Lazagne Magazine Issue #4

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COVER/ "ENRICO

ROCCAFORTE in

Hamlet's Portraits, Director A. Latella" photo © ANNA BERTOZZI issue# 4 | 2013

ESTERIORE o interiore external or internal

Editoriale Editorial 06 image: Marco Onofri / Shinoro Othake

Emili Bermùdes 10 Filippo Minelli 16 Fashion Store Air 26 Malekeh Nayiny 38 Marco Onofri 44 Simona Bertozzi 54

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EVENTS 64

Niba Massimo Barbini

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N IEN

CURIOSITY NIBA 76

Luca Freschi

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I EV

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CURIOSITY LUCA FRESCHI 96

Matilde Domestico 98 Liu Bolin 106 Rahul Krishnan 118 CURIOSITY RAHUL KRISHNAN 126

Paolo Fresu

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CURIOSITY MOSES LEVY 126

Carlo Zinelli

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EVENTS 148

Lamberto Petri The Fifth day

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LAZAGNE GROUP/ ANNA BERTOZZI / SABRINA RAVAGLIA / LARA VITALI

COLLABORATORS/ ELISA CANGINI / MICHELE PASCARELLA / ANDREA SALVATORI / FEDERICO MONTEFORI / ROBerta mash / CARLO ANDREA FALVELLA

CREDITS/ ELISA MONTALETTI / ENRICO ROCCAFORTE / ALESSIO BARBINI / MARCO ONOFRI / dmitry zhuravlev / 13.15 / Masha Efremenko / Eugene gribov /Sasha Milky / MONIK RASCAL / galleria melesi lecco / MILENA FADDA Tommaso Mattina / Maria Crocco / Gianpiero Trivisano / Galerie Paris-Beijing of Paris / Silvia Mattei / ALESSANDRO RIVA / SALVATORE arnone / carlo teo pedretti Fondazione culturale Carlo Zinelli / Alessandro Zinelli Stefano Nanni / Andrea Fabbri / PIERRE DARMON

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Artist:

Emili Berm첫des / Filippo Minelli / Fashion Store Air / Malekeh Nayiny /

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Marco Onofri / Simona Bertozzi / Niba Massimo Barbini / Matilde Domestico /

Luca Freschi / Liu Bolin / Lamberto Petri / Rahul Krishnan / Paolo Fresu.


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UNA POLIMORFA, INNNOCENTE, PRETESA La necessità di trasformarsi per esemplificarsi mimetizzandosi nella propria identità percettiva come in un software defrag che giochi a dadi con occhi bendati in un bit/pixel di un fotogramma. La necessarietà di spogliarsi davanti a un obbiettivo sperando che uno specchio in frantumi rifletta una singola immagine digitalmente unitaria che raggiunga la smisurata velocità del mondo contemporaneo per esserne presente, parteciparne, identificarsi distinguendosene, non è che un’icona plastica di un vivere feroce conseguente allo smarrimento, anche fosse romanticamente marinettiano. Proprio perché non romantico, proprio perché ormai il cosmo, l’ordine, è e ne è diventato la sua stessa contraddizione, la contradizione del gesto creativo individuale. Il tentativo del recupero e dell’amalgama dei colori caldi a fronte dei non lontani algidi grigi che rappresentavano più la timidezza di rappresentarsi che una verace volontà di imporre una propria visione di una nuova scheda logica adatta a ricomputare la realtà, arride, quasi compiuta ormai, anche nel narrarsi circense di un’introspezione più che psicologica, demotivatamente - in modo che ne demotivi la causa, narrativa. Una vecchia e nuova realtà, una realtà che trova nel creare arte gratuitamente e senza sforzi come sensazioni autogene di eterno. Ma in fondo non è questo che ci motiva, che motiva chi cerca e ricerca, chi crea e chi gusta e degusta, se non quell’attimo infinitesimale dell’oblio di se stessi, dell’oblio della propria stessa creazione quotidiana nell’interpretare la realtà? Ed ecco il mimetismo, l’assurda, ma solo apparentemente, pretesa di identificarsi con l’alterità stessa che ci rende unici, nel trasformismo di un monitor che debba per forza essere invertito nella saturazione e nei colori per reinventare ciò che non pare più evidente; una nuova realizzazione, una neorealtà che compiuta trova almeno un punto statico da dove ripartire. Un punto fermo dove poter fermarsi almeno e ricaricare il proprio hardware; solo con una presa in un bagno di un aeroporto però, tanta è la necessità di arrivare in fretta insieme a Wenders, Until the End of the World. Trasformarsi e trasformare per non deformare le forme fondamentali dei tre colori, delle sette note, delle quattro dimensioni, solo combinandole e ricombinandole all’infinito come in un gioco di quei dadi truccati dove il risultato è già certo ma è il saperli maneggiare l’arte. Cos’è questo se non l’eterno gioco della natura che si evolve, l’eterno gioco dell’uomo che si adegua a se stesso. Colori che mutano in suoni, parole che tradiscono immagini, pensieri che alterano la percezione. Carlo Andrea Falvella

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courtesy © marco onofri/ paris


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EDITORIAL LAZAGNE CLICK HERE

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A POLYMORPHIC, INNOCENT, PRETENSION The necessity if being transformed and exemplified by camouflaging into own perceptive identity as into a defrag software which casts dice blind fold by a frame bit/pixel. The necessarity of undressing before lens by hoping that a broken mirror reflects an unique digitally unitary image which achieves the immeasurable velocity of the present day world for being presentday world for being present, taking part, indentifying and distinguishing oneself; a plastic icon of the fierce life due to faint even would be romantically Marittian. Just because non romantic, just because the cosmos, the order, is and has already turned into own contradiction, that is that contradiction of individual creative act. The attempt of recovering and amalgamating warm coulors in comparison with the non remote glacial grays, which stored better for shyness of camouflaging than a true willingness of imposing an own vision of a new logical card suitable for re-computizing reality, attempts that already smiles without reason upon the circensian introspection more than psychological in such a way to not give reason – without cause, narrative. An old and new reality, a reality which gives feelings of autogenous eternity by creating art effortlessly and gratuitously. Eventually, is not that gives us the reasons for searching and researching, or gives us the reason for creating and enjoying that infinitesimal instant of forgetting himself and own same daily creation by explaining the reality? And this is the camouflage, the absurd, but only apparent, pretension of identifying ourselves into the same diversity that makes us unique into the transformis of a monitor, which must be reversed as to the saturation and coulors to devise what appears to be no more clear; a new achievement, a neoreality that once accomplished finds a firm point from where to restart. A firm point where to sland and recharge own hardware is possible; just by a socket in an airport toilet, so much is necessity for fastly arriving together with Wenders, Until the End of the World. To be transformed or to transform, to not deform the basic forms of the 3 coulors or the 7 notes, of the 4 space dimensions, to transform them only by combining and recombining endlessly as in a game of the those faked dice, where the outcome is certain and the art is into the ability of handling them. What is this but for the eternal game of the nature which is evolving, the eternal game of the human being who is adapting to himself? Coulors which change into sounds, words which fail into images, thoughts which alter perception. Carlo Andrea Falvella

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shinoro othake © BIENNALE VENICE 2013 9


Cosa consiglieresti di ascoltare come sottofondo alla tua intervista? What would you suggest listening to in order to enjoy your interview? SOUNDTRACK: 2CELLOS (Sulic & Hauser) - Benedictus

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Spider courtesy © Emili Bermùdes

Scoprire l'arte di Emili Bermùdes, è stata una folgorazione. Il suo modo introspettivo di rappresentare le donne, va oltre i confini della fotografia. Guardare le sue opere, è come entrare in una quotidianità condivisa, senza mai allontanarsi da una sottile inquietudine. Emili, le tue immagini danno la sensazione di essere rubate all'intimità altrui, esprimendo così... la propria intimità. Un modo per svelarsi ? o per celarsi? Vai dritta al punto, eh? Devo ammettere che la mia fotografia sta evolvendo esattamente nella direzione di cui tu parli. È divenuta un mezzo di auto-introspezione. La cosa strana è che a volte cerco di nascondere alcuni dettagli della mia vita privata, altre volte desidero svelarli, prima che lo facciano altri. Alla fin fine, penso che la questione sia un conflitto interiore, che cerca modi per essere risolto attraverso metafore visive.

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Desertion courtesy © Emili Bermùdes

Dance courtesy © Emili Bermùdes

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L'evanescenza delle tue opere sembra quasi un diniego al compromesso e trasforma la tua arte in un impetuoso scorrere di emozioni visive. Nessuna finzione. Solo stupore ? La chiarezza è una qualità propria delle ore di veglia, mentre la mia arte cammina nel mondo dei sogni. Così, le mie immagini si avvicinano alle visioni che abbiamo quando dormiamo. Immagini che possiamo ricordare solamente come rappresentazioni confuse: lì le figure umane spesso non hanno volto, i paesaggi sono offuscati, e anche se guardiamo le nostre stesse mani non ci è possibile percepirle distintamente. Sarebbe innaturale, per me, voler creare immagini chiare, nette. The evanescence of your works almost seems a refusal to compromise, transforming your art into an impetuous flow of visual emotions. No faking. Just astonishment? Sharpness is a quality of the waking hours. My art walks down the dream world. Therefore, my images are close to the visions we have when we sleep. We can only remember them as blurred representations: human figures often have no face, landscapes are veiled, even when we look at our own hands we can not perceive them clearly. It would be unnatural, to me, to create clear, sharp images!

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La capacità di dare vita al movimento, mostrare quello che vedi o quello che immagini? Quello che immagino, certamente! Le mie fotografie non vogliono essere logiche, “ragionevoli”… Nei miei lavori, io cerco l’impossibile: paesaggi con colori non realistici, forme che contengano movimenti immaginari… Ho studiato letteratura e poesia, quando ero molto giovane. Ora, sto trasformando queste discipline in qualcosa di visuale.

Is the ability of giving life to the movement about showing what you see or showing what you imagine? Showing what I imagine, of course! My pictures are not meant to be logical, “reasonable”... In my images, I look for what’s impossible: landscapes with unrealistic colors, shapes with imaginary movements... I studied literature and poetry, when I was very young. Now, I’m turning them into something visual.

Trilogìa#14 courtesy © Emili Bermùdes

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PLAY VIDEO

FILIPPO MINELLI

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Could you please suggest to me any revolutionary act?

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Una nuvola rosa, uno sbuffo inatteso; come si fa a non registrare questa piacevole anomalia, questo fumetto astratto fuori luogo e fuori tempo. Registrare un’immagine e trovare l’origine, senza mappa in non-luogo riconosciuto; come ascoltare per la prima volte delle parole e comprenderne il suono. Così ho scoperto il lavoro di Filippo, approfondita da una lettura lenta, scandita, dove i segni della parola ritornano ad un’origine. Come da bambini quando vicino alle prime parole da imparare compariva anche una figura, più facile da leggere, ma che presto si sarebbe allontanata…

Dalle immagini di Silence/Shapes ho scoperto il tuo lavoro e con sorpresa mi sono trovata a leggere foto e video con una curiosità nuova. Come l’immagine della nube colorata in luoghi estranei mi ha un po’ “inseguito”, il tuo modo di comunicare mi ha come risvegliato. Il messaggio, la comunicazione, che oggi risulta caotica e difficile per chi è “debole”, torna ad essere essenziale e a parlare una lingua comprensibile… Parole che ritrovano una dignità perduta; luoghi dietro l’angolo o impossibili da raggiungere, facce e popoli, tecnologia che ordina sentimenti ed emozioni, ma anche i modi della comunicazione sfacciata della pubblicità; è difficile mantenere un equilibrio tra il comunicare e protestare? Comunicare è sempre protestare, perché ogni affermazione ne nega un’altra. Non mi pongo molti problemi rispetto a quello che faccio, faccio quello che mi viene naturale, ognuno è libero di leggerlo a seconda della sensibilità personale.

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SILENCE/SHAPE Various locations, Europe. 2009

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Cosa consiglieresti di ascoltare come sottofondo alla tua intervista? What would you suggest listening to in order to enjoy your interview? SOUNDTRACK: Creedence Clearwater Revival 'Cotton Fields'

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Silence/Lines Various locations, Europe. 2009

pag. 16/17 SHAPE B/B Silence/Shapes, 2012 - SHAPE C/F , Chemicals on landscape, 2013 IGNORANCE, 2008 - hand-painted Sculpture

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Si percepisce anche una malinconia, intima e non invadente, quando i segni si amplificano in città su rovine o mescolata ad una natura riconoscibile ma non rassicurante… è dovuto alla tua esperienza diretta con il mondo o il messaggio porta inevitabilmente a convivere con i dubbi? La scelta dei luoghi non è mai casuale ma è la ricerca di un set fotografico già esistente. Ogni luogo deve amplificare il messaggio, a costo di rimandare allo stereotipo per essere più efficace. Malinconia è una parola italiana poco riuscita, a differenza di tante altre che hanno sfumature molto più diluite. I portoghesi usano la parola “saudade” della quale infatti noi non abbiamo traduzione, che non è semplice malinconia, ma una accettazione del passato che ci porta a convivere con la nostra condizione umana confidando nel futuro. Nella filosofia buddista è la consapevolezza della transitorietà dei momenti e della vita, del fatto che non siamo assolutamente necessari. Questi sono dati di fatto incontrovertibili, quindi la ricerca del dubbio è un esercizio intellettuale, non una conseguenza! 20


Marc Augè parla di “…uniformità che ha reso superficiale le immagini e l’informazione. Gli eventi cambiano senso per come sono conosciuti a livello locale, nazionale o planetario. Crediamo di sapere qualcosa del mondo, ma questa conoscenza si esprime solo per astrazioni”. Questa frase mi è venuta in mente quando ho guardato i lavori della mostra ITLI DI MRD, l'ho trovato fulminante come se un urlo silenzioso si fosse liberato. Che reazioni ha suscitato la rivelazione di un messaggio così forte e ignorato? Sarà, ma vivo fra persone che che questo messaggio non lo ignorano per niente! È stato divertente, tutto qui. La tua ricerca ti spingerà ai confini del mondo o a esplorare meglio i luoghi della memoria?

Postcards from Italy/3 Oil-paint on sublimation-print, 2011

Postcards from Italy/10 Oil-paint on sublimation-print, 2011

Questo non lo so proprio. Penso continuerò a fare entrambe le cose come ho sempre fatto, non vedo il motivo di darmi un limite. ITLIA DI MRD, learn to hate and then to write

Santa Europa da Esperança, Lisboa 2012 Traditional Portuguese azulejo Public installation

Could you please suggest to me any revolutionary act? Tudela de Navarra / Spain, 2011 Pag. xx - detail

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A pink cloud, an unexpected puff; how can you not notice such a pleasant anomaly? It’s like an abstract cartoon, out of place and out of time. It’s like recording an image and finding its source, without any map, in an unknown place. It’s like listening to some words for the very first time, finally understanding their sound. That’s how I discovered Filippo’s work, deepened by a slow reading, marked, where the signs of a word go back to its origin. It’s like when we were kids, when next to the first words that we had to learn there was a picture: easy to read, but also extremely labile…

I discovered your work with Silence / Shapes’ pictures, after which I started looking at photos and videos with a new curiosity, in a different perspective. Your image of the colored cloud in strange places has been “chasing” me. The way you communicate, at some point, woke me up. The message, the communication, which today is chaotic and difficult for those who are “weak”, returns to be essential and to speak a language that everybody can understand... Words that find a lost dignity, places around the corner or impossible to achieve, faces and people, a technology that sorts feelings and emotions, but also advertising’s communication techniques… is it difficult to maintain a balance between communication and protest?

CONTRADICTIONS Twitter - 2010

Communicating is always like protesting, because every statement denies another. I don’t have any problem with what I do, I just do what is natural to me. Everyone is free to interpret my work in his own way.

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BLACKOUT Plexiglass box and lights on power plant, Brescia - 2008

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You can also perceive an intimate and unobtrusive melancholy in your works, for example when signs are amplified in a city, or on ruins, or when they are mixed with a recognizable but not reassuring nature... does it all come from your direct experience into the world, or does the message inevitably lead to deal with doubts? The choice of a location is never random, it is the search for an already-existing photographic set. In order to be more effective, each site must amplify the message, even at the cost of reminding stereotypes. “Melancholy” is an Italian word that doesn’t really work, unlike many others, that have much more subtle nuances. Portuguese people use the word “saudade”, for which in fact we have no translation: it’s not just melancholy, it’s rather an acceptance of the past leading to bear the human condition, trusting in the future. In the Buddhist philosophy, there is the awareness of the impermanence of time and life, the fact that we are not absolutely necessary. These are incontrovertible facts, so the research of doubt is an intellectual exercise, not a result! 23


Marc Augé speaks of “...uniformity which made images and information superficial. Events have different meanings relating to how they are locally, nationally or globally known. We believe we know something of the world, but this knowledge is expressed only through abstractions”. This phrase came to my mind when I looked at the works in the ITLI DI MRD exhibition: I found them absolutely withering, as if a silent scream was freed. What kind of reactions has the revelation of such a strong and ignored message aroused? I live among people who do not ignore this message at all! It was fun, that’s all.

Will your search push you to the edge of the world, or to keep on exploring the places of memory? I do not really know. I think I will continue to do both things, as I always have. I see no reason to constrain myself.

www.filippominelli.com

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"An elephant called Italy" Kandy, Sri Lanka 2010

"Sri Lanka" Colombo, Sri Lanka 2010

FLAGS Bananas - Ulaan Baatar, Mongolia 2009

photo Š courtesy FILIPPO MINELLI 25


PLAY

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www.fashionair .ru 27


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L'idea che traspare immediatamente nel guardare le immagini instagram di AIR Fashion Store è la voglia di "comunicare". L'idea che attraverso le scelte estetiche, la moda, il design, gli oggetti d'arte e non, si possa far conoscere i propri pensieri. Realizzare uno spazio dove l'ARIA è più leggera, dove si respira la sensazione di essere in qualsiasi luogo e ricondurre tutto al gioco dell'estetica, racchiuso da una spiazzante ironia. Non prendersi sul serio per essere molto seri. Per parlare di "esteriore" nella moda abbiamo pensato a loro, al gruppo di Air, alla loro passione e alla loro visione che viaggia da Mosca al Giappone e viceversa. The idea that immediately emerges, in looking at AIR Fashion Store’s instagram pictures, is the urge to "communicate". The idea that through aesthetic choices, fashion, design, artistic and non-artistic objects you can spread out your thoughts. Creating a space where the AIR is lighter, where you can feel the sensation of being in any place and bring everything to the game of aesthetics, enclosed within a surprising irony. Not taking yourself too seriously, in order to be very serious. To speak of "appearance" in fashion, we thought of them, the Air group. We thought of their passion and their vision… travelling from Moscow to Japan and back.

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A I R 2

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MINTDESIGNS Boots. #airstore #mintdesigns #blackberry #boots #shoes #japan #design #fashion #ss2013 #moscow

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TADANORI YOKOO - Mona Lisa Toy. đ&#x;†˜ #airstore #tadanoriyokoo #monalisa #vinyl #japan #1960s #60s #toy #morningglory #art #sculpture #contemporaryart #blonde #moscow

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JUUN J Moulding Sweatshirt. #airstore #juunj #korea #fashion #design #totalwhite #moulding #stars #mens #unisex #sweatshirt #ss2013 #moscow


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Larisa e Vladimir, perché l'esigenza di ricercare una esteriorità lontana come quella del Sol Levante? Il Giappone non è solamente la tradizionale “terra del Sol Levante”. È anche la sua tecnologia, grandemente evoluta in molte aree: industria, ambiente, moda, ecc. Noi siamo attratti dal modo di pensare dei giapponesi: infantile e naïf, ma al contempo molto logico e pragmatico. Siamo attratti dal modo in cui percepiscono il mondo e da come lo rappresentano attraverso l’arte, l’industria della moda e le tecnologie. Larisa and Vladimir, why did you look for something as far as what comes from the Rising Sun?

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JUUN J Spring/Summer 2013 Tee Prints. #airstore #juunj #printed #tshirt #mens #womens #robot #alexandfelix #moscow #ss2013

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8~8NOZOMI ISHIGURO HAUTE COUTURE Hat Meets HARAJUKU Rings8~8 #airstore #nozomiishiguro #hautecouture #hat #harajuku #japan #fashion #rings #skull #moscow

Japan is not only the land of the rising sun. It’s also known for its advanced technology in many areas: industry, ecology, fashion and so on. We are attracted by the naive, childish and at the same time very logical and pragmatic thinking of the Japanese, their perception of the world and its representation in art, fashion industry and technologies.

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La moda si è rivelata la più volatile, ma contemporaneamente la più reattiva delle forze che hanno contribuito alla formazione delle società. Le fonti d'ispirazione sono sempre più eclettiche e spesso contraddittorie. Cosa amate di tutto questo "caos produttivo"?

Amiamo le sorprese, le inaspettate combinazioni di forme, trame e materiali. Tutto ciò è segno di creatività, ed evidenzia come il design sia parte centrale del processo creativo.

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Yohji Yamamoto Pour Homme, Bernhard Willhelm, Gareth Pugh, Nozomi Ishiguro Tambourine photo_ Dmitry Zhuravlev creative direction_ 13.15 Make-up_ Masha Efremenko HAIR_ Eugene gribov model_ Sasha Milky


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7 Fashion proved to be the most volatile, but also the most reactive, of the forces that contributed to the formation of societies. Its sources of inspiration are more and more eclectic, and often contradictory. What do you love, in all this "productive chaos"?

We love surprises, unexpected combinations of shapes, textures and materials. This displays creativity and represents design as part of the creative process.

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MOSCOW

Fresh W a v e

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FASHION STORE AIR

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Yohji Yamamoto Pour Homme, Bernhard Willhelm, Gareth Pugh, Nozomi Ishiguro Tambourine

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photo_ Dmitry Zhuravlev creative direction_ 13.15 Make-up_ Masha Efremenko HAIR_ Eugene gribov model_ Sasha Milky

La frase finale del film ormai storico di Woody Allen "io e Annie" era: ...Io pensai a quella vecchia barzelletta, quella dove uno va dallo psichiatra e gli dice: "Dottore mio fratello è pazzo, crede di essere una gallina" e il dottore gli dice: "Perché non lo interna?" e quello risponde: "e poi a me le uova chi me le fa?" La linea sottile fra "follia e bisogno". Potrebbe essere The ending of Woody Allen's Annie hall goes: ...I thought of that old joke, you know, this guy goes to his psychiatrist and says: "Doc, my brother's crazy. He thinks he's a chicken". And the doctor says: "Well why don't you turn him in?". The guy says: "I would, but I need… the eggs"... The thin line between "madness and need".

il filo conduttore delle vostre scelte, della vostra ricerca? Certamente la follia è elemento costitutivo della creatività, ma non farei affermazioni così perentorie… alla fin fine, quel che conta è il talento. Potrebbe essere questa la ragione della creazione uno spazio multi-funzionale, che negli anni è diventato sempre più grande per accogliere sempre più idee o sempre più amici? Could that be the theme of your choices, the core of your research? Sure, madness is a constituent of creativity, but I’d rather not make such flat statements... All the same, talent is important. Could that be the reason why you created a multifunctional space, that over the years has become bigger and bigger in order to host more and more ideas and friends?

Fin dalla sua fondazione, il nostro obiettivo è stato più educativo che commerciale. Vogliamo supportare le persone nel trovare nuove idee e nell’espandere la propria coscienza. Il nostro spazio multi-funzionale contribuisce certamente non solo alla nostra personale evoluzione, ma anche a quella di amici e colleghi. Siamo aperti ad ogni tipo di progetti e di idee, e vogliamo aiutare la gente ad esprimersi, valorizzando l’energia creativa di ciascuno. Since the establishment, our goal was more educational than commercial. We want to help people get new ideas and expand their consciousness. Our multifunctional space certainly contributes not only to our own evolution, but also to the evolution of our friends and colleagues. We are open for all sorts of projects and ideas and would like to allow people to express themselves and make use of their creative energy. 35


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INSIDE


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anonymo

us state

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Malekeh Nayiny

Leonard Cohen Sisters Of Mercy

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O the sisters of mercy they are not Departed or gone, They were waiting for me when I thought That I just can't go on, And they brought me their comfort And later they brought me this song. Yes you who must leave everything that you cannot control. It begins with your family, but soon it comes around to your soul 38

Nell'opera intitolata "Sketches of a Fractured Song", Malekeh ci accompagna, come una esperta regista in un racconto. La prospettiva della sua opera, lascia spazio allo spettatore, che guarda dietro un vetro frantumato, l'intimitĂ di una donna. Non una donna qualsiasi, una Sister of mercy. Una musica struggente The Sisters of Mercy di Leonard Cohen avvolge la scena, e noi proviamo il bisogno di condividere le sue emozioni di lotta, di rassegnazione e umana inquietudine.

Through her work Sketches of a Fractured Song, Malekeh leads us into a story, like an experienced director would do. Her work's perspective leaves space to the viewer, who catches a glimpse (behind a shattered glass) of a woman's intimacy. Not just a common woman but a Sister of mercy. A poignant music (The Sisters of Mercy by Leonard Cohen) fills up the scene, and we feel the urge to share her emotions and struggle, her resignation and human concern.


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Updating a family album courtesy malekeh naiyny

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"La fotografia è l'immagine del mondo." Un prolungamento dello sguardo... Incontriamo Malekeh Nayiny. ... ma la direzione non è sempre verso il futuro. E' l'unione tra passato, presente e...infine futuro. La direzione vera forse è l'accordo di questi tre spazi temporali, creando una miscellanea, senza un reale punto di partenza. Non sono stata abbastanza chiara? Partiamo dalle presentazioni. Malekeh Nayiny. Nata a Teheran in Iran, ora vive a Parigi. Ha esposto ovunque. Normalmente non diamo dei cenni biografici dell'artista che intervistiamo, ma in questo caso queste due città sono importanti per apprendere a pieno l'opera di Malekeh. L'arte di Malekeh sembra rimanere legata ai suoi personali/ familiari ricordi. Ma la sua genialità si trova nell'inversione fotografica delle apparenze, attraverso la creazione di sfondi, abiti, particolari dai colori accesi che ci trasportano in un altro luogo, inserendo una inesauribile riserva di stranezze che ti catalizzano lo sguardo. Così i suoi ricordi diventano ironicamente di tutti. Esiste una sottile differenza fra ciò che vogliamo che si sappia di noi e ciò che non possiamo evitare si sappia. La tua arte è un inevitabile racconto della tua vita? Direi di sì. Il mio lavoro si origina nell’inconscio, il quale ha la necessità di esprimere gli eventi della mia vita in un suo linguaggio specifico. La mia arte non si esaurisce mai interamente nella mia componente logica e razionale… ringraziando Dio. Riguarda la storia della mia vita interiore, che si dispiega in modi che a volte sorprendono me per prima. Le tue immagini si potrebbero intendere come una rivoluzione della quotidianità? Non sono certa di poterla chiamare rivoluzione : si tratta, piuttosto, del graduale sviluppo di un’idea, espressa attraverso le immagini. il bisogno del colore , come bisogno interiore o esteriore? Non vedo alcuna differenza tra interno ed esterno, si tratta di un unico continuum creativo. La vita attraversa diverse fasi di vitalità, di brillantezza.

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SERI E S

N U DE

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"Photography is the image of the world." An extension of the gaze... Let’s meet Malekeh Nayiny. ...but the direction is not always to the future. It’s the union between the past, the present and finally… the future. The real direction is perhaps the accordance of these three temporal spaces, creating a miscellany, with no real starting point. Wasn’t I clear enough? You are not understanding what I'm ranting, are you? Let’s start with presentations. Malekeh Nayiny. She was born in Tehran (Iran), she now lives in Paris. She has had exhibitions all over the world. We usually do not give biographical notes of the artist we interview, but in this case these two cities are important to fully understand Malekeh’s work. Malekeh’s art seems to stay tied to her personal and family memories. Her brilliance lies into the photographic reversal of appearances: through backgrounds, clothes and details in bright colours she takes us to different places, inserting an inexhaustible reserve of oddities that catalyze our attention.

In this way, her memories become our memories. There is a subtle difference between what we want people to know about us and what we can not avoid people to know about us. Is your art an unavoidable tale of your life? I can say yes. The work I create comes from my unconscious which wants to express the events of my life through its own language. My work never comes purely from my conscious logical side thank God. It is a story of my inner life which unfolds in a manner that sometimes surprises me. Could your images be seen as a revolution of everyday life? Not quite sure if I can say a revolution. It can be a gradual developement of an idea being expressed through images.

Is, the need of colour, something internal or something external, to you? I see no difference between the internal and the external, its one creative continuum. Life goes through different phases of vibrancy.

www.malekeh.com

Malekeh Nayiny 43


Marco Onofri

The inner moment. UN ATTIMO INTERIORE.

marco onofri © courtesy marco onofri

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marco onofri Š courtesy marco onofri


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Sicuramente Susan aveva in mente un altro fotografo quando la scrisse, probabilmente la sua compagna Annie Leibovitz... ma guardando le immagini "Il rumore di uno sguardo" di Onofri mi hanno istintivamente ricordato questa frase tratta da "Sulla fotografia. Realtà e immagine nella nostra società." Marco riesce a creare nella sua opera un sodalizio sociale - affettivo. Un'unione fra mente, corpo, emozioni e realtà. Tutto attraverso uno sguardo. Esiste una sottile linea fra fotografo e fotografato, e questo è indubbio. Decifrare a chi veramente appartengono queste sensazioni, alla modella o al fotografo, non è semplice. Ma solo attraverso una commistione di emozioni, attraverso una relazione osmotica si può riuscire a carpire/creare questo tipo di immagini. E questa è l'inconfutabile forza di Onofri. Si prova una specie di guardare questi “scatti”. Oltre l'interiorità. Oltre l'esteriorità. Oltre il gesto fotografico.

"oltre"

nel

Quindi rimane una sola ed unica domanda che possiamo fare a Marco Onofri: Come, in che modo e attraverso quali tue sensazioni, la scrittura fotografica, il click, ti porta alla comprensione di

un attimo interiore?

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marco onofri Š courtesy marco onofri

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marco onofri Š courtesy marco onofri

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Surely Susan had another photographer in mind, when she wrote it, probably her girlfriend Annie Leibovitz... but looking at Onofri’s pictures The sound of a gaze, I instantly remembered this quote from On Photography. Reality and image in our society. Marco is able to create, through his works, some sort of social and emotional brotherhood, merging minds, bodies, emotions and realities. And he does that through his own gaze. There is a thin line between the photographer and what is photographed, no doubt about that. It is not easy to understand if certain feelings belong to the model or to the photographer. Only through a mixture of emotions, through an osmotic relationship, it is possible to steal / create such images. This is Onofri’s irrefutable talent. You feel some kind of "beyond", in looking at these "shots". Beyond interiority. Beyond what’s exterior. Beyond the act of photography. So, there is only one thing we can ask Marco Onofri: “How can photography help you understand

the inner moment?” 51


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www.marconofri.com

marco onofri Š courtesy marco onofri

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DANCER & choreographer

SIMONA SIMONA Siamo su un filo, nel vuoto. L'immagine dell'uomo che come un funambolo, attraversa lo spazio, mi rassicura. Spingersi verso la liberazione del corpo e contemporaneamente sfidare il corpo stesso. La prima volta che ho visto danzare Simona Bertozzi mi ha dato questa sensazione. La forza dei suoi gesti frammentari e fluidi, seppur senza essere su un filo, mi diede una sensazione di "oltre". Una dimostrazione di funambolismo in uno spazio ben limitato come un teatro. Focalizzare i suoi passi, seguirla nella successione dei movimenti, come in sospensione delimitava il luogo, creando una specie di matrioska, spazio dentro lo spazio, ma contemporaneamente ne manifestava l'immensità. Così l'abbiamo contattata, perché la definizione di esterno o interno, argomento di questo Lazagne, vedendola danzare, si annullano. Ti proietta miracolosamente in un luogo senza muri, come la sua arte. 54

BERTOZZI BERTOZZI We are on a rope, in the void. who, like a tightrope walker, traverses the space, reassures me. Thrusting towards the body liberation and at the same time challenging it. The first time I saw Simona Bertozzi dancing I felt like that. The force of her disjointed and fluid gestures, even if she wasn’t on a rope, gave me a feeling of being ”beyond”. A demonstration of tightrope in a very limited space, like a theatre. To focus on her steps, to follow her in the succession of movements, as in suspension, outlined the place, creating a sort of matryoshka, space inside space, but at the same time it expressed its immensity. So we got in touch with her, because the definition of external or internal, the theme of this Lazagne issue, disappears looking at her dancing. Like a miracle, she projects you onto a place without walls, like her art.


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SOUNDTRACK: Arcangelo Corelli - FOLLIA

PHOTO © ANNA BERTOZZI

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click the image and watch the video

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La rilevanza della gravità per Simona Bertozzi?

The importance of gravity for Simona Bertozzi?

Spazializzazione interna e spazio dell’azione. Dentro e intorno al corpo. Il gioco della presenza. Nella dialettica tra proiezione e ritenzione che permette al corpo di dispiegare il proprio agire nello spazio e al movimento di esistere in quanto molteplicità di figurazioni e di eventi possibili, la forza di gravità risuona come elemento anatomico, fisiologico. Metabolizzata e acquisita in quanto fondamento della condizione di presenza, la gravità è parte attiva nel dialogo tra la multivettorialità delle traiettorie corporee e il loro incidere nello spazio. A cominciare dalla condizione di “ordine” propria all’allineamento posturale, fino all’esercizio più estremo dell’architettura corporea, il dialogo con la gravità permette di disegnare traiettorie di strutturazione e destrutturazione della verticalità, sospensione, abbandono, cedimento, dilatazione e accelerazione ritmica. La gravità è, dunque, assunta dal corpo e gestita come un mezzo per trasfigurare lo stato di presenza nello spazio.

Inner spatialisation and space of the action. Inside and around the body. The game of presence. In the dialectic between projection and retention that allows the body to deploy its own actions in the space and the movement to exist, as it represents a variety of possible depictions and events, the force of gravity resounds like a physiological and anatomical element. Metabolized and acquired as essential to the condition of presence, gravity plays an active role in the dialogue between the multivectoriality of the body trajectories and their influence in the space. Starting from the condition of “order”, typical of the postural alignment till the most extreme exercise of the body architecture, the dialogue with gravity allows the depiction of trajectories of structuration and destructuration of the verticality, suspension, abandonment, failure, expansion and rhythmic acceleration. Alas, gravity is taken on by the body and managed as a mean to transfigure its state of presence in the space.

L'oblio del dialogo tra i corpi, i rumori dei passi, dei respiri, dei gesti. Riesci attraverso la danza ad esplorare la totalità della natura umana e a riscriverne una tua personale poetica. Cosa significa danzare sul "silenzio" ? The oblivion of the dialogue among bodies, the sound of footsteps, breathes, gestures. Through dance, you are able to explore the human nature as a whole and to rewrite it with your personal poetics. What does dancing on the silence mean? In scena, come nell’universo mondo, il silenzio, “oggettivamente”, non esiste… per quanto ci si sforzi di annullare ogni elemento sonoro, infatti, permane un rumore di fondo, che sia il respiro dei danzatori sulla scena o il battito cardiaco dello spettatore… Nel processo di creazione, la partitura del silenzio, così come ogni altra eventuale presenza sonora, sopraggiunge dopo aver sondato una precisa qualità del segno corporeo e della composizione coreografica. Cerco sempre di creare una forma di coabitazione tra gli elementi della scena. La musica così come l’uso della luce, eventuali scenografie e oggetti, sono percepiti, prima ancora che per le la loro funzione specifica, per il fatto stesso di segnalare la compresenza all’evento in atto. L’aggirarsi del corpo in questo paesaggio, permette di depositare gestualità in continua deflagrazione, memorie senza finalità narrative o rappresentative. La sostanza dell’azione si informa attraverso la fisicità ed il rigore dei meccanismi corporei stressando l’esercizio e la sacralità dell’esecuzione. 57


In scena, come nell’universo mondo, il silenzio, “oggettivamente”, non esiste… Mi sforzo di non puntare il dito contro lo spettatore producendo immagini che finalizzano la portata del gesto e si chiudono in una significazione perentoria, dove la “volontà” del fare si tinge di autobiografismo. Al contrario sono interessata ad un’azione del corpo che rimandi all’universalità del suo riverbero, poiché in essa ogni cosa dell’umano è già nota, depositata da tempo. Disarmante. In questa visione, il grafico della relazione tra partitura coreografica e musicale vive di continue mutazioni: parallelismi, contrasti, didascalie. Sono due immaginari distinti che manifestano la propria urgenza per traslazione, coincidenza o totale estraneità. Tuttavia, in quanto co-esistenti, avvertono le reciproche presenze. Danzare sul silenzio mi permette di esplorare con particolare rigore le sfaccettature di queste nudità. La snodatura del corpo risuona nello spazio. Il silenzio rende la sinfonia delle vettorialità coagulandole in una sospensione temporale, che moltiplica gli sguardi e le presenze. Potrebbe essere il primo gesto mai compiuto o l’ultimo a disposizione. La ridondanza del respiro batte il tempo: atto senza tempo, primordiale e collettivo. 58


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On stage, like in the universe, silence actually doesn’t exist … in fact, even if one tries to eliminate every sound, a background noise remains, it can be the breath of the dancers on the stage or the spectator’s heartbeat …. In the process of creation, the silence score, as well as any other sound, occurs after having explored a precise quality of the corporal sign and choreographic composition. I always try to create a sort of cohabitation of the elements on the stage. Music, as well as the use of lights, the scenography and the objects, are perceived for the fact to report their presence at the event in progress, even before than for their specific function. The wandering of the body in this landscape allows the storage of gestures that are continuously deflagrated, memories without narrative or representative aims. The substance of the action adapts through the physicality and the rigour of the bodily mechanisms, putting the exercise and the sacredness of the performance under stress. I try not to point the finger at the spectator creating images aimed to the value of the gesture that close into a peremptory meaning, where the “willingness” to do tinges with autobiography.

On the contrary, I am interested in a body action referring to the universality of its reflection, as everything human is already known, having been stored for a long time in it. Disarming. In this perspective, the diagram of the relation between the choreographic and musical score experiences continuous mutations: parallels, conflicts, stage directions. They are two different images that express their own urgency for translation, coincidence or complete non-involvement. However, as they are coexisting, they feel the reciprocal presences. Dancing on the silence allows me to explore the facets of these “nudities” with a particular rigour. The agility of the body vibrates in the space. Silence enhances the symphony of the vectorialities, coagulating them into a temporal suspension that multiplies sights and presences. It could be the first gesture ever made and the last one possible to do. The redundancy of breath beats the clock: a timeless act, primordial and collective.

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Arriviamo all' Elogio de "la folia" che porterai in scena al Ravenna Festival il 12 giugno. Parlare di follia. Abbiamo avuto la fortuna di assistere alle prove e la sensazione che si avvertiva nella stanza circolare del "DOM" era quella di rottura. Essere difronte ad una rottura della sfera delle apparenze... per avvicinarsi e per ricercare una nuova interpretazione della follia. Esisteva una connessione tra segno, flusso, azione, generazione dirompente tutto sulle note di Arcangelo Corelli - Sonate per violino e continuo op. v. L'accesso alla Follia. Una battaglia o una concordia? Una ricerca e una fascinazione, continua. Follia è un termine che ricorre spesso quando creo, sia in solitudine che con i danzatori che lavorano con me. Forza e fragilità al contempo, “nudità” e desiderio di lasciarsi sorprendere dalle soluzioni gestuali e dinamiche che il corpo, esercitato e lasciato agire, può compiere. Non tanto nell’entropia o nella piena libertà dell’improvvisazione, ma nelle partiture fissate e coreografate. Regole e libertà all’interno delle regole. Questo è il gioco, vero. La vertigine, la casualità dei fendenti che il corpo può aprire nello spazio, si esperiscono proprio estremizzando l’applicazione della regola. Tendendone i confini fino a non poter prevedere la soluzione finale ma nella piena consapevolezza del processo. Qui mi serve la “ follia”… Lo smarrimento, il tremolio, il balzo primordiale, il trambusto delle articolazioni, il suono delle scapole… E la disponibilità a calarsi nelle immagini come fossero pelli, intercettate, senza preavviso, nello spazio e immediatamente irrorate, epidermiche. Allora le mani sul viso diventano quelle di Adamo, nella Cacciata dei progenitori dall’Eden del Masaccio, l’incedere quadrupedico quello di un branco di felini o di bonobo. Coreografare Elogio de La Folia mi ha permesso di esplorare, con i danzatori, una tessitura coreografica per queste possibili effervescenze. Una grammatica di eventi del corpo in cui ogni tangenza, incontro, allontanamento, duello, solitudine si dispiega nell’ascolto rigoroso della coralità del paesaggio umano presente. Battaglia o concordia risolte a priori, in sinergia con il pensiero di Erasmo da Rotterdam che vede, nella Follia, una condizione imprescindibile dell’essenza umana e la partitura di Corelli, una fusione di rigore matematico e levità poetica.

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We get to the Elogio de la folia (Praise of Folly) that will be on the stage at Ravenna Festival on 12 June. Talking about folly. We had the chance to attend the rehearsals and the main sensation one could feel in the circular room of "DOM" was that of break. To be in front of a break of the sphere of appearances … to get closer and to look for a new interpretation of folly. There was a connection between sign, flow, action, explosive generation, everything on the notes of Arcangelo Corelli – Sonatas for violin and violin, work V. The access to folly. A battle or a concord? A research and a continuous fascination. Folly is a recurring word in my creation process, both when I am alone and with the dancers working with me. Strength and fragility at the same time, nudity and desire to be surprised by the gestural and dynamic solutions that the body can perform when it is exercised and let free to act. Not so much in the entropy or in the full freedom of improvisation, but in the fixed and choreographed scores. Rules and freedom within rules, this is the real game. The vertigo, the fortuity of the blows that the body can give in the space just happen making the application of the rule extreme, extending its limits until the final solution can not be predicted, but with a complete awareness of the process. In that moment I need “folly” … The bewilderment, the flickering, the primeval leap, the hustle and bustle of the joints, the sound of the shoulder blades … And being ready to immerse oneself in images as if they were skins, intercepted without notice in the space and immediately sprayed, epidermic. And the hands on the face become Adam’s hands in the Masaccio's Expulsion from the Garden of Eden, the quadruped solemn pace becomes the pace of a group of felids or bonobo.


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www.simonabertozzi.it Choreographing the Praise of Folly allowed me to explore, together with my dancers, a choreographic texture for these possible effervescences. A grammar of body events where each tangency, encounter, departure, duel, loneliness unfolds into the rigorous listening to the chores of the participating human landscape. Battle or concord solved in advance, in synergy with Erasmus of Rotterdam’s thought who considers Folly an essential condition of the human essence and Corelli’s music like a fusion of mathematical rigour and poetic lightness.

ELOGIO DE LA FOLIA Coreografia Simona Bertozzi Interpreti Simona Bertozzi, Manfredi Perego Guest: Sara Dal Corso; Andrea Sassoli Progetto luci e scene : Antonio Rinaldi 63


Side A LA BIENNALE DI VENEZIA [ arte ] > to nov 24, 2013 - Venice www.labiennale.org

Side A WIELS [ Film as Sculptur > to aug 18, 2013 www.wiels.org

Side B ROSENFELD PORCINI [ Francisco de Corcuera: L'esistenza impossibile di un matematico ] > to june 27, 2013 - London www.rosenfeldporcini.com

Side B THREE TRUE STO [ Zanele Muholi, Mitra Tabrizian ] > to june 23, 2013 www.fondazionef

Side C KURIMANZUTTO [ Akram Zaatari ] > to nov 24, 2013 - Venice www.kurimanzutto.com

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viviane sassenŠ BIENNALE VENICE 2013

EVENTS

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Side C WHITNEY MUSEUM OF AMERICAN ART [ Hopper drawing ] > to 6 oct, 2013 - New York www.whitney.org

re ] - Brussels

Side B FONDAZIONE GERVASUTI [ Paolo W. Tamburella / Gondola ] > to nov 24, 2013 - Venice www.gervasutifoundation.com

ORIES Ahlam Shibli,

]

3 - Modena fotografia.it

Side C FONDAZIONE ROMA MUSEO [ Luise Nevelson ] > to July 21, 2013 - Roma www.fondazioneromamuseo.it

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PHOTO © ALESSIO BARBINI courtesy NIBA

MASSIMO BARBINI

MASSIMO

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BARBINI

NIBA NIBA


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MASSIMO

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NIBA. MODIFICARE LA PROPRIA IMMAGINE ESTERIORE PER UNA PROPRIA RICERCA INTERIORE.

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PHOTO © ALESSIO BARBINI courtesy NIBA

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PLAY SOUNDTRACK: GIANLUIGI TROVESI - GIANNI COSCIA_ RADICI

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brain blob: Niba usb no brain: Andrea Bartola left brain + piano: Mario Mariani Music: Mario Mariani Scenografia: Androni-ba con la supervisione tecnica di Frederic Lancon Meccatronica: Ferruccio Gaudenzi, Eliseo Leardini Video editing: Greenbubble movie Costumi: Agnese Rabatti, Giulia Giannino con la supervisione di Paola Mariani

PHOTO Š ANNA BERTOZZI 71


PHOTO © ALESSIO BARBINI courtesy NIBA

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Roll on the drums, please!

Ladies and Gentlemen, Signore e Signori, Madame et Monsieur, Meine Damen und Herren..., roll on the drums, please! NIBA! No, look

no, Niba, at us like

don’t The specific functions that... of human brain’s right hemisphere are: subconscious

We need to understand who is Niba (aka Massimo Barbini), who stands behind the Man in Blob, EncephaloN, Megalomane, the Doberman, the Nibowsky Brothers, The White Rabbit, and many other characters in which you turn.

mind, memory, immediate intuition, music, design, creativity, overall view, mysticism. It doesn’t recognize time and space, it feels a part of the whole, it loves and hates, it laughs and cries.

Entering Niba's room, or Niba's mind, there’s no way to know what we might run into. Shreds of splatter works, red velvet chairs, an industrial warehouse, an uphill road, a strange electric chair, big hypnotic glasses, one hand, two hands, even three hands, a theremin, a distant planet shaped like a “rosette” bread, a monster made of orange gloves (the ones you use for washing dishes), a room with a black and white checker floor, a heightened perspective and, at the bottom, an old television. You get closer and you find a man / white rabbit looking at you, then he suddenly runs away. Or you find a bed-tamer. Or a Super Hero who’s in love with his hairstyle.

Niba, tell us about your right hemisphere. Dear Lazagne, that’s a tough, complicated question.

From what I could understand in 40 years of cohabitation, my right hemisphere is very left-handed, in the sense that it stands on the heart side. I think I've always kept it under stress, since when I was a kid, when I used to play and make plans with Demitri, my imaginary friend. My mother says that when my parents yelled at me, I used to tell them to be quiet: "Shhh, I'm playing with Demitri". My luck was to have many friends with a strong artistic sense, with whom I have trained my imagination, as a child. Many of them are talented artists with whom I’m still working. I've No ingestion of illegal subalways been too emotional to live stances, you're just discoverin this world, when I was young it ing the wonderful world of Niba, was a huge effort to show my real where transformation, reality and self to others. This led me to wear imagination silently lead you, a mask, I basically started doholding your hands, towards ing theater before starting to do different, secret places in your theater. I've always been a shy and brain’s right hemisphere. grotesque clown. 73


I still remember the first time I fought in public against my own hand, my right hand came to life and tried to strangle me. I was so choked with emotion, and not good in managing my own energy, that I almost strangled myself. Strong emotions soak in your soul and are printed in your brain. Bad ones are the most marked in your memory and remain on the surface, whereas good ones are stored. But they are there, it’s important to regain them. I have an enormous visual and emotional memory, I would call it an elephant memory (the expression "iron memory" is a paradox, because iron rusts). Mine is an elephant memory because, like those animals, I never forget an offense that I received. Being a daydreamer, I often get stuck in front of an image, an object, a thought, a painting, a song, a phrase from a book, a tree... frequently, during this suspension, a thrill comes, making my eyes sparkle, then I feel pleasing pulsations and a slight headache. I can see myself from the outside, in a certain scene, within a specific space. There is no timing, there's no sound, and I can see the environment and costume’s details. I have an immediate reaction, as if my brain created a scheme where you could choose the different solutions to be undertaken. This fascination arrives as a tornado, turning into anxiety and chaos.

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The journey lasts a few seconds, it is the starting point of either a small or a huge project. When this happens to me, if I’m with other people I look absent, my thoughts get stuck, I need to act, to start working, I can’t help it. For example, if I have to create a scene, the starting point could be an island. An ecological island / a world of trash, where the "object" looks for you and finds you like it was flashing. I like to create chaos, a total mess to start with, with so much material available. Even if it destabilizes me, once I’m started everything is magically coherent, like in the game of connecting the dots, in a crossword puzzle. I can not describe the pleasure I feel in the middle stage, when chaos begins to take shape, before turning into a very meticulous, structured work. When on the road, the energy flow can not be interrupted, you can not pause it. So, under these circumstances, I lose track of time. I leave the lab. I'm lost. I get in the car, on my own, and my brain keeps on developing and creeping, choosing and discarding options of evolution. The lights of the few cars that I cross bother me, I see strange things at the very last minute. I thought I had vision problems, but I don’t. The ophthalmologist says it's just a problem of reflected light, it is something comon, he says. Yes, but I see frogs, anteaters and armored armadillos.

If the vision is beyond my imagination, scaring me, I stop, I get off the car to check, they usually are just leaves or tree branches. At this point, after writing all this stuff, I have the feeling that Anna’s question was inspired by EncephaloN, "tragicomic piece for piano, cinema and cerebral hemispheres ', the latest play written by six hands (six cerebral hemispheres), together with Andrea Bartola and Mario Mariani, a show that Anna had the pleasure (?) to see in March. Since we mentioned it, I’d like to promote EncephaloN by quoting a few lines from a review written by another Anna, Anna Concetta Consarino: "A courageous work,

made of synergies among words, music and film screenings, marked by the rapid pace of an unusual narration." There are three focal points in the show: the two silent characters, the piano player and the screen. Every part of this “tripartition” is perfect in union with the others. When isolated from the rest, it is able to create micro-representations into the representation. The viewer makes his gaze wander from side to side, not feeling forced by a single - binding – need to understand "at all costs".


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He can indulge in sounds and images, creating his own visions, using his own imagination...

HE IS FREE. FREE TO REALLY KNOW THE AMAZING RESOURCE OF THE RIGHT

HEMISPHERE. www.niba.tv 75


2001 A SPACE ODYSSEY

STANLEY KUBRICK'S MONKEY 76


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2013 ENCEPHALON

NIBA MASSIMO BARBINI IN STANLEY KUBRICK'S MONKEY

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MARCO PETRUS - “Delle belle città” - 2013 Olio su tela / Oil on canvas

ANGELO MARINELLI - “On impermanence #1” - 2013 Stampa digitale su dibond / Digital print on dibond

DAVIDE NIDO - “Orbicollare bianco” - 2008 Tecnica mista su tela / Mixed media on canvas

MATTEO BASILÉ - “Ordine Disordine” - 2013 Stampa lambda su carta ai sali d’argento e lucidatura / Lambda print on silver paper

Fu Zhongwang 傅中望 - “All people interaction” - 2013 Installazione, tecnica mista, dimensioni variabili Installation, mixed media, variable sizes

Li Yu & Liu Bo 刘波+李郁 “13 Months in the Year of the Dog” - 2006 / 2007 Stampa fotografica / Photographic print

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L’idea alla base del progetto “Crossover / A dialog between the Chinese School of Hubei and the New Italian Art Scene”, manifestazione parallela alla 55a edizione della Biennale d’arte di Venezia 2013, è di mettere in luce il lavoro e le esperienze di un gruppo coerente e articolato di artisti cinesi - la cosiddetta “Scuola di Hubei” - ponendoli a confronto con analoghe esperienze provenienti dall’arte italiana contemporanea. Un filo sottile lega infatti, pur nelle diversità dei percorsi artistici, i quindici artisti cinesi provenienti dalla Provincia di Hubei riuniti in questa mostra e gli artisti della “Nuova scena artistica italiana”. Se gli artisti cinesi raccontano la realtà della nuova arte del loro paese, sospesa tra avanguardia e tradizione, tra recupero delle tecniche tradizionali e accenti fortemente contemporanei, analogamente anche gli artisti italiani di queste ultime generazioni hanno compiuto un percorso di recupero di tecniche tipiche della tradizione italiana (pittura e scultura, in primis, ma anche fotografia e video, trattati con un’impostazione fortemente classica e raffinata dal punto di vista esecutivo e formale), pur con accenti e modalità contemporanee, vuoi mescolandole con influenze novecentesche, vuoi con uno sguardo alle tematiche sociali, vuoi con un continuo rimescolamento delle forme e dei richiami estetici tipico della surmodernità. Non è da sottovalutare, poi, da parte degli artisti italiani, un certo richiamo all’Oriente come nuovo modello, non da imitare, ma da guardare con interesse e partecipazione, dopo la crisi dei miti e dei modelli occidentali. La mostra “Crossover” non vuole essere dunque un semplice confronto a distanza, ma il primo tentativo di mettere insieme due esperienze lontane geograficamente, mescolandole e cercando di lasciare che gli artisti stessi si contaminino, si guardino e influenzino vicendevolmente.

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ELENA MONZO - “Gabi” - 2012 Tecnica mista su carta / Mixed media on paper

DANY VESCOVI - “Senza titolo” - 2013 Tecnica mista su lino / Mixed media on linen


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HE DIQIU 贺棣秋 - “Sleepwalking” 2011 Materiali vari / Mixed materials

The idea behind the “Crossover / A dialog between the Hubei School and the New Italian Art Scene” project, which is to take place along with, and as a parallel event to the 55th Venice Biennale 2013, is to showcase the work and experiences of a coherent, varied group of Chinese artists – the so-called Hubei School – comparing them with the same experiences arising out of contemporary Italian Art. Despite the diversity of the different artistic experiences, a common thread links the fifteen Chinese artists from Hubei Province brought together in this show, and the artists of the New Italian Art Scene. If the Chinese artists are indeed describing the situation of new Chinese art, poised between Avant-garde and tradition, and between revival of traditional techniques and deeply contemporary themes and accents, the Italian artists of these recent generations have also been reviving techniques that are typical of Italian tradition (mainly painting and sculpture, but also photography and video, with a very refined, classical feel to their execution and form), yet with contemporary accents and methods, a glimpse of social themes, and a constant juggling of the forms and aesthetic references typical of supermodernity. We shouldn’t then underestimate the Italian artists’ referring back to the Orient as a new model that is to be viewed, not imitated, with interest and participation, after the downturn of Western myths and models. The Crossover show is therefore aiming not to be a simple comparison, but the first attempt to place two geographically distant experiences together, mixing them up and trying to get the artists to contaminate, observe and influence each other.

GUO ZI 郭子 - “Mod Test - 3” - 2013 Acrilico su tela / Acrylic on canvas

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LUCAFRESCHI

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H. DAVID'S BOX - 2012 - terracotta, legno, pvc, carta, resine, plastiche, tessuti, oggetti di recupero

THE DEATH OF CHATTERTON - 2011 - terracotta, scatola, carta

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Conversare con Luca Freschi produce subito a tuo agio e predispone all’ascolto. la stessa sensazione che ti rilascia il Perché parlare di storie e memorie non contatto con le sue opere. Il piacere di un è fatto solo di voce ma anche di peso, confortevole approccio, la sicurezza di materia, superficie; particolari, di un trovare un filo del discorso che ti mette tutto costante e integro. 83


La prima attenzione si sofferma subito sulla materia, che colpisce molto come la plastica, dove il segno si manifesta e che già rivela una qualità intrinseca del lavoro come frutto di un profonda costruzione. Il riconoscere-riconoscersi in un’opera non è un atteggiamento banale, dopo anni di destrutturazionedisintegrazione, spostamenti di senso e significato, il trovarsi di fronte ad un’opera che ti parla e ti chiede di seguirla, richiede un approccio di rispetto (forse una rivoluzione?) e di collaborazione. Colpire con un’opera “bella” (come messaggio) riconosciuta e appresa, ha colpito la nostra immaginazione … LUCA: non parlerei in termini di brutto o bello, il significato in questo caso può essere soggettivo e impreciso. Ci sono delle cose con cui colloquiamo, che svelano una storia. Se tu procedi con un proposito forte e sei sincero con te stesso il tuo racconto arriva agli altri. Occorre però affiancare sempre una via di fuga, allontanarsi da una prima sicurezza per rafforzare i propri obiettivi, ed avere una visione sempre chiara grazie a punti di vista differenti. Il mio lavoro, che in questi anni ha trovato una direzione precisa, non si è mai fermato ad un puro fatto estetico… scavare dentro, a fondo è il mio principale obiettivo. Se hai avuto modo di leggere i testi che descrivono il mio lavoro si parla di una fermentazione che parte da rapporti intimi personali e poi porta in un’altra direzione, che è quella dell’uomo, che alla fine è terra, 84

materia vera. Non sono un ceramista, questo modo di lavorare mi è totalmente estraneo, mi ritengo per molti versi più vicino al mondo “pittorico” Le mie opere sono queste – sia che utilizzi terre, legno o altri materiali; tutto ha origine tramite un’esperienza, un vissuto sedimentato da studio e ricerca continua.

Cosa consiglieresti di ascoltare come sottofondo alla tua intervista? What would you suggest listening to in order to enjoy your interview? SOUNDTRACK: Tramp with Tom Waits & Orchestra - Gavin Bryars with Tom Waits (Jesus’ Blood Never Failed Me Yet)  PLAY

NARCISO 2012 - terracotta, tinozza, resine plastiche, oggetti di recupero


“Avoltelemie opererimangonoincomplete permolto

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tempoFINCHè nontrovo l’oggetto giusto

per arrivarealla narrazione finale”

NARCISO (installazione) 2011 - terracotta policroma, lamiera, tinozza, impianto idraulico, acqua, specchio 85


Colpisce molto l’ermetismo del racconto, davanti ad una tua opera, dalla materia prepotente, il senso di questa ti cattura. Il porsi davanti ti porta ad immaginare il motivo per cui è stata creata e automaticamente si interagisce senza conoscere la storia originale e la sua forza ti attrae… LUCA: questo è uno dei complimenti che più mi entusiasma, perché è quello che cerco di trasmettere. La mia opera è un racconto che cerco di sviluppare con quello che trovo opportuno utilizzare, può essere una canzone, un sonetto, un’esperienza personale... come ad esempio la storia del poeta Thomas Chatterton. L’idea dell’opera (pag. 82) nasce dalla scoperta di un dipinto preraffaellita (The death of Chatterton di Henry Wallis 1857) e scavando nella vicenda umana del protagonista ritratto, sulle tracce del tempo. Lo spettatore, ricompone la narrazione con la propria esperienza personale; io invece la controllo, anche attraverso il titolo (molto importante per me e spesso ignorato da altri artisti) che ti dà subito una chiave di lettura per scardinare il lavoro. Visualizzi l’opera, leggi il titolo, e da lì nasce una curiosità inconsueta, che ti fa entrare direttamente nel mio modus operandi. Anche nel lavoro “Jesus’ Blood Never Failed Me Yet”, gioco con i significati e i rimandi; una canzone, delle foto, oggetti 86

diversi ma che comunicano tra di loro in rapporto continuo, con cui lo spettatore entra in relazione. È una esigenza costante che ritroverai sempre nei miei lavori; in “Narciso” devi scovare dentro la bacinella la lacrima che cade, in realtà chi si specchia non è l’opera, ma tu stesso che ti ritrovi nel riflesso. Capita anche che tutto questo possa essere poco percepito, ma non è un problema che mi pongo; io faccio quello che so e che sento. Visualizzare i pensieri della gente, tu offri un modo per leggersi, sviluppare connessioni e percorsi nuovi …

LA PREDICA DEGLI UCCELLI 2011 - terracotta policroma invetriata

LUCA: … ma oggi l’artista nella nostra società che compito ha? Questa è la domanda, in effetti, che ci poniamo da sempre. L’unica cosa che forse ha senso è trasmettere degli input. Un accesso alle esperienze condivise delle persone. Questo è quello che cerco di alimentare; spesso è faticoso creare relazioni, altre volte come ad esempio con “San Sebastiano”, mi confronto con un’icona molto forte e subito riconoscibile, dove la mia poetica filtra da tutti gli elementi che la compongono. La scultura è composta da una terra che sono andato personalmente a scavare in cava, con vanga e fatica, lasciandola con i suoi composti e impurità …


JESUS’ BLOOD NEVER FAILED ME YET - 2013 - ceramica invetriata, oggetti di recupero

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È un negativo che trasborda dal suo stampo. Ho lasciato riposare la terra, l’ho impastata e sbattuta; è stata un’azione di “contatto estremo” con il materiale. Questa è di solito la dinamica del mio lavoro, “consapevole” fin dal suo inizio. Una sorta di narrazione della materia … un altro racconto che si sta perdendo LUCA: C’è tutta una poetica legata ai

lavorando all’interno di negativi “a perdere”, rende ogni mia opera unica; di solito nel mondo della ceramica il negativo serve a riprodurre più pezzi più o meno limitatamente in serie. Nel mio lavoro invece il calco viene distrutto, a dimostrazione dell’unicità del mio lavoro, come ad esempio la scultura dal titolo “l’Unico” dedicato a Max Stirner dove un uomo in piedi indica a terra il suo calco esploso. Ispirata dal suo saggio sull’anarchismo, questa

opera sancisce l’unicità dell’io nella società. La seconda è poetica, tradotta attraverso una serie di tagli ricorrenti, incisioni che effettuo direttamente con un coltello all’interno del negativo foderato in terra, frammentando l’opera in maniera da distruggere le aspettative di uno sguardo unitario.

racconto può essere un’operazione autoreferenziale? Il brivido di avere un potere “unico”, cambiare la storia degli oggetti stessi, fargli vivere una nuova identità cambiarne le sorti ... un potere gratificante … LUCA: … io descrivo una memoria collettiva non individuale, anche se è filtrata nel significato e dalla mia estetica, in fondo scelgo le cose che mi colpiscono.

La memoria collettiva è il mio riferimento, anche i personaggi che cito entrano nel mio lavoro non per raccontare la loro storia, ma perché la loro storia è la stessa di tante altre persone. …io accumulo tutto quello che ha un barlume di interesse /vedi la scatola da calzolaio trovata in un bidone di Barcellona, piena di strumenti, l’ho raccolta. Essere una specie di medium della É bellissima e fino a poco tempo fa la L’esigenza della rottura? memoria che coinvolge gli oggetti più usavo per raccogliere delle foto … impensabili, raccoglierli e assemblarli poi ho visto il dipinto della morte di LUCA: … nasce da due situazioni, una (le ultime opere realizzate) e di Chatterton e ho riconosciuto la mia tecnica, che deriva dal fatto che farli attraversare dal flusso del tuo scatola, e infatti ora è li che si trova materiali, che rappresenta un principio fondamentale nel mio lavoro. Realizzare un’opera in terra, vetroresina o altro, implica un’azione totalmente diversa. La terra alla fine cos’è? È un materiale biblico, la polvere a cui ritorneremo e che racchiude un mondo di significati che è proprio delle nostre radici.

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perché quello era il suo posto. … in effetti ho un “potere” che mi permette di elevare l’oggetto a opera d’arte, potrei citare altri... ma una cosa la posso dire, non è un‘operazione duchampiana. Io lavoro su un substrato di ricordi, che si intersecano e rimandano all’altro, non su ready made. Il coinvolgimento trova molto spazio nel tuo lavoro, il tatto e la misura nel porre le tue opere … ma in fondo hai anche un piacere sottile a scombinare le carte.. LUCA: L’educazione è un modo generoso di condividere il proprio lavoro con gli altri … ma qualcuno tempo fa, mi fece notare che possedevo un’ironia piuttosto spietata… in fondo occorre anche scardinare i meccanismi consolidati, e nonostante il mio lavoro sia rigoroso devo riconoscere che la “sbandata linguistica” può servire … vedi Narciso, pensa alla morte ma indossa un improbabile mutanda a pois.

a sinistra:

IL PIATTO É SERVITO 2011 - terracotta, ceramica invetriata, vassoio a destra

ALLEGORIA DELLO SVELAMENTO 2010 - terracotta policroma invetriata, chiodi, tessuti, ferro

www.lucafreschi.com 89


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EMPTY- 2012 - terracotta, legno, PVC, carta, resine, plastica, tessuti, oggetti di recupero - (particolare istallazione)


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Chatting with Luca Freschi produces the same feeling that you get from his art works. The pleasure of a comfortable approach, the certainty of

You instantly pay attention to the matter. It affects you like plastic, where signs are shown. It reveals an intrinsic quality of your artworks, as a result of a thick construction. Acknowledging and identifying, in a work of art, is not something trivial: after years of deconstruction - disintegration and displacement of sense and meaning, being in front of a work that speaks to you and asks you to follow, requires respect (perhaps a revolution?) and collaboration. To hit with a “beautiful” work (with a “beautiful” message), recognized and learned, hit our imagination...

finding a train of thought that puts you immediately at ease and prepares you to listen.

That’sbecausetalking about stories and memories is not just a matter of voice, but also of weight, materials and surfaces; parts of an intact, stable whole.

safety, in order to strengthen your goals, and have a clear vision at all times, thanks to different points of view. My work, which in recent years has found its clear direction, has never been satisfied with mere aesthetics... LUCA: to dig in, way to the I wouldn’t consider this issue in bottom, is my main goal. If you terms of “ugly” and “beautiful”: happened to read the reviews their meaning, in this case, can be describing my works, you’ve seen subjective and inaccurate. There that they speak of a “fermentation” are things we talk to, that reveal that, starting from intimate and a story. If you carry on with a personal relationships, leads to a strong purpose, and you’re honest different direction: man, who in with yourself, your story reaches the end is dirt, real matter. I’m not other people. You must always have a ceramist, that way of creating is an escape, get away from too much 91


totally unrelated to me, in many ways I’m much closer to “painting”. These are my works: whether I’m using dirt, wood or other materials, everything comes from a concrete experience, from never-ending study and research. Your stories are very hermetic. In front of your works, the power of raw materials is truly gripping. Standing in front of your artworks leads us to figure out the reason why it was created. You automatically interact, even without really knowing the original story, and its strength grabs you...

EMPTY - (particolare)

LUCA: This is one of the compliments that I enjoy the most, because that’s what I try to achieve. My work is a story that I try to enact with what I find appropriate to use: either a song, a sonnet or a personal experience... like the story of the poet Thomas Chatterton. The idea of the work (pag. xx) stems from the discovery of a pre-Raphaelite painting (The Death of Chatterton by Henry Wallis, 1857), and digging into the main character’s biography, in the footsteps of time. The spectator

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reassembles the narration using his own experience, whereas I am able to control it, also through the title (which is very important to me, even if it’s often ignored by other artists), because it immediately gives you a clue to understand the work. You visualize the opus, you read the title, and from there an unusual curiosity comes, which makes you empathize with the way I create. Even in my work Jesus’ Blood Never Failed Me Yet, I play with meanings and references: a song, some photos, different objects that communicate with each other in an ongoing relationship, with which the viewer relates. That is a constant need in my pieces; in Narcissus you have to find into the bowl the tear that is falling, it really does not reflect the work, but yourself in the reflection. It also happens that all this can not be perceived, but that is not a problem to me, I do what I know and what I feel. Viewing people’s thoughts: you offer us a way to read into ourselves, developing new connections and pathways...

LUCA: Nowadays... what’s an artist’s job, in our world? That is the question, in the end, that we have been asking ourselves for the longest time. The only thing that might make sense is to transmit inputs. An access to the shared experiences of people. This is what I try to stoke, it is often difficult to create relationships. Sometimes, such as with San Sebastian, I have to deal with a very strong and immediately recognizable icon, where my poetic filters through all the elements that compose it. That sculpture is made of dirt that I personally went to dig in the quarry, with spade and fatigue, leaving its compounds and impurities... It is a negative that transships from its mold. I let the dirt rest, I kneaded it and tossed it; it was an action of “extreme contact” with the matter. This is usually the dynamic of my work, “aware” from its very beginning. A sort of narration of the matter... another story that is getting lost.


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Is there a need for breaking up? LUCA: ... Yes, there is. It is based on two circumstances. The first one is technical. It is related to the fact that, working with “disposable” negatives, everyone of my works is unique, whereas usually, in the world of ceramics, a negative is used to make numerous pieces, more or less in series. In my work, instead, the mold is destroyed, demonstrating the uniqueness of every single piece

of art, like the sculpture called The One, dedicated to Max Stirner, where a standing-up man points at his exploded mold, on the ground. Inspired by his essay on anarchism, this opus sets out the uniqueness of “oneself” in our society.

The second circumstance is poetic, obtained through a series of cuts, incisions with a knife that I make directly on the dirt-lined negative, fragmenting the work in order to destroy the expectations of an unitary sight.

APPARENZE - 2012 - terracotta policroma invetriata, ferro, legno (particolari)

LUCA: There is a whole poetic related to materials, which is an essential principle in my art work. Creating a piece out of dirt or fiberglass or something else involves totally different actions.What is dirt, at the end? It is a biblical material, it’s dust to which we will return, containing a world of meanings that are our own roots.

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Being some sort of medium of memory, using the weirdest objects, picking them up and assembling them (like you did in your last pieces), making them go through the flow of your story… could all this be a bit self-referential? The thrill of having a “unique” power, varying the objects’ history, letting them have a new identity, changing their fate... That’s a gratifying power... LUCA: I portray a collective memory, not an individual one. Even if it is filtered in its meaning through my personal aesthetic sense. In the end I choose things that strike me the most. Collective memory is my reference point. The characters that I mention are not in my works just to tell their own stories, but because their stories are equal to those of many other people. ...I accumulate everything that has a glimmer of interest / like the shoemaker box that I found in a bin in Barcelona. It was full of tools, I picked it up. It was beautiful, I’ve been using it to gather pictures, up until recently... then I saw the painting of the death of Chatterton and I recognized my box, and that’s where it is now, because that is its place. ...In fact, I have a “power” that allows me to elevate the object to a work of art, I could cite others who did the same thing... but there’s one thing I can say, mine is not a Duchampian procedure. I work on a substrate of memories, intersecting and referring to each other, not on ready-mades. Involvement has so much room in your art, as well as tact and measure in setting your pieces... but in the end you also have a subtle pleasure in messing up the cards...

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LUCA: Education is a generous way to share your work with others... someone recently pointed out to me that I had a rather grim irony... in the end we must also undermine the established mechanisms, and even if my work is rigorous, I have to admit that a “linguistic skid” sometimes can be very useful... like Narcissus: he thinks of death wearing an unlikely polka dot underwear.


photo Š Stefano Nanni, Andrea Fabbri. - courtesy Luca Freschi

SAN SEBASTIANO - 2011 - terracotta, frecce

L'UNICO - 2011 - terracotta policroma, materiali sintetici, plastiche, resine, gesso (particolare)

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curiosiTyLUCAFRESHI Henry Wallis The dead of Chatterton, 1857 - oil on canvas

Luca Freschi The death of Chatterton 2011 - earthenware, box, paper (details) 96


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Bonjour douceur! 2005 porcellana IPA, resina - courtesy Museo Giuseppe Gianetti, Saronno (VA)

Cosa consiglieresti di ascoltare come sottofondo alla tua intervista? What would you suggest listening to in order to enjoy your interview? SOUNDTRACK: gnut _ cosa pensare adesso

 PLAY

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Instead we would like to talk about your ART ability to travel outside the usual common places. We think that a really impressive feature of your art is its ability to be at ease OUTWARDS. This does not mean that it doesn’t find its place in art galleries, ON THE CONTRARY … just take the exhibition that you have just made at art Gallery Melesi in Lecco. But it is able to express itself also on a lawn, on a raft on the river, under a tree or inside an ancient historical building, creating a self-sufficient microcosm be tween the place and the work, adding a value to the same space where it stays. All this involves equilibrium.

Vorremmo invece parlare della capacità della tua ARTE di viaggiare fuori dai luoghi comuni predisposti. Una caratteristica che ci ha colpito enormemente è la sua capacità di essere a suo agio in ESTERNO. Questo non comporta che dentro le gallerie non trovi una sua collocazione, ANZI ... vedi la mostra che hai appena fatto alla Galleria Melesi di lecco. Ma riesce ad esprimersi anche su un prato, su una zattera sul fiume, sotto un albero o in un antico e storico palazzo creando un microcosmo, autosufficiente, tra luogo ed opera, diventando un valore aggiunto allo spazio stesso che la ospita. Tutto questo comporta equilibrio. 100


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Portami il tramonto in una tazza 2006-2008-carta, cocci, punti metallici-photo Š Tommaso Mattina - courtesy Ermanno Tedeschi

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SFERA 2010-porcellana IPA - photo © Gianpiero Trivisano - courtesy Galleria Melesi, Lecco

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Ci parli dell'equilibrio nella tua arte? Le opere che ho realizzato in tutti questi anni sono sempre state, e continuano a esserlo, in stretta relazione con lo spazio in cui vengono collocate, come nel caso di Onda su onda, un'installazione composta da due o più lunghi corpi di bianca porcellana dalle forme sinuose che si intrecciano e sembrano affondare nel pavimento per poi risalire con molta leggerezza. Gli oggetti di ceramica aggregati insieme diventano un segno bianco, morbido simile a quello che si potrebbe tracciare con una matita.... Mi interessa stabilire un rapporto tenace e in profonda sintonia con la natura, in un’ottica di ricerca di equilibrio, anche con me stessa.

Can you tell us something about equilibrium in your art? The works I have been realising in the last years were - and still are - in strict relation with the space they are located. This is the case of Wave over wave, an installation made up of two or more long bodies of white china with curvy shapes that intertwine and seem to plunge into the floor and then to come up very lightly. The aggregated ceramic objects become a white soft sign, similar to the sign that can be traced with a pencil … I am interested in establishing a tenacious and harmonic relation with nature, aiming to a research of equilibrium, also with myself.


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Onda_su_onda_2010- porcellana IPA, ferro, photo© Maria Crocco - courtesy Matilde Domestico

Colonnazze 2013- assemblaggio porcellana IPA, grafite photo © Gianpiero Trivisano. - courtesy Galleria Melesi, Lecco

Una ricerca nella tua simbologia. Perché la formica come compagna di viaggio insieme all'inseparabile cioccolata ?

A research into your symbology. Why an ant as a travel mate together with the inseparable chocolate?

Le formiche mi sembrano gli abitanti naturali delle tazze, ipotetici nidi di porcellana; quando capita di trovare nelle nostre abitazioni o all’interno di zuccheriere, stoviglie la presenza di frenetiche formiche solitamente si prova una forte sensazione di fastidio….e invece altre volte, in maniera opposta, succede di essere incuriositi e affascinati dal loro incessante lavoro di squadra, dalla capacità di organizzarsi e collaborare, dalla loro ritualità quotidiana. Quest’ultimo aspetto le introduce spontaneamente nelle Cioccolatazze opere che ci “parlano” appunto del nostro vivere quotidiano, dei gesti rituali, di una bevanda esotica quale il cioccolato che ha caratterizzato le nostre usanze e consuetudini. Inserire le formiche nelle mie opere è un omaggio al loro indispensabile contributo nella difesa dell’habitat terrestre, benessere ed equilibrio degli ecosistemi che invece l’attività umana sta sistematicamente distruggendo, come ci ricordano nel libro “Formiche” gli autori e ricercatori B. Holldobler e O.Wilson.

I think that ants are the natural inhabitants of cups, hypothetical china nests. When it happens to find hectic ants in our houses or inside our sugar bowls or tableware we usually feel strongly annoyed … on the contrary sometimes it happens we are curious and fascinated by their constant team work, their ability to organise and cooperate, their daily rituals. The latter aspect introduces them spontaneously in the Cioccolatazze (Chocolateacups), works that tell us about our daily life, our daily rituals, about an exotic drink such as chocolate that has been characterising our customs and habits. Putting ants inside my works is a homage to their indispensable contribution to earth habitat protection and to wellness and equilibrium of eco-systems that have systematically been destroyed by human activity, as the researchers B.Holldobler e O.Wilson state in their book “The Ants”.

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Omaggio a Jacopo- assemblaggio in porcellana IPA, resina, ferro, courtesy Collezione privata

A special thanks to: Lecco, Italy. Thanks to Sabina Melesi. GALLERIA MELESI in

Un ringraziamento particolare: Grazie alla GALLERIA MELESI di Lecco, Italia. Grazie a Sabina Melesi. www.galleriamelesi.com 104


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La commistione tra arte e architettura nelle tue opere, l'arco fatto con le tazzine "Arco di bianco", la strada fatta di teiere e tazze "stradazza", "l'onda di tazze", creano una estetica di percorso. Possono essere considerati come un ponte tra la tua mente e la quotidianità altrui?

Una visione della quotidianità insolita e un po’ diversa, in quanto gli oggetti perdono la loro funzione abituale e aggregati insieme diventano utili a realizzare opere come le esili colonne o grandi arcate, spirali,.... Nella mostra Ambiente Domestico 11052013 allestita nella Galleria Melesi di Lecco ho presentato appunto una serie di installazioni dalle forme semplici, essenziali, come ad esempio le quattordici Sfere bianche e blu adagiate a terra e sospese alle pareti , ottenute manipolando e assemblando insieme piattini di porcellana I.P.A. L’approccio che ho con la realtà evidenzia l’ interesse che ho nei confronti dell’aspetto tridimensionale delle cose. La consistenza della materia e il suo aspetto tattile, sono evidenti in tutte le mie opere e anche nei progetti più recenti come ad esempio quello dedicato alle poesie di Emily Dickinson:in questo caso ho utilizzato la carta per modellare un tavolo, una sedia, tazze, zuccheriere, uno specchio, un lume,… al fine di ricostruire la casa-studio della poetessa americana, il suo spazio quotidiano vitale, che è una testimonianza concreta e un segno della sua creatività.

The mixture between art and architecture in your works, the arch made with small cups “White Arch”, the road made of teapots and cups, “Cup Road” , the “Cup Wave” create an aesthetics research of your artistic path. Can they be considered like a bridge between your mind and the others’ daily life?

An unusual and slightly different vision of daily life as objects loose their usual function and once aggregated they become useful to realise such works as the frail columns or the big arches, the spirals … In the exhibition Ambiente Domestico 11052013 (Domestic Space) in the art gallery Melesi in Lecco I presented a series of installations having simple, essential shapes, such as the fourteen white and blue Spheres, that were laid on the floor and hanging on the walls, realised manipulating and assembling together I.P.A. china saucers. My approach to reality underlines my interest in the three dimensional aspect of things. The solidity of matter and its tactile aspect are clear in all my works and also in my more recent projects like the one dedicated to Emily Dickinson’s poems. In this case I used paper to create a table, a chair, cups, sugar bowls, a mirror, a lamp … in order to re-create the American poetess’ study house, her daily active space that represents a tangible example and a symbol of her creativity.

w w w.matildedomestico. com

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La prima volta che abbiamo incontrato

LIU BOLIN.

Non so se vi è mai capitato di trovarvi all'inaugurazione di una mostra d'arte. Sicuramente sì. Noi come sempre, in queste situazioni, entriamo insieme e dopo 10 minuti siamo già disperse. Vagando tra le opere, la velocità di analisi diventa la salvezza... questo mi piace, questo no, questo chi è? Poi ad un certo punto su una parete vidi queste immagini. Feci un altro passo, poi mi bloccai. Tornai immediatamente indietro. Esclamai "Cosa?" "Non ci posso credere! Ma è geniale." Incominciai a ricercare le desaparecidos, dovevo assolutamente fargli vedere l'origine del mio entusiasmo. Appena trovate, le trascinai come un piccolo caterpillar, riuscendo ad ignorare ogni domanda, per mantenere intatto l'effetto sorpresa. "Ecco che ne dite?" Gli occhi da effetto fessura si trasformarono in occhi a palla. La bocca da chiusa che era, si aprì all'unisono emettendo un sonoro "noooo". Così abbiamo incontrato l'opera di Liu Bolin. Così siamo diventate amanti della sua arte.

The fir st time we met

LIU BOLIN.

I don’t know if you have ever been at the opening of an art exhibition. Probably you have. Usually, in those situations, we go in together, but after only 10 minutes we can not find each other anymore. Wandering among the works, the speed of analysis becomes crucial... I like this, I don’t like that, who's this artist?, etc. Then, at some point, I saw some pictures on a wall. I took another step, then I froze. I immediately stepped back. I yelled, "What? I can not believe it! That’s brilliant!". I found my friends, I had to show them the reason of my enthusiasm. I dragged them, like a small truck, ignoring their questions, in order to maintain the surprise. "So… what do you say to that?" Their eyes opened wide, so did their mouths, going "ooooh". That's how we met Liu Bolin's work.

Un ringraziamento particolare: Grazie alla Galerie Paris-Beijing di Parigi. Grazie a Silvia Mattei e alla sua estrema disponibilità.

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That's how we started loving his art. A special thanks to Galerie Paris-Beijing, in Paris. Thanks to Silvia Mattei, for being so kind.


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ch

am

el

e on

ma

n

MAKING OFF - COURTESY Galerie Paris-Beijing

HIDING IN THE CITY N.99, THREE GODDESSES, 2012 - COURTESY Galerie Paris-Beijing

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HIDING IN THE CITY - PARIS N.03 SAFES, 2011 - COURTESY Galerie Paris-Beijing


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But let's step back, precisely to 16

Liu

called:

Like a migratory chameleon (which

November 2005 at the Suojia Village

The Invisible Man / Chameleon

I believe does not exist), at some

International Arts Camp, in Beijing.

Man / The Man Who Disappears.

point Bolin expanded his scenarios.

On that day, that place was de-

His purpose is to be invisible,

Occident

stroyed

authorities.

perfectly

blending

the

Finance, consumer society, communi-

Restructuring policy, for the Olympics.

scenario

he

chose.

cation, technological omnipotence: he

Overnight, they destroyed a hun-

Mimicry

a

works on globalization, amplifying the

dred studies, expelling the art-

detailed study of the place, of its

strong link between different societies.

ists that used to work in there.

architecture and perspective, and

Expressing,

The ruins you see were his Atelier.

an

our

The ruins you see are Liu Bolin.

With a team of experienced painters

He traveled to Italy, creating the series

One of the first works in the

and

creates

Hiding in Italy, in 2010, then in France,

series

what already exists, but with a high

in Paris, mingling the steps of the

added

sub-

Grand Palais, and even blend-

Liu’s choice was to become a part of the

tle inclusion of his own body.

ing in the Société Générale, creat-

expression of others through mimicry,

He disguised as political propaganda

ing the series Hiding in Paris, 2011.

turning himself into the demolished walls,

characters written on a wall, he appeared

In the same year, in New York, he be-

thus expressing a strong social protest.

(or maybe better, he "disappeared")

came the bronze sculpture Bull of Wall

Bolin realized that his body could be-

in Tiananmen Square, in front of Mao

Street (Hiding in New York, 2011).

come both a weapon and a medium,

Zedong portrait, and merged into

so

the new "Bird's Nest" national

Bolin demonstrates that the loss of

Stadium,

identity does not necessarily coincide

by

Chinese

"Hiding

he

in

the

chose

City".

to

"Camouflage in order to Amplify".

Bolin

has

is

been

with

carefully reached

accurate

through

chromatic

photographers, value...

choice.

Liu the

in

2009.

got

in

into

his

Liu’s

own

"common"

art.

way,

existence.

with nothingness, in fact it can turn Becoming the place and, at the same

It may seem like an artistic game.

into the starting point, the real birth.

time, the story that is being told.

It

game.

Clichés can dematerialize, “stopping”

But

His art is a silent complaint about

can turn into “going”, “disappearing”

With his chameleonic presence, he turns

an

it

can turn into “highlighting”, and differ-

into an object, while maintaining and

shows a hidden side of China.

ent places can turn into their opposites.

accentuating

to

He turns into image in order to make

"human beings". Entering the place in

visible what we can not usually see.

with

a

the

belonging

twist.

is

anything authoritarian

but

a policy,

Bolin's work is imbued with teaching. Thin

order to give a different gaze, moving from two-dimensions (like in photos) to

But his work is not confined

a powerful three-dimensional expression.

to

his

and

delicate,

but

sharp.

Bolin's work, for us, is like poetry.

homeland.

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Ma facciamo un passo indietro, precisamente al 16 novembre 2005 presso il Suojia Village International Arts Camp a Pechino. Quel giorno, quel posto, fu raso al suolo per opera delle autorità cinesi. Politica

di

Distrussero

ristrutturazione durante

aio

di

studi

Le

macerie

le

macerie

per

la

e

notte

cacciarono

che

vedete

che

le

i

erano

vedete

Olimpiadi.

un

centin-

rispettivi

artisti.

suo

Atelier,

Liu

Bolin.

il

sono

Una delle prime opere della serie "Hiding in the City". La scelta di Liu è stata quella di diventare parte integrante dell'espressione altrui attraverso il mimetismo, diventando lui stesso i muri demoliti, esprimendo così un atto di altissima protesta sociale. Bolin si rende conto che il suo corpo può diventare un'arma ed un mezzo, l'artista sceglie così di "Mimetizzarsi per Amplificare". Diventare il luogo e contemporaneamente la storia, ma con qualcosa in più, con la propria presenza camaleontica, diventa lui stesso oggetto, pur mantenendo e accentuando la dichiarazione di appartenenza all'essere umano. Entrare nel luogo per dare un'altra visione, da un aspetto tipicamente bi-dimensionale come quello fotografico ad

una

potente

tridimensionalità

espressiva.

Liu Bolin è stato definito: L'uomo invisibile/ L'uomo camaleonte/ L'uomo che scompare. Il suo scopo è quello di rendersi pratica-

mente invisibile, mimetizzandosi perfettamente con lo scenario che

ha

accuratamente

scelto.

La

mimesi

avviene

attraverso uno studio approfondito del luogo, della sua architettura, della prospettiva, della perfetta scelta cromatica, grazie

ad

Liu

riesce

ma

con

l'inserimento 112

un

team a

di

esperti

creare un

impercettibile

ciò alto

pittori

e

che

esiste

valore della

sua

fotografi, già,

aggiunto... persona.


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"Chameleons have the unique ability of changing color to conform to the background, as a form of self-protection [...] Human beings are not animals, because they can not protect themselves." Liu Bolin

HIDING IN THE CITY - SUOJIA VILLEGE, 2006 COURTESY Galerie Paris-Beijing

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HIDING IN THE CITY , UNIFY THE THOUGHT TO PROMOTE EDUCATION MORE, 2007 COURTESY GALERIE PARIS-BEIJING

Si è camuffato da ideogrammi di propaganda politica scritti su un muro, è apparso o "scomparso" in Piazza Tienanmen, davanti il ritratto di Mao Tse-tung, nel 2009 ha realizzato una successiva performance confondendosi al nuovo stadio nazionale "Bird's Nest". Potrebbe sembrare un gioco d'artista, ma è tutt'altro che un gioco. La sua arte diventa il mezzo per una denuncia silenziosa, ad una politica autoritaria, rivelando un volto nascosto della Cina. Diventa così immagine per rendere

visibile

ciò

che

non

possiamo

vedere.

Ma la sua opera non si limita al suo territorio d'origine. Successivamente come un camaleonte... migratore, non credo che nella realtà zoologica esista, Bolin, ha allargato i suoi scenari. L'Occidente entra nell'arte di Liu. Dalla finanza, alla società di consumi, alla comunicazione, all'onnipotenza tecnologica, il suo pensiero entra in punta di piedi nella globalizzazione, amplificando il forte legame tra le diverse società. Esprimendo a suo modo la nostra esistenza "comune". Viaggia in Italia, creando la serie Hiding in Italy 2010, poi in Francia a Parigi confondendosi alla scalinata del Grand Palais, mimetizzandosi perfino nella Société Générale creando la serie Hiding in Paris 2011. Lo stesso anno a New York diventa la scultura di bronzo "Toro di Wall Street". (Hiding in New York 2011). La testimonianza di Bolin dimostra che la perdita d'identità non coincide necessariamente al nulla, ma può diventare il punto di partenza, la vera nascita. I luoghi comuni possono smaterializzarsi, il fermarsi diventa l'andare, il fondersi diventa l'evidenziarsi, il luogo diventa il non luogo. L'opera di Bolin, è intrisa di insegnamenti. Sottili, delicati ma taglienti. L'opera di Bolin per noi è poesia.

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HIDING IN THE CITY - ITALY N.01 2010 - COURTESY Galerie Paris-Beijing 115


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PARIS | BRUSSELS | BEIJING www.galerieparisbeijing.com

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"Ever since my imagination took wings, I have seen issues in a satirical

way as if I sport funny goggles on. It comes naturally to me. I like to deal with chaos in a minimalist way. From history to politics to consumerism

to digitalisation, I juxtapose issues with a pinch of humour in my works.

To put it artistically, I react to the atrocities and injustice -- all around us through my pieces of work. That’s my way of telling the world what I feel."

Mumbai, Maharashtra, India

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Oggetti e soggetti appartenenti alla realtĂ , alla filmografia, alla storia, si fondono in maniera imprevedibile nell'opera di Rahul Krishnan. (nato a Kerala nel 1978) Infinite possibilitĂ di simbologie si possono leggere attraverso ll suo processo creativo, caratterizzato da una forte personalitĂ , che si esprime attraverso la scelta di come, di cosa, di chi, inserire nelle sue opere. Alla base di tutto... la ricerca del tanto amato "caos". Come lui stesso lo definisce "un caos minimalista".

Objects and themes belonging to reality and to movie history merge, in unexpected ways, in the work of Rahul Krishnan (born in Kerala in 1978). Countless symbols can be read in his creative process, characterized by a strong personality, which is expressed in the choice of how, what or who to put in his works. Behind it all... the search for the beloved "chaos". He calls it "a minimalist chaos."

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Partiamo quindi dal Caos... e dalla tua creazione intitolata D. Evidentemente in onore del film di Vittorio De Sica Umberto D. La prima impressione è che questa opera sia legata al "bisogno di spazio". Luogo dove levitano "soggetti e grafica" uniti da punti di osservazione disgiunti. Sembra che lo sfondo colorato diventi la parte fondamentale di questo percorso, il filo conduttore, il luogo dove riposare lo sguardo per cercare altri punti d'interesse... trovando così in questo minimale caos la tranquillità espressiva. In tutto questo lo sguardo, in bianco e nero, di Umberto D. è predominante. 120


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Perché scegliere un soggetto che riflette il neorealismo italiano?

I film del Neorealismo italiano rispecchiavano la vita, con tutte le sue contraddizioni e scomode verità, senza abbellimenti da glamour cinematografico. Vidi Umberto D. quando ero studente, in un festival del cinema. Immediatamente ne fui colpito, da allora è rimasto saldamente impresso in me. Mescolo l’esperienza che ebbi guardando quei film (Umberto D., Ladri di biciclette, Sciuscià, La strada, ecc.) con l’esperienza concreta della vita attorno a me. Con un pizzico di ironia. La materia prende forma spontaneamente, nella mia mente, attraverso l'umorismo. Umberto è un rappresentante del genere umano che lotta per sopravvivere. È un'icona di ogni società in cui il sistema ignora deliberatamente l'esistenza delle persone indifese. La frase in lingua Malayalam «ellu muriye paniyeduthal pallu muriye thinnaam» nella mia opera significa «solo se fai un lavoro che spezza la schiena potrai mangiare fino a spezzarti i denti». Questo è l'atteggiamento del sistema nei confronti delle persone.

La ricerca estetica che caratterizza tutta la tua opera, diventa inconsciamente espressione per una fondamentale esplosione di interiorità?

Certamente. Mi ha sempre frustrato la violenza che vedo accadere intorno a me. I miei pensieri su questa questione si materializzano nella mia produzione grafica, e sono da sempre in contrasto con il processo estetico che vivo come artista. È il caos puro, nella mia mente, ma la mia esperienza di designer fa sì che il caos venga organizzato, in un modo minimalista. Si tratta di una reazione spontanea verso la società, verso la vita. Abbiamo bellezza nelle nostre vite, abbiamo musica nelle nostre vite. Ma abbiamo anche guerre. Guerre tra ideologie, paesi, comunità… ma non sappiamo (o non vogliamo) vedere le guerre quotidiane, la violenza tra le persone causata dalla necessità di sopravvivere. Tutto ciò si deve manifestare nel lavoro di un artista, in un modo o in un altro. Nessuno si può sottrarre a questa responsabilità. Ricordo ciò che disse Francis Bacon: «La mia pittura non è violenta. È la vita ad esserlo. Anche nei paesaggi più paradisiaci, tra gli alberi, sotto le foglie, insetti si sbranano a vicenda. La violenza è una componente inalienabile della vita». La questione centrale dell'arte è come si percepiscono le cose, come si fa esperienza di esse, interpretandole secondo una propria personale visione. Quanto potere ha l'ironia nelle tue creazioni?

Lo stesso che ha nella vita. Può accadere di vivere una vita molto diversa da ciò che avremmo desiderato per noi stessi. Ci si può dover confrontare con cose che mai avremmo voluto vedere, che mai avremmo voluto sperimentare. Questo è il paradosso più grande. Attraverso tutte le mie opere, cerco di esplorare le connessioni tra immagini politiche e storiche e immagini ed esperienze relative alla mia vita. Ciò immette nel lavoro nuovi, potenti significati. 121


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Let’s start with Chaos, then... and with your creation called D. Clearly, alluding to Vittorio De Sica’s Umberto D. The first impression is that this work is linked to a "need for space". A place where "subjects and graphics" levitate and are united by disjoint viewpoints. It seems that the colourful background becomes the key part of this process, its thread, the place where to rest your eyes in order to then look for other interesting points, finding, in the end, an expressive hush within a minimalist chaos. In all this, Umberto D.’s black and white gaze is absolutely predominant. Why did you choose a topic reflecting the Italian neorealism?

Italian Neo realistic movies reflected the life with all its discrepancies and callous truths devoid of any tint of cinematic glamour applied. I saw Umberto D during my college days' film festival and instantly hit & stuck for life. I intermingle the experience I had while watching those movies, D, bicycle thief, Shoeshine, La strada etc, to the experiences in life around me with a pinch of humour. The matter takes form in my mind through humour naturally. Umberto is a representative of humankind who struggles for survival. He's an icon of any society where the system entirely disregard the existence of the helpless people. The sentence in Malayalam 'ellu muriye paniyeduthal pallu muriye thinnaam' in the work connotes, "If you do back breaking work, you can eat till your teeth break". That's the stance of a system towards people.

Does the aesthetic research that characterizes all your works unconsciously give room to an explosion of your interiority?

Certainly. I have always been frustrated a propos the violence happening around. The thoughts about it always be at odds with the aesthetic process I have as an artist and then culminate as visuals. It's pure chaos there in my mind but my practice as designer contrive the chaos in a minimalist way. It is a genuine reaction towards the society, the life. We have beauty in our lives, we have music in our lives. Then we have wars. War between ideologies, countries, communities.. but we are unable to see or refuse to see the everyday wars and violence caused by that amid people for survival. It has to reflect in one's works in some way. Nobody can break away from that. I memorize what Francis Bacon's said, “My painting is not violent, it’s life that is violent. Even within the most beautiful landscape, in the trees, under the leaves, the insects are eating each other; violence is a part of life". Art is all about how you perceive and experience things and construe it in your own way.

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How much power does irony have, in your creations?

Same as it has in the life. You live a life which you may never yearn for, things you may never wish to see, to experience.. That's the biggest paradox. Through all my works, I am trying to travel around these phases through connecting historical, political images with images and experiences related to my life. It brings in powerful and new meaning to the work.

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CLICK THE IMAGE AND WATCH THE FINAL SCENE 126


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Non mi immagino Chet Baker bambino, che fra capricci e soldatini scopre la tromba. Parlaci del Fresu in miniatura: i primi ricordi che hai del mondo e della musica.

PAOLO FRESU

Mi fa sorridere questa domanda. Perché neanche io mi immagino Chet da bambino ma, alla fine, ognuno di noi bambino lo è stato davvero. Io dividevo il mio tempo tra la casa di Berchidda, la campagna con gli animali e la chiesa. Ma quando passava la Banda davanti a casa il resto non contava più e uscivo per seguirla anche il pigiama… Il primo ricordo è una festa di Carnevale con gli amici dei miei genitori. nella cantina di casa (dove di fatto vivevamo) piena di coriandoli, con la gente che ballava felice e io che suonavo l’armonica a bocca. Questo si e no a cinque anni. E poi il complesso che suonava vicino a casa e la prima chitarra regalatami da Fabio Serra, un bizzarro signore che ne faceva parte.

La tua ultima opera, è un viaggio tra l’Africa e il Mondo attraverso il jazz, il rock e il meticcio. La scelta del titolo Desertico, crea nell’immaginario comune un’ idea di aridità, ma ascoltando la tua musica si capisce la magia di linguaggi lontani che suonano “la creazione e la nascita”. 
Partire da un viaggio... per “creare un percorso”?

Si parte sempre da un viaggio se si vuole creare un percorso. Il viaggio è la vita. È ritemprante ma soprattutto ci fa conoscere noi stessi e gli altri. Io dico sempre di avere viaggiato ben prima di averlo fatto realmente. Lo facevo con l’immaginazione sentendo il jazz e leggendone le storie. Questo è il grande potere della musica. Un potere immaginifico e immaginario. Successivamente ho fatto del viaggio la mia scoperta del mondo e degli altri ma non dimentico che ciò è avvenuto attraverso la musica. 128


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Ogni edizione del tuo festival Time in Jazz, ha sperimentato relazioni e consonanze con le altre arti: la parola, la poesia, l’immagine, l’architettura, il cinema, il teatro, la gastronomia... La musica può unire come in una Torre di Babele tutti i linguaggi artistici?

La musica deve necessariamente unire. Unire i linguaggi e unire le genti. Credo che che questo sia il vero messaggio odierno dell’arte. In un momento storico di grande chiusura e divisione la musica e l’arte in genere sono la metafora del mondo che vuole esplodere e non implodere.

Il 27 marzo l’Università di Milano-Bicocca ti ha conferito la laurea magistrale honoris causa in Psicologia dei processi sociali.
Titolo della tua lectio in quella occasione “L’impossibile che diviene possibile.” Penso all’aspetto socio-culturale della tua esperienza artistica. Come hai dimostrato, dal 1988 con Time in Jazz e con lo spettacolare Tour !50 anni suonati, il seme della tua arte ha attecchito anche in contesti apparentemente inusuali e ha creato fenomeni virtuosi di promozione socio-economica oltre che multi-culturale. La ricetta di tutto questo nasce dal credere nell’immensa capacità umana di creare, di sovvertire le regole, di tracciare un percorso a testa alta senza alcuna paura?

Il titolo della mia Lectio Magistralis era “L’impossibile possibile”. Guarda caso parlo del senso del viaggio, del micro e del macro, della visione del mondo e dell’architettura umana. Sono profondamente convinto che se oggi Time in Jazz è 130


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diventato possibile ciò è merito di quella architettura umana che ha reso possibile l’impossibile. Sono centinaia di volontari di tutte le età, gli abitanti di Berchidda e il variopinto pubblico che vi partecipa. Il detto “l’unione fa la forza’ in questo caso calza

perfettamente e questa unione di

forze e di pensieri ribalta il tradizionale concetto della dipendenza culturale e sottolinea quanto un piccolo luogo può divenire grande se guidato da un pensiero. 131


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photo Paolo Fresu @ Milena Fadda


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I can not imagine Chet Baker as a child, discovering his trumpet in the midst of whining and playing with his toy soldiers. Tell us about the little Fresu… your first memories of the music world. Your question makes me smile. I can not imagine Chet as a child, either. But in the end, each of us really was a child, at some point. I used to split my time between my house in Berchidda, the countryside with all the animals and the church. But when the Brass Band passed in front of my house, nothing else mattered anymore, I used to go out to follow it even if I was in my pajamas... My first music memory is a carnival party with my parents’ friends. We were in the basement of our house (where, in fact, we used to live). The place was filled with confetti and people happily dancing, while I was playing my harmonica. This happened when I was around five. I also remember the music band that used to play near our house. And my first guitar, given to me by Fabio Serra, an eccentric man who was part of that band. Your latest work is a journey between Africa and the rest of the world through jazz, rock and half-breed music. Its title, Desertico, gives an idea of aridity, but listening to it you can get the magic of distant languages playing “creation and birth.” Is that about starting from a journey in order to “create a path”? You always start from a journey, if you want to create a path. The journey is your life. It is refreshing, but it also helps us knowing ourselves and others better. I keep on stating that I have traveled well before I actually started doing it I used to do it with my own imagination, listening to jazz music and reading stories about it. This is the great power of music. An imaginative and imaginary power. Later on, I used real trips to discover the world and the other people, but I can not forget what occurred through music. Each edition of your festival, Time in Jazz, has experienced relationships and affinities with other arts: poetry, image, architecture, cinema, theater, gastronomy... Can the music merge, as in a Babel Tower, all the different artistic languages​​? Music must merge.Languages ​​and people. I think this is the core of today’s art. In a time of great divisions and closures, music and art in general are a metaphor of the world that wants to explode, and not implode. On March 27, the Milan-Bicocca University conferred you the honorary degree in Psychology of social processes. The title of your Lectio on that occasion was The impossible that becomes possible. I’m thinking about socio-cultural aspects of your artistic experience. As you have shown since 1988 with Time in Jazz and with the spectacular tour 50 years playing, the seeds of your art took root also in apparently unusual contexts, creating virtuous phenomena of socio-economic and multi-cultural promotion. Does it all come from having faith in the never-ending human capacity to create, subvert rules and trace a path without any fear? 133


The title of my Lectio Magistralis was The possible impossible. I happened to speak of the meaning of the journey, of micro and macro, of the vision of the world, of human architecture.I am deeply convinced that if today Time in Jazz still exists, this is due to the human architecture that made the impossible possible. Hundreds of volunteers of all ages, the inhabitants of Berchidda and the festival’s colorful audience. The expression “unity is strength” in this case fits perfectly. This union of forces and thoughts overturns the traditional concept of cultural dependence, and emphasizes how a small place can become great, if guided by an idea.

photo@cargocollective.com/piermario 134


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BERCHIDDA Chiesa s caterina - JAZZ IN TIME 2012 135


curiosity MOSES LEVY

by Pierre Darmon BONSAÏ MUSIC

Il mio legame con l’Italia è profondo, genetico. I miei genitori sono nati a Tunisi da genitori italiani. I miei nonni paterni hanno optato per la nazionalità francese e si sono trasferiti in Francia a Montpellier nel 1958 mentre quelli materni si sono stabiliti a Viareggio nella stessa epoca. Viareggio, luogo di dolcezza, pieno di odori, di sabbia e di sole. Viareggio luogo dei miei più bei ricordi di vacanze al Bagno Amelia dove ho imparato l’italiano con il bagnino Orazio, gli amici e cugini parigini che venivano tutti come me a trascorrervi le vacanze. Mi ricordo il legame particolare con mio nonno Moses Levy che tutti chiamavano “Maestro”. Un pittore geniale! Nessuno ha mai dipinto le spiagge come lui. Tutte le sue tele sono animate, traspirano la vita e la felicità di una toscana spensierata, ricca e semplice allo stesso tempo. Ero fiero di essere suo nipote e Moses mi ha certamente trasmesso, nonostante la mia giovane età i fondamenti dei piaceri della vita, di una vita semplice come quella di essere riuniti attorno ad un grande tavolo degustando molto semplicemente un piatto di pasta con del parmigiano appena grattugiato o una semplice “margherita”. Le cose migliori son spesso le più semplici quando sono condivise. Questo gusto della semplicità che mi ha saputo trasmettere l’ho declinato negli ambiti che si sono presentati nel mio quotidiano, specialmente la musica e la cucina. La cucina è per me un arte di vivere e quando dico vita sottintendo il quotidiano. È la ragione per cui paragono 136

volentieri cucina a gastronomia. La vera e propria arte culinaria è probabilmente quella di essere capaci di cucinare piatti semplici, tutti i giorni, senza ricette particolari ne senso della competizione, senza smettere di reinventare con gli ingredienti nel frigorifero, ma con il solo scopo di donare agli ospiti e a se stessi il piacere di mangiare e di condividere. Il piacere, la condivisione, la semplicità sono altrettanto di qualità come la musica che produco e, come per la cucina, paragono volentieri la melodia alla tecnica. Dal mio punto di vista, privilegio la melodia che sembra essere la chiave indispensabile dello scambio con le persone che sono le destinatarie di questa musica: il pubblico. Una sola nota se ben suonata, con una sonorità ben arrangiata, può avere ben più effetto che una valanga di suoni. Questa ricerca della melodia è una caratteristica che si ritrova nella maggioranza dei jazzisti italiani che al di là di suonare i loro strumenti, li fanno cantare. È senz’altro il caso di artisti come Paolo Fresu che senza dubbio è uno degli artisti più apprezzati dal jazz contemporaneo internazionale. In definitiva, che si tratti di cucina o di musica, le più belle espressioni sono spesso il frutto della ricerca di una grandissima semplicità e della volontà di donare con generosità, dare piacere ai propri ospiti o al proprio pubblico. L’unione di questi elementi porta un nome: eleganza!


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fo to da vi d e o cl i p A M B R E (Paol o F resu De vil Q u ar te t ) t rat to da un f il m d e l 1930 dal pi t to re , M os es Le v y in Tosca na . ph o tos f ro m vi d e o cl i ps A M B R E (Paol o F resu De vil Qua r tet ) take n f ro m a 1930 f il m by t h e pai n te r, M os es Le v y in Tusca ny.

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Mon lien avec l’Italie est profond, génétique. Mes parents sont nés à Tunis, de parents italiens. Mes grands parents paternels ont opté pour la nationalité fraise et s’installèrent en France à Montpellier en 1958 tandis que ceux du côté de ma mère revinrent en Toscane, à Viareggio, à la même époque. Viareggio, lieux de douceur, remplis d’odeurs, de sable et de soleil. Viareggio lieux de mes plus beaux souvenirs de vacances au Bagno Amelia où j’appris à parler l’italien, avec le Banino Orracio et pleins de copains et de copines en mêmes temps que mes cousins et cousines qui vivant également à Paris venaient tout comme moi y passer les vacances. Petit, je me souviens le lien particulier qui me lia avec mon grand père Moses Levy que tout le monde appelait « Maestro ». Un peintre de génie. Nul n’a peint les plages de Viareggio comme lui. Toutes ses toiles sont animées, transpirent la vie et le bonheur d’une toscane insouciante, riche et simple à la fois. J‘étais fier d’être son petit-fils et Moses m’a certainement transmis dès mon tout jeune âge les fondements du plaisir de la vie, d’une vie simple comme celui d’être réunis autour d’une grande table en dégustant tout simplement un plate de pâtes avec du parmesan fraichement râpé ou un simple Margherita. Les meilleures choses sont souvent les plus simples pourvu qu’elles soient partagées. Ce gout de la simplicité qu’il a su me transmettre, je pense que j’ai su le décliner dans les domaines qui sont si présents dans mon quotidien, notamment la musique et la cuisine. La cuisine est pour moi un art de vivre et qui dit «vie» sous-entend quotidienneté. C’est la raison pour laquelle j’oppose volontiers «cuisine» à «gastronomie». Le véritable art culinaire est probablement celui d’être capable de savoir cuisiner des plats simples, tous les jours, sans recettes particulières ni sens de la compétition, sans cesse réinventés avec  PLAY les restes de la veille, avec le seul but de donner à ses convives et soi-même le plaisir de manger et de partager. Le plaisir, le partage, la simplicité sont autant de qualité que j’attends de la musique que je produis et, tout comme pour la cuisine, j’oppose volontiers «mélodie» et «technicité». Pour ce qui me concerne je privilégie la mélodie à la technique. La mélodie me semble être lé clé indispensable du partage avec les personnes qui sont les destinataires de cette musique : le public. Une seule note, bien jouée, avec une sonorité travaillée aura souvent bien plus d’effet qu’une avalanche de sons. Cette exigence de la mélodie est une caractéristique que l’on retrouve chez la plupart des jazzmen italiens qui, au-delà de jouer avec leurs instruments, les font chanter. C’est notamment le cas d’artistes comme Paolo Fresu qui, incontestablement, est l’un des artistes majeurs du jazz contemporain international. En résumé, qu’il s’agisse de la cuisine ou de la musique, leurs plus belles expressions sont souvent le fruit de la recherche d’une très grande simplicité et de la volonté de donner avec générosité, du plaisir à ses convives ou son public. La réunion de ces élément porte un nom: l’élégance. 138


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M OSES L E VY

( Tun isi 18 85 - Via regg io 196 8 )

Me r & P lages , Mare e Spiagge , S ea & Beach s

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COURTESY FONDAZIONE CULTURALE CARLO ZINELLI


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I ZINELL CARLO E L A R TU NE CUL NDAZIO O F Y ES COURT


COURTESY FONDAZIONE CULTURALE CARLO ZINELLI

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COURTESY FONDAZIONE CULTURALE CARLO ZINELLI


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Carlo Zinelli è nato a San Giovanni Lupatoto vicino a Verona il 2 luglio 1916. Sesto di sette figli. Orfano di madre a soli tre anni. Viene ritirato dalla scuola elementare e ospitato presso una famiglia contadina per sorvegliare il bestiame. Carlo trascorrerà gran parte della sua infanzia presso questa famiglia. A ventitré anni si arruolò come "volontario" per combattere nella Guerra Civile Spagnola. Qui avverranno gli eventi che lo segneranno per tutta la vita creandogli delle gravissime turbe psichiche. Venne rimpatriato dopo solo due mesi in uno stato di incapacità verbale, non riuscendo a raccontare tutto ciò che aveva vissuto. Tra il 1941 e il 1947 Carlo entrò periodicamente in Ospedale, subendo frequenti elettroshock e trattamenti di insulina. Il 9 aprile 1947 venne definitivamente ricoverato all'Ospedale Psichiatrico di San Giacomo alla Tomba di Verona con la diagnosi di schizofrenia paranoide. Nel 1957 il direttore dell'ospedale acconsentì allo scultore scozzese Michael Noble e al professor Mario Marini, alla creazione di un Atelier di pittura. Finalmente arrivò il mezzo d'espressione per Carlo, che fino ad allora dipingeva sui muri della sua stanza. Da quel momento la pittura diventò la sua vita. Attraverso Vittorio Andreoli, subentrato alla direzione dell'Atelier a Marini e Noble, le sue opere fronteretro vennero presentate a Dubuffet e alla Compagnie de l'Art Brut. Dubuffet stesso acquisii un numero considerevole di opere di Carlo che poi donò alla Collection d'Art Brut de Losanna. Realizzò più di duemila dipinti e disegni. Carlo Zinelli è considerato uno dei più grandi autodidatti del Ventesimo secolo. I quadri di Carlo, ad oggi, attraverso personali e collettive sono esposti in gallerie e musei di tutto il mondo.

Alberto Moravia da I Pittori Malati di Verona. Corriere "Carlo

della Zinelli

Sera è

/6

settembre

incapace

di

1959

comunicare

col

mondo esterno. Quest'uomo che non parla o parla con incomprensibili borbottii, che sta sempre to

con e

la

il

fogli

testa

viso

di

bassa,

privo

miriade

di

di

lo

sguardo

espressione

minutissime

spen-

riempie figure,

i

[ .. ]

Viene subito in mente una somiglianza impossibile: i papiri egiziani gremiti di geroglifici. Si tratterebbe, dunque, in questo caso di una regressione ad uno stadio storico dell'arte del passato. Il malato isolato nella sua demenza, sarebbe tornato indietro

Dino

all'antico

Buzzati

da

Egitto

Sono

di

dei

Nefertiti."

veri

artisti.

Da Galleria La Cornice. Catalogo mostra Verona /1957 [ .. ] "Sono le stupefacenti tavole che Carlo riempie, minando con un pennellino di una miriade di piccole figure:

uomini,

donne,

soldati,

uccelli,

mostri, leoni, gatti, treni, [ .. ] con una vertiginosa, fantasia di architetture, di stilizzazione di particolari. Vengono in mente certe iscrizioni rupestri preistoriche, certi vasi micenei, certi bassorilievi egiziani, certi disegni di Picasso: vengono in mente ma in fondo non hanno niente a che fare. E' un mondo inesauribile che si riversa fuori da quell'ometto mite e solitario, coprendo lentamente che

in

fogli

questo

su

genere

fogli.

[ .. ] E'

d'arte

evidente

[ .. ] l'intuizione

e l'invenzione hanno una parte preponderante.[ .. ] Ma è proprio per questo motivo per cui le pitture e le sculture presentate nell'attuale mostra hanno il diritto di cittadinanza artistica. Per cui sarebbe semplicemente

idiota

stabilire

le

differenze

di categoria e negare la possibilità che un Carlo [ .. ] facciano domani dei capolavori assoluti." 145


Following Carlo Zinelli’s diktat "If you're not an idiot, just look", we can not even start discussing his art. His biography, and your sensitivity, will be enough. ...and if we are not idiots, we'll see Carlo Zinelli was born in San Giovanni Lupatoto, near Verona, on July, 2 1916. He was the sixth of seven children. He lost his mother when he was only three years old. He was withdrawn from elementary school and hosted by a peasant family to oversee livestock. Carlo spent most of his childhood with this family. When he was twentythree, he enlisted as a "volunteer" to fight in the Spanish Civil War.Some events that occurred there marked his life, creating some serious mental disorders. He was repatriated after only two months, in a state of verbal incapacity, unable to tell what he had experienced.Between 1941 and 1947, Carlo went regularly to the hospital, undergoing many electroshocks and insulin treatments. On April 9, 1947 he was permanently hospitalized in the San Giacomo alla Tomba Psychiatric Hospital, in Verona, with a diagnosis of paranoid schizophrenia. In 1957, the hospital director allowed the Scottish sculptor Michael Noble and the Professor Mario Marini to create a painting Atelier, there.That represented the means of expression for Carlo, who until then used to paint on his room’s walls.Since then, painting became his life. Through Vittorio Andreoli, who replaced Marini and Noble in directing the Atelier, his two-sided works were shown to Dubuffet and to the Compagnie de l'Art Brut. Dubuffet himself acquired a considerable number of Carlo’s works, which he donated, later on, to the Collection de l'Art Brut in Lausanne. Carlo created more than two thousand paintings and drawings. Carlo Zinelli is now considered one of the greatest self-taught artists of the twentieth century.Carlo’s paintings are displayed in galleries and museums all over the world, either in personal and group exhibitions. 146

Alberto

Moravia

from

The

Painting

Patiens

of

Verona. Corriere della Sera // 6th september 1959

"Carlo Zinelli is incapable of communicating with the outside world. This man does not talk and, when he does, he mumbles incomprehensibly, head down, eyes empty, face devoid of expression.He covers sheets of paper with myriad of tiny figures [ .. ] A refernce comes to mind, but it is clearly impossible: Egypian papyri, dotted with hieroglyphs. If this were so, it would be a case of regression into the ancient art of the history, as if the painter, alone in his delirium, had returned to ancient Egypt and time of Nefertiti." Dino

Buzzati

da

Sono

dei

veri

artisti.From

Galleria La Cornice, exibition catalogue Verona// 1957

[ .. ] "Take for example the astonshing boards and canvases that carlo fills with a plethora of mimiature figures: men, women, soldiers, birds, monsters,lions, cats, trains [ .. ] a dizzying architechtural fantasy, characterised by his obsessive details. They remind us of prehistoric rock inscriptions, of mycenaean vases, of Egyptian bas-reliefs, of drawings by Picasso: yet if these references come to mind, they have nothing to do with the realities of his creative process. The inexhaustible world which pours forth from this mild-mannered, small and solitary man, eventually covers sheets and sheets of paper. [ .. ] It's obvious that for this type of artmaking [ .. ] intuition and invention play the most significant role;[ .. ] Which is precisely why the paintings and sculptures in this exhibition have the right to be called art. It would be foolish to categorise them any differently or deny the opportunity for someone like Carlo [ .. ] to be the creator of tomorrow's masterpieces


Un ringraziamento particolare: GRAZIE ALLA MOSTRA BORDELINE PRESSO IL MAR DI RAVENNA CHE CI HA FATTO SCOPRIRE CARLO ZINELLI. GRAZIE QUINDI AI CURATORI DI BORDERLINE: GIORGIO BEDONI, GABRIELE MAZZOTTA E CLAUDIO SPADONI. GRAZIE ALL'ESTREMA DISPONIBILITÀ DI ALESSANDRO ZINELLI . GRAZIE ALLA FONDAZIONE CULTURALE CARLO ZINELLI che CI HA FORNITO LA DOCUMENTAZIONE. WWW.CARLOZINELLI.IT ED INFINE GRAZIE A CARLO.

FONDAZIO NE CULTUR ALE CARLO ZINELLI COURTESY

Carlo what is your work about? IF YOU ARE NOT AN IDIOT... just LOOK!

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Acknowledgements: Thanks to the Borderline exhibition, at the MAR museum, in Ravenna, that made us discover Carlo Zinelli. Thanks to the Borderline exhibition’s curators: Giorgio Bedoni, Gabriele Mazzotta and Claudio Spadoni. Thanks to Alessandro Zinelli for his kind availability. Thanks to the Carlo Zinelli’s Cultural Foundation, that provided us the documentation. www.carlozinelli.it And finally, thanks to Carlo.

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CONTEST EVENTS 148

VICTORIA AND ALBERT MUSEUM [ david bowie is] Exposition

23 march -11 augost 2013 - london www.vam.ac.uk NOUVEAU MUSテ右 NATIONAL DE MONACO

[Erik Bulatov, Paintings and Drawings 1966-2013 ] Exposition > 18 june - 29 september 2013 - Monaco www.nmnm.mc MART ROVERETO

[ Andata e ricordo Souvenir de Voyage ] Exposition > 22 june- 8 september 2013 Rovereto - Trento/ Italy www.mart.trento.it HANGARBICOCCA

[ Mike Kelley Eternity is a Long Time] Exposition >24 may- 8 september - Milano www.hangarbicocca.org PARIS ET PALAIS DE TOKYO

[ Bientテエt Nouvelles vagues ] 53 expositions dans tout Paris et au Palais de Tokyo

> 21 june - 9 september 2013 - Parigi http://palaisdetokyo.com/fr


Philip Garner high heel roller skate 1975 "MORE BOUCE TO THE OUNCE" From S how, December 1956.

“Dialogues” by designer Steve Haslip

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La maison du couturier meets the photographs of Salvatore Arnone. A unisex capsule collection featuring printed images of his project: " The Fifth Day ". Salvatore's images immortalize closeup portraits of animals in danger of extinction at the hands of mankind. Animals that look straight at the lens , with fix eyes, as if they were asking you for an

THE FIFTH DAY saveyouranimal

To strengthen the intrinsic value between art and fashion, an exhibition will highlight the concept between the photographs and textile design of the limited edition collaboration, characterized by the study of cuts and stylistic avantguarde research, a trademark of LA maison du couturier . 20% of the profits will be donated to the zoo and structures in which these animals can live in dignity. Everything will be documented in a fashion movie. Save your animal. Make your choice.

explanation of their uncertain destiny. The photographs are printed on unisex t-shirts and minidresses of minimal design made of modal jersey and silk, for a weareble capsule collection with a graphic concept of contemporary art. A profund concept that through daily wearability aim to give a new depth and meaning to the current fashion of printed graphic.

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L’idea iniziale fu quella di utilizzare le immagini di Arnone come puro uso grafico, niente di più. Poi quando incontrai Salvatore e mi spiegò il concetto della sua arte, mi “letteralmente” innamorai dell'idea di trasportare le sue immagini nella ...sulla mia collezione. Denunciare.. indossando un abito. ( sono sempre stato un animalista convinto ). E non per fare del charity un'arma di marketing compassionevole. Mi sono praticamente indebitato per portare avanti questo progetto, che, sia da un punto di vista grafico, che artistico ( a mio parere arte e moda sono simbiotiche ), ed infine concettuale, lo ritengo “necessario” per la mia ricerca. In un momento in cui la moda “grafica” non si distoglie da arzigogoli privi di significato su colori fluo... io vorrei dare spessore sociale e non solo artistico alla mia collezione. A

parte

rimando

infatti storico

qualche di

alcuni

stilisti nell’uso delle stampe, sento come se culturalmente foss imo

t u tti

di ventati

lobomotizzati alla Corte della Regina

“Crisi

Economica”.

La moda è come se ci dicesse: NON PENSATE ma divertitevi. Siate spensierati ... in questo periodo fatto di debito pubblico, disoccupazione

alle stelle,

e

chi più ne ha più ne metta. Ma sappiamo benissimo che non è così. Quindi

ragioniamo

con

la

nostra testa. Ragionare... Gente. Ecco, questo è quello che penso ...

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LAZMAG

The first idea was to use Arnone’s images as mere graphic, nothing more than that. Later on, when I met Salvatore and he explained me the concept of his art, I "literally" fell in love with the idea of carrying his images into my collection. Denounce .. wearing a dress. (I have always been a very committed animal-rights activist) by creating an outfit, not to turn charity into a pathetic marketing tool. I pretty much fell into debt to carry out this project. I value it as "necessary" for my research, from a graphical, artistic and conceptual point of view (in my opinion, art and fashion are symbiotic). In a time when "graphic" fashion does not detract from meaningless puzzles of fluorescent colors... I would like to add a social depth, and not just an artistic hint, to my collection. Apart from some historical associations made by very few fashion designers when using prints, I feel as if we all became culturally lobotomized to the Court of the "Economic Crisis" Queen. It’s like fashion saying: DO NOT THINK, just have fun, be cheerful... in this period of public debt, skyrocketing unemployment, and so on and so forth. But we know perfectly well that it is not like that. So, let’s use our own heads. People... think. That's what I think.

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w w w.lamb e r to pe tri.co m

Gru caruncolata/wattled crane @ ph. Salvatore Arnone

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Gorilla/gorilla Cacatua delle Molucche/Moluccan cockatoo @ ph. Salvatore Arnone

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THE FIFTH DAY saveyouranimal

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WOU LD Y O U l i k e S O M E M O R E 158


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laz

agn

e? 159


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