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Salviamo gli oceani prima che sia troppo tardi

Pesca

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Gli oceani appaiono sterminati. L’aggettivo “oceanico” fa subito pensare alle traversate epiche di Colombo, Magellano e tanti altri navigatori coraggiosi. Ma oggi ci siamo accorti che gli oceani sono fragilissimi. Questi grandi bacini d’acqua stanno soffocando a causa nostra. Un problema prima di tutto per il popolo blu che vi abita, ma anche per gli ecosistemi terrestri e quindi per noi. Se viviamo, è perché c’è l’oceano: senza, non ci sarebbe la vita. Ecco le principali minacce che deve affrontare.

Nel mondo vengono pescati circa 90 milioni di tonnellate di pesce all’anno! Con la pesca a strascico, che consiste nel trainare una rete sul fondo del mare, i fondali si trasformano in deserti, visto che le reti distruggono qualunque cosa incontrino. Inoltre, la maggior parte dei pesci viene ributtata in mare, perché poco interessante dal punto di vista economico o alimentare. Purtroppo, è molto diffusa anche la pesca illegale, che genera un volume d’affari fino a 23 miliardi di dollari all’anno. Si parla di sovrasfruttamento quando una specie è così ridotta da non potersi riprodurre e la maggior parte dei predatori dell’oceano sono sovrasfruttati: lo squalo, il tonno, il pesce spada e la cernia, fondamentali per la salute degli ecosistemi marini, si riducono sempre più, visto che non riescono a riprodursi abbastanza velocemente per stare al passo con le catture.

© Archivio LAV

Reti fantasma

Moltissimi animali muoiono intrappolati in reti da pesca illegali, utilizzate in mare e abbandonate in acqua dai pescatori. Sono le reti fantasma, una minaccia mortale non solo per le tartarughe, ma per tutti gli animali marini. Le reti sono un rifiuto molto pericoloso per l’ecosistema, eppure molto spesso vengono “abbandonate” volontariamente in mare aperto dai pescatori, che tornano a recuperarle successivamente per vedere cosa è rimasto intrappolato fra le maglie.

Traffico delle navi

Ci si accorge del traffico marittimo solo quando ci sono incidenti eclatanti come quello della Ms Ever Given, incastrata nel Canale di Suez. Diversamente, quello delle navi resta un mondo a parte, poco conosciuto, lontano e quasi misterioso. Eppure, più dell’80% del commercio mondiale si svolge via mare e quello che trasportano le navi arriva direttamente a casa di tutti noi.

Petroliere

Ogni anno navi e industrie danneggiano il delicato ecosistema delle coste marine, in molte parti del mondo, rilasciando petrolio o inquinanti nei fiumi e nelle acque costiere. Anche gli ambienti in mare aperto vengono inquinati per incidenti a petroliere o scarichi illegali da parte delle navi.

Inquinamento plastico

C’è così tanta plastica negli oceani che alcuni scienziati hanno inventato una parola per descrivere micro e macrorganismi che vivono sui rifiuti: la plastisfera. Per ogni chilometro quadrato di mare, ci sono 46mila pezzi di plastica che galleggiano, un numero destinato a raddoppiare in dieci anni. La plastica negli oceani è ormai così numerosa che viene raccolta dalle correnti e forma vere e proprie isole galleggianti: ce ne sono nel Pacifico e nell’Atlantico. In un anno sono 8 milioni le tonnellate di plastica che finiscono in mare e tra 15 anni questi dati raddoppieranno.

Cambiamento climatico

L’innalzamento del livello marino è determinato dal riscaldamento globale che favorisce lo scioglimento dei ghiacciai. Gli Stati insulari (Maldive e isole del Pacifico) vedono minacciata la loro stessa esistenza e già alcuni atolli sono stati sommersi. Anche 1,3 miliardi di persone che vivono sulle coste possono vedere le loro abitazioni a rischio nei prossimi decenni.

Barriere coralline a rischio

© Glenn R. Specht-grs photo | Shutterstock

Le barriere coralline sono il più importante ecosistema del pianeta per la biodiversità ma ora sono a rischio, minacciate da tre nemici: l’aumento della temperatura dell’acqua causato dal riscaldamento globale; le acque che diventano più acide, facendo sciogliere l’esoscheletro dei coralli e sbiancandoli (bleaching); le creme solari che contengono l’oxybenzone che danneggia il Dna e le larve dei coralli del Mar Rosso, delle Hawaii e dei Caraibi.

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