Giornate LAV: il 5-6 e 12-13 marzo ti aspettiamo in piazza!
Salviamo gli animali di Gorgona, modello di convivenza e civiltĂ
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La nostra ricchezza:
La LAV in Italia PIEMONTE TORINO: (STIC) tel./fax 011/746392 lav.torino@lav.it www.lav.it/sedi/torino CARMAGNOLA (TO): (STIC) tel. 340/0062741 lav.carmagnola@lav.it ARONA (NO): (PDR) tel. 335/6471031 lav.arona@lav.it LANGHE ROERO E MONREGALESE: (CN) (PDR) 320/4729967 lav.langhe-roero-monregalese@lav.it CUNEO E VALLATE: (PDR) 333/8347714 lav.cuneo-vallate@lav.it ALESSANDRIA: (PDR) tel. 320/4795564 lav.alessandria@lav.it www.lav.it/sedi/alessandria ASTI (PDR) tel.348/0520053 lav.asti@lav.it
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Sommario Testare il fumo sulle cavie non ci salverà Genova, la LAV finanzia ricerche senza uso di animali
Scandalo macello Italcarni E adesso salviamoli tutti! LAV a congresso nazionale Salviamo gli animali di Gorgona Un lieto fine da favola Hanno bisogno di te I vegani sono alieni? Delfini in cattività? L’ultimo rifugio degli oranghi Scegli un regalo che fa battere il cuore! A San Valentino regala un’adozione a distanza LAV CONSIGLIO DIRETTIVO Roberto Bennati (vicepresidente), Giacomo Bottinelli, Gianluca Felicetti (presidente), Simone Pavesi, Massimo Vitturi COLLEGIO DI GARANZIA Roberto Callegaro, Laura Gabrieli (presidente), Sandro Guolo REVISORI DEI CONTI Susanna Russo (presidente); Alessio Rastelli, Mauro Vantaggio (sindaci) Informiamo che tutti gli associati e/o i sostenitori delle campagne LAV ONLUS hanno diritto a ricevere la presente pubblicazione tramite invio postale. La LAV ONLUS garantisce che i dati identificativi dei destinatari sono raccolti e trattati, anche elettronicamente, nel rispetto delle norme previste dal ‘codice di regolamentazione sulla privacy’ (Dlgs 196/2003). Ogni interessato potrà in ogni momento esercitare i propri diritti (art. 7,8,9 Dlgs 196/2003) rivolgendosi direttamente alla LAV ONLUS, Viale Regina Margherita 177 - 00198 ROMA tel. 064461325, fax 064461326, email: info@lav.it
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Chi non ha memoria
Impronte Anno XXXIII n°1 (152) febbraio 2016
non ha futuro
È
una grande verità. Preservare la memoria di ciò che è stato, anche di negativo, come le tante battaglie per i diritti degli animali e gli anni che sono stati necessari per cambiare. Per non cadere negli stessi errori, per cercare di costruire un futuro migliore. Così come la memoria è importante, il riconoscimento è dovuto a chi si è opposto tanti anni fa alle violenze sugli animali, quando questa forma di pacifica ma ostinata resisten-
Preservare la memoria di ciò che è stato, anche di negativo per non cadere negli stessi errori, per cercare di costruire un futuro migliore za era ancora più difficile di oggi, e ha contribuito a costruire speranze concrete. Anche fondando la LAV, nel 1977. Qualche mese fa è morto Alberto Pontillo, una delle persone che ha dato vita, con altre, alla nostra associazione, ma la persona che ha dato l’anima per liberare gli animali dalla schiavitù della vivisezione, ancora vive tutti i giorni nelle tante azioni che intraprendiamo. Il rigore nello studiare le questioni, la necessità di approfondire sempre problemi e nemici degli animali, la capacità di affrontare anche le avversità più dure: è la sua impronta che, ancora ci guida,
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anche se tanti oggi in LAV non lo hanno purtroppo mai conosciuto. Con lui ho passato interi giorni a scrivere volantini e cartelli, a fare il primo numero del giornale che ora avete fra le mani, a manifestare per la prima volta davanti a un circo con animali; a essere portato in un Commissariato per la protesta non autorizzata contro una sfilata di pellicce, così come a registrare un “programma dell’accesso” in RAI, all’epoca uno dei pochissimi spazi che, peraltro fra mille difficoltà, ci permettevano seppure in orari improbabili di messa in onda, di farci vedere e di far sentire le nostre ragioni. E poi le notti in bus per andare a manifestare in mezza Europa, il primo processo, intentato dalla “Fidia Farmaceutica”, per la nostra campagna contro la vivisezione. Altro che “Davide contro Golia”… Negli ultimi, tanti, anni le nostre strade si erano divise. Non la pensavamo alla stessa maniera su tutto. Ma anche su quello ci ha insegnato una grande verità. Chi può fare qualcosa per gli altri animali, di qualunque specie (“abbiamo scelto la cavia come simbolo, per tutte le cavie, umane comprese”) lo può e lo deve fare, difendendo a ogni costo le proprie idee. Senza di lui, per la memoria, la LAV non esisterebbe. “Eppure il vento soffia ancora”. Ciao Alberto.
@glfelicetti
Per quanta giustizia possa esserci in una città, basterà la presenza del mattatoio a farne una figlia della maledizione. Per quanto nobile possa essere una ricerca di medicina, la sperimentazione su esseri viventi ne farà sempre una figlia della maledizione. Solo un vero vegetariano è capace di vedere le sardine come cadaveri e la loro scatola come una bara di latta; un mangiatore di carne neanche se lo chiudono nel frigorifero di una macelleria avrà la sensazione di coabitare con dei cadaveri squartati”. Guido Ceronetti - “Il silenzio dell’anima”
DIREZIONE E REDAZIONE SEDE NAZIONALE LAV Onlus VIALE REGINA MARGHERITA 177 - 00198 ROMA TEL. 064461325 r.a.; FAX 064461326 Email: info@lav.it • Internet: www.lav.it DIRETTORE RESPONSABILE: Giacomo Bottinelli DIRETTORE EDITORIALE: Maria Falvo HANNO COLLABORATO Gaia Angelini, Roberto Bennati, Giacomo Bottinelli, Antonella Buceti, Carmen Caballero, Carla Campanaro, Gianluca Felicetti, Silvia Felicetti, Francesca Gramazio, Ilaria Innocenti, Michela Kuan, Barbara Paladini, Simone Pavesi, Maurizio Santoloci, Paola Segurini, Claudia Squadroni, Ilaria Tordone, Ciro Troiano PROGETTO GRAFICO: Michele Leone FOTO COPERTINA: Dreamstime AUT. TRIB. ROMA 50/84 - dell’11.2.1984 ISCR. REG. NAZ. STAMPA 4086 - dell’1.3.1993 ISCR. ROC 2263 - anno 2001 DTP-STAMPA Arti Grafiche “La Moderna” Via Enrico Fermi 13-17 Guidonia Montecelio (RM) CARTA Dalum Cyclus Print (100% carta riciclata) CHIUSO IN TIPOGRAFIA il 21 gennaio 2016 RIPRODUZIONI degli articoli sono auspicate ma consentite solamente con l’autorizzazione della Direzione Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana Packaging in Mater-Bi: biodegradabile e compostabile Nata nel 1977, la LAV ha per fine la Liberazione animale, l’affermazione dei diritti degli animali non umani e la loro protezione, la lotta alla zoomafia e la difesa dell’ambiente. Si batte per l’abolizione della vivisezione, della pesca, della caccia, delle produzioni animali, dell’allevamento, del commercio, degli spettacoli con animali e dell’utilizzo di qualsiasi essere vivente. Difende la Terra e i suoi ecosistemi. La LAV combatte lo specismo lottando contro ogni forma di violenza, prevaricazione e sfruttamento, per il rispetto del diritto alla vita, alla dignità e alla libertà di ogni individuo umano e non umano. LA LAV È • cofondatrice della Federazione Italiana Associazioni Diritti Animali e Ambiente • riconosciuta Ente Morale con Decreto Ministeriale 19.5.1998 e Onlus Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale; • riconosciuta associazione che persegue finalità di tutela degli interessi lesi da reati contro gli animali (Decreto 2/2009 EN.AS. - D.M.Salute 2.11.06 Legge 189/04) • riconosciuta associazione di protezione ambientale con Decreto Ministeriale 15.2.2007 (legge 349/86); • dal 1995 componente della Commissione Nazionale Allevamenti e Macelli del Ministero della Salute (legge 623/85); • dal 1999 firmataria di un Protocollo d’Intesa con il Ministero della Pubblica Istruzione allo scopo di “promuovere la diffusione e l’approfondimento dei temi dell’educazione al rispetto di tutti gli esseri viventi nelle scuole di ogni ordine e grado” • dal 2007 Ente abilitato al rilascio di crediti ECM (Educazione Continua in Medicina) presso il Ministero della Salute • membro di Eurogroup for Animals, della European Coalition to End Animal Experiments, della Fur Free Alliance, di ENDCAPtivity QUOTE ANNUALI DI ISCRIZIONE E RINNOVO (OGNI DODICI MESI) ALLA LAV • ORDINARIO 30 euro • GIOVANILE (fino a18 anni) 18 euro • FAMIGLIA 45 euro • SOSTENITORE 46 euro • BENEMERITO 150 euro • STRAORDINARIO 500 euro • PER SEMPRE (chiama 06 4461325) VERSAMENTI INTESTATI A LAV • CC POSTALE 24860009 • CC BANCARIO n. 501112 Banca Popolare Etica - Filiale di Roma - Via Rasella 14 - 00187 Roma (cordinate IBAN) IT16 E050 1803 2000 0000 0501 112 Conservate le ricevute postali e bancarie delle donazioni alla LAV: potete dedurle dalla prossima dichiarazione dei redditi, ai sensi della legge 460/97 nel limite di 2.065,00 euro all’anno; per le aziende fino al 2% del reddito d’impresa.
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Testare fumo, alcol e droghe sulle cavie
non ci guarirà di Michela Kuan
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l 2015 è stato un anno di grandi cambiamenti che hanno segnato per sempre la storia della vivisezione. Due i fatti principali: la sentenza di condanna delle figure più importanti che lavoravano a Green Hill, l’allevamento di beagle destinati alla vivisezione, e l’accordo per la dismissione dei macachi stabulati all’Università di Modena con cessazione delle attività sperimentali sui primati. Due vittorie epocali che hanno minato fortemente la lobby vivisettoria nel nostro Paese. Questi risultati sono stati possibili anche perché abbiamo ottenuto l’inserimento di criteri maggiormente restrittivi rispetto alla Direttiva europea n.63 del 2010, grazie al famoso articolo 14, diventato poi 13 (della Legge di delegazione europea 96/2013), che ha introdotto numerosi miglioramenti: siamo l’unico Stato in Europa ad esserci riuscito! Ottenendo, almeno sulla carta, una delle leggi più rigide al mondo in materia di sperimentazione animale. La strada è ancora lunga e il nostro obiettivo è una ricerca totalmente senza animali, ma sono stati fatti grandi passi e non dobbiamo permettere che si torni indietro. Tra i divieti più noti, quello di allevare cani, gatti e primati non umani destinati alla vivisezione e il non poter mai più usare scimmie antropomorfe (i nostri cugini più stretti come lo scimpanzé e gli oranghi) o animali per esperimenti bellici; sembra assurdo ma ancora oggi si impiegano cani, maiali, topi, capre, uccelli etc… per testare armi o condurre test militari. Il Decreto 26, entrato in vigore nel 2014, però, non ha rispettato del tutto i criteri previsti dall’articolo 13 tra cui il bando verso gli xenotrapianti (cioè trapianti di organi tra specie animali diverse: in Italia usiamo soprattutto maiali e scimmie) e di sperimentare su animali droghe, alcol e altre sostanze d’abuso
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a cui si aggiunge il riutilizzo di animali solo per sperimentazioni classificate come “lieve” o “non risveglio” e non più come “moderate”, di un animale già impiegato in procedure classificate gravi. Infatti, il bando di queste procedure è previsto solo dal 1 gennaio 2017, ma l’aver posticipato questi divieti potrebbe essere uno stratagemma per non rispettarli, posticipandoli ulteriormente a data da definirsi. Sulla fattibilità di rispettare tale data, dovrà esprimere un parere, entro il 30 giugno 2016, il Centro di Referenza Nazionale sui metodi alternativi, che coincide con l’IZS di Brescia e nello specifico, il Laboratorio del reparto dei substrati cellulari ed immunologia cellulare, il quale “speriamo ci sorprenda” non dando parere contrario. Ma al di là della disponibilità di metodi sperimentali alternativi a quelli animali, i divieti devono essere rispettati, sia perché lo prevede la legge, sia perché gli esperimenti in questi campi sono atroci, anacronistici e da decenni
non portano a nulla, se non finanziamenti per chi li esegue. Per questo motivo la LAV scenderà in piazza nei weekend del 5-6 e 1213 marzo per chiedere al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin che vengano rispettati questi divieti, lanciando una campagna nazionale di raccolta firme che terminerà nel 2016. Il nostro Paese deve pretendere una ricerca diversa per gli animali e per l’uomo, perché sperimentare su altre specie porta a dati inutilizzabili per la nostra e lascia tossicodipendenti, ragazzi sempre più giovani con problemi di alcolismo, e malati di tumore ai polmoni, senza una cura e senza adeguate informazioni di prevenzione. Inoltre, è importante sottolineare come gli effetti tossici di alcol e fumo per l’uomo siano
Il 5-6 e 12-13 marzo scendi in piazza con noi: scopri dove su www.lav.it
www.lav.it
Foto: Rauchen Peta
noti da decenni: possibile che si possa ancora far inalare nicotina per giorni a ratti, o somministrare forzatamente alcol a femmine gravide per analizzarne gli effetti sui feti? Oltretutto, spesso, gli studi sulle sostanze d’abuso vengono condotti senza anestesia, quindi in modo doloroso, solo per citare alcuni esempi: per verificare l’effetto delle sostanze sul comportamento dei ratti e dei topi si eseguono dei classici test, molto usati nella ricerca farmacologia, chiamati tail flick e hot plate. Il primo consiste nell’applicare alla coda degli animali una pressione con una pinza per valutare il loro comportamento allo
stimolo dolorifico, che varia in virtù della sostanza d’abuso somministrata e in base all’eventuale dipendenza arrecata. Gli animali rispondono con vocalizzazioni, tentando di togliere la pinza con i denti. Il test dell’hot plate, dalle finalità analoghe, consiste nel posizionare gli animali su una piastra riscaldata; per alleviare il dolore dovuto alla temperatura elevata della piastra, gli animali sollevano e leccano gli arti. Università dell’Insubria (2009) Ratti di 3 mesi con impianti elettrici nel cervello sono stati inseriti in piccoli box di contenimento e trattati con MDMA tramite iniezioni addominali e sottoposti a livelli di rumore molto alti per oltre tre ore, con lo scopo di dimostrare che nei soggetti trattati con la droga si registrava iperattività cerebrale. Farmacologia, Catanzaro, Italy (2006) Per studiare gli effetti tossici dell’esposizione all’alcol nei neonati, dei piccoli di ratto sono stati separati dalla madre e messi in una gabbia per tre ore al giorno, costretti a inalare vapori densi di alcol. Al termine dell’esperimento, durato complessivamente tre mesi, ad alcuni animali sono state iniettate direttamente nel cervello alcune sostanze chimiche per poi essere soppressi dopo quattro giorni. Un altro gruppo è stato direttamente ucciso e sezionato. Dipartimento di psicologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano (2015) Una scienza senza animali non è solo possibile, ma doverosa! La LAV da anni finanzia progetti di ricerca basati su test sostitutivi e quest’anno anche il ricavato delle uova di Pasqua aiuterà a creare nuove prospettive di lavoro, nuove speranze per i malati e, soprattutto, a fare un passo in più per svuotare le gabbie dei laboratori. Diffondi la petizione e fai sapere a tutti che l’Italia può cambiare!
Il 5-6 e 12-13 marzo firma la petizione!
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n laboratorio le sostanze d’abuso vengono testate su topi e ratti e quasi sempre senza anestesia, mentre per gli xenotrapianti si ricorre a suini e primati. All’estero studi su droghe sono condotti anche con scimmie (macachi, uistitì e babbuini). Nei fine settimana del 5-6 e 12-13 marzo firma anche tu la nostra petizione per chiedere il bando definitivo di questi test crudeli e scientificamente infondati: ti aspettiamo ai nostri tavoli informativi (cerca il più vicino nella lista piazze pubblicata su www.lav.it ). Ai tavoli troverai anche le nostre buonissime uova di Pasqua (in cioccolato fondente del commercio equo e solidale) con le quali offrire un ulteriore sostegno a questa campagna. E se vuoi dedicarci il tuo tempo e il tuo entusiasmo, partecipa come volontario alle nostre attività! Un’esperienza motivante che ti permetterà di condividere impegni importanti con tanti nuovi amici che come te hanno a cuore i diritti degli animali. Per scoprire come basta inviare un’e-mail a: sedilocali@lav.it o telefonarci al numero 06 4461325. Non mancare all’appuntamento LAV più importante dell’anno, ti aspettiamo! Impronte • febbraio 2016
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Genova, la LAV finanzia ricerche
senza uso di animali
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a LAV finanzia due borse di studio all’Azienda ospedaliera universitaria San Martino Ist - Istituto Nazionale per la ricerca sul cancro (Genova), dedicate alla linea di ricerca cellulare huvec (Human Umbilical Vein Endothelial Cells - cellule endoteliali della vena ombelicale umana). Una ricerca etica senza animali, utile ai malati. La LAV sostiene concretamente i metodi di ricerca sostitutivi, e per questo ha scelto di finanziare lo sviluppo di protocolli sperimentali che sostituiscono l’attuale uso di animali, o parti di essi, nella ricerca. Seguendo questo impegno, abbiamo devoluto 20.000 euro all’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova, per la creazione di due borse di studio dedicate ad avviare la linea di ricerca cellulare HUVEC, utile per lo studio della formazione di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi – che alimenta il cancro) e delle funzioni delle cellule endoteliali. La banca cellule dell’IRCCS, Azienda ospedaliera universitaria San Martino - Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova, è un punto di riferimento a livello nazionale per la fornitura ai ricercatori di cellule umane di qualità garantita. Una linea cellulare primaria molto utilizzata è proprio la HUVEC. Le cellule, isolate dal cordone ombelicale di donne che lo abbiano volontariamente messo a disposizione della ricerca, possono essere utilizzate solo per pochissimi “passaggi”, rendendo quindi costantemente necessario produrne di nuove. Con l’aiuto della LAV la banca cellule potrà attivare questo progetto e produrre, validare e distribuire una linea HUVEC, oltre a sostenere “una cultura della donazione dei tessuti” fondamentale per il coinvolgimento e la sensibilizzazione dei cittadini che devono essere protagonisti attivi di una nuova scienza. Tale finanziamento, è reso possibile grazie
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Da sinistra: la dott. Barbara Parodi, il Dir. Generale Mauro Barbino, la biologa Michela Kuan (resp. LAV Vivisezione) e il dott. Paolo Strada
al contributo dei tanti cittadini che hanno scelto di devolvere alla LAV il 5x1000, aiutando l’Associazione a fare ogni giorno passi in avanti per una ricerca etica, innovativa e utile per i cittadini. Il ricorso a questo tipo di sperimentazioni, presso un centro che lavora nell’ambito della ricerca sul cancro, è fondamentale per mettere a disposizione della comunità scientifica campioni di tessuto tumorale, frammenti di tessuto vascolare, campioni di tessuto ner-
Non solo è possibile, ma è doveroso fare una ricerca senza vivisezione voso centrale e periferico, sangue e suoi derivati e cellule staminali. Tale accordo è la prova più concreta della reale applicazione dei metodi sperimentali che non fanno uso di animali, in risposta a chi ci attacca, negando l’esistenza della ricerca senza animali che invece è una realtà all’avanguardia, scientificamente affidabile e indubbiamente utile. Le colture cellulari possono essere utilizzate in moltissime ricerche, infatti costituiscono il materiale di partenza per l’estrazione e la purificazione
di proteine o acidi nucleici; in altri casi sono utilizzate per analizzare un particolare comportamento biologico (proliferazione, capacità di organizzare un particolare tessuto, proprietà adesive e migratorie, risposta immune) oppure possono anche essere usate per eseguire test diagnostici, per rigenerare in vitro tessuti o organi (cute, midollo emopoietico, osso, ecc.) e anche per uso terapeutico (terapia cellulare). Oggi, purtroppo, molti animali vengono allevati e soppressi per fornire organi e tessuti su cui sperimentare; l’implementazione della disponibilità di colture umane permetterà una riduzione immediata del ricorso a quelle animali e l’ottimizzazione di protocolli di ricerca. Genova non è un palcoscenico nuovo nell’impegno per i metodi di sperimentazione senza animali, infatti l’Università da tempo lavora fruttuosamente nelle tecniche in vitro e si impegna nella formazione di ricercatori e studenti tramite corsi tecnici e teorici sui metodi alternativi. Il sostegno e l’implementazione dei metodi sostituivi è anche un passo fondamentale per contrastare la crisi finanziaria in Italia, offrire posti di lavoro in questo importante ambito della ricerca.
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Scandalo macello Italcarni di Barbara Paladini
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o scandalo del macello Italcarni di Ghedi (Brescia), è balzato agli onori della cronaca nazionale per la richiesta di rinvio a giudizio di due veterinari della Asl di Brescia e dei dipendenti del macello, presentata dalla Procura il 9 novembre scorso per i gravi abusi inflitti ai bovini: animali in gravi condizioni, non più in grado di reggersi sulle zampe che, anziché essere macellati in allevamento come prevedono le norme o, in ultima analisi, sul camion, venivano scaricati e spinti con trattori o muletti, trascinati con catene e spinti con forconi. L’ennesima conferma, a quasi dieci anni dalla nostra prima denuncia relativa al trasporto di “mucche a terra”, di una prassi zootecnica evidentemente ancora molto diffusa nel nostro Paese, che i servizi veterinari nei mattatoi continuano a non sanzionare in maniera adeguata, tanto da essere oggetto di numerosi richiami da parte degli ispettori dell’ufficio veterinario Europeo. Le drammatiche immagini girate presso la struttura, pubblicate su Il Fatto Quotidiano, e poi trasmesse da L’Arena di RAI 1, hanno scosso la
Il prossimo, inevitabile passo, deve essere la chiusura del macello coscienza degli italiani e delle Istituzioni, tanto che il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha annunciato l’istituzione di una task force Ministero-Nas, per verificare lo stato dei controlli sui macelli di bovini nel Bresciano. Un provvedimento che la LAV aveva chiesto all’indomani del sequestro del macello da parte della Procura di Brescia. La LAV ha anche chiesto al Presidente della Regione Lombardia il commissariamento dei Servizi veterinari della Asl di Brescia, in seguito alla pubblicazione delle di-
chiarazioni dell’amministratore unico di Italcarni che avrebbe ammesso i maltrattamenti contestati, confermando la leggerezza nei controlli effettuati dalle autorità sanitarie. Affermazioni sconcertanti che, per l’ennesima volta, hanno portato alla luce le evidenti falle di un sistema di controllo assolutamente inadeguato e incapace di tutelare gli animali e la salute dei cittadini, già evidenti con l’inchiesta di Green Hill. La Procura aveva anche evidenziato la correlazione tra i maltrattamenti sugli animali ed il rischio sanitario per il consumatore. Le carni degli animali macellati in quelle condizioni, infatti, presentavano una elevatissima carica batteriologica, fino a 50 volte superiore al consentito, come certificato dall’IZS di Torino. Altra anomalia era rappresentata dalla convenzione tramite la quale il Comune di Ghedi ha concesso l’uso della struttura, di proprietà comunale, al titolare del macello, cognato del Sindaco di Ghedi: un evidente conflitto d’interessi. Il prossimo, inevitabile passo, deve essere la chiusura del macello Italcarni, anche in via amministrativa: un atto dovuto, richiesto e previsto dalla regolamentazione sui controlli veterinari. Impronte • febbraio 2016
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Prosegue su www.coraggioconiglio.it la petizione per riconoscere i conigli come animali familiari. L’appello della dolce Sophie e di Luca Abete
E adesso salviamoli tutti! di Roberto Bennati
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i chiama Sophie, è un dolcissimo coniglio e in compagnia di Luca Abete, inviato di Striscia la notizia (Canale 5), ha aderito alla campagna #CoraggioConiglio di LAV e Animal Equality, realizzando per noi un breve video-appello - disponibile sul canale www.youtube.com della LAV – nel quale insieme spiegano quanto sia assurdo consentire che il coniglio, l’animale domestico più diffuso dopo il cane e il gatto, sia destinato all’alimentazione. Nessuno mangerebbe mai un cane o un gatto, eppure si continua a consumare la carne dei conigli. Si tratta di animali del tutto inermi, che subiscono fino alla morte un sistema d’allevamento e di trasporto ultra intensivo tra i più agghiaccianti. In poche settimane la nostra campagna per il riconoscimento dei conigli come animali familiari, ha già raccolto più di 50 mila firme. Ogni adesione è importante: se non lo hai ancora fatto, firma anche tu la petizione su www.coraggioconiglio.it e invita amici e parenti a sostenere questa campagna. Insieme ad Animal Equality abbiamo documentato le terribili condizioni di allevamento, trasporto e macellazione dei conigli, attraverso una dettagliata video investigazione trasmessa dal Tg1 Rai e da “Servizio Pubblico” su Il Fatto Quotidiano on-line, solo per citare le principali testate giornalistiche che stanno seguendo questa campagna. Le immagini da noi raccolte, realizzate anche con telecamera nascosta, oltre a confermare le agghiaccianti condizioni di vita di questi animali negli allevamenti intensivi, mostrano, per la prima volta in Italia, la brutalità delle operazioni di carico dei conigli, prima dell’invio al macello. Uno dei filmati ritrae animali ammassati a decine, uno sull’altro, nei
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Conigli in allevamenti ultraintensivi, lanciati con violenza e sbattuti nelle gabbie: la denuncia di lav e Animal Equality. Fermiamo questo orrore! Luca Abete inviato di Striscia la notizia, con Sophie ha aderito a www. coraggioconiglio.it
carrelli usati per portarli al carico, lanciati con violenza nelle gabbie, in condizioni di totale abuso, con pratiche vietate dalle leggi europee sul trasporto degli animali. Pratiche e abusi di questo tipo, sono vietati sia dalle leggi europee che dal nostro codice penale: si tratta infatti, oltre che di violazioni alla legge sul trasporto, di veri e propri maltrattamenti di animali, che sottoporremo all’autorità giudiziaria. Ancora una volta, con una nostra investigazione, registriamo come prassi zootecniche illegali, configuranti veri e propri abusi sugli animali, non siano oggetto di controllo da parte dell’autorità pubblica, e ci
chiediamo come sia possibile, da parte dei servizi preposti, confermare ad ogni verifica, che questi allevamenti siano in regola. Alla luce di queste nuove rivelazioni, facciamo appello al Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, e al Ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, affinché intervengano urgentemente, mettendo in discussione questo sistema di allevamento e gli abusi che lo contraddistinguono. A dispetto degli oltre 50mila cittadini che hanno aderito alla campagna #CoraggioConiglio, sottoscrivendo la petizione per il riconoscimento degli conigli come animali familiari, proseguono impuniti maltrattamenti e abusi su milioni di animali, nel silenzio delle istituzioni. Con la tua firma su www.coraggioconiglio.it puoi contribuire, insieme a noi, a salvare gli oltre 30 milioni di conigli che ogni anno sono allevati e uccisi in Italia.
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Socio?
È importante!
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11-12 giugno 2016
Partecipa al nostro Congresso nazionale
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abato 11 e domenica 12 giugno i soci della LAV sono chiamati a partecipare al Congresso nazionale dell’associazione. Sul prossimo numero di Impronte vi sarà la convocazione formale con l’indicazione della sede dei lavori e l’ordine del giorno. Intanto segnate la data sulla vostra agenda! Fra i temi del Congresso, appuntamento che sarà preceduto da un importante Convegno nazionale il venerdì 10, segnaliamo l’esame del Documento di Programmazione delle Attività 2017 e il rinnovo del Consiglio
Direttivo e del Collegio di Garanzia per il prossimo biennio. A tale fine si informano i soci che, come consuetudine, è stata stabilita la data di 60 giorni prima della data del Congresso, in questo caso l’11 aprile prossimo, come scadenza per la presentazione delle candidature al rinnovo dei due organi statutari (via email a cd@ lav.it o via lettera indirizzata a Segreteria CD LAV – Viale Regina Margherita 177 – 00198 Roma). Il Consiglio Direttivo nazionale LAV
i aspetta un nuovo anno di battaglie per i diritti degli animali. Il 2015 è stato ricco di avvenimenti, e anche il 2016 si prospetta davvero pieno di attività: ma nessun traguardo sarebbe possibile senza avere tutti i soci LAV al nostro fianco. Diventando socio LAV è possibile prendere parte alle nostre attività: partecipare non solo agli eventi più importanti della vita associativa, come il Congresso nazionale, ma anche svolgere attività di volontariato e attivismo con le nostre Sedi locali. Potrai aiutarci a salvare degli animali, a sensibilizzare cittadini e Istituzioni, ottenere nuove leggi, portare il tema dei diritti degli animali nelle scuole. Potrai aiutarci concretamente a combattere l’indifferenza e l’ignoranza che fanno tante vittime, purtroppo, anche tra gli animali. Quest’anno, inoltre, tutti gli iscritti alla nostra associazione potranno usufruire di uno sconto del 6% sui viaggi ferroviari con Italotreno e del 10% sull’acquisto dei prodotti de L’Erbolario (presso i punti vendita indicati su www.lav. it), una delle aziende cruelty free certificate, che da anni ci aiuta in tante battaglie per i diritti degli animali. Al nostro fianco nella complessa ma vittoriosa battaglia per l’abolizione dei test cosmetici sugli animali, L’Erbolario condivide con noi l’esigenza di favorire l’etica del rispetto per tutti i viventi. Unisciti a noi, tante attività di ci aspettano nei prossimi mesi per rendere le nostre città e paesi un posto migliore anche per gli altri animali. Essere un socio LAV è importante. Per iscriverti o rinnovare l’iscrizione alla nostra associazione, contattaci al tel. 06 4461325 o su www.lav.it Impronte • febbraio 2016
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Foto: Rachela Z. Cecchini
Salviamo gli animali
di Gorgona L’isola modello di convivenza e civiltà di Claudia Squadroni
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orgona, nell’Arcipelago Toscano, è l’ultima isolacarcere italiana, teatro negli ultimi venti anni, di una esperienza eccezionale, in cui il percorso rieducativo dei detenuti si intreccia al percorso di tutela degli animali presenti sull’isola, sottratti ai meccanismi di sfruttamento zootecnico e, quindi, alla morte per macellazione. Un luogo di sperimentazione e di eccellenza, oggi messo in pericolo da una riorganizzazione amministrativa che rischia di cancellare le molte conquiste consolidate negli anni: un riassetto al quale ci siamo fermamente opposti, promuovendo la mobilitazione con altre associazioni e di singoli cittadini, con una petizione e un appello per salvare il “modello Gorgona”. Nel corso degli anni, infatti, sull’isola hanno trovato spazio nuove forme di convivenza tra umani e animali, di cui hanno beneficiato sia questi ultimi, sia i detenuti. A dare impulso a questo processo, il
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Dott. Marco Verdone, medico veterinario e omeopata, che a Gorgona ha lavorato per 25 anni, sviluppando riflessioni e prassi innovative nel rapporto uomo-animale, raccolte e documentate in numerose pubblicazioni. A Gorgona i detenuti godono di una certa libertà, in rapporto alla loro condizione: estendere questa libertà anche agli animali che ven-
Un luogo di sperimentazione e di eccellenza, dove hanno trovato spazio nuove forme di convivenza tra umani e animali gono allevati, sforzarsi di capire di quali diritti gli animali siano portatori e di quali diritti mancati noi umani siamo responsabili nei loro confronti, ha rappresentato un passaggio essenziale per interiorizzare il rispetto per i più “deboli”, in un percorso di crescita personale e di rieducazione verso una giusta, equa e corretta convivenza. Tra gli interventi maggiormente rappresentativi, la richiesta avanzata all’ex Direttore del carcere di
Gorgona, Carlo Mazzerbo, della “grazia” - ovvero della salvezza dalla macellazione - data a diversi animali presenti sull’isola, con il riconoscimento nel 2014 dei primi animali graziati e l’attribuzione dello status di “animale rifugiato e cooperatore del trattamento”. Ma il “Progetto Gorgona”, isola dei diritti, dello Stato, dei detenuti e anche degli animali, è oggi messo a rischio dalla decisione dell’Amministrazione penitenziaria di esternalizzare la gestione delle attività produttive, affidando a un soggetto privato anche gli animali presenti sull’isola. Oggi il Dott. Verdone non è più consulente della Casa di Reclusione dell’isola di Gorgona la cui direzione è stata cambiata e trasferita, con un accorpamento di competenza che fa capo alla Casa Circondariale di Livorno. Cambiamenti che impattano duramente sul modello di rieducazione e che rischiano di vanificare anni di lavoro e di conquiste, per gli uomini e gli animali. Per questo motivo ci siamo mobilitati, per chiedere lo stop definitivo delle uccisioni di animali sull’isola e di salvaguardare il modello ispirato
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Il Libro
L’ISOLA DELLE BESTIE di Marco Verdone Marotta&Cafiero Editori
Foto: Rachela Z. Cecchini
ai principi di una rieducazione non violenta. Dopo la petizione promossa da LAV, Essere Animali e Ippoasi-Fattoria delle Pace, firmata da migliaia di cittadine e cittadini, e una recente mozione approvata in Senato nel maggio 2015 - che impegna il Governo a “valorizzare e promuovere buone pratiche come l’esperienza di reinserimento e recupero dei detenuti del carcere dell’isola di Gorgona attraverso attività con animali domestici”- è stata la volta di importanti persone del mondo giuridico, della cultura e dello spettacolo, che, indirizzando l’appello al Ministro della Giustizia Andrea Orlando e alle altre massime cariche dello Stato – Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Presidente del Consiglio Matteo Renzi e Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi - hanno firmato un documento dal titolo inequivocabile: “Appello per Gorgona: l’isola delle buone pratiche nella relazione umano-animale”. L’appello: ripercorre alcune delle tappe fondamentali che hanno caratterizzato il percorso di tutela degli animali
presenti sull’isola, sottraendoli ai meccanismi di sfruttamento zootecnico e, quindi, alla morte per macellazione; chiede, per tutti gli animali presenti sull’isola, che tale percorso, iniziato con la stesura della “Carta dei diritti degli animali di Gorgona” e proseguito con l’emanazione di “Decreti di Grazia” per alcuni ani-
Occorre passare dalle parole ai fatti, bloccando la cessione dell’attività di gestione degli animali sull’isola mali dell’isola, giunga al proprio definitivo compimento. In uno dei principali punti dell’appello si legge infatti: “Vi chiediamo di tutelare la vita di tutti gli animali presenti sull’isola, riconoscendo la loro soggettività e il loro status di “esseri senzienti” (cosi come affermato nell’articolo 13 del Trattato di Lisbona) e sottraendoli da ogni forma di vendita o sfruttamento per finalità produttive nonché dalla morte per macellazione.
Attraverso l’esperienza diretta sull’isola di Gorgona, l’autore parla di detenzione umana ma anche di condizione animale: entrambi reclamano giustizia e uno sguardo nuovo. Lo sfruttamento e l’uccisione degli animali sono, infatti, incompatibili con la missione istituzionale del carcere.” La mozione particolare che impegna il Governo, approvata grazie alla nostra mobilitazione e al sostegno di tanti cittadini, costituisce un importante presupposto affinché non venga dispersa la positiva esperienza di recupero dei detenuti sull’isola di Gorgona, così come di tutela delle decine di animali come bovini, suini, pecore, capre, cavalli e galline che non devono essere utilizzati né venduti per la produzione e la macellazione. Ora però occorre passare dalle parole ai fatti: con questo appello chiediamo che si blocchi la cessione dell’attività di gestione degli animali sull’isola, recuperando gli intenti e le professionalità che negli anni hanno consentito a questo carcere di essere un positivo esempio a livello nazionale, e non solo, per il perseguimento dell’obiettivo costituzionale del recupero dei detenuti, e della tutela degli animali, come previsto dal Trattato dell’Unione Europea. Impronte • febbraio 2016
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Storia di un’adozione felice per Nero, ex “cane perisoloso” recuperato dalla LAV
Un lieto fine
da favola di Federica Faiella
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bbiamo imparato a conoscere ognuno di loro, ci siamo adoperati per riscrivere la storia di cani e gatti il cui destino sembrava segnato per sempre, per garantire tutto ciò che per anni era stato loro negato: un’alimentazione sana e differenziata, assistenza medica costante, cucce accoglienti, corse all’aria aperta e soprattutto il supporto di tanti volontari, di validi professionisti e del nostro educatore cinofilo Mirko. Il loro è stato un lavoro scrupoloso e silenzioso, fatto di piccoli gesti quotidiani, di interazione e contatto, di soddisfazioni continue, di segnali impercettibili che riempiono il cuore di gioia, di inserimenti in famiglia molto complessi eppure ben riusciti. Storie come quella di Bobby, che da più di un anno vive beato tra le colline emiliane insieme a Sonia e suo marito. Per lui un lieto fine da favola! Un bollino rosso con la scritta “cane pericoloso” e per questo, per tutti, destinato a rimanere relegato in un box; per tutti ma non per noi. Sulla strada di Nero, il nuovo nome
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scelto per Bobby dalla sua famiglia adottiva, noi della LAV e Mirko che siamo andati oltre quella definizione di cane pericoloso e siamo riusciti a leggere nel suo sguardo e nei suoi atteggiamenti minacciosi solo tanta paura a causa delle violenze subite. Da quel giorno abbiamo affrontato insieme un percorso che ha portato Nero a superare parte dei traumi, garantendo il suo inserimento in una splendida famiglia, quella di Sonia.
Ecco il racconto di Sonia:
“È un cucciolo di 40 chili…”. Così Mirko ci ha presentato Nero, il meticcio rottweiler che abbiamo preso in affido dopo il sequestro del canile Parrelli. Affabilità e competenza sono i primi aggettivi a cui penso se devo riferirmi a Mirko. La descrizio-
ne del carattere e dell’indole del cane che abbiamo preso in casa con noi ha rispecchiato totalmente la realtà. Nero era detenuto in cella d’isolamento con il bollino rosso di cane pericoloso, ma Mirko ne ha fatto un ritratto tutto diverso e Nero non ha mai mostrato segni di aggressività. D’altro canto, non ci ha illustrato un’adozione facile, perché Nero comunque è un derivato rottweiler di 40 chili e va gestito e tenuto in un certo modo. Senza allarmismi né finzioni ci ha aiutato suggerendoci qualche strategia per mettere il cane nelle condizioni di ambientarsi. Nero era agitato per ogni rumore nuovo, per ogni ombra, per ogni auto o camion che gli si avvicinava troppo. Mirko si è reso disponibile al telefono nei giorni e nelle settimane successive all’adozione per rispondere a ogni dubbio, perplessità o per fugare qualsiasi timore. Lui e Federica ci hanno portato Nero direttamente nella nostra casa, sulle colline di Parma, e hanno aspettato mio marito che rientrava da un viaggio di lavoro per assicurarsi che tutto fosse a posto. Sono più di 9 mesi che Nero è con noi, è un cane socievole sia con le persone
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Sonia con Nero
Se anche tu vuoi contribuire a scrivere il lieto fine alla storia di uno dei cani o dei gatti tratti in salvo dal canile Parrelli e accoglierlo nella tua vita, scrivi a adozioni@lav.it o chiamaci al numero 3394044528 che con gli altri cani; a meno che non siano maschi di grossa taglia, lui va verso gli altri in pace, con le femmine nessun problema. Con le persone in generale è aperto, si avvicina per primo, si fa accarezzare; in giardino è in allerta ma se capisce che chi si avvicina è a posto, si fa accarezzare anche al cancello. Adora andare in auto; gli ho preso un trasportone gigante, dove può stare comodo; viene volentieri dalla veterinaria anche se è stato operato. L’odio per i gatti è passato, si è abituato a vederli e gli sono indifferenti. Adora stare in casa, Mirko aveva ragione, ma se stiamo in giardino lui sta volentieri con noi. Ama rotolarsi sull’erba e stare sdraiato al sole (quando non fa troppo caldo). L’odio per le moto è passato, è rima-
sto solo quello per le bici… A parte i primi 10 giorni di adattamento, si è abituato alle nostre regole e ai nostri ritmi; in casa è bravissimo, non sale sui divani, non gratta sulle porte per uscire, ti fa capire cosa vuole senza essere insistente. Ha due basi, la coperta in anticamera, dove sta alla mattina e durante la notte, e un tappeto davanti al camino, dove sta al pomeriggio e alla sera. Adora il caldo del camino e non si è mai scottato, sa che c’è il fuoco, ma quando fa freddo e nevica si sdraia come una foca sulla spiaggia. È molto dolce, affettuoso. Ci adora ma in particolare adora mio marito. Se è spaventato, impaurito o insicuro cerca lui, ma io sono l’infermiera di casa, la dispensatrice di coccole. È un grande giocherellone, anche se
così non sembra. Con il passare dei mesi ha smesso di perdere pelo, il manto si è fatto lucido e folto, la dermatite si è risolta. Abbiamo avuto questo problema con la prostata, ma è comune nei cani senior, vogliamo solo che stia bene nell’ultima parte della sua vita. È molto ubbidiente, con lui non serve urlare, basta un tono di voce serio e fermo e lui capisce. Sta bene al guinzaglio, non tira (bici a parte); ha smesso di raccogliere schifezze da tutte le parti perché sa che mangia sempre e bene. In casa è molto silenzioso a meno che non ci sia un rumore sospetto, ma è raro. Per noi è un cane ideale. Nero non può parlare, ma lo faccio io per lui: grazie di aver visto il buono che c’è in lui!” Sonia Impronte • febbraio 2016
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diamoci una zampa
Hanno bisogno di te di Federica Faiella
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ei nomi, sei storie di gravi maltrattamenti e di privazioni, sei cani a cui la vita non ha regalato nulla e che per anni sono stati costretti a vivere in box fatiscenti, hanno patito il freddo e il caldo torrido e non hanno mai conosciuto il calore e le attenzioni che solo una famiglia sa donare. Sono trascorsi alcuni mesi dal giorno in cui li abbiamo tratti in salvo ma non vogliamo perdere le speranze: siamo certi che presto anche per loro si apriranno le porte di una casa accogliente, abitata da persone speciali che sapranno far dimenticare a Stella, Fiocco, Teo, Bianchina, Wolf e Luna anni di dolore e sofferenza.
Wolf e Luna Hanno 11 e 12 anni, sono arrivati al canile Parrelli nel 2008 e lì hanno convissuto, nello stesso box, per sette lunghi anni. Sono stati spettatori diretti di gravi maltrattamenti, il loro sguardo parla da solo e racconta una storia di dolore. Noi non ci arrendiamo e cerchiamo per loro una famiglia speciale, senza altri cani, che voglia rallegrare gli ultimi anni della loro vita.
Per conoscere gli altri cani che cercano casa:
www.lav.it/cosa-puoi-fare-tu/emergenza-parrelli
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Stella
Teo
Un corridoio lungo e buio, un odore insopportabile, un pianto disperato proveniente dall’ultimo box in fondo a sinistra: dalle grate faceva capolino un musetto così dolce da togliere il fiato, quello di Stella simil husky, obesa a causa del mancato movimento e della pessima alimentazione. In questi mesi si è totalmente ripresa anche dal punto di vista fisico. È dolce e predisposta alla vita in famiglia, si affeziona subito e ti accoglie con calore ed entusiasmo.
Quando lo abbiamo tratto in salvo era reduce da un’aggressione subita da un compagno di box, l’ennesima violenza e nessuna tutela da parte di chi aveva il compito di proteggerlo. Con noi può sentirsi finalmente al sicuro; le nostre attenzioni però non bastano, Teo ha bisogno di essere adottato. A causa delle violenze subite è preferibile non inserirlo in una famiglia con altri cani e bambini, non perché sia aggressivo o pericoloso ma perché è particolarmente provato dalla convivenza in box. Siamo certi che una volta inserito in un contesto tranquillo, riacquisterà immediatamente la serenità persa.
L’adozione scelta d’amore L’adozione è una scelta d’amore. Ti aiuteremo nella scelta del cane più adatto alle tue esigenze, lo accompagneremo nella nuova casa e ti forniremo tutta la documentazione medica. Non ti lasceremo solo: se deciderai di adottare uno dei cani, potrai godere del supporto gratuito del nostro educatore cinofilo durante l’inserimento. Per info scrivi a: adozioni@lav.it o telefona al numero 339.4044528 Per conoscere gli altri cani che cercano casa: http://www.lav.it/ cosa-puoi-fare-tu/ emergenza-parrelli
Fiocco Per un solo anno ha potuto assaporare il bello della vita in famiglia, poi si sono aperte le porte del canile e Fiocco ha trascorso gli ultimi sei anni in uno stato di degrado e abbandono. Con il nostro aiuto si sta piano piano tranquillizzando e sta esternando la sua vera natura: è vivace, giocoso ed esuberante. Sarà un compagno ideale: vuoi adottarlo?
Bianchina Sulla porta del suo box c’era scritto “cane pericoloso” e per questo è stata relegata per anni in pochi metri. Nel suo sguardo solo tanta paura. Faceva capolino dalle tegole di legno usurate e si rintanava in un angolo appena qualcuno le si avvicinava. Poi sulla sua strada due angeli, i volontari Assunta e Flavio che sono riusciti a farle superare parte dei traumi. È un cane di una dolcezza infinita, che non vi lascerà mai soli. Suggeriamo l’inserimento in una famiglia che non abbia gatti. È abituata a convivere con cani maschi. Impronte • febbraio 2016
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I vegani sono alieni
o vengono dal futuro?
dI Paola Segurini
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etti un pomeriggio al Mercato di Porta Genova a Milano, in un dehor accogliente e pieno del sole d’inizio autunno. Metti circa venti tavolini con due sedie, un allestimento essenziale e colorato, e un grande tabellone per le prenotazioni dei libri. Sì perché di libri, anche se vivi e umani si è trattato e della prima – probabilmente al mondo - Biblioteca Vivente Vegan, organizzata il 31 ottobre dalla nostra associazione, in collaborazione con la Cooperativa ABCittà, nell’ambito degli eventi programmati nel capoluogo lombardo in occasione della fine di Expo2015 e del World Vegan Day (1 novembre). “È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”, recita una citazione nientemeno che di Einstein. Ed è proprio così: nonostante le evidenze scientifiche, il crescente dibattito pubblico sul tema delle scelte alimentari e la vasta diffusione di informazioni sull’alimentazione vegetale, per molti la scelta vegana rimane oggetto di pregiudizi e false credenze e i vegani risultano – nell’immaginario collettivo - personaggi bizzarri, misteriosi e lontani. La Biblioteca Vivente è un metodo innovativo e coinvolgente, sperimentato in tanti Paesi e nei contesti più dissimili, che si basa sulla consapevolezza, anzi sull’evidenza, di come interagendo direttamente con uno o più rappresentanti della categoria verso la quale proviamo diffidenza e abbiamo preconcetti sia estremamente più facile cambiare idea, capire motivazioni sciogliere il pregiudizio. Gli scaffali e i libri di carta sono sostituiti da libri in carne ed ossa. Per leggere i libri non è necessario sfogliarne le pagine, ma semplicemente parlare, fare domande, ascoltare le loro vicende. Venti volumi, venti storie, rac-
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La Biblioteca Vivente è un metodo innovativo e coinvolgente, sperimentato in tanti Paesi e nei contesti più dissimili contate dalla viva voce dei protagonisti: Lidia, Carla, Gianluca, Massimo, Manuel, Amit… tanti nomi di tante vicende. Ogni “lettura” è stata un percorso originale, stabilito in momento per momento tra libro e lettore ed ha condotto su svariate strade, quanto svariate sono le esperienze di ognuno di noi. Il catalogo dei libri ha aiutato i frequentatori della speciale biblioteca a scegliere, in base a delle brevi ma esaustive “quarte di copertina” a scegliere tra “La mucca calorifero”, “La bambina dei cavalli”, “Le Papille etiche”, “Serpenti al supermercato”, “La sostenibile leggerezza dell’essere vegano”, per citarne alcune. Personaggi noti come Paola Maugeri, giornalista e conduttrice radiofonica/tv, Andrea Morabito e Claudio Colica, regista e attore
della web serie “The Vegan Chronicles”, Annamaria Manzoni, scrittrice, psicologa e psicoterapeuta, Giuseppe Lanino, attore, Leonardo Caffo, filosofo, scrittore e giornalista, il nostro Presidente Gianluca Felicetti e l’avvocato Carla Campanaro. E poi Mara Di Noia, la Vegachef autrice di “Tutto il resto è soia”, Manuel Marcuccio dell’apprezzatissimo UnoCookBook, e Felicia Sguazzi, seguita blogger de “Le delizie di Feli”. E anche altre persone, rappresentative della vita cruelty free, non popolari ma non per questo meno affascinanti. Le “consultazioni” sono durate tre ore, al ritmo di un lettore ogni trenta minuti, per ogni “tomo”. Come in ogni evento letterario che si rispetti, ci sono state le recensioni finali, commenti redatti su apposite schede, dai frequentatori di ogni “pubblicazione”. Il riscontro è stato molto positivo, l’interazione tra persone è stata una scelta vincente, che ha davvero scalfito in modo importante le barriere e annullato la cecità frutto della conoscenza solo superficiale delle motivazioni all’origine della scelta di vivere in modo vegano.
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Delfini in cattività? Cinque principali motivi per non tenerli in una vasca
di Joan Gonzalvo*
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ttualmente, in tutto il mondo, sono tenute in cattività almeno 19 specie di cetacei (balene, delfini e focene). Nell’UE, vi sono oltre 300 delfini tenuti in cattività, fra i quali quelli più comunemente impiegati a scopo di esposizione nei delfinari sono i tursiopi, una specie alla quale dedico la maggior parte della mia attività di ricerca e conservazione da oltre 15 anni. In questi anni, ho passato centinaia di ore in compagnia dei delfini selvatici, osservandone i comportamenti e le interazioni con altri esemplari della stessa specie e con un ambiente in rapida evoluzione. Un’importante parte del mio lavoro in mare consiste nella fotoidentificazione, una tecnica che ci consente di individuare ciascun membro di un gruppo di delfini attraverso alcuni segni caratteristici (ad es. cicatrici e graffi), presenti prevalentemente sulle pinne dorsali. Nel corso degli anni, osservandoli regolarmente, questi delfini sono entrati a far parte della mia vita: ho imparato a riconoscerne alcuni, a prima vista, attraverso i segni sulle loro pinne dorsali, ma anche attraverso l’unicità della loro personalità, delle loro emozioni e, tavolta, dei loro sbalzi di
umore. Mi riesce difficile accettare l’idea che queste magnifiche creature vengano tenute prigioniere e che la loro vita nei parchi marini e nei delfinari sia così drammaticamente diversa da quella allo stato selvatico. Da anni, l’industria dello spettacolo cerca di fornirci delle giustificazioni per il fatto di tenere confinati i delfini; quelle più ricorrenti sono l’educazione del pubblico, la conservazione e la ricerca. In questo articolo, cercherò di indicare cinque principali motivi per i quali vi è incompatibilità fra la vita in cattività ed i delfini.
I delfini sono animali intelligenti e con capacità cognitive Se definiamo l’intelligenza animale come il grado di flessibilità mentale o comportamentale che porta ad individuare nuove soluzioni, in natura o in laboratorio, allora l’intelligenza dei delfini è indubbia. La letteratura comportamentale e psicologica abbonda di esempi delle sofisticate capacità cognitive dei delfini, i quali hanno buona memoria e consapevolezza di sé, sono in grado di risolvere problemi e dotati di molte altre abilità che evidenziano la loro capacità di elaborare informazioni e di gestirle di conseguenza. La complessità delle comunicazioni fra i cetacei è stata spesso
considerata come un ulteriore potenziale indicatore della loro intelligenza; infatti, la capacità dei delfini di comunicare o trasmettere informazioni attraverso i fischi è paragonabile a quella di molti linguaggi umani. I delfini, con la complessità e le grandi dimensioni del loro cervello, hanno sempre affascinato tutti. La loro intelligenza è almeno equivalente a quella delle grandi scimmie e, forse, dei bambini. Paradossalmente, è proprio l’intelligenza che ha portato a utilizzare questi animali per gli spettacoli, grazie alla loro capacità di comprendere le istruzioni impartite dagli esseri umani e di imparare giochi e numeri acrobatici al solo fine di intrattenere il pubblico.
I cetacei sono predatori caratterizzati da un’alta mobilità Allo stato selvatico, i delfini sono esposti ad un ambiente ricco e in costante evoluzione. In mare sono sempre in movimento e nuotano per centinaia/ migliaia di miglia. I tursiopi che si trovano nel Mediterraneo mostrano spesso un alto grado di attaccamento ai luoghi, rimanendo nello stesso arcipelago o nella stessa insenatura per tutto l’anno; in ogni caso, si tratta di aree che si estendono per centinaia di chilometri quadrati.
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Tuttavia, essi possono spostarsi a grande distanza. Ad esempio, nella Grecia occidentale, dove i tursiopi sono considerati perlopiù stanziali, abbiamo osservato - attraverso la fotoidentificazione - lo spostamento di nove esemplari fino a ad una distanza di 265 km. I movimenti e le attività dei delfini sono dettati in gran parte dalla disponibilità di prede. Le strutture che detengono cetacei a scopo di esposizione affermano che la cattività, con la certezza della disponibilità e dell’abbondanza di cibo, fa venir meno la necessità per i cetacei di spostarsi quotidianamente su grandi distanze. A prescindere dai motivi che stanno alla base della scelta di un dato areale di distribuzione, l’unica certezza che dà il confinamento dei delfini in una vasca - che, nel migliore dei casi, è lunga solo sei-sette volte il loro corpo - è la mancanza di condizionamento aerobico e l’essere perennemente costretti a nuotare in tondo. I cetacei esplorano il loro ambiente utilizzando la loro capacità di ecolocalizzazione (una sorta di sonar). La loro percezione del mondo è soprattutto acustica, tanto diversa dalla nostra che ci è praticamente impossibile immaginare che cosa vedono. I delfini non sfruttano molto le loro capacità di ecolocalizzazione quando sono in cattività rispetto a quando si trovano, invece, in un ambiente naturale. E perché dovrebbero farlo? In cattività, non ne hanno bisogno perché l’ambiente circostante è monotono, prevedibile e caratterizzato da un’altissima visibilità. Delfinari ed acquari non possono in alcun modo riprodurre gli habitat naturali di queste specie. I livelli naturali di attività, la socialità, i comportamenti durante la caccia, le percezioni acustiche, la natura e l’essenza stessa di queste creature, che ho avuto la fortuna di osservare attraverso gli anni nel loro ambiente naturale, sono tutti gravemente compromessi dalle circostanze della cattività (cioè ambienti angusti e sterili). Mentre sto scrivendo questo articolo, c’è chi si sta godendo le ferie estive al sole del Mediterraneo e chi sta scherzando in piscina. Per noi umani, la piscina è legata al divertimento e al tempo libero; per alcuni, è anche una valvola di sfogo, per sfuggire, nuotando, alle preoccupazioni. Queste piscine, tuttavia, perderebbero certamente le loro attrattive, come luoghi di divertimento e relax, se noi fossimo delle creature perfettamente adattate, attraverso milioni di anni di
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evoluzione, ad un ambiente acquatico tridimensionale, senza confini ed in costante evoluzione, ma fossimo costrette a rimanere lì, a fare ripetutamente giochi ed acrobazie per ottenere cibo o per superare la noia e lo stress dovuti al fatto di essere rinchiuse fra muri di cemento.
Le relazioni sociali hanno un ruolo di importanza primaria per la vita e il benessere di delfini e balene I delfini formano società complesse, con una molteplicità di ruoli e reti sociali. Ricerche a lungo termine sui tursiopi hanno indicato che essi adottano modelli di raggruppamento di fusione-fissione, in cui gli individui si aggregano in gruppi molto dinamici, che cambiano di dimensioni e composizione, spesso di giorno in giorno o di ora in ora. Queste reti cooperative si fondano sull’apprendimento e sulla memoria. La cultura, intesa come la trasmissione dei comportamenti appresi, è uno degli attributi dei cetacei che li differenzia di più dalla magggioranza delle altre specie non umane ed è probabilmente basata su avanzate capacità di apprendimento sociale. Quando si verifica qualche conflitto fra i membri di un gruppo di delfini allo stato selvatico, la situazione si risolve facilmente attraverso la dispersione (uno dei membri in conflitto si allontana temporaneamente o permanentemente dal gruppo) o il cambiamento di alleanze; queste strategie non sono perseguibili in contesti di cattività. Gli animali in cattività si ritrovano in raggruppamenti sociali artificiosi determinati dagli esseri umani, in aree piccole e ristrette, e le pressioni sociali ai quali sono sottoposti possono aumentare quando essi non hanno alcuna via di fuga, provocando spesso comportamenti sempre più aggressivi. Il conseguente enorme stress sofferto dai delfini in cattività può facilmente peggiorarne le condizioni fisiche, con problemi riproduttivi e fisiologici, fino a causarne la morte.
I delfini hanno sensibilità psicologica ed emotiva Come dimostrato dai risultati cumulativi di decenni di studi condotti in condizioni di cattività o in campo, i delfini posseggono neuroni fusiformi-cellule cerebrali specializzate per elaborare le emozioni e per aiutarci nelle interazioni sociali. Si ritiene che tali cellule ci consentano di provare amore e sofferenza emotiva. Che i delfini abbiano emozioni
e provino dolore per un lutto è qualcosa di cui sono stato testimone nel 2007, quando nel golfo di Arta (Grecia) mi sono imbattuto in una femmina adulta di tursiope che, per almeno due giorni, ha continuato a interagire con il suo cucciolo neonato, morto da poco. Come ricercatore, devo evitare di lasciarmi influenzare dai sentimenti e dare interpretazioni arbitrarie, ma in questo caso non ho avuto alcun dubbio: ho visto una mamma provare dolore per la perdita della prole. Nei due giorni di osservazione, non si è mai allontanata dal cucciolo. Ha continuato a toccarlo con il rostro e le pinne pettorali, portando il cadaverino in superficie, forse nel disperato tentativo di aiutarlo a respirare. In tutte queste osservazioni, l’équipe di ricerca ha potuto udire quello che qualcuno a bordo ha descritto come pianti strazianti. Osservazioni analoghe di quello che è noto come comportamento epimeletico (cura ed attenzione) nei confronti di individui morti o feriti e in difficoltà, sono state riportate da altri colleghi impegnati nello studio dei cetacei. Le femmine dei delfini accudiscono i piccoli e, durante il loro lungo periodo di dipendenza infantile, che nei tursiopi può facilmente arrivare a circa tre anni, la madre dedica la maggior parte delle proprie energie alla cura e all’addestramento dei piccoli, in quello che viene considerato come un intenso periodo di apprendimento. E’ stato così suggerito che la perdita di un piccolo può indurre nella mamma una forte spinta a soccorrerlo, anche se morto. Non dobbiamo lasciarci ingannare dall’onnipresente “espressione sorri-
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dente” dei delfini: i loro veri sentimenti sono diversi, specialmente quando sono tenuti in cattività. Non dimentichiamo che il loro “sorriso” è solo un’illusione anatomica dovuta alla struttura delle mandibole. I delfini muoiono con lo stesso “sorriso”.
L’industria dello spettacolo sostiene di avere necessarie finalità educative, promuovendo sempre più le proprie strutture di mantenimento di animali in cattività come centri di conservazione Ho recentemente scritto un articolo, intitolato “Valutazione degli spettacoli con i delfini nei delfinari italiani”; lo studio aveva lo scopo di determinare se tali spettacoli riflettevano effettivamente i comportamenti naturali dei delfini - come previsto dalla normativa italiana - e, in base alla mia esperienza, quanto erano utili e precise le informazioni fornite ai visitatori al fine di sensibilizzarli e accrescerne l’interesse per i cetacei e la loro conservazione. La mia conclusione è stata che, durante gli “show” nei delfinari, non è stato dato alcun insegnamento in relazione ai comportamenti naturali, all’ecologia e ai problemi di conservazione dei cetacei. I delfini sono stati presentati al pubblico in atteggiamenti grotteschi, come strumenti di intrattenimento, piuttosto che come mammiferi sociali complessi. E’ errata l’affermazione ricorrente dei delfinari che gli spettacoli con i delfini - considerati da molti visitatori il “clou” del tour - offrono la grande opportunità di fare un’esperienza
educativa. La principale finalità di queste rappresentazioni è quella di intrattenere e divertire il pubblico, invece che fornire informazioni sulla reale natura di queste affascinanti creature marine, celando la crudeltà dell’evidenza, cioè che gli “attori” di questi spettacoli sono animali tenuti prigionieri ed esibiti con il fine ultimo di fare soldi.
Allora, quale deve essere il nostro percorso in futuro? Dobbiamo riconoscere che i delfini sono esseri complessi e senzienti e tener conto dei loro bisogni fisici, fisiologici e comportamentali. Tenere i delfini in cattività è contrario ai più elementari principi di umanità e compassione e, come tale, da respingere. Dobbiamo perciò considerare inaccettabile mantenere i cetacei in cattività a scopo di esposizione. Esistono alternative ben più educative alle visite ai delfinari: non solo le attività di osservazione responsabile e controllata dei delfini, ma anche i sempre più diffusi programmi di “citizen science”, che offrono a cittadini o scienziati dilettanti l’opportutà di partecipare a progetti di ricerca e conservazione dei delfini e di acquisire un’esperienza diretta in materia. Questi progetti consentono ai partecipanti di fare un’esperienza estremamente gratificante e agli scienziati di avere un aiuto sul campo e di reperire ulteriori fondi, essenziali per i progetti a lungo termine. Vi sono altre alternative valide e più economiche di apprendimento informale, quali musei, documentari, mostre di realtà virtuale e
libri che - particolarmente oggi, con la disponibilità di tecnologie e risorse multimediali - possono risultare efficaci per educare il pubblico sui temi dei cetacei e della loro conservazione. Non possiamo negare che gli studi in cattività abbiamo contribuito notevolmente, nel corso degli anni, ad incrementare la conoscenza di queste creature. Tuttavia, tenere i cetacei in cattività a fini di ricerca è un’idea difficilmente sostenibile da un punto di vista etico. In base a tutto ciò che sappiamo oggi, è indispensabile ripensare il nostro approccio a questo tipo di studi. Un’altra alternativa, che ha avuto particolare impulso in questi ultimi anni, è la “Interspecies Cooperative Research”, una modalità innovativa per rispondere agli interrogativi della ricerca svolgendo studi in condizioni naturali e nel rispetto dell’autonomia dei singoli cetacei. L’ICR si focalizza sui cetacei allo stato libero che hanno iniziato a socializzare o hanno scelto di socializzare con gli esseri umani in natura. Ciò potrà determinare innovazioni metodologiche e fornire preziosi spunti per sviluppare nuovi metodi di ricerca in condizioni naturali e nel rispetto dell’autonomia dei singoli cetacei. Infine, se i cetacei sono da ogni punto di vista gravemente compromessi dalla cattività, in cui né il loro ambiente fisico, né quello sociale possono essere riprodotti, con conseguente noia e frustrazione, allora tutti i delfini in cattività devono essere liberati? Quando viene chiuso un delfinario o un delfino vivo si è spiaggiato e non è possibile il salvataggio immediato e il rilascio in natura, è difficile trovare una soluzione adeguata per ospitare questi animali lontano dal loro ambiente naturale. In entrambi i casi, il recupero e il reinserimento in natura sarebbe l’alternativa ideale. Tuttavia, se per una serie di motivi, il reinserimento è ritenuto non praticabile, questi delfini rimangono nel limbo della vita in cattività. Per fronteggiare queste situazioni, sempre più comuni, è di importanza vitale creare riserve o oasi per i delfini, al solo fine di assicurare cure e rifugio a questi animali, in condizioni che siano il più possibile simili a quelle dei loro habitat naturali, utilizzando, ove necessario, metodi di riabilitazione e senza che la cultura dello spettacolo e dell’intrattenimento del pubblico entri in competizione con il benessere degli animali. *Biologo marino
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Diario dal Borneo
L’ultimo rifugio degli oranghi I
di Michela Kuan*
l problema della produzione dell’olio di palma, e della deforestazione che ne deriva, è ormai noto a livello globale. Intere foreste vengono bruciate per ricavarne terreni coltivabili, con conseguenti ingenti danni ambientali e il massacro di moltissimi animali. Tra questi, ci sono gli orangutan che, in aree come il Borneo indonesiano, stanno rapidamente scomparendo. Ciascuno di noi può e deve fare la propria parte per porre fine a questo sterminio, scegliendo di non acquistare prodotti che contengano olio di palma, lanciando un chiaro segnale alle industrie che ne fanno uso. Ma è possibile fare anche di più, aiutando concretamente chi ogni giorno si occupa della cura e della riabilitazione degli orangutan, contribuendo alla salvaguardia della loro specie. Ed è qui che inizia questo racconto… “Ho deciso di partire per il Borneo e lo consiglio veramente a tutti:
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preparare lo zaino e andare a dare una mano a chi cerca di far sopravvivere una terra che sta scomparendo e, con lei, le incredibili creature che la abitano, gli orangutan. Queste scimmie, che condividono con noi animali umani circa il 98% del DNA, non sanno difender-
Ciascuno di noi può e deve fare la propria parte per porre fine a questo sterminio, scegliendo di non acquistare prodotti che contengano olio di palma si se non con la propria forza fisica e cadono vittime delle industrie che bruciano la foresta per creare spazio coltivabile. Chi di loro non muore ustionato, tenta di scappare e viene picchiato fino alla morte. Qui, nel centro di riabilitazione per orangutan che ho recentemente visitato, ho potuto vedere le radiografie di animali con fratture mul-
tiple agli arti e alla schiena, lasciati agonizzare, tetraplegici, nei campi per settimane, individui con oltre 15 pallottole nel corpo e cuccioli senza dita, perché mozzate dal machete che ha reciso per sempre il legame con la loro mamma. La riabilitazione di primati complessi come gli orangutan è un percorso lungo, fatto di varie fasi, che inizia con un primo stadio in cui gli animali entrano in contatto, mai diretto, con l’uomo, che fornisce loro frutta, semi e giochi con cui passare il tempo, per poi arrivare a uno stadio successivo, in cui hanno a disposizione un’enorme zona recintata, dove devono imparare a cavarsela da soli. Infine, l’ultimo passo: il rilascio in natura, un’operazione che richiede che le associazioni che difendono gli orangutan affittino estese aree di giungla per oltre 60 anni, in modo da avere, almeno per un po’, la certezza che queste non vengano distrutte. Affinché gli animali possano essere rilasciati in queste aree, inoltre, occorre trasportarli in
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gabbie attraverso la foresta, camminando per giorni. Una grande fatica, che viene ampiamente ripagata dall’espressione degli oranghi quando tornano a casa: un ultimo grido di libertà e corrono lontano senza voltarsi… In queste “riserve”, circa 200 oranghi vivono liberi in grandi spazi delimitati soltanto da corsi d’acqua, perché non sanno nuotare. Purtroppo però, una ventina di loro è costretta in gabbia e ci resterà per sempre. Infatti, infettati dalla tubercolosi umana, questi orangutan non potranno mai essere rilasciati: un’altra violenza frutto del dominio senza scrupoli della nostra specie. Come se non bastasse, gli oranghi continuano a essere ridicolizzati per i turisti nei circhi e negli zoo, vengono strappati dalle madri per fare fotografie, e addirittura depilati per essere sodomizzati, un’immagine così terribile da riempire i miei incubi per giorni. Ma non ci sono soltanto aspetti dolorosi, in questa esperienza. Tra i ricordi più cari che mi porterò a
Foto: Borneo Orangutan Survival Foundation
casa c’è l’ora del tramonto, quando, dopo aver raccolto giganti foglie di zenzero, le portiamo agli oranghi in gabbia, mentre loro allungano le mani fuori dalle sbarre, aspettando impazienti il loro piccolo dono. Usano le foglie per crearsi un giaciglio per la notte, e ogni giorno pre-
È necessario lottare con determinazione e cercare di far aprire gli occhi alle persone, in ogni angolo del mondo: chilometri di giungla stanno bruciando parano un letto diverso, formando materassi di foglie intrecciate. È commovente guardarli sistemare minuziosamente ogni singolo stelo, per poi sdraiarsi soddisfatti su un fianco e chiudere gli occhi. Tra poche ore lascerò questo spicchio di mondo e oggi è davvero una triste alba avvolta nel fumo. La nebbia arriva dalla foresta in fiam-
me, che brucia da giorni per mano di uomini senza scrupoli, che perseguono denaro facile, dalle conseguenze devastanti. Mi pervade un senso di amara impotenza e ho la costante sensazione di lottare contro i mulini a vento, come se dovessi affrontare un plotone di esecuzione, armata solo di un ramo. Eppure, nonostante le difficoltà, è necessario lottare con determinazione e cercare di far aprire gli occhi alle persone, in ogni angolo del mondo: chilometri di giungla stanno bruciando da giorni e sui quotidiani italiani e internazionali non c’è traccia della notizia! Spero che, leggendo queste parole, qualcuno di voi decida di mettere un paio di scarponi e dei guanti spessi nella valigia e di partire come ho fatto io, perché non servono né denaro né particolari conoscenze per lottare per la salvezza del nostro Pianeta, solo il desiderio di aiutare questi esseri meravigliosi e le mani per lavorare”. * Biologa, responsabile LAV Vivisezione Impronte • febbraio 2016
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Personalizza il tuo messaggio di auguri e ti invieremo via email il Certificato di adozione e una busta così potrai consegnare di persona il tuo regalo: prepara forbici e nastro, impacchetta il tuo regalo e Buon San Valentino! Scegli un regalo che fa battere il cuore, regala un’Adozione a distanza!
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