La Voce numero 2-2013

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Anno LVI - N. 2

Domenica, 24 febbraio 2013

LA Jonio VOCE 1,00

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Periodico cattolico fondato da Orazio Vecchio

La rinuncia del Papa e il popolo di Dio: intervista al Vescovo mons. Raspanti

Per il Bene della Chiesa “Non disorientarsi perché tutto è stabile come prima”

A pochi giorni dell’annuncio della rinuncia al Pontificato e al ministero di Vescovo di Roma da parte di Benedetto XVI, abbiamo intervistato il nostro Vescovo, mons. Antonino Raspanti. - Eccellenza. come ha accolto, lei personalmente, tale notizia? “Iniziallmente sono rimasto molto sorpreso, emozionato, e l’emozione e la sensibilità mi ha fatto sentire mille sensazioni che andavano dallo sgomento, allo smarrimento e i quesiti, i perché… Alcune ore le ho trascorse così. Poi il lunedì sera e soprattutto l’indomani una serenità è entrata nrl mio animo perché ho guardato al punto focale della vita della Chiesa che è lo Spirito Santo e il fondatore e il capo Gesù, per cui mi sono rasserenato molto e ho una certezza che il Signore guida autorevolmente sempre la Chiesa e che quindi questo non significava un trabballamento dell’istituzione ecclesiale, quanto piuttosto un atto di discernimento, di poi coraggio, di umiltà da parte del Pontefice che constatava di non avere più le forze - Quale segno e messaggio si possono cogliere in questo forte gesto deciso nell’anno della fede? “Un segno non è facile e l’interpretazione del fatto…Ne abbiamo sentite tante e ognuno dice la sua…Per quanto mi riguarda mi ha rimandato alla fede, mi ha rimandato ad una certezza a non lasciare condizionare la mia fede da singoli avvenimenti storici, da incertezze storiche e dal fruttuare degli eventi che nella storia inevitabilmente si susseguono. La fede è come la barca di Pietro: attraversa questi flutti, queste ondate nella storia, le attraversa perché guidata da Cristo. Dunque, io direi un rafforzamento, una conferma della nostra fede, una comunione intorno a Cristo e al suo vicario in terra che è il Santo Padre.. - Si può cogliere dietro questo gesto, magari non consueto, un ammonimento, magari tacito, da parte del Papa verso i suoi figli più diretti? “Questo lo hanno detto in molti…io non so se si possa cogliere con certezza. Si può, certo, ma non è detto…si può cogliere anche l’altra, l’altra intendo dire quello che ha detto il Papa che non ce la fa e dunque non se la sente e dunque questo potrebbe anche aprire a sviluppi sul ministero di Pietro, sul successore di Pietro, ecclesiologici diversi. Letizia Franzone (continua a pag. 2)

Le elezioni e i cattolici Il diritto-dovere del voto va usato con saggezza

VATICANO Il prelato nominato dal Papa “Uditore generale della Camera Apostolica”

Sede vacante: il ruolo di mons. Sciacca “Il Santo Padre ha nominato Uditore Generale della Camera Apostolica l’Eccellentissimo Monsignore Giuseppe Sciacca, Vescovo titolare di Fondi, Segretario Generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano”. Questa la notizia, fredda e stringata com’è nello stile dell’organo ufficiale della Santa Sede, pubblicata nella prima pagina dell’”Osservatore Romano” sotto la testatina “Nostre Informazioni”. A chiarire il significato dell’incarico di mons. Sciacca è stato, nello stesso giorno, padre Federico Lombardi, portavoce della Sala Stampa Vaticana. Che ha detto trattarsi, appunto, di una nomina pontificia pertinente la Sede Vacante, che ha funzioni di carattere logistico-amministrativo. Padre Lombardi, dopo

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avere ricordato che mons. Sciacca è segretario generale del Governatorato, ha sottolineato che si tratta di un esperto in diritto canonico di fiducia pontificia che affiancherà il Camerlengo di Santa Romana Chiesa, Cardinale Tarcisio Bertone, nel periodo di Sede Vacante, per amministrare la Sede Apostolica. E ancora, rispondendo alle domande dei giornalisti, il portavoce vaticano ha precisato che il “Vescovo Sciacca sarà il consulente giuridico del Camerlengo. Con lui saranno definiti i particolari della Sede Vacante, a cominciare da quando sarà spezzato l’anello piscatorio all’applicazione dei sigilli degli appartamenti pontifici in Vaticano e a Castelgandolfo, che sarò abitato dall’ormai ex Papa per qualche settimana dalla sera del 28 febbraio.

“Calcio al razzismo” Quando lo sport rima bene con solidarietà Antonio Sapienza

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ACIREALE

Ricca esperienza della “104 Orizzontale” Al buio guidati da non vedenti Nino De Maria

PIEDIMONTE Il Tar rigetta il ricorso di alcune famiglie contro il Comune per la concessione del suolo pubblico

Vena: la Corona in pietra del Santo Rosario può restare dov’è Non sussiste nessun “profilo di danno grave”, la corona del Rosario monumentale di Vena rimarrà lì dove è ritornata da poco: nella piazza dpve sorge il Santuario dedicato a Maria Ss. della Vena, di fronte al Sacro Fonte, il luogo dove la leggenda medioevale narra della scoperta miracolosa dell’acqua da parte di monaci in pellegrinaggio sull’Etna per la fondazione di un monastero. La terza sezione del Tar di Catania ha rigettato la richiesta di sospensione cautelare della determina dirigenziale n. 202 dello scorso 18 ottobre, con cui il Comune di Piedimonte Etneo ha rilasciato per nove anni al Rettore del Santuario di Vena, padre Carmelo La Rosa, la concessione del suolo pubblico per il “ripristino della Corona del Sacro Rosario” nella piazza della borgata. Alcune famiglie della frazione avevano scritto un’altra puntata dell’aspra disputa che le vede contrapposte a padre La Rosa, ricorrendo al Tar per fermare il rifacimento della corona monumentale. Si tratta di una composizione raffigurante la Corona del Rosario, fatta installare tre anni fa dal religioso nell’ottica di un riassetto del piazza del Santuario, utilizzata come parcheggio auto ed in larga

Ritengo che la maggior parte dei cattolici praticanti non si sente responsabile del dilagare di una cultura priva di regole etiche e del malcostume nella nostra società contemporanea. E, ancor più, non si pone la domanda se sia opportuna, utile, necessaria una partecipazione attiva al Governo della Comunità locale. La maggior parte delle persone impegnate nella scuola, nella sanità, nella catechesi parrocchiale, nei gruppi e associazioni di solidarietà e di volontariato sociale, pur essendo tutte “brave persone”, “preparate profession almente”e“bravi genitori”, quando si incontrano con la proposta politica, ritengono di non avere tempo da perdere e di voler rimanere persone oneste. Come se essere uomo politico equivalga ad essere anche disonesto! La catechesi svolta nelle nostre Parrocchie, in genere, è di tipo sacramentale; di tipo teologico o spirituale, per i più maturi. Unica eccezione sono i testi adulti di ACI, che dispone i soci a leggere la storia con gli occhi del Vangelo. Ma questi sono molto poco seguiti. A mio parere, il mondo cattolico, della S. Messa domenicale e delle feste comandate, non conosce la Dottrina Sociale della Chiesa e non ha mai letto e non rilegge i Documenti del Concilio Vaticano II né segue quanto il Magistero continua a fare circolare. Allora qual è la funzione dei Cattolici nel tempo della storia che viviamo oggi? Quale influenza culturale portano nella società se sono ignari e fuori da ogni impegno? Teresa Scaravilli (continua a pag. 2)

misura da riqualificare per accogliere al meglio la folla di pellegrini e visitatori in costante crescita. Un progetto avallato anche dalla Soprintendenza ai Beni Culturali poiché “ in linea con i criteri di salvaguardia dei caratteri e dei valori costruttivi dei centri storici”, che non è mai piaciuto ai cittadini oggi in lite anche con il Comune di Piedimonte. Tali irriducibili dissapori vivono fin dall’insediamento di don Salvatore La Rosa a Vena, per il piano di rilancio pastorale dell’antico Santuario mariano portato avanti dal parroco. Nuovi programmi religiosi ed un cambiamento nella natura dei flussi di visitatori verso la frazione - orientati adesso più verso il pellegrinaggio devozionale (e sul collegato turismo religioso) che sulle manifestazioni popolari estive gestite dalla famiglie - stanno alla base dell’insanabile controversia. Padre La Rosa fa sapere di aver accolto «con gioia» la decisione del giudice amministrativo «perché un bel segnale verso l’esterno, verso chi verrà a Vena. I fedeli saranno finalmente accolti dalla Corona monumentale, una originalità assoluta per cui abbiamo tanto lottato». Francesco Vasta

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Il Carnevale va ma non esageriamo con le 500.000 presenze in un giorno Pippo Sorrentino

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SABATO 23 CONVEGNO AD ACIREALE

Circuito di solidarietà

Orazio Maltese a pag. 


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In Seconda

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RADICI E TRADIZIONI - 3 Rubrica di cucina, detti, proverbi, preghiere, feste e storia ...

Mezzaquaresima ad Acireale Questa immagine esprime il messaggio che si vuole trasmettere con tale pagina: i resti di un tempio greco con accanto l’albero di mandorlo in fiore rappresentano l’antico che fiorisce nella novità del presente…Così è della tradizione e della cultura di ogni popolo…tradizione e cultura che ne rappresentano le radici e come tali meritano di essere rivalutate e conosciute. E’bellissimo andare in giro alla ricerca di anziani che ti raccontano il passato…come si pregava…cucinava…giocava…lavorava…i loro volti s’illuminano nel ricordo…mentre il loro dire in siciliano…diventa una dolce melodia per chi li ascolta… Letizia Franzone Proverbio del mese: Figghia mia, statti sulidda e ccu nuddu convirsari tannu Diu si n’innamura quannu sula ti vidi stari. Morale: Tutti i più grandi maestri dello spirito, sin dall’antichità, hanno designato la solitudine e il silenzio, quale luogo e condizione privileggiata e necessaria per l’autentica crescita nella vita spirituale. Ogni uomo, in base alla propria condizione di vita, è chiamato a consacrare un tempo per Dio. Trovare nella propria quotidianità quel luogo dell’incontro… cioè la preghiera, luogo in cui Dio parla ai propri figli… Dentro questo tempo quotidiano vi sono alcuni tempi forti designati dalla Liturgia della Chiesa, quali il Tempo di Avvento e il Tempo di Quaresima, dove il cristiano è aiutato e invitato a riflettere maggiormente sulle cose realmente essenziali della vita e a conoscere sempre di più l’Amore che continuamente lo cerca…e lo ama… Preghiera:’ N sciuri di st’ altaru. Putissi essiri ‘n sciuri, ‘n sciuri di st’altaru, ppi stari sempri ccu Vui, Signuri di l’amuri. Mezzaquaresima…Acireale nella metà del secolo scorso “…Le campane nel tardo meriggio chiamano con squilli e rintocchi. La Pasqua

viene, e nel tempio vasto ed affollato ogni sera la voce del quaresimalista ricorda che siamo uomini di fragile carne mortale, e parla di Dio che governa la terra ed il creato, e del suo Figliolo che morì sul colle fatale per redimere gli uomini dal peccato…”. Inizia a descrivere così, con immagini delicate una delle quaresine acesi il dott. Alfio Fichera in uno dei suoi articoli giornalistici raccolti nel testo: “Cronache e memorie”. Racconta che ad Acireale era tradizione che il predicatore parlasse dal pulpito della basilica di S.Sebastiano. Oratori insigni, alcuni di fama europea, salirono quel pulpito. Tra questi celebri oratori che predicarono ad Acireale, vi fu il ven Padre La Nusa, un padre gesuita, che predicò il suo ultimo quaresimale nel 1656 ad Acireale. Le cronache acesi dicono che “ la sua voce era piuttosto miracolosa che naturale… Con queste sue prediche fece di modo che non solamente li genti di suso venivano la matina a sentirlo, ma anche venivano da Catania…”. Le sue prediche erano talmente partecipate dalla gente che una volta dovettero aprire pure la casa che era di fronte

alla porta principale della Cattedrale, per dare possibilità alla gente di ascoltare. Si deve a questo famoso predicatore l’istituzione della “ devozione di fare il Monte Calvario con li altarelli delli misteri della passione. Volle fare la stessa cosa in questa cittàdi Jaci, et elesse per Monte Calvario il locale ove era situata la chiesetta del Salvatore. Ivi, a spese della città…”. Iniziò pure la processione del Cristo mortro e promosse, la rappresentazione sacra in pubblico del “ Mortorio di Cristo”. Ma ritornando alla mezzaquaresima del’40, sempre il Fichera racconta, che la settimana di passione e la settimana santa erano animate dalle prediche che attiravano una folla immensa, quali quelle che

venivano tenute all’aperto il giovedì ed il venerdì santo, l’altra detta “ delle tre ore di agonia”, quelle “ dell’ultima cena”, e la famosa predica della Sacra Sindone. E tra queste sentite e partecipate funzioni quaresimali e celebrazioni religiose di Pasqua acesi, si vide anche la partecipazione attenta di Riccardo Wagner, che in quel periodo si trovava ad Acireale. Ricetta di cucina: Cannoli di ricotta A Santa Maria Ammalati, ogni domenica mattina, “intra u panificiu di Saru”, tra il profumo del pane casareccio appena sfornato, appaiono come gioie per gli occhi i cannoli alla ricotta, fatti con ricotta fresca di pecora con il metodo tradizionale. E’ stato proprio il sig. Saro a darci gentilmente la gustosa ricetta. Ingredienti per 500 gr. di cialde di cannoli: 1 kg. di farina bianca, 400 gr. di zucchero; 40 gr. di strutto; 2 tuorli d’uovo, impastare con 200gr. di vino rosso il tutto. Procedimento: Si prende la farina e si mette su un piano di lavoro facendo la classica “ fonte” dove al centro metteremo gli ingredienti che amalgheremo ottenendo così un impasto duro. Si fa riposare tale impasto per circa 15 minuti; dopo trarre da questo impasto dei bastoncini dai quali ricaveremo tanti piccoli dischetti. Schiacciare tali dischetti da un lato e stirare con un matterello fino ad ottenere una forma ovale. Incollare le due estremità con l’uovo sbattuto fino a formare la classica forma del cannolo. Avvolgere le apposite formine con l’impasto realizzato e friggerli in olio bollente. Ingredienti per il ripieno delle cialde: 500 gr. di ricotta fresca sgocciolata di pecora; 150 gr. di zucchero; ( a piacere: scorzette di arancia e gocce di cioccolata ). Procedimento: Impastare la ricotta con lo zucchero, passare a setaccio, aggiungere i canditi e il cioccolatto e riempire le cialde precedentemente preparate. Consiglio… Non entrare in questa bottega nei periodi in cui si è deciso di fare dieta…non si manterebbe l’impegno…; avere pazienza nell’aspettare il proprio turno perché…ne varrà davvero la pena…!

Rosario Pavone, comandante del buonsenso Scrive Isabelle Allende della “MEMORIA” che il “RICORDO è sempre un luogo d’incontro”: il 30° anniversario della morte di nostro Padre (gennaio 1983), vuol essere, allora, non solo un’occasione per noi figli di ricordarLo sempre con amore e gratitudine ma vuol costituire anche, nella “Memoria”, un “luogo d’ incontro” con la sua amata Acireale e con, ormai, l’ultima generazione che Lo ha conosciuto. Il “passaggio di quest’Uomo”, fattosi da solo, “con il suo lento incedere” in divisa per 40 anni per le strade cittadine alla guida

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Direttore responsabile Giuseppe Vecchio Editore Associazione La Voce dell’Jonio Via Mons. Genuardi, 14 95024 Acireale Iscrizione Tribunale Catania n. 220 del 5/4/1958 Iscrizione al ROC (Registro operatori della comunicazione) n° 22076 Redazione Via Mons. Genuardi 16, 95024 Acireale - Ct (casella post. 174) tel 095601992 - fax 095606182 www.vdj.it - redazione@vdj.it lavocedelljonio@hotmail.it Stampato da Eurografica srl Strada Statale 114 Orientale Sicula Riposto 95018 Riposto - tel 095931661 Abbonamento annuo Ordinario euro 20,00 Extra 35,00 - Speciale 50,00 Sostenitore 100,00 Conto Corrente Postale 7313800 intestato a Associazione La Voce dell’Jonio Via Genuardi, 14 95024 Acireale Membro FISC - Federazione Italiana Settimanali Cattolici

dei suoi amatissimi Vigili, ha firmato una coraggiosa e silenziosa lezione di vita umana e spirituale: quella di gestire al meglio la conduzione della cosa pubblica “in modo tutto suo”, senza formalismi e senza autoritarismi ma con buon senso, saggezza, coraggio e libertà interiore lasciando esempi da non dimenticare e, ancor più, da riproporre. Oggi a più di cento anni dalla Sua nascita (13-03-1904) e a trenta anni dalla Sua morte (13-01-1983), noi figli, nipoti e pronipoti, Lo ringraziamo per il Suo “essere” ed il nostro “esserci” e siamo grati ai tanti Acesi che ne conservano ancora un ricordo affettuoso.

La rinuncia del Papa Intervista al Vescovo (continua dalla prima) “E cioè appunto che il Santo Padre che è il Vescovo di Roma in qualche modo và interpretato in modo più elastico circa questo assolutamente a vita, perché oggi forse a differenza di ieri le tecnologie, la medicina riesce a portare un uomo molto avanti negli anni, ma non certo con le forze che ci vogliono per reggere la Chiesa, e d’altra parte essendo la Chiesa, le comunicazioni nel mondo, essendo insomma i tempi cambiati, credo che il ministero come quello del papato sia sottoposto ad uno stress di lavoro veramente enorme. Per cui se mettiamo insieme queste due cose si può aprire questa ipotesi di un nuovo percorso che non so cosa aprirà nel futuro, non lo posso prevedere. - In un’epoca di estrema efficienza ed attivismo dove l’uomo ne è il protagonista, il gesto di Benedetto XVI può essere colto come invito a ricordare quella categoria teologica e umana insieme della “debolezza”, quale consegna di sé all’unico Signore della storia? “Indubbiamente è questo un tratto caratteristico di quest’uomo che è diventato papa e può diventare un ammonimento per tutti. Cosa voglio dire, che lui è una persona che pensa che il principale valore di evangelizzazione sulla terra è appunto pregare, coltivare la contemplazione, la conoscenza approfondita intima, personale e razionale di Cristo, e questo è cruciale e forse la parte principale nel governare la Chiesa, nel diffondere il Vangelo. Questa è la sua opinione. Diventando Sommo Pontefice indubbiamente quest’uomo porta su quel luogo e quindi diventa messaggio per tutti questa sua ipotesi, questa sua idea. E in questa idea, la creaturalità, la debolezza, la fragilità umana, vengono in primo piano perché sono invitati ad abbandonarsi a deporsi con piena fiducia, con piena fede a confidare nel Pastore della Chiesa che è Cristo. Questo è un monito per tutti? Certo che è un monito per tutti perché è laa condizione uma-

dalla prima Il voto dei cattolici e il Bene comune Quanto le nostre comunità sono preparate e disponibili ad intraprendere un cammino di formazione delle coscienze sulla responsabilità ad agire, a partecipare alla costruzione del bene comune? Chi deve prendere l’iniziativa? Chi deve farsi carico di questo percorso di maturazione delle coscienze?La Lettera a Diogneto, prima ancora che il Concilio Vaticano II, è un vero trattato del comportamento del credente nella realtà sociale dove vive. In essa il cristiano per la società civile viene assimilato a quel che è l’anima per il corpo. Il credente, talmente alimentato dai valori del suo “credo”, impregna inesorabilmente l’ambiente in cui vive dei suoi modelli, dei suoi gesti quotidiani, perché si distinguono da quelli del non credente. Il credente non è colui che detta leggi e ratifica giudizi sui comportamenti degli altri, è, invece, colui che con i suoi comportamenti leali, veri, liberi, solidali, assolutamente gratuiti e spontanei, con la sua disponibilità al bene, al bello, al giusto si distingue da chi dice di perseguire gli stessi fini e agisce dietro compenso, o falsificando e corrompendo le coscienze. Siamo altrettanto consapevoli, in verità, che ci sono molte persone che, pur non dichiarandosi credenti, sono leali, corretti, perseguono fini nobili e lo fanno con disinvoltura, in

modo naturale, senza vantarsene e senza esibirsi. Dobbiamo riconoscere con onestà la nostra latitanza dalla vita pubblica per molti anni, nei quali con la nostra incompetenza, abbiamo lasciato il campo libero ai furbi, agli astuti, agli approfittatori di turno, delegando, perfino, il compito formativo delle coscienze a chi, agendo sul campo, non si è posto limiti di rigore e di correttezza. Oggi siamo tutti disgustati per l’invadenza del male in ogni campo e temiamo per il futuro dei nostri figli e per la sopravvivenza dei nostri valori. Non sarà forse il caso di cominciare a stare sulla breccia e a imparare a mettere regole e limiti per perseguire quei valori, di cui spesso ci vantiamo, che poco testimoniamo? Non ha senso disertare le urne e rinunciare a votare. Non ha senso indignarsi e prendere le distanze dai Partiti e delle Istituzioni. Dentro il Partito c’è spazio per dibattere, per scambiarsi opinioni, per arricchirsi di contenuti. Delle Istituzioni non possiamo fare a meno: Scuole, Ospedali, Pubbliche Amministrazioni sono luoghi dove si pongono in essere le regole e gli interventi per perseguire il Bene Comune. Sono i nostri luoghi. Sono di tutti, di ogni cittadino, ci appartengono. Dobbiamo custodirli per noi e per i cittadini di domani. Ma non possiamo nemmeno continuare a guardarci da lontano per difenderci

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dal pericolo. Ormai non ci sono più distanze. Dentro le case nostre, di cattolici della domenica, sono entrati i divorzi, le separazioni, le convivenze, le illegalità, gli spinelli, i rapporti precoci degli adolescenti, gli omosessuali, ma anche i licenziamenti dal lavoro, la ricerca del lavoro, lo scoraggiamento gli esaurimenti nervosi … come interveniamo in tutto questo se non scegliamo uno stile di vita diverso? Quale? Lo dobbiamo costruire insieme, perché nessuno da solo ha la ricetta. La società ha molti volti, molti modelli, molte esigenze … occorre mettere insieme idee, intelligenze, creatività, e avventurarsi nella ricerca di un modello che qualifichi, che migliori, che ci faccia crescere. Insieme da uomini, insieme da adulti, insieme corresponsabili su una, due, tre, mille proposte a cui ciascuno sappia dare il meglio di sé e voglia darlo gratuitamente, generosamente, con tutto l’entusiasmo della propria originalità e inventiva personale, a servizio di tutti, per il bene della collettività. Andiamo a votare! Continuiamo a stare vicino agli eletti! Vigiliamo sul loro operato! Consigliamoli, ove sappiamo! Sosteniamoli, ove condividiamo! Richiamiamoli, ove occorre! Denunciamoli, quando è giusto farlo! Buona fortuna, Italia nostra! Concorriamo tutti a farla come la sogniamo, questa nostra bella Repubblica! Teresa Scaravilli

na di tutti noi e… diventa una particolare legge per il papato del futuro? Penso di no…non si può dire, penso di no però perché è un atto di libertà e come lui è stato libero di far questo, credo che mantenendo le caratteristiche della unicità di Vescovo di Roma sugli altri Vescovi, anche il Vescovo di Roma futuro e i futuri devono continuare ad essere liberi di fare scelte sovrane. Significa di non dimettersi …no di dimettersi…di non dimettersi…in qualunque situazione si trovi. Voglio dire che occorre preservare la particolarità e l’unicità del papato il quale in tutti gli uomini che lo vivono, tutti i papi, deve poter essre sovrano e non condizionato e non sottomesso a condizioni precostituite. Quindi, come il precedente pontefice ad esempio, che ha fatto una scelta che sembra opposta all’attuale, perché nel suo animo ha fatto un discernimento ed ha colto che per lui era necessario piuttosto andare avanti fino in fondo così, con altrettanta libertà e dunque diritto ha fatto questo papa a dire, a giudicare nella sua libertà di coscienza davanti a Dio e davanti alla Chiesa, che il suo vigore veniva meno e dunque occorre nuovo vigore per governare la Chiesa. Dunque quello che io vorrei dire e sottolineare è questa libertà sovrana del Papa. Oggi c’è un delirio di onnipotenza dell’uomo contemporraneo che attraversa tecnologie dove sembra di dominare tutto senza limiti, questo gesto del Papa evidenzia invece che l’uomo è sempre una creatura con dei limiti, questo lo sottolinea con forza”. - Un messaggio per la gente comune? “Di non disorientarsi, di non sentirsi defraudati di qualcosa, di non pensare che l’unica cosa ferma che rimaneva era l’istituzione della Chiesa come baluardo di sicurezza e invece ora cambia …in realtà non è cambiato…è una scelta storica ma possibile, cioè non è che la Chiesa adesso con questo gesto del Papa, il Papa ha fatto una cosa che prima era vietata fare e adesso lui si è permesso di farla, no, era e rimane una possibilità. Dunque la Chiesa non è mutata, non è cambiata, la sua credibilità e la sua autorevolezza rimane tale e quale ed è casomai soltanto indebbolita, non dal fattore umano creaturale, ma dal fattore umano colpevole, cioè là dove la Chiesa eventualmente, come il Papa accennava, dà una controtestimonianza di uomini, dividendoci tra noi, non amandoci, non amando il mondo, non aderendo con radicalità al Vangelo…Cioè le uniche cose che possono indebbolire l’autorevolezza della Chiesa sono la minore fedeltà a Cristo e alla Parola del suo Vangelo e non gesti come questi che invece sono gesti in piena fedeltà al Signore. Quindi vorrei da questo punto di vista rassicurare il popolo e i credenti soprattutto e anche i non credenti, che da questo punto di vista non è cambiato assolutamente niente. Tutto rimane esattamente come prima, stabile come prima, con una situazione nuova per noi che da secoli non si verificava, ma sostanzialmente è una situazione invariata”. Letizia Franzone


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Cultura

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24 febbraio 2013

BIOECONOMIA Un salto culturale per non considerare la persona come “fattore di produzione”

Con l’etica nel motore “Non tutti i modelli di economia di mercato sono amici della persona umana”, dice l’economista Stefano Zamagni che da tempo sta conducendo una battaglia sempre meno solitaria contro una visione delle cose che ha progressivamente relegato la persona quasi in secondo piano rispetto all’Economia. Usiamo la maiuscola perché le “regole di buon funzionamento della casa” sono diventate sempre più norme etiche, di un’etica che privilegia il profitto a scapito dell’uomo. E allora ben venga quel passaggio che il card. Bagnasco ha dedicato alla cosiddetta bioeconomia nella sua recente prolusione, insomma a un’economia che metta l’etica della vita nuovamente in primo piano. Non solo a parole, ma con fatti che intacchino quell’individualismo su cui poggia l’attuale modello oramai imperante in ogni dove. Abbiamo tutti accettato (perfino i comunisti cinesi) le regole del libero mercato, le migliori per coniugare sviluppo economico con progresso sociale. Ma certe

declinazioni del libero mercato sembrano tendere al profitto quale unico obiettivo; privilegiare il denaro che frutta denaro, a qualsiasi costo. E così non va bene, ce ne stiamo accorgendo sempre più chiaramente in questi anni di crisi globalizzata. Non va bene considerare la persona umana semplicemente come un fattore di produzione, un costo da comprimere o tagliare a servizio del raggiungimento di un profitto; non va bene disinteressarsi degli effetti che la corsa all’arricchimento ha sulle persone, addirittura su interi popoli; non va bene dimenticare i valori della solidarietà, della tutela dei più deboli. Non va bene dimenticare le potenzialità che le politiche economiche hanno (si pensi al fisco) sulla famiglia, ad esempio. O sulla natalità. Non va bene perché ne avvertiamo sulla pelle, giorno dopo giorno, le conseguenze negative. E se non vanno bene tutte queste cose, allora vediamo in positivo su cosa

puntare la nostra attenzione e i nostri sforzi. Perché le alternative ci sono. C’è un modo di stare nel libero mercato che guarda anzitutto alla persona più che al profitto, senza dimenticarsi dello stesso: si guardi alle cooperative e al loro modo di lavorare. Sono state le uniche realtà a non licenziare, anzi ad accrescere un po’ l’occupazione in questi ultimi anni, sacrificando magari l’utile aziendale; non delocalizzano all’estero, non sfruttano le persone che vivono in un altro Paese appunto per guadagnare di più; non impoveriscono così il territorio che le ha fatte crescere. C’è una fetta di mondo finanziario (si pensi alle banche di credito cooperativo) che hanno scelto di lavorare fianco a fianco dei clienti, più che ad inventare fanta-finanza per far esplodere gli utili. Magari guadagnando poco, ma senza avere problemi con il Codice civile, o penale. Ma in generale in tutte le aziende si deve prestare attenzione non solo al salario dato al lavoratore, e al profitto dell’imprenditore. Ci sono modalità di lavoro che valorizzano la persona umana, altre che la snaturano, la deresponsabilizzano, la alienano; ci sono comportamenti che rispettano, anzi promuovono il vivere sociale; che tutelano le esigenze familiari, le

prospettive di vita. Esempi? Infiniti. Dalle modalità in cui si svolgono i cicli produttivi (si pensi per esempio agli orari), ai rapporti con la proprietà fino al coinvolgimento dei lavoratori nella gestione dell’azienda; dalla creazione di strutture interne o di servizi che vengano incontro alle persone (asili nido, aiuti alle mamme, welfare aziendale), alla flessibilità che fa conciliare esigenze differenti, fino alla lotta a una precarizzazione che è solo sfruttamento indiscriminato. E non vogliamo dimenticarci di una fetta di economia tanto negletta dagli aedi del Pil, quanto fondamentale per il vivere umano: quel Terzo settore che già qualificarlo come terzo (dopo i privati e lo Stato) fa capire l’ordine d’importanza che gli si dà. Non genera (grandi) profitti sul capitale monetario investito, ma enormi profitti sul “capitale umano” di cui si occupa: istruzione, formazione, sanità, cura degli anziani, dei disabili, di chi è in condizioni di disagio. Non è un tappabuchi – anche se troppo spesso in Italia viene così delimitato – ma il cemento di una società che potrà competere sul Pil solo se ha tutti i mattoni messi nel modo giusto. Una società di persone, non di consumatori o di “fattori di produzione”. Nicola Salvagnin

LIBRI Lorenzo Marotta presenta la sua opera prima, che sa di autobiografia, tra la Sicilia e il Veneto

“Le ali del vento” in giro per l’Italia Proseguono il successo ed il gradimento di pubblico del libro “Le ali del vento”, opera “prima” di Lorenzo Marotta, docente di filosofia e poi preside in vari istituti superiori del Veneto e della Sicilia, tra cui il liceo scientifico “Archimede” di Acireale. Il volume (pubblicato nella primavera del 2012 per le edizioni Vertigo di Roma) è stato già presentato in diverse occasioni nelle due regioni, Sicilia e Veneto, “toccate” dall’autore. Regioni che sono legate infatti alla vita del Nostro, la prima come regione d’origine (Marotta è nato ad Aidone, in provincia di Enna, e risiede ormai da diversi anni ad Acireale), la seconda perché vi ha trascorso buona parte della sua vita. Ma sono anche le due regioni tra le quali si svolge la storia del libro, che racconta le vicende di due giovani, Antonio e Laura – lui docente di filosofia e lei traduttrice ed interprete – i quali si incontrano una prima volta in America, ad Harvard, e si ritrovano poi a Venezia, dove lei vive e lavora e dove lui viene chiamato come docente presso la locale Università. Nella città lagunare nasce tra i due una appassionata relazione, ricca sul piano

sentimentale ma anche sul piano del confronto culturale e umano. Anche Antonio è siciliano, originario di Aidone (proprio come l’autore) ed i riferimenti alla Sicilia vogliono essere per l’Autore un’occasione per far conoscere meglio la nostra isola: “Un omaggio – come ci dice egli stesso – alla nostra terra ed un contributo per il suo rilancio”, per “sfatare il mito della irredimibilità e del fatalismo della Sicilia, quale troviamo in Verga e in Tommasi di Lampedusa”. Anche nelle presentazioni del libro Marotta ha ripercorso le stesse tappe della sua vita e della sua attività professionale: la prima presentazione (doverosa) ad Aidone, poi ad Acireale (presso il liceo scientifico “Archimede”, sua ultima sede di servizio); e poi in Veneto, a San Donà di Piave presso il liceo

classico “Eugenio Montale” (la sua prima presidenza, nel 1976/77), e quindi a Portogruaro, dove egli è vissuto ed ha insegnato per alcuni anni, e dove ha rivisto i “vecchi” amici presso l’Università popolare della terza età. È quindi tornato in Sicilia: nel Municipio di Santa Venerina, a Viagrande e a Catania, presso la libreria Cavallotto, con la partecipazione dell’attore Gilberto Idonea. Dovunque il gradimento del pubblico è stato unanime, perché “Le ali del vento” è un romanzo che piace sia ai giovani che ai “vecchi”. E in primavera Marotta tornerà nuovamente in Veneto, per un’altra presentazione al liceo scientifico “Benedetti” di Venezia (altra scuola nella quale è stato preside). Nino De Maria

ACIREALE Scuole e studenti si sono incontrati quest’anno alla Media “Paolo Vasta”

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Interventi

Globalizzazione ed esodati La propensione alla globalizzazione rievoca epoche assai lontane, la storia è una fiumana di tali tracce. La si può considerare una internazionalizzazione del sistema economico e finanziario. Per afferrare esaurientemente il processo di globalizzazione, necessita sviscerare le multiformi facciate: commercio, lavoro, agricoltura, industria, servizi, imprese e occupazioni. L’economia si spiritualizza, la collisione ambientale conduce a una ripartizione delle mansioni, che compromette sempre più tutto il creato. La globalizzazione consente profitto e ad un tempo, aspetti sfavorevoli. Essa è una babele, pungola l’organismo politico e della società, proponendo una nuova oasi: l’individualismo, che ha spesso, quale protagonista la sopraffazione. Quest’ultima, particolarmente realizzata dal governo, che sottrae la difesa sociale, disponendo così il cittadino dinnanzi ad una barriera, denudandolo dei diritti guadagnati ed ereditati nel tempo; si taglia e quando va bene chinano le retribuzioni, fanno lievitare i disoccupati, magari sostituendone la nomea all’anagrafe, appioppando il termine “esodati” arrangiando il lavoro alla globalizzazione e non all’inverso. Non deve meravigliare, pertanto, la proiezione dell’individuare nel corpo e risolversi in esso, l’arma terminale per poter, forse, approdare ad un porto naturale, costituzionale: la comunicazione. Servirsi del fisico come cartellone su cui fissare i propri pensieri. La coercizione taciuta, rivelata su di sé, che partorisce una eco esterna, insonorizzata, perché più comodo diffondere nell’immaginario collettivo l’illazione che sa solo di disagio individuale. La percentuale di autolesionismo, oggi, ritrae un quadretto inquietante, frutto del disatteso e propagante dovere da parte istituzionale di sviluppare gli universi contrattuali per generare nei cittadini una visibilità interna. Saggio, a tal punto, riflettere sull’idea che, laddove si rinvigorisce il senso di speranza ne scaturisca immancabilmente fortificato anche il suo contro altare. Quando si avverte la costrizione dalla struttura a sollevare dall’incarico, liquefare aziende, ciò rimanda ad un’unica esigenza, ovverosia, un ulteriore introito. Il sistema produttivo non si basa più su la distribuzione del lavoro, fondata sulla prosperità della collettività, ma nell’insabbiare il popolo per eccellere nelle rendite in rapporto al calderone dei movimenti oscillatori finanziari. Maria Pia Risa

KIWANIS ACIREALE Serata particolare col prof. Vecchio

Il Salone che aiuta a scegliere gli studi Sul dialetto siciliano Si è svolto anche quest’anno ad Acireale il Salone dell’orientamento scolastico e professionale. La manifestazione, giunta alla 10^ edizione, ha trovato quest’anno collocazione in un luogo più consono all’argomento di cui si occupa: una scuola, e per l’esattezza l’Istituto comprensivo “Paolo Vasta” di Acireale, al posto dei locali di vari alberghi cittadini in cui era stato allestito negli anni precedenti, o del Palavolcan dove era inizialmente previsto. Alle 10 in punto di lunedì 4 febbraio il sindaco Nino Garozzo ha tagliato il nastro inaugurale, alla presenza dell’assessore alla Pubblica istruzione Nives Leonardi, di vari capi d’istituto e dei primi visitatori, che già numerosi attendevano di scoprire le possibilità offerte dagli istituti di istruzione superiore del territorio. Il Salone dell’orientamento, nato – come sottolinea il sindaco Garozzo – in via sperimentale 10 anni fa, è diventato adesso una consuetudine che offre annualmente un servizio agli alunni ed ai genitori delle scuole medie non solo di Acireale, ma anche dei comuni vicini (con la cui collaborazione esso viene organizzato), in vista della scelta della scuola da intraprendere nella prosecuzione degli studi. Erano infatti presenti,

all’interno del Salone, i rappresentanti di tutti gli istituti di istruzione superiore di Acireale con i vari indirizzi di studio ivi presenti, ma anche gli istituti, statali e non, di tutta la zona. Ma non c’era solo questo, perché erano presenti pure tutti i centri e gli enti di formazione professionale del territorio acese, a disposizione di quanti vogliono proseguire il loro percorso formativo in ambito professionalizzante. A disposizione dei visitatori, che erano, come dicevamo, gli alunni delle classi terminali delle scuole medie della zona, c’era pure un interessante servizio di orientamento, fornito in particolare dal Servizio di psicologia scolastica dell’assessorato alla pubblica istruzione della città di Acireale e dall’ente “Il Quadrivio”, presso il cui stand era possibile effettuare dei test da cui desumere le proprie potenzialità e inclinazioni e ricevere degli adeguati consigli su come affrontare il proprio percorso formativo. Il Salone è rimasto aperto, mattina e pomeriggio, fino al 6 febbraio. Le iscrizioni ai vari ordini di scuola potranno essere invece effettuate (anche on line) fino al 28 febbraio. N. D. M.

La serata del 16 febbraio all’Hotel Orizzonte, a cura del Kiwanis Club di Acireale, presidente la dott.Mariella Finocchiaro, è stata molto singolare per la varietà di motivi riguardanti la Sicilia; una serata particolare che non si dimenticherà più per la sua intrinseca piacevolezza, l’essenziale semplicità, la gradita opportunità d’incontrarsi con persone impegnate nella difesa dei valori fondamentali della vita. Serata incentrata sulla dotta e appassionata conversazione del prof. Nello Vecchio, Ordinario di Filosofia del linguaggio all’Università di Catania, sull’interessante tema del dialetto siciliano, attraverso un iter secolare, che da Dante Alighieri, il primo poeta a darne un giudizio positivo, conduce ai

nostri giorni; viene associata ad un intermittente recital di poesie siciliane d’insigni autori, - quali Meli, Guglielmino, Platania, Martoglio e così via - su recitazione di qualificati attori, Orazio Finocchiaro, Cettina Ardita, Maria Grazia Ardita e Alfio Vecchio. Acclamata la partecipazione del gruppo musicale, “I beddi”, in attività dal 2008, composto da intraprendenti giovani acesi - Davide Urso, ovvero “Il tamburo di Aci”, Giampaolo Nunzio, Mimì Sferrantino, Pier Paolo Alberghini, contrabbasso -; alla ribalta, tipici strumenti siciliani, -il marranzano, il mandolino, il tamburello,- ed altri, l’organetto, la zampogna, il friscaletto, la chitarra; tutti si esibiscono in canti di Sicilia. Anna Bella


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Chiesa e Società

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Jonio

DIOCESI Il Segretario generale del Governatorato Vaticano prende possesso della sede titolare

Mons. Sciacca Vescovo di Fondi Domenica 27 gennaio mons. Giuseppe Sciacca ha preso possesso della sua sede vescovile di titolarità, Fondi, in provincia di Latina, a circa 140 chilometri da Roma, festosamente accolto dal sindaco, dall’arcivescovo di Gaeta mons. Fabio D’Onorio e dalla popolazione. La cerimonia si è svolta in quella che era l’antica Cattedrale di Fondi, la Chiesa di San Pietro. Mons. Sciacca, attuale segretario generale del Governatorato della Città del Vaticano e qualche giorno e qualche giorno fa nominato dal Papa Uditore Generale della Camera Apostolica, è originario di Acicatena, ma è praticamente naturalizzato acese, dal momento che nella città di Acireale è stato per numerosi anni rettore della basilica di San Sebastiano e docente di filosofia presso vari istituti scolastici, oltre ad essere stato pure docente di diritto canonico presso l’Istituto Teologico diocesano. Il 25 marzo 1999 compie il grande balzo verso il Vaticano, con la nomina a prelato uditore del Tribunale della Sacra Romana Rota, cioè giudice del massimo tribunale ecclesiastico della Chiesa cattolica. Il 3 settembre 2011 arriva per lui, da

parte di Sua Santità Benedetto XVI, la nomina a segretario generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, con contestuale elevazione alla dignità vescovile. La sua prima titolarità è Vittoriana, un’antica e storica diocesi dell’Africa Settentrionale. Ma quando nello scorso mese di ottobre 2012 si rende vacante la sede titolare di Fondi, a seguito della nomina a vescovo residenziale di La Spezia di mons. Luigi Ernesto Palletti, è lo stesso mons. Sciacca a chiedere al Santo Padre di affidare a lui la titolarità di tale antica sede vescovile. Egli si sente infatti legato a tale sede – come lui stesso sottolinea nel corso dell’omelia durante la cerimonia di insediamento – per vari motivi, tra cui l’amicizia con l’arcivescovo di Gaeta (nel cui territorio diocesano rientra oggi Fondi), la vicinanza con la città di Roma e, soprattutto, il fatto che Fondi sia la patria (e l’ultimo albergo per le sue spoglie mortali) di mons. Innocenzo Parisella, insigne prelato uditore della Romana Rota e apprezzato latinista, al quale mons. Sciacca si sente legato affettivamente e per la sua formazione giuridica. Durante l’omelia mons. Sciacca, prendendo

spunto dalla lettura evangelica del giorno – il prologo del vangelo di Luca che riguarda l’inizio della vita pubblica di Gesù – ribadisce l’importanza della testimonianza della fede, e si paragona idealmente, come novello Pastore, alla figura di Gesù che inizia il suo ministero, sottolineando tuttavia che la sua funzione di vescovo titolare è puramente spirituale e produce solo legami di tipo affettivo. Nel suo indirizzo di saluto, l’arcivescovo di Gaeta mons. Fabio D’Onorio ha simpaticamente definito mons. Sciacca, in quanto segretario del Governatorato della Città del Vaticano, come il “vicerè” del Vaticano (di cui il Papa è il Re). Anche il sindaco dott. Salvatore De Meo si è detto onorato della nomina a vescovo titolare di Fondi di un alto prelato vaticano, il che unisce maggiormente la comunità di Fondi con la Santa Sede e la Chiesa cattolica. Ci giunge inoltre notizia che, a seguito delle dimissioni di Benedetto XVI ed alla imminente preparazione del Conclave per l’elezione del nuovo Papa, mons. Giuseppe Sciacca è stato nominato dal Santo Padre “Uditore Generale della Camera Apostolica”, in pratica il consulente giuridico del Camerlengo (che è il card. Tarcisio Bertone), in ordine alla gestione del periodo di Sede vacante e alla organizzazione del Conclave. Nino De Maria

DIOCESI Giornata di festa per la Congregazione dell’Oratorio (Padri Filippini) che accoglie due giovani acesi

Camillo fratello laico e Mauro novizio Camillo Mauro, originario della comunità parrocchiale ‘San Michele Arcangelo’ di Acireale e Riccardo Leonardi, della comunità ‘San Luigi’ di Catania sono entrati ufficialmente a far parte della Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri di Acireale, la comunità fondata nel 1756 dal Servo di Dio P. Mariano Patanè e poi ricostituita dal ‘secondo fondatore’, il Venerabile mons. Giovan Battista Arista (in seguito secondo vescovo della Diocesi di Acireale), dopo che le leggi promulgate nel 1866 ne avevano decretato la soppressione, con il passaggio dei beni ecclesiastici allo Stato. I due giovani, presentati al Preposito dal maestro dei Novizi, sac. Salvatore Alberti, hanno condiviso

la propria gioia con le rispettive famiglie e con un nutrito gruppo di fedeli rappresentanti delle parrocchie di origine: Camillo, a conclusione del periodo di noviziato, ha ricevuto la vestizione dell’abito talare, quale fratello laico, simboleggiando la rinuncia alle distrazioni del mondo, con la pronuncia della piena adesione alla Chiesa di Dio. Riccardo, invece, è stato ammesso alla ‘probazione’ (detta anche ‘noviziato’), periodo che si svilupperà in due fasi, la prima della durata di un anno, la seconda di due; detto periodo costituirà per il giovane aspirante un momento di discernimento, per verificare se in lui il germe della vocazione possa trovare effettivamente terreno fertile. Non è stata casuale neppure la

scelta della data della cerimonia; la Chiesa, infatti, celebrava quel giorno la memoria liturgica di San Francesco di Sales, sacerdote oratoriano. La solenne cerimonia è stata presieduta dal Preposito della Congregazione acese, sac. Alfio Cantarella, alla presenza di tutti i membri della stessa comunità. I due giovani, che pronunciavano il proprio ‘si’ senza riserve alla chiamata del Signore, sono stati affidati con la preghiera all’intercessione del fondatore dell’oratorio San

Filippo Neri, della Vergine Maria, protettrice dell’Oratorio acese sotto il titolo di ‘Madonna della Purità’, nonché dei due ‘cofondatori’ dell’Oratorio, le cui spoglie riposano ai lati dell’altare maggiore. Camillo e Riccardo, infatti, hanno pronunziato la preghiera con cui affidavano il proprio itinerario spirituale alla intercessione di colei che, per volontà del Padre fondatore San Filippo Neri, è la Regina dell’Oratorio. Nando Costarelli

L’OMELIA “Il Signore ci chiama all’evangelizzazione” Alla presenza del zelante Pastore dell’Archidiocesi di Gaeta, mons. Fabio D’Onorio, mons. Sciacca, nell’omelìa alla pericope evangelica del giorno, rivolgendo il proprio saluto ai presenti, radunati presso la Cattedrale ‘Ianua Coeli’ di Fondi, collocava il proprio episcopato nel solco della plurisecolare ‘tradizione della Chiesa’, così come coloro che l’hanno in prima persona vissuta ce l’hanno tramandata nel tempo, divenendo testimoni ed annunciatori diretti del Verbo divino Creatore e Salvatore, ciascuno di costoro secondo doni e carismi diversi dei quali il Padre Celeste li ha dotati. La pericope evangelica di quella domenica, la terza del Tempo Ordinario, presentava Gesù all’inizio della propria vita pubblica di fronte ai suoi concittadini di Nazareth, da costoro non riconosciuto come il Figlio di Dio. Proprio come Gesù, il novello Pastore si presentava ai suoi fedeli, ponendo tutto se stesso a piena disposizione dell’annuncio del Verbo divino. Dalla pericope evangelica, così come dall’annuncio dei Pastori chiamati a pascere il Gregge del Signore, traspaiono, infatti, chiaramente i lineamenti storici del volto di Gesù Cristo, Figlio Unigenito del Padre. Destinatario del lieto annuncio di salvezza è per l’evangelista Luca l’illustre Teòfilo, ‘vir egregius’, ogni uomo, cioè, amato da Dio ed, allo stesso tempo, innamorato di Dio. Il discepolo, cioè ama per ricambiare l’amore del Signore Dio. Luca, cioè, si rivolge a colui che vuol maturare nella fede nella consapevolezza della propria responsabilità di credente nei confronti del mondo e della storia. Il Signore, dunque, chiama tutti gli uomini, in primis coloro che (i vescovi) sono chiamati ad essere sagge guide del suo gregge, ad essere evangelizzatori, lasciandosi prima evangelizzare dalla sua Parola; con quella sua libertà che gli deriva dall’essere una cosa sola con il Padre, Egli ci chiama, cioè ad essere pienamente partecipi della sua missione. N. C.

Acireale capoluogo siciliano del Masci Disponibili all’azione vivificatrice dello Spirito per la riunione del Consiglio regionale DIOCESI Ina Siviglia al convegno su “Sposi e presbiteri corresponsabili nel trasmettere la fede

Proseguendo nella riflessione sulla corresponsabilità di presbiteri e sposi iniziata in occasione del Convegno estivo, svoltosi nel corso di un anno di particolare intensità spirituale e formativa, l’Ufficio Catechistico Diocesano ha proposto un’ulteriore occasione di approfondimento, per camminare insieme verso una maggiore consapevolezza della presenza della coppia di sposi cristiani nell’ambito della pastorale parrocchiale, nell’intento di confermare la responsabilità per una evangelizzazione che renda maggiormente visibile la presenza delle coppie di sposi cristiani nella famiglia, nella professione e nella vita pubblica. L’occasione di un approfondimento sul tema ha ispi-

rato un Ritiro Spirituale, domenica 17 febbraio presso i locali della parrocchia ‘S. Margherita v. e m.’ di Pozzillo, sul tema: “Sposi e Presbiteri: Corresponsabiltà nella trasmissione della Fede”. Una relazione, curata dalla dott.ssa Ina Siviglia (nella foto), Teologa e Docente presso la Facoltà Teologica di Sicilia ‘San Giovanni Evangelista’ di Palermo, prendeva lo spunto dalla profonda crisi di valori che attanaglia la Chiesa dei nostri giorni. Non tutti i sacerdoti sono realmente disponibili a progettare una seria pastorale insieme ai laici e ad offrire una testimonianza di piena disponibilità al servizio, di apertura, cosicchè tutti possano ‘accedere’ alla porta della fede. Il vero ostacolo non è, tuttavia, l’ateismo, bensì l’indifferentismo. Presbiteri e laici devono, dunque, rendersi reciprocamente disponibili all’azione vivificatrice e trasformatrice dello Spirito Santo, in uno scambio di doni per l’edificazione della Chiesa. I presbiteri devono, quindi, riconoscere e promuovere la dignità dei laici. L’Amore sponsale tra i coniugi deve essere lo specchio dell’Amore sponsale tra Cristo e la Chiesa, Famiglia dei Figli di Dio. Anche la corporeità ha un suo ruolo specifico nell’Amore sponsale tra i coniugi. Il rapporto coniugale raffigura il legame tra Cristo e la Sua Chiesa. La ‘Traditio Fidei’ tra presbiteri e coppie di coniugi esige la corresponsabilità tra costoro nella dinamica dell’annuncio evangelico, tenendo debitamente in considerazione le capacita di comunicazione, di ascolto e di confronto (o ‘verifica’). L’obiettivo si consegue attraverso una pastorale integrata, con la partecipazione tra tutte le realtà ecclesiali, ma anche, per esempio, tra la parrocchia ed altre realtà ad essa esterne. N. C.

“Nella regione Sicilia è costituito un Segretariato regionale (oggi Consiglio regionale, ndr.), composto dal Segretario regionale, dal vice Segretario regionale, dai Magister delle Comunità o loro delegati, dall’Assistente Ecclesiastico regionale (AER), dal Contabile regionale, dai Coordinatori di zona, dai responsabili regionali delle Pattuglie nazionali e dagli Incaricati regionali, nonché dagli eventuali Consiglieri nazionali eletti”. Questo il regolamento del Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani (Masci) della Sicilia. Per unanime decisione il Consiglio regionale si riunisce in maniera itinerante in modo da coinvolgere pienamente le varie comunità anche quelle che per motivi logistici non potrebbero raggiungere la sede delle riunioni per effetto delle grandi distanze esistenti fra una località e l’altra specie per la scarsa ed inefficiente esistenza di mezzi pubblici nella nostra Sicilia. Giorno 17 Febbraio è toccato ad Acireale ospitare le altre Comunità. Erano quasi tutte presenti, comprese quelle del trapanese i cui componenti si sono sorbiti due giorni fuori casa. Ma ne è valsa la pena. Gli argomenti all’ordine del giorno interessavano tutti, e tutti hanno dato il loro contributo di idee ed esperienze. Mentre i componenti del Consiglio tenevano la loro assise gli accompagnatori (in genere le mogli o i mariti dei magister) sono stati portati in visita alla città per poter conoscere il luogo che li ospitava (questo uno dei motivi dell’essere itineranti), le sue

bellezze, il suo barocco e le altre peculiarità cittadine. Cicerone dell’occasione Saro Bella componente della Comunità di Acireale. A mezzogiorno tutti (erano oltre 150, oltre a tanti giovani scout dell’AGESCI acese) hanno avuto la possibilità di partecipare alla Celebrazione Eucaristica officiata dal Vicario generale, Mons Guglielmo Giombanco, che nell’omelia ha commentato i brani delle letture soffermandosi anche su ciò che è e su ciò che rappresenta lo scautismo nell’ambito della formazione dei giovani, prima, e degli adulti, dopo. La cordialità e la fratellanza esistente nell’ambito scautistico è emersa prepotentemente (come sempre) nel momento della convivialità; tutti facevano a gara per offrire agli altri qualcosa del proprio: la classica e spontanea “agape fraterna”. Questo bisogno di dare agli altri del proprio è una peculiarità, magari non esclusiva, degli scout. Lo scautismo ci ha insegnato a “servire” e quale miglior servizio può esserci oltre a quello del dare di noi e del nostro? Una leggera pioggerellina ha guastato il finale; tuttavia nell’ampio cortile del Collegio S. Benedetto che ci ospitava è stato possibile fare il classico cerchio di chiusura per salutarci con un arrivederci al prossimo incontro in altri lidi. Un saluto particolare è stato rivolto alla Comunità di Acireale che, sotto la guida della magister Rosanna Scuto, aveva ospitato i partecipanti Pippo Sorrentino


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Speciale Chiesa

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MONS. VIGO “Avrei preferito vivere l’annuncio della rinuncia nel silenzio e nella preghiera”

Notizia sconvolgente dettata dall’amore Il Papa si dimette. Avrei preferito vivere questa notizia nel silenzio e nella preghiera. La decisione ha scosso il cuore e la mente di tutti. Solo il silenzio e lo sguardo fiducioso al Signore, possono dare le risposte migliori ai tanti interrogativi che hanno invaso la mente e il cuore di tutti. Ho appresa la notizia con una telefonata, mentre ero in macchina. Chi la comunicava era sconvolta, come tanti altri che in questi giorni hanno sentito il bisogno di confrontare le loro emozioni e i loro sentimenti. Mi sono ricordato che ho appreso la notizia dell’attentato alle “Torri Gemelle”, anche mentre ero in macchina: era l’11 settembre; ieri, l’11 febbraio. Una somiglianza per gli effetti mondiali del fenomeno e dell’incidenza d’interesse. Due realtà, però, totalmente diverse, anche ugualmente apprese col senso di stordimento e di disorientamento: la Don Marco Catalano

“Segno di grande umiltà intelligenza e lungimiranza” “Appena appresa la notizia della scelta del Papa di porre termine al suo ministero petrino, dopo l’iniziale incredulità e disorientamento, ho pensato subito a quanto dichiarato dal Pontefice in occasione del suo libro intervista di qualche anno fa ed in me si è fatta strada la convinzione che la scelta di Benedetto XVI sia per tutta la chiesa segno di grande umiltà, intelligenza e lungimiranza”. don Marco Catalano, direttore dell’ufficio comunicazioni sociali

Giovedì 28 Messe di ringraziamento Giovedì 28 febbraio alle 18,30, in concomitanza con la fine del ministero petrino del Santo Padre, in tutte le chiese madri dei 18 Comuni della diocesi avrà luogo la celebrazione eucaristica di ringraziamento per il servizio di pastore universale svolto da S. S. Benedetto XVI e di invocazione del dono dello Spirito per il Conclave che sarà celebrato. Anche la nostra Chiesa di Acireale – si legge nella nota emessa dall’Ufficio comunicazioni sociali della Diocesi-, in comunione con la Chiesa universale,senteilbisognodielevare lapreghieradiringraziamentoaDio per quanto il Papa Bendetto XVI ha testimoniato con la sua opera di guida e di maestro. Ed allo stesso tempo, così come suggerito dallo stesso Pontefice, la preghiera dei fedeli non può non proiettarsi sul futuro nuovo successore di Pietro, affinché sia sostenuto dalla Grazia dello Spirito Santo.

prima, infatti, veniva dall’odio e dalla vendetta; la seconda, è stata dettata dall’amore e dall’interesse per il bene della Chiesa e per la vita spirituale dei popoli. Tutti e due hanno una portata storica sorprendente: il primo evento, ha generato e genera morte: si è parlato dell’inizio della terza guerra mondiale!; il secondo, chiede maturità di fede, presa di coscienza della responsabilità di ciascuno nell’essere “membro del Corpo di Cristo” che è la Chiesa, impegno a vivere e costruire, con umiltà e sincerità, la comunione, rispetto alle sorprese e alle scelte della libertà umana, docilità nella sequela per le vie che lo Spirito apre nel cammino ecclesiale, con la guida di un nuovo Papa. Chi sa cosa sia passato nel cuore e nella mente del Pontefice; e quanto travaglio abbia dovuto affrontare nella solitudine, prima di giungere alla decisione di ritirarsi dalla missione che Gesù ha affidato a Pietro e ai suoi successori per guidare e reggere la Chiesa! Del Papa Benedetto XVI ho sempre ammirato la serenità d’animo e la forza della fede di fronte ai gravi problemi che hanno segnato la vita del mondo e della Chiesa in questi anni. Ho sempre ammirato il suo amore intenso e familiare con Cristo Gesù, da non dimenticare mai di parlarci “della gioia e dell’entusiasmo” nel conoscere Cristo Signore. Con l’Anno della Fede, infatti, ha voluto richiamare a tutti l’esigenza di nutrire la fede con la dimensione familiare e intima con Dio.

MEIC La presidente diocesana Marinella V. Sciuto

Oranti e riconoscenti

La notizia della scelta di papa Benedetto XVI di lasciare il ministero petrino, seppur fatta intravedere dallo stesso pontefice in qualche occasione, ha di fatto colto tutto il mondo di sorpresa. Il Meic, dal suo sito nazionale , si è espresso con una nota in cui dichiara «la propria riconoscenza per come Egli ha servito la Chiesa di Cristo» e al contempo «si unisce in una concorde, filiale, affettuosa preghiera per la Sua persona». E’ ancora vivido il ricordo dell’ultima udienza papale in Sala Nervi, il 19 maggio scorso, in occasione della ricorrenza degli 80 anni del Movimento. In quella occasione il Santo Padre si era così rivolto ai delegati provenienti da tutta Italia : “Il Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale, alla luce della sua storia, è chiamato ad un rinnovato servizio nel mondo della cultura, segnato da sfide urgenti e complesse, per la diffusione dell’umanesimo cristiano: ragione e fede sono alleate nel cammino verso la Verità”. Anche da queste parole, rapide e incisive, si avverte chiaramente che il tema della ricerca della verità alla luce della fede è stato centrale nella riflessione e nell’azione di questo papa che, già da cardinale, aveva scelto come motto episcopale: cooperatore veritatis. La libera obbedienza alla Verità lo ha spinto alla decisione estrema di lasciare il pontificato, “ ben consapevole della gravità di questo atto” dichiarando la sua “incapacità ad amministrare bene il ministero” , ingravescente aetate, precisan-

do subito dopo, “ nel mondo di oggi”. Sono parole che potrebbero anche far pensare, come qualche commentatore ha fatto, a una « grande occasione di ripensamento per il governo della Chiesa». Quali che siano gli sviluppi futuri, è certo che il gesto inedito ma ponderato compiuto da papa Benedetto, proprio per la straordinaria umiltà che esso testimonia, indichi alla Chiesa una strada nuova da seguire, fatta di discernimento spirituale, di ritorno alla Scrittura, di un rinnovato incontro con Gesù Cristo. Significativo il richiamo che lo stesso Benedetto XVI ha fatto, il 14 febbraio scorso davanti al clero romano, al recupero del “vero concilio” quello spirituale da distinguere nettamente da quello virtuale, dei media, che ha finito in questi ultimi decenni per prevalere. Si tratta forse di una nuovo, ultimo, appello che il Papa lancia alla Sua amata Chiesa proprio nel momento del suo congedo dalla scena pubblica. Un invito per tutti i cristiani, specie per coloro che sono chiamati ad operare una vera sintesi tra fede e cultura nella società di oggi sempre più bisognosa di un annuncio di autentica speranza. Marinella V. Sciuto presidente Meic di Acireale

È pervenuto alla decisione “di rinunziare al ministero di vescovo di Roma, Successore di San Pietro”, come lui stesso attesta nella Declaratio, “dopo aver ripetutamente esaminato la sua coscienza davanti a Dio” e dopo avere constatato con certezza che le sue forze e l’età avanzata, non gli permettevano di “esercitare in modo adeguato il ministero petrino”. La sensibilità e la sincerità della sua coscienza, la sua umiltà e il suo coraggio ad affrontare con serenità le difficoltà, gli hanno suggerito questo “grave atto” di rinuncia. A noi resta il dovere di pregare molto per lui. Tutto quello che si dice oggi per ricordare il bene che ha profuso nella Chiesa in questi anni, per noi è doveroso e sincero; per lui potrà essere ulteriore ferita che acuisce il dolore della prova e della sofferta decisione. Il Codice di Diritto canonico, redatto con l’esperienza maturata della vita dell’uomo e della Chiesa, ipotizza la possibilità della rinunzia del Sommo Pontefice al suo mandato. Benedetto XVI si è sentito di fare, per coscienza e lealtà, questa scelta. Penso che la migliore testimonianza di affetto e di fedeltà alla sua missione di Pontefice che ora lascia il ministero petrino affidatogli, sia oggi, oltre alla preghiera intensa per lui e per la Chiesa, quella di vivere intensamente quanto ci ha insegnato, con il suo esempio e con il suo insegnamento limpido e sicuro. + Pio Vittorio Vigo

AZIONE CATTOLICA Il presidente diocesano Ninni Salerno

Un gesto che richiama il Concilio La notizia è risuonata nel cuore e nella mente di tutti, sorprendendoci, cogliendo la portata storica per il cammino della Chiesa, sapendo che la decisione di Papa Benedetto è

sorta dal suo profondo amore e dalla sua fedeltà a Dio e alla Chiesa. Si possono fare tutte le dietrologie di sorta, perché sembra impossibile che qualcuno rinunci a una “poltrona” perché ritiene di non essere più adeguato a svolgere bene il proprio compito. Non per risparmiare se stesso, quanto per non far mancare nulla al popolo che gli è stato affidato. Perché i leader del mondo siamo abituati a vederli “mascherati” di false giovinezze e a sentirli sbrodolare menzogne, quando si tratta di riconoscere i propri limiti e la propria inadeguatezza. Io, sostanzialmente, penso alla fedeltà a Dio e alla Chiesa. Il suo gesto mi ha fatto ve-

nire subito in mente il messaggio essenziale del Concilio Vaticano II: «Chiesa come comunione», «Chiesa come popolo di Dio», «Chiesa come mistero». Un Concilio che lo stesso Benedetto XVI nel discorso alla Curia Romana del 2005, lo definiva come di una “ermeneutica della discontinuità e della rottura”, da un lato, e di una “ermeneutica della riforma”, dall’altro, smontando la “schematizzazione di un prima e un dopo Concilio”, esponendo invece “la tesi per cui con il Vaticano II non nasce una nuova figura di cattolicesimo ma piuttosto un rinnovamento”. Ma il Concilio ha sottolineato un altro aspetto ancor più fondamentale ed essenziale: il ricentramento della fede cristiana sul Dio Padre di Gesù, sulla sua Parola e sulla sua presenza nella storia vissuta dagli uomini. E cosa ha fatto il Papa: mi è sembrato che compisse l’atto più bello per un pastore che ha a cuore il bene delle pecore: cari fratelli, non ho più le gambe agili per stare dietro a tutti, la vista si fa opaca e non riesco a scorgere i pericoli a tempo debito, la stanchezza mi impedisce di rimanere a vegliare su di voi per tutta la notte; e allora vi affido al Pastore Buono, perché trovi uno più adeguato. Il Papa che a volte, anche a

me, è sembrato un po’ conservatore, ci ha stupiti tutti con un gesto profetico e rivoluzionario: ci ha ricordato che il mondo lo ha già salvato Gesù Cristo. Per cui non dobbiamo salvarlo noi, di nuovo. Che tutti siamo solo poveri operai nella vigna del Signore e non i padroni della Terra. Che non dobbiamo temere la debolezza e il limite, ma l’ostentazione e la superbia, piuttosto. Mi sembra che Papa Benedetto con il suo comportamento sia riuscito in pienezza a vivere lo spirito del Concilio, ma principalmente a darci una grandissima esperienza di fede. E’ chiaro che si aprono davanti a noi giorni intensi da vivere con prudenza e senza timore. Che in ciascuno di noi si ravvivi la grazia di credere e di porre nelle mani del Signore la vita della Chiesa, con la certezza di sapere che è Lui ieri oggi e sempre - che guida la barca di Pietro. Mi permetto, allora, di ricordare le stesse parole utilizzate da Papa Benedetto lunedì 11 febbraio: “Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice.” Ninni Salerno presidnte diocesano di Azione Cattolica

QUARESIMA Il Vescovo mons. Nino Raspanti invita a seguire le opere-segno iniziate con l’Avvento

La Caritas: “Aiutiamo chi è nel bisogno” Con la celebrazione dell`imposizione delle ceneri di Mercoledì 13 Febbraio inizia il tempo della Quaresima, tempo propizio per approfondire il senso ed il valore dell`essere cristiani. Un tempo che ci stimola a riscoprire la misericordia di Dio affinchè diventiamo, a nostra volta, più misericordiosi verso i fratelli. Non a caso la Chiesa, da sempre, propone per questo tempo di Grazia i consigli evangelici della preghiera, del digiuno e della carità verso i fratelli più bisognosi. Pertanto, il vescovo della diocesi chiede per la Quaresima di Carità 2013 che si proseguano le iniziative e le attività caritative relative all’opera-segno parrocchiale già avviate in occasione dell’Avvento-Natale 2012, in modo da dare alle Parrocchie la possibilità di proseguire, migliorare o portare a compimento quanto iniziato nel corso dell’Avvento. Ciò sostituirà la consueta raccolta di fondi diocesana (quella donata da ogni Parrocchia durante la celebrazione del Giovedì Santo in Cattedrale). Il tema proposto dalla Caritas diocesana per la Quaresima di Carità 2013 resta, quindi, lo stesso di quello dell’Avvento-Natale 2012: “con le mie opere ti mostrerò la mia fede” (Gc 2,18).

Il direttore della Caritas diocesana, dott. Giuseppe Gulisano, all’inizio della Quaresima, ha inviato alla Comunità diocesana la seguente lettera: “Carissimi, ogni anno, la Quaresima ci offre una provvidenziale occasione per approfondire il senso e il valore del nostro essere cristiani, e ci stimola a riscoprire la misericordia di Dio perché diventiamo, a nostra volta, più misericordiosi verso i fratelli. “Nel tempo quaresimale la Chiesa si preoccupa di proporre alcuni specifici impegni che accompagnino concretamente i fedeli in questo processo di rinnovamento interiore: essi sono la preghiera, il digiuno e la carità verso i fratelli più bisognosi. “In relazione a quest’ultimo impegno, per la Quaresima di Carità 2013, anziché la consueta raccolta fondi diocesana (quella donata da ogni Parrocchia durante la celebrazione del Giovedì Santo in Cattedrale), il nostro Vescovo chiede alle Parrocchie di proseguire le iniziative e le attività caritative relative all’opera-segno parroc-

chiale già avviate da ognuna in occasione dell’Avvento-Natale 2012. “Il tema proposto dalla Caritas diocesana per la Quaresima di Carità 2013 resta, quindi, lo stesso di quello dell’Avvento-Natale 2012 “con le mie opere ti mostrerò la mia fede” (Gc 2,18). Questo darà sicuramente alle Parrocchie la possibilità di proseguire, migliorare o portare a compimento quanto iniziato a realizzare l’Avvento scorso. “Il Vescovo mi ha incaricato di comunicarvi che, dopo la Pasqua entro il 15 Aprile 2013, ogni Parrocchia dovrà far pervenire a questa Caritas diocesana una lettera dove presenta in modo sintetico l’iniziativa/opera segno realizzata e i risultati ottenuti sia in Avvento che in Quaresima (esempi: 1. “Iniziativa raccolta generi alimentari: indicare i kg. di generi alimentari raccolti, il numero famiglie e persone aiutate, ecc.; 2. Iniziativa posto letto per persone senza dimora: indicare il numero di posti letto individuati e resi fruibili, dove si trovano, il numero di persone già accolte, ecc.). “Sarà compito della Caritas diocesana elaborare i dati pervenuti per presentarli al Vescovo. Questa Caritas diocesana è a completa disposizione delle Parrocchie per un eventuale accompagnamento nella verifica o nel potenziamento delle loro opere-segno. “Il Signore ci aiuti tutti ad una vera conversione”.


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Speciale Volontariato

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DIOCESI Sabato 23 al “Turi Ferro” (Istituto S. Luigi) convegno del volontariato “In dialogo con il Vescovo”

Un (corto) circuito di solidarietà I CLUB E LE ASSOCIAZIONI INVITATI Al convegno sono stati invitati i seguenti club e associazioni: gruppo comunale volontari Protezione civile, Fratres di Aci Bonaccorsi; Fraternita Misericordia, Fratres, “Amico mondo”, ANIME onlus, Sanitas assistance, Amas, AEOP, ass. Siculo-Romena onlus, Comunitaria TV, “La cernia”, Volontari ospedalieri italiani , Volontari Riviera Jonico Etnea di Acicastello; gruppo comunale volontari Protezione civile, ASSEFA-gruppo di Catania, ass. “Orazio Vecchio”, “Panta rei” onlus di Acicatena; Assoc. Antiracket Acese, Ass. naz. Carabinieri, ass. “La Veronica”, gruppo Fratres, gruppo comunale volontari Protezione civile, “Cristo Nuova Speranza”, “Nuestro horizonte verde” di Aci Sant’ Antonio; ANC-Protezione civile Guardia Mangano, Croce del Sud, Fraternita Misericordia, gruppo Volontario Cinofilo acese, PA-Sicilia emergenza-onlus, “Amici delle Missioni”, Arci caccia Federazione prov. Catania, ass. “Tabor”, CAF, Coordinamento Organizzazioni di Volontariato, Emergency System onlus, gruppo com. volontari Protezione civile,“104 Orizzontale”, Associazione Italiana Educazione sanitaria-sez. di Sicilia, “Andromeda” onlus, assoc. Prevenzione Foreste Sicilia, ARCA, ass. “Amici di Salvo Marco”, AVULSS, ass. Etnea Alzheimer, AVESCI, Avis comunale, Cav Jonico, Dreams, Federaz. Coordinamenti Associazioni di Volontariato siciliano, GEPA, Fratres, gruppo Ecologico Santa Tecla, Fratres S. Maria del Carmelo,” Il gabbiano”, “L’impronta”, “La Casa delle donne”, “La zattera”- Santa Maria Ammalati, Life onlus, “Madonna della Tenda di Cristo”, “Mago Merlino”, Movimento per la Vita, “Ofelia”, “Progetto Grazia”, Società S. Vincenzo de Paoli- consiglio centrale, SCOPUS, Università popolare Giuseppe Cristaldi, “Vivere Insieme” onlus, Volontari Lasalliani Sanluigini, “Nuova Galatea”, Agesci Acireale 5, Agesci Acireale 4, AIAS, ANC-Protezione civile, CAI, Caritas Diocesana, Conferenza di S. Francesco di Sales, gruppo “Amici di Follereau”, Gruppo Volontariato Vincenziano, Legambiente, MASCI, Tribunale Diritti del Malato, UNITALSI, Lions, Rotary, Fidapa, Serra club, Kiwanis, club Frecce Tricolori, Consorzio Il nodo, Consorzio Il solco di Acireale; assoc. ambulanze S. Francesco, Fratres, ass. volontari Croce Verde, Avadea San Pio da Pietralcina onlus, Rangers International Delegazione 553-005 di Calatabiano; ass. Volontari Antidroga Catania di Camporotondo; Misericordia, Rangers International Delegazione 553-010 di Castiglione; ass. “Agape”, ADMO, assoc. “Speranza”, AVSCA, Avis- sez. comunale, Rangers International- deleg. Etna Est di Fiumefreddo; Croce Azzurra onlus, “Amici di Cristo”, AVULSS, Auser Giarre Riposto, Avis intercomunale Giarre-Riposto, Avis prov. Di Catania, Centro Aiuto alla Vita onlus, Misericordia, Famigliamica, Oasi Famiglia, CAI, assoc. Promozione difesa diritti civili e sociali handicappati di Giarre; Avis, gruppo comunale Volontari Protezione civile di Linguaglossa; Nucleo Operativo Emergenza Sicilia onlus, Cesas, C.B.G.Marconi, Avis di Mascali; Energicamente di Milo; ANC, Misericordia- Ut Unum Sint, Coord. ass. Volontariato Paesi Etnei, Fratres, Nucleo Operativo Randagi Sicilia, Rangers Europa, Soccorso Etneo onlus di Nicolosi; ass. naz. Vigili del Fuoco in congedo, “Ad Maiora”, “Angolo”, Misericordia, Fratres di Pedara; ass. italiana Volontari Belvedere, Avis, “Gioventù in missione” di Piedimonte Etneo; Misericordia, Fratres di Ragalna; Circolo Legambiente Etna-Nebrodi, “Papa Giovanni XXIII”, CONGEAV, gruppo comunale volontari Protezione civile, Rangers International- deleg. Etna 553-007, ass. Volontariato Sociale, Misericordia, New Avus di Randazzo; Centro Protezione civile volontariato, CNGEI, “Germoglio”, gruppo Volontariato Vincenziano, “Madre Teresa”, “Trinacria”, “Wik” onlus, ARCA, CB Sicilia club, Guardia Costiera ausiliaria onlus, “Il cerchio magico” di Riposto; gruppo Etna club CB, gruppo comunale volontari Protezione civile, “Libera…mente” di S.Venerina; gruppo comunale volontari Protezione civile di S. Alfio; “Vides-Shalom” onlus, “Amici Paesi dell’Est”; Coordinamento assoc. di Volontariato pedemontano, Fraternita di Misericordia, gruppo comunale volontari Protezione civile, “Oltre il limite, senza limiti “di Trecastagni; Altair CB club, ASIAM, Fratres, “Ali nel silenzio”, Fraternita di Misericordia di Valverde; AVIS di Viagrande; AVPCA, Fratres “Paolo VI” di Fleri, Fraternita Misericordia di Zafferana Etnea.

Il prossimo 23 febbraio si svolgerà ad Acireale, presso il teatro Turi Ferro, un importante convegno che vede la presenza delle associazioni della diocesi e del vescovo mons. Antonino Raspanti. Il titolo dell’incontro è emblematico : Circuito di solidarietà – L’Associazionismo in dialogo con il Vescovo -. Parteciperanno centinaia di volontari, operatori sociali, operatori culturali, educatori e quanti, nei vari modi ed a vario titolo, si impegnano per il con-

adeguati. Nel mondo del volontariato si avverte l’esigenza di ritornare alle origini, ovvero ridisegnare la cornice entro la quale le attività, i compiti, devono essere ben definiti. Il volontariato deve ritrovare lo spirito di gratuità che lo rende libero e credibile, deve recuperare la pratica della solidarietà e della carità che gli consente di recarsi tra i poveri, gli emarginati, i malati, i carcerati, dove normalmente le Istituzioni sono assenti. Occor-

seguimento del bene comune. Negli ultimi anni, dopo il periodo d’oro degli anni ‘80 e ‘90 in cui il volontariato vedeva l’adesione di milioni di italiani che scoprivano un modo nuovo, più organizzato, costante, per praticare la solidarietà, e veniva riconosciuto come istituzione fondamentale per il Paese ( Legge quadro 266/91), esso fa i conti oggi con una crisi di risorse, ma soprattutto di valori e quindi di motivazioni. I vari governi che si sono succeduti, le Istituzioni locali, regionali e nazionali, hanno contribuito fortemente allo snaturamento del volontariato chiedendogli e, per certi versi, costringendolo a compiti, servizi e ruoli non

re recuperare con le istituzioni del territorio la sussidiarietà , ovvero la collaborazione sotto forma di aiuto originale e creativo, con il grande vantaggio dell’impegno del cuore e con il limite delle piccole risorse che sono a disposizione per chi dedica il suo tempo libero per il prossimo, e quindi rifiutare di sostituire le Istituzioni stesse in quei servizi che possono essere svolti con la competenza e le risorse che lo Stato deve garantire a tutti i cittadini, come recitano gli articoli 1,2,11 della Costituzione. Occorre riconquistare la libertà da quei politici e potentati economici che si servono del volontariato non “per fare strada ai poveri ma

per farsi strada con i poveri”, usando una celebre frase di don Milani. E’ in questa visione sociale che si colloca l’impegno degli organizzatori che desiderano suscitare nei partecipanti una maggiore consapevolezza delle criticità ma anche delle opportunità del momento storico. Lo stare insieme, anche per un solo pomeriggio, ascoltando le testimonianza di molti operatori che nel silenzio, con umiltà e dedizione offrono il loro tempo, i loro talenti, per aiutare il prossimo, può suscitare la consapevolezza che una società più a misura d’uomo è possibile, che il vero cambiamento parte dal cuore e dalla coscienza di ciascuno, il resto verrà da se. La relatrice del convegno, Marina Scardavi, fondatrice dell’associazione “La danza delle ombre” di Palermo che si occupa dei senza fissa dimora, ci parlerà del gravissimo problema della povertà che non coinvolge solo i senzatetto ma anche intere famiglie dove i genitori hanno perso il lavoro, la casa, tutto. Dal vescovo si attendono parole di incoraggiamento e di speranza. La Chiesa cattolica, nei momenti bui della storia, ha sempre trovato la forza per disegnare nuovi orizzonti, cieli e terra nuova. Attraverso la testimonianza di molti religiosi e laici osservanti, anche a costo della vita, si è indicata la strada per la pace, la giustizia sociale e quindi lo sviluppo integrale della persona e della società. Da questo convegno ci si aspetta un nuovo slancio per ripartire nella direzione giusta e trovare le forze per essere esempi credibili di impegno civico e solidale e quindi rinnovare, come lievito nuovo, ciascuno nei propri ambiti familiari, lavorativi e di impegno sociale, questa nostra società forse troppo egoista, ripiegata in se stessa, rassegnata. Orazio Maltese

INTERVISTA Marina Scardavi parla della sua vocazione per gli ultimi e presenta la “Danza delle ombre”

Come aiutare gli ultimi e restare una persona normale Marina Scardavi è un medico con la vocazione alla cura degli ultimi, dei più poveri. A Palermo, dove vive e lavora, ha fondato alcuni anni fa l’associazione “La danza delle ombre” ed insieme ai frati minori assiste i senza fissa dimora. Sarà ospite, come relatrice, al convegno che si terrà il prossimo 23 febbraio presso il Teatro “Turi Ferro” di Acireale, organizzato da alcuni volontari che hanno prontamente risposto all’appello del vescovo mons. Antonino Raspanti che esprimeva il desiderio, in occasione dell’anno della fede indetto dalla Chiesa cattolica, di incontrare tutti gli operatori sociali della diocesi sia di estrazione cattolica che laici. - Dott.ssa Scardavi, la sua esperienza sarà al servizio della comunità della diocesi di Acireale che l’accoglie con entusiasmo, quali argomenti trattera? “Del volontariato in Italia e in Sicilia in particolare. Della mia esperienza personale e in seno all’associazione laica “La Danza delle Ombre” di cui sono la fondatrice, che si occupa dei senza tetto e dei più poveri di Palermo. Italiani, stranieri, senza distinzione di razza e di religione. Dell’integrazione sociale. Le motivazioni che mi hanno spinta a crearla. I metodi che usiamo per il loro recupero psicosociale e i nostri obiettivi”. - Vuole spiegarci come è nato il nome della sua associazione “La Danza delle ombre” ? “Prende il nome da un libro che ho iniziato a scrivere diversi anni fa e che è stato pubblicato da qualche mese dalle Edizioni Paoline:

“La Danza delle Ombre” Con Mohammed nel mondo degli ultimi. Racconta le storie di alcuni di loro, le storie di anime con cui ho fatto e sto facendo un lungo percorso di amore e di fede”. - Il suo operato è balzato agli onori della cronaca dopo il servizio accurato che le ha dedicato il settimanale “Famiglia Cristiana” e la pubblicazione del suo libro con le edizioni Paoline. Il prossimo 26 febbraio presenterà il libro a Milano insieme a Moni Ovadia che vuole rappresentare in teatro il suo racconto . Come concilierà l’inaspettata notorietà con il suo impegno sociale ? ” Io sono un dirigente medico della ASP di Palermo e il rimanente tempo lo dedico ai poverelli come donna e come medico. Non tralascerò mai il mio impegno verso i miei poveri amici, ma tutto questo deve soltanto servire a far conoscere chi sono gli “ultimi” e cosa significa “essere amati anche da un solo povero”. - Nel suo libro racconta la vita dei poveri, degli emarginati, degli esclusi, li cita per nome, gli restituisce dignità.Cosa possono insegnarci i poveri?

” L’amore verso Dio e la vita. Il coraggio e la voglia di viverla in tutta la sua pienezza. I poveri hanno dignità e coraggio. “In strada ho avuto il privilegio di conoscere molti barboni con cui si è istaurato un rapporto di vera e profonda umanità. Rapporti così intensi che sai non moriranno mai, qualsiasi avvenimento possa accadere. Lunghi percorsi di fede e amore”. - Quali sono, secondo la sua personale esperienza, le cause principali del disagio sociale, della povertà nelle pur ricche città italiane? “Sono molteplici: la perdita del lavoro e della casa, le separazioni, i disagi mentali, la mancanza delle istituzioni. L’arrivo di un numero sempre più grande di immigrati in cerca di lavoro, di rifugiati politici. Tutti accomunati da quella che per Madre Teresa era la più grave malattia del nostro secolo: la solitudine”. - Qual è il rapporto con le Istituzioni, esiste una collaborazione, un confronto, un aiuto? Qual è il contributo culturale che siete riusciti a creare a Palermo; la città ha reagito in qualche modo cercando di eliminare le cause della povertà attraverso la sussidiarietà e la carità?

” Il rapporto con le istituzioni e’ quasi inesistente. Le porto un esempio. Per l’emergenza freddo, dopo che un poverello è morto a Palermo al Foro italico il Comune ha messo a disposizione una palestra che con altre associazioni stiamo gestendo in modo del tutto autonomo senza nessun contributo. Palermo è una città solidale. Le associazioni di volontariato che si occupano dei più poveri hanno costituito una rete per venire incontro ai bisogni primari dei poveri che senza questa rete sarebbero assolutamente abbandonati a se stessi. Ma per intervenire sulle cause della povertà e dell’ingiustizia sociale è necessaria una profonda trasformazione del modello economico e degli strumenti del welfare. Una trasformazione della prospettiva politica non solo della Regione ma dell’intero paese”. - Secondo lei qual è il senso che oggi possiamo dare alle parole di Gesù : “I poveri li avrete sempre con voi..”? “ Io non sono un teologo né ho la pretesa di essere un maestro di spiritualità, quindi le risponderò solo sulla base di quello che vivo quotidianamente nella mia vita. Ho incontrato Cristo per la prima volta e profondamente nella sofferenza, nella povertà, nella solitudine e nel coraggio prima dei miei pazienti e ora dei più poveri. Per me non vi è distinzione tra amare Dio ed amare i fratelli con cui condivido il cammino della vita ed ogni giorno constatare la vicinanza e la forza della misericordia di Dio al nostro fianco”. Orazio Maltese


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Società

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INTERVISTA Parla un reduce dei campi di concentramento

Morte e distruzione 3 settembre 1943: il maresciallo Pietro Badoglio firma a Cassibile l’Armistizio tra il Regno d’Italia e le forze anglo-americane. I tedeschi rispondono con l’operazione ‘Achse’ : vengono occupati tutti i centri nevralgici italiani e il nostro esercito viene rastrellato. Una esigua minoranza di soldati accetta di collaborare con i tedeschi. La maggioranza invece paga con la propria vita o con la deportazione nei campi di concentramento tedeschi. E’ proprio da questo momento che ha inizio la lunga odissea durata 30 mesi di Salvatore Ferlito, trecastagnese di nascita , classe 1924, reduce della seconda Guerra Mondiale, fatto prigioniero dai tedeschi e deportato nei campi di lavoro in Polonia. Salvatore, che oggi ha da poco spento 89 candeline, ha deciso di raccontarci la sua storia. Ogni singola parola del suo racconto è ‘incartata’ da emozione mista a compostezza. Gli occhi però che hanno visto gli orrori della guerra, bambini, vecchi, donne, compagni trucidati, quelli no! Si inumidiscono e così qualche piccola lacrima di tanto in tanto scende sul suo volto. “ Il 17 maggio del 1943 partii dal distretto militare di Catania per prestare servizio nel 17° Reggimento di Fanteria della Divisione “Aqui” nella caserma Deposito di Silandro, pic-

colo paesino in provincia di Bolzano. Quattro mesi dopo, il giorno seguente la firma dell’Armistizio, mi ritrovai insieme ai miei compagni di caserma, prigioniero dei tedeschi. Iniziò in quel momento la mia deportazione. Ricordo che ci fecero mettere in colonna e sotto una pioggia battente iniziammo il nostro cammino con i loro fucili costantemente puntati contro. Sul far del-

la notte ci chiusero in una ‘mannara’. Eravamo inzuppati fradici. Il mattino seguente ci accorgemmo che 17 di noi non ce l’avevano fatta. Riprendemmo il cammino che sembrava non dovesse finire mai! Oltrepassati i confini, ar-

rivammo in Austria; qui ci fecero salire sui vagoni di un treno merci: eravamo stipati peggio delle bestie e per la stanchezza “dummeumu additta”. Arrivati e ‘accolti’ dagli sputi dei tedeschi che ci davano dei ‘ verrater’ ( traditori ), si spalancarono per me e per tutti gli altri deportati di quel treno le porte del campo di concentramento “Stargard II° D”. “ I tedeschi ci immatricolarono con un numero da mettere dietro la schiena. Il mio era il 98287. Poi ci sistemarono nelle baracche per nazionalità. Io capitai nella baracca numero 32 e lì conobbi un giovane di Belpasso che ho avuto il piacere di vedere fino a qualche anno fa: un certo Francesco Girgenti, amichevolmente detto ‘Ciccio’. Nel campo c’erano anche prigionieri francesi che si trovavano lì già da tempo. Ricordo Padre Enrico, un cappellano militare francese “ picciutteddu comu a nuautri” , anch’egli prigioniero, che con le sue parole spesso ci sollevava il morale. A tutte le ore del giorno e della notte, suonava una sirena; ciò significava che dovevamo immediatamente uscire fuori, disporci in file ordinate davanti alle baracche per essere contati dai tedeschi. Mangiavamo patate e una brodaglia insapore. Pesavo 36 chili! Sembravo uno scheletro che camminava! Indossavo un paio di zoccoletti di

ACIREALE Esperienza educativa dell’”Associazione 104 Orizzontale”

legno; non avevo calze per cui fasciavo i miei piedi con delle pezze e la sera quando le toglievo mi facevano talmente male che piangevo come un bambino! Dopo ben 43 giorni di sofferenza nel campo di concentramento, venni trasferito in un luogo di lavoro: dovevo raccogliere le patate. Qui ci rimasi circa un mese e mezzo. Dopodichè finii in una fabbrica in cui si produceva lo zucchero. Sono stato a lavorare anche in un mattatoio, in una falegnameria e in una fabbrica di mattoni. Nella primavera del ’45 mi trovavo in un campo di smistamento tra Danzica e Stettino, quando seppi dell’avanzata dei russi. I tedeschi furono massacrati. Chi di loro potè farlo, si mise in salvo scappando. I soldati russi ci portarono a Berlino da dove a poco a poco iniziò il nostro rimpatrio. Eravamo felici seppur consapevoli del fatto che avevamo perso tanti nostri compagni! La mattina del 30 settembre del ’45, arrivò l’annuncio che una tradotta sarebbe partita per l’Italia con circa 1500 italiani. Arrivai in Sicilia ad ottobre inoltrato! Quando mia madre mi vide, per poco non le prese un colpo. Durante la mia assenza aveva appreso da fittizie voci di paese che una bomba mi aveva portato via le gambe e le braccia! Ancora oggi mi chiedo a cosa sia servita questa guerra. A niente! La Germania alla fine si è riunita, “u muru fu distruttu, a Russia è pp’affari so…”! Cos’acquistaru?!? Morti e distruzioni inutili!”. Caterina Maria Torrisi

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“Nuovo” Concordato Servire e promuovere Ricorre, il 18 febbraio, l’anniversario di quello che viene chiamato con semplicità il “Nuovo Concordato”, in realtà la modifica dei Patti Lateranensi risalenti all’11 febbraio 1929. Ci sono voluti 55 anni, arrivando al 18 febbraio del 1984, per modificare un testo firmato a suo tempo dal cardinale segretario di Stato Pietro Gasparri e da Benito Mussolini che “incassava” un notevole successo politico, oltre che la definizione di “uomo della Provvidenza”. Cinquantacinque anni per marcare una vera e propria rivoluzione, poiché il testo firmato nell’84 - questa volta dal cardinale Agostino Casaroli e da Bettino Craxi - si muove in una prospettiva del tutto differente dall’originale e, pur non mancando di alcune ambiguità, soprattutto da parte ecclesiale mostra chiari indirizzi, mutuati anzitutto dal Vaticano II, il grande Concilio di cui ricorrono cinquant’anni e il cui vento ancora soffia. Una delle “discipline” legate al Nuovo Concordato, nelle quali emerge in modo più chiaro l’impostazione conciliare, è quella dell’insegnamento della religione nella scuola pubblica. Non più giustificato - come ripeteva in modo altisonante, mutuando un’espressione gentiliana, il testo lateranense - dall’essere, l’insegnamento “della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica”, “fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica”, ma ancorato al “valore della cultura religiosa” e in particolare al riconoscimento dei principi del cattolicesimo come facenti parte del patrimonio storico del popolo italiano. Un insegnamento, non più “concesso” come si concede un’aula nella quale la Chiesa era autorizzata a fare catechismo - è la prospettiva della “catechesi scolastica”, spesso riesumata a sproposito dai detrattori delle norme nuove - ma “assicurato” e soprattutto inserito “nel quadro delle finalità della scuola”: come a dire, al suo servizio, parte integrante di un curricolo per tutti, che mira allo sviluppo integrale della persona, come da quadro istituzionale. Non un corpo estraneo, ma pienamente integrato nella scuola. Ecco, questo “ribaltone” dell’Irc (Insegnamento della religione cattolica), che respira, per quanto riguarda la Chiesa, il vento conciliare della Gaudium et spes, con la giusta autonomia delle realtà temporali; che è maturato nei lunghi dibattiti che hanno accompagnato il Concilio e le trasformazioni della società e della scuola dalla fine degli anni Sessanta del Novecento in poi, si colloca all’interno dell’articolo 1 del Nuovo Concordato, in quella prospettiva dichiarata di reciproca autonomia e collaborazione tra Stato e Chiesa per la promozione dell’uomo e il bene del Paese, vero “cardine” delle norme del 1984. Una logica del servizio e della condivisione, di una Chiesa che ha lasciato andare eventuali privilegi e si cura di fare la propria parte, anche in campo tecnicamente “non suo”, collaborando lealmente alla scuola di tutti e per tutti. L’anniversario della revisione dei Patti Lateranensi vale per ricordare questa logica che, pur non dimenticando le criticità che l’accompagnano, anche specificamente nella questione Irc (si pensi alla scelta di avvalersi o meno di tale insegnamento), è ancora feconda. Proprio l’Irc, che negli anni ha mostrato di voler mantenere le promesse, con uno sforzo notevolissimo di qualità e attenzione alla scuola, resta un terreno sul quale si è misurato un reale cammino di Chiesa, ancora ricco di prospettiva e di futuro. Alberto Campoleoni

ACIREALE “Un calcio al razzismo” segna un altro punto a favore della piena integrazione

Al buio guidati da non vedenti Lo sport che fa rima con solidarietà Una delle iniziative più interessanti inserite nel contesto del Carnevale di Acireale 2013 è stato il “Bar al buio”, allestito nella sala stampa del Palavolcan e aperto nelle giornate di maggiore interesse delle manifestazioni carnascialesche. L’iniziativa è partita dall’associazione “104 Orizzontale”, che si occupa di abbattimento della barriere architettoniche e vuole contribuire ad integrare pienamente i disabili nella società civile, a tutti i livelli, e offrire servizi di assistenza e opportunità per tutti i disabili. L’iniziativa attivata in occasione del Carnevale ha voluto far capire a tutti qual è il mondo dei non vedenti. Infatti – come ci dice il presidente dell’associazione Rosario Grasso – chi entrava nel “Bar al buio” veniva guidato a gustare, attraverso i sensi dell’olfatto e del tatto, aromi e sensazioni con le stesse modalità dei non vedenti, i quali, contrariamente a quanto si crede, non è che non vedono, ma vedono “in maniera diversa”, facendo uso degli altri sensi sviluppati in modo maggiore. Si è voluta creare, in poche parole, una situazione di inversione delle parti, in cui erano i normodotati a diventare disabili rispetto ai non vedenti, i quali erano invece perfettamente a loro agio nel contesto creato per l’occasione. Infatti il bar stesso era interamente gestito da non vedenti che facevano anche da guida agli avventori normodotati in un locale integralmente al buio. L’associazione “104 Orizzontale” (che ha la propria sede ad Acireale e partners pubblici e privati in tutta la Sicilia) cura la visibilità delle proprie attività e dei propri progetti partecipando a tutte le principali iniziative organizzate sul territorio. Ne abbiamo visto infatti i volontari nelle varie edizioni della “Fiera dello Jonio” e pure presso il Salone dell’orientamento scolastico e professionale svoltosi nei giorni scorsi presso l’Istituto Comprensivo “Paolo Vasta” di Acireale. Anche il manifesto scelto per illustrare la manifestazione è stato particolarmente azzeccato, perché richiamava la celebre copertina discografica dei Beatles che attraversano le strisce pedonali di Abbey Road. Solo che in questo caso sulle strisce pedonali, che potrebbero essere quelle di qualunque strada del mondo, c’erano quattro disabili, tra cui anche il presidente dell’associazione “104 Orizzontale”, Rosario Grasso, con il suo cane guida. Nino De Maria

Grande successo ha ottenuto la 5ª edizione di “ Un Calcio al Razzismo”, torneo di calcio a 5, binomio sport e solidarietà, in programma dal 1 al 3 Febbraio scorso ad Acireale. L’evento ha avuto inizio venerdi 1 febbraio con un Convegno svoltosi presso i locali della Cooperativa Futura ’89, Via Dafnica, 90 ad Acireale sul tema: Sicilia – Calabria Terre di migrazione e di incontro - Modalità e strumenti di integrazione - alla serata moderata con grande maestria dal dr. Federico Lupo, sono intervenuti diverse autorità ed esperti del settore, l’Ass. alle Politiche sociali del comune di Acireale Giuseppe Calì ha portato i saluti dell’ Amministrazione comunale di Acireale ; il presidente Consorzio Il Nodo , dr. Fabrizio Sigona ha presentato l’evento “Un Calcio al Razzismo ”, “I progetti territoriali SPRAR e l’ Ente locale: sinergie a sostegno dell’integrazione” “Dalla tutela del Minore Straniero Non Accompagnato (MSNA) al Sistema di Protezione del Richiedente Asilo e Rifugiato (SPRAR) ” La referente legale del Servizio Centrale (SPRAR) Avv. Lucia Iuzzolini, ha relazionato sugli aspetti legati alla figura del rifugiato e richiedente asilo, presente pure la responsabile della “Casa dei Popoli” del comune di Catania,dr.ssa Paola Scuderi, il vice Prefetto, dirigente per i Diritti Civili, Cittadinanza, Condizione Giuridica dello Straniero, Immigrazione e Diritto d’Asilo dr.ssa Rosaria Giuffrè, ha parlato delle varie normative, cui vanno incontro i soggetti stranieri nei paesi

del “Accordi di Schengen”,,la presidente del Tribunale per i Minorenni di Catania, dr.ssa Francesca Pricoco ha, invece, parlato della condizione dei minori nel territorio italiano, presente pure la dirigente Servizi Sociali del comune di Acireale, dr.ssa Giulia Cosentini. Toccante, infine, l’esperienza di Leopold, ragazzo africano che in 10 mesi di presenza ad Acireale è riuscito con caparbietà ad imparare la nostra lingua ed ad inserirsi come mediatore culturale per i bisogni dei suoi conterranei. La serata si è conclusa con la cena multietnica presso il ristorante “ Vico Proiette “. Sabato 2 febbraio si è svolto il torneo di calcio a 5 al quale hanno partecipato nr. 6 squadre, con la vittoria dello Sprar di Caulonia (Rc) in finale sullo Sprar di Acireale, il Nodo di Acireale con due squadre Connenting People di Giarre e Casa Meredhit di Catania. All’ iniziativa hanno partecipato diverse scuole acesi L’Industriale G. Ferraris ed il Liceo Classico “ Gulli e Pennisi” per le Superiori, G.Galilei, P.Vasta, Fuccio La Spina per le Medie e la G.Fanciulli per le Elementari. L’Ass. al Turismo, prof.ssa Nives Leonardi;ha dato il calcio d’inizio al torneo, presenti sugli spalti gremiti del PalaVolcan, la dirigente Servizi Sociali del comune di Acireale, dr.ssa Giulia Cosentini e la dr.ssa Carmela Borzì sociologa del comune di Acireale. La manifestazione, anche quest’anno è stata inserita nel calendario dei festeggiamenti de “Il piu’ bel Carnevale di Sicilia”. An. Sa.


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Cronaca e Salute

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ACIREALE Bilancio prudente e ragionato dell’ultima edizione dei festeggiamenti carnascialeschi che hanno un potenziale enorme in gran parte non ancora sviluppato

Il Carnevale va bene ma non esageriamo con le presenze! “Una partecipazione festosa, civile, divertente, per tutti, dalle famiglie ai bimbi, ai giovani e chi è sempre giovane nello spirito e che rimane tale emozionandosi anche per il solo lancio di coriandoli” dice un comunicato stampa della Fondazione Carnevale di Acireale. Tutto vero. Esagerato, irreale e pomposo tutto il resto del comunicato. Ma andiamo con ordine partendo dal titolo del comunicato diramato nel primo pomeriggio nel segno delle previsioni. “Mezzo milione di persone hanno visto oggi ad Acireale …. il carnevale” cioè il 10% della popolazione isolana era ad Acireale (65.000 palermitani, 45.000 catanesi, ecc.). Chi ci crede a questi numeri lanciati come i coriandoli? A proposito di coriandoli, volendo fare una stima molto, ma molto superficiale, se il 50% dei visitatori

avesse comprato una busta di coriandoli (al prezzo medio di 1 euro) il giro d’affari in città, solo con i coriandoli sarebbe stato di 250.000

euro nella sola giornata di domenica. Moltiplicando questi numeri per le giornate delle sfilate si ottiene un valore di circa un milione e mezzo

di euro: una finanziaria regionale. Non siamo a Rio e neanche a Viareggio. Vorremmo esserci, ma ogni velleità può essere utile solo a stimolarci; da questo ad affermare che “confermano il Carnevale di Acireale nella strettissima elite delle manifestazioni carnascialesche italiane” ne corre tanto. Nei telegiornali nazionali si è parlato molto di carnevale. Da Venezia a Viareggio, a Cento, a Putignano, a Biella sono stati citati tutti ma non Acireale anche se RAI2 ha dedicato un inserto nella trasmissione “Sereno variabile”. Una rondine non fa primavera. Siamo convinti

della bontà della nostra kermesse, specialmente con la nostra peculiarità: i carri infiorati, ma dobbiamo sforzarci molto per farla uscire dai confini regionali. È interesse di tutti, dalla città ai singoli, che questo avvenga e che avvenga presto. Ma i sogni non sono realtà e non danno da mangiare, cosa che potrebbe fare un buona programmazione, principalmente quella pubblicitaria, specie se fatta bene, se fatta in tempo, se fatta attraverso i canali giusti. Lo abbiamo già detto molte volte, lo abbiamo detto in tutte le salse e, citando Curzio Malaparte, ripetiamo che “il carnevale è una cosa seria: è storia, è arte, è artigianato, è cultura, è economia” ma va presa sul serio facendola diventare una impresa turistica, non una festa di provincia. Importante, ma di provincia. Pippo Sorrentino

PARROCCHIA SAN MICHELE

SANITÀ Intervista al dott. Francesco Abate

Ripristinato un altare

La calcolosi urinaria

Lavori di ripristino hanno recentemente interessato la struttura dell’altare maggiore del salone-chiesa della comunità parrocchiale ‘San Michele Arcangelo’ di Acireale. Dette opere si sono rese indispensabili per fronteggiare le evidenti infiltrazioni di umidità che rendevano assai precaria la struttura in legno del vecchio palco a suo tempo adattato al altare, in seguito al forzato trasloco di quasi tre anni fa dall’antica storica chiesa del quartiere dei ‘Gambini’ (da allora chiusa al culto a causa delle precarie condizioni di staticità complessiva dell’edificio e della monumentale cupola ovale) all’attuale salone-chiesa. Eseguite dai valenti artigiani Antonello Azzarelli e Angelo Samuele, le opere di ripristino si iniziavano lunedì 7 gennaio, a conclusione delle festività natalizie, per concludersi, poi, il successivo 2 febbraio. Frattanto le messe festive erano state celebrate per tre domeniche consecutive nella chiesa di San Domenico, dallo scorso marzo 2012 affidata dal vescovo alle cure ‘spirituali’ del nostro arciprete-parroco, sac. can. Venerando Licciardello, mentre quelle feriali in un vano attiguo al saloncino di ingresso della nostra chiesa. I lavori di ripristino complessivo del presbiterio dell’attuale salone-chiesa sono stati eseguiti anche nell’imminenza della visita che il vescovo, mons. Antonino Raspanti, ha fatto alla nostra comunità parrocchiale in data 10 febbraio 2013, presiedendo la celebrazione eucaristica delle ore 10:30, in occasione dei solenni festeggiamenti in onore di Santa Apollonia v. e m., compatrona della comunità parrocchiale. Il vescovo si intratteneva al termine del rito con i ragazzi ai quali egli, in data di domenica 19 maggio p.v., alle ore 18, amministrerà il Sacramento della Confermazione, presso la chiesa di San Domenico. Nella stessa data e nello stesso luogo, alle ore 10:30, sarà amministrato dal nostro arciprete-parroco il Sacramento della Prima Comunione. Nando Costarelli

COSENTINI

Festa per il 150° della chiesa Domenica 3 febbraio 2013 la Comunità della Parrocchia

“Maria SS. del Rosario” di Cosentini ha vissuto un forte momento di grazia, di gioia e di comunione in occasione del 150° anniversario dell’apertura al culto della Chiesa parrocchiale avvenuta il 29 gennaio del 1863. Questa felice ricorrenza è stata preceduta da un triduo di preparazione con una catechesi liturgica dal titolo “La chiesa Edificio. Spazi liturgici – celebrativi – dal segno alla vita”, proposta dal Can. Roberto Strano, parroco della Parrocchia “ Maria Santissima Annunziata “ (Cattedrale) di Acireale e Direttore dell’Ufficio di Pastorale Liturgica della Diocesi. Il giorno della commemorazione ha visto la partecipazione straordinaria di S.Ecc.za Rev.ma Mons. Calogero la Piana, Arcivescovo Metropolita della Diocesi di Messina- Lipari-Santa Lucia del Mela e Archimandrita del SS. Salvatore, che ha presieduto la solenne Celebrazione Eucaristica, alla presenza delle autorità civili e militari. Sull’altare i Sacerdoti figli di questa Comunità, a cui sono tanto legati, e i Parroci che hanno preceduto l’attuale parroco Don Fabrizio Subba.I fedeli hanno gremito il sacro tempio in un clima di gioia e di massima semplicità. Il Parroco ha rivolto a nome suo personale e di tutta la Comunità il saluto di benvenuto e di ringraziamento al Vescovo per aver accolto l’invito a presiedere l’Eucaristia in occasione di questa lieta ricorrenza. P.Fabrizio ha ripercorso le tappe fondamentali dell’iter che ha portato alla costruzione della Parrocchia ed ha sottolineato che solennizzare questo evento non è solo per una memoria storica, ma anche,e soprattutto, per uno stimolo a ripercorrere la nostra storia personale ed anche la nostra storia di fede, in una dimensione più intima e profonda. Un’occasione per rivedere il nostro impegno in parrocchia, il nostro vivere nella comunità la nostra formazione e la nostra crescita sotto la protezione della nostra patrona Maria SS. del Rosario. Sara Sciacca

In recenti studi sono state avanzate diverse teorie per spiegare le cause che determinano la calcolosi renale. Essendo la calcolosi urinaria una aggregazione di cristalli formati o da ossalati di calcio o da accumuli di acido urico o di cistina, possiamo affermare che esiste una alterazione nelle eliminazioni di essi. All’urologo Francesco Abate dell’Unità Operativa dell’Ospedale di Acireale “Santa Marta e Santa Venera” abbiamo chiesto approfondimenti per conoscere i fattori di rischio che favoriscono la formazione dei calcoli renali. “ Le cause principali che la determinano - ci dice il dott. Abate possono essere di tipo metabolico, squilibri ormonali, fattori ambientali, eccessi alimentari e alterazioni anatomiche che conducono a stasi urinaria”. - In quale distretto si formano i calcoli urinari? “ I calcoli si possono formare nella parte alta dell’apparato urinario, come i calici e bacinetto nel rene, o nella vescica. Ad individuarli a volte è un reperto occasionale, a seguito di una ecografia o di una radiografia dell’apparato urinario. Altre volte, invece, la presenza del calcolo di tipo ostruttivo si avverte con una colica dolorosa al fianco, quando si tratta di calcolo nella giunzione pielo-ureterale, oppure vescicale se il calcolo ha imboccato l’uretra”. - Qual è il trattamento adeguato in caso di calcolo renale?

“ Se la misura non supera i due centimetri e mezzo si consiglia la litotrissia extracorporea, cioè la frantumazione del calcolo con bombardamento esterno. Nei casi in cui il calcolo superi i due centimetri e mezzo, e si trovi nelle cavità escretici, si preferisce la nefrolitotrissia percutanea. Se si tratta invece di calcoli millimetrici, questi vengono curati con antibiotici, antinfiammatori, cortisone, citrato di potassio

e allopurinolo. Nei casi di colica si sconsiglia l’uso di antispastici e l’assunzione di troppi liquidi per ridurre lo spasmo”. - Esiste una prevenzione per evitare l’insorgere dei calcoli renali? “ Se le cause sono ormonali o metaboliche e genetiche, la prevenzione va fatta con controlli ecografici, se sono dovute al tipo di alimentazione si consiglia di ridurre latticini, proteine e aumentare la somministrazione di liquidi”. Salvatore Cifalinò

CARNEVALE Ieri e oggi

Ricordando Coco Il Carnevale 2013 in Acireale si è vissuto in un clima di semplicità, improntata a schietta allegria e a scherzi piccoli o di un certo spessore, che gli hanno dato un tono di glamour irresistibile, attraendo soprattutto quanti sono venuti da ogni parte d’Italia. I sette carri allegorico - grotteschi con le loro tipiche maschere, le allegorie, i loro significati frizzanti, che andavano a colpire a segno, per quindici giorni non hanno stancato gli acesi coinvolti in un’atmosfera surreale, che, annullando divisioni di classi sociali, fa scoprire ai partecipanti molte verità occulte e dona la gioia profonda, che affonda le sue radici nella convinzione della sostanziale uguaglianza umana. E’ stato molto ammirato il carro del compianto Giovanni Coco, fuori concorso, “Noi che...”, immesso in circuito dai suoi giovani tre figli, Salvo, Rossana e Camillo: la maschera del carrista, in primo piano, richiama alla memoria la simpatica figura di Coco, innamorato di Acireale, in grado di impegnarsi in modo straordinario per il Carnevale sin dall’età di sedici anni. Per diciotto volte si è qualificato al primo posto nella premiazione. Indimenticabili i carri “Un diavolo per capello” del 1989; “Prendi il largo, Sicilia” del 2001; “Non è vero, ma ci credo” del 2003; “Voglia di primavera” del 2005;”Non aprite quella porta” del 2011; “Noi che...” del 2012. Il nostro concittadino, protagonista anche per i festeggiamenti della Patrona, Santa Venera, ricoprì nell’ anno duemila la carica di deputato della Reale Cappella; assieme ad altri suoi colleghi, si distinse nella costruzione della candelora degli Artigiani, benedetta da mons. Giuseppe Malandrino nel 1998. Fu consigliere comunale. L’associazione Filatelica e Numismatica Acese ha onorato la sua memoria con una dettagliata mostra fotografica di tutti i suoi carri lungo la carriera, nella 16° mostra del Carnevale di Acireale 2013. Ecco cosa dice di Giovanni Coco il presidente, dott. Rosario Bottino:“Giovanni Coco è stato uno dei più grandi innovatori del Carnevale acese: è riuscito a sdoganarlo dall’ambito provinciale e regionale, lanciandolo in ambito nazionale. Nel 2006 ha promosso il gemellaggio con il Carnevale di Viareggio e con quello di Venezia, ottenendo che venissero esposti sia costumi e maschere veneziani sia maschere di politici, in vetro resina, di Viareggio, nell’ex Chiostro di via Marchese di San Giuliano. Con lui si favorirono scambi culturali riguardanti tecniche di lavoro. Portò anche due carri smontati e poi rimontati a Viareggio e a Milano per il Carnevale ambrosiano, che si festeggia la domenica successiva alle Ceneri. Fu innovatore nelle scenografie: novità assoluta “Ci vorrebbe un amico” del 96, con una grandiosa maschera, mai vista tale, dell’altezza di dodici metri. Sul retro del carro apponeva informazioni utili sulla tematica. Giovanni Coco, un vulcano d’idee, era sempre disponibile per chiarimenti e consigli, in una simpatica competizione con gli altri carristi. Nella nostra associazione siamo riusciti a pubblicizzare il Carnevale con le cartoline dei carri di varie edizioni. Siamo stati sempre in sintonia.” Anna Bella

IRMA Conseguita la certificazione “Sigucert” dopo un percoroso di investimenti e formazione

Centro di eccellenza in Genetica umana L’Istituto I.R.M.A. di Acireale, tra i pochi laboratori a livello nazionale, ha recentemente conseguito la certificazione di qualità in Genetica Medica “SIGUCERT”. Si tratta della conclusione di un lungo percorso di investimenti e formazione a livello tecnico, tecnologico e clinico. Acireale ha quindi una struttura di eccellenza nel comparto della Genetica che richiama utenti da fuori regione, basti pensare che sono oltre 100 i casi clinici di MCS (sindrome da ipersensibilità ambientale) gestiti clinicamente dall’Istituto acese e che presso il predetto istituto sono state diagnosticate numerose patologie genetiche: dalla febbre mediterranea familiare (o polisierosite ricorrente) all’infertilità di origine genetica. L’Istituto eccelle nella diagnosi della predispo-

sizione genetica al tumore mammario con il BRAC-1/ BRAC-2 complesso esame di genetica molecolare erogato da pochissime strutture a livello nazionale. Un’altra eccellenza di cui si può vantare la città di Acireale è che presso l’Istituto viene effettuato il PCA3 score per il carcinoma prostatico che riduce di circa 70% il ricorso alle fastidiose e invasive biopsie prostatiche. Per effettuare questo esame, che necessita di otto strumentazioni, è stato dedicato un intero locale di 20 metri quadrati. Presso il poliambulatorio, sito al terzo pia-

no dell’Istituto è possibile inoltre effettuare la consulenza specialistica di Genetica Medica e di Oncologia. Infatti i tumori sono oggi considerati delle vere e proprie patologie genetiche. Gli esami di genetica molecolare che possono essere eseguiti sono parecchie decine; tra questi l’intolleranza genetica al lattosio, la malattia di Gilbert, l’emocromatosi, la beta talassemia e l’anemia falciforme, la predisposizione genetica al tumore del colon-retto e tanti altri esami molti dei quali non si effettuano in Sicilia. Inoltre è possibile effettuare il cario-

tipo (mappa cromosomica) e l’HLA che è propedeutico ai trapianti di organi. Presso l’Istituto è in corso di svolgimento un progetto di ricerca già finanziato “SAMARA” che si prefigge il monitoraggio aerosporopollinico per le allergie utilizzando metodiche di genetica molecolare. Al predetto progetto lavorano sei ricercatori alcuni selezionati in due appositi bandi. L’I.R.M.A. ha pubblicato su prestigiose riviste internazionali numerose ricerche e la dott.ssa Roccazzello è referente di due autorevoli riviste scientifiche internazionali. Nella foto: il sequenziatore di DNA in dotazione all’Istituto e la dott.ssa Maria grazia Bruccheri (in alto), medico Genetista e Anna Maria Roccazzello, medico biochimico.


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