Anno LIX - N. 3
Domenica, 27 marzo 2016
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PASQUA IN SICILIA
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INTERVISTA
“Poesie-Preghiere da san Francesco a oggi” antologia di M. P. Risa presentazione in Vaticano Nino De Maria
Pasqua
Periodico cattolico fondato da Orazio Vecchio
LIBRI
Ricche tradizioni e intensa religiosità nella Settimana Santa di città e piccoli centri Salvatore Tomarchio
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Auguri di una Santa
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ZAFFERANA
Padre Nei, nuovo parroco al Santuario di Valverde “Dobbiamo essere accoglienti con tutti” Graziella De Maria
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Don Gigi Licciardello da 40 anni parroco della chiesa Madre sicura guida spirituale Giuseppe Russo
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Intervista Il vescovo mons. Raspanti a tutto campo dalla Pasqua all’Anno del Giubileo e alla grave crisi dei migranti
Misericordia e miserie che umiliano l’uomo Il Papa dopo Bruxelles: “Convertire i cuori” Un appello per “unirsi nell’unanime condanna di questi crudeli abominii che stanno causando solo morte, terrore o orrore” e per “convertire i cuori di queste persone accecate dal fondamentalismo crudele”. A rivolgerlo “a tutte le persone di buona volontà”, nell’udienza di oggi, è stato il Papa, che prima di salutare i fedeli di lingua italiana, come fa sempre al termine dell’udienza, ha citato i tragici attentati di Bruxelles. “Con cuore addolorato – ha esordito Francesco davanti ai circa 20mila fedeli e pellegrini – ho seguito le tristi notizie degli attentati terroristici avvenuti ieri a Bruxelles, che hanno causato numerose vittime e feriti”. “Assicuro la mia preghiera e la mia vicinanza – ha proseguito il Papa – alla cara popolazione belga, a tutti i familiari delle vittime e a tutti i feriti. Rivolgo nuovamente un appello a tutte le persone di buona volontà per unirsi nell’unanime condanna di questi crudeli abomini che stanno causando solo morte, terrore o orrore”. “A tutti chiedo di perseverare nella preghiera e nel chiedere al Signore, in questa Settimana Santa – l’invito di Francesco -, di confortare i cuori afflitti e di convertire i cuori di queste persone accecate dal fondamentalismo crudele, per l’intercessione della Vergine Maria”. Dopo aver recitato l’“Ave Maria” con i fedeli, che hanno salutato le sue parole con un applauso, il Papa ha concluso: “ Adesso, in silenzio, preghiamo per i morti, per i feriti, per i familiari e per tutto il popolo belga “. Da parte sua, mons. Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, ha detto tra l’altro: “Il dolore e la rabbia degli attentati di Bruxelles non possono fermare la tutela e la protezione internazionale di chi è in fuga dalla guerra e dalla persecuzione. La sicurezza oggi non è a rischio per l’arrivo di persone che hanno visto le loro case e la loro vita distrutta da bombardamenti e da violenze, ma da un terrorismo irrazionale anche nato e cresciuto dentro le nostre città europee”. E ancora: “La nuova strage di Bruxelles non può diventare una ragione in più per innescare un percorso doppio di sofferenza per i migranti: costretti a lasciare il loro Paese, fermati e rifiutati ai confini dell’Europa”.
“Le opere di misericordia ci rivolgono verso l’umanità” La Pasqua e i riti della pietà popolare, l’Anno Santo della Misericordia e l’accoglienza dei migranti. Sono questi gli argomenti trattati a margine di un’intervista con il vescovo di Acireale mons. Antonino Raspanti, in cui non sono mancati i riferimenti alla realtà e all’apporto del Giubileo nella vita dei cristiani. “La misericordia ci fa ri-convergere lo sguardo sulle miserie dell’umanità” ha sostenuto il vescovo, parlando di una realtà spesso assopita davanti al dramma della povertà. I migranti, ha poi detto, “non sono i ladri del nostro futuro o un pericolo per la nostra sicurezza” perché “a mettere in discussione le nostre rendite siamo noi stessi che non mettiamo in campo politiche adeguate”. Intanto emergono i primi dati sull’accoglienza di richiedenti asilo e i rifugiati nelle diocesi: 25 mila sono gli accolti, 160 le diocesi su 220 che hanno risposto all’appello di Papa Francesco. E infine, a proposito dei riti della pietà popolari, assai frequenti durante la Settimana Santa: “Esprimono penitenza e affetto a Nostro Signore. Attenzione però a non svuotarli del loro significato. Lasciamoci spronare dal Crocifisso per la nostra salvezza”.
Domenico Strano (continua a pag. 2)
ANTIMAFIA In trentamila a Messina per la XXI Giornata delle vittime della mafia organizzata da “Libera”
Don Ciotti: “Guardare al Cielo senza distrarsi sulla terra” Sono stati circa trentamila i partecipanti alla XXI edizione della Giornata delle vittime della mafia tenutasi a Messina ieri, lunedì 21 marzo. Trentamila tra studenti, scolari, componenti di associazioni, famiglie, rappresentanti politici, magistrati e forze dell’ordine. Piazza Duomo si è riempita di bandiere e striscioni, in fondo alla piazza il gruppo Niscemi offriva frittelle, mentre ai piedi della scalinata quattro bambini disegnavano per terra: Bruno, Emma, Elena e Costanza (di 7 anni), con dei gessetti hanno scritto ‘’pace e libertà’’ sulle mattonelle. ‘’Disegno per terra perché non ho i fogli, e io voglio disegnare l’astronave della pace, perché
SOSTIENICI CON IL TUO 5 PER MILLE Lo 0.5 ‰ della tua imposta sul reddito può essere destinato all’associazione di volontariato “Orazio Vecchio”
La legge Finanziaria prevede la possibilità di destinare il 5 per mille della propria imposta sul reddito ad associazioni di volontariato, onlus, ricerca etc. Il 5‰, altra cosa dal già sperimentato 8 ‰, non determina nessuna variazione nell’ammontare dell’imposta. Anche l’Associazione Orazio Vecchio,nata soprattutto per curare La Voce dell’Jonio, è tra i soggetti beneficiari. Per destinare a noi il contributo basta compilare l’apposita scheda del 5‰ sul modello 730 o Unico: 1) Inserire i propri dati anagrafici e il codice fiscale; 2) Firmare nel riquadro indicato come Sostegno del Volontariato, delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale.... (il primo a sinistra della scheda); 3) Indicare in quel riquadro il codice fiscale 90034160870 (come nell’esempio sopra)
quando vola in alto la vedono tutti’’ dice Bruno. La manifestazione è stata dedicata al ricordo delle vittime della mafia, ma soprattutto ai loro familiari: ‘’Siamo qui per voi - ha iniziato don Luigi Ciotti, fondatore dell’Associazione ‘Libera’ - siamo qui per stare vicino al vostro dolore, per condividerlo con voi e per alimentare la speranza. Siamo qui per rappresentare un’Italia che non si vuole rassegnare, ma che ha sete, ha bisogno di giustizia e che ricorda tutti coloro che sono morti per la democrazia’’. Michela Lovato (continua a pag.7) ACIREALE Partecipate le Giornate Fai di Primavera
Folla a Santa Venera al Pozzo
Com’era prevedibile, l’area archeologica di Santa Venera al Pozzo è stata il luogo più visitato sabato 19 e domenica 20 marzo, in occasione dell’apertura straordinaria per le Giornate Fai di Primavera. Nino De Maria (continua a pag. 7)
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In Seconda
27 marzo 2016
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Jonio
PASQUA IN SICILIA Da Piana degli Albanesi a Enna a Scicli e San Fratello
FESTA DELLA DONNA Oggi da rilanciare
Città che visiti…Pasqua che trovi! Fuori dalla Sicilia difficilmente è possibile trovare una tradizione così ricca e varia di festeggiamenti pasquali. Le profonde radici cattoliche del popolo siciliano, unite alla capacità di assorbire e conservare usi e costumi derivanti dalle tante dominazioni che si sono succedute, hanno creato una miscela unica di tradizione e cultura che si conserva ancora oggi intatta e che esalta la festa più importante della cristianità. Nonostante una spinta sempre più forte verso l’omologazione e il progressivo abbandono delle tradizioni legate alla vita di campagna, proviamo a segnalare alcune tra
In memoria di antichi soprusi e delle passate lotte è stata dedicata alla donna una giornata, una giornata per non dimenticare. Ma cosa le donne di oggi non devono dimenticare? L’annosa questione richiede un approfondimento che coinvolge molteplici aspetti della loro vita. Istituita l’otto marzo del 1908 negli Stati Uniti, in memoria di 129 donne morte carbonizzate in seguito ad un incendio scoppiato nella fabbrica dove, già da qualche giorno, stavano scioperando per le disumane condizioni in cui versavano. Vennero chiuse dentro l’edificio dai datori che appiccarono il fuoco. Forse un monito verso altre simili azioni sovversive? Sfruttate e sottopagate, continuarono successivamente a lottare e lavorare, unite in ogni paese del mondo contro le disparità sociali, per la rivendicazione dei propri diritti e organizzando manifestazioni a favore della parità fra i sessi. La giornata dedicata alla donna avrebbe dovuto ricordare che le battaglie di ieri sono valide ancora oggi e bisogna onorare la memoria di quelle donne che hanno combattuto anche per noi, affinché potessimo decidere della nostra vita in totale autonomia. L’emancipazione è stata lenta e faticosa, le umiliazioni, soprattutto in ambito lavorativo, sono progressivamente diminuite ma non scomparse: il sesso debole è l’espressione che molti uomini usano ancora oggi per definire le donne. Debole, indifeso, per la forza fisica o perchè privo di diritti? Presso gli antichi romani era presente un ceto definito silente di cui facevano parte contemporaneamente donne e schiavi, privo di diritti e spesso di dignità, a cui per molto tempo alcun storico dedicò loro una solo frase. Nel corso dei secoli la donna ha ricoperto vari ruoli: moglie fedele, quasi simile alla fedeltà di un cane verso il padrone, madre, spesso di una tribù di bambini, lavoratrice instancabile, cortigiana amata e denigrata, serva di Dio ma non per vocazione. Ha dimostrato forza e tenacia durante la Grande Guerra sostituendosi anche nei lavori più duri gli uomini chiamati al fronte. Passo dopo passo la donna ha preso coscienza delle sue potenzialità. Il mondo culturale e politico riservato
Ricche tradizioni e intensa religiosità Dimenticare o attualizzare
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Jonio
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le più suggestive celebrazioni pasquali siciliane, per quanti decidono di trascorrere qualche giorno fuori casa proprio a cavallo della Pasqua. Prima segnalazione per Piana degli Albanesi (PA) i cui riti pasquali, officiati secondo il culto greco bizantino, raccolgono la comunità con il canto “lazeri” già dalla settimana precedente a quella di Pasqua nel ricordo della resurrezione di Lazzaro. Altro momento suggestivo nella giornata del venerdì santo, quando si cantano i passi del Vangelo che narrano la Passione, cui segue una suggestiva processione dell’immagine del Cristo, preceduta dal Crocefisso deposto in un’urna ricca di fiori ed incenso. Il sabato santo è caratterizzato dai battesimi per immersione, mentre nel giorno di Pasqua, nella Cattedrale di San Demetrio, si prepara una mensa, che riunisce tutti i fedeli. A rendere unica questa celebrazione sono i costumi e le tradizioni della comunità albanese di Piana, che da secoli tramanda la storia e la cultura di questa comunità integratasi nel cuore della Sicilia A Caltanissetta la Settimana Santa è celebrata con molta partecipazione in tutta la città, già dalla domenica delle Palme. Tra i momenti più suggestivi ricordiamo il venerdì santo con la processione dei “misteri”: da 300 anni 16 statue artigianali che riproducono scene della Passione vengono portate a spalle per le vie della città. Le manifestazioni della Settimana Santa di Caltanissetta prevedono numerosi altri appuntamenti, da segnalare anche la processione del “Cristo nero” del venerdì santo (informazioni e programma su http:// www.lasettimanasantacl.it/). Molto suggestiva la pasqua di Enna, con la partecipazione delle confraternite nella processione del mercoledì santo, quando le statue del Cristo e dell’Addolorata girano per le vie della città e ricevono doni e fiori dai fedeli. Di grande impatto la processione del giovedì santo: i membri delle confraternite vestono un saio ed un cappuccio, illuminano le strade con delle torce e seguono una silenziosa processione che si protrae fino
alle prime ore del mattino. (Il programma della settimana santa 2016 di Enna http://urly.it/21fjy ) In provincia di Ragusa, segnaliamo Scicli, con un ricco programma di riti della Settimana Santa vissuti con grande trasporto da tutta la cittadinanza, compresi i giovani che attendono con ansia la tarda sera del sabato santo per celebrare festosamente il Cristo risorto chiamato “U Gioia”. (http://urly.it/21fjz - I principali appuntamenti). Ultima segnalazione per un altro unicum tra le celebrazioni pasquali in Sicilia. A San Fratello (ME) si celebra la “festa dei giudei”: un corteo coloratissimo di incappucciati segue, accompagna e a tratti “disturba” con trombe e schiamazzi le classiche processioni della settimana santa, nel ricordo del dileggio che Gesù subì durante il martirio. La Pasqua di San Fratello è probabilmente un raro esempio in cui le tradizioni contadine unite alla festa religiosa e arricchite dalle influenze culturali della comunità gallo italica, di cui si conservano tracce vive nel dialetto locale e nei costumi del posto, creano un esempio di folklore eccezionale. Per la sua particolarità la festa di San Fratello richiama ancora oggi numerosi studiosi della tradizioni popolari e molti turisti alla ricerca di una Sicilia che lentamente scompare (il programma della festa - lehttp://urly. it/21fk0 ). Salvatore Tomarchio
da sempre agli uomini, ha visto finalmente apparire personaggi illustri: Rita Levi di Montalcino, premio Nobel per la medicina, anno 1986; scrittrici come Nadine Gordimel, premio Nobel per la letteratura, anno 1991; il Primo Ministro della Gran Bretagna Margaret Thatcher, anno 1979; il Primo Ministro francese Edith Cresson, anno 1991 e l’ odierno Cancelliere tedesco Angela Merkel. Giovani donne oggi affollano le università con ottimi profitti e nel mondo del lavoro ricoprono posizioni da dirigente, un esempio fra tanti quello di Fabiola Gianotti, fisica italiana, attuale direttrice generale del CERN. Tuttavia una preoccupante tendenza si sta insinuando fra le fila del gentil sesso: la voglia di rivalsa e di emergere ad ogni costo, che può oscurare la mente. Arrivista ed aggressiva la donna si sta allontanando dallo spirito che ha animato la sua lotta per l’emancipazione. Così la festa della donna non afferma più niente anzi nega ciò per cui è stata istituita. Che fine hanno fatto le donne che bruciavano il reggiseno, emblema di un femminilità che oramai stava loro stretta? Non sarà un corpo più o meno vestito, una bellezza perfetta e spersonalizzata, la strada verso la parità e libertà. Bisogna ricordare che essere donna “non significa riempire una minigonna” proprio quella che magari si indossa mentre la si denigra e ricordare che la lotta è stata anche contro l’immagine della donna come ornamento. Protagoniste silenziose di secoli di storia, radici robuste di un albero, quello della vita che generano e accudiscono, le donne della moderna società necessitano di tutele e servizi adeguati per continuare a ricoprire i numerosi ruoli che da sempre espletano e gestiscono. Essere libere di scegliere, di agire, di piangere e gioire, significa rivendicare la propria differenza dall’uomo, non confondere la parità dei sessi con l’appiattimento dei sessi. Essere donna è anche indossare una minigonna, ma non bisogna dimenticare che in molte hanno lottato e sofferto per permettere a noi oggi di indossare questo semplice indumento. La stessa è la strada che dal basso porta verso l’alto e viceversa. Vanessa V. Giunta
dalla prima Intervista a mons. Raspanti
Eccellenza, la Chiesa sta vivendo un tempo particolare. In che modo l’Anno Santo della Misericordia può aiutare il cristiano a contemplare il Mistero Pasquale? “Poiché la misericordia ci induce a chinarci sulle ferite dell’umanità, comprendiamo sempre meglio le sue fragilità e il rischio che essa corre di essere in bilico tra salvezza e perdizione. Questi occhi che acquisiamo dal Giubileo ci inducono a guardare il Crocifisso nel mutamento che rappresenta, cioè di un Dio che si svuota, si annienta, si fa povero e in Lui toccare quasi con mano i poveri, i disperati, i bisognosi, i giovani senza futuro”. Papa Francesco nel suo messaggio per la Quaresima afferma che praticare le opere di misericordia è un modo per risvegliare la nostra coscienza, spesso assopita davanti al dramma della povertà. Quali sono, secondo lei, i motivi che ci distraggono dinanzi a questa realtà? “Anzitutto un rifiuto insito nella nostra natura umana dinanzi alle indigenze. Ovviamente l’uomo vuole sempre vivere bene, quindi quando ci incontriamo con queste realtà siamo tentati di voltarci dall’altra parte. Naturalmente le opere di misericordia corporali e spirituali, invece, ci fanno di nuovo ri-voltare lo sguardo, ri-convergere i nostri occhi sulle miserie dell’umanità, morali e materiali. E quindi ci spingono ad andare più direttamente alla verità del nostro essere, della vita dell’uomo, ad alienarci dalle illusioni in un mondo costruito ma illusorio. Le opere, quindi, ci riconducono alla verità e alla realtà”. Ancora uno sguardo alla realtà. Nell’Udienza generale di mercoledì 16 marzo Papa Francesco è tornato a parlare di migranti e ha evidenziato come “tante porte e tanti cuori sono chiusi”. Un richiamo forte al valore dell’accoglienza che però non trova riscontri positivi tra i governanti. La società, invece, cosa può fare? “Intanto quello di non avere paura dinanzi a colui che scappa dalla fame o dalla guerra, ma di aprire le porte. Per esempio, in Sicilia i migranti approdano ma non si fermano. Siamo interpellati, nella maggior parte dei casi, ad aprire le porte per una prima accoglienza. Seconda cosa, quello di non ritenere loro dei ladri del nostro futuro, della nostra speranza o un pericolo alla nostra sicurezza. I dati dicono che anche in Italia i migranti che si sono fermati arricchiscono il nostro territorio e non lo depauperano. Certamente cambiano le nostre sicurezze e da alcuni vengono messe in discussione. Molte nostre sicurezze si fondano solo su una posizione di rendita; allora è
ovvio che prima o poi queste rendite finiscono. Intendo dire pensioni, assistenze, tutto quanto occlude occupazione. Queste posizioni non li mettono in discussione i migranti ma noi stessi dal momento che non vogliamo, con politiche adeguate, correggere uno stile di vita che non è più sostenibile per l’uomo”. A che punto siamo con l’accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati nelle diocesi? “Hanno risposto 160 diocesi su 220. Rispetto al censimento che facemmo a settembre, poco prima del richiamo del Papa, questo censimento si è ristretto soltanto a strutture a noi collegate o quanto meno di cooperative con le quali le diocesi sono legate economicamente o caritativamente. Il dato approssimativo è di poco più di 25mila accolti. Da settembre dovremmo essere cresciuti di alcune migliaia, ma manca ancora un dato ufficiale perché mancano ancora 60 diocesi all’appello. Se poi tenessimo in considerazione anche di strutture a noi indirettamente collegate, come Fondazioni, Caritas o parrocchie, ci avviciniamo a 80mila. Questi enti hanno volontariato nostro ma bilanci autonomi. Qualche esempio: nella parrocchia del SS.mo Salvatore di Acireale il parroco ne ha accolti due. La comunità Giovanni XXIII e Tenda di Cristo hanno aperto le porte ad alcuni migranti. Ma si tratta di passaggi”. Da sempre la pietà popolare si esprime in una ricchezza di riti che rendono manifesta la realtà dei misteri celebrati durante la liturgia. Quando un rito si svuota dei suoi significati? “L’uomo, per natura sua, vive sempre attraverso i riti e ne crea continuamente. Apparentemente si dice “si è fatto sempre così”. In realtà un rito per vivere ha bisogno di essere adattato, quindi c’è sempre un oggettivo rinnovamento. Non sempre però il rito viene ripetuto mantenendo vive quelle motivazioni per cui è stato creato. Prendiamo il caso di una processione pubblica di fedeli che camminano scalzi: se un certo rito è nato per esprimere penitenza, come il caso di una processione, questa può essere dimenticata e può subentrare l’ostentazione, la commozione. La processione è anche una dimostrazione di affetto a Nostro Signore, e tutto questo pubblicamente e non privatamente. Talvolta si perdono i significati fondamentali che hanno creato quel rito e nella vita si va da un’altra parte. Per cui il rito diventa un’ipocrisia. Tutti siamo peccatori e il rito è per i peccatori, ma se non ci poniamo nemmeno il problema che il Cristo crocifisso è un Salvatore che ci chiede di correggerci, “Nemmeno io ti condanno, va e non peccare più d’ora in poi” dice il Vangelo, se ho perso questo motivo di fon-
do allora la fede va da un lato e il rito da un altro lato. C’è dunque questo rischio di divorzio tra la ritualità e la fede. Eppure è chiaro che la fede si esprime sempre nei riti. Allora il punto è se rinnovare e mettere a fuoco la fede che i riti esprimono”. Domenico Strano
Acireale: Giornate del Fai
La manifestazione, giunta alla sua 24a edizione, ha puntato quest’anno, nella zona dell’acese, su beni esterni al centro urbano: il Faro di Capomulini, già aperto tre anni fa, che ha registrato anch’esso un notevole afflusso di pubblico, nonostante le difficoltà dovute alla configurazione del luogo stesso per via della stretta scaletta che porta alla sommità dell’edificio e che ha costretto i visitatori a salire a piccoli gruppi; e, come già detto, l’area archeologica al confine tra il territorio di Acireale e quello di Acicatena. Il sito non comprende solo i resti delle antiche Terme romane, ma anche il Tempietto a cupola, il tracciato di un’antica villa romana, una chiesetta rimaneggiata e ancora aperta al culto, una parte dell’antico tracciato dei mulini ad acqua, e tutta un’area in cui sono ancora in corso gli scavi – curati dalla Soprintendenza ai beni culturali – e che potrebbe riservare ancora tante altre sorprese. C’è poi il piccolo museo archeologico, in cui sono esposti e ordinati numerosi reperti di epoca romana rinvenuti nella zona. Con il coordinamento dei responsabili e dei volontari del Fai (il Fondo per l’Ambiente Italiano che ogni anno cura l’apertura straordinaria al pubblico di numerosi beni artistici, archeologici e naturalistici) hanno fatto da guida gli alunni delle scuole acesi, in veste di apprendisti ciceroni sapientemente preparati dai loro docenti. Tra di essi c’erano pure delle mini-guide che curavano il servizio in lingua straniera, a beneficio dei turisti non italiani. Il luogo è stato particolarmente frequentato nella giornata di domenica, e l’interesse dei visitatori è stato attratto dal fatto che nell’ultimo anno l’area è rimasta chiusa per lavori di adeguamento e di messa in sicurezza, ma anche perché è stato costruito un anfiteatro con gradinate in pietra lavica nell’ampio spiazzo accanto alla chiesetta. E pare che la cosa abbia già attratto l’attenzione di qualche compagnia teatrale – anche di un certo livello – che vorrebbe effettuarci delle rappresentazioni estive. Notevole, naturalmente, il grado di soddisfazione della responsabile comunale del Fai, arch. Loredana Grasso, per l’ottima riuscita dell’evento. Nino De Maria
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Cultura e Società
Jonio
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ACIREALE ”Arci Babilonia”, “Scarti”, “Legambiente” e “Carta Canta”, ospiti del circolo “Mistero Buffo” in via Pennisi
Intensa attività culturale in piccola sede Nel centro storico di Acireale, in via Pennisi n°25, ha sede l’associazione culturale “Mistero Buffo”. Aperta nel dicembre 2000, ospita nei suoi locali le attività culturali del circolo Arci Babilonia, dell’associazione culturale Scarti, del circolo Legambiente di Acireale e del gruppo “Carta canta”. Il centro offre ai giovani di età compresa tra i 14 e i 30 anni l’opportunità di riunirsi per scopi ricreativo culturali di vario genere, favorendo gli scambi interculturali tra giovani provenienti da paesi stranieri. L’associazione culturale Scarti nasce nel 2001 e il suo scopo principale è quello di produrre e diffondere cortometraggi. Varie le iniziative legate a questo tema come la mostra dedicata ai cortometraggi più famosi a livello mondiale. L’idea si concretizza con la manifestazione “Magma – mostra di cinema breve”. Nel 2003 nasce il progetto “Gli invisibili” arena estiva dedicata a film che non hanno avuto una buona distribuzione nelle sale cinematografiche e quindi spesso poco conosciuti, mentre è del 2004 l’organizzazione di una serie di incontri con scrittori siciliani.
Il circolo Legambiente Sartorius W. Shausen è una associazione promotrice di importanti iniziative volte a tutelare e valorizzare il territorio che ci circonda, ed in special modo la riserva naturale della Timpa. Numerose le iniziative che coinvolgono le scuole, sensibilizzando bambini e giovani al rispetto e alla cura del nostro ambiente, fondamentale per una buona qualità della vita. Ma le iniziative di “mistero buffo” non finiscono qui, altro appuntamento interessante è “chit chat english corner”, angolo dedicato ad appuntamenti domenicali tra italiani e madrelingua inglesi per momenti ricreativi a tema, come quiz night, ka-
raoke ecc.. dove è rigorosamente “vietato” parlare in italiano, la lingua inglese diventa momento di aggregazione e divertimento aprendo la mente a nuove realtà. Due incontri al mese, per scrittori che vogliono mettersi a confronto con i loro racconti, è l’attività centrale del gruppo “Carta canta”. Circolo autogestito a libera partecipazione che nel corso del tempo ha prodotto un numero considerevole di racconti, pubblicati nel sito internet dell’associazione. Interessante il modo in cui i partecipanti danno vita ai loro racconti attraverso la scelta di un tema centrale, che viene proposto e scelto fra una rosa di idee, scritte su di una la-
vagna posta in un angolo della sala. La mente può dare libero sfogo alla fantasia, ai pensieri di ogni genere, ma con il tema centrale scelto dagli scrittori. Circa sessanta minuti a disposizione e poi ciascuno potrà leggere il proprio racconto. Il centro culturale è anche momento di aggregazione per i tanti stranieri che risiedono nella nostra città e hanno la necessità, per potersi integrare, di imparare la nostra lingua. A tal proposito si tengono in sede corsi gratuiti di lingua italiana, a vari livelli di difficoltà, dando la possibilità di poter conseguire la certificazione linguistica CELI necessaria per ottenere il permesso di soggiorno di lungo periodo. Periodicamente si tengono anche altri corsi di lingua come l’arabo e il tedesco. L’associazione ha anche al suo interno una cospicua biblioteca, circa 800 titoli, lascito dello scrittore e cineasta acese Lorenzo Vecchio, prematuramente scomparso nel maggio 2005. I libri, prevalentemente di letteratura contemporanea, sono ad uso dei tesserati gratuitamente. Gabriella Puleo
ACIREALE Un evento sviluppato in tre momenti e in altrettante chiese cittadine
I volti misericordiosi della Passione Nell’ambito dell’Anno Giubilare della Misericordia, che la Chiesa Universale sta attualmente vivendo, si inserisce a pieno titolo la mostra ‘I volti misericordiosi della Passione’, evento con cui si intende attualizzare, particolarmente in questo periodo quaresimale, il messaggio di salvezza che Cristo rivolge all’umanità intera. La mostra è stata sviluppata in tre momenti: a) nella Basilica Collegiata dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, con l’amministratore sac. Salvatore Scalia, sul tema ‘Il culto del Venerdì Santo’, organizzata nel 350° anniversario di istituzione dall’Arciconfraternita del Santissimo Sacramento, pio sodalizio presieduto dal dott. Gaetano Arcidiacono; b) nella chiesa di san Domenico, con il rettore sac. Venerando Licciardello, sul tema ‘Crocifissi ed Addolorate’, al fine di comprendere che, attraverso il mistero della Passione e Morte, che ha naturale compimento nella Risurrezione, alla luce della quale esso può unicamente
essere letto, il messaggio di salvezza, nel quale Cristo attribuisce alla Vergine Maria un posto privilegiato nell’economia della Re denz ione, è rivolto agli uomini di ogni tempo; c) nella chiesa parrocchiale del Santissimo Salvatore, con il parroco di recente nomina, sac. Marcello Zappalà, sul tema ‘Il volto sofferente di Cristo’, con esposizione di quadri e statue dell’Ecce Homo. Storicamente, la chiesa del Santissimo Salvatore, anche per la propria originaria ubicazione esterna in un’altura sovrastante il centro urbano, è identificata come il ‘Calvario’ sin da quando, nel 1656, il Venerabile sac. Luigi La Nuza, predicatore ge-
suita, propose, nel corso dell’annuale ‘quaresimale’, l’istituzione del percorso della processione che, con il venerato simulacro del Cristo Morto, si snoda in un silenzio orante fino a piazza Duomo. Dagli oggetti, anche di preziosa fattura, in esposizione, emerge chiaramente l’intensa religiosità che la nostra città ha da secoli vissuto quale valore fondante della propria vita, tradizioni che oggi, purtroppo, sembrano sempre più perdersi in quanto ritenute obsolete e, dunque, non più al passo coi tempi mentre, invece, dimostrano di essere vive e di meritare, pertanto, piena valorizzazione, come conferma, ove ce ne fosse ancora bisogno, il meritato consenso di pubblico, il che non manca di incoraggiare l’attenta organizzazione a proseguire nella proposta di eventi del genere che, espressione di una religiosità le cui radici affondano nella notte dei tempi, ben coniugano vita, religiosità e cultura. Nando Costarelli
Recensioni Biografia di don Santino Spartà “prete dei vip” innamorato di Dio Don Santino Spartà, il prete dei Vip. Sembra strano dire questo di un sacerdote che, secondo l’opinione comune, dovrebbe essere sì una figura cristiana vicina ai fratelli ma che non ha niente in comune con lo sfavillante e a volte effimero mondo dello spettacolo. Invece questo sacerdote, romano di adozione ma siciliano di nascita, è molto vicino ai Vip. Addirittura, insieme a tanti personaggi dello spettacolo, è il protagonista di ben otto calendari, un’opera sociale meritoria perché il ricavato viene dato in beneficenza. Francesco Diego Tosto, docente di lettere nei licei, docente di storia della Chiesa, letteratura religiosa e metodologia della ricerca scientifica presso l’Istituto Superiore di Scienze religiose “San Luca” di Catania, ha pubblicato il volume “Santino Spartà (il prete dei Vip) tra fede cultura spettacolo”. Il libro, ricco di testimonianze di molti attori, da Claudia Koll a Giulio Base e Massimo Dapporto, che hanno conosciuto e stabilito un dialogo con il sacerdote. Santino Spartà nasce a Randazzo, definita da lui “la chiave dell’isola”, la “Firenze delle consorelle etnee”. La famiglia è benestante e consente al fanciullo una infanzia e adolescenza tranquilla tra studio, giochi e tanti amici. A 23 anni corona il suo sogno: essere sacerdote! Ma la Sicilia con la mentalità un po’ chiusa e diffidente verso qualsiasi forma di innovazione sta stretta al giovane, di mentalità molto aperta e precursore di tante cose che oggi sono la consuetudine. E’ tra i primi a mettere il clergyman e a confessare fuori dal confessionale. Negli anni ’70 sembra davvero troppo, ma i fedeli sono felicissimi di questo rapporto più aperto e confidenziale, senza nulla togliere alla sacralità della confessione. Don Santino però oltre ad essere follemente innamorato di Dio, come spesso dice, ha anche altre passioni, il giornalismo, la poesia, la scrittura. Porta a compimento gli studi laureandosi in lettere e teologia e dividendo le sue giornate tra l’insegnamento, la critica storico-letteraria e il giornalismo. Collabora infatti a varie testate giornalistiche come “oggi” e “visto” e collabora anche con Radio Vaticana. Il sacerdote è stato anche consulente di tanti film di successo firmando la sceneggiatura, avendo seguito un corso di tecnica cinematografica. Francesco Diego Tosto, nel raccontare di questo personaggio così eclettico non manca di sottolineare la vena poetica del sacerdote. La raccolta poetica più importante: “continuo a cercarti. Poesie 1969 – 1996.” Don Santino dialoga con Dio in maniera semplice, con una poesia alla portata di tutti, senza formalismi e chiusure ermetiche. Il critico letterario Ferdinando Castelli, recentemente scomparso, parla della poesia di don Santino definendola “vibrazione di un mondo mitico”. Sono state discusse ben tre tesi di laurea sulla poesia del sacerdote e svariati premi gli sono stati consegnati a riconoscimento delle sue molteplici attività culturali. Quanti Vip hanno trovato in lui una persona con cui dialogare amabilmente, arricchendo la loro vita. Santino Spartà ha pubblicato ben 32 libri, accolti sempre favorevolmente da pubblico e critica, tra cui un commento in 3cd delle poesie di Giovanni Paolo II interpretate dagli attori Vittorio Gassman, Alberto Sordi, Monica Vitti e Claudia Cardinale. Tosto ha raccontato, attraverso questo libro, la vita di un uomo che ancora oggi, anche se non più giovanissimo, ha ancora tanta voglia di “vivere” il suo grande amore in Dio attraverso anche la scrittura, la poesia, ma soprattutto il contatto con la gente, ricercando sempre i valori umani di cui nessuna persona dovrebbe mai fare a meno. Ga. Pu.
MUSICAL-1 “Forza venite gente” il 17 aprile in scena ad Acireale
MUSICAL - 2 Successo dello spettacolo fortemente voluto e confezionato a S. Venerina
Francesco d’Assisi e il Vangelo
La fiaba Disney di Elena Ronsisvalle
Dopo il grande successo riscosso quest’estate con “La baronessa di carini” aggiudicandosi il primo premio memorial Alfio Privitera come migliore compagnia, l’associazione “Arti in musical” di Acisant’Antonio torna in scena riproponendo il primo musical realizzato nel 2013 “Forza venite gente”, spettacolo che narra le fasi più importanti della vita si Francesco D’Assisi (interpretato da Adriano Fichera), in particolare rapporto con la vita, la morte, la natura e la gente. La figura di paterna del Santo di Assisi, Pietro di Bernanone (Salvo Privitera), incarna in modo esattamente attuale il conflitto padri-figli: con lui prende vita la storia di un padre, del suo tormento interiore e della sua disperazione nel vedere un figlio che secondo lui, impazzisce. Altro personaggio chiave è la Cenciosa del paese (Angie Drago), attraverso la quale, tra la sua pazzia alternata ad un sorta di saggezza coscienziosa, si riesce ad intravedere la genuina bontà del popolo. Insieme a loro animo la storia e la scena l’amica Chiara (Annamaria Pennisi), la Povertà (Maria Fiamingo), la Provvidenza (Valeria Pennisi), l’amico Bianco e il lupo di Gubbio (Alfredo Scuderi), l’amico Nero (Giuseppe Trovato), la luna (Ersilia Romano), il sole (Rita Ulisano), la stella (carmen D’urso), la rondine (Federica Costa), l’Angelo (Antonella Pennisi), la morte (Sarah Ragonese), il diavolo (Orazio Musmarra), Frate Leone (Giuseppe Fichera), il Capo Arabo (Luisa Giardina), l’odalisca (Katherine Fragalà) e tanti altri personaggi ancora che, fra canti e balli, fantasiose allegorie e colori, ci accompagnano simbolicamente in questo percorso alla riscoperta di uno dei personaggi più affascinanti, più amato, più seguito di tutti i tempi. Tra coloro che ammiravano questo Santo e ne seguivano l’esempio c’è Maddalena di Canossa: “Noi continuiamo – affermano i Padri Canossiani – a portare lo spirito che animò Maddalena, spirito di umiltà semplicità e povertà.Ecco perché abbiamo pensato di rappresentare anche nella parrocchia Madonna della Fiducia in Acireale il 17 aprile alle ore 20,00 il musical su San Francesco. San Francesco é l’uomo che ci insegna il valore della pace, dell’umiltà, della semplicità, ci insegna a mettere al centro della nostra esistenza Cristo amico dei piccoli e dei poveri come fece Maddalena di Canossa”. Il musical è realizzato sotto la direzione artistica di Annamaria Pennisi – docente di canto e di recitazione – con la preziosa collaborazione di Chiara Michelle Messina, Paolo Fichera e Maria Fiamingo. Le coreografie sono affidate ad Ersilia Romano, docente di danza per un totale di un cast di più di 40 persone. La comunitá parrocchiale
Al teatro comunale “Leonardo Sciascia” di Aci Bonaccorsi, è stato presentato il musical realizzato da Elena Ronsisvalle, - ventisettenne di Santa Venerina e fondatrice dell’associazione “Musical Entertainment” - “Parte del tuo mondo”. Protagonista dello spettacolo una sirena, interpretata da Elena, che sogna di appartenere al mondo degli umani e di sposare il principe, due bambini, Mirko e Serena, l’aiuteranno in questa impresa. Uno spettacolo seguito da grandi e piccini, un misto tra fiaba e realtà, che ha riscosso successo e suscitato divertimento. Due bambini, impegnati e divertiti a giocare con i loro cellulari, raggiungono la soffitta, ad un certo punto inciampano su un libro, interrompono la partita e cominciano a leggere, tuffandosi nella fiaba e divenendone così protagonisti. Ariel è una sirena,la più bella figlia di Tritone, il sovrano del mare. Il sogno di Ariel è quello di appartenere al mondo degli umani, di avere delle gambe per poter vivere fuori dal mare, saltare, passeggiare e sentirsi libera. Titrone, ha una sorella di nome Ursula, che desidera ricchezza e quantità, l’intero mare deve adorare solo lei. Un giorno, Ariel, con il suo dolce canto e non facendosi riconoscere, salva il principe Eric dall’annegamento e si innamora perdutamente di lui. Eric, a sua volta, non dimentica quel canto, e farà di tutto per trovare chi l’ha salvato.
Nel frattempo Tritone scopre tutto, Sebastian, senza volerlo, racconta ogni cosa al padre di Ariel. Quest’ultimo, non accetta che la figlia si sia innamorata di un umano, per punirla le distrugge i tesori che raccoglieva. Ursula, per punire il fratello perché l’ha esiliata dal regno, fa un patto con Ariel: la trasforma in umana per tre giorni, in cambio di ottenere la sua voce. Ariel deve riuscire ad ottenere il bacio dal principe, in caso contrario, Ursula, prenderà per sempre il potere su di lei. I bambini, insegnano ad Ariel a camminare, la vestono e la portano nel castello, qui lei si incontra finalmente con il principe; i due si innamorano e si baciano. Anche Sebastian e il servo di Eric, aiuteranno i due giovani a realizzare il loro sogno. Ursula, cercherà di contrastare questo amore, Ariel troverà il coraggio di distruggere la conchiglia in cui era racchiusa la sua voce, spezzando così l’incantesimo. Ariel e il principe Eric coronano il loro amore. Tritone accetta finalmente la scelta della figlia, quella di voler appartenere al mondo degli umani e di vivere con il principe. Lo spettacolo ha visto la collaborazione di alcuni ballerini della compagnia di danza “Friends art musical”, con le coreografie di Alessia Bella e Mario Mannino. In scena Amedeo Raciti, Francesca Sorbello, Francesco Russo, Gabriele Rametta, i piccoli Mirko Oriti e Serena Sciacca, di 10 e 12 anni.
Graziella De Maria
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LIBRI Mercoledì 13 aprile in Vaticano verrà presentata l’originale antologia curata dalla nostra Maria Pia Risa
Poesie-preghiere da S. Francesco a oggi Sarà presentato il 13 aprile prossimo, nella sala del Buon Consiglio presso la parrocchia vaticana di sant’Anna, il libro “Poesie-preghiere da San Francesco ad oggi” di Maria Pia Risa. Si tratta di un’opera antologica in cui l’autrice ha raccolto, con pazienza certosina, numerose “poesie-preghiere” di 58 autori, che vanno da San Francesco d’Assisi ai giorni nostri, passando per i principali nomi della letteratura italiana. Un lavoro certosino – dicevamo – quello della Risa perché, oltre alla ricerca in sé del materiale, l’autrice ha dovuto individuare anche le poesie giuste, cioè quelle che rispondevano ai canoni di “poesie-preghiere”. E la sottile distinzione sta nel fatto che le poesie diventano preghiere nel momento in cui contengono una “invocazione”, come ci spiega la stessa autrice, che è stata erudita in questo campo da don Santino Spartà, il noto sacerdote (randazzese anche lui come la nostra Maria Pia), molto famoso nell’ambiente dello spettacolo – tanto da meritare l’appellativo di “prete dei vip” –, ma anche lui fine saggista e critico letterario, che ha pure curato l’introduzione del libro della Risa. La prefazione è opera di Nino Blandini, studioso e giornalista catanese, che ha saputo collegare magistralmente tutti gli autori tanto da tessere un filo che si parte da San Francesco e ci porta ai nostri giorni. La Nostra ha fatto le sue ricerche quasi esclusivamente nella Biblioteca Apostolica Vaticana, con un lavoro portato avanti per diversi anni, a cui si sono poi aggiunti i tempi tecnici per la pubblicazione a stampa. La presentazione di Roma verrà arricchita dalle musiche eseguite da Gesuele Sciacca e la sua band. Il maestro Sciacca, che di professione è geriatra, ha l’ardire di musicare le poesie; invitato a parteciopare al la presentazione dwella raccolta di poesie preghiere, ha accettato con entusiasmo..
Maria Pia Risa, originaria di Randazzo ma figlia di padre romano, si è laureata in Scienze della Formazione presso l’Università degli Studi di Catania ed ha collaborato con la cattedra di Sociologia generale del medesimo dipartimento. Questa non è la sua prima pubblicazione, dal momento che nel 2010 ha già pubblicato il volume “Prometeo al cibermondo” e nel 2008 aveva fornito un contributo nel collettaneo “L’agonia di Apollo” di Marilena Calandra. Giornalista pubblicista, Maria Pia è una valida collaboratrice della nostra testata, ma scrive anche per i periodici “Bioetica e Cultura” e “La rivista dell’Arma”. Lei si muove agevolmente negli ambienti romani (e non solo per le sue origini paterne), tanto che qualche anno fa ha pure tenuto una relazione in un convegno internazionale sulla criminalistica svoltosi a Montecitorio. Era quindi logico che la prima presentazione del suo nuovo libro avvenisse proprio a Roma, in quella parrocchia che è al confine tra lo Stato italiano e la Città del Vaticano, in quella sala del Buon Consiglio che ogni mercoledì (il 13 aprile è proprio un mercoledì) ospita degli incontri culturali ad alto livello. La presentazione verrà arricchita da Gesuele Sciacca, che ha musicato sette delle poesie comprese nella raccolta e le declamerà/ canterà accompagnato dalla sua band. La parrocchia Sant’Anna – come si sa – è anche la chiesa in cui ogni mattina celebra messa il Santo Padre Francesco nei giorni feriali, quando non è fuori sede. Quale migliore ambientazione, quindi, per far conoscere al mondo della cultura un libro di poesie che sono allo stesso tempo preghiere, e per lanciare verso la strada del successo una scrittrice di tanto valore. Nino De Maria
Nella raccolta la “scoperta” di alcuni autori notoriamente lontani dal Cristianesimo “Poesie-preghiere da San Francesco ad oggi”, di Maria Pia Risa (editoriale Agorà), è un’antologia che contiene 209 composizioni poetiche, di 58 autori, le quali sono anche delle preghiere perché – secondo quanto spiegato dalla stessa autrice sulla base delle “erudizioni” fornitele da don Santino Spartà – contengono delle invocazioni. E così, in un excursus che parte dal 1200 con San Francesco d’Assisi e arriva fino ai giorni nostri, troviamo le migliori composizioni poetiche di autori noti e meno noti. Dai classici Dante, Petrarca e Boccaccio dei primi secoli della letteratura italiana, attraverso Ariosto, Tasso, Manzoni, Carducci, Pascoli, Quasimodo – solo per citarne alcuni – arriviamo ai moderni e contemporanei Turoldo, Wojtyla, Testori. E la sorpresa è costituita dalla presenza di autori notoriamente lontani dal cristianesimo, come Leopardi, D’Annunzio e Montale: eppure la nostra Maria Pia Risa è riuscita a scoprire, anche in tali autori, delle composizioni che hanno pure le caratteristiche della preghiera. Altri motivi di originalità della raccolta sono dati dalle notevoli dimensioni e dal fatto che si tratta forse dell’unica raccolta antologica esistente di poesie-preghiere. L’ultimo autore riportato è lo stesso don Santino Spartà, che assume quindi, nell’opera, una triplice funzione: ispiratore, estensore dell’introduzione, ed autore egli stesso di preghiere Maria Pia Risa poetiche. Una breve nota biografica di ogni autore precede le varie composizioni. Oltre all’introduzione di don Santino Spartà, che illustra le qualità della preghiera ed i modi di pregare, il volume si avvale anche di una puntuale prefazione del giornalista ed esperto in diritto ecclesiastico Antonino Blandini, che da parte nostra consigliamo tuttavia di non leggere prima, perché rivela troppe cose sulle opere contenute nel libro e fa correre il rischio al lettore di non gustarne a pieno la bellezza. Interessante la premessa dell’autrice, una specie di confessione e di messa a nudo delle emozioni e delle sensazioni da lei stessa provate durante la compilazione del libro, man mano che andava facendo nuove scoperte attraverso la poesia vista “quale celestiale forma, ancor di più se trattiamo di poesia-preghiera”. “Essa sconfina oltre l’orizzonte percettibile – continua Maria Pia –, conscia di insinuarsi in un percorso irto ma dritto, e ha il privilegio di ristrutturare ed incrementare lo spirito.” Una bella immagine illustra la copertina: un meraviglioso “tramonto siciliano” in uno scatto di Gabriele Roncati e Gianni Caggegi che dà il senso dell’infinito, di quell’infinito che può condurre l’animo a Dio, come la preghiera. Una splendida foto dell’autrice, in quarta di copertina, impreziosisce ulteriormente il volume. Il libro (come detto in altra parte della pagina) sarà presentato il 13 aprile in Vaticano, mentre altre presentazioni seguiranno a Catania, Randazzo (città di residenza dell’autrice) e Acireale. N. D. M.
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SARDEGNA: Cagliari Mensa Caritas
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Oratorio “Centro Storico Ragazzi”
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Chiesa e Società
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DIOCESI Solenne rito di passaggio venerdì 1° aprile in Cattedrale per cinque giovani che si preparano al sacerdozio
Ammissione di tre seminaristi agli ordini sacri IL PESO DELLA GRANDE GUERRA
Giornata di beatificazione di mons. Arista Come ogni anno, la Chiesa diocesana dedica la terza domenica del tempo liturgico di Quaresima alla celebrazione della ‘Giornata pro-beatificazione di mons. Giovanni Battista Arista’, antico sodale della Congregazione dell’Oratorio dei Padri Filippini e, dal 1907 al 1920, anno della sua morte, secondo vescovo della nostra diocesi. In una conferenza sul tema ‘Sotto il peso della grande guerra: l’interpretazione della Prima Guerra Mondiale negli scritti pastorali di mons. G.B. Arista’, il relatore don Massimo Naro, docente di Teologia Sistematica nella Facoltà Teologia di Sicilia, alla presenza di mons. Antonino Raspanti, vescovo della nostra diocesi, del preposito sac. Alfio Cantarella e dei confratelli della congregazione oratoriana acese sacerdoti Luciano Bella e Calogero Frisenda e di un pubblico numeroso, riferiva su come nel 1916 numerosi chierici (sacerdoti e seminaristi) diocesani erano tra i soldati inviati al fronte bellico. La guerra era, infatti, iniziata il 24 maggio 1915 quando l’Italia il giorno prima era fuoriuscita dalla Triplice Intesa precedentemente costituita con Austria e Germania; quella ‘inutile strage’ (come la aveva definita Papa Benedetto XV) si concludeva, poi, vittoriosamente per il nostro paese con la riconquista delle ‘terre irredente’: il 3 novembre 1918 fu riconquistato il Trentino ed il giorno dopo Trieste. Mons. Arista intrattenne una continua ed intensa corrispondenza epistolare con i propri chierici cui, riflettendo i sentimenti dell’intera nazione, infondeva forza e coraggio per affrontare tutte le difficili prove. La Chiesa tornava alla partecipazione attiva alla vita sociale e politica del paese tanto che nel 1919, a guerra ormai conclusa, il sacerdote di Caltagirone don Luigi Sturzo fondò il Partito Popolare. Era quello un periodo particolarmente delicato per la Chiesa con la ‘Questione Romana’ che, apertasi nel 1870 con la presa di Roma da parte dei bersaglieri con la Breccia di Porta Pia e l’annessione della città al territorio italiano, si risolveva poi l’11 febbraio 1929 con la firma del Concordato tra Stato e Chiesa. L’auspicio che Papa Benedetto XV aveva espresso per una pronta cessazione delle operazioni belliche in favore di un negoziato internazionale non ebbe seguito e la guerra coinvolse intere popolazioni civili, con una enorme forza disgregatrice. Già nella pastorale quaresimale del 1914, mons. Arista affermava che la secolarizzazione, evidente squilibrio nelle relazioni internazionali, fosse la causa scatenante della grave crisi spirituale europea, considerando la guerra già in corso, seppure non ancora in Italia, come l’invitabile castigo di Dio nei confronti dell’uomo; ancora nella pastorale quaresimale del 1918, con la coerenza di atteggiamento che lo contraddistinse per tutta la durata del conflitto, Arista definisce la guerra ‘valle di lacrime’. Con la propria corrispondenza epistolare, mons. Arista dimostra di volersi rendere pienamente partecipe delle sorti dei chierici diocesani impegnati al fronte, affidando costoro alla Provvidenza divina (proprio come aveva ammonito Papa Pio X ad ‘Instaurare omnia in Christo’, cioè a confidare pienamente nell’aiuto di Dio) ed alla potente intercessione della Beata Vergine Maria cui egli rivolgeva la giaculatoria ‘Ave Maria e Coraggio!’ (scritta nel 1916). La conquista della pace doveva passare attraverso la battaglia morale e culturale che i veri cristiani combattono per il riscatto sociale. Mons. Arista, tuttavia, denuncia l’enorme spreco di ‘capitale umano’ che preparava il terreno alla grande carestia intellettuale che avrebbe afflitto l’Europa nell’immediato dopoguerra, di fatto spianando la strada verso il secondo grande conflitto mondiale. Nel 1919, poi, a conflitto concluso, mons. Arista scrive alla Chiesa diocesana la lettera pastorale ‘In armi’, con la quale esorta tutti alla vigilanza continua per affrontare il diuturno combattimento spirituale. A conclusione della giornata i brevi interventi del vescovo, il quale sottolineava come le riflessioni di mons. Arista possano attualizzarsi, e di padre Cantarella, il quale riportava un pensiero in cui il compianto presule definiva il dolore quale momento di oblazione se si pone lo sguardo al Cristo crocifisso. Nando Costarelli
Sarà la liturgia dell’ottava di Pasqua il contesto nel quale si svolgerà un importante rito di passaggio e di avvicinamento al sacerdozio per alcuni giovani seminaristi del nostro Seminario. Infatti, è programmata per venerdì 1° aprile nella Basilica Cattedrale alle ore 19,00 un’importante celebrazione durante la quale tre seminaristi saranno ammessi tra i candidati agli ordini sacri del diaconato e del presbiterato, mentre altri due saranno istituiti accoliti. Il contesto pasquale sarà la degna cornice dentro la quale accoglieremo questi doni della risurrezione del Signore che vanno a beneficio della nostra Chiesa locale. I seminaristi che saranno ammessi sono (nella foto da sinistra a destra): Rosario Pappalardo, 26 anni, delle parrocchie di Aci Trezza, inviato da quest’anno a svolgere il tirocinio pastorale nella parrocchia Maria SS. della Catena di Aci Catena; Salvatore Grasso, 23 anni, della parrocchia di Guardia, inserito nella parrocchia Gesù Lavoratore di Giarre; Alfredo Coco, 31 anni, della parrocchia di Aci S. Antonio, inviato a Macchia di Giarre Per tutti e tre l’ammissione è il primo passo ufficiale nel cammino verso l’ordinazione.
Con questo rito, infatti, i seminaristi manifestano davanti alla Chiesa la vocazione che hanno avvertito alla vita sacerdotale e la Chiesa, nella persona del Vescovo, riconosce i segni di vocazione, accoglie i chiamati e si impegna a curare la loro formazione. Una volta ammessi, i seminaristi manifesteranno la loro nuova condizione indossando l’abito talare e la cotta, la sopravveste bianca che d’ora in poi useranno durante le celebrazioni liturgiche. Le tre ammissioni non sono però l’unico dono pasquale del Seminario. Nella stessa celebrazione, infatti, a due seminaristi sarà conferito il ministero dell’accolitato. Si tratta di
Ludger Rakotonirina, 34 anni, originario del M a d a g a s c a r, in servizio pastorale ad Aci Platani e Raffaele Stagnitta, 27 anni, della parrocchia S. Maria delle Grazie di Linguaglossa, da due anni alunno dell’Almo Collegio Capranica di Roma dove risiede per conseguire la licenza in liturgia. L’accolitato è l’ultimo passo prima della consacrazione che avviene con l’ordinazione diaconale. È un ministero che accosta maggiormente il seminarista all’altare, abilitandolo al servizio liturgico, specialmente al culto eucaristico ma anche alla testimonianza della carità che proprio dall’eucarestia scaturisce. Ai cinque seminaristi va l’augurio di ogni bene e l’auspicio di perseverare sulla strada intrapresa con sempre maggiore fede e spirito di donazione a Dio e alla Chiesa. don Alfio Privitera
DIOCESI La processione straordinaria del Santissimo Cristo alla Colonna
“Emozione grande da non potersi spiegare” Si è svolta con grande partecipazione emotiva ad Acireale, venerdì 11 marzo, la giornata penitenziale cittadina, indetta in occasione dell’Anno Santo straordinario della Misericordia. Grandissima era, infatti, in città l’attesa per la processione straordinaria del Cristo alla colonna, in forse fino all’ultimo momento a motivo delle avverse condizioni climatiche. Il venerato simulacro, in precedenza, aveva percorso le vie della città solo in sei occasioni, di cui le prime tre per impetrare la protezione divina nelle calamità (terremoti del 1780, siccità del 1844 e del 1867); nelle ultime tre circostanze, in occasione di anni giubilari (1935, 1984 e 2000). Nonostante un cielo plumbeo che minacciava pioggia (caduta copiosamente per tutto il resto della giornata, dopo settimane di prolungata siccità), la miracolosa effigie del Divinissimo Cristo alla colonna, risalente al XVIII sec., nel pomeriggio è stata condotta in processione, accompagnata dal vescovo di Acireale con il clero, i seminaristi, i religiosi, le confraternite, le parrocchie e i rappresentanti di gruppi, movimenti ed associazioni cittadine, oltre che dalle autorità. Il corteo, partito dalla Basilica dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, si è mosso, in un clima di profondo raccoglimento e di preghiera, da piazza Duomo verso corso Umberto, via P.Vasta e corso Savoia, per poi fare ritorno in piazza Duomo. Lungo il percorso sono state lette delle meditazioni sulle ultime sette parole pronunciate da Gesù in croce, con dei riferimenti anche alle opere di misericordia. Al termine della processione, sul sagrato della Basilica dei Santi Pietro e Paolo, mons. Raspanti ha dettato una breve riflessio-
ne, ricordando ai fedeli che “in Cristo flagellato e umiliato, leggiamo la storia degli uomini di ieri e di oggi, piagati dal peccato e dalle situazioni della vita”. “Non vogliamo passare dinanzi a loro indifferenti – ha aggiunto il vescovo – ma come il buon samaritano del Vangelo desideriamo fermarci per versare nelle loro ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza”. “Un’emozione grande, da non potersi spiegare”, ci ha confidato al termine uno dei confrati che ha avuto l’onere e l’onore di accompagnare in processione la statua del “Divinissimo”. “Portare il Cristo sulle proprie spalle, sebbene rappresenti un piccolo sforzo, per me è stato come portare la Sua croce, con piena devozione, in spirito di umiltà, da peccatore in cerca di misericordia”. Guido Leonardi
DIOCESI I due festosi raduni dei cresimandi ad Acireale e Giarre presenti il vescovo e il vicario
“Ricchi di misericordia ... ricchi di grazie” Due festosi momenti di Chiesa, in ascolto dello Spirito e dei testimoni della vocazione. Così si possono definire i raduni che hanno coinvolto i cresimandi della nostra diocesi e che si sono svolti il 5 e il 12 marzo scorso. I cresimandi, cioè i ragazzi della catechesi delle nostre parrocchie che nei mesi a seguire riceveranno il sacramento della confermazione, si sono ritrovati a centinaia, accompagnati dai loro parroci, catechisti e genitori, sabato 5 marzo nella Basilica S. Sebastiano di Acireale (quelli delle parrocchie dei vicariati I, II e III) e sabato 12 marzo nella Chiesa Gesù Lavoratore di Giarre (quelli delle parrocchie dei vicariati IV, V e VI). Fare una stima dei presenti è difficile, ma in totale hanno partecipato non meno di un migliaio di ragazzi… composti e attenti, pur nella comprensibile esuberanza della loro età! I raduni sono stati promossi e organizzati dall’Ufficio diocesano per la pastorale delle vocazioni e hanno visto la presenza attiva dei seminaristi e dei giovani della comunità propedeutica. Con preghiere, canti, video e interventi programmati, è stato sviluppato il tema della giornata: “Ricchi di misericordia… ricchi di grazie”, lo stesso tema proposto dalla Chiesa italiana per la prossima Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Proprio sul tema della gratitudine e della vita intesa come servizio e condivisione i ragazzi hanno potuto riflettere anzitutto con la visione di un cortometraggio realizzato dai giovani della comunità propedeutica; poi sono intervenuti alcuni testimoni per raccontare le loro vocazioni “speciali”:
I cresimandi di Acireale
I cresimandi di Giarre
un seminarista (Orazio Sciacca e Francesco Leonardi) e una coppia di sposi (la famiglia Costanzo di Giarre e la famiglia Pennisi dell’Associazione Giovanni XXIII). Infine, non poteva mancare la parola più importante, quella di Dio. È stata proclamata una pagina del vangelo di Giovanni, nella quale Gesù annuncia l’invio dello Spirito Santo. Il Vescovo Mons. Raspanti (a Acireale) e il Vica-
rio generale Mons. Giombanco (a Giarre), che non hanno voluto mancare l’appuntamento con tanta bella gioventù, hanno tirato le conclusioni e così i cresimandi hanno raccolto l’ultimo messaggio di un bel pomeriggio che li aiuterà a prepararsi con più convinzione e gioia al giorno della loro cresima. don Alfio Privitera
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Chiesa e Società
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VALVERDE Parla padre Nei, appena insediato come parroco della comunità del Santuario
dalla prima
”Dobbiamo essere accoglienti”
Giornata per le vittime della mafia: appello di don Luigi Ciotti
Lo scorso sei marzo, il vescovo mons. Antonino Raspanti ha conferito la nomina di arciprete parroco del Santuario di Valverde a padre Nei Marcio Simon, giunto dal Brasile insieme ad altri due agostiniani scalzi, padre Gelson dos Santos Lazarin e padre Leandro Xavier Rodrigues. Abbiamo intervistato padre Nei, successore di padre Salvatore, per conoscere i progetti rivolti alla comunità valverdese. -Ci racconti un po’ di lei, della sua vocazione «Sono nato nel sud del Brasile, nella zona Paraná, in un piccolo paese chiamato Palotina, il 26 settembre del 1977. Ho una sorella sposata, ha dei bambini, e un fratello che ancora non è sposato e abita con mamma. Da piccolo è nata la mia vocazione, sono entrato in convento a 14 anni. Quando avevo circa 8 anni, ero in una celebrazione di matrimonio con i miei genitori, ero contento, poi mi è venuta una certa paura, ho chiesto a mio papà come avrei dovuto rispondere al sacerdote quando mi sarei sposato io, lui mi ha detto di non preoccuparmi, che da adulto avrei saputo rispondere al sacerdote, mi ha anche detto “può darsi che Dio ti chiami per un’altra strada, può darsi che tu non sia chiamato al matrimonio, ma ad esser un sacerdote, un frate”. Mio papà mi ha aperto la mente e il cuore per pensare anche altre strade. C’era già in me questa vocazione, mio papà Padre Nei mi ha aiutato a pensare, in realtà la chiamata viene da Dio. Dio mi ha chiamato ad essere sacerdote e io l’ho capito con questi segnali e sono andato avanti, sono andato in convento, ho partecipato a degli incontri con altri ragazzi e poi ho fatto il percorso vocazionale. Ritengo importante le parole dei genitori, i miei hanno avuto il coraggio di dire le cose in modo bellissimo». - Lo scorso sei marzo, il vescovo Antonino Raspanti le ha conferito la nomina di arciprete parroco del Santuario di Valverde, quanto è stata grande questa emozione? «É una responsabilità grande, non mi sentivo la persona più portata per questo incarico ma allo stesso tempo credo nella grazia di Dio. Sono molto contento di questa responsabilità che mi è stata affidata, ho molta gioia nel cuore, mi sono sentito accolto sin dal primo giorno. Ci sono tante cose da fare, ma non sono solo, c’ è padre Gelson e padre Leandro che hanno preso questo incarico con me, padre Cherubino che resta, padre Salvatore che ci aiuta in questo periodo, ci sta insegnando tante cose, ci sta facendo capire la realtà».
- Cosa bisogna fare per questa comunità? Quale situazione ha trovato? «Dobbiamo essere accoglienti, il popolo di Valverde ci ha accolto sin dal primo momento. Bisogna aprire le porte della Chiesa e del cuore. Vogliamo incontrare le famiglie dopo Pasqua, andare in ogni casa, vogliamo che tutti sappiano che siamo disponibili. In questo periodo di quaresima abbiamo iniziato a visitare gli ammalati perché non possono uscire da casa e sono in una situazione di grande sofferenza, poi visiteremo tutti. Per i giovani ci stiamo pensando, dobbiamo organizzare qualcosa di continuo, ci vorrà un po’ di tempo per studiare le modalità di questa accoglienza, abbiamo bisogno della collaborazione della gente, da soli non ce faremo. Quattro giovani di Valverde, con padre Leandro, parteciperanno e rappresenteranno la parrocchia, alla Gmg Cracovia - Giornata mondiale della gioventù -, insieme ai giovani rappresentanti di ogni parrocchia della diocesi. Valverde ha una tradizione, la nostra responsabilità è di curarla, questa è un’altra sfida per noi». - Ha ricevuto qualche richiesta dai fedeli? «Aprire il portone del chiostro ai giovani, andare incontro alle famiglie a dare loro la benedizione» - La partecipazione dei giovani valverdesi in chiesa? «I giovani non si vedono molto, questo non accade solo a Valverde, qualche parrocchia è riuscita ad attirare i ragazzi. Qui non c’è un organizzazione che attiri i giovani per fare attività in chiesa. C’è questa mancanza, anche nelle parrocchie dove c’è questo richiamo, i giovani non sono numerosi. Dobbiamo lavorare con tutti i giovani, per questo dovremmo uscire dalla chiesa per chiamarli». - Pensa che i social network possono aiutare? «Sicuramente si, io al momento non sono su Facebook, mi affianco a padre Leandro e a padre Gelson. Anche io entrerò in qualche modo in una di queste reti per dialogare con i giovani. Dobbiamo aiutarli ad usare i social network con equilibrio, senza esagerare. Punteremo sugli incontri di presenza, il cellulare aiuta, ma dobbiamo guardarci negli occhi». - Padre Salvatore verrà trasferito a Marsala. È già previsto quando? «Il 3 aprile ci sarà la messa di ringraziamento alle 19 per il lavoro che ha fatto in questi 40 anni. Non è gradevole fare questo, però è la realtà, verrà trasferito a Marsala, è una pratica della Chiesa, dell’ Ordine. Il giorno esatto del trasferimento ancora non si sa». Graziella De Maria
ZAFFERANA Si preparano i festeggiamenti per don Gigi Licciardello da 40 anni parroco della Matrice
Sicura guida spirituale per tutta la comunità cittadina La comunità parrocchiale di Zafferana Etnea si sta preparando per celebrare i quarant’anni di padre Luigi Licciardello alla guida della chiesa Madre della cittadina. Il 31 marzo prossimo, per ricordare tale evento, verrà celebrata una funzione religiosa nella Matrice; in quell’occasione saranno presenti tutti i sindaci che si sono avvicendati in questi anni, le autorità civili, i gruppi parrocchiali, i sacerdoti locali, tutti gli ex presidenti delle commissioni dei festeggiamenti in onore della Madonna della Provvidenza, patrona di Zafferana. Padre Gigi Licciardello nato il 20 dicembre del 1934 ed entrato in seminario nel 1947, fu ordinato sacerdote dal vescovo di Catania mons. Guido Luigi Bentivoglio il 15 agosto del 1958. Nominato viceparroco nella chiesa di Monserrato a Catania, vi rimase fino al 1962. L’anno successivo gli fu affidata la parrocchia di Pisano Etneo, dove esercitò la sua opera pastorale fino al 1976. Il 12 marzo dello stesso anno la Curia Arcivescovile nominava padre Gigi, parroco di Zafferana Etnea. Ma l’effettivo possesso canonico avvenne nell’agosto del 1976, anche se già dal 30 aprile il sacerdote esercitava la funzione di vicario economo della parrocchia Maria SS. della Provvidenza. Nel corso degli anni padre Gigi ha dimostrato tenacia e determinazione, in particolare durante la difficile fase della ricostruzione della chiesa Madre e dell’ex collegio S. Anna, gravemente danneggiati dagli eventi sismici dell’ottobre 1984. Sotto il suo patrocinio sono nati: il gruppo di volonta-
riato della “Misericordia“, il gruppo Agesci-Scout e la schola cantorum “Aetnensis”. Abbiamo raccolto qualche commento degli ex sindaci della città. Delfo Patanè, (sindaco dal 2004 al 2009), pensa che padre Gigi sia stato un bravo parroco, sempre disponibile, ottima guida spirituale per la comunità zafferanese. L’avvocato Leonardo La Rosa, (1982-1983), ha ribadito che don Licciardello, è un bravo e colto sacerdote ed esercita la sua opera pastorale con dedizione e fede. Il dott. Alfio Leonardi, (da1988 al 1995), ricorda che durante l’eruzione dell’Etna del 1991/1993, insieme al parroco e alla comunità parrocchiale, si recò in processione con la statua della Madonna della Provvidenza fino a Piano dell’Acqua, fiduciosi che si potesse ripetere il miracolo avvenu-
to nel 1792, quando la lava si fermò alle porte del paese. Il dott. Giuseppe Leonardi, primo cittadino dal 1995 al 2004, ha espresso il suo ringraziamento a padre Gigi per i tanti momenti di aggregazione e collaborazione vissuti insieme durante il proprio mandato. Padre Gigi, in questi anni, è stato elemento trainante per le famiglie, proponendo un metodo di vita coerente e cristiano. Il dott. Alfio Russo, sindaco dal 2009, ha dichiarato che i 40 anni di missione pastorale di padre Gigi sono stati un’esperienza importante a vantaggio della comunità di Zafferana Etnea, vissuta dal sacerdote con enormi sacrifici, fede e fermezza. Maria Barbagallo, che fa parte dell’Azione Cattolica donne, pensa che don Gigi è un bravo teologo ed è sempre stato punto di riferimento per la comunità zaf-
Don Licciardello nel giorno dell’insediamento a Zafferana
feranese. Filippo Leonardi, segretario del Consiglio pastorale, ha affermato che il parroco in tutti questi anni ha dato una forte impronta alla sua attività pastorale anche a costo di scontentare qualcuno, e ha gestito egregiamente il difficile momento del terremoto dell’84 e dell’eruzione dell’Etna del 1991/1993. Patrizia Fiscetta, presidente della Caritas locale, riconosce a padre Gigi di essere un’ottima guida spirituale per la comunità, con-
corda Vincenzo Pappalardo, presidente della Pro-loco della cittadina etnea, sostenendo che il parroco ha sempre collaborato con la comunità di Zafferana, agendo per il bene dei suoi parrocchiani. Molti di essi, interpellati, sono concordi nell’affermare che nel corso degli anni la parrocchia Maria SS. della Provvidenza ha potuto annoverare pochi parroci capaci di uguagliare l’attuale guida spirituale. Giuseppe Russo
ACIREALE L’oncologo Giuseppe Privitera sulla “Evangelium vitae”
“Quali le nuove minacce alla vita umana” Ad Acireale, nel salone della parrocchia di San Cosimo ha avuto luogo un incontro sui messaggi sempre attuali dell’enciclica “Evangelium Vitae” di Giovanni Paolo II, pubblicata nel 1995. La dottoressa Vera Presti, direttrice diocesana della “Pastorale della salute” che ha organizzato l’evento, ha presentato il relatore, dott. Giuseppe Privitera, chirurgo oncologo, operativo nel centro “Humanitas” di Catania. Il tema, “Le nuove minacce alla vita umana” è trattato con competenza e chiarezza dall’oratore, testimone della fede cristiana e della relativa morale, con il commento di passi rilevanti dell’enciclica: condanna di aborto, eutanasia e altri delitti, quali i genocidi; responsabilità di deliberata uccisione di un essere umano da parte di genitori, medici, personale sanitario, nonché di legislatori; diffondersi di una mentalità di permissivismo sessuale e disistima della maternità oltre che di separazione della procreazione dall’atto coniugale; denunce di droghe, sostanze tossiche, mutazioni genetiche, usura, mancanza di politiche sulla famiglia, schiavitù, in particolare rappresentata dal lavoro gravoso di bambini e donne. Viene messa in luce la scoperta scientifica circa l’embrione, vita con un codice di diritti; in relazione all’eutanasia, ovvero morte a malati terminali, è
opposto l’apprezzamento di cure palliative atte a far sopportare il dolore. In sintesi il dott. Privitera stigmatizza la dura realtà dell’ateismo pratico, della perdita di valori umani, che allontanano l’umanità da Dio. Segue un nutrito dibattito. Alla dottoressa Vera Presti abbiamo chiesto: Nell’arco dell’anno sociale, quali le iniziative già attuate e quali in programma? “Assieme all’ équipe, abbiamo programmato diversi incontri nella sede di San Cosimo. Si sono già svolti quello del 7 novembre 2015 su “Affidarsi a Gesù come a Maria”, quello del 9 gennaio 2016, “Valore della persona e diritti fondamentali”, quello del 12 febbraio, “Giubileo del malato e del sofferente”, e quello del 12 marzo, “Le nuove minacce alla vita umana”. Restano l’incontro del 21 maggio sul tema “Per una nuova cultura della vita” e quello del 4 giugno, “L’espressione dell’assurdo. Viaggio attraverso le realtà dello schizofrenico”. Anna Bella
Ed è proprio partendo dalla Democrazia, ‘’il primo testo antimafia della nostra storia’’, che bisogna lavorare, che bisogna sognare: ‘’Perché abbiamo bisogno di illuderci - ha continuato don Ciotti - di essere uguali come cittadini e diversi come persone, l’illusione è alla base della democrazia’’. Ed oggi c’è una democrazia che soffre, che vive in una terra ferita e che ha bisogno di libertà: ‘’Non si può parlare di libertà se c’è paura, se c’è ignoranza, e la libertà è per tutti. Non è libero chi è costretto al lavoro nero, non sono libere le donne della tratta sfruttate nella prostituzione, non è libero chi deve fare i conti con il ricatto”. ‘’Se parliamo di mafia - ha continuato don Ciotti - dobbiamo denunciare un sistema che non concede all’uomo la sua dignità, bisogna denunciare la vergogna degli immigrati ammassati e respinti e la violenza all’ambiente, l’uso indiscriminato delle sue risorse”. ‘’Le mafie e la corruzione - ha ripreso il leader di ‘Libera’ fanno parte di un sistema che distrugge la dignità delle persone. Queste non troveranno spazio quando sapremo vincere l’egoismo, l’indifferenza e l’opportunismo, le malattie più grandi della nostra epoca. E per farlo dobbiamo dire di no all’anestesia delle coscienze, alla caduta del senso etico’’. Don Ciotti si è poi rivolto ai servizi e alle politiche sociali, che mettono in grado le persone di esercitare i loro diritti, e ha ricordato gli studenti del progetto Erasmus rimasti uccisi in Catalogna e le vittime del Messico. Un pensiero è andato a tutti i testimoni di giustizia, a tutti coloro che chiedono ciò che è giusto, a chi ogni giorno, nelle Cooperative nate nei beni confiscati, risponde contro la mafia. ‘’Una risposta forte alla mafia sono gli educatori, gli operatori di giustizia ed i magistrati che credono e aiutano i ragazzi degli Istituti penali minorili, e li accompagnano lungo un cammino che gli faccia conoscere e capire la realtà, che li renda consapevoli e responsabili. Diversi ragazzi, provenienti spesso da famiglie mafiose, insieme a loro hanno avuto modo di incontrare i familiari delle vittime della mafia e di conoscerne i luoghi.’’ ‘’Un ragazzo - racconta don Ciotti dopo un’esperienza del genere ha detto ‘ma questi (i mafiosi) non sono uomini d’onore’. Ecco allora l’importanza del lavoro nell’educazione e nel riscatto di chi la mafia la subisce nei quartieri,vivendo in povertà: ‘’è preoccupante’’ continua ‘’la riforma che rischia di penalizzare i tribunali per minori. Siamo qui anche per chiedere che non siano i dati economici a sacrificare quei percorsi che danno dignità e libertà alle persone’’. ‘’Abbiamo bisogno di verità - ha sottolineato don Ciotti -, abbiamo bisogno di verità per tutti noi, per rispetto alle famiglie di chi è stato ucciso,per i giovani, per gli studenti che non devono essere presi in giro. Vogliamo libertà ed attenzione per tutti.’’ Don Ciotti si è rivolto a tutti: ai giornalisti minacciati, ai magistrati, alle forze dell’ordine, al corpo forestale, agli operatori nei beni confiscati, alle scuole e agli amministratori pubblici: ‘’Per loro gratitudine e rispetto, perché lavorano per un’Italia ostinata; ‘noi non vi lasceremo mai soli, anche se siamo piccoli piccoli noi camminiamo con voi’’. Un invito, poi, ad una ‘’Chiesa libera’’. ‘’In questa terra - ha raccontato don Ciotti - un parroco ha appeso un cartello dal campanile con scritto: no alla mafia, sì al Vangelo. Che sia questo lo spirito della Chiesa, che sia questo l’invito: guardare verso il cielo senza distrarsi dalle responsabilità della terra’’. ‘’Vi lascio con la forza di una donna - ha concluso don Ciotti - che ho incontrato in un carcere minorile tempo fa mi ha indicato un ragazzino dicendo ‘lui ha ucciso mio figlio’. Lei e suo marito, dopo aver conosciuto che vita aveva fatto l’assassino del figlio e la povertà della sua famiglia, hanno deciso di conoscerlo, di stargli vicino nel suo cammino e non lasciarlo solo. “Questa è la nostra Italia, questi siamo noi’’. Michela Lovato
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27 marzo 2016
dell’
Jonio