La Voce dell'Jonio (30 luglio 2017) anno LX numero 7

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LA Jonio VOCE Anno LX - N. 7

Domenica, 30 luglio 2017

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Verso la Settimana sociale - 2

Barbara Sgroi

www.vdj.it lavocedelljonio@hotmail.it

Periodico cattolico fondato da Orazio Vecchio

SANTA VENERINA

Lavoro: quattro nodi affliggono la società Quella del lavoro e della crisi occupazionale in Italia è davvero na matassa” alquanto intricata: fili di diverso colore s’intersecano, si avvolgono e si aggrovigliano, formando “nodi”, che soltanto una notevole dose di pazienti politiche adeguate potrebbe, nel tempo, sciogliere del tutto. Vorremmo brevemente soffermarci su quattro di questi “nodi”, portati all’ attenzione dal Comitato organizzatore della Settimana sociale di Cagliari. “Criticità”, vengono chiamati nelle Linee preparatorie , stese per avviare una riflessione sul tema, una riflessione che vorrebbe coinvolgere non solo gli addetti ai lavori, ma tutta la comunità ecclesiale italiana, le nostre parrocchie con i parroci e , soprattutto il laicato , aggregato e non. A questo vorrebbero contribuire queste righe: offrire ai lettori qualche spunto, perché la comunità diocesana possa superare lo stadio della sterile lamentela e cominciare a promuovere segni di un possibile rinnovamento. Quattro i “nodi” portati all’attenzione di tutti: - la disoccupazione giovanile, che nel Mezzogiorno riveste una gravità particolare, come ha avuto più spesso modo di sottolineare il nostro vescovo, monsignor Raspanti, al quale stanno particolarmente a cuore le politiche giovanili in fatto di lavoro. Sappiamo come ci si stia impegnando , in diocesi, a creare anche piccoli spazi di occupazione per i giovani, con l’ intento di lanciare segnali positivi e promuovere una nuova mentalità. Il clima attuale tende infatti a garantire gli adulti occupati, ma le fasce giovani sono le principali vittime del problema. Accanto alla disoccupazione imperante , non meno inquietante è l’aspetto del lavoro precario dei giovani occupati: non protetto, non sicuro e non retribuito. - L’estensione dell’area della povertà, associata alla crisi occupazionale: purtroppo, i dati parlano di una povertà assoluta raddoppiata, con un costante aumento tra i giovani fino ai 17 anni. Per non parlare delle forme illegali attraverso cui il lavoro viene deturpato, come le agromafie e il capolarato. - Il lavoro femminile, con tutte le implicazioni connesse. Nonostante il livello di competenze raggiunto, si fa fatica in questo campo a riconoscere alle donne pari diritti a quelli dei maschi. I salari sono più bassi, la partecipazione al mercato del lavoro è limitata, mancano le misure di sostegno perché la donna possa conciliare vita di lavoro e famiglia, con una ricaduta notevolissima sulla natalità. - La distanza tra il sistema scolastico e il mondo del lavoro. I nostri giovani concludono il loro percorso formativo dopo anni d’impegno sui libri, ma le competenze acquisite non sono spesso quelle che il mondo dell’impresa richiede. Alle conoscenze (sapere) non corrispondono le abilità richieste (saper fare). Si sta cercando di aggredire il problema promuovendo l’alternanza scuola-lavoro, ma occorrerebbe ripensare insieme tutto il sistema scolastico attuale, ponendo attenzione ad alcuni campi che, per il nostro territorio, sono particolarmente congeniali: agricoltura, artigianato, turismo, commercio, custodia del creato. Quattro “nodi” su cui invitiamo ciascuno a riflettere e a confrontarsi, perché , insieme a coloro che hanno il compito di governare , nessuno si senta escluso in questa ricerca del “bandolo”, che potrebbe consentire di rinnovare le maglie della società italiana ed assicurare a tutti una vita dignitosa.

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ACIREALE

Quando e come è nato il borgo di Bongiardo Ecco le ultime scoperte di don Giuseppe Guliti Domenico Strano

10° Premio letterario “Città di Acireale” Due serate in piazza di cultura e spettacolo

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Nino De Maria

Verso il futuro Presentiamo “Free Mind Foundry, inaugurata ad Acireale. L’intervento del Vescovo

Innovazione e impresa, Acireale c’è

Un concorso di energie ad altissimo livello porta lavoro di qualità Dalla grande vetrata al pianterreno del Centro Direzionale del Credito Siciliano di Acireale, si ammira la sagoma dell’Etna, un piccolo sbuffo di fumo e lo sfavillio di una mattina di luglio. All’interno c’è una piacevole aria fresca, brillanti pareti colorate e alberi di ulivo e di limone. Uno splendido posto da cui osservare la Montagna, quieta, come dal ponte di comando di una nave: due giganti che si specchiano, in attesa di liberare tutto il loro potenziale. . Mario Di Re presidenteassociazioneJaci (continua a pag. 2)

RELIGIOSITÀ E FOLKLORE Un’estate ricca di eventi con al centro la tradizionale sfilata sul corso Umberto

Randazzo, non solo Vara e festa dell’Assunta” Anche quest’anno si svolgerà a Randazzo la tradizionale festa religioso-folkloristica della “Vara”, il noto carro allegorico rappresentante l’Assunzione in cielo della Vergine Maria, la cui ricorrenza cade il 15 agosto. Nonostante le notevoli difficoltà oggettive, è stata assicurata al paese l’organizzazione della festa. Organizzazione che è stata possibile grazie al sostegno di commercianti, imprenditori e assessorato regionale al Turismo, ma L’assessore comunale anche e soprattutto grazie all’impegno Gianluca Anzalone di quanti hanno a cuore il proprio paese e le tradizioni che lo animano, oltre che dell’Ammini-

DIOCESI

strazione comunale. Il fulcro della festa (quasi unica nel suo genere, se si escludono poche altre esperienze) consiste nella sfilata, lungo corso Umberto I, del carro in questione popolato da “bambini veri” e trainato da una folla di ragazzini e fedeli festanti, il tutto accompagnato da canti dialettali e piogge di caramelle offerte ai bambini dalla cittadinanza. Francesca Sangani (continua a pag. 2 Speciale a pag. 4 e 5 curato da Annamaria Distefano)

LIBRI

Don Arturo Grasso è diventato sacerdote Prima Messa celebrata a S. Maria degli Angeli GRQ $O¿R 3ULYLWHUD

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ACIREALE

Presentato al “Costarelli” “Borsellino l’uomo giusto” Giuseppe Vecchio intervista l’autrice Aessandra Turrisi Rita Messina

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SOSTIENICI CON IL TUO 5 PER MILLE Lo 0.5 ‰ della tua imposta sul reddito può essere destinato all’associazione di volontariato “Orazio Vecchio”

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La legge Finanziaria prevede la possibilità di destinare il 5 per mille della propria imposta sul reddito ad associazioni di volontariato, onlus, ricerca etc. Il 5‰, altra cosa dal già sperimentato 8 ‰, non determina nessuna variazione nell’ammontare dell’imposta. Anche l’Associazione Orazio Vecchio,nata soprattutto per curare La Voce dell’Jonio, è tra i soggetti beneficiari. Per destinare a noi il contributo basta compilare l’apposita scheda del 5‰ sul modello 730 o Unico: 1) Inserire i propri dati anagrafici e il codice fiscale; 2) Firmare nel riquadro indicato come Sostegno del Volontariato, delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale.... (il primo a sinistra della scheda); 3) Indicare in quel riquadro il codice fiscale 90034160870 (come nell’esempio sopra)

Alla festa di S. Venera il vescovo Raspanti ha presentato ai fedeli il nuovo devoto Giulio Nino De Maria

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TESTIMONIANZA La scomparsa di Maria Barbagallo

Esempio luminoso di vita

Teresa Scaravilli (a pag. 2)


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In Seconda

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Jonio

RICORDO Si è spenta a 103 anni Maria Barbagallo, donna di grande cultura e di profonda spiritualità che intuì l’importanza del servizio sociale

Giornale e Bibbia fonti primarie della sua informazione Seduta nella sala pranzo, con il suo tavolinetto che le faceva da leggio, Maria trascorreva molte ore delle sue giornate, con il quotidiano “La Sicilia”, il breviario e libri di recente pubblicazione. Teneva accanto a sé fogli di carta riciclata e penne di vario colore e matite, sempre utili per prendere appunti. La stanza, benché attorniata da balconi e terrazza ricca di piante sempre in fiore, a seconda delle stagioni, era adorna anche dei vasi che le

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Jonio

Direttore responsabile Giuseppe Vecchio Editore Associazione La Voce dell’Jonio Via Mons. Genuardi, 14 95024 Acireale Iscrizione Tribunale Catania n. 220 del 5/4/1958 Iscrizione al ROC (Registro operatori della comunicazione) n° 29032 (già n° 22076) Redazione Via Mons. Genuardi 16, 95024 Acireale - Ct (casella post. 174) tel. 095601992 www.vdj.it lavocedelljonio@hotmail.it Stampato da Tipografia Litografia T.M. di Venera Mangano Via Martoglio, 93 95010 Santa Venerina tel 095953455 Abbonamento annuo Ordinario euro 12,00 Extra 20,00 - Speciale 50,00 Sostenitore 100,00 Conto Corrente Postale 7313800 intestato a Associazione La Voce dell’Jonio Via Genuardi, 14 95024 Acireale Membro FISC - Federazione Italiana Settimanali Cattolici

giungevano spesso in regalo. Non mancavano mai i fiori freschi del suo giardino. Il giornale e la Bibbia erano le fonti primarie della sua informazione quotidiana e le suggerivano continue riflessioni, da cui estraeva instancabilmente progetti di formazione. Aveva ereditato da un incontro prezioso con P. Agostino Gemelli, alla giovanissima età di 22 anni, questo legame tra la storia sacra e quella contemporanea.”Non si può vivere bene il presente se non si radica sull’esperienza millenaria dell’umanità. Traiamo saggezza anche dagli errori del passato. Dobbiamo essere sempre aggiornati e saper leggere criticamente gli eventi per poter intervenire e guardare al futuro”, diceva ogni qualvolta la s’incontrava. La cultura era il cuore vitale di Maria B. e per diffondere conoscenza e formazione non ha smesso mai di sognare e progettare, dalla giovinezza fino agli ultimi mesi dei suoi 103 anni di vita. Questo impegno, assunto come scopo fondante della sua vita, la teneva fuori dalle “distrazioni” che potevano interrompere il suo pensiero, da farle “decidere” di non rispondere al telefono o ricevere visite, che lei stessa non programmasse o che non fossero utili a perfezionare e portare a termine i piani di formazione a cui lavorava instancabilmente. Educata alla fede sin dalla prima infanzia, aderì all’ACI e fu Presidente Diocesana della Gioventù Femminile, quando Armida Barelli, percorrendo l’Italia, la incontrò e l’attirò nel suo progetto culturale di emancipazione femminile, attraverso l’evangelizzazione e l’impegno civile.

Crocerossina e abile infermiera si affiancava ai medici per gli interventi chirurgici a soldati e civili feriti che giungevano all’Ospedale e, per molti anni, ricevette lettere di gratitudine e di fraterna amicizia da parte di molti sopravvissuti. Nel 1950, quando sempre più forte si faceva l’esigenza di ricostruire il tessuto sociale e recuperare le forze valide per rimettere in piedi l’Italia, a guerra finita, cominciarono a sorgere Scuole di formazione specializzate per affrontare le problematiche che colpivano le fasce deboli della società. Tra le prime in Sicilia e in tutta Italia, Acireale ebbe la Scuola Superiore di Servizio Sociale e Maria Barbagallo fu chiamata dal Vescovo del tempo a fondarla e a dirigerla. Ho avuto il privilegio di affiancarmi, per oltre 50 anni, alla vita e alle attività che ella ha portato avanti con determinazione e lucidità di pensiero. La conobbi nell’autunno del 1965, quando le chiesi se potevo essere ammessa nella Scuola Superiore di Servizio Sociale, da lei fondata e diretta. Era la Direttrice e selezionava con colloqui personali lei stessa gli allievi, prima di accogliere ufficialmente la domanda di iscrizione, a cui seguivano le prove selettive e le successive ammissioni al 1^ Anno

del Corso Triennale, se si era già in possesso del diploma di Maturità di una scuola quinquennale. Avevo 22 anni e quel colloquio segnò per me l’inizio di un cammino, vicino a lei e alle sue attività che si è protratto fino alla fine dei suoi giorni terreni. La ricordo elegante, affabile, sorridente, decisa. Mi accolse, mi osservò e mi scrutò con vivo interesse fino a farmi parlare di me come se ci conoscessimo da sempre. Quando la riforma universitaria, nel riconoscere giuridicamente il titolo di Assistente Sociale,ne assorbì anche la formazione (DPR n. 14 del 14/01/1987) lei volle intraprendere un’altra linea formativa più ampia e complessa, che comprendesse un servizio permanente di formazione per ogni tipo di professione, stato sociale e interesse culturale, tale da coinvolgere i partecipanti e renderli protagonisti diretti di un cambiamento culturale nel loro ambiente, capace di dare ad ogni attività un di ”più” di professionalità e di umanità. In collaborazione con l’Università Cattolica di Milano, che ha messo a disposizione i migliori Docenti delle varie Facoltà, lei ha realizzato tutti i programmi messi in atto dal Comitato Scientifico del Centro di Cultura di Acireale I programmi, compresi

quelli in corso per l’anno 2017/2018, sono stati elaborati sulle proposte formative pensate e formulate da Maria. Lei stessa racconta la storia di 65 anni di attività ininterrotta a servizio della formazione nel libro “Una storia coraggiosa per un domani migliore”, a cura dell’EAS, Ente Attività Sociali, istituito per dare forma e vita alla Scuola Superiore di Servizio Sociale e che oggi sostiene il Centro di Cultura per lo Sviluppo, uscito nel 2015, in segno di gratitudine verso l’instancabile sua collaboratrice, Dottoressa, Graziella Brex, dopo la sua morte. Per dire chi è stata Maria Barbagallo e di quanti professionisti e persone semplici è stata silente e nascosta formatrice, non ci potrà bastare né una pagina di giornale né un volume storico. Molti, come me, a lei e al suo stile austero, coerente, forte e inoppugnabile dal punto di vista dei valori e degli ideali di vita e della serietà nello svolgimento dei piani di studi e dei contenuti, dobbiamo la formazione professionale e l’amore al lavoro. Lei sapeva attrarre a sé e dialogare anche con chi non condivideva le sue idee, perché sapeva offrire stima e fiducia, quando riconosceva nell’altro onestà intellettuale e vero e interesse culturale, rispettandone la libertà di opinioni e di scelte. All’annuncio della sua morte, di lei è stato detto che é stata “esemplare la Sua testimonianza di rigore intellettuale, profonda fede cristiana, generoso sforzo per migliorare la società attraverso la formazione professionale” e “memorabile la sua dedizione per costruire dalle fondamenta una società profondamente cristia-

na e ispirata al bene comune”. Lei stessa, quando, malgrado la sua ritrosia a pubblici elogi ed apprezzamenti, ebbe dal Rotary il premio “Paul Harris Fellow”, nel 2001, nel suo intervento di ringraziamento, indicava tre obiettivi prioritari nelle attività in corso: la promozione dei giovani, della famiglia e la formazione permanente. Il giorno della sua morte, nel suo libro di preghiere di ogni giorno, volendo pregare per lei, ho trovato scritto nel retro di una immaginetta alcuni suoi appunti degni di un programma di vita: “Vivere in pienezza la vita, Ci vuole vita per amare la vita ,Coraggio di ben operare, Gioia di vivere, Vivere giocando e Lavorare godendo la vita …” La mia vuole essere un semplice segno di gratitudine per la fiducia e la stima con cui mi ha permesso di starle vicino fino al suo ultimo viaggio. Ora, cara Direttrice, nella SS. Trinità, troverà quello Spirito Santo, da Lei sempre invocato, prima, durante e dopo ogni progetto, che potrà colmarLe quella insaziabile sete di conoscenza e di sapere; ma potrà anche intercedere per noi che restiamo ancora qui, desiderosi di continuare e perfezionare quel progetto formativo da Lei avviato, per cui ha speso tutte le sue energie vitali, perché sia ancora lo Spirito Santo a suggerire, sostenere e sviluppare sempre meglio quella preziosa eredità di valori che ci ha lasciato. E, ”, come qualcuno ha detto il giorno del suo funerale: “Siamo certi che dal Cielo in un modo a noi del tutto misterioso continuerà la sua opera”. Grazie, Direttrice! Teresa Scaravilli

dalla prima Presentata “Free Mind Foundry”, hub di alta innovazione Raccogliendo Siamo nell’Innovation Hub di Free Mind Foundry, un microcosmo perfettamente armonizzato con l’ambiente esterno, che richiama e riflette: pareti e rivestimenti di pietra lavica, piante, scrivanie immerse nel verde e cortili che si susseguono. Si è immersi in un luogo nuovo, diverso dai campus americani e dai soliti centri di co-working, un luogo in cui l’intelligenza e lo spirito creativo della Sicilia, che affonda le sue radici nell’antica Grecia, si slancia fiducioso al futuro. Da questo tempo che non è ancora, l’Hub prende in prestito le migliori tecnologie e le mette al servizio della persona. Tutto l’Innovation Hub, infatti, è gestito da un altro gigante, il sistema di Intelligenza Artificiale, un Argo Panoptes che attraverso più di 500 sensori diffusi, raccoglie ogni tipo di dato e lo innerva attraverso 14 km di cavi di fibra ottica, mandandolo alla Server Farm. Da qui il sistema ottimizza la qualità dell’aria e l’intensità luminosa; monitora la stanchezza delle persone alle scrivanie e controlla le presenze all’interno dell’Hub. In questo spazio smart di 2.000 m2 sono già ospitate, dal giorno dell’inaugurazione - il 17 luglio scorso - alcune aziende leader nel campo dell’innovazione tecnologica e dell’industria 4.0.: dall’asset management (Bax Energy - azienda capofila) ai film in realtà virtuale (Red Raion); dalla computer grafica 3D (Stormind Games) ai BigData e le soluzioni IoT (Digital Shell). Questa realtà è la concretizzazione di un sogno, la volontà di un imprenditore giovane ed illuminato, l’ing. Simone Massaro, esperto nelle tecnologie software e in energie rinnovabili, che porta nella sua Sicilia le idee migliori maturate nella sua pluriennale esperienza all’estero, per costruire un luogo confortevole, accogliente e altamente tecnologico, dove possano incontrarsi aziende, imprenditori, startuppers, accademici e giovani sognatori di talento, per costruire e intraprendere nuove iniziative e nuovi progetti. Un sogno, questo, che è divenuto realtà incontrando l’apertura mentale, la lucida visione e la lungimiranza del Credito Siciliano, che ha colto una sfida ed un’opportunità unica e preziosa, ospitando nei propri locali aziende innovative: non sono stati solo i muri dei vecchi uffici a cadere per lasciare spazio all’innovazione, ma anche quelli tra impresa e finanza, consentendo uno scambio aperto ed una commistione tra tradizione ed innovazione, anche per recuperare il drammatico sottosviluppo digitale in cui versano molte realtà in Sicilia, così come sottolineato dall’AD del Credito Siciliano, Saverio Continella, durante l’inaugurazione. L’apertura del più grande Innovation Hub del sud Italia, la visione comune e la volontà di determinare un cambiamento epocale e duraturo attraverso l’innovazione e l’impresa, sono essenziali e diventano determinanti se - come ha dichiarato il nostro Vescovo, Mons. Raspanti, alla cerimonia di inaugurazione - si incentreranno attorno alla persona, se riusciranno a creare un ambiente di lavoro in cui ciascuno può perseguire e raggiungere la propria crescita personale e professionale grazie all’incontro, e all’azione che segue l’incontro. L’energia che questo vulcano sarà in grado di sprigionare, dipenderà dalla comunità delle persone che lo animeranno, dalla loro voglia di innovare, di fare e di ricercare soluzioni, attraverso il dialogo e la condivisione. Mario Di Re Presidente Associazione Jaci

Randazzo, la festa dell’Assunta e della Vara Il carro è tradizionalmente accompagnato, durante la sua sfilata, dal corteo medievale al completo (a cura dell’associazione randazzese Sicularagonensia), e da vari gruppi di tamburisti e sbandieratori che intrattengono la folla con spettacoli e varie performance. Al termine della sfilata, che occuperà come sempre l’intero pomeriggio del 15 agosto per concludersi poco prima del tramonto (da non perdere il rituale di posizionamento di tutti i personaggi sul carro, svolto con la consueta attenzione mista a suspence) si svolgerà il tradizionale concerto di Ferragosto, anche se al momento non è ancora noto il nome dell’artista che lo terrà. Già nei giorni precedenti il Ferragosto sarà possibile accedere agli stand allestiti in piazza Loreto e lungo le vie limitrofe. È confermato il tradizionale concerto del complesso bandistico “Marotta” di Randazzo per il 12 agosto. La festa della Vara è di certo il fiore all’occhiello del paese, ma la sua “celebrazione” si inserisce all’interno di un programma comunale molto più articolato e comunque ancora “work in progress”, come ci ha confessato l’assessore al Turismo Gianluca Anzalone, che dichiara il suo massimo impegno per offrire al paese quanto più possibile. L’estate randazzese è infatti già iniziata il 22 luglio con la prima edizione del “Carnevale Estivo”, e prosegue con la splendida “Festa Medievale” il 28, 29 e 30 luglio, quest’anno ricca di numerose novità. Non mancano gli eventi sportivi come i tornei di beach volley, beach soccer e baseball (naturalmente su campi appositamente allestiti con la sabbia), quelli di interesse culturale tra i quali la presentazione del libro di poesie di Alessandra Distefano, che vanterà come ospite l’autore della prefazione, Alessandro Quasimodo. Tra gli eventi di interesse storico vanno menzionati il Tour dei Castelli, il Campionato degli Arcieri, il RandArt&Bike – itinerario in bici nel centro storico con tappe nei luoghi di maggior interesse – e infine la messinscena di “Delitto al Convento”, durante il quale i partecipanti potranno vestire i panni dei detective, mentre gli attori reciteranno all’interno dello splendido palazzo comunale, cornice molto suggestiva. E poi ancora “Respiro D’arte”, per dare spazio agli artisti locali, in occasione del quale verrà proposto un approccio alla Pet Terapy, l’innovativa terapia che permette di trarre beneficio dall’interazione uomo-animale e che trova applicazione soprattutto in ambito comportamentale. Un’ultima iniziativa da segnalare (ma non ultima per importanza, vista la nobiltà dei sentimenti di cui si nutre) è la ferma volontà di ospitare il prestigioso Museo Tattile Itinerante Borges per non vedenti, che permetterà non solo ai disabili di godere della percezione di splendide opere d’arte, ma si pone anche come un’occasione imperdibile per ognuno, occasione di crescita e sensibilizzazione. Questo è il turismo accessibile – sostenibile - responsabile di Randazzo. Francesca Sangani


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Cultura e SocietĂ

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ACIREALE Il primo festival tra carretti, botteghe artigianali e prodotti tipici e anche con cantastorie e gruppi folk

I pupi siciliani scendono in piazza Tra carretti siciliani messi in esposizione nelle vie del centro, botteghe artigianali a tema e bancarelle con prodotti tipici locali in piazza Duomo, cantastorie e gruppi folkloristici che sďŹ lavano lungo il corso, si è svolto nei giorni 22 e 23 luglio il 1° Festival dell’Opera dei Pupi. Ăˆ stata una manifestazione organizzata per far rivisitare questa antica forma popolare di teatro della nostra isola nel contesto del folklore siciliano, ma anche, nel caso speciďŹ co, per ricordare la ďŹ gura del piĂš grande puparo acese e forse uno dei piĂš grandi non solo a livello siciliano, ma addirittura mondiale: l’indimenticabile Emanuele MacrĂŹ. Egli, nato a Messina e rimasto orfano nel terremoto del 1908, venne adottato dall’acese don Mariano Pennisi, che gestiva il teatrino dell’opera dei pupi di via Alessi. Qui don Emanuele crebbe in mezzo ai pupi, per cui apprese ďŹ n da piccolo a manovrarli, a costruirli e ad amarli, per portare poi a livelli eccelsi – da grande – l’arte del puparo. Egli è stato celebrato con una mostra a lui dedicata nell’atrio del Palazzo di CittĂ , con due talk show tenutisi in piazza Duomo con i piĂš famosi pupari

siciliani e con le testimonianze di quelli che lo conobbero personalmente e che lavorarono con lui sulla scena, percependo magari piĂš da vicino le sue qualitĂ sul piano umano. Ăˆ stata anche un’occasione per conoscere e confrontare le due grandi scuole dell’opera dei pupi in Sicilia, quella palermitana e quella catanese, di cui la scuola acese è una variante importante. I pupi palermitani, infatti, sono piĂš piccoli,

possono piegare le ginocchia e rinfoderare la spada, e si manovrano lateralmente con delle aste. Invece i pupi catanesi (e acesi) sono piĂš grandi, si manovrano dall’alto con dei ferri dal cosiddetto “bancoâ€? e sono rigidi, per cui la spada la tengono sempre in mano. Inoltre ci sono delle dierenze nell’abbigliamento e nella tipologia di armi dei vari paladini. A tal proposito è stato raccontato un aneddoto riguardante Emanuele MacrĂŹ: in un di-

battito sui pupi siciliani, dopo aver parlato dei pupi palermitani che sono piĂš snodabili e si possono anche inginocchiare, gli venne chiesto come fossero i suoi pupi, ed egli rispose dicendo: “I miei pupi non si inginocchiano davanti a nessuno!â€? Nel corso delle due serate, è stato possibile seguire all’opera, in due palchetti approntati per l’occasione in piazza Giovanni XXIII e all’imbocco di via Romeo, i piĂš famosi pupari siciliani, che si sono alternati e che hanno pure ricevuto delle targhe di riconoscimento dall’Amministrazione comunale. Le gesta di Orlando e Rinaldo, di Carlo Magno e della bella Angelica – ma non solo – sono state quindi portate in scena dalle arcinote compagnie del palermitano Franco Cuticchio, del catanese Fiorenzo Napoli con i suoi fratelli e dei messinesi della famiglia Gargano, oltre che dal gruppo acese (uno dei pochi sopravvissuti) de “I Paladiniâ€?. Onnipresente l’assessore Antonio Coniglio, contento e soddisfatto dell’andamento e del buon esito della manifestazione, e che sta giĂ pensando ad una seconda e terza edizione. Nino De Maria

SANTA VENERINA Illustrati i risultati della ricerca storica condotta da don Giuseppe Guliti

Quando e come è nato Bongiardo La storia si fa con i documenti. Lo sapeva bene Erodoto che fu il primo importante storico a comprendere l’importanza dell’uso delle fonti scritte: prima di lui veritĂ e leggenda si erano confuse nei racconti di antichi scrittori. La ricerca “Branchardo – Terra di conďŹ neâ€?, condotta con particolare perizia da don Giuseppe Guliti, oltre a riportare alla luce quanto accaduto a un popolo dall’alto medioevo ďŹ no agli inizi dell’800 è servita proprio a rivestire di bellezza la ricerca storica. Quest’ultima non è realizzabile se non c’è la predisposizione di un coraggioso ricercatore che si precipita – parafrasando Will Harvey – in un appuntamento al buio con la conoscenza. Don Giuseppe Guliti certamente lo è e lo ha dimostrato con le oltre 37mila pagine d’atti e documenti esaminati presso l’Archivio storico vescovile di Catania e quello di Stato, addentrandosi in un fondo vescovile mai visionato prima. Diversi gli input che hanno spinto il sacerdote originario di Viagrande a compiere questa inedita ricerca. Sicuramente la passione innata per la ricerca (è cresciuto con l’agostiniano padre Messina che fu direttore dell’Archivio storico diocesano di Catania e con l’attuale mons. Gaetano Zito) e poi il desiderio di restituire l’identitĂ storica a una comunitĂ perchĂŠ possa

possederla e custodirla veramente. Non di una comunitĂ qualsiasi ma di quella a lui aďŹƒdata per la cura pastorale e spirituale: la parrocchia Maria SS. del Carmelo di Bongiardo, quartiere di Santa Venerina. Ma andiamo ai fatti storici. La ricerca trae inizio dall’antico diploma del 1125 (e non del 1124 come in passato si è voluto far credere) con cui Ruggero II indicava i conďŹ ni della Contea di Mascali citando, appunto, “Branchardoâ€?. Qui esisteva un “hospitaliaâ€?, una struttura per pellegrini, gestita da ecclesiastici e che funzionò ďŹ no al XIV secolo. Posto al centro di un’inserzione di tre entitĂ amministrative diverse (Acireale, Mascali e Catania) Branchardo fu terra di con-

ďŹ ne, di ristoro e di vita religiosa. Esisteva una fonte d’acqua ed esisteva anche un antica chiesa che diete riparo a Giovanni d’Aragona nel 1348 colpito dalla peste. La chiesa del S. Salvatoris, incrociando alcuni atti notarili, doveva sorgere vicino alla fonte e al fondaco di Branchardo, nella striscia di terra che oggi costeggia la provinciale che da Bongiardo sale verso Zaerana. Dalla ricerca di don Guliti si evince pure che la vita religiosa della chiesa d’origini bizantine di S. Stefano della vicina Dagala non si arrestò con l’arrivo della lava del 1285 – che, in ogni caso, distrusse gli alloggi dei monaci ma non toccò l’ediďŹ cio sacro – ma continuò almeno ďŹ no alla metĂ del quattrocento; a tale periodo risale infatti la nomina del priore Benedetto. I risultati della ricerca sono stati illustrati venerdĂŹ 14 luglio all’anďŹ teatro Princessa alla presenza di un folto pubblico, il sindaco Salvatore Greco, l’assessore alla cultura Maria Assunta Vecchio e alcuni studiosi di storia locale. Ad inizio serata l’architetto Giuseppe Marano della Soprintendenza dei beni culturali di Catania ha informato la platea sullo stato dei lavori di restauro della chiesa parrocchiale di Bongiardo il cui termine è ďŹ ssato entro la ďŹ ne di quest’anno. Domenico Strano

Poesia e teologia “Lecturae Dantis� in tre chiese acesi un successo da ripetere

Riacquistare il piacere di leggere Dante. Ăˆ questo ciò che è riuscita a fare l’iniziativa “Dante nelle chiese di Acirealeâ€?, organizzata dal Liceo classico “Gulli e Pennisiâ€? con la collaborazione dell’associazione culturale “Cento campaniliâ€?. Tre chiese tra le piĂš belle per ambientare la lettura ed il commento di tre canti danteschi tra i piĂš sublimi, con degli esperti di indiscutibile preparazione e capacitĂ espositiva. Il canto XI del Purgatorio (sul peccato di superbia), il terzo del Paradiso (dove si parla degli spiriti mancanti) ed il XXXIII del Paradiso, quello conclusivo di tutta la “Divina Commediaâ€? in cui Dante ha la possibilitĂ di ammirare la Santissima TrinitĂ , grazie all’intercessione di Maria, invocata per lui da San Bernardo: questi i canti scelti, illustrati rispettivamente dai tre docenti del Liceo acese Annamaria Zizza, Orazio Mellia e Salvo Valastro, mentre i collegamenti teologici sono stati approfonditi da don Sebastiano Raciti, don Mario Gullo e dallo stesso vescovo mons. Antonino Raspanti. La prof.ssa Leda Vasta ha invece illustrato in tutti e tre gli incontri il contesto artistico delle chiese ospitanti: Santa Maria del Suragio (dedicata alle anime purganti), San Camillo (inizialmente dedicata alla Madonna delle Grazie, e nei cui areschi vengono esaltate le virtĂš di Maria) e la basilica Cattedrale (dedicata all’Annunciazione). Avvincenti le spiegazioni dei dotti relatori, che hanno fatto gustare il testo dantesco nel contesto teologico e artistico dei tre ediďŹ ci sacri. C’è stato pure l’accompagnamento musicale, curato, nei tre momenti, dal quartetto vocale “Doulce MĂŠmoireâ€?, dal quartetto d’archi “Harmoniaeâ€? e dalla Corale polifonica “Don Antonino Maugeriâ€?. Il presidente dell’associazione “Cento campaniliâ€? ha fatto di volta in volta da presentatore, illustrando i vari interventi. Da citare anche i tre bravi lettori: Martina Lo Giudice, Ferdinando Sorrentino e Costanza Arcidiacono. Si è trattato di un percorso artistico di alto livello, che ha visto una partecipazione molto nutrita di pubblico e che si spera possa essere ripreso dopo il periodo estivo, sia perchĂŠ Dante ore tantissimi spunti nel suo Poema, sia perchĂŠ tante altre chiese acesi si prestano per fornire un’ambientazione adeguata a tali incontri culturali. N. D. M.

ACIREALE Due intense serate, con tanta folla, in piazza Duomo per la premiazione del concorso letterario “CittĂ di Acirealeâ€?

$UWH VSHWWDFROR SRHVLH IRWRJUDĂ€D H FRPLFLWj Cultura, arte, spettacolo, comicità – il tutto profuso a piene mani – hanno caratterizzato le due serate ďŹ nali del premio letterario nazionale “CittĂ di Acirealeâ€?. VenerdĂŹ 14 e sabato 15 luglio sono state infatti le due serate dedicate alla scelta ed alla premiazione dei vincitori delle varie sezioni, nonchĂŠ all’assegnazione dei premi speciali. Il premio letterario “CittĂ di Acirealeâ€? è arrivato quest’anno alla 10a edizione, anche se in precedenza si chiamava “Poeta per casoâ€?. Anche l’ente organizzatore ha cambiato denominazione, pur restando invariato il presidente, l’infaticabile Giacomo Trovato, che dalla disciolta Associazione “Cristo Nuova Speranzaâ€? ha fatto nascere l’Accademia Letteraria e FotograďŹ ca Acese. Di particolare interesse la serata ďŹ nale, dedicata alla premiazione delle varie sezioni del concorso, prescelti la sera prima dalle giurie tecniche e popolare, che hanno dovuto complessivamente valutare circa 120 concorrenti provenienti da tutta l’Italia. Alla parte letteraria vera e propria si sono alternati numerosi momenti di spettacolo, condotti con brio e professionalitĂ dai vari ospiti: la poetessa acese Maria Grazia Falsone, le due giovanissime sorelline cantanti Katherine e Barry Donzuso, il giovane cantante Matteo Siculo, e poi ancora Antonio Costa, Valeria Fisichella e Francesco Foti. Bravi anche i gruppi musicali, dalla “SocietĂ di Danza Cataniaâ€? alla “Nuova Prospettiva Danzaâ€? di Aci Sant’Antonio, dal gruppo di danze orientali “Sara e le Donne di Araratâ€? al “Centro Accademico Arte e Movimentoâ€?. La ciliegina sulla torta, nella serata ďŹ nale, è stata rappresentata dal comico catanese David Simone Vinci.

Nella serata ďŹ nale di gala, sono stati contestualmente premiati anche i vincitori del concorso “Fotografo per casoâ€?. La sezione fotograďŹ ca, inserita da tre anni e curata dall’arch. Carmelo Strano, sta assumendo anch’essa sempre piĂš una valenza di grande rilievo, ed ha visto la partecipazione di circa 80 opere provenienti da tutta l’Italia. Sono stati inoltre assegnati dei premi speciali a personalitĂ di spicco in campo artistico. I prescelti sono stati: Antonio Presti (ideatore della kermesse “Fiumara d’arteâ€?), per la cultura; Lina Maria Ugolini (scrittrice e poetessa catanese), per la letteratura; Rosario Lo Bello (imprenditore siracusano e arbitro di calcio come il padre, il famosissimo Concetto), per la carriera; Carlo Muratori (musicista siracusano, storico fondatore negli anni ’70 del gruppo “I Cilliriâ€?), per l’arte; e Aida Fazio (presidente della sezione provinciale di Catania dell’Associazione Italiana Persone Down), per il volontariato. Hanno presentato le due serate Marinella Arcidiacono e Giovanni Cavallaro, con la collaborazione di Agata Spinto e Angelo Cristaudo, ma anche di Gabriella Puleo (dalla piazza). L’elenco completo dei premiati è consultabile nella nostra edizione web. Qui citiamo solo il romano Massimo Polimeni per la categoria Opere edite, e Mario Antonino Ingegneri per il Concorso “Fotografo per casoâ€?. I vincitori hanno ricevuto come premio un’artistica riproduzione del Duomo di Acireale, opera dell’artista Francesca Cannavò, mentre ai secondi e terzi classiďŹ cati sono state consegnate delle targhe. Ni. DeM.


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Speciale Randazzo

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INTERVISTA Lo storico Salvatore Rizzeri illustra l’origine del Carro e il suo percorso nei vari secoli

La Vara è (forse) unica al mondo Salvatore Rizzeri è un ex Funzionario del Banco di Sicilia oggi Unicredit, da poco in pensione. Laureato in Economia e Commercio, master in Consulenza Finanziaria, presso l’Università Bocconi, è uno storico appassionatissimo, che conosce ogni particolare di ogni vicenda che abbia in qualche modo coinvolto il suo amatissimo paese, Randazzo. Lo abbiamo intervistato per avere notizie precise circa la nascita e la vita della Vara. - La Vara di Randazzo è stata la prima in Sicilia o ha tratto spunto da altre? Quella di Messina, ad esempio, era antecedente o precedente? Ritengo che la Vara di Randazzo non possa vantare il privilegio di essere stata la prima a comparire in Sicilia. Il dotto e storico Salesiano don Salvatore Calogero Virzì a tal proposito afferma, pur senza supporto documentale, che “ . . . . Le sue origini sono da ricondursi alla seconda metà del 1500 e si collegano certamente alla venuta a Randazzo dell’Imperatore Carlo V. La delegazione randazzese, invitata ad accompagnare il sovrano a Messina, ebbe così modo di stupirsi e meravigliarsi ammirando lo sfarzo e la magnificenza del carro trionfale dell’Assunta che in quell’occasione venne montato e fatto sfilare dai messinesi, per essere ammirato dall’Imperatore, nonostante il ferragosto fosse già passato da oltre due mesi”. A suo dire, pertanto, anche se di solo qualche anno è successiva a quella di Messina. - Abbiamo fonti storiche che documentano quale sia stata l’ispirazione alla base della creazione della prima Vara? La mancanza di documenti (molti sono stati nel corso dei secoli gli eventi calamitosi che hanno totalmente distrutto il patrimonio documentale dei vari archivi esistenti nella città) non ci consente di affermare con certezza quale sia stata l’ispirazione alla base della creazione di tale imponente carro trionfale. Gli storici municipali azzardano l’ipotesi che l’ispiratore

ed esecutore del progetto possa essere stato il grande architetto del Senato messinese Andrea Calamech, in quegli anni a Randazzo per sovrintendere ai lavori di restauro delle chiese di Santa Maria e di San Nicola. Così come non è da scartare l’ipotesi secondo cui l’idea ispiratrice della realizzazione del carro trionfale possa essere stata data dall’opera pittorica di Giovanni Caniglia, datata 8 agosto 1548, che tutt’ora trovasi posta nella cappella absidale del Crocifisso nella chiesa di Santa Maria. Il dipinto assume infatti l’aspetto di un trittico verticale in cui risultano sovrapposte tre distinte scene: “La Dormitio” in basso, “l’Assumptio” al centro, “La Glorificatio” in alto. - Chi ne volle l’importazione a Randazzo ? Le nobili e potenti famiglie randazzesi gestivano da sempre il potere economico politico e amministrativo della città. Essendo Randazzo da secoli per importanza la seconda città del Valdemone, dopo Messina, si volle, da parte di questi, dare ancora maggiore risalto e visibilità non solo alla città, ma anche al loro operato. - Negli anni, la Vara di Randazzo ha subito delle modifiche sostanziali, dal punto di vista strutturale e/o dal punto di vista formale? E il percorso ha subito variazioni? Nel corso dei secoli la Vara ha subito modifiche anche sostanziali sia dal punto di vista strutturale, così come da un punto di vista formale. Di ciò si ha certezza dai vari e diversi disegni rinvenuti nell’Archivio della Basilica di S. Maria e appartenenti a periodi storici diversi. Alcuni di questi sono stati riportati nell’interessante ed ormai introvabile volume del Salesiano don Calogero Virzi – La Chiesa di S. Maria di Randazzo -, edito dal Comune negli anni ‘80. - Con quale meccanismo veniva e viene trainata la Vara per le strade di Randazzo? Il Carro trionfale della Vara, pesantissimo e di non agevole manovrabilità, è stato sempre trainato a forza di braccia, con due lunghissime e possenti funi, da un nugolo di ragazzi. Nei secoli passati, quando il corso Umberto non era ancora lastricato, la Vara si muoveva facendo scivolare il carro su robusti tronchi di legno che man mano venivano posti davanti al carro lungo la direzione intrapresa. - Ci sono stati anni in cui la Vara di Randazzo non è uscita? Ad esempio durante la guerra? Solamente dal 1973 la festa della Vara si celebra costantemente ogni anno. In passato la festa aveva una cadenza triennale, salve diverse e più lunghe interruzioni a motivo di eventi par-

ticolari (guerre, pestilenze, carestie). Il periodo più lungo di interruzione che personalmente ricordo è quello intercorso tra il 1967 e il 1973 - Attualmente la Vara di Randazzo è l’unica in Sicilia? La Vara di Randazzo è certamente unica nel suo genere in Sicilia. Quella di Messina, seppur più pubblicizzata dai media, non ha niente a che vedere con l’originalità, bellezza e peculiarità di quella della nostra città, sia per dimensioni (18-20 metri in altezza), che per la presenza di 25 personaggi viventi, nonché per i particolari movimenti che la stessa è in grado di eseguire (rotazione nei due sensi delle ruote centrali, l’una a destra, l’altra a sinistra e inoltre per il movimento rotatorio di tutto l’asse del carro). Un complesso armonioso che suscita lo stupore del forestiero che la vede per la prima volta. - Che lei sappia esiste qualcosa di simile in altre parti d’Italia o in altre nazioni del mondo? Fercoli sacri di varie strutture e dimensioni sono presenti in varie parti del mondo e soprattutto in Italia. Una delle testimonianze medievali più note, il Carroccio della Lega Lombarda, è testimoniato a partire dal 1176, con sopra una croce ed un altare accompagnava in battaglia i soldati contro Federico Barbarossa. Posso comunque affermare senza possibilità di smentita che non esiste al mondo un carro trionfale simile alla “Vara di Randazzo”. - Come è cambiato, se è cambiato, il modo in cui la cittadinanza randazzese vive questo evento? Nel corso dei secoli, ma in particolare negli ultimi 20 anni, purtroppo, è cambiato un po’ l’atteggiamento della cittadinanza randazzese nei confronti di un tale straordinario evento. Si è ridotto quell’entusiasmo e quell’impaziente attesa che precedeva la festa. Ne vi è più la partecipazione di popolo che caratterizzava l’evento come nei decenni passati. La città si riempie si di decine di migliaia di visitatori entusiasti e sbalorditi alla vista di tale “meraviglia”, ma quelli che si vedono sempre meno sono, purtroppo, i giovani randazzesi che magari preferiscono trascorrere una giornata a mare. - Quali sono i suoi primi personali ricordi della Vara di Randazzo? Da ragazzo abitavo ad appena 150 metri dalla “Tribonia” – le Absidi di Santa Maria -, il luogo ove veniva e viene tutt’ora montata la Vara. Oggi con i moderni mezzi meccanici ci si impiega non più di due giorni per approntarla. Ai miei tempi invece (anni 60), si iniziava il lavoro almeno una settimana prima e tutti i ragazzini del quartiere assistevamo con entusiasmo in particolare all’alzata del “Tronco” e al suo fissaggio al centro del carro. Operazione non semplice, ed anche pericolosa, che richiedeva il lavoro di esperti operai per la durata di un intero giorno. I 25 personaggi prescelti venivano poi preparati molto tempo prima da Piero Santangelo, e nei giorni che precedevano l’uscita del carro giravano i quartieri e le piazze di Randazzo intonando e provando l’antica canzone-inno alla Vergine, in stretto ed antico dialetto randazzese. Annamaria Distefano


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INTERVISTA Il parroco teologo don Domenico Massimino spiega il dogma dell’Assunzione e la festa del 15 agosto

“Profonda la devozione dei randazzesi a Maria” Il prof. Pippo Crimi da 50 anni prepara i bimbi protagonisti del Carro Il professor Pippo Crimi, docente di lettere in pensione, è una persona nota a tutti i randazzessi, per la presenza attiva in numerose attività di solidarietà e volontariato, per la costantepresenza nella vita della parrocchia Santa Maria, oltre che, naturalmente per i decenni di insegnamento a tante classi di alunni alle quali, con impegno e passione, si è dedicato. Nell’ambito della festa della Vara è una figura chiave. Lo abbiamo intervistato per conoscere meglio questa affascinante e meravigliosa festa.della Vara? - Professore, da quanti anni è coinvolto nell’organizzazione della Vara? “Dal 1967, con una sola pausa di 5 anni compresa tra il ’68 e il ‘72, mi sono sempre occupato della Vara, curando la preparazione dei bambini. Inoltre, per un certo numero di anni, quando l’allora assessore al Turismo, Mario Parlavecchio, istituì il comitato cittadino, ne fui cassiere”. - In cosa consiste la preparazione dei bambini alla Vara? “A partire dai primi giorni di luglio inizio a far provare ai bambini i canti, e li preparo alla sfilata con i costumi. Si tratta di un tempo, quello che trascorro con loro, in cui cerco di conoscerli bene, di capire se il loro carattere si presti all’impresa, se non abbiano particolari timori. Gli illustro il quadro del Caniglia che è esposto nella Basilica. Nel quadro sono raffigurate le tre fasi che caratterizzano il dogma dell’Assunzione: la dormizione, l’assunzione vera e propria e l’incoronazione di Maria. La Vara, nella sua imponente struttura verticale, raffigura questi tre momenti”. - Più di 45 anni di esperienza nella Vara, come istruttore dei bambini! Cosa è cambiato nel tempo per quanto riguarda la preparazione dei bambini? “Molte cose sono cambiate. Una volta, fino a una decina di anni fa, subito dopo la messa delle ore 10, i bambini venivano presi in carico da noi. Con una parte del contributo che ci dava il comune, io compravo loro il cibo per il pranzo: pane, provola, prosciutto, banane e nessun’altra bibita all’infuori dell’acqua. Poi i bambini venivano fatti riposare fino all’ora della sfilata che veniva fatta immediatamente prima dell’uscita della Vara, nel primo pomeriggio. Adesso la sfilata dei bambini in costume si svolge di seguito alla Messa delle 10. I bambini poi si ritirano nelle loro case, dove pranzano e si riposano, per tornare nel primissimo pomeriggio, quando iniziamo a farli salire sulla Vara”. - Che altro è cambiato negli anni? “Tante cose sono cambiate, basti pensare al fatto che, una volta, tutti i bambini (compreso quello che impersonava la Madonna!) fossero maschietti. Dal 1974 solamente ho gradualmente inserito le femminucce, tanto che, attualmente, rappresentano la maggioranza. Anche l’età dei bambini si è abbassata: una volta erano tutti ragazzi dai 15 ai 17 anni circa. Inoltre, una volta, la vara era costituita da 25 personaggi, non uno di meno, né uno di più. Adesso il numero è nettamente superiore e siamo arrivati fino a 41 bambini”. - Quali sono le figure chiave della Vara? “Sicuramente le due Madonne, Assunta e Incoronata, i Gesù che le affiancano, il Padre eterno e San Michele Arcangelo, che guida tutti gli angeli, attorno alla Madonna e a Gesù”. - Con quale criterio vengono assegnate le parti ai bambini che salgono sulla Vara? “Ci si basa sull’età e sulla statura. I bambini più piccoli vengono messi più in basso, quelli più grandi, invece, vengono collocati più in alto. Sulla ruota trovano spazio solo quelli sufficientemente gracili”. - L’usanza di gettare le caramelle ai bambini della Vara, quando è stata introdotta? “C’è sempre stata questa abitudine, ed ha sempre creato molto gioia nei bambini. ‘E una delle cose che crea la maggiore aspettativa”. - Come vengono ancorati i bambini alla Vara? “Tramite un cerchio di ferro”. - Come viene spostata la Vara? “Viene trascinata da volontari, adulti o giovani uomini che tirano delle corde, che spostano il carro sul quale poggia questo unico tronco di 12-13 metri circa. Tutta la Vara sarà di circa 17 metri. Dentro il carro si trovano due persone che fanno ruotare il tronco. Anche dentro la ruota si trova un uomo che la fa ruotare”. - Dopo tutti questi anni, ci dica: qual è il momento più emozionante della Vara? “Senza alcun dubbio la partenza”. A. D.

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Quella del 15 agosto si è trasformata in una festa laica, ma i cattolici, non dimenticano il suo primo e autentico significato: celebrare l’assunzione di Maria Vergine in cielo. Per parlare di questo, abbiamo intervistato il parroco della Basilica di Santa Maria, padre Domenico Massimino, fine teologo oltre che sacerdote sempre dedito alla parrocchia. - Padre Domenico, la Vara, il 15 agosto, mette in scena l’Assunzione di Maria al cielo. Ci spiega in parole povere cosa significhi questo? “L’Assunzione sta a indicare come, pur essendo Maria morta, esattamente come moriamo tutti noi esseri umani, Gesù compreso, il suo corpo non abbia conosciuto la corruzione del sepolcro, la decomposizione. Maria è stata infatti assunta in cielo nell’interezza dell’identità umana, fatta di anima e corpo. Per la Chiesa ciò che è accaduto a Maria è ciò a cui andremo incontro tutti. Lo scopo della nostra vita terrena, ciò che le conferisce un senso è arrivare a questa risurrezione di vita. La resurrezione di vita comprende l’anima, che non muore mai, e il corpo. Per noi è impossibile immaginarci al di fuori dalle due categorie che conosciamo nella vita terrena: spazio e tempo. Eppure è questo che accadrà nella resurrezione di vita, o per esemplificare, nel Paradiso”. - Perché la Madonna ha conosciuto immediatamente questa resurrezione di vita, essendo stata l’unica al di fuori di Gesù Cristo? “L’esistenza terrena di Cristo è legata in maniera speciale a quella di Maria. Maria non ha conosciuto mai il peccato. La morte è l’espressione del peccato. Non avendo conosciuto peccato, Maria non ha sperimentato la corruzione del sepolcro. La sua, infatti, non è nemmeno da considerarsi una morte, ma è chiamata dalla Chiesa “dormizione”. Qui in Basilica abbiamo un quadro bellissimo di Giuseppe Velasquez, pittore palermitano vissuto tra il ‘700 e l’ 800. Egli raffigura il ritrovamento del sepolcro vuoto di Maria, da parte degli apostoli. Si tratta di un episodio narrato solo dai Vangeli apocrifi, che il quadro descrive in maniera perfetta: una parte degli apostoli volge lo sguardo al sepolcro vuoto, la rimanente parte volge lo sguardo al cielo. Non si tratta di due sguardi, ma di un unico sguardo, lo sguardo della Fede, che coglie i segni, ma va oltre”. - Quando è diventato dogma l’Assunzione di Maria? “ Nel 1950, sotto Papa Pio XII. Un dogma è una verità alla

quale bisogna credere necessariamente se ci si professa cristiani. Non è che prima di quella data non si credesse all’Assunzione della Madonna. Al contrario, infinite sono le testimonianze, prima fra tutte la consacrazione di numerose chiese alla Madonna Assunta, che ci dimostrano come, a livello popolare, fosse già radicata la venerazione della Madonna Assunta. Quando parlo ai ragazzi io faccio sempre un esempio per spiegare loro il significato di dogma. Il dogma è come un indumento che hai in valigia, ma che non sai di avere. Nel momento in cui lo cerchi, scopri di averlo. Non si è materializzato nel momento in cui lo trovi, chiaramente è sempre stato lì, solo che prima non si era manifestata l’esigenza di cercarlo”. - Crede che la Vara aiuti a ricordare il vero significato del 15 agosto, o che, al contrario, l’aspetto folkloristico che ha assunto, e che è proprio a tutte le feste, possa distrarci dal significato cattolico? “Innanzi tutto, esiste, per celebrare la Madonna Assunta, un momento di assoluto raccoglimento in preghiera: è la Messa solenne del 14 pomeriggio, concelebrata da tutti i sacerdoti di Randazzo e presieduta da un Vescovo (quest’anno sarà monsignor Giombanco, vescovo di Patti). Questa Messa è seguita da una processione intima, intensa, partecipata dal paese e da tutte le confraternite”. “La Vara rientra senza dubbio nelle manifestazioni folkloristico-religiose. Il folklore religioso, però, non è di per sé negativo. Gesù, Dio incarnatosi, ha parlato una lingua specifica, ha vissuto tradizioni, usi e costumi tipici del tempo e del luogo in cui ha vissuto. Certe feste folkloristico-religiose ci presentano i contenuti della fede cristiana in modalità tipiche di una certa cultura e tradizione. La Vara dà il senso della verticalità, costituisce una sfida all’uomo prigioniero dell’orizzontalità di vita, incapsulato in una visione riduttiva rispetto al senso della vita. La Vara induce l’uomo a guardare in alto, verso il cielo, fino a trovare l’aggancio che dà senso pieno, globale, eterno, al suo vivere sulla Terra”. Annamaria Distefano

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Chiesa e Società

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DIOCESI Ordinazione in Cattedrale per le mani del vescovo mons. Raspanti e prima Messa a Santa Maria degli Angeli

Arturo Grasso è diventato sacerdote Ancora una volta la Basilica Cattedrale, la chiesa madre della Diocesi di Acireale, ha visto un suo figlio diventare sacerdote. L’eletto è proprio un giovane cresciuto ad Acireale, Arturo Grasso, della parrocchia S. Maria degli Angeli. Il rito di ordinazione è stato presieduto dal Vescovo, mons. Antonino Raspanti con la presenza di tanti sacerdoti e naturalmente dei familiari, i parenti e gli amici. Il novello sacerdote ha 32 anni; prima dell’ingresso in Seminario ha conseguito la maturità classica e poi la laurea in Scienze agrarie. La vocazione è nata nel contesto parrocchiale, servendo all’altare da ministrante, attraverso la frequenza ai sacramenti e in particolare grazie alla devozione alla Madonna, che nella parrocchia di piazza Cappuccini è venerata sotto il titolo di Maria Bambina. C’è da dire che il sacerdozio è per don Arturo un “affare di famiglia”! Il suo bisnonno materno, infatti, aveva quattro fratelli sacerdoti, Marcantonio, Gaetano, Leonardo e soprattutto Agatino Leonardi, noto musicista, che per tanti anni resse la

Calcio a 7: Al torneo “Don Antonino Torrisi”

VINCONO LE ACLI DI CANNIZZARO

Il “Torneo di calcio a 7”, organizzato dall’US Acli di Catania e dedicato alla memoria di don Antonino Torrisi, è stato vinto dalla squadra di Cannizzaro. Al torneo, svoltosi a Temestieri Etneo, hanno partecipato otto squadre della provincia di Catania. Ormai da quattro anni un gruppetto di ragazzi della frazione di Cannizzaro, che hanno iniziato quasi per gioco nell’estate del 2013 in occasione di un grest estivo organizzato dalle Acli di Cannizzaro, si allenano costantemente presso il campetto di via Firenze, costituendo una vera squadra di calcio a 7 che sta partecipando a diversi tornei provinciali. Ad allenare la squadra sono Edoardo Consoli e Amarù Santo. Il 21 luglio a Tremestieri si è aggiudicato il primo posto del torneo “Don Torrisi” ed e stata premiata dall’assessore regionale allo Sport Anthony Barbagallo. “Siamo pronti ad altre sfide, dichiara il consigliere comunale Salvo Tosto, tra cui l’organizzazione del “1° Torneo delle frazioni (calcio a 5)”, che vedrà ad ottobre sfidarsi quattro squadre rappresentative delle quattro frazioni del territorio di Acicastello, torneo che darà vità ad una competizione calcistica nel nostro comune, ma che sarà soprattutto un momento di sana aggregazione, così come nella mission delle Acli”.

chiesa di S. Maria degli Angeli e si prodigò per la diffusione del culto a Maria Bambina. Altro legame di sangue con fra’ Samuele, diacono francescano che visse molti anni nel convento di S. Biagio, e che era fratello di suo nonno materno. Nel solco di questa continuità, inevitabilmente affascinato dalle figure degli antenati sacerdoti, don Arturo ha compiuto il suo lungo percorso di preparazione che è culminato con l’ordinazione presbiterale. Nella sua omelia, il Vescovo ha preso spunto dalla prima lettura, il racconto del sacrificio di Isacco, per dire che la vita del presbitero è una prova, come lo fu per Abramo, ma che serve a raggiungere una maggiore intimità con Dio. Da questa conoscenza superiore, ne proviene che il sacerdote non è anzitutto colui che fa le azioni sacre ma piuttosto colui che è costituito nel rapporto con Cristo, perché interiormente conformato a Lui. Sabato 8 il novello sacerdote ha celebrato la sua prima messa, naturalmente nella chiesa S. Maria degli Angeli, e il passa-

to di don Arturo si è fatto presente attraverso il calice da lui usato. Esso, infatti, apparteneva ai suoi prozii sacerdoti, che l’avevano ricevuto in eredità da altri antenati sacerdoti. L’ultimo a celebrarvi la messa fu il Can. Agatino nel 1982, pochi giorni prima della morte. Nel frattempo il calice è stato custodito dallo zio di don Arturo, nella dimenticanza degli altri familiari, in attesa di essere consegnato al primo parente che avesse abbracciato la vita sacerdotale. L’eredità, dunque, è toccata a don Arturo che ha scoperto in questo frangente l’esistenza del calice e ovviamente si impegna e si augura di poterlo un giorno consegnare a un altro familiare che segua la sua stessa strada. Ora, però, è tempo di guardare avanti. E il futuro immediato di don Arturo si chiama New York. Sì, proprio gli Stati Uniti: per iniziativa del Vescovo, infatti, il novello sacerdote svolgerà il suo ministero per due mesi in una parrocchia americana. Lì potrà fare una esperienza sicuramente arricchente, potrà perfezionare l’inglese e acquisire nuove competenze. Al suo ritorno, dovrà completare gli studi per conseguire la licenza in teologia pastorale presso la Facoltà teologica S. Giovanni di Palermo e sarà a disposizione della Chiesa che lo ha condotto al sacerdozio e che adesso si aspetta di essere servita da lui con la carità del buon pastore. don Alfio Privitera

DIOCESI In 380 a Linguaglossa per l’annuale Giornata diocesana dei ministranti

All’insegna di “Lascia tutto e seguimi” Il grande atrio antistante l’imponente colonnato dell’Istituto San Tommaso di Linguaglossa ha accolto fin dalle prime ore del mattino tanti bambini e giovani, radunati venerdì 30 giugno scorso per l’annuale Giornata diocesana dei Ministranti. Una gradita scoperta per molti, quella della casa che fu dei Padri Domenicani: immersa nel verde, una bella chiesa al centro, molte sale accoglienti. È stata questo il luogo dove si è svolta buona parte della Giornata dedicata ai ragazzi che svolgono il servizio di ministranti nelle nostre parrocchie; circa 380, provenienti da 40 parrocchie. Ad accoglierli i giovani del Seminario che hanno curato tutta l’organizzazione. Dopo aver fatto l’iscrizione e ritirato il gadget, i gruppi erano invitati a fare una foto nella mega-cornice preparata per l’occasione. Poi è arrivato il momento della presentazione del tema della giornata, “Lascia tutto e… seguimi!”, che i ministranti hanno approfondito una volta che si sono divisi per fasce di età in sei gruppi di studio. Il momento più suggestivo, però, è stato la lunga processione che ha attraversato la via principale del paese. Indossate albe e tarcisiane, imbracciati gli stendardi, guidati dallo striscione dell’Associazione diocesana in cui è scritto “Con Gesù… per servire”, tra lo stupore dei passanti, il lun-

ghissimo corteo dei ministranti ha fatto il suo ingresso nella chiesa Madre per partecipare alla messa presieduta dal Vescovo di Acireale, mons. Antonino Raspanti. Nella sua omelia, il Vescovo ha invitato i ministranti a prendere coscienza dell’importanza del loro servizio: essi sono chiamati a fare corona all’altare a al sacerdote e quindi hanno la fortuna (e la responsabilità) di essere più vicini a Gesù. Durante la messa i ministranti hanno rinnovato il loro impegno e mons. Raspanti ha conferito il mandato. Al termine della messa, un altro momento molto atteso: la consegna dello stendardo diocesano. È andato al gruppo della parrocchia “Gesù Lavoratore” di Giarre che l’ha ricevuto dalla parrocchia di Sant’Alfio e lo custodirà fino al prossimo raduno. Dopo la Messa, il ritorno all’Istituto San Tommaso e spazio al pranzo, al riposo e ai giochi molto partecipati e “accesi”: tutti a caccia dei punti necessari per aggiudicarsi i premi di squadra! Alla fine la premiazione e l’arrivederci all’anno prossimo, quando ci ritroveremo nuovamente tutti insieme per questo bel momento di amicizia e di festa. Ma loro, i ministranti, li potremo trovare puntuali e fedeli tutte le domeniche nelle nostre parrocchie. Presenze discrete e servizievoli che amano Gesù e la Chiesa. Una speranza viva per il nostro futuro. d. A. P.

DIALOGO INTERRELIGIOSO Incontro e confronto tra fedeli di quattro religioni diverse, presente il Vescovo

Cattolici, luterani, anglicani e ortodossi per un impegno comune Nella chiesa parrocchiale di Altarello si è svolto un incontro ecumenico diocesano in occasione dell’anno commemorativo del cinquecentesimo anniversario della Riforma. Presenti personalità del mondo ecumenico: il tedesco pastore luterano Andreas Latz, responsabile per la Sicilia; Norma Wood, anglicana; l’ortodosso Padre Alessio Mandanikiotis, messinese; don Santo Leonardi, responsabile dell’ufficio “Ecumenismo e dialogo interreligioso “; don Sostene Di Stefano, parroco di Altarello, con slancio promotore d’incontri ecumenici parrocchiali; suor Tarcisia, missionaria laica di Taormina e parecchi organizzatori laici. La serata è stata intensamente vissuta all’insegna dell’amicizia, che in Gesù Cristo ha il suo inconfondibile Maestro di vita. Tra l’uditorio, da segnalare le autorità del Serra Club: il consigliere nazionale della fondazione Serra Italia, dott. Mario Di Bella; la presidente del gruppo di Acireale, dott. Dora Pennisi; il vice presidente, dott. Antonino Arcidiacono; il prof. Salvino Patané, referente fondazione e alcuni soci. Da padre Sostene il cordiale saluto al pubblico, appellandosi ai Santi Apostoli Pietro e Paolo, oltre che alla patrona, Maria SS. di Porto Salvo. Il pastore luterano Andreas Latz, dopo aver ringraziato il vescovo Raspanti, congratulandosi con lui per la nuova carica di vicepresidente della CEI, con linguaggio comunicativo, parla dell’anniversario della Riforma, che ha visto insieme la Chiesa cattolica con papa Francesco e la Chiesa luterana, incentrando l’evento sulla misteriosa presenza dello Spirito Santo e sulla Bibbia. Del vescovo Antonino Raspanti è stato apprezzato il profondo intervento teologico sull’amore del Padre, l’esperto Vignaiuolo che cura la sua vigna per farla fruttificare al massimo; sul Figlio Gesù, rivelatore della vita trinitaria, che infonde all’umanità la misura dello stesso suo amore reciproco al Padre: tutti i battezzati, malgrado le lacerazioni verificatesi nei secoli, sono uniti dallo stesso amore

per il Padre, così come il Figlio ne è amante. E’ alla fine dei tempi che conosceremo la verità. Segue l’intervento di padre Alessio, molto acuto dal punto di vista spirituale: nonostante le vicende storiche, di cui facciamo memoria, ciò che ci unisce è più grande di ciò che ci divide, in base ai cinquant’anni di dialogo costante tra le comunità cristiane. Accettate le differenze, l’unità ritrovata è un dono dello Spirito Santo, conseguenza del dialogo e di testimonianza condivisa e conversione quotidiana, quali esigenze del cristianesimo. Non potendo cambiare il passato, bisogna pregare per le nostre ferite, seguendo i comandamenti di Dio. L’intervento di don Santo Leonardi verte sul dialogo ecumenico e anche interreligioso, accostandovisi con la purificazione della memoria, secondo l’insegnamento di papa Benedetto XVI. Tracciate le prospettive d’impegno comune per cattolici e luterani, partendo da quella essenziale dell’unità e della reciproca testimonianza di fede, nella ricerca di visibilità, alla luce del Crocifisso, don Santo conclude con l’invito alla testimonianza della misericordia, sostenendo che il Signore è l’unico artefice dell’unità. L’incontro si chiude con il dettagliato commento della “dichiarazione congiunta” nella Cattedrale di Lund, il 31 ottobre 2016, a cura di suor Tarcisia dell’Ordine dei Frati Minori (Francescani). Da mettere in evidenza il rifiuto categorico di ogni odio e ogni violenza, specialmente quelli in nome della religione, e in contrapposizione la difesa dei diritti umani, in particolare dei rifugiati e di quanti cercano asilo; la difesa della giustizia; l’impegno a testimoniare insieme il Vangelo, la grazia misericordiosa di Dio, rivelata in Cristo crocifisso e risorto; l’approfondimento del dialogo teologico. Infine, da elogiare l’appello alle comunità luterane e cattoliche d’essere coraggiose e creative, gioiose e piene di speranza, in piena solidarietà. Gradito alla fine il momento conviviale. Anna Bella


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Chiesa e Cultura

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INTERVISTA APERTA Presentato al “Costarelli” di d Acireale l’ultimo libro della giornalista Alessandra Turrisi

Ecco Paolo Borsellino, l’uomo giusto “Paolo è vivo”. È l’emblematica affermazione che accompagna le ultime pagine del libro di Alessandra Turrisi, dedicato al magistrato Paolo Borsellino, vittima della mafia. Ci piace partire da questa espressione per avviare la trattazione dell’argomento, attraverso un filo logico che ripercorre i ben noti e tragici eventi svoltisi venticinque anni addietro a Palermo, proprio nel mese di luglio, con esattezza giorno diciannove. Concentriamo l’attenzione sull’operato di un uomo che con la propria vita ha dettato il corso degli eventi ed al cui pensiero, inevitabilmente, ognuno di noi ne avverte l’inconsueto coraggio, poco comune e poco scontato, nell’agire. Ricordarlo è doveroso ed il ricordo offre la possibilità di aprire un momento di riflessione sui “valori” della vita, quali l’onestà, l’amore per la famiglia, la correttezza, la coerenza ed infiniti altri, perseguiti dal giudice. La giornalista palermitana Alessandra Turrisi, che lavora per il “Giornale di Sicilia” e “Avvenire”, si è soffermata proprio su questo aspetto della figura del magistrato, nel suo libro intitolato “Paolo Borsellino l’uomo giusto”, edito da San Paolo, mostrando “la dimensione umana” della persona. L’opera

è stata presentata domenica 23 luglio, nella sala Costarelli, dell’omonima pasticceria di piazza Duomo ad Acireale, attraverso un’intervista aperta, condotta dal giornalista Giuseppe Vec-

che hanno speso la vita per la Giustizia e per la società” ha affermato Mario Di prima, presidente di detta associazione. Subito evidenziata la caratteristica

trice, ovvero “che persegue la Giustizia come suo obiettivo di vita, in ambito professionale ed umano”, ha aperto la via a tante considerazioni. Un ricordo, in particolare, della giornalista, condi-

teatro, deve sempre mirare ad insegnare qualcosa”. Quattro pubblicazioni al suo attivo e ben tre dedicate al quartiere San Michele. Come nasce l’idea di questa ultima fatica letteraria? “Quest’opera non può dirsi una continuazione delle precedenti dedicate al mio quartiere e alla chiesa di San Michele. In questo libro il protagonista è il collegio, che porta il nome dell’Arcangelo Michele, il cui culto si perde nella notte dei tempi. Lo storico edificio, uno dei più antichi della città è il luogo in cui io ho vissuto i miei 13 anni di studi, iniziati il 1° ottobre 1966, quindi esattamente 50 anni fa. Lo scorso anno, questa data, a me così cara, mi fece nascere l’idea di raccontare le mie esperienze di alunno del glorioso collegio”. Dalla sua esperienza di insegnante come vede l’odierno rapporto tra alunni e professori? “Tutto è profondamente cambiato. Una volta c’era il sacro terrore degli insegnanti e delle terribili interrogazioni. Oggi tutto questo è solo un lontano ricordo di tempi passati. Certo tutto cambia, la società muta molti eventi, però quello che a mio avviso oggi manca è il rispetto non solo per il corpo docente ma per lo studio e l’apprendimento in genere. L’istruzione è fondamentale per gli adulti del domani, ma gli alunni di oggi si applicano poco”. Per concludere, c’è un episodio nel suo libro che ricorda particolarmente? “Sicuramente il ricordo della mia maestra, Agata Sorbello vedova Bonaccorso, da noi alunni chiamata “signora maestra”. Mi voleva molto bene, e addirittura arrivò a chiedere ai miei genitori di potermi portare con lei in viaggio a Lourdes in estate. La mia mamma disse che ci avrebbe pensato, poi la maestra non andò e questo viaggio non lo feci mai. Il suo ricordo rimarrà sempre caro alla mia memoria”.

“Paterno” è stato l’aggettivo, già riportato, per descrivere l’atteggiamento del magistrato in famiglia. Nel libro se ne riporta l’attaccamento per la moglie Agnese ed i figli Lucia, Manfredi e Fiammetta, con cui era molto affettuoso, gli stessi, che, ad un certo punto, paventando la vicinanza del pericolo, voleva quasi abituare alla lontananza, al distacco da lui: “non è facile prendere le distanze da ciò che ci è di più caro, lo sappiamo bene tutti noi che siamo genitori, ma questo è indice del suo forte senso di responsabilità”, ha commentato l’autrice. “Paterno”, inoltre, nei confronti anche degli altri. “Padre con tutti”, ad esempio con la giovane Rita Atria, di Partanna (Tp), che si era affidata a lui per dare il suo contributo alla lotta contro la mafia e che si uccise dopo la notizia della strage di via D’Amelio. La scrittrice ha sottolineato come le varie testimonianze riportate convergano tutte sull’“integrità” della persona, sull’ accostarsi agli altri, chiunque fossero, mantenendo la sua interezza, sul suo profondo senso di religiosità, “l’inginocchiarsi in chiesa” ogni volta che vi entrava, sulla linea di condotta mantenuta fino all’ultimo: “Aveva la consapevolezza che doveva morire, tante sono le testimonianze al riguardo ma non ha cambiato atteggiamento, ha continuato nel suo agire ed in questo senso di coerenza della vita è esempio per tutti”. Sotto la richiesta del giornalista Vecchio di spiegare le caratteristiche del connubio Falcone-Borsellino, l’autrice ha definito le due figure “complementari, due leaders diversi, il sole e la luna” ma rispettosi l’uno dell’altro e senza desideri prevaricatori. Una personalità, quella del giudice Borsellino, che fin dalla giovinezza ha acquisito il senso della responsabilità, in seguito alla morte, all’età di cinquantadue anni del padre, che lo ha indotto a mettersi subito in gioco e a diventare la persona che tutti conosciamo. Per certi aspetti “uomo come gli altri”, nel percepire il senso della precarietà della vita, soprattutto per lui che stava conducendo la sua battaglia contro la mafia e che di fronte all’oggettivo evento morte affermò che “è più vicina la consapevolezza della tua fine”. Lo fu nell’uso di quei simboli, una sorta di codice, utilizzati nella sua famosa “agenda rossa”, che portava sempre con sé, poi, sparita. Detti simboli o codici gli assicuravano il privilegio della loro comprensione. “Paolo è vivo”, dunque, nelle esperienze personali di chi ha lo ha conosciuto direttamente, nelle testimonianze di chi ha condiviso con gli altri il relativo ricordo ed in ogni attimo in cui la coscienza civica di ognuno di noi si sofferma ad analizzare le personali azioni compiute: dai gesti più semplici delle relazioni umane, ma sempre inseriti in un contesto di vivere sociale, a quelle più complesse.

chio, direttore de “La Voce dell’Jonio”, che con le sue domande ha guidato la scrittrice a ricostruire la personalità di Paolo Borsellino. Vi ha fatto seguito il coinvolgimento degli spettatori con i loro interventi e la recita di un componimento a tema, da parte del poeta acese Nicola Raciti, che con la musicalità della rima ha omaggiato la figura del giudice. “L’Associazione Costarelli è pronta ad accogliere argomenti importanti come questo ed esempi di grandi personalità come Borsellino

del libro: “Si è parlato e scritto tanto sul fatto in sé, ma poco degli aspetti caratteriali della persona Borsellino ed ho voluto soffermarmi su questi, riportandone diverse testimonianze”, ha spiegato l’autrice che, dietro richiesta del giornalista Vecchio, ha definito il magistrato: “paterno” nei confronti della famiglia, “giusto” nell’ambito dell’attività professionale e “coerente” nei riguardi della società. L’uso dell’aggettivo “giusto” in riferimento a Borsellino, fattone dalla scrit-

viso con i presenti, ne ha dato subito esempio. Anno 1992, in una mattinata di giugno, “arriva all’improvviso Borsellino, nel liceo che frequentavo da studente, tra lo stupore di tutti. Ha voluto portare la sua testimonianza tra noi ragazzi, dopo la morte di Giovanni Falcone, ed un senso di profonda gratitudine, proprio per la sua attenzione a noi, ci ha pervaso. È rimasto circa un’ora e poi è andato via”. Una vita vissuta con l’attenzione sullo scorrere del tempo e sulle persone che amava.

Gabriella Puleo

Rita Messina

INTERVISTA Le confessioni di Nando Costarelli, autore di “Vano è delle scene il diletto...”

“L’Istituto San Michele mi ha fatto crescere come persona” Il professore Nando Costarelli, docente di lingua e civiltà inglese negli istituti statali di istruzione superiore, ha pubblicato la sua quarta opera dal titolo “Vano è delle scene il diletto. . . “ con sottotitolo “La mia esperienza di alunno all’Istituto San Michele di Acireale”. Il professore, cultore di storia locale ha già al suo attivo altre pubblicazioni dedicate alla sua amata città e in special modo al suo quartiere dove è nato e ha sempre vissuto. Infatti è del 2005 la pubblicazione del testo “La chiesa parrocchiale “San Michele Arcangelo” di Acireale nella diocesi omonima: storia, cultura e tradizioni, dalle origini agli albori del nuovo millennio” a cui segue dieci anni dopo, nel 2015 l’opera “Il quartiere e la chiesa parrocchiale San Michele di Acireale agli inizi del terzo millennio”. Parlare con lui è un continuo scoprire vicende e avvenimenti di un tempo passato. Il professore Costarelli fa riaffiorare dai meandri di una antica memoria ricordi e personaggi di un tempo che fu, permettendo alle nuove generazioni di poter conoscere la storia della nostra Acireale. Il quartiere e la chiesa dedicate all’Arcangelo Michele è uno dei luoghi più antichi della nostra città, e il professore Costarelli, ha voluto ripercorrere, attraverso un lungo e certosino lavoro tanti avvenimenti e memorie di questi luoghi. Adesso, con l’ultima pubblicazione, regala ai suoi lettori un altro importante tassello di storia, dedicato al collegio San Michele, fondato nel lontano 31 dicembre 1874. Abbiamo incontrato il professore Costarelli alla vigilia della prima presentazione del libro e gli abbiamo rivolto alcune domande. Come nasce l’idea del titolo “Vano è delle scene il diletto. . .”? “Questa frase che si completa con le parole “ove non miri a preparar l’avvenire” si trova nella parte superiore del boccascena del teatro del collegio San Michele. Il titolo dunque nasce da questa frase, letta da me innumerevoli volte durante gli anni della mia frequentazione scolastica, ed è per me una frase emblematica, perché qualsiasi cosa che si fa, dallo studio al

FEDELI Un gruppo di fedeli guidato dal nuovo parroco don Giovanni Cavallaro visita il sito di Santo Stefano

In pellegrinaggio ai ruderi della cella trichora Ritornare in uno dei luoghi primordiali della cristianità della fascia jonico-etnea per pregare il santo protettore e conoscere le origini della cella trichora di Dagala del Re, un raro esempio di architettura bizantina sull’Isola. È quanto compiuto dalla comunità parrocchiale di Aci Bonaccorsi che, guidata dal parroco don Giovanni Cavallaro, lo scorso 21 luglio si è recata in pellegrinaggio presso la chiesetta di Santo Stefano i cui ruderi si ergono tra le querce secolari del boschetto omonimo in contrada San Michele a Santa Venerina. Cinquanta i fedeli visitatori giunti da Aci Bonaccorsi in pellegrinaggio, inserito all’interno del programma dei solenni festeggiamenti annuali in onore di Santo Stefano. Un momento intriso di spiritualità e arricchito dalla presenza della reliquia di Santo Stefano: dopo la recita dei Vespri e la benedizione con la reliquia, cui ha preso parte anche il parroco di Dagala del Re don Santo Leonardi, è seguita un’esposizione dei principali fatti storici e delle peculiarità architettoniche del monumento a cura dei ragazzi del team TrichoraLab, gruppo di lavoro composto da giovani del luogo formatisi nella primavera scorsa per valorizzare il sito storico attraverso le opportunità e i bandi europei e non solo. Dunque, a distanza di più di cinquecento anni si torna a pregare nella chiesa bizantina di Santo Stefano, raro esempio di cella trichora bizantina, inserita nel naturale percorso della fascia jonico-etnea che comprende tra l’altro la cappella Bonaiuto di Catania e la chiesetta della Nunziatella di Puntalazzo (Mascali). I conoscitori del luogo si staranno domandando come mai chi scrive abbia asserito che la vita religiosa del luogo si sia arresta circa cinquecento anni fa e non molto più addietro nel tempo, così come da sempre si è

creduto. Sappiamo da fonti storiche (come Nicolò Speciale) che la lava del 1285 raggiunse Santo Stefano distruggendo l’eremo dove vivevano i monaci ma risparmiando l’edificio sacro. Sempre da fonti storiche, e questa volta grazie alle ricerche recenti di don Giuseppe Guliti, si è appreso che Santo Stefano poteva ancora contare di un priore fino alla metà del Quattrocento. Non è chiaro cosa sia accaduto dopo quel periodo ma il culto del santo martire trovò terreno fertile nella vicina Aci Bonaccorsi che lo scelse poi come suo protettore. La visita ai ruderi per i parrocchiani di Aci Bonaccorsi è stato anche un momento per commemorare un suo avo: il signor Stefano Di Stefano, autore di diverse pubblicazioni sulle origini del culto di Santo Stefano e di ricerche storiche sul monumento di Dagala del Re, oggi ripulito dall’edera e messo in sicurezza grazie a un intervento di somma urgenza della Soprintendenza dei beni culturali di Catania conclusosi nel 2015. Venerdì 21 luglio ad accogliere i fedeli visitatori c’era anche il sindaco di Santa Venerina Salvatore Greco e un nutrito gruppo di concittadini mentre tra i bonaccorsesi era presente il vice sindaco Orazia Messina. “Con tutta la sua valenza rituale e devozionale tale evento costituisce anche uno sprone a riscoprire sempre più le radici della fede del nostro popolo ed a valorizzare sempre meglio questo prezioso monumento della cristianità”, ha affermato il parroco di Dagala del Re don Santo Leonardi. Domenico Strano


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Speciale Santa Venera

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ACIREALE Il Vescovo accoglie con gioia in Cattedrale il bambino scampato all’incidente dell’8 luglio

E la festa risulta più intima e raccolta L’incidente avvenuto in Cattedrale lo scorso 8 luglio, verificatosi a pochi giorni dalla celebrazione della festa di Santa Venera, ha avuto inevitabilmente delle conseguenze sul programma già predisposto. In un primo momento un comitato riunito d’urgenza (composto dal parroco della Cattedrale e da rappresentanti dei devoti, del Circolo “Santa Venera”, della Deputazione della Reale Cappella e del Comune) aveva deciso di sospendere tutti i festeggiamenti esterni, in segno di rispetto per i due infortunati coinvolti. Ma in un secondo momento, visto che le condizioni del giovane trentenne e, soprattutto, del piccolo Giulio, andavano migliorando, si è modificata tale decisione, ritornando al programma iniziale e togliendo solo i fuochi d’artificio (compreso il concerto piromusicale) e le luminarie esterne. Restava però il fatto che non era possibile utilizzare il fercolo

d’argento, custodito in un apposito vano all’ingresso della Cattedrale, e far uscire il busto reliquiario della Santa Patrona dal portone principale, perché quella zona era interessata dai lavori di ripristino. Tutto ciò ha portato a delle situazioni anomale e del tutto inedite nella celebrazione della festa, oltre ad alcune novità già previste dal programma di quest’anno, come vedremo. Come prima cosa, il busto di Santa Venera è uscito – forse per la prima volta – dalla porta laterale della Cattedrale (quella che dà a sud), portato a spalla sulla portantina settecentesca. In mancanza poi del suo fercolo, è stato utilizzato quello della festa di San Michele, messo a disposizione dal parroco della omonima parrocchia, che non è d’argento come quello di Santa Venera ma è altrettanto bello e dignitoso. La mancanza dei fuochi d’artificio – sia

all’uscita che all’entrata – ha contribuito a creare un clima di maggiore raccoglimento tra i fedeli, e i momenti culminanti della festa sono stati accompagnati solo dal suono della banda e delle campane (come era forse nei tempi passati). Situazioni queste – dicevamo – assolutamente inedite e determinate dalle contingenze. Ma altri due eventi – questi, invece, programmati – hanno caratterizzato i festeggiamenti patronali di quest’anno. Il primo – novità assoluta che rischiava di saltare con la prima decisione di sospendere tutti i festeggiamenti esterni – è stata la processione, svoltasi nella serata di sabato 22 luglio, lungo il percorso della Chiazzette, per portare il busto della Patrona a Santa Maria La Scala, dove è rimasto esposto alla venerazione dei fedeli nella notte di sabato e nella mattinata della domenica successiva; un evento particolare e suggestivo,

che ha visto una nutrita partecipazione di fedeli, sicuramente suggerito e caldeggiato dal parroco della frazione marinara don Francesco Mazzoli, già vice parroco della Cattedrale. Altra simpatica iniziativa è quella della Coriandolata, e cioè la realizzazione di un’immagine di Santa Venera, della grandezza di 220 metri quadri, con una tecnica particolare, inventata dall’omonima associazione, in cui vengono utilizzati i coriandoli monocolore reperibili solo ad Acireale e la sabbia vulcanica, in un connubio di materiali e di colori assolutamente unico e dagli effetti cromatici incomparabili. Il manufatto, realizzato in largo Giovanni XXIII, è stato inaugurato dallo stesso Vescovo alla fine del solenne pontificale e resterà visibile sul posto fino al 2 agosto, giorno dell’ottava della festa di Santa Venera. Nino De Maria

ACIREALE Commozione e applausi al termine del Pontificale del 26

Giulio nuovo “devoto” della Patrona Il piccolo Giulio, una delle due vittime del noto incidente avvenuto in Cattedrale l’8 luglio scorso durante un matrimonio, è ritornato felicemente a casa con i suoi genitori, ed ha potuto festeggiare, il 20 luglio, il suo primo anno di vita, circondato dall’affetto dei più stretti familiari. Il 26 luglio, a conclusione del solenne pontificale in onore di Santa Venera, con grande sorpresa dei presenti, il Vescovo lo ha presentato alla comunità e lo ha rivestito con l’abito votivo della Santa patrona. È stato un momento di grande emozione, sottolineato da un coro di scroscianti applausi che si è levato dalla chiesa gremita di folla mentre il Vescovo lo sollevava in alto. È questo il lieto fine di una vicenda iniziata da un evento piacevole, quale può essere un matrimonio, che ha rischiato di concludersi tragicamente. Lo scorso 8 luglio, infatti, nella nostra Cattedrale, un giovane di 30 anni ed un ignaro bambino di quasi un anno, mentre stavano partecipando alla cerimonia nuziale, sono stati colpiti da una vasta porzione di intonaco staccatasi improvvisamente e imprevedibilmente dal soffitto della cantoria (praticamente quasi all’ingresso della chiesa). Il primo, portato subito all’ospedale “Cannizzaro”, è stato medicato e gli

sono stati applicati dei punti di sutura alla testa, ma è stato dimesso quasi subito. Più gravi sono immediatamente apparse, invece, le condizioni del bimbo, il quale, trasportato in un primo momento anche lui al “Cannizzaro”, è stato subito dopo trasferito con l’eliambulanza al Policlinico di Messina e posto in coma farmacologico, avendo riportato la frattura dell’osso frontale e parietale ed un sospetto trauma cranico. Immediatamente sospesa, naturalmente, la funzione, mentre sono prontamente intervenuti i soccorsi ed i Vigili del Fuoco, i quali hanno transennato la parte di chiesa interessata e bloccato il portone principale; il resto della basilica è stato invece dichiarato agibile, tanto che la funzione è potuta riprendere e concludersi regolarmente. Per fortuna, il piccolo Giulio quattro giorni dopo l’incidente si è risvegliato dal coma e gli sono state staccate le apparecchiature di monitoraggio. Ne ha dato notizia personalmente il vescovo mons. Raspanti, il quale era andato immediatamente a visitare il bambino (affidandolo alla protezione della Madonna e di Santa Venera) ed era rimasto in contatto con la famiglia; questa lieta notizia è stata quindi una grande gioia per lui e per tutta la comunità diocesana. Ed infine – come detto – il ritorno a casa, i festeggiamenti per il primo compleanno, e la dedicazione alla Patrona Santa Venera. Nel frattempo procedono celermente i lavori di ripristino del soffitto della cantoria, iniziati immediatamente dopo l’incidente. Nidem

UMBRIA: Foligno

Mensa Caritas

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