Energia, il piano per la crescita

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Il personaggio

In edicola al prezzo speciale di 1 euro

Soros, 82 anni e terzo matrimonio con una quarantenne

Il nuovo numero di Velvet Amore, amicizia e Twitter

ALBERTO FLORES D’ARCAIS

Fondatore Eugenio Scalfari

NZ PD-1F

www.repubblica.it

Anno 19 - Numero 32

€ 1,20 in Italia

La storia

No ai soldi arabi l’ultima battaglia dei Cimbri JENNER MELETTI

ALVPFQMBeefaaeA CGDODMDFDR

Direttore Ezio Mauro CON “MONDO NOIR LIBRI 2012” € 9,10

lunedì 13 agosto 2012

9 771128 445004

20813

SEDE: 00147 ROMA, VIA CRISTOFORO COLOMBO, 90 - TEL. 06/49821, FAX 06/49822923. SPED. ABB. POST., ART. 1, LEGGE 46/04 DEL 27 FEBBRAIO 2004 - ROMA. CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÀ: A. MANZONI & C. MILANO - VIA NERVESA, 21 - TEL. 02/574941. PREZZI DI VENDITA: PROV. VE CON LA NUOVA DI VENEZIA E MESTRE € 1,20; PROV. NU-OR CON LA NUOVA SARDEGNA € 1,20 (CON IL VEN E D € 1,50). AUSTRIA, BELGIO, FRANCIA, GERMANIA, GRECIA, IRLANDA, LUSSEMBURGO, MALTA, MONACO P., OLANDA, PORTOGALLO, SLOVENIA, SPAGNA € 2,00; CANADA $1; CROAZIA KN 15; REGNO UNITO LST 1,80; REPUBBLICA CECA CZK 64; SLOVACCHIA SKK 80/€ 2,66; SVIZZERA FR 3,00; UNGHERIA FT 495; U.S.A $ 1,50

Severino chiede atti al Gip. Revocato Ferrante

A settembre tre miliardi per mettere online pubblica amministrazione, scuole e ospedali. Referendum anti-euro, si allarga il fronte

Energia, il piano per la crescita

Ilva, ora è scontro governo-giudici Monti invia i ministri PiùpetroliomadeinItalyerinnovabili,matagliaglieco-incentivi L’analisi

ROMA — Piano del governo per l’energia. Il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera ha individuato una serie di misure che potrebbero aiutare la ripresa della crescita economica in autunno. È in programma un aumento della produzione petrolifera nazionale che permetta di soddisfare fino al 20% della domanda consentendo un aumento del Pil di mezzo punto. Nel documento riservato del ministero c’è anche il via libera agli investimenti sul gas con metanodotti dall’Algeria e il “Corridoio Sud” nell’Adriatico. IEZZI ALLE PAGINE 2 E 3

Il dossier

Dagli investitori esteri ritirati mille miliardi

Serve più coraggio per il mantra del debito

Quando l’imprenditore si sente classe operaia

ALESSANDRO DE NICOLA

ILVO DIAMANTI

TARANTO — Il governo interviene contro la decisione del gip di bloccare la produzione all’Ilva durante le operazioni di bonifica dell’impianto siderurgico. Il ministro Severino chiede gli atti al giudice mentre Monti manda in Puglia i ministri Passera e Clini. DILIBERTO E FOSCHINI ALLE PAGINE 10 E 11

INTERVISTA di Massimo Giannini al ministro dell’Economia Grilli ha chiuso il cerchio di un agosto in cui si sono succedute le più svariate proposte su come abbattere il debito pubblico che al fine 2012 dovrebbe rappresentare il 123% del Pil. SEGUE A PAGINA 22

L VOLTO sociale della crisi è descritto da molti indicatori. Per primo, il tasso di disoccupazione, che tende a crescere, rapidamente. Poi, il calo dei consumi. Che si riflette, fra l’altro, nel minor numero di persone partite per le ferie. Ancora: la repentina riduzione del risparmio privato. SEGUE A PAGINA 22

COMPLICITÀ DA EVITARE

Boxe e Settebello, le medaglie di rabbia e rimpianti

L’

I

GIOVANNI VALENTINI

ETTORE LIVINI N ITALIA (purtroppo) non passa lo straniero. Troppi rischi legati alla crisi dell’euro. Troppo complicato fare affari in un Paese scivolato dietro Zambia e Mongolia nelle classifiche di competitività. SEGUE A PAGINA 9

I

VITTORIO ZUCCONI LONDRA ON uno scatolone pieno di medaglie e rimpianti, l’Italia dello sport resta agganciata alla “top ten” delle nazioni. SEGUE NELLO SPORT

RREPARABILE. Può avere anche ragione il ministro Corrado Passera a definire con un aggettivo così radicale il danno che deriverebbe dal blocco dell’Ilva di Taranto, la fabbrica dei veleni di cui la magistratura ha imposto il sequestro in nome della legge e della salute collettiva. Ma in questo caso il responsabile dello Sviluppo economico sbaglia a usare il condizionale: purtroppo, il danno irreparabile è stato già prodotto da tempo e sono i morti, i malati di tumore e di leucemia che hanno funestato finora un’intera città. SEGUE A PAGINA 22

I

C

Il racconto

L’orgoglio di Londra “Più forti della crisi”

L’intervista

dal nostro corrispondente

Il presidente: io messo alla porta non si uccide così un’azienda

ENRICO FRANCESCHINI

DAVIDE CARLUCCI A PAGINA 10

LONDRA RINTOCCHI del Big Ben, la ruota panoramica sul Tamigi, il grattacielo a forma di cetriolo della City. SEGUE NELLO SPORT

I

Il britannico Joshua vincitore contro l’italiano Cammarelle dopo un contestato verdetto della giuria

R2

Il caso

I cento giorni di Hollande Superticket da 500 euro leader (troppo) tranquillo per i bimbi in provetta BERNARDO VALLI

PARIGI HI arriva dall’Italia, in guerra con gli speculatori e con i propri radicati difetti, e assillata dai bollettini finanziari, non trova in Francia la stessa palpabile angoscia. Avverte piuttosto, col tempo, una specie di torpore inquieto, venato di incertezza. ALLE PAGINE 23, 24 E 25 CON INTERVISTE DI ANAIS GINORI

C

MARIA NOVELLA DE LUCA

Via l’uomo di Mubarak

Egitto, Morsi “licenzia” i militari

A PAGINA 15

N SUPERTICKET per i bimbi in provetta. Avere un figlio con la procreazione assistita costerà sempre di più. Almeno in alcune regioni, a cominciare dalla Toscana, dove tra poche settimane nei centri pubblici e in quelli convenzionati, il ticket per una Fivet, cioè una fecondazione in vitro, schizzerà oltre i 500 euro, per arrivare a 700 euro per le tecniche più complesse. SEGUE A PAGINA 19

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llaa RReeppuubbbblliiccaa LUNEDÌ 13 AGOSTO 2012

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ECONOMIA E POLITICA Il ministro Passera è convinto che questo settore possa rimettere in moto l’intera economia

Raddoppiare l’estrazione di “oro nero” procurerà un aumento del Pil di mezzo punto

Le scelte strategiche

IL DOSSIER. Le misure per la crescita

Lo sviluppo Metanodotti, rigassificatori e petrolio “made in Italy” Il piano-energia del governo Ancora tagli per gli incentivi sulle rinnovabili LUCA IEZZI

Alzare la produzione petrolifera nazionale fino a raggiungere il 20% della domanda, via libera agli investimenti sul gas: i progetti di metanodotti dall’Algeria e il “corridoio Sud” nell’Adriatico avranno il pieno sostegno governativo, così come i progetti di 4 rigassificatori approvati o in costruzione. Il ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, ha individuato nell’energia l’interruttore per far ripartire la crescita in autunno. Una parte delle misure sono già state prese (Snam, taglio agli incentivi delle rinnovabili) altre sono pronte: permessi più facili per perforazioni petrolifere e la semplificazione amministrativa. A settembre sarà pronto un piano, «un indirizzo strategico coerente e unitario», come si legge nel documento riservato del ministero, da trasformare in proposte normative sin dai prossimi mesi. Il doppio traguardo è abbassare i costi dell’energia, ridurre le importazioni di idrocarburi e attivare miliardi d’investimenti in infrastrutture Oltre ad aumentare la disponibilità delle materie prime energetiche e alla stabilizzazione del costo, il governo punta a trasferire i vantaggi alle imprese ed alle famiglie aumentando la concorrenza e quindi mantenendo una pressione sui prezzi: la Borsa del gas sarà potenziata e nel settore elettrico i bonus fiscali si concentreranno sull’efficienza e la riduzione dei consumi. La prima prova sarà la revisione dei limiti che tengono le trivelle oltre le 12 miglia marine dalle coste italiane, un divieto più stringente rispetto agli altri Paesi europei.

La mappa dei rigassificatori Monfalcone presentato

FRIULI VENEZIA GIULIA

Trieste presentato

VENETO

Rovigo in funzione LIGURIA

La Spezia in funzione

Falconara autorizzato TOSCANA

Livorno in costruzione PUGLIA

Gioia Tauro

Brindisi abbandonato

CALABRIA

autorizzato

SICILIA

Porto Empedocle in costruzione

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Gli idrocarburi

Le infrastrutture

Prezzi del gas naturale

Meno vincoli alle trivelle la produzione sarà raddoppiata

Più tubi e più investimenti saremo l’hub europeo del gas

Paesi Bassi

Variazione dei prezzi finali del gas naturale per usi domestici

Belgio

Austria

IL GOVERNO punta a raddoppiare nel giro di pochi anni la produzione italiana di idrocarburi, l’obiettivo è soddisfare per via interna il 20% dei consumi contro il 10% attuale. Il mezzo è quello di «adeguare agli standard internazionali la nostra normativa di autorizzazione e concessione che oggi richiede passaggi autorizzativi lunghissimi ed è per molti aspetti molto più restrittiva dei quanto previsto dalle normative europee». Già discutendo il decreto sviluppo a maggio, il governo propose di abolire il limite delle 12 miglia dalle coste entro il quale le trivelle sono vietate. Proposito rientrato per le proteste degli ambientalisti e l’opposizione del ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, ma secondo i tecnici dello Sviluppo Economico così si rinuncia a «15 miliardi di investimenti, 25 mila posti di lavoro stabili e addizionali, una riduzione di oltre 6 miliardi l’anno della nostra bolletta energetica e 2,5 miliardi di nuove entrate fiscali». Un miglioramento che da solo varrebbe mezzo punto di Pil oltre a far affluire, attraverso le royalties e le tasse locali, nuovi capitali specialmente nelle regioni del centro-Sud dove sono concentrati i permessi di esplorazione

DIVENTARE la principale porta d’ingresso del gas nordafricano e centroasiatico verso l’Europa. Nonostante i due gasdotti da Algeria e Libia già attivi e il rapporto privilegiato Eni-Gazprom, «l’Italia sperimenta prezzi mediamente più alti rispetto agli altri Paesi il che si riflette si costi dell’elettricità» nota il governo. La soluzione, secondo la visione del ministro Passera, è aumentare le quantità di gas naturale sul mercato interno, allargando anche il numero di fornitori. Quindi vanno realizzate «infrastrutture fondamentali» come i rigassificatori di Livorno, Porto Empedocle (in costruzione) e quelli autorizzati di Falconara e Gioia Tauro. Inoltre sono confermati il secondo gasdotto dall’Algeria alla Sardegna (Galsi) e l’approdo in Italia del “corridoio Sud” che l’Europa prevede per il gas dal Mar Caspio. Ma perché questa abbondanza di metano abbia un effetto sul mercato interno, ammette il governo, «bisogna favorire liquidità e concorrenza». Molte aspettative si concentrano sugli effetti della separazione di Snam da Eni che dovrebbe permettere alla società di rete un investimento anche nei rigassificatori; ma anche sul rafforzamento della borsa del gas .

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Lituania Slovenia Rep. Ceca Italia Regno Unito Estonia Bulgaria Francia variazione del prezzo medio dell’Unione europea

Slovacchia Germania Irlanda Svezia Lettonia Portogallo Polonia

variazione di prezzo della Croazia che non è uno Stato membro dell’Unione europea

Spagna Romania Croazia -5

0

5 10 15 20 25

var. % 2011-2010

Fonte: Elaborazione AEEG su dati Eurostat.

Produzione prevalente di energia nei cinque Paesi maggiori della Ue


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LUNEDÌ 13 AGOSTO 2012

PER SAPERNE DI PIÙ www.sviluppoeconomico.gov.it www.autorita.energia.it

■3 Fonte: Enerdata

La produzione energetica in Europa Valori in %

Petrolio

Gas naturale

Nucleare, idroelettrico*

Petrolio

SPAGNA

46,1

FRANCIA

29,8

GERMANIA

31,8

ITALIA

39,3

REGNO UNITO

31,2

41,6

UE-27

33,3

26,0

Carbone

Geotermico, solare, biomasse

24,2

18,1

6,3

5,4

Nucleare

16,0

43,4

23,1

4,4 6,4 12,5

23,7

8,8

Gas naturale

40,4

8,1 8,6 17,1

7,9

4,4

15,5 16,2

3,1 7,4

* Idroelettrico, nucleare e importazioni nette

Gli incentivi

La burocrazia

I prezzi

Con il bonus sugli elettrodomestici crescono efficienza e risparmio

Spetterà all’Authority del settore la parola decisiva sui permessi

Ridurre l’import e più tecnologia così caleranno i costi delle imprese

«L’EFFICIENZA energetica è la prima delle leve, poiché consente praticamente tutti gli obiettivi allo stesso tempo: è la più economica per abbattere le emissioni, riduce i costi delle importazioni di combustibile e in terzo luogo rappresenta un potenziale volano di crescita economica con lo sviluppo di un settore ad alto potenziale nel quale l’industria italiana parte da posizioni di forza». La volontà politica espressa nel piano del ministero conferma una via già segnata dal bonus fiscale al 55% per le ristrutturazioni che riducono i consumi in casa. Nei limiti delle disponibilità di cassa si lavora alla «estensione/rimodulazione degli incentivi» in questi campi. Possibili quindi nuovi bonus fiscali per elettrodomestici, macchinari industriali e l’introduzione di leggi che impongano standard energetici e di consumi al livelli più alti tra quelli praticati nei Paesi occidentali. Un aspetto gradito anche alle industrie nazionali che puntano a raggiungere una leadership internazionale proprio nel settore dell’efficienza energetica

I TANTI episodi di opposizione locale alle infrastrutture energetiche, i ritardi burocratici e i cambi di atteggiamento nel corso degli anni verso i rigassificatori o le centrali elettriche hanno scoraggiato e spaventato gli operatori nazionali. Le molti leggi di semplificazioni sulle autorizzazioni varate nell’ultimo decennio non hanno risolto il problema dello scollamento tra volontà e esigenze nazionali e le reazioni del “territorio”. Su questo punto Passera pensa che l’Autorità dell’Energia debba giocare un ruolo più forte nella selezione e nell’autorizzazione dei progetti, in modo da far valere «l’autorevolezza, indipendenza e competenza, ma anche la separazione dei poteri di indirizzo politico da quelli di controllo e regolazione». Il punto più controverso, spesso sottolineato anche dall’Autorità, sta nel fatto che ogni intervento di coordinamento centrale si scontra con l’indipendenza data alla regioni dal titolo V della Costituzione proprio sulla politica energetica

IL PUNTO di caduta delle riforme su mercato del gas e sistemi d’incentivi è la riduzione dei prezzi dell’elettricità, specie quella per uso industriale. Il fatto che il 55% della produzione arrivi da centrali alimentate a metano e un altro 25% da fonti rinnovabili rende il costo per Kwh italiano il più alto d’Europa. Il governo punta a «allineare i prezzi medi nazionali a quelli europei, ridurre le importazioni elettriche, sviluppare la leadership tecnologica nel settore (reti intelligenti, software per la gestione di produzione consumo)». Il risultato è sia quello di abbattere i costi, sia quello di esportare queste soluzioni “made in Italy” nel resto del mondo. Non solo: si creerebbero così posti di lavoro stabili e un indotto di ricerca e sviluppo nel settore energetico. L’incognita è che il crollo dei consumi elettrici per la recessione e le difficoltà finanziare degli operatori nazionali stanno bloccando gran parte degli investimenti nell’elettricità.

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per usi industriali per i principali paesi europei (prezzi in euro al lordo delle imposte)

Prezzi finali dell’energia elettrica

30

Francia Regno Unito Spagna

25 20

Germania Italia

15 10 5 < 20 MWh/a

20-500 MWh/a

Fonte: Elaborazione AEEG su dati Eurostat.

Le rinnovabili

Centrati gli obiettivi Ue ma troppi 9 miliardi l’anno IL QUINTO Conto Energia appena partito, che ha imposto un’ulteriore riduzione degli incentivi per il fotovoltaico, ha dato vita ad una battaglia campale. Ma Passera è convinto che l’approccio del passato sia stato «non certo ottimale e troppo costoso: privilegiando il settore elettrico senza prevedere adeguati meccanismi di contenimento dei volumi». L’Autorità Energia ha calcolato che questo boom costerà 9 miliardi l’anno per i prossimi 15-20 (cioè 150-200 miliardi in bolletta). Il futuro vedrà incentivi più magri, collegati ai costi e ai volumi da raggiungere, e con un occhio più attento alla provenienza dei materiali di impianti eolici e solari (in modo da aiutare i produttori europei). Anche se i vantaggi della green economy sono ora evidenti: abbiamo raggiunto in anticipo gli obiettivi di produzione rinnovabile imposti dall’Europa nel 2020 e ottenuto un calo netto dei prezzi elettrici nelle ore di punta grazie proprio al contributo di sole e vento. Nel mirino di Passera, non ci sono solo gli incentivi alle rinnovabili. L’Autorità Energia ha ricevuto mandato di rivedere anche gli altri regimi agevolati in modo da ridurre il peso in bolletta © RIPRODUZIONE RISERVATA

FOTO:AFP

500-2.000 MWh/a

2000-20.000 MWh/a

20.000-70.000 MWh/a

70.000-150.000 MWh/a


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LA CRISI FINANZIARIA POLITICA INTERNA A settembre il nuovo pacchetto di Passera, che punterà anche su start up e semplificazioni per le imprese

PER SAPERNE DI PIÙ www.repubblica.it www.sviluppoeconomico.gov.it

La digitalizzazione della pubblica amministrazione riguarderà anche scuole, tribunali e ospedali

IL DOSSIER. Gli interventi per lo sviluppo

Internet “Mettiamo online tutta l’Italia” la crescita ripartirà dai computer L’amministrazione

Pratiche veloci per i cittadini e carta d’identità elettronica Una delle sfide della Digital Agenda è quella di spostare online i rapporti interni alla pubblica amministrazione e tra burocrazia e cittadini. Il cosiddetto eGovernment che velocizza le pratiche e fa risparmiare la macchina dello Stato. Basti pensare che ad oggi i costi a carico dell’Erario tra carta e spedizioni postali sono di svariati miliardi di euro all’anno. Tra le altre cose si punta anche alla carta d’identità elettronica: un tesserino munito di chip che oltre al documento di riconoscimento conterrà tessera sanitaria e codice fiscale. Un modo per accorpare il sistema informativo della burocrazia con taglio dei costi.

ALBERTO D’ARGENIO

Sarà l’agenda digitale uno dei tre pilastri (insieme a Start up e semplificazioni per le imprese) del nuovo pacchetto per la crescita che il governo approverà a settembre per cercare di rilanciare il Paese. Il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, ha avviato già a febbraio un tavolo tecnico per mettere nero su bianco le nuove misure volte a dare al Paese un futuro di potenziale di sviluppo, con l’Italia negli ultimi cresce decisamente meno rispetto al resto dell’Unione europea. L’agenda digitale - un investimento pubblico-privato da 3 miliardi in parte ancora da coprire - prevede molto Internet, con l’attivazione della banda larga e ultra-larga su tutto il territorio. La digitalizzazione della Pubblica amministrazione, partendo dalle scuole passando dai tribunali per arrivare agli ospedali. Una enorme mole di dati che sbarcherà in Rete da immagazzinare in nuovi “Data center”, grandi server da impiantare nel Mezzogiorno con la Sardegna che si è aggiudicata il primo. E poi gli incentivi per la creazione di “distretti elettronici” che spingeranno le piccole e medie imprese del Made in Italy ad aggregarsi e fare massa, aumentando le vendite all’estero. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Scuola e università

Con tablet e pc nelle aule 30 milioni di persone in Rete La digitalizzazione della Pubblica amministrazione toccherà tutti i settori. Si punta ad esempio su scuola digitale e università online. Si va dall’iscrizione via Internet degli esami al libretto universitario online. C’è poi il capitolo “alfabetizzazione informatica”: si calcola che tra studenti e famiglie (dai genitori ai nonni) in Italia 30 milioni di persone siano contatto con la scuola. Si punta dunque a insegnare ai ragazzi l’uso delle nuove tecnologie - promuovendo anche l’uso dei tablet - perché poi siano loro stessi a portare le famiglie in Rete. Un volano per spingere l’informatizzazione dalla quale dipende buona parte della crescita futura.

Sanità e giustizia

Imprese

Infrastrutture

Accesso al web e banda larga entro il 2013 garantiti a tutti

Mezzogiorno

Tribunali e cliniche telematiche per accedervi basterà l’e-mail

Distretti industriali su Internet e forti incentivi all’e-commerce

Fondi della Ue per i data center il primo nascerà in Sardegna

Anche ospedali e tribunali saranno portati in Rete. Si pensa alla “clinica elettronica”, ad esempio con i risultati degli esami inviati ai pazienti via e-mail. Anche i tribunali dovrebbero sbarcare nel nuovo millennio grazie a una serie di procedure telematiche: dalla notifica degli atti alla pubblicazione delle sentenze. C’è spazio per la ricerca, con il piano per digitalizzare e rendere accessibili a tutti le informazioni e i dati delle amministrazioni in modo da permettere ai ricercatori (anche privati) di usarli con “applicazioni intelligenti”. Ad esempio, avere a disposizione i dati sul traffico di una città permette di creare nuovi software che aiutino i cittadini.

Con Internet il governo punta ad aumentare la competitività e l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, i campioni del Made in Italy. Ci saranno incentivi per spingerle verso l’eCommerce, la vendita dei prodotti online. Le imprese saranno invogliate a usare piattaforme di commercio elettronico sbarcando sui grandi siti di vendita già esistenti oppure, opzione preferita, consorziandosi creando una piattaforma tutta propria. Una sorta di “distretto elettronico” che aiuterà le Pmi a fare massa e aumentare le vendite all’estero. Corollario la spinta a dotarsi degli strumenti per essere pagati e fornire la fattura online (moneta e fattura elettronica).

Uno dei punti chiave del piano è quello di portare in rete i 3,5-4 milioni di italiani che oggi non hanno accesso a Internet. La regole Ue prevedono che entro il 2013 tutti i cittadini abbiano collegamenti veloci ed entro il 2030 super-veloci. Obiettivo lontanissimo per l’Italia, con ingenti danni per la crescita. Per completare la penetrazione Internet al Sud i soldi sono stati trovati, mancano 400 milioni per il Nord (si pensa a progetti pubblico-privato). Per la banda ultra-larga (tv e Internet via fibra ottica velocissima) si partirà con il cablaggio delle grandi città. Poi il resto del territorio. Si pensa di incentivare i big privati a investire nel progetto.

Tra digitalizzazione della burocrazia e Internet veloce in Rete pioverà una mole impressionante di nuovi dati. Per questo il governo punta innanzitutto a mettere in comunicazione tra loro i 7-8 mila server della Pubblica amministrazione per aumentarne l’efficienza a tagliare i costi. Saranno messi in contatto da grandi Data center sparsi nel Mezzogiorno (grazie ai finanziamenti Ue) che progressivamente immagazzineranno i dati e diventeranno autonomi, assorbendo anche le nuove informazioni che arriveranno con l’informatizzazione della Pa. Il primo sarà costruito in Sardegna.

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8000

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I punti

3mld

FINANZIAMENTO La Digital Agenda prevede 3 miliardi di investimenti

ESCLUSI Potranno navigare i 4 milioni oggi senza connessione

SERVER Oggi ci sono 8.000 server da sostituire con i Data Center

VELOCITÀ Entro il 2030 arriverà in tutta Italia Internet veloce da 30 Megabite



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LA CRISI FINANZIARIA POLITICA INTERNA Non ci sarà una nuova manovra e niente patrimoniale

Confermato dal governo il mancato aumento dell’Iva

IL DOSSIER. Le misure in arrivo

La ripresa VALENTINA CONTE

Non ci sarà una nuova manovra. Non arriverà la patrimoniale. Non aumenterà l’Iva. Con buona probabilità, non occorrerà nemmeno attivare il fondo Salva-Spread. Fin qui le buone notizie, confermate dal ministro dell’Economia Grilli nell’intervista a Repubblica di ieri. Eppure l’agenda d’autunno del governo si preannuncia fitta. Con un obiettivo forte: recuperare soldi per sgonfiare il debito pubblico, diminuire le tasse a famiglie e imprese, rilanciare la crescita, definita da Grilli «Pil potenziale». Si passerà per dismissioni, lotta all’evasione e altre sforbiciate di spesa. In teoria, lotta agli sprechi. In pratica, altri sacrifici?

Conti a posto, privatizzazioni e una nuova raffica di tagli Le strategie di Grilli per l’autunno

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Debito

Spread

Patrimonio

Dismissioni e zero deficit per accelerare la discesa

Già fatti i “compiti a casa” più facile attivare lo scudo

In vendita immobili e quote pubbliche ma senza minacciare i gioielli di Stato

È LA priorità d’autunno numero uno: il «piano pluriennale di rientro» dalla montagna di debito pubblico, ormai vicino ai duemila miliardi di euro. Prosperato, negli ultimi anni, «sino a circa il 123% del Pil, non tanto perché sia aumentato il deficit, ma perché è diminuito il Prodotto interno lordo», sottolinea il ministro Grilli. Il governo intende comprimere questa massa anti-sviluppo al ritmo «ragguardevole» del 4% l’anno e dunque scendere al 100% circa del Pil entro un quinquennio (20% in meno di oggi). Usando due binari fondamentali, da percorrere in parallelo. Primo, un programma di dismissioni pubbliche che assicuri ogni dodici mesi un rientro dell’1% «realistico e percorribile». Secondo, il deficit a zero, ovvero il bilancio in pareggio «in termini strutturali» (tenuto conto cioè del ciclo economico), che farebbe calare del 3% annuo la mole di debito, «con ipotesi molto prudenti sulla crescita futura». In totale, dunque, quattro punti in meno ogni 365 giorni, 175 milioni al giorno. Ma se il Pil si mettesse a correre, il target salirebbe.

LA FEBBRE della speculazione potrebbe riaffacciarsi in autunno e va sorvegliata. Ma l’Italia, ribadisce Grilli, «non ha bisogno del fondo Salva-Spread». Perché è «tra i Paesi più virtuosi del mondo e d’Europa» e non necessita di «alcun aiuto per ripianare il deficit». Ma solo «di un po’ di tranquillità dai mercati, che non vanno demonizzati, di fiducia e del mantenimento degli investimenti nel nostro Paese». Qualora l’Italia fosse indotta, però, a richiedere l’intervento europeo, ovvero l’attivazione delle «misure di stabilizzazione» per calmierare il differenziale Btp-Bund, secondo il ministro non ci sarebbero «condizionalità aggiuntive» da sottoscrivere nel memorandum of understanding. Ma «solo conferme attraverso un “atto unico”» che certifichi quanto di buono l’Italia ha già fatto, i famosi “compiti a casa”. «Il caso Italia non esiste», stempera Grilli, «e se esiste si è ridimensionato». D’altronde, lo spread dipende solo in parte dalla componente interna («il giudizio sull’Italia») e molto da quella esterna («la sfiducia sull’euro»).

IL CAPITOLO “dismissioni” di patrimonio pubblico, immobiliare e mobiliare, coprirà grossa parte del dibattito di politica economica alla ripresa autunnale. D’altronde è uno dei binari essenziali, individuati dal governo, per scardinare il debito pubblico. Ma che non sembra coinvolgere, almeno per il momento, la cessione di quote detenute dal Tesoro nei cosiddetti “campioni italiani”, le grandi imprese dei «settori strategici». A partire da Snam Rete Gas, Terna e Fintecna che sono «già dentro la Cassa depositi e prestiti ed è bene che ci restino», osserva il ministro Grilli. Il loro destino potrebbe essere un altro: «Vogliamo un polo delle Grandi Reti» che salvaguardi queste aziende come «terze rispetto agli operatori privati di servizi». Su Eni, Enel e Finmeccanica, il numero uno dell’Economia è altrettanto chiaro: «Scendere sotto il 30% è pericoloso», di questi tempi “borsistici”. E poi «ritengo un bene la convivenza tra componente pubblica e privata, perché le rende più solide». Poi conclude: «Sarò dirigista, ma alla difesa dell’italianità ci credo ancora».


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LUNEDÌ 13 AGOSTO 2012

PER SAPERNE DI PIÙ www.partitodemocratico.it www.repubblica.it

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IERI SU REPUBBLICA L’intervista del ministro dell’economia Grilli a Repubblica: “Niente patrimoniale, ma ridurremo le tasse”

L’intervista

Boccia (Pd): il Tesoro non fa attenzione alla redistribuzione del reddito, Monti più sensibile al sociale

“Ma così assomiglia troppo a Tremonti” UMBERTO ROSSO ROMA — «Nelle parole del ministro Grilli la questione di una grande redistribuzione del reddito e delle risorse proprio non c’è. Peccato che, per noi del Pd, è proprio quello il cuore, il problema vero che abbiamo di fronte». Insomma, onorevole Boccia, voi non la pensate come il ministro dell’Economia che ha detto di no alla patrimoniale. «Per Grilli basta tenere sotto controllo il deficit, vendendo il patrimonio pubblico per abbattere il debito, e d’incanto si realizza il miracolo, Un colpo di bacchetta magica e tutto si aggiusta. La crescita riparte. Ma non è così. Lo hanno dimostrato purtroppo le terribili recenti ferite». Quali? «Le macerie lasciate da Tremonti, con la cui linea di politica economica Grilli appare in continuità. Prendiamo l’adeguamento della tassazione delle rendite finanziarie al 20 per cento. L’ex ministro ci disse di no per tre anni,. Alla fine ha ceduto. Ma così abbiamo perso molte entrate che potevano servire a far calare la pressione fiscale sul costo del lavoro. Ecco, non vorremmo sentirci dire anche stavolta, ma solo dopo, che avevamo ragione. Però su questi temi il premier ha le idee chiare. Noi oggi abbiamo bisoFOTO:IMAGOECONOMICA

Fisco

Tagli di spesa e lotta all’evasione così si potranno ridurre le tasse L’ESPLOSIONE ormai insostenibile delle tasse è il vero tasto dolente di questo duro anno di recessione. Se fin qui inasprirle ha consentito di tenere a bada i conti pubblici, ora sembra necessario invertire la rotta. «La pressione fiscale su famiglie e imprese è troppo alta, appena possibile la ridurremo, è una nostra priorità», promette il ministro Grilli. A partire dall’Iva, il cui ulteriore ritocco all’insù di due punti dal primo ottobre (e mezzo punto da gennaio 2013) è stato sterilizzato fino a giugno del prossimo anno. «Ma noi vogliamo eliminare l’aumento in modo permanente e contiamo di farcela», rilancia Grilli. Due i fronti «su cui siamo determinati»: «attaccare le aree di evasione» e «ridurre in modo strutturale la spesa pubblica». Per il momento, l’obiettivo però rimane confinato all’imposta sui consumi. Per quanto riguarda Irpef, Irap e gli altri balzelli «non vogliamo illudere nessuno con promesse sulla tempistica che ora non siamo in grado di fare, ma non appena si creerà spazio ridurremo anche le altre imposte».

Statali

In arrivo la scure su 24 mila dipendenti pubblica amministrazione da ridisegnare ALTRA priorità d’autunno, per il governo, è la spending review, fase due. Il primo tempo, coordinato dal commissario Bondi sotto la supervisione del ministro Giarda, eviterà l’incremento dell’Iva ad ottobre. Ben più ambiziosi dovranno essere, però, i futuri obiettivi. «La montagna della spesa pubblica va aggredita nel suo complesso», conferma Grilli, attraverso «un ridisegno complessivo della Pubblica amministrazione». Ma questo non si traduce solo «nei risparmi da fare nei ministeri». Qualcuno «immagina che quello sia il vero problema», dice a sorpresa il ministro. In realtà, si tratta «di un’esigua minoranza». Su 3 milioni e 300 mila statali, solo 170 mila sono ministeriali, il 5% del totale. «Non possiamo illuderci che intervenendo qui abbiamo risolto tutto». Una posizione importante, visto che a settembre si discuterà del taglio proprio di 24 mila dipendenti pubblici (20% delle piante organiche, 10% dei dirigenti). Cifra ben più alta, temono i sindacati. Due giorni fa il ministro Patroni Griffi ha fatto capire di voler procedere anche senza di loro.

gno di più Monti e meno Tremonti». Il premier non è sulla stessa lunghezza di Grilli sul tema patrimoniale? «Ha dimostrato di essere più attento e sensibile alla società, basta vedere il salva-Italia o le posizioni portate a Bruxelles nel Consiglio del 28 giugno, aperte appunto all’evoluzione sociale dell’Europa. La forza per aprire quel grande processo di cui parlo ce l’ha solo Monti». I tempi però sono strettissimi, tra un po’ riparte la campagna elettorale. «Fra settembre e novembre si decide tutto. Dipendesse solo da noi del

ECONOMISTA Francesco Boccia

Pd, giocheremmo tutto sulla carta di una vera, forte redistribuzione economica». Però nel vostro partito c’è chi, come Fassina, pensa di arrivarci puntando su un aumento del debito. «Non si fa sviluppo con nuovi debiti, ipotecando il futuro anche dei nostri nipoti. Keynes è una stagione chiusa, il residuo di una sinistra superata». Ma boccia Grilli in toto? «Nient’affatto. Ho molto apprezzato il suo impegno a non vendere le imprese pubbliche strategiche, citando Terna, Eni, Enel. Adesso mi aspetto che sia conseguente, e sospenda le

trattative per la vendita di Ansaldo Energia ai tedeschi della Siemens. I numeri però continuano a non tornare: il ministro indica 400 miliardi di dismissioni possibili ma le stime ufficiali parlano solo di 50 miliardi». È tornato a parlare di taglio delle tasse. «Però non dice come. Noi la ricetta l’abbiamo, togliere dai settori che non hanno bisogno di risorse. Per arrivare ad un abbassamento dell’Irap e delle imposte sui salari. E, in questo contesto, lanciare anche un’imposta straordinaria sui grandi patrimoni mobiliari e immobiliari». © RIPRODUZIONE RISERVATA


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LA CRISI FINANZIARIA ECONOMIA

I mercati

Dalla Germania alla Padania lo spettro del referendum anti-euro L’idea dei conservatori e liberali tedeschi si allarga al resto d’Europa DAL NOSTRO CORRISPONDENTE ANDREA TARQUINI BERLINO — Uno spettro s’aggira per l’Europa, lo spettro del referendum sul futuro dell’euro e dell’Unione. Conservatori bavaresi e liberali di Stoccarda e di Berlino hanno lanciato l’idea, in Italia l’hanno raccolta ed elogiata il leader leghista Roberto Maroni e Beppe Grillo, e anche nel Pdl (alla Santanché ad esempio) piace. Come in un passaparola online, la richiesta di referendum passa veloce le frontiere. Da Stoccolma a Bratislava, dalla Prussia alla Padania, innesca un dibattito sulla politica europea di domani, sugli strumenti per dare a un’Europa unita più legittimità popolare ma anche più limiti al centralismo europeo. E la sensazione che ovunque o quasi nell’Unione europea gli elettori percepiscano la Ue e le decisioni dei suoi leader europei come troppo lontane da loro, spinge molti politici d’ogni colore ad associarsi alla proposta. Il referendum sull’Europa può quindi diventare un’idea bipartisan, anche se in non pochi Paesi (come in Germania) occorrerebbero modifiche costituzionali per indirlo. I precedenti non mancano, ricor-

dalla Svezia all’Austria. La gente non vuole un super-Stato europeo, dice ancora Seehofer, e suggerisce i temi per le domande: la cessione di competenze e sovranità essenziali a Bruxelles; l’ammissione o no di altri Stati nella Ue; i finanziamenti tedeschi per gli altri Stati; il varo degli eurobond. A favore di consultazioni popolari, ma più avanti,è il ministro delle Finanze federale, Wolfgang Schaeuble, forse il più europeista a Berlino. Su una linea analoga è Sigmar Gabriel, numero uno della Socialdemocrazia (Spd), il più antico e forte partito di sinistra del continente. In Italia, le idee tedesche hanno trovato le prime voci favore-

voli. In senso anticentralista e regionalista. «Buona l’idea di un referendum sull’Europa e sull’euro, ma solo se serve ad aprire le porte alla nuova Europa delle regioni», ha scritto il leader leghista Roberto Maroni sul suo profilo Facebook. Più voce ai cittadini, ai Paesi reali, e meno poteri agli eurocrati, sono le richieste che arrivano da forze politiche eurominimaliste. Dai conservatori britannici al presidente cèco Vaclav Klaus, fino ai nuovi partiti populisti in Austria, Svezia e Finlandia. Proprio per la convergenza sull’Europa delle regioni il leader della Fpoe (la forte destra radicale) austriaca, Heinz-Christian Strache definisce la Lega come il

partito europeo a lui più vicino. E’ necessario dare più legittimazione democratica all’Europa: lo pensano anche voci autorevoli e moderne, come quella di Giovanni di Lorenzo, direttore di Die Zeit. Secondo Thomas Schmid, direttore di Die Welt, la gente ha un’idea di patria, lo Stato nazionale attuale, ma «sarebbe folle voler quasi imporre agli europei una Patria europea, proposta da scrivania, autoritaria e astratta». Non meno duro Rainer Hank, sulla Frankfurter Allgemeine: «Le élites propongono un’unione politica, ma è una fantasia da poeti, è tempo di salvare l’Europa dai suoi salvatori».

I PRECEDENTI Nella cartina in basso sono indicati in rosso i Paesi dove si è già tenuto un primo referendum sull’euro (Irlanda, Danimarca, Grecia) o è stato proposto dalle forze politiche (Italia e Germania)

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La consultazione è invocata dai partiti populisti in Austria, Svezia e Finlandia L’ok di Grillo dano fonti della Commissione europea a Berlino. Referendum in cui è stato chiesto agli elettori se volevano entrare o no nell’eurozona, o se accettavano o meno tagli e sacrifici per un risanamento dei conti sovrani indispensabile a salvare l’euro, se ne sono già tenuti. Con esiti diversi. In Danimarca, spinti dal forte senso di certezza dell’efficiente welfare locale e dalla voglia di non perdere la propria identità di Paese modernissimo, i cittadini votarono il no all’euro. Preferirono tenersi la corona. In Irlanda, quando il premier Enda Kenny ha sottoposto gli accordi per i tagli al responso d’un plebiscito, si è invece affermato il sì. Nel Regno Unito, con Blair premier si pensò a un referendum su una partecipazione all’unione monetaria, poi non se ne fece nulla. «L’idea del referendum in sé non è sbagliata, ma a medio-lungo termine e per votare su passi avanti decisivi dell’integrazione o su una Costituzione europea. Ma attenti alla formulazione delle domande», sottolinea Karl Lamers, veterano europeista della Cdu, ex consigliere di Kohl. E spiega: «Temi e domande formulati come li suggerisce il governatore bavarese, Horst Seehofer, possono favorire i populisti», cioè un no all’Europa. Seehofer parla chiaro: il suo disegno è «un’Europa delle regioni, decentralizzata. Con noi - aggiunge - non ci saranno Stati Uniti d’Europa». La sua proposta sembra piacere, alla Lega come a partiti eurocritici

La proposta del premier finlandese, Katainen: “Sbagliato procedere ora alle dismissioni”

L’intervento PREMIER Il premier finlandese Jyrki Katainen

“I beni di Madrid e Roma a garanzia dei titoli di Stato”

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BERLINO — «Cari amici italiani e spagnoli, per affrontare i vostri problemi di debito sovrano e di spread, mi permetto di consigliarvi di impegnare i beni pubblici che vorreste privatizzare come garanzia, come pegno per titoli sovrani, anziché venderli. Da noi ha funzionato». La proposta arriva dal premier conservatore finlandese Jyrki Katainen, in un’intervista uscita sul settimanale tedesco Der Spiegel. «Ne ho anche parlato con Monti durante la sua recente visita qui», aggiunge Katainen. Il premier finnico si dice inoltre contrario alla concessione della licenza bancaria al futuro fondo salva-Stati Esm.

“In tempo di crisi i ricavi delle privatizzazioni sarebbero molto bassi”

“Diciamo no alla concessione della licenza bancaria al fondo salva-Stati”

«Come ho già spiegato all’ultimo vertice europeo — dice Katainen — per i Paesi in crisi potrebbe rivelarsi di scarso interesse e utilità vendere ora beni pubblici, visto che in tempo di crisi i loro prezzi e quindi i ricavi sarebbero molto bassi. Potrebbero invece usarli come pegno per nuove emissioni di titoli, ed eventualmente venderli solo in un secondo tempo sui mercati. Noi abbiamo usa-

to questo sistema, nei momenti più difficili della crisi che abbiamo attraversato nel passato recente, e ciò ci ha consentito di ridurre significativamente gli interessi sul debito e di risparmiare una somma pari al 10 per cento del nostro prodotto interno lordo. Non dimenticheremo mai questa esperienza, per noi è stata una svolta». Un tentativo del genere da

parte dei Paesi dell’Europa mediterranea è urgente, secondo Katainen, perché «gli attuali spread sono ingiusti e inaccettabili». La concessione di una licenza bancaria all’Esm lo vede invece contrario, perché «significherebbe togliere ogni limite, e porterebbe il carico delle spese a tali livelli da togliere credibilità ai pacchetti di aiuti». Il premier finlandese è anche critico e scettico sull’acquisto immediato di titoli sovrani da parte della Bce. «La Banca centrale europea — afferma — ha già comprato bond sui mercati secondari, ma ciò ha aiutato solo a breve termine; il fatto che respingiamo questa politica non vuol dire che siamo antieuro-


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Gli investitori giudicano difficile fare business nel Belpaese. Tenuta a rischio

PER SAPERNE DI PIU’ www.bis.org www.bancaditalia.it

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Gli immigrati di qualità gettano la spugna e cercano fortuna in altre Nazioni europee

IL DOSSIER. Emergenza debito

I capitali I big esteri temono il caos Italia spostati 1000 miliardi in 2 anni Conti correnti chiusi a raffica, via 600 milioni di Btp al giorno INVESTITORI

Scaricate obbligazioni per oltre 300 miliardi

FOTO: ANSA

pei. Diciamo solo che dobbiamo trovare soluzioni efficienti e sostenibili». Nel quadro di soluzioni efficienti e sostenibili la Finlandia ritiene che l’acquisto di titoli sovrani sui mercati primari (quindi più tardi da parte dell’Esm quando funzionerà) potrebbe diventare una parte dell’insieme della strategia. «L’Europa — sottolinea il premier finlandese — è come una famiglia in cui tutti i membri promettono di rispettare le regole. La crisi ha mostrato che non è stato così, noi finlandesi lo riteniamo ingiusto. Non dimenticate che anche molti finlandesi sono stati colpiti dalla crisi e sono oggi senza lavoro». (a. t.) © RIPRODUZIONE RISERVATA

È il capitolo più allarmante della grande fuga degli investitori internazionali dall’Italia. Gli stranieri non si fidano più dei nostri titoli di Stato. E non li comprano nemmeno quando rendono il 6%. Ad agosto dello scorso anno banche e risparmiatori esteri avevano in tasca Bot e Btp per 804 miliardi. Più o meno il 44% di tutto il nostro debito in circolazione. Da allora hanno venduto a piene mani, nel timore di trovarsi in tasca da un giorno all’altro bond denominati in lire. Oggi ne hanno più o meno 500 miliardi – 300 in meno – dopo aver ceduto una media di 600 milioni di Btp al giorno, accelerando così la corsa dello spread. A tappare il buco (almeno in parte) hanno provato le banche di casa nostra, che grazie all’iniezione di liquidità a basso costo della Bce hanno rastrellato da gennaio a oggi 80 miliardi di titoli in più.

ETTORE LIVINI

ACQUISIZIONI

(segue dalla prima pagina)

Frenata sullo shopping delle aziende tricolori

n meno di due anni oltre mille miliardi di capitali esteri sono scappati dalla Penisola. La metà del nostro Pil è andato insomma all’estero per cercare fortuna altrove. I grandi investitori stranieri hanno venduto 600 milioni di euro di Btp al giorno, i grandi fondi Usa non finanziano più le nostre banche. I depositi di clienti d’oltrefrontiera nelle nostra banche sono crollati del 18% in un anno scappando verso Germania e Stati Uniti. Dal 2007 sono spariti dai conti correnti tricolori quasi 400 miliardi di proprietà straniera. La fiducia nel nostro Paese, in effetti, è purtroppo inversamente proporzionale allo spread. E non a caso si sono fermate al palo pure gli acquisti di imprese tricolori da parte di acquirenti internazionali, malgrado i prezzi d’affezione raggiunti da molte imprese a Piazza Affari. E sempre più immigrati – spesso dopo aver vissuto le pene dell’inferno per riuscire ad arrivare qui e ottenere un permesso di soggiorno – hanno deciso di cancellare la loro residenza nel Belpaese per cercare fortuna altrove.

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© RIPRODUZIONE RISERVATA

La crisi dei debiti sovrani ha raffreddato (e di molto) l’interesse degli investitori d’oltrefrontiera per le nostre imprese. Nel 2008, per dire, era state ben otto in sei mesi le acquisizioni di aziende tricolori dall’estero per un controvalore superiore al miliardo. Nel 2012 siamo a quota zero (sempre per quelle oltre il miliardo). L’importo complessivo delle operazioni andate in porto tra gennaio e giugno, a conferma della gelata tricolore, è stata di 5,2 miliardi, un terzo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le operazioni finanziarie sono solo la punta dell’iceberg di questo disamoramento straniero per il Belpaese. A battere in testa in modo preoccupante sono anche gli investimenti diretti esteri per la creazione di nuove attività industriali, crollati del 53% nel 2011.

MULTINAZIONALI

IMMIGRATI

FONDI

Prosciugati i depositi sono spariti 70 miliardi

Lo straniero torna a casa Nuovi arrivi in picchiata

Le casseforti Usa gelano le banche del Belpaese

La crisi uccide i sogni. E tra questi quello, quantificabile in numeri, degli immigrati che hanno raggiunto l’Italia negli ultimi anni e che oggi, persa la speranza di farsi una nuova vita in un Paese in crisi, fanno le valigie e tornano a casa. Già nel 2010 in 33mila avevano deciso di cancellare la residenza nella Penisola per cercare fortuna altrove. Un dato che secondo la Fondazione Ismu è cresciuto in modo esponenziale negli ultimi mesi arrivando a triplicare. Lo stesso fenomeno si nota in entrata con un calo del 65% dei permessi di soggiorno nel 2011. Lo stesso fenomeno è successo in Spagna dove il boom immobiliare di inizio millennio è stato finanziato in buona parte con mano d’opera a basso costo straniera. Ora diverse migliaia di immigrati sono stati costretti a fare dietrofront rientrando nella terra d’origine.

Per capire come mai l’Italia (e soprattutto le sue banche) abbiano avuto bisogno di più di un aiutino dalla Bce, basta seguire il denaro, come dicono i giallisti. E precisamente quello dei grandi fondi monetari Usa. Una volta queste gigantesche casseforti a stelle e strisce (muovono 1.440 miliardi di dollari) erano i più grandi finanziatori del nostro sistema creditizio. Quando una banca aveva bisogno di liquidità bussava alla loro porta, garantiva un tasso d’interesse adeguato e loro senza problema aprivano il portafoglio. Oggi è cambiato tutto. L’Italia è considerata – soprattutto da investitori teoricamente prudenti come questi – un Paese a rischio. E il rubinetto si è chiuso. Le nostre banche bussano, ma i fondi monetari americani non sganciano più un centesimo. L’Italia, non a caso, ha ottenuto 240 dei mille miliardi di prestiti dal Bancomat Bce.

L’ultimo capitolo del lento addio all’Italia delle grandi multinazionali e delle aziende estere è quella legato al prosciugamento metodico dei loro conti correnti. Un modo come un altro per evitare di trovarsi con troppa liquidità parcheggiata nel nostro Paese nel momento (incrociamo le dita) in cui si dovesse ritornare alla lira. Una volta le società straniere non si facevano troppi problemi. E tenevano in banca qui da noi un bel gruzzoletto per finanziare il loro business. Poi con la crisi hanno drizzato le antenne. E ora lasciano sul conto solo lo stretto indispensabile per l’operatività a breve termine. Negli ultimi 18 mesi dai conti correnti degli istituti di credito tricolori sono “spariti” una settantina di miliardi (pari al 18,7% circa) dei depositi di clienti internazionali.


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IL CASO TARANTO CRONACA

Ilva, il governo contro il gip “Chiusura danno irreparabile” possibile ricorso alla Consulta Monti invia i ministri a Taranto, la Severino chiede gli atti MARIO DILIBERTO TARANTO — Governo in campo contro Patrizia Todisco, il giudice che ha sequestrato gli impianti dell’Ilva. E che nel giro di 24 ore ha ribadito lo stop alla produzione della grande fabbrica di Taranto e ha allontanato il presidente di Ilva Bruno Ferrante dal pool dei custodi a cui è affidata l’area a caldo del siderurgico. Sui provvedimenti aleggia la possibilità di un ricorso alla Consulta. Lo stesso premier Monti, in vacanza in Svizzera, ha chiesto di verificare gli spazi legali per un’azione di questo tipo. Venerdì a Taranto piomberanno i ministri Passera e Clini che incontreranno il procuratore capo Franco Sebastio e le autorità. Passi che spiegano l’allarme rosso scattato intorno al destino dell’acciaieria, strategica per l’economia del paese. Ma finita sotto accusa per i veleni industriali che riversa su Taranto e che secondo pm e periti provocano malattia e morte nella città in cui ci si ammala di tumore più che da altre parti.

La nuova disposizione del gip — conclude — è in contrasto con il lavoro svolto e il ruolo del ministro». Sui venti di conflitto soffiano anche i partiti. «La politica industriale — dice Angelino Alfano, leader del Pdl — la fa il governo e non la magistratura». «È indispensabile — rincara Bersani — che il governo faccia chiarezza sull’Ilva». Contro il gip si scaglia

Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc. «Il protagonismo di certi magistrati di dubbia competenza - dice - fa più male alla credibilità della magistratura di tanti suoi incalliti denigratori». Maurizio Gasparri medita di portare in Parlamento il caso Ilva per evitare «lo scempio che si profila per l’economia italiana con il blocco dell’Ilva». Sul piede di guerra anche i sindacati. «Non

ci si rende conto che i problemi della salute e dell’ambiente si risolveranno se le produzioni rimarranno» afferma Raffaele Bonanni, segretario della Cisl. La Cgil definisce disastrosa un’interruzione della produzione. «Con le ultime decisioni - dichiara il segretario confederale Elena Lattuada - si rischia di compromettere tutto quello che è stato fatto per salvare produ-

zione e lavoro e al tempo stesso ambiente e salute». Voci fuori dal coro Antonio Di Pietro e Angelo Bonelli. «La magistratura — sbotta l’esponente dell’Idv — non fa altro che applicare la legge, dentro e fuori le aziende». «I magistrati stanno facendo il loro dovere difendendo il diritto alla salute» conclude il presidente dei Verdi.

CORRADO PASSERA

CORRADO CLINI

MARIO MONTI

PAOLA SEVERINO

Per il ministro dello Sviluppo “lo spegnimento degli impianti causerebbe danni irreparabili, per evitare la chiusura nulla sarà lasciato intentato”

Il ministro dell’Ambiente: “Le nuove disposizioni del gip di Taranto sono in aperto contrasto con ciò che il ministero ha avviato”

Il premier vuole verificare se sia possibile un intervento legale del governo per evitare la chiusura. E ha inviato a Taranto i ministri competenti

Il ministro della Giustizia ha chiesto l’acquisizione degli atti firmati dal gip Todisco per poterli valutare “per quanto di sua competenza”

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Le reazioni

“Tutto pur di evitare lo stop” Palazzo Chigi studia eventuali azioni legali «La chiusura e lo spegnimento degli impianti causerebbe danni irreparabili. Nulla sarà lasciato intentato. Risanamento ambientale, produzione e lavoro devono essere gli elementi portanti di una strategia unitaria» spiega il ministro Passera. I provvedimenti del gip Todisco, però, assomigliano ad una marcia funebre per l’Ilva che, colando a picco, si trascinerebbe dietro oltre undicimila posti di lavoro. La patata bollente rimbalza sui banchi del Governo che ora valuta le prossime mosse. Nell’ottica di un possibile ricorso alla Consulta si inquadra la sortita del ministro Paola Severino che acquisirà i provvedimenti del gip. Secca la replica l’Anm. «Interventi conoscitivi del ministro sono usuali in situazioni che destano scalpore» dice il segretario generale Maurizio Carbone, pm proprio a Taranto. «È giusto ricordare - continua - che l’inchiesta ha inquadrato reati gravissimi e che la prospettazione della procura è stata confermata dal Riesame». Ma lo scontro istituzionale cova sotto la cenere. «Non è vero che la magistratura sta esercitando una funzione di supplenza» sentenzia il ministro dell’Ambiente Clini. «La commissione europea - aggiunge - il 18 marzo ha pubblicato l’elenco delle nuove tecnologie per la salvaguardia della salute e ha disposto che gli stati membri debbano rivedere le autorizzazioni già concesse per fare allineare le industrie a queste norme entro il 2016. Ho aspettato solo 4 giorni, riaprendo la procedura di autorizzazione per avere dall’Ilva le migliori tecnologie disponibili.

L’intervista

DAVIDE CARLUCCI MILANO — A questo punto Bruno Ferrante, presidente dell’Ilva, ricorre al suo tatto da prefetto. E usa tutta la diplomazia possibile nei confronti del gip di Taranto Patrizia Todisco che lo estromette dall’incarico di custode giudiziario dell’acciaieria. Presidente, il giudice è netto: lei è incompatibile. Ha degli obblighi nei confronti del tribunale che sono in contrasto con gli interessi di cui è portatore come legale rappresentante dell’azienda. «Io per rispetto nei confronti della magistratura, preferisco non commentare. Non fino a quando, almeno, l’atto mi sarà notificato». Ma cosa succede adesso? Il gip ha ordinato lo stop alla produzione. E per salvare l’Ilva si sta mobilitando anche Monti. «Non entro nel merito del prov-

Il presidente dell’Ilva dopo la revoca dell’incarico a custode dell’area: impensabile l’idea di licenziare

Ferrante: “Messo alla porta, mi batterò non si uccide un’azienda senza sentenza” vedimento. Non dimentichiamo, però, che siamo in una fase cautelare. Non c’è una sentenza. Non si uccide un’azienda mandando a casa migliaia di lavoratori». Che senso aveva che lei fosse custode giudiziario? «Il Riesame aveva individuato un percorso virtuoso che portasse al dissequestro nel caso in cui l’azienda non avesse adottato le misure corrette. Aver nominato me tra i custodi era un modo per mantenere un collegamento tra il lavoro svolto dagli altri custodi e l’attività della società, perché accanto alle indicazioni di risanamento dei periti, c’era un pacchetto di iniziative condivise con governo e Regione. E poi c’è la nuova Aia, l’autorizzazione integrata ambientale del ministro dell’Ambiente Clini. La mia presenza, dunque, serviva a raccordare il momento giudiziario e quello industriale».

Bruno Ferrante

Omissioni

In passato responsabilità e omissioni, anche da parte nostra. Ora serve lo sforzo di tutti per trovare una soluzione

Ora il gip è sotto l’attacco di Pd e Pdl. Ma la politica, secondo un altro magistrato protagonista di questa vicenda, il procuratore di Taranto Franco Sebastio, responsabilità nell’incancrenirsi del male ne ha avute. Lei concorda? «Le rispondo per l’ultimo periodo, quello in cui al timone dell’Ilva ci sono stato io: la politica è stata molto presente. Sia il governo nazionale che la Regione hanno fatto molto per superare questa impasse». Intanto, però, a Taranto si continua a respirare diossina. Se tutti hanno agito bene, perché siamo a questo punto? «Le responsabilità ci sono state, ma riguardano il passato. Omissioni, anche da parte dell’Ilva, che ha comunicato male, si è mostrata litigiosa. Ma ora c’è il tentativo, da parte di tutti, di tornare a un clima più sereno e posi-

tivo. La strada era quella di individuare un percorso per il risanamento. E il Riesame ci aveva dato una prospettiva, saggia e ragionevole: utilizzare gli impianti per metterli in sicurezza». Tenere insieme ambiente e lavoro è un sogno a Taranto? Quando si riuscirà a portare le emissioni a un livello non più tossico per la popolazione? «Non so né quando né che costi abbia tutto ciò. Bisogna leggere la nuova autorizzazione ministeriale. Ma alcune emissioni sono state abbattute. Molto è stato già fatto e molto si può ancora fare». Forse è troppo tardi, il gip ha ordinato lo stop alla produzione. Licenzierete? «Oggi vedo i sindacati. Sono agitati. Il momento è difficile ma l’ipotesi di licenziamento non rientra nel nostro orizzonte. Non ne abbiamo neanche parlato». © RIPRODUZIONE RISERVATA


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Il personaggio

PER SAPERNE DI PIÙ http://bari.repubblica.it www.ilvataranto.com

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Schiva, minuta, rigorosa: chi è il magistrato che ha ordinato lo stop

Quel giudice di ferro che difende i più deboli

LE PROTESTE Lavoratori Ilva in corteo per il diritto alla salute

Il racconto

TARANTO — C’è una donna d’acciaio sul cammino dell’Ilva. Anna Patrizia Todisco, 49 anni, da diciannove in magistratura, è l’esatto contrario di chi cerca i riflettori. Minuta, capelli corti e rossi. È un giudice schivo e taciturno che trova conforto nelle sue convinzioni e nei codici. Oggi sembra sola di fronte al diluvio di giudizi, alcuni ingenerosi. Mentre una fetta di Taranto la venera come un’eroina. È nata proprio a Taranto e quando ebbe la possibilità di lasciare la città, preferì rimanerci. Con la sua toga come corazza ha deciso su vicende di violenza sessuale e criminalità organizzata. Riservata sulla sua vita personale, di lei si sa che non è sposata, è

MAGISTRATO Patrizia Todisco, il gip di Taranto

nota invece a Palazzo di Giustizia per il rigore delle decisioni. Ha cominciato al tribunale per i minori, valutando squallide storie di pedofilia e di violenza in famiglia. Nel 2007 spedì in carcere 21 uomini che seviziavano due sorelle disabili. Incidentalmente e per un singolare episodio è entrata anche nella tragedia di Sarah Scazzi. Mentre era in carcere per un altro procedimento, le fu mostrato un foglio siglato da Sabrina Misseri. Riferì tutto alla procura. Con una lettera riservata per restare lontana dalla chiassata mediatica scatenata sul delitto di Avetrana. Sino all’inchiesta Ilva. E alle polemiche di questi giorni. (m.dil.) © RIPRODUZIONE RISERVATA

In città torna la rabbia, ma i sindacati frenano “Niente scioperi finché la fabbrica resta aperta” E il fronte anti veleni replica: “Se non tutelano la salute in piazza scendiamo noi”

TARANTO — Esistono sogni che valgono più di altri? «Io, non dico un sogno, però un po’ di gioia mi sembrava di essermela meritata dopo tutta quella paura: un Ferragosto, a casa, con mio nipote che ha un mese e si chiama come me, Aldo. E la sicurezza del mio posto di lavoro». «Io, invece, il mio sogno a questo punto ha ancora che speranza che venga realizzato: quelle ciminiere biancorosse, quel fumo, io vorrei che quel giorno, chissà, quando nascerà mia figlia, perché sarà femmina, non ci siano più così non sarà costretta nemmeno a vederle». Ecco, a Taranto anche i sogni sono in competizione. Divisi a

alla salute ed è consapevole della responsabilità del lavoro. «Sono preoccupato. Ma non ho perso le speranze: dobbiamo trovare la strada giusta per coniugare il diritto alla salute con il diritto al lavoro», dice ripetendo a memoria la filastrocca estiva. «Ma non è soltanto una frase di rito: l’hanno fatto a Genova, l’hanno fatto in Germania, non

Le tappe

Il sindaco Stefano: “Divisioni assurde, in questa storia si vince o si perde tutti insieme” metà. Aldo, operaio da 28 anni, è pronto a scendere in piazza già oggi se davvero lo stabilimento dovesse essere costretto a chiudere e lui, insieme ad altri 15mila compagni di lavoro, messo in libertà che è un ossimoro tremendo, perché un lavoratore messo in libertà in realtà è come messo all’inferno. Ma è pronta a scendere in piazza per un motivo opposto e contrario anche Alice, che ha 19 anni, e guarda con sorrisi alla banda dell’Ape, quelli che qualche settimana fa fecero caciara durante la manifestazione dei sindacati. «Se la politica si sostituisce alla magistratura, se gli accordi politici vinceranno sulla giustizia, se faranno in modo che l’Ilva non chiuda, diavolo che scendiamo in piazza: noi siamo tarantini. E a differenza del ministro dell’ambiente Clini, i nostri figli e i nostri nipoti vorremmo farli crescere qui». È un bel guaio. Chi ha ragione Aldo o Alice? O meglio: chi scenderà in piazza? «Il rischio è il paradosso: che vadano in piazza tutti e due, perché o si vince tutti o si perde insieme in questa storia». Il sindaco Ippazio Stefano racchiude in sé le contraddizioni di questa città: e non perché è uomo di Sel, partito pacifista, e fino a qualche settimana fa girava con la pistola. Ma perché è medico dei bambini e amministratore, conosce i danni

REPUBBLICA.IT Caso Ilva: speciale su Repubblica Tv, con un'intervista al sindaco di Taranto

capisco perché non dovremmo poterlo fare a Taranto. Bisogna farlo e bisogna farlo in fretta. E soprattutto non si può parlare soltanto di bonifica». Che significa? «L’Ilva rispetti gli impegni presi. E anche lo Stato cominci a fare qualcosa che si tocchi per mano. Per esempio sgomberi le case che si trovano accanto all’Ilva e offra a quella gente i cen-

tinaia di appartamenti demaniali che a Taranto sono da anni murati e vuoti. Si aumentino i posti letto, si curi la gente del Tamburi. La gente deve vedere. Solo così potrò affrontare serenamente il discorso». D’accordo, ma ha ragione la magistratura o ha ragione l’Ilva? «Non tocca a me dirlo. Io penso che ci sia una ragione comune».

IL SEQUESTRO

LA PROTESTA

IL RIESAME

L’ORDINANZA

LA REVOCA

Giovedì 26 luglio il gip Patrizia Todisco pone sotto sequestro l'area a caldo dell'Ilva di Taranto e ordina otto arresti tra dirigenti e proprietari dell'Ilva

Giovedì 2 agosto sciopero dei lavoratori Ilva in tutta Italia. A Taranto alcuni dissidenti contestano i sindacati: “L'azienda ci usa, la salute prima di tutto”

Martedì 7 agosto il Riesame conferma il sequestro degli impianti e nomina custode giudiziale il presidente Ilva Ferrante ordinando il risanamento dell’area

Il 10 agosto il gip emana una nuova ordinanza in cui specifica che in attesa della bonifica, non è prevista “alcuna facoltà d’uso degli impianti a fini produttivi”

L’azienda annuncia subito ricorso. Sabato 11 agosto il gip revoca la nomina di Ferrante a custode dell'area per “palese conflitto di interessi”

I sindacati (con Pd e Pdl) sono convinti che la ragione comune fosse nel percorso intrapreso nelle scorse settimane e che, di fatto, sabato il provvedimento del gip Todisco ha fermato. Gli ambientalisti (con Verdi e Idv) sostengono invece che stia proprio nel nuovo provvedimento di chiusura, la ragione comune: «Ci hanno già preso troppo in giro». «È vero – ammette Donato Stefanelli, segretario della Fiom – l’Ilva non è stato un interlocutore attendibile in tutti questi anni. Hanno scherzato sulla nostra pelle. Ma ora la gestione Ferrante è diversa, gli dobbiamo un apertura di credito. L’Ilva ha inquinato e ora l’Ilva deve rimuovere le cause dell’inquinamento. Però pare sia davvero impossibile farlo con i forni spenti, come chiede il giudice». Oggi quindi si torna in piazza? «No. Dobbiamo essere seri. Abbiamo il dovere di ascoltare oggi cosa vuole fare l’azienda e poi decidere di conseguenza». «La tensione sta arrivando alle stelle, io non so per quanto tempo

L’arcivescovo Santoro: “Prego perché chi ha il potere di decidere eviti il disastro”

LE CIMINIERE L’Ilva di Taranto, il gigantesco stabilimento a rischio chiusura

FOTO: AG/ROMANIELLO

DAL NOSTRO INVIATO GIULIANO FOSCHINI

saremo in grado di tenerli ancora» ammette Saverio Tenerelli, segretario della Fim. «Questo provvedimento sembra una forzatura, quasi una provocazione perché arriva nel momento in cui quel processo di ambientalizzazione davvero si stava realizzando». «Ma per il momento niente azioni clamorose, niente blocchi. Aspettiamo le determinazioni dell’azienda, fin quando i lavoratori continueranno a essere in fabbrica la parola sciopero è un tabù» spiega Aldo Palombella, della Uilm. Lavoro e salute. Aldo e Alice. Tavoli o piazza, trattativa o rivolta. Ha detto l’arcivescovo di Taranto, don Filippo Santoro ieri: «Invoco la Madonna della Salute perché vegli su ogni tarantino e allo stesso tempo sono fiducioso e continuo a pregare lo Spirito Santo perché guidi tutti coloro che hanno responsabilità per tutelare le famiglie dei nostri operai e per evitare quella tanto scongiurata disoccupazione di massa». A ciascuno la sua preghiera. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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LE SCELTEINTERNA DEI PARTITI POLITICA

PER SAPERNE DI PIÙ www.michelavittoriabrambilla.it www.pdl.it

Criticati dai giovani, l’ira dei big Pdl “Fanno i professorini”. Il sindaco di Pavia: manca il rinnovamento CARMELO LOPAPA ROMA — Hanno tentato di seppellire il gotha del partito sotto una risata. Con un’iniziativa goliardica ma molto graffiante: le pagelle di Ferragosto che hanno bocciato e stroncato la gran parte della classe dirigente. Ma la richiesta di cambiamento avanzata dai giovani di #Formattiamoilpdl si infrange ancora contro la chiusura e la profonda irritazione del-

SEGRETARIO

I personaggi

Angelino Alfano segretario del Pdl: i giovani Formattatori hanno bocciato la sua gestione

LA RUSSA “ Anche io in prima media davo i voti ai miei professori e più erano perditempo e indulgenti, più davo loro voti alti”

CATTANEO

IERI SU REPUBBLICA Le pagelle dei formattatori del Pdl: i giovani stroncano i big FOTO: ANSA

la segreteria Alfano, dei coordinatori del partito e di tutti i dirigenti finiti al di sotto della sufficienza. Anzi, tra i berlusconiani — a dispetto di una domenica da politica in vacanza — è partita la caccia al «colpevole». Giro frenetico di telefonate dalle località di mare per capire chi ha stilato il documento pubblicato ieri da Repubblica e poi sul sito dei “formattatori”. A quei giudizi («Alfano un perdente», «Cicchitto simbolo del

vecchio» «Brambilla bestiale», «Romani approfittatore», «Prestigiacomo non pervenuta») in pochi hanno voluto replicare. Il deputato Giancarlo Lehner accusa gli «anonimi formattatori» di scrivere «sotto dettatura di Valducci». Che poi sarebbe un suo collega deputato, sospettato di «intelligenza» con i giovani in questione. Lui ne prende le distanze, dicendosi contrario all’iniziativa, «nel metodo e nel merito». Insomma,

veleni e ombre, in un partito in cui da tempo sono già tutti contro tutti. Bocca cucita dal segretario Alfano. Non vuole commentare il capogruppo Cicchitto che non attribuisce alla pagella «alcuna valenza rappresentativa, dato che la sigla è stata creata da assistenti parlamentari che non a caso tirano acqua al mulino dei loro dante causa». Polemico, ma soft, il coordinatore Ignazio La Russa («Logo-

ro: voto 3»): «Anche io in prima media provavo a dare i punti ai miei professori e davo voti bassissimi a quelli che pretendevano da noi giovani acume e impegno serio. Nulla di nuovo sotto il sole». Mentre il vicecapogruppo Osvaldo Napoli giudica «importante lo stimolo dei giovani, ma i giudizi non sono corretti. La politica non ha età. Ci sono politici giovani che sono negativi ci sono politici vecchi che sono ottimi. Bisogna ave-

Sindaco di Pavia, promotore dei formattatori: “Goliardata, ma il rinnovamento finora è mancato”

BERNINI “Le pagelle segno di vivacità. I giovani fanno il loro lavoro. Tutti gli stimoli graditi, purché edificanti”

re l’umiltà di coniugare le due cose. Di dare a ciascuno il suo. In questo caso non è avvenuto». Il giudizio è molto meno critico da parte dell’ex ministro Annamaria Bernini, (sarà perché promosso con un «Tosta, competente, leale voto 6+»). Dice: «L’iniziativa è la dimostrazione che il Pdl è partito democratico, senza totem e tabù. Le pagelle? Segno di vivacità. I giovani fanno il loro mestiere. Tutti gli stimoli sono graditi, purché costruttivi e edificanti. Detto questo, vorrei vedere come reagirebbe Bersani, se venisse bocciato dai giovani del Pd». Giancarlo Galan, anche lui tra i pochi “promossi” con la sufficienza, invece boccia la goliardata: «Non mi sono mai piaciuti quelli che fanno i professori». Punto di riferimento dei #Formattatori è Alessandro Cattaneo, trentatreenne sindaco pidiellino di Pavia. «Il senso delle pagelle era goliardico — spiega — La lettura che andava data è da ombrellone. Ma ci avevano accusati di criticare la classe dirigente senza fare i nomi. Adesso li abbiamo fatti, ma solo per suscitare riflessioni politiche. E poi, sono trascorsi due mesi e mezzo dalla nostra iniziativa di Pavia, quando il segretario aveva annunciato un percorso di rinnovamento che, ad oggi, è mancato. Noi restiamo un pungolo, democratico e anarchico, democratico e anarchico, come lo è la rete». © RIPRODUZIONE RISERVATA


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POLITICA E ISTITUZIONI INTERNA

LUNEDÌ 13 AGOSTO 2012

Polemica sulla scorta di Fini Cancellieri chiede la relazione

CAMERA Gianfranco Fini

ALBERTO CUSTODERO ROMA — Nove stanze d’albergo a Orbetello per la scorta di Fini, in vacanza sull’Argentario, costo 80 mila euro. La denuncia di Libero scatena una polemica tra il quotidiano della famiglia Angelucci e il presidente della Camera. Il ministro dell’Interno ha chiesto una relazione al capo della Polizia, mentre i finiani, con Italo Bocchino, fanno coincidere il ritorno in campo di Berlusconi con «il recupero della macchina del fango mediatica che tanti danni ha fatto alla politica italia-

“Dubbi sui costi”. Il presidente: niente privilegi ricoperta sono decise autonomamente dai competenti organismi del ministero dell’Interno». Il titolare del Viminale, Anna Maria Cancellieri, a questo punto tirato in ballo direttamente dalla terza carica dello Stato, ha deciso di intervenire chiedendo «al Capo della Polizia un’approfondita relazione sulle modalità del dispositivo di sicurezza predisposto». Il rapporto del prefetto Manganelli è atteso per oggi. Ma dal Viminale sono già trapelate alcune indiscrezioni. La prima, è che la sicurezza di Napolitano, Schifani, Fini e Monti sono stabilite dalla legge di “massima sicurezza”, quella, per fare un esempio, che spetta al procuratore nazionale antima-

Nove stanze d’albergo ad Orbetello pagate per tutta l’estate: 80mila euro na». Tutto ha avuto inizio sabato con un’inchiesta del quotidiano diretto da Belpietro. «I bodyguard di Fini — denuncia Libero — hanno nove stanze pagate dai contribuenti per due mesi e mezzo in un albergo di Orbetello». Ieri il presidente della Camera, in una nota, ha replicato annunciando querela, precisando che «le modalità per garantire la sicurezza della mia persona in ragione della carica istituzionale

L’intervista

Il finiano Della Vedova: disprezzo totale per le istituzioni

“Bastonano Gianfranco perché siamo sotto elezioni” ROMA — «Premesso che io faccio il capogruppo, ma giro in motorino. Senza scorta. E sono felice di poterlo fare. Detto questo....» Detto questo, Benedetto Della Vedova, capogruppo di Fli alla Camera, che giudizio dà a questa faccenda delle stanze prenotate per la scorta del presidente Fini? «È un attacco alla polizia e alle istituzioni. Fini non c’entra nulla. Gli agenti che tutelano la terza carica dello Stato cosa dovrebbero fare? Dormire in auto?» Magari qualche dubbio però se l’è posto, il ministro dell’Interno Cancellieri, dato che ha di-

quello anti-istituzionale. Gli agenti trattati come imboscati proprio dai giornali che usano sempre la retorica delle forze di polizia. Vivono nel culto del capo. E del manganello sugli avversari politici». Torna lo spettro di una campagna in stile casa di Montecarlo? «Io provengo da una storia liberale, radicale. Ma in Fini ho scoperto una persona per bene, curiosa, innovativa. E poi lo hanno rivoltato come un calzino, di lui si sa tutto». Iniziata la campagna eletto-

Imboscati

Hanno fatto passare gli agenti di polizia come degli imboscati sposto un accertamento. «Il ministro fa bene a sgomberare il campo dalla ambiguità. Ma la malafede in chi ha sollevato il caso è palese. Tutti sappiamo che modalità e organizzazione della sicurezza del presidente della Camera, del Senato, dell’ex presidente del Consiglio vengono decisi dagli organi di polizia. Le cariche istituzionali sono soggetti passivi, com’è giusto che sia». Dunque cos’è stata? Una trappola? «Fa tristezza vedere che giornali espressione del centrodestra, Foglio escluso, dopo vent’anni di berlusconismo continuano a mostrare il vero volto:

PER SAPERNE DI PIÙ www.repubblica.it www.camera.it

rale al veleno? «Nel momento in cui si intravede un progetto politico competitivo rispetto all’eterno ritorno di Berlusconi, l’unico riflesso è l’aggressione strumentale». Dice che temono la Cosa Bianca? «La chiamerei la “Cosa seria”. Quanto avvenuto è una ragione in più per costruire un progetto alternativo al centrodestra. Una cosa ambiziosa, nuova, che punti sull’innovazione, il rigore e l’unità. Sulla scia di quello che ha saputo fare Monti, che ha portato serietà e riforme in questo Paese». (c.l.) © RIPRODUZIONE RISERVATA

fia. La seconda, è che le modalità della protezione sono organizzate dall’“ispettorato della Camera”, un ufficio alle dipendenze del Viminale che, però, decide in piena autonomia come proteggere il suo presidente. La protezione di “primo livello” preve-

de scorte numerose in quanto, quando la persona da proteggere si sposta, i bodyguard delle forze dell’ordine sono obbligati a effettuare sopralluoghi preventivi. Fonti vicine a Fini fanno sapere che quella di Fini è una scorta

LADOMANDA CUIFORMIGONI NONRISPONDE Signor presidente, perché non vuole o non è in grado di esibire la distinta bancaria dalla quale risulta che lei ha effettivamente rimborsato a Daccò le spese relative ai capodanni 2008, 2009 e 2010?

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“sottodimensionata” rispetto a quelle delle altre alte cariche: circa dieci uomini contro venti o anche trenta. Confermano inoltre che in questi venti giorni di chiusura estiva di Montecitorio, la scorta effettivamente sta alloggiando in un albergo di Orbetello per proteggere Fini che si trova in vacanza con la famiglia ad Ansedonia. Dicono anche che il leader di Fli, da sempre, mal sopporta di spostarsi sotto protezione. Spesso, infatti, dribbla gli uomini di scorta uscendosene da solo e girando per Roma a bordo della sua Smart, provocando continue proteste degli agenti che, per legge, non devono mai lasciarlo senza protezione. «Dal giorno in cui sono stato eletto — ha sottolineato Fini — non ho mai chiesto, né tanto meno ho mai usufruito di servizi diversi, e men che meno privilegiati e di favore, rispetto a quelli decisi in base alle loro valutazioni dagli uffici della polizia di Stato a ciò preposti». © RIPRODUZIONE RISERVATA


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MEDIO MONDOORIENTE IN FIAMME

PER SAPERNE DI PIÙ www.aljazeera.com http://english.alarabiya.net

Siria, gli insorti resistono ad Aleppo Uccisi due cronisti a Damasco. L’esercito di Assad bombarda Dara’a e Homs VALERIA FRASCHETTI CARRI armati, colpi d’artiglieria, cecchini. Non risparmiano nulla del loro arsenale le truppe di Bashar Assad per cercare di riprendersi i quartieri di Aleppo in cui si nascondono ancora i ribelli, che nonostante la pressione sempre più forte delle forze regolari, mantengono disperate sacche di resistenza. I combattenti dell’Esercito libero siriano, quasi a corto di munizioni e armati perlopiù di fucili e lanciagranate, restano ad al-Shaar, Hananu, Saif-al Dawla, Salaheddin. E, anche se hanno rafforzato il controllo dei villaggi “liberati” verso il confine turco, come quello di Azaz, cruciali nel garantire l’approvvigionamento di farmaci e armi, i lea-

listi continuano a straziare di bombe Dara’a e Homs. È qui, nella città occidentale da cui ieri è fuggito verso la Giordania il vice-comandante della polizia, che si consuma la «carneficina» del giorno denunciata dall’opposizione. Accompagnate dalle temibili milizie shabiha, le forze di Assad si fanno strada a suon di bombe. Per ore. Poi, dagli altoparlanti dei muezzin chiedono ai cittadini di radunarsi di fronte alla moschea di Bilal. Dei 350 che arrivano, dieci vengono giustiziati. Sommariamente, davanti a tutti. «Un massacro avvenuto con la partecipazione dell’Iran», accusa l’Esercito libero siriano promettendo una rappresaglia che «colpirà al cuore» il regime, alleato di Teheran. Magari con un attacco simi-

Il Consiglio nazionale accoglie con favore le aperture di Usa e Turchia sulla no-fly zone

Combattimenti in Siria

le a quello che il 18 luglio straziò quattro alti funzionari della sicurezza siriana, cognato di Assad compreso. Eppure, di fronte alla potenza di fuoco del regime, i ribelli iniziano ad arretrare. Non a caso, il capo del Consiglio nazionale siriano, Abdelbasset Sida, accoglie con favore le aperture di Usa e Turchia sulla possibilità di una “no-fly zone” per aiutarli contro l’aviazione di Damasco. Una soluzione più incisiva, rispetto al fallito piano di pace di Kofi Annan, è auspicata con ogni probabilità anche dalla Lega Araba. Che ieri, a causa dell’assenza per un intervento chirurgico del cruciale capo della diplomazia saudita, ha rinviato la riunione in cui avrebbe dovuto esprimersi sulla nomina da parte dell’Onu del nuovo inviato

speciale per la Siria, l’algerino Lakhdar Brahmini. Nella capitale i ribelli cercano di resistere con metodi da guerriglia, come quelli che ieri hanno innescato intense battaglie nel centro e nel sobborgo settentrionale di al-Tal. Tra i 15 civili morti, c’era anche un ex militare diventato freelance per Al Arabiya. Un altro cronista è stato invece ucciso nella sua casa: la sua “colpa” era di lavorare per l’agenzia ufficiale Sana, megafono di Assad. Con loro sale a cinque il bilancio dei giornalisti uccisi da gennaio in questa guerra in cui informazione e disinformazione sono parte integrante degli arsenali in campo. Reporters sans Frontières ha lanciato un appello perché non siano più presi di mira i giornalisti. © RIPRODUZIONE RISERVATA

La storia

La svolta di Israele ora l’allarme missili verrà dato da un sms Milioni di messaggini se l’Iran attaccherà DAL NOSTRO INVIATO GERUSALEMME — L’allarme in Israele corre sulle onde dei telefonini cellulari. Il Comando militare del fronte interno da ieri sperimenta un sistema d’allerta indirizzato alla popolazione civile: una raffica di sms trillerà su milioni di cellulari nel caso, malaugurato, che s’avverasse un attacco missilistico sul territorio israeliano, o se dovessero verificarsi altre emergenze.Questo non sorprende gli israeliani, uno dei popoli più “cellulare-dipendenti” del pianeta, ai primi posti nella classifica mondiale quanto a numero di apparecchi pro capite, distribuiti fra tutte le classi d’età e sociali. Non si percorre una strada di Gerusalemme o di Tel Aviv senza scontrarsi con folle impegnate in conversazioni telefoniche. La gara d’appalto ufficiale a due nuove compagnie venute a spartirsi il ricco mercato della telefonia mobile è stata seguita con tanta fanfara ed entusiasmo, che i commentatori, sardonici, ne hanno equiparato l’impatto alla firma di un trattato di pace fra

La scheda

Già da ieri gli utenti ricevono allerte in ebraico. Ma per fortuna è soltanto un test ESERCITAZIONI L’attacco con le armi chimiche: una delle tante esercitazioni in Israele

LE MASCHERE In Israele è già cominciata la distribuzione di maschere antigas in caso di attacco

dal Libano piombarono i missili esplosi da Hezbollah durante la guerra di quell’estate. «Siamo tutti cresciuti al suono delle sirene — riflette una giovane israeliana — scandiscono la nostra vita fin dalla nascita. Voi europei non potete capire il peso che hanno su di noi». Tre volte l’anno la vita si ferma anche in tempo di pace per ricordare date storiche, per commemorare i soldati e i civili caduti nei conflitti o vittime del terrorismo. In primavera cade il Giorno dell’indipendenza, in memoria del 14 maggio 1948, la vigilia

della scadenza del mandato britannico. Secondo il calendario ebraico, quel giorno era il 5 Iyar dell’anno 5708. Nella commemorazione dell’Olocausto, Israele si trasforma in un Paese di statue immobili: non un movimento, non una parola per il tempo di quel suono lacerante. Tanta è anche l’angoscia provocata dal sistema, che in alcune aree del Sud si è deciso di modificarlo. Attorno a Sderot, nei luoghi esposti ai razzi da Gaza, gli altoparlanti ora trasmettono due parole chiave: “Tzeva Adom”, per

Arabia Saudita

I MANUALI

Le scritte sui cellulari andranno a sommarsi al sistema delle sirene già in uso israeliani e palestinesi. Sotto il profilo della Difesa, l’allarme andrà a sommarsi al sistema delle sirene già in uso. Ogni cittadino ne conosce il suono: ad esempio nel Sud, in caso di razzi in arrivo dalla striscia di Gaza. Tutti ricordano il suono ossessivo dell’allerta per la guerra del Yom Kippur, nell’ottobre del 1973. Poi durante la prima guerra del Golfo, nel 1991, quando piovvero i missili Scud di Saddam Hussein, nel timore che fossero dotati di armi chimiche. Seminarono il terrore. E ancora: nel 2006,

Ogni israeliano ha ricevuto a casa un manuale di sopravvivenza ad attacchi chimico-biologici

VESTITI SPECIALI Consigliati stivali guanti, buste per neonati, siringhe di atropina e tende da campeggio

“Colore rosso”. Un codice monotono, ripetuto, scelto per attutire l’eco traumatica delle sirene. Ora s’aggiunge l’esperimento dei messaggini. Già da ieri gli utenti di Cellcom, Pelephone e Orange ricevono testi in ebraico con le parole “Fronte domestico, stiamo sperimentando il sistema d’allarme via cellulare”. Nei prossimi giorni toccherà agli utenti di Tel Aviv-Jaffa e Haifa. E di seguito l’intero Paese. Sullo sfondo cresce la preoccupazione di una guerra all’orizzonte. La classe politica si scontra su un eventuale

Una città per le donne: “Così potranno lavorare” RIAD — L’Arabia Saudita progetta la costruzione di una città per sole donne, in modo da rendere compatibili le aspirazioni femminili ad una carriera lavorativa con la divisione dei sessi sulla base di una stretta osservanza della sharia, la legge islamica. Lo scrive il quotidiano britannico Daily mail. La costruzione di Hafuf, la futura città delle donne nell’est del paese, dovrebbe iniziare l’anno prossimo. L’obiettivo è creare 5mila posti di lavoro con industrie tessili, farmaceutiche e alimentari dirette da donne, con personale femminile e linee di produzione dedicate alle donne.

«Sono sicuro che le donne potranno dimostrare le loro capacità», ha detto Saleh al Rasheed, vice direttore del Modon, l’ente industriale saudita, citato dal quotidiano locale al-Eqtisadiah. Anche se le leggi della shariain Arabia, di fatto, non vietano alle donne di lavorare, le cifre mostrano che solo il 15% di loro sono rappresentate nel mondo del lavoro. Lo scorso settembre, il re Abdullah aveva annunciato che le donne potranno votare e candidarsi alle elezioni amministrative nel 2015, ma l'Arabia Saudita LA SHARIA è ancora l'unico Paese al mondo In Arabia Saudita vige la legge della sharia che vieta alle donne di guidare.

attacco alle centrali nucleari di Teheran. Il primo ministro Netanyahu ancora ieri agita lo spettro di un Iran dotato di armi atomiche, e annuncia riunioni bisettimanali per monitorare la difesa civile in caso di guerra. I notiziari riportano le parole di un alto ufficiale: «Mai Israele ha fatto fronte a un rischio di questa portata. Teheran sottometterebbe i suoi vicini, e la sua avanzata sarebbe inarrestabile». Altri, invece, come l’ex premier Ehud Olmert, gettano acqua sul fuoco: «Un attacco all’Iran senza coordinarsi

REPUBBLICA.IT Notizie, foto commenti e reportage sulla Siria sul sito di Repubblica con l’America sarebbe un atto irresponsabile», dice. «Il programma atomico di Teheran non ha raggiunto un livello tale da imporre un’azione né subito e nemmeno nel prossimo futuro». Olmert si dissocia dalla «campagna martellante» di Netanyahu e invita ad ascoltare i militari: «Tutto questo gran parlare dell’inevitabilità di un attacco non rispecchia il pensiero dell’establishment della sicurezza. Vi invito ad ascoltare più da vicino le sue informazioni». (a.v.b.) © RIPRODUZIONE RISERVATA


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IL NUOVO EGITTO MONDO

PER SAPERNE DI PIÙ www.egyptindependent.com www.egypt.gov.eg/english

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Lo scenario

BARBE E STELLETTE LA PROVA DI FORZA TRA I DUE POTERI SULLE RIVE DEL NILO RENZO GUOLO

CAMBIO DELLA GUARDIA Da sinistra, il generale Tantawi e il presidente Morsi di recente nel Sinai

Egitto, Morsi sfida l’esercito licenziato il capo dei militari

I due avversari

Via il generale Tantawi, simbolo della continuità con Mubarak DAL NOSTRO INVIATO ALIX VAN BUREN GERUSALEMME — Il braccio di ferro tra il presidente egiziano Mohammed Morsi e la giunta militare è arrivato a un passaggio cruciale: in un gesto plateale, Morsi liquida, nientemeno, il generale Hussein Tantawi, il leader della giunta, il simbolo di un passato che il nuovo raìs sembra voler azzerare assieme al dominio militare esercitato per oltre un sessantennio sulla società egiziana. Tantawi era stato da poco nominato ministro della Difesa. Assieme a lui, Morsi licenzia un altro degli “eterni generali”: Sami Enan, ex capo delle Forze armate. Lo fa una settimana appena dopo l’attacco a una stazione di polizia nel Sinai, con l’intervento dell’aviazione israeliana e la morte di 16 soldati. Quell’operazione era già costata il posto al ministro dell’Interno, incapace, secondo il presidente, d’aver scongiurato l’attentato nonostante gli avvertimenti dell’Intelligence israeliana. Già una volta Morsi aveva sfidato la classe militare, quando aveva

riunito il Parlamento dissolto per decreto dai generali. In quel caso, la Corte giudiziaria gli aveva bloccato il passo. Aveva ribadito la riduzione dei poteri presidenziali decisa per decreto dalla giunta pochi giorni prima dell’insediamento del rais: lo svuotamento dei suoi poteri, legislativi, finanziari, costituzionali. Ieri il presidente ha azzerato anche quegli emendamenti. Che i rapporti fra il nuovo potere guidato dai Fratelli musulmani, e il regime rimasto ai vertici delle istituzioni dello Stato, si fossero fatti incandescenti era evidente dalla sfida lanciata a Morsi dallo

stesso Tantawi. «L’Egitto non cadrà mai», aveva assicurato al segretario di Stato Hillary Clinton in visita al Cairo. «Appartiene a tutti gli egiziani, non a un gruppo specifico…». Cosa intendesse davvero il capo del Consiglio supremo, era chiaro a tutti: il “gruppo specifico” erano i Fratelli musulmani. Tantawi e Enan, deposti dal loro incarico, ora figurano come “nuovi consiglieri” della presidenza. Al loro posto, si avvicendano due rappresentanti della giunta: il generale Abdellatif Sisi alla Difesa, e Sidki Sobhi a capo delle Forze armate. Non si può dire quali conseguenze avrà l’accelerazione di Morsi. Da

Il caso

Blitz nel Sinai, uccisi 7 miliziani islamisti AL ARISH — Forze di sicurezza egiziane hanno ucciso sette insorti islamisti, e ne hanno ferito un ottavo, durante un attacco ad un covo di militanti nel villaggio di al-Gur, nel Sinai centrale. Lo hanno riferito fonti della sicurezza egiziane. L’Egitto ha avviato una vasta operazione militare e di polizia nel Sinai, dopo che militanti islamici hanno attaccato domenica scorsa una stazione di polizia vicino al confine con Gaza, uccidendo 16 agenti.

un lato, il raìs non può fare a meno della collaborazione dell’esercito. Il Sinai ieri era di nuovo teatro di volenti scontri, mentre colonne di mezzi blindati e centinaia di soldati continuano ad affluire nel Nord, verso la frontiera con Israele. Uno scontro a fuoco nel villaggio di alGoura ha fatto altri sette morti. L’emergenza nel Sinai, la prima “prova del fuoco” per Morsi, tuttavia non mette a tacere le critiche indirizzate al suo governo. In particolare, la stampa egiziana è in agitazione da quando alcuni giornali indipendenti sono stati messi sotto inchiesta con l’accusa “d’incitare alla sedizione” e d’avere vilipeso la figura del presidente. Pochi giorni fa, per gli stessi motivi, sono state bloccate le trasmissioni del canale satellitare Al-Faraeen. Un coro di dissensi ha accompagnato anche le nuove nomine nei media controllati dallo Stato: «Tutti nomi presi dai ranghi dell’Ikhwan, la Fratellanza», protesta la stampa laica, «nel tentativo di islamizzare lo Stato». Il presidente Morsi ha aperto più di un fronte di battaglia. Nel Sinai, come nel Paese. © RIPRODUZIONE RISERVATA

PRESIDENTE Mohamed Morsi, 61 anni, esponente dei Fratelli Musulmani, è presidente dell’Egitto dal 30 giugno 2012

GENERALE Mohamed Tantawi, 76 anni, ex ministro della Difesa e capo dell’esercito, ha guidato l’Egitto dopo Mubarak

ORSI va alla prova di forza con i militari. La decisione del presidente egiziano di rimuovere il ministro della Difesa Tantawi, simbolo della continuità con il regime di Mubarak, è destinata a far salire le tensioni tra i due poteri forti in riva al Nilo: stellette e barbe. Anche perché accompagnata dall’abrogazione della “dichiarazione costituzionale” che, tra l’altro, toglieva il comando delle forze armate al futuro presidente, confiscandolo a favore del ministro della Difesa, ovvero dello stesso Tantawi. È il secondo colpo in pochi giorni, dopo le sostituzioni al vertice dell’intelligence e in alcuni comandi operativi. La scelta di Morsi, che rivendica la legittimazione popolare contro quella, autoproclamata, dei generali — fondata sulla forza del sovrano che decide nello stato d’eccezione — quali «garanti esterni e interni del sistema», accelera la resa dei conti. I decreti d’agosto, promulgati dal primo presidente espressione dei Fratelli Musulmani — che nella circostanza ha “creato diritto”, nominando anche un vicepresidente — sono una risposta a quelli di giugno. Allora furono i generali a assumere il potete legislativo dopo aver sciolto il Parlamento eletto, dominato dalle forze islamiste. Non è detto che i militari non reagiscano. Sin dalla caduta di Mubarak, essi chiedono un ruolo sovraordinato che consenta loro di mantenere un forte condizionamento nella vita politica. E di proporsi, nei confronti di Stati Uniti e Israele, come alfieri della continuità della politica estera. Le decisioni di Morsi ne ridimensionano ora ruolo e ambizioni. A loro volta, i Fratelli Musulmani, che subiscono la pressione salafita e sono impegnati a contenere i malumori interni causati dal loro realistico gradualismo, devono mostrare che aver accettato la democrazia implica anche poter esercitare i poteri che ne derivano. La crisi istituzionale all’ombra della Piramidi non è affatto chiusa.

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MONDO

PER SAPERNE DI PIÙ www.nyc.gov/nypd www.huffingtonpost.com

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Le immagini LA PIAZZA DEI TURISTI Nel video girato da alcuni passanti, Darrius Kennedy, 51 anni, afroamericano, inseguito e poi ucciso dalla polizia nella famosa piazza di New York

REPUBBLICA.IT Sul sito, il video della sparatoria di Times Square

ALBERTO FLORES D’ARCAIS NEW YORK — Erano le tre di sabato pomeriggio e Times Square come sempre era piena di gente. I poliziotti in servizio sulla più celebre piazza di New York hanno fermato un uomo, Darrius Kennedy, afroamericano di 51 anni – capelli lunghi, jeans e camicia bianca – che stava fumando (secondo la versione della polizia) una sigaretta di marijuana. Mentre i poliziotti si avvicinavano, all’angolo tra la 44esima strada e la Settima avenue, ha rimesso in tasca il pacchetto di sigarette e improvvisamente ha estratto un coltello. È stato l’inizio di qualche minuto di panico per centinaia di turisti e curiosi. Mentre gli agenti gli urlavano di deporre il coltello Darrius Kennedy ha iniziato a indietreggiare, brandendo il coltello, prima a piccoli passi, poi di corsa in mezzo alla folla terrorizzata e alle automobili di passaggio: «Prendetemi, sparatemi, sparatemi». Mentre decine di persone riprendevano la scena con cellulari e telecamere una dozzina di poliziotti lo hanno rin-

Ucciso tra la folla a Times Square New York, polizia nella bufera Fumava marijuana e aveva un coltello: il video accusa gli agenti corso, poi all’altezza della 37esima strada sono risuonati secchi una decina di colpi di pistola. Colpito al torace, Kennedy è crollato a terra gravemente ferito. Inutile

Darrius Kennedy, afroamericano di 51 anni, non si era fermato all’alt Ed è polemica la corsa dell’ambulanza, quaranta minuti dopo è stato dichiarato morto al Bellevue Hospital. Una scena da Far West. «Continuava ad agitarsi contro gli

I precedenti AMADOU DIALLO 23 anni, viene ucciso il 4 febbraio 1999 dalla polizia mentre cercava di prendere il portafogli

TIMOTHY STANSBURY 19 anni, impiegato di McDonald’s, viene ucciso per sbaglio da un agente nel 2004 a Brooklyn

SEAN BELL 23 anni, nel 2006 muore a causa di 50 colpi sparati dagli agenti del Queens fuori da un locale notturno

agenti, hanno dovuto sparare perché temevano per la propria vita». Asa Lowe, testimone oculare, difende l’operato della polizia, altri raccontano come i poliziotti gli abbiano intimato più volte di gettare l’arma («poteva prendere qualcuno in ostaggio»), uno racconta che sulla t-shirt bianca di Kennedy c’era scritto “Ninjas killed my family”. Il report della polizia è più dettagliato. Gli agenti hanno tentato di fermare l’uomo prima a parole, poi spruzzandogli contro degli spray urticanti, infine di fronte alla fuga e alla possibilità che potesse colpire passanti o gli stessi poliziotti hanno dovuto sparare. Secondo Paul J. Browne, portavoce

della polizia, l’uomo «continuava ad avanzare contro gli agenti in uniforme, rifiutandosi di consegnare il coltello». Resta qualche dubbio, uno su tutti: c’era veramente bisogno di ucciderlo così? Visto che era praticamente circondato poteva essere catturato senza sparare, o almeno poteva essere colpito non mortalmente? L’uccisione di Kennedy è destinata ad aprire nuove polemiche sulla Nypd. Sull’uso un po’ troppo disinibito delle armi e soprattutto sulla politica del cosiddetto “Stop and Frisk”, la possibilità che hanno i poliziotti di fermare chiunque abbia un atteggiamento sospetto e di perquisirlo. Le organizzazioni per le libertà civili contestano l’uso che se ne fa a New York, dove il 90 e passa per cento dei fermati “sospetti” fanno parte delle minoranze di afroamericani, latinos e asiatici. E nel caso delle donne (stando alle denunce) i poliziotti userebbero lo “Stop and Frisk” per vere e proprie molestie sessuali. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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CRONACA

LUNEDÌ 13 AGOSTO 2012

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Wind Jet, l’ira dei passeggeri traditi Voli sospesi, da Roma a Catania in centinaia accampati negli aeroporti CORRADO ZUNINO ROMA — Precipita la situazione Wind Jet, la compagnia low cost catanese che in pieno agosto ha deciso lo stop dei voli in tutti gli scali serviti. Persone dimenticate a Fiumicino e Venezia, accampate negli aeroporti di Catania e Palermo, sovrapprezzi per essere “riprotetti”, cioè spostati, su altre compagnie italiane (e inglesi), a loro volta affollate per il periodo di vacanze e spesso gravate di debiti pesanti. A Roma Fiumicino i cinque voli Wind Jet siciliani, due per Palermo e tre per Catania, sono stati cancellati. Duecento turisti - la maggior parte israeliani, al rientro a Tel Aviv con un charter della compagnia siciliana dopo aver trascorso una settimana in Italia - sono rimasti bloccati dalle 23 di sabato sera fino alle 18 di ieri. Hanno trascorso la notte dormendo su giacigli di fortuna, sui pavimenti e sulle poltrone del Terminal 3. Le valigie a far da cuscino. Fra loro, diversi bambini. Molti non avevano i soldi per cercare un cambio di compagnia, quasi tutti hanno scoperto del crack della compagnia italiana un’ora e mezza prima di im-

barcarsi. Ad assisterli la società di gestione dello scalo romano, con acqua e panini, e le forze dell’ordine. Sono riusciti a partire con un volo della compagnia Mistral allestito ad hoc per 160 passeggeri. Alitalia è in strutturale overbooking e sono almeno cinquecento i passeggeri su Roma colpiti dal no fly di Wind Jet, società del presidente del Catania Antonio Pulvirenti che ancora nel 2008 con dodici aerei trasportava tre milioni di persone l’anno e la cui crisi è diventata irreversibile dal momento in cui Alitalia - 72 ore fa - ha interrotto ogni trattativa per la sua acquisizione. C’è chi, un impren-

penaghen, Mosca e San Pietroburgo, Kiev, Bucarest, Praga, Berlino). In 370 sono rientrati con Alitalia dal Marco Polo di Venezia, 60 erano in attesa dalla notte precedente. Ancora 60 turisti da Pisa sono stati spostati con i pullman sugli aeroporti di Firenze e Bologna. Altri 200 hanno trascorso la notte

nelle sale amiche di Punta Raisi, a Palermo: «Nessuno ci ha prenotato un albergo, nessuno ci ha detto quando saremmo ripartiti». Preso d’assalto l’aeroporto Fontanarossa di Catania, dove la Wind Jet copriva il 25 per cento delle partenze: si sono precipitate persone che hanno il volo di ritorno prenotato fra diversi giorni, anche dopo Ferragosto, tutte preoccupate per i loro rientri. Roberto Alesse, presidente dell’Autorità di garanzia sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali, esprime perplessità sulla rottura della trattativa con Alitalia in agosto, periodo protetto. Le associa-

zioni consumatori stanno allestendo class action ipotizzando la truffa per il "surplus riprotezione". La Fiavet, l’associazione delle imprese di viaggi, ricorda che per casi come questi esiste un fondo di garanzia alimentato dalle assicurazioni. L’Enac, l’aviazione civile, si difende dicendo che non poteva fermare la vendita di biglietti né sospendere la licenza a Wind Jet «perché avremmo compromesso una trattativa in corso». Il governo ha convocato un incontro, domani al ministero dello Sviluppo economico. Ci sono ottocento posti di lavoro in ballo.

denunciato che per imbarcarsi sul Mosca-Pisa Alitalia gli ha chiesto un sovrapprezzo di 250 euro a persona. «Prenotando in anticipo per risparmiare», i quattro membri della famiglia De Bari avevano

speso con Wind Jet 608 euro. «Per tornare a casa ci siamo visti chiedere altri 1.200 euro, salvo poi ottenere in extremis la riduzione prevista per la nostra bimba di un anno». Il regolamento comunitario 261 del 2004 prevede in realtà che sia il passeggero ad avere diritto a una compensazione in caso di cancellazione del volo. Con la Wind Jet sulla via del fallimento, questo sarà arduo. Ma il presidente dell’Enac Vito Riggio chiede che ai viaggiatori venga almeno resti-

“Ho pagato il doppio per imbarcare la mia famiglia, mi sento truffato”

Duecento turisti israeliani sono rimasti venti ore senza sapere come tornare a casa

ditore residente a Massa Carrara, per far rientrare da Mosca la famiglia di quattro persone ha versato 1.200 euro in più (oltre al pacchetto Wind Jet già pagato di 608 euro). Migliaia i passeggeri furiosi ed esausti fra Roma, Palermo e Catania, Torino, Pisa e Rimini nonché negli scali per i rientri (Parigi e Co-

© RIPRODUZIONE RISERVATA

IN ATTESA Passeggeri della compagnia Wind Jet in attesa all’aeroporto di Fiumicino. Nella notte tra sabato e domenica in 200 hanno dormito al Terminal 3

L’Enac: rimborsare il sovrapprezzo. Pronte le class action

Il caso

Ma ripartire è un salasso scattano aumenti record La giungla dei balzelli per avere un altro posto ELENA DUSI ROMA — Ad accollarsi in parte i costi del fallimento Wind Jet saranno alla fine i passeggeri. Per partire nonostante tutto, i viaggiatori hanno infatti la possibilità di imbarcarsi su un aereo di un’altra compagnia nazionale. Solo però pagando un sovrapprezzo, che per i voli nazionali si aggira attorno agli 80 euro, variabili a seconda del vettore (Meridiana definisce “prezzo di lancio” i suoi 86 euro e Blue Panorama offre ai viaggiatori un “trattamento straordinario” da 75 euro), ma che ha raggiunto i 250 euro per alcune tratte internazionali. Secondo l’Adoc, Associazione per la difesa e l’orientamento dei consumatori, le 300mila persone rimaste con un biglietto Wind Jet in mano finiranno col pagare un sovrapprezzo di 30 milioni di euro per raggiungere le loro destinazioni nonostante il fermo dei voli della compagnia siciliana in vigore da domenica. L’Enac, Ente nazionale per l’aviazione civile, parla di “rimodulazione dei voli” e di “riprotezione” dei viaggiatori. Le 5 compagnie nazionali (Alitalia, Meridiana, Livingston, Blue Panorama e Neos) hanno organizzato da ieri voli aggiuntivi notturni, i cui orari sono consultabili su www.enac.it. Anche gli aeroporti serviti da Wind Jet hanno accettato di fare gli straordinari per alleviare i disagi dei passeggeri. Ma la rete di protezione avrà un costo non indifferente per i viaggiatori, e le associazioni per i diritti dei consumatori hanno annunciato battaglie a colpi di class action e denunce in pro-

cura. L’accordo tra Enac e compagnie di volo prevede che ogni passeggero con un biglietto Wind Jet acquistato fino al 10 agosto possa acquistare un “volo di riprotezio-

ne” pagando un sovrapprezzo di circa 80 euro. «Praticamente un nuovo biglietto» protesta Federconsumatori. Ma l’intesa vale solo per le tratte nazionali. Per quelle estere le compagnie aeree re-

stano libere di pretendere qualunque cifra, con Alitalia che concede addirittura il “pagamento rateizzato per importi superiori ai 500 euro”. L’imprenditore di Massa Carrara Antonio De Bari ha

I punti

Dopo 92 anni di vita intensa e piena di affetti ci ha lasciato

Pablo Amati piange la scomparsa del

Colomba Caccioppoli Perozzi

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I voli alternativi Altre cinque compagnie nazionali hanno previsto voli aggiuntivi notturni per far volare i passeggeri WindJet rimasti a terra

Il sovrapprezzo Per imbarcarsi con un’altra compagnia, i passeggeri col biglietto Wind Jet devono pagare un sovrapprezzo dai 75 agli 86 euro

Le tratte estere

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Il sovrapprezzo di 80 euro concordato con l’Enac riguarda solo i voli interni. Per le tratte estere le compagnie chiedono fino a 250 euro

Il conto finale

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Il surplus di costo sostenuto dai 300mila passeggeri della Wind Jet rimasti senza un volo raggiungerà alla fine i 30 milioni di euro

Giuditta, Ettore, Elena, con Umberto, Teresa, Paolo e i nipoti Ruggero, Elisa, Elettra, Eugenia, Emilia. Un ringraziamento a tutto lo staff del Nomentana Resort per l’assistenza amorevole e professionale. Roma, 13 agosto 2012 Ippolita con Francesco e Alessandra, Margherita con Giulia e Francesca, si stringono con immenso affetto a Sancia, Andrea, Caterina, Fiammetta, Elisa, Valeria e Livio nel ricordo del loro amato

Romano Costa Roma, 13 agosto 2012 Massimo, Fausta, Niccolò e Luisa, addolorati per la perdita del carissimo amico di sempre

Romano Costa

carissimo amico

Romano Costa e abbraccia con tanto affetto Sancia, Andrea, Caterina con i loro compagni e figli partecipando al loro enorme dolore. Roma, 13 agosto 2012

Antonio Pinchi Angelo ti siamo vicini. Marco, Cristiana, CarloEmilio Roma, 13 agosto 2012

Giovanna Mondaini Ti ricordiamo forte e generosa, e ti abbracciamo forte.

abbracciano con affetto Sancia, Andrea e Caterina Roma, 13 agosto 2012

Franco, Andrea, Alessio e Penny. Roma, 13 agosto 2012

ACCETTAZIONE TELEFONICA NECROLOGIE

800.700.800

Il servizio è operativo TUTTI I GIORNI COMPRESI I FESTIVI DALLE 10 ALLE 19:30 PAGAMENTO TRAMITE CARTA DI CREDITO: VISA, MASTERCARD, CARTA SÌ

Operatori telefonici qualificati saranno a disposizione per la dettatura dei testi da pubblicare Si pregano gli utenti del servizio telefonico di tenere pronto un documento di identificazione per poterne dettare gli estremi all’operatore (ART. 119 T.U.L.P.S.)

A.MANZONI&C.

La tragedia

Poliziotto travolto e ucciso sulla A14 soccorreva feriti FANO — Stava portando in vacanza la moglie e i figli quando si è fermato a soccorrere dei turisti francesi in difficoltà ed è stato travolto da un’auto sulla A 14 a Fano. Ha perso così la vita Antonio Crisafulli, 50 anni, messinese, ispettore di polizia del commissariato di Sesto San Giovanni. Aveva scavalcato il new jersey per soccorrere i tre turisti la cui auto si era capovolta. Una macchina di passaggio ha schivato l’agente fuori servizio, ma poi, tamponata da una seconda vettura, nel testacoda ha travolto Crisafulli, uccidendolo sul colpo. Il tamponamento a catena ha coinvolto 4 vetture, con due adulti e un bambino feriti in modo non grave. Alla scena hanno assistito la moglie del poliziotto e i figli di 14 e 4 anni.

Cinque compagnie offrono “passaggi” anche notturni ma le tariffe sono discrezionali tuito il sovrapprezzo: «Il nostro ente sarà rigoroso sui rimborsi». Adiconsum, attraverso il segretario Pietro Giordano, chiede l’istituzione di un fondo di garanzia capace di proteggere i viaggiatori in caso di fallimento di un vettore: «Chiediamo un fondo paritetico presso l’Enac alimentato con 50 centesimi a tratta a carico delle compagnie». Di «figura imbarazzante per il nostro paese» parla Nardo Filippetti, neopresidente di Astoi Confindustria Viaggi: «Il fondo di garanzia è ormai un’impellente necessità. È quasi ingannevole parlare di riprotezione nel momento in cui si chiede ai consumatori di pagare. Anche perché le difficoltà di Wind Jet erano ampiamente note. E non da ieri». © RIPRODUZIONE RISERVATA


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ATTUALITÀ

PER SAPERNE DI PIÙ www.salute.gov.it www.fecondazioneassistita.com

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Caro bimbo in provetta un superticket da 500 euro per diventare genitori Bufera in Toscana. “Così la fecondazione è solo per ricchi” (segue dalla prima pagina)

MARIA NOVELLA DE LUCA ARO-bebè. Per le coppie “in attesa” una doccia fredda. Anche sei i costi resteranno sempre molto inferiori alle tariffe delle strutture private, che in Italia sono il 56,6% del totale, e quasi tutte concentrate al Sud. Ma il superticket riapre il dibattito su come debba considerarsi, oggi in Italia, l’infertilità. E quanto dunque lo Stato debba sostenere economicamente le coppie e le donne che per avere un bambino devono sottoporsi, spesso più di una volta, a cicli di stimolazioni ormonali, inseminazioni, o fecondazioni in vitro. In una situazione dove ancora l’accesso alle tecniche disegna un’Italia divisa in due, con intere aree del Sud prive di centri pubblici e con leggi e regolamenti radicalmente diversi da regione a regione. Rari i centri anche nel

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Ma è tutta la regolamentazione della “provetta” ad essere confusa e di difficile lettura, tra i mille divieti (poi caduti) della legge 40, alle regolamentazioni diverse tra le regioni. A cominciare appunto

dai ticket. Perché se in Lombardia le tecniche di procreazione medicalmente assistita sono del tutto gratuite, in Piemonte il ticket è molto simile a quello toscano. «Ed è giusto che sia così», dice Al-

berto Revelli, che dirige il reparto di Fecondazione Assistita dell’ospedale Sant’Anna di Torino, «è il minimo indispensabile per coprire i costi vivi di una Fivet, che non è un prestazione salvavita, ed

è naturale che l’ospedale non ci rimetta». Una fecondazione in vitro, spiega ancora Revelli, «costa all’ospedale 850 euro a tentativo, la Regione ne rimborsa 350, è legittimo che la coppia paghi gli altri 500, e non dovrebbero esserci a mio parere nemmeno esenzioni per reddito». Insomma, per avere un figlio, si può anche sostenere un ticket di 500 euro, considerando che nei centri privati se ne pagano, «almeno 3.500». Eppure ci sono regioni dove è ancora tutto completamente gratuito. L’Emilia Romagna, ad esempio, dove ci sono alcuni tra i centri più famosi d’Italia, e la Lombardia. Guido Ragni, ginecologo famoso, che per anni ha diretto il Centro di Sterilità della clinica Mangiagalli di Milano, sostiene però che «la gratuità di queste prestazioni è ormai insostenibile, non è giusto fare le Fivet gratis e poi non avere i soldi per pagare le chemioterapie o le cure di bambini con la leucemia». I tempi so-

Da 100 si passerà anche a 700 euro In Lombardia l’intervento resta gratuito

Ma in gran parte del Sud la Fivet non viene neppure attuata in strutture pubbliche

Lazio. Per la Toscana però, meta da sempre di immigrazione da tutta Italia di coppie in cerca di un figlio, il superticket è una vera e propria rivoluzione. Ma per l’assessore alla Sanità, Luigi Marroni, in giorni di spending review, «la richiesta di una compartecipazione alle spese è l’unico modo per tenere alta la qualità del servizio, così come è sempre stato». Forse. Eppure tra le associazioni, nei forum delle coppie in cerca di un bimbo, la delusione è forte. «Purtroppo devo dire che la Toscana, che è stata l’unica regione ad aver veramente aperto la porta sulla fecondazione assistita, questa volta ha fatto un passo indietro», ha commentato Monica Soldano, presidente di “Madre Provetta”. «L’infertilità è considerata ancora qualcosa di secondario, al pari di un problema estetico. La Toscana ha il merito di essere stata la prima regione a trattarla come una questione di salute. Adesso purtroppo qualcosa è cambiato».

no amari, difficili, ma per Guido Ragni, il vero “scandalo” della provetta in Italia non sono i superticket, che auspica arrivino anche in Lombardia, ma «l’inaccessibilità alle cure per i pazienti di un’enorme parte d’Italia, l’intero Sud, dove il ciclo delle tecniche di riproduzione è tutto in mano ai privati...». Sconfortate invece le voci sui forum delle aspiranti mamme. Giada: «Nei centri pubblici le liste d’attesa sono spaventose, e spesso i cicli si devono ripetere. E già oggi tra esami, ecografie, farmaci, per ogni tentativo ci vogliono almeno duemila euro. Io sono già al secondo e devo riprovare, se alzano i ticket come farò?». «La verità — scrivono Carlo ed Anna — è che ci considerano malati di serie B. Eppure ci sono ormai milioni di italiani infertili, migliaia di coppie che non riescono ad avere figli. Se bisogna spendere così tanto e aspettare mesi, allora è meglio andare all’estero...».

MANUTENZIONI PATRIMONIALI RAVENNA S.R.L.

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LETTERE,COMMENTI&IDEE

COMPLICITÀ DA EVITARE

PER SAPERNE DI PI www.demos.it www.repubblica.it

QUANDO L’IMPRENDITORE SI SENTE OPERAIO ILVO DIAMANTI (segue dalla prima pagina)

GIOVANNI VALENTINI (segue dalla prima pagina) on è certamente una responsabilità che si può imputare al governo in carica. Le colpe, a livello nazionale, regionale e locale, risalgono indietro negli anni. E derivano da un modello di industrializzazione selvaggia che ha prodotto le cosiddette “cattedrali nel deserto”, compromettendo l’ambiente e le condizioni di vita in molte aree del Mezzogiorno d’Italia. Ma quale sviluppo è quello che inquina, avvelena e uccide centinaia di operai, insieme a tanti cittadini, uomini, donne e bambini, anche oltre i cancelli di una fabbrica? È lecito privilegiare il sacrosanto diritto al lavoro rispetto al fondamentale diritto alla sopravvivenza? E in una società che pretende di definirsi civile, si può ancora attuare il ricatto fra il salario e la salute, come dire o la borsa o la vita? L’inventario dei danni, secondo la perizia epidemiologica della Procura, assomiglia purtroppo a un bollettino di guerra: in 13 anni, 386 decessi attribuiti alle responsabilità dell’Ilva; 237 casi di tumore maligno, di cui 17 in età pediatrica; 247 eventi coronarici; 937 ricoveri ospedalieri per malattie respiratorie, in gran parte tra i bambini. Nel frattempo, in un raggio di 20 chilometri, è stato necessario vietare l’agricoltura a causa dell’inquinamento; abbattere tremila capi di bestiame; chiudere decine e decine di masserie, licenziando 600 contadini. Di fronte a un disastro di tale portata, la magistratura non poteva regolarsi diversamente. Avrebbe commesso un’omissione d’atti d’ufficio. Ma nel corso degli anni quel reato l’ha commesso senz’altro sul piano morale la classe politica, a Roma, a Bari e a Taranto, che non ha visto o ha fatto finta di non vedere. E sarà bene che il governo dei tecnici, nell’apprezzabile tentativo di trovare una soluzione d’emergenza, oggi non se ne renda complice, andando allo scontro frontale con la magistratura. Ancor più inaccettabile è l’atteggiamento dell’azienda. Per un giudizio definitivo, bisognerà rimettersi ovviamente a una sentenza che accerti i fatti e le responsabilità. Ma intanto la minaccia di sospendere la produzione in tutti gli stabilimenti del gruppo è una sfida da respingere con fermezza. E a Taranto, in attesa degli interventi di bonifica e adeguamento ambientale, agli operai va garantita comunque la continuità salariale, se non altro a titolo di copertura retroattiva per i pericoli a cui sono stati inconsapevolmente sottoposti. Nell’assurda alternativa fra lavoro e salute, questo diventa dunque il paradigma di uno sviluppo sostenibile che deve rispettare innanzitutto la dignità della persona. Dalla Thyssen di Torino all’Ilva di Taranto, passando per le migliaia di industrie, cantieri e capannoni dove una crudele contabilità quotidiana continua a registrare le cosiddette “morti bianche”, non si può morire per lavorare o, viceversa, lavorare per morire. Cioè mettere a rischio la propria vita, e indirettamente quella dei propri figli, per guadagnarsi onestamente un posto o una paga. Se è vero – come dice la Cgil – che è possibile salvare lavoro e ambiente, e ancor più dell’ambiente la salute della collettività, allora è doveroso ricercare tutte le soluzioni praticabili per accelerare la messa in sicurezza dell’impianto, provvedere alle opere di bonifica e ripristinare al più presto le condizioni di sicurezza. L’ordine delle priorità è stabilito dal diritto naturale prima che dalle leggi o dai codici. E una sinistra autenticamente riformista, eco-democratica, impegnata nella difesa ambientale come “politica generale”, deve stare bene attenta a non confondersi su questo terreno con una destra interessata a salvaguardare innanzitutto il profitto e magari la speculazione.

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FONDATORE EUGENIO SCALFARI DIREZIONE Ezio Mauro direttore responsabile vicedirettori Gregorio Botta, Dario Cresto-Dina, Massimo Giannini, Angelo Rinaldi (art director) caporedattore centrale Fabio Bogo, caporedattore vicario Massimo Vincenzi, caporedattore internet Giuseppe Smorto GRUPPO EDITORIALE L’ESPRESSO Spa Consiglio di amministrazione Presidente: Carlo De Benedetti Amministratore delegato: Monica Mondardini Consiglieri Agar Brugiavini, Rodolfo De Benedetti, Giorgio Di Giorgio, Francesco Dini, Sergio Erede, Mario Greco, Maurizio Martinetti, Elisabetta Oliveri, Michael Zaoui, Tiziano Onesti, Luca Paravicini Crespi Direttori centrali Pierangelo Calegari (Produzione e Sistemi informativi), Stefano Mignanego (Relazioni esterne), Roberto Moro (Risorse umane) Divisione Stampa Nazionale - Via Cristoforo Colombo, 98 - 00147 Roma Direttore generale: Corrado Corradi - Vicedirettore: Giorgio Martelli REDAZIONI Redazione centrale Roma 00147 - Via Cristoforo Colombo, 90 - tel. 06/49821 ● Redazione Milano 20139 - Via Nervesa, 21 - tel. 02/480981 ● Redazione Torino 10123 - Via Bruno Buozzi, 10 - tel. 011/5169611 ● Redazione Bologna 40125 - Via Santo Stefano, 57 - tel. 051/6580111 ● Redazione Firenze 50121 - Via Alfonso Lamarmora, 45 - tel. 055/506871 ● Redazione Napoli 80121 - Riviera di Chiaia, 215 - tel. 081/498111 ● Redazione Genova 16121 - Via XX Settembre, 41 - tel. 010/57421 ● Redazione Palermo 90139 - Via Principe di Belmonte, 103/c - tel. 091/7434911 ● Redazione Bari 70122 - Corso Vittorio Emanuele II, 52 - tel. 080/5279111. PUBBLICITÀ A. Manzoni & C. - Via Nervesa, 21 - 20139 Milano TIPOGRAFIA Rotocolor SpA - 00147 Roma, Via Cristoforo Colombo, 90 STAMPA - Edizioni teletrasmesse: ● Bari Dedalo Litostampa srl - Via Saverio Milella, 2 ● Catania ETIS 2000 Spa - Zona Industriale VIII strada ● Livorno Finegil Editoriale - Via dell’Artigianato ● Mantova Finegil Editoriale presso Citem Soc. Coop. arl - Via G. F. Lucchini ● Paderno Dugnano (MI) Rotocolor SpA - Via Nazario Sauro, 15 ● Padova Finegil Editoriale - Viale della Navigazione Interna, 40 ● Roma Rotocolor SpA - Via del Casal Cavallari, 186/192 ● Salerno Arti Grafiche Boccia SpA - Via Tiberio Claudio Felice, 7 ● Sassari “La Nuova Sardegna” SpA - Zona Industriale Predda Niedda Nord Strada n. 30 s.n.c. ● Gosselies (Belgio) Europrinter S.A. - Avenue Jean Mermoz ● Toronto (Canada) “Newsweb Printing Corporation”, 105 Wingold Av. ● Norwood (New Jersey) 07648-1318 Usa - “Gruppo Editoriale Oggi Inc.”, 475 Walnut Street. ● Malta Miller Newsprint Limited - Miller House, Airport Way - Tarxien Road - Luqa LQA 1814 ABBONAMENTI Italia (c.c.p. n. 11200003 - Roma): anno (cons. decen. posta) Euro 403,00 (sette numeri), Euro 357,00 (sei numeri), Euro 279,00 (cinque numeri). Tel. 199 787 278 (0864.256266 da telefoni pubblici o cellulari). E-mail: abbonamenti@repubblica.it Arretrati e servizio clienti: www.servizioclienti.repubblica.it, e-mail: servizioclienti@repubblica.it, tel. 199 787 278 (0864.256266 da telefoni pubblici o cellulari) gli orari sono 9-18 dal lunedì al venerdì, il costo massimo della telefonata da rete fissa è di 14,26 cent. al minuto + 6,19 cent. di Euro alla risposta, IVA inclusa.

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La tiratura de “la Repubblica” di domenica 12 agosto 2012 è stata di 615.513 copie

unto di forza del nostro sistema bancario. L’aspetto, forse, più significativo della “crisi sociale” italiana, però, riguarda l’impresa. In particolare, di piccola dimensione. Visto che, in Italia, le piccole imprese hanno un’incidenza molto ampia. Sono, infatti, circa 60 ogni 1000 abitanti, mentre la media europea è intorno a 40 (Istat su dati della Commissione Europea 2009). Gli italiani. Un popolo di santi, poeti e navigatori. Ma anche di imprenditori. Soprattutto dopo il declino della grande impresa metropolitana del Nord-Ovest, sostenuta dallo Stato. Identificata dalla Fiat. Negli ultimi trent’anni, invece, lo sviluppo è stato trainato dalla piccola impresa, diffusa nel Nord-Est e nelle regioni dell’Italia Centrale ma anche del Centro-Sud adriatico. Un fenomeno socioeconomico che ha improntato l’identità nazionale. Dentro e fuori i confini. L’imprenditore, dagli anni Ottanta, ha smesso di essere il padrone. È diventato, a sua volta, lavoratore. Autonomo. Mito e modello di mobilità sociale, in un Paese dove molti lavoratori dipendenti ambivano a divenire anch’essi lavoratori in-dipendenti. Padroni — di se stessi. Un Paese dove l’impresa individuale e familiare ha continuato a moltiplicarsi. Un Paese di artigiani e commercianti, oltre che di industriali. Affollato da titolari di aziende meccaniche, tessili, edili, calzaturiere, chimiche e siderurgiche. Ma anche da informatici, tassisti, commercianti, commercialisti, ristoratori e parrucchiere. Tutti “imprenditori”. Un universo ampio, fluido. E frammentato. Anche per questo, negli ultimi trent’anni, la cosiddetta “concertazione” ha avuto tanta importanza. Perché non solo le organizzazioni dei lavoratori dipendenti, ma anche quelle degli imprenditori e dei lavoratori autonomi, avevano, anzi, hanno, grande presenza e influenza sociale. Fra lavoratori dipendenti e indipendenti, autonomi e imprenditori, vi sono ampi margini di sovrapposizione. Confini mobili. D’altronde, la Seconda Repubblica è sostanzialmente fondata sull’imprenditore, come mito e come realtà. La Lega: ha dato visibilità alle riven-

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dicazioni delle aree di piccola impresa del Nord. Mentre Silvio Berlusconi ha incarnato il mito dell’imprenditore all’italiana. Che si è fatto da sé. Lo ha sceneggiato e rappresentato. In tutti gli ambiti e in tutti i linguaggi. Dai media allo sport. Dal costume all’a-morale pubblica. Gli italiani, d’altra parte, concepiscono la propria differenza e specificità rispetto agli altri popoli anzitutto nell’arte di arrangiarsi (Indagine Demos per Intesa-Sanpaolo, marzo 2011). Che, come ho scritto altre volte, non si può ridurre a mera furbizia. Ma si traduce anche in arte, appunto. Capacità creativa. Che permette di adattarsi e di reagire, in fasi critiche come questa. Attraverso soluzioni impreviste e innovative. Le sofferenza delle imprese italiane, in questa fase, vanno, dunque, valutate con attenzione. Perché potrebbero prefigurare un cambiamento di ciclo sociale, oltre che economico. Dagli esiti difficilmente prevedibili. I segnali, in tal senso, sono numerosi. Sotto il profilo delle statistiche economiche, è in atto, ormai da anni, un calo assoluto del numero di imprenditori: 25 mila in meno nel 2011 rispetto al 2010, ma 170 mila rispetto al 2004 (Fondazione R.Te. Imprese Italia su dati Istat). Nel 2012, peraltro, si è verificato un calo delle nuove imprese. In particolare, come segnalato su la Repubblica (fonte InfoCamere), appare sensibile il declino dei giovani imprenditori (ma anche delle imprenditrici). Le associazioni di categoria, inoltre, denunciano le crescenti difficoltà della piccola distribuzione e, in particolare, degli alberghi e dei ristoranti, molti dei quali, nell’ultimo anno, hanno chiuso o stanno chiudendo. La stessa enfasi dedicata dai media ai suicidi di piccoli imprenditori e di lavoratori autonomi, al di là della misura del fenomeno (non troppo diversa rispetto agli anni precedenti), denuncia la drammatizzazione del fenomeno nella percezione sociale. È, peraltro, evidente il disagio dell’imprenditore sul piano “politico”. Lo rivela il declino dei soggetti che ne hanno assunto — e propagandato — l’immagine. La Lega e, soprattutto, Berlusconi: il Presidente imprenditore a capo del Partito-im-

presa. Ma si riflette anche nella crescente difficoltà delle organizzazioni imprenditoriali, sul piano della rappresentanza. Per prima Confindustria. Indebolita, ovviamente, dalla crisi della base associativa. Ma anche dalla scelta di alcune imprese di non aderire. Di rappresentarsi da sole. Per prima la Fiat di Marchionne. Protagonista e interprete dell’impresa italiana fino a poco tempo fa. Ma i problemi di rappresentanza di cui soffrono le organizzazioni di categoria — e in particolare Confindustria — si traducono, in modo esplicito, nel difficile rapporto con il governo. — Ieri, con il governo Berlusconi, il Presidente Imprenditore: accusato di aver tradito la sua missione. La propria identità. — Negli ultimi mesi, con il governo tecnico. Come sottolinea, da ultimo, la polemica in merito alla spending review che ha opposto Giorgio Squinzi — nuovo presidente degli industriali — e Mario Monti. Il quale ha, peraltro, indicato — e denunciato — nella concertazione il principio della crisi del Paese. Dimenticando quanto quel sistema di relazioni abbia contribuito a cementare la società e le istituzioni nei primi anni Novanta, quando la Prima Repubblica affondava, insieme ai conti dello Stato. Insomma, se le imprese italiane soffrono, soffre anche l’imprenditore, principale riferimento di questa società “cetomedizzata”, come la definisce Giuseppe De Rita (da ultimo ne L’Eclissi della borghesia, scritto insieme ad Antonio Galdo e pubblicato da Laterza). In questo Paese, dove la borghesia innovativa e riformatrice ha, storicamente, occupato uno spazio limitato. Inadeguato a promuovere la modernizzazione. Gli imprenditori: piccoli e piccolissimi. I lavoratori autonomi. Hanno, invece, ingrossato il Paese “medio”. Dove coloro che si sentono “ceto medio” (sondaggio Demos-Coop, aprile 2012), dal 2006 a oggi, si sono ridotti, anzi, sono crollati, dal 60% al 40%. In Italia, se anche gli imprenditori si sentono di ceto medio-basso e si dichiarano “classe operaia”: chi reagirà alla crisi? E soprattutto, chi spingerà la ripresa? © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIÙ CORAGGIO PER IL MANTRA DEL DEBITO ALESSANDRO DE NICOLA (segue dalla prima pagina) entre il valore di quest’ultimo, in termini assoluti, dovrebbe essere di poco superiore ai 1600 miliardi di euro (con il debito che sfiorerebbe i 2000 miliardi). Il ministro ha espresso dei concetti ragionevoli: se si assume una crescita nei prossimi 5 anni del Pil nominale del 3% (2-2,5% di inflazione, 0,5-1% di crescita reale), se (ma come direbbero gli inglesi questo è un “Big if”) il bilancio annuale dello Stato chiuderà in pareggio (quindi il debito non aumenta) e contemporaneamente si procede ad alienazioni di beni pubblici ad un ritmo di un controvalore dell’1% di Pil l’anno (16-18 miliardi), alla fine del periodo 20132017 il debito dell’Italia dovrebbe attestarsi intorno al 100% del Pil, soglia psicologica che segnalerebbe agli investitori l’affidabilità del Sistema Italia. Abbattere il debito pubblico è fondamentale per due motivi. In primis diminuirebbe il peso degli interessi. Se il totale scendesse di 100 miliardi, economizzeremmo circa 4,5-5 miliardi all’anno, vale a dire lo 0,27-0,30 % del Pil e ciò avrebbe effetti positivi anche sul conto economico dello Stato aiutando a raggiungere il pareggio di bilancio. Il secondo è che il mercato non reclamerebbe interessi così alti come gli odierni. Se i creditori hanno più fiducia nella capacità del governo di Roma di restituire quanto prestatogli e quindi il tasso di interesse del Btp decennale scende dal 6% al 4% o magari al 3%, il risparmio è notevole. Un punto percentuale di interessi in meno equivale infatti a salvare quasi 20 miliardi all’anno nel lungo periodo. Tralasciamo il fatto che forse bisognerebbe porsi obiettivi un pochino più ambiziosi, sia sotto il profilo della crescita che di quello delle privatizzazioni, e iniziamo dal punto di partenza indicato da Grilli cercando di capire come raggiungere questo obiettivo minimo. Cominciamo dall’ipotesi Alfano-

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Brunetta presentata in pompa magna alla stampa qualche giorno fa. Qui la difficoltà sta nel comprendere cosa vogliano esattamente i proponenti. Si è capito che vogliono vendere beni pubblici per un totale di 400 miliardi per portare il rapporto debito/Pil sotto il 100% entro 5 anni e abbassare la pressione fiscale di 5 punti percentuali. Ora, come abbiamo visto, alienare il patrimonio statale non basta ad abbassare la pressione fiscale. 100 miliardi equivalgono a risparmiare lo 0,3 di Pil. E parliamo di 100 miliardi, non 400, perché sul sito del Pdl, lo stesso Alfano precisa che pensa di vendere 1520 miliardi l’anno escludendo le quote azionarie delle solite aziende “strategiche” e dimostrando quindi grande ottimismo sulle capacità del mercato di assorbire tutto questo ben di Dio fatto di soli immobili (Brunetta insiste che invece si piazzeranno asset per 400 miliardi in 5 anni, mah). Per diminuire le tasse bisogna tagliare la spesa: spiacente ma nemmeno Magic Silvio è riuscito ad eludere questa verità. La metodologia scelta è pure dubbia: conferire beni patrimoniali e diritti dello Stato in una società partecipata (obbligatoriamente?) da banche, assicurazioni e fondazioni che poi emetterà obbligazioni garantite dai beni. A prescindere dal fatto che queste obbligazioni minerebbero il valore degli altri titoli di Stato che diventerebbero meno appetibili, ma perché dei soggetti privati dovrebbero accollarsi il rischio di entrare in questa società con un debito enorme verso lo Stato da ripagare coi proventi delle obbligazioni? Insomma, una dichiarazione di intenti abbastanza confusa. Il Pd ufficiale che dice? Sul sito del partito si rimastica la solita patrimoniale made in Fassina e nulla più. Bersani, in un intervista al Sole 24 Ore, fa capire di non averci pensato un granché (anche lui vuole la patrimoniale sui grandi patrimoni immobiliari: secondo me ha in mente le ville di Berlusconi), ma afferma che le idee Alfano-Brunetta sono ir-

realistiche, quelle di Grilli e Astrid, sensate. Il paper pubblicato da Astrid, cui hanno contribuito tra gli altri Bassanini, Amato, Micossi, Edoardo Reviglio, Masera (ringraziato anche da Alfano per aver ispirato la proposta Pdl, ma non si sa con quale studio), è di ben altro spessore. Corredato di dati e cifre si pone come obiettivo introiti straordinari per 174 miliardi in 5 anni. Il grosso di queste entrate straordinarie dovrebbe essere ottenuto mediante dismissioni, sia di immobili sia (bravi) di aziende di Stato come Poste, Eni, Enel, Finmeccanica e così via. Tre sono i peccati. Il primo è che alcuni introiti previsti dal piano sono l’equivalente di entrate fiscali. I 17 miliardi che si pensano di ottenere tassando i patrimoni presunti illegali degli italiani nelle banche svizzere si possono considerare come recupero dell’evasione o come condono (tu mi dai 17 miliardi e io ti lascio tenere quei soldi presunti illeciti in Svizzera), ma sempre tributi sono e quindi bisognerebbe, se non si vuole aumentare la già insostenibile pressione fiscale, restituire i proventi diminuendo le imposte per gli altri contribuenti. Stesso dicasi per la “valorizzazione” delle concessioni da cui si vogliono ricavare addirittura 30 miliardi. Si pensa che 1,6 miliardi per le lotterie siano pochi? Se li aumentiamo a 5, sempre di soldi sottratti alle imprese si tratta, ammesso che poi ci siano sufficienti imprenditori disposti a pagare il quadruplo per spiagge e gratta e vinci. Inoltre, si interviene con misure dirigiste nei confronti delle Casse previdenziali dei professionisti (obbligo di comprare obbligazioni governative) e con complessi meccanismi finanziari sui titoli pubblici che non è detto che il mercato accetti. Infine c’è un’ipertrofia della Cassa depositi e prestiti che diventerebbe lo snodo di qualsiasi cosa in Italia, moltiplicando le sue Sgr e fondi di investimento e magari facendo entrare dei privati nel capitale con il timone saldamente in mano pub-

blica, attuando in tal modo una bella pubblicizzazione del risparmio privato. No, un’Iri ci è bastata e nemmeno lei aveva tutto il potere e le miracolistiche capacità di valorizzare tutto quel che tocca che ci si aspetta da Cdp. Caricarla di cotanti compiti non farebbe bene nemmeno a lei. Passiamo a Grilli, il quale, ahimè, ripete nell’intervista il mantra della permanenza dello Stato nelle società “strategiche” e ipotizza un megaconglomerato delle reti SnamTerna (a questo punto, perché no ferrovie e telecomunicazioni creando un super-moloch pubblico sovvenzionato da capitali privati?). E per passare dalle parole ai fatti, il Consiglio dei ministri ha approvato l’ennesimo decreto istitutivo di golden share a favore del governo nelle imprese pubbliche. È un atteggiamento sbagliato perché non regge alla prova dei fatti. Nonostante la fiera opposizione dell’allora governatore Fazio, Bnl e poi il gruppo Cariparma sono passati ai francesi. I loro clienti son serviti peggio o la loro performance è declinata rispetto alle concorrenti italiane? No, per nulla. Di costante c’è solo la volontà del potere politico di non mollare la presa. Anche di Alitalia si diceva che era strategica, d’altronde. Come si vede, tanta carne al fuoco, con spunti intelligenti e ragionati e obiettivi spesso condivisibili. Manca ancora qualcuno che per fermare il declino del nostro Paese proponga una cosa semplice: vendere tutto ciò che si può (non il Colosseo, quindi), senza remore, cogliendo anzi l’occasione di attrarre quegli investimenti stranieri oggi bassissimi in Italia, creando così nuove conoscenze, concorrenza, occupazione e un bilancio pubblico risanato. Il tutto affidandosi ad operatori indipendenti, almeno in parte internazionali e che vengano pagati in proporzione a quanto riescono a spuntare. Non sembrerebbe difficile, eppure… adenicola@adamsmith.it © RIPRODUZIONE RISERVATA


LUNEDÌ 13 AGOSTO 2012

La cultura

Gli spettacoli

Quando il telescopio uccise la Luna e svelò il cielo

Pesaro celebra Rossini e riscopre il suo “Ciro”

ADRIANO PROSPERI

NATALIA ASPESI

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FOTO REUTERS/FRED DUFOUR/POOL

Non suscita entusiasmi. Ma la maggioranza degli elettori riconosce che ha mantenuto le promesse. E rassicurato la Francia

BERNARDO VALLI PARIGI hi arriva dall’Italia, in guerra con gli speculatori e con i propri radicati difetti, e assillata dai bollettini finanziari, non trova in Francia la stessa palpabile angoscia. Avverte piuttosto, col tempo, una specie di torpore inquieto, venato di incertezza, come se il Paese sentisse pericoli in arrivo, senza poterli o volerli precisare. La stabilità politica parigina, l’efficienza delle strutture statali, impongono un certo rispetto ai mercati. Servono a tenerli a bada, a contenere la loro aggressività, che non risparmia i Paesi del Sud. Ne è la prova il fatto che gli interessi sul debito si mantengono a livelli tedeschi, anche se la contabilità nazionale non si differenzia troppo da quella ita-

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I 100 giorni di Hollande il tranquillo

liana. Alcuni osservatori d’Oltremanica ricorrono alla storia per spiegare la situazione francese: ricordano curiosamente, non senza perfidia, la linea Maginot: il sistema difensivo di cui la Francia era fiera, e dietro il quale si sentiva al sicuro di fronte alla Germania nazista, ma che le truppe tedesche sfondarono o aggirarono con un’improvvisa offensiva nel 1940. Insomma, stando ai cinici sguardi britannici, la Francia immersa in un tormentato torpore si illuderebbe di essere al riparo, mentre rischia di essere investita in pieno dalla bufera finanziaria. In realtà l’inquietudine c’è. La si può toccare. La senti. Ed è inevitabile che raggiunga la figura del monarca repubblicano, che ferisca la sua immagine, che influisca sulla sua popolarità. SEGUE NELLE PAGINE SUCCESSIVE CON INTERVISTE DI ANAIS GINORI

ANDREA TARQUINI

OGGI SU REPUBBLICA.IT

LUNEDÌ

Sport

Social

COSACCHI IN MARCIA SU PARIGI

Riviviamo i Giochi foto per foto

Come dire basta ai bimbi fotografati su Facebook

L’appello

“Non chiamateli pirati sono criminali” Musica

Immagini iPad

L’Hard rock R. cerca future popstar

La processione giapponese con getti d’acqua

Il sondaggio VOTA L’ORO PIÙ BELLO DELLE OLIMPIADI

ornano i cosacchi, e puntano su Parigi. Niente paura, è solo folclore storico. Per celebrare i 200 anni della vittoria di Borodinò contro Napoleone, venti dei mitici cavalieri-soldati russi sono partiti da Mosca. Traverseranno l’Europa fino alla capitale francese. “Ci laveremo i piedi nella Senna, ma è un viaggio di pace”, dice il loro comandante Aleksandr Koliakin. Sarà. I cosacchi furono mito bifronte nella grande letteratura, da Guerra e pace di Tol’stoij all’Armata a cavallo di Babel, e poi nei manifesti Dc della guerra fredda i loro cavalli si abbeveravano davanti San Pietro. Però diciamolo, che cosa proverebbe il mondo se, per celebrare la nascita della Germania moderna (francesi sconfitti a Sedan e incoronazione del Kaiser a Versailles occupata), Angela Merkel facesse marciare soldati fino a Parigi? Ma via, prendiamola con humor. Ogni paese ha il suo senso autocritico della Storia. Però in viaggio verso ovest i venti cosacchi potrebbero almeno simulare una ritirata davanti Varsavia, dove nel 1920 subirono da Pilsudski l’unica sconfitta. E poi, come messaggio di pace non sarebbe stato meglio un concerto delle Pussy Riot all’Olympia?

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IL PERSONAGGIO R2MONDO Festeggia i suoi primi cento giorni all’Eliseo e il 57 per cento dei cittadini riconosce che ha mantenuto gran parte degli impegni elettorali

Hollande non suscita entusiasmi ma il suo inizio è apparso dignitoso e ha dato tranquillità all’Europa. Ha ridotto i salari dei ministri e ha riportato l’età della pensione a 60 anni Un primo passo verso la sua grande ambizione: l’equilibrio tra giustizia sociale e competitività Le riforme LE TASSE

GLI STIPENDI

LA CHIESA

François Hollande ha introdotto, a partire dalla prossima finanziaria, un aumento della tassa sul reddito, portando al 75 per cento l’aliquota per chi guadagna oltre un milione di euro

Il presidente ha ridotto del 30 per cento il suo salario e quello dei membri del governo, mentre ha stabilito che nelle aziende statali il manager non può guadagnare 20 volte di più del dipendente meno pagato

Ha sottratto alla Chiesa sovvenzioni pari a 2,3 milioni di euro che finanziavano le scuole private; varato anche un piano per costruire 4.500 asili nido e 3.700 scuole elementari

Il presidente che rassicura la Francia (segue dalla copertina)

Non si deve dare troppo credito a chi sostiene che la luna di miele con il paese sia finita

BERNARDO VALLI PARIGI er cinque anni, grazie al mandato affidatogli dal suffragio universale diretto, egli detiene vasti poteri. E quindi su di lui si scaricano, come su un parafulmine, le preoccupazioni dei cittadini della Quinta Repubblica. Eletto lo scorso sei maggio, François Hollande è arrivato al suo centesimo giorno di presidenza. E rientra nella tradizione che si faccia in questa occasione un bilancio. Va detto subito che il risultato non conduce né alla gloria né all’ignominia. E’ dignitoso. In fondo è proprio quello

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che Hollande si proponeva succedendo al vulcanico Nicolas Sarkozy. In un’ottica francese, i suoi primi cento giorni non sono stati esaltanti, ma appunto dignitosi, per certi aspetti scoloriti; ma sono stati senz’altro più che dignitosi, per tanti aspetti positivi, in un’ottica europea. Che è in definitiva la nostra. Non si deve dare troppo credito a chi sostiene che la luna di miele con il paese di cui gode di solito il presidente neo eletto sia finita. François Hollande non ha mai conosciuto una vera luna di miele con la sua opinione pubblica. Come François Mitterrand, il solo presidente di sinistra prima di lui ad essersi insediato nel Palazzo dell’Eliseo, ha costruito il successo con la tenacia, con la resistenza

di un fondista, e offrendo un’immagine opposta a quella di Nicolas Sarkozy. La sua elezione non è avvenuta tuttavia con lo slancio del 1981, l’anno della vittoria di Mitterrand. Nella primavera del 2012, né il personaggio, né il suo programma, hanno suscitato una vasta adesione popolare. Sostenere che è stato eletto dalle circostanze (ad esempio il suicidio politico di Strauss-Kahn, che ha eliminato quello che sembrava il candidato ideale della sinistra) non significa ridimensionare il valore della presidenza attuale, conquistata con un risultato netto, incontestato, che la sinistra europea ha accolto come un grande evento. Ma un risultato non certo trionfale (51,63 %). Anche se poi confortato dal risulta-

to delle legislative in cui la sinistra ha conquistato la maggioranza assoluta dei seggi all’Assemblea nazionale. Tanti successi elettorali sono dovuti più alle sconfitte degli avversari che ai meriti dei vincitori. Presentandosi come un presidente «normale» François Hollande ha adottato una tattica che si basava, con intelligenza, sull’immagine negativa di Nicolas Sarkozy, più che su un progetto o su una speranza. Su questo terreno, arrivato al potere, è stato coerente. Non ha dato spettacolo come il predecessore. Ha rovesciato l’immagine del presidente nella Quinta Repubblica. Si individua in Hollande una traccia mitterrandiana; ma il comportamento ricorda anzitutto quello di Pierre Mendès-

France, personaggio esemplare, per la riservatezza e la competenza, della passata società politica parigina; e in lui è evidente anche il senso morale del suo maestro, il socialista cristiano Jacques Delors. Hollande ha adottato un profilo non basso ma rispettoso. Lascia governare il primo ministro, l’altrettanto dignitoso e riservato Jean-Marc Ayrault; i suoi interventi sono puntuali ma non precipitosi, sono precisi e avvengono dopo profonde consultazioni; rispetta il protocollo, non si comporta come un monarca capriccioso; non usa il palazzo dell’Eliseo come una reggia dove i sudditi repubblicani vanno a inchinarsi davanti al principe; non convoca le telecamere quando si rivolge al paese, va di


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L’intervista/1

Il direttore di “Le Point” Franz-Olivier Gisbert

“Ignora i problemi reali l’Italia è meglio di noi” DAL NOSTRO INVIATO ANAIS GINORI PARIGI ranz-Olivier Giesbert, direttore di Le Point, con Hollande la Francia sta meglio o sta peggio? «Purtroppo ho l’impressione che il nuovo presidente non voglia affrontare i reali problemi del paese. Da questo punto di vista l’Italia sta già un pezzo avanti rispetto a noi». Non è stato fatto abbastanza contro alla crisi economica? «Anche se conosce la situazione, Hollande fa finta di ignorarla. Sta cercando di guadagnare tempo per non creare scontento. Di questo passo, però, andiamo dritti verso la catastrofe». Il vero banco di prova sarà la prossima Finanziaria? «Se seguirà il suo programma elettorale nulla sarà risolto. Ha proposto misure che sarebbero andate bene negli anni Settanta. Sulla riduzione della spesa pubblica è vago». Un punto a favore? «Ha normalizzato lo stile repubblicano, dimostrando modestia, professionalità. Fa tutto il contrario di Sarkozy, anche se a volte rischia di essere ipocrita e falso». In quale occasione? «Per esempio quando prende il treno per andare a Bruxelles in virtù del risparmio pubblico. Poi, però, si scopre che è stato seguito per ragioni di sicurezza dall’aereo presidenziale. Quindi nessun risparmio». Nei sondaggi è iniziato il declino. «È difficile rimanere popolari nelle democrazie. Comunque non vedo anti-hollandismo come c’è stato l’anti-sarkozysmo. Hollande cerca il consenso, ascolta tutti. É sorprendentemente abile».

F SETTIMANALE

FOTO STEFAN BONESS/PANOS

Franz-Olivier Gisbert è direttore di Le Point settimanale di area centro

persona nello studio televisivo; insomma si muove senza pompa, con discrezione, ma senza venire meno alle regole inerenti alla funzione presidenziale. Dopo la droga Sarkozy, il suo comportamento ha suscitato consensi. È stata come una cura di disintossicazione. Ma col tempo la sua pacatezza può avere un effetto anestetizzante (dice il sociologo Denis Muzet). Rischia di annoiare o di apparire un sintomo di passività, in una società severa verso gli eccessi e l’esibizionismo, ma che affida allo Stato, e dunque alla sua massima espressione quale è il presidente, un ruolo particolare. Compreso quello di rappresentarla con una certa prestanza, con gagliardia, anche sulla ribalta internazionale.

ma, dopo l’insopportabile esibizionismo di Nicolas Sarkozy, la riservatezza di François Hollande non garba a tutti. Ho dato la parola agli avvocati del diavolo che giudicano i primi cento giorni di François Hollande non abbastanza incisivi. Ma la loro requisitoria non vale per quel che riguarda la politica europea, dove il presidente francese ha compiuto un’operazione di grande rilievo: ha spezzato l’asse Parigi-Berlino in cui Nicolas Sarkozy si trovava in una posizione subordinata, e ha contribuito in modo

determinante, insieme all’Italia e alla Spagna, a far adottare ad Angela Merkel una linea di crescita economica, che si spera sarà confermata nel vicino futuro. Anche grazie a Hollande i rapporti tra gli europei sono cambiati. Il 57 per cento dei francesi riconosce che François Hollande ha mantenuto gran parte degli impegni elettorali. Ma sono più severinelgiudicarelasuacapacitàdi combattere la disoccupazione (10,1%), di ridurre il debito sovrano (non lontano dal 90% del pil), e di combattere l’immigrazione

clandestina. Come promesso, i salari dei ministri e del capo dello Stato sono stati ridotti del 30 per cento; quelli dei dirigenti di aziende pubbliche non dovranno superare 450 mila euro all’anno; l’età della pensione, per chi ha un importante passato di contributi, è stata ricondotta a sessant’anni; sono stati assunti mille insegnanti per le scuole elementari, dove il precedente governo aveva ridotto gli effettivi; molti provvedimenti dell’epoca Sarkozy, giudicati favorevoli alle classi privilegiate, come il ribasso delle imposte di successione o l’aumento « sociale » dell’Iva, sono stati aboliti. Ma il bing bang fiscale è previsto in autunno, quando saranno aumentate le imposte sui redditi, fino a portare al 75% quelle sui

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L’intervista/2

Il numero uno di “Libération” Nicolas Demorand

“Le scelte economiche sono ancora un mistero” DAL NOSTRO INVIATO

Ha adottato un profilo rispettoso Non si comporta come un monarca capriccioso

Ma col tempo la sua pacatezza rischia di annoiare o di sembrare sintomo di passività

Persino a sinistra capita di raccogliere critiche sullo stile «troppo normale» del presidente. Lo si definisce «pépère», cioé tranquillo. Troppo tranquillo in una situazione di crisi interna, economica e finanziaria, con la Banca di Francia che annuncia la recessione; e di crisi internazionale, con la guerra civile siriana che rischia di far esplodere il Medio Oriente. In questo contesto il presidente dovrebbe sprigionare più energia, infondere dinamismo, promuovere iniziative, non apparire prigioniero di un attendismo demoralizzante per il paese. Non essere la semplice espressione dell’inquieto torpore nazionale. Insom-

redditi superiori a un milione. Inoltre, per promuovere le riforme, Hollande ha lanciato una grande conferenza sociale, cominciata con sette riunioni, ciascuna con una tema particolare e presieduta da un ministro. L’obiettivo è di avviare un dialogo sul modello tedesco, tra le organizzazioni padronali e i sindacati, in una Francia dove è soprattutto lo Stato che adesso determina le condizioni di lavoro. È stato un primo lento passo verso l’equilibrio tra giustizia sociale e competitività che Hollande si propone di realizzare. E che è la sua grande ambizione.

PARIGI icolas Demorand, direttore di Libération, come giudica i primi cento giorni della presidenza Hollande? «Ha fatto bene a varare misure simboliche, come il ritorno della pensione a 60 anni per alcune fasce di lavoratori e l’annunciata patrimoniale sui contribuenti più ricchi. Dal punto di vista dell’immagine, incarna uno stile di governo più pacato e consensuale». Alcune promesse elettorali non sono state ancora mantenute. «È vero. Il diritto di voto per gli stranieri, la revisione dei controlli di polizia in strada oppure il limite di mandati per i politici. Su questi punti s’intuisce un imbarazzo. C’è il rischio che la sinistra si confonda con la destra». La luna di miele con gli elettori sembra già finita? «Non ho mai creduto all’effetto ‘luna di miele’ dopo l’elezione. Di certo, resta un’alta aspettativa, direi anche mistero sulle intenzioni di Hollande, ad esempio nella politica economica». Sarà capace di risanare i conti pubblici? «In campagna elettorale è stato onesto, preannunciando sacrifici. Resta da capire cosa farà nella prossima Finanziaria e se sarà, come credo, contestato dall’estrema sinistra». È un presidente poco reattivo, ad esempio sulla Siria? «Abbiamo già avuto un presidente iper-reattivo. Spesso si trattava di agitazione, anziché azione. Oggi quel che manca alla politica è un pensiero che vada al di là del brevissimo termine». Il famoso tweet di Trierweiler contro Royal lascerà tracce? «La vita privata del Presidente non m’interessa. Ma so che nelle polemiche che sono seguite c’è stata una dose di maschilismo che non mi piace, una concezione fallocratica del potere». (a. g.)

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TRA LA FOLLA Hollande tra i suoi sostenitori durante la campagna elettorale Sotto, esulta tra la folla dopo la vittoria a maggio

N QUOTIDIANO Nicolas Demorand è direttore di Libération quotidiano della sinistra



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IL PERSONAGGIO R2MONDO

PER SAPERNE DI PIÙ www.georgesoros.com www.nypost.com

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Lui, 22esimo uomo più ricco al mondo, ha festeggiato 82 anni Lei, consulente alimentare, ne ha 40. E il gossip impazza La scheda MILIARDARIO

L’IMPERO

VITA PRIVATA

George Soros, 82 anni, americano nato in Ungheria, è il 22esimo uomo più ricco al mondo. Il suo patrimonio netto, secondo Forbes, è di 20 miliardi di dollari

Imprenditore, finanziere e noto filantropo, oggi Soros è presidente dell’hedge fund Soros Fund Management e dell’Open Society Foundation

Soros è già stato sposato due volte in passato, prima con Annaliese Witschak e poi con Susan Weber Dalle due unioni sono nati cinque figli

La terza volta di Soros “Sposo la giovane Tamiko” ALBERTO FLORES D’ARCAIS NEW YORK a proposta l’ha fatta sabato sera nella magnifica villa sul mare di Southampton (Long Island), le parole usate quelle più classiche. «Vuoi sposarmi?», ha chiesto George, porgendole un anello di Graff (diamante su platino e oro) e ricevendo l’inevitabile «I do» di Tamiko. George è Soros, il piú famoso finanziere-filantropo del mondo, l’uomo che finanziava Solidarnosc e che nel 1992 fece crollare la sterlina. Tamiko fa di cognome Bolton, consulente alimentare che vende vitamine e integratori online e che ha un avviato sito sullo Yoga. Lui è figlio di ebrei ungheresi (non osservanti) che nel 1936 da Schwartz diventarono Soros, lei di un ufficiale della Marina in pensione e di un’infermiera nippo-americana. George ha 82 anni, Tamiko 40. La notizia, che ha fatto ben presto il giro del mondo, l’hanno divulgata (con l’ovvio consenso degli interessati) alcuni ospiti della serata a Southampton. Per-

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l’unica figlia, e Jonathan) dalla prima moglie Annaliese Witschak, una tedesca orfana di guerra accolta benevolmente in

casa Soros e da cui ha divorziato nel 1983. Gli altri due (Alexander e Gregory) avuti con Susan Weber, di vent’anni più giovane,

sposata nel 1983 e con cui ha divorziato nel 2005. Il nome di Soros divenne famoso vent’anni fa (16 settembre

1992), grazie a quella che è diventata la più conosciuta operazione di speculazione finanziaria della storia contemporanea. Un gior-

no conosciuto come il “mercoledì nero”, quando vendette allo scoperto più di 10 miliardi di dollari in sterline, approfittando della riluttanza da parte della Banca d’Inghilterra sia ad aumentare i propri tassi di interesse a livelli confrontabili con quelli degli altri paesi (il Sistema Monetario Europeo) sia a lasciare fluttuante il tasso di cambio della moneta. Storia che finì con la Banca d’Inghilterra costretta a far uscire la propria moneta dallo Sme e a svalutare la sterlina. E con un guadagno netto per il miliardario ungherese-americano di 1,1 miliardi di dollari. Centrale, nella sua vita, anche l’attività filantropica, iniziata sin dagli anni Settanta. Prima aiutando gli studenti neri dell’università di Città del Capo a lottare contro l’apartheid, poi finanziando abbondantemente (attraverso la Soros Foundation e l’Open Society Institute) il dissenso nell’est comunista: dalla Solidarnosc polacca di Walesa alla cecoslovacca Charta 77, fino alla cerchia sovietica di Andrej Sacharov. Fino al 2003 si era mantenuto al di fuori della lotta politica ame-

Il finanziere ha già divorziato due volte e ha cinque figli La maggior parte del suo patrimonio andrà in beneficenza

Un anno fa una attrice di telenovelas brasiliana gli ha fatto causa chiedendo 50 milioni di dollari

ché George Soros, oltre ad essere il ventiduesimo uomo più ricco del mondo, è un uomo che finisce spesso sulle prime pagine dei giornali. Per la sua attività di finanziere, per le elargizioni milionarie alle cause “liberal” (Obama gli deve molto), ma anche per qualche “gossip”. L’ultimo risale a poco più di un anno fa. Quando Adriana Ferreyr, star delle telenovelas brasiliane e a lungo girlfriend del miliardario, gli fece causa per 50 milioni di dollari dopo essere stata piantata in asso. E dopo aver rifiutato un “accordo” in cui gli avvocati di Soros le avevano offerto in prima battuta la somma un po’ misera di 250mila dollari, successivamente alzata a 1,9 milioni di dollari. «Aveva promesso di comprarmi una bella casa a Manhattan», si ribellò Adriana che alla fine di febbraio (2012) ha iniziato una nuova causa — per frode, molestie e disturbi emotivi — sostenendo di avere tra le mani telefonate molto compromettenti. Per Soros si tratta del terzo matrimonio, per Tamiko del secondo. Il finanziere-filantropo ha cinque figli, tre (Robert, Andrea,

ricana. In quell’anno decise di intervenire contro George W. Bush, annunciando in un’intervista al Washington Post che la rimozione del presidente americano dell’11 settembre, della guerra in Afghanistan e di quella in Iraq era «l’obiettivo principale della sua vita, una questione di vita e di morte cui sono pronto a sacrificare la mia ricchezza». Diede a organizzazioni democratiche 18 milioni di dollari, ma i suoi soldi non bastarono a far vincere John Kerry. In compenso divenne per i repubblicani, che oltre ai finanziamenti gli rimproverano le critiche ad Israele, uno dei “nemici pubblici” per antonomasia. Nel 2011 ha trasformato il suo “hedge fund” in una società “familiare”, chiudendo la sua attività di investitore per conto terzi. Il matrimonio dovrebbe essere celebrato l’estate prossima. Massimo riserbo su eventuali contratti pre-matrimoniali. Il suo avvocato, William Zabel, si è limitato a rispondere così alle domande di giornalisti e blogger: «È noto che Soros lascerà il grosso del suo patrimonio in beneficenza. Ma intende provvedere generosamente anche alla moglie». © RIPRODUZIONE RISERVATA




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IL REPORTAGE R2CRONACA

PER SAPERNE DI PIÙ www.cimbri.it www.regione.veneto.it

La Serenissima fece ponti d’oro ai loro avi, contadini e pastori bavaresi, per averli sui pascoli del Bellunese Ora gli eredi di quell’antico popolo sono sul piede di guerra contro Venezia: “La Regione vuole svenderci”

Cimbri “No ai soldi arabi” l’ultima battaglia dei barbari veneti JENNER MELETTI PIAN DI CANSIGLIO (Belluno) domanda risponde. «Ja, ich pin zimbar. Sì, sono un cimbro». Poi quasi si scusa. «Non conosco molte altre parole. So dire grazie, “borbais got” e arrivederci, “un barzegan sich”. Tutto qui. E non sono nemmeno biondo e con gli occhi azzurri come i miei antenati». Lino Azzalini, 66 anni, è il presidente dell’Associazione culturale Cimbri del Cansiglio, poco più di cento famiglie con solo quattro cognomi: Azzalini, Bonato, Gandin e Slaviero. «Siamo qui da tre secoli e ancora ci sentiamo abusivi. Non riusciamo a decidere il futuro della nostra terra. Noi del Cansiglio arriviamo da Roana, sull’altipiano di Asiago, dove i primi cimbri furono chiamati dalla Serenissima, che per avere questi contadini della Baviera fece ponti d’oro: i nostri avi potevano usare i pascoli di valle, vendevano setacci e scatole di legno e non pagavano dazi. Adesso, invece, proprio da Venezia, …». Domenica c’è stata la festa annuale dei cimbri e il Cansiglio si è trasformato in una manifestazione di protesta. A dar man forte a questo piccolo popolo che l’ispettore della Forestale Pietro Soravia nel 1879 definiva «gente robusta, pulita, parca di parole e movimenti», sono arrivati quasi tutti i sindaci della zona. E hanno tuonato contro la Regione che a Venezia decide senza consultare nessuno e rischia di con-

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sposta chiamerò la gente in piazza. Dobbiamo difendere i villaggi cimbri, che sono il biglietto da visita più bello dell’intero Cansiglio. Non possiamo mettere in mani private le sole strutture che portano soldi». «I soldi ricavati dall’eventuale vendita di beni demaniali — insiste Giacomo De Luca, primo cittadino di Fregona — debbono comunque restare nel territorio. Questa è casa nostra, ma Venezia finge di non saperlo». Sono ancora «parchi di parole», i cimbri del Duemila. «Noi vogliamo solo salvare — dice il presidente Lino Azzalini — quel poco che resta della nostra cultura. Le case, la lingua che non conosciamo quasi più, qualche tradizione. Con la legge regionale 482 del 1999 siamo stati riconosciuti come minoranza etnica, ma quest’anno ci hanno ta-

gliato i 27 mila euro stanziati in passato per tutti i cimbri del veneto. E pensare che per secoli tante persone, magari senza saperlo, hanno conosciuto i cimbri e il loro lavoro». In tutte le case c’era un tempo il setaccio che serviva a filtrare la farina e il cerchio in legno arrivava da qui. «Noi siamo chiamati i cimbri scatoleri perché i nostri avi preparavano le scatole per conservare gli alimenti. Per i setacci si usava il faggio tagliato in “boseghe”, assicelle di pochi millimetri. Li vendevano casa per casa, per un setaccio quattro chili di fagioli. Li spedivano in tutta Italia e anche nelle Americhe». Foto sbiadite mostrano i casoni, dove non c’era il camino ma solo un fuoco vivo. «Sul tetto c’era una “rebalta”, che si apriva con una pertica per fare uscire un po’ di fumo. Ma i bimbi erano

ORIGINI Una antica stampa rievoca le imprese dei Cimbri

sempre neri. Oltre la cucina c’era una piccola camera da letto per i genitori e i figli — mio nonno Girolamo ne aveva 14 — salivano con una scala a pioli sopra

questa camera e dormivano su un “pajon”, uno strato di foglie di granoturco». Ci sono anche cimbri felici. Vivono a Luserna e fanno parte

Una legge del 1999 li riconosce come minoranza etnica “Quest’anno tagli per 27mila euro” La storia

TRADIZIONE ARTIGIANA

La festa annuale si è trasformata in protesta: “Pronti a scendere in piazza” segnare l’altipiano a mani straniere. «Vendono il Cansiglio agli arabi», ha titolato il Corriere delle Alpi. «Noi vogliamo essere — hanno detto sindaci di Pdl, Lega e Pd una volta tanto uniti nella lotta — “paroni a casa nostra”. Perché non ci chiedono se ci sta bene o no che in Cansiglio arrivino gli investitori arabi?». In vendita, ormai da un anno, ci sono il rifugio Sant’Osvaldo, l’hotel San Marco e un bellissimo campo da golf da 18 buche. Beni regionali, che Venezia vuole trasformare in denaro contante. «Dobbiamo essere informati subito — dice Floriano De Pra, sindaco di Farra d’Alpago — perché se c’è la vendita dopo non puoi discutere più nulla. Chi compra diventa padrone e decide come gli pare. E se qualche straniero, arabo o no, decidesse di comprare il San Marco e il golf per farne un villone privato?». «Abbiamo chiesto un tavolo di confronto — dice il sindaco di Tambre, Oscar Facchin — e se entro il mese non avremo una ri-

Falegnami da secoli, i Cimbri producono setacci e altri oggetti in legno

CON IL GOVERNATORE I rappresentanti dei Cimbri del Cansiglio con il governatore del veneto Luca Zaia

TESTIMONIANZE Utensili e foto d’epoca nel Museo etnografico di cultura cimbra a Pian di Cansiglio

della «Magnifica comunità degli altipiani cimbri dell’alta Valsugana». Trecento persone, e tutte parlano il cimbro. «È un tedesco antico — dice Fiorenzo Nicolussi Castellan, direttore del Kulturinstitut Lusérn — che i turisti arrivati dalla Germania non capiscono. A parlare questa lingua ci sono ancora 13 persone nei tredici Comuni veronesi, sui monti Lessini e 7 sull’altipiano di Asiago. E poi ci siamo noi trecento, e altri 500 che abitavano qui e che hanno mantenuto un forte legame con Luserna. Abbiamo scoperto che alcuni bambini non parlano la nostra lingua e allora facciamo i corsi. Cominciamo all’età di tre mesi, e poi andiamo nelle scuole». Un finanziamento della Provincia di Trento di 300.000 euro, un Tg di quindici minuti ogni settimana sul satellite. «E invece noi — si arrabbia don Serafino Gandin, classe 1935, unico prete cimbro in Italia e primo presidente dell’associazione del Cansiglio — siamo qui a difenderci per salvare almeno la memoria della nostra

terra. Gli arabi? Ci mancano solo loro. Ho saputo che un indiano ha comprato delle casette al Col di Buoi, e poi c’è stata l’invasione dalla Bassa, trevigiani e veneziani di valle che hanno comprato stalle e casa rotte per una pipa di tabacco e poi ne hanno fatto delle ville. Tutti vogliono mettere piede nella nostra terra e poi comandarci». Ha celebrato la Messa, domenica, alla festa dei cimbri. «In nàamen bòmme Bàatarn, bòmme Zùune… In nome del Padre, del Figlio…». E poi confessa. «Anch’io non conosco il cimbro. Riesco solo a fare il segno della croce». © RIPRODUZIONE RISERVATA


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IL VIAGGIO R2CRONACA

Una curva lunga, da autodromo, appare dopo Monticelli Pavese. Poi un’altra e un’altra ancora: è il fiume-serpente capace di virate imprevedibili. Non ci si può distrarre

PER SAPERNE DI PIÙ video.repubblica.it/rubriche/il-viaggio-di-paolo-rumiz

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Alla scoperta del Po/14

La strada d’acqua cambia pendenza e i fondali bassi sono in agguato. È un punto nodale della pianura, qui passarono i romani e dopo di loro Annibale prima della battaglia della Trebbia

VELEGGIANDO TRA I MEANDRI DEL PO PAOLO RUMIZ e ho visti di meandri in vita mia. Sul Danubio, sull’Eufrate e sul Nilo. Ma quelli che il Po disegna in provincia di Piacenza e Cremona sono tra i più belli che la natura mi abbia regalato. È difficile accorgersene viaggiando in automobile: non ci sono strade capaci di mostrare questa superba scenografia. I meandri non sono adatti ai ponti, che richiedono sponde dritte da tagliare ad angolo retto. Per vedere quelli del Po bisogna navigarci, lasciarsi portar via dalla corrente. Finora abbiamo seguito un fiume divagante senza bruschi cambi di direzione. E ora, dopo Monticelli Pavese, eccoci di fronte a una cosa nuova. Una curva lunga, da autodromo, verso destra. E quella curva altro non è che la preparazione di una curva successiva, ancora più rotonda, verso sinistra; la quale a sua volta serve a prendere slancio per una terza. È il Po serpentiforme, ubriacone e malignazzo descritto da Brera. Fino a Cremona, la mappa indica venti meandri: dieci d’acqua e altrettanti di terra. Anfiteatri scolpiti dal Grande Anaconda chissà quanto tempo fa. Il sole cala e il fiume s’infratta, sembra finire in un binario morto, perdersi nella boscaglia selvaggia. E invece un’altra superba virata si annuncia. Siamo più soli che mai. Niente campanili, niente villaggi importanti. Pochi si avvicinano a un fiume capace di virate così imprevedibili. Ora è tramontana, siamo controvento, la foresta ondeggia, si contorce. Ammainiamo la vela e subito il ron-ron del “Gatto” ci addormenta con un trapano alla nuca. Irene scende sottocoperta a mettere una Moka sul fuoco e all’idea di una tazzina capitan Paolo si rianima. “Ah, il profumo di caffè che sale dal quadrato all’inizio del turno di notte è una delle meraviglie della vela”.

mille. E tu senti che proprio qui, tra Calendasco in Emilia e la collina di San Colombano in Lombardia, il convoglio delle acque si imbottiglia, si comprime, si ingolfa a fisarmonica, produce uno scricchiolio simile a quello di un merci in frenata all’ingresso di uno scalo di smistamento, durante la notte. Attenti alle sabbie dunque, bassi fondali in agguato. Il manualetto di navigazione dei meatori ci spiega come muoverci seguendo una se-

Ma c’è qualcos’altro che induce al torpore e spiega l’impressionante mutazione. Non è il lambrusco appena bevuto a Parpanese e nemmeno il sonno arretrato dei bivacchi col barcè. Ora è l’impercettibile cambio di pendenza della strada d’acqua. La massa inerziale è ancora potente, ma l’inclinazione si dimezza, passa dal sei al tre per

ILLUSTRAZIONE DI CARLO STANGA

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Nella notte fa quasi freddo Sento un rombo lontano, forse è una cascata

IL VIDEO Su Repubblica.it la tappa e le immagini del backstage del documentario di Alessandro Scillitani “Il risveglio del fiume segreto”

IN ABBANDONO La settecentesca Corte Sant’Andrea, in mattoni rossi, ormai in stato di deprecabile abbandono. Sotto, l’interno dell’Osteria della corona: profumo di brasato, un bancone secolare e alle pareti un tasso imbalsamato

gnaletica di losanghe bianco-rosse. I cartelli stanno bene in vista sulle rive e sui ponti e ti dicono cose come: “avvicinati”, “vai dall’altra parte”, “rimani su questa riva”. Ma il più intrigante è “tocca e scappa”, che significa “fatti sotto e poi allontanati immediatamente”. La regola più importante da seguire è stare all’esterno delle curve, dove la corrente è più forte e riesce a scavare più a fondo il letto del fiume. Basta distrarsi un attimo e si finisce incagliati,

come noi dopo la confluenza del Tidone. Allora non c’è motore che tenga: bisogna buttarsi in acqua, alleggerire la barca e spingere. È qui, dove il fiume rallenta, che inizia il fiume dei guadi. Siamo in un punto nodale della pianura, quello dove Prealpi e Appennini sono a distanza minore. Il posto dove il “Diluvium”, il labirinto lacustre oggi cancellato dalle bonifiche, era meno lungo da attraversare. Da queste parti passarono i Romani e, dopo di loro, Annibale prima della battaglia della Trebbia. Era il “Transitus Padi”, dove s’imbarcò l’irlandese Colombano prima di fondare il monastero di Bobbio poco più a Sud e dove poco prima del Mille furono traghettati il vescovo Sigerico e migliaia di pellegrini sulla via di Roma, lungo la via Francigena. Vento, luce baltica. Acqua lenta, solenne. Ora siamo sul Niemen o la Beresina, e l’attracco solitario di Corte Sant’Andrea, capolinea lombardo del “Transitus” poco oltre la confluenza col Lambro, è appena visibile sotto una scarpata di salici. Oltre l’argine la Corte è una meraviglia settecentesca in mattoni rossi, in stato di deprecabile abbandono. Ieri era un’azienda-modello, oggi è un nido di tortore e nutrie. Diciassette abitanti contro i 450 di un secolo fa. Ma l’osteria “Della corona” ci ripaga con profumo di brasato, vecchi tavoli e un bancone secolare. Sui muri, un tasso imbalsamato e il manifesto della sagra dell’anatra. Renato Forni, il locandiere, ci mostra la foto di storioni pescati alla cascina Bosco, bestioni di cinquanta chili allineati al mercato di Piacenza. Tutta roba che non esiste più, ovviamente. «Ho munto vacche fino a 52 anni senza fare né Natale né Capodanno» brontola. Poi si mette a battere briscola con i nipoti, non senza aver aggiunto: «Al signor Tanzi dovrebbero dare cinquanta mucche da mungere, altro che arresti domiciliari». Nella notte, il “Gatto” naviga da fermo, saldamente attraccato con la prua controcorrente. Milano è vicina, ma sul Po il buio e il silenzio hanno dimensioni planetarie. Una Luna turca tramonta verso Pavia e Giove è così luminoso che si specchia nel fiume. Sciacquio, miagolii. Valentina accende la lampada a petrolio, riesco a sparare qualche mail nella notte. Fa quasi freddo, ci barrichiamo nei sacchi a pelo. Verso le quattro esco a far pipì e disturbo un pesce siluro. Ne vedo l’ombra fulminea che si rituffa. Poi sento un rombo lontano, come di treno che passa su un ponte. Un treno che non finisce mai, o forse una cascata. Ma sì, è la voce del fiume, il suo bordone tra i grilli, in fondo alla notte padana. Un ragno sta già tessendo la sua tela tra la bicicletta di Irene e il bompresso. (14 - continua) © RIPRODUZIONE RISERVATA



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PARLAMI D’AMORE/10.

ANAIS GINORI

Il nuovo saggio del sociologo francese si chiama “Homo eroticus” e analizza il rapporto con i sentimenti nella contemporaneità

PARIGI ell’evoluzione della specie, s’avanza l’homo eroticus che antepone il cuore alla ragione, l’impulso alla riflessione, il piacere al dovere. «Eros è ormai trionfante, nel privato e nel pubblico» racconta Michel Maffesoli che dedica il suo ultimo libro a questa nuova figura antropologica che sviluppa e contraddice l’homo sapiens. Per il sociologo francese l’homo eroticus, l’uomo guidato dal desiderio, è al centro di quel che si chiama oggi postmodernità. Le nostre azioni non rispondono più al pensiero e al raziocinio ma all’amore, all’intricata trama degli affetti che ci avvolge, a quelle che Maffesoli definisce «comunioni emotive». È il punto di arrivo di un percorso iniziato in Occidente, secondo lo studioso, con la liberazione dei costumi negli anni Sessanta, poi rafforzata con lo sviluppo delle nuove tecnologie, l’arretramento delle religioni e infine la crisi del capitalismo. La legge del desiderio ormai plasma la propria identità, si ripercuote nell’interno corpo sociale. Dalla cultura alla politica, tutto deve sottostare alle regole del piacere. Il paradosso di questo amore “liberato”, avverte Maffesoli, è che ha creato esseri umani ancora più interdipendenti. «Esistiamo solo attraverso lo sguardo degli altri». Amo, dunque sono? «Nello scegliere il titolo del libro ero in dubbio tra homo eroticus e ordo amoris. Volevo infatti sottolineare il nuovo ordine dell’amore che si è imposto nella vita sociale ed è una delle caratteristiche della postmodernità. Mentre negli ultimi tre secoli, si è affermata una visione razionalistica del mondo, nella quale i sentimenti erano relegati nella sfera privata, oggi sono diventati pubblici e contaminano la vita sociale». In che modo avviene questa “contaminazione”? «Nell’Ottocento esisteva un’espressione popolare che raccomandava di tenere sempre gli affetti dietro alle mura domestiche. Il “muro”, ormai, è stato abbattuto. Gli spazi sono comunicanti. Ci sono effetti persino nel dibattito politico, come dimostra il tweet di gelosia della première dame, Valérie

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CULTURA

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ILTEATRO DEL CUORE

ta sconosciuta brandendo un mazzo di fiori». Un desiderio compulsivo, che tende ad esaurirsi rapidamente. «L’amore non è consumo ma consunzione. Prima, nella concezione borghese, era qualcosa di stabile. Ora è un fuoco che brucia tutto. Si vive solo nell’intensità, parola che nell’etimo ricorda la “tensione del momento”. È effimero. Come ogni cosa intensa, non può durare. È il carpe diem. Quando si assiste a un matrimonio, si sa già come va a finire». Si resta insieme solo nella buona sorte, mai in quella cattiva? «La coppia non è DISEGNO DI GIPI più basata su un contratto, come il matrimonio, perché il tempo dell’amore non è il futuro ma il presente, mentre il passato non è mai davvero alle spalle. Si possono fare delle vacanze insieme a ex mariti o mogli, fidanzati di gioventù, figli di altre unioni. Il contratto apparteneva alla modernità. Nella postmodernità è subentrato il patto». Un patto esclusivo? «La fedeltà si valuta con la sincerità del momento. Ci possono essere tradimenti ma questo non significa automaticamente essere infedeli. Nel libro parlo di “sincerità successive” all’interno di un rapporto». L’homo eroticus è più o meno libero? «Dopo aver promosso la libertà durante l’epoca moderna, nell’attuale postmodernità si sviluppa invece la dipendenza. L’amore è dipendenza. È l’altro che mi crea, e mi distrugge». Come sono cambiate le regole della seduzione? «La postmodernità riprende degli elementi della premodernità. È quel che chiamo il postmedievalesimo. Oggi si rigioca l’amor cortese delle corti della Provenza o del Rinascimento a Firenze. Anche allora la vita sociale ruotava intorno alla seduzione, quelle schermaglie amorose che i francesi chiamano badinage. Molti comportamenti e linguaggi che osserviamo oggi sono simili a quel periodo. L’unica differenza è che all’epoca il codice di seduzione valeva solo per un’élite aristocratica, mentre nella versione contemporanea è diventato uno stile di vita democratico».

MAFFESOLI: “NELL’ERA DEL WEB, TORNA IL COLPO DI FULMINE”

Oggi tutti esistiamo soltanto attraverso lo sguardo altrui

Trierweiler. Un aneddoto che testimonia di un nuovo clima, l’ordo amoris di cui parlo nel libro. Il problema, semmai, è la profonda distanza che esiste tra le istituzioni, immaginate sulla base di valori e simboli ormai superati, e il corpo sociale in rapida trasformazione». La riscoperta degli affetti è anche un antidoto alla crisi, un riparo contro l’incertezza? «È qualcosa di più ampio. Siamo alla fine di un ciclo. Leonardo da Vinci diceva: “È una cosa mentale”, espressione tra l’altro di difficile traduzione. Non è solo l’economia a essere in crisi, ma la concezione economicistica del mondo che metteva il lavoro al primo posto dell’identità umana e aveva chiuso l’amore dentro al recinto del matrimonio e della famiglia, in onore a una nozione di “utilità”, per citare Georges Bataille. Dopo i movimenti di liberazione degli anni Sessanta quel modello non esiste più. Le relazioni amorose seguono invece, riprendendo l’analisi di Bataille, la regola del “dispendio”». Ma anche dell’individualismo. «Non sono d’accordo. L’individualismo nei rapporti non è aumentato, anzi oggi siamo più estroversi di un tem-

La serie Il sociologo francese Michel Maffesoli interviene nella serie dedicata all’educazione sentimentale. A settembre esce in Francia il saggio “Homo eroticus” po. Certo, le relazioni sono diverse. Ci sono tribù che condividono momenti di comunione emotiva o di affinità elettive, come diceva Goethe. Le tribù sessuali, le tribù musicali, sportive, culturali, e così via. C’è comunque una componente emotiva nel riconoscersi e decidere di stare insieme. Gli affetti, di cui l’amore fa parte, sono il terriccio nel quale germoglia la vita». La continua esibizione di sé nelle relazioni non induce a citare Narciso più

che Eros? «C’è una teatralizzazione dell’amore, che si vede bene su Internet. È un paradosso. Uno degli elementi della postmodernità è, a mio avviso, la sinergia tra l’arcaico e il progresso tecnologico. Il settanta per cento del traffico sul web è dedicato agli affetti. Non solo alla pornografia, ma anche agli incontri romantici e di coppia. È interessante vedere come le nuove tecnologie si mettono al servizio di quella vecchia idea che chiamiamo amore, dandogli un nuovo slancio. In passato, come aveva dimostrato Max Weber, la tecnologia aveva disincantato il mondo. Oggi, invece, avviene il contrario. Osserviamo un nuovo incantesimo». Sta dicendo che innamorarsi, o credere nell’amore, è diventato più facile? «C’è un ritorno del colpo di fulmine, proprio quel coup de foudre teorizzato dai surrealisti. All’epoca era un’avanguardia letteraria, oggi invece è un sentire comune. Come André Breton, pensiamo di poter incontrare Nadja all’angolo di una strada. È un’idea che si ritrova nel cinema, persino nella pubblicità con il termine inglese impulse, l’impulso di un ragazzo disposto a inseguire con un mazzo di fiori una perfet-

In un libro l’esperienza di due attori italiani

VIAGGIO NEL MONDO ROM, TRA SCENA E VITA © RIPRODUZIONE RISERVATA

BOLOGNA — Alla periferia di Skopje, capitale della Macedonia, si trova la municipalità di Šutka, dove i Rom si autogovernano, eleggendo un proprio sindaco e un proprio consiglio comunale, e dove la lingua ufficiale è il Romanì. Un giorno del 2007, quasi per caso, arrivano a Šutka due attori della compagnia bolognese Teatrino Clandestino: Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi. E, ottenuto un piccolo finanziamento per la realizzazione di un progetto artistico e con l’appoggio dell’Ambasciata italiana, l’anno successivo i due tornano a Šutka con il figlio Marco. Scontrandosi con i propri stessi pregiudizi e con la diffidenza di alcuni abitanti, si immergono poco a poco nella vita quotidiana della comunità, accolti con calo-

re dalla famiglia del loro giovane interprete. Fondamentale si rivela poi l’incontro con gli attori della compagnia teatrale locale, il Theatre Roma, che dà vita a un dialogo serrato sulla storia e l’identità Rom, sfociando in una collaborazione artistica. Questa esperienza umana, da cui sono nati due spettacoli del Teatrino Clandestino (Comune spazio problematico e Open Option), è raccontata da Mochi Sismondi in Confini diamanti. Viaggio ai margini d’Europa ospiti dei Rom (edizioni Ombre Corte). Introdotto dalla prefazione dello psicologo sociale Adriano Zamperini, il libro rovescia il punto di vista abituale dei discorsi sui Rom. Vega Partesotti © RIPRODUZIONE RISERVATA

Dopo aver promosso la libertà, si sviluppa ormai la dipendenza


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R2CULTURA Un saggio, scritto quasi come un giallo, spiega la rivoluzione della scienza seicentesca nello studio dei corpi celesti

L’autofiction di Alison Bechdel che utilizza psicanalisti celebri

LA MADRE IMPERFETTA UN DOLORE A FUMETTI FRANCESCO PACIFICO re You My Mother?è un romanzo a fumetti dove si parla di una madre poco affettuosa e di una figlia che cerca di capire che ruolo darle. È un’indagine per scoprire cosa è stata la madre nella vita dell’autrice, e la protagonista dell’esperimento di autofiction, Alison Bechdel, chiama a collaborare alcune grandi menti e sensibilità inglesi: Virginia Woolf e gli studiosi della psiche Donald Winnicott e Alice Miller, i cui testi compaiono massicciamente nell’istruttoria di questo racconto, ad accompagnare le scene di vita familiare, dimostrando che la biografia intellettuale e quella tout court in certe vite sono inseparabili e non per snobismo. In un lungo profilo sul IL LIBRO “Are You My New Yorker, lo scorso aprile si scriMother?” veva: «Bechdel è un intellettuale di Alison populista e una pioniera, in quanBechdel to donna, in un genere che non so(Houghton lo è in prevalenza maschile ma Mifflin perfino macho». Dopo gli inizi unHarcourt) derground della striscia Dykes To Watch Out For (antologizzata in Italia da Rizzoli nel 2009), Bechdel, donna, omosessuale, cinquantenne, ha trovato la stabilità suoi genitori. Alison sviluppa per economica con il successo del suo la madre una tenerezza «tanto più primo graphic novel, Fun Home acuta perché non aveva sfogo». (Rizzoli, 2007), memoir familiare Intanto sullo sfondo seguiamo i che ruota intorno alla storia del dialoghi passionali della telenopadre, gay non dichiarato, morto vela. Poi una sera, davanti alla tenon ancora cinquantenne per un lenovela, la madre le chiede «Mi incidente stradale che la figlia ami?». Ecco i pensieri di Bechdel considera un suicidio maschera- adulta: La mia famiglia non parto. Il libro è stato il primo roman- lava mai d’amore. Sono sicura che zo a fumetti a esser candidato per nessuno mi aveva mai detto che mi il National Book Critics Circle amava. Ma subito seppi che voleAward. vo più di ogni cosa assicurarla che Per il romanzo successivo, Be- l’amavo. Dovevo stare attenta a chdel ha rilanciato con sei anni di come rispondevo, però. Troppo lavoro e una storia meno appari- entusiasmo sarebbe parso falso. scente ma ben più complicata: ca- Troppa serietà, sarebbe parsa ranpire che ruolo avesse avuto sua core. Troppa lentezza, e avrei permadre mentre si consumava la vi- so per sempre la mia occasione. ta complicata del padre. La storia Mentre la piccola Alison risponde che ne esce fuori è pesantemente un impassibile «Sì», la voce narmetanarrativa, si va avanti e in- rante adulta dice: «Ora vedo che dietro nel tempo come dall’anali- nessun grado di sincerità o alasta, si seguono tante piste, com- crità sarebbe stato sufficiente». Virginia Woolf, che in questo libro compare come compagna di sventura della Bechdel, perché Si va avanti e anche lei dovette scrivere un libro, indietro nel tempo Gita al faro, per riuscire a risolvecome dall’analista re la madre, auspicava l’arrivo del e si seguono piste grande scrittore femminile. Nonostante sia un libro freudiano e a partire dai sogni la sua autrice venga dalla controcultura più progressista, Are You presi i sogni, e ci si deve arrendere My Mother?sembra puntare a una all’idea di leggere lunghissimi letteratura asessuata: è un libro stralci di opere di psicanalisi in- per figli, per ex neonati, dove Winsieme ai piacevoli ritratti di vita fa- nicott viene scambiato per una miliare in bianco, nero, grigio e donna e usato come surrogato letmagenta. Fra i testi di riferimento terario di una madre poco presendi Bechdel, Il dramma del bambi- te. Quanto alla somiglianza fra il no dotato e la ricerca del vero sé di suo avatar disegnato e Tintin, al Alice Miller (1979, Bollati Borin- New Yorker Bechdel dice: «Tintin ghieri 2008) la aiuta a capire come non è androgino né mascolino: è sua madre, fragile o depressa, asessuale. Quella neutralità estepossa aver usato Alison e la sua ca- tica mi piace. Cerco sempre di espacità di empatia per farne uno sere una persona generica». specchio di ciò che voleva vedere, Al di là del miscuglio di Freud e spingendola a sviluppare un falso superamento dei generi, però, sé. Alison diventa una bambina forse l’unico problema di questo molto obbediente. Un lungo bra- libro è che è un libro per pazienti: no da The Ordinary Devoted ci sono due pazienti, l’autore e il Mother and Her Babydi Winnicott lettore, e devono entrambi uscire (1949) approfondisce la questio- migliorati rispetto alla propria ne, spingendo il lettore ad abban- malattia. La contemplazione non donare l’idea di intrattenimento e è cosa per la narrativa americana. a considerarsi egli stesso in anali- Tutto sembra orientato al migliosi: «... una madre diventa depres- ramento personale. Il dolore deve sa e può sentire come priva il figlio far crescere per forza. L’ansia di di ciò di cui ha bisogno, ma non redenzione o uscita dal dolore, riesce ad evitare l’insorgere di che sta alla base di tutta l’industry sbalzi d’umore, che potrebbero dei manuali e degli show di autoessere una reazione a qualcosa aiuto, è alla base anche di molta che ha colpito la sua vita privata. narrativa contemporanea ameri… In altre parole, ci sono molte ra- cana. La prima parte di Libertà di gioni per cui alcuni bambini ven- Franzen è un memoriale psicanagono delusi prima che siano in litico; l’ultima è un compendio di grado di non farsi ferire o mutila- redenzioni di un’intera famiglia; re la personalità da un simile fat- la vulgata su Mad Men vuole che il to. … Dobbiamo essere in grado di tema fondamentale sia la ricerca dire: qui la madre ordinariamen- della verità interiore di Don Drate devota ha fallito, ma senza dare per, a partire dal suo passato oscuro. Bechdel si inserisce, con la colpa a nessuno». Com’è questa madre: ecco la molto talento, in questo filone, un scena di uno straziante pomerig- auto-aiuto più denso di riferigio in cui Alison bambina guarda menti, forte, originale, ma pur la madre che guarda le telenove- sempre un tentativo rassicurante las, pochi mesi dopo la morte, in di ricomporre il caos. un lasso ristretto di tempo, dei © RIPRODUZIONE RISERVATA

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QUANDO FU UCCISA LA

LUNA Da Aristotele a Galileo il telescopio ci fece scoprire le vera faccia del cielo ADRIANO PROSPERI

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i presenta come un giallo: ma è un appassionante libro di storia quello che tre storici della scienza hanno dedicato al telescopio di Galileo, alla sua costruzione e alle scoperte che ne nacquero (Massimo Bucciantini, Michele Camerota, Franco Giudice, Il telescopio di Galileo. Una storia europea, Einaudi). Un giallo, si è detto: perché quello che accadde allora fu l’uccisione del cielo, così come lo si contemplava e si credeva di conoscerlo da millenni. Vittima primaria, la luna: dalla falce lucida e splendente, partecipe della perfezione dei corpi celesti a quella roccia bucherellata che un geniale pittore toscano, il Cigoli, ebbe l’impudenza di mettere sotto i piedi della sua Madonna Assunta nella cappella Borghese di Santa Maria Maggiore, a Roma. Ma ben più grave e intollerabile delitto fu l’aver portato dati sperimentali a dimostrare l’errore di un’umanità che si credeva al centro dell’universo e si vedeva all’improvviso sbalzata dal suo trono, espulsa dal guscio di un mondo chiuso e scaraventata Ma questo ha coperto di un nell’universo infinito. A secoli velo di ovvietà quel che accaddi distanza, abbiamo elabora- de allora: e ci si appassiona to il lutto della perdita, tanto da (sempre meno) solo alle stanimmaginare un altro spazio, che puntate della “querelle” altri mondi, cercando di stu- sul processo dell’Inquisizione diarli e provando a conquistar- a Galileo. Questo libro racconli, persino, fino ad arrivare alle ta la storia senza gravarla del spedizioni di oggi, con Curio- senno del poi: un merito raro. sity su Marte. Qui la maggior crisi della co-

scienza moderna ha trovato chi l’ha saputa ricostruire adeguatamente, indagando risvolti finora trascurati con dati nuovi e con uso nuovo del già noto. Fu, dice il titolo, una storia europea: e tutta l’Europa è percorsa e per così dire scoperta in un viaggio affollato di incontri. Si parte da Middelburg

L’invenzione del cannocchiale è un cambiamento che riguarda tutta l’Europa nella Zelanda, dove un occhialaio, Hans Lipperhey, ha l’idea di mettere in successione in un tubo due lenti, una concava e una convessa: è nato il cannocchiale. Sono tempi di guerre, si prepara la più grande di tutte, quella dei trent’anni: il cannocchiale appena nato viene puntato sulle fortificazioni dei nemici, come mostra un dipinto di Jan Brueghel il Vecchio (l’uso sapiente dell’iconografia è uno dei segreti di questo libro). La notizia circola rapidamente, tocca Parigi e Londra e approda a Venezia. Qui sveglia la curiosità di due amici, Galileo Galilei e fra Paolo Sarpi. I due coltivano studi di ottica e pensano al cielo più che alla terra. È in quella direzione che Galileo punterà per notti e notti di quell’inverno del 1610 lo strumento che intanto si è fabbricato: un cannocchiale ben più potente di quello dell’oscuro Lipperhey, uno strumento che sarà il suo vanto e il motivo di una improvvisa celebrità. Come ci riesce, mescolando


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PER SAPERNE DI PIÙ www.einaudi.it http://dykestowatchoutfor.com

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Il libro “Il telescopio di Galileo. Una storia europea” di Massimo Bucciantini, Michele Camerota, Franco Giudice (Einaudi, pagg. 344, euro 25). Sotto, un ritratto di Galileo Galilei

Il dibattito sul Nuovo Realismo/ Serve che ci sia una memoria per ricordarli

PERCHÉ I FATTI RESTANO FINCHÉ C’È UN PENSIERO EUGENIO SCALFARI

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abilità artigianale, scienza e inventiva, è uno dei capitoli più nuovi e divertenti del libro. Nel puntarlo verso il cielo notturno ha in mente una ipotesi avventurosissima, avanzata da un matematico polacco, Copernico, e ampliata e radicalizzata da un monaco eretico che ne aveva pagato il fio su di un rogo

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a Campo dei Fiori nel 1600. E già il 7 gennaio 1610 ha trovato la prova che la luna è «aspra et ineguale», in tutto simile «ai monti et alle valli che nella terrestre superficie sono sparse». Altre seguiranno. Le annuncia al mondo dal marzo di quell’anno un libro che di questo libro è il vero protagonista, il Si-

Il caso

LO SCRITTORE HADDON A CAMERON “VOGLIO PAGARE PIÙ TASSE” LONDRA — «Cameron, fammi pagare più tasse». L’appello al premier britannico è di un altrettanto noto cittadino inglese: Mark Haddon, l’autore del bestseller mondiale Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte. Lo scrittore ha dichiarato ieri sulle pagine del Sunday Times che i ricchi come lui, al tempo della crisi, dovrebbero contribuire di più per evitare altri tagli. «Le misure di austerity decise da questo governo hanno causato vere sofferenze a molti britannici, ma non a me», ha spiegato chiaramente Haddon. «Il mio alto tenore di vita non è stato minimamente intaccato». Parola di chi, grazie al suo romanzo di maggior successo, continua ad arricchire il conto in banca. La versione teatrale dello Strano caso – storia di un adolescente con la sindrome di Asperger che una notte trova il cane di una vicina trafitto da un forcone – sta andando in scena proprio in questi giorni al National Theatre di Londra. Brad Pitt, intanto, ha acquistato i diritti per farne un film che sarà prodotto dalla Warner Bros. Insomma, dal bestseller al blockbuster. E allora «perché alla gente come me non viene chiesto di fare la sua parte?», si chiede lo scrittore, che lamenta di pagare in proporzione meno tasse della donna delle pulizie. «Non è solo una questione economica, è anche un problema morale», ha precisato. «Se tutti pagassimo le tasse come si deve, non avremmo bisogno di ricorrere all’austerity».

L’AUTORE L’inglese Mark Haddon ha scritto “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte”

dereus Nuncius. Il messaggero delle stelle corre per tutta Europa. E subito divampano gelosia e malanimo, esito inevitabile della vera creatività nel mondo dei dotti o presunti tali. L’approvazione di un grande scienziato, Keplero, tanto generosa quanto isolata, non basterà a tacitarli. Toccherà all’autore viaggiare, persuadere, conquistarsi protettori potenti. La partita è difficilissima ma l’uomo è abile: non per niente ai satelliti di Giove che ha scoperto ha dato il nome di “pianeti Medicei”. Intanto c’è un colpo di scena: Sarpi tace e scompare. Perché? Nessuno se lo era chiesto. È uno dei meriti di questo libro averlo fatto usando coraggiosamente quello che distingue lo storico vero dal piatto cronista: l’immaginazione, il fiuto che segue l’odore della carne umana, lo scandaglio gettato nei silenzi delle fonti. Fu Galileo a sciogliere il rapporto con Sarpi? O fu Sarpi a lasciar cadere un legame che certamente lo aveva preso molto? Un fatto è certo: la svolta coincise con la scelta di Galileo di lasciare Venezia e di farsi strada col suo cannocchiale in una Toscana granducale legata a doppio filo alla Roma papale e alla Controriforma cattolica. A Roma si gioca la partita decisiva nella primavera del 1611. L’accoglienza trionfale al Collegio Romano convince Galileo di avere vinto. Si inganna. Il dovere dei gesuiti è quello di difendere un mondo tolemaico e aristotelico. Come possono accettare la verità del modello copernicano dell’universo rinunciando a lasciarla nell’empireo inoffensivo delle ipotesi? Optarono rapidamente per un compromesso che lasciava intatta la sostanza del modello tradizionale: i pianeti potevano girare intorno al sole, l’importante era che il Sole girasse intorno alla Terra. E mentre Galileo si illudeva di avercela fatta, al Sant’Uffizio qualcuno decise di riaprire l’incartamento del processo contro il filosofo Cesare Cremonini per cercarvi un nome: il suo. Il sospetto fece il suo corso, come sappiamo. Cominciò un’altra storia, di sospetti, di accuse, di processi. Era anche così che procedeva nel suo cammino la più grande rivoluzione mentale del mondo moderno. Una rivoluzione che intanto usciva dai confini europei: merito, imprevedibilmente, di un altro gesuita, il portoghese Manuel Dias che nel 1615 a Pechino stampò il suo Tian wen lüe. Qui si parlava delle scoperte di «un celebre studioso occidentale». Ancora pochi anni e il nome cinese di quello studioso – Chiali-lé-o – cominciava da Pechino il suo lungo viaggio nel mondo. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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ingrazio Maurizio Ferraris per la sua cortese risposta ad un passaggio del mio articolo di venerdì scorso, quello in cui sottolineavo l’incomunicabilità della «cosa in sé» kantiana la quale è conoscibile soltanto attraverso le interpretazioni soggettive di chi la vede dal di fuori non riuscendo e non potendo penetrarla al di dentro. Esiste, almeno in teoria, un’alternativa a quell’insuperabile impossibilità? Esiste, sì, e il primo a formularla con chiarezza (può sembrar paradossale) è stato Agostino d’Ippona: bisogna spogliarsi del proprio io per entrare nella cosa in sé, vuotare la propria testa d’ogni memoria e d’ogni traccia di soggettività per poter godere della beatitudine di contemplare la luce accecante di Dio, che per Agostino è ovviamente il culmine della cosa in sé. Nietzsche nei suoi ultimi scritti sostenne qualche cosa di molto simile quando precisò che il suo superuomo non è affatto un «super» (come pure lui stesso aveva ipotizzato in altri scritti sulla volontà di potenza) ma un «oltre-uomo» che ha smantellato il suo io per poter amare gli altri senza inmodo attraverso le categorie dell’Essere vaderli. Quanto ad Hegel l’essenza del suo e del Tempo che erano state la base del pensiero, come ho ricordato, si basa sul- pensiero heideggeriano. Dopo quell’immane lavoro, il filosofo tedesco si rese l’identità tra il vero e il reale. Tutto ciò che è reale è la verità. Il «do- conto che la sua interpretazione del penver essere» non esiste fin quando si tra- siero nietzschiano ne aveva trascurato sforma in realtà attuale e attuata; solo a molti aspetti e rendeva quindi manchequel punto il dover essere diventa essere vole il suo lavoro. In alcune lettere private ma poi rese pubbliche confessò a persone a lui profondamente legate d’esser caduto in uno stato di profonda depresSecondo Agostino d’Ippona sione che gli impediva qualsiasi altro labisogna spogliarsi del proprio io voro. per entrare nella cosa in sé, Ma tornando a Ferraris, la sua è un’invuotare la propria testa d’ogni teressante interpretazione come ho già detto del pensiero di Kant, di Hegel, di memoria e traccia di soggettività Nietzsche, dell’«umano» e del suo ruolo. Così come lo è la mia che ovviamente dale quindi vero. Quest’architettura è la ba- la sua diverge. I fatti restano, egli scrive. se della filosofia hegeliana, che sfugge vo- Lo dico anch’io. I fatti, gli oggetti, le perlutamente alla teoria kantiana. sone. Sfugge perché parte dall’ipotesi dello Le persone muoiono, gli oggetti si conSpirito, una trascendenza laica, che ope- sumano e infine scompaiono anch’essi. ra attraverso la triade della dialettica doI fatti restano e neanche Dio può canve l’antitesi serve soltanto da stimolo alla cellarli secondo la stessa dottrina della sintesi, fino a quando si arriverà al culmi- Chiesa, per la semplice ragione che è la ne d’una sintesi suprema e di uno Spirito volontà di Dio ad aver voluto che accaassoluto che tutto sa e tutto governa e per dessero. il quale ovviamente non esiste alcuna coResta un punto: i fatti restano fin quansa in sé visto che lo Spirito è dovunque, do esisterà un pensiero e una memoria trascendenza immanente e quasi spino- capace di ricordarli e anche il pensare ziana. Dio. Quando la nostra specie scomparirà Ferraris descrive la cosa in sé come l’a- si aprirà un altro scenario che non sta a spetto «resistente» entro certi limiti ne- noi immaginare e che durerà fin quando gativo, ma insuperabilmente reale. È una non scomparirà anche la Terra e il Sole e sua rispettabile interpretazione del pen- la Luna. Sui buchi neri si sa ancora tropsiero di Kant e di Hegel e anche di Nietz- po poco e comunque si procede a stusche. Mi permetto di ricordare – ma Fer- diarli sempre sulla base di interpretazioraris sicuramente lo sa – che Heidegger ni perché è quello il solo modo che abbiascrisse un libro fondamentale su Nietz- mo per costruire le nostre verità relative. sche nel tentativo di interpretarlo a suo © RIPRODUZIONE RISERVATA


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SPETTACOLI

&TELEVISIONE

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Successo per l’opera del 1812, scritta dal musicista all’epoca ventenne. E per il “melodramma giocoso” del 1821 messo in scena da Mario Martone

Rossini infestival

IN SCENA Accanto, un’immagine di “Ciro in Babilonia” di Gioachino Rossini (nel ritratto in basso) andato in scena al Rossini Opera Festival di Pesaro

NATALIA ASPESI PESARO i sa che questo Opera Festival che da 33 anni calamita in agosto, per due settimane, una moltitudine di smaniosi melomani rossiniani da tutto il mondo, ha tra i suoi compiti quello, eroico e talvolta ingrato, di non lasciare nell’oblio neppure una nota del loro adorato compositore, purché avallata nella sua autenticità dagli inflessibili dotti della Fondazione Rossini. C’era quindi grande fermento culturale per la riesumazione, dopo 185 anni di totale e comprensibile oblio, (tranne un temerario allestimento a Savona nel 1988) di questo Ciro di Babilionia, che il ventenne pesarese aveva messo assieme nel 1812 per la quaresima, tempo in cui per non chiudere i teatri, opera del diavolo, li si stipava di oratori penitenziali di ispirazione biblica. Andato in scena al teatro comunale di Ferrara, accolto con brontolii, forse a causa del testo demente, fu dallo stesso compositore considerato un fiasco: e quel trionfo allora mancato lo sta avendo qui, adesso, anche se poi, dopo la prima, nel giardino di casa Ratti, davanti a un immenso affollato buffet, c’era chi, blasfemo, diceva, «spettacolo meraviglioso, eccetto per la musica». Per una volta, secondo i frivoli, soporifera. Ma non per Stephane Lissner, in luna di miele lirica con la bella moglie Valentina (venivano come tanti, dal festival di Salisburgo): il sovrintendente alla Scala ha definito “ammirevole” uno spettacolo «che riesce allo stesso tempo a essere ironico ed emozionante»: e sublime il Ciro del celebre contralto sessantenne Ewa Podles «dalla voce unica,

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avanti Cristo il cattivo Baldassarre re di Babilonia rapisce Amira, moglie di Ciro re di Persia invaghendosi di lei: succedono numerosi casini bellici e sentimentali, con travestimenti, cupa prigione, condanne a morte, ira divina e persino un minaccioso profeta Daniello tutto barba e capelli bianchi. Lieto fine con sterminio di Baldassare e dei cattivi e vittoria di Ciro e famiglia. Si poteva benissimo assopirsi, malgrado le possenti voci e la direzione del“Matilde di Shabran” l’americano Will Crutchfield, se non fosse stato per Il regista: “La ‘Matilde di il tripudio registiShabran’ viene data co del torinese Dararamente per le difficoltà vide Livermore, cui sottopone i cantanti che si è ispirato all’episodio babilocon infiniti gorgheggi” nese di Intolerance, capolavoro meravigliosa», di insuperabile muto diretto nel 1916 da Grifcommozione. Pur applaudita fith: in cui però Ciro è il cattivo e forsennatamente, i soliti burlo- Baldassarre il buono. Sul palconi hanno osato definirla molto scenico (costumi di Gianluca somigliante, dati i posticci bar- Falaschi, scene di Nicolas Boba e baffi ricciuti in stile babilo- vey) coro trasformato in cinenese, al Nerone di Peter Ustinov pubblico stile Poiret, con persiin Quo Vadis?. no qualche Contessa Casati caSecondo il pessimo librettista rica di perle e di aigrettes, che asFrancesco Aventi, nel V secolo sistono a un film tipo Cabiria

Melomani in festa a Pesaro con Ciro, Matilde e Bruschino

resto questa volta con lui ci sono la bella Matilde del soprano russo Olga Peretyatko, il graziosissimo Edoardo del contralto russo Anna Goryachova, truccata da Abate Faria, e l’altrettanto grazioso poeta Isidoro del padano Paolo Bordogna, che ha imparato benissimo per il suo ruolo il napoletano antico. C’è soprattutto a dirigerla Michele Mariotti (che ha l’età del Festival: 33 anni): direttore principale del teatro comunale di Bologna, ha già collaborato con la Scala, è atteso al Metropolitan di New York e ancora alla Scala, e alla fine di questa edizione sposa Olga Peretyatko: timido, carino, ciuffo di capelli che nella foga rossiniana ondeggia seducente, mentre dirige canta sommessamente tutte le parti, il che pare rassicuri i cantanti. Le foto di lui decenne che con in mano lo spartito segue le prove tra il direttore Gatti e il regista Pizzi, decorano lo studio del sovrintendente pesarese, cioè di suo padre Gianfranco Mariotti, che lo ha chiamato a dirigere qui solo dopo i successi ottenuti altrove. L’altra sera il pubblico internazionale non sapendo più come manifestare la sua felicità, ad ogni “Son donna e tutto ho detto, portatemi rispetto o ve la fo pagar!” della furba Matilde o “Cara, quel tuo sembiante, l’alma mi mette in foco” dell’innamorato Corradino, ha rafforzato gli interminabili applausi pestando i piedi a ogni meraviglia canora. Volate le quattro ore di spettacolo, i privilegiati invitati, affamati, nel giardino del vicepresidente degli Amici del Rossini Opera Festival (per fortuna sempre più generosi) Paolo Tittarelli hanno festeggiato sino all’alba. Anche Lissner che ha definito questa Matilde«uno spettacolo di massimo livello». Terza opera di quest’anno la

che è il Cirodi Rossini, con i cantanti abbigliati come nei Ballet Russes, però in bianco e nero come nelle pellicole pioggerellose del muto, e ripresi sugli schermi di fondo bistrati a imitazione di divi di allora come Pina Menichelli e Bartolomeo Pagano, coi gesti esagerati dei film di Pastrone. Però la massima attesa era per il “melodramma giocoso” Matilde di Shabran che un Rossini non ancora trentenne, oberato di lavoro e successo, compo- “Il signor Bruschino” se velocemente nel 1821 per il Carnevale del teatro La farsa giocosa “Il signor Apollo di Roma. Bruschino” era molto attesa Opera incantevole, ma, secondo il anche perché realizzata da regista Mario collettivi di giovani: il Martone «data ra- direttore Rustioni ha 29 anni ramente per le difficoltà cui sottopone i cantanti, soprattutto il te- “farsa giocosa” Il signor Brunore incatenato alla tortura di schino, molto attesa perché gorgheggi infiniti nel ruolo del realizzata da collettivi di giovamisogino Corradino Cuor di ni, i ragazzi del Teatro SotterraFerro». Ma qui c’è il peruviano neo registi, gli allievi dell’accaJuan Diego Flòrez, di bravura e demia di belle arti di Urbino per grazia fisica insuperabili, diven- i costumi e le scene. Il direttore tato divo assoluto del belcanti- d’orchestra, il milanese Daniele smo proprio a Pesaro e proprio Rustioni, ha 29 anni. con Corradino, nel 1996. E del © RIPRODUZIONE RISERVATA


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Sulla legalizzazione

Il caso

Replica a Vasco: “L’aiuto ai drogati dai Sert”

Blake scioccato dai vecchi sms di Amy Winehouse

«L’alternativa allo spacciatore c’è già: i Sert». È la replica del Capo Dipartimento politiche antidroga a Vasco Rossi che su Facebook ha scritto: «Legalizzare la droga riduce i danni».

Secondo la madre di Blake Fielder, l’overdose sarebbe stata provocata dalla lettura di vecchi sms nei quali l’ex moglie Amy Winehouse si offriva di fare da madrina al suo bambino.

“La regola del thriller? Non far vedere subito il mostro assassino”

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IL THRILLER Realizzato da Spielberg nel 1975, Lo Squalo fu sceneggiato da Carl Gottlieb (a sinistra)

Esce restaurato “Lo squalo” sceneggiato da Gottlieb

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SILVIA BIZIO LOS ANGELES o squalodi Steven Spielberg, uscito nel 1975, è il film che più ha riscritto le regole di Hollywood: primo, non mostrare la creatura/mostro se non a film inoltrato, far sentire la sua presenza e creare suspense fino a non poterne più. Dopodiché, ecco spuntare dall’acqua le enormi fauci che fanno sobbalzare lo spettatore. Secondo: gli studios di Hollywood, sull’onda del successo planetario de Lo squalo, iniziarono la politica dei “summer blockbuster”, i filmoni estivi pop-corn, infarciti di azione, avventura ed effetti speciali, calamite per il pubblico di massa, soprattutto quello giovane. Terzo: la mistica del predatore, poi riciclata in tanti film d’azione. Il film è ambientato in una stazione balneare sulla costa atlantica Usa, dove un enorme squalo bianco fa strage di innocenti, ma il sindaco non vuole chiudere la spiaggia per paura di perdere business. Saranno il poliziotto Roy Scheider, il pescatore d’altura Robert Shaw e l’oceanografo Richard Dreyfuss ad affrontare il mostro. Un misto di Moby Dick e Duel (il primo film di Spielberg) denso di tensione hitchcockiana con striature horror in stile La cosa. Tratto dal romanzo di Peter Benchley, il copione venne scritto da Carl Gottlieb. Con cui abbiamo parlato, in occasione del lancio del film in blu-ray. Mr. Gottlieb, una nuova generazione di spettatori potrà godersi Lo squalo in versione restaurata. Come nacque il film? «Fu un’idea di Peter Benchley, che scrisse il romanzo (Jaws), da cui poi adattammo il copione del film. Ho scritto un libro intitolato Il diario dello Squalo, in cui racconto l’intera esperienza». Si aspettava questo incredibile e duraturo successo? «In realtà nessuno se lo aspettava. Per fortuna il regista era quel genio di Steven Spielberg. Anche se nessuno, allora, lo sapeva ancora! A parte l’assenza di telefoni cellulari e computer, il film avrebbe potuto essere ambientato l’anno scorso. Ma la cosa più importante è che i personaggi hanno un fascino universale. Il capo della polizia e la sua famiglia, il giovane oceanografo, il pescatore arrabbiato, il patetico sindaco, che commette un errore gravissimo di valutazione per salvare l’economia della sua piccola cittadina che si regge sul turismo balneare estivo. Poi c’è l’odiato squalo, il predatore ossessivo, una forza irresistibile. Mescola questi elementi, ed ecco Lo squalo». Come fu lavorare con Spielberg? «Eravamo giovani, non conoscevamo limiti. Personalmente fui impressionato dalla sua capacità di concentrazione sul lavoro, e dalla capacità di nascondere all’intera troupe le sue insicurezze. Aveva anche una cono-

Mai visto uno come Spielberg: già a 28 anni aveva il controllo totale su lenti, montaggio, struttura narrativa...

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scenza profonda della tecnica: poche persone della sua età (a quell’epoca aveva solo 28 anni) avevano il totale controllo su lenti, angoli, montaggio, struttura narrativa». Lei ha poi scritto due seguiti. Come ha escogitato le nuove trame? «Sono fiero del lavoro fatto per Lo squalo 2, che a suo tempo fu uno dei seguiti di maggior suc-

cesso, piacque molto al pubblico. Mi sono divertito, tutto qui». Quanto quel film ha influenzato il suo lavoro successivo? «Mi ha cambiato la vita, ovvio. Ma subito dopo, nel 1979, ho scritto una commedia di grande successo: Lo straccione, con Steve Martin. La lezione appresa con Lo squalo è semplice: racconta una bella storia, non abbellire troppo, non divagare,

concentrati sui personaggi e sull’azione. È vero per la commedia come per l’azione. Facile a dire, difficile da mettere in pratica, soprattutto oggi». Come nasce un’idea, e come si sviluppa? «Le idee vengono dove meno te le aspetti: una notizia, una cosa buffa, un evento storico. Esprimerle è molto più difficile. Scrivere è come camminare in

circolo intorno alla tastiera fino a che non c’è più una via di fuga: allora ti siedi e scrivi. Per me è fondamentale delineare un abbozzo di trama prima di cominciare a scrivere la storia. L’abbozzo è la mappa, necessaria per sapere dove stai andando quando cominci il tuo viaggio». Cosa pensa dei film di Hollywood di oggi? «Non molto. Troppi prequel,

sequel, re-boot, adattamenti da fumetti, troppa imitazione e cavolate posticce. I grossi film scemi fanno un sacco di soldi, e lasciano poco spazio per realizzare film più piccoli ma buoni. I giovani li guardano su smartphone o tablet e non hanno idea di cosa sia il cinema di qualità. Oggi sogno di girare un film sui pirati vecchio stampo».

Il personaggio

Nei panni del magnate della moda Ridge Forrester ha fatto palpitare i cuori di 450 milioni di fan in 100 nazioni

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Ronn Moss dice addio a “Beautiful” troppo basso il cachet dopo 25 anni CARLO MORETTI ROMA er venticinque anni e più di 6 mila puntate nei panni del magnate della moda Ridge Forrester, Ronn Moss ha fatto palpitare i cuori di 450 milioni di spettatori in tutto il mondo, in più di 100 nazioni diverse. Anche in Italia il suo volto (e le sue mascelle), insieme alle vicende amorose con Brooke Logan, hanno spezzato centinaia di migliaia di cuori a più di una generazione. Ma la storia tra Moss e la neverending

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soap-opera Beautiful, nata nel 1987 sulla rete americana Cbs, sembra proprio essere giunta alla fine. L’attore statunitense a ottobre lascia il cast e l’addio non è certo dovuto alla stanchezza da set, piuttosto a una non precisata «serie di problemi economici legati al contratto». Al portafoglio non si comanda, altro che cuori infranti: per Moss l’ultimo ciak scatterà martedì prossimo e la puntata finale per lui andrà poi in onda in una data ancora da precisarsi a settembre

in America. I dettagli economici che avrebbero portato alla rottura non sono stati resi noti. Ronn Moss, che recentemente ha pure avuto un brutto incidente stradale, tace e si consola alla festa di mezza estate della rivista Playboy insieme alla moglie, la mora Devin DeVasquez, che nel

1985 è stata una playmate. La produzione del programma in una nota usa toni diplomatici ma non lascia margini al dubbio sulla fine del rapporto di lavoro: «Ronn Moss ha passato oltre due decenni straordinari con Beautiful. Lo considereremo sempre di famiglia e gli auguriamo il meglio per il suo futuro».

Pare che all’origine del mancato accordo sul compenso per Ronn Moss ci siano le difficoltà che tutte le soap opera incontrano ormai sulle reti generaliste: il nuovo mercato televisivo globale, con la differenziazione delle offerte, ha fatto crollare l’audience registrata negli anni precedenti e con la conseguente

SUL SET Ronn Moss in una scena della soap opera della Cbs The Bold and the Beautiful (titolo originale)

La soap opera

Dopo 6 mila puntate, la produzione: “Lo considereremo sempre di famiglia e gli auguriamo il meglio”

SERVIZIO SANITARIO REGIONE TOSCANA Ente per i Servizi Tecnico Amministrativi di Area Vasta Via Cocchi 7/9 - 56121 PISA

Sede legale: Via Cocchi 7/9 - 56121 PISA

ESITO DI GARA PER ESTRATTO Si rende noto che l’ESTAV N-O con Determina n. 851 del 31.07.2012 ha aggiudicato la seguente procedura di gara: MONITOR MULTIPARAMETRICI, ELETTROCARDIOGRAFI E DEFIBRILLATORI. Aggiudicazione Lotti n. 1- 3 - 4 - 5 - 6 - 7 e 8. Tutti gli atti sono disponibili sul sito aziendale

flessione delle inserzioni pubblicitarie anche il cachet degli artisti ne ha risentito. I tempi d’oro di Beautiful sono insomma definitivamente tramontati anche se il titolo della Cbs continua a essere una delle soap di maggior successo e la più diffusa a livello internazionale. Con l’Italia Ronn Moss ha un legame molto forte. Proprio il nostro paese l’ha tenuto a battesimo nel suo esordio sul set nel 1983 per la parte di Ruggero nel film di Giovanni Battiato Paladini-Storia d’armi e d’amori, ispirato al poema Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Nel 2010, poi, Moss ha partecipato a Ballando con le stelle su RaiUno arrivando in finale e piazzandosi al secondo posto, chiamato poi per questo come ospite nelle trasmissioni Rai più popolari, da Domenica In a La vita in diretta. Un volto noto e familiare, dunque, ormai ben oltre la notorietà raggiunta nei panni di Ridge. Sessant’anni compiuti nel marzo scorso, due figlie avute dal primo matrimonio con Shari Shattuck, da cui ha divorziato nel 2002, il losangelino Ronald Montague Moss sognava in realtà di fare il cantante rock: figlio di un agente di spettacolo specializzato nella vendita di biglietti, Moss è infatti cresciuto tra attori e musicisti e a 11 anni ha imparato a suonare la batteria, la chitarra e il basso. A 25 anni ha avuto un discreto successo con la band dei Player, di cui era bassista e cantante. Nel 1978 la loro “Baby come back” arrivò fino al primo posto in classifica. Poteva essere una stella del rock’n’roll ma nel 1987 cadde nel gorgo di Beautiful: un viaggio verso la luce lungo 25 anni. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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GIOCHI

IL PODIOdiEDIPO a cura di Stefano Bartezzaghi

OGNI GIORNO BISOGNA INDOVINARE IL NOME DI UN OLIMPIONICO O UNA OLIMPIONICA DELLA NAZIONALE ITALIANA E L’EDIZIONE DELLE OLIMPIADI IN CUI HA VINTO LA SUA MEDAGLIA D’ORO (O UNA SOLA DELLE SUE MEDAGLIE D’ORO)

L’ANACRONISMO

IL REFUSO FUORVIANTE La rassegna stampa sul personaggio del giorno contiene un refuso in ogni riga. Trova e correggi l’errore, tenendo conto che in ogni riga c’è una sola lettera da cambiare, da scartare o da aggiungere.

Nell’anno in cui l’atleta del giorno vince la medaglia d’oro che oggi ricordiamo non succede che: A Bologna una bomba devasta la stazione ferroviaria, uccidendo ottantacinque persone. Viene fondata la Lega Lombarda.

1. Hanno ottenuto i migliori risultati con il loro arco. 2. Le loro tare sono passate alla storia. 3. Nel fare la telecronaca Galeazzi urtava.

Due milioni di persone partecipano ai funerali del segretario del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer. La squadra di calcio del Napoli arruola Diego Armando Maradona.

IL DISTICO ANAGRAMMATO

Membri infedeli del suo corpo di guardia uccidono la prima ministra indiana Indira Gandhi. (scegli l’evento successo in un anno diverso)

Trova il nome dello sportivo del giorno anagrammando la parte in corsivo:

L’ANELLO ENIGMATICO

Vogan furenti nell’acqua stagnante. / Vincon ori con *rabbia flagellante*.

Esempio. Se la parola-chiave fosse SPORT la catena potrebbe essere: SPORT - SPORTA (aggiunta di lettera) - MANICO (per attinenza) - CAMINO (per anagramma) FUMO (per attinenza) - SUMO (per cambio di lettera) SPORT (per appartenenza di categoria). Nota: la catena è valida anche se letta in senso contrario (sport, sumo, etc.). La parola-chiave del giorno è: FRATELLI Forma una catena con sette parole scelte fra le seguenti ABELE, ABUSO, BABELE, CAINO, CALZINO, CAMINO, CAMIONALE, CAMMINO, PEDONE, TORRE FRATELLI primo anello secondo anello terzo anello quarto anello quinto anello sesto anello settimo anello FRATELLI

_______________________________ _______________________________ _______________________________ _______________________________ _______________________________ _______________________________ _______________________________

SOLUZIONI

ORIZZONTALI: 2. Il Francis grande pittore contemporaneo. 6. La città laziale del festival Caffeina (targa). 8. Johnny al cinema. 12. Era frequentato da Patty Pravo. 14. Una parte del sonno. 18.Così sono le Persone dei cattolici. 19. L'ora fatale. 20. Sono pari nell'etica. 22. Boris compositore allievo di Petrassi. 23. In francese è un insulto. 24. In centro, in alto. 25. Le proteste impedienti. 28. La città con il Palazzo dei Diamanti (targa). 29. Sono nella mano e nel braccio. 30. Offendersi come guappi. 32. I campioni di oggi. 34. Il Bohumil, scrittore ceco. 35. Un passo verso l'Austria. 36. In euro o in dollari sono davvero pochi. 39. Marina è vicina a Bellaria. 40. Buoni a nulla. 41. Un lago lombardo. 43. Si può darlo anche da certe colonne in autostrada. 44. Fa morire di fame. 45.A volte si augura brindando. 47. Si dice che non bisogna dirlo. 48. Scende sulla neve. 49. Parità farmaceutica.

VERTICALI: 1. E' grande con i Miserabili. 2. Bere di meno. 3. Tozze scimmie africane. 4. Fallaci tra i giornalisti (iniz.). 5. Una metropoli italiana. 6. Così è detta una specie animale provvista di colonna. 7. Un imponente veliero. 9. Abbrevia un elenco. 10. Molti lo hanno su Facebook. 11. Organo maschile. 12. Una preparazione per il riso. 13. Sorrentino e napoletano (iniz.). 15. Stanno fra la pelle e i vestiti. 16. L'Inghilterra degli Inglesi. 17. Difettuccio da nascondere. 21. Fiorellini rosacei. 25. È dolce e americana. 26. Una caratteristica di molti paesaggi italiani. 27. Pioniere bolognese della cultura giuridica italiana. 31. Picca macedone da guerra. 33. Il principale centro della Camargue. 36. In Italia ce n'è una all'anno. 37. Amò un cigno. 38. Un leghista divenuto presidente di Regione. 42. Quel che Einstein ripeteva. 44. La fine della tragedia. 45. Lo ha percorso quest'anno Paolo Rumiz. 46. Benigni sul palco (iniz.).

I personaggi del giorno sono i fratelli Abbagnale, di cui oggi ricordiamo la medaglia d’oro vinta alle Olimpiadi di Los Angeles del 1984 (nel Due con di canottaggio). 1. L’anacronismo L’attentato alla stazione di Bologna è avvenuto nel 1980; tutte le altre sono notizie dell’anno 1984. 2. L’anello enigmatico Soluzione: FRATELLI CAINO (attinenza) CAMINO (aggiunta) CAMMINO (aggiunta) PEDONE (attinenza) TORRE (attinenza) BABELE (attinenza) ABELE (scarto) FRATELLI (attinenza). 3. Il refuso fuorviante 1. Non arco ma armo. 2. Non tare ma gare. 3. Non urtava ma urlava. 4. Distico anagrammato L'anagramma di: *rabbia flagellante* è *fratelli Abbagnale*.

Devi formare una catena di parole. Ogni parola può essere in rapporto di attinenza (gatta - lardo), di cambio di lettera (lardo - laido), di scarto di lettera (laido - lido), di aggiunta (lido - lidio) o di anagramma (lidio - idoli) con la parola che la precede. La parola di partenza e di arrivo, l'anello che chiude la catena, è data. Le altre parole vanno scelte fra le dieci elencate qui sotto. La lunghezza della catena deve essere quella prevista dallo schema.


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R2PROGRAMMI

LUNEDÌ 13 AGOSTO 2012

PER SAPERNE DI PIÙ padrematteoricci.it/ www.berlin.de/mauer/index.it.html

■ 39

ENZO BIAGI E IL MURO CHE SPEZZÒ L’EUROPA

DOCUMENTARIO L’avventura del padre gesuita Matteo Ricci e il viaggio missionario che 430 anni fa lo portò in Cina. Un’occasione per scoprire come è cambiato il Paese e i suoi rapporti con l’Italia. RaiUno — 23.05

ONO le prime ore del 13 agosto 1961 quando, su ordine delle autorità della Germania comunista, iniziano a venire stesi reticolati di filo spinato sulla linea di confine tra Berlino Est e Berlino Ovest. Nei giorni successivi, il filo spinato è sostituito da un muro. Il programma di Rai Educational Res Gestae Fatti (oggi su Rai Storia alle 18.00) propone, nello stesso giorno che cambiò il volto e la storia della capitale tedesca, un servizio di Enzo Biagi: RT — Il Muro

S

di Berlino. Il giornalista e scrittore analizza gli aspetti più significativi della vita che si svolgeva intorno al Muro che divise un paese, spezzò in due l’Europa e separò la vita di tante famiglie colpevoli di trovarsi dalla parte sbagliata al momento della costruzione. Uno sguardo profondo sulla storia, la situazione economica, sociale e culturale della Berlino dei primi anni Sessanta, in onda 51 anni dopo la costruzione del simbolo della Cortina di ferro.

REPORTER Enzo Biagi racconta la costruzione del Muro

RAI 3

CANALE 5

ITALIA 1

RETE 4

LA SETTE

DEEJAY TV

6.45 Unomattina Estate: All’interno: Che tempo fa / 7.008.00-9.00-10.00 Tg1 / 7.30 Tg 1 L.I.S. / Che tempo fa / Tg1 Focus/ 9.05 I Tg della storia Estate / Tg1 Flash / Che tempo fa 10.10 Unomattina Vitabella 11.05 Un ciclone in convento - Tf 12.00 E state con noi in Tv - con P. Limiti 13.30 Telegiornale 14.00 Tg1 Economia 14.10 Don Matteo 6 - Tf 15.10 Capri - con G. Pession, K. Capparoni, S. Assisi 17.00 Tg1 17.10 Che tempo fa 17.15 Heartland - Tf 18.00 Il Commissario Rex - Tf 18.50 Reazione a catena 20.00 Telegiornale 20.30 Techetechetè 21.20 Film: La vittoria di Luke the 5th Quarter - di R. Bieber, con A. Quinn, A. MacDowell Tg1 60 Secondi 23.05 Nel cuore della Cina 0.15 Tg1- Notte 0.45 Che tempo fa 0.50 Sottovoce 1.25 Real School 1.50 Film: Sansone contro i pirati - di A. Anton, con K. Morris, M. Lee

6.15 Top Secret - Tf 7.00 Protestantesimo 7.30 Cartoon Flakes 10.15 La complicata vita di Christine - Tf Meteo2 10.35 Tg2 Insieme Estate 11.20 Il nostro amico Charlie - Tf 12.10 La nostra amica Robbie - Tf 13.00 Tg2 Giorno 13.30 Tg2 E... state con Costume 13.50 Medicina 33 14.00 Senza traccia - Tf 14.45 Army Wives - Tf 15.30 Guardia Costiera - Tf 16.15 Blue Bloods - Tf 17.00 90210 - Tf 17.50 Tg2 L.I.S. Meteo2 17.55 Rai Tg Sport 18.15 Tg2 18.45 Cold CAse - Tf 19.35 Ghost Whisperer - Tf 20.30 Tg2 20.30 21.05 Squadra Speciale Cobra 11 - Tf 21.55 Una scatenata coppia di sbirri - Tf 22.50 Supernatural - Tf 23.25 Tg2 23.40 Stracult - Il meglio di 1.20 Sorgente di vita 1.50 Meteo2 1.55 Ritratto di donna velata Giallo con N. Castelnuovo, D. Nicolodi 2.55 Little Roma - Tf con F. Amendola, C. Amendola 3.45 Videocomic

6.30 Il caffè di Corradino Mineo 8.00 Superstoria 8.35 Film: La ballata dei mariti - di F. Taglioni, con M. Carotenuto, A. Tieri 10.15 Rai 150 anni. La Storia siamo noi 11.10 Tg3 Minuti 11.15 Agente Pepper - Tf 12.00 Rai Sport Notizie Meteo3 12.15 Per un pugno di libri - con V. Pivetti 13.10 La strada per la felicità - Tf 14.00 Tg Regione Tg Regione Meteo 14.20 Tg3 Meteo3 14.45 Tgr Piazza Affari 14.50 Tg3 L.I.S. 14.55 La casa nella prateria - Tf 15.45 Film: Fantozzi contro tutti - di N. Parenti, P. Villaggio, con P. Villaggio, M. Vukotic, G. Reder 17.15 GeoMagazine 2012 18.55 Meteo3 19.00 Tg3 19.30 Tg Regione / Tg Regione Meteo 20.00 Blob 20.05 Un caso per due - Tf 21.05 Film: Il nome della Rosa - di J.J. Annaud, con S. Connery, C. Slater 23.25 Tg Regione 23.30 Tg3 Meteo3 23.45 Fil - Felicità interna lorda 0.40 Teatro Comunale di Firenze “La piccola volpe astuta” di L. Janacek

6.00 Prima pagina 7.55 Traffico / Meteo5 /Borse e Monete 8.00 Tg5 Mattina 8.35 Miracoli degli animali - Doc 8.45 Tvm: Il tesoro dei Templari - Il ritorno al passato - di G. Campeotto, con J.G. Wester, C. Heldbo Wienberg 10.20 I Cesaroni 3 - Tf 13.00 Tg5 Meteo5 13.40 Beautiful 14.10 Centovetrine 14.45 Tvm: Una nuova fidanzata per papà - di B. May, con F. Ford, C. Daddo 16.15 Tvm: Innamorarsi a Verona - di D. Regel, con K. Bohm, C.M. Ohrt 18.30 La ruota della fortuna 20.00 Tg5 Meteo5 20.40 Veline 21.20 Film: Amelia - di M. Nair, con E. McGregor, H. Swank 23.30 Film: Un soffio per la felicità - di J. Gunn, con M. Sorvino, B. Pepper 1.30 Tg5 Notte Meteo5 2.00 Veline (r) 2.30 Media Shopping 2.45 Boston Legal - Tf 5.15 Tg5 (r) Meteo5 (r) 5.45 Media Shopping

6.30 Il mondo di Patty - Telenovela 7.20 Hannah Montana - Sitcom 8.10 Cartoni 10.30 Dawson’s Creek - Tf (due episodi) 12.25 Studio aperto Meteo 13.00 Studio Sport 13.40 Futurama - Tf 14.10 I Simpson - Tf 14.35 What’s My Destiny Dragon Ball - Cartoni 15.00 Gossip Girl - Tf 15.50 Anteprima Celebrity Games 15.55 Glee - Tfù 16.40 Anteprima Celebrity Games 16.45 Giovani campionesse - Tfù 17.35 Anteprima Celebrity Games 17.40 Love Bugs - Sitcom 18.30 Studio Aperto Meteo 19.00 Studio Sport 19.25 C.S.I. New York - Tf (due episodi) 21.10 Plastik - Ultrabellezza Show 0.40 Rookie Blue - Tf 1.35 Nip/Tuck - Tf 2.30 Studio Aperto - La giornata 2.45 Anteprima Celebrity Games 2.50 U-Zone - Tf 3.30 Media Shopping 3.45 Tvm: Miliardi - di C. Vanzina, con C. Alt, L. Hutton

5.55 Tg4 Night News 6.20 Media Shopping 6.50 Magnum P.I. - Tf 7.45 Più forte ragazzi - Tf 8.40 Sentinel - Tf 9.50 Monk - Tf 10.50 Ricette di famiglia 11.30 Tg4. All’interno: Meteo 4 12.00 Pacific Blue - Tf 12.55 Distretto di polizia - Tf 13.50 Tvm: Poirot: Memorie di un delitto - di A Grieve, con D. Suchet 16.05 My Life - Telenovela 16.50 Aspettando Dallas 16.55 Il commissario Navarro - Tf 18.55 Tg4. All’interno: Meteo 19.35 Tempesta d’amore - Telenovela 20.10 Siska - Tf 21.10 Film: The Kingdom - di P. Berg, con J. Foxx, J. Garner 23.55 Film: Film: Il cavaliere di Lagardere - di P. De Broca, con D. Auteuil, F. Luchini 2.45 Film: Casotto - di S. Citti, con J. Foster, C. Deneuve 4.25 Media Shopping 4.45 Film: Ursus nella valle dei leoni - di C.L. Bragaglia, con E. Fury, M. Orfei, A. Lupo

6.00 Tg La7 Meteo Oroscopo Traffico 6.55 Movie Flash 7.00 Omnibus Estate 2012. All’interno: 7.30 Tg La7 7.50 In Onda - con N. Lusenti e F. Facci 8.30 Ultime dal cielo - Tf 9.30 JAG - Avvocati in divisa - Tf 11.30 Agente speciale Sue Thomas - Tf 12.30 I menù di Benedetta - conduce Benedetta Parodi (r) 13.30 Tg La7 14.05 Movie Flash 14.10 Film: Sissi, la favorita dello zar - di A. von Ambesser, con R. Scheider, J.C. Pascal 15.45 Chiamata d’urgenza- Tf 16.10 Il commissario Cordier - Tf 18.05 L’ispettore Barnaby - Tf 20.00 Tg La7 20.30 Cash Taxi - con M. Berry 21.10 Film Cronaca presenta: Videocracy - di E. Gandini. In contemporanea su La7.it 23.00 Un capo in incognito - Docureality 0.20 Tg La7 0.25 Tg La7 Sport 0.30 Film: Countdown - Dimensione zero - di D. Taylor, con K. Douglas, M. Sheen 2.20 Movie Flash

13.30 The Beat of London 13.55 Deejay Tg 14.00 Fuori frigo 14.30 Una splendida annata 15.55 Deejay Tg 16.00 Una splendida annata 18.55 Deejay Tg 19.00 Speciale Move to the Beat 19.15 Una splendida annata 20.00 Lorem Ipsum 20.20 Una splendida annata 21.00 Fuori frigo 21.30 The Middleman 22.30 Le nove vite di Chloe King 23.30 Jack Osbourne No Limits 0.30 Fuori frigo

SKY [servizio a pagamento]

■ cinema mattina

■ cinema pomeriggio

■ cinema sera

■ cinema notte

09.05 Io, Robot - di A. Proyas Sky Cinema Max HD 09.10 I fratelli Grimm e l'incantevole strega - di T. Gilliam Sky Cinema Family HD 10.15 North Face - Una storia vera - di P. Stölzl Sky Cinema Hits HD 11.00 Mega Python Vs. Gatoroid - di M. Lambert Sky Cinema Max HD 11.35 Stanno tutti bene - di K. Jones Sky Cinema Passion 12.25 Salt - di P. Noyce Sky Cinema Hits HD 12.35 Il codice del silenzio - di A. Davis Sky Cinema Max HD

14.10 Un amore a 5 stelle - di W. Wang Sky Cinema Hits HD 14.25 Maga Martina 2 - Viaggio in India - di H. Sicheritz Sky Cinema 1 HD 14.30 Asterix & Obelix. missione Cleopatra di A. Chabat Sky Cinema Family HD 15.30 Io e Beethoven - di A. Holland Sky Cinema Passion 16.00 Qualcosa di speciale - di B. Camp Sky Cinema Hits HD 17.15 Amore senza confini - Beyond Borders - di M. Campbell Sky Cinema Passion 17.35 La lunga notte del '43 - di F. Vancini Sky Cinema Classics

21.00 Gli irriducibili - di G. Sinise Sky Cinema Classics 21.00 Il mio cane Skip - di J. Russell Sky Cinema Family HD 21.00 Io, Robot - di A. Proyas Sky Cinema Max HD 21.00 I ragazzi stanno bene - di L. Cholodenko Sky Cinema Passion 21.00 In questo mondo di ladri - di C. Vanzina Sky Cinema Comedy 21.10 Amici di letto - di W. Gluck Sky Cinema 1 HD 21.10 L'ultimo dominatore dell'aria - di M. Shyamalan Sky Cinema Hits HD

22.40 Bisbiglio, l'elefantino coraggioso - di D. Joubert Sky Cinema Family HD 22.40 Scary Movie - Senza paura, senza vergogna, senza cervello! - di K. Ivory Wayans Sky Cinema Comedy 22.55 Starman - di J. Carpenter Sky Cinema Classics 22.55 Chicago - di R. Marshall Sky Cinema Passion 23.00 I Borgia - di O. Hirschbiegel Sky Cinema Hits HD 23.00 ESP - Fenomeni paranormali - di The Vicious Brothers Sky Cinema Max HD

19.30 Bollettino Sportivo Eurosport 2 19.30 Ep. 10 FIFA World Cup Sky Sport 1 HD 19.30 Lazio - Novara 11/12 Fan Club Lazio Sky Supercalcio HD 20.00 Motocross: Speedway Grand Prix Eurosport 2 20.00 Beach Soccer: Ostia. 1a parte Trofeo Internazionale Sky Sport 1 HD 20.00 Milan - Napoli 11/12 Fan Club Napoli Sky Supercalcio HD 20.30 Juventus - Inter 11/12 Fan Club Juventus Sky Supercalcio HD

20.45 Speciale Giochi Olimpici Watts EuroSport HD 21.00 Tennis: Torneo WTA di Cincinnati Eurosport 2 21.00 Calcio: Dinamo Bucarest Barcellona Incontro Amichevole Sky Sport 1 HD 21.00 Calcio: Inter - Hajduk Spalato UEFA Europa League Sky Supercalcio HD 21.15 Wrestling: This Week on WWE Pro Wrestling EuroSport HD 21.45 Wrestling: Vintage Collection Pro Wrestling EuroSport HD 22.45 Together to London EuroSport HD

23.00 Tennis: Torneo WTA di Montreal Eurosport 2 23.00 Inter Serie A Remix Sky Sport 1 HD 23.00 Tennis: ATP World Tour Masters 1000 Cincinnati Sky Sport 2 HD 23.00 Wrestling: Ep. 7 WWE Experience Sky Sport 3 HD 23.00 Beach Soccer: Ostia. 1a parte Trofeo Internazionale Sky Supercalcio HD 00.00 Night News Eurosport 2 00.00 Beach Soccer: Ostia. 1a parte Trofeo Internazionale Sky Sport 1 HD

■ sport 18.00 Premier League World Sky Sport 1 HD 18.00 Milan - Lecce 11/12 Fan Club Milan Sky Supercalcio HD 18.30 Motociclismo: GP di Gran Bretagna Mondiale Superbike Eurosport 2 18.30 Bergomi I Signori del Calcio Sky Sport 1 HD 18.30 Roma - Inter 11/12 Fan Club Roma Sky Supercalcio HD 19.00 Motociclismo: GP di Gran Bretagna Mondiale Superbike Eurosport 2 19.00 Cesena - Inter 11/12 Fan Club Inter Sky Supercalcio HD

FOX 10.45 Grey's Anatomy Fox Life 11.25 Cuore e batticuore Fox Retro 11.30 La vita secondo Jim Fox HD 11.30 Ally McBeal Fox Life 11.55 I Griffin Fox HD 12.45 Futurama Fox HD 12.55 Polizia del mare National Geographic Channel 13.35 I Simpson Fox HD 13.35 C.S.I. Miami Fox Crime HD 13.40 Indagini ad alta quota National Geographic Channel 14.25 White Collar Fox HD 14.25 Beck Fox Crime HD 14.50 Medium Fox Life

DIGITALE TERRESTRE

RAI 2

SATELLITE

RAI 1

RAI

■ RAI 4

■ PREMIUM

6.20 Maddecheaò 6.30 La situazione comica 6.55 30 Rock - Serie Tv 7.15 Warehouse - Serie Tv 8.00 Eureka Seven 8.50 Doctor Who - Serie Tv 9.35 Eureka 10.20 Ashes to Ashes - Serie Tv 11.10 Streghe - Serie Tv 11.55 Sanctuary - Serie Tv 12.40 Dead Zone - Tf 13.25 Veronica Mars - Serie Tv 14.10 Watch Over Me - Serie Tv 14.55 Mad Men - Serie Tv 15.40 Ashes to Ashes - Serie Tv 16.30 Streghe - Serie Tv 17.15 Rai News 17.20 Warehouse - Serie Tv 18.05 Eureka 18.50 Doctor Who - Serie Tv 19.40 Sanctuary - Serie Tv 20.25 Veronica Mars - Serie Tv 21.00 Film: Timecop - di P. Hyams, con J.C. Van Damme 22.40 Mainstream 23.05 Sopranos - Serie Tv 0.50 Appuntamento al cinema 0.55 Film: Point Blank - di C. Frd, con G. lellouche, R. Zem 2.15 Rai News 2.20 Breaking Bad - Serie Tv 3.05 MusicLife 3.25 Braquo - Serie Tv

8.15 E.R. Medici in prima linea - Tf 9.05 American Dreams - Serie Tv 9.50 La Grande Vallata - Tf 10.45 Cuccioli - Miniserie 12.30 Incantesimo - Serie Tv 13.30 Pazza famiglia - Tf 14.25 Colpi di sole - Sitcom 14.35 American Dreams - Serie Tv 15.20 Appuntamento al cinema 15.25 Cuore di donna - Tf 17.10 Terra nostra - Serie Tv 18.05 Rai News 18.10 Piloti 18.25 Incantesimo - Soap 19.20 Sospetti - Miniserie 20.15 Medicina Generale - Tf 21.10 Il capitano - Tf 23.00 La maledizione dei Templari - Miniserie 0.45 Rai News

19.30 La Tata Fox Retro 19.50 I Griffin Fox HD 20.00 Strega per amore Fox Retro 20.30 Strega per amore Fox Retro 20.35 I Simpson Fox HD 20.55 Invenzioni geniali National Geographic Channel 21.00 The Glades Fox HD 21.00 N.C.I.S. - Unità anticrimine Fox Crime HD 21.00 The Good Wife Fox Life 21.00 Supercar Fox Retro 21.20 Invenzioni geniali National Geographic Channel 21.45 N.C.I.S. - Unità anticrimine Fox

Crime HD 21.45 The Good Wife Fox Life 21.45 Invenzioni a catena National Geographic Channel 21.50 Falling Skies Fox HD 21.55 Supercar Fox Retro 22.35 N.C.I.S. - Unità anticrimine Fox Crime HD 22.35 Revenge Fox Life 22.35 Megastrutture National Geographic Channel 23.25 Medium Fox Life 23.25 Dog Whisperer National Geographic Channel 23.50 I Griffin Fox HD

17.20 Rai News 17.25 Film: Quel che resta di mio marito di C.N. Rowley, con J. lange, K. Bates 19.00 Film: Uomini e cobra - di J.L. Mankiewicz, con K. Douglas, H. Fonda 21.00 Film: I magnifici Sette cavalcano ancora - di G. McCowan, con L. Van Cllef, S. Powers, M. Callan 22.40 Film: Wallander - Assassino senza volto - di H. MacDonald, con K. Branagh, S. Smart 0.10 Rai News 0.15 Stracult Movie 0.35 Film: Caterina va in città - di P. Virzì, con S. Castellitto, M. Buy 2.20 Film: Sangue caldo - di D. Roy

■ RAI 5

13.55 Posso venire a dormire con voi? 14.50 Get Up Stand Up 15.50 The Day Before 16.40 David Letterman Show 17.30 Rai News 8.25 Film: Peccato d’amore - di R. Bolt, con 17.35 Posso venire a dormire con voi? S. Miles, J. Fich 18.30 Avventure immobiliari 10.20 Appuntamento al cinema 19.20 Due vecchie amiche intorno al mondo 10.25 Film: Disperato aprile - di W. Salles, 19.45 Posso venire a dormire con voi? con J. Dumont, R. Santoro 20.40 Il capitale 11.55 Film: La segreta passione di Judith 21.15 Gordon Ramsay’s F- Word Hearne - di J. Clayton, con M. Smith, B. 22.10 Design For Life Hoskins 23.05 Film doc: Page One. Un anno dentro 13.50 Film: La foresta dei pugnali volanti il NY Times - di Y. Zhang, con T. Kaneshiro, A. Lau 0.35 Ubiq 15.45 Film: Il mio migliore amico - di P. 1.05 Rai News 1.10 Due vecchie amiche intorno al mondo Leconte, con D. Auteuil, D. Boon

■ MOVIE

MEDIASET PREMIUM 15.15 Futurama Fox HD 15.15 Tre cuori in affitto Fox Retro 16.05 Tutto in famiglia Fox HD 16.15 Invenzioni geniali National Geographic Channel 16.30 Futurama Fox HD 16.30 Le visioni di Ellie Fox Life 16.55 I Simpson Fox HD 17.30 Dog Whisperer National Geographic Channel 17.35 L'incredibile Hulk Fox Retro 18.10 Tutto in famiglia Fox HD 19.10 I segreti dello spazio National Geographic Channel 19.25 American Dad Fox HD

MTV 11.10 Popland 12.00 Mtv News 12.10 Friendzone: Amici o fidanzati? 13.00 Mtv News 13.10 Made 14.00 Greek: La Confraternita 14.50 Teenager in crisi di peso 15.40 Chelsea Settles: Una vita XXL 16.30 Disaster Date 16.50 Teen Mom 17.40 Made 18.30 Chelsea Settles: Una vita XXL 19.20 Friendzone: Amici o fidanzati? 20.20 Paris Hilton’s Duabi BFF 21.10 Jersey Shore 22.00 Pauly D.: Da Jersey Shore a Las Vegas 22.50 Crash Canyon

GIALLO

■ cinema 10.05 Garfield - Il supergatto - di M.A.Z. Dippè Premium Cinema 10.30 Chiamami Aquila - di M. Apted Studio Universal 11.00 Michael Clayton - di T. Gilroy Premium Cinema Energy 11.40 E.T.l’extraterrestre - di S. Spielberg Premium Cinema Emotion 12.20 L’uomo che pianse - di S. Potter Studio Universal 13.10 Il cacciatore - di M. Cimino Premium Cinema 15.55 La passione - di C. Mazzacurati Premium Cinema Emotion 16.30 La regina d’Africa - di J. Huston Studio Universal 16.30 Flags of our Fathers - di C. Eastwood Premium Cinema Energy 18.30 Come farsi lasciare in 10 giorni - di D. Petrie Studio Universal 18.50 Defiance - I giorni del coraggio - di E. Zwick

Premium Cinema Energy 19.30 Tre metri sopra il cielo - di L. Lucini Premium Cinema Emotion 19.35 Tutta colpa della musica - di R. Tognazi Premium Cinema 21.15 Per sfortuna che ci sei - di N. Cuche Premium Cinema 21.15 U.S. Marshals - Caccia senza tregua di S. Baird Premium Cinema Energy 21.15 Georgia Rule - di G. Marshall Premium Cinema Emotion 21.20 Café Europa - di N. Taurog Studio Universal 22.55 In viaggio con una rock star - di N. Stoller Premium Cinema 23.15 The Doors - di O. Stone Studio Universal 23.15 Non è mai troppo tardi - di R. Reiner Premium Cinema Emotion

FOCUS

CIELO

TV2000

9.50 In principio era la terra 10.40 Ai confini della scienza 11.45 Fatti a fette 12.35 I segreti del tempo 13.30 In principio era la terra 14.15 Ai confini della scienza 15.15 Le città segrete 16.10 Bella scoperta! Antiche invenzioni 17.15 I segreti del tempo 17.55 In principio era la terra 18.45 Fatti a fette 19.10 Ai confini della scienza 20.10 Le città segrete 21.00 La storia dell’universo 21.50 A caccia di Ufo

10.50 Project Runway - Taglia, cuci... sfila! 11.35 Hell's Kitchen 12.25 Dog Whisperer 14.10 Hell's Kitchen 15.00 Sky Tg24 Flash 15.10 Voglio vivere così Italia 16.25 Appuntamento al buio - Made in Italy 17.25 Project Runway - Taglia, cuci... sfila! 18.10 Cambio vita... mi sposo 19.10 Sky Tg24 Flash 19.20 Dog Whisperer 20.15 Hell's Kitchen 21.05 Gli eroi del ghiaccio 22.45 Affari di famiglia 0.20 Sons of Anarchy

8.30 S. Messa da Castelgandolfo 9.10 Nel cuore dei giorni - Arancio 11.00 Quel che passa il Convento 12.00 Romanzo familiare 14.50 Un Vescovo una città - Mons. Michele Seccia 16.00 L’arca del Dottor Bayer - Fiction 18.00 Rosario da Lourdes 19.40 TG 2000 20.30 Casa Cecilia - Fiction 21.30 Apocalisse di San Giovanni 4° sigillo

08.00 08.50 09.45 10.35 11.30 12.20 13.10 14.05 14.55 15.50 16.40 17.30 18.25 19.15 20.10 21.00 21.50 22.45 23.35 00.30 01.20 02.10 03.00

Ellery Queen Matlock Alfred Hitchcock Presenta Squadra Emergenza Law & Order - I due volti della giustizia Quincy Ellery Queen Squadra Emergenza Crossing Jordan Law & Order - I due volti della giustizia Matlock Quincy Ellery Queen Law & Order - I due volti della giustizia Crossing Jordan Shark - Giustizia a tutti i costi Shark - Giustizia a tutti i costi Blind Justice Blind Justice Law & Order - I due volti della giustizia Invasion Alfred Hitchcock Presenta Matlock


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la Repubblica

LONDRA

LUNEDÌ 13 AGOSTO 2012

Gli azzurri meglio che a Pechino: 28 medaglie, con 5 nella giornata finale. Niente chiusura col botto: Settebello battuto dai croati di Rudic, rabbia nel pugilato

Pallanuoto maschile DAL NOSTRO INVIATO FABRIZIO BOCCA LONDRA finita con Ratko Rudic giù nell’acqua insieme ai suoi Pavic, Boskovic, Sukno come da tradizione. L’uomo che vent’anni fa ci regalò un oro olimpico memorabile col Settebello, adesso ce ne ha tolto un altro consegnandolo, per la prima volta nella storia della pallanuoto, alla sua Croazia. All’Italia resta giusto qualche minuto di amarezza, con gli azzurri che saltano fuori dalla piscina frastornati per quella sconfitta (86) che non ha avuto mai una via d’uscita e per aver sognato forse un po’ troppo, ma poi l’argento al collo di Tempesti, Perez, Gitto, Figlioli, Giorgetti, Felugo, Giacoppo, Gallo, Presciutti, Fiorentini, Aicardi, Premus e Pastorino fa scaturire sorrisi, abbracci, baci. E soprattutto la consapevolezza di aver fatto squadra, di non aver ceduto all’individualismo e al protagonismo, di aver giocato insieme. Il Settebello — la miglior squadra italiana a Londra 2012 — in questi venti giorni ha comunque emozionato, giocato con la testa e col cuore, tenuto alta la bandiera. Lo dice Sandro Campagna, che dovrà aspettare ancora qualche anno solo per pensare di avvicinare il suo maestro Rudic: 4 ori olimpici da allenatore con tre nazionali diverse, la Jugoslavia (‘84 e ‘88), l’Italia ‘92 e adesso la Croazia. «Siamo un miracolo italiano»: il ct è emozionato dopo tre mesi di lavoro duro con gli azzurri, un viaggio massacrante che dura da due anni. «Se qualcuno nel 2010 ci avesse detto che il Settebello, uscito con le ossa rotte dai mondiali di Roma, avrebbe vinto un argento europeo, uno olimpico e un oro mondiale, ci avrebbe dato per pazzi. Ma noi lo abbiamo fatto. Abbiamo ricostruito una squadra, lottato contro un po’ di appagamento post mondiale, superato gli infortuni. Ringrazio tutto lo staff e questi meravigliosi ragazzi: se qualche volta mi sono arrabbiato e hanno dovuto subire i miei attacchi bonari, è perché a questi livelli bisogna dare il massimo e tirare fuori sempre di più il meglio di

È

Dolce e

amaro

Brava Italia, anche senza l’oro Campagna / 1

Se m’avessero detto dopo il flop di Roma che due anni dopo avremmo vinto questo argento e il Mondiale, non ci avrei creduto

noi stessi». Anche Ratko Rudic, ancora fradicio, rende merito al suo vecchio Settebello: «È stata una bella Italia, complimenti a Campagna. Ma la mia Croazia ha fatto un’Olimpiade perfetta, ha vinto tutte le partite. E se io arrivo in finale non perdo mai. Quale oro preferisco dei quattro? Beh, i più belli sono sempre il primo e l’ultimo». Tutti ma proprio tutti si congratulano con i croati, non c’è

Rudic

Bella Italia, davvero complimenti a Campagna, ma noi siamo stati perfetti. E quando io arrivo in finale, non perdo mai

e la raffica di doppiette consecutive di Boskovic e Jokovic tra terzo e quarto tempo hanno spaccato il match (7-3), trasformandolo in una cascata d’acqua impossibile da risalire. Il testardissimo Maurizio Felugo di rabbia ha messo dentro, nonostante ormai fosse cominciata la festa dei croati, il gol dell’8-6 a fil di sirena: era per non lasciar scivolare il risultato, per renderlo dignitoso, per lasciar scritto che comun-

que il Settebello aveva tenuto. In quel momento il portiere Pavic aveva già lasciato la porta e agli azzurri era sembrato quasi un affronto — ma come nemmeno ti difendi più? — c’è stato un attimo di tensione ma poi Maurizio e Josip si sono abbracciati. «È stata un’Olimpiade fantastica, il fascino di Londra è stato enorme: usciamo da queste Olimpiadi a testa alta, abbiamo mostrato la nostra forza, la nostra imma-

La medaglia del cuore “Dedicata a Bovolenta”

Campagna / 2

Punendo solo i falli da fermo, gli arbitri hanno penalizzato il nostro gioco. A Londra abbiamo mostrato la nostra immagine pulita

veleno. Anche se Campagna qualcosa da dire sugli arbitri ce l’ha: «Hanno punito solo i falli da fermo, e non quelli sui giocatori in movimento, penalizzando il nostro gioco». I croati hanno dato fondo alla loro esperienza, gioco “mani in faccia”, gli italiani troppo più puliti, poco cattivi e troppo poco fallosi. La partenza con i soliti gol di Gallo e Felugo era stata buona, ma poi la Croazia aveva preso il controllo

Pallavolo maschile

Gli azzurri del volley sul podio mostrano la maglietta n.16 di Vigor Bovolenta, argento ad Atlanta ’96, ex compagno scomparso prematuramente in campo lo scorso 24 marzo L’Italia di Berruto ha vinto il bronzo superando 3-1 la Bulgaria


Basket

Atletica

Il Dream Team sconfigge la Spagna di Scariolo 107-100 soffrendo per tutto il match. Il confronto col ’92 è perso

Un’altra sorpresa: la maratona va all’Uganda con Kiprotich e così le frontiere della disciplina regina si allargano a 42 nazioni

2012

■ 43

Cammarelle boxe Due round vinti, parità dopo il terzo: e i giudici assegnano il match al padrone di casa

Cammarelle, lezione di stile Battuto solo dalla giuria che premia l’inglese Joshua DAL NOSTRO INVIATO CURZIO MALTESE LONDRA iete più arrabbiati voi di me, perché so di aver sbagliato un po’ anch’io. Per il resto tutti hanno visto, tranne quei cinque. Siamo a Londra, organizzano loro…». È stata una bella lezione di stile quella di Roberto Cammarelle. Sceso dal podio, dove avrebbe vinto il suo secondo oro olimpico, se soltanto il suo avversario avesse avuto un altro passaporto, il campione era il più sereno di tutti. Alle sue spalle la patria del fair play festeggia con urla belluine e fischi al tricolore l’ennesimo furto di medaglia. Un match quasi a senso unico, quello dell’azzurro con il britannico Joshua, più debole dell’azero fatto fuori in semifinale. Ma non appunto per i cinque della giuria, fra i quali si segnalano per speciale

«S

gine pulita» dice il regista. L’immagine è quella del portierone capitano Tempesti con le braccia mulinanti tra gli schizzi: «Questo argento ci rende orgogliosi, ci siamo massacrati di lavoro per arrivarci». Sandro Campagna prende il figlioletto Brando dalle tribune e se lo coccola e se lo bacia. Sul podio Niccolò Gitto prende l’argento e strizza l’occhio alla telecamera: «Questa è per te amore!». Christian Presciutti ripete il gesto del matto che piace tanto alla figlioletta di un anno. Non c’è alcun senso di sconfitta, il viaggio è stato bellissimo. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Ginnastica ritmica

Colpa anche mia

Nessuno ricorderà

Siete più arrabbiati voi di me perché io so di aver sbagliato un po’ Per il resto tutti hanno visto, tranne quei 5: siamo a Londra...

Prendersela non serve a niente, tra vent’anni nessuno si ricorderà che ho pareggiato la finale e meritavo l’oro Ora vado a fare il papà

malafede il cubano e lo statunitense. È il solito rovescio delle medaglie olimpiche. Non c’è evento sportivo come i Giochi condizionato nei risultati dalla geopolitica e dall’economia. Ormai mezzo medagliere lo assegnano arbitri e giurie, sulla base di criteri imperscrutabili allo spettatore comune, ma ben presenti agli sponsor e alle ricche cariatidi del Cio. Ogni quattro anni si ripete il miracolo di Pulcinella del paese organizzatore che triplica il numero dei successi rispetto alla media

precedente. Secondo l’università di Liverpool, che ha svolto uno studio scientifico sull’home advantage, il fenomeno è frutto dei «maggiori investimenti». Magari anche su arbitri, giurie e membri Cio. Nel calcio sporco, corrotto e cattivo, capita ormai una volta ogni morte di papa che il paese organizzatore vinca un mondiale e di solito lo merita, con rare eccezioni. L’Inghilterra del ‘66, per dire. Ora, com’è possibile che invece sotto il sacro fuoco di Olimpia il fattore campo conti per il 300 per cento?

«Tanto arrabbiarsi non serve a niente» sospira Cammarelle, che se la prende perfino con se stesso. In effetti nel terzo round, con tre punti di vantaggio, avrebbe potuto mettersi a correre sul ring, tenere a distanza l’altro, rifiutare la bagarre e non dare il minimo appiglio alla mascalzonesca giuria. Ma la verità è che gli avrebbero dato l’oro soltanto se avesse messo ko l’idolo di casa, come nella finale di Pechino con Zhang Zhilei. «Fra vent’anni nessuno si ricorderà che ho pareggiato la finale e meritavo l’oro, peccato». Noi

Fontana Mountain bike

Le farfalline perdono le ali Marco Aurelio senza sella solo all’ultimo esercizio un finale di altri tempi Seconde dietro la Russia sia nei giorni precedenti che dopo il primo esercizio della finale di ieri, le azzurre hanno perso l’argento per una piccola imperfezione nell’esecuzione del secondo. Un bel risultato comunque, che comunque lascia un po’ di amarezza

Marco Aurelio Fontana, brianzolo, è arrivato al traguardo terzo con la bici rotta, percorrendo gli ultimi chilometri senza sellino: nonostante questo è riuscito a difendere dal ritorno degli avversari la sua medaglia e alla fine è scoppiato a piangere.

ci ricorderemo comunque del più bel campione italiano visto a Londra 2012. Anche se non lo vedremo più sul ring, perché 32 anni e centinaia di battaglie cominciano a essere troppe. Di sicuro non lo vedremo nei prossimi anni in tv, al talk show, a ballare sotto le stelle vestito da scemo, ai falsi scherzi a parte dove una troupe finge di perdergli le medaglie e lui finge d’infuriarsi, in una fiction, al dopofestival di Sanremo, nel salotto di Vespa o in quello di Marzullo, sottovoce e piano piano come piace a loro, in una pubblicità di telefonini e in tutti gli altri luoghi comuni dove prima o poi ritrovi le mezze calzette della vipperia nazionale, diventate famose per un qualche motivo. Non perché non glielo chiedano, anzi. Roberto Cammarelle si potrebbe vendere molto bene. Alto, forte, vincente, bello come una statua greca in uno sport dove ormai sfilano perlopiù soggetti da wrestling. Il fatto è che lui non vuole vendersi. E poi è timido. Si può essere grossi come alberi, giovani, belli e famosi, eppure ancora pudichi. Non ha messaggi da lanciare al mondo, infanzie tristi da raccontare, per quanto certo col padre camionista e la famiglia venuta dalla Lucania nell’hinterland milanese non debbono essere state rose e fiori. Non ha nemmeno un tatuaggio, da non credere. In un mondo dove tutti di secondo mestiere fanno gli attori, nello sport dove perfino un fenomeno come Bolt deve fare il pagliaccio per alzare un altro milione dagli sponsor, Cammarelle ha voluto essere soltanto Cammarelle. Uno dei più grandi pugili italiani di tutti i tempi. Da domani dovrà inventarsi un altro mestiere. Farà l’allenatore come Francesco Damiani, che ieri dal magone non s’è fatto neppure vedere, e sarà un magnifico maestro di giovani. Per ora ha un altro progetto. «Ho un figlio di tre anni e un altro, Davide, nato il 19 luglio, che ho visto per poche ore. Se non vi spiace, adesso torno a fare il papà». © RIPRODUZIONE RISERVATA


llaa RReeppuubbbblliiccaa LUNEDÌ 13 AGOSTO 2012

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LONDRA 2012 R2SPORT

Tatami giapponese

Chiude la lituana

Daley ringrazia Beckham

VITTORIA DI YONEMITSU

PENTATHLON FINALE

“SUL PODIO CON I SUOI CONSIGLI VIA SMS”

Va al giapponese Tatsuhiro Yonemitsu l’oro nella lotta libera —66 kg: ha battuto in finale l’indiano Sushil Kumar

L’ultima medaglia d’oro di questi Giochi va alla lituana Laura Asadauskaite, che vince la gara di pentathlon moderno, davanti all’atleta di Samantha Murray. 25ª e 27ª le azzurre Cesarini e Crognale

Il tuffatore britannico Tom Daley ha rivelato di aver vinto il bronzo nella gara da 10 metri anche grazie ai consigli di David Beckham. Dopo la prestazione deludente della scorsa settimana nel sincro 10 m avrebbe ricevuto un sms dal calciatore con consigli (“Tieni su il mento”) e frasi di incoraggiamento per aspirare al podio nel singolo

Pallavolo

C’è il cuore del volley nell’ultima medaglia “Dedicata a Bovolenta” Bulgaria ko. E il Brasile perde l’oro con la Russia DAL NOSTRO INVIATO ALESSANDRA RETICO LONDRA aciano le mogli e i figli, i vecchi piangono e salutano, sanno di aver lasciato la palla tra mani felici. Bronzo della pallavolo, 3-1 alla Bulgaria. Fanno festa tutti, anche Bovo che non c’è più: i ragazzi della nazionale portano a prendere medaglia anche l’amico che se n’è andato qualche mese fa, Vigor Bovolenta morto giocando, ma mai andato via davvero e del tutto, la sua maglietta azzurra numero sedici la issano lassù e se la stringono addosso perché di questa famiglia che si piega e risorge, di un volley che è periferia e provincia ma vive e sente per tutti, questo è un momento intimo ma da sventolare come bandiera. Samuele Papi gli era molto legato: «Questa medaglia la dedichiamo a lui, che è sempre stato in mezzo a noi». A innamorarsi fino alla fine di uno sport che ritorna sul podio alle Olimpiadi dopo otto anni dall’argento di Atene, quinto metallo a cinque cerchi. Un terzo posto che non è qualsiasi perché è il luogo dove una squadra rinasce contro la tentazione di ricadere: nelle trame molto ben lavorate della Bulgaria guidata, di fatto, dal vicecoach salentino Camillo Placì, che li aveva intrappolati nel girone (0-3). Ma soprattutto contro l’attrazione di farsi male per poi macerarsi nei rimpianti. Poteva accadere, non è successo: contro Sofia è un gioco maturo e di fegato. Dopo le sberle prese dal Brasile in semifinale, era da fisicacci tirare su la testa. Invece subito in partita con break e vantaggio di cinque punti fino al 25-19. Poi calo e smarrimento, quelli allungano 8-5 coi colpi di Nikolov, ci vogliono i vecchi Fei e Mastrangelo a riacciuffare di mestiere il set a metà, due errori in ricezione e addio frazione (25-23). Il terzo parte ancora peggio, sotto 4-0 in un niente, c’è da cancellare una storia troppo vista, allora time out, ordine: 7-6 e si ricomincia a gomito, Mastrangelo col muro pareggia, capitan Savani, tra (7) ace e sguardi da tutti a bordo (alla fine fa 23 punti) guida per non scendere più: «Questo è un risultato del gruppo». L’ultimo pallone lo mette giù Birarelli e fa un rumore bellissimo. Piangono e corrono i ragazzi, si arrampicano sulle tribune a baciare le fidanzate. Otto gli esor-

B

L’OMAGGIO Gli azzurri hanno portato sul podio la maglia n. 16 di Vigor Bovolenta, l’argento di Atlanta ’96 scomparso lo scorso 24 marzo

Papi

Abbiamo portato Vigor con noi, volevamo che fosse sul podio perché è sempre stato dentro questo gruppo

dienti: sono il movimento che cambia e per farlo si ammacca e sbaglia, ma sono anche movimento di partenza. «E' un sentimento di grandissimo orgoglio: abbiamo dimostrato a noi stessi, agli altri e al nostro paese che non

DAL NOSTRO INVIATO MAURIZIO CROSETTI LONDRA i può anche finire un’Olimpiade smontando una rosa, quella che Elisa Santoni stacca nervosamente dal bouquet che spetta alle medaglie di bronzo. Parla e tormenta i petali. «Abbiamo sbagliato, niente da dire, peccato, la delusione di Pechino è comunque riscattata. Cioè, quasi». Terzo posto dopo essere state seconde per due giorni, seconde fino a un attimo prima. Seconde, dietro le russe, anche al termine della cosiddetta prima rotazione, cioè l’esercizio con le cinque palle volanti. L’argento era lì, poi è caduto in terra come il nastro malefico che proprio Elisa Santoni non ha acciuffato nella seconda rotazione: la coda dell’attrezzo ha toccato il pavimento uscendo dalla pedana, inevitabile penalità e addio sogni. «Bravissima la Russia, il nostro errore è stato grave, ma voi lo sapete chi la allena, no? Non fatemi parlare. È lei che organiz-

S

In lacrime Giba consola Bruno Rezende in lacrime subito dopo la sconfitta subita dal Brasile, nella finale di volley persa al quinto set contro la Russia

lo: «L’Italia riesce a esprimere sempre eccellenze, vedere tre bandiere italiane sullo stesso podio nel fioretto femminile è la fotografia più bella. Se potessi io costruire una medaglia, la farei per Tania Cagnotto. Orgoglioso di

noi: in uno sport globale con 220 federazioni, un bronzo alle Olimpiadi è una cosa gigantesca». Papi che c’era già ad Atlanta ’96 lo sa e dice addio: «Sono il più medagliato degli azzurri, e orgoglioso: adesso saluto in questo modo per me-

Ritmica

Berruto

Questo terzo posto è un orgoglio: abbiamo mostrato che non conta cadere, l’importante è come ci si rialza

è importante quando si cade ma il modo in cui ci si rialza». Il ct Mauro Berruto, torinese e torinista («la medaglia è anche bronzo granata»), antropologo, guida da maggio 2011. Da allora un argento europeo. Ma non è fiero solo di quel-

Da argento a bronzo per un nastro caduto IL RISCATTO La nazionale azzurra di ginnastica ritmica, con il bronzo di ieri, ha riscattato la beffa di Pechino 2008 quando il voto della giuria la relegò al quarto posto

za la cricca dell’est, mentre noi occidentali siamo sempre soli». Emanuela Maccarani si riferisce a Irina Viner, la moglie dell’oligarca Usmanov, longa manus protesa verso le giurie: ma non stavolta, stavolta la colpa è nostra e sarebbe più elegante non piagnucolare. «Siccome ci volevano sbattere giù dal podio come quattro anni fa, il terzo posto

va benissimo». Paillettes e sorrisi tirati fino agli zigomi, ma dentro c’è il fuoco. È il tormento di chi sa che può non bastare nemmeno la perfezione per vincere, figurarsi un nastro che decolla come un aeroplanino per atterrare dove vuole lui. Così l’argento se lo prende la Bielorussia per appena 0,50 punti, con il merito di

avere eseguito senza troppe sbavature esercizi assai più semplici di quelli azzardati dall’Italia, che comunque resta una caposcuola e che in questi anni ha rivoluzionato la ritmica, non solo per i tre mondiali vinti. «Noi siamo donne, non bambine, abbiamo anche 25 anni: siamo riuscite a dimostrare che la durata è un valore possibile», dice ancora Elisa tormentando la sua rosa. Donne, non toporagni, non bamboline a molla. L’allenatrice le chiama «le mie vecchiacce», sono appunto Elisa Santoni ed Elisa Blanchi alla terza e ultima Olimpiade: usciranno di squadra come pure Romina Laurito, tutte dell’87, ora è tempo di ricambi, di nuovi allenamenti di otto ore al giorno filate, di altre sfide ma con le stesse giurie, le identiche paure, i medesimi fantasmi. Ma questo è il futuro, prima le aspetta il mare. Come consuetudine, le “farfalle” andranno in blocco in vacanza insieme, stavolta a Lloret de Mar, Spagna. Si suppone senza portare in spiaggia la palla di gomma. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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LUNEDÌ 13 AGOSTO 2012

Guantoni cubani

Sorpresa Usa

Vergogna Brasile

PESI MOSCA A CARRAZANA

UCRAINO BATTUTO AI PUNTI

LA “CAMPAGNA” GUARDIOLA

Cubano, 18 anni, Robeisy Ramirez Carrazana ha vinto l’oro nei pesi mosca battendo in finale il mongolo Nyambayar. Due titoli dunque per i caraibici nello sport dell’ex mito Teofilo Stevenson: a Pechino invece restarono a zero

Lo statunitense Jacob Stephen Varner ha vinto, ai punti, l’oro nella lotta libera categoria 96 kg, battendo in finale l'ucraino Valerii Andriitsev, argento europeo

“Vergogna nazionale”, così i tifosi brasiliani hanno definito nel web la delusione per l’argento nel calcio. E c’è chi propone Guardiola ct della nazionale Pep Guardiola al posto di Menezes (foto)

PER SAPERNE DI PIÙ www.coni.it www.repubblica.it/sport

SCHERMAGLIE OLIMPICHE ANTONIO DIPOLLINA

Buonanotte tra Viagra e Fantozzi

Mountain bike

TRA GIOIA E RABBIA Marco Aurelio Fontana in lacrime subito dopo l’arrivo al traguardo, tra la gioia per il bronzo e la rabbia per il sellino che ha ceduto nell’ultimo giro

Terzo al traguardo senza sellino il rodeo più bello di Fontana Commovente impresa dell’azzurro in lacrime alla fine Per me vale oro

DAL NOSTRO INVIATO MARCO MENSURATI

rito dei ragazzi». Fei con la figlia in braccio pure: «A me non è riuscito di vincere l’oro, ma sono sicuro che i ragazzi di adesso sono pronti». A bordo, sarà un bel viaggio. Da incubo, invece, quello del Brasile, strafavorito contro la Russia, in finale, ma incapace di gestire il vantaggio di due set a zero. Nel terzo la partita crolla addosso ai campioni del mondo, che si fanno annullare due matchball, perdono la testa e il gioco (29-27). Decisiva la mossa del tecnico russo di spostare Muserskiy opposto (31 punti), spianando le certezze di una squadra che, come quella di calcio, non riesce a soffrire. La Russia dà lezione e si prende il primo oro. Da erede della scuola sovietica che vinse, l’ultima volta, a Mosca nel 1980. © RIPRODUZIONE RISERVATA

LONDRA Londra voleva soltanto vincere una medaglia. E invece è entrato nella leggenda dello sport accanto a gente come Nuvolari (che vinse senza volante) e Magni (che concluse il Giro con una spalla fratturata e il manubrio governato attraverso un tubolare stretto tra i denti ). No, non è un bronzo olimpico come un altro quello di Marco Aurelio Fontana, biker brianzolo, classe ’84. E non solo perché grazie al suo successo, inatteso e pesante, la controversa spedizione olimpica italiana si ritrova con una medaglia in più rispetto a Pechino. Ma soprattutto per come è arrivato, al termine di una gara perfetta e sfortunatissima, conclusa domando in piedi sui pedali una bicicletta che aveva perso il sellino. Tagliato il traguardo col bronzo al collo, Fontana è esploso in un pianto pieno di gioia più che

Ho sbagliato io la pedalata, non è colpa della bici americana: per un istante m’è crollato il mondo addosso. Questa medaglia per me vale un oro

A

di rabbia. E, regalando al suo Paese una storia dolcemente olimpica, ha evitato ogni forma di polemica o di piccineria: «Il sellino? Ho sbagliato io. Ho pedalato troppo centrale durante la gara e alla fine ho spaccato il supporto. Comunque, cambia poco. Jaroslav e Nino sono andati davvero forte. Sono stati migliori di me, quindi è giusto così». Jaroslav e Nino (Kulhavy, l’oro ceco, e Schurter, l’argento svizzero), in realtà se la sono vista molto più brutta di quanto l’eleganza di Fontana non faccia pesare La gara ha avuto un andamento molto chiaro e combattuto, e se non ci fosse stato l’incidente del sellino la classifica fi-

nale avrebbe potuto essere decisamente diversa. Sin dall’inizio infatti Fontana era riuscito a rimanere legato alla coppia in fuga creando di fatto un terzetto per gli altri inavvicinabile. Ci hanno provato un pochino lo spagnolo Hermida e il sudafricano Stander, ma non era la loro guerra, quella. Era una partita a tre. E Fontana ad un certo punto la stava persino dominando. «Poi – racconta – all’ultimo giro ho sentito il rumore della sella che toccava il pavimento e sono stato costretto a rallentare. In quel momento, per un istante è crollato tutto. Poi mi sono detto, “tira fuori le palle”: e ho spinto più che potevo, ho perso i due da-

Il bilancio di Petrucci

“Noi nel G8 dello sport, ma Schwazer fa male” FULVIO BIANCHI

Il presidente del Coni Gianni Petrucci

LONDRA — «Siamo nel G8 dello sport», fa Gianni Petrucci, felice. L'Italia fa un passo avanti rispetto a Pechino: 28 medaglie, una in più. E l'ottavo posto nel medagliere, un gradino più in su. «Mentre nella classifica della competitività siamo al 42° posto nel mondo. Questa è la realtà. Quello che fa l'Italia nello sport sono miracoli». Il presidente del Coni è soddisfatto: prevedeva 25 medaglie. Pagnozzi era più ottimista (da 28 a 31). Ma ci fermiamo a 199 ori olimpici: chi vincerà il due-

centesimo a Rio? A conferenza stampa in corso, arriva a Petrucci una telefonata dal Quirinale, è il presidente Giorgio Napolitano. «Complimenti a tutti quanti, mi saluti gli atleti». La spedizione è finita bene, «ma ho avuto tanta paura ammette Petrucci - e c'è stata la macchia di Schwazer. Non la dimenticherò mai». Atletica e nuoto sono stati un fallimento: ma Petrucci continua a difendere due Federazioni indifendibili. «Agli Europei avevo detto: nel calcio siamo noi che dettiamo lo spread. Guardate qui a Londra quante Nazioni ci sia-

mo lasciati alle spalle. La Francia ci stacca? Beh, ci stacca in tante cose...», dice un Petrucci con vena polemica. Pagnozzi fa notare come l'Europa arretri, avanza l'Asia, l'Italia ha molti giovani e non può puntare sulle naturalizzazioni come altri Paesi. Ma abbiamo medaglie in 15 discipline, a Pechino erano 13. «Abbiamo simboli bellissimi come Jessica Rossi, Molmenti, i pallanuotisti». Da settembre si pensa a Rio: ci saranno due sport in più (golf e rugby a 7). Ma ci saranno di ricostruire atletica e nuoto: un'impresa. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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vanti ma nessuno mi ha raggiunto». La sua bici è una bici di costruzione americana (mentre quelle della concorrenza vincente sono made in Italy), si è rotto il canotto, cioè il tubo che sostiene sella e reggisella, ma lui non crede che c’entrino qualcosa eventuali difetti di fabbricazione. «Ho sbagliato io… Poi, in piedi ovviamente c’era meno equilibrio ed è stato molto più complesso mantenere il ritmo che quella fase della gara richiedeva». Peccato perché tutto fino a quel momento era andato esattamente come aveva voluto lui: «Avevo studiato ogni cosa nei dettagli insieme al mio allenatore e alla mia psicologa. Avevamo deciso di non sprecare troppa energia, di gestire. Sapevo che Nino e Jaroslav erano qui per vincere e quindi erano chiamati a dominare la gara sin dall’inizio. Hanno perso un sacco di energia già alle prime battute e forse nella parte finale della gara io ne avevo un po’ più di loro. Ma alla fine ho rischiato di perdere anche il bronzo e quindi sono contento così. Ero venuto per portare a casa una medaglia, e ce l’ho fatta. Anzi dirò di più: per come è arrivato, per me questo bronzo vale un oro». Ora è il momento della gioia, dei progetti, delle dediche e delle speranze. E di speranze, Fontana ne ha una particolare: «Vorrei tanto che i giornali italiani cominciassero a parlare un po’ del mio sport, della mountain bike. Sono stufo che si parli solo degli altri sport». © RIPRODUZIONE RISERVATA

uelli di Raisport avevano già provveduto una settimana fa, un ciclista della crono aveva perso il sellino (un’epidemia a Londra) e avevano cucito un servizio con l’analoga scena di Fantozzi contro tutti. Ma nel caso di Fontana si lascia andare anche il compassato e iperprofessionale Giovanni Bruno di Sky (“Fontana alla Fantozzi”). E la Coppa Cobram, il trofeo per cui gareggiava appunto Fantozzi entra nella storia dei Giochi. Più in generale a simboleggiare lo sforzo di un paese intero, il nostro, costretto a inseguire e raggiungere obiettivi partendo da una condizione difficile quanto, volendo, anche stabile. *** Il duo Rai CapraricaIcardi si fa carico di una delle lamentele che giravano su Twitter sul far della sera (“Non solo tre ori persi, ma adesso arrivano pure i One Direction”) e coprono di sane chiacchiere l’inizio della loro esibizione. E anche molto altro, nella serata. *** Subìre – si scherza – la torrenziale proposta di Sky ricordando l’appello di Troisi agli scrittori (“Voi siete in tanti a scrivere, ma io sono uno solo a leggere”). Portare la massima comprensione possibile ai salti mortali della Rai con pochi diritti e un mare di doveri (a proposito, in Rai riflettono sulla diversa accoglienza collettiva alla loro squadra calcio e a quella Olimpica?). Godersi i commentatori bravi (Baldini, Tilli, Sacchi e altri, glissiamo sui giornalisti bravi sennò i non citati si offendono, ma ce ne sono tanti), tenere d’occhio Twitter perché non se ne può più fare a meno e perché dieci su cento valgono la pena, sbalordire per la bravura inglese, invidiare il giusto, ogni giorno, ossia tanto. *** “Quattro palle per la medaglia di bronzo” (Valutazione piuttosto esatta di Alessandro Antinelli). “Papi si chiama Samuele, c’è assonanza con un nostro collega che si chiama Andrea. Quasi assonanza” (Franco Bragagna). “Ecco Asamoah al primo gol in bianconero” (Alberto Rimedio. Bravo lui, e quelli con l’Udinese?). “Da settembre, Pechino-Express!” (dedicato a chi s’è lamentato di Raidue olimpica: non sa cosa lo aspetta ora) *** Margherita Granbassi: “Per esempio ho saputo di una sostanza che a Rio verrà considerata doping ed è il Viagra” Jacopo Volpi: “Perché guardi me?” *** Stefano Tilli: “Comunque il Viagra non può essere doping. Casomai è priming”. (A Buonanotte Londra, Raidue, si capisce che è davvero meglio chiuderla qui e aggiornarci tra quattro anni)

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llaa RReeppuubbbblliiccaa LUNEDÌ 13 AGOSTO 2012

■ 46 Elisa Di Francisca Jesi (Ancona) Oro Scherma (Fioretto ind.) Carlo Molfetta Mesagne (Brindisi) Oro Taekwondo (cat. +80 kg)

LONDRA 2012 R2SPORT

Niccolò Campriani Firenze Oro Tiro (Carabina 3 posiz.) Argento Tiro (Carabina 10 mt)

Daniele Molmenti Pordenone Oro Canoa (K1 slalom)

Massimo Fabbrizi S. Benedetto d. T. (AP) Argento Tiro a Volo (Fossa Olimpica)

Diego Occhiuzzi Napoli Argento Scherma (Sciabola ind.)

Clemente Russo Marcianise (Caserta) Argento Pugilato (Pesi massimi)

Valentina Vezzali Jesi (Ancona) Bronzo Scherma (Fioretto ind.)

Martina Grimaldi Bologna Bronzo Nuoto di Fondo (10 km)

Fabrizio Donato Latina Bronzo Atletica (Salto Triplo)

Mauro Sarmiento Casoria (Napoli) Bronzo Taekwondo (cat. -80 kg)

Jessica Rossi Crevalcore (Bologna) Oro Tiro a Volo (Fossa Olimpica)

Luca Testoni Pietrasanta (Lucca) Argento Tiro a segno (Pistola 10 mt)

Arianna Errigo Monza Argento Scherma (Fioretto ind.)

Roberto Cammarelle Cinisello B. (Milano) Argento Pugilato (Supermassimi)

Matteo Morandi Vimercate (Milano) Bronzo Ginnastica (Anelli )

Rosalba Forciniti Cosenza Bronzo Judo (cat. 52 kg)

Vincenzo Mangiacapre Marcianise (Caserta) Bronzo Pugilato (Superleggeri)

Marco Aurelio Fontana Giussano (Monza) Bronzo Mountain Bike (Cross Country)

Otto successi come a Pechino, cinque dagli uomini e tre con le donne, trionfando spesso nei “mestieri delle armi”. Ecco l’album degli scatti più felici dei nostri Giochi

L’oro all ’ultima freccia, un’emo z volante ione 70 metr lunga i. hanno p Divisi e rduto (nell’in sono sta dividuale ti e subito), liminati m hanno in a uniti mondo. filzato il M Frangilli ichele , Nespoli Mauro eM Galiazzo arco indimen , l’oro ticab di Aten ile Guglielm e, un o Tell miop anni è g e che a 29 ià due v olte olimpio uomini e nico. Tre una s freccia, ovviame ola nte tricolore

Squadra t iro con

l’arco nne o d o t t e r o i f a r Squad

e nel torneo finaliste anch tutto. Ilaria , o ig rr E a n n si sono prese nel 2008, e ncisca e Aria Elisa Di Fra ale, erano debuttanti e zo a squadre u a n id ro iv ind ià vinto il b più alta. Invece Valentin g a ev av ri ro a o n o g st ta Salvato n se o il n am a trovata co i scalare un rt aspettava d ava altra leggenda: l’h quando esiste lo spo a rc d , ce sì co a rr Vezzali zu az ai nessuna olimpico. M

Cartoline DAL NOSTRO INVIATO MAURIZIO CROSETTI

d’oro

LONDRA rano quasi tutti sconosciuti, hanno lavorato nel buio, si sono allenati come pazzi per farci emozionare tanto. Per esserci. E per vince-

E

re. Le loro pagliuzze d’oro le hanno trasformate in pepite tra le rapide di un torrente, nell’aria disegnata da una freccia, nel cuore di un bersaglio piccolo come la punta di uno spillo. Quell’oro preso al volo con una fucilata secca, eppure era quasi una bimba a sparare. Quell’oro infilzato due volte da una fiorettista debuttante, una meravigliosa doppia medaglia allo spiedo. Quell’oro in cima al mirino di una carabina: l’ingegnere, quando spara, prova a rallentare il cuore. Quell’oro che ha riunito quattro moschettieri che in passato avevano intinto le lame nel veleno per darsele addosso: eppure, che grande squadra sono rimasti. Quell’oro preso con una pedata in faccia ai giganti, avversari grossi il doppio di lui. Quell’oro dedicato al dolore di un paese, per chi soffre il terremoto (Crevalcore, anzi tutta l’Emilia) e per chi ha visto morire ammazzata una ragazzina (Mesagne, provincia di Brindisi). Quell’oro che per qualcuno era invece atteso, scontato, obbliga-

torio, ed è terribile doverlo vincere così, doverlo forgiare ad ogni costo: le grandi campionesse però ci riescono. L’oro di Daniele Molmenti sulla sua canoa volante. L’oro di Jessica Rossi, sfollata, e del suo sorriso. L’oro di Carlo Molfetta dentro la corazza imbottita e dentro uno sport che come si pronuncerà? L’oro di Elisa Di Francisca, eppure lei ai Giochi non era mai venuta. L’oro delle fiorettiste, ancora Elisa insieme a Ilaria Salvatori, Arianna Errigo e Valentina Vezzali. L’oro degli uomini e di nuovo il fioretto, pare quasi che gli italiani da secoli non impugnino altro: Valerio Aspromonte, Giorgio Avola (quanti azzurri con nomi di paesi, luoghi, geografie, anche Molfetta), Andrea Baldini e Andrea Cassarà, nemici a Pechino, forse non amici a Londra ma uno per tutti certamente. A molti di loro è cambiata la vita, perché ne è appena cominciata una nuova. Per altri è un viaggio che continua, o forse sta per finire. Ma ognuno ha saputo farci un regalo: gareggiare e vincere anche un po’ a nome di chi guarda, e da piccolo sognava la stessa identica cosa, e forse non ha ancora smesso. Si chiama pubblico, siamo noi tutti. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Un oro, un argento, eppure nessuno l’aveva mai sentito nominare. Niccolò Campriani, l’ingegnere che ha studiato negli Usa e che si allena con i reduci dell’esercito americano, in West Virginia. Dice che il vero nemico è l’adrenalina, e che il tiro è un esercizio di conoscenza umana. Colpisce per inseguire i propri limiti e braccarli, centra una punta di spillo da dieci metri e nel mezzo di quel bersaglio trova Niccolò

Niccolò Campriani, carabina

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LUNEDÌ 13 AGOSTO 2012

Michele Frangilli Gallarate (Varese) Marco Galiazzo Padova Mauro Nespoli Voghera (Pavia)

Valentina Vezzali Jesi (Ancona) Elisa Di Francisca Jesi (Ancona) Arianna Errigo Monza Ilaria Salvatori Frascati (Roma)

Valerio Aspromonte Roma Giorgio Avola Modica (Ragusa) Andrea Baldini Livorno Andrea Cassarà Brescia

Aldo Montano Livorno Diego Occhiuzzi Napoli Luigi Samele Foggia Luigi Tarantino Napoli

Romano Battisti Priverno (Latina) Alessio Sartori Terracina (Latina)

Oro Tiro con l’Arco a squadre

Oro Scherma (Fioretto a squadre)

Oro Scherma (Fioretto a squadre)

Bronzo Scherma (Sciabola a squadre)

Argento Canottaggio (Due di coppia)

rancisca è l’atleta più vincente tra i di Londra: oro nel fioretto le e a squadre, per proseguire la e di Jesi dopo la Trillini e insieme ali. Era tra le favorite, certo, esti assalti vince chi ha il tocco l’elettricità magica. “Se non i, stai a casa” è il suo motto: a sentiva

Puglia Luigi Mastrangelo Liguria Simone Parodi Marche Samuele Papi Emanuele Birarelli Andrea Bari Umbria Ivan Zaytsev Andrea Giovi Bronzo Pallavolo

Campania Dante Boninfante Lombardia Cristian Savani Alessandro Fei Nuovi italiani Michal Lasko (Polonia) Dragan Travica (Croazia)

■ 47 Lazio Elisa Blanchi Lombardia Romina Laurito Toscana Marta Pagnini Lazio Elisa Santoni Nuovi italiani Anzhelika Savrayuk (Ucraina) Andreea Stefanescu (Romania) Bronzo Ginnastica ritmica

Vince l’Italia dei piccoli artigiani è il destino dello sport e non solo

I lettori di Repubblica.it hanno deciso che il sorriso di questa ventenne è la medaglia più bella di Londra 2012. Lei che ai tempi di Pechino andava ancora alla scuola dell’obbligo, e non aveva neppure il porto d’armi. Ha sbagliato un solo piattello su cento, sembrava un robot. Può diventare la più grande di sempre

a Di Francisca etto donne

Toscana Veneto Stefano Tempesti Christian Presciutti Lazio Nuovi italiani Niccolò Gitto Amaurys Perez Liguria (Cuba) Maurizio Felugo Pietro Figlioli Matteo Aicardi (Brasile) Giacomo Pastorino Alex Giorgetti Sicilia (Ungheria) Massimo Giacoppo Deni Fiorentini Valentino Gallo (Croazia) Danijel Premus (Croazia) Argento Pallanuoto

PER SAPERNE DI PIÙ www.coni.it twitter@Coninews

(segue dalla prima pagina)

VITTORIO ZUCCONI LONDRA ttava, dietro le solite, inavvicinabili grandi potenze. L’Olimpiade londinese, dignitosa, organizzata, ordinata, ma tiepida e insipidina come un tè delle cinque con tartine al cetriolo, è finita con qualche delusione per noi, ma soltanto perché non ci si aspettava di arrivare alle ultime gare delle ultime ore con speranze d’oro. Ma soprattutto ha dato una conferma: l’Italia dello sport, esattamente come quell’economia, vive e sopravvive soltanto di microaziende, di «Pmi», piccole e medie imprese, non avendo

O

Jessica Rossi, tiro a volo fossa to ogni Carlo ha vin ento tim at b com lpo e all’ultimo co nel ta lis ia ec sp oltre, tremis, guizzo in ex scia ve quello che ro tino. Il es d e i avversar suo sport, il o, si pratica d n o taekw al sud e u sopratt tto fiero. e Carlo n è degli L’ultimo oro e di in rd o in i azzurr à tra i tempo rester ine di rd o in i prim cuore

Daniele Molm canoa slalom enti

Forse gli it a con una c liani non sapevano an c come mari oa si potesse vola he re n immagina es, forse non v slalom tra ano che si potesse fa le con l’acqu porte come Tomb re lo a, però a sotto i p ie La scopert di, non la n a ragazzo d di Daniele Molmen eve. uro e vero ti, c Friuli, è an che la rive ome si usa in lazione di pieni di na sp tu alzi la man ra, coraggio e fres ort c o chi non vorrebbe hezza: provarci

o d n o w k e a T a t t Carlo Molfe

La scherma è un luogo di rinnovamento, non è vero che vincono sempre i soliti: semmai, vincono sempre gli italiani. Valerio Aspromonte e Giorgio Avola sono esordienti, Andrea Baldini e Andrea Cassarà erano reduci da quella brutta storia di Pechino. Baldini, specialmente: altri si sarebbero arresi, dopo l’ingiusta accusa di doping, lui ha tirato dritto e alla perfezione

Squadra fioretto maschile

più grandi società o grandi industrie o grandi campioni negli sport globali. Merito del Coni è quello di coltivare i piccoli orti nel deserto della cultura sportiva italiana, di tenere aperte le botteghe artigianali dell’arco, della scherma, dei tiratori, sapendo che soltanto da loro possono venire frutti e prodotti presentabili, e competitivi, sul mercato dello sport olimpico. Con il successo in sport praticati da pochi, valorosi appassionati, che affiorano ogni quattro anni dagli abissi della indifferenza del grande pubblico, delle televisioni, dei media antichi e nuovi e sbalordiscono gli spettatori regalando successi che compensano i fiaschi nelle discipline più diffuse nel mondo, il Coni di Gianni Petrucci ha fatto meglio a Londra di quanto avesse fatto a Pechino. Se qualche giudice, soprattutto nella boxe, avesse fatto meno «cucina casalinga» da pub e avesse usato quel «fair play» che gli inglesi predicano da sempre agli altri senza praticarlo davvero, lo scatolone dei souvenir da Londra avrebbe

potuto contenere anche più metallo prezioso e meno tanta, pur onorevole, bigiotteria. Le medaglie sono la vetrina luccicante che nasconde le condizioni del retrobottega e del magazzino, che sono spogli o semivuoti. Per avere successo nel nuoto, nell’atletica leggera, negli sport di squadra, occorrono investimenti pubblici o privati che rendono soltanto a distanza di anni, a meno di essere quella miracolosa isola caraibica chiamata Giamaica, dove velocisti da record del mondo spuntano misteriosamente e spontaneamente a grappoli come frutti tropicali. Per sopravvivere al test del nazionalismo sportivo, Paesi che non hanno né i soldi né la volontà politica di investire in centri di stato, come i Cinesi, o in strutture scolastiche, come gli americani, devono aggrapparsi a quelle discipline nelle quali, per esempio, un pugliese come il campione olimpico di taekwondo, Molfetta, può vincere sconfiggendo un avversario gabonese. Questo in una disciplina inventata e praticata soprattutto dai coreani, come se una competizione per l’oro nei bucatini all’amatriciana (da non escludere in futuro) fosse vinta da un cuoco finlandese. E’ un mezzo miracolo se una modesta nazionale di pallavolo, grazie a un allenatore stravagante e intelligente come Berruto, o una di pallanuoto, guidata da Campagna, arrivino a medaglia, mentre il basket affonda nell’inesistenza e il calcio, dittatore del business sportivo in Italia, neppure riesce a esprimere una squadra in grado di competere nella mediocrità di un torneo vinto dal Messico. Per questo, e non per i furtarelli di giudici casalinghi, comunque la norma nelle Olimpiadi, Londra lascia in bocca il solito sapore agrodolce di tante manifestazion internazionali. Siamo nel G8, come ripete un Petrucci molto gasato, ma ci siamo per quelle botteghe artigianali dove, per ora, bastano pochi soldi e alcuni grandi talenti, per restarci. Gran Bretagna a parte, che ha fatto uno spropositato bottino di medaglie necessarie per commuovere una popolazione ansiosa e rissosa come oggi quella del Regno non tanto Unito, soltanto la Francia fra le nazioni dell’Unione Europea ha fatto meglio di noi. Salutiamo una Londra che ritorna alla durezza del proprio tempo. Che deve ripiegarsi sullo scandalo Barclays, la grande banca che truccava i tassi di interessi Libor, la City che ancora deve sollevarsi da quel crack bancario del 2008 al quale contribuì con lo stesso trasporto speculativo dei cugini americani, al ricordo di una sommosso urbana, i «riots» che nessuno vuole ricordare, ma scoppiarono appena un anno fa. Ringraziamo quei 70 mila volontari che per quasi tre settimane hanno guidato, con ottusa e inflessibile autorità e con megafoni tonanti da Giudizio Universale, il gregge dei tifosi nel labirinto di stadi e palazzi dello sport e «tube» e treni, senza saperne nulla. Dopo un’estasi di autorità assoluta conferita da gilerini di plastica gialla e rossa e dal simbolo dei Giochi torneranno da oggi a pulire i pavimenti, a curare i giardini altrui, a portare barelle negli ospedali, al posto che a loro viene assegnato nel sistema ferreo delle vere caste britanniche. Noi torniamo a casa con le medaglie fabbricate da un artigianato dello sport, che ci salva la faccia ogni quattro anni. Per ora. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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LONDRA 2012 R2SPORT

LUNEDÌ 13 AGOSTO 2012

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PER SAPERNE DI PIÙ twitter@london2012 www.teamusa.org

RISULTATI PALLANUOTO, BRONZO SERBO Atletica: Maratona U, 1) Kiprotich (Uga) 2h08”01, 2) Kirui (Ken) 2h08’27”, 3) Kiprotich (Ken) 2h09’37”, 10) Pertile (Ita) 2h12’45”. Basket: U, finale bronzo, RussiaArgentina 81-77; finale oro, Usa-Spagna 107-100. Boxe: finale +91 kg U, Joshua (Gbr) b. Cammarelle (Ita) 18-18. Ciclismo, Mountain bike: Cross country U, 1) Kulhavy (Cec) 1h29’07”, 2) Schurter (Svi) a 1”, 3) Fontana (Ita) a 25”. Ginnastica ritmica: Squadre, All-Around, 1) Russia 57.000, 2) Bielorussia 55.500, 3) Italia (Blanchi, Laurito, Pagnini, Santoni, Savrayuk, Stefanescu) 55.450. Lotta libera: 66 kg U, 1) Yonemitsu (Jap), 2) Kumar (Ind), 3) Tanatarov (Kaz) e Lopez Azcuy (Cub); 96 kg U, 1) Varner (Usa), 2) Andriitsev (Ukr), 3) Gazyumov (Aze) e Gogshelidze (Geo). Pallamano: U, finale bronzo, CroaziaUngheria 33-26; finale oro Francia-Svezia 22-21. Pallanuoto: U, finale bronzo, SerbiaMontenegro 12-11; finale oro CroaziaItalia 8-6. Pallavolo: U, finale bronzo, Italia-Bulgaria 3-1 (25-19, 23-25, 25-22, 25-21); finale oro, Russia-Brasile 3-2 (19-25, 20-25, 2927, 25-22, 15-9). Pentathlon moderno: D, 1) Asadaus-kaite (Lit) 5408, 2) Murray (Gbr) 5356, 3) Marques (Bra) 5340, 25) Cesarini (Ita) 4912, 27) Crognale (Ita) 4852.

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE ENRICO FRANCESCHINI LONDRA ogno di un pomeriggio di mezza estate: dodici spagnoli e un italiano diventano un incubo per il Dream Team II. Dura tre tempi su quattro, il brutto sogno degli americani, con la Spagna allenata dal nostro Sergio Scariolo incollata agli Usa e varie volte in vantaggio, sicura in difesa e fluida in attacco, insomma più “squadra”. Solo nell’ultimo quarto gli Stati Uniti si staccano, ma di poco: finisce 107-100 e il più largo margine dei mostri Nba è solo di undici punti. Questi sarebbero i supermen che dovevano farci dimenticare il Dream Team originale, quello di Jordan, Bird e Magic Johnson alle Olimpiadi di Barcellona ’92? “Please”: ma per favore. Bisognava vedere le facce di coach K, Mike Krzyzewski, “professore” del basket college mandato a capitanare gli Usa a Londra, e del suo vice, il mezzo italiano Mike D’Antoni preso a prestito dalla panchina dei Knicks: prima non ci credevano, poi hanno cominciato a preoccuparsi, alla fine erano irritati come bambini a cui qualcuno sta guastando la festa. Sulla panca di fronte, viceversa, l’italiano che ha vinto tutto, in

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LA FOTOGRAFIA — Imbattibili, come Bolt. Protagonisti a Pechino e a Londra, come il Festa alla Bolt LONDRA giamaicano. E allora, dopo aver ottenuto l’oro nella pallamano maschile superando Svezia in una finale emozionante alla Basketball Arena (22-21), i francesi del ct per i francesi laOnesta hanno fatto festa sul podio col gesto del fulmine “brevettato” da Bolt, sotto lo sguardo divertito degli organizzatori. Nel 2008 la Francia aveva battuto in finale della pallamano l’Islanda.

Dream Team oro pallido applausi a Don Scariolo Spagna ko, ma gli Usa perdono contro il passato Decisivi nell’ultimo quarto LeBron e Kobe: 107-100. Però la squadra del ’92 resta inarrivabile

Una schiacciata di Bryant

Italia, in Spagna, in Europa (e che sta provando a far rivincere Milano, allenata part time con le furie rosse), non ha mai perso una flemma quasi britannica, alternando uomo e zona in difesa, credendo nel ritmo offensivo anziché rallentare il gioco. I parziali rivelano equilibrio: 35-27, 59-58, 83-82. E le statistiche lo confermano: stessa percentuale di tiro per entrambe, 49 per cento; 37 a 35 per gli Usa i rimbalzi. Sostanziale parità. Guardando i tabellini si può credere che i 30 punti di Durant, “carneade” degli Oklahoma Thunders, siano stati deci-

Pau Gasol a canestro

sivi per gli Usa. In realtà lo sono di più i canestri al momento giusto di LeBron (19 punti alla fine) e Bryant (17). Dall’altra parte, oltre ai fratelli Gasol (24 punti Paul, 17 Marc), pesano i tiri da fuori di capitan Navarro (21 punti) e Fernandez (14). Oro all’America dunque, argento alla Spagna – e a un italiano che ci consola un po’ per la nostra assenza da Londra. Ma gli Usa giocavano anche contro un fantasma: il DreamTeam ’92. «Lo batteremmo senz’altro, se ce lo trovassimo davanti», sbruffoneggiava LeBron nei giorni scorsi. Le cifre lo smentiscono: Jordan, Bird e Magic vinsero a Barcellona con una media di 44 punti di vantaggio a partita, i loro presunti eredi si sono dovuti accontentare di 33; e in finale nel ’92 i punti di distacco (contro la Croazia) furono 32, non 7 come ieri contro la Spagna. «Di questa squadra, prenderemmo a giocare con noi solo Bryant», manda a dire Magic Johnson. «E forse Lebron», aggiunge, per non lasciare a casa un armadio capace di tirare da 3. «Ma in una sfida tra noi e loro li schiacceremmo di almeno 20 punti», conclude il playmaker del Dream Team originale. Questo di Londra è una malacopia. Per farci sognare, meglio dodici spagnoli e un italiano. © RIPRODUZIONE RISERVATA

1 Usa 46 2 Cina 38 3 Gran Bretagna 29 4 Russia 24 5 Corea del sud 13 6 Germania 11 7 Francia 11 8 Italia 8 9 Ungheria 8 10 Australia 7 11 Giappone 7 12 Kazakistan 7 13 Olanda 6 14 Ucraina 6 15 Cuba 5 16 Nuova Zelanda 5 17 Iran 4 18 Giamaica 4 19 Rep. Ceca 4 20 Corea del nord 4 21 Spagna 3 22 Brasile 3 23 Bielorussia 3 24 Sudafrica 3 25 Etiopia 3 26 Croazia 3 27 Romania 2 28 Kenya 2 29 Danimarca 2 30 Azerbaijan 2 2 Polonia 32 Turchia 2 33 Svizzera 2 34 Lituania 2 35 Norvegia 2 36 Canada 1 37 Svezia 1 38 Colombia 1 39 Georgia 1 1 Messico 41 Irlanda 1 42 Argentina 1 1 Slovenia 1 Serbia 45 Tunisia 1 46 Rep. Dominicana 1 47 Trinidad e T. 1 1 Uzbekistan 49 Lettonia 1 50 Algeria 1 1 Bahamas 1 Grenada 1 Uganda 1 Venezuela 55 India 56 Mongolia 57 Tailandia 58 Egitto 59 Slovacchia Armenia,Belgio, Finlandia Bulgaria, Estonia, Indonesia Malaisia, Portorico, Taiwan Botswana, Cipro, Gabon, Guatemala, Montenegro, Portogallo Grecia, Moldova Qatar, Singapore Afghanistan, Arabia Saudita, Bahrein, Hong Kong,Kuwait, Marocco, Tagikisthan

29 27 17 25 8 19 11 9 4 16 14 1 6 5 3 3 5 4 3 10 5 5 2 1 1 5 4 4 2 2 2 2 1 1 5 4 3 3 3 1 1 1 1 1 1 2 2 2 2 1 1

29 22 19 33 7 14 12 11 5 12 17 5 8 9 6 5 3 4 3 2 4 9 5 1 3 2 2 5 3 6 6 1 2 1 12 3 4 3 3 3 2 2 2 1 3 3 1 4 3 1 3 2

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LONDRA 2012 R2SPORT

PER SAPERNE DI PIÙ www.olympic.org www.rio2016.org

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Dominio Lomachenko

Bolt dj

Brasile da record

Obama a Cameron

SUDCOREANO SENZA SCAMPO

FINO ALLE 6 DEL MATTINO

17 PODI VERSO RIO 2016

LODI E RINGRAZIAMENTI

L’ucraino Vasyl Lomachenko ha dominato la finale di pugilato dei 60 kg: 19-9 il punteggio con cui ha superato il sudcoreano Han

Dopo il party di uno sponsor, Bolt s’è esibito come dj in un night del West End di Londra. Con lui Blake e la britannica Adlington. Sono andati via alle 6: consumato l’equivalente di 20 bottiglie di champagne

Nonostante le delusioni di calcio e volley, con diciassette medaglie il Brasile ha battuto il suo record storico (15, Atlanta ‘96 e Pechino 2008). “A Rio vogliamo essere tra i primi 10” (foto: il ginnasta Nabarrete)

Obama ha telefonato a Cameron congratulandosi per il successo delle Olimpiadi, ringraziandolo per avere ospitato tanti atleti e fan americani e per l’accoglienza riservata a Michelle Obama

Il bilancio

DAL NOSTRO INVIATO EMANUELA AUDISIO LONDRA o sport racconta il mondo. Ogni 4 anni ne tasta il polso. Denuncia, porta in trionfo, scuote. E decapita certezze. Non c’è più sommerso, ma un nuovo mappamondo. La periferia, i margini, alzano testa, voce, cuore. Per la prima volta Cipro (vela), Guatemala (marcia), Gabon (taekwondo), Montenegro (pallamano) vincono una medaglia. Bisogna guardarsi le spalle: dai cinque cerchi escono voglie e prepotenze, assalti alla tradizione. È inedito l’oro del venezuelano Gascon nella spada e l’argento nel fioretto dell’egiziano Abouelkassem, che prega sulla pedana, rivolto verso la Mecca, e fa anche lui la sua rivoluzione: infilza la vecchia Europa, regalando all’Africa la prima medaglia nella scherma. Dove sono i vecchi padroni? Nel fango, offesi dalla propria opulenza. Quelli che arrivano ora forse non hanno un mantello di storia, ma sono anche senza pesi. Liberi di dare il meglio, di scegliere la trasgressione. Non si era mai visto un kenyano a suo agio nel giavellotto: Julius Yego, 23 anni, è arrivato ultimo in finale, ma per arrivare a Londra si è trasferito due mesi in un centro tecnico della Finlandia. «Ho imparato il gesto guardando i filmati su internet, avevo bisogno di maestri». Segno che non solo la letteratura mondiale sceglie altre parole e accenti per dirlo, ma anche lo sport si dà nuovi strumenti. Perché ormai più che la forza del passato conta la voglia di futuro. E spesso i Paesi con i loro eroi consumati hanno più un sorriso da regalare, nemmeno a se stessi. Non ci sono più giardini chiusi, inarrivabili, intoccabili. Tutti vogliono tutto, tutti ci provano: 38 record del mondo migliorati: 4 nell’atletica, 11 nel sollevamento pesi, 2 nel tiro, 9 nel nuoto, 10 nel ciclismo, 2 nel tiro con l’arco. Venti femminili e 18

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Nessuno si inchina più davanti alla tradizione altrui: 38 record mondiali, 20 battuti da donne maschili. Nessuno s’inchina più rispettoso davanti alla tradizione altrui, anzi se può sgambetta. La Cina imbattibile dei tuffi? Il 10 su 10 dei mondiali di Shanghai? Be’ anche la perfezione ha la sua piccola falla. L’hanno trovata l’americano Boudia, oro nella piattaforma dai 10 metri e il russo Zakharov, nel trampolino da tre metri. Non c’è un sistema infallibile per fare contorsioni nell’aria, c’è che bisogna giocarsela. Gli dei si possono sempre rimpiazzare e magari mandare a casa. Nei tuffi femminili, Pandelela Pamg dai 10 metri della piattaforma è bronzo e fa la

Cipro, Caraibi e un’altra Africa la luce di un nuovo mappamondo Non solo Usa-Cina. I Giochi degli inediti: dalla scherma ai tuffi Il 1° podio Montenegro (pallamano) e il primo d’Africa nella scherma (Abouelkassem)

Sopra il velista Kontides primo podio di Cipro; a destra Yego kenyano in finale del giavellotto tigre volante della Malesia. Nemmeno a Salgari sarebbe venuta in mente una storia così bizzarra. L’Australia, 25 milioni di abitanti, ha sempre usato l’acqua per svezzare e crescere la sua gioventù. La piscina al posto del biberon e una supremazia liquida che era anche sistema educativo. L’oceano faceva il resto, cullava le nuove generazioni. Non funziona più così: nel nuoto nemmeno

Il protagonista

DAL NOSTRO INVIATO ENRICO SISTI LONDRA ella maratona, di Kiprotich ce n’erano tre. Un kenyano, un francese e un ugandese. L’ha spuntata l’ugandese, Stephen, il ragazzo dal viso invecchiato troppo presto. Forse invecchiato di corsa anche lui. Il suo sorriso stanco ha chiuso con vigore e tenerezza l’atletica olimpica nel cui medagliere s’è intrufolata anche l’Uganda. Sono andate sul podio 42 nazioni. Una in più di Pechino. A Londra si sono mossi altri Paesi. È come se questo sport stesse un po’ cambiando pelle. Non s’era mai visto un ragazzo di 19 anni di Trinidad & Tobago vincere il giavellotto al cospetto dei suoi massimi interpreti, Thorkildsen, Pitkamaki, Vesely. La via caraibica che ha preso l’atletica, come riconosce Harvey Glance, l’ex sprinter americano che ora allena Kirani James, è anche merito

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un oro individuale, non capitava dal ‘76. Come la Spagna assente nel tennis che conta, dall’88 mai così male. E l’India dell’hockey su prato che aveva abituato il mondo a chinare la testa al suo passaggio. Scomparsa: cinque sconfitte su cinque nel girone. Non basta più essere la culla della sapienza, della conoscenza tecnica, avere il know-

how del remo, della pallina, della mira, del lancio, dell’assalto. Perché il mondo si mescola, ruba, copia, contatta e contratta. La catena di montaggio dello sport ha sempre un supervisore che ne conosce (e ne detiene) il ritmo. I nuotatori cinesi vanno a svernare da tecnici australiani, altri europei vanno in America, nelle mec-

che del nuoto dei college, i marciatori cinesi hanno scelto come loro tecnico Sandro Damilano, che ha il suo ritiro a Saluzzo, i maestri della scherma azzurri sono in partenza verso altre destinazioni. Se in Italia con la crisi dei club non ci sono soldi, in Francia ci sono i creps, centri formativi finanziati dal ministero. Senza parlare di altri ct italiani che guidano nazionali estere: Scariolo, Anastasi e Placì. Poi c’è quel pezzo di Oceano

La maratona d’oro dell’Uganda l’ultimo outsider nell’atletica degli Stati Uniti che «accolgono nelle loro università i giovani di quei paradisi». James è stato prelevato dalla sua comunità di pescatori di Grenada. Portato in Alabama. Fatto diventare un campione e anche uno studente di economia. Poi a mantenerlo ci pensa lo sponsor. Lo stesso Mo’ Farah non potrebbe vivere in Oregon se il Nike Project non provvedesse al mantenimento suo e della sua famiglia. Il predominio caraibico ha preso una connotazione quasi tragica, in ottica americana, quando le Bahamas sono andate a strappare dal collo del “vecchio” Angelo Taylor l’oro nella 4x400. Ma i segnali erano già stati molti. Il ritorno al successo di Felix Sanchez nei 400 hs (con il bronzo dell’eterno piazzato, il portoricano Culson) s’è combinato con

Stephen Kiprotich

Trionfo di Kiprotich dopo le sorprese arrivate da Qatar, Botswana e dai Paesi dell’ex Urss

l’argento dei suo connazionale Santos nei 400 piani vinti dal meraviglioso Kirani James: quello che corre col piede sinistro a papera «che è un tratto di famiglia e non sarà possibile correggerlo più di tanto», quello che al termine della semifinale è andato a chiedere il pettorale a Pistorius. Giovani, altra cultura sportiva. Una cubana, Yarisley Silva, ha saltato più della Isinbaeva. Il guatemalteco Barrondo ha vinto l'argento nella 20 km di marcia stretto nella morsa dei più forti (i cinesi), la colombiana Ibarguen (ma questa non è una novità) è arrivata seconda nel triplo femminile dietro la kazaka Rypakova, la ragazza scappata dalla nube di berillio della sua lontana Ust-Kamenogorsk. Una coppia di turche ha dominato i 1500. Manca soltanto Panama: Irving Saladino non è

frammentato da qualche spiaggia, tra reggae, mango, palme, mojito e cubalibre. Isole nella corrente. Non solo Cuba, con un sistema sportivo ben definito, ma Giamaica, Repubblica Dominicana, Trinidad&Tobago, Bahamas, Grenada, Porto Rico. Paesi da agenzie di viaggio, dove andare a dimenticare gli inverni della vita, ma ora una potenza che con i suoi schiaffoni mette spavento: 36 medaglie, 13 d’oro. Bolt da solo ha vinto più di quanto abbia

Australia e Spagna giù nel nuoto e nel tennis. È lo sport che si mescola e si scambia i maestri fatto l’India in un secolo. E i suoi fratellini sono altre schegge. Il segreto stavolta è stato non disperdersi: non andare più in America a studiare e ad allenarsi, ma restare a casa, dove la competitività è alta, dove c’è sempre una sfida, e dove lo sport ha trovato un’organizzazione migliore. In Giamaica a ogni ragazzo selezionato viene assegnato un tutor, ex campione. Un’Olimpiade ti spinge, ti scopre, ti fa sputare quello che hai dentro. L’Inghilterra che ha molto investito, molto raccoglie (29 ori), perché non si può organizzare e battere le mani sempre e solo gli altri. Gli Usa si rivelano un compagno fedele di giochi, sempre voglioso di stare in cima: 104 medaglie. La Cina, seconda con 87, insiste nella sua lunga marcia, e anzi si sta attrezzando per altre specialità (equitazione), la Gran Bretagna è terza, seguita da Russia, Corea Sud, Germania, Francia, Italia (ottava). Ora c’è un fiume di tempo da guadare. Quattro anni da attraversare. E un nuovo mondo da ritoccare. © RIPRODUZIONE RISERVATA

più il lunghista che conoscevamo. Gli Stati Uniti possono consolarsi con il loro giovanissimo team e qualche sorpresa (Kynard e la Barrett nell'alto, la Suhr nell’asta, Rupp nei 10 mila). Le medaglie si sono come sparpagliate. Il Botswana è alla sua prima medaglia olimpica col 18enne Amos. Ai quasi 5 milioni di spettatori di quest’Olimpiade il ragazzino è apparso mentre rincorreva l’irraggiungibile Rudisha. Non è una sorpresa, perché è da tempo fra i più bravi, ma colpisce ugualmente il bronzo del 21enne qatarino Barshim nell’alto. È di un iraniano l’argento nel disco (Hadadi). L’atletica è stato un trionfo per Russia e Gran Bretagna. E se flette la Giamaica, rispetto a Pechino il più preoccupante ridimensionamento lo subisce il Kenya, solo due ori con Rudisha e Kemboi (3000 siepi). Quattro anni fa furono sei. Compreso quello del povero Wanjiru. Donato a parte, Italia non pervenuta. © RIPRODUZIONE RISERVATA



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LONDRA 2012 R2SPORT

LUNEDÌ 13 AGOSTO 2012

Luglio 2013

Rogge sul 2016 Pugni kazaki

RIAPERTURA DEL PARCO

“DOVETE FINIRE I LAVORI”

SAPIYEV NON SBAGLIA

Il Parco Olimpico aprirà di nuovo al pubblico dopo una serie di modifiche il 27 luglio 2013, un anno dopo l'inizio dei Giochi

Il presidente del Cio, Rogge già pensa ai Giochi di Rio 2016: “Stiamo lavorando vicino al comitato organizzatore i lavori devono terminare il più presto possibile”

Il kazako Serik Sapiyev non si è fatto sorprendere nella finale di pugilato categoria 69 kg dominando fin dall’inizio l’ultima sfida con l’idolo di casa, il britannico Freddie Evans: 17-9 il punteggio

PER SAPERNE DI PIÙ www.london2012.com twitter@Coninews.it

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La chiusura

Un happy end per Londra “Visto di cosa siamo capaci?” (segue dalla prima pagina)

IL ROCK IN CAMPO Londra ricostruita in miniatura sul prato dello stadio Olimpico. A destra, Brian May e Roger Taylor dei Queen con Jessie J sul palco

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE ENRICO FRANCESCHINI un Churchill che recita Shakespeare. Una Londra in miniatura ricreata dentro lo stadio olimpico, per chiudere i Giochi, salutare il mondo e passare il testimone a Rio 2016. La cerimonia d’addio, un maxi concerto a ritmo di pop e di rock, dalle Spice Girls a George Michael senza dimenticare gli omaggi a chi non c’è più: John Lennon e Freddie Mercury. La musica, colonna sonora di quest’isola e anche un po’ del nostro tempo, prosegue con suore che pattinano su rotelle mentre risuona l’inno dei mattacchioni di Monty Python, “Always look on the bright side of life”: guarda sempre al lato positivo della vita. Difficile essere ottimisti quando le statistiche prevedono un’economia nazionale in crescita zero e il pianeta annaspa nella crisi, ma Londra ci prova, mescolando l’orgoglio per una manifestazione organizzata bene e per una pioggia di medaglie che porta la squadra di casa a uno storico terzo posto nel medagliere, con l’irriverenza e la tolleranza tipiche di questa nazione libera e multietnica. «Abbiamo mostrato al mondo di cosa siamo fatti, ricordato a noi stessi di cosa siamo capaci e dimostrato che non bisogna mai sottovalutare il Team Gb», esulta David Cameron a Downing street, prima di correre anche lui allo stadio. Londra 2012 non ha tradito le attese. Ci ha dato record, campioni, emozioni — non si erano mai viste tante lacrime sul podio (il Times le ha contate). Il Parco Olimpico nuovo di zecca e i vecchi impianti riadattati, pur senza la maestosità di Pechino, sono stati come uno “street party” lungo due settimane. I bobbies con l’elmetto e i

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soldati in mimetica richiamati per rimediare alle falle della sicurezza privata hanno mantenuto l’ordine con discrezione, e fortunatamente non c’è stato bisogno dei missili sui tetti per rispondere alle temute minacce del terrorismo, sotto la cui ombra queste Olimpiade erano nate, l’attentato nel metrò della capitale 24 ore dopo l’assegnazione dei Giochi a Londra. Settantamila volontari hanno contribuito al funzionamento di

tutto con una delle benemerite caratteristiche britanniche: la cortesia. Abbiamo perfino avuto quasi sempre il sole, raro dono per quest’isola anche in questa stagione. Tutti contenti, dunque, a cominciare dal sindaco Boris Johnson, che spera di costruire su questo successo la scalata alla poltrona di primo ministro, portandola via al suo collega di partito Cameron. Immaginate che l’Italia ospiti le Olimpiadi. Poi immaginate che, a

dispetto di qualche intoppo, le organizzi come si deve. Infine immaginate che l’Italia arrivi terza nel medagliere, con i migliori risultati in un secolo. Ora immaginate quale sarebbe la reazione popolare, dei media, dei politici. Dunque non meravigliamoci se la Gran Bretagna, grande come l’Italia, con lo stesso numero di abitanti e simili problemi, ha ricevuto “un’iniezione di fiducia e buon umore” dai Giochi, come dice il

La cerimonia

una buona eredità al Regno Unito. I Giochi rilanceranno l’economia, risaneranno l’East End della capitale, cambieranno qualcosa? Non è detto. «Ma la vita di una nazione, come quella di una persona, è fatta di momenti — osserva l’Economist — e i momenti d’oro sono importanti anche se non cambiano niente». Per due settimane Londra ha colto l’attimo fuggente e oggi è più felice. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Da Churchill a Imagine l’ultimo bacio verso Rio

DAL NOSTRO INVIATO BENEDETTO FERRARA

L’arrivo di Victoria Beckham delle Spice Girls

suo premier. «Adesso possiamo celebrare quel che siamo, invece di ciò che eravamo», sostiene Jonathan Freedland, columnist del Guardian, alludendo alla grandezza perduta del British Empire. La maggioranza della popolazione, in un sondaggio, ritiene che i 9 miliardi di sterline di denaro pubblico spesi per le Olimpiadi siano stati un buon investimento: per il morale, come minimo. E’ presto per sapere se Londra 2012 lascerà

LONDRA — Una notte d’addio costruita per cacciatori di brividi e collezionisti di dischi e storie d’amore. L’ultimo bacio di Londra 2012 comprime tutto il pop e il rock dai sessanta in poi, rimettendo insieme per il finale ciò che resta degli Who per un tris per cuori resistenti: Baba O’Riley, See me feel me (da Tommy) e My generation. Kim Gavin non ha il genio di Danny Boyle ma conosce le regole emozionali degli addii, con la lacrima facile e tutti questi idoli multigenerazionali che arrivano in tir o su un cab sulla strada disegnata dentro l’Olympic Stadium. Per metà spettacolo resta in piedi una scenografia con tutto ciò che Londra offre agli occhi del mondo al primo battito di ciglia: dal Tower bridge alla

Un trionfo della musica pop britannica dagli anni 60 con George Michael ed Annie Lennox per l’addio ruota panoramica simbolo del nuovo millennio. I 4mila ballerini riempiono spazi e danno senso a un ritmo continuo attraversato da tutti quelli che era possibile buttare nel musical di 2 ore e 45. Dai Madness ai Pet Shop Boys per iniziare a citare gli ’80, arrivando ai teen idols One direction, nipotini dei risorti Take That. A celebrare i ’90 “migliori” ci pensa Liam Gallagher: l’ex Oasis regala Wondewall con i Beady Eye. Il tutto in una trama che racconta una giornata londinese, con

canzoni e balletti, come quello che prende vita sulla musica di Running up that hill di Kate Bush, mentre gli atleti si schierano formando una immensa Union Jack. Commovente Ray Davies, che canta Waterloo Sunset, antico successo dei suoi Kinks. Lacrime sul clip di Imagine di John Lennon (Yoko Ono in tribuna)e duetto degli 80 mila con l’olograma di Freddie Mercury prima che Brian May agguanti la chitarra per un assolo che scuote lo stadio e introduce We Will rock you. Finale con il passaggio della bandiera olimpica al sindaco Rio de Janeiro: c’è Pelè, mentre samba e bossa attraversano la notte di Londra per un grande arrivederci al 2016. La fiamma olimpica si spenge e arriva il colpo basso: Roger Daltrey e Pete Townshend, the Who: un finale magico e perfetto. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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MARCO AZZI EMANUELE GAMBA bbiamo perso una grande occasione per esportare l’immagine del nostro calcio». Sul volo di ritorno dalla Cina, Aurelio De Laurentiis ha ripercorso la malanotte di sabato e si è scagliato contro tutti, a cominciare da Mazzoleni. «Ha arbitrato con autorità scolastica. Un rigore discutibile capita, quello contro di noi era dubbio perlomeno al 50 per 100. È invece inaccettabile l’ammonizione di Zuniga, che il fallo lo aveva subito. È da questo episodio che è nata una possibile lettura di dietrologia. Penso ai dubbi lasciati ai nostri cinque milioni di tifosi: io che li rappresento ho il dovere di scoprire la verità». Parole dure anche contro Beretta: «Sono deluso dai cinesi e dalla Lega, giocando la Supercoppa in Italia avremmo incassato milioni. Così è un trofeo che non vale niente, una festa pacchiana per i 40 delegati inviati in Oriente. Se non si cambiano le regole, non parteciperemo mai più». Nessun ripensa-

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R2SPORT

PER SAPERNE DI PIÙ www.juventus.it www.sscnapoli.it

De Laurentiis premia il Napoli “L’arbitro ci ha preso in giro” mento sulla scelta di ritirare la squadra al fischio finale. «Se si perde per demeriti propri o bravura altrui, è giusto applaudire chi vince. Ma noi ci siamo sentiti presi in giro: non c’erano le condizioni per

“Giusto disertare la premiazione Pechino? Solo una festa pacchiana per quelli della Lega” un terzo tempo tipo rugby. E’ una sconfitta che non fa male. Sabato sera in hotel ho aperto dieci bottiglie di champagne, per brindare. Ho detto ai miei giocatori che sono stati molto bravi e li ho premiati con ventimila euro a testa. Devono pensare a divertirsi e archiviare

questa esperienza come una scampagnata riuscita male. Non ce l’avevamo con la Juve, team di campioni. Se sul campo si semina irrazionalità, però, poi le squadre assumono un atteggiamento spocchioso o da primedonne». Se il Napoli in Cina ha perso i nervi, la Juventus non ha perso l’anima e non era scontato. «Da due anni abbiamo imparato a reggere sul piano mentale ai problemi», conferma Marchisio. La sindrome dell’accerchiamento è sempre stimolante, aiuta a cementare, ma la realtà è che «ne faremmo volentieri a meno», giura lo stesso Marchisio, e difatti in seno alla squadra qualcuno temeva un crollo psicologico improvviso. «Io no, questo è un gruppo fatto di uomini», nega Massimo Carrera, ma Conte ha provato un forte sollievo quando ha capito che stava vincendo pro-

IL DISERTORE De Laurentiis ha fatto disertare al Napoli la premiazione della Juve in polemica con l’arbitro

prio sul piano mentale. La sua Juve è prima di tutto un’idea in testa, è stato felice di ritrovarla lì. I bianconeri hanno mantenuto la calma, reagito a due svantaggi, cambiato passo tra un tempo e l’altro: una squadra inquieta non ci sarebbe riuscita. Carrera sa farsi ascoltare, anche per conto terzi, e Conte, nel lavoro settimanale, ostenta tranquillità, come se non volesse contagiare il gruppo. «È incredibile come sia riuscito a mettermi a mio agio», quasi si meraviglia Asamoah, di fatto l’unico vero rinforzo: Isla è tuttora ai box e Lucio sembra un novellino. Nonostante la distrazione sul gol di Pandev è andata meglio a Bonucci, uscito indenne dal processo di Roma: «Giustizia obsoleta, ma sono riuscito a far venire fuori la verità: ringrazio chi mi ha giudicato. Mi sono sempre allenato con la coscienza a posto e la testa sul campo, non ho mai avuto dubbi su come sarebbe andata».

Premiazione di Supercoppa disertata dal Napoli

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La polemica

Zeman punge sul caso Conte “Uno squalificato non allena” MATTEO PINCI ROMA — Dalle sentenze alla Supercoppa, la Juventus fa discutere. Soprattutto chi con i colori bianconeri non riesce proprio ad andare d’accordo. Chi avesse dubbi può chiedere a Zdenek Zeman della squalifica di Antonio Conte. Anche senza nominarlo direttamente, gli sentirete dire: «Se è giusto che un allenatore squalificato alleni? Anche i giocatori squalificati si allenano. Ma se c’è una squalifica per un tempo lungo, dai tre mesi in poi, un allenatore non dovrebbe allenare». Alzi la mano chi non ha pensato al tecnico juventino, stoppato dalla Disciplinare per 10 mesi. Ma Zeman, che della lotta per un calcio migliore ha fatto la propria bandiera, se la prende anche con la commissione chiamata a valutare: «Io finora non capisco. Non ho letto le carte, ma se si vuole debellare questa cosa bisogna essere più decisi». Dal tribunale al campo, non ha sollevato meno polemiche la vittoria di Pechino. Soprattutto per quegli errori arbitrali che il Napoli ha contestato non presentandosi alla premiazione: «Se lo hanno fatto avranno avuto i loro buoni motivi», sentenzia il presidente dell’Inter Massimo Moratti. Rapido però a specificare: «Non ho visto la partita, non posso giudicare». Nulla da dire, invece, sulla sentenza: «Ormai è roba passata».

LE REPLICHE Sopra Zdenek Zeman e Massimo Moratti

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In breve Community Shield

Primo trofeo al City Chelsea battuto 3-2 BIRMINGHAM — Va al Manchester City il primo trofeo stagionale inglese. La squadra di Mancini ha battuto 3-2 il Chelsea di Di Matteo, andato in vantaggio con Torres al 40’. Nella ripresa in 12’ il City dilaga con Yaya Touré, Tevez e Nasri. Bertrand chiude le marcature. COPPA ITALIA — Risultati 2° turno a eliminazione diretta: Cittadella-Carrarese 2-0; Sassuolo-Avellino 1-0; Livorno-Benevento 2-1; Novara-Lumezzane 4-3; Padova-Pisa 2-2 dts (6-4 dcr); Ascoli-Portogruaro 2-1 dts; Brescia-Cremonese 1-2 dts; Entella-Verona 2-3; Juve StabiaFrosinone 3-0; Perugia-Bari 4-1 dts; Reggina-Nocerina 1-0; Spezia-Sorrento 4-1; Crotone-Lanciano 3-2; Empoli-Vicenza 1-2;

Grosseto-Carpi 1-3; LecceChieti 3-1; Varese-Pontisola 2-1. PESOLI — Il digiuno di Emanuele Pesoli, dopo i tre anni di squalifica, prosegue: «Andrò avanti a oltranza fino a quando non avrò chiarimenti». AMICHEVOLE— Palermo-Parma 4-1. GERMANIA — Il Bayern Monaco ha vinto la Supercoppa battendo 2-1 il Borussia Dortmund. CICLISMO — Alberto Contador ha chiuso quarto l’Eneco Tour del suo ritorno alle corse: successo per l’olandese Lars Boom. A Ballan l’ultima tappa. TENNIS— Montreal, quarti: Safarova (Cec) b. Vinci 6-2, 6-2. GOLF — Allo US PGA Championship Rory McIlroy è in testa dopo il 3° giro. Male F. Molinati che scende dal 15° al 32° posto. NFL — Chad Johnson dei Cincinnati Bengals arrestato per aver picchiato per strada la moglie.




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METEO

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