LA DOMENICA
CULT
La storia
Gli spettacoli
La cultura
Quando Milano cent’anni fa divenne Marittima
Il papà di Bambi che Hitler costrinse all’esilio
Domande sbagliate o impossibili: siamo fuori di test
JENNER MELETTI
MARIO SERENELLINI FRANK THOMAS
STEFANO BARTEZZAGHI ELISABETH ROSENTHAL
Fondatore Eugenio Scalfari
NZ PD-1F
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www.repubblica.it
Anno 37 - Numero 191
Direttore Ezio Mauro
€ 1,20 in Italia
domenica 12 agosto 2012
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9 770390 107009
20812
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LE MUNIZIONI DI DRAGHI E IL DECALOGO DEL PD EUGENIO SCALFARI LEGGERE i giornali e ad ascoltare i telegiornali di questi ultimi giorni, si ha la sensazione di catastrofi sempre più numerose e incombenti: insolvenza delle imprese, rallentamento drammatico del Pil, disoccupazione alle stelle (e non solo quella giovanile), motore tedesco fermo, motore cinese in visibili difficoltà, Goldman Sachs in fuga dai titoli italiani, deflazione in atto in tutti i Paesi dell’Europa mediterranea, credit-crunch, sistema bancario bloccato. Che cosa vogliamo di più e di peggio? Ci si mette anche la Siria dove è accesa una miccia che rischia di far saltare tutto il Medioriente. Vi basta? Le fonti di queste notizie sono tutte attendibili: autentiche e ufficiali, non c’è assolutamente nulla di inventato. Solo che andrebbero contestualizzate, ma questo è un esercizio non dirò impossibile ma arduo. Eppure qualcuno dovrebbe farlo. Proviamoci. La recessione dell’ultimo trimestre per quanto riguarda l’Italia è aumentata dello 0,7 per cento; in termini annui, significa appunto il 2,50 per cento, ma la recessione dell’intero 2012, ormai statisticamente definitiva, è dell’1,9-2 per cento rispetto all’anno precedente, come infatti era previsto da tempo dalle medesime fonti autentiche e ufficiali. Quanto alle previsioni per il futuro, le stesse fonti autentiche ed ufficiali (Istat, Fmi, Bce, Eurostat) prevedono un inizio di ripresa, una luce in fondo al tunnel, che alcuni collocano all’inizio ed altri alla fine del 2013. SEGUE A PAGINA 25
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Intervista al ministro dell’Economia: forse esisteva un caso Italia, ora non più. Evasione, la Finanza blocca 41 milioni pronti a scappare all’estero
Grilli: così usciremo dalla crisi “Niente patrimoniale, ma ridurremo le tasse. E non chiediamo aiuti alla Bce” MASSIMO GIANNINI
Il dossier
Bolt vola in un nuovo record «L’
ITALIA può uscire da questa crisi, ma deve proseguire sulla strada delle riforme. Il governo farà tutto ciò che serve per mettere in sicurezza il Paese. In autunno avremo due appuntamenti importanti: il piano pluriennale di rientro dal debito pubblico che abbiamo già avviato, e la seconda fase della spending review per efficientare la spesa pubblica». Vittorio Grilli tira un sospiro di sollievo. Salvo imprevisti, può godersi qualche giorno di vacanza con la famiglia. Prima di partire, il ministro dell’Economia mi riceve nel suo ufficio di Via XX Settembre, e mi illustra il piano del governo di qui alla primavera del 2013. Gli chiedo subito se l’ultimo allarme della Bce sull’Italia non ci deve preoccupare. SEGUE ALLE PAGINE 2 E 3 SERVIZI ALLE PAGINE 6 E 7
Web e green economy il piano per la crescita ALBERTO D’ARGENIO ROMA — Eccolo il nuovo piano per la crescita firmato Monti-Passera. Sarà il cuore degli ultimi mesi del governo. C’è tanto Internet, con il Mezzogiorno chiamato a trasformarsi nel magazzino dei dati lanciati in Rete. Si punta poi a trasformare l’Italia nello snodo europeo del gas valorizzando il ruolo di Snam. SEGUE A PAGINA 4
“Alt alla produzione mentre si risana”. L’azienda fa ricorso
Ilva, l’ordine del Gip “La fabbrica va fermata” Bolt ha condotto la Jamaica all’oro nella staffetta 4x100
Il protagonista
SERVIZI NELLO SPORT
La polemica
Il taekwondo è azzurro È subito calcio al veleno dal nostro inviato MAURIZIO CROSETTI LONDRA CCO una memorabile medaglia d’oro piena di calci e pugni, salti e agguati, assalti e coraggio. SEGUE NELLO SPORT
E
GIANNI MURA PORCO, brutto e cattivo. La promozione del calcio italiano in Cina è stata perfetta nel suo squallore, nella sua esasperazione, nel suo cosciente andare contro ogni simulacro di cultura sportiva. SEGUE NELLO SPORT
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BARI — L’Ilva dovrà risanare i sei impianti dell’area a caldo sequestrati per disastro ambientale «senza prevedere alcuna facoltà d’uso» degli stessi «a fini produttivi». Lo ha ribadito il gip di Taranto Patrizia Todisco in un provvedimento notificato all’Ilva dai carabinieri del Noe. La risposta dell’Ilva non si è fatta attendere. Il presidente, Bruno Ferrante, ha dato mandato di «impugnare immediatamente» il provvedimento, ed ha «convocato il consiglio di amministrazione della società per le determinazioni conseguenti». Grande preoccupazione è stata espressa dai sindacati e da molte forze politiche. DILIBERTO E FOSCHINI ALLE PAGINE 10 E 11
L’Enac: “Faremo partire tutti” Passera convoca l’azienda e Alitalia
La WindJet ferma gli aerei passeggeri a terra caos per 300mila CATERINA PASOLINI A PAGINA 18
LA DOMENICA
Il caso
CULT
Giovane, cattolico, ultra liberale: vuole abbassare le imposte ai ricchi
Le edicole che nascono in Campania “per disgrazia ricevuta”
Romney si consegna al Tea Party e lancia il falco Ryan come vice
Quegli altari nelle vie di Gomorra lumini e fiori per vittime e carnefici
REPUBBLICA
Velvet in edicola Il nuovo numero di Velvet in edicola al prezzo speciale 1 euro
dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI NEW YORK ITT Romney cede alla campagna della destra economica più radicale, seleziona il “falco” Paul Ryan come candidato vicepresidente. È una scelta dirompente, in caso di vittoria. SEGUE A PAGINA 15 FLORES D’ARCAIS A PAGINA 14
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ROBERTO SAVIANO ONO templi cristiani e insieme pagani. Celebrano tradizione religiosa e ricerca di fortuna. Sono le edicole votive di Napoli. Nate nei secoli senza chiedere permesso: una grazia ricevuta o un omaggio alla Madonna erano sufficienti. La più bella di tutte è quella di Porta San Gennaro dipinta da Mattia Preti. ALLE PAGINE 27, 28 E 29
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LA CRISI FINANZIARIA POLITICA INTERNA
Basta manovre
Non siamo un caso
Lo spread a 1200?
Ne escludo una in autunno, sarebbe un errore perché finirebbe per deprimere ulteriormente l’economia
Non esiste un caso Italia, siamo tra i Paesi più virtuosi del mondo: ci serve un po’ di fiducia dai mercati
Tutti sappiamo che da dicembre scorso in poi dovevamo compiere scelte drastiche in poco tempo
L’intervista
“Ecco come salveremo l’Italia non chiederemo aiuti alla Bce e presto le tasse caleranno” Grilli: abbiamo fatto molto, no alla patrimoniale MASSIMO GIANNINI (segue dalla prima pagina) allarme della Bce - risponde - io l’ho letto in modo diverso: il Bollettino conferma che esiste un malfunzionamento dei mercati e che questo rende difficoltoso il rifinanziamento dei debiti sovrani, ma poi aggiunge che questo malfunzionamento può determinare enormi problemi anche alle imprese. Io condivido questa analisi. Proprio per questo occorre accelerare gli interventi di riequilibrio annunciati dalla stessa Bce». Il ministro conferma che «per ora l’Italia non ha bisogno di aiuti», annuncia che «appena sarà possibile ridurremo la pressione fiscale su famiglie e imprese» e chiude alla patrimoniale sollecitata da Bersani: «La patrimoniale - spiega - non appartiene al mio vocabolario. Il governo, con l’Imu e i bolli sulle rendite finanziarie, ha già fatto passi importanti per riequilibrare il prelievo, spostandolo dal reddito allo stock della ricchezza. Toccherà ai prossimi governi decidere se fare passi ulteriori». Ministro Grilli, in questo momento tutti si chiedono se l’Europa supererà questa crisi, e se la moneta unica reggerà l’urto dei mercati. Lei come la vede? «Capisco la preoccupazione. Ma sono sicuro che l’Europa uscirà da questa crisi. L’Europa è l’area più ricca dal punto di vista economico e più avanzata dal punto di vista storico e culturale, eppure in questo momento viene vista come una delle aree più problematiche del mondo. È una contraddizione logica, che ci da la misura di quanto il mondo sia cambiato. L’Occidente non si può più permettere il lusso di imporre, con i suoi modi e con i suoi tempi, lo sviluppo del pianeta. Una
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Intervenire sui mercati del debito sovrano per stabilizzarli è dentro il mandato Bce
volta gli investitori avevano una scelta limitata: allocavano le risorse in un sistema omogeneo di regole e di valori, rappresentato dalle democrazie occidentali. Oggi la competizione avviene non più solo tra prodotti e servizi, ma tra Sistemi-Paese. E l’Europa, adesso, deve competere con altri popoli e con altri modelli di civiltà». L’impressione è proprio questa: che l’Europa non ce la faccia a competere. «In realtà l’Europa è come un granchio: continua a crescere, ma in modo non lineare, ma a stadi, a balzi. Deve cambiare il suo esoscheletro, per adeguarsi. Questo è un processo faticoso, e come per i granchi la muta è un periodo di grande vulnerabilità. Per questo il cambiamento deve avvenire in fretta, e i tempi li dettano i mercati». Appunto: i mercati impongono la loro dittatura ai popoli. Non è così? «Non la metterei su questo piano. I mercati non vanno demonizzati. Un’economia moderna non può farne a meno: è una questione di convenienza reciproca. I mercati non sono un nemico, ma uno strumento che consente agli Stati e ai privati di finanziarsi. Naturalmente i mercati scelgono le soluzioni a loro più convenienti, e gli Stati devono adattarsi per essere più competitivi e più attraenti. Questo processo di adattamento è più lungo e difficile in Europa, proprio perché esiste una casa comune, l’euro, che impone a tutti i Paesi di cambiare assieme. Ma io non ho dubbi: il processo è irreversibile. L’euro è una grande conquista, economica e di civiltà. E dall’euro non si tornerà indietro». Non trova che nella difesa dell’euro i governi siano troppo esitanti, a partire dalla Germania, e la Bce non abbia fatto quanto doveva e poteva, una settimana fa? «No, io ritengo invece che il Consiglio d’Europa del 28-29 giugno e il successivo Consiglio direttivo della Bce abbiano dato risposte molto positive ai mercati, delineando una road map chiara sulla tenuta dell’euro. Il processo di comprensione e di metabolizzazione di quel-
le decisioni richiede tempo, ma le scelte annunciate da Draghi sono state molto positive. Come ha spiegato il governatore della Banca d’Italia Visco, la Bce ha fissato alcuni capisaldi importantissimi. Il primo è che, se c’è un rischio percepito di break-up della moneta unica, questo è ingiustificato e ingiustificabile. Il secondo è che, la grande volatilità e differenze tra tassi di interesse nell’area dell’euro rende la corretta trasmissione delle politiche monetarie difficile se non impossibile. E ciò non è accettabile da parte della Bce che quindi, se intervenisse sui mercati del debito sovrano per stabilizzarli si muoverebbe perfettamente all’interno del proprio mandato». E’ un fatto che i nostri spread restano inchiodati sopra quota 450. Lei è sicuro che non ci sia un caso Italia? «Gli spread italiani riflettono una doppia componente: una esterna (la sfiducia sull’euro, in questo momento preponderante) e una interna (il giudizio sulla nostra capacità di risanare e di competere, in questo momento secondaria). Io non credo che esista un “caso Italia”. E comunque, se esiste, negli ultimi mesi si è sicuramente ridimensionato grazie all’azione di questo governo». Quindi ha ragione Monti, a ricordare che con il governo Berlusconi oggi lo spread sarebbe a quota 1.200 punti? «Il presidente del Consiglio ha spiegato il suo pensiero. Tutti siamo consapevoli che l’Italia da dicembre in poi doveva compiere scelte drastiche in tempi molto ristretti. Le ha fatte, grazie all’intervento tempestivo del governo e al senso di responsabilità del Parlamento. Mi pare che non ci sia altro da aggiungere, se non sperare che questo senso di responsabilità non venga mai meno». Il governo continua a ripetere che l’Italia non ha bisogno dell’aiu-
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Dopo la recessione, in cinque anni potremmo ridurre il rapporto debito-Pil del 20 per cento
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DOMENICA 12 AGOSTO 2012
PER SAPERNE DI PIÙ www.silvioberlusconi.it www.governo.it
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Le elezioni
Non sta a me dire quale sia il momento più giusto per votare Finché sarò qui lavorerò per mettere in sicurezza i conti MINISTRO Vittorio Grilli è stato nominato ministro dell’Economia l’11luglio scorso dopo otto mesi da viceministro
FOTO:LA PRESSE
to del Fondo salva-spread. Lei lo conferma? da quella di Monorchio a quella di Amato? «Lo confermo. Riteniamo che la strumentazione messa ora in cam«Io ho tracciato un percorso di rientro dell’1% del Pil all’anno, che po dalla Bce, quando sarà operativa, possa allentare sostanzialmente ritengo realistico e percorribile, che ruota intorno a un programma le tensioni sui differenziali». pluriennale di dismissioni pubbliche, soprattutto sul fronte immobiMa fino a quando possiamo reggere, senza chiedere questo “bailiare. Questo 1% si andrebbe a sommare alla riduzione del debito delout”, come invece sta per fare la Spagna? rivante dal raggiungimento del bilancio in pareggio. Con ipotesi mol«Non voglio fare paragoni con altri Paesi, ma oggi l’Italia è tra i Paeto prudenti sulla crescita futura del nostro Paese, questa riduzione sasi più virtuosi del mondo e sicuramente d’Europa. Dunque, non ci serrebbe di circa il 3%, per un totale quindi di riduzione annuale del 4%. ve alcun aiuto per ripianare il deficit: abbiamo un surplus primario riSuperata questa fase recessiva, in cinque anni questo consentirebbe levante, l’anno prossimo avremo il pareggio di bilancio una riduzione del rapporto del debito pubblico sul Pil in termini strutturali. L’unica cosa che ci serve è un po’ di 20 punti percentuali. Mi sembra un risultato ragdi tranquillità da parte dei mercati, che continuino ad guardevole, che sottolinea l’importanza di agire conavere fiducia e mantengano i propri investimenti nel temporaneamente e rigorosamente sia sul deficit che nostro Paese. In altre parole, ci servono condizioni di sulle dismissioni. Detto questo, non lasciamo promercato normalizzate che consentano un ordinato prio nulla di intentato. Stiamo studiando tutte le pro“roll-over” dei titoli in scadenza del nostro debito pubposte in campo e ci stiamo confrontando in maniera blico, e questo è tutto». costruttiva con tutti coloro che ci hanno criticato per Ministro, si parla da giorni delle famose “condiziola nostra eccessiva prudenza sollecitandoci a fare di nalità” alle quali potremmo essere assoggettati, per più. Questo ci stimola senz’altro ad essere più ambiaccedere agli aiuti del Fondo salva-spread. Dovremo ziosi, anche se l’ambizione deve sempre fare i conti accettare ulteriori limiti alla sovranità? con la realtà. Se è possibile fare di più lo faremo». «Il mio parere è fondato sulle decisioni del Consiglio A parte il patrimonio immobiliare, non è il caso di d’Europa del 28-29 giugno e della Bce: in quelle sedi si tirar fuori qualcosa anche da Snam Rete Gas, da Terè convenuto che, oltre agli innegabili progressi comna, da Fintecna? “Mario piuti dai Paesi virtuosi, servissero anche misure di sta«Queste aziende sono già dentro la Cassa Depositi bilizzazione dei rendimenti dei titoli di stato. Il “Mee Prestiti, e a mio parere è bene che ci restino, perché l’europeo” morandum of understanding” indicato dalla Bce serve vogliamo costruire un polo delle Grandi Reti, mono“Mario Monti, l’uomo esattamente a questo: per attivare queste misure di stapoli naturali essenziali per lo sviluppo del paese, che che sfida bilizzazione, i Paesi ribadiscono gli impegni già presi, in quanto tali devono restare “terze” rispetto agli opel’Europa”. È il titolo di certificando la volontà di proseguire sul cammino delratori privati di servizi. Ritengo che questo schema sia un editoriale dedicato le riforme concordate secondo gli accordi già presi , e valido, proprio nell’ottica del Sistema-Paese”. al premier nell’ultimo cioè quelli derivanti dal Semestre Europeo, dal Patto di Almeno potreste cedere quote di Eni, Enel e Finnumero di Le Monde. Stabilità e di crescita, dal Fiscal Compact. Ebbene, noi meccanica… «Solo, o quasi. Come riteniamo che il quadro sia questo, e non sia cambiato. «Io ritengo un bene che anche in queste grandi animato da una Quindi non ci sono “condizionalità” aggiuntive, ma aziende convivano una componente pubblica e una missione, gira semmai solo conferme, attraverso un “atto unico”, di privata. Questo le rende più solide. In questo mol’Europa per tutto ciò che è già stato definito in precedenza». mento di grandi distorsioni nei mercati finanziari, di convincere» è scritto Lei parla di Italia come il Paese più virtuoso d’Eurovalori azionari cosi bassi scendere sotto il 30% come nell’attacco, e nella pa, e di pareggio di bilancio nel 2013. Ma con questi dapartecipazione nel capitale da parte dello Stato è anconclusione, ti disastrosi sul Pil è sicuro che non salti tutto per aria? che pericoloso. Sarò un po’ dirigista, ma alla difesa l’accostamento a «Senta, il nostro impegno è chiarissimo: bilancio in dell’italianità in certi settori strategici, io ci credo anMario Draghi: «Due pareggio strutturale, cioè corretto per il ciclo. Siamo cora». uomini con l’audacia ben consapevoli che l’economia mondiale sta rallenLa pressione fiscale resta a livelli record. Crede dei veri europei. ancora di poter scongiurare l’aumento dell’Iva nel tando, e che in presenza di un ciclo molto pesante noi Bravi». 2013? stiamo portando avanti un risanamento strutturale «Il nostro impegno in realtà è più ambizioso: noi profondo. Del resto il nostro debito pubblico negli ultivogliamo eliminare l’aumento dell’Iva in modo permi anni è ricresciuto sino a circa il 123% del Pil non tanmanente, e contiamo di farcela. È vero, la pressione to perché sia aumentato il deficit, ma proprio perché è fiscale è troppo alta, e va ridotta. Com’è noto, gli strumenti sono due: diminuito il Prodotto Interno Lordo. Quindi sappiamo che ci sarà un aumentare la base imponibile attaccando le aree di evasione, ridurre peggioramento del deficit nominale. Tuttavia la nostra bussola resta in modo strutturale la spesa pubblica. Su entrambi i fronti siamo deil deficit strutturale, e su quello abbiamo e continueremo ad avere le terminati, e l’abbiamo dimostrato». carte perfettamente in regola». Non sarebbe ora di ridurre le tasse su famiglie e imprese, proprio Ma lei se la sente di escludere al 100 per cento una nuova manovra usando i proventi del recupero di evasione fiscale? in autunno? «La riduzione del carico fiscale è una nostra priorità. Per ora ci sia«Assolutamente sì. Sarebbe un errore: se varassimo una manovra mo concentrati sull’evitare l’aumento dell’Iva. Non vogliamo illudere per ridurre ulteriormente il deficit nominale, non faremmo altro che nessuno con promesse sulla tempistica che ora non siamo in grado di deprimere ulteriormente un’economia già in recessione». fare, ma appena si creerà uno spazio ridurremo anche le altre impoIl macigno del debito pubblico resta insostenibile. Non crede che ste». il suo piano di riduzione di 1 punto percentuale all’anno, con la diIl governatore Visco dice che la congiuntura sta peggiorando, i dasmissione e la valorizzazione del patrimonio immobiliare, sia tropti sul Pil dell’ultimo trimestre sono disastrosi. Non crede che i decrepo timido? E come valuta le proposte più drastiche in circolazione,
ti sullo sviluppo siano un flop? «Non sono d’accordo con lei. Sulla crescita abbiamo fatto molto. Qui c’è un equivoco, perché molti commentatori parlano di crescita e la confondono con la congiuntura. Crescita vuol dire lavorare sul Pil potenziale, vuol dire intervenire sui meccanismi che lo bloccano o lo rallentano. E noi su questi meccanismi siamo intervenuti eccome. Ma sono processi lenti, che producono risultati nel medio periodo. L’inversione del Pil potenziale si vede in uno o due anni, non in uno o due mesi». Il decreto sulla spending review è legge, ma anche su quel fronte non siete stati un po’ troppo timidi? Che altri passi farete, di qui all’autunno? «Vede, la spending review, per definizione, è un processo permanente, e non si esaurisce con interventi una tantum. Certo che, dall’autunno, faremo altri passi, il nostro commissario straordinario Bondi è al lavoro per questo. Ma anche qui bisogna chiarire alcuni punti. Quando si parla di tagli alla spesa pubblica ognuno pensa a qualcosa di remoto, e invece la spesa pubblica riguarda la nostra quotidianità. Quando si parla di tagli alla spesa pubblica ognuno pensa agli sprechi, senza considerare che dall’altra parte dello “spreco” c’è sempre qualcun altro che quel taglio non lo vuole. Quando si parla di tagli alla spesa pubblica ognuno pensa ai risparmi da fare nei ministeri, immaginando che quello sia il vero problema». E invece non è così? «No, non è così. La montagna della spesa pubblica va aggredita nel suo complesso. Occorre un ridisegno complessivo della Pubblica Amministrazione, un apparato in cui lavorano 3 milioni e 300 mila persone, di cui solo 170 mila sono dipendenti dei ministeri, cioè circa il 5% del totale. Non possiamo illuderci che intervenendo su questa esigua minoranza abbiamo risolto tutto. La crescita della spesa pubblica nominale ha rallentato in questi ultimi anni. Il guaio è che il Pil si è contratto, e quindi oggi un volume di spesa uguale a quello di quattro anni fa non è più sostenibile. Dobbiamo ridurre i costi a parità di prestazioni, e per farlo non possiamo essere né solo selettivi, né solo lineari. La gestione “politica” della spesa pubblica, per decenni, ha fatto sì che lo Stato invadesse interi settori dell’economia. Dobbiamo invertire la tendenza. E nel decreto della spending review abbiamo cominciato a farlo, riducendo il perimetro e il costo delle società pubbliche e delle società “in house”, che in prospettiva devono scomparire del tutto, perché hanno impedito al settore dei servizi di svilupparsi in modo efficiente, riducendo lo spazio dei privati e quindi limitando la concorrenza». Ma il primo decreto sulle liberalizzazioni è stato deludente. L’impressione è che abbiate ceduto alle lobby. «Guardi, come la spending review, anche le liberalizzazioni sono un processo permanente e continuo. Noi abbiamo fatto un passo importante, ce ne saranno altri, e nessuno di questi sarà conclusivo. Dobbiamo rimuovere le rendite di posizione e le barriere corporative, pubbliche e private. Le lobby si muovono, e anche questo, piaccia o no, fa parte delle regole di una democrazia complessa. Ma deve essere chiaro a tutti che il processo delle liberalizzazioni non si ferma, perché è ineludibile». Monti ha definito più volte la concertazione con le parti sociali come uno strumento non più ripetibile, per uscire dalla crisi italiana. Condivide questa tesi? «Il presidente del Consiglio è stato chiarissimo. Nelle democrazie moderne, per chi governa, è indispensabile la certezza di aver ascoltato tutti. I modelli di “ascolto” cambiano da Paese a Paese: in alcuni Paesi ci sono partiti forti, in altri ci sono corpi intermedi ancora più forti, in altri ancora ci sono gli uni e gli altri. Noi apparteniamo a quest’ultimo modello. Io penso che il momento del confronto sulle soluzioni sia fondamentale. Dopodiché servono decisioni che riflettano l’interesse generale, e non quello di una parte. E il “luogo” deputato alle decisioni, per me, è racchiuso nel circuito governo-Parlamento». Confindustria e sindacati, per ragioni diverse, non amano questo governo tecnico. Perché, secondo lei? «Io vedo una costante, che mi preoccupa. A parole, tutti dicono di esser consapevoli della gravità della crisi. Ma nei fatti, ognuno pensa che ad accelerare i cambiamenti che la crisi impone debbano essere gli altri. Questo ragionamento non funziona più. Sono logiche da economia chiusa. Il tempo delle scorciatoie, della scala mobile e delle svalutazioni competitive, è finito per sempre. Quando avanzi una richiesta, ormai, hai il dovere di chiederti come impatta sulla competitività complessiva del Paese. Questo salto culturale noi non lo abbiamo ancora completamente compiuto. A volte pensiamo di poter giocare ancora una partita tutta domestica, invece la partita è globale. Dobbiamo rimetterci tutti in gioco. Serve davvero un nuovo Patto Sociale, che non significa rinuncia all’esercizio della nostra sovranità nazionale. Il modello è il federalismo dell’Europa dei popoli. Nessuno può più credere di poter prendere decisioni ignorando di fatto il contesto internazionale». Lo scenario delle elezioni anticipate non e ancora svanito. Secondo lei sarebbero un danno, dal punto di vista dell’economia? «Senta, in tutto il mondo le democrazie votano. Non sta a me dire quale sia il momento giusto. La mia visuale è più ristretta: lavoro a testa bassa per mettere in sicurezza i conti dell’Italia. E lo farò finché questo governo sarà in vita».
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Tutti conoscono la gravità della crisi, ognuno pensa che a cambiare debbano essere gli altri
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LA CRISI FINANZIARIA POLITICA INTERNA Nel Mezzogiorno è prevista la creazione dei Data center: enormi centri di stoccaggio dei dati digitali
PER SAPERNE DI PIÙ www.governo.it www.sviluppoeconomico.gov.it
Procedure burocratiche e autorizzazioni più semplici per aiutare il decollo delle start up: dalla tecnologia all’artigianato
IL DOSSIER. Le misure dell’autunno
La crescita Internet, energia e nuove imprese così la cura anti-crisi per l’autunno E Passera punta al rilancio del petrolio made in Italy MINISTRO
(segue dalla prima pagina)
Corrado Passera
ALBERTO D’ARGENIO anta Green economy, ma anche nuovo petrolio nostrano. E infine Start up, capitali freschi dall’estero e riorganizzazione degli aeroporti. Il comandamento di Palazzo Chigi e Via Veneto è: «Basta parlare solo di recessione e spread». Se possibile. Così si prepara il secondo piano per la crescita di Passera. Un primo pacchetto sarà approvato a settembre (agenda digitale, nuove imprese e semplificazioni). Poi di mese in mese altre misure (energia, aeroporti e infrastrutture). Intanto Monti ha chiesto ai suoi ministri di presentare al Cdm del 24 agosto le proprie idee per irrobustire la cura anti-crisi preparata in Via Veneto. Particolari aspettative su sanità (settore farmaceutico), agricoltura e turismo. E a settembre ci sarà anche un check up sulle liberalizzazioni, con la cernita dei decreti attuativi e dei regolamenti non ancora approvati per renderle effettive. Partirà poi un monitoraggio sul territorio per verificare che a livello locale le cose cambino davvero (per esempio sull’aumento delle farmacie o dei notai). La crescita sarà una delle armi che l’Italia cercherà di mettere in campo nella “battaglia d’autunno”. Quella che da settembre deciderà le sorti dell’euro tra ripresa delle aste dei titoli di Stato, possibili scossoni in arrivo da Grecia e Spagna e negoziati a Bruxelles. L’Italia vuole farcela da sola. Dunque impressionando i mercati con nuove riforme da affiancare al costante risanamento dei conti. Se non bastasse il contagio non dipende solo da noi - rinforzarsi nel negoziato per l’eventuale attivazione dello scudo anti-spread (con successivo intervento della Bce) con le nuove riforme da mettere sul tavolo europeo. In modo da scoraggiare i falchi del Nord ad avanzare richieste di nuovi impegni lacrime e sangue monitorati da una Troika in stile Grecia.
trattiva l’Italia rendendo più facile il contatto la “temutissima” burocrazia italiana ed eliminare le differenze normative regionali. Una sorta di tutor che consiglia e segue le pratiche nella doppia veste di “avvocato” dell’imprenditore e di funzionario pubblico che alla fine concedere tutte le autorizzazioni del caso.
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A settembre check up sull’attuazione delle liberalizzazioni, con un monitoraggio sul territorio
AGENDA DIGITALE Uno dei tre pilastri del secondo pacchetto crescita è l’agenda digitale che Passera ha scritto con i colleghi Barca, Profumo, Patroni Griffi e Peluffo. La misura più evocativa riguarda il Mezzogiorno: impiantare nelle regioni del Sud una serie di Data Center. Enormi centri per lo stoccaggio dei dati digitali nel quale fare affluire le informazioni presenti in Rete. L’esempio è l’Islanda, che si è trasformata in un “Mega-
FOTO:CORBIS
server” dove i più grandi siti del mondo conservano le loro informazioni. Lo stesso farà il Sud. Se possibile per le aziende della New economy italiana e planetaria. Di certo per ospitare i dati che arriveranno con la totale digitalizzazione della Pubblica amministrazione, uno degli obiettivi del piano. Non solo, si incentiveranno le aziende protagoniste del Made in Italy ad andare in Rete (E-commerce) anche per aumentare le vendite all’estero. Si lavora poi all’azzeramento del digital divide entro il 2013: portare la banda larga per Internet (2 megabite al secondo) in tutto il Paese con il cavo o tramite il wireless. Strumenti da usare anche per lanciare la banda ultra-larga (fino a 20 megabite) per la navigazione veloce e per la televisione. Si partirà con il cablaggio delle grandi città. Poi, con programmi misti (pubblico e aziende che vincono le gare per le metropoli) estensione della copertura al resto del Paese. IMPRESE Gli altri due pilastri del nuovo pacchet-
to di settembre saranno semplificazione e start up. Primo, un programma definito con le categorie per facilitare la vita alle aziende italiane. Procedure burocratiche e autorizzazioni più semplici. Sempre guardando al mondo produttivo, aiutare le Start up, ovvero rendere più facile aprire un’impresa. In tutti i settori, dalla tecnologia all’artigianato. Il primo punto è l’accorpamento di tutti i fondi per gli aspiranti imprenditori da far convergere in un unico contenitore, il “Fondo dei fondi” che nelle intenzioni di Passera dovrà essere più efficace, di più facile accesso e con una più equa distribuzione delle risorse sul territorio. INVESTIMENTI ESTERI Per favorire l’arrivo degli investimenti stranieri, occupazione e soldi freschi per una nazione in crisi, un gruppo di lavoro tra il ministero di Via Veneto e Confindustria ha ideato una sorta di sportello unico ai quali gli imprenditori di fuori si potranno rivolgere. Un modo per rendere più at-
GAS E PETROLIO Nel trimestre ottobre-dicembre il piano per la crescita verrà arricchito da altri provvedimenti. Spicca la nuova strategia nazionale per l’energia. L’ultima risale a tre lustri fa. Il ministero dello Sviluppo economico punta a trasformare l’Italia nell’hub europeo del gas. Un centro di arrivo, conservazione e smistamento nel resto del Continente del metano in arrivo dal Nord Africa e dall’Est. Oltretutto un modo per valorizzare Snam Rete Gas (si vuole trasformarlo in un grande player europeo) che con le liberalizzazioni è stato separato da Eni. E ancora, il governo punta a rilanciare la produzione di idrocarburi: tornano i piani per l’estrazione del petrolio Made in Italy che, insieme al gas nostrano, dovrà coprire il 20% del fabbisogno nazionale (il doppio di oggi). C’è spazio anche per la Green economy e per le sue enormi potenzialità per crescita e occupazione che ruota intorno alle rinnovabili (il resto d’Europa è avanti, noi siamo stati rallentati dal governo Berlusconi). E allora, si confermano e si spera di superare gli obiettivi europei per il 2020 (20% dei consumi nazionali di energia pulita) tramite idroelettrico, fotovoltaico e geotermia, la produzione energetica con le biomasse. Un’opportunità di sviluppo anche per l’agricoltura italiana. E ancora, efficienza energetica. AEROPORTI Ancora entro Natale, arriverà quel piano aeroporti fino ad oggi mai scritto in Italia, lasciando le decisioni alle necessità (elettorali) del mondo politico. E allora, un riorganizzazione degli scali con la soppressione di quelli inutili o in perdita (potrebbero essere rimpiazzati da nuove strutture più strategiche). La riscrittura della geografia aeroportuale basata su dati del traffico, slot e tipologia degli scali (turistica, commerciale, low cost...). Passera punta anche a sbloccare le risorse per attuare il suo piano infrastrutture (strade, autostrade...): per ora sono stati attivati 35 miliardi, vuole arrivare a 60. © RIPRODUZIONE RISERVATA
I punti
AEROPORTI
ORO NERO
LA RETE
METANO
Entro Natale arriverà il piano per gli scali con la soppressione di quelli in passivo e la valorizzazione di quelli strategici
Il piano per crescita prevede di rilanciare l’estrazione di petrolio in Italia. Con il gas nostrano dovrà coprire il 20% dei consumi
Oltre a Internet veloce, in arrivo una serie di server al Sud (a beneficio dell’occupazione) per la conservazione dei dati della Rete
Il governo vuole trasformare l’Italia nel centro di smistamento europeo del gas in arrivo dal Nord Africa e dall’Asia
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LA CRISI FINANZIARIA ECONOMIA
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Sequestri cresciuti del 78% nei primi 7 mesi dell’anno Fantasiosi i nascondigli
Si impenna l’export illegale di metalli preziosi: l’oro, ma anche l’argento
IL DOSSIER. Caccia all’evasione
Il fisco Doppi fondi, mutande, sigari la Finanza ferma 41 milioni già pronti a volare all’estero Cani e telecamere per smascherare i “furbetti” ETTORE LIVINI
Italia addio. Lo spauracchio del ritorno della lira e l’eterna partita a nascondino con il fisco (dalle nostre parti il nero è a quota 250 miliardi) hanno fatto ripartire la fuga di capitali dal Belpaese. E la Guardia di Finanza non si è fatta trovare impreparata. Nei primi sette mesi dell’anno le Fiamme gialle hanno sequestrato a frontiere, aeroporti e porti 41 milioni di valuta, il 78% in più dello stesso periodo 2011. Nella rete dei finanzieri sono finiti pure 88 chili d’oro e 570 d’argento un fiume di metalli preziosi destinati perlopiù a un meritato riposo nei caveau e nelle cassette di sicurezza delle discretissime banche svizzere su cui da tempo è appeso il cartello del “tutto esaurito”.
I CAPITALI
L’ORO
LE IMPRESE
I MONEY TRANSFER LE BANCHE
Ancora nascosti fuori 200 miliardi tricolori
Un lingotto da export Mare di fatture gonfiate Immigrati, le rimesse per dribblare i controlli per creare i fondi neri celano il “tesoretto”
Il contante da Berna ora vola a Singapore
I SEQUESTRI della Guardia di Finanza, per fortuna, continuano a crescere. Si tratta però sempre di una goccia nell’oceano di denaro contante, titoli e lingotti d’oro nascosti dagli italiani all’estero. Solo il tesoretto tricolore in Svizzera (tutto rigorosamente in nero) vale secondo alcune stime empiriche della Banca d’Italia qualcosa tra gli 80 e i 130 miliardi di euro, a valle dei 180 miliardi circa già regolarizzati con gli scudi. Utilizzando le percentuali di capitali rimpatriati all’epoca delle sanatorie – due euro su tre in quel caso sono rientrati dalla Confederazione – mancano all’appello qualcosa tra i 120 e i 180 miliardi. Dove sono nascosti? Berna e Canton Ticino a parte, i paradisi fiscali preferiti dagli italiani restano i grandi classici come Lussemburgo, San Marino e Montecarlo. I quattro quinti delle banconote da 500 in circolazione nel nostro Paese, stimano presso via Nazionale, sono non a caso “parcheggiate” al confine italo-svizzero, in provincia di Forlì e nel nord-est d’Italia.
IL LINGOTTO d’oro è uno dei nuovi cavalli di battaglia degli spalloni. Occupa poco spazio, ha un valore altissimo (un chilo di oro vale poco meno di 50mila euro) ed è facilmente liquidabile in ogni momento. L’export del metallo giallo verso la Svizzera nel 2011 è aumentato non a caso del 35%, percentuale cresciuta dello stesso ritmo a inizio di quest’anno. Non si tratta solo di singoli cittadini che provano a mettere al sicuro la loro ricchezza dalla crisi dell’euro e dal fisco, ma pure del traffico generato dai Compra-Oro spuntati come funghi durante la recessione, spesso, purtroppo, controllati dalla criminalità organizzata. Dove finiscono i lingotti? In buona parte nelle cassette di sicurezza delle banche a un prezzo di custodia di circa 200 euro all’anno per le piccole quantità (poco più delle tasse sui conti titoli nel Belpaese). Non a caso nel Canton Ticino è oggi praticamente impossibile trovare caveau disponibili.
A PARTE la retorica degli spalloni e i sequestri al confine dei contrabbandieri fai-da-te, il metodo più classico usato dagli imprenditori e dai Paperoni italiani per portare i loro soldi oltrefrontiera è quello della sovraffaturazione. Il funzionamento – una volta che si ha a disposizione una società – è semplice. Ci si accorda con una controparte all’estero – qualche volta un’altra società personale – per comprare beni o servizi. E poi si paga non la cifra realmente dovuta, ma un prezzo gonfiato. I soldi in più del conto finale sono il gruzzoletto che a quel punto si può muovere con estrema facilità attraverso normali conti correnti bancari da una parte all’altra del mondo fino a trovare la protezione di qualche conto cifrato. E moltiplicando gli acquisti per più volte nel corso di un anno si riescono a mettere da parte milioni di euro. La sola evasione sull’Iva non a caso, calcola la Corte dei Conti, vale qualcosa come 30 miliardi l’anno.
I MONEY transfer sono diventati uno dei canali privilegiati per esportare illegalmente denaro in nero. Non solo da parte di italiani, ma soprattutto dalle comunità straniere presenti nel nostro Paese, specie quella cinese. La rete di questi sportelli è cresciuta esponenzialmente negli ultimi anni e oggi con quasi 20mila agenzie è superiore persino a quella delle Poste. E per “trasferimenti” fino ai 2mila euro, almeno fino a pochi mesi fa, non era necessario indicare dettagli precisi sulla provenienza del denaro. Risultato: la Guardia di Finanza ha esaminato un bel po’ dei 6 miliardi l’anno di rimesse estere in partenza dall’Italia (quasi 2 miliardi verso Pechino) scoprendo che – in modo piuttosto sospetto – la gran parte riguarda cifre appena inferiori alla soglia oltre cui scatta l’obbligo di trasparenza. La comunità cinese, sottolinea la relazione 2011 delle Fiamme gialle, esporta pure denaro fisico, spesso infilando banconote da 500 euro nelle sigarette o saldandole a caldo all’interno dei salvaslip.
L’ULTIMA arma del governo Monti per stanare il denaro nascosto all’estero è quella di un accordo con l’esecutivo svizzero per tassare i soldi tricolori parcheggiati nella Confederazione senza violare il segreto bancario. La Germania, la Gran Bretagna e l’Austria hanno già raggiunto intese di questo genere: Berna si fa carico di calcolare la base imponibile nei forzieri delle sue banche senza svelare i titolari dei conti e poi applica le aliquote. Se Roma applicasse gli stessi paletti (un prelievo una tantum tra il 19% e il 41%), l’Italia potrebbe incassare un gettito importante. Qualcosa come una ventina di miliardi secchi più un flusso miliardario di tasse sui capital gain annuali. La realtà è però più complessa. Gli istituti di credito elvetici, sostiene il tam-tam del Canton Ticino, starebbero proponendo a molti dei loro clienti italiani di schermare i loro sudati risparmi (in nero) dietro società di Panama o Singapore. I soldi uscirebbero così dal radar svizzero e le banche si metterebbero in tasca qualche spicciolo di commissioni in più.
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PER SAPERNE DI PIU’ www.gdf.it evasori.info
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IN CAMPO ANCHE I LABRADOR Sono i cash-dog. Labrador addestrati a scovare il denaro nascosto in valigia. Tango viene impiegato a Malpensa, invece Cash a Chiasso. I finanzieri hanno trovato soldi anche in assorbenti e spazzole
Il caso
E lungo le mulattiere svizzere suda il nuovo spallone col tablet Dal dopoguerra a Tangentopoli, storia di un mestiere mai morto
PIERO COLAPRICO MILANO — Gli spalloni non sono mai usciti di scena. Anche le mulattiere e i sentieri che tra Italia e Svizzera percorrono di notte camminando come se fosse giorno sono sempre gli stessi, da decenni, se non da secoli. Una volta si trasportavano cibo e sigarette, oggi le banconote vengono messe sotto vuoto per evitare il fiuto dei cani anti-cash. Non serve andare troppo indietro nel tempo e consultare i documenti del ‘500 della famiglia Borromeo contro gli «sfrosadori», quelli che «van de sfroos», vanno di nascosto, di frodo. Possiamo fingere di dimenticare anche il periodo di guerra, con il contrabbando dei dadi da brodo, il burro, le «ossa di morto» (zucchero) e la «foglia di Lugano» (sigarette e tabacco). E con i «passatori», che riescono a far arrivare in Svizzera gli ebrei, i comunisti, i perseguitati dal nazifascismo: alcuni sono eroici, altri vigliacchi, e vendono i rifugiati ai nazisti. Per una piccola storia noir ba-
Dietro ogni missione, c’è una rete di consulenti e commercialisti. La regìa della mala
FOTO:ANSA
I film
UNA VITA DIFFICILE (1961) Il giornalista Silvio Magnozzi (Sordi) sulle tracce dei miliardari che portano i soldi all’estero
LA LEGGE É LEGGE (1958) Giuseppe La Paglia (Totò) è il contrabbandiere mentre Pastorelli (Fernandel) è il doganiere francese
sta un titolo di giornale – “Il ritorno dello spallone” - che, immutato, si replica dagli anni sessanta. Mezzo secolo fa l’attenzione era concentrata al massimo sul trasporto delle “bionde”. E cioè delle sigarette estere di contrabbando. Con gli svizzeri che confezionavano stecche speciali, da venticinque pacchetti, per rendere meno pesante l’imballaggio, che comprendeva anche la carta catramata, per proteggere la merce dalla pioggia e, soprattutto, dal sudore dello spallone. Il quale correva nei boschi del confine portando in spalla la “bricolla”: un sacco di juta, con una capienza tra i 25 e i 40 chili. E teneva in tasca una roncola affilata: non per chissà quale corpo a corpo con i “canarini” (dalle mostrine gialle della Guardia di Finanza), ma per tagliare le bretelle del carico e squagliarsela. Il cambio di passo comincia nell’Italia dello “sboom” economico, quando i guadagni con le “bionde” diminuiscono e cresce, specie nelle grandi città, la tensione sociale. È allora che diventano i clienti dei “grupp”, delle bande, i tanti industriali, imprenditori, ereditieri; le persone che temono il golpe, la crisi economica e petrolifera; i ricchi che i sequestri di persona dell’Anonima mettono in ansia. Un film di Ettore Scola, del ’64, intitolato “La congiuntura”, con Vittorio Gassman, è girato tra Roma e Lugano e parla di valuta illegale. Ma è solo nel 1992, con l’inchiesta “Mani pulite” e con le sue rogatorie - partiti, politici e imprenditori avevano numerosi
conti bancari in Svizzera - che la complessità dello “spallone” emerge: fenomeno sempre meno romantico e sempre più criminale. Si scoprono intermediari, società finanziarie e agenzie di security che in realtà si occupano del trasporto-mazzette. E compaiono trasportatori professionisti, ma sconosciuti. Come
quelli citati da Ilda Boccassini nel processo all’avvocato Cesare Previti per far arrivare a Roma i soldi per i giudici a libro paga. E dopo il clamore Tangentopoli? È sceso il silenzio tra i monti, e poco o nulla è cambiato. Uno degli ultimi 007, “Casinò Royale”, non è dedicato a chi sposta all’estero grandi capitali? Nelle
banche svizzere non ci sono praticamente cassette di sicurezza libere. Oltre confine i soldi continuano ad arrivare non con bonifici, o tramite il clic di Internet, ma in treno, in auto, lungo gli antichi sentieri. Nella mala si dice che se un carico viene beccato, a rimetterci è lo spallone soltanto se è stato poco organizzato. Altri-
menti, sono i consulenti, i commercialisti e le società finanziarie e di pubbliche relazioni che hanno messo insieme i vari esportatori di denaro a “rimborsare” la clientela. Il fenomeno, dunque, più che sommerso, sembra ben collaudato: nei decenni. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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LA CRISI FINANZIARIA POLITICA INTERNA Aumenti più forti per chi vive in città: fino a 450 euro a Venezia, oltre 300 a Palermo, 200 a Torino
PER SAPERNE DI PIÙ www.cgiamestre.com www.anci.it
Non scongiurato il rischio di un nuovo salasso Imu a dicembre: gettito al di sotto delle stime per 2000 sindaci
IL DOSSIER. Gli effetti del federalismo fiscale
Le tasse
Comuni e Regioni con le casse vuote l’Irpef locale ci costa 3,5 miliardi in più VALENTINA CONTE CARO ci costa il federalismo fiscale. Sicuramente tre miliardi e mezzo in più, solo per i rialzi delle addizionali Irpef, comunali e regionali. Aumenti decisi per il 2012, rispettivamente, dalla manovra di Ferragosto di Tremonti e dal natalizio Salva-Italia di Monti, entrambi varati nel 2011. Ma che in buona parte si faranno sentire su pensioni e buste paga nel 2013. Come se non bastasse, tra recessione al galoppo e benzina proiettata verso i due euro al litro, all’orizzonte si affacciano altre bombe: il saldo Imu (settembre-dicembre) e i nuovi, ulteriori, ritocchi all’addizionale nelle Regioni in deficit sanitario (da gennaio). Un salasso in piena regola che comincia a mostrare la corda dell’insostenibilità. GLI EFFETTI SULLE TASCHE Inevitabile l’alleggerimento dei portafogli. I calcoli effettuati dalla Cgia di Mestre per fasce di reddito rivelano che i cittadini in assoluto più colpiti dall’uragano addizionali sono (e saranno) quelli di Palermo, Torino, Genova e Venezia. Il Lido veneto salvaguarda solo i redditi più bassi, mentre stanga i guadagni medio-alti (tra i 212 e i 443 euro in più sul 2011). Mentre il capoluogo siciliano, limita ad 80 euro l’aggravio per i redditi da 20 mila euro, ma alza l’asticella a 160 euro per chi porta a casa 40 mila euro l’anno e a 320 euro per chi se ne assicura 80 mila. In totale, stima la Cgia, 3,5 miliardi in più. COMUNI ASSETATI La geografia dei rincari (fino allo 0,8%) vede Torino, Milano, Venezia, Genova, Catanzaro, Palermo e Cagliari tra i capoluoghi più importanti che hanno inasprito l’addizionale. Sette “grandi” sindaci ancora devono deliberare, tra cui Roma. Cinque hanno confermato il tetto del 2011, come Bologna e Trieste. Venezia ha ampliato la fa-
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Le Regioni e i disavanzi cumulati nella sanità Disavanzo
I Comuni più indebitati Debito al 31 dicembre 2010 (in milioni di euro)
Debito pro capite (in euro)
3.454 4.433 172 126 1.328 102 97 116 1.629 163 154 61 99 98 459 123 110 172 410 394 546
3.806 3.348 2.623 2.301 2.184 1.974 1.807 1.702 1.697 1.639 1.622 1.604 1.580 1.579 1.564 1.563 1.554 1.516 1.514 1.493 1.472
TORINO MILANO CARRARA SIENA GENOVA PORDENONE CHIETI POTENZA NAPOLI UDINE ALESSANDRIA FERMO SAVONA BENEVENTO CATANIA CASERTA MASSA TERNI VENEZIA VERONA FIRENZE
(2007 - 2011)
Disavanzo cumulato cumulato pro capite (in milioni di euro) (in euro) LAZIO
–6.593
–3.200 CAMPANIA PUGLIA –1.415 SICILIA –1.166 SARDEGNA –809 CALABRIA –802 LIGURIA –591 ABRUZZO –349 MOLISE –298 BASILICATA –133 P.A. TRENTO –41 –31 VALLE D’AOSTA TOSCANA 28 UMBRIA 39 LOMBARDIA 54 PIEMONTE 59 MARCHE 67 P.A.BOLZANO 87 FRIULI V.G. 98 138EMILIA ROMAGNA VENETO 139 ITALIA –14.717
Fonte: Cgia Mestre
-233 -110 -69 -46 -96 -81 -73 -52 -186 -45 -16 -48 1 9 1 3 9 35 16 6 6 -49 Fonte: Cgia Mestre
scia degli esenti (fino a 20 mila euro). Firenze, unica, ha abbassato l’aliquota (da 0,3 a 0,2%). Napoli e Cagliari sono passate agli scaglioni di reddito, dal proporzionale, e questo aiuterà i redditi più bassi. LA QUESTIONE IMU I conti Imu però non tornano. Il governo lo sa e ha aperto un tavolo tecnico con l’Anci, l’Associazione dei Comuni, per porvi rimedio. Due giorni fa il Consiglio dei ministri ha dovuto anticipare ai sindaci 1 miliardo e 190 milioni, metà dell’ultima rata del Fondo sperimentale di riequilibrio (i trasferimenti), per
evitare crisi di liquidità, permettere il pagamento degli stipendi di agosto, dare continuità ai servizi. L’acconto Imu di giugno — 9,6 miliardi — ha centrato il target stimato dal ministero dell’Economia, nel suo totale. Ma almeno 2 mila Comuni stanno conteggiando scostamenti di gettito importanti, mentre altri totalizzeranno, forse, extra gettiti. Il timore è che a dicembre le cifre sballino e molti sindaci siano costretti, nelle prossime settimane, a spingere al massimo le aliquote su prime e seconde case. Il salasso di Natale si avvicina.
L’anticipo di 1,2 miliardi di fondi da Roma ha evitato una crisi di liquidità
REGIONI IN AFFANNO L’addizionale è aumentata già da gennaio (aliquota bese all’1,23%, lo 0,33 in più). Ma alcune Regioni erano già oltre il livello massimo dell’1,73, toccato da Abruzzo, Lazio e Sicilia, per via della sanità. Si tratta di Campania, Calabria e Molise, al top tra i gabellieri: 2,03%. Se a queste sei Regioni aggiungiamo anche Piemonte e Puglia, otteniamo le “magnifiche otto” che, grazie a un emendamento Pdl alla spending review, potranno aumentare di un altro 0,6% (fino al 2,33) le maledette addizionali regionali, anticipando di un
anno al 2013 una leva già prevista. Altri 138 euro in più a testa per i cittadini, però. L’effetto della legge sulla revisione della spesa, infine, impone altri tagli severi sia a Comuni che Regioni. Ai primi, 500 milioni quest’anno e due miliardi nel 2013 (compensati da 800 milioni ma solo per il 2012, girati da Regioni e fondo per i rimborsi fiscali) e lo sfoltimento dei dipendenti da gennaio. Mentre le Regioni dovranno asciugare gli sprechi in Sanità, dire addio a 15 mila posti letto, risparmiare 700 milioni nel 2012 e un miliardo dal 2013. Ancora nuovi balzelli per i cittadini in arrivo? © RIPRODUZIONE RISERVATA
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LA CRISI FINANZIARIA ECONOMIA
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La Bce è autonoma Atene deve vivere
L’Eurotower gode di una forte autonomia ed ha, tra i suoi compiti istituzionali, la tutela della moneta unica E’ garante della sua stabilità
Dovremmo forse dare una lezione alla Grecia? E lasciarla morire come spera qualche tedesco? Sono parole volgari che vanno a colpire l’orgoglio nazionale AGLI ESTERI Guido Westerwelle, ministro degli Esteri del governo Merkel
GUENTER DICKMANN ANDREAS NEUMEIER PALMA DE MALLORCA — «Il governo federale è contrario agli eurobond, perché aggraverebbero la crisi anziché risolverla». «L’acquisto di titoli sovrani di Stati membri dell’eurozona è un tema su cui la Banca centrale europea decide da sola nella sua indipendenza e con il suo obiettivo della stabilità della nostra valuta comune». «Lancio un appello al governo greco, lo prego di andare avanti sulla via del risanamento e delle riforme con senso di urgenza e consapevolezza della serietà della crisi». E infine, sulla crisi siriana: «Assad andrebbe deferito al Tribunale internazionale dell’Aia». Ecco i segnali urgenti al resto dell’eurozona e al resto dell’Occidente, lanciati dal ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, in questa intervista rilasciata a Bild am Sonntag dal suo luogo di vacanze a Mallorca. Signor ministro, può spiegarci perché l’euro non riesce ad uscire dalla sua crisi? «L’Euro non è in crisi. Il problema è invece che la politica dell’indebitamento è fallita in tutta Europa. Con l’euro, non dimentichiamocelo mai, abbiamo una valuta stabile con cui il tasso medio d’inflazione è circa del 2% l’anno. Ricordiamoci bene, a titolo di paragone, che nel 1993 con il marco avemmo un’inflazione del 5,1% da noi in Germania. Dalla crisi del debito sovrano riusciremo a venire fuori solo quando combatteremo contro la sua causa, cioè l’indebitamento facile». Ma il pressing sulla Germania perché si assuma la responsabilità per i debiti degli Stati più deboli cresce di giorno in giorno. Quanto a lungo il governo resisterà alla pressione dei partner? «Il governo federale ha chiarito bene, fin dall’inizio della crisi dei debiti sovrani, che noi non ci assumeremo la responsabilità di una copertura tedesca per il debito dell’eurozona intera. Per me questo punto non è negoziabile. E in questo senso, sottolineo che gli eurobond aggraverebbero la crisi, non la renderebbero certo più piccola. Perché caricherebbero noi di un peso eccessivo, e farebbero venir meno la spinta alle riforme negli altri Paesi». Per quanto tempo ancora dovremo chiedere scusa per la Seconda guerra mondiale? «Per me è fuori d’ogni dubbio che noi non vogliamo e non possiamo mai dimenticare il tragico periodo storico dell’Olocausto e della Seconda guerra mondiale. E poi, ancora negli anni novanta, abbiamo visto guerre in Europa, guerre che tra l’altro hanno portato oltre mezzo milione di profughi in Germania. Insomma, guai a credere che la pace, il benessere e la libertà siano conquiste ovvie e garantite. Siete venuti a Mallorca a intervistarmi, e solo per questo pensate che viaggiare senza frontiere sia ovvio in Europa da una prospettiva storica? Il diritto di viaggiare, studiare o lavorare ovunque in Europa è un diritto che tutti noi abbiamo costruito passo per passo, con sforzi e pazienza. Io posso solo
FOTO:AFP
“Draghi libero di comprare titoli la Germania ha bisogno dell’euro” Westerwelle: la mia preghiera ai Paesi deboli, fate le riforme sperare che un giorno avremo una vera Costituzione europea, sulla quale si tenga un referendum». Non potrà venire un momento in cui lei dovrà dire che l’euro
Rajoy ce la farà
La Spagna è un Paese molto forte che ha una economia competitiva Ed io dico a Rajoy: ce la farete
non è più salvabile? «Prendiamo l’esempio della Spagna, dove ci troviamo. Se renderemo più facile la politica d’indebitamento, come farà il governo spagnolo a imporre mi-
sure di consolidamento? L’euro e l’Europa non sono minacciati solo da una politica di troppo poca solidarietà, ma anche da un eccesso di solidarietà. Con una responsabilità comune sui debi-
ti sovrani metteremmo in gioco il futuro dell’euro». Questo suo no a troppa solidarietà vale anche per l’eventuale acquisto di titoli sovrani dei Paesi indebitati da parte della Banca centrale europea? «No, questo è qualcosa di completamente diverso. Sull’acquisto di titoli sovrani decide da sola, nella sua indipendenza, la Banca centrale europea, con un occhio alla stabilità della nostra moneta comune». Possiamo e vogliamo ancora mantenere la Grecia nell’eurozona? «Il destino della Grecia adesso si decide ad Atene. Abbiamo raggiunto intese che possono aiutare la Grecia, ma la Grecia in cambio deve compiere anche grandissimi sforzi per fare dure riforme. Io prego il governo greco di varare e di continuare a portare avanti questa dura politica, agendo con grande serietà, con senso dell’urgenza e in modo attendibile. In Grecia con due campagne elettorali abbiamo perso molto tempo. Adesso ad Atene è il momento di agire, in fretta e prendendo a cuore il problema. Per me è importante restare nell’ambito della correttezza e della dignità nei toni del dialogo, ma sui fatti dobbiamo parlare chiaramente: non può essere ammessa una sostanziale deviazione dal corso di riforme concordato tra la Grecia e i suoi partner». Non tutti da noi la pensano così. Il ministro delle Finanze Bavarese Soeder ha chiesto di “dare una lezione alla Grecia”, di dare un esempio, magari lasciandola affogare. Non sarebbe uno shock salutare per gli altri Paesi indebitati? «Io trovo gravemente e volgarmente sbagliata quella frase, quell’invito a dare una lezione a un Paese e così facendo a dare un esempio. Pensiamoci un attimo: se fosse rivolta da altri Paesi a noi tedeschi, una frase del genere come verrebbe accolta da noi in Germania? Saremmo turbati, scossi, feriti nell’onore nazionale. Chi parla in quel modo riesce solo a conseguire il contrario di quanto i giusti moniti vorrebbero ottenere, cioè una vera messa in atto delle riforme in Grecia. E poi in Germania nessun altro Bundesland ha un’economia tanto legata all’export quanto la Baviera, dunque parlar male dell’euro è contro gli stessi interessi bavaresi». E la Spagna, quanto reggerà senza aiuti dei fondi salva-Stati? «Il governo spagnolo con il premier Rajoy mostra una grande determinazione a seguire il corso delle riforme. Per questo sono ottimista sulla Spagna». Insisto, non si aspetta una richiesta spagnola di aiuti dei fondi salva-Stati, magari già entro fine estate? «Io mi rifiuto di speculare. Se vi dessi la risposta che vi aspettate, voi fareste un titolo di grande effetto, ed esploderebbe un problema serio nell’eurozona. E poi ho già risposto alla domanda: io giudico la Spagna un Paese molto forte e con un’economia competitiva». (Copyright Bild am Sonntag) © RIPRODUZIONE RISERVATA
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IL CASO TARANTO ECONOMIA
Ilva, la doccia fredda del giudice “Fermare subito la produzione” Pd e Pdl: decisione illogica. Ricorso immediato dell’azienda MARIO DILIBERTO TARANTO — Il giudice ribadisce lo stop alla produzione dell’Ilva e Taranto torna una polveriera. Mentre la politica si interroga sul futuro della grande acciaieria e si spacca sull’inchiesta che ha messo sotto accusa i veleni industriali. Quei killer silenziosi uccidono e fanno ammalare i tarantini, dicono i magistrati. E per questo vanno fermati. Al presidente del colosso dell’acciaio Bruno Ferrante è stato notificato un decreto del gip Patrizia Todisco, dopo che il Riesame ha confermato il sequestro di sei impianti dell’area a caldo. I più pericolosi per il benzopirene e la diossina che sparano sulla città. Il gip ricorda la «grave ed attualissima emergenza sanitaria e ambientale» che incombe su Taranto. Tratteggia i compiti dei custodi, compreso il presidente dell’Ilva, riguardo al risanamento degli impianti. E puntualizza che lo stesso Tribunale non ha previsto «alcuna facoltà d’uso a fini produttivi», ma solo per interventi finalizzati all’abbattimento degli inquinanti. Quei
macchinari sono il cuore pulsante dello stabilimento. Senza di loro si ferma tutto mettendo a rischio oltre undicimila posti di lavoro. Un pericolo che l’azienda ha annusato definitivamente quando il Noe ha notificato il decreto del gip. E ieri in fabbrica la tensione è tornata alle stelle. Sull’inchiesta la città si divide, ma la sorte dello stabilimento è un caso nazionale. Perché Ilva a Taranto sforna milioni di tonnellate di acciaio all’anno. «Se venisse fermata la produzione — avverte il ministro dell’Ambiente Corrado Clini — l’attività di risanamento sarebbe molto difficile. L’esperienza degli ultimi vent’anni dimostra che i siti industriali chiusi poi non hanno più ripreso l’attività». Anche da Confindustria arrivano commenti preoccupati: «È essenziale che la continuità della produzione venga garantita». Mentre sul provvedimento del gip si abbattono gli strali di Pdl e Pd. «La decisione è allarmante perché paralizza il più grande sistema siderurgico europeo. La produzione è compatibile con gli obiettivi di risanamento» so-
L’ordinanza del gip riapre il caso: “Emergenza ambientale e sanitaria”. Il ministro Clini: “I siti industriali chiusi non hanno più ripreso l’attivita”
L’ATTESA Gli operai dell’Ilva attendono di sapere quale destino avrà la sede di Taranto
stiene l’esponente del Pdl Maurizio Sacconi. «Il nuovo fermo degli impianti pone seri interrogativi sull’idoneità della sede per lo svolgimento del processo» argomenta Stefano Saglia, capogruppo Pdl nella commissione attività produttive della Camera. Che aggiunge: «La mossa del gip sembra dettata da fumo ideolo-
gico». Di decisione «illogica e contradditoria» parla Osvaldo Napoli, vicepresidente dei deputati del Pdl. Giudizi aspri anche da Stefano Fassina, responsabile Economia e lavoro del Pd, che giudica «irrituale e molto preoccupante il provvedimento del gip dopo gli impegni assunti dall’azienda per la realizzazione degli interventi necessari alla salvaguardia della salute e dopo il decreto sulle bonifiche». Per concludere che «è necessario fare chiarezza. Sono in gioco un’azienda strategica e il futuro di migliaia di lavoratori». Contro Fassina, si schiera Maurizio Zipponi, responsabile Welfare e lavoro dell’Idv. «È incomprensibile la posizione del Pd che attacca il gip di Taranto. Forse Fassina — accusa Zipponi — ha preso un colpo di sole in quanto parla di un piano aziendale che a nessuno è dato conoscere». E il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli: «Le scelte di Ilva dimostrano che l’azienda è alla ricerca di una scorciatoia per evitare le prescrizioni della procura». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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La mappa del sito
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Il personale
I numeri
Ilva
15 km2 superficie
200 km rete ferroviaria
50
km rete stradale
190 km2
Taranto
nastri trasportatori V
I
Z
Z
E
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1.386 impiegati 19 dirigenti
A
A
N
C
I
A
S
PUGLIA
R F
CORSICA [FRANCIA]
ITALIA
12.859 dipendenti 11.454 operai
Bari Taranto
Il retroscena
Il consiglio di amministrazione convocato d’urgenza. Ferrante: “Stanno cambiando le carte in tavola”
“Non manderemo via noi gli operai ma qualcuno vuole farci chiudere” il colosso dell’acciaio al contrattacco GIULIANO FOSCHINI
FOTO:ANSA
Il documento
In alto, l’ordinanza del gip Patrizia Todisco notificata all’Ilva il 10 agosto, all’indomani della sentenza del Riesame. Qui sopra, il passaggio chiave, in cui il giudice ribadisce che in attesa del risanamento dell’area non è prevista «alcuna facoltà d’uso degli impianti a fini produttivi»
BARI — Sarà scritto da qualche parte che i tarantini devono trattenere il fiato. Non bastava l’aria che fa male, ammala e uccide. Ora ci si mettono anche i colpi di scena. Quando sembrava tutto deciso, quando la chiusura dell’Ilva sembrava scongiurata o per lo meno messa nelle mani della legge e nel buon senso dell’azienda, è arrivata l’ordinanza del giudice Todisco a cambiare le carte in tavola. «Qualcuno sta provando a ribaltare la situazione e vuole farci chiudere. Ma noi, per l’azienda e per gli operai, faremo tutto quello che è possibile perché non accada» commenta a mille chilometri di distanza il presidente dell’Ilva, il prefetto Bruno Ferrante, con la voce dello stupore ma nello stesso con la fermezza di chi non vuole perdere la battaglia. Sabato pomeriggio, metà agosto, c’è vento e stranamente poca puzza nell’aria. Con la città praticamente deserta, sono bastate poche righe apparse sui siti Internet per far ritornare Taranto nella paura, dopo le tensioni delle scorse settimane. In fabbrica la notizia della decisione del gip Todi-
sco rimbalza da telefonino a telefonino: sms, twitter, facebook. Si chiedono risposte ai sindacalisti che cadono, come tutti, dalle nuvole. Nessuno si aspettava un’accelerata di questo tipo, in realtà nemmeno la procura che pensava di gestire lei, come al solito, le modalità del sequestro e aveva deciso di aspettare per lo meno le motivazioni del Riesame. Il provvedimento del giudice Todisco arrivato ieri ha invece cambiato i programmi tanto che l’azienda è stata costretta a metà pomeriggio a convocare d’urgenza un consiglio di amministrazione. Un cda, che in una città abituata a morire di acronimi (Pcb, Pm10, Nox, Cox sono alcuni degli inquinanti), viene visto come l’ennesimo punto nero di questa storia: «Oggi si chiude per davvero» sussurrano ai cancelli del siderurgico. C’era chi dava per possibile che l’azienda ordinasse la messa in libertà degli ope-
rai già ieri. Come dire: dobbiamo chiudere la fabbrica non possiamo più lavorare. E invece le parole di Ferrante raccolte in serata vanno in senso completamente opposto. «Non voglio nemmeno sentire parlare di messa in libertà o di co-
Lo sconcerto dei dirigenti e l’imbarazzo dei sindacati per la svolta improvvisa
se del genere — spiega il prefetto — Noi tuteliamo le ragioni dell’impresa ma soprattutto le ragioni dei lavoratori. Certo un provvedimento del genere non ce l’aspettavamo. La preoccupazione è molto alta, perché una simile posizione da parte della magistratu-
ra crea non pochi problemi all’azienda. Il Riesame aveva indicato un percorso: utilizzare gli impianti in funzione della bonifica. Prevedeva quindi che gli impianti rimanessero accesi e che l’azienda si impegnasse a investimenti e misure per rispettare l’impatto ambientale. Al termine di questo percorso ci sarebbe stata la decisione finale: se noi avessimo rispettato gli accordi, ci sarebbe stato il dissequestro. Se viceversa quelle misure non fossero state attuate, sarebbe scattata la chiusura. In sostanza i sigilli dovevano essere soltanto l’anello terminale di un percorso. E invece questo provvedimento del gip ribalta la situazione: la chiusura non è uno spettro in caso di inottemperanza, ma l’obiettivo iniziale. Ed è un problema, perché per rendere compatibili con le esigenze ambientali la produzione non si possono spegnere
“Impugneremo il provvedimento in ogni sede: bloccare l’altoforno è impossibile” gli impianti. Tra l’altro per non far più funzionare un altoforno ci vogliono mesi e professionalità che in pochi hanno nel mondo». L’Ilva, dunque, per il momento non chiude. «Parlerò con i custodi, poi impugneremo in ogni sede possibile il provvedimento del giudice perché secondo noi non è giusto. Comunque domani sicuramente gli operai saranno in fabbrica». La sorpresa dell’azienda è la stessa anche dei sindacati e della politica locale. Il presidente della Regione, Nichi Vendola, chiede chiarezza alla magistratura: «La drammaticità del momento impone un contributo di responsabilità. Vogliamo capire quale sia, secondo la magistratura, il destino dell’Ilva. Se siamo dinanzi ad un provvedimento irreversibile di spegnimento della fabbrica oppure se siamo invece dinanzi ad un percorso di prescrizioni da rispettare. È paradossale che un’intera città non possa sapere se la soluzione che sia di svolta ambientale ma insieme di salvezza dell’azienda risulti interdetta per via giudiziaria». Una risposta domani dopo l’incontro tra Ferrante e i custodi. C’è ancora da trattenere il fiato. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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POLITICA E GIUSTIZIA INTERNA
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Le stragi
Libertà di parola
Si parla troppo dell’indagine e troppo poco dei fatti che ne sono oggetto. Occorre che si sappia cos’è accaduto tra il ‘92 e il 93
Ai giudici, come a ogni altro cittadino, va garantita la libertà di espressione: perciò abbiamo subito difeso Scarpinato Rodolfo Maria Sabelli
LIANA MILELLA ROMA — «Come sempre saremo accanto ai colleghi». Parola di Rodolfo Maria Sabelli, il presidente dell’Anm, che sta seguendo ogni sviluppo del caso Palermo. É convinto che sia soprattutto «importante accertare la verità», ma anche che non vada letto «in una logica di ostacolo alla verità» il ricorso alla Consulta del Quirinale. Quasi Ferragosto. Temperatura bollente pure per i magistrati. L’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia turba il clima. Lei che ne pensa? «Credo che si parli troppo dell’indagine e troppo poco dei fatti che ne sono oggetto. E questo è un segnale di anomalia. Si dovrebbe invece fermare l’attenzione su quanto è già stato accertato sulle vicende degli anni ‘92-93, tanto più che la procura di Palermo ha depositato gli atti. Il primo interesse dei cittadini è conoscere le responsabilità che vi furono, anche a livello istituzionale». Come mai l’Anm finora non ha parlato? «A differenza di quanto si dice troppo spesso, l’Anm si è espressa ripetutamente. Io stesso ho difeso i colleghi di Palermo, da ultimo in occasione del ventennale per Borsellino. Lì abbiamo manifestato il nostro sostegno, affermato con forza la necessità di accertare la verità e invocato a questo scopo l’impegno di tutte le istituzioni. Però abbiamo sempre avversato la logica della contrap-
“Verità sulla trattativa Stato-mafia i magistrati di Palermo vanno difesi” Sabelli (Anm): ma il ricorso del Quirinale non è un ostacolo I personaggi PM PALERMO Il procuratore di Palermo Francesco Messineo e il pm Nino Di Matteo
posizione perché nuoce alla magistratura e all’accertamento della verità e trascina verso la strumentalizzazione. In particolare, è impensabile leggere in chiave di contrapposizione e di ostacolo alla verità il ricorso del capo dello Stato. Il merito lo lasciamo valutare alla Consulta, ma devo ribadire che quel ricorso va semplicemente riferito a una dinamica processuale». Sull’indagine di Palermo si appuntano molte critiche. Non pensa che sarebbe meglio lasciar liberi i pm d’investigare e dopo
dare un giudizio? «Ovviamente occorre vigilare perché la critica non deve risolversi in un attacco strumentale diretto a impedire ai magistrati di fare il proprio lavoro e accertare la verità. Tuttavia la critica, purché seria, argomentata, consapevole, disinteressata, non può che rafforzare l’esercizio corretto della giurisdizione, tanto più che la giustizia, non dimentichiamolo, è esercitata in nome del popolo». Prolusione di Scarpinato per Borsellino e intervista di Di Matteo a “Repubblica”. Si sono mos-
FOTO:LA PRESSE
Il caso Di Matteo
Non c’è un’azione disciplinare nei confronti di Di Matteo: è un semplice accertamento preliminare Seguiremo con attenzione
si Csm e pg della Cassazione. Lei vedeva anomalie? «Non è abitudine dell’Anm esprimere valutazioni sulla rilevanza disciplinare del comportamento dei colleghi. Tuttavia, ricordo che nella vicenda Scarpinato l’Anm è intervenuta subito, e per prima, con un comunicato pubblico a difesa sua e della libertà di espressione. Quanto a Di Matteo è del tutto fuorviante parlare di azione disciplinare. Per quanto ne sappiamo, si tratta di un semplice accertamento preliminare, peraltro piuttosto frequente. Comunque, come sempre, seguiremo la cosa con attenzione». A Palermo il presidente dell’Anm siciliana Teresi parla di attacco senza precedenti. «Al di là dell’enfasi, condivido la necessità di vigilare, onde evitare che la notizia dell’indagine conoscitiva della Procura generale possa prestarsi a strumentalizzazioni esterne contro colleghi molto esposti». È d’accordo col procuratore di Torino Caselli che vede a rischio la libertà d’espressione per i magistrati? «Non c’è dubbio che essa vada riconosciuta a noi come a ogni altro cittadino e per questo siamo subito intervenuti su Scarpinato. Naturalmente dev’essere esercitata tenendo conto del ruolo rivestito. L’attuale ordinamento delle procure attribuisce al procuratore il compito di tenere i rapporti con la stampa, ma egli può concordarlo e affidarlo ad altro magistrato. L’obiettivo è evitare che gli uffici si esprimano all’esterno in modo improprio e incontrollato. Pertanto la rilevanza disciplinare di interviste e dichiarazioni pubbliche è e deve restare limitata a casi ben definiti e circoscritti». Quando si discusse dell’ordinamento giudiziario e delle intercettazioni furono molto criticati gli interventi per zittire le toghe. Oggi pare all’opposto che si vogliano magistrati silenziosi. «Dobbiamo restare vigili, così come lo fummo nel 2006, quando si evitarono interventi assai più pesanti in occasione di quella riforma. I magistrati esercitano una funzione di forte controllo di legalità e sono consapevoli della costante possibilità di attacchi, ai quali però sanno reagire con determinazione e indifferenza. L’Anm continuerà a essere al loro fianco». © RIPRODUZIONE RISERVATA
Presidio contro la criminalità organizzata
Laudati: grave chiudere il tribunale di Lucera BARI — Il procuratore distrettuale antimafia di Bari, Antonio Laudati è durissimo: «Così si disconosce il nostro lavoro contro la mafia, chiudere il tribunale di Lucera significa vanificare anni e anni di duro lavoro investigativo». Da Torino, Raffaele Guariniello lancia un allarme uguale e contrario: «Chiudere le piccole procure significa sovradimensionare le altre: qui se ne trasforma una, quella di Ivrea, da piccolissima a gigantesca senza dotarla degli strumenti necessari». La decisione del governo di tagliare 31 piccoli tribunali in Italia continua a dividere. Accanto alle polemiche politiche (dal Pd al Pdl) spesso legate al campanile, in campo contro la decisione dell’esecutivo Monti scendono anche i magistrati. Molto duro l’intervento del procuratore antimafia di Bari Laudati che fa notare come il governo abbia da un lato annunciato di salvare quelli antimafia e dall’altro deciso la
chiusura di Lucera, uno dei punti caldi della mafia foggiana. «Pur avendo massimo rispetto per i provvedimenti adottati dal consiglio dei ministri — dice Laudati — la Dda di Bari non può che vedere, indirettamente, disconosciuto tutto il lavoro fatto in questi anni nel contrasto alle mafie, specie considerando che il criterio con il quale sono stati “salvati” sei tribunali è stato quello di mantenere un forte presidio giudiziario nei territori caratterizzati dalla criminalità organizzata. Chiudere un presidio così vanifica anni di duro lavoro investigativo teso a contrastare una mafia che per quanto emergente incide già pesantemente nel tessuto socioeconomico della popolazione del Gargano e non solo». Critica anche l’Associazione dei giudici di pace: «La decisione del governo cancella l’80% dei nostri uffici: vasti territori dello Stato rimarranno senza alcun ufficio giudiziario, privando il cittadino del servizio giustizia».
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CARMELO LOPAPA ROMA — L’Angelino Alfano da 4,5, che «ha collezionato un anno di insuccessi e anziché formattare è stato formattato», e il «logoro» coordinatore La Russa da 3 tondo tondo. Il capogruppo Cicchitto «simbolo del vecchio», e l’ex ministra animalista Brambilla (tre anche lei), «buona solo per una lista cinque stalle». E poi la Carfagna, insufficiente, sebbene «la politica più amata dai mariti infedeli», e il Tremonti «fuggiasco», voto 2. Si salvano in pochi, nelle pagelle estive sui 25 dirigenti ed ex ministri del partito che i giovani #Formattatori del Pdl rendono pubbliche. È la fotografia impietosa di un rinnovamento mancato. Dopo che il segretario Alfano alla loro manifestazione di Pavia del 26 maggio aveva promesso al sindaco Alessandro Cattaneo, loro leader, e agli altri under 35 che tutto sarebbe cambiato. La più grande novità però è stata il ritorno di Berlusconi. La sufficienza o qualcosa in più solo per Bondi, Brunetta, Fazio, Fitto, Frattini, Galan, Gelmini, Meloni, Sacconi. Ecco le pagelle. BERLUSCONI. «Rieccolo: voto 10 (come la maglia). C’è chi non ce l’ha e chi ne ha a volontà: questione di quid! Ha dimostrato che dopo di lui, nel partito, c’è il diluvio. Sempre protagonista: nel bene e nel male. Formattatore per eccellenza: doveva subire il parricidio e invece ha sepolto Alfano». ALFANO. «Rimandato: voto 4,5. Ha collezionato un anno di insuccessi: doveva innovare il Pdl e invece si è trovato alle prese con la stagione delle tessere false. Doveva inaugurare il “partito degli onesti” e onestamente nulla è cambiato. Doveva vincere le amministrative e invece ha perso anche ad Agrigento, casa sua. Ha pure chiesto le dimissioni della Minetti e lei lo ha ignorato spassandosela in Sardegna. Insomma, doveva essere il vero formattatore del partito invece è stato formattato». LA RUSSA. «Logoro: voto 3. Di-
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“Alfano un perdente, Cicchitto inadatto” I giovani pdl bocciano i big del partito Le pagelle dei “Formattatori”: Berlusconi resta da 10 Le pagelle dei giovani del Pdl
La polemica
Grande Centro Montezemolo frena
Montezemolo
5.5 CARFAGNA
3 BRAMBILLA
10 BERLUSCONI
2 TREMONTI
“Trasformista. Velina ingrata nei confronti di Berlusconi”
“Bestiale. Buona solo per una Lista 5 stalle”
“Rieccolo. Doveva subire il parricidio, ha sepolto Alfano”
“Fuggiasco. Causa della crisi. Brilla per assenze”
nanzi al crollo del Pdl, l'unica analisi che ha consegnato alla storia è la similitudine tra Grillo e il Berlusconi del '94, smentita poi dal capo. Più gaffe che voti». VERDINI. «Highlander. Voto: 6. Furbo, scaltro, spregiudicato come pochi. Non conosce la parola sconfitta, come alle amministrative. Anche se in Toscana, la sua regione, ormai il Pdl governa solo a Prato. Disposto a tutto pur di sopravvivere». CICCHITTO.«Calligrafo. Voto:
5,5. «È il simbolo del vecchio. Inadatto a fare il capogruppo, troppo ruvido, scostante e respingente. Se il Pdl alla Camera è passato da 277 deputati agli attuali 209 una responsabilità ce l’avrà, o no? Competente nelle analisi politiche, scrive bei libri». GASPARRI. «Fomentatore. Voto: 5. Aveva detto a Berlusconi che i finiani ai tempi del 14 dicembre erano quattro gatti. Il Pdl si è salvato per un voto. Poco televisivo, ma passionale. A lui preferiamo
L’intervista
Santanché: porterò un milione in piazza per sostenere la candidatura del Cavaliere
“Io vivo nel lusso, non è un crimine e a Silvio dico: trovati una moglie” ROMA — Daniela Santanché: a ottobre un milione in piazza in sostegno della candidatura di Berlusconi. L’ennesimo bagno di folla annunciato e poi sfumato? «No, questa volta lo dobbiamo al nostro popolo, dobbiamo riprenderci la passione di un partito che manca un po’ di entusiasmo e energia. Gli elettori vanno motivati». Ha detto che vorrebbe vedere Berlusconi con moglie al fianco. Serve una first lady, come sostiene, o pesano piuttosto gli scandali? «All’Italia manca da tempo una first lady, che è una figura importante. Come pure spero e credo che Berlusconi faccia un ticket con una donna. Sarebbe un riconoscimento importante nei confronti delle nostre elettrici». Santanché la donna del ticket? (Sorride) «Ma no, io faccio una battaglia di principio, di donne ce ne sono tante. Io ho dimostrato che si può far politica anche fuori dal Parlamento». Lei rivendica il lusso, non è un crimine, dice. Sa di provoca-
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LE SCELTEINTERNA DEI PARTITI POLITICA
PASIONARIA Daniela Santanché deputata del Pdl
zione, di questi tempi. «Ma le nostre eccellenze sono il lusso, dalla Ferrari all’alta moda. Vanno sostenute. La ricchezza non va criminalizzata, come invece avviene in Italia. È l’evasore che va combattuto». Ma come, se «Equitalia va chiusa» e la Gdf lei la paragona alla «Stasi»? «Equitalia va cancellata per il suo modello di riscossione e i tasso di interesse da usura. La Finanza persegue chi va al ristorante o guida auto di lusso mentre qui attorno a me, a Forte dei Marmi, centinaia di vu’ cumprà contrabbandando merce contraffatta con danni enormi per i grandi marchi». Sembra non le stiano simpatici i ministri Passera, Riccardi e altri tecnici in odore di politica. «È gente che non ha raccolto consensi, che ha vinto la lotteria senza comprare il biglietto. Passera poi ha patteggiato per una maxi evasione, può candidarsi a guidare il paese, uno così? Scendano dal pero, si candidino con Monti. E raccolgano voti, se ne sono capaci». (c.l.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
Neri Marcorè». BRAMBILLA.«Bestiale. Voto: 3. Promuovitalia. Cos’è? Non lo sa nessuno, eppure è un’agenzia voluta dall’ex ministro per aiutare il turismo, così fondamentale da finire sotto la scure della spending review. Impegnatissima sul fronte animalista, riscuote molto credito tra i quadrupedi. Forse perché loro, non parlando, non possono replicare... Buona solo per una Lista Cinque Stalle». CARFAGNA. «Trasformista.
ROMA — Una nota di Italia Futura per smentire «misteriosi accordi per ancor più misteriosi “nuovi” contenitori». L’associazione che fa capo a Luca di Montezemolo sembra così prendere le distanze da progetti neocentristi: «Se accordi e alleanze saranno discusse lo faremo alla luce del sole, partendo dalla centralità dei contenuti e dall’agenda per il paese e avendo massima attenzione al vero grado di innovazione delle iniziative proposte e non certo attraverso tatticismi o accordi sottobanco ispirati alla sopravvivenza di una vecchia politica che gli italiani vogliono lasciarsi alle spalle».
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Voto: 5,5. Vicina agli anta, nonostante l’ingresso in Parlamento di carne più fresca, detiene ancora lo scettro de “la politica più amata dai mariti infedeli”. Tutti le riconoscono il buon lavoro come ministro (soprattutto la sinistra sui gay). Si è un po’ eclissata da semplice deputato: un po’ frondista al governo, terzopolista nelle relazioni, velina ingrata con Berlusconi». MATTEOLI. «Stantio. Voto: 4. Capobastone della vecchia politica, pare il rappresentante di un mondo che dovrebbe essere seppellito. Imitando i formattatori ha organizzato a giugno un incontro coi giovani, per rinfrescarsi l’immagine. Peccato che la sala fosse vuota. Siede ininterrottamente da 30 anni in Parlamento. E punta a ricandidarsi. Si goda la pensione». PRESTIGIACOMO. «Non pervenuta. Voto: 4. Forse se lo ricordano in pochi, ma è ministro dell’Ambiente uscente. A Taranto chiude l’Ilva e l’unica cosa che lei riesce a dire è “Micciché è un ottimo candidato per le regionali siciliane”». ROMANI. «Approfittatore. Voto: 4. I soldi per la banda larga sono spariti. L’agenda digitale non c’è stata. Ha fatto il ministro e non ce ne siamo accorti. In compenso ha perso le amministrative a Monza, città di cui è commissario». SCAJOLA. «Incompiuto. Voto: 5. Non riesce mai a fare il ministro perché prima uno scandalo poi un altro l’hanno costretto a dimettersi. Per il cambiamento speriamo rimanga fuori dalle liste, anche a sua insaputa». TREMONTI. «Fuggiasco. Voto: 2. Insieme con Fini, è la causa del logoramento di Berlusconi. Nonostante Aspen, libri e titoli ha dimostrato di non avere capacità di leadership abbandonando i suoi più fidati uomini (vedi Milanese) e brillando per le sue assenze parlamentari da quando non è più ministro». VITO.«Vito chi? Ricercato. Senza voto». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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LE ELEZIONI AMERICANE MONDO LA CERIMONIA A sinistra, Paul Ryan parla alla folla presso un museo navale di Norfolk, in Virginia, dopo esser stato annunciato come “vice” di Mitt Romney A destra, Ryan con Romney
Romney sceglie il “falco” Ryan “Salveremo il sogno americano” Il repubblicano designa il suo vice. Obama: “Ritorno al passato” ALBERTO FLORES D’ARCAIS NEW YORK — «Un leader intellettuale del partito repubblicano». A bordo della US Wisconsin — la vecchia nave della seconda guerra mondiale, oggi museo galleggiante a Norfolk, Virginia — Mitt Romney ha presentato come suo vice per la corsa alla Casa Bianca Paul D. Ryan, l’uomo invocato dalla “destra fiscale” del Gop e sponsorizzato dai grandi giornali conservatori come Wall Street Journal e Weekly Standard. «Un uomo di carattere e di valori», lo ha definito il candidato repubblicano, quando — in ca-
micia bianca e cravatta azzurra — ha annunciato quello che tutta l’America sapeva già da alcune ore, «un uomo con cui qualcuno potrà non andare d’accordo ma che ha il rispetto di tutti». Deputato al Congresso per il primo distretto del Wisconsin, Ryan (42 anni) è il leader riconosciuto di quella cerchia di emergenti del Gop chiamati “young gun” ed è l’autore di quella “Roadmap for America’s future” che vuole ridisegnare il “Medicare” — l’assistenza sanitaria per pensionati e anziani — e una radicale riforma per ridurre il debito statale. Cattolico osservante, con Romney (mormone) for-
ma una coppia che dal punto di vista religioso è fuori dalla tradizione protestante dei presidenti repubblicani, ma da quello economico (che sarà decisivo per conquistare la Casa Bianca) unisce il nuovo corso di Ryan all’esperienza di businessman di Romney in una miscela che non farà dormire sonni tranquilli allo staff di Obama. «Vi presento il prossimo presidente degli Stati Uniti». La gaffe di Romney quando ha presentato il suo vice non è passata inosservata, ma il candidato del Gop si è ripreso subito, scoppiando a ridere: «A volte faccio degli errori, ma non ho certo sbagliato sce-
gliendo quest’uomo». Accanto a lui anche Ryan sorride, ringrazia Ann (la moglie) e si dice «orgoglioso» per essere stato il prescelto: «Il nostro dovere è quello di salvare il sogno americano, questo è un momento cruciale per gli Stati Uniti e dobbiamo scegliere l’uomo giusto. E quest’uomo è Mitt Romney». La scelta di Ryan è destinata a rivitalizzare una campagna repubblicana che nelle ultime due settimane aveva segnato il passo, subendo l’iniziativa di Obama e dei suoi uomini. Il deputato del Wisconsin è molto popolare nell’elettorato del Gop e appare come la scelta migliore per sod-
disfare la base, soprattutto l’ala più conservatrice che già è poco entusiasta di Romney e che con un altro candidato vice sarebbe stata tentata di disertare le urne. Che sia stata una mossa azzeccata lo dimostrano le prime reazioni in campo democratico. La campagna di Obama ha immediatamente diffuso un video
Deputato di 42 anni è un emergente del Gop. Appoggiato dai grandi giornali conservatori
I sondaggi
45% ROMNEY
Secondo l’ultimo sondaggio di Cnn-Orc International, Romney avrebbe solo il 45% di consenso
52% OBAMA
Il presidente uscente, invece, otterrebbe oggi il 52% dei voti Il 54% degli americani dice di non conoscere bene Ryan (Cnn)
(realizzato anticipatamente) in cui attacca il progetto del neo candidato alla vicepresidenza per ridurre il debito statale. «Paul Ryan è la mente dietro il radicale piano di bilancio repubblicano, vuole riscrivere il sistema sanitario, Medicare, la previdenza, il nostro intero sistema fiscale. È un piano che Romney approva». Contemporaneamente i consiglieri del presidente hanno inondato la rete e i media di comunicati in cui attaccano duramente il piano di tagli (5mila miliardi di dollari nel prossimo decennio). «Colpirebbe i più anziani, “Medicare”, le famiglie della classe media, gli studenti. E tutto per pagare le esenzioni fiscali dei più ricchi. Con il ticket RomneyRyan, la scelta per donne, anziani, veterani, studenti, famiglie della classe media non potrebbe essere più chiara: un ritorno alle politiche del passato che hanno rovinato la nostra economia». © RIPRODUZIONE RISERVATA
Il caso
Svolta nell’esercito a stelle e strisce ecco Tammy, il primo generale gay WASHINGTON — Se fino allo scorso settembre la liberticida norma “Don’t ask, don’t tell” vietava a soldati e soldatesse di dichiarare pubblicamente la propria omosessualità, oggi l’esercito americano ha in servizio il suo primo generale apertamente gay. Si chiama Tammy Smith, è una donna di 49 anni e, soprattutto, è lesbica. La promozione di Smith a generale, dopo 26 anni di onorata carriera, è avvenuta venerdì scorso a Washington. A conferirle le nuove stelle, durante la cerimonia, è stata Tracey Hepner, sua moglie.
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Le tappe LA CONVENTION Dal 27 al 30 agosto a Tampa, la convention che designerà Romney sfidante
IL CONFRONTO Il 3 ottobre primo confronto fra Obama e Romney all’ateneo di Denver (Colorado)
FOTO: AFP
IL VOTO
Il personaggio
Si vota il 6 novembre, il 20 gennaio del 2013 il giuramento del presidente Usa
Giovane, liberista e ultra-cattolico un radicale di destra amato dai neocon Lo stratega economico del Gop che vuole ridurre le tasse ai ricchi
(segue dalla prima pagina)
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE FEDERICO RAMPINI NEW YORK REFIGURA l’attacco finale contro quel che resta del Welfare State. Barack Obama non ha dubbi: «Con lui si ripeterebbe la catastrofe delle politiche economiche di George Bush». La designazione di Ryan giunge al termine di una poderosa pressione esercitata dagli ultrà del liberismo: sulle colonne del Wall Street Journal di Rupert Murdoch, e con la scesa in campo di un leader storico dei neocon come William Kristol, il tam tam in favore di Ryan era ossessivo. Ora la campagna presidenziale imbocca una strada nuova.
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Uno dei suoi obiettivi è la privatizzazione del servizio sanitario per gli anziani “Young, Rust Belt, Catholic”: è la triade di aggettivi con cui i media americani descrivono Ryan. Giovane: ha 42 anni contro i 65 di Romney. Rust Belt, cioè originario della “cintura della ruggine”, quegli Stati industriali del Midwest che da decenni subiscono la crisi del settore manifatturiero. La Rust Belt è anche il bacino elettorale dei “democratici reaganiani”, quei colletti blu che a partire dal 1980 subirono l’attrazione del conservatore Ronald Reagan. Infine cattolico, anti-abortista militante, quindi adatto a rassicurare quegli integralisti che considerano la chiesa mormone di Romney alla stregua di una setta eretica. Ma la qualifica di gran lunga più importante di Ryan è un’altra. Il deputato del Wisconsin malgrado la giovane età si è imposto come il nuovo stratega del partito repubblicano in campo economico. In quanto presidente della commissione Bilancio della Camera, è lui ad avere concepito la “contro-legge finanziaria” che è diventata la Bibbia del-
I TWEET
Orgoglioso di Paul oggi state con noi
Sono orgoglioso di annunciare Paul Ryan come candidato vicepresidente State con noi oggi @MittRomney
Vogliamo fare ripartire l’America
Sono onorato di entrare a far parte della squadra di Mitt Romney per far ripartire l’America @PaulRyanVP
Così si punisce la classe media
Paul Ryan vuole far pagare alla classe media migliaia di dollari in più all’anno per tagliare le tasse ai ricchi @BarackObama
la destra liberista. In quel piano c’è un percorso per abbattere deficit e debito pubblico nei prossimi dieci anni, secondo i dogmi più estremi del mercatismo. No ai tagli sulle spese militari voluti da Obama: il Pentagono non si tocca. No all’aumento delle imposte sui ricchi proposte da Obama: al contrario Ryan vuole ridurre ulteriormente le tasse sulle imprese (dal 35 al 25%) ed abolire l’Alternative Minimum Tax sui redditi più alti. Tutte le riduzioni di spesa nel suo
piano vanno a gravare sul Welfare: è l’atto finale di quel piano per “affamare la bestia” (cioè privare di risorse lo Stato sociale) che i neocon perseguono da trent’anni, quello che punta a distruggere le riforme progressiste del New Deal di Roosevelt e della Great Society di Johnson. Il fulcro del piano Ryan è la privatizzazione del “Medicare”: cioè il più importante servizio sanitario pubblico, riservato agli anziani over-65. Il “Medicare” esiste da mezzo secolo, funzio-
na, ed è estremamente popolare in una fascia di elettorato cruciale come i pensionati. George W. Bush tentò di proporre la sua privatizzazione ma dovette rinunciare di fronte alle enormi resistenze. Ryan vuole sostituirlo con un sistema di “voucher”: anziché fornire direttamente l’assistenza ospedaliera e i rimborsi delle spese mediche, lo Stato darebbe ai cittadini oltre i 65 anni di età dei “buoni” da versare alle compagnie assicurative private per acquistare le polizze sanita-
Comune di Fossalta di Portogruaro (VE) CODICE CIG 44783703D5 - CODICE CUP I85J12000950008 Procedura aperta ai sensi dell’art. 55 del D.Lgs. 163/2006 e s.m.i. per la “Concessione di lavori di progettazione, costruzione e gestione di un impianto di teleriscaldamento” in parte finanziata con fondi comunitari POR FESR 2007-2013 – Asse P2 “Energia” – Azione 2.1.2. STAZIONE APPALTANTE: Comune di Fossalta di Portogruaro - Piazza Risorgimento n. 9 - 30025 Fossalta di Portogruaro (VE) - Tel. 0421-249511 Fax 0421-249579 Sito web: www.comune.fossaltadiportogruaro.ve.it e-mail: info@comune.fossaltadiportogruaro.ve.it OGGETTO DELLA CONCESSIONE: concessione di progettazione, costruzione e gestione ai sensi dell’art. 142 e seguenti del Codice dei Contratti D.Lgs. 163/2006 e s.m.i.. DESCRIZIONE DELLA CONCESSIONE: progettazione esecutiva e realizzazione di una rete di teleriscaldamento per la distribuzione di energia termica a servizio di utenze pubbliche e private del territorio comunale, nonché gestione e conduzione degli impianti. LUOGO DI ESECUZIONE: Comune di Fossalta di Portogruaro – frazioni di Villanova S.Margherita e Villanova S.Antonio. IMPORTO DELLA CONCESSIONE: Importo dei lavori previsti pari a € 3.788.120 di cui euro 167.000 per oneri per la sicurezza - Spese tecniche (progettazione, direzione lavori, coordinamento sicurezza, collaudo) €. 548.812 - Varie imprevisti e aggiustamenti quadro economico €. 378.812 - Totale intervento euro 4.715.744 oltre ad euro 471.574,00 per Iva - Canone anticipato concessione rete a base di gara in aumento euro 2.662.211, oltre alle modalità di prefinanziamento descritte nella convenzione scaricabile dal sito sopra indicato. RITIRO DOCUMENTI: il bando di gara integrale potrà essere ritirato previa richiesta telefonica presso il Comune di Fossalta di Portogruaro ovvero scaricato dal sito internet www.comune.fossaltadiportogruaro.ve.it TERMINI DI PRESENTAZIONE OFFERTE dovranno pervenire all’Ufficio Protocollo del Comune entro e non oltre le ore 12,00 del giorno 08/10/2012. MODALITA’ DI SVOLGIMENTO DI GARA: seduta di gara pubblica per l’ammissione dei partecipanti: ore 15,00 del giorno 08/10/2012. SOGGETTI AMMESSI A PARTECIPARE: soggetti in possesso dei requisiti di legge ed abilitati a fornire servizi e lavori uguali a quelli richiesti dal bando, ai sensi dell’art. 34 e 90 del D.Lgs. 163/2006. CRITERIO DI AGGIUDICAZIONE: offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi dell’art. 83 del D.Lgs. 163/2006 e s.m.i. in base ai criteri riportati nel bando di gara. PROCEDURE RICORSO: T.A.R. entro 30 giorni. DATA DI PUBBLICAZIONE: del presente avviso nella G.U.R.I. 08/08/2012. Il Responsabile Unico del Procedimento arch. Paola Strumendo
rie. Il “Medicare”, di gran lunga il più efficiente tra i sistemi sanitari Usa, verrebbe risucchiato nella sanità privata assorbendone le iniquità, gli sprechi, i costi esorbitanti. Vista la crisi del bilancio pubblico e l’aumento della popolazione anziana, i “voucher” perderebbero rapidamente valore, e gli over-65 sarebbero costretti a intervenire di tasca propria per pagare tariffe assicurative in rialzo, e compensare l’erosione delle prestazioni. Obama ora ha un bersaglio ideale: può insistere presso gli elettori sul fatto che il 6 novembre non si vota solo per un presidente, ma per una “scelta di civiltà”, un’idea solidale della società americana da contrapporre all’individualismo egoista e al primato dei mercati. La designa-
Il mormone si è consegnato al Tea Party, il movimento populista anti-tasse e anti-Stato zione di Ryan rivoluziona la dinamica della campagna perché capovolge due regole di base. La prima regola vuole che, in un’elezione dove il presidente uscente si presenta per il secondo mandato, lo scrutinio si trasformi in un referendum sul bilancio della sua azione. La seconda regola è quella che vuole un vice dal profilo basso per non mettere in ombra la personalità del candidato presidente. Ora Obama può accentuare il carattere offensivo e perfino “negativo” della sua campagna. Aumentano le sue chance di conquistare uno Stato-chiave come la Florida, dall’elevata concentrazione di pensionati. Romney si è consegnato in ostaggio al Tea Party, il movimento populista anti-tasse e anti-Stato: sperando di galvanizzare finalmente la base più militante della destra, finora molto fredda nei suoi confronti. E’ una mossa ardita, ai limiti dell’azzardo, per un candidato finora prudente ma troppo grigio per i suoi ultrà. © RIPRODUZIONE RISERVATA
llaa RReeppuubbbblliiccaa DOMENICA 12 AGOSTO 2012
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LA RIVOLTA SIRIANA MONDO
PER SAPERNE DI PIÙ www.guardian.co.uk/world/syria www.sana.sy/index_eng.html
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Siria, la Clinton apre alla no-fly zone Il segretario di Stato Usa: “Rompere l’asse con Iran e Hezbollah”. Battaglia a Damasco VALERIA FRASCHETTI UNA “soluzione libica” al conflitto siriano è da ieri più vicina. L’imposizione di una “no-fly zone” per proteggere i civili, simile a quella che lo scorso anno aiutò il regime di Gheddafi a sgretolarsi, diventa ufficialmente una possibilità per Stati Uniti e Turchia. Hillary Clinton non la esclude più. Non solo perché bisogna «accelerare la fine del bagno di sangue e del regime in Siria». Ma anche perché va evitato lo «scenario peggiore»: «l’orribile eventualità che vengano usate armi chimiche». Certo, il segretario di Stato americano resta cauto e da Istanbul, dove incontra il suo omologo Ahmet Davutoglu per discutere della crisi, ribadisce la «necessità
di ulteriori, approfondite analisi» con l’alleato turco sulle possibili azioni da intraprendere. Ma le sue parole sono quelle che finora più suggeriscono un eventuale operazione militare in Siria. Il capo della diplomazia di
Obama arriva in Turchia prima dell’alba. E la notte di Aleppo è già stata squassata da nuove bombe. Un Mig-21 del regime ne sgancia quattro, in zona Hanano, tre chilometri dal centro storico: colpiscono una caserma controllata
I Mig del regime bombardano Aleppo. Forti esplosioni nel centro della capitale «gruppo armato» che avrebbe danneggiato l'arcivescovado armeno-ortodosso di Bawabet alQassab. E la tv di Stato attribuisce ai soliti «terroristi» le due bombe
che scuotono la mattina di Damasco. Una deflagra nell’area centrale di Merjeh, a cento metri dall’hotel Four Season che ospita delegazioni di stranieri. Non causa vittime ma, scoppiando al passaggio di un veicolo militare, conferma fragorosamente che la capitale, riconquistata a fine luglio, è tutt’altro che libera dai ribelli. Che invece restano capaci di infiltrarsi, rapidi, per colpire con bombe o rapimenti, come quello subito venerdì da quattro dipendenti della tv governativa Al-Ikhbariya. Mentre i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu raggiungono l’accordo sulla nomina del diplomatico algerino, Lakhdar Brahimi, al posto di Kofi Annan come inviato speciale
in Siria, il capo dell’intelligence tedesca, Gerhard Schindler, si dice convinto che «la fase finale del regime è iniziata». «Non sappiamo quando Assad cadrà, ma cadrà» dice invece la Clinton, certa che sia prioritario «rompere i legami» tra Siria, Iran, l’Hezbollah sciita libanese che «prolungano la vita del regime». A tal fine gli Usa hanno approvato nuove sanzioni. E, anche se non c’è un via libera esplicito a possibili operazioni militari in Siria, Washington e Ankara annunciano che un gruppo di lavoro valuterà «nuove ipotesi» per affrontare il possibile precipitare della crisi siriana ed eventualità come l'uso di armi chimiche. Per evitarle, la “no-fly zone” è ora un’opzione sul tavolo. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Nell’accampamento dei ribelli siriani: “Per combattere servono lanciarazzi”
Il reportage
Il grido del comandante Abdul “Dateci armi e munizioni o Assad ci ammazzerà tutti”
LA BANDIERA Un disertore dell’esercito passato con i ribelli sventola la bandiera siriana
Iran
DAL NOSTRO INVIATO PIETRO DEL RE DARKUSH — Ha i capelli lisci e nerissimi Abdul Salam, e un ispido barbone bianco, simbolo della fierezza sunnita. È lui che comanda il piccolo accampamento dell’Esercito siriano libero nascosto in un fitto bosco di lecci, a pochi chilometri dal confine turco e a un’ora di cammino dall’ultima strada percorribile in auto. Appena mi vede, con sorprendente familiarità, il comandante mi stampa un bacio sulla guancia poi, guardandomi negli occhi, comincia a recitare una litania che non smetterà di ripetere nel corso delle due ore che trascorreremo assieme: «Ci servono armi anticarro e anti-aeree, altrimenti Bashar al Assad ci ucciderà tutti. Ma che cosa aspettate a darcele, voi Paesi ricchi e liberi?». L’accampamento di Abdul Salam consiste in poche tende da
dal Libero esercito siriano, ma anche un edificio residenziale. Dei civili vengono uccisi, o almeno così riferiscono fonti locali, in questa guerra in cui di certo c’è poco. L’agenzia ufficiale Sana riferisce di un Rpg lanciato da un
Il sisma spazza i villaggi: più di 180 morti TEHERAN — È di almeno 180 morti e oltre 1500 feriti il tragico bilancio del violento terremoto che ha colpito l’Iran nord-occidentale. Ieri pomeriggio due forti scosse di magnitudo 6,2 e 6,0 sulla scala Richter hanno interessato la regione di Tabriz. Circa sessanta villaggi dell’area sono stati distrutti tra il 60 e l’80%, altri quattro sono stati completamente rasi al suolo. Una scossa di 4,4 Richter anche nel mar Ionio al largo di Zante, in Grecia. FOTO:REUTERS
gianali. Abdul Salam ce ne mostra alcune, maneggiandole con la circospezione di un artificiere. Ma per ottenere l’effetto voluto questi aggeggi che dovrebbero fermare un tank somigliano troppo a vecchie confezioni di biscotti. «Purtroppo non tutte esplodono», confesserà il comandante. Gli domandiamo quante di queste fanno cilecca. «Otto su dieci», risponde mestamente. Quando gli diciamo che proprio due giorni fa, per voce del suo il ministro degli esteri William Hague, la Gran Bretagna ha dichiarato che aumenterà di oltre 6 milioni di euro gli aiuti agli insorti in Siria, e che ieri il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha detto praticamene la stessa cosa, Abdul Salam ci guarda sospettoso. «Questo vuol dire che Londra e Washington ci daranno finalmente le armi di cui abbiamo bisogno?», chiede allora. «O sono i soliti soldi che serviranno ad ac-
Senza granate e missili anticarro gli insorti non possono affrontare l’esercito regolare
“Qui quando arrivano gli elicotteri possiamo solo rifugiarci nel bosco”
campeggio e una sala mensa improvvisata sotto un telone di plastica. Ospita cinquantasei uomini e un vecchio ronzino, impietosamente pugnalato da nugoli di mastodontici tafani. «Molti di noi sono andati a combattere ad Aleppo, ma sono partiti a mani nude, perché all’accampamento abbiamo solo questi qui», spiega, indicando una ventina di kalashnikov legati tra di loro da una catena chiusa con un lucchetto. «Questa l’ho dovuta mettere perché c’è stato chi voleva portare un’arma con sé, ma servono tutte a noi». Siamo nella provincia di Idlib, a sud-ovest di quella di Aleppo. Anche qui da mesi si combatte aspramente, e se l’eponimo ca-
quistare telefoni satellitari e scorte mediche? Beh, può ringraziarli da parte mia, gli inglesi e gli americani, perché è altro di cui abbiamo bisogno. Lo sa di quanti caccia dispone il regime di Damasco? Cinquecento, ai quali vanno aggiunte decine di elicotteri da combattimento. E sa quanti carri armati può armare contro di noi Assad? Cinquemila. Che cosa vuole che ci facciamo con i satellitari?». Il comandante ci accompagna lungo un tratto del sentiero che ci riporta verso la macchina. Al momento di salutarci, stringendomi la mano con forza, mi ripete per l’ultima volta, stavolta con tono implorante: «Armateci!».
poluogo è ancora nelle mani dei lealisti, i villaggi e le campagne che lo circondano sono oggi tutti presidiati dalle brigate dell’opposizione al regime. «È vero, controlliamo il territorio, ma quando dal nulla si materializza un elicottero da combattimento del regime, e comincia a sparare seminando morte anche tra le nostre donne e i nostri bambini, noi non abbiamo nulla per contrastarlo. Per questo, noi soldati siamo co-
stretti a nasconderci in questo bosco». Due giorni fa, racconta il comandante, la sua piccola brigata ha assaltato una caserma delle forze di sicurezza lealiste, uccidendo tre soldati e quattro ufficiali. Ma in quell’occasione, i suoi uomini hanno sparato le ultime cartucce di cui disponevano. «Siamo però riusciti a impossessarci di due fucili mitragliatori
più moderni ed efficienti dei nostri vecchi kalashnikov. Il problema è che non abbiamo trovato le munizioni per poterli utilizzare». Oltre che a proteggere gli insorti dal piombo nemico, il nascondiglio in questo bosco ha anche un’importanza strategica di peso, poiché consente all’Esercito siriano libero di controllare la retrovia verso la Turchia, assicuran-
do che da oltre confine possano transitare farmaci e cibo verso per le brigate impegnate in combattimento. «Ma da qui di armi ne arrivano molto poche. So bene che i razzi e le granata costano cari, ma ce ne servirebbero migliaia», dice il comandante. Il quale ci riserva però una sorpresa: in mancanza d’altro, usando scatole di ferro ed esplosivo, gli uomini del suo accampamento hanno cominciato a fabbricare mine anti-carro arti-
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llaa RReeppuubbbblliiccaa DOMENICA 12 AGOSTO 2012
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Gli aeroporti colpiti
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CRONACA
PER SAPERNE DI PIÙ www.enac.gov.it www.repubblica.it
Fiumicino
Milano
Catania
Venezia e Verona
Bologna e Rimini
Tre i voli per la Sicilia in ritardo e uno quello cancellato. I ritardi sono stati di un’ora per Palermo, di cento minuti per Catania e di oltre tre ore per un altro volo diretto nel capoluogo etneo
Un volo che sarebbe dovuto arrivare dalla Sicilia a Orio al Serio alle 21 è stato spostato alle 4.50. Un altro per Linate delle 21.05 è stato spostato all’una e dieci di notte
I disagi maggiori nello scalo siciliano. Cancellati tra gli altri un volo per San Pietroburgo e uno per Parigi. Circa dodici voli sono partiti con ritardi tra i 50 minuti e le sei ore
Gli scali veneti (Venezia Marco Polo e Verona Catullo) coperti dalla compagnia siciliana sono quelli in cui meno si sono avvertiti i disagi. I voli da e per Catania sono arrivati e partiti con ritardi di circa un’ora
L’unico volo della compagnia previsto in giornata, con destinazione Catania, è partito puntuale alle 10. Lievi ritardi nei voli in partenza da Rimini per l’estero (Olanda, Francia, Russia)
WindJet, stop ai voli: caos per 300 mila Voli a terra da ieri a mezzanotte. Passera riapre la trattativa con Alitalia CATERINA PASOLINI ROMA — In trecento hanno passato la notte a Fiumicino, rannicchiati per terra, con la testa appoggiata alla valigia, i bambini stesi sui teli che avrebbero dovuto essere già in spiaggia. Ostaggio di voli WindJet cancellati dalla crisi della compagnia catanese ormai al collasso, che dalla mezzanotte di oggi ha sospeso tutti i voli bloccando l’operatività in tutti gli scali. Domani l’Enac dovrebbe sancire lo stop ufficiale ai voli della compagnia, che ha annunciato di voler riconsegnare oggi la licenza e ha ammesso anche problemi di approvvigionamento del carburante. Alcuni mezzi sarebbero stati già riconsegnati alla società irlandese di leasing. Loro, i primi trecento, ieri mattina sono finalmente partiti alla volta della Sicilia, ma sono l’avanguardia di quei trecentomila passeggeri che hanno comprato biglietti della compagnia per voli fino a ottobre e ora vivono con l’incubo di rimanere a terra, imprigionati sulla rotta delle vacanze. Alitalia già ieri era in overbooking con grosse difficoltà a farsi carico degli appiedati, e i treni verso il sud non avevano uno strapuntino libero. Scene di viaggiatori esasperati anche a Catania, dove sono stati cancellati voli per Parigi, San Pietroburgo, Roma, Rimini. Ma qualcosa si muove. Il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera ha convocato per martedì un tavolo con WindJet e Alitalia per fare il punto sull’interruzione di una trattativa «rispetto alla quale il Governo aveva ricevuto recenti informazioni di un esito positivo», e fatto tirare un sospiro di sollievo ai 500 dipendenti e ai 300 lavoratori dell’indotto. L’Enac ha messo in piedi l’unità di crisi per tamponare i disagi dei viaggiatori. E i risultati delle riunioni di coordinamento dell’ente nazionale di volo con le varie compagnie, comprese Blue Oanorama e Neos, sono stati immediati: gli scali rimarranno aperti tutta la notte, con Alitalia e Airone che hanno organizzato venti voli di soccorso quotidiani notturni da oggi verso la Sicilia per riproteggere i passeggeri. Meridiana ha annunciato nuovi voli per l’isola e rafforzato le tratte già esistenti, mentre Livingstone si occuperà dei turisti per la Russia. Voli e orari quotidiani si potranno trovare sul sito di WindJet e su quello di Enac. In più le compagnie italiane si sono impegnate a far viaggiare da oggi passeggeri con biglietti WindJet e con destinazioni italiane a tariffe fisse agevolate, circa 80 euro tasse comprese. Oggi l’attività della compagnia siciliana verrà, con tutta probabi-
lità, interrotta. I titolari hanno infatti annunciato all’Enac di voler riconsegnare proprio questa mattina la licenza, ottenendo così una sospensione invece di una revoca definitiva. Nella speranza di ritro-
vare entro sei mesi fondi propri o di siglare l’accordo con Alitalia che consenta di tornare a volare. E se c’è chi spinge per un accordo con Alitalia, altri, ricordando quanto è costato agli italiani il sal-
vataggio della compagnia di bandiera da parte del governo Berlusconi, trovano più giusto un fallimento. Convinti che il personale verrà assorbito dalle compagnie che subentreranno nelle tratte, e
che i viaggiatori non verranno danneggiati, visto che i vettori hanno interesse a tenersi i clienti. E in effetti i primi si sono già mossi per conquistarsi spazi e servizi: da oggi Meridiana Fly — Air Italy inaugura
Bivacchi a Fiumicino, poi il piano per riproteggere i viaggiatori e tariffe agevolate. Il ministro prova a evitare il fallimento RITARDI Passeggeri WindJet all’aeroporto di Fiumicino in attesa di partire
Il presidente Vito Riggio
nuovi voli da e per l’aeroporto di Catania e potenzia i collegamenti già esistenti su Torino, Milano Linate e Verona, aggiungendo nuovi collegamenti su Bologna e Roma Fiumicino, mentre Alitalia aumenterà le frequenze tra Torino e Palermo oltre ai voli di soccorso notturni. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Aveva perso il lavoro, è gravissimo
Operaio si dà fuoco davanti a Montecitorio ROMA — Aveva perso il lavoro da due mesi l’uomo che la notte tra venerdì e sabato si è dato fuoco davanti alla Camera dei deputati ed è ricoverato in gravissime condizioni con ustioni sull’85 per cento del corpo. Si tratta di un operaio di 54 anni, originario di Forlì, vedovo e in gravi difficoltà finanziarie. Nello zainetto che aveva con sé, scampato alle fiamme, avrebbe lasciato due biglietti: uno per il figlio e l’altro per un avvocato.
Ci ha lasciato
Romano Costa A Sancia, Andrea, Caterina e Francesco, Chicca, Fiammetta, Valeria, Elisa e Livio mancherà tanto. Roma, 12 agosto 2012 Rossana Ferrante, Mirella Forte, Elena, Giorgio, Marianna Pelloni, Carla Ravaioli partecipano con vivo affetto al grave lutto di Sancia, Andrea e Caterina per la perdita di
Romano Costa Grande, carissimo amico di una vita. Roma, 12 agosto 2012 Generosità, ironia, passione politica:
Romano Costa lo ricordiamo così e abbracciamo forte Sancia, Caterina, Andrea e Francesco. Corrado e Stella Formigli Roma, 12 agosto 2012 Aldo Tortorella, Chiara e Teresa Valentini partecipano commossi al dolore di Sancia, Caterina e Andrea per la scomparsa di
Romano Costa
Un avvocato di 35 anni in vacanza all’Aquila
Cede pilastro dell’amaca muore colpito alla testa L’AQUILA — Riposava su un’amaca con il nipotino di 5 anni nel giardino accanto alla villa dei suoceri a Vittorito, all’Aquila, quando una colonna di cemento cui era attaccato il lettino ha ceduto colpendolo alla testa. Un avvocato milanese di 35 anni, Enzo Scuglia, consigliere di circoscrizione pdl nel capoluogo lombardo, è morto in vacanza dai genitori della fidanzata. Ferito a una gamba il bambino, che è stato subito portato all’ospedale di Pescara.
appassionato scrittore, compagno e amico carissimo. Roma, 12 agosto 2012 Il presidente dell’Associazione Italiana di Psicologia Analitica, Dott. Gianni Nagliero, gli organismi direttivi, gli associati tutti per condividere il grande dolore per la perdita improvvisa e prematura dello stimato collega Prof.
Fausto Rossano professore universitario e nostro didatta, stringendosi a Paola, moglie e collega, e ai familiari, dedicano la giornata di sabato 20 ottobre al ricordo del caro Fausto e del suo contributo serio e appassionato allo sviluppo della psicologia analitica. Sede AIPA nazionale, Roma Roma, 12 agosto 2012 Maurizio e Gabriele Porro con Assunta, Costanza e Giacomo annunciano la scomparsa di
Alba Magnanini Porro La saluteremo lunedì 13 agosto alle ore 15 nella Sala del Commiato del cimitero di Lambrate. Milano, 12 agosto 2012
La direzione di Repubblica e i colleghi dell’Ufficio Centrale partecipano al dolore di Gabriele Porro per la scomparsa della madre
Alba Magnanini
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Roma, 12 agosto 2012 Daniela Hamaui, con la redazione di DLa Repubblica, si stringono con un forte abbraccio a Gabriele che ha perso la sua cara mamma
Alba Magnanini Porro Milano, 12 agosto 2012 I colleghi della redazione spettacoli di Repubblica si stringono a Gabriele e Maurizio nel dolore per la scomparsa della mamma
Alba Magnanini Porro Roma, 12 agosto 2012 La redazione di Repubblica Milano è vicina al collega Gabriele Porro per la perdita della mamma
Alba
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Concorso n. 96 dell’11-08-12
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8.300.000 €
Alba Magnanini Porro
Alba Magnanini Porro Milano, 12 agosto 2012
VIII ANNIVERSARIO Dott.
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Anna Bandettini con Luigi, Federico e Frida. Roma, 12 agosto 2012 Cristina Guarinelli, con grande tristezza, abbraccia forte il caro amico Gabriele che ha appena perso la sua amata mamma
800.700.800
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Ai 2 vincitori con punti 4 Ai 211 vincitori con punti 3 Ai 2.744 vincitori con punti 2 Ai 17.633 vincitori con punti 1 Ai 35.101 vincitori con punti 0
Milano, 12 agosto 2012 Cari Gabriele e Maurizio, vi siamo vicini con tanto, tanto affetto per la morte della vostra cara mamma
Sempre nostro carissimo. Marisa, Elena, Filippo, Letizia, Alberto Bologna, 12 agosto 2012
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Superenalotto Nessun vincitore con punti 6+ Nessun vincitore con punti 5 + Ai 9 vincitori con punti 5 Ai 1.181 vincitori con punti 4 Ai 46.868 vincitori con punti 3
NAZIONALE
72 56 25 30 18 50 45 29 73 53 8
86 88 60 63 8 3 26 69 44 86 38
57 7 26 77 82 8 78 11 8 19 77
68 31 12 57 85 21 12 26 75 25 85
37 85 75 2 10 70 4 82 4 11 16
10 e LOTTO COMBINAZIONE VINCENTE 3 29 53 69
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18 44 57 73
25 45 60 86
L’intervista
26 50 63 88
Vito Riggio, presidente Enac
“Scali aperti anche di notte così faremo partire tutti” DA OGGI in 300 mila a terra? «No, ve l’assicuro, partiranno tutti, anche ad agosto che è il periodo più difficile e affollato». Non ha dubbi Vito Riggio, presidente dell’Enac. E come si riuscirà a partire? «Abbiamo istituito un nucleo di crisi e grazie a una buona cooperazione Alitalia, Airone e Meridiana hanno organizzato voli di soccorso sostitutivi e nuovi collegamenti. Con tariffe preferenziali e fisse per chi ha un biglietto WindJet. I nuovi orari saranno sul sito di Windjet, che dovrebbe anche avvertire direttamente i suoi passeggeri, e su quello dell’Enac». E i voli WindJet? «Se, come dicono, ci consegneranno la licenza, da domani daremo lo stop ai voli. Una sospensione di sei mesi, poi si vedrà». Martedì c’è l’incontro col ministro Passera. «Me lo ha annunciato il ministro stesso, vedremo che cosa succederà. Noi avevamo consentito di continuare a emettere biglietti perché c’era in corso una trattativa con Alitalia, altrimenti lo stop l’avremmo dato ben prima, visto che non arrivavano garanzie finanziarie sulla capacità di pagare servizi, carburante, controlli e manutenzioni».
llaa RReeppuubbbblliiccaa DOMENICA 12 AGOSTO 2012
Uragani nell'Atlantico
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tempeste tropicali
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uragani
PER SAPERNE DI PIÙ www.nhc.noaa.gov www.hurricanescience.org
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Le condizioni meteo
Come si formano gli uragani
L’aumento 1995
Stagione media
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ATTUALITÀ
Un’area di bassa pressione molto vasta che dura giorni Localizzazione su un oceano tropicale o subtropicale (fino a 500 km di distanza dall’equatore)
l’anno in cui è iniziato l’aumento degli uragani
Maggio l’inizio della stagione 2012 (in anticipo sulla norma)
Stagione 2011
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fra tempeste tropicali e uragani
Le cause dell’aumento Temperature del mare più alte della norma
Atmosfera turbolenta che si raffredda rapidamente con l’altezza
Fra cui Irene, fra gli uragani che hanno provocato più danni nella storia Usa
El Nino
Stagione 2012 (stime iniziali)
ha un effetto mitigante sui fenomeni meteo Ma nonostante quest’anno sia in azione, la stagione si prevede molto intensa
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fra tempeste tropicali e uragani
12-17
tempeste tropicali
5-8
2-3
uragani
saranno devastanti venti superiori a 178 km all’ora
Oceano troppo caldo sarà una stagione di uragani record Gli Usa rivedono le stime: ecco tutte le tempeste in arrivo uragani. Ma la sua influenza si farà sentire solo a fine estate». Il primo campanello d’allarme del 2012 era suonato ancor prima della diffusione della previsione rassicurante di maggio. La tempesta tropicale Alberto aveva spazzato le coste della Carolina del Sud il 19 maggio. Mai negli ultimi dieci anni una tempesta aveva bussato alle porte della stagione così presto. Un mese più tardi era toccato all’uragano Chris, che non è stato
ELENA DUSI
Il primo campanello d’allarme è a maggio con “Alberto” le prime stime fatte a maggio di un estate al di sotto della norma. “Le condizioni atmosferiche e oceaniche suggeriscono una stagione meno attiva rispetto agli ultimi anni”, annunciava un comunicato della Noaa il 24 maggio. Quattro tempeste tropicali e due uragani più tardi, l’Agenzia americana è stata costretta a rifare i suoi conti. “La prima parte della stagione — si legge nel comunicato rivisto giovedì — è stata particolarmente attiva e altrettanto intensa sarà la seconda parte”. La stagione degli uragani nell’Atlantico viene calcolata a partire dal primo giugno fino a fine novembre. «Abbiamo rivisto le previsioni al rialzo per due ragioni: le temperature delle acque molto alte e un regime di venti favorevole alle tempeste» spiega Bell. «Aspettiamo El Nino, che ha un effetto mitigante sugli
Depressione tropicale venti fino a 63 km all’ora
Tempesta tropicale da 63 a 117 km all’ora
Uragano oltre ai 118 km all’ora
Uragano devastante oltre 178 km all’ora
La parola: "uragano" deriva dal dio delle tempeste dei Maya, Hunraken
I rischi Le vittime degli uragani negli Usa tra 1970 e 2000 piogge intense
59 %
vento
12 %
onde in mare aperto
11 %
onde che si abbattono sulla costa
11 %
tornado
Oceano Atlantico del Nord
TIFONE URAGANO
CICLONE Oceano Pacifico del Sud
Acqua calda fino a una profondità di 50 metri
CICLONE Oceano Atlantico del Sud
Oceano Indiano
Un centro ben preciso attorno al quale si sviluppa la circolazione dell’aria
La stagione degli uragani 110 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0
uragani + tempeste tropicali uragani
10 mag.
1°giu.
20 giu. 10 lug. 1° ago. 20 ago. 10 set.
in grado di raggiungere la terraferma ma ha stupito i meteorologi per essersi sviluppato in condizioni considerate sfavorevoli. Ernesto, il secondo uragano di quest’anno, nei giorni scorsi ha provocato le prime vittime: sette persone negli stati messicani di Tabasco e Veracruz. Mentre un’estate media prevede 12 fra tempeste tropicali e uragani, dal 1995 l’attività nell’Atlantico dell’ovest è diventata più inten-
1° ott. 20 ott.
sa. Le stime appena riviste dalla Noaa parlano di un 2012 con una cifra compresa fra 12 e 17 tempeste tropicali, di cui 5-8 sono destinate a trasformarsi in uragani veri e propri e 2-3 hanno le potenzialità per diventare uragani di scala fra 3 e 5, con venti superiori a 178 chilometri all’ora. Il 2011 si era chiuso con 19 nomi femminili assegnati ad altrettante tempeste (un anno si usano appellativi di donne, l’anno successivo di uomini), fra cui Ire-
10 nov.
1° dic. 20 dic.
ne, che alla fine di agosto si era abbattuta su New York provocando risarcimenti record per oltre un miliardo di dollari e classificandosi fra i 10 disastri più costosi della storia Usa. Il ripensamento della Noaa dimostra quanto ancora sia difficile prevedere formazione, percorso e violenza degli uragani. Nonostante satelliti, aerei che volano nell’occhio dei cicloni, radar e boe oceanografiche, gli eventi estremi finiscono invariabilmente con il sorprendere chi si occupa di previsioni. Particolarmente inquietanti sono i sospetti che l’intensificarsi degli uragani sia legato al riscaldamento climatico. Le temperature anomale nelle acque dell’Atlanti-
Sono circa cinque in più all’anno gli eventi devastanti e poco prevedibili
4%
r.trinchieri@repubblica.it
ROMA — «Le perturbazioni stanno arrivando dalle coste dell’Africa una dopo l’altra. Sono proprio queste le depressioni destinate a diventare uragani dopo aver attraversato l’Atlantico». Gerry Bell, responsabile delle previsioni al Climate Prediction Center della Noaa, spiega così l’ultimo allarme. La stagione fra Caraibi e Americhe sarà più tempestosa del previsto, ha appena annunciato dagli Stati Uniti la National oceanic and atmospheric administration, rivedendo rocambolescamente
La classificazione
Oceano Pacifico del Nord
numero di uragani per secolo
La previsione aggiornata
Dove si formano
co sono per la Noaa una delle cause dell’aumento degli uragani, ma le risposte della scienza non offrono ancora certezze. La World Meteorological Organization nel 2010 ha suggerito che l’aumento dei gas serra nell’atmosfera non fa aumentare tanto il numero di uragani, quanto la loro violenza (+10%). Uno studio di Kerry Emanuel del Massachusetts institute of technology, nel 2011, confermava che il calore accumulato in mare e nell’atmosfera è benzina sul fuoco per gli eventi meteo estremi, uragani in primis. Nel 2011 fra tempeste, tornado, siccità e inondazioni, gli Stati Uniti sono stati colpiti da 14 disastri meteo con un bollettino dei danni superiore al miliardo di dollari ciascuno. E quest’anno il conto non sarà probabilmente meno salato. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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ECONOMIA
DOMENICA 12 AGOSTO 2012
FINANZA&MERCATI
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Patroni Griffi: “Tagli senza l’ok dei sindacati” Il ministro della Pa: a ottobre si parte con gli organici degli statali. Sciopero di Cgil e Uil LUISA GRION ROMA — Il governo taglierà posti di lavoro nel pubblico impiego, con o senza l’accordo del sindacato. Disposti a parlarne certo, ma su quanto stabilito dalla spending review non si torna indietro. Così ha dichiarato Filippo Patroni Griffi, ministro della Funzione Pubblica, riportando l’attenzione su quello che sarà uno dei fronti caldi del prossimo autunno. La legge sulla revisione di spesa prevede infatti che entro il mese di giugno del 2013 diventi operativa una riduzione degli organici pari al 20 per cento per i dirigenti pubblici e al 10 per il personale non dirigente. Ma la scelta sul come e sul dove tagliare — almeno per quanto riguarda le amministrazioni statali — sarà già fatta entro la fine di ottobre (per fissare la nuova mappa delle amministrazioni locali servirà invece più tempo). Il vertice fra ministero e sindacati è messo in calendario per il 4 settembre, Cigl e Uil hanno già dichiarato uno sciopero generale dei servizi pubblici per il giorno 28 dello stesso mese. L’Ugl si è unita alla protesta, la Uil no. Il programma del ministro non prevede fermate: «Alla ripresa — ha detto — saremo molto impegnati sulla riduzione della dotazione organica nel pubblico impiego in un’ottica di razionalizzazione delle risorse». «L’apparato pub-
DIRIGENTI -20% La legge sulla revisione della spesa prevede una riduzione degli organici pari al 20% per i dirigenti e al 10% per il resto del personale
«non abbiamo la minima intenzione di escluderci dal confronto».Così Michele Gentile, responsabile del settore pubblico, risponde ai programmi del ministro. «Il governo deve decidere cosa vuol fare — commenta — qui non ci sono in ballo solo i tagli del 20 e del 10 per cento. Sul piatto c’è tutta la riorganizzazione territoriale della riforma delle province, c’è la revisione delle piante organiche dei comuni e l’accorpa-
Il caso
mento delle competenze. Facciamo l’esempio dei centri per l’impiego, oggi organizzati dalle province: 8.500 dipendenti, di cui 4 mila precari. Altro che 24 mila esuberi: questo rischia di diventare il governo dei licenziamenti». Stessa linea per Paolo Pirani della Uil: «Il ministro ha firmato con noi a maggio un accordo su come gestire il taglio alla spesa e la riforma Fornero, ora lo rispetti». © RIPRODUZIONE RISERVATA
Buzzetti (Ance): “Servirà a compensare il taglio del 44% sulle grandi opere deciso a livello statale”
Project bond, i costruttori ci credono dai privati fino a 25 miliardi per i cantieri
La stima è di 24mila esuberi, le sigle sindacali accusano: “E’ il governo dei licenziamenti”
ADRIANO BONAFEDE
blico italiano non è particolarmente sovradimensionato» e il governo pensa di procedere «in maniera selettiva e non lineare» ha precisato. Si sa che la stima di partenza sulla quale l’esecutivo ragiona è di 24 mila esuberi (11 mila fra ministeri ed enti pubblici, il resto negli altri uffici dello Stato). Cifra che i sindacati contestano, il ministro li avverte: sull’applicazione della spending review, ha detto, «è previsto il loro coinvolgimento, spero che non vogliano autoescludersi». Non solo: in autunno, ha annunciato la Funzione Pubblica, ci sarà anche un intervento ad hoc per regolare i licenziamenti disciplinari nel pubblico impiego. La riforma Fornero — ha commentato Patroni Griffi — «non può essere applicata in modo automatico». Nel pubblico «per il giustificato motivo oggettivo c’è una norma ad hoc; sul discriminatorio non c’è diversità con il privato; sul disciplinare va invece fatta una riflessione, perché l’indennizzo al posto del reintegro graverebbe sui cittadini e potrebbe deresponsabilizzare il dirigente». Il ministro ritiene quindi che sulla questione debba esserci un intervento specifico del governo. Tagli agli organici e licenziamenti sono temi molto sensibili: la replica al ministro è stata immediata. Se la Cisl punta tutto sulla riapertura del confronto a settembre e non ha intenzione di scendere in sciopero, la Cgil conferma la protesta e precisa che
ROMA — Il governo ci crede, tanto che è arrivato ad agevolarli fiscalmente come i titoli di Stato. I costruttori e le banche, per motivi diversi, ci sperano. Gli enti locali, dissanguati dai tagli governativi degli ultimi anni, li vedono come una panacea per rilanciare la crescita senza incidere sui propri magri bilanci. Con i project bond c’è in gioco — quantifica il viceministro allo Sviluppo economico, Mario Ciaccia — «almeno un quarto dei 100 miliardi di euro che saranno destinati alla costruzione di infrastrutture nei prossimi tre anni». In soldoni, circa 25-30 miliardi di opere che saranno finanziate con i nuovi bond usciti freschi freschi dal Decreto Sviluppo approvato in via definitiva alla fine di luglio. Al via dei project bond — obbligazioni che vanno a finanziare un’infrastruttura, un’autostrada, un aeroporto, un porto o una rete sostituendo, almeno in parte, il classico credito bancario — non manca più nulla. L’ultimo tassello è stato approvato nei giorni scorsi e riguarda il decreto interministeriale che individua i possibili soggetti che possono prestare la garanzia su questi progetti. A fornire la garanzia al progetto saranno soggetti come la Sace, la Cassa depositi e prestiti, assicurazioni e gli intermediari finanziari autorizzati. «Sono stati invece accantonati, per ora — dice il viceministro allo Sviluppo Ciaccia — gli altri sog-
getti richiamati dalla legge, come le Fondazioni e i fondi privati». La garanzia gioca in questo caso un ruolo importante: «La società di progetto — spiega Alessandro Castellano, ad di Sace — crea carta obbligazio-
naria, soggetti come il nostro coprono sia il rischio che l’infrastruttura non venga realizzata nei tempi giusti sia quello che la gestione non sia alla fine in grado di ripagare il debito». La garanzia è in effetti una
delle novità della legge, «che renderà appetibili questi titoli alle assicurazioni», spiega l’avvocato Catia Tomasetti, a capo del dipartimento finanza dello studio legale Bonelli Erede Pappalardo. «Non è un caso che l’I-
I PROTAGONISTI Sede legale: Via Cocchi 7/9 - 56121 PISA ESITO DI GARA PER ESTRATTO
Dall’alto il presidente Ance Paolo Buzzetti e il viceministro allo Sviluppo Economico Mario Ciaccia
Tassati come titoli di Stato e con la garanzia della Cdp per attirare fondi e assicurazioni
svap, il 18 luglio scorso, abbia inserito questi bond tra i titoli che possono essere detenuti come riserve tecniche delle compagnie». Ma, oltre alle assicurazioni, tra i soggetti istituzionali che potranno acquistare i project bond ci sono anche le Fondazioni e i Fondi pensione. I costruttori sono tra i soggetti che fin dall’inizio si sono dimostrati molto interessati a questo nuovo strumento di finanziamento delle opere pubbliche. E si capisce perché. «Le risorse per nuove infrastrutture — dice il presidente dell’Ance, Paolo Buzzetti — sono calate del 44 per cento negli ultimi 4 anni e rappresentano ormai soltanto l’1,5 per cento del bilancio dello Stato. Mentre gli enti locali hanno bloccato l’avvio di nuovi investimenti. Nel periodo 2004-2010, ad esempio, i Comuni hanno ridotto del 34 per cento le spese in conto capitale». «In effetti — precisa Ciaccia — ha questi strumenti possono applicarsi per il momento a opere di una certa rilevanza. I piccoli interventi potranno però avvantaggiarsi grazie al traino delle grandi opere». «Inizialmente, almeno, il costo di questo strumento sarà molto elevato» spiega Federico Merola, ex direttore generale dell’Ance ed esperto di project financing. Sul piede di partenza c’è già Terna, l’ad Flavio Cattaneo ha annunciato di essere già pronto con un progetto. © RIPRODUZIONE RISERVATA
SARA BENNEWITZ MILANO — Lavori in corso su Prelios, l’ex braccio immobiliare della Pirelli su cui pesa mezzo miliardo di debiti e che è oggetto dell’interesse di alcuni partner del settore. Prima che le offerte vengano messe sul piatto, il gruppo rischia di dover fare una maxi pulizia di bilancio chiuso a fine giugno. Tra le attività italiane, quelle tedesche e il portafoglio dei crediti di cattiva qualità, Prelios avrebbe in programma nuove maxi svalutazioni che porterebbero il gruppo a chiudere la semestrale con circa 120 milioni di perdite. In primavera la società presieduta da Marco Tronchetti Provera aveva già abbattuto e ricostituito il capitale ex articolo 2446, ma ora che il capitale sociale è sceso a 218 milioni, c’è il rischio che una grossa perdita imponga ex lege di dover ricapitalizzare. La decisione sull’entità delle
Kodak
Standard Chartered
Delude l’asta brevetti: incassati 500 milioni
Conti iraniani, rischia espulsione dagli Usa
L’asta fallimentare per vendere i 1.100 brevetti della Kodak, secondo il Wall Street Journal avrebbe raccolto molto meno di 0,5 miliardi di dollari, nonostante l’interesse di gruppi come Apple e Google.
La banca inglese Standard Chartered ha tempo fino al 15 agosto per trovare un accordo con le autorità Usa, pronte a sospendere la licenza per operazioni illegali con l’Iran da 250 miliardi di dollari.
Prelios, nuova tegola svalutazioni due cordate per affiancare Tronchetti Servono 150 milioni, offerte da Caputi-Merloni e Fortress
Marco Tronchetti Provera
Dopo la semestrale possibile un altro intervento sul capitale già abbattuto a marzo svalutazioni non è stata ancora presa, pare però che i vertici di Prelios siano orientati a fare subito una bella pulizia di bilancio, in attesa di ricevere le offerte. L’advisor Lazard, che gestisce il processo di due diligence su Prelios, a questo proposito avrebbe sollecitato i pretendenti a formulare un’offerta vincolante entro il 25 agosto, in modo che il cda del 28 convocato per la semestrale, possa anche valutare le eventuali offerte. Ma per motivi di natura prettamente legale, difficilmente sia la cordata italiana guidata da Massimo Caputi e dalla famiglia Merloni, sia quella americana di Fortress, sa-
218 mln IL CAPITALE
Dopo le perdite 2011 il capitale sociale di Prelios è stato ridotto ex articolo 2446 a 218 milioni
120 mln LE SVALUTAZIONI
A causa di nuove svalutazioni, Prelios rischia di chiudere con 120 milioni di rosso
500 mln L’INDEBITAMENTO
Il gruppo ha mezzo miliardo di debiti a fronte di asset che per la crisi è sempre più dura vendere
Il lavoro
A marzo toccata quota 304 mila, peggior dato dal 2004
Per i disoccupati laureati crescita record del 41% ROMA — Ci sono sempre più laureati tra le fila dei disoccupati. L’Istat ha registrato infatti nel primo trimestre di quest’anno un’impennata del 41,4% dei senza lavoro con titolo di studio universitario, che passano dai 215.000 del 2011 a 304.000. Un aumento percentuale così alto non si registrava dal 2004: per i diplomati la disoccupazione cresce del 30,2%, del 26% per chi ha solo la licenza elementare. I disoccupati laureati sono soprattutto donne (61%), meridionali (42,8%), e giovani (il 66% ha meno di 35 anni). I dottori abbondano anche tra le file degli inattivi: sono 1,4 milioni. Le prospettive generali per il mercato del lavoro non sono certo di un miglioramento: secondo l’analisi del Centro studi di Confindustria, il 2012 sarà un anno stagnante, peggiore dei due precedenti che sono stati comunque negativi (l’occupazione è calata dello 0,3% per le imprese aderenti all’associazione nel 2011 e dell’1,1% nel 2010). Questo perché la “tenuta” nel 2011 è stata assicurata soprattutto dal ricorso alla cassa integrazione, che non può durare all’infinito. E sarà sempre più difficile ottenere un contratto a tempo indeterminato. Già nel 2011 solo il 34,3% dei contratti a tempo determinato è diventato a tempo inderminato, contro il 39,1% dell’anno precedente. (r. am.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
rebbero in grado di impegnarsi entro quella data. É invece più probabile che i pretendenti di Prelios riescano a formulare un’offerta concreta solo a metà settembre, dopo che il gruppo avrà già autonomamente deliberato sul da farsi. E così anche in vista di un 2012 difficile, le banche per tutelare i loro crediti (379 milioni, a cui si aggiungono 160 milioni erogati da Pirelli) avrebbero già richiesto a Prelios di prepararsi a una nuova iniezione di capitale da 100-150 milioni. Su questa falsariga sta-
rebbero convergendo anche le proposte economiche, così Fortress — che vorrebbe conferire le sue attività immobiliari dentro Prelios — sarebbe disponibile a erogare un prestito soci da 50 milioni e a promuovere un aumento di simile entità. Ma quest’offerta avrebbe il difetto di allungare i tempi, perché il conferimento degli asset di Fortress, dovrebbe essere approvato in assemblea dalla maggioranza dei soci Prelios, che non fanno parte del patto. La proposta della coppia Caputi-Merlo-
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ni punterebbe invece a un aumento fino a 150 milioni, di cui una parte sarebbe sottoscritta dai nuovi soci e un’altra dalle banche e dagli attuali azionisti a cominciare dalla Camfin di Tronchetti Provera. A questo proposito, siccome pure Camfin a fine 2012 dovrà rifinanziare 380 milioni di debiti, Tronchetti avrebbe incaricato Banca Leonardo di studiare un bond da 150 milioni convertibile in quel pacchetto di azioni Pirelli (circa il 6%) che Camfin non ha vincolato al patto della Bicocca. Una strada che permetterebbe di reperire le risorse necessarie a sostenere Prelios e di fare fronte alle pendenze con le banche di Camfin. Tuttavia i primi soci di Tronchetti, vale a dire la famiglia Malacalza (che anche attraverso Gpi ha il 25% di Camfin), non sarebbe entusiasta di questa soluzione, che sposta ma non risolve alla radice il problema delle passività di Camfin. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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LETTERE,COMMENTI&IDEE
LE RISORSE BENEDETTE
SE L’ITALIA DEL MARE NON DÀ SPAZIO ALLA VELA
JOSEPH STIGLITZ e recenti scoperte di nuove risorse naturali in parecchi paesi africani – tra i quali Ghana, Uganda, Tanzania e Mozambico – sollevano un interrogativo importante: queste risorse insperate costituiranno una benedizione in grado di apportare benessere e speranza, oppure diventeranno una maledizione politica ed economica. In media, i paesi ricchi di risorse hanno avuto un rendimento addirittura inferiore a quello dei paesi privi di tali fortune. Sono cresciuti con maggiore lentezza e con maggiori sperequazioni. Proprio il contrario di quello che ci si sarebbe potuti aspettare. Dopo tutto, fissare imposizioni fiscali a tassi elevati sulle risorse naturali non ne provocherà la scomparsa, e ciò implica che i paesi le cui risorse naturali costituiscono la principale fonte di reddito possono utilizzarle per finanziare l’istruzione, l’assistenza sanitaria, lo sviluppo e la ridistribuzione. Si è andata sviluppando una vasta letteratura in campo economico e in quello delle scienze politiche, mirante a spiegare questa “maledizione delle risorse”. Tre degli ingredienti economici di questa maledizione sono ben noti: 1) i paesi ricchi di risorse hanno la tendenza ad avere forti valute, che ostacolano le esportazioni di altri prodotti ; 2) tenuto conto che l’estrazione delle risorse comporta spesso un’esigua creazione di posti di lavoro, la disoccupazione aumenta; 3) i prezzi oscillanti delle risorse determinano che anche la crescita diventa instabile; a ciò contribuisce anche il fatto che le banche internazionali accorrono quando i prezzi delle materie prime sono alti e se ne allontanano non appena si palesa una recessione (riflettendo così il principio da tempo confermato secondo cui i banchieri prestano i loro soldi soltanto a chi non ne ha bisogno). Inoltre, il più delle volte i paesi ricchi di risorse non perseguono strategie di crescita sostenibili. Non riescono a capire che se non reinvestono le ricchezze ottenute tramite le loro risorse in investimenti redditizi sul campo, in realtà si impoveriscono sempre più. Le disfunzioni politiche, infine, esacerbano il problema, proprio come le lotte per l’accesso alle rendite delle risorse stesse portano a governi corrotti e non democratici. Per contrastare ciascuno di questi problemi esistono antidoti anch’essi ben noti: un basso tasso di cambio, un fondo di stabilizzazione, investimenti prudenti dei proventi delle risorse (anche tra la popolazione del paese stesso), il divieto a contrarre prestiti, e la trasparenza (così che la popolazione possa quanto meno vedere i capitali andare e venire). Cresce però il consenso sul fatto che queste misure, per quanto necessarie, non sono sufficienti: per aumentare la probabilità che dalle risorse nasca una “benedizione ” è indispensabile che i paesi che si sono arricchiti da poco prendano ulteriori provve-
L
dimenti. Prima di ogni altra cosa, questi paesi devono fare molto di più per garantire che la cittadinanza riscuota l’intero valore delle risorse locali. Invece, esiste un inevitabile conflitto di interessi tra le società che hanno il controllo delle risorse naturali (e che di solito sono straniere) e i paesi che le accolgono. Le prime vogliono ridurre al minimo le loro spese, mentre i secondi hanno bisogno di portarli al massimo. Vendite all’asta ben organizzate, competitive e trasparenti potrebbero generare introiti molto più cospicui di quelli derivanti da transazioni effettuate con condizioni eccessivamente favorevoli. Anche i contratti dovrebbero essere trasparenti e garantire che qualora i prezzi scendessero – come è accaduto ripetutamente – i guadagni supplementari imprevisti non vadano soltanto alle società estere di sfruttamento delle risorse. Purtroppo, sono tanti i paesi che hanno già firmato contratti svantaggiosi e concedono quindi una percentuale spropositata del valore delle loro risorse alle società private straniere. Esiste però un modo per sopperire a ciò: rinegoziare tutto. E qualora ciò non fosse possibile, imporre una tassazione delle sopravvenienze attive. Cosa altrettanto importante, i capitali messi insieme grazie alle risorse naturali possono essere impiegati per promuovere lo sviluppo. Le potenze coloniali di un tempo consideravano l’Africa alla stregua di un luogo dal quale estrarre meramente risorse. E alcuni dei nuovi acquirenti continuano a mantenere questo atteggiamento. Si sono realizzate le infrastrutture (strade, ferrovie, porti) con un unico obiettivo in mente: far uscire dal paese le risorse naturali al prezzo più basso possibile, senza compiere alcuno sforzo volto a incentivare la lavorazione locale delle risorse, per non parlare dello sviluppo di industrie in loco per il loro effettivo sfruttamento. Per uno sviluppo reale è indispensabile invece scandagliare tutte le possibili connessioni: la formazione di lavoratori locali, lo sviluppo delle piccole e medie imprese affinché forniscano input per le attività estrattive e per le società petrolifere e del gas, una lavorazione locale, l’integrazione delle risorse naturali nella struttura economica del paese in questione. A contare davvero è il vantaggio relativo dinamico, o il vantaggio relativo sul lungo periodo, che può essere condizionato. Quarant’anni fa la Corea del Sud aveva un vantaggio relativo nella coltivazione del riso, ma se si fosse limitata a questo unico punto di forza oggi non sarebbe il colosso industriale che è diventato. Sarebbe potuta rimanere il produttore di riso più produttivo al mondo, ma sarebbe rimasta povera. Joseph E. Stiglitz, premio Nobel per l’Economia, è professore di Economia alla Columbia University. Traduzione di Anna Bissanti Copyright: Project Syndicate, 2012
l proprietario di questo natante è pregato di rimuoverlo dalla spiaggia”, firmato Capitaneria di Porto Ercole. Ho trovato questa ingiunzione di rimozione appiccicata con lo scotch al mio natante, un Laser poco più ingombrante di un lettino da spiaggia, tenuto per veleggiare da tanti anni a pancia sotto sulla spiaggia del comune di Orbetello. L’ho rimosso subito, naturalmente ma non ho ancora rimosso il senso di frustrazione nel dover subire un’ingiunzione tanto assurda quanto retrograda. Andare a vela con questo tipo d’imbarcazioni, dovrebbe essere considerato un bene e incentivato da tutti quelli che amano il mare, Capitaneria in prima fila. E invece no, l’incentivo è dato ai lettini per prendere il sole (tranne poi tempestare di avvertimenti sul pericolo di esporsi troppo ai raggi solari). Al posto del mio natante sono cresciuti come funghi lettini in batterie di duecento a lotto. A
“I
La notte di San Lorenzo e la bolletta Enel Roberta Miniero Napoli IL 10 agosto, notte di San Lorenzo, al ritorno dalle vacanze abbiamo trovato una raccomandata dell’Enel datata 12 luglio in cui c’era scritto che non risultava il pagamento della bolletta scaduta il 25 giugno e, pertanto, ci diffidava ad adempiere pagando o dimostrando l’avvenuto pagamento entro il 27 luglio, pena la sospensione e la risoluzione del contratto di fornitura. La lettera continuava con una serie di minacce che andavano dalla riduzione della potenza alla sospensione e alla risoluzione del contratto e terminava con una tabella in cui erano elencate tutte le spese a nostro carico: circa 250 euro. Spaventatissimi, siamo andati a cercare la ricevuta del pagamento, perché, si sa, una distrazione può sempre capitare. E invece no, la bolletta era stata pagata, con qualche giorno di ritardo, ma avevamo messo in conto gli interessi di mora. La mattina dopo abbiamo dovuto comunque cercare un posto da cui inviare un fax, perché, a quanto pare, l’Enel non conosce altro mezzo di trasmissione dati. L’Enel da settembre si troverà con un cliente in meno.
Caccia senza regole il pericolo è costante Francesco Mantero f. mantero@libero. it POCHISSIMI ricorderanno l’uccisione di don Francesco Cassol, in una zona protetta presso Alta-
contarli non si finisce mai. Una distesa di lettini, sdraio, poltrone di vimini con tappeti persiani finanche, ristoranti con altri tavolini, altre poltrone altri ombrelloni altre motociclette d’acqua parcheggiate in bella vista per trastullarsi coi motori da fuoriserie facendo un rumore infernale. Che fine orrenda è destinato a fare, forse ha già fatto, il nostro mare. Un suk di creme per tintarelle e tartine alla maionese senza più nessuno che si curi di lui, il mare. Solcarlo sfruttando il vento, quando c’è, conoscerlo onda dopo onda annodando una cima o prendendo una mano ai terzaroli nel silenzio assordante del suo naturale respiro, di schiume e di pesci. Sono tornato a frequentarlo senza più natante e subito ne sono fuggito inorridito. Una signora che mi aveva riconosciuto mi presenta il suo bambino dicendomi se poteva permettersi di chiedermi di insegnargli ad andare a vela. Saputo della mia vicenda e dispiaciuta
mura, da parte di un bracconiere nell’agosto di due anni fa. Un’altra vita è stata spezzata a quasi due anni esatti, quella di un agricoltore di Chieti, anche lui scambiato per un cinghiale. Naturalmente non sono mancati tanti, troppi altri episodi nel frattempo. Chi vive fuori della cerchia urbana si sta purtroppo abituando alla frequenza con cui, di notte o all’alba, si sentono spari per boschi e campagne. Una vera e propria caccia self service fuori di ogni regola che ci sta privando del diritto a passeggiare in pace, di vivere il nostro territorio con amici, figli, cani. Nemmeno nelle aree protette, ormai quasi prive di vigilanza, si può avere la sperata sicurezza.
Ho aperto un’azienda ma le tasse sono troppe Lettera firmata SONO un “giovane” imprenditore che dopo 18 anni di lavoro dipendente nel 2010 ha deciso di mettersi per conto proprio. Avvio l’attività nel settore dell’impiantista elettrica come ditta individuale e comincio a cercare clienti da zero. Il primo anno si chiude in perdita, quindi niente stipendio e niente tasse da pagare, ma nel 2011 riesco a fare circa 34.000 euro di fatturato con 15.000 euro di merce acquistata, per un ricavo annuale di circa 19.000 euro. Detto così sembrerebbe tutto rose e fiori. Ma non dimentichiamo che durante l’anno ci sono le spese per gli acconti Inps e Inail, circa 4.000 euro. Perciò, a dicembre 2011 poco più di 13.000 euro. Nel mese di agosto 2012 poi faccio la dichiarazione dei redditi e il commercialista mi compila i
mi ha domandato dove potesse andare per far fare un po’ di vela al suo bambino. Vada in Capitaneria, le ho detto per scherzare o, più seriamente, vada qui di fronte, in Corsica, troverà mille posti dove si veleggia. Forse non troverà un ristorante dopo l’altro che cucini i soliti spaghetti allo scoglio, ma un frugale panino non troverà difficoltà a farselo preparare. Su questo specchio di mare si allenava a volte la nostra Sensini, tre volte campionessa olimpica di windsurf (quest’anno, a 37 anni, arrivata ottava). Toscana e agguerritissima, le chiederei, di ritorno da Londra dove la vela sanno cosa sia, di fare un salto nelle varie Capitanerie di porto degli 8mila chilometri delle nostre coste per richiamare loro e le amministrazioni locali alle loro responsabilità: di fare vivere il mare come va vissuto, disincentivandone l’uso improprio.
Andrea Pagliarini - Livorno
famigerati studi di settore i quali dicono che il mio fatturato, anche se di poco, è fuori target. Bene, sono stato onesto ma questo non è bastato. Scopro che lo Stato vuole per il 2011 circa 7.800 euro di tasse e in più un anticipo su quelle del 2012 pari a circa 2.500 euro. Dei circa 13.000 euro mi rimangono perciò solo 3.000 euro. Il reddito, già basso, è completamente annullato dalle tasse, e io devo ripartire nuovamente da zero.
Conversione dei voti Ects i conti non tornano Simone Secchi Dipartimento Matematica e Applicazioni, Università di Milano-Bicocca SULLA Repubblica di ieri un lettore si lamenta che le università italiane applicano in modo scorretto la scala di valutazione Ects (European credit transfer and accumulation system). Ho fatto una breve ricerca e, sebbene la scala dei voti Ects sia dinamica, come ricorda il lettore, praticamente nessun Paese converte dinamicamente i voti espressi secondo il sistema nazionale in voti Ects. Esistono esempi in cui la conversione dinamica risulta inutilmente punitiva, e penalizzerebbe un gran numero di candidati. È sufficiente leggere la pagina Wikipedia dedicata all’Ects per trovare le tabelle di conversione adottate in molti Paesi europei ed extraeuropei. Uno dei problemi dell’Ects è che il sistema diventa efficace solo in presenza di una mole considerevole di dati statistici; sembra inoltre poco ragionevole per esprimere con tale sistema i voti ottenuti nei corsi frequentati da po-
chi studenti, dove i percentili sono privi di significato. E sappiamo bene quanti corsi minuscoli ci siano, in Italia.
Abilitazione per i prof la farsa dei test Tfa Marcello Zanna Bazzano (Bologna) SI sono conclusi i lavori della Commissione di docenti universitari, nominata dal ministro Profumo, per verificare la correttezza scientifica dei test delle prove per l’abilitazione all’insegnamento (Tfa). I risultati sono a dir poco sorprendenti. Le domande riconosciute non corrette, per ciascuna classe di concorso, sono un numero spropositato! Fino a 24 domande su 60 nel test di francese, 18 in spagnolo, 13 in inglese, in scienze 25, in tecnologia e disegno 20, elettrotecnica 25 e via andare. Doveva essere un provvedimento per rilanciare l’occupazione nella scuola, ha lasciato dietro di sé una quantità di ragazzi frustrati ed abbattuti. E si tratta di ragazzi laureati, spesso con master: 150. 000 candidati, per 4000 posti circa disponibili in tutta Italia, che per iscriversi a questo concorso “farsa” hanno sborsato 150 euro a testa.
Le vere foto di “Talenti” Per uno spiacevole errore, ieri a pagina 43 sono state pubblicate le fotografie di Davide Tonelli al posto di quelle di Paolo Ulian, del quale l’articolo di Laura Montanari parlava. Ce ne scusiamo con i diretti interessati e con i lettori
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LE MUNIZIONI DI DRAGHI E IL DECALOGO DEL PD EUGENIO SCALFARI (segue dalla prima pagina) a disoccupazione è aumentata in modo esponenziale, soprattutto giovanile e soprattutto nel Sud. Il fenomeno purtroppo era largamente previsto fin dall’inizio dell’anno. Va detto che nel frattempo alcuni metodi di accertamento sono cambiati: fino a qualche mese fa i lavoratori in Cassa integrazione non erano conteggiati tra i disoccupati, adesso lo sono secondo alcuni parametri adottati. Il fenomeno comunque è molto preoccupante anche se risulta da molte fonti che sono numerosi i giovani che rifiutano lavori dequalificanti e preferiscono rientrare nelle case di famiglia. In questo modo i risparmi accumulati dalle precedenti generazioni cambiano destinazione e la famiglia diventa una sorta di ammortizzatore privato. Il fatto è spiacevole ma non drammatico se non forse per le sue conseguenze sul tasso demografico il quale, però, era a livello molto basso da almeno trent’anni e, quindi, assai prima della recessione attuale. Le banche italiane sono in difficoltà? Lo scrive il Trimestrale della Bce ma la Banca d’Italia non sembra dello stesso avviso, il governatore Visco affermò pochi giorni fa nell’intervista a Repubblica che le nostre sono banche particolarmente solide e l’ha ripetuto in dichiarazioni pubbliche di questi giorni. È vero che molte banche, e certo non solo quelle italiane, hanno in portafoglio ingenti quantità di titoli di Stato di vari Paesi, e non tutti di prima scelta, ma la Bce continua a ripetere – e va benissimo che lo faccia – che l’Eurosistema non verrà mai abbattuto perché imponenti difese esistono per sta-
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bilizzarlo e sconfiggere la speculazione. Tutto ciò ci tranquillizza. Goldman Sachs. Ha ritirato nei mesi scorsi quasi tutti i suoi investimenti in titoli pubblici italiani: lo dicono i suoi stessi dirigenti e quindi è senz’altro vero. Nel frattempo però la Deutsche Bank ha moltiplicato i suoi investimenti in titoli italiani per un ammontare superiore a quello ritirato dalla Goldman. Se queste notizie vengono date contemporaneamente la questione si risolve in una diversa gestione delle due tesorerie. Dice un vecchio proverbio spagnolo: Si no es un problema no te preocupes y si es un problema porque te preocupas? Si parla invece di insolvibilità d’una parte notevole delle imprese italiane. In quest’allarme c’è purtroppo molto di vero. Il governo è debitore delle aziende fornitrici per almeno 100 miliardi. Aveva deciso di metterne in pagamento subito almeno 30 e il ministro Passera aveva firmato il decreto necessario già il mese scorso, ma si scopre ora che la procedura per ottenere la bancabilità di quei crediti non sarà pronta prima della fine dell’anno. Questa lentezza è inaccettabile, come pure il rinvio sine die degli altri 70 miliardi ed infine il fatto che i pagamenti di nuove forniture sono previsti nei contratti firmati dalle aziende pubbliche committenti a sei mesi data dalla fatturazione. In questo modo rischia di riformarsi lo stock di debito quand’anche fosse stato interamente liquidato. Tutto questo non va affatto bene, 100 miliardi di pagamenti che venissero effettuati nei prossimi giorni sarebbero, quelli sì, una frustata benefica per tutto il sistema. Passera lo sa meglio di tutti; se fossi in lui minaccerei ed effettuerei le dimissioni dal governo se questa pratica non verrà chiusa entro le prossime settimane. Ma resta il tema che è il più importante di tutti: Draghi, la Bce, il ruolo che hanno e gli strumenti dei quali dispongono per salvare l’Europa dal default. Perché di questo si tratta. Limitandolo alla Grecia era co-
munque un rischio; estendere il rischio alla Spagna diventa un pericolo mortale; ma se il contagio si estende all’Italia, allora è l’Europa intera a dover combattere il naufragio. Forse si salverebbe la Germania pagando la sua sopravvivenza con la totale irrilevanza politica. *** La Bce ha un armamentario di strumenti salvo i limiti che il suo Statuto gli pone: non può intervenire alle aste dei titoli sovrani e non può acquistarli sul mercato secondario se non per quantitativi limitati e autorizzati. L’armamentario consiste in strumenti convenzionali e non convenzionali. Quelli convenzionali rientrano nella politica monetaria affidata alla Banca la quale stabilisce ogni anno la quantità di liquidità di cui l’Eurozona ha bisogno per il suo corretto funzionamento. Quelli non convenzionali sono previsti dallo Statuto in casi particolarmente emergenziali. L’erogazione di prestiti a tre anni all’1 per cento di tasso effettuata nell’inverno scorso dalla Bce alle Banche dell’Eurozona per un totale di mille miliardi rientrava in quella categoria e, checché se ne dica oggi, fu provvidenziale. Oggi forse sarebbe necessaria un’altra analoga operazione, probabilmente accompagnata da incentivi e disincentivi in funzione dell’uso che le banche richiedenti faranno di quella liquidità. Un altro strumento potrebbe essere l’acquisto di obbligazioni emesse da imprese e un altro ancora nel ripetere l’acquisto di titoli a lunga scadenza sul mercato secondario ma per quantità limitate. Si tratta di strumenti di possibile applicazione ma di scarsa efficacia di fronte ad un attacco massiccio della speculazione. Ma poi ci sono altri poteri dei quali dispone la Bce, che abbiamo già indicato domenica scorsa. Sostanzialmente sono due: intervento di politica monetaria per impedire l’emerge-
re di isole deflazionistiche e analoghi interventi monetari per impedire turbativa nell’equilibrio dei prezzi e dei tassi di interesse tra i vari Paesi dell’Eurozona. Non risulta che tali strumenti abbiano bisogno di speciali autorizzazioni. Deve essere solo accertata l’esistenz a dei pericoli dopodiché la Bce può dar seguito agli interventi monetari che consistono nell’acquisto di Bot a 12 mesi di massima scadenza. Non soffermiamoci ora sull’utilità dell’uso di tali operazioni che avverrebbero per importi illimitati. Diciamo solo che esse avrebbero effetti sicuramente trasmettibili sui titoli a scadenza media e lunga. Ma il punto è un altro: Draghi ha deciso di metter mano a questi strumenti a condizione che il Paese interessato ne faccia richiesta al fondo salva-Stati; solo l’ok di quel fondo consentirà a Draghi di entrare in scena. Questa richiesta è sicuramente una sua facoltà, ma perché la fa? Qualcuno glielo impone? Oppure la fa perché vuole che il governo italiano sia maggiormente controllato dalla Ue? Ma questo non rientra nei compiti della Bce. La Bce deve impedire la formazione di fenomeni deflazionistici e l’instabilità dei prezzi e degli interessi nell’Eurozona. Questi fenomeni vengono certamente da lontano e non si risolvono senza la crescita dell’economia reale, ma la mancata crescita dipende principalmente dalla politica economica dell’Europa, non è un Paese da solo che possa attivarla. Il presidente della Bce può e anzi deve pungolare l’Europa a muoversi in modo appropriato e Draghi l’ha fatto egregiamente anche se le sue prediche finora sono state inutili; ma non è compito suo sostituirsi all’Europa specie nel regime intergovernativo tuttora vigente. Benissimo lo stimolo, ma nel frattempo intervenga. Se subordina l’intervento all’inchino di Monti al salva-Stati si tratta, a nostro avviso, di una omissione di atto dovuto. Se le cose stanno diversamente sarebbe non solo oppor-
tuno ma doveroso che lo dicesse. *** I lettori mi perdoneranno se passo – per così dire – dal sacro al profano parlando ora dell’intervista rilasciata al Foglio di giovedì scorso da Stefano Fassina al bravo Claudio Cerasa. Per chi non lo sapesse, Fassina è membro della segreteria del Pd e titolare del dipartimento di politiche sociali ed economiche di quel partito. L’intervista descrive il programma elettorale di quel partito che diventerà in caso di vittoria il programma di un governo di centrosinistra. È dunque altamente probabile che il contenuto di quell’intervista sia noto e approvato da Bersani visto che l’autore è il suo principale collaboratore. Tralascio i giudizi su Monti, positivi per quello che ha fatto di buono e negativi per i molti errori e la molta insensibilità sociale. Tralascio anche la dichiarazione che con le prossime elezioni ci sarà comunque la cessazione di governi affidati a tecnostrutture. Vengo al sodo. Fassina espone un decalogo del quale cinque punti sono destinati all’Europa e cinque all’Italia. Eccone una sintesi. Per l’Europa. «Chiediamo di fare un’unione fiscale nel continente e chiediamo che le leggi di bilancio di ciascun Paese siano autorizzate dal Consiglio Europeo prima di essere approvate e prevedano pesanti sanzioni per gli inadempienti. Va rilasciata al più presto la licenza bancaria al fondo salva-Stati affinché agisca sul mercato primario dei titoli pubblici. E poi Eurobond e Project Bond per mettere in atto una vera politica keynesiana. È necessaria l’unione bancaria e la vigilanza bancaria a livello europeo. L’euro è un progetto irreversibile. A questo fine è necessario un programma di ristrutturazione dei debiti pubblici e la lotta senza quartiere ai paradisi fiscali». Per l’Italia. «Ci vuole una patrimoniale a bassa intensità. Abolizione del Titolo Quinto della Costituzione riducendo il Federalismo e aumentando i
poteri del governo centrale per quanto riguarda le opere pubbliche e le politiche sociali. Bisogna rivoluzionare la pubblica amministrazione. Bisogna salvaguardare l’italianità delle imprese strategiche. Proseguire senza tregua la lotta all’evasione e ridistribuire il carico fiscale in favore dei lavoratori e delle imprese». Naturalmente Fassina pensa che il protagonista politico italiano sia il Pd e i suoi alleati del centrosinistra e in Europa tutte le forze socialiste e democratiche (per ora al governo soltanto in Francia). Che dire? per quanto riguarda l’Europa il programma è esattamente quello della Merkel, salvo che lei vorrebbe esserne la promotrice e non Bersani. Per l’Italia è, grosso modo, il programma di Monti rinverdito con una forte dose di sensibilità sociale. Per la politica monetaria sembra ricopiata da quella di Draghi. Aggiungo: personalmente constato che Fassina ha adottato, direi riga per riga, le esortazioni e i suggerimenti più volte da me indicati in questi mesi. La cosa, dopo molte critiche rivoltemi dallo stesso Fassina, mi rallegra all’insegna del motto «meglio tardi che mai». Una sola osservazione: non credo che l’esponente del Pd possegga una sua bacchetta magica. E pertanto: lo Stato europeo da lui (e dalla Merkel) propugnato lo avremo tra cinque o dieci anni; l’unione bancaria tra un paio d’anni; la riforma dell’amministrazione italiana richiederà a dir poco una generazione. Nel frattempo e cioè nell’immediato che cosa farà il governo Bersani? Chiamerà Monti per proseguire tenendo conto del decalogo di Fassina? Casini ne sarà felice e anche noi. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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GIOCHI
IL PODIOdiEDIPO a cura di Stefano Bartezzaghi
OGNI GIORNO BISOGNA INDOVINARE IL NOME DI UN OLIMPIONICO O UNA OLIMPIONICA DELLA NAZIONALE ITALIANA E L’EDIZIONE DELLE OLIMPIADI IN CUI HA VINTO LA SUA MEDAGLIA D’ORO (O UNA SOLA DELLE SUE MEDAGLIE D’ORO)
L’ANACRONISMO
IL REFUSO FUORVIANTE
Nell’anno in cui l’atleta del giorno vince la medaglia d’oro che oggi ricordiamo non succede che:
La rassegna stampa sul personaggio del giorno contiene un refuso in ogni riga. Trova e correggi l’errore, tenendo conto che in ogni riga c’è una sola lettera da cambiare, da scartare o da aggiungere.
Sergio Leone gira Per un pugno di dollari. Ad Alba la Ferrero produce il primo vasetto di Nutella.
1. Gareggiava nella categoria dei pesi mosci. 2. È il più famoso fra gli Attori. 3. Ha vinto la sua medaglia in Gippone.
Martin Luther King vince il Nobel per la Pace. Gigliola Cinquetti vince il Festival di Sanremo con “Non ho l’età”.
IL DISTICO ANAGRAMMATO
Muore Padre Pio. (scegli l’evento successo in un anno diverso)
Trova il nome dello sportivo del giorno anagrammando la parte in corsivo: I campioni hanno spiriti gagliardi. / Si può vincere! *Forza, non è tardi!*
L’ANELLO ENIGMATICO
Esempio. Se la parola-chiave fosse SPORT la catena potrebbe essere: SPORT - SPORTA (aggiunta di lettera) - MANICO (per attinenza) - CAMINO (per anagramma) - FUMO (per attinenza) - SUMO (per cambio di lettera) - SPORT (per appartenenza di categoria). Nota: la catena è valida anche se letta in senso contrario (sport, sumo, etc.). La parola-chiave del giorno è: MOSCA Forma una catena con cinque parole scelte fra le seguenti ALLARME, BACIO, DATO, FATTO, INPUT, LANA, NASO, NASTRO, NATO, PUTIN MOSCA primo anello secondo anello terzo anello quarto anello quinto anello MOSCA
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SOLUZIONI
ORIZZONTALI:
VERTICALI:
1. Il ricco può permettersi il suo. 4. Una sillaba per ventiquattro ore. 5.Si prende in città. 9. Il lago dei rami. 13.La città delle figurine (targa). 14. La compone il poeta. 16. Ha scritto moltissimi racconti. 18. Il Fleming di 007. 19. Un Meneghin del basket. 21. Un game per i generali. 22. Un'espressione da asini. 24. Un premio Nobel letterario irlandese. 26. Una "bella pagina" di giornalismo. 29. In mezzo al mare. 30. Il romanzo lasciato incompiuto da D. F. Wallace (edizione italiana). 32. La sede di un circuito. 33. Segue Putin con competenza. 35.Due dei Bennato (iniz.). 36.Il campione di oggi. 38. Un nemico per Sansone. 39. Fu diretta a lungo da Angelo Guglielmi. 40. Una targa pugliese. 41. Il Nooteboom grande scrittore olandese. 42.Mentalmente inetto. 43. Un voto al referendum. 44. Si sono riuniti occasionalmente al Festival di Sanremo del 2011. 46. Precedono i ricorsi. 47. Il "King" Cole della musica. 48. Non copre molto le gambe. 49. La sigla che aggiunge qualcosa alla lettera. 50. Due congiunzioni in alternanza. 51. E' detta Città eterna.
1. Scrisse I promessi sposi (iniz.). 2. Il logico che teorizzò l'incompletezza. 3. Le vocali in dono. 4. Particella nobiliare. 5. Scende in campo a destra o a sinistra. 6. Calasso in editoria (iniz.). 7.Si dice ricordandosi di qualcosa. 8. Ce ne sono quattro in Sardegna. 10. Il petrolio americano. 11. Ci dà una coppa pregiata. 12. Può lederla una calunnia. 15. Serve per erogare. 16. Scaltro come la volpe. 17. Un borgo della Riviera di Ponente. 20. L'artista Duchamp. 21. Il benessere americano. 23. Il libro d'esordio di Roberto Saviano. 24. E' complementare allo Yang. 25. Riempiono i vasi. 27. Sanguineti poeta. 28. Diede il nome al Cabaret dadaista. 31. Si impegna per diletto. 34. Del tutto disimpegnato. 36. La parte più giovane della famiglia. 37. Internet Explorer (sigla). 38. Il grande Fellini (sigla). 42. La firma di chi non sa farla. 43. Mendes regista. 45. Il Nobel dei premi (iniz.). 47. Genere teatrale giapponese.
Il personaggio del giorno è Fernando Atzori di cui oggi ricordiamo la medaglia d’oro vinta alle Olimpiadi diTokyo del 1964 (nei pesi mosca di pugilato). 1. L’anacronismo Padre Pio è morto nel 1968; tutte le altre sono notizie dell’anno 1964. 2. L’anello enigmatico Soluzione: MOSCA PUTIN (attinenza) INPUT (anagramma) DATO (traduzione) NATO (cambio) NASO (cambio) MOSCA (attinenza) 3. Il refuso fuorviante 1. Non mosci ma mosca. 2. Non Attori ma Atzori. 3. Non Gippone ma Giappone. 4. Distico anagrammato L'anagramma di: *Forza non è tardi* è *Fernando Atzori*.
Devi formare una catena di parole. Ogni parola può essere in rapporto di attinenza (gatta - lardo), di cambio di lettera (lardo - laido), di scarto di lettera (laido - lido), di aggiunta (lido - lidio) o di anagramma (lidio - idoli) con la parola che la precede. La parola di partenza e di arrivo, l'anello che chiude la catena, è data. Le altre parole vanno scelte fra le dieci elencate qui sotto. La lunghezza della catena deve essere quella prevista dallo schema.
LADOMENICA
DOMENICA 12 AGOSTO 2012 NUMERO 389
DIREPUBBLICA
CULT All’interno
La copertina
Fuori di test perché in Italia i quiz sono spesso incomprensibili BARTEZZAGHI E ROSENTHAL
La recensione
Santi Gomorra I
di
Morti ammazzati, morti per droga, morti per caso, morti a Napoli Celebrati accanto a Cristo e Madonne
ROBERTO SAVIANO
Dal Mediterraneo al Grande Nord geopolitica del noir
onotempli cristiani e insieme pagani. Celebrano tradizione religiosa e ricerca di fortuna, omaggio ai defunti e invocazione alla sorte. Sono le edicole votive di Napoli, le più belle del mondo. Nate nei secoli senza chiedere permesso: una grazia ricevuta o un omaggio alla Madonna erano sufficienti. La più bella di tutte, per quanto mi riguarda, è quella di Porta San Gennaro dipinta da Mattia Preti. Ma una delle più fotografate dai turisti è quella di Piazza Nilo dedicata a Diego Armando Maradona con il suo capello rigorosamente considerato “originale”. Chi è cresciuto nei vicoli napoletani è abituato a vedere questa sorta di piccole grotte o di piccoli altari che accolgono delle statuine, i “gessetti” — così vengono chiamati — come se fossero pastori da presepe, per metà avvolti sino alla vita nelle fiamme. Sono le anime del purgatorio. Accanto si mettono le foto delle persone morte, più raramente le foto di qualcuno che aveva chiesto la grazia ed era stato accontentato. Napoli ha sempre avuto una particolare passione per il purgatorio, lo ha sempre preferito agli inferni e ai paradisi. Il purgatorio
MASSIMO VINCENZI
Spettacoli
Il papà di Bambi, un cerbiatto per fermare Hitler MARIO SERENELLINI e FRANK THOMAS
S
ANTONIO GNOLI
La mostra
La “Corrente” degli artisti che seppe sfidare il fascismo FABRIZIO D’AMICO
La lettura
Vita da bibliofilo che ha scoperto se stesso attraverso l’odore dei volumi
Il viaggio di Saviano nella memoria condivisa delle edicole votive
Le storie
Messico e fiamme alla scoperta del feroce Juan Rulfo
JULIAN BARNES
L’opera
è un luogo di transizione dove il peccatore può essere aiutato e il peccato può essere “risolto”. Se un’anima è all’inferno o in paradiso non c’è più niente da fare. Se è in purgatorio, chi è rimasto sulla terra può dare una mano: le preghiere, il ricordo, i comportamenti umani possono contribuire a mandare un’anima in paradiso. E soprattutto, una volta che si è data una mano, l’anima che sale al cielo può ridare una mano giù sulla terra a chi l’ha aiutata. Le anime del purgatorio sono anime che vanno aiutate e che aiutano. E le edicole votive sono la loro celebrazione. Da un po’ di tempo, Napoli e la provincia iniziano a disseminarsi di edicole votive abusive che hanno perso l’eleganza del passato. Sono degli altari di marmo pesante, con pesanti immagini di Madonne o del Volto Santo di Cristo, e pesanti crocifissi d’argento. Sembrano lapidi, cappelle cimiteriali. Sono costruite in alluminio e vetro, come verande, come stanze ricavate nel muro, tra un negozio e l’altro, tra un portone e l’altro. (segue nelle pagine successive)
Placido Domingo sale sul podio e illumina le notti di Verona ANGELO FOLETTO
Il libro
Una certa idea di mondo: “Il maestro delle nuvole” ALESSANDRO BARICCO
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LA DOMENICA
La copertina Gomorra
Le edicole dedicate ai santi di Napoli sono le più belle del mondo. Ma ora, accanto alle statue delle anime dei defunti, compaiono decine di foto. Sono i morti di camorra, affiliati o “sparati” per sbaglio, uccisi dalla droga o dalla guerra dei clan. Sacro e profano, colpevoli e innocenti: tutti uniti nella stessa memoria
COCAINA Da sinistra: Gennaro Testa, ’O Cumbra per il colore della pelle, ucciso perché aveva una relazione con la moglie di un boss dei Ricciardi; ’O Cerill e Renato Ascanio, ’O Luong per la sua altezza, morti per un infarto dovuto alla cocaina
Un voto per disgrazia ricevuta ROBERTO SAVIANO (segue dalla copertina)
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FIORI Nella foto sopra, i fiori davanti all’edicola dedicata ad Annalisa Durante, la bambina innocente uccisa per sbaglio dalla camorra il 27 marzo 2004: il vero obiettivo dell’agguato era il boss Salvatore Giuliano
FORCELLA Sopra un’edicola votiva nel quartiere Forcella di Napoli: è dedicata a Raffaele Ivone, un giovane di diciannove anni, ucciso in un agguato di chiaro stampo camorristico
u quasi tutti gli altari, in cornici sempre pesantissime, fotografie di defunti. Ancora anime, ma stavolta anime di morti ammazzati e spesso ammazzati dalla camorra. E così queste edicole diventano una sorta di memoria dei caduti di guerra, della guerra tra clan. I quartieri in cui fioriscono queste edicole hanno la necessità di tenere in vita il defunto in una forma più forte che con una messa o un semplice ricordo dei familiari. Il cimitero è troppo lontano, è troppo privato, il ricordo è troppo circoscritto al dolore di chi conosceva il morto. L’edicola, invece, vuole far presente e vuole mettere nel presente la memoria del defunto e condividerla con altri defunti: infatti non c’è quasi mai un solo morto, si accumulano uno sull’altro un gruppo di persone che hanno lo stesso destino, lo stesso movente. Tutte uccise o tutte morte giovani. O semplicemente parenti e vicini di casa. Quindi, l’edicola diventa un modo per conservare memoria e monito, ricordo e insegnamento. La camorra è un’organizzazione con molti affiliati giovani. Le organizzazioni criminali, a differenza delle aziende, investono e affiliano soprattutto tra le nuove generazioni. A morire di più quindi sono giovanissimi. Ai Quartieri Spagnoli, a Forcella, alla Sanità, al Cavone, i visi, i ritratti in primo piano degli affiliati ammazzati vengono messi dinanzi alla Madonna dell’Arco, alla Madonna di Pompei, al Volto Santo e a Padre Pio. Più raramente a San Gennaro. Può sembrare strano, potrebbe persino sembrare un’istigazione a delinquere. Ma Il purgatorio bisogna andare più a fondo. L’esempio di un Questa città ha una passione camorrista, di un ragazzo morto in una faiha un doppio monito: da un lato, il suo per il purgatorio, lo ha sempre preferito da, essersi immolato per far guadagnare la sua a inferni e paradisi. Perché è luogo famiglia e se stesso dimostrando di preferire una morte animosa a una vita ferma e ditransitorio, dove il peccatore soccupata. Dall’altro, c’è però anche il “non può essere aiutato e il peccato “risolto” lo fare” o “se lo fai, finirai così”. Non c’è giudizio né in un senso né nell’altro. È davvero un misto drammatico il rapporto che i cittadini hanno con le edicole votive dei camorristi. Sono lì a ricordare i caduti. Non ne negano l’aspetto negativo o l’elemento crudeIl destino le, anzi lo rivendicano in molti casi. È come se dicessero: ha sbagliato una scelta, ma una Il cimitero è troppo lontano, troppo scelta l’ha fatta; era una scelta importante privato. Questi altari, invece, vogliono che l’ha fatto diventare qualcuno. Però ha pagato morendo giovane. Un’ambiguità far presente e mettere nel presente morale che appare però chiara: puoi decidere di entrare nei clan e nessuno qui ti giuil passato e condividerlo dicherà male, ma se lo fai sappi che avrai una con chi ha avuto lo stesso destino vita feroce. E morirai. La camorra non si ritiene affatto in contraddizione con la vita cristiana. Il boss considera il proprio agire identico al calvario di Cristo, il suo assumersi sulla propria coscienza il dolore e la colpa del peccato per il benessere degli uomini su cui comanda. Il bene cristiano è ottenuto quando l’agire del boss è a vantaggio di tutti gli affiliati del territorio che comanda. Mentre il potere del boss è visto come espressione di un ordine provvidenziale, per cui anche ammazzare qualcuno diventa un atto giusto e necessario, che Dio perdonerà, se la persona ammazzata metteva a rischio la tranquillità, la pace, gli affari. Ma non ci sono solo camorristi in queste edicole. Ci sono anche giovani uccisi o morti in incidenti. Per esempio, c’è l’edicola di Emiliana, una ragazza venticinquenne ammazzata con sessantasei coltellate dal suo ex fidanzato. C’è la sua foto più bella: il suo viso abbronzato, un sorriso, le labbra con il rossetto porpora. Tutti quando passano dinanzi a questa edicola le sorridono o si tolgono il cappello. Sopra la foto di Emiliana c’è il Santo Moscati, il santo medico. A fianco, altre foto di morti. Ma l’edicola è dedicata a lei, si vuole prolungare la sua presenza nel quartiere, non la si vuole abbandonare. Ci sono edicole con statue di Padre Pio a grandezza naturale, fiori, piante, ma è la disposizione delle foto la logica segreta che tiene
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SUICIDA
FIDANZATI
In alto, Vincenzo Lemmo, quarantotto anni, di Napoli, suicida nel carcere di Torino Era in attesa del processo di appello per condanne per traffico e spaccio di sostanze stupefacenti; in basso a destra Sasà, ’O Cinese, morto per un tumore
In alto, un altare dedicato a Emiliana Femiano, la giovane di venticinque anni uccisa con 66 coltellate dall’ex fidanzato Luigi Faccetti, il 22 novembre 2010 Nel 2011 l’uomo è stato condannato a trent’anni di reclusione
insieme il ricordo e la sua forza simbolica. Ce n’è una più grande per la famiglia che magari ha pagato la costruzione dell’altare. Poi, più piccole, le foto di altri defunti che sono spesso parenti, amici, o semplici vicini di casa della persona a cui l’edicola è dedicata. Osservare le edicole della città è come attraversare una memoria umana e collettiva. La Spoon River di Napoli è in queste edicole. Vicino ai bassi, lungo le strade, le salite. Quelle più pacchiane, quelle che cercano a stento un’eleganza impossibile, quelle terribili perché piene di visi giovani. In un’edicola condividono la memoria e lo spazio tre foto: quella di Gennaro, ammazzato esattamente in questo punto perché era l’amante della moglie di un boss. Al suo fianco c’è ’O Cerill, morto di cocaina. E poi c’è un cugino morto d’infarto anche lui a causa della cocaina. Un’edicola, che è un intero capitolo, un racconto di cuori esplosi per troppa coca. A Forcella c’è l’edicola dedicata ad Annalisa Durante, la bambina uccisa nel corso di un conflitto a fuoco, con l’unica colpa di essere per strada. Non molto distante, c’è quella del braccio armato di Luigino Giuliano, ucciso negli anni Novanta. Eppure la sua foto è sempre circondata da fiori freschi, una memoria continua. Le foto intorno a queste figure aumentano sempre di più. Edicole dedicate a un morto ospitano altri morti. Il defunto più giovane o ucciso in maniera più tragica ha la foto più grande come se si chiedesse al passante di concedere un ricordo maggiore e in grado di compensare la sfortuna in vita del morto. Per esempio, la storia di Vincenzo, detenuto a Torino che si ammazza mentre è in attesa del processo per traffico di droga. Oppure quella di Raffaele, ammazzato a Napoli a diciannove anni. Un Il monito ritratto gigantesco campeggia al centro delL’esempio di un ragazzo caduto l’edicola. Una faccia di bambino, un bambino cicciottello che a guardarlo non penin una faida ha un doppio monito: seresti mai a un morto in una faida di cail suo essersi immolato per la famiglia morra. A celebrarlo, pergamene in argento, fiori, vasi, ceramiche, volti di Madonne di e il “non lo fare o finirai così” ogni epoca, rose. Il ricordo barocco. Ma non c’è giudizio morale Difficile scovare un singolo motivo che spinge una città a conservare in questo modo la memoria e spesso la memoria della sua parte peggiore. In altre città esistono lapidi che ricordano i morti del terrorismo, lapidi che ricordano eventi storici, Napoli L’aldilà stessa ne è disseminata. Ma sono come ricordi imposti. Invece queste lapidi scelte Queste lapidi sembrano voler dire dalle persone, nate nei luoghi di qualche inqualcos’altro oltre il ricordo cidente o dove sono morti ragazzi e ragazze, queste edicole popolari che deturpano Questa continua relazione napoletana spesso i vicoli e aggrediscono le pareti abusivamente, fanno parte di un’altra categocon l’aldilà è qualcosa di profondo, ria, quella del ricordo non istituzionale, auè il non essere mai in pace togestito. Non riesco, pur capendone spesso lo scempio e persino la pericolosità, ad averne un’impressione soltanto negativa. È comunque una presenza. Una traccia. Una memoria. Queste foto sembrano voler dire qualcos’altro oltre il ricordo di un nome. Questa continua relazione con l’aldilà nella quotidianità di Napoli è qualcosa di profondo e complesso, è il non essere mai in pace. La morte, soprattutto se violenta, è una presenza quasi normale nella quotidianità di questa parte di mondo. Una città che si riempie di edicole a ricordo di giovani morti, una città piena di morti ammazzati, è una città dolente, è una città che non si vuole liberare e non riesce a liberarsi dal dolore inevitabile, dalla tragedia necessaria, dal fatalismo della morte. C’è una frase in dialetto del rapper Lucariello nel pezzo ’O Spuorc cantato con i Co Sang che tradotta in italiano sintetizza bene queste edicole: «Per chi ha giocato sporco e neanche dopo morto riposa». A volte queste edicole sembrano — più che ricordare — costringere a non riposare. Non far riposare i parenti che soffrono. Non far riposare chi è morto. Non far riposare una città che continua ad avere un quotidiano che è sempre meno purgatorio. Sempre più inferno.
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IN MEMORIAM Nell’immagine qui sopra: a sinistra la foto di Raffaele Storto, morto per un infarto; al centro, nella foto più grande, Ciccillo, ’O Cuzzecar, morto di vecchiaia; a destra, Alberto Lippa, morto per tumore
BOSS L’uomo al centro dell’immagine qui sopra è Tonino Capuano, considerato il braccio armato del boss del quartiere Sanità, Luigi Giuliano; viene ucciso a Napoli, nel rione Forcella, il 4 gennaio 1991
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LA DOMENICA
La memoria Buon Ferragosto
“Spiaggia incantevole, aree villini nel pineto”. Così recitava la pubblicità della Società Anonima Milano Marittima il 14 agosto di cent’anni fa. L’idea era lottizzare l’area vicino a Cervia e trasformarla nella città giardino “dei poveri diseredati” lombardi Andò in un altro modo. Dal Duce al Boom agli sceicchi di oggi, storia e leggende della Versilia di Romagna
Quando Milano si comprò il mare JENNER MELETTI onavevano il mare, i milanesi (cento anni fa non c’era nemmeno l’Idroscalo). E allora, semplicemente, se lo comprarono. «Visitate la pineta baciata dal mare, la Costa Verde adriatica Cervia Milano Marittima». «Ogni lotto conterrà una villa circondata da quel giardino naturale che è la pineta fornita di acqua potabile e disposta in modo che tutte le ville abbiano la via diretta al mare». «Milano Marittima, spiaggia incantevole, aree villini nel pineto». Già allora i milanesi ci sapevano fare, con la pubblicità. La “Costa Verde” fu inventata per fare concorrenza alla prestigiosa Costa Azzurra. Industriali e nobili della città della Madonnina andavano già in vacanza in Francia e soprattutto sulle spiagge liguri ma lì potevano solo costruire ville, non una città intera. E così nacque «il sogno di una città ideale, di una città giardino dove la poesia si sposasse alla praticità di vivere». Trecento chilometri di treno, poi con una carrozza a cavalli o con le prime auto i tredici chilometri da Cesena
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alla costa. E all’arrivo la soddisfazione di poter dire: siamo sempre a Milano, e c’è pure il mare. La “Società Anonima Milano Marittima s. a.”, capitale sociale centomila lire, nasce nel 1911 ma solo il 14 agosto 1912 firma, davanti al notaio Venturini, il rogito d’accordo con l’amministrazione comunale. Nella società — racconta il libro Milano al mare di Letizia Magnani — ci sono un senatore, tre avvocati, due pittori, un capomastro, un commerciante… “Inventore” della Milano adriatica è uno dei pittori, Giuseppe Palanti, illustratore alla Scala, architetto, pubblicitario. Capita a Cervia, sede del Comune, per dipingere vele, pescatori e belle ragazze e vede che al di là del porto canale c’è soltanto «un bosco meravigliosamente selvaggio». I salinari di Cervia chiama-
LE IMMAGINI Sopra e a destra, manifesti d’epoca della riviera; a destra qui accanto, il Mare e Pineta, primo hotel di lusso nato nel 1928; a fianco, una delle prime spiagge Nella pagina accanto, la pensione Medusa; la copertina (dal manifesto di Giuseppe Palanti) del libro Milano al mare. Milano marittima: 100 anni e il racconto di un sogno di Letizia Magnani (Sbc Edizioni, 244 pagine, 7,99 euro); la riviera oggi (www.cerviaunavolta.com)
no questo bosco con le dune intatte «la marena di fre», la marina dei frati, perché poco lontano c’è un convento di francescani. I cervesi entrano in pineta solo per raccogliere legna e pinoli. Storia e leggenda si mescolano nel racconto della nascita della città giardino. Un fatto è certo: il pittore Palanti è bravissimo in quella che oggi si chiamerebbe la promozione di un evento. Ai concittadini milanesi, invitati a costruire strade e ville nel bosco intatto, racconta che tanto la foresta sarebbe comunque in pericolo. «Già si è iniziato l’abbattimento, per farne campi di riso o barbabietole [...] non per mancanza di buon gusto, ma per creare mezzi di sussistenza alla comunità». Ecologista ante litteram, assicura che saranno tagliati solo pochi pini, negli spazi necessari per co-
struire «villini, parchi e giardini atti ad attirare su questa spiaggia una numerosa colonia balneare». Al Comune di Cervia — cui chiede la pineta in concessione gratuita — promette lavoro per tutti: per costruire la nuova Milano e poi per gestire questa «città nel pineto». Turismo, in quegli anni, era a Cervia parola quasi sconosciuta. Rimini e altre città della riviera romagnola erano già famose, con i loro kursaal e stabilimenti balneari. La città del sale aveva provato a mettersi fra «le fortunate sorelle bagnate dalle salse onde dell’Adriatico», ma non aveva avuto fortuna. E dire che — correva l’anno 1873 — si era presentata sul mercato con molta umiltà. «Non invitiamo i prediletti dalla fortuna — questo il manifesto preparato dal Comune — che hanno il beneficio di una rendita giornaliera dalle L.20 in su, invitiamo invece il povero impiegatuccio dallo stipendio mensile delle L.60 fino alle L.80 perché possa mandare ai bagni la malaticcia consorte, o qualche figliuolo. Invitiamo in una parola tutti i poveri diseredati». Ma ben pochi avevano scritto al sindaco per prenotare «stanze disposte e preparate». Come dire no, allora, a questi milanesi non certo diseredati e pieni di progetti? «I milanesi al mare — scrive il sindaco Giuliano Pisapia nella prefazione al libro di Letizia Magnani — hanno por-
tato sviluppo, apertura internazionale, cultura e tanti esempi di urbanistica e architettura di qualità. Hanno portato un turismo di élite che però ha aperto la strada alla vacanza per tutti». I primi anni non sono però facili — cinque in tutto le ville costruite — e poco dopo arriva la Grande guerra. Tacciono i cannoni, i cantieri riaprono e l’idea della città giardino comincia a farsi conoscere. Si aprono i viali che permettono di arrivare al mare e le rotonde che fino ad allo-
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I DOCUMENTI A sinistra, il piano regolatore del 1911 con il progetto della riviera (www.cervia unavolta.com) Nella foto grande al centro, il primo stabilimento balneare
ra si erano viste solo a Parigi. Non tanti milanesi si possono permettere una villa e allora, nel 1924, nasce la Civam, “Cooperativa italiana villini e alloggi al mare e al monte”, presieduta da Gerolamo Pirinoli, direttore della Banca depositi e sconti di Milano. Prezzi modici, pagamento a rate. Si vuol dare un posto al sole «ai lavoratori di tavolino, alla classe media emergente, gravata dal nuovo lavoro intellettuale e impiegatizio». Nascono ville e villini, e
nelle prime il soggiorno parte a metà giugno per arrivare alla fine di settembre. Per permettere ai futuri padroni di casa di seguire i lavori da vicino, nel 1928 si costruisce il Mare e Pineta, hotel di lusso. Ha anche una grande terrazza per le feste danzanti. La nuova città giardino cresce però troppo lentamente, e il podestà si lamenta con «questa brava gente arrivata da Milano» che però, quando si tratta di tirare fuori il portafogli, è un poco pigra. La Società Anonima Milano Marittima, a sua volta, protesta perché le tariffe di muratori e operai «sono troppo alte, in media il doppio o il triplo di quelle vigenti a Milano, dove il costo della vita non è certo inferiore a quello di Cervia». Si litiga, si minaccia di rompere la convenzione e poi si va avanti. Il Comune sa bene che se si cancellasse il patto la pineta tornerebbe a produrre solo legna e pinoli. Lo stesso Duce sostiene questa Milano al mare, arrivando in visita nel 1937 per inaugurare un viale dedicato al fratello Arnaldo Mussolini. La Federazione dei fasci di Varese chiede di costruire una colonia marina, poi arriva anche la colonia della Montecatini. La risposta del podestà è sempre uguale: costruite pure ma limitate al massimo l’abbattimento dei pini e soprattutto assumete manodopera locale. È un discorso che non cambia nemmeno
dopo la Seconda guerra, quando al posto del podestà si susseguono sindaci del Pci. «Sì, potete costruire un grattacielo (a Milano Marittima ce ne sono due, e il primo nasce nel 1958, in anticipo di due anni rispetto al Pirellone milanese, ndr) ma imprese e operai debbono essere nostrani». Milano Marittima diventa un pezzo di Versilia in terra di Romagna. Feste con signore in abito lungo e uomini in smoking. I milanesi continuano a costruire ville e a comprare appartamenti. Concerti di Mina, Gino Paoli e Ornella Vanoni. Poi, come in tante località “mitiche”, tutto cambia. Il mini appartamento prende il posto della villa, i condomini oscurano i villini degli anni Venti. Cercarli adesso è come andare a funghi. Renato Lombardi, storico, ex
dirigente del Comune, è una guida preziosa. «Ecco, questa era la villa di Giuseppe Palanti. Bellissima». Ma di villa Egle sono rimaste solo le due colonne che reggevano il cancello, e dietro c’è un brutto hotel, già abbandonato. «I viali hanno cambiato nome. Viale Mussolini è diventato viale Matteotti. Ma la pianta della città è sempre quella, si cammina sotto i pini». «Questa è la colonia dei Monopoli di Stato. C’è un progetto per costruire un altro albergo grattacielo, cinquecento posti letto, con centro benessere». Si litigherà molto, su questo progetto. Ma se si proporrà l’uso di manodopera e imprese locali, come sempre tutto sarà risolto. Negli anni Venti i villini costavano dalle 10.500 alle 15.500 lire l’uno. «Oggi un appartamento al metro quadro — dice il sinda-
co di Cervia, Roberto Zoffoli — nel capoluogo costa sui 4.000 euro, a Milano Marittima fra i 7.000 e i 9.000 euro. Con Milano il legame è ancora stretto. Ci hanno promesso che noi e la riviera romagnola saremo la spiaggia dell’Expo 2015. Si immagini, venticinque milioni di visitatori…». Nelle serate del weekend la “città giardino” mostra due facce. Ragazzi che fanno l’aperitivo a dieci euro a bicchiere e poi vanno a dormire nei campeggi o in macchina. Feste e musica, invece, negli hotel di lusso. Ci sono tre 5 stelle, otto 4 stelle superiori e quarantadue 4 stelle. Antonio Batani — proprietario del Grand Hotel di Rimini — qui ha costruito il Select e sta ristrutturando il Mare e Pineta, per portare anche il vecchio hotel del 1928 alle 5 stelle. Russi, inglesi e svizzeri fra i clienti. Quest’anno è arrivato anche il principe Salman al Saud, dall’Arabia Saudita. Trentasette persone per diciassette giorni. Una manna per le boutique. «Hanno comprato il mondo», dice il direttore del Select, Alessandro Orzes. I milanesi, cent’anni fa, si accontentarono di comprare il mare. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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LA DOMENICA
PATRICK KENZIE E ANGELA GENNARO La coppia di detective, lui irlandese lei italiana, che indaga nei bassifondi nasce nel 1994 con il romanzo Un drink prima di uccidere (Denis Lehane)
JOHN REBUS Il poliziotto scozzese che ama la solitudine, beve molto e si trova a suo agio nelle zone più malfamate della città dove risolve i suoi casi (Ian Rankin)
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HARRY HOLE Rude, alcolizzato e talvolta drogato, è il poliziotto alto e biondo, dal forte intuito investigativo e dallo spiccato senso della giustizia (Jo Nesbø)
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KURT WALLANDER Il detective svedese appare per la prima volta nel 1991 e ha un unico sogno: combattere i criminali più violenti (Henning Mankell)
Le storie 6
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HAP COLLINS E LEONARD PINE Un omosessuale di colore e un bianco un po’ triste: sono i due detective antieroi, protagonisti di una fortunata serie (Joe R. Lansdale)
Indizi
HARRY BOSCH “Tutti contano o non conta nessuno” è il motto del detective reduce dal Vietnam protagonista di 17 romanzi: l’ultimo uscirà a novembre (Michael Connelly)
Dal Mediterraneo all’Asia Da Boston a Gerusalemme Giro del mondo attraverso il genere più letto. E più antico
Mappa crimine La
DAVE ROBICHEAUX Soprannominato “Streak”, lo sceriffo veterano del Vietnam che lotta contro povertà, violenza e l’uragano Katrina (James Lee Burke)
del
JOE LEAPHORN E JIM CHEE Si svolgono nella riserva Navajo i diciotto romanzi con protagonisti i due agenti della polizia indiana (Tony Hillerman)
MARIO CONDE Disincantato e spesso ubriaco, il tenente di polizia che avrebbe voluto fare lo scrittore nasce nel 1989 protagonista di una tetralogia (Leonardo Padura)
EDGAR MENDIETA Amante della tavola e della bottiglia, “El Zurdo”, perché mancino, conduce le sue indagini nel Messico corrotto dal narcotraffico (Elmer Mendoza)
La globalizzazione è una storia noir MASSIMO VINCENZI
I
N PRINCIPIO fu Sofocle, nell’Edipo re l’ispettore è anche l’assassino, pur non sapendolo. Alle origini del noir, per dirla con le parole, forse un po’ di parte, di Petros Markaris (il Camilleri greco o viceversa) c’è il drammaturgo da Colono. E poi, come spesso è avvenuto ai pensieri ellenici, con buona pace degli euroscettici, il vento si è gonfiato soffiando su tutto il mondo. Tanto che, dopo qualche millennio e alcune variazioni sul tema, il genere si è mangiato le classifiche con il 48 per cento dei libri venduti (nel 2011) e sta convincendo anche i critici, solitamente titubanti ad assegnare la patente di vera (?) letteratura ai creatori delle crime story. Dal passato (per Markaris anche l’Emile Zola di Teresa Raquin «scriveva noir e ora ne sarebbe un maestro») a oggi un fiume carsico che ha attraversato epoche, mode, gusti, superato crisi senza mai venire eliminato, sempre rinascendo uguale a se stesso, eppure diverso. Capace di adattarsi, di plasmarsi a seconda delle esigenze. Come solo i classici, appunto, sanno fare. Con la letteratura che, dalla seconda metà del Novecento, ha scommesso sul personale perdendo la voglia di occuparsi della realtà, il noir si è trovato - quasi per caso da solo a raccontarla. Caduti i muri delle ideologie, con l’arrivo della
globalizzazione, l’esplodere delle diseguaglianze e della criminalità su scala industriale, a mettere un po’ d’ordine tra l’apparenza legale e la sporca trama sotterranea ci hanno pensato i giallisti. L’Italia ne è lo specchio evidente: per capire a fondo gli incubi dopati del Nordest bisogna leggere Massimo Carlotto, per farsi catturare da quella misteriosa megalopoli popolata da mafie e serial killer che va da Modena al mare passando per Bologna bisogna affidarsi a Carlo Lucarelli. Per fare il giro del mondo non bastano ottanta noir: dentro un immaginario senza confini (grazie anche a cinema e televisione) dove gli autori quasi svaniscono per lasciare spazio ai loro personaggi. Che diventano compagni di avventure, come solo in rari casi (gli eroi di Emilio Salgari per capirci) è accaduto: dalla carta passano alla vita, quasi riconoscibili dal punto di vista fisico e psicologico. La mappa ha nel Mediterraneo il suo epicentro: Pepe Carvalho, il detective creato da Manuel Vázquez Montalbán ci ha fatto innamorare di Barcellona. I sogni scheggiati di Fabio Montale, il poliziotto del francese Jean-Claude Izzo, ci portano al centro di una Marsiglia in bilico tra un sole accecante e l’ombra della violenza. Poi appunto Camilleri con Montalbano e Petros Markaris con Kostas Charitos. Un filo li lega assieme: c’è molta analisi sociale, c’è un passato pesante, le dittature (in Italia, Spagna e Grecia) che incidono sui destini personali, la
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JEAN-BAPTISTE ADAMSBERG Si affida più all’intuito che al ragionamento il commissario parigino “spalatore di nuvole”, sognatore e disordinato (Fred Vargas)
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FABIO MONTALE Il protagonista della “trilogia marsigliese” che ha dato vita al noir mediterraneo: ama la poesia, il jazz, il mare e il buon cibo (Jean-Claude Izzo)
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PEPE CARVALHO Ex militante comunista e agente della Cia, è un intellettuale deluso che usa i libri per accendere il caminetto (Manuel Vázquez Montalbán)
GRAZIA NEGRO Energica e ostinata, l’ispettore di polizia che riesce a incastrare i killer più violenti fa la sua comparsa nel 1994 con Lupo Mannaro (Carlo Lucarelli)
SALVO MONTALBANO Il commissario buongustaio presta il suo servizio sulla costa siciliana, nella città immaginaria di Vigata (Andrea Camilleri)
KOSTAS CHARITOS “Non sono un Rambo ma un greco complessato”: è così che si definisce il brusco commissario amante dei vocabolari (Petros Markaris)
BRAHIM LLOB È l’incorruttibile commissario che spesso finisce per farsi giustizia da sé perché nessuno lo asseconda nelle sue inchieste (Yasmira Khandra)
L’INIZIATIVA Dalla Vigata di Camilleri alla Shanghai di Xialong, fino al Botswana di McCall Smith: con Repubblica e L’Espresso viaggio intorno al mondo con i maestri del noir Un volume ogni settimana fino al 17 settembre a 7,90 euro più il prezzo del giornale
ILLUSTRAZIONE DI CARLO STANGA
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BERNIE GUNTHER Si svolgono nella Germania degli anni Trenta le vicende dell’ex poliziotto diventato detective perché inviso ai nazisti (Philip Kerr)
19 politica gioca da protagonista. Ci sono ambienti in trasformazione, dove i cicli dell’economia, con improvvise ricchezze e repentine cadute, stravolgono gli assetti sino ad allora immobili e immutabili di civiltà contadine. L’immigrazione, come nella Francia di Montale, che sposta altri equilibri, che scompagina ancora di più le carte sul tavolo. E dentro questo caos tutto si colora di nero. Poca azione, ancor meno pulp, molta cucina innaffiata da ottimi vini (sono tutti gourmet) e una massiccia dose di ironia: forse il vero marchio di fabbrica. Ma le cose cambiano, l’asse si sposta al Nord. Prima nella fredda Parigi immaginata da Fred Vargas per il suo sbilenco Adamsberg, poi ancora più su, sino al ghiaccio screpolato degli scandinavi. Il padre di tutti (non riconosciuto quasi da nessuno) Stieg Larsson ma ora e sempre di più con Jo Nesbø e il suo Harry Hole, l’ex poliziotto dalla disperata intelligenza, che ha ormai superato in preferenze il rivale virtuale, il detective svedese Kurt Wallander di Hanning Mankell. Il quadro qui cambia: tanto sangue,
tanta violenza. Delitti frutto di una società malata, in crisi di identità ma anche molta più voglia di scavare dentro l’anima. Riflessioni silenziose ritmate dalla pioggia che scende incessante, segreti inconfessabili sepolti sotto metri di neve. Poco spazio alla cucina, ancora meno all’ironia ma forse un po’ di sesso in più. E il tour non si ferma e, anche se il noir fa i suoi giri portato dal vento (vola da Cuba alla Cina), deve per forza approdare negli Stati Uniti. Qui, non c’è Sofocle a tenerlo a battesimo, ma Chandler e Hammet possono bastare. Atmosfere dark, pistole e mitra a non finire, tanti morti ammazzati, ampie dosi di whisky, spruzzate di cocaina e quella immancabile patina glamour d’obbligo a casa Hollywood. È così che dopo i due maestri il giallo colora ampia parte della letteratura americana, dove proprio in questi mesi Joe Lansdale festeggia il suo ingresso nei classici senza altri aggettivi: parola dei severi critici del New York Times che hanno consacrato il suo ultimo Acqua buia. Poi la regina Patricia Cornwell, Don Winslow, Michael Connelly e via elencando. Impossibile tenere aggiornato lo schedario del crimine, ma con la certezza che ci sarà sempre un detective alcolista o un poliziotto stralunato pronti a vigilare sulle nostre vite di lettori spaventati ma felici. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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MICHAEL OHAYON Ha una vita personale difficile, all’apparenza duro ma nel profondo sensibile: prima di entrare in polizia si laurea in letteratura contemporanea (Batya Gur)
CHEN CAO In una Shanghai divisa tra passato e presente, indaga tra i misteri della mafia cinese e inchioda i funzionari corrotti del regime (Qui Xiaolong)
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LA DOMENICA
Spettacoli Classici
Il
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Settant’anni fa usciva nelle sale il film che Disney volle fare senza badare a spese
Perché era rimasto folgorato dal libro di Felix Salten Oscuro giornalista, amico di Freud e Schnitzler, era stato costretto all’esilio dai nazisti che nella storia del cucciolo avevano visto una pericolosa “allegoria politica”
papà
Bambi
L’uomo che usò un cerbiatto per fermare Hitler MARIO SERENELLINI li occhioni spalancati dallo stupore, le lunghe gambe ancora fragili e maldestre, Bambi è il nuovo nato, settant’anni fa, della grande famiglia Disney, quarto, tenerissimo arrivo nell’universo di cartoon che contava già Biancaneve, Pinocchio, Dumbo. Le altre creature del bosco sono in festa, in particolare gli altri cuccioli che gli diventeranno subito amici, il coniglietto Tamburino e la puzzola Fiore. Un’oasi d’armonia nel pieno della Seconda guerra mondale, dove la voce tranquilla e dolce del timido cerbiatto esprime una totale innocenza davanti al mondo che lo circonda. Nessuno sospetta che il primo Bambi, quello del libro da cui Walt Disney ha tratto nel 1942 il film, sia stato all’origine, vent’anni prima, non solo dello straordinario successo editoriale dell’autore ma anche di una accanita persecuzione nazista. Al confronto, sono una bazzecola le
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controversie sollevate negli Stati Uniti dalla prima cinematografica, per la sequenza shock di cacciatori e cani feroci scatenati sulla madre di Bambi in fuga, che spinse la permalosa e potente American Rifleman’s Association a pronunciarsi pubblicamente contro il film avanzando la richiesta — da Disney respinta — di una premessa procaccia all’inizio della storia. I nazisti, più ostinati e definitivi della pregiata associazione Usa dei detentori d’armi, avevano addirittura proibito e poi condannato al rogo, nel 1936, il libro, Bambi, Eine Lebensgeschichte aus dem Walde (Bambi, storia di una vita nella foresta), avendovi riconosciuto una «allegoria politica» sul modo in cui venivano trattati gli ebrei in Europa: le copie rimaste delle prime edizioni originali sono da allora una rarità. L’autore, Felix Salten (vero nome Siegmund Salzmann), ungherese trasferitosi fin da piccolo in Austria, si era già da tempo rassegnato all’esilio, stabilendosi a Zurigo per sfuggire, in quanto ebreo, alla caccia razzista.
Prolifico drammaturgo, sceneggiatore, romanziere, di fama planetaria unicamente per Bambi, che aveva scritto e pubblicato a Vienna a cinquantaquattro anni nel 1923, Salten riuscirà a vedere il film alla prima europea al Cinema Rex di Zurigo nel 1942, tre anni prima della morte. Sarà il coronamento di una vita consacrata in buona parte alla letteratura per ragazzi con l’invenzione di storie d’animali, cui l’aveva obbligato, dopo il boom di Bambi, tradotto nel 1928 in inglese, l’editore di Zurigo, Albert Müller, spalleggiato dal quello francese, Delachaux et Niestlé, convinto della «mirabile capacità di Salten di capire gli animali e di esprimerne con singolare verità i sentimenti, prendendone a prestito il linguaggio». Gli altri titoli non eguaglieranno il primo exploit, ma verranno spesso portati sullo schermo, due ancora da Disney, nel 1957 e 1959: Die Jugend des Eichhörnchens Perri (Le avventure di Perri lo scoiattolo, 1938) e Der Hund von Florenz (Che vita da cani, 1923), che ha poi avuto un seguito
nel 1976, The Shaggy D. A., e un paio di remake, due televisivi, nel 1988 e 1989, e uno cinematografico, Raymond, nel 2006. Invece, il seguito dello stesso Salten al bestseller del 1923, Bambis Kinder, Eine Familie im Walde (I figli di Bambi: una famiglia nella foresta), non ha molte parentele con il Bambi 2 della Disney del 2006. Ammesso nell’eletta cerchia della Vienna intellettuale di Arthur Schnitzler, Karl Kraus, Sigmund Freud, con produttivi scambi d’idee e, anche, di mogli e amanti, unico di estrazione borghese in mezzo a tanta aristocrazia del pensiero, forse per questo messo un po’ in disparte dalla storia, Salten è stato una specie di Carlo Collodi austriaco: come l’autore di Pinocchio (scritto anch’esso in età avanzata, a cinquantacinque anni, nel 1881), il papà letterario di Bambi è, principalmente, un giornalista che si dedica alle favole a tempo perso, ricavandone inaspettatamente la gloria a lui negata dalle mille altre attività, tra cui l’ideazione di opere scollacciate, come I de-
sideri inconfessabili di Joséphine Viziosa o di una vera «allegoria politica» anti-nazista, Freunde aus aller Welt (Bestie in cattività, 1931), dove racconta, con chiari riferimenti ai lager, la vita di animali reclusi in uno zoo, scimmie, giraffa, pantera, leone, cui fa da “corriere” un topolino. Riedito nel 1944, nell’ora della Shoah in Europa, l’ultimo capitolo del libro, Un coro nella notte, è rivelatore dell’acuta percezione che aveva Salten dei soprusi subiti dagli ebrei. Anche Bambi era stato ispirato allo scrittore da uno sguardo più allargato al mondo circostante: lo spettacolo mozzafiato della natura che ebbe occasione di ammirare durante un’escursione sulle Alpi. È qui, in Italia, il primo germe del libro, la storia d’un capriolo chiamato Bambi, dall’italiano “bambino”, che contiene insieme l’idea di “bebè” e “figlio”. Walt Disney rimane folgorato dalla lettura del romanzo, nel 1935. Vuole realizzarlo subito dopo Biancaneve, già in lavorazione. Acquisiti con un fa-
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L’abbiamo disegnato come voleva Walt è stato il nostro capolavoro FRANK THOMAS ambi, minuscolo cerbiatto instabile sulle zampe ma con un avvenire sicuro di “Grande principe della foresta”, l’abbiamo disegnato insieme, io e Milt Kahl. Abbiamo cominciato con il riprodurre le caratteristiche naturali del cerbiatto senza esagerarle. Poi abbiamo reso l’animale più “adorabile” e, insieme, più vicino ai cuccioli umani ingrandendo proporzionalmente la taglia del muso e degli occhi. Abbiamo presentato il risultato agli altri animatori il 9 settembre 1939, proponendo l’equivalente per gli animali vicini a Bambi. Nel dicembre 1939, incaricato di rendere Bambi il più realistico possibile, ma anche facile da animare, ho dato vita a varie sequenze, in particolare quella in cui Bambi impara a parlare o la lezione di pattinaggio sullo stagno ghiacciato con il coniglio Tamburino. Nel film ritroviamo i codici estetici dell’epoca, i corposi uccelli blu con le alucce, i conigli grassocci e batuffolosi, ma soprattutto uno stile visivo ispirato all’arte giapponese e all’abbondante iconografia — disegni e fotografie — rac-
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colta da Maurice Day nel safari a matita di cinque mesi nelle regioni boschive del Maine, che ha dato per risultato 450 scenografie diverse. Si può capire perché Walt tenesse tanto a questo film. La storia di Bambi contiene tutto quello che Disney ha sempre cercato per un risultato di grande tenerezza, capace di commuovere i bambini e i loro genitori. In se stessa, la storia nel film non dura che un attimo: la trasformazione di Bambi da cerbiatto a cervo. Ma qui Disney dà prova di uno sguardo narrativo particolarmente acuto, abbordando temi delicati come la morte, il lutto e il passaggio dall’infanzia all’età adulta. Primo annuncio del Re Leone, Bambi è stato soprattutto uno strumento formidabile per noi animatori per sviluppare al meglio doti narrative e riprodurre i movimenti più complessi della natura: in questo, i primi passi del cerbiattino sono stati la nostra prodezza. (Dal diario di lavoro per American Animation in Its Golden Age,1976) © RIPRODUZIONE RISERVATA
LE IMMAGINI
DALLA CARTA ALLO SCHERMO Qui sopra, due disegni di Bambi, con la cerbiatta Feline e con il coniglietto Tamburino e la puzzola Fiore A destra, la realizzazione cinematografica degli schizzi A sinistra, un fotogramma tratto dal film del 1942
ticoso negoziato durato anni i diritti che Salten aveva ceduto per mille dollari al regista Sidney Franklin, Disney dà il via, con l’abituale meticolosità e opulenza di mezzi, alla realizzazione. Mentre un’équipe, in tre anni, adatta il romanzo creando i personaggi e prosciugando i dialoghi (ottocento parole in tutto), negli Studios fin dal 1937 viene creata una “unità Bambi”, che nel 1939 (data la ressa di nuove produzioni: Pinocchio e Fantasia) occuperà i nuovi studi appena inaugurati a Bur-
bank. Per l’intera durata della realizzazione (che richiede due anni di lavoro supplementari), si aggireranno in mezzo agli animatori, come animali domestici, due cerbiatti veri (daini rossi della Virginia) regalati alla Disney dalla Development Commission del Maine. Soprannominati Bambi e Féline, faranno da modelli viventi insieme a un granserraglio di uccelli, scoiattoli, conigli e una coppia di puzzole, mentre un gufo sonnecchiante tra gli scaffali si offrirà con degnazione, specie
dopo il tramonto, agli abbozzi a matita. «Ho dovuto rimandare tutti a scuola», si vantava scherzoso Disney: «Su anatomia e comportamento degli animali, ho voluto che i miei animatori perfezionassero al massimo quanto avevano già imparato nei relativi corsi di disegno». Per il piccolo Bambi, tutto si fa alla grande: i “neoscolari” sono tutti universitari del lapis, gli artisti migliori del momento — quattro degli eccelsi Nine Old Men — Ollie Johnston, Eric Larson, Milt Kahl e Frank Thomas
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FOTO DISNEY/ALBUM
A sinistra, Felix Salten autore di Bambi Nella pagina accanto, schizzi di Retta Scott, Eric Larson e Frank Thomas, disegnatori della Disney
(di cui ricorre il 5 settembre il centenario della nascita), principale animatore dell’intera produzione Disney, da Biancaneve in poi, anche impareggiabile attore, non sulle tavole del palcoscenico ma al tavolo da disegno, soprannominato per questo dai colleghi il «Laurence Olivier dell’animazione», nomignolo che gli aveva affibbiato Chuck Jones. Perché tanta dedizione a un testo di successo ma inviso al nazismo, cui — secondo le biografie più maligne — an-
davano le simpatie di Disney? Proprio una delle più impietose, Il principe nero di Hollywood di Marc Eliot, ne fornisce involontariamente gli indizi, quando evoca i primi anni dolorosi di Walt, con un padre brutale — probabilmente adottivo — cui scampava rinchiudendosi per ore in uno sgabuzzino senza luce: «La violenta infanzia nel Missouri gli divorò l’anima per il resto della vita e gli ispirò i personaggi più memorabili, Biancaneve, Pinocchio, orfanelli privati degli affetti familiari». Potremmo aggiungere tutti gli altri, da Cenerentola a Lilly e il vagabondo e, soprattutto, Bambi. Quel rifugio di bimbo perseguitato, dove aveva nascosto una lampada a petrolio, condusse Walt ai cartoni animati. È lì che il futuro papà di Topolino, per passare il tempo, imparò a disegnare, schizzando gli animali e i protagonisti di fiabe che erano una sola fiaba, sempre la stessa: un lungo serial di Bambi, riscatto del bambino che non era stato, trasmesso agli altri bambini, figli e bebè. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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LA DOMENICA
Next Ibridi
Pupazzetti dotati di microchip che si trasformano in personaggi digitali per console Modellini associati a una app che corrono sullo schermo dell’iPad diventato un circuito di gara. Animaletti con la testa che è un iPhone da accarezzare Ecco come cambia il Paese dei balocchi, unendo sempre di più reale e virtuale
Video giocattoli JAIME D’ALESSANDRO utti i bambini disegnano. Io, semplicemente, non ho più smesso». E ora, grazie a quell’abilità di dar corpo alla fantasia, I-Wei Huang è l’astro nascente nel campo dei giocattoli. O meglio, nel campo dei giocattoli 2.0, gli ibridi singolari che
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Skylanders
uniscono reale e virtuale. Come gli Skylanders che I-Wei, americano, quarant’anni, ha disegnato e realizzato per l’americana Toy For Bob. Action figure dotate di microchip capaci di trasformarsi in personaggi digitali da videogame. Basta posizionarle su una base venduta con il gioco e si animano dentro lo schermo. Il chip conserva memoria di quel che accade nel videogame, dai poteri acquisiti ai tesori scovati, e anche se li si usa su una console diversa mantengono il loro trascorso. Vivono in pratica fuori e dentro il mondo digitale, ma soprattutto stanno ottenendo un successo sul quale in pochi erano pronti a scommettere quando apparvero la prima volta a fine 2011. Da allora ne sono stati venduti trenta milioni di pezzi. Rappresentano una nuova frontiera. Anzi no: rappresentano un nuovo modo di fabbricare i divertimenti per l’infanzia. «Nel 2008 ci venne in mente quest’idea assurda di portare i giocattoli dentro i videogame», racconta I-Wei. «La presentammo alla Activision, l’editore di giochi elettronici, alla quale piacque». Una fortuna per i ragazzi di Toy For Bob, l’Activision è fra i pochi nel settore con i conti non in rosso. Una mosca bianca che decise di puntare su questa nuova tipologia di balocco coinvolgendo Alec Sokolow e Joel Cohel, gli sceneggiatori di Toy Story della Pixar, per scrivere trama e dialoghi del videogame. Non a caso all’ultimo Tokyo Toy Show di giugno, i giocattoli 2.0 hanno tenuto banco. Durante la fiera sono state mostrate 35mila novità, quelle che invaderanno i negozi nei prossimi mesi. E ad attirare l’attenzione sono stati proprio i tantissimi ibridi: dagli Smart Pets della Bandai, dove la testa degli animali è
La seconda vita di robot e macchinine un iPhone con il suo schermo tattile da accarezzare, agli Hybrid Grade, action figure che sfruttano la realtà aumentata dei cellulari d’ultima generazione. O ancora i BattroBorg, robot che si pilotano con il controller pieno di sensori dalla console Wii della Nintendo. Basta agitarlo per fargli mollare pugni e calci. L’avvisaglia c’era già stata a febbraio, durante la Toy Fair di Norim-
berga, la fiera del giocattolo più grossa al mondo, dove i prodotti esposti erano oltre un milione. Vicino ai nuovi set della Lego o alle eterne Barbie, la Mattel aveva presentato una variante delle macchine Hot Wheels: i modellini, associati a una app, correvano sullo schermo dell’iPad trasformato in circuito di gara. Sistema simile a quello della AppMates della Disney, usata
GLI ESEMPI
Smart Pets
Battroborg
Negli Smart Pet prodotti da Bandai la testa degli animali è uno smartphone, con il suo schermo tattile da accarezzare
Robot della Tomy che si pilota con controller pieni di sensori dalla console Wii Nintendo Basta agitarlo per fargli tirare pugni e calci
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GLOSSARIO
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Giocattolo I primi giocattoli rinvenuti dagli archeologi in Egitto, Mesopotamia e Asia minore sono miniature: bambole e soldatini. O se si preferisce “action figure” dell’antichità
Action figure La traduzione è modellini per l’azione, dunque per il gioco Il termine che più si avvicina è pupazzetto. In genere, riduzioni in scala di personaggi dei fumetti, dei videogame, del cinema
Videogame Il giocattolo più evoluto Il primo, sviluppato in laboratorio, risale al 1958. Mentre l’arrivo sul mercato è del 1972 quando venne lanciata la console Odissey della Magnavox
Realtà aumentata Insieme di tecnologie che attraverso un dispositivo, come la fotocamera di uno smartphone, permette di aggiungere informazioni digitali a quel che ci circonda
Maker
INFOGRAFICA ANNALISA VARLOTTA
Appartenente al movimento del do it yourself che ruota attorno alla rivista Make È il passaggio delle teorie e della pratica del software libero al mondo degli oggetti reali
come base per i modellini dei veicoli di Cars 2. La Ravensburger, invece, ha mostrato un puzzle in realtà aumentata per iPhone, mentre la tedesca Marklin e l’austriaca Roco hanno sviluppato un’applicazione che permette di gestire un plastico ferroviario tramite smartphone. Prove tecniche per una rivoluzione inevitabile, considerando che le pre-
AppMates Usa come circuito di gara lo schermo dell’iPad e una applicazione specifica, per farci correre i modellini dei veicoli di Cars 2 della Disney
visioni di Idc, uno dei riferimenti più affidabili in fatto di andamento del mercato dell’hi-tech, parlano di 102 milioni di iPad e simili venduti entro la fine dell’anno. Che diventeranno 198 milioni nel 2016, contro i 68 del 2011. Per dare un termine di paragone, la console più diffusa della storia, la PlayStation 2 della Sony, in dieci anni è stata venduta in “appena” 153 milio-
ni di pezzi. «Stiamo costruendo un’esperienza completamente diversa rispetto al passato», spiega Alex Ness, a capo dello staff di Toys For Bob. «È una specie di magia che seduce i bambini, sono giocattoli che hanno un’anima molto più complessa, di conseguenza una vita più longeva». Anima che a qualcuno fa storcere il naso. Oltre al costo del videogame di Skylanders, circa 60 euro con incluse tre action figure e la base da collegare alla console, per ogni nuovo pupazzetto bisogna sborsare nove euro circa. Ma è anche vero che in questo modo il gioco, che può esser percorso da cima a fino anche con una sola action figure, dura più a lungo nel tempo e non finisce nel dimenticatoio dopo un paio di settimane. E poi la console si può spegnere, lasciando che i bambini continuino a giocare con i pupazzetti mettendoci la loro immaginazione. E pensare che I-Wei ha cominciato costruendo modelli di treni steampunk a vapore, fatti a mano pezzo per pezzo. La storia dei giocattoli 2.0 ha le sue radici nel movimento dei makers, quell’universo di persone che dal manipolare software è passato a manipolare cose reali. Lui stesso ha scritto più volte per Make Magazine di Mark Frauenfelder, fondatore del blog cult Boing Boing. «Imparare a fare le cose da soli dà una sensazione di potere incredibile», ricorda. «È una frontiera completamente nuova che grazie alla Rete sta diventando sempre più importante». Un po’ come i suoi giocattoli, che stanno diventando sempre più grandi. Non a caso i protagonisti della nuova versione di Skylanders, uscirà in autunno, si chiamano Giants e sono alti il doppio. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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LA DOMENICA
I sapori
Calore & calorie
Gelati e sorbetti, certo. Ma anche cioccolato, cheese cake e tarte tatin che i pasticceri trasformano in versione light Perché alla gola non si comanda
Dolce estate
Come resistere alla stagione calda del dessert LICIA GRANELLO
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olosi d’estate: una categoria a rischio. In teoria, la passione per il pianeta torte dovrebbe oscillare in maniera inversamente proporzionale alla colonnina di mercurio, dato che i dolci sono calorici per definizione: dai nutrizionisti che raccomandano i carboidrati solo nella prima parte della giornata fino agli sportivi che masticano barrette tutto zucchero&miele prima di correre o sciare, il timing salutista di mousse e bomboloni esclude l’estate. Allo stesso modo, le ondate di caldo che i meteorologi continuano a battezzare con nomi diversi mettono a rischio la commestibilità dei dessert più amati, indissolubilmente legati alla catena del freddo. Ma se al cuore non si comanda, figurarsi alla gola, a maggior ragione quando la depressione da crisi economica trasforma il cibo in consolazione e i dolci nel più classico dei comfort food. Negli ultimi anni, la sfida di cuochi e pasticceri è stata quella di dribblare i guai termici e limare i surplus calorici, andando oltre i dessert estivi per definizione, per regalare nuova vita a fine pasto e merende. Fin troppo facile, infatti, iscrivere i gelati nella lista dei dolci da spiaggia, dato che, se ben fatti — niente chimica, solo ingredienti freschi — nulla può superarli in piacevolezza e refrigerio. Ma non di sole creme e sorbetti vive il goloso d’estate, se è vero che la gastrococcola più ambita e popolare è ancora e sempre l’invernalissimo tiramisù, campione di grassi puri: mascarpone battezzato con l’alcol che aromatizza il caffè. Né si di-
staccano dalla prima scelta i sempiterni profiterole e gli abusati tortini di cioccolato dal cuore morbido. Così, il primo mutamento nella pasticceria da alte temperature è passato dall’evoluzione degli ingredienti, con panna di soia, ricotta, siero di mozzarella e chiara d’uovo pronti a sostituire panna e mascarpone nelle ricette più amate. Altro passo avanti decisivo, l’abbinamento con materie prime differenti, a volte perfino inusuali, dai pomodori di Pachino nelle crostate di Corrado Assenza a zenzero e tè verde trasformati in biscotti e gelatine nei menù dolci-salati di Ernst Knam. Infine, le tecniche di preparazione, molte delle quali figlie delle ricerche mirabolanti dell’équipe del catalano Ferran Adrià: sifoni per sostituire la panna montata, lecitina di soia al posto dei rossi d’uovo, agar agar per addensare senza supporto di amidi e farine. Risultato: dolci poco dolci, leggeri, sfiziosi, pensati e realizzati per appassionati sensibili al caldo. Se siete golosi quanto pigri, approfittate delle gite d’agosto per raggiungere i tanti, buonissimi luoghi dei dolci d’estate, variamente disseminati tra spiagge e passeggiate. Altrimenti, armatevi di centrifuga e gelatiera, ideando ricette zuccherine secondo libere associazioni gastronomiche, dove dolce, amaro, salato e acido giocano a rimpiattino senza causare sudori supplementari. A chiudere, una tazzina di caffè e tre cubetti di ghiaccio assemblati per due minuti al massimo nei giri del frullatore, ovvero brividi e caffeina, tandem ideale per resistere all’estate di Caligola e Nerone. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Gli indirizzi LABORATORIO DI RESISTENZA DOLCIARIA Via P. Ferrero 11 Alba (Cn) Tel. 0173-284185
PASTICCERIA COLZANI Via Nazario Sauro 47 Cassago Brianza (Lc) Tel. 039-955188
CIOCCOLATERIA GEPI Largo Amendola 20 Santa Marghertita Ligure (Ge) Tel. 333-4032243
OFFELLERIA RIZZATI Via San Romano 25 Ferrara Tel. 0532-711504
GINO FABBRI PASTICCERE Via Cadriano 27 Bologna Tel. 051-505074
PASTICCERIA CARLI Piazza Francesco Berni 20 Lamporecchio (Pt) Tel. 0573-82177
KRAPFEN DI PAGLIA Piazza Anco Marzio 18 Lido di Ostia (Rm) Tel. 06-5623344
PASTICCERIA ORCHIDEA Via Cesare Battisti 24 Montesano Marcellina (Sa) Tel. 349-5605444
PASTICCERIA AMATI Via Latorre 4 Fasano (Br) Tel. 080-4413053
PASTICCERIA ALBA Viale Regina Margherita 2b Mondello (Pa) Tel. 091-6840444
Granita al caffè
Mousse al limone
Crema di yogurt
Sorbetto Budino di cioccolato ai lamponi
Tatin Gelo d’albicocche d’anguria
Sciroppo di acqua e zucchero e caffè ristretto: in freezer un’ora, frusta per rompere i cristalli Servire con panna
Succo di limone e tuorli lavorati con lo zucchero Addensare la crema a bagnomaria, raffreddare. Aggiungere i bianchi montati a neve
Yogurt greco (o normale scolato in una garza per una notte nel frigo), panna montata, anche di soia, e foglie di menta per profumare
L’ex sfida impossibile trasformata in un gustoculto: acqua e zucchero per sciogliere cioccolato fondente e cacao da mettere in gelatiera
Albicocche a metà sulla pirofila imburrata e inzuccherata Dopo la caramellatura, coprire con una brisée In forno mezz’ora
Per il siciliano “gelo di mellone”, succo addensato con amido, acqua e zucchero Poi acqua di gelsomino e gocce di cioccolato
A tavola
Cheese cake Biscotti tritati e amalgamati con burro fuso come base. Sopra, un composto di ricotta sgocciolata, zucchero, tuorli e bianchi montati
Latte, zucchero e uova addensati con poca farina, così da alternare strati di crema e frutti rossi nello stampo Raffreddare in frigo
La cassata siciliana vizio che sfida la morte GIORGIO VASTA e lodomando da anni: com’è possibile che nella stagione in cui — per dirla col principe di Salina — in Sicilia «nevica fuoco», in fondo a quel percorso furibondo che è un normale pasto palermitano, un itinerario che moltiplica trappole palatali e ordigni gastrointestinali, com’è possibile, mi domando, che sotto quella luce zenitale, sotto un sole che soprattutto tra giugno e agosto si trasforma in qualcosa di solido e aspro (ogni raggio un nerbo di bue, uno staffile che doma e punisce), come si può accettare che al termine di un pranzo figuri ancora, come un mostro minuto e ostinato, un dolce di ricotta, una fetta di salame turco, la striscia mollemente traslucida di zucca candita a decorare una caleidoscopica cassata? In altri termini: se in giro per il mondo le cucine tendono a modularsi sulle stagioni facendo esistere una relazione logica e virtuosa tra ingredienti e temperature calde, perché a Palermo (anche) in estate la logica viene meno, la virtù si fa vizio e sulla tavola compare un grumo di glucosio? Mangiare è un’azione contraria alla morte, mi dico. Si mangia contro la morte. Mangiare dolci eleva questa azione a esponente. I dolci sfidano la morte. Considerato che si muore anche in estate, mi dico ancora, i dolci sono un antidoto perenne. Un nutrimento apotropaico. Uno scongiuro con la glassa sopra. Il mese scorso, durante quello che a Palermo viene chiamato “festino”, alla Cala, proprio di fronte al mare, c’era una famiglia numerosissima in contemplazione dei fuochi d’artificio. Seduta nell’afa, sonnambolica, la pelle intorno agli occhi smaltata di sudore, al vertice di questa piramide familiare una ragazzina impugnava uno stecco in cima al quale si arrotondava un dolce color rubino simile a un organo interno. Mentre nel cielo nero i fuochi esplodevano a raggiera lei — assorta, inconsapevole, il suo appetito serale come lo scudo che difende dalla caducità genitori zie fratelli sorelle — brucava la piccola zolla vermiglia. Ha dato ancora un morso di labbra, piano, a quel cuore tetro. L’ho guardata a lungo: aveva qualcosa di immortale.
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LA RICETTA Nero Assoluto e pere caramellate Ingredienti
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Il fiorentino Simone Bonini è uno dei più bravi e innovativi gelatieri italiani Ai clienti di “Carapina” (nome tecnico dei pozzetti dei gelati) offre creme e sorbetti naturali e di stagione, come nella ricetta ideata per i lettori di Repubblica
300 g. di acqua naturale 100 g. di zucchero 70 g. di cioccolato fondente 70% 30 g. di cacao foglie di menta piperita granella di pistacchio o nocciola sale di Maldon Sciogliere il cioccolato in un pentolino a bagnomaria Mescolare zucchero e cacao (polveri). Versare nella gelatiera con questa sequenza: acqua, polveri e cioccolato già sciolto Attendere che il sorbetto sia mantecato (quenelle) e servire con foglie di menta fresca. Tagliare a fette e caramellare delle pere coscie. Comporre il piatto, adagiando le pere e appoggiando sopra la quenelle. Rifinire con sale di Maldon, granella di pistacchio o di nocciola e una foglia di menta
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LA DOMENICA
L’incontro Muse
Il suo vero cognome, Dreyfus, è quello dell’antenato reso celebre da Zola Quello d’arte glielo suggerì Prévert Esordì al cinema a quattordici anni Poi Fellini e Mastroianni, Lelouch e la Deneuve, Bertolucci e Tognazzi. Ma oggi, a ottant’anni, ricorda ancora il personaggio che la rese celebre in guêpière e boa di struzzo: “Nella leggerezza di Lola ritrovo il mio modo di essere di allora”
Anouk Aimée
enza contrastare il tempo che passa, a ottant’anni compiuti da poco Anouk Aimée è semplicemente bellissima. Lo è ancora, bella, come tutti i personaggi che ha interpretato nel corso di una carriera iniziata a quattordici anni, unica attrice al mondo a potersi permettere — quando servì — di essere svampita senza essere bionda. Il cinema italiano l’ha amata con passione — Fellini, De Sica, Bellocchio, Bertolucci — forse perché, pur magrissima, era bella come Gina, Sophia, Silvana. Forse perché non era “typée” francese? «Forse» risponde lei, un sorriso appena malizioso sotto i grandi occhiali sfumati. È seduta al bar di un albergo vicino agli Champs-Élysées, ed è reduce da tre ore di incontri con la stampa francese, elettrizzata dal ritorno di uno dei film più eleganti e sensuali della Nouvelle Vague: Lola di Jacques Demy, appena restaurato. Prima di ritornare nelle sale francesi lo scorso 25 luglio, il film ha fatto una breve tournée nei festival (al Cinema ritrovato di Bologna e al Festival della Rochelle) e a novembre uscirà in dvd con il suo sequel americano Model Shop del ’69, sempre Demy-Aimée, per Arte e Ciné-Tamaris. Lo sa che, annunciato come «il film che ha scandalizzato la Francia», in Italia Lola fu vietato ai minori di sedici
’66, il film che più di ogni altro la rivelerà al mondo: Un uomo, una donnadi Claude Lelouch accanto a Jean-Louis Trintignant, con il quale vinse Cannes e anche l’Oscar, il Golden Globe, il Nastro d’Argento e il Bafta del miglior film straniero. Su quel set Anouk Aimée incontra Pierre Barouh, attore nel film e anche tra le voci del celeberrimo shabadabada della colonna sonora di Francis Lai: per tre anni fu il suo terzo marito, prima della sua più lunga storia d’amore, quella con l’attore inglese Albert Finney (Tom Jones). Nel 1970 Anouk Aimée per raggiungere Finney si trasferisce a Londra e dimentica il cinema. Non fu una storia semplice, tanto che nel ’75 fuggì con Ryan O’Neal, di undici anni più giovane di lei. Ma a Londra, in quei cinque anni, decise di fare la moglie e non l’attrice. Li riassume così: «In Italia ho imparato a cucinare, a Londra ho cuci-
Nel lavoro come nella vita non ho mai cercato io un regista
Ho bisogno di essere amata e desiderata
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PARIGI
anni e uscì con il titolo di Donna di vita? «Certo che lo so, frequentavo molto l’Italia in quegli anni. Avevo un appartamento a Roma, accanto ai Fori imperiali, in via dei Foraggi. Mia figlia era iscritta alla scuola francese e facevamo avanti e indietro con Parigi». Nell’Italia del 1960 il personaggio della entraineuse-cantante-ballerina Lola, in guêpière di pizzo nero e boa di struzzo, le creò problemi? «Non particolarmente. Lola è uno dei miei personaggi preferiti, l’avrei difeso contro venti e maree. La sento ancora molto vicina. In quella sua leggerezza ritrovo un mio modo di essere di allora. Ricordo che, con Jacques Demy durante le riprese, approfittammo di questa somiglianza tra me e il personaggio. Lola è una donna libera, una che corre sempre, ma che, correndo, aspetta un uomo che alla fine tornerà. Tira su un bambino da sola, in apparenza senza troppa cura, ma il bimbo se la sbriga e non sembra soffrirne. Oltre al rapporto che Lola ha con gli uomini — il marinaio che somiglia all’uomo che aspetta, l’amico d’infanzia che si innamora di lei — anche quello così disinvolto tra madre e figlio era molto moderno per l’epoca». Come Lola, Anouk Aimée ha allevato una figlia da sola, Manuelle, nata nel ’52 dal secondo dei quattro mariti, il regista greco Nikos Papatakis. E come Lola ha fatto impazzire molti uomini. «Non ho mai cercato io un regista. Ho bisogno di essere cercata, di essere desiderata, amata» dice, e non sta parlando solo di cinema. Era difficile da vivere il mondo del cinema negli anni Sessanta? «Non più di quello di oggi. Solo che allora c’erano registi sublimi e girare con loro era sempre un’emozione. Sul set c’era rispetto, ammirazione, amore. Quando giravamo fuori da una città stavamo tutti insieme, diventavamo una famiglia. La mia vita, per esempio, è stata marcata dall’incontro con Federico e con Marcello. Eravamo molto legati, noi tre». Il primo regista italiano ad accorgersi di lei fu proprio Fellini con il quale nel ’60 girerà La dolce vita nella parte dell’elegante e volubile Maddalena, amante di Marcello. Seguirà L’imprevisto di Alberto Lattuada, Il giudizio universale di De Sica, Il successo di Mauro Morassi e 8 e 1/2, questa volta come moglie di Mastroianni. Poi Corbucci, De Bosio, Blasetti, Festa Campanile (ma anche Aldrich, Cukor, Lumet) e, nel
nato». Tutto qui? «Dicono sempre che sono misteriosa, ma alle volte le persone confondono il mistero con il pudore». Lola è un personaggio pudico o misterioso? Sembrerebbe dire tutto quello che pensa... «Forse non dice tutto, forse quello che non dice è più importante di quello che dice. Sì, tutto sommato direi che Lola è una donna pudica». Poche attrici possono vantare una carriera davvero internazionale. Perché ha viaggiato così tanto nel cinema? «Mi proponevano un film, mi piaceva, andavo. Erano registi straordinari, sarebbe stato stupido dire di no. Ma i due paesi nei quali ho vissuto di più sono stati l’Italia e l’Inghilterra. Lelouch è venuto a prendermi a Londra e mi ha riportata a casa». Nel 1976, con Chissà se lo farei ancora accanto a Catherine Deneuve, Anouk Aimée torna infatti al cinema. Salto nel vuoto di Bellocchio è del 1980 e lei è la sorella nevrotica e disperata del giudice Michel Piccoli («Marco è uno dei registi che ho amato di più, è stato bellissimo girare con lui»); l’anno dopo esce La tragedia di un uomo ridicolo di Bertolucci nel quale è la moglie di Tognazzi («Eravamo a Parma: prosciutto, parmigiano, Toscanini, Stendhal»). Poi Tovoli, Skolimowski, e ancora Lelouch in Un uomo, una donna vent’anni dopo sempre con Trintignant; trent’anni dopo, Uomini e donne. Istruzioni per l’uso e ancora altri lavori con Lelouch. Nel 1994 è invece una stilista di moda in Prêt-à-porter di Altman, lei che per anni è stata la musa di Ungaro, il più italiano dei couturier. Ma la moda non sembra interessarle: nella memoria della storia del cinema resta soprattutto vestita di un ampio trench e spesso in nero. Di tutti i misteri della sua vita il più grande è legato agli anni della guerra. Soltanto grazie a un film — La petite prairie aux bouleaux (2003) di Marceline Loridan, moglie di Joris Ivens, nel quale la Aimée interpreta una donna ebrea che torna ad Auschwitz-Birkenau dove è stata prigioniera — l’attrice parlò di quello che aveva vissuto durante l’Occupazione. Anouk nasce Françoise Judith Dreyfus, un cognome ebreo che dicono discendere direttamente dal capitano Alfred del J’accuse di Zola. Già suo padre, attore, per prudenza lo cambiò in Henry Murray. Quando Françoise ha tredici anni il regista Henri Calef la nota men-
tre, nella rue du Colisée, va al cinema con la madre. Le offre il suo primo ruolo. In La maison sur la mer, da noi Tragico incontro. Il suo personaggio si chiama Anouk, e Anouk resterà per sempre. È Jacques Prévert che le suggerisce un cognome scaramantico: Aimée, amata. Ha quindici anni quando Prévert scrive per lei la sceneggiatura de Gli amanti di Verona che André Cayatte girerà nel 1949. Durante l’occupazione nazista delle città francesi, dal ’40 al ’44, la famiglia Dreyfus si sposta continuamente. C’è sempre qualcuno che li ospita, che li nasconde, arrivano tutti vivi alla Liberazione. Nel ’44, sono a Marsiglia. Françoise ha dodici anni, è insieme alla madre e vede lungo la Canebière, via principale della città, la folla che sputa sui prigionieri tedeschi, che prova a picchiarli, che tenta un linciaggio. «Erano umiliati. Avevano addosso decine di persone che urlavano contro di loro. Ho pensato che non fosse giusto. Troppo facile sputare in centinaia su cinque uomini che camminano. Bisognava giudicarli in tribunale e punirli, questo sì, ma non sottoporli a un’umiliazione simile. Sono sempre stata contro i linciaggi, contro le giustizie sommarie. Anche la morte di Mussolini mi ha molto toccata, anche quella di Gheddafi». E sua madre? Fu d’accordo con lei quel giorno a Marsiglia? «Non le dissi nulla, mi sembrarono solo pensieri di bambina». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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LAURA PUTTI
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CULT
DOMENICA 12 AGOSTO 2012
Domande incomprensibili, opzioni impossibili o sbagliate. Ma perché, in Italia, non si trova un modo per formulare i quiz?
Forse, perché, non tutte le capacità sono computabili
FUORI DI
TEST STEFANO BARTEZZAGHI
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a memorabilmente osservato Ennio Flaiano: «In Italia, la linea più breve fra due punti è l’arabesco». È forse a questo tipo di autodiagnosi che occorre rivolgersi quando si prende in considerazione quell’insieme di sintomi, nel contempo comici e drammatici, che lascia dedurre un’insofferenza, un’intolleranza o forse proprio un’allergia nazionale per i test. Una volta, nessuno ci azzecca; un’altra volta, le domande sono tutte sbagliate; un’altra volta, le domande sono giuste ma le risposte sono formulate male. Nessuno dei numerosi tentativi di introduzione in Italia di test a scopo di valutazione e verifica o anche orientamento pare essere mai filato del tutto liscio, come se un arcano anatema ci impedisse di adibire i quadratini e le crocette agli scopi per i quali, almeno in apparenza, risultano utilissimi all’estero, specie quello anglosassone. Almeno in apparenza: vanno messe le mani avanti perché, a giudicare dalle annose vignette di Schulz sulle verifiche a multiple choice condotte dalla buffa Piperita Patty, anche negli efficienti Usa qualche risvolto assurdo i test sembrano averlo. Ma certo nulla di paragonabile a quanto succede da noi. Lasciamo anche da parte i quiz per la patente, sagra folkloristica su cui Francesco Merlo ha compiuto un’esauriente ricognizione etnologica. Lì si tratta di operare un minimo di selezione rapida e anche casuale su intere masse di candidati, contemperando l’operazione con quel tipo di menta-
lità e di linguaggio burocratici che Marcello Marchesi riassumeva nel proverbio neo-latino «Est modulus in rebus». Da questo impossibile trapianto nascono i quesiti del genere che fa vibrare Merlo di gaudiosa indignazione: «La sosta è comunque vietata in corrispondenza dei distributori di carburante», dove tutto sta in quel comunque (falso, perché non è vietata comunque: quando il benzinaio è chiuso, è consentita). Tutti prendono la patente lo stesso; entro due settimane tutti cominciano a posteggiare ovunque e comunque. Non è mai stato un problema. Così come non fu un vero problema quello del 2011, quando nei test di ammissione al corso di laurea in professioni sanitarie della Sapienza comparve la do-
L’ideologia
Dall’università agli Invalsi fino alla maturità agisce un’ideologia econometrica L’efficienza
Valutare l’efficienza forse non è sempre giusto per tutti, ma è molto sensato. Magari con altre formule
manda: «Nei pressi del noto Liceo Tacito di Roma si trova la “grattachecca di Sora Maria”, molto nota tra i giovani romani. Sapresti indicare quali sono i gusti tipici serviti? Menta, limone, amarena, cioccolato...». Il rettore – tuttora in carica – Luigi Frati disse: «È una domanda di logica». Più puntuale fu il commento di Gabriella, la figlia della Sora Maria, attuale titolare del chiosco: «È già venuto il Tg5 e il Tg2, sto a diventa’ famosa». Fin qui, appunto, puro folklore. La faccenda diventa assai più seria quando a sorreggere il test non è solo una mentalità arcaica modernizzata di colpo e malamente, come un dialetto che abbia accolto alcuni anglismi e germanismi e venga parlato in azienda. Nei test di ingresso alle università, nei “quizzoni” delle maturità, nei test “Invalsi” per la valutazione degli istituti didattici (e in molti altri casi) agisce piuttosto un’ideologia econometrica, docimologica, computistica che compie danni non solo teorici. Che occorra uno strumento per valutare l’efficienza dei diversi livelli dell’apparato scolastico forse non è ovviamente giusto per tutti, ma certo è molto sensato. Più dubbio è invece che a colpi di test si possano mettere in evidenza i parametri necessari a tale valutazione. Tanto più se – come accadde l’anno scorso – i test Invalsi (brutto acronimo arrangiato per: Istituto Nazionale per la VALutazione del Sistema dell’Istruzione) per la scuola media contenevano un errore nelle griglie di correzione che ha determinato caos e smarri-
mento nel momento più delicato della carriera scolastica dei quattordicenni. Che fosse sbagliata la griglia di correzione in un test di valutazione, fra l’altro, più che un errore tecnico pare un lapsus. Chi valuta l’efficienza dei test di valutazione? «La fantasia per la quale i test sono in grado di misurare l’intelligenza non è proprio del tutto inconsistente: misurano con precisione l’intelligenza di chi li ha preparati». Chi ha fatto un commento simile non era animato solo da spirito paradossale, postmodernista e decostruttivo. Quantificare una valutazione significa sforzarsi di conferire il massimo dell’oggettività a una materia che è impregnata di soggettività. Nell’Italia di Flaiano è come chiedere a qualcuno di
dimostrare che la linea più corta che unisce due punti è il ghirigoro per via geometrica, mediante equazioni, tabelle e diagrammi su assi cartesiani. Il governo tecnico sembra condividere questa ideologia: quello che è, è computabile; ciò che non si computa, non è. Può valere per lo zero e per il cento, per il tutto e per il niente. Ma in fatto di scuole, conoscenze, efficienza, preparazione, lo zero e il cento non danno alcun problema. Sembra invece proprio il caso di affermare, e con una certa nettezza, che fra lo zero della laurea albanese di un certo consigliere regionale lombardo, che ora assicurano dedito all’agricoltura, e il cento del curriculum che brilla di luce propria di pochi adepti di corsi esclusivissimi (ma ricordiamo-
Sottotesto
Se la nostra è una repubblica fondata solo sull’ornamento ANTONIO GNOLI
a parola “ornamento” evoca ai più l’eleganza con cui si porta un gioiello, o si indossa un indumento. Ornamento è l’arredo di una casa o di un pensiero che rifugge dall’eccesso di linearità. Ernst Bloch, in polemica con Adolf Loos, che lo aveva paragonato a un delitto, ne esaltò la bellezza e perfino la sorprendente presenza nell’arte di Kandinsky e di Marc (si veda Ornamenti, edito da Armando). Oggi circola un pensiero ornamentale che va sempre meno alla sostanza delle cose, gira intorno alle questioni con esasperante barocchismo. Lo stile ornamentale, con i suoi tatuaggi, ha
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riscritto le superfici dei corpi. A dar retta al celebre arabesco flaianeo, l’Italia è un paese condannato all’ornamento. Siamo manieristi, dissimulatori, contorti. Impreziositi dalla bella frase, circondiamo l’aura dei nostri discorsi con i riccioli delle nostre pretese. Un tempo tutto ciò ci rese famosi e regalò sorprese letterarie e artistiche, almeno fino a Tiepolo. In seguito il panneggio mentale cercò nuovi approdi: nel divertimento e nel lusso. Siamo diventati maestri di mode. Stilisti in grado di influenzare il gusto. All’etica abbiamo preferito l’estetica. All’essere l’apparire.
Niente di male. Almeno fino a quando le economie marciavano e il mondo ci consegnava incuriosito un ruolo da svolgere nell’irrilevante della vita. Ma oggi l’arte del ricamo non produce più i suoi effetti. L’ornamento non è solo il superfluo e l’inutile, è il dannoso. Come si ricava dalla stessa politica. C’è da chiedersi se gli anni del berlusconismo non furono l’ultima realizzazione dell’ornamento. La frastornante promessa di un mondo nuovo. Che si è rivelata del tutto finta. Come la richiesta, ornamentale, di un ritorno alla lira. © RIPRODUZIONE RISERVATA
La storia
Ma anche gli Stati Uniti stanno cambiando metodo Per l’ammissione a Medicina, ora, ci sono nuove prove Che comprendono anche analisi e interpretazioni di brani ELISABETH ROSENTHAL
ILLUSTRAZIONE DI OLIMPIA ZAGNOLI
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ci sempre, – sempre! – che Lapo Elkann ha studiato alla European Business School di Londra e ha lavorato o almeno operato nello staff di Henry Kissinger: anche la presunta eccellenza è vulnerabile), esiste non solo una semplice via di mezzo. Quello che passa di lì è decisamente fuori di test. È il mainstream democratico, l’alto alfabetismo di massa, la civiltà occidentale che vorrebbe scongiurare il ritorno a feudalesimo e pastorizia: la preparazione di medici, ingegneri, storici dell’arte, geologi, biologi, professori di filosofia, persino giornalisti e, quando càpita, economisti, capaci e colti. Siamo proprio sicuri che a colpi di test si possa stabilire la qualità di una scuola? Una scuola vive sul contatto umano, su quello che solo una
La qualità
Il punto è capire cosa possa stabilire davvero la qualità di un candidato L’oggettività
Quantificare certe cose significa pensare di dare oggettività a una materia impregnata di soggettività
sessuofobia stupida e incolta, travestita da malintesa correctness, non sa chiamare eros, poi reso funzionale a una trasmissione del sapere che non è possibile anestetizzare, sterilizzare dai suoi connotati viventi, occasionali, linguistici, semiotici, psicologici. Tradurre questo in parametri numerici e ossessivamente dediti all’oggettività implica lapsus. La soggettività del compilatore del test riapparirà – priva di segni di riconoscimento e scambiabile (dai non vedenti volontari) per oggettività – reificata nell’errore, nell’incidente della grattachecca (vero sintomo di una mentalità piccolissima, degna al più dell’ambulatorio del praticone), nello sproposito del più recente test per l’abilitazione all’insegnamen-
to di filosofia, psicologia e scienze dell’educazione nelle scuole superiori. Quest’ultimo era in parte significativa basato su domande di insultante frivolezza, come: «Non è un’opera di Comenio: A) De magistro B) Didactica magna C) Orbissensualiumpictus D) Janualinguarumreserata». Tutto ciò in una prova che serviva per abilitare all’insegnamento persone che magari insegnano già, come precari, da anni. Non ci si pensa mai, oltretutto: dover passare un esame, magari severo ma scriteriato, per essere abilitati a fare quello che si fa già da anni, impeccabilmente e sottopagati, è di per sé un abominio logico. Certo, molto di più illogico del gusto sbagliato di una grattachecca. © RIPRODUZIONE RISERVATA
uando all’Università dell’Oklahoma gli studenti in primavera avevano fatto un gran caos pur di potersi iscrivere al suo corso di etica medica – in precedenza frequentato per lo più da specializzandi in scienze sociali –, il professor Piers J. Hale aveva avuto sentore che dovesse esserci qualcosa di strano. In seguito ha scoperto che quell’improvvisa popolarità del corso dipendeva dal progetto dell’Associazione dei college americani di medicina mirante a revisionare i test di ammissione alla facoltà e inserirvi una notevole dose di preparazione in scienze sociali. Oltre alle domande di scienza avanzata e di matematica che da decenni costituiscono il punto forte di questo test, vero e proprio rito di passaggio per iniziare la formazione e diventare medici, quasi la metà del nuovo Mcat si concentrerà da ora in poi su argomenti più scivolosi in due nuove sezioni. La prima coprirà le scienze sociali e comportamentali, la seconda l’analisi e l’interpretazione critica e richiederà agli studenti di analizzare brani di argomenti disparati come l’etica e gli studi transculturali. «Le iscrizioni sono raddoppiate e ho dovuto respingere una ventina di candidati» dice Hale, professore di storia della scienza moderna. «Ma la cosa più entusiasmante non è che frequentare questo corso servirà a questi studenti per entrare nella facoltà di medicina, ma che farà di loro dei medici migliori». Il test di ammissione alla facoltà di medicina (Mcat, Medical College Admission Test) è qualcosa di più che un semplice quiz. Un buon punteggio è indispensabile per entrare in una professione perennemente in esubero di personale. L’anno scorso sono stati quasi 44mila a presentare richiesta per 19mila posti nelle varie facoltà di medicina sparse negli Stati Uniti. Pertanto il cambiamento apportato al test, approvato a febbraio, potrebbe trasformare il genere di studente che ce la farà a superarlo. «Dai sondaggi è emerso che l’opinione pubblica ha una grande fiducia nel sapere dei medici, ma molta meno nelle qualità di cui danno prova al capezzale dei malati» ha detto Darrell G. Kirch, presidente dell’associazione che ha annunciato la modifica. «Scopo dell’iniziativa è migliorare il processo di ammissione alla facoltà e trovare le persone che tutti vorrebbero avere come medici. Essere un buon dottore non significa capire la scienza, ma gli esseri umani». L’adozione del nuovo test, al quale si sottoporranno gli studenti dal 2015, rientra nello sforzo decennale intrapreso dagli insegnanti di medicina per riportare in auge un pizzico di quelle doti di un tempo, fatte di attenzione e premura verso i pazienti, in una professione nella quale sono sempre più predominanti la tecnologia e la sperimentazione in laboratorio. La grande incognita è capire fino a che punto un test a scelta multipla possa far intendere l’entità di quell’etereo mix di qualità scientifiche, umane e spirituali che fa di un medico un buon medico. (Traduzione di Anna Bissanti) © 2012 New York Times News Service © RIPRODUZIONE RISERVATA
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R CULT
Le critiche degli altri
“L’Ulisse di Joyce si può ridurre in un tweet” parola di Coelho ANGELO AQUARO
Alchimista ha parlato: James Joyce non vale un’acca, come diremmo noi italiani. Anzi, nella sua lingua il brasiliano è ancora più esplicito. «Non c’è nulla lì dentro» sentenzia dall’alto delle sue centinaia di milioni di copie vendute Paulo Coelho. Dove «lì dentro» sarebbe l’Ulisse: il capolavoro della letteratura passato alla storia anche come uno dei libri più difficili. «Se lo esaminate per bene» sentenzia Paulo «non ne resta che un tweet». E figuriamoci. Dal New York Times, che definisce «l’insulto di Coelho» il «più grave affronto» mai
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La biografia
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IO NON MI SALVERÒ. LA VITA DI JANUSZ KORCZAK
di Monika Pelz Castelvecchi, trad. di Fabio Cremonesi, pagg. 126, euro 14,50
Il saggio
L’importanza di essere cortesi FRANCESCA BOLINO na lettura che mi sento di consigliare come contravveleno a un’epoca di monologhi e risse», scriveva Giovanni Mariotti nel 1996 alla prima edizione di questo prezioso libretto. Inutile dire che viviamo tuttora in un’epoca di volgarità ed egocentrismi, ma non solo per questo il saggio di Giovanna Axia, ora riproposto dal Mulino, è più che mai attuale. L’attenzione per gli altri come forma di intelligenza è un modo di guardare alla cortesia secondo una scansione che non ha tempo e ci riconduce ai fondamentali del rapporto sociale. Studiosa del comportamento infantile, la Axia ci dice che il momento decisivo nella formazione del bambino è intorno agli 8 anni, quando si impara a parlare tenendo conto non solo dei propri desideri, ma dei punti di vista e dei bisogni dell’interlocutore. È questo il momento magico in cui fissare la pratica della gentilezza come intelligenza per capire gli altri. Non dunque banali regolette di ipocrisia sociale secondo una lettura stereotipata del Galateo del Castiglione, ma la cortesia come modello di educazione civile.
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ELOGIO DELLA CORTESIA
di Giovanna Axia
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Messico e demoni alla scoperta del feroce Rulfo
Fuori di testo
ome nasce, come si diventa un eroe? Perché certo Janusz Korczak lo fu, come altro si può definire il medico che si mise alla testa dei 200 bambini ebrei dell’orfanotrofio da lui fondato mentre i nazisti li portavano via dal ghetto di Varsavia verso Treblinka? A lui avevano offerto inutilmente mille vie di fuga. Monika Pelz, austriaca, giornalista, biografa, gli dedica ora un libro che oltre all’ultimo periodo, ne racconta la vita, il pensiero, svelandone la straordinaria personalità. Perché Korczak fu speciale fin dall’inizio: nato nel 1878 da ebrei non religiosi e benestanti, si mostrò subito un ragazzino sensibile, attento ai più deboli. Scelse di diventare un pediatra. Non si sposò, la sua devozione ai bambini lo possedeva: di loro capì cose che poi furono alla base della pedagogia moderna: che andavano considerati “persone” a tutto tondo, da rispettare e aiutare fondendo medicina, psicologia, sociologia, storia, religione, amore. Iniziò con dei campi estivi per l’infanzia, nel 1906 diresse il primo orfanotrofio ebraico ispirandosi ai principi di Pestalozzi e Froebel. Scrisse libri. Negli anni ’30 andò due volte in Palestina. Nel ’39 l’invasione tedesca della Polonia. E tutto cambiò.
caso – soprattutto via Twitter: «Possiamo commettere tanti errori meno uno: quello che ci distrugge», «Dio è lo stesso qualunque nome porti: però bisogna trovarne uno per poterlo chiamare», «Quando desideri qualcosa, tutto l’universo cospira perché tu riesca ad ottenerlo»... Insomma non è detto che la reductio ad twittum del vecchio Joyce, per lui, sia davvero un insulto: forse, per quest’apprendista alchimista della letteratura, è soltanto sacrosantisssima invidia.
IL LIBRO DI ANTONIO GNOLI LA PIANURA IN FIAMME
Quel pediatra ebreo Schindler dei bambini SUSANNA NIRENSTEIN
subito dal sommo irlandese, fino al Guardian, che replica graziosamente accusando l’opera omnia coelhica di essere «meno intellettualmente profonda di un camembert», i critici del mondo intero sono subito insorti per il reato di Lesa Ulissitudine. Sarà. Però proprio il riferimento a Twitter riveste di tragicomico la condanna. Come l’alchimista sognava di tramutare i metalli in oro, da sempre Coelho è convinto di trasformare in verità filosofiche i suoi distillati di filosofia da cioccolatino, ultimamente incartati – guarda
Il senso del costume di casa STEFANO BARTEZZAGHI on una rara operazione di recupero conservativo editoriale, Bompiani ha mandato in libreria l’edizione tascabile di un libro di Umberto Eco intitolato Il costume di casa. Il caso è raro non tanto perché dalla prima edizione sono passati trentanove anni: ma perché il libro non era mai stato ristampato, nel frattempo, e poi perché era un libro di attualità, che commentava casi di cronaca e costume dei dieci anni precedenti. Questo lo diceva già il titolo, sbarazzino e a doppio senso: il «costume di casa» allude agli usi italiani ma anche allo stile confidenziale e «in veste da camera», di questi scritti. Molto più ponderoso il sottotitolo: «Evidenze e misteri dell’ideologia italiana»: ma si sa, erano tempi in cui veniva naturale mostrarsi impegnati... Il bello di rileggere questi articoli è che le evidenze e i misteri sono rimasti quelli, anche se di ideologia non si parla più (deve avere vinto lei). Eco ha aggiunto al sottotitolo la specificazione: «.... ideologia italiana degli anni Sessanta». Probabilmente, mentre lo ha fatto, rideva.
Tornano i 17 racconti dell’autore latino-americano Ci sono indios truffati e lotte tra padroni e contadini nello spietato affresco dedicato a un grande paese
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il Mulino, pagg. 136, euro 11
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ANTONIO GNOLI u un talento baciato dalla discrezione quello che esercitò Juan Rulfo con le sue stringate storie raccolte in La pianura in fiamme (edito da Einaudi con una bella prefazione di Ernesto Franco). Che rapidità, che precisione in quei diciassette racconti (ben tradotti, nella nuova edizione, da Maria Nicola) che esplorano un mondo fermo e feroce fino alla rassegnazione. Sovrastati dalla morte che è la sola moneta di scambio che Rulfo fa circolare liberamente. La letteratura conosce molti modi per parlarci dell’esistente. Rulfo privilegiò l’insondabilità umana. E alimentò l’indifferenza verso ciò che aveva visto nella vigilanza ostile della natura. Il suo sguardo era privo di sentimentalismo e di disprezzo. Che storie sono mai quelle che ci raccontò? Parlavano di Indios truffati cui viene data della terra cattiva e intrattabile: «una crosta di tufo da seminare»; di beghe violente tra padroni e contadini; di città inospitali, come Luvina, in cui si annida la malinconia: «Un posto moribondo dove sono morti anche i cani e non c’è più nessuno ad abbaiare al silenzio»; di delitti commessi e puniti troppo tardi, quando tutto avrebbe dovuto già essere con-
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cluso o perdonato; di relazioni tra padri e figli avvelenate dalla brutalità del sospetto, di donne che avrebbero voluto trasformare un gaudente mascalzone in un santo, di cognati amanti che trascinano il marito di lei e fratello di lui in un mortale pellegrinaggio (è forse il racconto più stupefacente dal titolo Talpa) di fuggiaschi e di rassegnati, di deliri e passioni spente, di oltraggi e di vendette. La scrittura di Rulfo irradia il barocco di certe chiese messicane, bianche fino alla cecità; ricorda la tradizione di certi teschi di zucchero resi innocui dal loro richiamo festivo, e trasformati in macabra ironia. Nacque in Messico (a Sayula nello Stato di Jalisco) nel 1918, morì nel 1986. Fu amatissimo dagli altri scrittori (tra cui Márquez) che videro in lui riflessa la sobrietà allucinata di un paese diviso tra la fame e il sogno rivoluzionario. Era bambino quando i “Cristeros” – un movimento di ribelli – gli uccisero il padre, la madre morì che aveva compiuto nove anni. L’ingresso nell’orfanotrofio e poi gli studi per sopravvivere e per riscattarsi. Venne il lavoro a Città del Messico prima come funzionario, poi come rappresentante di pneumatici, infine come direttore degli studi indigeni. Si guadagnò i galloni dell’intellettuale fondando e dirigendo una rivista letteraria. Scrisse pochis-
simo: un’altra raccolta di racconti, un romanzo bellissimo, che rievocava la figura del padre: Pedro Páramo, qualche sceneggiatura. È la biografia di un uomo tranquillo e appartato che aprì le porte all’inferno contadino con la stessa imperturbabilità con cui un entomologo avrebbe osservato il movimento degli insetti. Non c’è pathos nella scrittura di Rulfo né morale da trarre dai suoi racconti. I suoi insignificanti eroi si dolgono e si raccontano, con le facce sprangate dietro la tristezza. Testimoniano delle disgrazie accadute: rognose e cresciute in una terra selvatica e ingenerosa. E poi i nomi. Si disse che quei nomi – Odilòn e Remigio Torrico, il vecchio Esteban e Justo Brambila, Tanilo Santos, Juvencio Nava, Feliciano Ruelas. Euremio Cedillo, Analcleto Morones – Rulfo li aveva strappati alla pace dei cimiteri. Si disse che erano i nomi impressi sulle lapidi dei camposanti di Jalisco. Nessuna profanazione. Solo l’eco di una scrittura
ILLIBROOGGETTO
Il diario fotografico e narrativo di Toledano, in nome del padre GIANLUIGI RICUPERATI
L’OPERA “Days with my Father” di Phillip Toledano è pubblicato da Chronicle Books
intitola I giorni con mio padre, ed è uscito due anni fa, ma dovreste guardarlo, leggerlo, farne esperienza – specie se, lui vivo e vitale, lo pensate spesso, quasi ogni mattino e ogni sera, negli angoli più insensati delle cose quotidiane, proiettando nel futuro la solitudine e il terrore di perderlo; oppure, lui ormai scomparso, se ricordate attoniti i lampi del prima che se ne andasse e lo strano buio del dopo. Days with my Father, di Phillip Toledano (Chronicle Books, 19,95 $) non è niente di diverso da un diario fotografico e narrativo, essenziale e piovoso come Nebraskadi Bruce Springsteen –
S’
chitarra per immagini, e voce che narra il rapporto che un uomo di mezza età intrattiene con il papà quasi centenario: malfermo, la pelle di carta velina e la memoria che cancella tutti gli eventi appena accaduti. Il volume è venuto dopo un sito – lo specchio di un maschio vecchio nel corpo di un maschio ancora giovane. Il sito è la dimostrazione che si può lavorare sulla rete rifuggendo i due pericoli che talvolta schiacciano tanti progetti nati online. Da una parte l’eccessiva dipendenza dalla “cultura dei commenti”, il responso “democratico” che infesta di veleno o addolcisce di melassa tante valorose intraprese artistico-narrative digitali: foto blog, siti d’artista, esperimenti di vario ge-
nere. Dall’altra, la brutale assenza di qualsiasi complessità formale e legame (anche oppositivo) con la tradizione visiva e letteraria, che – detto senza alcun moralismo – semplicemente le schiaccia sul filo dell’istante. Ma visto che prima o poi tutti moriremo, e prima o poi tutti finiremo nello spazio digitale, l’opera di Limondau traccia una via esemplare per chi oggi voglia cimentarsi con linguaggi iconici e verbali. Per i libri-oggetto, come li intendiamo in questa rubrica, il web può essere lo studio casalingo in cui provare le canzoni prima di arrangiarle. In Days with my Father si vedono storie condensate e intense come stazioni del Calvario. Il padre che ride. Il padre che guarda nel nulla aggancian-
do fili invisibili di qualcosa che è stato e gli sembra intollerabile non vedere più. Il padre ridanciano, chissà perché. Il padre il giorno del suo novantottesimo compleanno. Il padre in pigiama. Il padre che smette dal suo volto ogni maschera di saggezza. Ed è questa la prova, quando diventi genitore, e tuo papà meravigliosamente invecchia: i tuoi figli ti chiederanno consigli con la voce rotta, e nessuno tranne te potrà dire la sola cosa saggia da fare. Ma tu, come l’autore di questo libro, sentirai lontana da te qualsiasi giustizia interiore e ti sveglierai nella notte, gli occhi sbarrati nel panico, invocando un uomo capace di ricordarti le sfumature umane tra il sì e il no. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Internet club
I piccoli finanziatori del libro dei libri LOREDANA LIPPERINI
l libro dei libri. O anche: come ti aiuto a scegliere fra i contemporanei, se non ti fidi (più) dei giudizi dati da altri lettori su Internet. Start Here è un progetto, ancora una volta in crowdfunding, che termina il 25 agosto con l’obiettivo di raccogliere 25.000 dollari. Tanti, in effetti, per un libro destinato ad aiutare gli incerti a incontrare gli autori di cui si è sentito parlare ma che non sono stati ancora letti. Ad ogni modo, su kickstarter.com si chiedono fondi per un volume di semplice orientamento: volete leggere qualcosa di
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William Faulkner e con il poco tempo a disposizione non sapete da dove cominciare? Il libro vi spiega tutto quel che c’è da sapere e vi invita a compiere la scelta. Gli autori selezionati sono Toni Morrison, David Foster Wallace, Margaret Atwood, Charles Dickens, William Faulkner, Gabriel García Márquez, Philip Roth. Ma si prevedono inclusioni, sempre che il progetto giunga a termine. Il libro da spiaggia. Solialsole è un tumblr che spia le letture estive. Fin qui, relativamente a due spiagge, Rapallo e Castiglioncello. Nella
DISEGNO: GABRIELLA GIANDELLI
Inseguendo l’avventura sulle Montagne Rocciose
LA FORMA DELL’ANIMA
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LA PIANURA IN FIAMME
di Juan Rulfo Einaudi Traduzione di Maria Nicola Pagg. 160 euro 18
Nelle parole, inedite (a cura di Andrea Ulivi), di uno dei più grandi registi russi la personale indagine esistenziale e spirituale fatta attraverso la macchina da presa. di Andrej Tarkovskij Bur Pagg. 200, euro 9,90 COMMEDIA NELL’ITALIA CONTEMPORANEA
Un genere cinematografico intramontabile che serve anche per riflettere con attenzione sul concetto di “identità”, analizzato attraverso otto film, da Mediterraneo ai vari Manuale d’amore. di Ilaria A. De Pascali il Castoro Pagg. 175, euro 15,50 STORIE DELL’ALTRO CINEMA
Un viaggio di epoca in epoca, di paese in paese in cui il critico cinematografico scomparso nel 2006 racconta protagonisti e avventure “filmiche” singolari e memorabili. Largo spazio è dedicato al cinema cinese ma c’è anche il poco conosciuto cinema russo pre-rivoluzionario, quello più lontano d’Africa, fino alle più eccentriche tendenze creative.
BENEDETTA MARIETTI vevo 19 anni e niente che avrebbe dato vita a una storia che valesse la pena raccontare, non solo da vecchio, nemmeno adesso». È questa la molla che spinge Pete Fromm, alla fine degli anni ’70, ad accettare un lavoro impossibile: trascorrere un intero inverno (da ottobre a giugno) in una tenda a parete presso l’Indian Creek, nel cuore delle Montagne Rocciose, per monitorare la schiusa di due milioni e mezzo di uova di salmone. Quell’avventura assurda e al limite della sopravvivenza, soprattutto per un ingenuo e inesperto studente di biologia della fauna selvatica, viene da Fromm brillantemente narrata in un romanzo di formazione autobiografico dal titolo Indian Creek. Il protagonista, in compagnia della cagnolina Boone, affronta con insolita determinazione la potenza e l’ostilità della natura: temperature polari (di notte 40 sotto zero), valanghe e tempeste di neve, animali feroci come alci, puma e linci. Ma deve vedersela anche con sospettosi guardiacaccia e arroganti cacciatori di frodo, oltre che con la solitudine e la noia di giornate tutte uguali. Fino al difficile ritorno alla civiltà, però con una storia, finalmente, da raccontare.
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INDIAN CREEK
di Pete Fromm Keller, trad. di Tatiana Moroni, pagg. 256, euro 14,50
Il romanzo
Telecamere con vista per superare il vuoto
di Ugo Casiraghi Lindau Pagg. 431, euro 29 PREPARARE UN FILM
Il processo produttivo cinematografico analizzato e spiegato attraverso tutti i suoi passaggi, tecnici ma anche psicologici, da un vero addetto ai lavori. di Myrl A. Schreibman Dino Audino Pagg. 190, euro 20 VITA DA CARTONI
Una microguida al cinema d’animazione, da quella americana, al suo sviluppo in Italia, ad una serie di piccole interviste agli autori. di Elettra Dafne Infante e Fabio Bartoli Tunué Pagg. 110, euro 14,50 (Dvd allegato)
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La storia
CINEMA & FILM che ha fatto della morte il proprio emblema. E che ogni suo piccolo protagonista si porta impresso come un tatuaggio. La muta livida di esseri che popola le sue storie non sembra conoscere la differenza tra umano e disumano. Tutto ciò che accadde confonde il suo agire con l’agire naturale degli elementi. La violenza di un temporale, il flagello del vento, l’implacabilità del sole, l’avarizia della terra, l’insidiosità della nebbia non sono semplici dettagli atmosferici, ma la culla di sordide e violente tragedie. Rulfo non risparmia nulla ai suoi personaggi. Ma li tiene alla larga dal manierismo contadino impregnato di dolore. A volte essi non sanno neppure perché uccidono e se uccidono, a volte non ricordano neppure perché fuggono e da chi. C’è uno stordimento che confonde torti e colpe e allinea le loro azioni all’istinto degli animali braccati. E se – nell’alternarsi delle guerriglie tra federali e ribelli – torna a volte l’ossessione della rivoluzione (che Rulfo patì), la vera potenza devastatrice non è nella forza degli eserciti o delle rivolte, ma in quella umanità minore e dannata che inconsapevole agisce fuori dalla storia. Nessuno è infelice come gli esseri che si agitano nei racconti di Rulfo. Ma è come se avessero dimenticato qual è l’origine di questa infelicità. Non ne conoscono la trama, non ne intuiscono le conseguenze: continuano a vivere dentro la sventura ignari del proprio destino. La loro condizione non va compatita, né portata a esempio. Niente in Rulfo suona come personale. Neppure le offese. Poche volte la realtà ha avuto così tante cose sgradevoli da dirci.
prima, su quattro stabilimenti visitati, si contano una Melissa Hill (Innamorarsi a New York), insieme a I misteri di Udolpho di Ann Radcliff, Zanna bianca di London, La luna e i falò di Pavese, oltre a tre Settimane Enigmistiche. In Toscana, avvistati due esemplari de Il profumo del te e dell’amore e due di Cinquanta sfumature di grigio, vari Follett, Mankell, Wilbur Smith, una Yourcenar (Memorie di Adriano) e nove Settimane Enigmistiche. Si attendono altre adesioni.
DARIO PAPPALARDO n illustre psichiatra ingaggia la giornalista televisiva F. per fare luce sulla morte violenta della moglie. La reporter, armata di troupe e telecamere, parte alla volta del lontano paese nel deserto, teatro dell’omicidio. Detta così, sembra di essere dalle parti del thriller. Ma Friedrich Dürrenmatt (Adelphi sta ripubblicando le opere dell’autore svizzero scomparso nel 1990), al solito, elude il genere. Qui il noir – “novella in ventiquattro frasi”, come recita il sottotitolo – confina con il saggio sull’ossessione dell’osservazione. E tutto si dimostra vano, anche il tentativo di F. di risolvere il giallo che forse non è nemmeno tale. L’incarico sta tra Hitchcock e Debord. Ci sono donne che vivono due volte, un intrigo internazionale, ma anche, in qualche modo, un nuovo capitolo della Società dello spettacolo. Dürrenmatt fa dire a un suo personaggio, il logico D., che gli uomini «si osservano a vicenda, si fotografano e si filmano l’un l’altro, per l’angoscia del nonsenso della propria esistenza al cospetto di un universo che si disperde in ogni direzione con i suoi miliardi di vie lattee». E pensare che non ha fatto in tempo a sapere cosa fosse un reality.
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L’INCARICO
A CURA DI ALESSANDRA ROTA © RIPRODUZIONE RISERVATA
di Friedrich Dürrenmatt Adelphi, trad. di G. Agabio, R. Cazzola, pagg. 108, euro 14
MINIMAEDITORIA
Rari, fatti a mano e d’autore, ecco i titoli per pochi CRISTIANO DE MAJO endenze e controtendenze: la consolidata natura del libro come oggetto di massa globale – i mega-seller internazionali non ancora usciti e già tradotti in cinquanta lingue, i “migliori” e “più originali” scrittori da tutto il mondo – ha prodotto minuscoli anticorpi elitari. Questa volta non si tratta di piccoli editori che, stretti nella morsa delle grandi concentrazioni, non possono che lottare ad armi impari dentro le regole del mercato. Si tratta, invece, di valicare il confine che passa tra necessità e libera scelta, superato il quale, ci si ritrova in un meraviglioso mondo di libri fatti a mano, in tirature limitatissime, illustrati, cuciti, numerati, orgoglio-
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IL PERSONAGGIO Ward Ritchie (1905-1996) collezionista ed editore è stato promotore dell’editoria di alta qualità in California
samente per pochi. Lo scrittore Peter Cameron, per esempio, altrimenti baciato da un discreto successo popolare, ha fondato nel 2010 la Wallflower press, che produce libriccini d’artigianato in dieci copie (al costo di 100 dollari), con dentro testi suoi e di altri scrittori che ama, decorati con disegni e fantasie floreali e rilegati dall’autore medesimo. Anni prima, un’idea simile era stata partorita da un altro scrittore americano, forse meno popolare, William Vollmann, ideatore e unico proprietario della CoTangent, i cui ultimi “pezzi”– con segnalibri fatti di fil di ferro o da capelli di prostitute intrecciati – si possono ancora trovare a caro prezzo (fino a tremila dollari) presso qualche negozio online di ra-
rità editoriali. Lo scrittore con il gusto per il libro d’artista è pressoché sconosciuto in Italia, con l’eccezione di Tommaso Pincio che, in forma del tutto gratuita, ha l’abitudine, a ogni nuova uscita, di disseminare clandestinamente nelle librerie copie firmate e da lui stesso arricchite con disegni a penna o a pennarello e figurine attaccate col nastro adesivo. La tradizione dell’editoria elitaria è di marca anglosassone, una cultura dove storicamente si distinguono dalla piccola editoria la Private press e la Fine press. La nascita della prima –caratterizzata da scopi artistici più che commerciali – viene fatta risalire alle sperimentazioni tipografiche e letterarie di William Morris, caposcuola dell’Arts and Craft e fondato-
re della Kelmscott Press. La seconda che, più genericamente, produce libri di alta qualità (tipo di carta, stile tipografico, illustrazioni d’autore) per scopi commerciali, ha visto nell’ultimo secolo, grazie soprattutto all’editore bibliofilo losangelino Ward Ritchie, una grande fioritura in California, dove ancora oggi si trova, a dare retta all’enfasi di certe dichiarazioni, la casa editrice che produce i libri “più belli al mondo”, l’Arion Press di San Francisco. La cosa migliore di questo universo parallelo è che nessuno si lamenta perché il libro è un prodotto di nicchia o per il prezzo di copertina. In tempi di contenuti sempre accessibili, l’aristocrazia della bellezza esercita un fascino carbonaro. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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DA VEDERE IN ITALIA
A CURA DI LUISA SOMAINI
R CULT TRIESTE
MILANO
ACQUI TERME
CASTRONUOVO S. ANDREA
La mostra invita a riflettere sulla produzione grafica del grande olandese, attraverso i fogli della collezione Malaspina dei Civici di Pavia. Il Ritratto di Jan Six, l’Autoritratto con la sciarpa al collo e l’Autoritratto alla finestra testimoniano la capacità di introspezione psicologica.
Ricostruita la figura di Luigi Vassalli Bey, egittologo e patriota milanese, attraverso manoscritti, disegni, foto. La mostra intende sottolineare il suo contributo all’archeologia e alla museografia in Egitto nel XIX secolo. La sua biblioteca è stata acquistata presso il Museum of Fine Arts di Boston.
Un omaggio a tre maestri piemontesi che hanno declinato con accenti propri la poetica dell’informale. Ruggeri, Saroni e Soffiantino si sono adoperati a partire dagli anni ’50 per rinnovare la pittura italiana, alla luce delle esperienze di De Staël, de Kooning, Kline, Dubuffet, Appel e Jorn.
Il Museo internazionale della grafica presenta il volume di Charles d’Orléans, Poèmes, interamente manoscritto e illustrato con 100 litografie originali di Matisse, stampate negli Ateliers Mourlot Fréres per Tériade Éditeur nel 1950. Il lavoro è messo a confronto con l’opera grafica di Carla Accardi.
Un egittologo garibaldino Castello Sforzesco Fino al 30 settembre
Ruggeri, Saroni, Soffiantino Palazzo Liceo Saracco Fino al 28 agosto
Matisse / Accardi MIG. Biblioteca Appella Fino all’8 settembre
Rembrandt. Incidere la luce Scuderie del Castello di Miramare Fino al 7 ottobre
Londra
Yoko vi invita a sorridere e a fare parte del suo film
“Smiles Film” di Yoko Ono
BETTINA BUSH LONDRA a più famosa artista sconosciuta». Questa era Yoko Ono per John Lennon. Per i più è stata a lungo soprattutto la moglie di Lennon (e la colpevole dello scioglimento dei Beatles): celebrità e talento personale non sono mai andati d’accordo nella vita di Yoko, artista che nasce dalla poetica Fluxus. Per molti il suo successo è legato a quel fortunato incontro nel ’66 all’Indica Gallery di Londra, quando John Lennon s’innamorò dalla sua installazione, una scala che portava a una tela nera, per scoprire attraverso il riflesso di piccoli specchi, la parola YES: l’ambiguo potere dell’ironia, ma anche l’invito ad aprirsi alla vita. Alla Serpentine Gallery di Londra è ritornata la scala, e ancora YES, da decifrare sul bianco del soffitto salendo sull’ultimo gradino e usando una lente d’ingrandimento: per vedere serve attenzione e intenzione. È una delle tante opere della mostra
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To The Light, visibile fino al 9 settembre, evento del London 2012 Festival, insieme di lavori che giocano tra passato e futuro, come #smilesfilm, un’antologia globale in progress di sorrisi: ognuno può inviare la propria foto sorridente e inserirsi nell’opera. «Ho selezionato opere che trasmettono le vibrazioni più forti che ci portano verso la luce – sottolinea Yoko Ono – alcuni di queste hanno più di cinquant’anni, ma il tempo è solo un concetto creato dall’uomo. Questi lavori non hanno età». Come lei, un’artista amata o odiata, mai inosservata, che a 79 anni sa stupire. A sinistra, Gabriele Mucchi: “Violetta” (1936); sopra, Aligi Sassu: “Il cavallo bianco” (1931); a destra, nella foto grande, Aligi Sassu: “Deposizione” (1932)
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Archeologia
Quando grazie a Costantino l’Umbria diventò più autonoma GIUSEPPE M. DELLA FINA SPELLO n documento epigrafico di notevole interesse è idealmente al centro della mostra Aurea Umbria. Una regione dell’Impero nell’era di Costantino allestita negli spazi del Palazzo Comunale di Spello (sino al 9 dicembre 2012). Nell’iscrizione, incisa su una lastra di marmo e databile tra il 333 e il 337 d.C., si ricorda, in particolare, che l’imperatore Costantino con un suo rescritto consentì agli Umbri di svolgere le loro annuali celebrazioni pagane che prevedevano rappresentazioni sceniche e spettacoli di gladiatori non più, insieme alle popolazioni origine etrusca presso Volsinii (Bolsena), ma a Hispellum (l’antica Spello). La decisione dell’imperatore, scaturita da una richiesta degli stessi Umbri, segnala la rottura di un equilibrio geo-politico che era durato molto a lungo e suggerisce mutamenti significativi negli assetti
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Sarcofago con scena mitologica territoriali e sociali dell’Italia centrale nel quadro di un Impero romano che stava, a sua volta, cambiando profondamente. L’esposizione, curata da Valerio Massimo Manfredi e coordinata da un Comitato scientifico, offre l’occasione – attraverso la presentazione di circa settanta reperti, vasellame, oreficeria, alcuni poco noti, e una serie d’itinerari tematici – di conoscere la situazione di una regione come l’Umbria tra il III e il VI secolo d.C. Un arco temporale caratterizzato da una delle svolte più profonde attraversate dalla penisola italiana.
Sassu, Birolli, Morlotti e gli altri il movimento che sfidò il fascismo A Chieti una mostra racconta l’avventura dei maestri raccolti intorno alla rivista che fu chiusa dal regime. Un pittura accesa, visionaria descriveva le inquietudini del secolo FABRIZIO D’AMICO
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CHIETI roprio quando s’annunciava la guerra, Milano – che era stata l’incubatrice del Novecento e dell’arte grata al regime – espresse la più organica risposta che la cultura italiana seppe dare a un’ideologia che scopriva sul finire degli anni Trenta il suo volto più becero. Milano fece allora, con Corrente, quello che era riuscito solo in parte a Roma, dove i brevi lampi della scuola di via Cavour s’erano sopiti con la morte precoce di Scipione, e a Torino, ove il gruppo dei Sei aveva covato non più che una brace di rivolta, incapace di trasformarsi in fuoco. Quegli anni, la città raccolse attorno a una bandiera due generazioni d’intellettuali – filosofi, letterati, poeti, pittori – che gridarono alto il loro diniego alla chiusura autarchica, all’egoismo, alla bassezza morale propugnata o accettata da un’ideologia dominante nel cui alveo quei suoi uomini erano pur sbocciati, e che avevano cercato poi di correggere e sottoporre a una critica costruttiva, per accedere infine a un aperto impegno antifascista. Corrente fu una rivista (con vari battesimi: si chiamò inizialmente Vita giovanile, poi Corrente di vita giovanile, prima d’assumere il nome con cui il movimento è più noto) cui pre-
sto il regime impedì il prosieguo delle pubblicazioni, dopo l’ultima del maggio 1940; più tardi due gallerie d’arte (la Bottega di Corrente e la Galleria della Spiga) ne raccolsero l’eredità, in cui confluirono la sua indignazione morale e i suoi nuovi pensieri aperti all’Europa. Oggi una mostra raccoglie le opere di taluni protagonisti della pittura e della scultura che le nacquero accanto: Sassu e Corrente 19301943. La rivoluzione del colore, a cura di Elena Pontiggia e Alfredo Paglione, aperta fino al 7 ottobre al Museo Palazzo de’ Mayo di Chieti (catalogo Allemandi); una mostra che ricorda anche il centenario della nascita di Aligi Sassu (1912-2000), di cui sono esposte opere cruciali di quei suoi anni giovanili, dai Dioscuri del ’31 agli Argonauti in Colchide del ’35 fino al grande Concilio di Trento del ’41: opere dominate dal rosso di fiamma che fu sempre il suo colore d’elezione, nel quale convogliava tutto il suo sgarbato, irruente insorgere contro la tirannide che lo sovrastava. Sassu non fece parte della redazione della rivista, né partecipò alle due mostre (entrambe del ’39) da essa organizzate a Milano; ma certamente, se è stata giustamente indicata in Renato Birolli la figura principale della prima stagione di un
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DA VEDERE IN EUROPA
PARIGI
WEIL AM RHEIN
LONDRA
ARLES
Il nuovo allestimento del Musée national d’art moderne invita a riscoprire le correnti sviluppatesi in Europa dall’inizio del XX secolo fino agli anni ’60: il cubismo, l’astrazione, Dada e surrealismo, il Nouveau réalisme, l’arte cinetica. Nel percorso anche le esperienze nel design e nell’architettura.
La mostra, organizzata con il Centraal Museum di Utrecht, ripercorre l’opera dell’architetto olandese noto soprattutto per la Red Blue Chair (1918) e per la Schroder House (1924), per evidenziare il suo ruolo di sperimentatore di materiali, forme e metodi di assemblaggio.
Documenti, oggetti e opere d’arte offrono uno spaccato della cultura e del ruolo della città nel 1612, costruito con la prospettiva aperta dalle opere del drammaturgo. Il percorso sottolinea l’importanza del teatro, come osservatorio sulla società in grado di creare un senso di identità nazionale.
L’edizione dedicata alla scuola francese di fotografia fondata da Lucien Clergue nel 1982, propone 60 mostre. Tra queste, Mannequin all’Espace Van Gogh, Josef Koudelka. Gypsies, organizzata con Magnum e la personale di Sophie Calle che propone installazioni nella Chapelle de Saint Martin du Mejan.
Collezione storica Centre Pompidou Fino al 22 ottobre
Gerrit Rietweld Vitra Museum Fino al 16 settembre
William Shakespeare British Museum Fino al 25 novembre
Rencontres de la photographie Sedi varie Fino al 23 settembre
CORRENTE
Dall’uovo al sangue vita e morte di Cintoli Al Macro una retrospettiva ricorda l’artista scomparso a 42 anni Un’avventura attraverso le avanguardie degli anni Settanta CARLO ALBERTO BUCCI ROMA osa spinse un artista come Claudio Cintoli – uno che fa capolino da dietro un uovo neanche fosse un pulcino, in un bianco e nero delicato e aurorale – a gettare poi la faccia nel sangue mestruale di una donna in una performance tutta colori accesi, dolore e morte? Probabilmente l’urgenza di ripercorrere e precorrere le fasi estreme dell’esistenza. In un corpo a corpo tra arte e vita che significa anche continui cambi di direzione nei linguaggi, uno spostarsi e sporcarsi al solo fine di sfuggire alle etichette e ai begli esiti formali di una mano eccezionalmente felice. Tanto travaglio e tormento, solo «per essere se stesso a ogni costo». Il disegno iperrealista con l’uovo di struzzo e con il punteruolo di acciaio dell’Autoritratto con acutodel 1972, e l’installazione Aceldama, il campo del sangue, realizzata nel 1975 coinvolgendo il fotografo Pino Abbrescia, sono le opere che aprono e chiudono l’antologica dedicata dal Macro di Roma (fino al 2 settembre) all’artista di Recanati che nella capitale ha svolto la parte più importante della sua carriera: dal 1958 degli esordi nella scia dell’informale al 1978, anno della morte improvvisa e del meritato invito alla Biennale di Venezia. Curata da Daniela Ferraria e da Ludovico Pratesi l’esposizione mette in ordine cronologico circa 40 lavori. È vero, la simultaneità in un pugno di anni di opere che vanno dal polimaterismo di marca informale (Maggiordomo del 1964), a una pittura che guarda ai media (Maternità vietnamita, 1966), ai ready-made del 1969 (i Pesi morti fatti di corde, sassi, cemento), danno l’impressione di un frenetico oscillare tra suggestioni materiche, pop e poveriste. In realtà, la barra dritta Cintoli l’ha sempre tenuta in quel suo andare tra le onde delle neoavanguardie, di qua e di là dall’Atlantico. E l’ha puntata verso l’interrogazione continua del mo-
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movimento che non ebbe mai registri o tessere d’iscrizione, la assidua presenza di Sassu a fianco dei compagni di strada fu determinante sia per orientarne l’impegno in direzione anche politica, sia per aggregarne la poetica attorno a una nozione di colore incendiato e violento. Già nel ’38, Giuseppe Marchiori rispondeva, sulle pagine della rivista, a chi cercava nell’arte una «beatitudine ottimista» che, nell’attuale «baraonda dove ciascuno scansa l’altro per prendergli il posto, lo calpesta e gli schiaccia la testa per passare (…) non si può»: sottolineando dunque una condizione di intolleranza nei confronti della politica attuale. Poco dopo il giovane Raffaele De Grada indicava una possibile via alla necessaria ribellione: «noi crediamo che il realismo presieda al rinnovamento dei popoli e della civiltà, e l’astrazione alla decadenza». È ri-
pensando a quegli anni e alle scelte non facili che allora Corrente fu spinta a fare che Luciano Anceschi – allievo di Antonio Banfi e per suo tramite sedotto dalla fenomenologia di Husserl; e da subito uno degli uomini di punta del movimento – scriverà, ripensando forse anche a quell’indicazione, che «certamente la grande arte
d’Europa andava per altre vie», attestando così il “limite”, in sede di consuntivo storico, di Corrente; più volte poi riconosciuto, quel limite in realtà coincide con quello della cultura italiana del ventennio, e con il dazio che essa pagava all’isolamento dall’Europa. In verità, il “realismo” auspicato da De Grada attenderà altri anni per incrociare la Renato Guttuso: “La finestra blu” (1940-’41); la scultura a sinistra è di Sandro Cherchi: “La pazza” (1939)
lama con le opposte ipotesi formaliste: per adesso il clima che si respira nella Milano ribelle al Novecento recupera radici lontane, che affondano nel Cinquecento di Tintoretto e El Greco, su fino a Delacroix, Van Gogh, Ensor… Un’allucinata visionarietà, una attonita inquietudine, una sospensione carica di mistero, e da per tutto una irruenza di vita che si ripiega sulla pittura e le toglie ogni facile “grazia”, ogni rilassata purezza, ecco quanto accomuna l’opera del Birolli d’allora, di Migneco, di Badodi e di Valenti, di Cassinari, di Guttuso, del Morlotti dei primi “Dossi”, degli scultori Sandro Cerchi e Giovanni Paganin (opere dei quali sono oggi in mostra), infine d’un giovanissimo Emilio Vedova, la cui mostra personale del ’43 alla Galleria della Spiga – chiusa dalla polizia politica fascista – segna idealmente la fine del movimento. © RIPRODUZIONE RISERVATA
mento fondante della nascita. L’uovo, del resto, campeggia nel Grande aperitivo del 1964 – uno dei dipinti-manifesto della mostra del 2005 sulla Pop italiana curata da Walter Guadagnini a Modena – e ritorna in tantissimi lavori, fino alla drammatizzazione del parto nella performance del 1972 agli Incontri internazionali d’arte dove, invitato da Achille Bonito Oliva, Cintoli sfondò un sacco di iuta in cui si era fatto rinchiudere come un Houdini della body art. Tale è stato il Chiodo fissodi un artista che, al di là del dualismo di Eros e Thanatos, aveva un approccio vitalissimo e felice alla realtà, che trasmise ai suoi studenti (tra i quali c’ero anche io) sin dall’esperienza iniziata nel 1969 al Liceo artistico di Latina. Se il 1964 è l’anno del suo lavoro più celebre – il perduto murale pop per il Piper –, il 1969 lo vede allestire ben tre mostre-performance tese a coinvolgere il pubblico all’Attico di Fabio Sargentini (Annodare, Chiodo fissoe Colare colore). L’anno prima era morto Pascali e c’era chi vedeva in Cintoli un suo erede. Ma l’eclettico marchigiano, rientrato nel 1968 a Roma dopo tre anni passati a New York, opera un ulteriore scarto in direzione concettuale e situazionista. Dotato di acume critico (dagli Usa scrive per le principali riviste d’arte italiane), crea un alter ego: “Marcanciel Stuprò”, libero anagramma di Proust, che contiene nel nome l’arcobaleno e nel cognome anche la parola stupor. Un marchio per firmare le azioni urbane e di mail-art più spiazzanti; ma anche le opere più drammatiche e inquietanti, come Aceldama, dove vita e morte perdono ogni grazia e pietas. Nel 1977 a Roma Cintoli pubblica una lettera di Stuprò che gli annuncia la propria morte. Lo seguirà l’artista stesso pochi mesi dopo – il 28 marzo 1978, a soli 42 anni, colpito da un aneurisma. Lasciando tantissimi lavori. E al suo doppio il compito di continuare a rappresentarlo attraverso le opere. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Claudio Cintoli: “Autoritratto con Acuto” (1972)
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UNA STORIA DEL MONDO IN 10 GIORNI E 1/2
ARTHUR E GEORGE
Tra grandezze e follie la storia umana raccontata dall’autore inglese in dieci capitoli e mezzo con disincanto e insieme divertimento (pubblicato da Einaudi come gli altri titoli)
Uccisioni di bestiame e lettere anonime sconvolgono un piccolo villaggio inglese. Il maggiore indiziato è George Edalji, un avvocato mezzo indiano. Ma attenzione, arriva a indagare Sir Arthur Conan Doyle...
Lo scrittore confessa la sua passione fisica per i volumi, soprattutto quelli usati.
E spiega come potranno sopravvivere alla tecnologia
BARNES H JULIAN
Per noi bibliofili i libri contengono conoscenza mentre gli ebook raccolgono informazioni JULIAN BARNES
L’AUTORE Julian Barnes è nato a Leicester il 19 gennaio 1946. Vive a Londra e ha vinto il Booker Prize con Il senso di una fine. Il testo che pubblichiamo è parte di A Life with Books, pamphlet uscito in Gran Bretagna per la Independent Bookseller Week (30 giugno - 7 luglio) e disponibile nelle librerie indipendenti del paese a 1,99 sterline
o vissuto nei libri, per i libri, secondo i libri e con i libri; in anni recenti ho avuto anche la fortuna di vivere di libri. Ed è attraverso i libri che per la prima volta ho capito che esistevano altri mondi oltre il mio; che ho cercato per la prima volta di immaginare cosa si prova nei panni di un altro; che per la prima volta ho incontrato quel legame profondamente intimo che nasce quando la voce di un autore si insinua nella mente di chi lo legge. È stato forse un bene che i primi dieci anni della mia vita non abbiano conosciuto la concorrenza del televisore; e che quando a casa finalmente ne arrivò uno, rimase sotto lo stretto controllo dei miei genitori. Erano entrambi insegnanti, quindi il rispetto per i libri e ciò che contenevano erano impliciti. Non andavamo in chiesa, ma andavamo in biblioteca. (...) Possedere un certo libro – un libro che ti eri scelto da solo – equivaleva a un atto di autodefinizione. E quella autodefinizione andava protetta, fisicamente. Per questo coprivo i miei libri preferiti (in edizione inevitabilmente economica, per motivi di ristrettezze finanziarie) con una pellicola adesiva trasparente. Prima ancora, però, in un corsivo recentemente acquisito, annotavo il mio nome sul margine della parte interna della copertina con un inchiostro blu, sottolineandolo di rosso. Tagliato e adattavo poi la pellicola in modo che questa proteggesse anche la firma che stabiliva la proprietà del volume. Alcuni di questi libri – ad esempio le traduzioni dei classici russi di David Magarshack per la Penguin – si trovano ancora oggi sui miei scaffali. L’autodefinizione era una sorta di magia. Lentamente, con il tempo, ne conobbi un’altra: quella del libro usato, di seconda mano, non nuovo. Ricordo una fila di prime edizioni di Auden esposte nella vetrina di un vicino di casa: un uomo che decenni prima aveva realmente conosciuto quell’autore, insieme al quale aveva addirittura giocato a cricket. Circostanze che mi sembravano strabilianti. Non avevo mai poggiato lo sguardo su uno scrittore, né avevo mai conosciuto una persona che ne avesse incontrato uno. Mi era capitato forse di sentirne uno o due alla radio, e vederne uno o due alla televisione, intervistati a Faccia a faccia da John Freeman. Ma il nesso più intimo che collegava la mia famiglia e la letteratura era rappresentato dal fatto che mio padre aveva studiato lingue moderne all’università di Nottingham, dove insegnava Ernest Weekley, la cui moglie era scappata con D. H. Lawrence. Oh, e una volta mia madre aveva scorto su un binario della stazione di Birmingham R. D. Smith, marito di Olivia Manning. Ora però mi trovavo di fronte a dei libri appartenenti a un uomo che aveva conosciuto di persona uno dei più famosi poeti viventi del
Paese. Non solo: quei volumi contenevano le parole di Auden così com’erano state scritte in origine. Percepivo acutamente questa magia, e provai il desiderio di possederne una parte. Così, a partire dagli anni dell’università divenni un collezionista, oltre che un fruitore, di libri – e scoprii che non tutte le librerie erano di proprietà di WH Smith. Nei dieci anni che seguirono, o giù di lì – dalla fine degli anni Sessanta alla fine degli anni Settanta – divenni un instancabile cacciatore di libri. Mi recavo nelle cittadine dei mercati e nelle città delle cattedrali alla guida della mia Morris Traveller, che caricavo di libri acquistati a un ritmo che eccedeva di gran lunga quello di ogni possibile velocità di lettura. (...) Già a quell’epoca probabilmente preferivo i libri usati a quelli nuovi. In America li chiamavano con disprezzo “libri vecchi”, ma era proprio a quella continuità di fruizione che dovevano parte del loro fascino. Un libro offriva la sua visione del mondo a una persona, poi a un’altra, e così via per generazioni; mani diverse avevano stretto lo stesso volume traendone degli insegnamenti talvolta uguali, talvolta diversi. I libri usati dimostravano la loro età: tradivano i segni del tempo così come la pelle degli anziani è costellata da macchie senili. Inoltre avevano un buon odore – anche quando puzzavano di sigarette e (occasionalmente) di sigaro. Molti poi rivelavano al loro interno delle testimonianze odorose: annunci di case editrici ormai scomparse e vecchi segnalibri – spesso con la réclame di qualche compagnia di assicurazione o della saponetta Sunlight. Ogni volta che potevo mi recavo a Salisbury, Petersfield, Aylesbury, Southport, Cheltenham o Guildford per infilarmi nel retro dei negozi, nei magazzini e nei depositi. Nei luoghi dove le rilegature erano pregiate o la consapevolezza del valore di ogni articolo in vendita troppo acuta, mi trovavo decisamente meno a mio agio. Preferivo il democratico disordine di un negozio le cui merci erano disposte approssimativamente e dove fosse possibile concludere buoni affari. A quei tempi il turbinoso avvicendarsi dei titoli che la gestione centralizzata delle librerie impone non esisteva, nemmeno nei negozi che vendevano libri nuovi. Oggi un nuovo romanzo in edizione cartonata rimane sugli scaffali di una libreria in media per quattro mesi – sempre che riesca ad approdarvi. A quell’epoca invece i libri sostavano sugli scaffali sino a quando qualcuno li comprava, o non erano messi a malincuore in offerta, o trasferiti al reparto dell’usato, dove potevano rimanere per anni. Spesso quel libro che non potevi permetterti o non eri sicuro di desiderare sul serio era ancora lì al tuo ritorno, l’anno successivo. I ne-
gozi di seconda mano insegnavano inoltre che uno scrittore può finire fuori moda. Morgan, Walpole, Yates, Lytton, Ellen Wood... metri e metri di scaffali delle loro opere attendevano che il vento della moda cambiasse nuovamente direzione. Ma accadeva di rado. Acquistavo libri con una foga che con il senno di poi riconosco essere stata una sorta di dipendenza: la bibliomania dopotutto è un disturbo noto. L’acquisto dei libri consumava di certo più della metà del mio reddito disponibile. Compravo le prime edizioni degli scrittori che più ammiravo: Waugh, Greene, Huxley, Durrell, Betjeman. Compravo le prime edizioni di poeti vittoriani come Tennyson e Browning (senza aver letto né l’uno né l’altro), semplicemente perché mi sembravano incredibilmente economiche. (...)
llaa RReeppuubbbblliiccaa DOMENICA 12 AGOSTO 2012
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IL SENSO DI UNA FINE La vita di Tony Webster è quella di un uomo senza qualità, ma un’eredità inaspettata quanto misteriosa e alcuni indizi provenienti dal lontano passato lo porteranno a riconsiderare quello che ha vissuto DISEGNO DI TULLIO PERICOLI
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Non sono luddista ma mi pare che ogni testo scaricato diventi uguale all’altro e si perda il piacere dei sensi Vorrei che le opere di carta si guadagnassero il diritto a resistere diventando oggetti sempre più desiderabili Ci potrà essere, in futuro, una funzione olfattiva nel Kindle però prestare, regalare e conservare sono gesti unici
Il mio collezionismo (o, forse, feticismo) ha iniziato a scemare dopo la pubblicazione del mio primo romanzo. Forse, inconsciamente, ho pensato che essendo ormai in grado di produrre da solo delle prime edizioni avevo meno bisogno di possedere quelle di altri. Ho persino iniziato a vendere dei libri, cosa che un tempo avrei giudicato inconcepibile. Non che questo abbia rallentato il ritmo dei miei acquisti: continuo a comprare libri più velocemente di quanto riesca a leggerli. Ma, ripeto, lo ritengo assolutamente normale: sarebbe proprio strano circondarsi solo della quantità di libri che si avrà il tempo di leggere negli anni che ci restano da vivere. Inoltre, rimango profondamente attratto dai libri e dalle librerie.
Sia gli uni che le altre oggi subiscono delle pressioni enormi. In una libreria il mio ultimo romanzo vi sarebbe costato 12,99 sterline, ma circa la metà (più spese postali) se acquistato online e solo 4,79 sterline se scaricato su Kindle. I vantaggi economici appaiono incontrovertibili, ma per fortuna la lettura e l’acquisto dei libri non sono mai stati del tutto determinati da fattori economici. Verso la fine della sua esistenza John Updike era diventato pessimista circa il futuro del libro stampato: «Chi, in quel futuro inimmaginabile leggerà quando sarò morto? La pagina stampataè stata un breve miracolo durato solo metà millennio…». Io sono più ottimista, sia per quanto riguarda la lettu-
ra che i libri. I non-lettori, i cattivi lettori, i lettori pigri esisteranno sempre – e sono sempre esistiti. La maggioranza delle persone sa leggere, ma solo una minoranza di loro fa di questa competenza un’arte. Tuttavia, nulla può sostituirsi a quella precisa, complessa, sofisticata comunione tra un autore assente e il suo lettore, assorto e presente. Né credo che gli e-reader prenderanno mai del tutto il posto dei libri – anche se dovessero superarli numericamente. Ogni libro è diverso al tatto e alla vista, mentre le opere scaricate su Kindle sono tutte esattamente uguali (benché forse un giorno gli e-reader saranno dotati di una funzione “olfattiva” che con un click permetterà al vostro romanzo elettronico di Dickens di emanare odore di carta umida, del passare del tempo e di nicotina). I libri dovranno guadagnarsi la propria sopravvivenza – e altrettanto dovranno fare le librerie. I libri dovranno diventare più desiderabili: non beni di lusso, ma oggetti ben disegnati, accattivanti, capaci di suscitare il desiderio di prenderli in mano, comprarli, regalarli, conservarli, farci pensare di rileggerli e ricordarci, ad anni di distanza, in quale edizione abbiamo scoperto qualcosa per la prima volta. Non nutro alcun pregiudizio luddista contro le nuove tecnologie; è solo che i libri sembrano contenere conoscenza, mentre gli e-reader danno l’impressione di contenere informazioni. I libri che mio padre vinse a scuola sono ancora oggi sui miei scaffali, a novant’anni di distanza. Preferisco leggere le poesie di Goldsmith su quelle pagine anziché online. Lo scrittore americano e dilettante Pearsall Smith disse un volta: «Alcune persone pensano che ciò che conta è vivere; io però preferisco leggere». La prima volta che lessi questa frase mi sembrò arguta; adesso invece la trovo – al pari di molti aforismi – una falsità ben confezionata. Vivere e leggere non sono attività separate. La loro distinzione è fittizia (come la scelta tra «perfezione della vita o perfezione del lavoro» ipotizzata da Yeats). Quando leggi un bel libro non fuggi dalla vita, ma ti ci immergi più in profondità. Esiste forse un elemento superficiale di evasione – in paesi, tradizioni, modi di parlare diversi – ma di fatto leggendo non facciamo che approfondire la nostra comprensione delle sfumature, dei paradossi, delle gioie, dei dolori e delle verità della vita. Lettura e vita non sono separate, bensì simbiotiche. E per questo impegnativo compito di scoperta e scoperta di sé esiste e rimane uno strumento perfetto: il libro stampato. © Julian Barnes 2012 Il saggio integrale A Life with books è uscito in Gran Bretagna da Jonathan Cape per la Independent Booksellers’ Week (Traduzione di Marzia Porta) © RIPRODUZIONE RISERVATA
llaa RReeppuubbbblliiccaa DOMENICA 12 AGOSTO 2012
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R CULT SPETTACOLI
CLASSICA. CD&DVD
A CURA DI ANGELO FOLETTO
TROVATORE
QUINTA DI BRUCKNER
GESUALDO MADRIGALI
Si scaldano i cataloghi in vista dell’anno verdiano. Ripescare l’integrale realizzata nel 1951 dalla Fonit Cetra è un fatto importante: significa avere emozioni da voci ancora insuperabili.
Registrazione dello scorso festival di Lucerna, continuazione dell’integrale sinfonica di Claudio Abbado, integrandola con gli esiti sempre più lucidi conquistati sul campo mahleriano.
Il quinto libro è un’antologia da brivido di espressività tragica lacerante, e slanci amorosi dolorosissimi in cui testo e intrecci polifonici costruiscono un vero proprio teatro di affetti estremi.
Tagliabue/Mancini/Lau ri Volpi/Pirazzini – 2 cd Warner
Lucerne Festival Orchestra, dir. Claudio Abbado – dvd LFO
Hilliard Ensemble – cd Ecm
CINEMA Commedia
L’OPERA DI ANGELO FOLETTO. AIDA e TURANDOT Commedia
Fuga da Manhattan Quelle tre ragazze verso il b&b hippy anti depressione In fuga da Manhattan, dalla crisi economica e dall’insopportabile fratello di lui, George e Linda finiscono in un (sedicente) bed&breakfast della Georgia chiamato Elysium. In realtà si tratta di una specie di comune neo-hippy (ma loro non si definiscono così) che pratica sesso libero, nudismo, sostanze allucinogene e una convinta filosofia antistress. Anche se, all’inizio, l’impreparata coppia di stress ne accumula parecchio... Prodotta da uno Judd Apatow che, per l’occasione, si è tagliato le unghie, una rom-com cordiale e inoffensiva per star minori. Con una partecipazione del veterano Alan Alda. (r.n.) Nudi e felici Regia di David Wain Con Paul Rudd, Jennifer Aniston © RIPRODUZIONE RISERVATA
Nel deserto di cinema ferragostano, sarebbe un peccato perdersi questa commedia di college con cui il regista di The last days of disco torna sullo schermo dopo tredici anni di assenza. I film di Stillman stanno nella library del MoMa; e un posticino potrebbe toccare anche a questo, che varia sugli stereotipi del teen-movie senza spirito di sottomissione. Giunta a Seven Oaks, Lily conosce Violet, Heather e Rose, damigelle che si son date la missione d’ingentilire corpi e anime dei compagni di università. Nonché di combattere il drago della Depressione. (roberto nepoti) Ragazze allo sbando Regia di Whit Stillman Con Greta Gerwig © RIPRODUZIONE RISERVATA
Placido Domingo sale sul podio e illumina le notti dell’Arena Il celebre tenore che nel 2013 curerà il centenario veronese ha tempi giusti per dirigere l’opera verdiana. Perfetto anche il Puccini di Zeffirelli nonostante gli interpreti ANGELO FOLETTO
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Dal 3 al 5 agosto
Biancaneve e il cacciatore 4
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263.994
The Amazing Spider-Man 5
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210.719
La leggenda del cacciatore di vampiri 3
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Contraband 2
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Bed time 2
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er gli organizzatori qui la festa inizia con poco più di 5mila spettatori. Anche se l’occhio non è del tutto appagato, salvano la serata al botteghino. Ma per l’Aida infrasettimanale e la ripresa di Turandot che concludeva il minifestival zeffirelliano, gli spettatori erano molti di più. E oltre a ciò che c’era in palcoscenico hanno potuto godersi le rive del Nilo di Aida e la notte cupa del “Nessun dorma!” pucciniano, illuminati da una gigantesca luna piena. Di buon auspicio per l’orgogliosa stagione del centenario che l’anno prossimo proporrà 58 serate quasi consecutive (dal 14 giugno al 8 settembre 2013) costruite attorno a titoli verdiani e all’oramai stabile mascotte shakesperian-operistica veronese, il Roméo et Juliette firmato da Francesco Micheli. In attesa di dirigere più serate nell’anfiteatro veronese (tra cui le prime recite di Rigoletto) l’anno prossimo, e del debutto areniano nella parte protagonistica di Nabucco, ennesima sconfinamento in chiave baritonale del tenore, Plácido Domingo è tornato sul podio per dirigere Aida. E come nel 1994 l’ha fatto da par suo. Forse non ha il braccio abbastanza rapace nei grandi quadri d’assieme dove si appoggia all’esperta rotondità del coro di Armando
ESOTICHE La protagonista di “Turandot”; al centro, “Aida” regia di Gianfranco De Bosio sul podio, Placido Domingo
Tasso, ma i tempi sono chiari e teatrali, cava un bel suono dall’orchestra e gli accompagnamenti — soprattutto per Aida (una Oskana Dyka poco incisiva nell’accento e nella pronuncia ma sicura e di gusto) — sono di pregio. Anche da direttore, Domingo rimane uno straordinario interprete-cantante-musicista, insomma: così si diverte col lussuoso Ramfis di Francesco Ellero d’Artegna, e non col canto sommario di Valter Fraccaro e di Tichina Vaughn che segue come da lontano, sapendo di poterli aiutare poco. Gli spettatori lo festeggiano col calore, e applaudono per l’ennesima volta le ingenue e affascinanti aperture di scena in stile figurine Liebig dell’allestimento “storico” ricostruito sull’originale del 1913 che ogni volta
Prosa
Prosa
Nonostante la follia, Lear è molto Placido
Pozzi, attrice “posseduta”
Si sviluppa tutto in una discarica di sfranti cimeli artistici, e di logori residuati del potere, il Re Lear che Michele Placido impersona come un boss alienato in vestaglia rossa, come un sordido padreterno sempre con toni sulle righe. In un periferico e caotico magazzino di museo su cui incombe un’enorme corona posta a sghimbescio (facsimile di una pala pittorica profana con su impressi i volti di autorità popolari e scomode come quelle di Hitler, Bin Laden, Presley, Monroe, Pasolini..), la parabola dispotica, possessiva e poi folle di questo re procede come un romanzo dell’offesa, delle macerie e del dolore randagio. Placido è un Lear canuto che volutamente non conosce sfumature, vuoti, e che se mai sfoggia grinta ossessionata, con risvolti e nudità da caso clinico senza uscita. Una chiave traumatica, dove anche la paternità per la tenera ma imponderabile figlia Cordelia (una ben misurata Federica Vincenti) non svela alcun convenzionale
A teatro Elisabetta Pozzi persegue talvolta, con abnegazione, un anacronismo. Sembra che reciti in trance, che sia posseduta da un fuoco irrazionale, che esprima un altrove. Non da attrice di tradizione ma da artista fuori commercio. In Cassandra o del tempo divorato, di autori di ieri e di oggi, questa vocazione per la dissonanza mette a confronto un antico presentimento dei destini sotto la guida degli dei e una moderna coscienza del futuro in tempi secolarizzati. Guerriera di lamentazioni, interprete tragica d’un fado di parole snervanti, qui emette anche un suonocanto che più che dall’Eneide o da Eschilo acquista impronta, sul tema di Cassandra, con l’infelicità dettata da Christa Wolf, declinata da Jean Baudrillard, suggerita da Wislawa Szymborska. Le imposture dell’avvenire economico sono di Massimo Fini. Due danzatrici a torso nudo animano schemi di serve genettiane. Temperie musicali di Daniele D’Angelo. In novembre a Lugano s’aggiungerà un secondo tempo con Fanny Ardant. (r.d.g.)
eccesso d’amore. Prospettiva secca, per certi versi moderna, alla lunga un po’ unidimensionale, ma in linea coi nostri tempi schizoidi. In uno scevro contesto del genere, adattato dallo stesso Placido e da Marica Gungui per una regia da graphic novel che il protagonista ha condiviso con Francesco Manetti, a suscitare lampi di simpatia già al Festival Shakespeariano di Verona sono stati il solido e assertivo Edgar di Francesco Bonomo, e il Matto ben giovanilistico e rapper di Brenno Placido. Tendono di proposito al sadomaso le sorelle di Cordelia (Margherita Di Rauso e Linda Gennari), e sviscera una mite paternità oltraggiata e accecata il Gloucester di Gigi Angelillo, il cui altro figlio Edmund, alias Iago, è reso da Giulio Forges Davanzati. (rodolfo di giammarco) © RIPRODUZIONE RISERVATA
“Re Lear”, Teatro Romano di Verona
Michele Placido nei panni di “Re Lear” a Verona
© RIPRODUZIONE RISERVATA
“Cassandra”, Giardini Filarmonica/Ostia antica, Roma
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DOMENICA 12 AGOSTO 2012
21 - THE BOX
ROCK. POP. JAZZ. CD&DVD
A CURA DI GINO CASTALDO
Degno rampollo di classiche dinastie inglesi (molto anni Ottanta) il giovane McGuinness lancia un sornione e divertente messaggio con eleganti riverberi e molte ambizioni di protagonismo Eugene McGuinness Domino
Blur - Parlophone
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ON THE DANCE FLOOR
THE INVITATION TO THE VOYAGE
Sono loro ad aver vinto il prestigioso ruolo del concerto di chiusura delle Olimpiadi. Sono l’essenza del britpop e questo cofanetto, a 21 anni dal debutto, con tutta l’opera, più rarità varie, consente un’immersione totale nella storia della band
PER SAPERNE DI PIÙ www.arena.it www.puccinifestival.it
Tutto ci si poteva aspettare da Rava, tranne che un disco dedicato a Michael Jackson. La rilettura è originale, anche nella scelta dei pezzi, e l’impresa, con la jazz orchestra del Parco della musica, riesce e anche molto bene Enrico Rava - ECM
TEATRO & MUSICA
Gianfranco De Bosio rifinisce di qualche particolare. Difficile rinunciarci: tant’è che nemmeno la futura produzione 2013 della Fura dels Baus sarà una ragione per pensionarlo. Arenianamente perfetta, frutto della fusione di allestimenti per teatri al chiuso, è la Turandot di Zeffirelli (2010) anche se la minuzia dell’esorbitante bozzettismo collettivo non è unita a una recitazione accettabile dei protagonisti: soprattutto Calaf, nel II e III atto, è quasi sempre in posizione teatrale e con azioni inadatte. In compenso Carlo Ventre ha voce, ordinaria ma tanta; così il pubblico gli chiede e ottiene il bis di “Nessun dorma!” (meglio la prima, al solito). Più a ragione avrebbe voluto riascoltare le arie di Liù che Amarilli Nizza ha interpretato con inci-
sività espressiva e confortante bellezza vocale. La normale amministrazione degli altri, compresa l’onnipresente Giovanna Casolla che smercia un gramelot linguistico-sopranile al posto della parte pucciniana, era affidata alla giovane star di casa, il 25enne veronese Andrea Battistoni, al suo ennesimo esordio operistico. Squadrato e gestualmente enfatico più del solito, ha avuto ragione puntando al meccanismo musicale più che al contenuto musicale, sagomando una Turandot epidermica ma asciutta e senza sbavature.
Happening
Rock
Ad Anghiari lo spettacolo è servito
Il muro del suono dei Foo Fighters
Sono i cittadini-attori dello stesso borgo di Anghiari, in provincia di Arezzo, a dar vita alla XVII edizione dell’appuntamento Tovaglia a quadri, sorta di Amarcord di passioni, squarci e storie di comunità di paese che ha la singolarità di creare un ambiente familiare col pubblico disposto attorno a tavoli imbanditi con le pietanze e col vino di una vera tradizionale cena a base di menù toscano eco-compatibile. Quest’anno lo spettacolo s’intitola Sarà stufa, ne sono consueti autori Andrea Merendelli (anche regista) e Paolo Pennacchini, e sulla Piazzetta del Poggiolino il personaggio che muove la vicenda è il fabbro-stagnino di Anghiari chiamato a riparare una vecchia stufa tenuta in cantina per cinquant’anni, fonte di calore in auge quando c’era la miseria, abbandonata con l’avvento della ricchezza, ora rivalutata in tempi di crisi e difficoltà domestiche. La stufa diventa un totem della resistenza, con la memoria e i racconti sui riti del fuoco e delle carbonaie. Mentre si mangia. (r.d.g.)
Partiti come un progetto parallelo mentre Dave Grohl sedeva ancora dietro ai tamburi della batteria nei Nirvana, i Foo Fighters hanno negli anni confermato il loro successo fino a diventare una band da grandi arene e stadi, fedeli peraltro alla formula rock che gli aveva permesso di sopravvivere all’esplosione e all’affermarsi del rock alternativo americano nei tardi anni Novanta. Grazie al loro settimo album di studio intitolato Wasting Light, prodotto nel 2011 da Butch Vig, lo stesso produttore dell’album capolavoro dei Nirvana Nevermind, l’inizio della seconda decade degli anni Duemila li ha visti poi affermarsi alla vetta delle classifiche un po’ in tutto il mondo e conquistare ben quattro Grammy Award. Sempre più decisamente heavy metal rispetto agli esordi in cui mantenevano una certa leggerezza rock, i Foo Fighters dal vivo garantiscono uno show massiccio con Dave Grohl voce e chitarra, Chris Shiflett chitarra solista, Pat Smear seconda chitarra, Nate Mendel al basso e Taylor Hawkins alla batteria. (carlo moretti)
Anghiari, fino al 19 agosto www.anghiari.it © RIPRODUZIONE RISERVATA
Opera
Rossini in festival con Matilde Dopo Ciro (foto), altro debutto rossiniano al Rossini Opera Festival. Stavolta, con la sua orchestra di Bologna c’è Michele Mariotti che dirige Matilde di Shabran. Spettacolo di Mario Martone e cast stellare: OlgaPeretyatko, Juan Diego Florez, AnnaGoryachova, Marco Filippo Romano, Simon Orfila e Nicola Alaimo. Pesaro, Adriatic Arena, fino al 20, www.rossinioperafestival.it
Codroipo (Ud) - 13 agosto, Villa Manin; www.foofighters.com
R&B
Kelly Rowland canta le Destiny’s Child
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AIDA e TURANDOT
Arena di Verona fino al 2 settembre
Bill Frisell e la chitarra pensando a Lennon Maestro riconosciuto della chitarra jazz, l’americano Bill Frisell rende omaggio a John Lennon con “All we are saying” alla testa di un quartetto con Greg Leisz, Tony Scherr e Kenny Wollesen. E rilegge brani come “Across the universe”, “In My Life” e “Imagine”. Berchidda (OT), stasera, piazza del Popolo, “Time in Jazz”; www.billfrisell.com © RIPRODUZIONE RISERVATA
Rock
L’urlo psichedelico dei Primal Scream Unica data estiva italiana per la storica band scozzese guidata da Bobby Gillespie, eroi della chemical generation. Un concerto con i brani del loro repertorio, compresi quelli della pietra miliare del rock anni Novanta intitolata “Screamadelica”.
Kelly Rowland canta le Destiny's Child, il gruppo con il quale ha raggiunto il successo insieme a Beyoncè e Michelle Williams: “Quei brani sono come figli per me”. Non mancano brani da Here I Am, l’album solista pubblicato lo scorso anno.
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Jazz
Castelbuono (Pa), stasera, piazza Castello, “Ypsigrock”; www.primalscream.net
Chieti, 18 agosto, Parco dei cigni; www.kellyrowland.com © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Opera
Opera
Bohème all’ombra della Tour Eiffel
La Haydn con Schubert
C’è un monolite scuro e ferroso che incombe sulla “tragedia annunciata” de La bohème di Puccini: è il tronco mozzo della Tour Eiffel, tagliata di netto all’altezza del primo piano. La “scoperta del dolore” che strappa per sempre les enfants de bohème all’età della giovinezza si svolge sotto le quattro zampe di questo gigantesco insetto d’acciaio. Che si trasforma, di volta in volta, nella soffitta di Rodolfo, nel Caffè Momus e nella Barrière d’Enfer. Idea forte, potente che della bozzettistica Parigi bohèmienne disegnata da Illica e Giacosa restituisce soltanto, ingrandito per mille, un dettaglio smisurato, fuori scala, incompiuto. Come accade, a volte, nei sogni. Peccato che nell’allestimento immaginato da Maurizio de Mattia per il Teatro all’Aperto di Torre del Lago il pensiero registico non sia sempre all’altezza di quello scenografico: nei due quadri “domestici” la scrittura gestuale è sobriamente realistica, ma negli atti en plein air i
Il programma, agile d’organico ma non di contenuti musicali, è stato scelto dall’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento per la tournée estiva interregionale. L’impaginato realizzato con strumentismo vivace e bella comunicativa era rivolto al classicismo orchestrale viennese, da Haydn a Mozart, autore richiamato dal 19enne Schubert nella Quinta sinfonia come antidoto poetico alle coeve “bizzarrie” beethoveniane. In locandina le vincitrici di due importanti concorsi trentini: direzione fervida di Keiko Mitsuhashi (Pedrotti 2008), spiritosa e varia nell’eccentrica 67esima Sinfonia di Haydn, intensa e gioiosa in Schubert. Solista Anna Kravtchenko (Busoni 1992) che dal sontuoso pianoforte Shigeru Kawai ha tratto l’intimismo e i colori quieti ma netti ideali per il mozartiano Concerto K 414; frenando l’istintivo temperamento virtuosistico, liberato poi in Widmung di Schumann/Liszt suonato come prezioso bis. (a.fo.)
movimenti di massa sono confusi e le controscene ridondanti. Incomprensibile, e di cattivo gusto, la scelta di accoppiare a Marcello e Musetta, nel quartetto del terzo atto, un trio di amanti più o meno “mercenari”. Anche il gesto di Daniel Oren, sul podio dell’Orchestra del Festival Puccini, è stranamente incostante: agile e reattivo nel “canto di conversazione” diventa snervato, indugiante, segnato da eccessivi rallentando, nelle oasi liriche della partitura. Diseguale, per finire, il cast: Maria Agresta è una Mimì spontaneamente lirica, capace di finissime mezze voci, mentre Stefano Secco è un Rodolfo tecnicamente corretto, ma ancora privo di quelle “espansioni vocali” che il canto pucciniano richiede “a gran voce”. (guido barbieri) © RIPRODUZIONE RISERVATA
“La Bohème” di Puccini. Torre del Lago
Una scena di “La Bohème” di Puccini in scena a Torre del Lago
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Orchestra Haydn, Ledro, Folgaria, Cortina, Pinè
llaa RReeppuubbbblliiccaa DOMENICA 12 AGOSTO 2012
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R CULT
SULLO SCAFFALE
Tutti i racconti western di Elmore Leonard
Breve storia della vita privata di Bill Bryson
Il Partenone di Mary Beard La ragazza che fa a pugni con l’ombra di Inka Parei L’opera struggente di un formidabile genio di Dave Eggers
La pelle di Curzio Malaparte Discorso sul metodo di René Descartes Glenn Gould e la ricerca del pianoforte perfetto di Katie Hafner
UNACERTA IDEA DIMONDO
Colazione da Tiffany di Truman Capote Wolf Hall di Hilary Mantel La cultura dei vinti di Wolfgang Schivelbusch Tempi difficili di Charles Dickens
ALESSANDRO BARICCO
I migliori cinquanta libri che ho letto negli ultimi dieci anni
ILLUSTRAZIONE DI: MANUELE FIOR
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i questo pittore norvegese, Lars Hertervig, non avevo mai saputo nulla, e tutt’ora non potrei dire di sapere veramente qualcosa, tranne che sono stato nella sua angoscia e questo perché Jon Fosse mi ci ha portato per mano. Nato nel 1821, Hertervig ebbe in sorte una vita che sembra un dépliant della sensibilità romantica: artista di talento, lasciò alcuni memorabili quadri prima di, disciplinatamente, impazzire: tanto per non lasciare nulla di intentato, morì povero e solo. Naturalmente, il mondo si accorse della sua grandezza solo quando ormai era sotto terra, e questa va considerata come la firma di una precisa civiltà apposta in calce a un omicidio perfetto. La vicenda è talmente stereotipata che si fa fatica a immaginare una vita vera, sotto la pelle del luogo comune: tuttavia un giorno mi è capitato di aprire un libro, in francese, e all’inizio non volevo credere che fosse scritto in
nello che passa e ripassa su una superficie liscia, fino donarle un colore. Con un’andatura analoga, si sarà notato, si vive. Non sempre producendo, però, la poesia e il suono e la danza che Fosse ottiene dalle sue pagine, convertendo la feroce discesa nell’angoscia di un uomo in una festa musicale. Di mio, non scendo volentieri nell’angoscia altrui, disponendo già della mia, ma quando un libro ti invita al ballo, e lo fa con una simile solenne sicurezza, non è facile restare a fare tappezzeria: si va e si balla. Pare, a proposito di Hertervig, che fosse maestro nel dipingere le nuvole: in altro modo potrei spiegare la bravura di Fosse, dicendo che la sua scrittura si muove come si muovono le nuvole dentro se stesse. Non attraverso il cielo, quello è banale, son buono anch’io: attraverso se stesse, addosso a se stesse. Di tanto in tanto assumendo il profilo di un oggetto, la silhouette di una pezzo di vita. Come se questa sola fosse la loro missione. Devo aggiungere che nella terza parte del libro, l’unica non direttamente consacrata a Hertervig, e anzi vagamente autobiografica, Fosse racconta di uno scrittore – che poi è lui, ma con un nome diverso, Vidme – e quello che racconta è un istante che mi è stato concesso di conoscere molto bene, e cioè l’i-
“Hertervig, pittore norvegese, ebbe in sorte una vita che sembra un dépliant della sensibilità romantica” (Trovato per caso, ma con quel titolo è evidente che mi stava aspettando)
quel modo, poi mi son lasciato andare – era come una marea – ed è così che sono entrato nella angoscia di Lars Hertervig, senza neanche chiedergli il permesso e sicuramente con una lucidità di cui lui non fu mai capace: tanto possono i libri. Non sarebbe successo nulla, comunque, se Jon Fosse (norvegese anche lui, molto noto come drammaturgo, meno come scrittore) non avesse scritto questo libro in un modo singolare, a tratti anche sfinente, ma in definitiva meraviglioso. Difficile dare un’idea, ma vi basti ad esempio sapere che la scrittura va avanti di due passi e poi indietro di uno, e così procede per pagine e pagine, spesso ripartendo da capo, in un gesto che assomiglia in tutto e per tutto a un pen-
IL LIBRO “Melancholia” di Jon Fosse (Fandango libri, traduzione di Cristina Falcinella) La foto di Baricco è © LesAmp&rsands
stante in cui uno capisce qual è il libro che deve scrivere, e cerca la forza per iniziarlo. Nel caso specifico Vidme si è convinto, guardando un quadro di Hertervig, che il libro che vuole scrivere è un libro su quel pittore, perché guardare quel quadro lo ha portato in prossimità di qualche mistero, o tesoro nascosto, o divinità segreta. Io, col tempo, mi sono ritrovato a concepire il mio mestiere come un sofisticato lavoro d’artigianato che sulla bellezza di alcune superfici ottiene talvolta di ridisegnare bagliori che vengono dal profondo, nulla di più: tuttavia so di cosa sta parlando Vidme, e dunque Fosse, e so che è un’ambizione molto alta e nobile, per quanto probabilmente illusoria, e quindi da tramandare. Per questo non ho smarrito una sua frase – una delle sue fluviali frasi – che ogni tanto rileggo, un po’ per non disimparare le ambizioni più alte, e un po’ per ricordarmi da dove viene l’istinto a scrivere, contro ogni logica e a dispetto di qualsiasi indigenza dei risultati. La trascrivo qui, così muore un po’ meno. «Perché lui, Vidme, un uomo sui trent’anni fatti, ma già con qualche capello grigio, ritiene di aver scoperto qualcosa di importante che gli cambierà a vita, ha capito che si è addentrato in qualcosa di importante attraverso la sua attività di scrittore, qualcosa con cui deve fare i conti se vuole continuare la sua vita, e per questo Vidme cammina nella pioggia e nel vento pensando che già molti anni di lavoro come scrittore gli hanno man mano insegnato qualcosa di importante, qualcosa di cui pochi sono a conoscenza, lui ha visto qualcosa che non così tanti hanno visto, pensa Vidme, mentre cammina nella pioggia e nel vento, infatti, se uno si concentra abbastanza, lavora con sufficiente profondità e concentrazione, a capofitto in qualcosa, se uno vuole, se solo arriva dentro abbastanza, se si immerge abbastanza, arriva a vedere qualcosa che gli altri non hanno visto e quello che lui ha visto, pensa Vidme, mentre cammina nella pioggia e nel vento, è la cosa più importante che ha ricavato di tanti anni in cui praticamente ogni santo giorno ha scritto». © RIPRODUZIONE RISERVATA
I PRIMI Open di Andre Agassi * Le radici del Romanticismo di Isaiah Berlin * Olive Kitteridge di Elisabeth Strout * American Dust di Richard Brautigan * Esercizi spirituali e filosofia antica di Pierre Hadot * Il medico di corte 25 TITOLI di Per Olov Enquist * Fantozzi totale di Paolo Villaggio * Democrazia: cosa può fare uno scrittore? di Antonio Pascale e Luca Rastello * La donna nel XVIII secolo di Edmond e Jules de Goncourt * Go down, Moses di William Faulkner * Anatomia di un istante di Javier Cercas * Le api e i ragni di Marc Fumaroli * Magellano di Stefan Zweig * Storia delle idee del calcio di Mario Sconcerti * La principessa sposa di William Goldman * Vergona di J.M. Coetzee * Nessun luogo. Da nessuna parte di Christa Wolf * La guerra del Peloponneso di Donald Kagan * La trilogia di Adamsberg di Fred Vargas * Trilogia degli Aubrey di Rebecca West * Bangkok di Lawrence Osbome * Divina di Gianni Clerici * Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa * La casa delle belle addormentate di Yasunari Kawabata * Padre Pio. Miracoli e politica... di Sergio Luzzatto
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R2PROGRAMMI
DOMENICA 12 AGOSTO 2012
PER SAPERNE DI PIÙ www.raistoria.rai.it www.imdb.com/title/tt1500516
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VIDEOCRACY, IL POTERE DELLA TELEVISIONE
RAI 1 6.00 6.20 7.00 7.05
8.00 8.20 9.00 9.05 9.50 9.55 10.30 10.55 12.00 12.20 13.30 14.00 16.25 16.30 16.35 18.00 18.50 20.00 20.35 20.40 21.20
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Cuori rubati Real School Il Divertinglese Cartoon Flakes Week End Battle Dance Art Attack Classici Disney Film: Chicken Little Amici per le penne - di M. Dindal Meteo2 XXX Giochi Olimpici Londra 2012. Maratona maschile Tg2 Giorno XXX Giochi Olimpici Londra 2012. Atletica leggera: maratona maschile; Ginnastica ritmica: finale a squadre; Ciclismo mountain bike maschile; Pugilato: finali; Volley: finale 1° posto maschile. All’interno: 14.30-18.05 Tg Olimpico / 16.00 Tg2 / 18.00 T2 L.I.S. / Meteo2 Tg2 20.30 XXX Giochi Olimpici Londra 2012. Basket: finale maschile Cerimonia di chiusura dei XXX Giochi Olimpici Tg2 Buonanotte Londra Sorgente di vita Meteo 2 Appuntamento al cinema Tvm: Murder Rooms - Il metodo - di P. Seed, con J. richardson R. Laing Videocomic passerella di comici in Tv
7.00 Ritratti: Walter Chiari 7.30 Wind at my Back - Tf 8.20 Film: Tormento - di R. Matarazzo, con Amedeo Nazzari, Yvonne Sanson 9.50 Film: Domenica d’agosto - di L. Emmer, con E. Lissiak, A. Baldini 11.10 Agente Pepper - Tf 12.00 Tg3 / Meteo3 12.10 Tg3 Agenda del mondo estate 12.25 TeleCamere Salute 12.55 Prima della Prima 13.25 Passepartout 14.00 Tg Regione Tg Regione Meteo 14.15 Tg3 14.30 Kilimangiaro Album 14.40 Film: Totò, Peppino e i fuorilegge - di Camillo Mastrocinque, con Totò, Peppino De Filippo 15.00 Tg3 Lis 16.20 Film: Tesoro mio - di G. Paradisi, con E. M. Salerno, S. Milo 18.10 I misteri di Murdoch - Tf 18.55 Meteo3 19.00 Tg3 19.30 Tg Regione Tg Regione Meteo 20.00 Blob 20.10 Un caso per due - Tf 21.05 Kilimangiaro - Gli incontri ravvicinati 23.25 Tg3 / Tg Regione 23.40 Film: Un gelido inverno di D. Granik, con J. Lawrence, J. Hawkes 0.35 Tg3 / Meteo3 1.20 TeleCamere Salute
REGISTA Erik Gandini, regista di Videocracy su La7
ITALIA 1
6.00 Prima pagina 7.55 Traffico Meteo5 8.00 Tg5 8.50 Finalmente soli - Sitcom 9.20 Extreme Makeover Home Edition VIII - Doc 10.20 TgCom 10.50 I Cesaroni 13.00 Tg5 Meteto5 13.40 O’ Professore - di M. Zaccaro, con S. Castellitto, L. Ranieri, D. Finocchiaro, P. Lanzetta 15.45 Belli dentro - Sitcom 16.15 Angeli e diamanti - Tf 18.30 La ruota della fortuna 20.00 Tg5 Meteo5 20.40 Dopo Tg5 21.20 Film: La casa sul lago del tempo - di A. Agresti, con K. Reeves, S. Bullock, C. Plummer 23.30 Le due facce dell’amore Tf 1.30 Tg5 Notte Meteo5 2.00 Film: Fotografie - di O. Kreinsen, con H. Lauterbach, S. Neu, D. Kaufmann 3.35 Boston Legal - Tf 4.25 Boston Legal - Tf 5.15 Tg5 Meteo5 5.45 Media Shopping
cinema mattina
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14.05 Il tesoro dell'Amazzonia di P. Berg Sky Cinema Max HD 15.15 Non lasciarmi - di M. Romanek Sky Cinema Passion 15.25 Mean Girls 2 - di M. Mayron Sky Cinema 1 HD 15.45 Scuola di polizia - di H. Wilson Sky Cinema Comedy 15.50 The Keeper - di P. Lynch Sky Cinema Max HD 17.05 Collateral - di M. Mann Sky Cinema 1 HD 17.25 Una magica estate di C. Zelder Sky Cinema Family HD 18.50 Ghost - Fantasma - di J. Zucker Sky Cinema Passion
19.20 Benvenuti al Sud - di L. Miniero Sky Cinema Hits HD 21.00 Uomini e cobra - di J. Mankiewicz Sky Cinema Classics 21.00 African Cats - di A. Fothergill Sky Cinema Family HD 21.00 Al calare delle tenebre di J. Liebesman Sky Cinema Max HD 21.00 Tutto l'amore che c'è - di S. Rubini Sky Cinema Passion 21.00 Il marchese del Grillo di M. Monicelli Sky Cinema Comedy 21.10 Maga Martina 2 - Viaggio in India di H. Sicheritz Sky Cinema 1 HD
21.10 Un amore a 5 stelle - di W. Wang Sky Cinema Hits HD 22.30 Dark Water - di W. Salles Sky Cinema Max HD 22.35 Goose! Un'oca in fuga - di N. Kendall Sky Cinema Family HD 22.40 La fiera della vanità - Vanity Fair di M. Nair Sky Cinema Passion 22.50 Gallo cedrone - di C. Verdone Sky Cinema 1 HD 23.00 Salt - di P. Noyce Sky Cinema Hits HD 23.30 Superfusi di testa - di S. Boyum Sky Cinema Comedy 00.10 Da grande - di F. Amurri Sky Cinema Family HD
15.00 Golf. PGA Championship 2012 Sky Sport 1 HD 16.00 Pallamano. Olimpiadi 2012 EuroSport HD 16.30 Watts Eurosport 2 17.00 Calcio. Olimpia - Danubio Copa Sudamericana Sky Sport 1 HD 17.30 Basket. Olimpiadi 2012 EuroSport HD 17.30 Tennis. Torneo WTA di Montreal Eurosport 2 18.00 Boxe. Olimpiadi 2012 EuroSport HD
18.45 Premier League World Sky Sport 1 HD 19.00 Penthatlon moderno. Olimpiadi 2012 EuroSport HD 19.15 Bollettino Sportivo Eurosport 2 19.15 Wrestling. Ep. 7 WWE Domestic Smackdown! Sky Sport 1 HD 19.30 Tennis. Torneo WTA di Montreal Eurosport 2 19.35 Highlights Together to London EuroSport HD 20.00 Ep. 27 Momenti di Golf Sky Sport Extra
20.30 Golf. PGA Championship 2012 Sky Sport Extra 21.00 Tennis. ATP World Tour Masters 1000 Toronto Sky Sport 1 HD 21.15 Speciale Giochi Olimpici Watts EuroSport HD 21.15 Ciclismo. Tour del Benelux Eurosport 2 22.00 Olimpiadi 2012 Cerimonia Chiusura EuroSport HD 22.15 Tennis. Torneo WTA di Montreal Eurosport 2 23.00 Tennis. Torneo WTA di Montreal Eurosport 2
sport
11.30 Ep. 25 MotorSport Sky Sport 1 HD 12.00 Atletica. Maratona Maschile Olimpiadi 2012 EuroSport HD 12.00 Ciclismo. Gran Fondo Pinarello 2012 Sky Sport 1 HD 12.15 Wrestling. Ep. 7 WWE Domestic Raw Sky Sport 1 HD 13.00 Ciclismo. Tour del Benelux Eurosport 2 14.15 Volley. Olimpiadi 2012 EuroSport HD 14.30 Ciclismo. Tour del Benelux Eurosport 2
FOX 10.45 10.55 11.10 11.15 11.50 12.10 12.20 13.00 13.10 13.15 13.30 13.35
RETE 4
7.00 Il mondo di Patty - Tf 7.40 Cartoni 10.35 Film: Un computer a quattro zampe - di Karl Zwicky, con Nathan Cavalieri, Emilie Francois, Sandy Gore 12.25 Studio Aperto Meteo 13.00 $#* My dad says - Sitcom 14.15 Manchester City - Chelsea 16.40 Tvm: Dragonheart II: il destino di un cavaliere di Doug Lefler, con Christopher Masterson, Robby Benson, Harry Van Gorkum 17.45 Le cose che amo di te - Sitcom 18.30 Studio Aperto Meteo 19.00 Bugs Bunny - Cartoni 19.10 La vita secondo Jim - Sitcom 19.40 Film: Scuola di polizia 5: Destinazione Miami - di Alan Myerson, con George Gaynes, G. W. Bailey, Bubba Smith 21.25 Film: Beverly Hills Cop Un piedipiatti a Beverly Hills - di Martin Brest, con Eddie Murphy, Paul Reiser 23.40 Film: D-Tox - Jim Gillespie, con Sylvester Stallone, Charles Dutton 1.40 Pokermania 2.35 Studio Aperto - La giornata 2.50 Media Shopping 3.10 Film: Omicidi di classe di D. Rosen, con M. Lillard
[servizio a pagamento]
09.55 Qualunquemente - di G. Manfredonia Sky Cinema Comedy 10.00 Hercules - di R. Clements Sky Cinema Family HD 11.25 Burlesque - di S. Antin Sky Cinema Passion 11.30 Città amara - di J. Huston Sky Cinema Classics 11.50 Rat Race - di J. Zucker Sky Cinema Hits HD 12.05 Kick-Ass - di M. Vaughn Sky Cinema Max HD 12.10 This Is Beat - Sfida di ballo di R. Adetuyi Sky Cinema 1 HD 13.25 Il vento del perdono - di L. Hallström Sky Cinema Passion
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CANALE 5
RAI 3
RAI 2
Da Da Da Quark Atlante Tg1 Overland 9. Dalle miniere di diamante alle terre di Re Salomone Sudafrica Tg1 La piccola moschea nella prateria - Tf Tg1 Pongo & Peggy. Gli animali del cuore Tg1 L.I.S. Linea Verde Orizzonti Estate A sua immagine Santa Messa Recita dell’Angelus Linea Verde Estate Telegiornale Le note degli Angeli - con Massimo Giletti Che tempo fa Tg1 Gusto italiano - con Elisa Isoardi Il commissario Rex - T Reazione a catena Telegiornale Tg Sport Techetechetè Un passo dal cielo - Tf con T. Hill Tg1 60 secondi Speciale Tg1 Notte Tg1 Notte / Che tempo fa Applausi Speciale. La vita è scena - con G. Marzullo
SKY
«S
loro quindici minuti di notorietà. Un viaggio nella storia della televisione, nei valori che diffonde e nella sua capacità di influenzare le scelte degli spettatori, partendo dalla trasmissione di uno strip casalingo per arrivare all’impero mediatico di Silvio Berlusconi prima “presidente della tv” poi “presidente dell’intero Paese”. Un documentario scomodo di cui Rai e Mediaset rifiutarono nel 2009 di trasmettere addirittura il trailer ritenendolo di parte e troppo critico.
DIGITALE TERRESTRE
DIXIT MONDO Attraverso il racconto di tre generazioni, ritratto inedito della famiglia più potente d’America: “Non esistono Kennedy felici”. Una stirpe ricca e potente, ma segnata dai lutti. Rai Storia - 15.00
ENZA la televisione non potresti far niente. La accendi e da casa ti vedono e diventi popolare. Basta apparire». Sono le parole di Lele Mora che concludono il documentario Videocracy del regista italo-svedese Erik Gandini in onda domani sera alle 21.10 su La7 all’interno del programma di Enrico Mentana “Film cronaca”. Un ritratto di ciò che è avvenuto nel nostro Paese dagli anni Ottanta a oggi tra aspiranti veline e giovani che dalla provincia sognano i
6.55 7.15 7.45 8.50 9.25 10.00 11.00 11.30 12.00 13.10 14.10 14.45 16.40 18.50 19.35 21.30
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LA SETTE
Tg4 Night News Media Shopping Vita da strega - Sitcom Slow Tour Correndo per il mondo Santa Messa Il cammino di Padre Pio Tg4. All’interno: Meteo Pianeta mare I miti dello spettacolo Donnavventura Film: Il coraggio di Lassie - di F. Wilcox, con E. Taylor, F. Morgan Film: Arrangiatevi - di M. Bolognini, con Totò, Peppino De Filippo Tg4. All’interno: Meteo Colombo - Tf Film: Ladyhawke - di Ric h a r d Do n n e r , c o n Matthew Broderick, Rutger Hauer Film: Una casa alla fine del mondo - di Michael Mayer, con Colin Farrell, Dallas Roberts Yg4 Night News Film: A mezzanotte va la ronda del piacere - di M. Fondato, con Claudia Cardinale, Vittorio Gassman, Renato Pozzetto, Monica Vitti Film: Il santo patrono - di A. Albertini, con A. Sorrentino, A. Dottesio, B. Boschetti Zig Zag
6.00 Tg La7 / meteo / oroscopo traffico - Informazione 6.55 Movie Flash 7.00 Omnibus - Rassegna stampa 7.30 Tg La7 7.50 Film Tv: L’uomo che non ho mai conosciuto - di A. Brown, con J. Terry, J. Smart 9.35 Chiamata d’emergenza Tf 10.00 Ti ci porto io, conducono G. Vissani e M. Rocco di Torrepadula (r) 11.45 Tvm: Jack Hunter - La tomba di Akhenanton 13.30 Tg La7 14.05 Film: L’utimo urrà - di John Ford, con Spencer Tracy, Jeffrey Hunter 16.25 The District - Tf 18.00 Movie Flash 18.05 L'ispettore Barnaby - Tf 20.00 Tg La7 20.30 Cash Taxi, conduce Marco Berry 21.10 Film: Closing the Ring di Richard Attenborough, con Shirley MacLaine, Christopher Plummer 23.35 Tg La 7 23.40 Tg La7 Sport 23.45 The show must go off - Best conduce S. Dandini 01.50 Movie Flash 1.55 Film: Tre passi nel delirio - di R. Vadim, L. Malle, F. Fellini, con J. Fonda, P. Fonda, A. Delon
13.45 14.00 14.15 14.40 14.50 15.00 15.10 15.40 15.55 16.05 16.10 16.30 16.50 16.55 17.05
Tre cuori in affitto Fox Retro Futurama Fox HD Strega per amore Fox Retro Strega per amore Fox Retro The Glades Fox HD Medium Fox Life L'uomo di Atlantide Fox Retro I Simpson Fox HD Combat Hospital Fox Life Happy Endings Fox HD Supercar Fox Retro Tutto in famiglia Fox HD Terapia d'urto Fox Life Tutto in famiglia Fox HD Supercar Fox Retro
17.25 17.45 18.05 18.20 18.40 18.45 19.10 19.35 19.35 20.00 20.05 20.55
La vita secondo Jim Fox HD S.O.S. Tata Fox Life Supercar Fox Retro Modern Family Fox HD S.O.S. Tata Fox Life Aiutami Hope! Fox HD I Griffin Fox HD American Dad Fox HD Hot in Cleveland Fox Life I Simpson Fox HD Hot in Cleveland Fox Life Alla ricerca del fiume nascosto National Geographic Channel 21.00 Ghost Whisperer - Presenze Fox Life
21.00 L'uomo di Atlantide Fox Retro 21.50 I Griffin Fox HD 21.55 Ghost Whisperer - Presenze Fox Life 22.00 L'incredibile Hulk Fox Retro 22.15 Falling Skies Fox HD 22.45 Medium Fox Life 22.55 L'ebraismo mistico National Geographic Channel 23.00 Ufo Fox Retro 23.05 Homeland - Caccia alla spia Fox HD 23.40 Medium Fox Life 23.45 Numb3rs Fox Crime HD 23.55 Alla ricerca del fiume nascosto National Geographic Channel
6.30 9.45 13.55 14.00 15.00 15.55 16.00 18.55 19.00 20.00 20.30 21.30 22.30 23.30 0.30
Deejay Night Deejay Hits Deejay Tg Life Is We Know It Una splendida annata Deejay Tg Una splendida annata Deejay Tg Deejay Music Club Lorem Ipsum Best of The Middleman Dj Stories - Labels Living in America Iconoclasts Deejay Night
MTV 9.50 Behind the music: dentro la musica 11.00 16 Anni e Incinta 11.50 Teen Cribs 12.40 Moving In 13.30 I Soliti idioti 14.20 Punk’d 15.10 Pauly D: da Jersey Shore a Las Vegas 16.00 Ginnaste vite parallele 19.00 Ginnaste vite parallele 21.10 The Buried Life: Cosa vorresti fare prima di morire? 22.00 Pranked 22.50 Prof. Sex 23.40 Speciale Mtv News 0.30 Ridiculousness: Veri American Idiots 1.20 I Soliti Idioti 2.10 Punk’d
RAI
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13.00 13.45 15.30 15.50 17.20 17.25 18.55 19.40 21.10 22.55 23.20 1.25 1.30 2.55 3.00 3.50 4.45
RAI 4 Musiclife - Magazine Haven - Serie Tv Primeval - Serie Tv Sanctuary - Serie Tv Eureka - Serie Tv Film: Mortal Combat: distruzione mortale - di J. Leonetti, con R. Shou, B. Thompson Streghe - Serie Tv Film: Dark Tide - di J. Stockwell, con H. Berry, O. Martinez, R. Brown Mainstream - Magazine Haven - Serie Tv Rai News Giorno Primeval - Serie Tv Flashpoint- Serie Tv Desperate Housewives - Serie Tv Sopranos - Tf Mainstream - Magazine Film: Lacchiappasogni - di L. Kasdan, con M. Freeman, T. Jane Appuntamento al cinema Film: Digital Reaper - di John Irvin, con A. Assante Rai News Notte Killing - Serie Tv Spiral - Serie Tv Film: Man Thing - di B. Leonard, con M. Le Nevez, R. Taylor
■ 6.30 8.10 8.40 9.55 13.25 15.10 15.15 15.50 16.50 18.40 18.45 20.35 21.10 22.55 0.40 0.45
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PREMIUM La grande vallata - Tf Piloti Biblioteca di Studio Uno La Crociera - Miniserie Film: L’angelo custode - di P. Gagnon, con K. Martin, A. McDonald Appuntamento al cinema 7 vite 2 - Sitcom Il commissario Manara - Tf Provincia segreta - Miniserie Rai News Giorno Il Maresciallo Rocca - Tf Fictionmania Film : Un miracolo anche per me - di S. Gyllenhaal, con D. Delany, S. Thompson Il capitano - Miniserie Rai News Notte Piloti
MOVIE
7.30 Film: Un re a New York - di e con C. Chaplin, con D. Addams 9.15 Appuntamento al cinema 9.20 Film: Un amore d’estate - di P. Haggard, con J. Wilby 10.55 Film: Ufo: Allarme rosso... - di J. Summers, Ed Bishop, M. Billington 12.30 Film: Homeboy - di M. Seresin, con M. Rourke, C. Walken 14.20 Film: L’ora delle pistole - Vendetta all’Ok Corral - di J. Sturges, con J. Garner, J. Robards
MEDIASET PREMIUM I Griffin Fox HD Law & Order UK Fox Crime HD I Simpson Fox HD Reparto maternità Fox Life Tre nipoti e un maggiordomo Fox Retro Ghost Whisperer - Presenze Fox Life Mary Tyler Moore Fox Retro La vita secondo Jim Fox HD Ghost Whisperer - Presenze Fox Life Tre cuori in affitto Fox Retro La vita secondo Jim Fox HD La signora in giallo Fox Crime HD
DEEJAY TV
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16.00 Film: Mystic Pizza - di D. Petrie, con J. Roberts, A. Gish 17.45 Rai News 17.50 Film: Management - di S. Belber, con J. Aniston, W. Harrelson 19.25 Film: Home of the brave - di I. Winkler, con S. L. Jackson, J. Biel 21.05 Film: La foresta dei pugnali volanti - di Yimou Zhang, con T. Kaneshiro, A. Lau, Z. Zhang 23.00 Film: Sugarland Express - di S. Spielberg, con G. Hawn, B. Jhonson 0.50 Rai News Notte 0.55 Stracult Movie 1.15 Film: L’estate sta finendo - di B. Cortini, con A. Infanti, L. Ferrantini
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RAI 5
11.35 12.30 13.20 16.00 16.30 17.20 17.25 17.55 18.45 19.45 20.40 21.15
L’era spaziale Orrori da abitare Teatro - King Lear Tutte le televisioni del mondo David Letterman Show Rai News Giorno Se collezionando Shoreline - Sudafrica Tropic of Capricorn La Terra vista dal Cielo Signé Chanel Film doc: Page One - Un anno dentro il NY Times 22.50 Film: Risorse umane - di L. Cantet, con J. Lespert, J.C. Vallod 0.35 Rai News notte
GIALLO
cinema
8.45 Red Dragon - di B. Ratner Premium Cinema Energy 8.45 Eyes Wide Shut - di S. Kubrick Premium Cinema Emotion 9.35 La via del male - di M. Curtiz Studio Universal 10.25 The Resident - di A. Jokinen Premium Cinema 11.30 Il presidente - Una storia d’amore di R. Reiner Premium Cinema Emotion 12.00 Wolfman - di J. Johnston Premium Cinema 12.40 Ghost Dog - Il codice del samurai di J. Jarmusch Premium Cinema Energy 13.25 Cuore Selvaggio - di D. Lynch Premium Cinema Emotion 13.45 The Doors - di O. Stone Studio Universal 13.50 Il rito - di M. Hastrom Premium Cinema
15.45 The Losers - di S. White Premium Cinema 16.05 Il caso dell’infedele Klara di R. Faenza Premium Cinema Emotion 16.10 Johnny Suede - di T. Di Cillo Studio Universal 17.15 Twister - di Jan De Bont Premium Cinema Energy 18.20 Mammina cara - di F. Perry Studio Universal 21.15 Baciato dalla fortuna - di P. Costella Premium Cinema 21.15 Inkheart - La leggenda di cuore d’inchiostro - di J. Softley Premium Cinema Energy 21.20 I Flintstones - di B. Levant Studio Universal 23.00 Cose dell’altro mondo - di F. Patierno Premium Cinema 1.15 Dogma - di K. Smith Studio Universal
08.00 08.50 09.45 10.35 11.30 12.20 13.10 14.05 14.55 15.50 16.25 17.20 18.15 19.10 20.05 21.00 21.50 22.45 23.35 00.30 01.20 02.10
Alfred Hitchcock Presenta Ellery Queen Ellery Queen Law & Order: i due volti della giustizia Law & Order: i due volti della giustizia Medical Investigation Medical Investigation Crossing Jordan Crossing Jordan Ellery Queen Ellery Queen Law & Order - I due volti della giustizia Law & Order - I due volti della giustizia Justice - Nel nome della legge Justice - Nel nome della legge Crossing Jordan Crossing Jordan Shark - Giustizia a tutti i costi Shark - Giustizia a tutti i costi Law & Order - I due volti della giustizia Law & Order - I due volti della giustizia Law & Order - I due volti della giustizia
FOCUS
CIELO
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10.40 11.45 1235 13.30 14.15 15.15 16.10 17.15 17.55 18.45 19.10 20.10 21.00 21.50 22.40
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08.00 I luoghi della devozione popolare di Pupi Avati 10.55 S. Messa dalla Concattedrale di Ripatransone 12.00 Angelus recitato dal Santo Padre 13.20 Antivirus a cura di D. Rondoni "Vladimir Majakovskij" 14.00 Film: Scaramouche - con Domenico Modugno 16.00 Viaggio nel mondo della Bibbia 17.30 Vade Retro a cura di David Murgia 18.00 Rosario da Lourdes 19.30 L' adolescente a cura di Vittorino Andreoli 21.45 Film: Quo Vadis - di Franco Rossi
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LONDRA
DOMENICA 12 AGOSTO 2012
Un ring e un tatami: una notte di emozioni e colpi a sorpresa che si chiude con un titolo nel taekwondo grazie all’atleta pugliese e un argento nella boxe con Russo Siamo all’ultima giornata di gare: con altri due ori da inseguire
Botte da
podio
VITTORIO ZUCCONI LONDRA — Nella penultima notte di un racconto ormai arrivato alla fine brilla ancora una luce di oro e d’argento per i colori italiani nel pugilato e nel taekwondo. Carlo Molfetta il brindisino, ha vinto un oro nel taekwondo e Clemente Russo, il peso massimo da Marcianise l’argento nel pugilato, e hanno di nuovo portato a Londra il vento del Sud, il successo sportivo del meridione italiano. Grandi tutti e due. Era il piccolo grande capo di Marcianise quello che aveva la fatica più dura, di fronte all’ucraino Usyk che lo sovrastava di ben 10 centimetri e quando l’ucraino ha cominciato a usare le sue lunghe braccia, il nostro toro si è seduto. Lui che vanta un viso pulito, e una mirabile capacità di non prendere cazzotti, ne ha presi troppi, ma ne ha dati con forza e con coraggio. E ha saputo tenerci sul bordo di quello sgabellino sul quale si era seduto affaticato, sotto le premure del commissario tecnico Damiani. Uno dopo l’altro i punti, che sono i cazzotti, crescevano per Usyk e il fiato cedeva nel nostro coraggioso campione. Un bellissimo addio, quello di «Takanka», il Sioux casertano. E dopo la notte di Russo e Molfetta, capace di una rimon-
Tatanka è argento vivo oggi ci prova Cammarelle ta fantastica, in questa Olimpiade ridotta ormai alla buccia dell’ultimo giorno, saranno atleti italiani chiamati a reggere quello che rimane dello sport, prima che la coreografia della cerimonia finale dispieghi il solito rituale e la commozione precotta dai registi. Toccherà questa sera ad altre botte a segnalare l’addio finale alla XXX edizione, quelle che si
Quando l’ucraino ha cominciato a usare le sue lunghe braccia, il nostro toro si è seduto scambieranno il peso massimo Roberto Cammarelle con l’inglese Anthony Joshua e i pallanuotisti di Sandro Campagna con i croati, certamente anche più di dure quelle inferte sul ring. E il personaggio al quale spetterà l’ultimo duello di que-
sti giochi è sempre lo stesso di Pechino 2008, Roberto Cammarelle, il campione dell’undicesima ora, l’uomo per il quale suona sempre la campana. Vinca o non vinca, il supermassimo di sangue lucano e di nascita lombarda, da Cinisello Balsamo, garantisce almeno
che non saremo afflitti da dichiarazioni sgangherate o scomposte. Questo anche nel caso i giudici cedano all’immensa pressione del tifo britannico, arrivato a livelli di fanatismo che hanno irritato anche i dirigenti della Bbc, si abbandonino a ciò che nel gergo
inglese dello sport si chiama «home cooking», la cucina casalinga. Per strappare l’ultima medaglia d’oro. Cammarelle, semplicemente, è uno che non parla. Mena e basta. Quanto Clemente Russo è gigione e showman, disposto a tuffare la propria parte di
Contro Joshua Oggi è il giorno di Roberto Cammarelle, che nei supermassimi cerca di bissare l’oro di Pechino 2008. L’appuntamento è alle 16.15 contro l’atleta di casa (come quattro anni fa quando affrontò il cinese Zhilei Zhang). L’inglese Anthony Joshua, già avversario ai Mondiali di Baku nel 2011, ebbe la meglio ai quarti di finale con il risultato di 15-13
mattatore nel fondo di reality show, di programmi televisivi, di set cinematografici, tanto Cammerelle è scontroso, taciturno, duro come il suo profilo appiattito da centinaia di diretti destri e sinistri incassati. A chi gli chiede se pensi di vincere risponde «certamente». A chi gli chiede perché dice «perchè meno di più e ne prendo di meno».
Come a Pechino 4 anni fa il pugile azzurro sfiderà un padrone di casa per l’ultima medaglia Della sua vita privata si conosce soltanto un feroce attaccamento alla famiglia, alla moglie Nicoletta, che lascia per fare la spola fra Milano, dove vive, a Assisi, non per andare in pellegrinaggi mistici, ma per l’allenamento. E per questo, e un po’ per il timore di rendersi ridico-
2012
Calcio
Atletica
Impresa del giovane Messico che umilia i campioni brasiliani davanti a Pelè in tribuna: doppietta di Peralta, 2-1
Tripletta di Bolt con la 4x100 giamaicana. Ma lo stadio impazzisce per Mo’ Farah, l’inglese che domina i 5000
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Carlo Molfetta (in rosso) nel combattimento di ieri. A destra in ginocchio dopo la proclamazione della vittoria (segue dalla prima pagina)
DAL NOSTRO INVIATO MAURIZIO CROSETTI NA medaglia in extremis di ghiaccio sul collo e coraggio nel cuore. Carlo Molfetta, 28 anni, la strappa ai punti nel taekwondo contro un ragazzone del Gabon, lui si chiama Anthony Obame e ha portato per la prima volta il suo paese sul podio olimpico, così si fa la storia. Il combattimento finale era cominciato malissimo, con un reclamo accolto di Obame, e l’azzurro è stato costretto a rincorrere, ha rosicchiato punti su punti nella rimonta incredibile, tutto pareva perduto sul 6-9, poi l’invenzione per il 9-9, il “golden point” senza esito, il verdetto della giuria, il delirio. «Siiiiiiiiiiiiii!»,urla Carlo dopo il verdetto. «Pazzesco, volevo questo oro più di ogni altra cosa al mondo, non ci credo, ditemi che è veroooo!». Dentro la corazza imbottita, lui è una mangusta che spolpa i ciclopi a morsi rapidissimi, c’è un peso massimo per sbaglio, uno con venti chili e venti centimetri in meno dei colossi che prende a pedate. Era la prima volta che combatteva nella categoria “più 80 chili”: per entrarci (ad Atene, nel 2004, Molfetta era tra i “meno 68 kg”), è dovuto ingrassare appunto di una ventina di chili. «Ragazzi che lavoraccio, devo proprio ringraziare la mia dietologa». E
U
lo negli studi tv e sui set, ha sempre respinto le lusinghe della tv. Il suo unico linguaggio pubblico sembra quello dei pugni, che ha ancora velocissimi e duri, nonostante le gambe non siano più quelle che gli permisero di vincere l’oro a Pechino, di nuovo combattendo alla fine dei Giochi contro il campione di casa, il cinese Zhang Zhilei. Il suo destino pugilisticamente evangelico di essere l’ultimo chiamato a diventare primo si concluderà questa sera, mentre i pallanuotisti si scambieranno colpi con i croati. A trentadue anni, sa bene che questa sarà la sua carica finale, che questa sera, vincitore o sconfitto, scenderà per sempre dal ring e la campana suonerà davvero per lui. I pronostici sono tutti per l’inglese, che già lo ha sconfitto ai mondiali di Baku del 2011. Sarà l’ultima volta, nell’ultimo evento sportivo nell’ultima ore della Olimpiade 2012. I compagni lo hanno soprannominato «Game Over», fine del gioco, secondo la cultura e il linguaggio di quei videogames che lui adora, perché se ti raggiunge con un diretto, lo schermo si spegne. Ma questa volta, per lui come per i 10 mila e 500 uomini e donne che dal 27 luglio si sono incontrati e affrontati qui, sarà davvero «Game Over». Sipario per un campione e per un’Olimpiade. © RIPRODUZIONE RISERVATA
“Quando sono tornato dalla Corea ho portato i fiori sulla tomba della povera Melissa” forse la fidanzata Serena, per l’amore e per le torte. Oppure deve dire grazie allo psicologo Roberto Mucelli che l’ha ricostruito dentro («Troppi incidenti, troppe delusioni, sono stato a un passo dal ritiro»), o magari al chirurgo che gli ha riattaccato i pezzi molte volte: «Quattro operazioni alle ginocchia, crociato destro e sinistro, tendine rotuleo, rotula fuori asse, non mi sono fatto mancare niente». Ecco un altro campione uscito fuori dal dolore e dal silenzio, uno di quelli che si sbattono di fatica nelle palestre sconosciute, agli angoli del mondo. «Ogni anno passo almeno due mesi in Corea del Sud, là ci sono gli sparring-partner giusti, per il resto del tempo sto a Roma con Serena che insegna danza». Anche il suo allenatore è coreano, si chiama Yoon Soon Cheul e in due giorni si è preso due medaglie, Sarmiento e Molfetta. Prima dei combattimenti, dà piccoli schiaffi sul viso dei suoi ragazzi e li accarezza, queste sono arti di forza e gentilezza, un po’ Bruce Lee e molto Budda. E poi la sim-
Taekwondo
Molfetta, i colpi della vita l’arte marziale in paradiso Un’incredibile rimonta fino all’epilogo d’oro patia, veramente d’oro, di Carlo Molfetta che per combattere deve siringarsi con l’anestetico la caviglia destra infortunata, e poi urla nel tunnel delle interviste e intanto si batte il pugno sul petto, dopo avere tirato sul tatami la freccia invisibile come Bolt. «Ragazzi, oggi posso dire tutte le minchiate che voglio, anche la medaglia d’oro la volevo, pazzamente, è il regalo che mi faccio, è una meraviglia battere quelli grossi il doppio di te, come il cinese nei quarti e il maliano in semifinale, io ci metto i coglioni, io
sono quello che cade e soprattutto si rialza. La vita è proprio questo, rialzarsi ogni volta». Veder combattere il ragazzo con il cognome di piccola città, Molfetta, lui che viene da Mesagne, provincia di Brindisi, è una tachicardia: sempre tutto all’ultimo colpo, all’ultimo calcio, all’ultimo pugno, all’ultimo guizzo. «Altrimenti non mi diverto, e non vi divertite neppure voi». Carlo il fantasioso s’arrampica sulle montagne di carne che sono i suoi avversari, scala i loro corpi, poi colpisce. Più rapido
dell’occhio umano, s’infila nelle fessure delle muraglie, è la tattica dei più piccoli e più scaltri, quelli che o si fanno furbi o soccombono. Alla gente che batte i piedi facendo tremare il palazzetto, la mangusta azzurra è piaciuta molto. «Inseguo le cose impossibili, le imprese magiche, non per niente leggo Harry Potter e i libri sui giganti, quelle minchiate fantasy un po’ come me, vi sembro forse un peso massimo? Ho cominciato col taekwondo a cinque anni, a casa rompevo tutto, mio padre mi
portò in palestra perché non facessi altri danni, la mamma mi chiamava scimmietta». A volte, i bambini che hanno solo bisogno di sfogarsi possono arrivare in cima al mondo, dando sberle invece di prenderle. «Io credevo di farcela già ad Atene, ma ero uno sbruffoncello. L’arroganza non paga, l’esperienza e la pazienza sì». Ne sono passate di torte da quel giorno, e spaghettate, e chili da mettere su, e bisturi nella carne, e tempo, e oceani da attraversare. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Pallanuoto
Settebello per un finale col botto “Sarà uno spettacolo da batticuore” DAL NOSTRO INVIATO FABRIZIO BOCCA
Giorgetti al tiro nella semifinale con la Serbia
LONDRA — «E questo è tutto. Un’ultima cosa, vi avverto, portatevi tutto: ansiolitici, calmanti, gocce, sennò ci restate», dice Sandro Campagna, che ride e guarda l’ora: c’è l’allenamento, sono in arrivo i figli, cerca una tv che gli dica di Juve-Napoli e soprattutto guarda dove sia Ratko Rudic. Tutti lo stanno martellando sulla storia del maestro e dell’allievo, vent’anni dopo. Nemmeno questa storia la stesse scrivendo Dumas. Fra Italia e Croazia, prima ancora dell’oro olimpico nella pallanuoto, c’è di mezzo un muro. Di qua c’è la piscina dove nell’adrenalina sguazzano (letteralmente, visto che i giocatori vanno spenti e placati per l’euforia delle ultime due vittorie e poi riaccesi oggi pomeriggio) il portierone Tempesti, il fantasista Felugo, il velocista Figlioli, il mancino Gallo, il bullissimo Presciutti, l’italo croato Premus, il calabro-cubano Perez e gli altri. E di là dal muro, nell’altra piscina, bordeggiano e s’allenano i croati, agli ordini di un affascinante signore 64enne, in tuta rossa e dai baffi ancora belli neri, che appena visti tv e occhi indiscreti a bordo vasca ha cacciato tutti, con la paura che gli scoprano le mosse segrete dei temuti Sukno, Boskovic e Dobud, incrociatore da due metri per 118 chili. Se togli l’acqua, le calottine e il fatto che si gioca in sette, la pallanuoto è il calcio. E così il coach spiega il rapporto con Felugo in partita: «Ecco, pensate che io sia Conte e lui Pirlo». SEGUE A PAGINA 58
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LONDRA SPORT 2012
DOMENICA 12 AGOSTO 2012
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Sprint ucraino
Mountain bike show
Niente finale per la farfalla azzurra
LA CANOA DI CHEBAN
17ª L’AZZURRA LECHNER
CANTALUPPI FUORI, DOPPIETTA RUSSA
L’ucraino Yuri Cheban ha vinto l’oro nella canoa C1 200 metri fermando i cronometri sul tempo di 42’’291
È la francese Julie Bresset ha tagliare per prima il traguardo della gara di cross country di mountain bike, davanti alla tedesca Sabine Spitz. Solo 17° posto per l’altoatesina Eva Lechner
Julieta Cantaluppi si classifica 16esima nelle eliminatorie ed è fuori dalla finale individuale del completo di ginnastica ritmica. Primo e secondo gradino del podio per la Russia, con l’oro di Evgeniya Kanaeva e l’argento di Daria Dmitrieva. La Kanaeva era la favorita, già oro a Pechino nella specialità
Staffetta
36’’84
La Giamaica domina la 4x100 scendendo sotto i 37”, trascinata dal suo incredibile leader al 6° trionfo olimpico. Usa sotto il loro primato ma battuti
Saluti da Bolt & C la staffetta dei sogni abbatte un altro muro Terzo oro per Usain, con un record stellare DAL NOSTRO INVIATO EMANUELA AUDISIO LONDRA — Non è un addio, è un’ubriacatura generale. Senza più freni. Frullate la Giamaica, metteteci un po’ di Bolt, soprattutto all’ultimo. E poi servite in tavola il record: 36”84. Andrà giù che è un piacere e vi tirerà anche su. Vi scompiglierà, vi metterete a fare gestacci alla forza di gravità, e vi darà più voglia di attraversare il futuro. «Sweet dreams». Non sono ultimi fuochi, ma botti che rivoltano il mondo. Bolt, tre ori e un nuovo primato mondiale, corre da idolo delle folle verso la sua ricompensa e verso la sua folle normalità. È alla sua ultima gara olimpica, e come a Pechino lascia un segno, trascinato dai suoi compagni della staffetta veloce, dal bestiale Blake e da tutta la Giamaica. L’America rantola, ci prova, si ribalta. Bailey in ultima è un moscerino, Bolt se lo pappa senza problemi, anzi lo scaccia, senza nemmeno trovarlo fastidioso. Ma la formazione Usa è incomprensibile: perché Gay in curva, visto che quest’anno non l’ha mai corsa? Bolt arriva così a razzo che continua la sua corsa con il testimone in mano, e non lo molla, mentre un giudice continua a dirgli che lo deve dare indietro. Però sul tabellone dello stadio non compare il risultato cronometrico e mentre Bolt festeggia, con tutte le ragazze che gli si buttano addosso, a tutti viene il dubbio: vuoi vedere che la Giamaica ha sbagliato il cambio e ora gli tolgono l’oro di bocca? C’è una parte dello stadio che si lascia andare e un’altra che trattiene il fiato. Ci vuole un po’ di tempo, gli unici tranquilli sono i giamaicani, Bolt pare il padrone di casa, e lo è, saluta ad uno ad uno tutti gli spettatori, si mischia, abbraccia. Andate a casa, gente, e un giorno potrete dire ai vostri nipoti: io c’ero quan-
Magnifico
Rio difficile
Ora festeggio
È sempre magnifico chiudere così, come ai mondiali un anno fa Sapevo che il record del mondo era possibile, la squadra ha dato tutto
Rio nel 2016? Ci ho pensato e credo che sarà molto difficile esserci per me. Ora c’è Blake e molti altri giovani stanno crescendo bene
Londra era il mio obiettivo e l’ho centrato: adesso devo sedermi a riflettere. Ma prima ancora devo andare a festeggiare in città
do Bolt ha fatto rotolare il mondo alla sua velocità. Come il grande dittatore di Charlot che prendeva a calci il mappamondo, mentre Usain si diverte a surfare verso il traguardo. Reggetevi, attenti al vento, e guardate il cronometro. Dice che il record, sempre della Giamaica, dell’anno scorso 37”04, è cancellato, anzi calpestato per 20 centesimi. Via i vecchi fogli del calendario. Era dal ’76 che un paese
non riusciva a confermarsi campione olimpico nella staffetta. Blake è contento: «Avere davanti Bolt mi motiva». Bolt: «E’ una sensazione bellissima finire così. Sapevo che potevamo battere il record. Tutti mi chiedono di Rio 2016. Credo che sarà difficile. C’è un tempo per tutto e questo era il mio tempo. Il prossimo sarà di Blake e di altri ragazzi giovani che verranno fuori. Stanotte farò cose
ENRICO FRANCESCHINI PICCADILLY VENDESI CAVALLO D’ORO i sono campioni che cambiano nazionalità, emigrando da bambini (come il somalo naturalizzato britannico Mo Farah) o sposando uno straniero (come la tedesca naturalizzata italiana Josefa Idem). Ma nessun atleta olimpico rischia di essere venduto, senza nemmeno chiedere il suo parere per di più, a un altro paese. Eppure sembra proprio questo il destino del vincitore, o se vogliamo co-vincitore, di una medaglia d’oro ai Giochi di Londra. Il suo nome è Valegro. Ha gareggiato per il Regno Unito. E come ricompensa gli hanno dato uno zuccherino. Già, perché Valegro è un quadrupede. Portando in groppa la fantina Charlotte Dujardin, ha fatto vincere per la prima volta alla Gran Bretagna un oro nel dressage individuale. Ma ora il proprietario vuole venderlo, perché il suo allevamento è stato colpito dalla recessione e ha bisogno di soldi per evitare il fallimento. Soprannominato “il Messi dell’equitazione”, Valegro vale come un calciatore: uno dei possibili acquirenti, la Spagna, sarebbe pronta a pagare 12 milioni di euro per averlo, forse anche di più. Alla prossima gara, dunque, trotterà per un’altra bandiera. Il mio regno per un cavallo. Ma non lo stesso regno di prima.
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© RIPRODUZIONE RISERVATA
pazze, mi divertirò». Ancora più di così? L’argento va all’America (Kimmons, Gatlin, Gay e Bailey), con 37”04. Mentre il Canada, che era finito terzo in 38”07 viene squalificato, per cambio irregolare, e il bronzo va al quartetto di Trinidad e Tobago (38”12). Sei ori per Bolt, tripletta riuscita, ancora una volta, e un titolo olimpico più di Lewis nello sprint. La Giamaica dopo quattro anni è sempre in cor-
sia di sorpasso, e se buca una ruota (Powell infortunato), se ne frega, perché ne ha sempre un’altra buona e resistente. Infatti in batteria Bolt era stato lasciato a riposo. Sì, loro possono. Sostituito da Kemar Bailey-Cole, 20 anni, 1.93, annunciato come «the next big thing». Anche lui del RacersTrack Club, allievo di Mills, compagno di Bolt e Blake. E l’America si era illusa con 37”38, abbassando il suo primato
nazionale. Non vuole uscire dallo stadio la gente. Non vuole che questa corsa smetta. Si mette a urlare: «We want Bolt». Chiede il bis, come ad un grande interprete, come a una star della musica. Questo è il miracolo del gigante Bolt: non è più solo sport. E’ puro show. Non è sudore, è performance. Non è falso movimento, è spettacolo. E ora che farà il più grande showman del mondo? E anche il più pagato. Ha 26 anni, una villa con 5 stanze e piscina, 6 auto (tutte nere), un cuoco personale, ha guadagnato 20 milioni di dollari, altri 9 ne prende dal suo sponsor Puma, più sei che arrivano da altre aziende. Non ha bisogno di correre verso il futuro. Andrà in cerca di applausi, di un letto e let’s have fun. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Maratona
Oggi si chiude. A Londra 1908 fu fissata la distanza di 42 km e 195
DAL NOSTRO INVIATO
L’Africa cerca rivincite sui passi di Dorando Pietri
LONDRA — E oggi maratona per chiudere. Alle 11 partono in 109. Qui tengono anche ai centimetri. Del resto fu proprio nel 1908, l’anno delle spintarelle a Dorando Pietri sfinito, che venne canonizzata la distanza ufficiale. Quella maratona fu lunga 26 miglia e 385 yards, ossia 42 km e 195 metri: dal 1921 la Iaaf ha omologato la lunghezza specificando che può essere più lunga ma non più corta. E adesso in pratica non si sgarra più, anche se esistono molti percorsi, fra le centinaia di maratone cittadine corse in ogni parte del mondo, considerati sospetti. Qualcuno viene cambiato, di tanti si dice siano vagamente in discesa. Parecchie teorie so-
Ayele Abshero, 21 anni
no pure fantasie e si collegano a quell’alone mitologico che avvolge la disciplina. Che era uno dei simboli dei Giochi, forse il più fascinoso, prima che i 100 metri diventassero la gara delle gare. Manca il primatista del mondo Makau. I favoriti sono i quattro che nel 2012 hanno corso sotto le due ore e 5 minuti: i tre etiopi (Abshero, Feleke e Sefir) e il kenyano Wilson Kiprotich. Possibili alternative il polacco Szost e il marocchino Annani. Per l’Italia c’è Pertile. Nel 2008 vinse il povero Wanjiru, morto nel maggio
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DOMENICA 12 AGOSTO 2012
Pentathlon ceco
Vela spagnola
Lotta azera
DE LUCA E BENEDETTI DIETRO
AUSTRALIA BEFFATA
DOPPIO SUCCESSO
David Svoboda, rimontando il cinese Zhonggrong (argento) nel combined event (corsa-tiro) vince l’oro nel pentathlon moderno. Riccardo De Luca conclude nono, Nicola Benedetti 20°, partiti male con la scherma
Le ragazze spagnole della vela hanno vinto il duello con l’Australia nella medal race Elliott 6 metri. L’equipaggio australiano, argento, ha perso la sfida per 3 regate a 2. Bronzo alla Finlandia
Notte d’oro per l’Azerbaijan della lotta libera. Prima la vittoria di Toghrul Asgarov nei 60 kg contro il russo Kudukhov (3-0). Poi quella di Sharif Sharifov negli 84 kg sul portoricano Espinal (3-1)
PER SAPERNE DI PIÙ www.iaaf.org twitter.com@Mo_Farah
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SCHERMAGLIE OLIMPICHE ANTONIO DIPOLLINA
La marcia infinita di Bragagna omento altamente simbolico sul finale dei tempi regolamentari di Juve-Napoli, la visione affiancata Pechino-Londra rende ampiamente l’idea: di là i rudi calciatori e di qua le farfalle della ritmica con la clavetta. Per un attimo le suggestioni si mescolano e sembra di vedere Zuniga con la clavetta, ma non era vero ed è meglio non immaginare cosa ne avrebbe fatto a contatto con l’arbitro. *** Fine gara a Pechino, un abbacchiato Enrico Varriale al quale è sembrato di cogliere qualche ingiustizia qui e là, saluta comunque con educazione l’intervistato: “Ringraziamo Marotta per la sua disponibilità”. E ci mancava solo che non fosse disponibile. *** Il mondo è in visibilio per l’ultima serata dell’atletica, ci si gode Bolt e si sospira per la Chicherova (ma non c’era la Vlasic, quindi non valeva). Ma anche la visione di quanto succede a Parigi (su SportItalia) non è male, ovvero il debutto ufficiale del Psg da sceicchi, squadrone pazzesco. Primi tre minuti, quattro palle gol con Lavezzi che imperversa in area: quarto minuto, cross basso del Lorient e autorete demenziale di Maxwell, il pupillo di Ibra. Un autentico spasso. *** Anche ieri grandi fatiche in zona Rai per gestire gare in contemporanea. Si presume e spera che in futuro i contratti con limite di ore di trasmissione (ovvero quello che è stato alla base dei salti mortali e delle privazioni di due settimane) vengano valutati per quello che sono, ossia veicolo di umiliazioni e frustrazione. Qualcuno è in grado di fare promesse? *** A Sky ieri hanno avuto come ospite anche Sebastian Coe, che ha reso giustamente omaggio alla tv ufficiale quanto torrenziale dei Giochi. Coe ha annunciato che ora gli spettano due settimane di vacanza, in Italia. Con le gare diradate, il mosaico Sky da dodici schermi ha iniziato a costellarsi di repliche con primo effetto malinconico. Ma la copertura è stata effettivamente pazzesca e adeguata all’investimento pazzesco. *** Provvidenziali i salti verso altri sport nella altrettanto malinconica telecronaca della 50Km di marcia. Anche perché per ore intere non succede niente di niente e Franco Bragagna può dispiegare la sua capacità affabulatoria con cui, bravissimo, s’intende, potrebbe stordire di chiacchiere anche i meglio disposti. *** “Bolt fa lo Usain e Usain fa il Bolt” (Franco Bragagna)
M
SEMENYA ANCORA BATTUTA DALLA SAVINOVA
LO STORICO ORO DI TRINIDAD
La sudafricana Caster Semenya è uscita un’altra volta battuta dal confronto con la russa Mariya Savinova. Dopo il ko ai Mondiali di Daegu della scorsa estate, per la vincitrice dei Mondiali 2009 è arrivata una medaglia d’argento
Il 19enne Keshorn Walcott ha regalato una storica medaglia d’oro, la prima per il suo Paese, nel lancio del giavellotto a Trinidad&Tobago, nazione sicuramente più famosa per i velocisti che per i lanciatori
Il personaggio
Il bis d’oro del magnifico Farah l’eroe della nuova Inghilterra Dopo i 10.000, show anche nei 5.000. “La fede mi ha aiutato” DAL NOSTRO INVIATO ENRICO SISTI
Yohan Blake passa il testimone a Usain Bolt che fugge via verso il record
2011 cadendo dal balcone in circostanze mai chiarite. Il percorso di oggi, identico a quello della maratona femminile di sette giorni fa, non corrisponde a quello dell’annuale maratona di Londra. Bisognava toccare più punti caratteristici e soprattutto si doveva farlo terminare dentro lo Stadio Olimpico. Dal 2008 il courseè stato aggiornato almeno cinque volte. Originariamente si doveva partire dalla Torre di Londra. Poi si è preferito il Mall. Ma guai a rischiare di allungarla o accorciarla di qualche millimetro. L’ultima misurazione è del 13 giugno. Con la fettuccia dei sarti. (e. si.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
LONDRA — Lo splendore comincia sempre dai piedi. Negli ultimi cento metri Mo’ Farah continuava a spingere senza mai mettere a terra il tallone: come avrebbe mai potuto il pur motivato Gebremeskel riprenderlo se poggiava a terra l’intera pianta? Uno saliva e l’altro scendeva. La pista non mente mai. Dopo i trionfali 10000 il poster-boy della Gran Bretagna multiculturale ha dominato anche i 5000. Ha vinto d’intelligenza e di superiorità fisica. La gara è stata tattica, a carburazione lenta (13’41»66). Ai 4500 si sono sganciati in sette compreso il «vecchio» Lagat. Ma Farah aveva già preso la testa: non c’è stato niente da fare. Il suo gemello diverso, il biondo americano Rupp, stavolta non è riuscito a stargli dietro. Prima di questi Giochi la Gran Bretagna non aveva mai vinto
Via da Mogadiscio a 8 anni, poster del team multiculturale La moglie aspetta due gemelli un oro nei 5000 né nei 10000. Evidentemente era destino che succedesse proprio in questo stadio gremito da 80 mila persone comprensibilmente ingorde. Mo’ passava e loro gli carezzavano l’anima mentre il corpo sudava. Prima della gara aveva pregato: «Credo che la mia fede c’entri qualcosa con i miei successi». Lo calma e lo lancia. Londra era commossa. Il «muslim» Mo’ rappresenta
UNA DOPPIETTA INDIMENTICABILE Il britannico Mohammed Farah ha realizzato una storica doppietta olimpica: dopo aver vinto i 10.000 metri, ha conquistato anche l’oro nei 5.000, diventando il re del mezzofondo. Per kenioti ed etiopi non c’è stato niente da fare
tutte gli incroci su cui questa città, anche soffrendo, si è fortificata. Buddha delle periferie, religioni diverse, reggae, cricket, letteratura, calcio, atletica e Team Gb hanno ingigantito lo spessore di chi ci vive: «Mo’ è un elemento chiave per la nostra gente come lo è per tutti i londinesi», ha detto Abdi Kadir Ahmed, uno dei rappresentanti della comunità somala di Camden. Mo’ andò via da Mogadisco che aveva appena 8 anni. E dopo Londra, l’America. Dall’altra parte del mondo, a Portland, nell’Oregon, dove adesso Mo’ vive e si allena, Alberto Salaazar, ex mito americano della maratona, il coach suo e di Rupp, ha fatto
un salto di gioia: «Due no, perché ho la sciatica». Mo’ ha 29 anni. Lunga è ancora la strada. E si presume anche bella. A settembre sua moglie Tania darà alla luce due gemelli (lei hanno già una figlia, Rhianna). Go hard or go home, c’è scritto sull’architrave del suo sito. Stavolta le due cose non fanno contrasto. Mo’ può dire: sono andato forte e adesso me ne torno a casa. Con due pizze dorate al collo che fanno quattro con quelle degli Europei di Helsinki. Che anno. Farah è il settimo a vincere in una sola Olimpiade le due distanze della leggenda: dopo il finlandese Kolehmainen (‘12), il mitico Zatopek (‘52), il russo Kuts (‘56), la
renna Viren (‘72 e ‘76), l’etiope Yifter (‘80) e Bekele a Pechino. Ieri quattro ori russi. Di Kirdyapkin nella 50 km di marcia, della Lashmanova nella 20 km (settima la Rigaudo). Alto altissimo: podio oltre 2,03. Benché avesse la schiena piena di «taping» Anna Chicherova ha conquistato l’oro saltando 2,05 e lasciando così tanto spazio fra e sé e l’asticella che poteva anche essere un salto da 2,10. Gli 800 alla Savinova: argento alla Semenya che come spesso le capita sbaglia tattica e non fa in tempo a rimontarle tutte. Un 19enne di Trinidad & Tobago vince invece il giavellotto: è Keshorn Walcott. In un secolo di Giochi una sola volta l’oro del giavellotto era uscito dall’Europa (nel ‘52 grazie all’americano Young). Per farlo finire ai Caraibi ci voleva proprio l’Olimpiade di Kirani James. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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La Francia vuole il bis
Dominio Carrington Hockey tedesco
PALLAMANO, DOPO PECHINO ’08
NEOZELANDESE SUPER
IL BIS DOPO PECHINO
La squadra francese maschile di pallamano (ore 16 con la Svezia) cerca oggi il bis dell’oro vinto quattro anni fa a Pechino
La neozelandese Lisa Carrington, 23 anni, dopo l’oro ai mondiali nel K1 200, è sul gradino più alto del podio anche a Londra con mezzo secondo sull’ucraina Radomska
Imbattibili sul prato. Non si tratta di calcio, ma della nazionale maschile tedesca di hockey che, battendo ieri sera l’Olanda 2-1, ha bissato l’oro conquistato 4 anni prima a Pechino
PER SAPERNE DI PIÙ www.fina.org www.federnuoto.it
Campagna cerca l’oro in piscina “Ma non sarò mai come Rudic” (segue dalla prima di sport)
DAL NOSTRO INVIATO FABRIZIO BOCCA el corridoio fra le due piscine ora spunta Campagna. Esce Campagna e spunta Rudic. Esce Rudic e rispunta Campagna. Un gioco a rimpiattino. Vi siete visti? «No, non ancora».
N
Vent’anni fa, a Barcellona, Campagna era giocatore e Rudic l’allenatore del Settebello più bello che si ricordi. «Ma è Italia-Croazia, non è Campagna-Rudic. Siamo amici, rivali per la finale e poi di nuovo amici», dice il nostro. L’intero staff di Campagna, Amedeo Pomilio e Francesco Attolico (più la psicologa Bruna Rossi, che c’era anche allora, e Pino Porzio, ora commentatore Sky), faceva
parte della squadra di Barcellona ‘92. «La mia amicizia con Ratko è scolpita nella pietra. Sono stato suo giocatore e quando decisi di allenare chiesi di fargli da assistente. Porto la sacca dei palloni, dissi. L’ho osservato, zitto, per due anni, la notte studiavo ogni particolare e la mattina gli facevo rapporto». E’ la mania e la forza di Campagna, che ha rifiutato offerte per legarsi al Settebello fino
a Rio 2016: la notte studia coi suoi. Ancora oggi. Ha rivisto quattro volte il 6-11 con la Croazia nel girone, per dire chiaro ai giocatori cosa non fare. Prende spunti e idee perfino da calcio e basket, ha una passione juventina e ammira Zeman. A Mondello da ragazzo aveva Vycpalek vicino d’ombrellone («Ragazzo, giochi bene a pallone, quasi quasi ti porto a Torino»), e Zeman l’incrociò
CT DAL 2008 Sandro Campagna, 49 anni, è tornato nel ’08 a guidare l’Italia. Era stato ct anche dal ’01 al ’03
NOVE ANNI IN AZZURRO Ratko Rudic, 64 anni, è stato ct azzurro dal 1991 al 2000, oro ai Giochi ’92. In alto, Felugo
35 anni fa. «M’accomuna a lui la cultura del lavoro». «Qualcosa nella pallanuoto ho fatto anch’io, ma per vincere quanto Rudic non mi basta arrivare al 2028. Ratko ha grande capacità di analisi, che va oltre il risultato. Non se ne fa condizionare, sul lavoro è freddo, distaccato. Pure lui come me non punta tutto sul fisico. La sua Italia del ‘92 era più talentuosa, questa di oggi ha più collettivo. E anch’io da giocatore ero più individualista, ora guardo il mondo a 360 gradi». Ratko Rudic invece è il guru, un’istituzione: «Sono alla dodicesima olimpiade da giocatore e da allenatore. A Barcellona fa-
Il ct azzurro era un giocatore di Ratko a Barcellona ’92 poi suo assistente. Ora vuole batterlo cemmo un gran lavoro, ricordo bene quella giornata con la famiglia reale sul palco». Il momento più bello? «No, quello deve ancora venire», ride. «Sandro è bravo, era uno dei giocatori migliori allora, siamo amici. Ma non vedo somiglianze. Ha fatto bene a prendere la sua strada». Rudic va oggi a caccia del suo quarto oro olimpico da allenatore con tre nazionali diverse (due con la Jugoslavia, uno con l’Italia, ora la Croazia). Appena lo sente, si gira e scappa. «Oh no, no, no. Come fate voi italiani, vi grattate, no?». © RIPRODUZIONE RISERVATA
Pallavolo
L’Italia ritrova la Bulgaria si schiaccia per il bronzo DAL NOSTRO INVIATO ALESSANDRA RETICO LONDRA è una notte di malinconia e una sveglia all’alba tra l’Italia e il bronzo. C’è un terzo posto in palio stamattina (10.30) per gli azzurri presi a sberle con un rigoglioso 3-0 ancora una volta dal Brasile e i bulgari che gliele hanno già rifilate, a zero set, nell’ultima gara nel girone. C’è stato scorno, poi rivalsa, poi ancora umor nero nella squadra in altalena di Mauro Berruto. Il ct: «Ci siamo concessi la rabbia per una serata, ora combatteremo per una medaglia che vale molto». Ma che squadra sarà? Quella bella che ha cacciato ai quarti i campioni olimpici degli Stati Uniti o quella scombinata che ha faticato con l’Australia, collassato con i ragazzi di Ipanema ma anche, e appunto, con quelli di Sofia? C’è in mezzo, tra gli azzurri e il bronzo, anche la Puglia, anzi Salento. C’è il colosso tarantino Gigi Mastran-
C’
gelo di qua, e di là il caliente Camillo Placì, 55 anni da Specchia (Lecce), solo molto formalmente il vicecoach. Il primo della nazionale di Sofia è a referto Nayden Naydenov, 45 anni, messo in fretta dopo che Stoychev, coach anche di Trento, si è dimesso a giugno dopo aver rotto con la propria federazione. Con Rado via anche Matey Kaziyski (e fuori Zhekov), e desolato il governo della pallavolo dei Balcani. Fino a Placì: da secondo della Russia, a Pechino 2008 vinse il bronzo. A Londra nel girone ha battuto oltre l’Italia anche la Polonia (di Anastasi), ai quarti la Germania, poi la semifinale perduta (1-3) ma giocata con la Russia (oggi in finale dopo 12 anni dall’ultima volta a Sydney - col Brasile). La Bulgaria c’è, e c’è soprattutto Placì, un sanguigno che parla crudo e in italiano, Naydenov traduce, ma non ce n’è bisogno: 7 giocatori su 12 giocano in Italia, compreso uno dei migliori, Sokolov (da Trento a Cuneo) e lo stesso capitano Nikolov (Piacenza). Derby di bronzo. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Daley non ce la fa
De Capua licenziato Ultimo brivido
Pallamano
LA PIATTAFORMA È USA
IL CANOTTAGGIO CAMBIA CT
SOGNA LA RITMICA AZZURRA
LE NORVEGESI IMBATTIBILI
Medaglia di bronzo per l’inglese Tom Daley che si arrende a uno strepitoso Boudia (Usa) oro davanti al cinese Bo Qiu
Il Consiglio della Federazione Italiana Canottaggio dopo i cattivi risultati dei Giochi, ha sollevato dall’incarico di ct Giuseppe de Capua. Il coordinamento degli allenatori affidato al dt Antonio Alfine
Insegue un sogno la squadra italiana di ginnastica ritmica: battere la Russia e conquistare l’oro. Le italiane avevano chiuso le eliminatorie con 55.800 punti: oggi tutte le squadre ripartono da zero
Un altro oro dopo quello conquistato nel 2008 a Pechino contro la Russia. Questa volta le ragazze norvegesi della pallamano, in finale hanno dominato il Montenegro 26-23
Calcio Dream Team Messico, fischi e lacrime per il Brasile Neymar e compagni battuti in finale (2-1): l’oro olimpico resta proibito Messico panchina compresa, risultavano non pervenuti. Così è stato il Messico a prendere la traversa con Fabian, dopo aver superato l’inquietante neo acquisto del Milan, il portierino Gabriel. Al 75’ l’intera difesa brasiliana, comandata dal grande Thiago Silva, si è fermata per ammirare il colpo di testa di Peralta: 20. Il Brasile si è lanciato all’as-
DAL NOSTRO INVIATO CURZIO MALTESE LONDRA — Il fascino indiscreto del calcio s’impone anche alle Olimpiadi, dove la legge è la vittoria del migliore. Su una pista non accadrà mai che Usain Bolt arranchi dietro a un carneade o che la Giamaica manchi una staffetta, in piscina il miglior Phelps non poteva perdere e sul parquet il Dream Team non ha avversari. Sul rettangolo verde più celebrato del pianeta, lo stadio di Wembley, può invece accadere che una squadra di giovani semidei come il Brasile olimpico subisca due gol da un discreto goleador di provincia, il ventottenne Oribe Peralta, e nel complesso una bella lezione di calcio da un’onesta comitiva di lavoratori della pelota. Que viva Mexico, certo. Ma che pena Brasil. Ora si riparlerà della maledizioni olimpica dei cinque vol-
salto con un interessante schema 3-1-tutti e ha perfino rischiato di pareggiare. Nella tradizione nazionale, che consiste nell’affidare i migliori calciatori del mondo ai peggiori allenatori dell’universo, il commissario tecnico Menezes non ne azzeccava una. A cominciare dall’ingresso in campo di Pato, ex genio del calcio, ora soltanto genero.
Soltanto a cinque minuti dalla fine Menezes si è ricordato di avere in panchina l’unico in grado di cambiare ritmo a centrocampo, Lucas. Tanto è bastato per rovesciare la partita nei minuti finali. Hulk ha infilato l’1-2 e Oscar si è mangiato da solo a porta libera il possibile pareggio. Fine dell’avventura. Il grande Brasile del calcio ri-
manda l’appuntamento con l’ultimo trofeo da conquistare a Rio 2016. Il Messico vince il primo oro di Londra 2012, all’insegna del calcio all’italiana d’una volta, difesa e contropiede. Quello di paròn Nereo Rocco, che all’augurio olimpico “vinca il migliore!” rispondeva sempre “speriamo di no”. Appunto. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Un gol dopo soli 37 secondi origina la solita maledizione. Fallito da Oscar il 2-2 nel recupero te campioni del mondo. Ma la verità è che dal primo minuto, col gol dello 0-1 regalato da Rafael, fino all’ultimo secondo di recupero, con il 2-2 divorato da Oscar, si è trattato di un classico suicidio alla brasiliana. Stavolta il suicidio perfetto. A ben guardare, qualche sintomo si coglieva già: nell’aria spensierata della vigilia verdeoro, in un clima di festa anticipata, nei pronostici esagerati dei bookmakers. Per non parlare dell’arrivo lampo di sua maestà Pelè, che a Wembley non ha mai giocato e in tribuna non sempre porta fortuna. Al pronti via, i capi della torcida, già disposti spalle al campo per coordinare i balli trionfali, hanno dovuto voltarsi di colpo. Sul primo passaggio della gara Rafael, una delle tante stelle, si è reso protagonista di uno straordinario numero alla rovescia. Pressato dai messicani sulla fascia, invece di buttarla in tribuna come qualsiasi mortale, ha provato il disimpegno di classe per Thiago Silva. Palla persa e autostrada per il gol di Peralta, bravissimo a centrare l’angolino dopo soli 37 secondi. Alla Selecao c’è voluta mezzora per riprendersi e portare qualche minaccia alla porta nemica, grazie anche all’ingresso del vivace Hulk. Ma gli altri semidei, da Oscar a Neymar, da Thiago Silva a Marcelo a Leandro Damiao, ciascuno dei quali costa come l’intero
I protagonisti
La nuova fabbrica di talenti a caccia di un futuro all’estero I TITOLI
DAL NOSTRO INVIATO ENRICO CURRÒ
LA DOPPIETTA DI PERALTA Il messicano Peralta, sopra, è stato il giocatore decisivo della finale, segnando una doppietta. In alto, l’esultanza di Enriquez
LONDRA — Per chi crede ai segni del destino ecco la storia di Peralta, centravanti messicano dalla carriera non fulgida, che i suoi genitori iscrissero ventotto anni fa all’anagrafe di Torreòn, stato di Coahuila, al confine col Texas, col nome di Oribe. «Il mio nome non è comune, anzi non esiste. In lingua nauhatl, l’azteco, significa “artista che lavora l’oro”». Lo racconta proprio con l’oro appeso al collo, frutto della sua doppietta, che ha spento ancora i sogni olimpici del Brasile e ha avverato quelli di cinquanta milioni di persone ipnotizzate davanti alla tivù, in attesa del miracolo chiesto da Marco Fabian, trequartista felicemente improvvisato per sostituire l’infortunato Giovàni, inginocchiandosi accanto al pallone in attesa del calcio d’inizio. Peralta racconta anche che i suoi due figli gli hanno consegnato un disegno, prima della partenza per i Giochi, e che sopra, naturalmente, c’era una medaglia d’oro. «Papà, torna con questa».
Per la nuova generazione messicana nel 2011 il titolo mondiale under 17 e il 3° posto nel mondiale under 20
Ora, per la verità, lui vorrebbe tornare sì, ma per portare la famiglia da un’altra parte, perché vincere in patria nel Santos Laguna è bello, però c’è di meglio. «Questa finale mi può cambiare la vita, mi piacerebbe giocare in Europa». Gli è successo tutto un po’ per caso. Il titolare era il messicano più noto, il “Chicharito” Hernandez, ma Ferguson ha detto che doveva restare a prepararsi col Manchester United. La riserva era Vela, ma l’Arsenal si è opposto. Allora si è proposto lui, Oribe, ed è finita così, con la prima medaglia della storia del calcio messicano alle Olimpiadi, la medaglia che luccica di più.
Qui, tuttavia, finisce il caso e comincia la programmazione. Il Messico ha vinto negli ultimi sei anni due titoli Mondiali Under 17 e l’anno scorso, al Mondiale Under 20, è arrivato terzo, e primo ai Giochi panamericani. Luis Fernando Tena, 50 anni, è il ct di quest’ultimo trionfo, il demiurgo di un movimento che adesso, con l’oro di Londra, tutti scoprono di colpo. L’Olimpica è per regolamento una formazione di Under 23, con tre fuoriquota: il presente è dunque figlio del passato prossimo. «E della fame di affermarsi. Questi ragazzi volevano anche mettersi in mostra, per trasferirsi in Europa». L’uni-
co che ha già realizzato il sogno è l’ex barcellonista Giovàni, del Tottenham, ieri fuori per via di un muscolo stiracchiato. I compagni gli hanno dedicato in diretta il primo gol, festeggiato col braccio destro sulla fronte, gesto con cui Giovàni e la fidanzata Belinda, famosa cantante, avevano deciso di celebrare le di lui prodezze. E ora? Ora ci sono 250 mila dollari di premio da dividere e il sogno collettivo di cui sopra. E’ sincero il centrocampista Aquino, che ha deciso la partita, soffiando subito il pallone all’incauto stilista Rafael. «Andrei ovunque, anche se fin da bambino tifo per il Barcellona. Il campionato messicano non lo vede nessuno, dovevamo per forza farci vedere alle Olimpiadi. Il nostro segreto? Il mental coach delle selezioni giovanili». Si chiama Parma Aragòn e alla vigilia ha mostrato un video ai giocatori. «La storia della Coppa America. Il senso era che nessun obiettivo è vietato a nessuno. L’ultima immagine era quella di una medaglia». Il metallo, adesso, è al collo di Oribe. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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RISULTATI
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PROGRAMMA
DOPPIETTA AZERA NELLA LOTTA LIBERA
ALLE 16 IL DREAM TEAM CON LA SPAGNA
Atletica: 50 km Marcia U, 1) Kirdyapkin (Rus) 3h35’59”, 2) Tallent (Aus) 3h36’53”, 3) Si Tianfeng (Cin) 3h37’16”, 17) De Luca (Ita) 3h47’19”; 20 km Marcia D, 1) Lashmanova (Rus) 1h25’02” WR, 2) Kaniskina (Rus) 1h25’09”, 3) Qieyang (Cin) 1h25’16”, 7) Rigaudo (Ita) 1h27’36”, 14) Giorgi (Ita) 1h29’48”; finali 5000 U, 1) Farah (Gbr) 13’41”66, 2) Gebremeskel (Eti) 13’41”98, 3) Longosiwa (Ken) 13’42”36; 800 D, 1) Savinova (Rus) 1’56”19, 2) Semenya (Rsa) 1’57”23, 3) Poistogova (Rus) 1’57”53; Giavellotto U, 1) Walcott (Tri) 84.58, 2) Pyatnytsya (Ukr) 84.51, 3) Ruuskanen (Fin) 84.12; Alto D, 1) Chicherova (Rus) 2.05, 2) Barrett (Usa) 2.03, 3) Shkolina (Rus) 2.03; 4x400 D, 1) Usa (Trotter, Felix, McCorory, Richards) 3’16”87, 2) Russia 3’20”23, 3) Giamaica 3’20”95; 4x100 U, 1) Giamaica (Carter, Frater, Blake, Bolt) 36”84 WR, 2) Usa (Kimmons, Gatlin, Gay, Bailey) 37”04, 3) Trinidad e Tobago (Bledman, Burns, Callender, Thompson) 38”12. Basket: D, finale bronzo Australia-Russia 83-74; finale oro Usa-Francia 86-50. Boxe: finale 91 kg U, Usyk (Ukr) b. Russo (Ita) 14-11. Calcio: U, finale oro, Messico-Brasile 2-1. Canoa: finali K1 200 U, 1) McKeever (Gbr) 36.246, 2) Craviotto (Spa) 36.540, 3) De Jonge (Can) 36.657; C1 200 U, 1) Cheban (Ukr) 42.291, 2) Shuklin (Lit) 42.792, 3) Shtyl (Rus) 42.853; K1 200 D, 1) Carrington (Aus) 44.638, 2) Osypenko (Ukr) 45.053, 3) Douchev (Ung) 45.128; K2 200 U, 1) Russia 33.507, 2) Bielorussia 34.266, 3) Gran Bretagna 34.421. Ciclismo Mountain bike: Cross country D, 1) Bresset (Fra) 1h30’52”, 2) Spitz (Ger) a 1’02”, 3) Gould (Usa) a 1’08”, 17) Lechner (Ita) a 6’44”. Ginnastica ritmica: finale Individ. All Around, 1) Kanaeva (Rus) 116.900, 2) Dmitrieva (Rus) 114.525, 3) Charkashyna (Blr) 110.450. Hockey su prato: U, finale bronzo Australia-Gran Bretagna 3-1; finale oro Germania-Olanda 2-1. Pallamano: D, finale bronzo SpagnaCorea del Sud 31-29; finale oro Norvegia-Montenegro 26-23. Pallavolo: D, finale bronzo GiapponeCorea del Sud 3-0 (25-22, 25-24, 25-21); finale oro Brasile-Usa 3-1 (11-25, 25-17, 25-20, 25-17). Pentathlon moderno: U, 1) Svoboda (Cec) 5928, 2) Cao Zhongrong (Cin) 5904, 3) Marosi (Ung) 5836, 9) De Luca (Ita) 5720, 20) Benedetti (Ita) 5568. Taekwondo: finali +80 kg U, 1) Molfetta (Ita), 2) Obame (Gab), 3) Despaigne (Cub) e Liu (Cin); +67 kg D, 1) Mandic (Ser), 2) Graffe (Fra), 3) Baryshnykova (Rus) e Espinoza (Mex). Tuffi: finale Piattaforma 10 m U, 1) Boudia (Usa) 568.65, 2) Qiu Bo (Cin) 566.85, 3) Daley (Gbr) 556.95. Lotta libera: finali 60 kg U, 1) Asgarov (Aze), 2) Kudukhov (Rus), 3) Scott (Usa) e Dutt (Ind); 84 kg U, 1) Sharifov (Aze), 2) Espinal (Prc), 3) Lashgari (Ira) e Marsagishvili; 120 kg, 1) Taymazov (Uzb), 2) Modzmanashvili (Geo), 3) Makhov (Rus) e Ghasemi (Ira). Vela: Elliott D, finale, 1) Spagna, 2) Australia, 3) Finlandia.
Atletica: Maratona U (12). Basket: U, finale bronzo Argentina-Russia (12); finale oro Usa-Spagna (16). Boxe: finali 52 kg U (14.30), 60 kg U (14.45), 69 kg U (15.15), 81 kg U (15.45), +91 kg (16.15). Ciclismo Mountain bike: Cross country U (14.30). Ginnastica ritmica: finale Squadre All Around (rotazione 1, 14.30, rotazione 2 15). Lotta libera: 66 kg U (qual. 9.30, finale 14.25); 96 kg U (qual. 9.30, finale 14.25). Pallamano: U, finale bronzo UngheriaCroazia (12); finale oro Francia-Svezia (16). Pallanuoto: U, finale bronzo SerbiaMontenegro (15.30); finale oro ItaliaCroazia (16.50). Pallavolo: U, finale bronzo Italia-Bulgaria (10.30); finale oro Brasile-Russia (14). Pentathlon moderno: D (dalle 9).
ITALIANI IN GARA
LA FOTOGRAFIA
CROGNALE E CESARINI NEL PENTATHLON
Come 4 anni fa il titolo del volley alle brasiliane
Festa grande a Earls Court per il Brasile. Le ragazze del volley hanno battuto in finale le americane per 3 a 1. Stesso copione e stesso punteggio di quattro anni fa, quando le sudamericane superarono le statunitensi a Pechino. Dopo un inizio di partita in sordina e un set perduto senza praticamente giocarlo, le campionesse in carica sono rientrate più agguerrite che mai, dritte verso la vittoria (11-25, 25-17, 25-20, 25-17).
Atletica: Maratona U (Pertile, 12). Boxe: fin. +91 kg (Cammarelle, 16.15). M. bike: U (Fontana, Kerschbaumer, 14.30). G. ritmica: Squadre (Italia, 14.30 e 15). Pallanuoto: U, finale oro (16.50). Pallavolo: U, finale bronzo (10.30). Pentathlon m.: D (Crognale,Cesarini, 9).
Missy e le altre, il tesoro americano Usa, due terzi degli ori dalle donne. Grazie ai college DAL NOSTRO INVIATO MATTIA CHIUSANO
1 Usa 2 Cina 3 Gran Bretagna 4 Russia 5 Corea del sud 6 Germania 7 Francia 8 Italia 9 Ungheria 10 Australia 11 Giappone 12 Olanda 13 Kazakistan 14 Ucraina 15 Nuova Zelanda 16 Iran 17 Giamaica 18 Cuba 19 Corea del nord 20 Spagna
44 38 28 21 13 11 10 8 8 7 6 6 6 5 5 4 4 4 4 3
29 27 15 25 7 19 11 7 4 16 14 6 4 3 5 4 3 9
29 22 19 32 7 14 12 8 5 12 17 8 4 9 5 3 4 5 2 4
LONDRA — United States of Women. Carl Lewis e Mark Spitz hanno fatto il loro tempo, Michael Phelps da solo non basta. Se l’America vincerà questa sera le Olimpiadi, riprendendo il potere perso parzialmente a Pechino, lo dovrà ad Allyson, Missy, Hope, Kayla, Rebecca, Venus, Serena. A quel blocco di campionesse capaci di arrivare dove gli sprinter o gli ignobili pugili non riescono nemmeno più a sognare di spingersi. Alla medaglia d’oro. L’Olimpiade donna, targata Usa: 29 ori su 44. E subito è partito il dibattito: coincidenza o mutazione sociale. Esperta decennale di Corte Suprema, vincitrice di un Pulitzer, Linda Greenhouse ha scritto sul New York Times che tutto questo è merito del Title IX, il complesso di leggi risalenti al 1972 che permisero, tra l’altro, l’accesso delle donne ai programmi sportivi nei college. Prima di allora, la parità era un’illusione, quanto erano reali i successi maschili di un sistema scolastico che riforniva il team olimpico. Mai in quegli an-
Dall’alto: Shields, Franklin e la 4x100
ni si sarebbe immaginata una Cina prima nel medagliere dei Giochi 2008, ed una squadra femminile in grado di riprendere il comando nel 2012. Ma il mondo cambia, ed ecco le donne vincere a calcio, basket, espressioni genuine dello sport a livello di college. Ecco Allyson Felix, campionessa afroamericana dei 200, caricarsi coi sermoni religiosi nella stessa University of Southern California di Los Angeles dove studia comunicazione Rebecca Soni, nuotatrice bianca. Si dedica a psicologia Jennifer Suhr, oro nell’asta al posto della Isinbaeva: ma al Wesleyan College di Rochester è più famosa per il record di punti giocando a basket. Kimberly Rhode, la tiratrice che ha staccato di otto piattelli la seconda clas-
sificata, studia veterinaria alla California State Polytechnic University. C’è posto anche per gli ex stranieri: Sanya Richards-Ross, nata in Giamaica, oro nei 400, si dedica ad ingegneria nel Texas. Eppure, passata l’euforia per il magico mondo dei college, si scopre che proprio nel ‘72, l’anno del Title IX, le nuotatrici americane vincevano alle Olimpiadi più di adesso. Quarant’anni dopo la detentrice di quattro ori in piscina, Missy Franklin, si allena in un club privato del Colorado con l’allenatore che aveva a sette anni, così come la regina quindicenne degli 800, Katie Ledecky, è seguita da un giapponese in una piscina di Washington. Il sistema privato supplisce a molte carenze dei college. Il Team Force di Jimmy Pedro nel Massachusetts ha formato Kayla Harrison, la prima judoka americana medaglia d’oro. C’è spazio pure per le no profit, come quella nel Michigan che offre gratis lezioni di boxe a bambini disadattati: tra di loro Claressa Shields detta T-Rex, oro nei medi a 17 anni. Ma il risultato è sempre lo stesso: lo sport a stelle e strisce da oggi è donna. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Union Jack da gala
Tributo musicale Stelle sul palco
Tocca al canoista
AINSLIE ALFIERE DI CASA
“SARÀ UN DOPO-FESTA”
DA ADELE A GEORGE MICHAEL
MOLMENTI PORTABANDIERA
Sarà il velista Ben Ainslie, 4 ori e un argento olimpico, a portare la bandiera britannica alla cerimonia di chiusura di stasera
Trapelano indiscrezioni sulla cerimonia di chiusura. «Sarà un dopo-festa, un tributo alla musica britannica degli ultimi decenni» anticipa il presidente del comitato organizzatore Sebastian Coe
Ancora nulla di ufficiale sulle stelle della musica inglese. Ma stasera potrebbero esibirsi Adele, George Michael, Pet Shop Boys, Take That, Spice Girls. Otto minuti per il Brasile, che ospiterà i prossimi Giochi
Sarà lui, Daniele Molmenti, oro nella canoa slalom K1, a portare il tricolore nella sfilata della festa di chiusura. «Sono davvero felice» ha detto «è la ciliegina sulla torta di un sogno avverato»
La storia
Reali, fratelli e campioni i Giochi delle strane coppie Oltre Beckham e Victoria, quelli uniti dalle Olimpiadi CONCITA DE GREGORIO LONDRA — Non tutti possono essere belli, magri, miliardari e baronetti come Sir David e Victoria Beckham. Non tutti possono spartirsi fra coniugi le cerimonie di apertura e di chiusura olimpica così da averne una a testa: David che pilota il motoscafo con la fiaccola all’inizio, disinvolto come sulla spider, Posh sui trampoli da 24 centimetri alla fine, che canta come quando faceva qualcosa ed era Spice Girl. Tutti però possono essere in due, a Londra, la città che se sei solo si fidanza con te. L’elenco delle coppie regali, sportive, bizzarre e pop che hanno fatto dei giochi 2012 un posto di tutti è un manuale inglese dell’amore. Da portare a casa e studiare con calma. La regina e James Bond. Ha chiesto solo di scegliere il vestito, e lo ha voluto rosa. Ha aderito alla proposta senza esitazioni. La famiglia non ne sapeva niente, solo Filippo è stato avvertito che Daniel Craig avrebbe preso brevemente il suo posto. Con ogni evidenza il principe consorte non ha
eptatleta da oro è figlia di un’inglese molto pallida, Alison, e di un giamaicano molto scuro, Vinnie. In tv dedica la vittoria alla sua famiglia: “Una tipica famiglia inglese”, dice sorridendo, ed è un proclama. Lady D e Naomi Watts. Cancellata dalle celebrazioni olimpiche lady Diana si aggira come un fantasma per le strade di Hemel Hempstead, Hertfordshire. L’attrice britannica Naomi Watts – identica - gira un film sulla sua vita. Un paio di tamponamenti d’auto già registrati dalla stampa locale. Riccardo III e Lady Anne.L’inarrivabile Mark Rylance e Johnny Flinn nel Riccardo III al Globe theatre. Tutto esaurito, pubblico in piedi appoggiato al palcoscenico, scene di entusiasmo fra adolescenti. Una meraviglia. La deputata e i suoi figli. La bella Louise Mensch, partito conservatore, centomila followers su Twitter, si dimette dal parlamento per seguire in America i suoi tre figli e il marito, manager della rock band Metallica. “Amo la mia famiglia”, ha spiegato. Non è l’unica. Criticatissima. Mo Farah e i suoi figli. Anche Mo Farah, mezzofondista inglese in marcia da Mogadiscio alla gloria, ha (quasi) tre figli. Rihanna è quella che lo abbraccia nella foto dopo l’oro nei diecimila, i gemelli nasceranno in autunno.
La cerimonia
Ore 22 ultimo spettacolo con la regia di Kim Gavin LONDRA — Sarà un altro evento da non perdere, che avrà il suo inizio alle ore 22 italiane e una durata di quasi tre ore. Il tutto sotto la regia di Kim Gavin, uno dei direttori creativi e coreografi più conosciuti nel Regno Unito. Il tema scelto è “La sinfonia della musica britannica”, una decisione che si presta a qualche critica dopo quelle alla cerimonia di apertura per essere stata di gusto “troppo britannico”. Ma Gavin è convinto: «Abbiamo lavorato duramente con 3.500 volontari. È stato fantastico». Confermata la presenza della Regina Elisabetta, insieme al principe Harry e alla Duchessa di Cambridge Kate Middleton. Assente, invece, dovrebbe essere il principe William. (foto Paul McCartney)
Tra le cartoline di Londra c’è quella della Regina con James Bond al fianco trovato argomenti da opporre. La Regina che fa la Bond Girl è il punto di non ritorno della cultura pop. Non ce n’è più per nessuno e zitti, direbbe Bolt. La canoista e l’esercito. Il primo oro inglese arriva da Helen Glover e Heater Stanning, canoa. Alte, bionde. Stanning è un capitano dell’esercito. Le hanno concesso il congedo per partecipare ai Giochi. In tribuna tifano per lei militari in mimetica, a settembre tornerà in Afghanistan. Padre madre e fratello sono pure militari. “Fin da bambina ho adorato lo sport, sono stata fortunata: ho avuto due vite in una”. Nicola e i guantoni. “The first lady”. La prima donna a vincere l’oro olimpico nella boxe. La madre di Nicola Adams fa la parrucchiera ed ha paura per la figlia quando esce la sera. Nicola, che è nata nera a Leeds, ama Shrek, Beyoncè e i suoi guanti da boxe. “Eravamo poverissimi. Ho sempre saputo che i guanti mi avrebbero portato via da lì”. WilliameKate.Impeccabili. Lei sempre vestita di bianco, in tribuna a tutte le gare inglesi. Molto amati dalla folla, si baciano spesso in pubblico. Harry e le ragazze del beach volley.Le ha fotografate, guardate col binocolo, ha buttato baci con
In alto, i fratelli Brownlee, oro e bronzo nel triathlon. Sopra, Helen Glover e Heater Stanning, primo oro della Gbr. A destra, la Regina Elisabetta “attrice” la mano. Ospite fisso nella spiaggia di Copacabana allestita dietro Downing St. Indulgenti gli inglesi: è un ragazzo. Wiggo e gli anni Settanta. Un vero Mod, collezionista di Lambrette e di chitarre, basettone e cultore degli Who. Il solista del gruppo Roger Daltrey ha detto che il ciclista star Bradley Wiggins “da oggi ha un pass a vita per il backstage” dei suoi concerti. Il revival anni Settanta è la love story dell’estate. Svelta la Fiat ha lanciato la pubblicità della nuova 500: “in 70s colours”, come piace a Wiggo. Il volontario e il turista olimpico. In migliaia hanno risposto a milioni di domande assurde sillabate in un inglese devastato. “Scu-
si, ma non c’è un modo per arrivare alla metro a piedi?”. “No, mi dispiace. Sfortunatamente in mezzo c’è il fiume”. Laura e Alf.Laura Bechtolsheimer e il suo cavallo Alf, bronzo, sono la coppia da poster del dressage sebbene l’oro sia andato a Charlotte su Valegro. Zara Phillips e sua madre. Quattordicesima in linea ereditaria per il trono, argento a cavallo. Quando toccò a sua madre Anna competere, nel 76, fu l’unica atleta a non essere sottoposta al controllo del sesso. Si ritenne inappropriato per la figlia della Regina. I fratelli Brownlee. Eroi dei triathlon, brothers in arms, l’abbraccio dei Giochi. Si allenano in-
sieme da quando hanno memoria. “Non ricordo di essere mai stato un giorno senza mio fratello”, ha detto Alistar. Primo e terzo. Timidissimi, andranno in Spagna per “stare più tranquilli”. Altri fratelli. Dozzine, fra gli inglesi. I due Murray nel tennis, le Randall nel nuoto sincronizzato, i Sinclair nel football. Quattro coppie di gemelli nella semifinale del canottaggio a quattro, pesi leggeri. Peter e Richard Chambers hanno avuto due medaglie d’argento: per una volta non si fa a metà, una a testa. Joanna e il suo ciuffo.Malata di alopecia da quando aveva dieci anni Joanna Rowsell si è scoperta la testa in pubblico senza vergo-
gna per la prima volta al velodromo, in mondovisione, mostrandola insieme alla medaglia d’oro. “Valeva la pena solo per questo”, ha detto. Boris e la fune. Rimasto incastrato con l’elmetto in testa e le bandierine in mano a quattro metri da terra lungo un cavo di Victoria park il sindaco di Londra ha mostrato per una decina di minuti i calzini prima di essere salvato con gli argani. Scendendo ha detto “un cretino come me può tutt’al più fare il sindaco”. Gli inglesi l’hanno presa come una notizia. Boris non si candida premier, hanno scritto. Jessica e la Giamaica. Il volto della squadra Gb, Jessica Ennis,
Nel triathlon gli eroi sono stati i due Brownlee, primo e terzo, che si allenano insieme “Devo vincere due volte, anche i cinquemila, perché loro sono due”, ha detto. E fatto. La metro e l’Evening standard. La coppia perfetta. Non c’è un inglese che non legga in metro una copia di questo giornale del pomeriggio, dalle 4 in avanti una nuova edizione ogni ora. La migliore copertura stampa dei giochi, la migliore metro d’Europa. Sarà dura tornare a casa. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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SPORT
PER SAPERNE DI PIÙ www.juventus.it www.sscnapoli.it
Rimonta da Juventus la Supercoppa è sua Il Napoli perde la testa 4-2 a Pechino, gli azzurri disertano la premiazione IL CALCIO È TORNATO (segue dalla prima pagina)
GIANNI MURA envenuti nel calcio italiano: questo è lo spot, il biglietto da visita e insieme la cartella clinica, che conosciamo da tempo, che arrivano da Pechino. Facile, si dirà, scrivere queste cose durante un’Olimpiade, che oltre le medaglie qualcosa dovrebbe insegnare e, per chi abbia occhi e orecchie, effettivamente insegna, ma senza vantarsene, perché in fondo è naturale. È naturale che un pugile o un judoka si inchinino all’avversario e stringano la mano al suo tecnico, anche se sul verdetto pesa un arbitraggio sbagliato. È naturale che pallavolisti e cestisti si salutino a fine partita. E’ naturale e spontaneo congratularsi in pista con chi ti ha appena battuto, perché ha corso più veloce o ha lanciato più lontano di te. Certo, è facile ma anche inevitabile. La differenza non è tra sport poveri e sport ricchi, ma tra sportivi responsabili e sportivi irresponsabili. Tra Juve e Napoli è stata una partita isterica, senza nemmeno la magra giustificazione delle tossine di fine stagione. Noi abbiamo altre tossine e non esitiamo ad esibirle tutte insieme al non tanto competente pubblico cinese, che per metà se ne era già andato sul 22 credendo che la gara fosse finita. Chi se n’è andato ha perso il piatto forte: la premiazione della squadra che aveva vinto, sola in campo perché quella che aveva perso se ne stava chiusa negli spogliatoi per protesta. L’ultima, perché di proteste, accenni di rissa, insulti agli ufficiali di gara già si era fatto il pieno durante la partita. Un espulso, due, tre contando Mazzarri. Silenzio-stampa alla fine, tanto per gradire. Grazie, ma ci siamo abituati. E meno male che il presidente De Laurentiis è uomo di comunicazione, così almeno dicono. Non ricordo una così plateale mancanza di rispetto verso il pubblico, l’avversario, gli arbitri. Chi si comporta così ha sempre torto, anche se può aver ragione in qualche episodio isolato. Chi si comporta così è irresponsabile perché non può ignorare di innescare una reazione a catena proprio in un momento delicatissimo per la credibilità del nostro calcio. Un momento che richiede comportamenti ponderati, sempre che la credibilità del calcio sia ancora in piedi. «Peccato per questa cosa, ma è stato comunque un successo» ha commentato Beretta, presidente di Lega. Neanche il coraggio di chiamare «questa cosa» col suo nome: una figuraccia cosmica e un odioso «bentornati nel calcio italiano». Che è per definizione il più bello del mondo. Per chi ci crede, tra due sabati è già Campionato. E per chi non ci crede più, pure. Dopo due settimane di inchini e strette di mano, di nauseanti manifestazioni di fair play, torniamo a farci del male. Più sporchi, più brutti, più cattivi.
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DAL NOSTRO INVIATO EMANUELE GAMBA PECHINO — Nell’impero del tarocco, il calcio italiano ha invece esportato l’immagine originale di sé, la sua stessa natura. La Supercoppa italiana giocata a Pechino è stata vinta, meritatamente, dalla Juventus (4-2) ai tempi supplementari ma è stata prima di tutto un’esibizione di limiti, di difetti e soprattutto di antisportività. Il Napoli, infatti, non ha accettato la sconfitta boicottando la cerimonia di premiazione su ordine di un inviperito De Laurentiis, che ha imprecato teatralmente in tribuna dall’espulsione di Pandev in avanti, perdendo il controllo dopo il rosso a Zuniga, che ha preceduto di un attimo quello a Mazzarri. La vendetta del presidente è stata la diserzione: ha richiamato i suoi giocatori, alcuni dei quali evidentemente in imbarazzo di fronte al dovere dell’obbedienza, subito dopo il fischio finale di Mazzoleni e subito prima di ricevere la medaglia destinata agli sconfitti. Gli juventini hanno assistito sconcerta-
Decisivo un rigore su Vucinic. Espulsi Zuniga, Pandev e Mazzarri. De Laurentiis furioso ti alla scena, ma soltanto Buffon si è scosso correndo verso De Sanctis a chiedere spiegazioni. Il portiere del Napoli gli ha risposto a gesti sconsolati, mentre Conte s’affacciava sul campo agitando felice un pugno da vincitore. La scena finale è stata di una desolazione assoluta, ma passerà presto in archivio senza lasciare traccia se il presidente della Lega, Maurizio Berretta, non è riuscito ad andare oltre a un commento di questo genere: «Peccato per la cosa, ma è stato comunque un successo», come se ormai non ci si rendesse neanche più conto della deriva. La rabbia del Napoli è dipesa principalmente dalle espulsioni di Pandev, che avrebbe insultato il guardalinee Stefani per un fuorigioco, e di Zuniga (seconda ammonizione dopo un fallo isteri-
Il caso
ROMA — Dalla squalifica alle catene. Uno dei “colpevoli” del processo al calcio scommesse, Emanuele Pesoli, si è incatenato ieri ai cancello di via Allegri, sede della Figc a Roma. Il motivo? «Voglio un confronto con Gervasoni e Carobbio», i due maxi pentiti cui deve la condanna a 3 anni di squalifica per il «tentativo di alterazione» di Siena-Varese del maggio 2011. Confermati i contatti con il primo, ma Pesoli nega di avergli chiesto di “aggiustare” la gara, e di aver mai parlato con l’altro. «Devono dirmi in faccia quello di cui mi accusano», chiede oggi. Richiesta – quella dell’audizione in contraddittorio dei due accusatori – formulata anche in aula dal
JUVENTUS NAPOLI
4-2 dts JUVENTUS (3-5-2) Buffon 6.5 - Lucio 5, Bonucci 5, Barzagli 6 - Lichtsteiner 6 (44’ st Padoin 6), Vidal 6.5, Pirlo 6, Marchisio 6, Asamoah 6.5 - Matri 5.5 (1’ st Vucinic 7.5), Giovinco 5 (11’ sts Giaccherini sv). NAPOLI (3-4-2-1) De Sanctis 5 - Campagnaro 6.5, Cannavaro 6 (17’ st Fernandez 5), Britos 6 - Maggio 4.5, Behrami 5.5, Inler 5.5 (1’ sts Dossena sv), Zuniga 4.5 - Pandev 6, Hamsik 5.5 (22’ st Gargano 6) - Cavani 7. Arbitro: Mazzoleni 5. Reti: 27’ pt Cavani, 37’ pt Asamoah, 41’ pt Pandev, 29’ st rig Vidal, 7’ pts aut Maggio, 12’ pts Vucinic. Note: esp. Pandev (40’ st), Zuniga (48’ st), Mazzarri (49’ st). Amm. Britos, Cannavaro, Behrami, Cavani, Lichtsteiner, Giovinco, Bonucci.
co su Giovinco) e dal rigore fischiato da Mazzoleni – anzi, dal giudice d’area Rizzoli – per un fallo goffo ma evidente di Fernandez su Vucinic. C’è poi un altro lungo elenco di lamentele, che vanno da due penalty reclamati da Behrami a un parolaccia di Lichtsteiner all’altro assistente Faverani, ma se l’arbitro ha sbagliato non è stato negli episodi bensì nella gestione della partita, visto che è passato rapidamente dalla tolleranza della prima ora alla severità della secon-
Una punizione di Vucinic nella finale di ieri a Pechino da. La sensazione è che Mazzarri abbia voluto giocare sui nervi della Juve, immaginandoli scoperti, ma quando si sono accorti che i bianconeri mantenevano la calma nonostante le difficoltà – il doppio svantaggio, i tackle eccessivamente ruvidi – i nervi hanno finito per perderli i napoletani. Il silenzio stampa ordinato seduta stante dall’imbizzarrito De Laurentiis ha evitato ulteriori strascichi, lasciando che le controaccuse juventine galleggiassero nel
vuoto. «C’è stata una specie di caccia all’uomo, Mazzoleni doveva prendere provvedimenti prima», ha accusato Carrera. «E comunque, in Coppa Italia noi abbiamo perso, siamo rimasti in campo e abbiamo battuto le mani ai vincitori, rendendogli onore e merito». Inoltre, negli spogliatoi Mazzarri non avrebbe stretto la mano tesa di Conte, mentre la Juve s’è lamentata per alcuni commenti dei telecronisti Rai, giudicati poco imparziali.
i migliori
i peggiori
Asamoah nel ruolo nuovo Cavani, classe e sacrificio
Quanti errori le difese Giovinco, solo ghirigori
Vucinic, risparmiato in panchina per i primi 45’, è stato l’uomo che ha cambiato la partita. Decisivo. Avrebbero potuto esserlo anche Cavani, straordinario pure nel lavoro di sacrificio, e Pandev, che ha guastato una prestazione d’alto livello (un gol e un assist) con l’espulsione. Nella Juve è piaciuto Asamoah, che Conte sta inventando in un nuovo ruolo: gol a parte, ha sovrastato Maggio sul piano della corsa e della continuità. Fondamentale anche la crescita di Vidal nella ripresa, ma soprattutto due parate di Buffon nel corso del primo tempo
La difesa della Juve ha mandato in bestia sia Conte sia Carrera: sul primo gol errore collettivo, sul secondo una abituale leggerezza di Bonucci. Desolante anche Lucio, spesso fulminato da Cavani sullo scatto. Giovinco è stato marcato con durezza, assecondata però dalla sua leggerezza: solo ghirigori, nulla di concreto. Nel Napoli centrocampo discreto in copertura ma avaro di iniziativa anche nei due esterni, uno espulso (Zuniga) e l’altro in autogol (Maggio). De Sanctis è colpevole in due gol su quattro, l’ingresso di Fernandez ha sfarinato la difesa
La partita è stata avvincente ma tecnicamente modesta, cinque dei sei gol sono stati provocati da strafalcioni difensivi e il sesto, quello di Vucinic, è stato segnato in undici contro nove. Sullo 0-1, la Juve aveva regalato un’intera metà campo a Cavani difendendo a cinquanta metri da Buffon su una rimessa laterale al favore del Napoli. Sull’1-1, De Sanctis ha reagito con lentezza al sinistro volante di Asamoah, pregevole ma non irresistibile. Sull’1-2, Bonucci s’è fatto sfilare la palla da Pandev, lanciandolo verso un delizioso cucchiaio. Sul 2-2, il fallo di Fernandez su Vucinic è stato da campi amatoriale. Sul 3-2, l’uscita a vuoto di De Sanctis e il colpo di testa di Maggio nella propria porta sono stati quasi comici. L’unico attimo veramente memorabile della serata è stato un diagonale mancino di Vucinic deviato contro la traversa da una paratona di De Sanctis: piuttosto poco, per un prodotto da esportazione. Però i cinesi, in stragrande maggioranza pro Juve, si sono divertiti un sacco, meravigliandosi di ogni cosa. D’altronde di calcio non capiscono quasi nulla, tant’è vero che una buona parte degli spettatori se n’è andata dopo il 90’, immaginando che la partita fosse finita. Gli altri sono rimasti, richiamati dello speaker, che ha entusiasmato le folle annunciando che lo spettacolo sarebbe durato un’altra mezzora. Beati loro. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Pesoli, squalificato tre anni s’incatena alla Federcalcio legale Rodella durante il procedimento sportivo. Istanza respinta, tempi e formula dei processi sportivi non lo consentono. E allora, Pesoli è partito per Roma: occhiali da sole, sdraio, ombrellone, non per un sabato al mare ma per legarsi fino a sera alla porta della Federazione. «Mi rovinano la vita – spiega – non discuto i giudici, ma mi sento ferito». Il dg della Figc Valentini si è impegnato per un incontro con Abete: «Ma il problema che solleva è di competenza dei giudici sportivi, non della Figc». Qualche possibilità in più di vedere esaudita la richiesta potrebbe averla davanti al Tnas. (m.p.) Pesoli incatenato alla Figc
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In breve Francia
Psg, 2-2 col Lorient Ibra salva Ancelotti PARIGI — Deludente inizio di campionato per il Psg di Ancelotti, che in casa ha pareggiato solo 2-2 con il Lorient, rischiando addirittura di perdere. La formazione parigina era sotto 2-0, poi Ibra ha segnato una doppietta con gol al 64’ e rigore al 90’. AMICHEVOLI — NovigradBologna 0-1; Liezen-Roma 06; Fiesole Caldine-Fiorentina 0-4; Southampton-Udinese 04; Atalanta-Chievo 1-2; SienaReal Sociedad 1-0; Cagliari-La Valletta 3-0; Lazio-Getafe 0-1. SPALLETTI — Il suo Zenit ha battuto 5-0 lo Spartak Mosca nella 4ª giornata della serie A
russa: quarto successo su 4. LIPPI — Vittoria 3-2 in trasferta per il suo Guangzhou contro l’Hangzhou Greentown nel campionato cinese. UNDER 21 — Alessandro Crescenzi e Riccardo Saponara hanno lasciato il raduno azzurro per problemi fisici. COPPA ITALIA — Risultati 2° turno ad eliminazione diretta: Cesena-Pro Vercelli 2-1 dts; Ternana-Trapani 2-0; Modena-Alto Adige 2-0. TENNIS — Torneo Wta Montreal, 3° turno: Na Li (Cin) b. Errani 6-4, 6-2; Vinci b. Kerber (Ger) 6-2, 7-6 (9-7). GOLF — Al termine del 2° giro del 94° US PGA Championship, Francesco Molinari è 15°, mentre Matteo Manassero è eliminato al taglio. In testa Tiger Woods con 140 colpi.
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METEO
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