, negli orari già stabiliti di martedì mattina e sabato pomeriggio; abbiamo messo dei cartelli sia in piazza che vicino al citofono di Corso Vittorio Emanuele 3, per informare i fedeli di questo. La chiesa è stata chiusa per le funzioni, ma se i fedeli entrano per usufruire del servizio di segreteria, possono “salutare” la Madonna. Lasciamo accese le luci del Santissimo e della Madonna, in modo tale che i fedeli vi si possono “affacciare”. Gli incontri dei giovani si svolgono adesso nella chiesa della Misericordia, la corale usa una delle sale del Santuario. Le sale sono agibili, anche il catechismo si sarebbe potuto fare, ma per precauzione e per tranquillizzare i genitori che hanno paura, abbiamo preferito spostare le attività. Le panche sono alzate, abbiamo fatto le indagini in questi giorni che pare confermino l’agibilità; venerdì 27 ci sarà un tavolo tecnico in prefettura. Il prefetto ha convocato il sindaco di Valverde, il sindaco di Aci Catena, la Curia di Acireale, per affrontare la questione idrogeologica e la messa in sicurezza del Santuario. Spero che dopo questa riunione si riapra la piazza ed il Santuario. Purtroppo – conclude padre Nei - le cose sono lente, ma si devono fare bene”. Quali le più grandi difficoltà? “La parte burocratica; l’elaborazione del progetto è una corsa contro il tempo, mancano pochi giorni alla scadenza. Per essere fruibile il Santuario, anche la piazza deve essere fruibile. È un dispiacere enorme, chi vede la piazza e il Santuario chiuso sente dolore al cuore. I disagi sono diversi; padre Cherubino, che è anziano, scende le scale con difficoltà e fatica per spostarsi nella chiesa della Mi-

sericordia. La chiesa è più piccola, noi dobbiamo spostare il materiale per le celebrazioni. la nostra fede è in Dio, la nostra devozione a Maria non si limita ad un tempio. Maria è molto più di questo, noi dobbiamo rinforzare ancora di più la nostra fede e chiedere al Signore la grazia di andare avanti. Dobbiamo fare la nostra parte per il bene del Santuario e di Valverde, che ha tanto bisogno di risolvere i problemi attuali. Chiediamo l’intercessione di Maria per il bene di Valverde e per la riapertura del Santuario. Questa situazione ha suscitato impegno da parte di persone, gruppi, associazioni che si avvicinano per fare qualcosa per il bene del Santuario, per il progetto che si sta elaborando di consolidamento e restauro. Questo momento di disagio e sofferenza ci sta portando ad una riflessione profonda sulla nostra fede e devozione a Maria”. Occorre raccogliere 120,000 euro, quali le tempistiche? Ci sono già stati aiuti? “In modo ufficiale no, abbiamo ricevuto qualche donazione individuale, ma concretamente ancora poco. Avendo il progetto completo faremo una riunione per la cittadinanza per farlo conoscere, così chi vuole collaborare può farlo e faremo un piano di azione, distribuiremo i compiti. Per il mese di marzo dovremmo avere almeno la metà di questi soldi, la Cei darà il 50 per cento della loro somma e noi dovremmo rispondere allo stesso modo. Poi ci sarà la gara d’appalto, si inizieranno i lavori. Ringraziamo chi è venuto con delle proposte; vogliamo partire dal progetto, far conoscere l’obiettivo agli altri e poi studiare i modi migliori per ricevere gli aiuti, avremo trasparenza. In questo modo chi ci aiuta avrà la sicurezza che sta facendo del bene e che i soldi arrivano a destinazione; si lavorerà su un conto dedicato, la gente farà bonifici e potrà vedere il progresso delle donazioni”. Graziella De Maria


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Cultura e Spettacolo

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ACIREALE L’inaugurazione dell’anno scolastico del glorioso istituto filippino diretto da padre Cantarella

Il preside Sciacca: “Ecco perché il S. Michele” Si è svolta all’Istituto San Michele di Acireale la cerimonia di inaugurazione del 144° anno di attività, nonostante le lezioni siano già cominciate lo scorso 11 settembre. Una bella giornata di sole accoglieva nei locali del più antico collegio acese alunni, ex-alunni, docenti, famiglie ed ospiti illustri, per un momento particolarmente significativo, considerato che l’Istituto, con il proprio Liceo Scientifico paritario, è oggi l’unica istituzione non statale superstite dei diversi collegi che hanno contribuito a che Acireale, nel tempo, meritasse il pregevole appellativo di ‘città degli studi’. Nonostante le oggettive attuali difficoltà, legate anzitutto al ridotto numero di allievi, il ‘San Michele’ continua, attraverso la lungimirante opera dei Padri Filippini che sin dalla fondazione (31 dicembre 1874) ne reggono le sorti, ad essere solido punto di riferimento nel panorama dell’istruzione cittadina e non solo. La festosa giornata si iniziava alle ore 9,30 con la celebrazione della Santa Messa presieduta, nella cappella dell’Istituto, dal direttore padre Alfio Cantarella dopo la prima ora di lezione. Il grande salone liberty dell’Istituto ospitava poi la seconda parte della giornata, introdotta dai saluti del direttore e del preside prof. Giovanni Vecchio. Padre Cantarella evidenziava le apprensioni e le speranze che accompagnavano il clima di festa. Tuttavia, è di indubbia valenza educativa l’apporto di docenti, famiglie alunni ed ex-alunni alla

vita della scuola, che costituisce la principale agenzia educativa, attraverso la qualificata opera dei docenti. Con la propria qualifica di scuola ‘cattolica’, il ‘San Michele’ si apre al territorio, trasmettendo ai discenti i valori morali che formano l’uomo. Dopo un intermezzo musicale curato dalla giovane pianista Francesca Sciacca, il preside prof. Vecchio introduceva l’illustre relatore del momento ‘culturale’: il preside prof. Alfonso Sciacca, dirigente scolastico emerito del Liceo Classico statale acese ‘Gulli e Pennisi’ ed anche dirigente scolastico emerito del ‘San Michele’. Il preside Sciacca ha tenuto nell’occasione una dotta relazione sul tema ‘Perché il San Michele?’. A questa domanda, si può dare una triplice risposta. L’oratore introduceva le proprie dotte argomentazioni a partire dalle remote origini dell’Istituto, che non nasceva,

comunque, per caso, in quanto fu il primo vescovo della diocesi acese, l’agrigentino mons. Gerlando Maria Genuardi, a comprendere per primo come una qualsiasi istituzione (compresa la diocesi) non poteva rinunciare al fondamentale apporto della cultura, tanto che coinvolse nei suoi progetti i fratelli sacerdoti Licciardello della Congregazione cittadina dell’Oratorio di San Filippo Neri. Il ‘San Michele’ si propone alla propria utenza quale scuola nella quale il profitto nello studio deve intendersi saldamente vincolato con i valori morali, ma anche quale ‘scopritore’ di talenti nascosti, una scuola, cioè, quotidianamente impegnata a scommettere sui propri discenti. La scuola dei Padri Filippini si propone da sempre anche quale ‘palestra di vita’ e fucina dei giovani docenti che vi maturano la propria esperienza prima di accedere ai ruoli della scuola statale. Ciononostante, anche docenti affermati vi hanno nel tempo prestato la propria opera formativa. Un secondo intermezzo musica della pianista Sciacca, precedeva i brevi interventi con cui il prof. Rosario Musmeci, dirigente scolastico emerito dell’Istituto comprensivo statale ‘Paolo Vasta’ di Acireale, e l’ingegnere Camillo De Martino confermavano la valenza formativa e morale del ‘San Michele’.

introspezione del can. Pappalardo

aforisma è “Scrivere e recepire emozioni. Trascriverle e trasmetterle”. Ha trasmesso questa passione ai suoi figli? “La femmina è più vicina a me, ogni tanto scrive e in modo abbastanza forte. Ma la mia poesia è molto lontana dalla sua, il mio obiettivo è emozionare”. Una sua considerazione sui poeti contemporanei? “Ne conosco alcuni anche di presenza, altri li studio. La maggior parte di loro sono poeti che vanno alla ricerca spasmodica della parola originale, perdendo come obiettivo quello di emozionare il lettore, e secondo me questo diventa qualcosa di prosaico non di poetico. Sono bravi prosatori versatili, li chiamo io”. Quali i suoi maestri? “Se andiamo un po’ a ritroso il grande Giovanni Pascoli, da “Odi e Inni” ecco il titolo della mia quarta opera “La favola del disarmo”. Amo molto Pascoli per la sua poetica del fanciullino; l’essere umano si deve porgere con animo fanciullesco per poter recepire la vera essenza della vita”. Il libro che le ha cambiato la vita? “Quello della poetessa polacca Szymborska, “Elogio dei sogni”; è un libro che cammina con me, lo leggo e lo rileggo spesso. Sono stata paragonata a lei, ma io non mi sento di esserle vicino perché sono molto emozionale, lei è crude ed ironica nel descrivere la realtà. Con la sua leggerezza dell’essere trasmette messaggi fortissimi e ci fa capire come la vita deve essere presa”. Graziella De Maria

Anna Bella

Nando Costarelli

La poetessa che canta i sentimenti bambole e con gli altri bambini a fare la regista, organizzavo scene teatrali. Ho sempre scritto nel diario segreto le mie riflessioni, ciò che dettava il mio animo. Faccio parte del “Cine foto club Galatea”; un giorno il dott. Consoli mi diede il compito di organizzare la serata intitolata “Frammenti d’amore”. Ho cercato poesie d’amore dei più grandi poeti e le ho proposte al dott. Consoli, che mi ha chiesto di declamare le mie poesie in pubblico durante quella serata, non è stato semplice convincermi. Questo è stato il trampolino di lancio. Mi sono resa conto che le mie poesie hanno avuto successo ed ho poi capito che quelle emozioni trascritte in versi non erano solo personali, ma che le vivevano anche gli altri”. Le tematiche più frequenti delle sue poesie? “I sentimenti che viviamo noi esseri umani, l’amore, la delusione, la paura della morte, la malattia, la sofferenza, l’amore immenso che ho per il mare”. Quando e dove scrive? “La poesia è come una finestra, si spalanca all’improvviso ogni qualvolta nasce un’emozione, il poeta è come una spugna assorbe vivendo queste emozioni. In un momento inaspettato arriva l’ispirazione, come diceva la Merini anche in modo “maleducato”, di notte, di giorno. Circolo sempre con un taccuino ed in ogni stanza di casa mia c’è della carta dove posso scrivere qualsiasi cosa si presenta all’improvviso”. Perché l’abbinamento della poesia con le altre forme d’arte? “Lavorando in sinergia crea emozione. Un mio

Don Rocca presenta “Viaggiare”

Nel salone del Seminario vescovile di Acireale, su organizzazione della presidente del Serra Club dott. Dora Pennisi, ha avuto luogo l’attesa presentazione del libro del prof. can. Salvatore Pappalardo, “Viaggiare”. Presenti il Rettore, don Marco Catalano, e numeroso pubblico, composto per lo più dai soci del Serra Club, da amici, da alcuni ex alunni dell’Autore. I seminaristi hanno contribuito con generosità alla riuscita dell’iniziativa. Il prof. can. Pappalardo, con una lunga carriera alle spalle, specie come stimato preside dell’Istituto Tecnico Commerciale Statale “Gemellaro” di Catania, ha avuto parole di elogio per i suoi ex alunni, ai quali ha dedicato con amore la sua operosa vita, attraverso la sua dotta cultura e la sua insonne esperienza. Una foto del lontano 1931, raffigurante un centinaio di persone, soprattutto presbiteri e seminaristi, ingrandita in modo eccezionale, in primo piano, attrae l’attenzione di tutti i presenti, che riconoscono con gioia parenti e amici, quando il can. Salvatore Pappalardo con rilevante accuratezza rivela l’identità di circa metà personaggi, compreso sè stesso, abbastanza noti in Acireale. La presidente, dott. Dora Pennisi, esprime il suo compiacimento per questa interessante pubblicazione e porge i suoi complimenti all’Autore, nativo di Aci Catena. Don Vittorio Rocca con arguzia presenta il libro “Viaggiare”, quale simbolico viaggio interiore di don Salvino Pappalardo: storia dell’anima, condotta con larghezza di vedute. Acuta l’analisi di alcuni episodi significativi, interessante la lettura di passi singolari, in cui vengono messe in luce l’originalità e le personali doti introspettive dell’Autore. Due bravi seminaristi, il pianista, Andrea Grasso, e il suonatore di corno francese, Mattia Cantali, intrattengono piacevolmente il pubblico, suonando dei pezzi di grandi musicisti, tra cui Chopin e Beethoven, riscuotendo vivaci applausi. Arricchisce la serata l’intervento di un ex alunno di padre Salvino Pappalardo. L’incontro, nella sua semplicità, è stato vissuto da tutti intensamente, e si è concluso con il canto “Dolce sentire”, a cura del seminarista, Rosario Pittera.

INTERVISTA Maria Grazia Falsone parla delle sue ispirazioni e delle sue opere in versi

Si è tenuto, nel salotto della Pro Loco di Valverde, l’incontro con la poetessa Maria Grazia Falsone, intitolato “La favola del disarmo. Echi di…versi”. Novità della poesia dell’autrice è saperla porgere allo spettatore attraverso incontri culturali, che fondono parole, musica e spettacolo. Lo spettacolo della Falsone è infatti unito a video proiezioni, alla musica di sottofondo, alla coreografia del ballo, al canto, al mimo. Ciò le ha permesso di ricevere il premio “Ercole Patti” e di rappresentare la Sicilia a Pistoia nel 39° Premio nazionale di poesia “Pietro Borgognoni”. Maria Grazia Falsone nasce a Campobello di Licata (AG). Trascorre la prima infanzia tra Sermoneta (LT) e Gavignana (RM). Vive ad Acireale dal 1974. Responsabile del “Cenacolo del Galatea”, collabora con radio e televisioni locali nella quale gestisce programmi culturali. Nell’emittente televisiva “Antenna Sicilia”, nel programma “Azzurro”, ha condotto una rubrica culturale con lo slogan “Quando la Poesia fa spettacolo”. Ama la poesia quanto la musica. Lo stesso amore l’ha condotta alla pubblicazione della sua prima silloge di poesie “Appunti di viaggio” nel 2004. Pubblica in seguito “Il senso della vita”, “Respiro di… verso nel tempo” e “La Favola del Disarmo”. L’abbiamo intervistata per conoscerla di più. Poeta di nasce o si diventa? “Nel Dna di ciascuno è scritto il proprio destino, così anche per i poeti. Sin da piccola giocavo con le

Libri

MUSICA Pubblicato grazie a una campagna di “crowdfunding” un originale Cd che ripresenta e parodia motivi dei mitici anni ‘50

“Canzoni da due soldi” di tre “Signorine” toscane La musica piacevole, quella che con le sue note sa trasportarti ovunque con lo spaziare del pensiero, la musica allegra ma non invadente, dirompente o quasi aggressiva, la musica briosa ed allo stesso tempo dolce e un po’ nostalgica, accompagnata da parole che raccontano i luoghi dell’Italia e loro peculiarità. Questo è il tipo di musica emergente dall’unione di tre giovani voci femminili, che hanno voluto divulgare un tipo specifico di melodiosità, quella inerente le canzoni degli anni 50’ e non solo. Tutte rigorosamente in italiano. Stiamo parlando del trio vocale “Le Signorine”, ovvero tre ragazze toscane che hanno creduto nel loro amore per il canto e si sono impegnate a tal punto da far diventare la passione concretezza. Claudia Cecchini, Lucia Agostino e Valentina Di Stefano, “le signorine”, appunto, sono tre amiche che, dopo aver intrapreso per anni ognuna il percorso individuale, con le relative diverse esperienze, ad un certo momento si sono “ritrovate” ed hanno individuato la comune passione canora. Da allora è stato tutto un divenire, che le ha portate alla realizzazione del loro primo EP, abbreviazione di “extended play”, cioè un CD contenente anche canzoni inedite. “Canzoni da 2 soldi” è il titolo del disco e corrisponde a quello del primo brano contenuto nell’EP. Gli altri cinque sono reinterpretazioni di famosi pezzi della

tradizione popolare italiana, con cui le ragazze realizzano un viaggio attraverso le città dello stivale. Creano quella “continuità” e persistenza, ben oltre lo scorrere imperterrito del tempo che poco risparmia al suo passaggio, di canzoni già sperimentate ma sempre piacevoli all’udito e pronte ad essere riascoltate. Concreta occasione di usufruire delle note per trovarvi diletto ed allegria attraverso un “remake” di brani lontani, ma non troppo, che con il loro fascino sono capaci di “sedurre” ancora, impreziositi dagli arrangiamenti del trio. Il contesto che le giovani propongono è stile vintage. Ciò si manifesta sia nell’abbigliamento, sia nel loro trucco, completa il quadro e stacca il biglietto a chi si imbarca

in questo viaggio indietro nel tempo, fino alla magica atmosfera dei famosi anni 50’. Il disco è stato ufficialmente presentato lo scorso ventiquattro luglio a Firenze. La volontà del trio ha superato ostacoli e difficoltà, come quelle di natura economica, che potrebbero scoraggiare l’iniziativa dei giovani. È stata effettuata una campagna di “crowdfunding”, su Musicraiser, ovvero una raccolta fondi, tramite internet, con piccoli contributi. Il sogno è diventato realtà ed il disco può, oramai, inebriare l’ascolto. L’intento delle tre ragazze è valorizzare la canzone semplice, la canzone popolare ma ricca di tradizione con la sua essenza ed unicità. Le cantanti, infatti, amano esibirsi tra la gente, tra l’allegria spontanea ed immediata. Lo hanno dimostrato prendendo parte, sempre lo scorso luglio, alla trentesima edizione di “Mercantia”, Festival internazionale del teatro di strada, svoltosi a Certaldo (FI). L’ascolto, dunque, delle “Canzoni da 2 soldi” trasporterà l’orecchio, la mente ed il cuore in un mondo passato ma mai dimenticato e confermerà, ancora una volta, che l’impegno, la voglia di fare, coniugata con il lavoro e la capacità, possono superare gli ostacoli e raggiungere mete all’inizio impensabili. Rita Messina


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AZIONE CATTOLICA A Giarre la festa diocesana per i 150 anni di vita con al centro sei parole chiave

Una passione che fa tendere verso l’alto Pronti a festeggiare? Noi sì! Carichi e con la voglia di trasmettere la gioia che abbiamo dentro! Ma cosa si festeggia? Una “Vecchietta” di 150 anni, L’Azione Cattolica. Una “vecchietta” che è passione, che fa tendere verso l’alto rimanendo piantati per terra; una “vecchietta” che è famiglia; una “vecchietta che non invecchierà mai! La festa, svoltasi al Palasport di Giarre, inizia con “Futuro Presente”, l’inno dei 150 anni dell’Associazione, e con i saluti del sindaco di Giarre, Angelo D’Anna, e il benvenuto di Anna Maria Cutuli, la presidente diocesana. Come poter descrivere questa splendida festeggiata? Anche se è vero che non basterebbero le parole, ne sono state scelte sei. La prima è LAICO. Laico è il battezzato che non può non condividere l’amore di Dio e che va in missione per il mondo, spendendosi per gli altri. La seconda è INTUIZIONE. L’intuizione di Armida Berelli del Movimento Femminile, che ha capito il grande contributo che le donne potevano dare all’associazione. L’intuizione di Piergiorgio Frassati del vivere la fede nella quotidianità, vivere la lotta continua alla verità senza malinconia. L’intuizione di Paola Bignardi di una storia sempre attuale, dove la speranza è la certezza del bene. La terza è ESSENZIALE. L’essenziale è l’annuncio di Cristo, morto e risorto per noi. Scegliere l’essenziale è il primo servizio da svolgere nelle parrocchie; e per fare questa scelta ci vuole coraggio! La quarta è CORRESPONSABILITÀ. Siamo una parte che vive per il tutto; siamo laici che vivono un carisma che fa uscire da una dimensione “proprietaria” dell’esistenza. Siamo un noi che si allarga, per costruire in ogni luogo comunione e corresponsabilità. La quinta è TERRITORIO. Siamo chiamati a cercare il seme buono in giro per il mondo.

Proprio come ha fatto Giorgio La Pira che ha vissuto l’impegno politico come un impegno di umanità e santità e che ha fatto discernimento del piano di Dio nella storia sul piano amministrativo della sua città. La sesta è MISSIONE. “Andate e lì siate Chiesa, con la forza dello Spirito Santo” (Papa Francesco). L’Azione Cattolica, come detto prima, è una famiglia. Per questo abbiamo festeggiato il socio più anziano, Maria Caramma, e il socio più giovane, Aurora Finocchiaro. Per questo abbiamo festeggiato Sant’Alfio, la parrocchia dove l’Associazione è presente da più tempo. Per questo gli ex presidenti diocesani sono stati intervistati parlando delle esperienze belle, e anche di quelle meno belle vissute durante il loro servizio. Per questo abbiamo premiato i ragazzi dell’ACR che hanno vinto il concorso “Fototelling”. Per questo abbiamo pregato e lodato il Signore…perché facciamo parte di una storia che si proietta sempre in avanti! Chiara Messina

Grazie ai sacerdoti Ogni persona, ogni storia è importante

Don Diego Conforzi, parroco di Sant’Ugo a Roma

35 mila sacerdoti diocesani, nelle parrocchie italiane, hanno scelto di donare la loro vita al Vangelo e agli altri. Per vivere hanno bisogno anche di noi. Doniamo a chi si dona.

Sostieni il loro impegno con la tua Offerta OFFRI IL TUO CONTRIBUTO AI SACERDOTI CON: Q versamento sul conto corrente postale n. 57803009 Q carta

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CHIESA CATTOLICA C.E.I. Conferenza Episcopale Italiana


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DIOCESI Sarà sacerdote il 4 novembre il giovane malgascio designato viceparroco a S. Venera e a S. Antonino di Mascali

L’ordinazione di Ludger Rakotonirina logia morale allo Studio teologico di Catania e ha percorso le varie tappe del cammino di avvicinamento all’ordinazione. Alla sua formazione hanno contribuito tante esperienze pastorali: prima nella parrocchia S. Maria degli Angeli di Acireale, poi in quella di Aci Platani e nell’ultimo anno, da diacono, nella parrocchia Sacro Cuore di Gesù di Randazzo. Ora il trasferimento nella parrocchia di Aci Castello che raccoglie i frutti della lunga semina nella vita di Ludger, accompagnandolo al momento più importante del suo percorso e che sarà la prima ad usufruire del suo ministero sacerdotale. L’ordinazione di don Ludger sarà preceduta da una veglia di preghiera animata dalla comunità del Seminario venerdì 3 alle ore 18. Il novello sacerdote presiederà la sua prima messa domenica 5, alle ore 10, nella stessa chiesa parrocchiale. don Alfio Privitera

SEMINARIO Giovedì 26 ottobre il primo degli incontri di preghiera

“Rinnovi come aquila la mia giovinezza” Con l’avvio del nuovo anno formativo del Seminario, ha inizio anche l’itinerario di preghiera aperto a tutti proposto dalla comunità del Seminario. Infatti ormai da tanti anni, un giovedì al mese, il Seminario di Via S. Martino ad Acireale, apre le proprie porte per condividere la quotidiana ora di preghiera con parenti, amici e parrocchiani dei seminaristi. Ma non solo loro. Nel corso degli anni questi appuntamenti si sono consolidati e sono seguiti da un consistente gruppo di fedeli che in questo modo si tengono vicini al Seminario e attraverso la preghiera e l’amicizia ne sostengono le attività. L’itinerario di preghiera ha lo stesso tema dell’anno formativo dei seminaristi, sebbene ripensato per i fedeli che vi partecipano. Quello di quest’anno prende spunto dal cammino di tutta la Chiesa verso il sinodo dei vescovi del 2018 sui giovani e propone un percorso basato sulla storia di alcuni giovani della Bibbia, giovani di Dio che ha sono attuali per gli uomini di ieri e di oggi. Il titolo prende in prestito le belle parole del Salmo 103: “Tu rinnovi come aquila la mia giovinezza”. I giovani, sia

dell’Antico che del Nuovo Testamento, presi in considerazione sono Giuseppe, Samuele, Geremia, Daniele, Davide, Giovanni, Paolo e Maria. Ogni incontro di preghiera, dalla durata di un’ora, ha il suo centro nell’adorazione eucaristica; è in questo clima di profonda preghiera che si ascolta la Parola di Dio, c’è modo di interrogarsi su quello che essa dice ai giovani e alla Chiesa di oggi, e allo stesso tempo si prega per i nostri seminaristi e per le vocazioni al sacerdozio. Ogni incontro di preghiera è aperto a tutti, anche se c’è un ca-

lendario secondo il quale le parrocchie di ogni vicariato sono invitate a partecipare. L’adorazione si svolge nella Cappella maggiore del Seminario alle ore 19. Alcuni sacerdoti sono disponibili fin dalle 18 per la confessione o il colloquio spirituale. Il primo appuntamento è giovedì 26 ottobre sul tema “Giuseppe, il re dei sogni”. Per restare sempre aggiornati basterà collegarsi al sito www. seminarioacireale.it oppure seguire la pagina facebook “Seminario Vescovile di Acireale”. d. A. P.

Presentato ad Aci San Filippo il libro su Ratzinger scritto da Maria Giuseppina Buonanno e Luca Caruso

LIBRI

Sabato 4 novembre sarà un giorno speciale per la comunità parrocchiale di Aci Castello: in quel giorno, infatti, sarà ordinato presbitero Ludger Rakotonirina, che poche settimane fa è stato designato dal Vescovo ad essere il nuovo Vicario parrocchiale al posto di don Salvatore Di Mauro, recentemente nominato parroco a S. Venera e S. Antonino di Mascali. L’ordinazione si svolgerà nella chiesa parrocchiale alle ore 18. La storia vocazionale di Ludger (36 anni) è abbastanza lunga. Dopo aver compiuto diversi anni di formazione nel Seminario del suo paese, il Madagascar, egli si è trasferito in Italia per proseguire gli studi a Roma e a Palermo, fino a giungere ad Acireale nel 2013, accolto dal Vescovo nel Seminario diocesano. In Seminario ha completato la formazione umana e spirituale, integrandosi nella comunità e nella vita diocesana; ha proseguito gli studi conseguendo la licenza in teo-

Nella settecentesca cornice della Basilica San Filippo d’Agira in Aci San Filippo, alla presenza di un uditorio variegato e devoto, ha avuto luogo la presentazione del volume biografico “Joseph Ratzinger – Benedetto XVI – Immagini di una vita” (Edizioni San Paolo, 2017), scritto dai giornalisti Maria Giuseppina Buonanno, caposervizio del settimanale “Oggi”, e Luca Caruso, responsabile dell’Ufficio stampa della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger – Benedetto XVI, in occasione dei 90 anni del Papa emerito. Insieme con gli autori, sono intervenuti: don Alessandro Di Stefano, prevosto parroco della Parrocchia San Filippo d’Agira in Aci San Filippo; monsignor Alfred Xuereb, segretario generale della Segreteria per l’Economia, già segretario dei Papi Benedetto XVI e Francesco; don Giuseppe Costa, salesiano, consigliere della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger – Benedetto XVI, già direttore della Libreria Editrice Vaticana; Pino Occhipinti, teologo, responsabile Area Libri del Gruppo Editoriale San Paolo. L’evento, fortemente voluto dalla Parrocchia San Filippo d’Agira, è stato impreziosito dagli interventi musicali di Grazia Palazzolo (clarinetto) e Riccardo Emanuele Sapienza (pianoforte). Il dibattito, moderato dallo stesso Caruso, che ci piace ricordare essere figlio della Diocesi di Acireale, ha rappresentato un viaggio nella vita, nelle opere, e nelle intenzioni di Benedetto XVI: una occasione rara per rivivere fatti ed immagini note al grande pubblico dal punto di vista di chi quelle circostanze le ha vissute in prima persona, al fianco del Pontefice emerito. Appare chiara, a conclusione di questa narrazione, intervallata dalle letture dell’attore Filippo Brazzaventre, l’immagine di un uomo timido, mite, umile, innamorato della preghiera, dello studio e della scrittura: spesse volte incompreso a causa di una percezione errata di queste qualità, scambiate e propagandate per freddezza, severità, rigore, tradizionalismo e schiva riservatezza. Nato e battezzato il Sabato Santo del 1927, Benedetto XVI raggiunge il traguardo dei 90 anni nel giorno di Pasqua del 2017 (16 aprile 2107): una coincidenza del tutto simbolica che ci richiama alla mente quanto il suo pensiero teologico ed il suo impegno pastorale siano stati orientati a far risplendere dinanzi agli uomini la luce di Cristo risorto. Mostrare Dio agli uomini ed affermarne il primato dinanzi al rischio drammatico del suo oblio; istillare il desiderio continuo di procedere, come in un cammino, nella ricerca e nella scoperta della verità (il suo motto episcopale è «Cooperatores veritatis», collaboratori della verità); confermare i fedeli nella fede, ovvero farli avvicinare all’incontro con Gesù di Nazareth: sono questi i cardini della missione di Joseph Ratzinger – Benedetto XVI che si sono estrinsecati sia durante l’attività accademica, nutrendo sempre il desiderio di convincere i suoi studenti, senza mai imporsi; sia durante gli otto anni di Pontificato. Nei suoi viaggi, nei suoi innumerevoli discorsi, nelle sue Encicliche e nel suo magistero in genere, nelle sue molteplici pubblicazioni, ha condotto una riflessione interna alla coscienza dell’uomo, analizzando la ragionevolezza della fede, proclamando la bellezza della fede in Dio, dando «testimonianza a Dio che si è fatto uomo, annunciando il Vangelo nella sua integralità, anche quando comportava la perdita di consensi. Da qui l’esortazione ai credenti perché incarnassero i valori evangelici nella loro vita, nelle relazioni, nel lavoro, nell’impegno per il bene comune». Perché ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Negli oltre cento volumi di sua produzione, nei suoi discorsi, nelle omelie, sempre attento alla scelta di un linguaggio fortemente ricettivo, ci consegna un patrimonio immenso di pensiero teologico e culturale, dono preziosissimo per la Chiesa Cattolica che non deve avere mai paura di leggere e studiare durante il pellegrinaggio verso la Verità: «Il Signore ci aiuterà!». Ezio Tosto

DIALOGO INTERRELIGIOSO Nel 500° anniversario della Riforma incontro a Dagala col pastore luterano Andreas Latz

“Grazie a Francesco un nuovo tempo ecumenico” In questi giorni volge al termine il 500esimo anniversario della riforma protestante e in diocesi diversi sono stati i momenti all’insegna dell’ecumenismo. Oltre al concerto di musica d’organo nella basilica dei SS.mi Pietro e Paolo di venerdì 27 ottobre, organizzato dalla Comunità evangelica luterana di Sicilia, altri due momenti dello scorso fine settimana hanno scandito questa ricorrenza: la proiezione del film Luther e l’incontro con il pastore luterano per la Sicilia Andreas Latz (nella foto). Si è trattato di due appuntamenti organizzati dall’Ufficio diocesano per l’ecumenismo, retto da don Santo Leonardi, con il supporto del gruppo famiglia della parrocchia di Dagala del Re da lui guidata. Le 95 tesi di Lutero, la dottrina della giustificazione della fede, e poi i punti in comune quali l’adesione al Vangelo, sono alcuni dei tratti salienti affrontati dal pastore Andreas Laatz nella conferenza tenuta lunedì 23 ottobre nel salone parrocchiale di Dagala del Re. I cinque imperativi della dichiarazione congiunta di Lund del 2016 tra cattolici e luterani hanno fatto da cornice durante tutto l’incontro.

È stato infatti ribadito anzitutto che cattolici e luterani dovrebbero sempre partire dalla prospettiva dell’unità e non dal punto di vista della divisione lasciandosi continuamente trasformare dall’incontro con l’altro e dalla reciproca testimonianza di fede. E ancora: cattolici e luterani dovrebbero di nuovo impegnarsi a ricercare l’unità visibile. Come? Riscoprendo congiuntamente la potenza del Vangelo di Gesù Cristo per il nostro tempo e rendendo testimonianza della misericordia di Dio. “Stiamo vivendo, grazie anche alla vivacità di Francesco, un nuovo tempo ecumenico”, ha detto il pastore luterano. Il Papa, ha detto Andreas Latz,

ci dice che “è di gran lunga edificante stringerci nella fede in Cristo”. Incontrarsi, però, non significa confondersi: “Se cattolici e luterani si parlano non vuol dire mischiare le due cose. Piuttosto riscoprire quelle fondamenta che ci uniscono come il battesimo e l’annuncio del Vangelo”. Luterani e cattolici dovrebbero sempre più asserire, sulla scia di Papa Francesco, che “l’ecumenismo si regge sul popolo che vive e non sulla gerarchia che comanda”. A fine incontro è risultato evidente come le differenze tra cattolici e luterani restano sostanziali e non può di certo essere lo spazio di una conferenza ad illustrarle tutte e in maniera tecnica. Per esempio il valore costitutivo dei sacramenti, ivi compreso quello dell’Ordine, e l’importanza non solo carismatica ma costitutiva del Papa come guida della Chiesa, nonché la funzione sistematica e magistrale della teologia, non sono aspetti suscettibili di modifiche o di accostamenti facili al protestantesimo. Piuttosto è stato ancora una volta sottolineato come la riforma di Lutero abbia rappresentato, in quel dato periodo storico, un tentativo di risposta ai bisogni dell’uomo. La Chiesa, come diceva Gregorio VII, si riforma per essere migliore e più libera mentre Papa Benedetto XVI afferma che la vera riforma non giova tanto per erigere nuove facciate ma “per far sparire nella maggior misura possibile ciò che è nostro, così che meglio appaia ciò che è Suo, del Cristo”. Domenico Strano


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DIOCESI Don Venerando Licciardello lascia le due comunità di Acireale centro per guidare quella di Cannizzaro

Don Nicotra s’insedia a S. Michele e S. Giuseppe ACIREALE: DON RASPA AL MEIC L’ospitalità e l’accoglienza nell’Antico Testamento Nella sala “San Giovanni” della parrocchia “San Paolo” di Acireale, in tre intense sere si sono svolti incontri biblici sul tema “L’ospitalità e l’accoglienza nell’Antico Testamento”, su organizzazione del Meic, presidente il giudice, dott. Pietro Antonio Currò; relatore, il dotto don Carmelo Raspa, docente di Sacra Scrittura A destra don Carmelo Raspa e di lingua ebraica nell’Istituto teologico “San Paolo” di Catania. Il numeroso pubblico, attraverso il dibattito, si rivela molto interessato ai problemi religiosi, discutendone con don Raspa. Interessante la tematica sull’epoca di Davide, che ha sangue moabita, e Salomone; sui rapporti d’Israele con altri popoli attraverso alleanze, tramite matrimoni con donne straniere, idolatre. Salomone, tra spose e concubine, avendo un migliaio di donne, da vecchio non rimane fedele al suo Dio. L’impegno di Israele è attrarre gli altri popoli all’ebraismo. Molto difficili i rapporti con i Samaritani, ma Gesù Cristo, proprio attraverso la parabola del buon Samaritano, ci dà un profondo insegnamento sulla carità. Nel Regno del Nord, i popoli continuando a servire i loro dei, provocano le accuse di sincretismo con relative polemiche. Durante la deportazione in Assiria, non tutti gli Israeliti sono deportati: è il periodo della dominazione macedone. Attualmente russi, discendenti di Ebrei, vanno in Israele per ricostruire la loro identità ebraica. Durante il periodo dei Maccabei, che detengono il potere politico cultuale, intere masse sono obbligate a trasferirsi in Galilea, regione piuttosto disabitata. Data la rigidità etnica, il fine è quello di definire l’“Israele vero”. Emblematico l’episodio di Giona, che scappa da Dio, allorché riceve da Lui l’ordine di andare a Ninive, per richiederne la conversione, ma la tempesta, scatenatasi nel mare, lo costringe a rivelare ai marinai che, essendo colpevole, è punito da Dio, per cui il mare tornerà ad essere calmo, solo buttandovelo. E così avviene: un pesce lo ingoia e poi lo riversa sulla spiaggia. I Niniviti, più di centoventimila abitanti, si convertono. Don Raspa pone il problema dell’universalismo nel libro di Giona, inoltre avanza l’ipotesi che attraverso l’ironia si vuole imporre la fede ebraica a tutti, cioè condurre a Israele tutti i popoli. Seguono le citazioni di vari libri biblici: Zaccaria, Geremia, Isaia. Per gli Ebrei, lo straniero- rifugiato politico o migrante economico- va tutelato allo stesso modo della vedova o dell’orfano: ”Anche tu, Israele, ricordati che sei stato straniero in Egitto”. Nel tempio di Gerusalemme, esistenza del cortile dei Gentili. E’ evidente nella Bibbia la tensione sull’universalismo puro fuori e dentro i confini di Israele, specie con San Paolo, permanendo fino al Concilio di Gerusalemme: gli Ebrei, i fini destinatari dei messaggi. La priorità d’Israele è evidente nei testi: la Parola eterna di Dio non muta. Nella conclusione, il relatore sostiene che il dialogo dei cristiani con gli Ebrei moderati è possibile, mentre con gli ultraortodossi rimane un problema insolubile A. B.

Don Emanuele Nicotra è il nuovo parroco delle chiese “San Michele Arcangelo” e “San Giuseppe” di Acireale. le due comunità hanno iniziato insieme nel tardo pomeriggio di giovedì 12 ottobre scorso, con la solenne concelebrazione eucaristica presieduta nella chiesa di San Domenico dal vescovo della nostra diocesi mons. Antonino Raspanti. L’avvicendamento alla guida delle due comunità per decisione del vescovo mons. Raspanti si rendeva necessario in seguito alle dimissioni che mons. Vincenzo Lanzafame, arciprete parroco di San Giuseppe da ormai un quarantennio, presentava al vescovo per raggiunti limiti di età, ma anche successivamente al recente trasferimento del sac. Venerando Licciardello, arciprete parroco di San Michele, alla comunità ecclesiale di Cannizzaro. Con la solenne concelebrazione, presieduta da mons. Antonino Raspanti, presso la chiesa di San Domenico, don Nicotra, originario della comunità di Aci Bonaccorsi, e dopo avere svolto per tredici anni il proprio ministero pastorale a Randazzo, ha preso ufficialmente possesso delle due nuove parrocchie. Magnifico il colpo d’occhio presentato dalla monumentale chiesa, gremita in ogni ordine di posto, per la presenza di autorità civili e militari della nostra città (in testa il vicesindaco Nando Ardita, rappresentanti delle locali Tenenza della Guardia di Finanza e Compagnia dei Carabinieri), di familiari e parenti del nuovo parroco, di numerosi parrocchiani e di rappresentanti dei gruppi ecclesiali delle due comunità acesi, di molti fedeli delle due parrocchie di Randazzo, di una delegazione della comunità di Guardia (ove don Emanuele aveva svolto il tirocinio pastorale prima di essere consacrato presbitero), nonché di una nutrita delegazione della comunità bonaccorsese. Presenti, oltre ai due parroci uscenti, il cardinale Paolo Romeo, un nutrito gruppo di sacerdoti diocesani, tra i quali il cancelliere vescovile

sac. Alfio Privitera ed il rettore del Seminario diocesano sac. Marco Catalano, nonché una delegazione dello stesso Seminario. La liturgia era animata dai canti eseguiti dalla corale polifonica ‘Notre Dame de Lourdes’ (della parrocchia San Giuseppe), diretta dalla maestra Clotilde Fiorini. Primo momento era l’accoglienza al vescovo e a don Emanuele, sulle note del canto ‘Christus vincit’; di seguito, la solenne concelebrazione della Santa Messa; dopo che il vescovo presentava alle due comunità parrocchiali il nuovo parroco, ivi inviato quale Pastore buono per la salvezza delle anime, il cancelliere vescovile dava lettura del ‘Decreto’ di nomina (che decorre dallo scorso 5 ottobre), rivolgendogli l’auguro di un fecondo ministero. Il vescovo, centrando l’omelia sulla figura di Cristo ‘Buon Pastore’ ed auspicando la piena e proficua collaborazione tra fedeli e parroco, perchè ciò si concretizzi nella crescita spirituale delle due comunità parrocchiali, non trascurava, inoltre, di esprimere un particolare apprezzamento per l’opera pastorale dei due arcipreti parroci che hanno guidato finora le rispettive comunità parrocchiali. A conclusione dell’omelia, il no-

vello parroco rinnovava dinanzi al vescovo la propria volontà di continuare a servire la Chiesa ed il popolo cristiano nelle due comunità ora a lui affidate, confermando al vescovo ed ai suoi successori la promessa di filiale rispetto ed obbedienza. Egli rivolgeva, poi, il saluto alle due nuove comunità parrocchiali ed a tutti gli operatori pastorali, con l’esortazione ad intraprendere un cammino spirituale improntato all’insegna dell’aiuto e del dialogo reciproci, come un’unica famiglia. Scelto per un disegno divino, nonostante le umane debolezze, egli non mancava di ringraziare tutti i presenti ed in particolare i due parroci uscenti per i frutti spirituali da costoro seminati e le comunità ecclesiali di Aci Bonaccorsi, Guardia e Randazzo, per lui tappe fondamentali di un itinerario di progressiva e proficua crescita spirituale. La celebrazione eucaristica viveva, infine, i tradizionali momenti della consacrazione e della comunione e, prima della conclusione, i rappresentanti delle due parrocchie rivolgevano al nuovo Pastore il benvenuto e l’augurio di un lungo e fecondo ministero. Nando Costarelli

Acireale, adorazione eucaristica a S. Camillo SCILLICHENTI Giornata dedicata a un personaggio Fr. Carlo: “Rispondiamo alla fame interiore” Solidarietà nel ricordo di Orazio Il ventesimo anniversario dell’Adorazione eucaristica del venerdì nella chiesa di S. Camillo in Acireale viene celebrato in questo mese di ottobre con varie iniziative che sottolineano, come è scritto nel programma, “forti momenti di Comunione con Gesù Eucarestia, guaritore e consolatore della nostra vita”. Venerdì 13 ottobre è stato il novello sacerdote, P. Salvatore Giuseppe Camillo Pontillo, della città di Matera, a presidiare la Concelebrazione Eucaristica con la partecipazione di parecchia gente. E’ stato un gioioso momento di fraternità, l’incontro nel cortile. Dopo è cominciata l’Adorazione eucaristica, che si è prolungata per tutta la notte e lungo la giornata del sabato fino all’ ora della S. Messa vespertina. P. Mario Allegro, nuovo Superiore dei Camilliani di AcirealeMangano, presentato con gioia da fratel Leonardo, presiede la concelebrazione solenne. Nell’omelia, parla del 150° anniversario “della nascita al cielo della Beata Maria Domenica Brum- Barbantini”, fondatrice delle Suore Ministre degli Infermi di San Camillo, citandone tre in Acireale: la Superiora, suor Purissima, filippina; suor Veronica, italiana di Chieti; suor Tipthara, tailandese. Nel tracciare la vita della Beata, P. Mario ricorda anche la sua grande fede: ella, dopo la morte del giovane marito e in seguito quella del figlio di otto anni, si dedicò totalmente a Dio. In occasione dell’Adorazione , abbiamo rivolto qualche domanda al camilliano Fratel Carlo Mangione, molto stimato in Acireale. L’idea dell’Adorazione eucaristica del Venerdì è

stata sua, vent’anni fa? “Sì. Ho pensato che è bene ascoltare le esigenze della fame interiore. Il Centro di accoglienza offre un pane materiale, mentre l’ora di Adorazione soddisfa la fame dello spirito.” I partecipanti all’ora di Adorazione a quali fasce d’età corrispondono? “Sono sia giovani che adulti; alcune persone vengono dai paesi del territorio e anche da Catania.” Quali proposte ha in mente per il futuro? “Il bilancio è positivo. Tante persone chiedono preghiere per gli ammalati. La giovane Viviana Lisi sin dal 7 ottobre 1997 era presente, poi si ammalò e fu coraggiosa fino alla prematura fine. Per il futuro vorrei mantenere costantemente l’ora di adorazione, per la gente che in essa trova un punto di riferimento. A livello pastorale, questa iniziativa ha avuto il pregio di una continuità ventennale.” Secondo lei, cosa si potrebbe fare per la conversione degli atei, indifferenti o aggressivi nei riguardi della fede? E’ notizia di cronaca che Dan Brown, l’autore del “Codice da Vinci” , in una recente conferenza stampa internazionale, con protervia ha sostenuto che con la diffusione mondiale di Internet “ entro qualche decina d’anni, non ci sarà più bisogno di credere nell’esistenza di un Dio….Anche il Dio cristiano sarà relegato nei miti.” “Bisogna affidare queste persone a Dio, affinché possano accogliere il Signore nella propria vita”.” Anna Bella

Si è svolta, nella frazione acese di Scillichenti, la giornata della solidarietà 2017, dedicata alla memoria del pittore Orazio Maccarrone. Personaggio eclettico, leader indiscusso della compagnia teatrale “Nuove Frontiere”, che da oltre 40 anni organizza interessanti spettacoli nel territorio, venuto a mancare all’affetto dei suoi cari e dei suoi amici prematuramente, è rimasto comunque nel ricordo di tutti loro che ogni anno, da sei anni a questa parte, organizzano in sua memoria una giornata della solidarietà. Lo scopo degli organizzatori è quello di coniugare il ricordo del’amico caro scomparso alla beneficenza, gesto sicuramente importante, oltremodo oggi, in un contesto storico e sociale non facile. La signora Pina Ricca, gentile portavoce del gruppo teatrale, ci ha accompagnati alla scoperta di questa bella iniziativa, che si avvale di tanti collaboratori. L’obiettivo è quello di raccogliere fondi da destinare a enti o persone bisognose, e questo è possibile attraverso l’aiuto e lo spirito di collaborazione degli abitanti della frazione acese e non solo. Tanti stand, dove si possono acquistare prodotti locali del nostro territorio, anche con la presenza e collaborazione dei giovani dell’istituto alberghiero

di Giarre, la caratteristica preparazione casalinga dei maccheroni, oltre all’animazione per i più piccoli, molto numerosi e felici di trascorrere alcune ore all’aperto in allegria. Quest’anno i fondi raccolti serviranno a ripristinare il salone dove la compagnia teatrale mette in scena i suoi spettacoli, salone che necessita di urgenti lavori dopo il maltempo e la nevicata dello scorso gennaio. Orazio Maccarrone ha realizzato nella chiesa di Scillichenti alcune sue pregevoli opere, come un ritratto di papa Giovanni Paolo II e un imponente quadro raffigurante San Sebastiano. Alcune opere del pittore sono state esposte in occasione della manifestazione sul sagrato della chiesa, un suo autoritratto, alcuni paesaggi e delle nature morte. Il figlio ha ricordato anche le mostre fatte dal suo papà ad Acireale alcuni anni fa, e quindi, potrebbe essere auspicabile che i familiari potessero ancora rendere partecipe la cittadinanza dell’opera del loro caro, permettendo così a chi non ha avuto il piacere di poterlo conoscere in vita, sia come uomo che come artista, di poterlo conoscere attraverso il patrimonio artistico da lui lasciato. Gabriella Puleo


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Interviste

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DON ARTURO GRASSO Il novello sacerdote racconta la sua breve ma ricca esperienza americana da tesorizzare

”Fare comunione attraverso i media” Di ritorno dall’America dove, per disposizione del Vescovo, è andato a specializzarsi in tecniche della comunicazione, è venuto a trovarci in redazione il novello sacerdote (ordinato il 6 luglio scorso) don Arturo Grasso, nuovo collaboratore dell’Ufficio diocesano per le Comunicazioni Sociali. Ne abbiamo approfittato per porgli qualche domanda. Riportiamo una sintesi dell’intervista, mentre il testo completo può essere consultato sul nostro sito web. Parliamo della tua esperienza americana. Quando il Vescovo mi ha convocato, prima dell’ordinazione, tutto mi potevo aspettare tranne che mi comunicasse che mi voleva mandare in America. È stata un’esperienza

particolare, molto bella. Particolare perché sono andato in America – a New York per l’esattezza – per studiare delle nuove tecniche di comunicazione, però poi nel frattempo ho potuto conoscere la società americana e la Chiesa americana.»

Dov’eri di preciso? «A S. Francesco di Sales come residenza, ma per l’approfondimento delle tecniche comunicative andavo alla chiesa di Nostra Signora di Pompei (Our Lady of Pompei), chiesa di Scalabriniani, specializzati in tecniche comunicative. È una chiesa per italiani in America, in comunicazione con Tele Mater. E poi avevano i collegamenti con CTV (Centro Televisivo Vaticano), Tele Care e Net TV. Avevano oltre 20 milioni di utenti, nell’area metropolitana di New York e nel Queens.» Qualche aspetto particolare del tuo soggiorno americano? «Ciò che mi ha fatto riflettere molto in questa esperienza è stata la vita sociale, una vita sociale in

cui le persone neanche si guardano negli occhi, perché è una vita frenetica e si corre sempre. Poi ci sono molti barboni per strada, come se facessero parte dell’arredo urbano; una cosa che qua penso non sarebbe assolutamente possibile. E poi lì i sacerdoti non girano col clergymen, per non essere identificati, mentre io ci tenevo e molte persone mi fermavano: “Sei prete?”.» Quindi che cosa pensi di avere portato con te da questa esperienza americana? «Soprattutto, io mi sono occupato di tecniche di comunicazione. Ed è importante fare rete, fare comunione. Perché per lanciare una notizia o per conoscere determinate notizie, non si può sapere tutto;

DANIELA TROVATO L’insegnante che ha scoperto pochi anni fa la vocazione di scrittrice

“Tema preferito l’acqua che è fonte rigenerante di vita” Una donna, una moglie, mamma, insegnante, e poi . . . una artista, una vera artista, musicista, pittrice, scrittrice, non è cosa da poco se consideriamo che Daniela Trovato è una giovane signora. Incontro Daniela a casa sua un tranquillo pomeriggio di fine estate, chiacchierare con lei fin dalle prime battute è stimolante, entriamo subito in sintonia. Conosco Daniela come scrittrice, e quindi penso che sarà l’argomento centrale del’intervista, ma in realtà non è così perché Daniela mi permette di spaziare tanto nella lunga conversazione, anche se ovviamente voglio conoscere meglio le sue “creature” “Il frammento mancante” e “Aqua”. Mi incuriosiscono i suoi occhi, il bel viso da ragazzina che non dimostra la sua età anagrafica, è proprio una bella e dolce signora che vive nel suo tempo, dividendosi tra i molteplici impegni del quotidiano e le sue passioni. I suoi due libri, pubblicati il primo nel 2015 e il secondo nel 2016 hanno ottenuto numerosi consensi. “Il frammento mancante” è stato premiato con menzione d’encomio al premio “M. Buonarroti” 2015 e “Aqua” nel 2016. Con lo stesso libro è stata finalista al concorso nazionale “Argentario 2016” , al concorso letterario “la forza dei sentimenti” 2016 e si è classificata al 3° posto al premio internazionale “Navarro” 2016. Tanti riconoscimenti, tante soddisfazioni per l’autrice, ma queste due opere cosa raccontano, e Daniela cosa ha voluto dire ai suoi lettori attraverso le pagine dei suoi libri? E’ la stessa autrice a darci le risposte facendoci entrare nel suo mondo pieno di sentimenti ed emozioni. Tante passioni nella vita di Daniela, tutte fin dall’infanzia o qualcuna è arrivata successivamente? Fin da piccola leggevo tanto, avevo il mio diario personale, tutto qui, fino a tre anni fa quando ho avuto la fortuna di incontrare uno scrittore su un social network che mi ha chiesto di scrivere un racconto per un suo libro, da li è nato tutto. Prima piccoli racconti poi storie sempre più lunghe fino a quando mi ha spronata a scrivere qualcosa di mio, qualcosa di personale che avesse un inizio, uno svolgimento e una fine. Ho scritto molto in questi anni, oltre ai miei due libri già pubblicati. La pittura e il disegno sono una passione

che ho fin dalla più tenera età. Mia mamma mi mandò ad apprendere le tecniche di base da una sua amica pittrice e così sono nati i miei quadri. Quali sono i temi e i colori predominanti nella tua arte? Il tema ricorrente è l’acqua che tutto trascina ma che allo stesso tempo è fonte rigenerante di vita. Per quanto riguarda i colori predominano il nero e il grigio e nei miei racconti predomina la drammaticità, poi però il nero lascia il posto ai colori, la drammaticità alla speranza, perché la speranza non deve venir mai meno. Nella vita sei moglie, mamma di due splendide fanciulle, sei diplomata in pianoforte, sei docente di scuola primaria, come fai a conciliare tutto questo con le tue passioni? Dormo poco, la mattina mi sveglio presto e quelle per me sono le ore migliori per scrivere. Poi sicuramente durante l’arco della giornata se mi viene un’idea, un pensiero, prendo appunti, scrivo qualcosa e poi appena posso lo sviluppo. Comunque credo che al di là di tutto è importante per poter conciliare il tutto avere una vita serena, una famiglia che da molta carica e questo, per fortuna mia, c’è. In poche battute un accenno ai due libri pubblicati. Il primo nasce dopo un periodo di vacanze trascorse in Trentino con un lago incantevole e il ricordo di una casa fra i boschi. Al ritorno incomincio a pensare di voler scrivere qualcosa, narrando di quella casa e di quel lago, il piccolo racconto cresce, pagina dopo pagina prende corpo, si delinea un’altra storia e così nasce “il frammento mancante”. Il secondo, “Aqua”, nasce parlando del tema dell’immigrazione, ma questo è solo l’inizio, poi pian piano si delineano le figure delle protagoniste, Awa e Malika, e tutto un susseguirsi di colpi di scena fino alla fine. Il titolo, volutamente in latino è una scelta per ricordare il ritorno alle origini per conoscersi e identificarsi. Gabriella Puleo

ci sono vari ambiti, e se tu li conosci puoi avere una conoscenza globale e puoi trasmettere qualcosa.» Tu dici “fare rete”, però nella vita sociale, a quanto pare, la rete non funziona tanto, proprio perché la società americana è molto più anonima e più spersonalizzata della società italiana. «Però io nella chiesa italiana (Nostra Signora di Pompei) ho ritrovato le nostre – le mie – origini; perché questa è una chiesa italiana, dove c’è un prete italiano e ragionavano come ragioniamo noi, con la nostra mentalità. I vecchi italiani almeno una volta l’anno hanno l’esigenza di tornare in Italia, mentre i giovani non avvertono più questa esigenza, perché loro sono già nativi americani e non hanno più la voglia di conoscere le loro origini. Mi ha colpito il fatto che lì ho conosciuto alcuni italiani, un biologo e un esperto in economia, che hanno cominciato con poco, ma una volta che si sono inseriti nel mondo del lavoro, non vogliono più tornare in Italia, perché qua non ci sono gli sbocchi e le possibilità che ci sono là.» Come pensi di mettere adesso in pratica qua in Italia, ad Acireale in particolare, questa tua esperienza americana, soprattutto nel campo delle comunicazioni? «Innanzitutto vorrei far conoscere questa nuova realtà dove sono stato io, quindi mi piace parlarne, raccontare, anche perché ho documentato tutto. Tornando a casa, i miei souvenir sono stati i documenti delle esperienze vissute. Sto cercando anche di mettere qualcosa in pratica nella parrocchia di Aci S. Filippo dove sto prestando servizio, soprattutto con un bollettino parrocchiale. E poi con il sito della diocesi, cercando di mantenerlo sempre aggiornato. Per noi la verità è Gesù Cristo, e quindi vedere il mondo, la quotidianità di oggi, con gli occhi di Gesù Cristo. Perciò anche una notizia che apparentemente non c’entra con la Chiesa cattolica, se vista con gli occhi di Cristo, può darci l’opportunità di essere fermento e di cambiare una mentalità, che forse ad Acireale oggi è una mentalità che si sta scristianizzando.» . Nino De Maria

GIUSEPPE CONTARINO Il maestro acese spiega come si forma l’artista e si estrinseca la fantasia creativa

“Da un pezzo di ferro può nascere un’opera d’arte” Il ferro è un elemento naturale che si può avere a disposizione per dar vita a figure, oggetti, per rappresentare in modo concreto concetti astratti. Se è vero che questo metallo ha affiancato l’uomo fin dalle sue prime lotte per la sopravvivenza, sotto forma di utensili o armi da difesa, è anche vero che oggi esso ha visto “tirar fuori” da sé, per opera di quello stesso uomo, il proprio potenziale artistico, ha visto raffinarlo fino a divenire forma di straordinaria bellezza. Sono ben ventisei le forme di straordinaria bellezza che il ferro ha assunto, per mano dell’acese Giuseppe Contarino; opere che ha raccolto ed esposto la scorsa estate nella mostra “L’arte tra ferro e fuoco. Nel vedere il risultato che si può ottenere dal lavorare in modo esatto il ferro, nasce spontanea la necessità di un colloquio con il cav. Contarino che, riportando la sua personale storia ed esperienza nel mondo dell’arte fabbrile, ce ne descrive le caratteristiche, contestualizzandola a livello internazionale. Fin da piccolo si è accostato ad un’attività manuale, che ha condotto con costante dedizione. Quando ha capito che, oltre a piacerle, le riusciva bene lavorare il ferro? All’età di undici anni ho cominciato a frequentare la scuola di insegnamento d’arte e mestieri “Città del Fanciullo” di Acireale e ne sono uscito a quindici, con il diploma di tornitore e saldatore. Cominciavo già a realizzare lavori particolari, direi anche un po’ strani. Successivamente, è stata esposta una mia opera in una mostra, svoltasi sempre ad Acireale Dopo questi primi anni di studio ha continuato a migliorare le sue capacità e a raffinare la sua arte. La voglia di apprendere e l’impegno di un giovane, quale lei era, sono mai diminuite? Dopo il diploma, mi sono accostato a due grandi maestri: Raffaele Greco e Giuseppe Esterini. Io avevo già le idee molto chiare. Ho un ricordo, in particolare, con quest’ultimo. In quel periodo ero capo officina ed un giorno, parlando con lui, gli dissi che ero lì non per imparare il mestiere, ma per rubarglielo, poiché ne conoscevo ormai le caratteristiche generali. Intorno a vent’anni avevo la mia attività in proprio con la bottega aperta a Pozzillo. La sua personale esperienza si è rivolta anche ad un ambiente ed un contesto nazionale prima ed internazionale dopo. Quanto le è stato utile il confronto? Dopo gli studi, ho iniziato a partecipare in maniera costante alla Biennale Europea d’Arte Fabbrile di Stia, ad Arezzo. Vi ho preso parte per circa trent’anni. Si tratta di un concorso che si svolge in Toscana, dove ci riuniamo tutti gli estimatori del ferro battuto ed io, e la squadra italiana, abbiamo riportato importanti riconoscimenti. Ho potuto confrontarmi con esperti maestri del settore. Nel 2001 ho partecipato ad un incontro svoltosi in Normandia ed in quell’occasione ho pensato di portare anche la città di Acireale ad un confronto costruttivo. Dopo

anni di impegno, nel 2009 Acireale è entrata a far parte dell’Associazione “Anello Europeo della Città del Ferro”, con molto orgoglio e gioia di tutti. Con il lavoro, ho compreso che da un unico pezzo di ferro poteva nascere un’opera d’arte vera e propria, quindi, non si trattava soltanto di ferro battuto, ma di arte, legata al ferro battuto. Oggi il suo stile su quale percorso si orienta? Le mie creazioni seguono uno stile un po’ classico ed un po’ moderno. Sto abbracciando ambiti lavorativi un po’ più ampi. Ad esempio ho dato vita alla creazione di monumenti fra i quali “Uomo uccello”, alla memoria dell’aviatore e deltaplanista italiano Angelo D’Arrigo, che si trova ad AciSant’Antonio, il cui contributo è stato devoluto in beneficienza per i bambini malati dell’Africa. Altro monumento è quello “Al Pescatore”, realizzato da me e mio figlio Davide a Mazara del Vallo (Tp) ed ancora il blasone per la città di Stia. La sua mostra è un esempio di arte usufruibile a tutti, occasione di contatto tattile con l’opera, di percezione immediata del suo significato, per chi, ad esempio, non può vedere tramite la vista. Uno stimolo, dunque, per aprire sempre più il mondo artistico incondizionatamente, senza limiti ed ostacoli? Certamente. Questa mostra è stata dedicata, in particolare, alle persone cieche ed ai sordomuti. Chi non può vedere l’opera, può toccarla e percepire ciò che essa vuole esprimere. La sua comprensione è agevolata, inoltre, dalla dicitura braille che ne indica il tema. Per i visitatori sordomuti ci sono le video-guide, realizzate con la Lis, la lingua italiana dei segni. E’ un settore aperto a tutti, perché anche le persone disabili sono in grado di creare vere opere d’arte, di massima precisione. Vedo questa mostra anche come uno scambio con loro, affinché abbiano un incentivo per produrre. Qual è il contenuto della mostra? Sono ventisei le opere esposte, realizzate nel corso del tempo, a partire dagli anni ottanta, con diversa tematica, da immagini tratte dalla realtà, come quella del “Gallo imperatore”, rappresentato nella sua magnificenza, a quelle del repertorio classico, con la rappresentazione di Ulisse e delle sue imprese. Tutte hanno subìto dei trattamenti, alcuni sono bianchi, altri un po’ scuri, ma non si tratta di vernici, sono trattamenti di studi sull’ossidazione, che non hanno acidi o colori, in quanto rovinerebbero il ferro. Che rapporto hanno, attualmente, i giovani con questo tipo di attività manuali, dalla lunga tradizione? Credo, purtroppo, che questo tipo di attività stia rischiando di scomparire. I giovani sono dediti ad altre cose, alla modernità ed alla tecnologia. A ciò contribuisce anche il fatto che non si svolge più l’apprendistato. Avere la scuola di riferimento è importante per guidare i giovani nel portare avanti la loro passione. Rita Messina


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Cronaca e Attualità

29 ottobre 2017

dell’

Jonio

IMMIGRAZIONE Rapporto della Fondazione Migrantes: quasi cinquemila gli italiani residenti all’estero

Mons. Perego smonta gli stereotipi Al 1 gennaio 2017, gli italiani residenti fuori dei confini nazionali e iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) sono 4.973.942, l’8,2% degli oltre 60,5 milioni di residenti in Italia alla stessa data. Dal 2006 al 2017, la mobilità italiana è aumentata del 60,1% passando da poco più di 3 milioni a quasi 5 milioni di iscritti. Nell’ultimo anno l’aumento è del +3,4%. È quanto emerge dalla XII edizione del Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes, presentato a Roma martedì 17 ottobre. Numeri che smentiscono le voci di “invasione” o “annullamento dell’identità”, dato che ammonta sostanzialmente solo alla stessa cifra la presenza di emigranti di origine non italiana nel nostro paese, compresi quelli di seconda generazione: al 1 gennaio 2016 erano 5.026.153. Mons. Giancarlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e già presidente della stessa Fondazione Migrantes per quasi otto anni, ha smontato uno per uno gli immotivati stereotipi in tema di immigrazione, spesso causati da una strumentale agenda mediatica, in occasione del workshop intitolato “La realtà è superiore all’idea - L’ascolto nelle dinamiche comunicative sui processi migratori”, organizzato dal Centro Evangelii Gaudium dell’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (Figline Incisa Val d’arno), in

collaborazione con la Rete Europea Risorse Umane, lo scorso 12 ottobre. “Già nel 2011, attraverso una ricerca condotta con l’Università La Sapienza di Roma, verificammo come, su un milione e mezzo di articoli, sui giornali fosse coniugata nel 92% dei casi la parola migrante con le parole criminale, irregolare o clandestino, incrementando la percezione di presunta insicurezza causata dalla presenza di migranti tra noi” esordisce Perego. “Così anche se avevamo, su 4 milioni e mezzo di migranti, 2,5 milioni di lavoratori e 800 mila studenti nelle scuole, molti media parlavano solo dei 27 mila non italiani in carcere, come se quello fosse il popolo dei migranti” . Inequivocabili i dati effettivi enunciati: negli ultimi 4 anni in Italia abbiamo contato 600 mila sbarchi di richiedenti asilo, dei quali sono rimasti solo in 196 mila nel nostro paese: a leggere molte testate sembrerebbe quasi un mondo di profughi che sbarca sulle nostre

il nostro Paese ha perso in soli 5 anni circa 800 mila cittadini dal semplice scarto demografico tra morti e nascite: eppure, per un’infondata percezione indotta da alcuni gruppi politico-editoriali, 196 mila rimasti in 4 anni fanno paura, diffondendo palesi storture ideologiche. Tra tante, l’ormai tristemente noto “Aiutiamoli a casa loro”, slogan sbrigativo e oltremodo semplicistico che, spiega mons. Perego, non salva vita e donazione del riso sono alcune delle at- meriterebbe certo obiezioni tività portate avanti a favore della missione cattoli- in assoluto, se solo i numeri ca delle Suore adoratrici del Preziosissimo Sangue effettivi non dimostrassedi Cristo” di Bula. Dopo tanta fatica i frutti comin- ro tutt’altra direzione: solo ciano a vedersi: “Grazie all’aiuto di tante persone nell’ultimo anno, l’Italia sola generose e ai loro contributi, i soli su cui noi fac- ha incrementato del 95% l’eciamo affidamento senza altri tipi di introiti, oggi sportazione di armi in diverpossiamo testimoniare che quella realtà così pove- si tra i paesi che costringono ra sta cambiando aspetto”. E la “chiamata” alla mis- intere masse di popolaziosione può anche arrivare inaspettatamente: “Di re- ne a emigrare a causa delle cente durante una veglia un signore si è avvicinato 33 guerre esistenti, che da sole hanno fatto 8 milioni di a me ed ha esclamato “Verrò anch’io in missione. Credo che questo sia un bel segnale perché il profughi (mentre 22 milioni cuore delle persone viene catturato dal desiderio di sono quelli dovuti ai disastri aiutare chi è meno fortunato”. A gennaio del 2018, ambientali). Tanto semplice annuncia Sebastiano Genco, saranno una quindici- quanto ipocrita giustificana i volontari che prenderanno il volo per la Gui- re dunque allo stato attuale nea Bissau. Oltre a Bula si allargherà il raggio della respingimenti al grido “Aiumissione anche in villaggi entro i 150 chilometri. tiamoli a casa loro” quando, “Con la grazia di Dio e la benedizione dei vescovi dati alla mano, ben 10 milioche negli anni si sono susseguiti ad Acireale i no- ni di persone sono state cacstri passi in quella fetta di Africa continuano a la- ciate per lasciare spazio ai 54 scare un segno. Invito tutti a vivere un esperienza milioni di ettari acquistati in simile offrendo una parte del proprio tempo e rice- Africa da multinazionali occidentali, tra cui italiane. vendo in cambio la gioia di un sorriso”.

coste, quando in realtà sono stati ben 65 milioni i profughi solo nel 2016 nel mondo, la maggior parte dei quali è accolta in Asia e Africa, continenti ben più poveri dell’Europa. Un dato ancora più eloquente se si pensa che

Missioni: il gruppo guidato da Sebastiano Genco tornerà a gennaio in Guinea Bissau, realizzato un “posto sicuro” per le mamme a Bula La nostra piccola realtà vive un momento di grande fermento. L’anno prossimo compieremo vent’anni e ci stiamo preparando ad una nuova missione a gennaio in Guinea Bissau”. A dirlo è il diacono Sebastiano Genco, anima dell’Associazione Amici delle missioni, sorta nel 1998 e che da vent’anni a questa parte, oltre alle proprie iniziative nel piccolo villaggio di Bula, assiste altre missioni in Guinea Bissau. Bula si trova nella regione di Cachea, una porzione che conta quasi 200mila abitanti sferzata da povertà e miseria. Dopo la costruzione dei pozzi, di un centro di accoglienza per bambini denutriti nel 2008 e l’adeguamento delle scuole adesso si punta alla costruzione di un nuovo padiglione del settore ostetricia dell’ospedale di Bula. I lavori, già in corso, sono finalizzati a offrire alle mamme del villaggio un luogo sicuro dove dare alla luce i propri figli: “Qui in Guinea si nasce spesso ancora nelle capanne come da tradizione e i rischi di nascite premature e con malformazioni sono ricorrenti – spiega Sebastiano Genco –. Per giunta l’attuale struttura ospedaliera offre pochissimi posti letto”. L’ampliamento prevede due nuove sale parto, di cui una preparto, un’infermeria e un totale di venti posti letto: “Oggi c’è maggiore consapevolezza – aggiunge – soprattutto tra le nuove generazioni

di mamme a recarsi in ospedale grazie all’opera di sensibilizzazione fatta dalle suore del Preziosissimo Sangue con le quali noi da sempre collaboriamo”. Adozioni a distanza, donazioni di farmaci

Domenico Strano

Mario Agostino

ACIREALE L’associazione “San Francesco” guidata da Carmelo Musmeci si prepara per le feste di fine anno

”Il Museo del Natale” cerca una casa più grande Dopo il successo riportato con la partecipazione alla Fiera dello Jonio, nello scorso mese di settembre, e dopo la perdita del presidente onorario cav. Rosario Lizio (scomparso a 90 anni un mese fa), l’associazione Museo del Natale “San Francesco” guarda avanti e si prepara alle festività natalizie ormai prossime. Sarà riproposta la vetrina espositiva già realizzata nel 2016 in piazza Duomo, per la cui realizzazione l’amministrazione comunale ha già dato la disponibilità, anzi sarà probabilmente possibile aumentare gli spazi espositivi. Sta lavorando intensamente in questo senso il presidente Carmelo Musmeci, tenendosi in continuo contatto con il sindaco Barbagallo, con l’assessore Coniglio e con i funzionari comunali. È inoltre alla continua ricerca di materiale nuovo da mettere in esposizione, mentre potrebbe essere riproposto anche il laboratorio dimostrativo già sperimentato proprio nello stand della Fiera dello Jonio, dove i tre esperti Mimmo Pappalardo, Domenico Puglisi e Turi Trovato hanno mostrato concretamente la lavorazione e la realizzazione di statuine e oggetti per il presepe, con l’uso di materiali vari, quali cartapesta, cartongesso, legno e argilla. Un altro problema ancora aperto per il Museo del Natale è quello di una sede adeguata e definitiva, ed anche in questo senso sono in piena attività il presidente Musmeci ed i soci fondatori (tra cui la nostra testata). Allo stato attuale l’amministrazione comunale, con il sindaco Roberto Barbagallo in testa, sta cercando di acquisire al patrimonio comunale i beni derivanti dalla dismissione degli Ipab (gli Istituti Pubblici di Assistenza e Beneficenza), per la quale sono in cor-

so delle trattative con la Regione Siciliana. Tale acquisizione darebbe al Comune un’ampia disponibilità di locali (costituita prevalentemente da vari ex collegi acesi), che potrebbero essere riutilizzati per altre finalità, tra cui – per l’appunto – una sistemazione adeguata per il Museo del Natale. Nelle more dell’esito della trattativa, sarà molto probabilmente ampliata l’attuale sede provvisoria del Museo (in corso Savoia 134), con l’utilizzo di un’altra sala attualmente utilizzata come deposito, visto che il materiale espositivo continua ad aumentare, grazie alla generosità di tanti presepisti.

Come ogni anno, anche la vetrina espositiva ed il Museo del Natale saranno inclusi nel percorso attuato dal Comune che include le varie mostre ed i grandi presepi allestiti in giro per la città (oltre naturalmente alla “Grotta”, il presepe con statue a grandezza naturale e costumi settecenteschi ubicato in una grotta lavica presso la chiesa di S. Maria della Neve). Inoltre il Museo dispone di un sito internet (https://museodelnataleacireale.weebly.com) e di un profilo facebook. Nino De Maria


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