IL CASTELLO DI FERRARA
iCamerinidelPrincipe thePrince’s Apartment
iCamerini delPrincipe
thePrince’s Apartment € 16,00
INTERREG ADRIATICO
SITI UNESCO DELL’ADRIATICO
PROVINCIA
DI FERRARA
iCamerini delPrincipe thePrince’s Apartment
Crediti . a cura di/edited by Marco Borella coordinamento scientifico/ scientific coordination Charles Hope coordinamento editoriale/ publishing coordination Angela Ghinato testi/texts Marco Borella, Francesca Cappelletti, Charles Hope, Andrea Marchesi, Alessandra Sarchi elaborazioni grafiche/ graphics Cristina Gilli traduzioni/ translations Itinerando, Ferrara; Paul Packer progetto grafico/ graphic design , Ferrara collaboratori alla realizzazione/ collaborators in the realization Paola Aliprandi, Vittorina Braga, Francesca Felletti, Ethel Guidi, Cecilia Vincentini
Volume realizzato in occasione della Mostra “I Camerini del Principe”, Ferrara, Castello Estense, 13 aprile - 18 giugno 2006 Volume compiled on the occasion of the exhibition “I Camerini del Principe” Ferrara, Castello Estense, 13 April - 18 June 2006 progetto espositivo/ exhibition design Marco Borella responsabile scientifico/ scientific officer Charles Hope prestatori/lenders Accademia Carrara, Bergamo Pinacoteca Civica “Domenico Inzaghi”, Budrio Chhatrapati Shivaji Maharaj Vastu Sangrahalaya, Mumbai Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara Arcidiocesi di Ferrara e Comacchio realizzazioni in legno e allestimenti/woodwork and exhibition set-ups Chiozzi Giuliano e Fulvio, Ferrara
Credits . ricostruzione virtuale/ virtual reconstruction www.officinadiprogettazione.com riproduzione rilievi/ reproduction of the reliefs DIAPReM – Università di Ferrara copie pictografiche/ pictograph prints Bottega Artigiana Tifernate, Città di Castello musiche/music Le musiche per la mostra sono state tratte da “Lettere agli amori immaginari” di Roberto Manuzzi e da “Jazzback” di Antonio Marangolo (Edizioni Sette Ottavi). The music for the exhibition comes from “Lettere agli amori immaginari” by Roberto Manuzzi and from “Jazzback” by Antonio Marangolo ringraziamenti/ acknowledgements Ambasciata Indiana in Italia Ambasciata Italiana in India Istituto Italiano di Cultura in India
Collezione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi, Firenze Dobo Istvan Varmuzeum, Eger Fondazione Giorgio Cini, Venezia Galleria Estense, Modena Museo dell’Hermitage, Saint Petersburg Museo Nazionale del Prado, Madrid National Gallery, London National Gallery of Art, Washington National Gallery of Canada, Ottawa Opificio delle Pietre Dure, Firenze Pinacoteca Nazionale, Ferrara Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Ravenna e Centro Operativo di Ferrara Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico di Bologna The Barber Institute of Fine Art, Birmingham Jadranka Bentini Hester Diamond David Jaffe Mike Nugent
Presentazione .
C
on il recupero dell’appartamento di Alfonso I sulla Via Coperta si completa una lunga stagione di restauro del Castello Estense di Ferrara. Con l’opera di ricostruzione di quelle stanze denominate “Camerini d’alabastro”, oltre all’arricchimento che queste sale danno al percorso pubblico del Castello, sono stati raggiunti due obiettivi più generali ma non meno significativi: riproporre uno dei luoghi più importanti nella storia urbanistica di Ferrara ed in particolare di quella porzione del centro storico rappresentativa del vecchio quartiere estense; riallacciare il legame tra residenza estense e collezioni d’arte in uno dei luoghi del Castello più significativi ove architettura e decorazione avevano uno strettissimo connubio creativo. Aperto il cantiere nel gennaio del 2002 sulla Via Coperta, dei favolosi camerini sono stati ritrovati solo due portali in marmo con la scritta “Alfonsus Dux III”. I lavori di recupero sono terminati nel gennaio del 2006, supportati da un lungo lavoro di ricerca contrassegnato da due convegni di studio. Il risultato è stato il recupero della veste architettonica dei “Camerini di alabastro” nella loro sequenza originale, consentendo agli studiosi di poter riprendere i loro approfondimenti in materia di iconografia e sulla dislocazione delle opere conservate un tempo tra queste mura. Gli ambienti dell’appartamento di Alfonso sopra la Via Coperta, così come un tempo furono il prezioso scrigno del tesoro artistico degli Este saranno destinati ad ospitare le mostre temporanee del Castello. Dotati dei più sofisticati sistemi di sicurezza e di controllo climatico le sale potranno consentire la prosecuzione di un programma espositivo legato alla consistenza, alla diaspora e alla fortuna delle collezioni estensi, alla storia del Castello e alla storia della città di Ferrara e del suo territorio. Pier Giorgio Dall’Acqua Presidente della Provincia di Ferrara
Presentation .
T
he renovation of Alfonso I’s apartment on the Via Coperta marks the completion of a long period of restoration on the Castello Estense of Ferrara. The rebuilding of the rooms known as the “Alabaster Study” and the enhancement that these rooms bring to the parts of the Castle open to the public marks the achievement of two broader, but no less significant objectives: reviving one of the most important sites in the history of the urban development of Ferrara, especially the portion of the historic centre that represents the old Estense quarter and renewing the bond between Estense residence and art collections in one of the most significant parts of the Castle in which architecture and decoration came together in a very close creative blend. When the work started in the fabulous rooms of the Via Coperta in 2002, only two marble portals were found with the engraving “Alfonsus Dux III” on them. The renovation work came to an end in January 2006, backed up by lengthy research activity which included two study congresses. The result was the renovation of the architectural aspect of the “Alabaster Study” in its original sequence, enabling the scholars to once again examine the iconography and the dispersal of the works once conserved within these walls. Just as they were once the precious home to the artistic treasures of the Este family, the rooms of Alfonso’s apartment will now house the Castle’s temporary exhibitions. Fitted out with sophisticated alarm and temperature and humidity control systems, the rooms will enable the continuation of plans for exhibitions dealing with the size, dispersal and the fortune of the Estense collections; the history of the Castle and the history of the city of Ferrara and its territory. Pier Giorgio Dall’Acqua Chairman of Ferrara Province
Sommario . L’appartamento di Alfonso I sulla Via Coperta di Marco Borella Il Quartiere Estense La Via Coperta Da ponte di legno a residenza ducale Le tracce architettoniche dell’appartamento di Alfonso I Le stime del 1598 e del 1600 La ricostruzione dei camerini del Principe
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Le ipotesi degli studiosi di Alessandra Sarchi
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Il camerino delle pitture di Alessandra Sarchi
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La descrizione del camerino delle pitture di Annibale Roncaglia di Alessandra Sarchi
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Lo studio de’ prede vive 48 di Alessandra Sarchi Cristo della Moneta di Charles Hope
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L’inventario ritrovato di Andrea Marchesi “Nello studio overo camerino di marmo” “Robe che son nel primo camerino adorato”
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I rombi allegorici di Dosso Dossi di Francesca Cappelletti
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Dosso Dossi di Charles Hope
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Il collezionismo degli Estensi e la dispersione delle raccolte di Francesca Cappelletti
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La fortuna dei Baccanali di Francesca Cappelletti
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Summary . Alfonso I’s apartment on the Via Coperta by Marco Borella The Estense Quarter The Via Coperta From wooden bridge to Ducal Residence The architectural evidence of Alfonso I’s apartment The valuations of 1598 and 1600 The reconstruction of the Prince’s Apartment Scholars’ hypotheses by Alessandra Sarchi
11 10 12 17 21 22 24 27
The camerino delle pitture 41 by Alessandra Sarchi The description of the camerino delle pitture by Annibale Roncaglia 45 by Alessandra Sarchi The studio de’ prede vive 49 by Alessandra Sarchi Tribute Money by Charles Hope
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The rediscovered inventory by Andrea Marchesi “In the studio overo camerino di marmo” “Items that are in the first camerino adorato”
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Dosso Dossi’s allegorical rhombuses by Francesca Cappelletti
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Dosso Dossi by Charles Hope
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The Estensi as collectors and the dispersion of their collections by Francesca Cappelletti
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The success of the Bacchanals’ by Francesca Cappelletti
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Ferrara, Castello Estense Appartamento di Alfonso I L’anticamera allestita per la mostra aprile-giugno 2006
Ferrara, Castello Estense Alfonso I’s apartment The antechamber set up for the exhibition April-June 2006
L’appartamento di Alfonso I sulla Via Coperta di Marco Borella
Il Quartiere Estense Disposizione degli appartamenti ducali, dal PALAZZO DI CORTE al CASTELLO ESTENSE Il Palazzo di Borso (1450 -1471) Il Palazzo di Ercole I (1471-1505) Il Castello Estense 1 - Appartamento di Ercole I Camere Dorate 2 - Appartamento di Eleonora d’Aragona (sposa Ercole I nel 1473 e muore nel 1493)
3 - Appartamento di Alfonso I (1505-1534) Appartamenti di Ercole II (1534-1559) 4 - Stanze Nuove (sino al 1554) 5 - Camera della Pazienza (dopo il 1554) 6 - Appartamento di Alfonso II (1559-1597)
The Estense Quarter layout of the ducal apartments, from the PALAZZO DI CORTE to the CASTELLO ESTENSE Borso’s Palace (1450-1471) Ercole I’s Palace (1471-1505) The Castello Estense 1 - Ercole I’s apartment Camere Dorate 2 - Eleonora of Aragon’s apartment (married Ercole I in 1473 and died in 1493)
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3 - Alfonso I’s apartment (1505-1534) Ercole I’s apartment (1534-1559) 4 - New Rooms (until 1554) 5 - Camera della Pazienza (Patience Room) (after 1554) 6 - Alfonso II’s apartment (1559-1597)
Alfonso I’s apartment on the Via Coperta by Marco Borella
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La Via Coperta
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er Via Coperta si intende quel corpo di fabbrica che unisce da sud a nord l’antico Palazzo Ducale al Castello di San Michele: si tratta di cinquanta metri di edifici variamente articolati, in parte fondati sulla pubblica piazza in parte sul fossato. Nasce dalla necessità di mettere in comunicazione la Corte Vecchia alla fortezza per motivi di tipo difensivo e si trasformerà nel tempo in residenza ducale.
The Via Coperta
W
hen referring to the Via Coperta we mean the long building that joins from the south the old Palazzo Ducale to the Fortezza di San Michele lying to the north: it is a 50-metres long building with various rooms in it; part of it stands on the public square, part of it above the moat. Built to join the Corte Vecchia and the Castello Estense for reasons related to defence, over time it became a residence of the dukes.
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Dettaglio del quartiere estense dalla Pianta ed alzato di Ferrara, Andrea Bolzoni, 1747
Detail of the Estense quarter from the map and elevation of Ferrara, Andrea Bolzoni, 1747
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Veduta del Palazzo, della Via Coperta e del Castello Estense. Stampa, Bolzoni 1782, III edizione View of the Palazzo, of Via Coperta and of the Castello Estense. Print by Bolzoni 1782, III edition
Pianta della zona dell’appartamento di Alfonso I e delle Stanze Nuove di Ercole II, 1787 (Archivio di Stato di Ferrara) Plans of the place of Alfonso I’s apartment and the Stanze Nuove (New Rooms) of Ercole II, 1787 (Archivio di Stato, Ferrara)
Prospetto ovest della Via Coperta, 1848 (Archivio Provincia di Ferrara) Western face of the Via Coperta, 1848 (Archivio Provincia di Ferrara)
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Plan of the second floor of the Via Coperta (before the works)
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Pianta del secondo piano della Via Coperta (prima dei lavori)
Prospetto attuale della Via Coperta The face of Via Coperta as it is now
Sezione longitudinale della Via Coperta (prima dei lavori) II Livello I Livello Archi
Longitudinal crosssection of the Via Coperta (before the works)
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Da ponte di legno a residenza ducale
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all’epoca di Borso d’Este è confermata la presenza di un corridoio sopraelevato che andava dal primo piano del Palazzo Ducale al cortile del Castello Estense, accanto alla Torre Marchesana: un sottile ponte in legno scoperto alle intemperie, una “via sicura” larga non più di tre metri e lunga cinquanta. A partire dal 1471, Ercole I impegna il nuovo ufficio delle “Munizioni e Fabbriche” per il consolidamento in muratura di questa via sopraelevata: Questa sia la spesa che andaria a fare una via coperta che se partise da le stancie de la Vostra Excellentia in Corte et andasse ne la Via Coperta Vechia de Chastello Vechio sopra la Becharia del Lione: fata la prevision per maistro Santo da Novolini inzegnero et maistro Piero de Benvegnudo (Archivio di Stato di Modena, Camera Ducale Estense, Fabbriche e villeggiature, carte sciolte, 27 agosto 1471). Poco più tardi il percorso viene coperto con un terrazzo praticabile riparato da merlature: il nuovo percorso al secondo piano unisce l’appartamento di Ercole I a quello di Eleonora d’Aragona in Castello. Sempre per volere di Ercole I, viene coperto anche questo secondo livello: si concretizza una lunga galleria tra gli appartamenti del duca e della duchessa. A partire dal 1507 Alfonso I comincia i lavori per la costruzione dei camerini d’alabastro: Spexa del studio de preda viva che fa fare el Ducha nostro sopra la via coperta apresso li camarin […] per lo amontare de havere fato li fondamenti in piaza sopto la via coperta in ingrossato li volti et fato banchete et etiam fati dui muri in dita via coperta che si va de Corte in Castello, e questo per sostenere la graveça del studio del Signore ch’el fa fare de preda marmora fina (Archivio di Stato di Modena, Camera Ducale Estense, Munizioni e fabbriche, 48, 1507, Memoriale). La Via Coperta, nel tratto sulla piazza,
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From wooden bridge to Ducal Residence
W
e have confirmation of the existence of a raised corridor that ran from the first floor of the Palazzo Ducale to the courtyard of the Castello Estense, next to the Torre Marchesana, at the time of Borso d’Este: a thin wooden bridge open to the weather, a “safe route”, no wider than 3 metres and 50 metres in length. Starting in 1471, Ercole I began to use the new office of the “Munizioni e Fabbriche” as a brick foundation for this raised corridor: Questa sia la spesa che andaria a fare una via coperta che se partise da le stancie de la Vostra Excellentia in Corte et andasse ne la Via Coperta Vechia de Chastello Vechio sopra la Becharia del Lione: fata la prevision per maistro Santo da Novolini inzegnero et maistro Piero de Benvegnudo (Archivio di Stato di Modena, Camera Ducale Estense, Fabbriche e villeggiature, carte sciolte, 27 agosto 1471). A little later, the route was covered with a terrace that could be walked along, protected by battlements: the new route joined Ercole I’s apartment to Eleonora of Aragon’s one in the Castle. Again, according to the wishes of Ercole I, this second level was given a roof: a long gallery between the apartments of the duke and the duchess had taken shape. Starting in 1507, Alfonso II began to construct the camerini d’alabastro (Alabaster Study): Spexa del studio de preda viva che fa fare el Ducha nostro sopra la via coperta apresso li camarin […] per lo amontare de havere fato li fondamenti in piaza sopto la via coperta in ingrossato li volti et fato banchete et etiam fati dui muri in dita via coperta che si va de Corte in Castello, e questo per sostenere la graveça del studio del Signore ch’el fa fare de preda marmora fina (Archivio di Stato di Modena, Camera Ducale Estense, Munizioni e fabbriche, 48, 1507, Memoriale). In the section above the piazza, the Via Coperta was widened from 3 to 8 metres with a long pavilion room above the arches to allow a secret apartment to be built on the top floor.
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viene allargata da 3 a 8 metri con una lunga sala a padiglione sopra gli archi per consentire, al piano superiore, la realizzazione dell’appartamento ducale. In pochi anni il semplice percorso realizzato da Borso diviene l’appartamento più prestigioso mai costruito dalla Corte Estense, ideato e voluto da Alfonso I per ospitare le sue preziose collezioni.
Il Castello di Ercole I (1471)
The Castle under Ercole I (1471)
Il Castello alla fine del ’400
The Castle at the end of the 1400’s
Il Castello di Alfonso I
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The Castle under Alfonso I
In just a few years, the simple corridor built by Borso became the most prestigious apartment ever built by the Estense Court, conceived and commissioned by Alfonso I to house his highly-valued collections.
Sezioni della Via Coperta Cross-section of the Via Coperta
Il terrazzo merlato The terrace with battlements
Il corridoio coperto The roofed corridor
L’appartamento di Alfonso I Alfonso I’s apartment
Piazza Savonarola Piazza Savonarola
Pianta del piano sopra gli archi Map of the floor above the arches
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Le tracce architettoniche dell’appartamento di Alfonso I
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urante i lavori di restauro, lo studio delle stratificazioni murarie e degli intonaci, condotto su un tratto della Via Coperta al secondo livello sopra gli archi, ha consentito di individuare gli ambienti dell’appartamento di Alfonso I in generale e del camerino dei marmi in particolare. Lo scavo rivela una sequenza di tre fasi dell’evoluzione di questo livello: da terrazzo merlato, a corridoio coperto, ad appartamento.
Prima fase: il terrazzo merlato Lo scavo pone in evidenza uno strato con una canaletta in marmo rosso di Verona: una gronda che convogliava le acque piovane verso i doccioni di uscita. Seconda fase: il corridoio coperto Si individua una catena abbandonata di rinforzo statico posta sopra alla gronda e al muro di contenimento del terrazzo. La catena testimonia la realizzazione di una pavimentazione piana e la necessità di consolidare il muro che viene rialzato per sostenere una copertura. Terza fase: l’appartamento ducale Si individuano sia le tracce del muro che separa la stanza del camerino dei marmi dalla camera da letto, sia i masselli di allettamento delle grandi lastre che componevano il pavimento del camerino dei marmi. 20
The architectural evidence of Alfonso I’s apartment
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uring restoration work, a study of layers of the walls and plasterwork carried out on a section of the Via Coperta on the second level above the arches, has identified Alfonso I’s apartment in general and the camerino dei marmi in particular. The investigation revealed three sequential stages in the development of this level: from terrace with battlements, to roofed corridor, to apartment.
First stage: the terrace with battlements The investigation brought to light a gutter in red Verona marble: an eave that takes the rain water to the drainpipes. Second stage: the roofed corridor A disused static reinforcement anchor was found above the eave and the containing wall of the terrace. The anchor bears witness to the laying of a floor and to the need to consolidate the wall that had been raised to support the new roof. Third stage: the ducal apartment Evidence of the wall that separated the room of the camerino dei marmi from the bedroom was found; also found was the facing of the large stone slabs that made up the flooring of the camerino dei marmi. 21
Le stime del 1598 e del 1600
S
ono due le stime, compilate assai vicine nel tempo, che descrivono e misurano lo spazio dell’appartamento di Alfonso I. Entrambe sono state stilate per Cesare d’Este, dopo la devoluzione nel 1598, per individuare le sue proprietà a Ferrara: il Castello era divenuto proprietà del Papato nel perimetro del fossato, mentre il resto del Palazzo ducale era rimasto di proprietà estense. La prima stima è stata redatta dall’agrimensore Alfonso Benambri il 17 aprile 1598; la seconda, Misura e stima delle Fabbriche poste in Ferrara di S.A. il principe Duca don Cesare d’Este duca de Modena, è stata redatta dal perito agrimensore Bartolomeo Coletta nel 1600. Il confronto tra le perizie, che mostrano alcune differenze nelle descrizioni e nelle misure, ha consentito di ridisegnare con precisione le sale descritte come Camerini d’Alabastro.
The valuations of 1598 and 1600
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here are two valuations, compiled within a short space of time of each other, which describe and measure the space in Alfonso I’s apartment. Cesare d’Este had both of them carried out, after the 1598 devolution, to determine his property in Ferrara: the Castle area within the perimeter of the moat had become the property of the Pope, while the rest of the Palazzo Ducale had remained Estense property. The first valuation was drawn up by the surveyor Alfonso Benambri on 17 April 1598; the second, Misura e stima delle Fabbriche poste in Ferrara di S.A. il principe Duca don Cesare d’Este duca de Modena, was drawn up by the land surveyor Bartolomeo Coletta in 1600. The comparison between the two surveys, which show some differences in the measurements, has allow the rooms described as the Camerini d’Alabastro to be redrawn precisely.
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Una carta della stima del perito Bartolomeo Coletta, 1600 (Ferrara, Archivio di Stato) A page from the valuation by the surveyor Bartolomeo Coletta, 1600 (Ferrara, Archivio di Stato)
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La ricostruzione dei camerini del Principe
L
e fonti d’archivio confermano la presenza in queste stanze di decorazioni, soffitti e pavimenti preziosi: Solaro sfondà a nicchio nel mezo rosoni […] solaro de intaglio a foiami […] solaro adorato a quadroni intaià a foiami con rosoni […] selegà della camera contigua de marmoro roso e biancho a mandolla […] selegà de marmoro bianco fato a mandolla […]; di camini e bracieri: Nappa de marmoro con friso, et architrave, con colonne quadrate sino in terra d’un camin francese […]; di porte e finestre: Banchaliti de marmoro cornisà alle fenestre di Camarini […].
The reconstruction of the Prince’s apartment
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rchive sources confirm the presence in these rooms of valuable ceilings and floors: Solaro sfondà a nicchio nel mezo rosoni […] solaro de intaglio a foiami […] solaro adorato a quadroni intaià a foiami con rosoni […] selegà della camera contigua de marmoro roso e biancho a mandolla […] selegà de marmoro bianco fato a mandolla […]; fireplaces and braziers: Nappa de marmoro con friso, et architrave, con colonne quadrate sino in terra d’un camin francese […]; doors and windows: Banchaliti de marmoro cornisà alle fenestre di Camarini […].
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Camerino dei Baccanali Camerino dei Baccanali
Camerino Dorato (camera da letto di Alfonso I) Camerino Dorato (Alfonso I’s bedroom)
Camerino dei Marmi Camerino dei Marmi
Stanza del Poggiolo Stanza del Poggiolo (Balcony Room)
Salotto Drawing room
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muretto
La ricostruzione dell’appartamento di Alfonso I
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Anticamera Antechamber
The reconstruction of Alfonso I’s apartment
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Le ipotesi degli studiosi di Alessandra Sarchi
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a storia degli studi relativi alla Via Coperta ha prodotto un dibattito particolarmente intenso in anni recenti. La sua riapertura permette ora di sottoporre le numerose ipotesi affacciate dagli studiosi a nuova verifica. Vasari, sia nella vita di Girolamo da Carpi che in quella di Tiziano, aveva accennato alla straordinarietà delle pitture che Alfonso I d’Este aveva raccolto nel proprio studio, tuttavia le indicazioni date nelle Vite potevano tutt’al più aiutare a identificare i soggetti dei dipinti, ma non la loro collocazione: questa, insieme al problema della cronologia, venne recuperata solo alla fine dell’Ottocento dagli studi positivisti di Giuseppe Campori che, nell’occuparsi dei dipinti di Tiziano alla corte estense, si era imbattuto nella definizione di “camerini d’alabastro” come luogo della loro provenienza. Campori per primo associava ai camerini d’alabastro le opere di scultura di Antonio Lombardo che nel 1878 sarebbero state esposte a Parigi, dopo essere state acquistate dal castello estense di Sassuolo. L’associazione si basava sull’idea che il nitore dei bianchi marmi scolpiti da Antonio avesse, per estensione, dato il nome al luogo in cui si trovavano anche i dipinti. Si trattava di un’intuizione felice, anche se destinata a generare qualche fraintendimento sulla topografia del camerino delle pitture e di quello dei marmi. La definizione “camerini d’alabastro” era evinta da un documento del 1598: la stima dei beni della Via Coperta eseguita da Alfonso Benambri che, pubblicata nel 1965 da Amalia Mezzetti, risulterà fondamentale per gli studi successivi. La si trova anche nella lettera che l’agente Annibale Roncaglia scriveva a Cesare d’Este per informarlo dei quadri sottratti dal cardinale Pietro Aldobrandini, nipote del papa, installatosi nella Via Coperta all’indomani della capitolazione estense allo Stato pontificio e della firma della devoluzione faentina (1598).
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Scholars’ hypotheses by Alessandra Sarchi
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he history of studies relating to the Via Coperta has produced a particularly intense debate in recent years. Its reopening gives us the chance to re-examine the numerous hypotheses advanced by scholars. Vasari, in both the Life of Girolamo da Carpi and the chapter on Titian, had mentioned how extraordinary the pictures Alfonso I d’Este had gathered in his study were. However, the indications given in Lives could at most help to identify the subject matters of the painting, not their position. This information, along with the problem of chronology, was only retrieved at the end of the 19th century through the positivist studies of Giuseppe Campori, who whilst dealing with Titian’s paintings at the Estense court, came across the definition “camerini d’alabastro” as the place they came from. At first, Campori associated the camerini d’alabastro with the sculptures by Antonio Lombardo which were exhibited in 1878 in Paris, after they were purchased from the Estense castle in Sassuolo. The association was based on the idea that the brightness of the white marbles sculpted by Lombardo had, by extension, given the name to the place which also contained the paintings. He was right in his intuition, although this caused some misunderstanding as to the topography of the camerino delle pitture and the camerino dei marmi. The definition “camerini d’alabastro” had been deduced from a document dated 1598: the valuation of treasures of the Via Coperta made by Alfonso Benambri which, published in 1965, proved fundamental for later studies. It is found in the letter that the representative Annibale Roncaglia wrote to Cesare d’Este to inform him of the paintings removed by cardinal Pietro Aldobrandini, the pope’s nephew, who had moved into the Via Coperta as soon as the Estense dynasty had capitulated to the Papal States and signed the Faenza devolution (1598). In 1971, Charles Hope was the first to raise doubts as to whether the marble study sculpted by Antonio Lombardo coincided with the same room that contained the Bacchus and Arianna, Gli Andrii 27
Nel 1971 Charles Hope per primo metteva in dubbio che lo studio di marmo scolpito da Antonio Lombardo coincidesse con il medesimo ambiente in cui erano ospitati il Bacco e Arianna, Gli Andrii e l’Offerta a Venere di Tiziano, il Festino degli Dei di Bellini e un perduto dipinto di Dosso indicati dalle fonti. Hope, basandosi sulla descrizione di Stazio Gadio, stabiliva che lo studio dei marmi, cronologicamente ancorato alla data del 1508 scolpita su uno dei fregi che lo componeva, doveva trovarsi vicino alle camere dorate, forse in quel passaggio tra il Castello e la Via Coperta sopra il fossato; collocava invece il camerino delle pitture, dove si trovava oltre ai summenzionati dipinti anche il fregio con le Storie di Enea del Dosso, all’interno della Via Coperta affacciato ad ovest.
Dosso Dossi, Enea nei campi Elisi (Ottawa, National Gallery of Canada)
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Dosso Dossi, Aeneas at the Entrance to the Elysian Fields (Ottawa, National Gallery of Canada)
and Worship of Venus by Titian, the Feast of the Gods by Bellini and a missing painting by Dosso indicated in the sources. Working on the description by Stazio Gadio, Hope established that the marble study, which was dated 1508, had to be near the camere dorate, perhaps in that passageway between the Castle and the Via Coperta aboAL CASTELLO ve the moat. As to the camerino delle pitture, he placed it in the Via Coperta fac1. ing west, where N in addition to the above mentioned paintings was Dossi’s frieze with the Stories 2. of Aeneas. 1. Camera da letto 2. Camerino d’Alabastro 3. Camera del Poggiolo
3.
L’appartamento di Alfonso I secondo Charles Hope Alfonso I’s apartment according to Charles Hope
PALAZZO
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N
el 1978 Dana Goodgal proponeva una diversa collocazione sia del camerino delle pitture che del camerino dei marmi: l’ordine ne risultava ribaltato; venendo dal Castello Goodgal identificava nel passaggio sopra il fossato, detto “rivellino”, la collocazione del camerino delle pitture affacciato ad est, adiacente ad esso e prima dell’inizio della Via Coperta lo studio di marmo scolpito da Antonio Lombardo. Nel 1987 Hope, pur confutando la disposizione di Goodgal, accettava l’affaccio ad est del camerino delle pitture. Goodgal basava la sua ipotesi principalmente sull’idea che la Via Coperta fosse stata costruita dopo il 1518, e pertanto sia lo studio di marmo che il camerino dei dipinti, di cui il Festino degli Dei recava la data 1514, per forza erano stati destinati ad ambienti ricavati nel rivellino del Castello. Inoltre, poiché in base alla convenzione faentina il Papato s’impossessava del Castello e Cesare d’Este rimaneva proprietario di ciò che era al di là del fossato verso la corte, il fatto che il cardinale Aldobrandini mettesse le mani nel 1598 sui dipinti era un chiaro segno che essi si trovavano in un ambiente collocato prima del fossato ossia verso il Castello. In realtà nessuna di queste deduzioni era interamente valida, poiché le informazioni a disposizione sulla Via Coperta cresciute nel frattempo sul piano documentario grazie agli scavi archivistici di Adriano Franceschini e Thomas Tuohy, facevano emergere note di pagamento testimonianti come lavori in questo passaggio, che dal Castello conduceva al Palazzo, fossero cominciati già sotto Ercole I e poi proseguiti con alacrità da Alfonso I, procedendo per rinforzi e aggiunte successive. Dati in seguito confermati dalla ricognizione archeologica, attuata in fase di restauro dall’Amministrazione Provinciale di Ferrara e dalle perizie dell’architetto Marco Borella. Inoltre la cronaca seicentesca di Giovan Battista Spaccini rivelava come Cesare d’Este avesse concesso a papa Clemente VIII e al cardinale Aldobrandini non solo il Castello, ma anche l’uso degli ambienti della Via
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I
n 1978, Dana Goodgal suggested a different location for both the camerino delle pitture and the camerino dei marmi. She believed it to be the other way round. Coming from the Castle, Goodgal identified the site of the camerino delle pitture as being the passageway above the moat, called “inner wing”, and maintained that it faced east and that adjacent to it and before the start of the Via Coperta was the marble study sculpted by Antonio Lombardo. In 1987 Hope, although confuting Goodgal’s layout, accepted that the camerino delle pitture faced east. Goodgal based her idea mainly on the idea the Via Coperta had been built after 1518, and hence the marble study and the camerino delle pitture, in which the Feast of the Gods bore the date of 1514, had to be in rooms within the inner wing of the Castle. Furthermore, since, in compliance with the Convention of Faenza the Papal States took possession of the Castle and Cesare d’Este was only left the property beyond the moat towards the court, the fact that cardinal Aldobrandini had got his hands on the paintings in 1598 was a clear sign that they were in a room situated before the moat, that is, towards the Castle. In reality, none of these deductions was entirely valid. The documentary information available on the Via Coperta which in the meantime had been enriched thanks to Adriano Franceschini and Thomas Tuohy examining the archives, which dug up bills of payment showing how works in this passageway, which led from the Castle to the Court Palace, had already begun under Ercole I and how they had been enthusiastically continued by Alfonso I, proceeding with reinforcements and successive additions. Data which was subsequently confirmed by the archaeological reconnaissance carried out during restoration by Ferrara Provincial Council and through the examinations of the architect Marco Borella. Besides this, the 17th-century records of Giovan Battista Spaccini reveal how Cesare d’Este had granted pope Clement VIII and cardinal Aldobrandini not only the Castle but also use of the rooms in the Via Coperta and so the position of the camerini d’alabastro was not at all tied to the Castle and the inner wing. One last objection, raised by Goodgal, remained to be cleared up: how was it that the frieze with the Stories of 31
Coperta e pertanto l’ubicazione dei camerini d’alabastro non era assolutamente vincolata al Castello e al rivellino. Un’ultima obiezione, sollevata da Goodgal, rimaneva da chiarire: come mai il fregio con storie di Enea, ceduto da Cesare d’Este al cardinal Scipione Borghese nel 1608, era assente dalla stima del 1598 anche se lo stesso cardinale specificava che quei dipinti si trovavano nel camerino di alabastro? Il ritrovamento nel 1993 di un’altra stima datata al 1600 della Via Coperta e dei suoi beni contiene una voce che potrebbe coincidere con le tele del fregio dossesco, che peraltro vengono menzionate insieme al marmoro da Carrara a intagliamenti con cui verosimilmente era indicato lo studio di marmo ancora in situ.
Tiziano, Offerta a Venere, 1519 (Madrid, Museo Nacional del Prado)
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Titian, Worship of Venus, 1519 (Madrid, Museo Nacional del Prado)
Fabbrica
dei
Camerini
Aeneas, which Cesare d’Este gave to cardinal Scipione Borghese in 1608, was missing from the valuation of 1598 even though the cardinal himself specified that those paintings were in the camerino di alabastro? Another valuation of the Via Coperta and its treasures Castello dated 1600, which was found in 1993 has an item that may match the canvases of the frieze by Dossi, which are also mentioned together with the sculpted marble from Carrara which could be a name for the marble study still in place.
L’appartamento di Alfonso I secondo Dana Goodgal Palazzo
Alfonso I’s apartment according to Dana Goodgal
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N
el 1987 Beverly Brown ribadiva l’impossibilità che marmi e dipinti fossero in un unico ambiente e collocava i marmi in uno spazio vicino alla scala a chiocciola adiacente alla camera da letto nelPalazzo la Via Coperta. Anche Jadranka Bentini nel 1998 abbracciava l’idea che studio dei marmi e camerino delle pitture, per quanto ambienti separati, si trovassero entrambi nella Via Coperta. Piazzale Castello
Corridoio
Piazza Savonarola
VIA COPERTA 1502 VIA COPERTA 1505-1515 VIA COPERTA 1518 L’appartamento di Alfonso I secondo Beverly Brown Alfonso I’s apartment according to Beverly Brown
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Castello
I
n 1987, Beverly Brown reasserted how it was impossible for the marbles and the paintings to be in the same room and suggested the marbles were in a space near the spiral staircase adjacent to the bedroom in the Via Coperta. Jadranka Bentini too, in 1998, embraced the idea Castello Estense that the marble study and the camerino, inasmuch Torre Marchesana as they were separate rooms, were both in the Via Coperta.
1º camerino
2º camerino
3º camerino poggiolo 4º camerino
5º camerino
Palazzo di Corte Vecchia
L’appartamento di Alfonso I secondo Jadranka Bentini Alfonso I’s apartment according to Jadranka Bentini
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N
el 2002 Alessandro Ballarin pubblicava uno studio sul camerino delle pitture con una monumentale ricognizione sulle fonti iconografiche e sui documenti, ma ribadiva la vecchia ipotesi di Goodgal, in base alla quale i dipinti sarebbero stati collocati nel rivellino e solo lo studio di marmo nella Via Coperta. Da Ballarin veniva inoltre acquisita la scoperta, pubblicata nel 1999 sotto forma di articolo giornalistico da Alberto Arbasino e come saggio scientifico da Giuseppe Pavanello e Lorenzo Finocchi Ghersi, di un dipinto raffigurante un trionfo di Bacco conservato a Bombay, identificato con la perduta ‘baccanaria d’uomini e donne’ del Dosso che le fonti citavano nel camerino delle pitture. Lorenzo Finocchi Ghersi ha ricostruito in seguito le vicissitudini collezionistiche del dipinto di Bombay e ha proposto nel 2005 che il fregio di Enea del Dosso si trovasse nel medesimo camerino con i marmi di Antonio in base alla voce della stima del 1600. Nuove riflessioni sono state stimolate dalla mostra, ospitata nel Castello nel 2004, che ha visto finalmente riuniti i marmi attualmente conservati all’Hermitage di San Pietroburgo. In quell’occasione Hope proponeva di identificare il camerino delle pitture con il primo ambiente rettangolare della Via Coperta; collegato ad esso da una porta sullo stesso asse stava lo studio di marmo dietro il quale s’apriva la camera da letto, affacciata ad ovest, di Alfonso I. Mentre, grazie ai restauri, si consolida la topografia della Via Coperta rimane ancora aperto il dibattito sulla disposizione delle opere e la loro iconografia.
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I
n 2002, Alessandro Ballarin published a study on the camerino delle pitture with a monumental reconnaissance on the iconographic sources, but reasserted the Goodgal’s old hypothesis, which had the paintings in the inner wing and the marble study in the Via Coperta. Ballarin also came up with the discovery, published in 1999 in the form of a newspaper article by Alberto Arbasino, and as a scientific essay by Giuseppe Pavanello and Lorenzo Finocchi Ghersi, of a painting portraying a triumph of Bacchus conserved in Bombay, identified as Dossi’s missing `baccanaria of men and women’ that the sources mentioned as being in the camerino delle pitture. Lorenzo Finocchi Ghersi subsequently reconstructed how the Bombay painting had passed through collectors’ hand and in 2005 suggested that Dossi’s Aeneas frieze was to be found in the same room as Antonio’s marbles according to an item in the valuation of 1600. New reflections were spurred by the exhibition, in the Castle in 2004, which finally saw the marbles, currently conserved in the Hermitage Museum of Saint Petersburg, brought back together. On that occasion, Hope suggested that the camerino delle pitture had been in the first rectangular room of the Via Coperta, which was connected to the marble study by an in-line door, behind which was Alfonso I’s bedroom, facing west. While, thanks to the restoration work, the knowledge topography of the Via Coperta has been consolidated, the debate on the layout of the works and their iconography remains open.
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N O
Scala 1 : 400 E
S
Castello
Torre Marchesana
fossato
rivellino del Castello limite del fossato
Via Coperta
giardino di Corte
piazzetta delle ortolane
L’appartamento di Alfonso I secondo Alessandro Ballarin
Palazzo di Corte
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Alfonso I’s apartment according to Alessandro Ballarin
Il camerino delle pitture secondo Lorenzo Finocchi Ghersi Alfonso I’s apartment according to Lorenzo Finocchi Ghersi
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Il camerino delle pitture di Alessandra Sarchi
“A
l signor Duca piace che resté qui octo dì. La causa è una pictura di una camera nella quale vanno sei fabule overo hystorie. Io le ho trovate e datele in scritto”. È affascinante, anche se non provato, legare queste righe rivolte dall’umanista Mario Equicola nell’ottobre del 1511 a Isabella d’Este, con il progetto del camerino delle pitture di Alfonso I di cui il primo dipinto, il Festino degli Dei di Giovanni Bellini, venne compiuto entro il 1514. Dalla descrizione di Annibale Roncaglia si ricava tuttavia che il camerino nel suo assetto finale conteneva cinque pitture e non sei; d’altra parte almeno sette soggetti vennero proposti nel corso dell’elaborazione del programma decorativo della stanza, il che probabilmente significa che Equicola fornì una rosa tematica da cui Alfonso avrebbe potuto derivare diversi soggetti. È altrettanto verisimile che Alfonso I avesse iniziato a progettare un camerino delle pitture già nel 1511, anche se poi, a causa della guerra con Venezia, i primi contatti con gli artisti avvennero più tardi, a pace conclusa. Tra il 1513 e il 1514 a Raffaello era stato commissionato un Trionfo di Bacco di cui inviò il disegno nel 1517. Non pago della versione dipinta che di questo soggetto avrebbe realizzato un allievo di Raffaello, Pellegrino da Udine, Alfonso I commissionò a Raffaello un secondo dipinto mai portato a termine: la Caccia di Meleagro. Al pittore fiorentino Fra’ Bartolomeo, Alfonso I richiese un dipinto raffigurante l’Offerta a Venere che non venne realizzato a causa della morte dell’artista nel 1517. Altri tre dipinti furono eseguiti da Tiziano; al primo di essi, quello che Fra’ Bartolomeo morendo non aveva potuto realizzare, l’artista era già al lavoro nel 1518. Anche Gli Andrii venne realizzato da Tiziano in quel torno d’anni, probabilmente fu commissionato nel 1523 ed era compiuto entro il 1524. Il Bacco e Arianna, commissionato nel 1520, era in lavorazione nel 1522 e sarebbe stato compiuto nel 1523. Nel
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The camerino delle pitture by Alessandra Sarchi
“A
l signor Duca piace che resté qui octo dì. La causa è una pictura di una camera nella quale vanno sei fabule overo hystorie. Io le ho trovate e datele in scritto”. [The Duke wishes you to stay for eight days. The reason is a room in which six tales, that is, stories go. I found them and wrote them out]. Although it is not demonstrable, it is fascinating to link this lines addressed by the humanist Mario Equicola in October 1511 to Isabella d’Este to the project for Alfonso I’s camerino delle pitture, for which the first painting Feast of the Gods by Giovanni Bellini, was completed by 1514. From Annibale Roncaglia’s description of the camerino in its final layout, we know that it contained five paintings and not six. On the other hand at least seven subject matters were proposed whilst the decorative schedule for the room was being worked out, which probably means that Equicola provided Alfonso with a selection of themes from which he could choose different subject matters. It is just as likely that Alfonso I had already begun to design a camerino delle pitture in 1511, although because of the war with Venice, initial contacts with the artists were made later, when peace was concluded. Between 1513 and 1514 Raphael was commissioned with a Triumph of Bacchus of which he sent a drawing in 1517. Not satisfied with the painted version, which one of Raphael’s pupils, Pellegrino da Udine, was to realize, Alfonso I commissioned Raphael with a second painting which was never finished: Meleagro’s Hunt. The Florentine painter Fra’ Bartolomeo was asked by Alfonso I for a painting portraying Worship of Venus; this was never realized as the artist died in 1517. Other three paintings were realized by Titian; he was already at work on the first of these (the one Fra’ Bartolomeo failed to realized as he had died) in 1518. Gli Andrii was also realized by Titian in those few years, it was probably commissioned in 1523 and was completed in 1524. Bacchus and Arianna, commissioned in 1520, was under way in 1522 and completed in 1523. Meanwhile, probably as a result 41
frattempo, probabilmente a seguito della morte di Raffaello (1520) era stato coinvolto nel progetto del camerino anche Dosso Dossi, che sulla base delle fonti sappiamo eseguì un altro dipinto a soggetto bacchico e in seguito sarebbe divenuto il principale protagonista della decorazione degli ambienti della Via Coperta. L’intero ciclo del camerino risultava dedicato ai piaceri del vino e dell’amore, una celebrazione di miti che, a differenza del camerino di Isabella d’Este a Mantova, erano stati liberati dalla lettura fortemente moraleggiante praticata dalla sorella di Alfonso I. Dietro ciascuno dei dipinti del camerino è stata individuata l’elaborazione di una fonte letteraria dell’antichità da Filostrato, che era stato tradotto per Isabella d’Este dal grecista Demetrio Mosco e che Alfonso I aveva a lungo avuto fra le mani, a Catullo e Ovidio fino alla tradizione interpretativa medievale e umanistica. Ma la volontà di adesione all’antico non era solo suggerita dalle fonti letterarie sapientemente intrecciate: nell’intenzione degli artisti e del committente i dipinti moderni gareggiavano e ricreavano analoghi capolavori dell’antichità.
Tiziano, Gli Andrii, 15231524 ca. (Madrid, Museo Nacional del Prado)
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Titian, Gli Andrii, 1523-1524 ca. (Madrid, Museo Nacional del Prado)
of Raphael’s death (1520) Dosso Dossi was also involved in the camerino project; we know from the sources that he executed another work on the subject of Bacchus and that later he would become the main artist in the decoration of the rooms of the Via Coperta. The entire cycle of the camerino turned out to be dedicated to the pleasures of wine and love. Unlike Isabella d’Este’s camerino in Mantua, the myths celebrated here were freed from the strongly moralizing interpretation Alfonso I’s sister gave to them. In each of the paintings in the camerino the elaboration of a literary source of the ancient world has been identified. These range from Philostratus, translated for Isabella d’Este by the Greek scholar Demetrio Mosco and which Alfonso I kept for a long time, to Catullus and Ovid up to the medieval and humanistic interpretative tradition. But the wish to stick with the ancient was not only suggested by cleverly interwoven literary sources: in the intention of the artists and the purchaser modern paintings competed and recreated analogous masterpieces of ancient times.
Tiziano, Offerta a Venere, 1519, dettaglio (Madrid, Museo Nacional del Prado)
Titian, Worship of Venus, 1519, detail (Madrid, Museo Nacional del Prado)
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La descrizione del camerino delle pitture di Annibale Roncaglia di Alessandra Sarchi
I
l 1º dicembre 1598 Annibale Roncaglia, agente ducale, dopo aver effettuato un sopralluogo accompagnato da altri due esperti, riferì per lettera a Cesare d’Este quanto era stato sottratto dal cardinale Pietro Aldobrandini dal camerino di alabastro. La sua descrizione, conservata all’Archivio di Stato di Modena, è il documento più dettagliato per ricostruire l’entità e la disposizione dei dipinti nel camerino. Roncaglia, che accedeva alla Via Coperta dalla Corte, essendo il Castello nelle mani del Papato, affermava che: “aperti i due usci del primo camerino d’alabastro trovammo come dicono i detti Messer Franceschino et Messer Giovanni prattici di detto luogo, che vi mancano le pitture infrascritte tutte in quadri con cornice dorate cioè: 1. Prima nell’entrar a mano stanca una pittura in quadro di mano di Tiziano dove era dipinto Laocoonte. 2. contiguo a detta pittura un’altra di mano del detto Tiziano dove era dipinta una donna nuda, che giaceva con un bambino, che gli pisciava sui piedi, et altre figure. 3. un altro quadro di mano di Giovanni Bellini Veneto dove era dipinto un puttino che tira vino da un mastellino con altre figure, et un paese fatto di mano di Tiziano. 4. in capo del detto Camerino un’altra pittura di puttini nudi di mano di Tiziano. 5. contiguo al detto quadro un’altra pittura con figure d’huomini e di donne di mano delli Dossi”. (Foris) Pitture levate dai camerini d’alabastro, rubbate, parmi dalle romane arpie, e mandati a Roma.
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The description of the camerino delle pitture by Annibale Roncaglia by Alessandra Sarchi
F
ollowing an inspection accompanied by two more experts, Annibale Roncaglia, the duke’s representative sent a letter to his master Cesare d’Este on 1st December 1598 reporting on what had been removed by cardinal Pietro Aldobrandini from the camerino di alabastro. His description, conserved in the State Archive at Modena, is the most detailed document for reconstructing the importance and the arrangement of the paintings in the camerino. Roncaglia, who entered the Via Coperta from the Corte, the Castello being in the hands of the Pope, declared that: “having opened the two doors of the first camerino d’alabastro we found, as Messer Franceschino and Giovanni, who knew the place, had said, that the pictures mentioned below, all in gilded frames, were missing. 1. First, on the way in on the left, a framed picture by the hand of Titian portraying Laocoon. 2. adjacent to said picture another by the hand of Titian portraying a nude women, lying down with a child, who was urinating on her feet, and other figures. 3. another picture by the hand of Giovanni Bellini Veneto portraying a young boy drawing wine from a vat with other figures, and a village by the hand of Titian. 4. at the head of said Camerino another picture of nude boys by the hand of Titian. 5. adjacent to said picture another with figures of men and women by the hand of Dossi”. (Foris) Pictures moved away from the camerini d’alabastro, stolen, in my opinion by the Roman scoundrels, and sent to Rome.
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L’identificazione dei primi quattro dipinti non pone problemi: il primo è il Bacco e Arianna di Tiziano conservato ora alla National Gallery di Londra, il secondo è da identificare con Gli Andrii sempre di Tiziano conservato al Prado di Madrid, il terzo è il Festino degli Dei di Bellini attualmente alla National Gallery di Washington, infine il quarto è l’Offerta a Venere di Tiziano che pure si trova al Prado. L’ultimo, il quadro di Dosso Dossi, da alcuni studiosi è identificato con la tela conservata al Prince of Wales Museum di Bombay; il dibattito è tutt’ora in corso.
Dosso Dossi (attr.), L’arrivo di Bacco nell’isola di Nasso (Bombay, Prince of Wales Museum) Dosso Dossi (attrib.), Arrival of Bacchus on the Island of Naxos (Bombay, Prince of Wales Museum)
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The identification of the first four pictures poses no problem. The first is Bacchus and Arianna by Titian now conserved in the National Gallery in London; the second can be identified as Gli Andrii again by Titian conserved at the Prado of Madrid; the third is the Feast of the Gods by Bellini currently at the National Gallery of Washington; lastly, the fourth is Worship of Venus by Titian which is also at the Prado. The last one, the painting by Dosso Dossi, is identify by some scholars with the canvas at the Prince of Wales Museum of Bombay; the debate is still open.
Tiziano, Bacco e Arianna (London, National Gallery) Titian, Bacchus and Arianna (London, National Gallery)
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Lo studio de’ prede vive di Alessandra Sarchi
U
no dei rilievi del camerino di marmo, attualmente conservati per la maggior parte all’Hermitage di San Pietroburgo, salvo due rispettivamente al Louvre e nella collezione dei Principi del Liechtenstein, reca un’iscrizione celebrativa della data e dell’intenzione con cui quel luogo era stato allestito: nel 1508 Alfonso I duca lo aveva eretto per il proprio ozio e quiete. Menzionato nei documenti e nelle note di pagamento come “studio de’ prede vive” questo ambiente fu il primo a venire allestito nel progetto di riorganizzazione della Via Coperta varato da Alfonso I fin dall’inizio del proprio regno. Immediatamente dopo la morte di Ercole I sono registrati pagamenti allo scultore veneziano Antonio Lombardo che risulta trasferito a Ferrara nel 1506 e intensamente impegnato nei lavori per lo studio di marmo; per il gran peso delle pietre furono necessari rinforzi strutturali, tutt’ora visibili in loco al piano inferiore della Via Coperta. L’idea di uno spazio di modeste dimensioni, ma sontuosamente arredato, destinato alla lettura o magari allo svago della musica - la viola che Alfonso I suonava - era il tipico prodotto della cultura principesca delle corti italiane rinascimentali; famosi erano quelli di Federico da Montefeltro a Urbino e quello della sorella di Alfonso Isabella d’Este a Mantova. L’ideale umanistico, che Guarino aveva instillato alla corte estense, prevedeva infatti che il principe coltivasse gli studi per il proprio diletto ma anche per meglio governare. A questa concezione ancora tardo-quattrocentesca è sicuramente ispirato il programma iconografico del camerino di marmo, fittamente percorso di simboli araldici della famiglia estense, non meno che di citazioni latine inneggianti alla virtù interiore e all’introspezione. La data del 1508 è indicativa di un momento in cui lo studio doveva essere già allestito, ma non significa che i marmi fossero tutti scolpiti entro quel termine cronologico. Le notevoli differenze proporzionali e stilistiche
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The studio de’ prede vive by Alessandra Sarchi
O
ne of the reliefs of the camerino di marmo (all of which, except for one at the Louvre and another conserved in the collection belonging to the Princes of Liechtenstein, are now conserved in the Hermitage in Saint Petersburg) bears a dated celebratory inscription stating the intention for which the place had been prepared: duke Alfonso I had it built in 1508 for his own peace and quiet. Mentioned in the documents and in the bills of payments as “studio de’ prede vive” this room was the first to be prepared in the project to reorganise the Via Coperta that Alfonso I launched right at the start of his reign. Immediately after Ercole I’s death, there are records of payments made to the Venetian sculptor Antonio Lombardo who had moved to Ferrara in 1506 and was very busy working on the marble study. Due to the great weight of the stones, structural reinforcement was necessary; it is still visible in situ on the lower level of the Via Coperta. The idea of a space of modest dimensions but sumptuously furnished, given over to reading or the diversion of music – the viola that Alfonso I played – was a typical product of the princely culture of Italian Renaissance courts: famous examples were those of Federico da Montefeltro at Urbino and of Alfonso’s sister Isabella d’Este in Mantua. The humanist ideal that Guarino had instilled in the Estense court in fact envisaged the prince cultivating studies for his own delight but also in order to govern better. The iconography of the camerino di marmo is definitely inspired by this late 15th-century conception, as it was thickly covered in Estense heraldic symbols and Latin quotes extolling inner virtues and introspection. The date, 1508, indicates the time at which the study should have been finished but does not mean that the marbles were all sculpted within that deadline. The notable differences in proportion and style between the two main reliefs with a narrative subject matter, the Contest between Minerva and Neptune and the Vulcan’s Forge, would seem to indicate that a certain amount of time passed between the execution of the first 49
Antonio Lombardo, particolari del “camerino d’alabastro” di Alfonso I (San Pietroburgo, Museo Statale dell’Hermitage)
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Antonio Lombardo, details of the Alfonso I’s “alabaster study” (Saint Petersburg, The State Hermitage Museum)
Fucina di Vulcano (San Pietroburgo, Museo Statale dell’Hermitage)
Vulcan’s Forge (Saint Petersburg, The State Hermitage Museum)
Contesa tra Minerva e Nettuno per il possesso dell’Attica (San Pietroburgo, Museo Statale dell’Hermitage)
Contest between Minerva and Neptune for possession of Attica (Saint Petersburg, The State Hermitage Museum)
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riscontrate tra i due principali rilievi con soggetto narrativo, la Contesa tra Minerva e Nettuno per il possesso dell’Attica e la Fucina di Vulcano, sembrerebbero indicare che tra l’esecuzione del primo e quella del secondo sia trascorso un certo lasso di tempo. Sembra che Antonio Lombardo abbia avuto modo di arricchire il proprio repertorio formale e stilistico con un viaggio a Roma dove studiò il Laocoonte vaticano, da poco riscoperto, riproducendolo in una smagliante versione miniaturizzata nel rilievo della Fucina. Non meno determinante a Roma dovette essere il contatto con Michelangelo e forse con Raffaello, che contribuirono a irrobustire il classicismo elegantissimo dello scultore veneziano. La diversità stilistica riscontrata tra la Contesa e la Fucina ha fatto ipotizzare a taluni studiosi che quest’ultima non fosse destinata al medesimo studio di marmo, ipotesi che tuttavia non ha sostegno documentario e storico. Nessuna fonte d’altra parte indica la disposizione dei rilievi all’interno dello studiolo, contiguo alla camera da letto e al camerino delle pitture, ma una lettera del 1º giugno 1517 di Stazio Gadio a Isabella d’Este, con il resoconto del soggiorno di Federico Gonzaga presso la corte di Ferrara dove fu alloggiato nella Via Coperta, descrive un ambiente che sicuramente corrisponde allo studio di marmo, nel suo incredibile rigoglio di intagli ricavati nel marmo bianco a imitazione della flessuosità di rami e foglie naturali: Il Signor Duca menò il Signor mio in uno bellissimo camerino fatto tutto di marmoro da carrara et di meschi con figure et fogliamenti molto belli excellentementi lavorati, adornato de vassetti et figurine antiqua et moderne i di marmor i di mettal. L’ipotesi più probabile circa la disposizione si può ricavare dalle dimensioni e fatture dei rilievi in relazione alle dimensioni del camerino: solo quattro di essi hanno un contenuto narrativo e non prevedono una collocazione in sequenza, bensì dovevano trovarsi in posizioni opposte e speculari; gli altri correvano orizzontalmente a scandire i due muri lunghi dello studiolo dove sappiamo essere state scansie lignee in cui Alfonso I radunava i suoi piccoli tesori collezionistici. 52
and the second one. It seems that Antonio Lombardo was able to increase his own formal and stylistic repertoire with a trip to Rome where he studied the Vatican Laocoon, rediscovered only a short time previously, reproducing a dazzling miniaturised version in the Forge relief. No less crucial in Rome must have been the contact with Michelangelo and perhaps with Raphael who helped to strengthen the Venetian sculptor’s very elegant classicism. The differences in style between Contest and Forge has caused some scholars to hypothesise that the latter was not destined to the same marble study, a hypothesis however, which has no documentary or historic support. There are no sources to indicate the layout of the reliefs within the study, next to the bedroom and the camerino delle pitture. However, a letter dated 1st June 1517 from Stazio Gadio to Isabella d’Este, with a summary of Federico Gonzaga’s stay at the court of Ferrara where he was put up in the Via Coperta, describes a room that certainly corresponds to the marble study in the incredible luxuriance of the intagli in the white marble that imitated the suppleness of natural leaves and branches: Il Signor Duca menò il Signor mio in uno bellissimo camerino fatto tutto di marmoro da carrara et di meschi con figure et fogliamenti molto belli excellentementi lavorati, adornato de vassetti et figurine antiqua et moderne i di marmor i di mettal. The most likely hypothesis regarding the layout can be attained from the dimensions and workmanship of the reliefs in relation to the dimensions of the camerino: only four of these have a narrative content and they do not require positioning in a sequence, so they must have been opposite and facing each other. The others ran horizontally around the two long walls of the study where we know that Alfonso I put his smaller treasure collections on wooden shelves.
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Cristo della Moneta di Charles Hope
I
l primo incontro di Tiziano con Alfonso d’Este di cui si ha notizia risale alla primavera del 1516, quando egli trascorse gran parte dei mesi di febbraio e marzo a Ferrara, presso il Castello Estense. Aveva tre persone con sé, presumibilmente assistenti e servi. Dal momento che Tiziano non fu impegnato nel progetto dei Baccanali fino al 1518, si presume che durante la sua prima visita a Ferrara dipinse il Cristo della Moneta, ora a Dresda. L’originale fu dipinto su tavola e disposto nell’anta di uno stipo che conteneva una collezione di monete e medaglie. Il soggetto alludeva così sia al contenuto del mobile che alla posizione di Alfonso I, tenuto alla fedeltà sia verso l’Impero per il Ducato di Modena, sia verso il papa per quello di Ferrara. L’importanza dell’insegnamento di Cristo “Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio” (Marco 12:17) è abbastanza evidente. Il quadro è documentato nel 1543 e poi nel 1559 nel “primo camerino adorato” che si trova vicino al camerino di marmo. Questa stanza fu realizzata solo nel 1518. Il camerino di marmo e l’adiacente camerino dei Baccanali esistevano già nel 1516, mentre non si conoscono a quest’epoca il numero, il disegno, la dimensione e la funzione delle altre stanze della Via Coperta, così come l’originale sistemazione del dipinto di Tiziano. Il quadro fu ben accolto da Alfonso e più tardi considerato uno dei capolavori dell’artista. Fu poi commissionato a Tiziano un lavoro conosciuto solo come “il bagno”, ancora una volta per una sistemazione ignota. Ma la commissione fu sospesa nel 1518, quando gli fu dato l’incarico di dipingere il primo dei suoi Baccanali, l’Offerta a Venere. Tiziano, Il Cristo della Moneta, copia, XIX secolo (Provincia di Ferrara) Titian, Tribute Money, copy, 19th century (Provincia di Ferrara)
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Tribute Money by Charles Hope
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itian’s first recorded contact with Alfonso d’Este was in the spring of 1516, when he spent most of February and March in Ferrara, staying in the Castello. He had three companions with him, presumably servants and assistants. Since he was not involved in the project of the Bacchanals until 1518, it is generally assumed that during this first visit he painted the Tribute Money, now in Dresden. The original was painted on panel, and was placed on the door of some kind of cabinet containing a collection of coins and medals. The subject thus alluded both to the context and to Alfonso’s own position of owing allegiance to the Emperor for the Duchy of Modena, and to the Pope for Ferrara. The relevance of Christ’s instruction “Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio” (Marco 12:17) is evident enough. The painting is recorded in 1543 and again in 1559 in the “primo camerino adorato”, next to the camerino di marmo. This room was only constructed in 1518. The camerino di marmo and the adjacent camerino dei Baccanali were both in existence in 1516, but the number, plan, size and function of the other rooms in the Via Coperta at this early period is not known, nor is the original location of Titian’s painting. The picture was evidently well received by Alfonso, and was later considered as one the artist’s masterpieces. Titian was then commissioned to paint a work known only as “il bagno”, again for an unknown location, but the commission was cancelled in 1518, when he was given the task of painting the first of his Bacchanals, the Worship of Venus. 55
L’inventario ritrovato di Andrea Marchesi
È
stato più volte affermato che i Camerini di Alfonso I d’Este rappresentano senza ombra di dubbio un mito del Rinascimento italiano. E come in tutti i miti, ancora oggi fascino e mistero aleggiano in questi ambienti. L’eco del prestigio emanato dall’esclusivo microcosmo architettonico del duca estense è affidato all’impatto visivo delle sopravvissute opere pittoriche e scultoree di artisti eccellenti sparse in vari musei del mondo - nonché dal ricordo custodito dai documenti d’archivio, generosi e allo stesso modo avari dispensatori di memoria storica. Se gli esiti dello spoglio dei registri dell’Ufficio delle Munizioni e Fabbriche conservati nell’Archivio di Stato di Modena (che documentano con dovizia di particolari le fasi evolutive della Via Coperta, da passaggio segreto a spazio principesco) e lo studio riservato al composito carteggio epistolare testimoniante gli inesorabili destini dei beni estensi all’indomani della Devoluzione, hanno condotto alcuni studiosi a formulare differenti ipotesi circa l’esatta dislocazione spaziale delle camere di Alfonso I d’Este, allora il recente ritrovamento di un inventario redatto nel 1559* consente di fare alcune puntualizzazioni. Nel campo della storia dell’arte la lettura di un documento inventariale ha sempre rappresentato uno straordinario elemento di riflessione, forse acuita dalle suggestioni evocative del testo scritto che nel più dei casi descrive scenari scomparsi. Le strategie collezionistiche di Isabella d’Este, sorella di Alfonso, sarebbero meno limpide se non fosse giunto a noi il famoso ‘inventario Stivini’, stilato tra il 1540 e 1542, in grado di fotografare la distribuzione del patrimonio artistico nelle stanze mantovane della defunta marchesa. E ancora, la magnificenza di Lorenzo il Magnifico sarebbe meno percepibile senza le importanti testimonianze scritte da artisti e
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* Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea, coll. Antonelli 963, VI. L’edizione critica dell’inventario curata dallo scrivente è di prossima pubblicazione.
The rediscovered inventory by Andrea Marchesi
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t has been said more than once the Camerini of Alfonso I d’Este represent with any shadow of a doubt, a myth of the Italian Renaissance. And, as with all myths, these rooms are still haunted by mystery and charm. The echo of the prestige emanated by the exclusive architectural microcosm of the Estense duke is left to the visual impact of the surviving pictorial and sculptural works by first-class artists - spread throughout the world in various museums - as well as by the memory safeguarded by the archive documents, generous and in the same way frugal dispensers of historic records. If the results of scrutinizing the registers of the Ufficio delle Munizioni e Fabbriche conserved in the Archivio di Stato at Modena (which document with a wealth of details the stages in development of the Via Coperta, from secret passage to princely apartment) and the study made of the complex correspondence testifying to the inexorable fate of Estense assets after the Devolution, have led some scholars to formulate different hypotheses about the exact spatial layout of Alfonso I d’Este’s apartment, then the recent rediscovery of an inventory dated 1559* allows some precise definitions to be made. In the field of art history, reading an inventory document has always represented an extraordinary element of reflection, perhaps heightened by the awesomeness of the written text that in most cases describes scenes that are long gone. The strategies for collecting put into place by Isabella d’Este, Alfonso’s sister, would be less clear if the famous ‘Stivini inventory’, drawn up between 1540 and 1542, had not come down to us. It provides us with a photograph of the distribution of the artistic heritage in the Mantuan rooms of the deceased marquise. And again, the magnificence of Lorenzo the Magnificent, would be less perceptible without the important written testimonies of the artists and men of letters who had the fortune to set foot inside the Medici palace on Via Larga in Florence. * Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea, coll. Antonelli 963, VI. The critical edition of the inventory edited by the author is soon to be published.
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uomini di lettere che ebbero la fortuna di mettere piede nel palazzo Medici sulla via Larga a Firenze. Nel caso ferrarese non abbiamo una simile fortuna letteraria. Pubblicato per la prima volta nel 1875 da Luigi Napoleone Cittadella in appendice ad una sua ricerca dal titolo Il Castello di Ferrara. Descrizione storico artistica - ma in forma di stralcio poco aderente alla descrizione dell’originale - il ritrovato inventario elenca il contenuto di alcune stanze poste tra il Palazzo di Corte e la Torre Marchesana del Castello Estense, tra cui lo “studio overo camerino di marmo” e il “camerino adorato”, sulla Via Coperta. Il 3 ottobre 1559 muore il duca Ercole II d’Este. Il giorno 26 del mese successivo, di ritorno dalla Francia, entra solennemente a Ferrara il figlio Alfonso II, acclamato come nuovo signore. Nell’inventario, al termine di quasi tutte le descrizioni, viene recitata la seguente formula: “Io Ercole Tassoni confesso d’aver ricevuto le soprascritte robe dal Magnifico Signor Alessandro Fiaschi di commission di Sua Eccellenza per farne la sua volontà. Adì 15 XII 1559”. Dunque, a poco più di quindici giorni dall’assunzione delle redini del Ducato, Alfonso II prende possesso di tutto ciò che stava all’interno delle camere del potere: operazione questa che poteva avvenire solo tramite una attenta quantificazione descrittiva di tale patrimonio. Nell’arco temporale di due mesi, tra la morte di Ercole II d’Este e il 15 dicembre, viene quindi stilato un elenco del guardaroba e delle suppellettili del defunto duca per mano di Alessandro Fiaschi, suo fedelissimo cameriere.
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In the Ferrarese case, we haven’t had a similar literary fortune. Published for the first time in 1875 by Luigi Napoleone Cittadella as a footnote to his study entitled Il Castello di Ferrara. Descrizione storico artistica - but in the form of an excerpt that was a long way from the description of the original - the rediscovered inventory lists the contents of some rooms situated between the Court Palace and the Marchesana Tower of the Castello Estense, including the “studio overo camerino di marmo” and the “camerino adorato”, on the Via Coperta. On 3rd October 1559, duke Ercole I d’Este died. On the 26th of the following month, his son Alfonso II arrived back from France, entered solemnly into Ferrara and was proclaimed the new ruler. In the inventory, at the end of almost all the descriptions, the following formula is recited: “Io Ercole Tassoni confesso d’aver ricevuto le soprascritte robe dal Magnifico Signor Alessandro Fiaschi di commission di Sua Eccellenza per farne la sua volontà”. (“I, Ercole Tassoni confess I have received this items described above from the Magnificent Esquire Alessandro Fiaschi on the commission of His Excellency to do his will. On this 15th day of December, 1559”). So, just over fifteen days after taking over the reins of the Duchy, Alfonso II takes possession of all that is in the chambers of power: an operation that could only be carried out by means of a thorough descriptive quantification of this patrimony. Therefore, in the space of two months, between the death of Ercole II d’Este and the 15 December, a list of the defunct duke’s wardrobe and furnishings is drawn up by Alessandro Fiaschi, his faithful valet. We can see this inventory as an act that is at the same time both concluding and political, it formally sanctions the change of power, a sort of handover that subtends the firm wish to administer the ducal patrimony in a judicious and prudent manner: a wish made explicit first of all with a detailed survey.
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“Nello studio overo camerino di marmo”
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l piccolo studio dei marmi di Alfonso I d’Este, rivestito dai rilievi classicheggianti di Antonio Lombardo, più che porsi come emblema delle virtù morali del principe - espressione questa tipica di una cultura quattrocentesca di sostrato etico e umanistico - appare come uno scrigno prezioso entro cui racchiudere un gusto eletto, uno spirito nuovo sprigionato da quei modelli di espressione figurativa che, emergenti dalle viscere dell’antica Urbe proprio nei primi anni del ’500, riuscirono a modificare il pensiero dell’uomo e il linguaggio delle arti. Pur non pervaso da quel “insaziabil desiderio de cose antique” che animava la sorella Isabella, Alfonso si mostrò culturalmente aggiornato nel momento in cui si rivolse ai propri ambasciatori a Roma come intermediari presso antiquari, artisti e collezionisti affinché cercassero e spedissero a Ferrara qualche reperto antico. Tra gli artisti, Raffaello fu il primo ad essere contattato per questo tipo di ricerca, mentre l’abilità ceroplastica dello scultore Antonio Elia nel riprodurre fedelmente copie di statue antiche fu carpita come alternativa alle difficoltà di reperimento delle medesime nel mercato antiquario romano. Al principio di maggio del 1507 giunse a Ferrara “el retracto” del Laocoonte, inviato da Roma su richiesta del cardinale Ippolito I d’Este, fratello di Alfonso: la descrizione si sofferma sulla figura del sacerdote troiano, che, evocato per la sua capacità di commuovere e coinvolgere profondamente l’osservatore, appare topicamente segnalato come exemplum doloris ed innalzato a mirabile soggetto. Non ci è dato sapere se in allegato alla lettera vi fosse un disegno o, perché no, una piccola riproduzione in metallo: nell’inventario non c’è alcuna citazione di una copia ridotta del Laocoonte, così come non compare un Apollo di marmo che, stando ai documenti, al contrario risultava riposto nello studio già nel 1511. Nelle collezioni d’arte, è noto, gli oggetti subivano continui spostamenti da un ambiente all’altro.
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“In the studio overo camerino di marmo”
A
lfonso I d’Este’s small marble study, lined with Antonio Lombardo’s classic-style reliefs, more than posing as emblem of the prince’s moral virtues - this being the typical expression of a 15th-century culture of ethical and humanist foundation - appears as a precious treasure chest in which to contain a select taste, a new spirit released from those models of figurative expression, which emerging from the guts of the ancient Rome (Urbe) right at the start of the 1500, managed to change man’s thought and the language of the arts. Although not filled with that “insatiable desire for ancient things” that animated his sister Isabella, Alfonso show himself to be culturally up-to-date when he ordered his ambassadors in Rome to act as intermediaries with antique dealers, artists and collectors and get them to search for and send some antique relics to Ferrara. Among the artists, Raphael was the first to be contacted for this type of search. The ability of the sculptor Antonio Elia in modelling wax and producing faithful copies of ancient statutes was used as an overcome the difficulties of finding real ones on the Roman antique market. At the beginning of May 1507 “el retracto” of the Laocoon arrived in Ferrara. It had been sent on the request of cardinal Ippolito I d’Este, Alfonso’s brother. The description we have concentrates on the figure of the Trojan priest, who evoked for his capacity to deeply move and involve the observer, represents an exemplum doloris and is raised to an admirable subject. We are not given to know whether attached to the letter there was a drawing or, why not, a small reproduction in metal: in the inventory, there is no mention of a small copy of the Laocoon, just as there is no Apollo in marble, which on the other hand, according to the documents, was already in the study in 1511. As is known, in the art collections, objects used to be moved around continually from one room to another. In the camerino, the top of a bench was home to the heavier marbles, while about forty small bronzes, about twenty invaluable vases (some of which were made of porphyry and alabaster) and 61
Nel camerino, la parte superiore di una panca ospitava i gruppi marmorei più pesanti, mentre sopra una cornice parietale e in sette “quadri” erano distribuiti circa quaranta bronzetti, una ventina di preziosissimi vasi (alcuni dei quali in porfido ed alabastro) e figurine di marmo. Una tavola in legno di noce, infine, custodiva diversi profili di principi d’Este in piombo, argento e stucco (tra i quali uno di Benvenuto Cellini), quattro ritratti bronzei di principi polacchi (di Giovanni Maria Mosca detto il Padovano), oltre a decine di medaglie e una copia del poema più famoso del Cinquecento, l’Orlando Furioso. Tutti oggetti preziosissimi dalle finiture e finitezze percepibili solo a distanza ravvicinata: un senso di intimo piacere tattile che poteva compiersi unicamente in questo spazio esiguo, le cui ridotte dimensioni in termini spaziali non consentivano certo di ospitare opere di maggior ingombro. Alcuni busti di marmo antico (restaurati nel settembre del 1518 da un giovanissimo Alfonso Lombardi) erano ad esempio collocati entro nicchie sopra gli architravi delle porte di altre camere nella Via Coperta, mentre diverse “teste” compariranno sotto il camino di pietra viva nel “primo camerino adorato”. L’inventario, come ribadito, fu redatto ben venticinque anni dopo la morte di Alfonso I: è quindi del tutto ragionevole pensare che quella esposizione collezionistica descritta non solo rispondesse in parte al suo gusto, ma soprattutto fosse il risultato di continue integrazioni - peraltro documentate - apportate durante la signoria del figlio Ercole II d’Este. La quasi totalità dei reperti facenti parte della ragguardevole collezione di bronzetti conservata nella Galleria Estense giunse a Modena agli inizi dell’Ottocento per via del lascito testamentario di Tommaso degli Obizzi, straordinario collezionista padovano. Una donazione che, andando in parte ad integrare e colmare le ripetute dispersioni subite dalla collezione modenese, rende attualmente complesso ogni tentativo di individuazione all’interno di essa di oggetti di autentica matrice estense. 62
marble figurines were set out on a wall moulding and in seven “frames”. Lastly, a walnut table had several profiles of Este princes in lead, silver and stucco (one of which by Benvenuto Cellini), four bronze portraits of Polish princes (by Giovanni Maria Mosca known as the Padovano) and dozens of medals and a copy of the most famous 16th-century poem Orlando Furioso. All invaluable objects, whose finishes and fineness could only be appreciated from close up: a sense of intimate tactile pleasure that could only be had in this slender space, whose reduced dimensions in spatial terms would certainly not allow larger works to be displayed. Some antique marble busts (restored in September 1518 by a very young Alfonso Lombardi) for instance were placed in niches above the architraves to the doors to other rooms in the Via Coperta, while several “heads” appeared under the stone fireplace in the “first camerino adorato”. The inventory was drawn up twenty-five years after Alfonso I’s death. It is therefore completely reasonable to think that the description of the way the collection was displayed not only met his taste in part, but above all was the result of continual additions - which are documented - made during the reign of his son Ercole II d’Este. Almost all of the exhibits that are part of the substantial collection of bronzes conserved in the Galleria Estense arrived at Modena at the start of the 1800’s through the bequest made by Tommaso degli Obizzi, a remarkable collector from Padua. This donation partly supplements and fills the gap of the repeated dispersions from the Modena collection, but also makes any attempt to identify objects that are authentically Estense complex.
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“Robe che son nel primo camerino adorato”
L’
impostazione e il senso della descrizione dell’inventario confermano che il camerino dei marmi e il “primo camerino adorato” erano due spazi compenetranti. Il 28 agosto 1533 il duca Alfonso I d’Este dettò il proprio testamento al notaio Giovanni Battista Saracco “in la camara posta suxo li volti appresso il bello camarino seu studiolo”, ossia in quella che era probabilmente la sua camera da letto, famosa per il soffitto ligneo ad intagli floreali coperti d’oro, scandito dalle nove mandorle di Dosso Dossi e delimitato dai sedici Paesaggi del fregio sotto l’imposta, sempre del Dossi. Come si evince dalla descrizione di Alessandro Fiaschi, dopo ventisei anni la pergamena attestante le ultime volontà del duca era ancora conservata all’interno di una cassetta di legno posta in quella stanza, denominata ora “primo camerino adorato” che - custodendo il Cristo della moneta di Tiziano e il medagliere degli Estensi - parrebbe aver svolto sotto Ercole II la funzione di “studio delle medaglie”. Dove fosse collocata la raccolta di monete ai tempi del padre, non lo sappiamo. Gli eleganti ambienti della Via Coperta si identificarono fortemente, e da subito, con la memoria di Alfonso I d’Este, tanto che il figlio Ercole II fino al 1559 non attuerà in essi alcun tipo di modifica architettonica e volumetrica ma solo qualche riadattamento funzionale nella destinazione d’uso. Egli inoltre, indotto dalla storia al confronto con modelli superiori di potere (Francia e Impero) e investito dal fascino della regalità, considerava i camerini del padre una cornice troppo stretta per la nuova teatralizzazione della magnificenza, spostando così i suoi spazi nelle cosiddette Camere Nuove nel fronte settentrionale del Palazzo di Corte e soprattutto nell’ala orientale del Castello, ove farà ricavare i suoi ambienti privati, compresa la camera da letto. L’oggetto più curioso ed imponente di questa camera era senza ombra di dubbio lo “studio di noce”, un mobile con scomparti estraibili - diviso verticalmente in tre settori di cassettini - che racchiudeva complessivamente più di quattromila monete, oltre ad altri oggetti di valore.
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“Items that are in the first camerino adorato”
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he way the description is set out and worded confirms that the camerino dei marmi and the “primo camerino adorato” were two adjoining rooms. On 28th August 1533 Duke Alfonso I d’Este dictated his last will and testament to the public notary Giovanni Battista Saracco “in la camara posta suxo li volti appresso il bello camarino seu studiolo”, that is, the room that was probably his bedroom, famous for its wooden ceiling and floral intaglios covered in gold, interspersed with Dosso Dossi’s nine mandorlas and bordered by sixteen Landscapes of the frieze under the impost, again by Dossi. As can be inferred from Alessandro Fiaschi’s description, after twenty-six years the parchment scroll testifying to the duke’s last will was still kept in a wooden chest in that room, at that time referred to as “primo camerino adorato” which - conserving the Tribute Money by Titian and the collection of medals of the Estensi - seem to have been used under Ercole II as “medals studio”. We do not know where the coin collection was kept at the time of his father. The elegant rooms of the Via Coperta were strongly identified and right from the start, with the memory of Alfonso I d’Este, so much so that his son Ercole II did not make any architectural or volumetric changes until 1559, only some practical adaptations in the intended use. Moreover, induced by customary comparison with superior models of power (France and the Empire) and filled with the fascination of regality, he considered his father’s camerini a framework too narrow for the staging of power and magnificence. So, he took the so-called Camere Nuove (New Rooms) on the northern face of the Court Palace and above all the eastern wing of the Castle, where he would set up his private rooms, including his bedroom. The most curious and impressive object in this room was without a shadow of doubt the “walnut studio”, a piece of furniture with extractable compartments - divided vertically into three sets of drawers - which contained a total of four thousand coins as well as other valuable objects.
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Quelle d’oro, 783 in tutto, furono studiate e catalogate dallo storico e filologo Celio Calcagnini (1471-1541) nell’Aureorum Numismatum Ill(ustrissi)mi Herculis Secundi, Ducis Ferrariae Quarti Elenchus, giunto a noi in forma di copia redatta dal suo segretario Gian Girolamo Monferrato (oggi alla Biblioteca Estense di Modena). Lo straordinario resoconto, mettendo in luce i criteri di suddivisione delle monete per epoche (greche, repubblicane, di età imperiale, dell’Impero d’Oriente, bizantine e medievali) e la puntuale descrizione del diritto e rovescio di ognuna di esse, suggerisce l’imponenza della collezione estense che, al 1559, risultava essere tra le più importanti d’Italia: basti pensare che nella Grotta di Isabella d’Este a Mantova l’inventario Stivini del 1542 registra solo una trentina di monete antiche d’oro. Consolidatasi a partire dagli anni di Leonello, la raccolta numismatica degli Estensi crebbe in maniera progressiva fino ad assumere, nel settimo decennio del ’500, la forma di un vero e proprio patrimonio affidato alle cure di esperti conservatori quali Enea Vico e Pirro Ligorio. Con l’uscita di scena degli Estensi da Ferrara, nel 1598, parte di questa collezione fu sacrificata in nome di un declinante prestigio da rifondare all’interno di una Modena angusta ancora vestita di Medioevo, lontanissima dagli splendori secolari della perduta capitale.
Gian Girolamo Monferrato (da Celio Calcagnini), Aureorum Numismatum Ill(ustrissi)mi Herculis Secundi, Ducis Ferrariae Quarti Elenchus, 1541-1559 (Modena, Biblioteca Estense Universitaria, Ms. Lat. 152=α.T.6,16); particolare delle carte 3v-4, con l’annotazione delle quindici monete dedicate a Giulio Cesare contenute nella seconda “tabula”, e quattro delle quindici nella terza “tabula” dedicate agli imperatori Tito, Traiano e Vespasiano. Le monete d’oro custodite nello stipo ligneo erano distribuite in cinquantasei “tavolette”.
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Gian Girolamo Monferrato (from Celio Calcagnini), Aureorum Numismatum Ill(ustrissi)mi Herculis Secundi, Ducis Ferrariae Quarti Elenchus, 1541-1559 (Modena, Biblioteca Estense Universitaria, Ms. Lat. 152=α.T.6,16); detail of pages 3v-4, with the annotation of the fifteen coins dedicated to Julius Caesar contained in the second “tabula”, and four of the fifteen in the third “tabula” dedicated to the emperors Titus, Trajan and Vespasian. The gold coins kept in the wooden cabinet were split between fifty-six “small drawers”.
The gold ones, 783 in all, were studied and catalogued by the historian and philologist Celio Calcagnini (1471-1541) in the Aureorum Numismatum Ill(ustrissi)mi Herculis Secundi, Ducis Ferrariae Quarti Elenchus, which has come down to us in the form of a copy drawn up by his secretary Gian Girolamo Monferrato (now at the Biblioteca Estense in Modena). This extraordinary account, which highlights the criteria for dividing the coins by era (Greek, Republican, of the Imperial Age, of the Eastern Empire, Byzantine and medieval) and the precise descriptions of the obverse and reverse of each one, gives an idea of the size of the Estense collection, which in 1559, was one of the most important in Italy: suffice to think that in Isabella d’Este’s Grotta at Mantua, the Stivini inventory of 1542 only recorded about thirty antique gold coins. From the time of Leonello the coin collection belonging to the Estensi, already consolidated, grew steadily until by the 1570’s it had taken on the form of a heritage in its own right handled by expert curators such as Enea Vico and Pirro Ligorio. When the Estensi left Ferrara, in 1598, part of this collection was sacrificed in the name of a declining prestige to be founded once more in parochial Modena still a medieval town, far away from the secular splendours of the lost capital.
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“Robe che son nel primo camerino adorato” · Una effigie di Hiesu di mano di Tiziano · Sotto il camino in terra quatro teste di marmor · Una macinella di porfido Una cascetta venetiana di noce nella quale sono le infrascritte cose cioè · Il testamento del Duca Alfonso in carta pecora · Una minuta del testamento della Marchesana di Mantova · Quattro monete d’argento senza impronto, o stampa · Sette medaglie d’argento tra grandi e picole · Sette medaglie d’oro diverse · Otto pezzi di miniera d’oro di più sorte · Un pezzo di vergella d’oro · Un altro pezzo di vera d’oro et miniera insieme · Una canollina d’argento · Tre groppi d’oro a fogliame cioè duo intieri et uno sbusato · Tre monete d’oro · Due chiavi della gran cascia di noce posta nelli camerini dissopra · Un vase d’argento con poco zibetto · Un altro vase simile con poco zibetto · Un vase con picoli manichi tutto d’argento con poco zibetto · Un altro vase alla moderna guisa con poco zibetto · Un vasetto d’oro overo adorato vuoto · Un vase di piombo quadro con ambra · Un bossolo di piombo con poco muschio di ponente · Un bossolo minore con poco muschio di levante ma vecchio · Un vase di piombo con vissica di muschio, et un poco di muschio fuori · Una bossola di legno et un bossolo di piombo vuoti · Sopra la detta cascetta è un quadro d’alabastro con cornice di noce perfilata, con coperto dipinto et un cuscino di raso morello overo turchino uso · Sopra la tavola è un baccho di musaico, cioè la testa et un vase di terra bianca · Quattro banchette di noce Un studio di noce con le infrascritte cose cioè · Un libro di cosmografia (nella parte dissopra) · Un libro d’architettura (nella parte dissopra) · Un pezo di legno aloe · Un pezzo di Belzoino · Un scartozzo con belzoino et pastelle di profumo · Un calamaro con bossolo da polver d’argento · Una foradina d’argento · Un trepiedi d’argento · Un paro de bilanze d’argento
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· Un piriottino d’argento · Un picolo boccalino d’argento · Due spatole una grande l’altra minor d’argento · Un rascatore d’argento · Una cuchiarina picola per zibetto d’argento · Un paro di moietti d’argento · Due bossoli con cornici e manichi dorati d’argento · Due altri bossoli non dorati · Una cuchiara adorata Tavolette n. cinquantasei poste nella tavola a’ man destra nelle quali sono medaglie d’oro la quantità et qualità che si vederà per un libro fatto dal già Monsignore Messer Celio Calcagnino coperto di raso verde con cordelle di seta alionata, quale dette Girolamo da Monferrato al Signor Duca Illustrissimo, ed è posto nel primo cascettino di detta tavola a man destra cioè il più alto. Et più tavoletta una con medaglie d’argento n. 14 et una d’oro: nel secondo casciottino sono li infrascritti bossoli cioè bossoli vuoti n. quatordici et bossoli n. 16 con diverse medaglie d’argento. Nel 3° cascettino bossoli n° 33 con medaglie simili, et duo vuoti Nel 4° medaglie 280 di bronzo di più stampe Nel 5° scatolini n° 29 con medaglie d’argento Nel 6° scatolini n° 30 con medaglie simili Nella detta tavola a man sinistra sono quatro ordini di tavole con la infrascritta quantità di medaglie d’argento, cioè nel primo ordine sono: 1° Ordine con tavolette n° dicisette con medaglie n. 196 d’argento 2° Ordine con tavolette n° 17 con medaglie 242 d’argento 3° Ordine con tavolette n° 17 con medaglie 255 d’argento 4° Ordine con tavolette n° 17 con medaglie 252 d’argento Nel cascettino primo a man destra dell’ordine di mezzo sono le infrascritte medaglie e cioè · Medaglie n° mille ottocento vent’otto tutte d’argento et più · Medaglie cento et venti d’argento in una carta separata dalle altre · Medaglina una d’oro piccola in una carta separata dalle altre · Medaglie di bronzo n°sedici in una carta separata dalle altre Nel 2° cascettino del detto ordine sono · Medaglie di bronzo n° 102 · Medaglia una d’argento grande Nel primo cascettino del ordine dissotto sono · Scatolini otto con medaglie d’argento, il resto son vuoti Dietro alla tavola sono · Una chiavatura tedesca havuta da Messer Agostino · Un scatolino co’ un camaleonte · Due sacchetti di corame, con color turchino da dipinger
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I rombi allegorici di Dosso Dossi di Francesca Cappelletti
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ra le preziose decorazioni degli ambienti della Via Coperta risultano dalle descrizioni antiche nove tavole che le carte inventariali del 1598 elencano come “mandorle”, attribuite a Dosso Dossi. Plausibilmente commissionati per adornare il soffitto della camera da letto di Alfonso I d’Este forse fra il 1521 e il 1522, secondo Alessandro Ballarin o da Charles Hope a qualche anno più tardi, o anche nell’arco di tempo fra le diverse datazioni, come pensano altri studiosi (Gibbons 1968; Humfrey 1998), i dipinti andarono dispersi a cominciare dal 1608, ed è oggi possibile identificarne otto, che hanno acquistato fra l’altro nei secoli una forma romboidale e sono attualmente divisi fra la Pinacoteca di Modena, il Museo di Eger, la Collezione Cini di Venezia e una collezione privata; infatti una tavola, per cui si ipotizza l’appartenenza alla stessa serie, è recentemente apparsa sul mercato ed è stata venduta a New York. La vicenda della commissione non è quindi cronologicamente chiara, ma la provenienza dalla camera da letto si può sostenere per tutte le tavole, le cinque oggi conservate alla Galleria Estense di Modena, la Conversazione, l’Ebbrezza, l’Amore, la Seduzione, la Musica; l’Ira, ora a Venezia, nella collezione Cini; la Violenza, ad Eger, in Ungheria e quella recentemente ricomparsa. Altrettanto controversa è la ricostruzione dell’eventuale programma iconografico: i dipinti mostrano dei soggetti non sempre chiaramente decifrabili e poco usuali, che hanno dei precedenti piuttosto rari, se non in alcune tele giorgionesche. Al momento della devoluzione i dipinti rimasero di proprietà di Cesare d’Este, fino al 1608, quando vennero per errore recapitati a Scipione Borghese, che stava all’epoca acquistando il fregio con le Storie di Enea, insieme ad un altro grande ovale, probabilmente proveniente dalla Camera del Poggiolo, di cui al momento si conoscono due frammenti, uno alla National Gallery di Londra e l’altro alla Fondazione Longhi
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Dosso Dossi’s allegorical rhombuses by Francesca Cappelletti
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rom the old descriptions of the valuable decorations of the rooms of the Via Coperta there turn out to have been nine panels that the papers of the 1598 inventory list as “mandorlas”, attributed to Dosso Dossi. It is plausible that they were commissioned to adorn the ceiling of Alfonso I d’Este’s bedroom perhaps between 1521 and 1522 according to Alessandro Ballarin or some years later according to Charles Hope, or at some time between the two datings (Gibbons 1968; Humfrey 1998). As from 1608 they were dispersed. Today eight can be identified and all of them have acquired a rhomboidal shape over the centuries. They are currently spread between the Pinacoteca di Modena, the Eger Museum, the Cini Collection in Venice and a private collection. A panel that was believed to belong to the set recently appeared on the market and was sold in New York. Chronologically then, the question of the commissioning is not clear, but it is possible to assert that all the panels come from the bedroom; that is, the five panels conserved at the Estense Gallery at Modena: Conversation, Elation, Love, Seduction and Music; Fury, at Venice in the Cini collection; Violence, at Eger, in Hungary and the one that has recently reappeared. Just as controversial is the reconstruction of the iconographical blueprint if there was one: some of the subject matters of the paintings are not clearly decipherable. They are pretty unusual and have only occurred previously in some Giorgionesque canvases. At the time of devolution the paintings belonged to Cesare d’Este. But, in 1608, they were mistakenly sent to Scipione Borghese. The latter was in the process of buying the frieze with the Stories of Aeneas along with another large oval, which probably came from the Balcony Room; the whereabouts of only two fragments, one in London’s National Gallery and the other at the Fondazione Longhi in Florence are known. Cardinal Borghese only returned five, recorded in the documents of the Estense court in Modena from that moment until they passed over to the Estense Gallery. In an inventory of Scipione Borghese’s wardrobe, which is un71
di Firenze. Il cardinal Borghese ne restituì soltanto cinque, da quel momento regolarmente registrati nei documenti della corte estense a Modena fino al loro passaggio nella Galleria Estense. In un inventario della Guardaroba di Scipione Borghese, senza data ma collocabile entro il 1630, ritroviamo citate le quattro tavole rimaste a Roma, già ritagliate nell’attuale forma romboidale. Dopo il 1700 due di queste scompaiono; per le altre due sembra attestato il passaggio alla collezione del marchese Matteo Sacchetti, sicuramente prima del 1726 e da lì ai Musei Capitolini, da dove una sarebbe stata presto ceduta ai fratelli Camuccini, attraverso i quali passò in Inghilterra e poi sul mercato antiquario fino ad approdare alla raccolta del conte Cini. L’altra, ugualmente uscita dalle collezioni capitoline nella seconda metà del Settecento, venne acquistata da un vescovo ungherese e attraverso di questi giunse al Museo di Eger.
Ferrara, Castello Estense Appartamento di Alfonso I Il soffitto della camera da letto
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Ferrara, Castello Estense Alfonso I’s apartment The ceiling of the bedroom
dated but can be placed before 1630, we find mention of the four panels that were still in Rome, already cut to the rhomboid shape. After 1700, two of these disappeared. For the other two, their seems to be evidence of the passage to the collection of marquis Matteo Sacchetti, certainly before 1726 and from there to the Capitoline Museums, from where they would soon be passed on to the Camuccini brothers. From there they arrived in England and onto the antique market and finally finished up in the collection of count Cini. The other one, which also came out of the Capitoline collection in the second half of the 1700’s, was purchased by a Hungarian bishop and through him arrived in the Eger Museum.
Ferrara, Castello Estense Appartamento di Alfonso I Particolare del soffitto della Camera del Poggiolo
Ferrara, Castello Estense Alfonso I’s apartment Detail of the ceiling of the Camera del Poggiolo (Balcony Room)
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Dosso Dossi di Charles Hope
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l pittore che contribuì maggiormente alla decorazione della Via Coperta fu Dosso Dossi. Nacque probabilmente a Mirandola (Modena) attorno al 1490 ed il suo primo lavoro documentato risale al 1512 a Mantova. Nel 1514 cominciò a lavorare per Alfonso I d’Este e continuò a servire gli Este fino alla sua morte, nel 1542. L’unico lavoro di datazione certa eseguito dal pittore tra quelli della Via Coperta, è la tavola ovale del soffitto della Sala del Poggiolo eseguito nel 1524, in cui sono rappresentate cinque figure e di cui oggi si conservano due frammenti. Gli altri dipinti di Dosso nella Via Coperta possono, probabilmente, essere datati attorno al 1520. Per la camera da letto il pittore decorò il soffitto con nove tavole ovali, delle quali se ne conservano tuttora otto, e un fregio composto di sedici paesaggi, che è purtroppo andato perduto. Per il più grande dei due camerini d’alabastro, egli dipinse un altro fregio suddiviso in dieci sezioni, rappresentanti episodi tratti dall’Eneide, metà delle quali sono state oggi ritrovate in varie collezioni. Infine, per questa sala Dosso dipinse un quadro definito dal Vasari Baccanaria d’uomini e da Roncaglia Quadro con uomini e donne. Quest’opera venne in seguito trasferita a Roma nel 1598 dal cardinale Aldobrandini assieme ai Baccanali di Tiziano e Bellini. Un inventario della collezione di Aldobrandini, del 1603, include i quattro quadri di Tiziano e Bellini e “un quadro grande di più Dei con un montone, un camaleonte, et un armatura del Dosso”. Lo stesso quadro si ritrova in un altro inventario, stilato prima del 1665, come “un quadro in tela grande con diverse donne, e Vulcano da una banda e vi è un montone, et una figura dorme. Alto palmi sei et tre quarti, largo similmente […] del Dossi”. Questo dipinto è scomparso.
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Dosso Dossi by Charles Hope
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he painter who contributed most to the decoration of the Via Coperta was Dosso Dossi. Born probably at Mirandola (Modena) around 1490, he is first recorded working in Mantua in 1512. In 1514 he began to work for Alfonso I d’Este, and continued to serve the d’Este until his death in 1542. His only securely dated work in the Via Coperta was a ceiling painting with five figures for the Sala del Poggiolo, of 1524, of which two fragments survive. Dosso’s other paintings in the Via Coperta probably date from the years around 1520. For the bedroom he provided nine oval ceiling paintings, of which eight survive, and frieze of sixteen landscapes, all of which are lost. For the larger camerino d’alabastro he painted another frieze in ten sections, showing episodes from the Aeneid, about half of which have been identified in various collections. Finally, for this room he painted a picture described by Vasari as a Baccanaria d’uomini and by Roncaglia as a quadro con uomini e donne. This was taken to Rome by cardinal Aldobrandini in 1598, along with the Bacchanals by Titian and Bellini. An inventory of the Aldobrandini collection of 1603 includes the four pictures by Titian and Bellini, as well as “Un quadro grande di più Dei con un montone, un camaleonte, et un armatura del Dosso”. The same picture is described in another inventory, compiled before 1665, as “Un quadro in tela grande con diverse donne, e Vulcano da una banda, e vi è un montone, et una figura dorme. alto palmi sei e tre quarti, largo similmente [...] del Dossi”. The painting has disappeared. The identification with the one from the Camerino has been doubted because it was not listed together with the other Bacchanals, and because it was slightly smaller. Neither argument is conclusive, particularly as there is some reason for supposing that the doors in the camerino d’alabastro were not the same size, so that the pictures on the end walls of the room may not have been of the same size either.
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L’ipotesi che identificava questo Baccanale con quello del camerino d’alabastro è stata smentita, poiché questo dipinto non è stato inventariato assieme agli altri Baccanali ed è leggermente più piccolo. Il dibattito è quindi ancora aperto poiché si ha motivo di supporre che le porte del Camerino non fossero della stessa dimensione, perciò anche i dipinti sulle testate della camera potrebbero a loro volta essere di dimensioni diverse. Del Baccanale di Dosso, proveniente dal camerino d’alabastro, sono state avanzate diverse ipotesi di identificazione: da ricordare un Bagno a Castel Sant’Angelo, un Baccanale alla National Gallery, un enigmatico dipinto agli Uffizi, Allegoria della Musica nel Museo della Fondazione Horne a Firenze e la tela di Bombay. Solo quest’ultima ipotesi ha incontrato il consenso di un numero consistente di studiosi.
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Dosso Dossi, Allegoria (Firenze, Galleria degli Uffizi)
Dosso Dossi, Allegory (Firenze, Galleria degli Uffizi)
Various identifications have been proposed for Dosso’s Bacchanal from the Camerino, notably a Bagno in Castel Sant’Angelo, a Bacchanal in the National Gallery, an enigmatic painting in the Uffizi, an Allegory of Music in the Horne Foundation Museum in Florence and the canvas in Bombay. Only the last of these proposals has met with a measure of scholarly support.
Dosso Dossi, Il Bagno (Roma, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo) Dosso Dossi, Il Bagno (Rome, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo) Dosso Dossi, Baccanale (London, National Gallery) Dosso Dossi, Bacchanal (London, National Gallery)
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ino ad oggi, il primo lavoro attribuito con certezza a Dosso è una pala d’altare che si trova nella cattedrale di Modena, lì collocata nel giugno del 1522. Questo dipinto fu commissionato nel gennaio del 1518 e Dosso ricevette l’ultima parte del suo compenso nell’estate del 1521. Tradizionalmente gli studiosi hanno affermato che la sua produzione dal 1512 al 1520 circa consistette principalmente di quadri di piccolo formato e che spesso tradiscono una mano ancora inesperta. Ma Roberto Longhi attribuì a questo primo periodo un gruppo di altri dipinti eseguiti in uno stile alquanto diverso. Il cosiddetto “gruppo Longhi” è stato da altri studiosi successivamente ampliato da includere una pala d’altare proveniente da Santa Maria in Vado e il dipinto di Bombay. Se è vero che è molto probabile che questi due quadri siano della stessa mano, l’idea che Dosso abbia dipinto anche solo uno dei quadri individuati da Longhi è stata messa sempre più in discussione. Due sono le obiezioni recentemente avanzate contro il suo coinvolgimento. In primo luogo, lo stile dei vestiti suggerisce la loro datazione al 1530, quando Dosso dipingeva in un modo diverso. In secondo luogo, nel 1995 sono stati pubblicati alcuni dei pagamenti per la pala Costabili (Ferrara, Pinacoteca Nazionale). Il contributo di Dosso a questa pala d’altare è stato fatto risalire dagli studiosi agli anni Venti o perfino Trenta del Cinquecento, ma i nuovi documenti dimostrano che Dosso e Garofalo stavano entrambi lavorando ad essa già nel 1513. Non è chiaro quando il quadro venne terminato, ma è evidente che tutte le proposte intorno allo sviluppo stilistico del Dosso prima del 1520 vanno riesaminate. Finora nessuno ha fornito uno schema del suo sviluppo che comprenda sia la pala Costabili che il gruppo Longhi. Dosso Dossi, Allegoria della Musica (Firenze, Museo della Fondazione Horne)
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Dosso Dossi, Allegory of Music (Firenze, Museo della Fondazione Horne)
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ntil recently the earliest securely dated work by Dosso was an altarpiece in the cathedral of Modena, installed in June 1522. This accomplished picture was commissioned in January 1518 and Dosso received his final payment in the summer of 1521. Scholars traditionally assumed that his output from around 1512 until not long before 1520 consisted mainly of small and often slightly incompetent pictures in a style broadly similar to that of his mature documented works. But Roberto Longhi assigned a group of other pictures in a rather different style to this early period. The so-called“Longhi group”has subsequently been enlarged by other scholars to include an altarpiece from Santa Maria in Vado and the painting in Bombay. While it is very likely that these two pictures are by the same hand, the idea that Dosso painted any of the Longhi group has been increasingly questioned. Two main arguments have recently been advanced against his involvement. Firstly, the evidence of the costumes in some of these paintings suggests that they date from the 1530’s, when Dosso was certainly working in a very different style. Secondly, in 1995 some payments were published for the Costabili altarpiece, in the Pinacoteca Nazionale, Ferrara. Dosso’s contribution to this altarpiece had invariably been dated by scholars to the 1520’s or even 1530’s, but the new documents show that Dosso and Garofalo were both working on it already in 1513. It is not clear when the picture was finished, but it is evident that all existing accounts of Dosso’s work before 1520 now need to be revised. As yet no one has provided an outline of his development which incorporates the new evidence about the Costabili picture and includes the Longhi group.
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Il collezionismo degli Estensi e la dispersione delle raccolte di Francesca Cappelletti
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el corso del Quattrocento l’interesse per l’arte da parte dei principi Estensi si manifesta nella costruzione di importanti dimore e nella decorazione di quelle già esistenti, come per esempio il palazzo di Schifanoia; contemporaneamente la città attira gli artisti più conosciuti dell’epoca e diventa uno dei più importanti centri di produzione della cultura umanistica. Gli anni del breve governo del marchese Leonello d’Este (1441-1450), principe dalla raffinata educazione, segnano una feconda apertura della città al contesto culturale umanistico delle corti e città vicine, da dove giunsero Pisanello, Andrea Mantegna, Jacopo Bellini, che eseguì per il duca la Madonna dell’Umiltà e Leonello d’Este (Parigi, Louvre). Forse negli stessi anni era anche presente a Ferrara Piero della Francesca e vi passava Rogier van der Weyden, benché i più vivaci dibattiti si svolgessero nel campo delle lettere. I pagamenti riportati dai documenti contabili successivi al 1445, con le ingenti somme di denaro riservate all’acquisto di opere d’arte, testimoniano tuttavia del fondamentale ruolo riconosciuto agli oggetti d’arte. Entrano a far parte delle raccolte estensi la straordinaria serie di medaglie e i ritratti pittorici di Pisanello, oggi al Louvre (Ritratto di Ginevra d’Este, 1434) e all’Accademia Carrara di Bergamo (Ritratto di Leonello d’Este, 1441), ma anche preziosi smalti francesi ed oggetti d’oreficeria. La commissione di opere mobili appare in gran parte finalizzata all’arredo delle residenze, come sembra esemplificato dalle vicende delle nove Muse eseguite per lo studiolo di Belfiore fra il 1447 ed il 1462, otto delle quali oggi iconograficamente identificate e conservate in diversi musei d’Europa (ad esempio Erato ed Urania, Ferrara, Pinacoteca Nazionale; Tersicore, Milano, Museo Poldi Pezzoli; Calliope, Londra, National Gallery). I documenti hanno rivelato le esatte fasi dei lavori, indicando come ideatore, ma
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The Estensi as collectors and the dispersion of their collections by Francesca Cappelletti
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uring the 1400’s, the Estensi princes manifested their interest in art by building important residences and decorating those already in existence, as is the case with Palazzo Schifanoia; at the same time the city attracted the most important artists of the era and became one of the most important centres of production of the humanistic culture. The brief period of government under Leonello d’Este (14411450), a marquis with a refined upbringing, marked a fertile opening up of the city to the humanistic context of the nearby courts. Artists coming from these courts included Pisanello, Andrea Mantegna and Giovanni Bellini, who executed the Madonna of Humility and Leonello d’Este (Paris, Louvre). In the same period, Piero della Francesca was in Ferrara, as was Rogier van der Weyden for a short time. The most lively debate however, was going on in the literary field. The payments listed in the accounting documents after 1445, with huge sums of money earmarked for the purchase of works of art, bear witness however to the fundamental role acknowledged to objets d’art. Added to the Estense collections was the extraordinary sets of medals and the pictorial portraits by Pisanello, today at the Louvre (Portrait of Ginevra d’Este, 1434) and at the Accademia Carrara in Bergamo (Portrait of Leonello d’Este, 1441), but also a collection of valuable French enamels and jewellery. Commissioning moveable works to a large part seems to have been aimed at furnishing the residences as seems to be exemplified by the story of the nine Muses executed for the study at Belfiore between 1447 and 1462, eight of which have been iconographically identified and conserved in different museums throughout Europe (for example Erato and Urania, Ferrara, Pinacoteca Nazionale; Terpsichore, Milan, Museo Poldi Pezzoli; Calliope, London, National Gallery). Documents have revealed the exact stages in the work, indicating as conceiver, but also thoughtful demiurge of the cycle, the humanist Guarino da Verona, while Angelo “Parrasio” known as
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anche attento demiurgo del ciclo, l’umanista Guarino da Verona, mentre Angelo «Parrasio» detto Maccagnino e Cosmè Tura figurano come i due principali esecutori delle tavole, che Roberto Longhi definì «mistura di vecchio e di nuovissimo», frutto di un’ormai inevitabile meditazione sugli apporti pierfrancescani, fiamminghi e della vicina Padova.
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Maccagnino and Cosmè Tura figure as the two main executors of the plates, which Roberto Longhi defined “mixture of old and very new”, fruit of what was by then the inevitable meditation of the influences of Piero della Francesca, the Flemish painters and nearby Padua.
Angelo Maccagnino (?) e Cosmè Tura, Erato (Ferrara, Pinacoteca Nazionale)
Angelo Maccagnino (?) e Cosmè Tura, Tersicore (Milano, Museo Poldi Pezzoli)
Angelo Maccagnino (?) and Cosmè Tura, Erato (Ferrara, Pinacoteca Nazionale)
Angelo Maccagnino (?) and Cosmè Tura, Terpsichore (Milan, Museo Poldi Pezzoli)
Antonio Pisano, detto Pisanello, Ritratto di Leonello d’Este (Bergamo, Accademia Carrara)
Antonio Pisano, known as Pisanello, Portrait of Leonello d’Este (Bergamo, Accademia Carrara)
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on la morte di Leonello e la successione del fratello Borso (1450-1471), amante del lusso e dei cortei, la committenza artistica sembra avere come scopo esclusivo la glorificazione del duca e l’esaltazione del suo buon governo. Nasce così, in un complesso contesto di valenze esoterico-cortesi e riferimenti a testi ellenistici e latini, il ciclo dei Mesi di Palazzo Schifanoia, eseguito dal 1468 al 1470 da diversi artisti fra cui Francesco del Cossa ed un giovane Ercole de’ Roberti, accanto a committenze devozionali, come la cappella della delizia di Belriguardo, affidata a Cosmè Tura e, miniata fra il 1455 ed il 1461, la splendida Bibbia di Borso (Modena, Biblioteca Estense) e un altro codice, miniato da Guglielmo Giraldi, realizzato sempre intorno al 1450. Ancora all’insegna del decoro degli ambienti di corte si svolgono le imprese principali di Ercole I (1471-1505). Dal 1479, nell’attuale Palazzo Ducale, fece infatti allestire le cosiddette Camere Dorate destinando ingenti somme all’acquisto di marmi, preziose maioliche, bancali ed arazzi per i quali, benché dagli anni del Ducato di Leonello si fossero insediate a Ferrara maestranze nordiche, sono documentati numerosi acquisti presso le manifatture franco-fiamminghe. Il corridoio di collegamento che Ercole fece costruire fra la Corte ed il Castello, la cosiddetta Via Coperta, accolse dal 1505, con alcune modifiche, gli appartamenti privati di Alfonso I (1505-1534). Il cuore delle raccolte del nuovo duca è da individuare, ovviamente, nei camerini di alabastro, allestimenti che vedevano in sequenza opere di pittura e di scultura, accomunate dal soggetto, un tema tratto dalla letteratura antica. Se per molti versi alcuni aspetti della commissione e dell’allestimento restano ancora da chiarire, è certo che il camerino dei Baccanali si configuri come uno dei primi assetti pensati come un insieme decorativo omogeneo, a soggetto mitologico e con l’intenzione di mettere a confronto i più grandi talenti artistici contemporanei.
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ith the death of Leonello and the succession of his brother Borso (1450-1471), who loved pomp, retinues and luxury, the commissioning of artistic works seemed to have just one purpose: the glorification of the duke and the exaltation of his good government. Thus, in a complex context of esoteric-courtly themes and references to Hellenistic and Latin texts, we see the cycle of the Months in Palazzo Schifanoia, executed from 1468-1470, by several artists including Francesco del Cossa and a young Ercole de’ Roberti alongside devotional art, such as the chapel at the Delizia di Belriguardo, commissioned to Cosmè Tura and the splendid Borso’s Bible, illuminated between 1455 and 1461 (Modena, Biblioteca Estense) and another code, illuminated by Guglielmo Giraldi, again realized in around 1450. Again within the scope of the decoration of the court itself, are Ercole I’s main enterprises (1471-1505). From 1479, in what is now the Palazzo Ducale, he had the so-called Camere Dorate laid out. He set aside huge sums of money for the purchase of marble, valuable majolicaware, benches and tapestries for which, despite the fact that Ferrara had been home to Nordic masters since Leonello’s reign, numerous purchases in French and Flemish workshops are documented. From 1505, with a few modifications, the connecting corridor that Ercole had had constructed between the Corte and the Castello (the so-called Via Coperta), took in the private apartments of Alfonso I (1505-1534). The core of the new duke’s collections is obviously to be found in the Alabaster Study, displays that sequence pictures and sculptures which share a common subject matter, a theme drawn from the literature of the ancient world. If, in many ways, some aspects of the commission and the organisation are still not clear, it is certain that the camerino dei Baccanali was configured as one of the first layouts devised as a homogeneous decorative ensemble, with a mythological subject matter and with the intention of putting the greatest artistic talents of the day face to face. The sophisticated execution of the antique
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Alla sofisticata esecuzione dei marmi all’antica di Antonio Lombardo, oggi in gran parte conservati all’Hermitage di San Pietroburgo, facevano eco i toni brillanti del colorismo veneto delle pitture di Giovanni Bellini, Tiziano e Dosso Dossi. Qualche anno prima una simile operazione era stata intrapresa a Mantova da Isabella d’Este, la sorella di Alfonso, che per le sue stanze, com’è noto, aveva commissionato ad Andrea Mantegna, Pietro Perugino, Lorenzo Costa e Correggio opere con un tema all’antica, ma più decisamente incline all’allegoria del trionfo della Virtù sui Vizi.
Guglielmo Giraldi, miniature dalla Bibbia dei monaci certosini di Ferrara (Ferrara, Museo di Palazzo Schifanoia)
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Guglielmo Giraldi, illuminations from the Bible of the Carthusian monks of Ferrara (Ferrara, Museo di Palazzo Schifanoia)
marbles by Antonio Lombardo, a large part of which is today in the State Hermitage Museum of Saint Petersburg, was echoed by the bright tones of the Veneto-style emphasis on colour of the paintings by Giovanni Bellini, Titian and Dosso Dossi. Some years earlier, a similar operation had been undertaken by Alfonso’s sister Isabella d’Este in Mantua. For her rooms, as is well-known, she had commissioned from Andrea Mantegna, Pietro Perugino, Lorenzo Costa and Correggio works with a theme inspired by the ancient world, but decidedly more inclined to the allegory of the triumph of Virtue over Vices.
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4 Rombi allegorici di Dosso Dossi. In senso orario: 1. Amore, 2. Seduzione, 3. Musica, 4. Ebrezza; al centro: 5. Conversazione (Modena, Galleria Estense)
3 Dosso Dossi’s allegorical rhombuses. Clockwise: 1. Love, 2. Seduction, 3. Music, 4. Elation; at the centre: 5. Conversation (Modena, Galleria Estense)
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d una maggiore attenzione ai talenti locali sembra improntato il collezionismo di Ercole II (1534-1559) che si realizza nella commissione di importanti tele, a soggetto mitologico ed allegorico, ai fratelli Dossi, a Garofalo e a Girolamo da Carpi. Opere come il San Giorgio e L’Arcangelo Michele di Dosso e Battista Dossi, Venere trainata dai cigni di Battista Dossi e Girolamo da Carpi, Il Trionfo di Bacco, Venere e Marte davanti alle porte di Troia di Garofalo, si concentrano fra il 1540 e il 1545 e sembrano in gran parte costituire l’arredo di un medesimo ambiente, ripetutamente menzionato nei documenti di pagamento: le Camere Nuove. I temi delle pitture si incontrano però anche nelle decorazioni di altri ambienti di corte, come il ciclo pittorico della Camera della Pazienza, che celebra questa Virtù come emblema della politica del duca. La pazienza cui Ercole si sente costretto è il soggetto di un capolavoro come L’Occasione e la Penitenza di Girolamo da Carpi, delle tele La Pace e La Giustizia di Battista Dossi e La Pazienza di Camillo Filippi. In un documento del 1543, fra gli oggetti destinati ad essere trasportati nel nuovo studiolo di Ercole II, oltre a 1.000 monete e medaglie, si cita anche un dipinto del giovane Tiziano, il Cristo con la moneta, databile al primo soggiorno del Vecellio a Ferrara nel 1516, che Vasari ricorda collocato sulle ante di un armadio, scrigno probabilmente di tutta la vasta collezione numismatica. Alla morte di Ercole II, l’inventario redatto nel 1559 testimonia anche della presenza di un cospicuo numero di bronzetti all’interno di alcuni dei camerini, fra cui il camerino di marmo che risulta arricchito da molte piccole sculture raffiguranti Ercole, l’eroe delle fatiche eponimo del duca appena scomparso. Con Alfonso II (1559-1597) il collezionismo estense assume un nuovo carattere, nel volgere lo sguardo a ciò che era stato assemblato dai predecessori del duca e nella volontà di disporre questo patrimonio in un assetto definitivo. L’attenzione all’antico si impone in una sorta di processo di imitazione delle residenze antiche, così come erano descritte dalla letteratura,
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rcole II (1534-1559) seems to have given greater attention to local talents. His collecting meant commissions for important canvases with mythological and allegorical subject-matters from the Dossi brothers, Garofalo and Girolamo da Carpi. Works such as Saint George and The Archangel Michael by Dosso and Battista Dossi, Venus drawn by the Swans by Battista Dossi and Girolamo da Carpi, The Triumph of Bacchus and Venus and Mars before the gates of Troy by Garofalo, are concentrated between 1540 and 1545 and seem to a great extent to form the decoration to the same room, repeatedly mentioned in the payment documents: the New Rooms. The themes of the pictures are also encountered in the decorations of other rooms in the court, for example in the pictorial cycle of the Camera della Pazienza (Patience Room), which celebrates this Virtue as an emblem of the duke’s policy. The patience which Ercole feels he is obliged to show is the subject of a masterpiece such as Kairos and Penitentia by Girolamo da Carpi, of the canvases Pax and Justitia by Battista Dossi and Patience by Camillo Filippi. In a document dated 1543, among the objects that were to be moved to Ercole II’s new study, besides 1,000 coins and medals, there is mention of a painting by the young Titian, Tribute Money, which dates back to Titian Vecellio’s first stay in Ferrara in 1516, which Vasari remembers on the door of a wardrobe, which probably held all the vast coin collection. Upon Ercole II’s death, the inventory drawn up in 1559 also bears witness to the presence of a large number of bronzes in the rooms, including the camerino di marmo which seems to have been adorned with numerous small statues portraying Hercules, the hero of the feats, after whom the just-dead duke was named. Under Alfonso II (1559-1597) Estense collecting took on a new character in looking at what had been gathered together by the duke’s predecessors and in the wish to arrange this heritage in a definitive layout. A focus on the ancient comes to the fore in a sort of process of imitation of the ancient residences, as they were described in the literature. The splendid marble statues, old vases and bas-reliefs were
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i bassorilievi in una risistemazione affidata, come per la biblioteca, all’erudito Pirro Ligorio. Le raccolte artistiche così formate furono depauperate già all’indomani della devoluzione del 1598, quando il Ducato estense passò allo Stato della Chiesa, con il ben noto trasferimento a Roma, nella raccolta del cardinale Pietro Aldobrandini, dei Baccanali del camerino delle pitture. Il fregio dei Dossi con le Storie di Enea, che ornava la medesima stanza, venne invece sottratto nel 1608, destinato alla raccolta del cardinale Scipione Borghese. Il nucleo trasferito a Modena negli ultimissimi anni del XVI secolo da Cesare d’Este venne ulteriormente arricchito con opere di Annibale Carracci, dei suoi scolari e di Scarsellino (per esempio la Sacra famiglia con Santa Barbara e San Carlo Borromeo, Dresda, Gemäldegalerie), commissionate e acquistate da lui e dai suoi discendenti. In gran parte queste opere sono oggi visibili nella Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda, dove giunsero dopo il trasferimento nella magnifica galleria di Augusto III di Sassonia, avvenuto nel 1746 con la celebre vendita di Dresda, quando i capolavori ancora in possesso degli Estensi vennero posti all’incanto. In quell’ anno giunsero nelle stanze dell’edificio adiacente all’Jüdenhof, per l’occasione ristrutturate, i cento dipinti più belli della collezione di Francesco III d’Este cui si aggiunsero, nel corso degli anni, altri dipinti di artisti ferraresi a formare una collezione nell’insieme omogenea, come già si evince dal primo inventario del 1747/1750 redatto da Pietro Guarienti. Girolamo da Carpi, L’Occasione e la Penitenza (Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister) Girolamo da Carpi, Kairos and Penitentia (Dresden, Gemäldegalerie Alte Meister)
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set off in a re-organisation assigned, as for the library, to the scholar Pirro Ligorio. The art collections formed in this way were depleted right after the devolution of 1598, when the Estense duchy passed over to the Papal States. This saw the notorious transfer to Rome of the Baccanali from the camerino delle pitture to the collection of cardinal Pietro Aldobrandini. The frieze by the Dossi brothers with the Stories of Aeneas, which adorned the same room, was taken away in 1608 to the collection of cardinal Scipione Borghese. The nucleus that Cesare d’Este moved to Modena in the very last years of the 16th century was further extended with works by Annibale Carracci, his pupils and by Scarsellino (for example the Holy Family with Saint Barbara and Saint Charles Borromeo, Dresden, Gemäldegalerie), commissioned and purchased by him and his descendents. A large part of these works can be seen in the Gemäldegalerie Alte Meister in Dresden. They got there after they were transferred to the magnificent gallery of Augustus III di Saxony, in 1746, following the famous Dresden sale, when the masterpieces still in possession of the Estense family were put up for auction. In that year, the one hundred most beautiful paintings of Francesco III d’Este’s collection arrived in the rooms of the building adjacent to the Jüdenhof, renovated for the occasion. In subsequent years, other paintings by artists from Ferrara were added to form a homogeneous collection, as can already be deduced from the first inventory drawn up by Pietro Guarienti in 1747/1750.
Scarsellino, Sacra Famiglia con Santa Barbara e San Carlo Borromeo (Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister) Scarsellino, Holy Family with Saint Barbara and Saint Charles Borromeo (Dresden, Gemäldegalerie Alte Meister)
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La fortuna dei Baccanali di Francesca Cappelletti
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nell’inventario di Pietro Aldobrandini del 1603, forse relativo all’allestimento della villa di Frascati, costruita nella campagna nei dintorni di Roma subito dopo la devoluzione di Ferrara alla Santa Sede, che si trovano le prime citazioni dei Baccanali di Tiziano fuori dal Castello Estense. Nell’inventario compaiono infatti i dipinti provenienti dalla raccolta di Lucrezia d’Este, dai camerini di Alfonso e dalla presenza della legazione in Romagna negli ultimi due anni del Cinquecento. Questi rappresentano, in sostanza, l’interezza della collezione di Pietro, se si escludono un certo numero di opere rinascimentali centroitaliane e un nucleo di quadri riferiti a pittori contemporanei al cardinale, soprattutto bolognesi. I quattro celebri Baccanali sono bene individuabili, elencati in sequenza, con un numero progressivo cui si fa riferimento anche nelle liste successive, sia per il Bacco e Arianna e Il Convito degli Dei, destinati a rimanere più a lungo nella collezione, che per gli altri due, l’Offerta a Venere e Gli Andrii, che Olimpia, sorella del cardinal Pietro, regalerà nel 1621 a Ludovico Ludovisi, nipote del pontefice Gregorio XV. Non è possibile invece rintracciare negli inventari Aldobrandini citazioni del dipinto di Dosso; l’unico attribuito al pittore ferrarese e che potrebbe provenire dal Castello è il dipinto “con il camaleonte, l’armatura e il montone” elencato separatamente dal gruppo dei quattro dipinti riferiti a Tiziano. Dalla serie vennero tratti, nel periodo di permanenza nella collezione Aldobrandini e anche in seguito, dopo il passaggio al Ludovisi, famosi studi e numerose copie; alcune incisioni degli ultimi due recano la data 1636, a testimonianza del fatto che anche dopo il loro passaggio a Napoli, le cui modalità sono state di recente chiarite e cronologicamente anticipate al 1633, si continuasse a lavorare su copie dagli originali come nel caso delle incisioni di Giovanni Andrea Podestà. Il primo dei pittori romani a vederli e forse anche il primo
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The success of the Bacchanals’ by Francesca Cappelletti
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he first mention of Titian’s Bacchanals outside of the Castello Estense is found in 1603 in the inventory of Pietro Aldobrandini. It perhaps relates to the preparation of the Villa in Frascati, built in the countryside around Rome immediately after the devolution of Ferrara to the Holy See. The inventory includes the paintings which came from the collection of Lucrezia d’Este, from the camerini of Alfonso and from the legation’s presence in Romagna in the last two years of the 1500’s. These represent Aldobrandini’s collection in its entirety if we exclude a certain number of Renaissance works from central Italy and a set of pictures by painters contemporary to the cardinal, most of whom were from Bologna. The four celebrated Bacchanals are clearly identifiable, listed in sequence with a progressive number to which reference is made in successive lists, both for Bacchus and Arianna and The Banquet of the Gods destined to remain in the collection for a long period and for the other two, Worship of Venus and Gli Andrii, which Olimpia, cardinal Aldobrandini’s sister, would give to Ludovico Ludovisi, pope Gregory XV’s nephew in 1621. It is not possible however to find trace of Dossi’s picture in Aldobrandi’s inventories; the only one attributed to the painter that could come from the Castle is the painting “with a chameleon, armour and the ram” listed separately from the group of four paintings referring to Titian. Famous studies and numerous copies were made of the series whilst they were in the cardinal Aldobrandini’s collection and also later when they passed over to Ludovisi. Some of the engravings of the last two bear the date 1636, testifying to the fact that even after their arrival in Naples (the manner of which has recently been clarified and brought forward in time to 1633) work continued on copies from the original as is the case of the engravings by Giovanni Andrea Podestà. The first painter from Rome to see them and perhaps copy them must have been Giuseppe Cesari known as the Cavalier d’Arpino, one of the most famous and influential in the Papal court. The ac93
a copiarli dovette essere Giuseppe Cesari detto il Cavalier d’Arpino, uno dei pittori più famosi e influenti della corte pontificia: dai conti di Giovan Francesco Aldobrandini nel periodo 1598-99 il Cesari è chiaramente indicato fra i personaggi di stanza a Ferrara a cui si pagano regolarmente le spese di mantenimento. Già Giovan Pietro Bellori, in una delle sue postille alle Vite di Giovanni Baglione, testimonia dell’esecuzione delle copie da parte del Cavalier d’Arpino a Ferrara; passati nella collezione di Scipione Borghese, i dipinti vi sono ancora descritti nel 1650, e, in maniera puntuale e dettagliata, fino alla fine del Settecento, quando se ne perdono le tracce. Nuova attenzione è stata portata da Alessandro Ballarin a un disegno a gesso rosso del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, tradizionalmente riferito a Tiziano, ma che lo studioso in maniera assolutamente convincente riconduce al Cavalier d’Arpino e che mostra, contigui e solo sottilmente separati, Bacco e Arianna e Gli Andrii.
Giovanni Andrea Podestà, Offerta a Venere, incisione, da Tiziano
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Giovanni Andrea Podestà, Worship of Venus, engraving, by Titian
counts of Giovan Francesco Aldobrandini for the period 1598-99 indicate Cesari as one of the standing personages at the court of Ferrara whose living expenses were regularly paid. Giovan Pietro Bellori, in one of the marginal notes to the Lives by Giovanni Baglione, mentions the execution of the copies by the Cavalier d’Arpino at Ferrara. The paintings went into the collection of Scipione Borghese and are again mentioned in 1650 and in an exact and detailed way right up to the end of the 1700’s when we lose track of them. Alessandro Ballarin has refocused attention on a red chalk drawing in the Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, traditionally attributed to Titian, but which the scholar attributes in a totally convincing way to the Cavalier d’Arpino and which shows Bacchus and Arianna and Gli Andrii next to one another and only slightly separated.
Giovanni Andrea Podestà, Gli Andrii, incisione, da Tiziano
Giovanni Andrea Podestà, Gli Andrii, engraving, by Titian
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e copie più note e fedeli si devono, com’è noto, ad Alessandro Varotari detto il Padovanino, del cui soggiorno romano si ignora l’esatta cronologia. Per l’esecuzione di questi dipinti si potrebbe forse pensare anche ad una data abbastanza precoce, poiché nel 1608, da una notizia finora inedita, il “Padovanino pittore” è forse già al servizio di Olimpia Aldobrandini, come ritrattista. Nel 1660 Marco Boschini attesta la presenza di queste “zogie”, ossia “gioielli” dalla raffinata fattura, a Venezia nella casa del figlio dell’artista, Dario, e nella città lagunare rimarranno, annoverate in altre collezioni, fino al loro definitivo passaggio all’Accademia Carrara di Bergamo. Alle tre esatte derivazioni dalle tele di Tiziano, di cui riportano fedelmente anche i formati e le misure, si aggiunge una quarta tela, il Trionfo di Teti, che, ancora ispirata ai temi mitologici del giovane Vecellio, si avvale anche di altri imprescindibili studi romani. Diverso è il rapporto di Annibale Carracci con i celebri esempi di Tiziano, che forse dovette osservare già a Ferrara, a quanto si deduce dalle sue colorite note alle biografie del Vasari. I Baccanali lo seguirono a Roma: qualche anno dopo l’arrivo di Annibale e l’inizio dei suoi lavori in Palazzo Farnese, anche i quadri che aveva ammirato in Castello raggiunsero la dimora di Pietro Aldobrandini, uno dei suoi più importanti committenti. Nel riquadro centrale della Galleria Farnese con il Trionfo di Bacco e Arianna è tangibile la ripresa della donna sdraiata sulla destra dalla tela raffigurante Gli Andrii e forse la conoscenza stessa del progetto di Raffaello per il Trionfo di Bacco in India, dal quale sembra derivare la figura della canefora, progetto che era stato anche utilizzato dal Garofalo nel suo Trionfo di Bacco eseguito per Ercole II nel 1540. Anche un altro importante pittore bolognese, attirato nell’orbita della committenza di Pietro Aldobrandini, non riesce a sottrarsi al fascino dei Baccanali: è noto il commento di Domenichino, addolorato che Roma abbia perso due dei celebri quadri, ceduti da Nicolò Ludovisi a Filippo IV di Spagna
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he best known and most faithful copies are by Alessandro Varotari known as the Padovanino, who stayed in Rome, although exactly when is not known. These paintings could have been executed quite early on, as recent information has indicated that the “Padovanino painter” was already perhaps in the service of Olimpia Aldobrandini as a portrait artist in 1608. In 1660, Marco Boschini testifies to the presence of these “jewels” of sophisticated workmanship in Venice in the house of the son of the artist Dario. They would remain in Venice, albeit in other collections, until they finally passed over to the Accademia Carrara in Bergamo. To the three exact derivations from Titian’s canvases, which are also copied in size and format, a fourth canvas is added, the Triumph of Thetis, which, again inspired by the mythological themes of the young Titian Vecellio, also makes use of other fundamental Roman studies. Annibale Carracci’s relationship with Titian’s celebrated specimens was different; judging by his colourful notes to Vasari’s biographies he had probably already observed them at Ferrara. The Bacchanals followed him to Rome: a few years after Annibale had arrived and started to work at Palazzo Farnese, the residence of one of his most important customers, Pietro Aldobrandini, the paintings that he had admired in the Castello Estense also came there. In the central panel of the Galleria Farnese with the Triumph of Bacchus and Arianna the recumbent woman on the right of the canvas draws on the canvas portraying Gli Andrii in a tangible way and perhaps on an acquaintance with Raphael’s project for the Triumph of Bacchus in India, from which the figure of the canephor seems to derive, a project that had also been used by Garofalo in his Triumph of Bacchus executed for Ercole II in 1540. Another important Bolognese painter, attracted by orders into the Pietro Aldobrandini’s orbit also failed to resist the charm of the Bacchanals: Domenichino’s sorrow over the loss to Rome of two famous paintings, given by Nicolò Ludovisi to Philip IV of Spain when granting him the Principality of Piombino is well known. His words, together with the studies on the Bacchanals, quoted in Francesco Raspantino’s inventory, have led to the hypothesis of 97
in occasione del conferimento del Principato di Piombino; le sue parole, insieme agli studi tratti dai Baccanali, citati nell’inventario di Francesco Raspantino, hanno fatto ipotizzare anche un confronto diretto dell’artista con Tiziano sul campo del “colore”, e possono far pensare che la sua Caccia di Diana, eseguita nel 1617, potesse essere destinata a una galleria di Pietro Aldobrandini in cui fossero esposti anche i quadri di Tiziano.
Garofalo, Trionfo di Bacco in India, dettaglio (Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister)
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Garofalo, The Triumph of Bacchus in India, detail (Dresden, Gemäldegalerie Alte Meister)
a direct comparison of the artist with Titian in the field of “colour” and can lead us to think that his Hunt of Diana, executed in 1617 might have been destined to one of Pietro Aldobrandini’s galleries in which pictures by Titian were also on display.
Annibale Carracci, Trionfo di Bacco e Arianna, affresco (Roma, Palazzo Farnese)
Annibale Carracci, Triumph of Bacchus and Arianna, fresco (Rome, Palazzo Farnese)
Raffaello, Trionfo di Bacco in India, disegno (Vienna, Graphische Sammlung Albertina)
Raphael, The Triumph of Bacchus in India, drawing (Vienna, Graphische Sammlung Albertina)
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ecero ancora studio sopra il Giuoco de gli Amori di Tiziano nel Giardino Ludovisi, che ora si trova in Ispagna: li quali Amori essendo di ammirabile bellezza, Nicolò non solo copiavali in pittura, ma insieme col compagno li modellava di creta in bassi rilievi, onde si acquistò una bella maniera di formare li putti teneri, de’ quali si sono veduti alcuni scherzi e baccanali a guazzo ed ad olio di sua mano, fatti in quel tempo”. Così il Bellori (1672) nelle Vite, racconta l’applicazione di Nicolas Poussin e di Francois Dusquenoy sui Baccanali di Tiziano, in particolare sull’Offerta a Venere che fra la fine degli anni Venti e i primi anni Trenta era ancora visibile nel casino Ludovisi a Porta Pinciana. Il pittore francese, a Roma nei primi mesi del 1624, portò con sé una già completa conoscenza della pittura e del colorismo veneto appreso grazie alla frequentazione delle raccolte reali parigine e ad un breve soggiorno veneziano lungo il cammino per la capitale. Sicuramente eseguì almeno tre fedeli copie dei Baccanali provenienti da Ferrara ma lo stadio attuale degli studi non permette sempre attribuzioni certe. Presso il Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo è conservata una copia del Convito degli Dei di Giovanni Bellini finora ritenuta, seppur con qualche perplessità, di mano di Vincenzo Camuccini pittore cui vennero ceduti, nel 1796, l’opera originale di Bellini ed il Bacco e Arianna di Tiziano dalla collezione Aldobrandini in cui erano rimasti sin dal loro arrivo a Roma. Recentissimi interventi di restauro hanno messo in luce una tecnica esecutiva più simile a quella seicentesca. Anche per una seconda copia del medesimo dipinto, giunta nel 1863 alla National Gallery di Edimburgo, dove attualmente si trova, è stata riproposta l’autografia dell’artista. Infine, negli inventari del 1864 e del 1882 dell’Accademia di San Luca compare un Bacco e Arianna, già ritenuto di Nicolas Poussin ma che alcuni studiosi, su basi stilistiche e non documentarie, hanno suggestivamente ricondotto alla vivace ed esuberante pittura di Pietro da Cortona nel cui atelier, al momento della morte, erano presenti due copie dei Baccanali, registrate nell’inventario del 1669. Il biografo e pittore tedesco Joachim von
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ecero ancora studio sopra il Giuoco de gli Amori di Tiziano nel Giardino Ludovisi, che ora si trova in Ispagna: li quali Amori essendo di ammirabile bellezza, Nicolò non solo copiavali in pittura, ma insieme col compagno li modellava di creta in bassi rilievi, onde si acquistò una bella maniera di formare li putti teneri, de’quali si sono veduti alcuni scherzi e baccanali a guazzo ed ad olio di sua mano, fatti in quel tempo”. It was thus that Bellori (1672) in the Lives told of Nicolas Poussin and Francois Dusquenoy’s application to Titian’s Bacchanals, in particular on the Tribute to Venus which between the end of the 1620’s and the start of the 1630’s was still visible in Ludovisi’s house at Porta Pinciana. The French painter, in Rome in the early months of 1624, brought with him an already complete knowledge of Veneto painting and emphasis on colour, thanks to having seen the royal collections in Paris and a short stay in Venice on his way to the capital. He certainly executed at least three faithful copies of the Bacchanals that had come from Ferrara but the current state of the studies does not always permit definite attributions. A copy of Giovanni Bellini’s Banquet of the Gods is conserved at the Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo. Until now it had been considered, albeit with some doubts, to be the work of Vincenzo Camuccini a painter who, in 1796, received Bellini’s original and also the Bacchus and Arianna by Titian from the Aldobrandini collection where they had been since their arrival in Rome. Very recent restoration work has brought to light a technique of execution more similar to the 17century technique and has made attribution to the French painter more plausible. A second copy of the same painting, which arrived in Edinburgh’s National Gallery in 1863, where it still is, has also been attributed to the artist. Lastly, in the inventories of 1864 and 1882 of the Accademia di San Luca a Bacchus and Arianna appears, previously considered to be the work of Nicolas Poussin. However, on a stylistic and not a documentary basis, some scholars have temptingly traced it back to the exuberant painting of Pietro da Cortona in whose studio two copies of the Bacchanals were found when he died, recorded in the inventory of 1669. In fact, in his treatise published in 1675, the German biographer and painter Joachim von Sandrart names the artist amongst those who with himself were allowed to view canvases in the Aldobrandini collection and who could have then admired them 101
Sandrart nel suo trattato pubblicato nel 1675 annovera infatti l’artista fra coloro che con lui vennero ammessi alla visione delle tele presso la collezione Aldobrandini e che poté dunque averle ammirate ed attentamente studiate in compagnia di Nicolas Poussin, Claude Lorrain e Francois Dusquenoy. Nel primo decennio del 1600 anche Pieter Paul Rubens, artista che forse meglio di ogni altro comprese e ripropose l’arte di Tiziano, ebbe accesso alla collezione del cardinale. Due furono le copie tratte dalla serie dei Baccanali, Gli Andrii e l’Omaggio a Venere, oggi al Nationalmuseum di Stoccolma, la cui datazione risulta però piuttosto tarda, sicuramente ascrivibile, per ragioni stilistiche, agli anni Trenta, mentre il fiammingo si trovava ad Anversa. Il lungo periodo di tempo intercorso fra il momento dell’osservazione degli originali e della esecuzione delle tele fa supporre che Rubens possa essersi basato sulle incisioni di Podestà, o sulle copie che Anton van Dyck portò con sé nella città fiamminga, non più rintracciabili, ma attestate per via documentaria e dai disegni del “Quaderno Italiano” dell’artista. Pieter Paul Rubens, Omaggio a Venere (Stoccolma, Nationalmuseum) Pieter Paul Rubens, Tribute to Venus (Stockholm, Nationalmuseum) Pieter Paul Rubens, Gli Andrii (Stoccolma, Nationalmuseum) Pieter Paul Rubens, Gli Andrii (Stockholm, Nationalmuseum)
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and carefully studied them in the company of Nicolas Poussin, Claude Lorrain and Francois Dusquenoy. During the first decade of the 1600’s, Peter Paul Rubens, the artist who more than any other understood and reproduced Titian’s art, also had access to the cardinal’s collection. He made two copies from the series of the Bacchanals, the Andrii and the Tribute to Venus, now at the Nationalmuseum in Stockholm. Their dating proves to be rather late, certainly ascribable, for stylistic reasons, to the 1630’s, when the Flemish artist was in Antwerp. Since such a long time passed between the time he observed the originals and the time he executed the canvases, we can suppose that Rubens may have based himself on the engravings by Podestà or on the copies that Anton van Dyck took with him to the Flemish city; these are no longer traceable, but certified through documents and by the drawings in the artist’s “Italian Notebook”.
Pittore attivo a Roma, prima metà del XVII secolo, Convito degli dei (Roma, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo)
Roman painter, first half of the 17th-century, The Banquet of the Gods (Rome, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo)
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Finito di stampare ottobre 2006 Tipolitografia Italia Ferrara
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