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PROVINCIA DI FERRARA
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I Racconti del Castello | The Castle talks
Comitato scientifico/ Scientific committee Carlo Bassi Marco Borella Francesca Cappelletti Marco Folin Ranieri Varese Gianni Venturi testi di/texts by Carlo Bassi Marco Borella Francesca Cappelletti Monica Farnetti Anna Maria Fioravanti Baraldi Marco Folin Angela Ghinato Paolo Micalizzi Ranieri Varese Gianni Venturi Federica Veratelli con la collaborazione di/ with the collaboration of Emanuela Agostini Franco Cazzola Francesco Ceccarelli Letizia Grazi Maria Teresa Gulinelli Massimo Rossi Maria Teresa Sambin traduzioni/translations Robert Elliot Paul Packer Raffaella Picello Itinerando, Ferrara progetto editoriale/ publishing project Marco Borella progetto grafico/ graphic design le Immagini, Ferrara: Lorenzo Bruni Pirani, Luca Gavagna, Hedda Lindstad, Carlo Manzo
coordinamento tecnico/ technical coordination Marco Borella Cristina Gilli coordinamento editoriale/ publishing coordination Angela Ghinato elaborazioni grafiche/graphics Cristina Gilli allestimento percorso didattico/ organisation of didactic route progetto e direzione lavori/ design and project management Gae Aulenti con/with Vittoria Massa Francesca Fenaroli progetto illuminotecnico/ lighting engineering design Pietro Castiglioni con/with Nicoletta Rossi grafica della mostra/ exhibition graphics Dario Zannier Fabio Zannier
Con la pubblicazione: “I racconti del Castello” si è data veste editoriale al percorso pubblico del Castello Estense di Ferrara, ossia alla ricca produzione didattica che accompagna il visitatore che ne percorre le oltre 50 sale. Un percorso raccontato che scandisce la storia del Castello degli Estensi, ma soprattutto di una città che nel Rinascimento fu capitale di uno tra gli Stati culturalmente più vivaci e influenti in Italia e in Europa. Quando nei primi mesi del 2004 si aprivano le porte di un Castello completamente rinnovato dai restauri, anche la sua dotazione storica e didattica era stata completamente rivista nei contenuti e ridisegnata. Tutto questo è stato possibile grazie all’opera di un qualificato ed attento gruppo di lavoro scientifico che studiò la filosofia generale dell’esposizione permanente del Castello e ne realizzò la sceneggiatura e i testi. Un lavoro consegnato nelle mani di un grande architetto, Gae Aulenti, che ha saputo dar vita a testi ed immagini attraverso un percorso narrativo di grande originalità, che accompagna il visitatore realizzando una ricca scenografia diffusa. Abbiamo così realizzato un racconto, come lo ha definito la stessa Aulenti, che consente al visitatore di cogliere, passeggiando per il Castello, le suggestioni che le sue sale sono in grado di evocare e di approfondire, attraverso la ricca documentazione che si dipana sui leggii, importanti pagine di storia, arte e letteratura. Da non trascurare è anche la sollecitazione che la narrazione offre continuamente al visitatore ad approfondire i temi trattati, attraverso finestre aperte dal Castello sul territorio. Da esse si riceve l’invito alla visita della città e della provincia, che sono in grado di completare quel racconto con capitoli ben più appropriati, composti dai monumenti, dalle raccolte museali e dai suggestivi panorami naturali. Un risultato di grande valore che permette al Castello di dar voce alla sua maestosa presenza monumentale nel cuore storico della città, alla sua vocazione indiscussa di simbolo di Ferrara ed elemento generatore del paesaggio culturale rinascimentale estense. Il Presidente della Provincia di Ferrara Piergiorgio Dall’Acqua
With the publication “The Castle Talks” a published form has now been given to the visitors’ route in the Castello Estense di Ferrara, that is, to the wealth of didactic pointers that accompany visitors on their journey through the 50 or more rooms there. A narrated route that marks out the story of the Estense Castle, but especially of a city that in the Renaissance was the capital of one of the most culturally lively and influential States in Italy and Europe. When, in early 2004, the doors opened on a full-restored Castle, fully revised and redesigned historical and didactic elements were also to be seen. All this was made possible through the work of a qualified and thoughtful scientific workgroup that studied the general philosophy of the Castle’s permanent exhibition and put together its scenario and texts. A job placed in the hands of a great architect, Gae Aulenti, who managed to liven up texts and images in a very original narrative course that accompanies visitors creating a rich, diffuse scenario. We thus created a story, as Aulenti herself put it, which allows visitors to grasp the atmospheres that the rooms evoke as they stroll through the Castle and to look further into important pages of history, art and literature through the wealth of documentation that is set out on the book rests. Another factor not to be ignored is how the narration constantly urges the visitor to look further into the themes dealt with, through the windows opened from the Castle onto the territory. From these windows comes the invitation to visit the city and the province so as to complete the story with chapters made up of monuments, museum collections and atmospheric panoramas of nature that are more apt to the goal of visitor. A really great result that allows the Castle to give voice to its majestic presence in the historic heart of the city, its undisputable vocation as symbol of Ferrara and generator of the Estense Renaissance cultural landscape. The President of Ferrara Provincial Administration Piergiorgio Dall’Acqua
La pubblicazione degli scritti riguardanti il percorso pubblico del Castello di Ferrara, suggella la conclusione dei restauri del monumento più importante della città. Restauri che hanno significato la restituzione ideale al pubblico del vasto patrimonio culturale che tra quelle mura è racchiuso. Si è realizzato, con l’apertura al pubblico di tante sale del piano terra e del piano nobile del monumento - già simbolo muto della città - un percorso narrante la storia sua, degli Este e soprattutto di Ferrara. Una crescita culturale per tutta la città che non può non essere salutata favorevolmente per gli importanti riflessi che, a partire dalla conoscenza potranno derivare alla ricerca, al turismo ed all’economia. L’aver realizzato un percorso didattico di alto livello scientifico e di elevato valore comunicativo, grazie all’opera di studiosi ed architetti di fama, fa considerare il Castello oggi un esempio di diffusione culturale importante e serio, capace di divulgare le ricchezze non solo del monumento che lo contiene ma di tutto il patrimonio della cultura di questa città e di questa terra. È per questi motivi che la Cassa di Risparmio di Ferrara si riconosce in quest’opera, avendo sempre cercato, nel proprio agire in questo campo, di interpretare e sostenere il recupero della memoria e lo sviluppo della conoscenza nell’identità ferrarese. La Cassa è sempre stata al fianco della Provincia nel lavoro di recupero del Castello sin dalle sue prime battute, quando nel 1985 si restaurarono i saloni dell’appartamento dello Specchio, uno dei primi passi verso la conversione degli spazi monumentali interni da uffici a luoghi della cultura. Sponsorizzare questo volume significa riconoscere la fiducia che la Cassa dà e riceve nei confronti del territorio di elezione, in una sinergia che dura da centosessantotto anni, proponendosi quale volano nel campo non solo dell’economia ma anche della cultura: valori, nel nostro sentire, indissolubili. Il Presidente della Cassa di Risparmio Alfredo Santini
The publication of the texts regarding the visitors’ route in the Ferrara’s Castello Estense puts the seal on the restoration of the city’s most important monument. This restoration has meant the virtual return to the public of the vast cultural heritage enclosed within those walls. With the opening of so many rooms on the ground floor but also on the piano nobile of this monument - which until this point had been the silent symbol of the city - a path has been created that narrates the Castle’s own history, that of the house of Este and above all the history of Ferrara. A cultural boost for the entire city, which can only be welcomed for the important repercussions, which starting with knowledge it will have on research, tourism and the economy. Having created an educational route, which thanks to the work of famous scholars and architects, has a scientific level and communicative value that are high, Castello Estense can now be considered an important and sound example of cultural diffusion, capable of divulging not only the riches that are in the monument itself but those inherent in the entire cultural heritage of this city and of this province. It is for this reason that the Cassa di Risparmio di Ferrara identifies itself with this book, having always striven, through its own actions in this field, to interpret and sustain the retrieval of memory and the development of knowledge of the Ferrarese identity. The Cassa di Risparmio has stood alongside the Provincia of Ferrara in the job of renovating the Castle right from the start, when in 1985, the rooms of the so-called Specchio Apartment were restored, one of the first steps towards converting the monumental spaces from offices to places of culture. Sponsoring this volume means acknowledging the trust the Cassa di Risparmio places and receives in its chosen territory, in a synergy that has lasted for a hundred and sixtyeight years, putting itself forward as a driving force not only in the economy but also in culture: values, which in our opinion, are inseparable. The Chairman of the Cassa di Risparmio di Ferrara Alfredo Santini
Sommario Il percorso del Castello Estense di Ferrara
Alfonso II
105
“La Cedrara”
184
L’appartamento di Alfonso II
108
La Montagnola e la Rotonda
184
La fabbrica del Castello 16
Le corti delle duchesse
108
Montagna di San Giorgio
184
La genealogia estense 20
Eleonora d’Aragona
109
Palazzina dei “Bagni Ducali”
185
Lucrezia Borgia
110
La Sala della Galleria 186
Renata di Valois
112
13
Il Castello di San Michele 28 Monumenti/Documenti L’ascesa della dinastia 32 La presa del potere Il monumento di Alberto d’Este
34 34
I titoli di legittimità
36
La Casa
37
Il dominio
37
La cultura di corte: Leonello e l’Umanesimo 40
“Delizie”, “zardini”, “castalderie”...
188
Il Giardino e la Loggia degli Aranci 114
Delizia di Schifanoia - Ferrara
190
Delizia di Belfiore - Ferrara
192
Il Camerino dei Baccanali di Alfonso II 116
Delizia di Belvedere - Ferrara
192
Delizia “Le Casette” - Comacchio
193
Il Camerino dei Baccanali di Alfonso II
118
Delizia di Consandolo
193
Leonardo da Brescia
120
Delizia di Copparo
193
Bartolomeo Faccini
123
Delizia di Fossadalbero
194
La Cappella Ducale 124
Delizia del Verginese - Gambulaga
195 196
I monumenti dinastici
42
La Sala dell’Aurora 126
Torre di Parisina - Gualdo
Il monumento di Nicolò III
42
La Sala dell’Aurora
128
Casa di caccia “La Tagliata” - Marozzo 196
Leonello 44
Torquato Tasso e l’utopia della Corte
130
Le medaglie
Don Giulio d’Este
132
De re aedificatoria 46
Giulio d’Este (1478-1561)
133
La magnificenza del principe 48
La Saletta dei Giochi 134
La pittura a Ferrara ai tempi di Leonello e Borso
50
La Saletta dei Giochi
Il monumento di Borso d’Este
52
44
Borso 52 La miniatura
53
Il territorio e la città 56 Il territorio e la città
58
I castelli
60
La città medievale
63
Le cucine ducali 72 I banchetti di Cristoforo Messisbugo “Dello Scalco” di Giovan Battista Rossetti
74 78
Descrizione del banchetto nuziale per Alfonso II
78
Il banchetto spettacolo, opera d’arte della corte estense
82
Ludovico Settevecchi
136 137
La Saletta dei Veleni 142 Il Salone dei Giochi 144 Il Salone dei Giochi
146
Pirro Ligorio
148
Sebastiano Filippi, detto il Bastianino
150
L’Appartamento della Pazienza 154 La Ferrara di Andrea Bolzoni
156
Andrea Bolzoni (1689-1760)
159
L’Anticamera della Galleria 162
Castello di Mesola
197
Villa della Mensa Sabbioncello San Vittore
197
Delizia di Quartesana
198
Delizia di Benvignante San Nicolò di Argenta
198
Delizia della Diamantina Vigarano Pieve
199
Delizia del Belriguardo - Voghiera
200
“Delizie” scomparse
202
Le bonifiche 204 Le bonifiche
206
La Torre di San Paolo 212 Il terremoto del 1570
214
Cronache del terremoto
216
La testimonianza di Pirro Ligorio
219
Girolamo da Carpi
221
La città del Rinascimento
164
L’Anticamera del Governo 224
L’“addizione erculea”
166
La Sala del Governo 226
Ercole I d’Este, “principe architetto”
168
Il collezionismo estense
228
La Torre dei Leoni 84
Pellegrino Prisciani, consulente umanistico di architettura 169
Nel tempo di Ercole II: numismatica, archeologia e belle arti 234
La Porta del Leone
86
Biagio Rossetti, direttore di cantiere
171
Il luogo delle collezioni
La Torre dei Leoni
87
I cittadini
172
La Sala della Devoluzione 240
239
Le prigioni 90
La Sala di Ettore e Andromaca 174
1598. La devoluzione
242
Le Corti 92
Ferrara, città del Rinascimento e il suo delta del Po
Il Seicento
243
176
La fine del Ducato a Ferrara
246
Il territorio
177
Il “sistema” dei giardini
180
Giardino del Padiglione
180
Delizia e Giardini della Castellina
182
Giardini del Cavo - la Peschiera
182
Giardini “Chiaronome”
183
La Sala dei Comuni 258
“La Ragnaia”
183
Il Castello e il cinema 260
Eleonora d’Aragona
94
L’appartamento di Eleonora d’Aragona 95 Ercole I
97
Alfonso I
99
L’appartamento di Alfonso I
100
Ercole II
102
L’appartamento di Ercole II
103
La Sala dei Paesaggi 252 La Sala delle Geografie o Marchesana 254 La Sala degli Stemmi 256
Summary The Castle’s journey The building of the Castle
13
Eleonora d’Aragona
110
“La Ragnaia” Gardens
183
16
Lucrezia Borgia
111
“La Cedrara” Garden
183
Renata di Valois
112
The “Montagnola” and the Rotunda
184
St. George’s Mountain
184
114
“Ducal Baths” Palace
185
The Camerino of the Bacchanalia 116
The Gallery Room
186
The Camerino of the Bacchanalia
118
“Delizie”, gardens, “castalderie”…
188
Leonardo da Brescia
120
Schifanoia “Delizia” - Ferrara
190
Bartolomeo Faccini
123
Belfiore “Delizia” - Ferrara
192
Belvedere “Delizia” - Ferrara
192
“Le Casette” “Delizia” - Comacchio
192
Consandolo “Delizia”
193
Genealogy of the House of Este 20
The Garden and Loggia of the Oranges
The Castle of Saint Michael
28
Monuments as documents: the rise of the Este dynasty
32
The rise to power
34
The monument of Alberto d’Este
35
Investitures
36
The House
37
The Ducal Chapel
124
The dominion
37
The Chamber of Dawn
126
The Chamber of Dawn
128
Culture at Court at the time of Leonello
40
The dynastic monuments
Copparo “Delizia”
193
130
Fossadalbero “Delizia”
194
133
Verginese “Delizia” - Gambulaga
195
Parisina Tower - Gualdo
196
Hunting lodge “The Tagliata”
196
Mesola Castle
197
42
Torquato Tasso and the courtly utopia
The monument of Nicolò III
43
Giulio d’Este (1478-1561)
Medals
44
De re aedificatoria
46
The Saletta dei Giochi (The Small Chamber of Games)
134
The Prince’s magnificence
48
Painting in Ferrara at the time of Leonello and Borso
The Saletta dei Giochi (The Small Chamber of Games)
136
50
Ludovico Settevecchi
137
The monument of Borso d’Este
52
The Small Chamber of Poisons
142
The art of illumination
53
The Salone dei Giochi (The Hall of Games)
144
Territorial domination
56
Territorial domination
58
The castles
60
The medieval city
63
The ducal kitchens
72
Archiepiscopal Villa Sabbioncello San Vittore
197
Quartesana “Delizia”
198
Benvignante “Delizia” San Nicolò di Argenta
199
The Salone dei Giochi (The Hall of Games) 146
Diamantina “Delizia”’ Vigarano Pieve
199
Pirro Ligorio
Belriguardo “Delizia” - Voghiera
200
Lost “Delizie”
202
Sebastiano Filippi, known as il Bastianino
148 151
The land reclamation projects
204
The banquets of Cristoforo Messisbugo 74
The Appartamento della Pazienza (The Patience Suite) 154
The land reclamation projects
206
“On the Scalco” by Giovan Battista Rossetti
The Ferrara of Andrea Bolzoni
156
The San Paolo Tower
212
78
214
Description of Alfonso II’s nuptial banquet
159
The earthquake of 1570
79
Chronicles on the Earthquake
216
The banquet as performance at the Este court
The Anticamera della Galleria (The Gallery ante-room)
162
Girolamo da Carpi
221
81
The Renaissance city
164
The “Governo” ante-room
224
The Lions’ Tower
84
The Herculean Addition
166
The Porta del Leone (Lions’ Gate)
86
Andrea Bolzoni (1689-1760)
The “Governo” room
226
Ercole I d’Este, “the architect prince” 167
The Este collections
228
The private collection
239
The Devolution Room
240
1598. The devolution
242
The 1600s
243 246
The Torre dei Leoni (Lions’ Tower)
87
Pellegrino Prisciani, humanist and architectural consultant
The prisons
90
Biagio Rossetti, site manager 171
The Courts
92
The townsfolk
Eleonora d’Aragona
94
Eleonor of Aragon’s apartment
95
The “Hector and Andromache” Room
174
Ercole I
97
Alfonso I
99
Ferrara, City of the Renaissance and its Po Delta
The end of the Estense Duchy in Ferrara
176
The Landscapes Room
252
169 172
Alfonso I’s apartment
100
The territory
177
The Geography Room
254
Ercole II
102
Este Gardens
180
The Coats of Arms Room
256
Ercole II’s apartment
103
Pavilion Garden
180 180
258
105
Castellina “Delizia” and Gardens
The Councils Room
Alfonso II Alfonso II’s apartment
108
Canal Gardens - the Fishpond
182
The Castle and the cinema
260
The duchesses’ courts
108
“Chiaronome” Gardens
183
Il percorso del Castello Estense di Ferrara
Castello Estense, ala est, piano terra Tavole di progetto, sezione e pianta Castello Estense, east wing, ground floor Project drawing, crosssection and map
Il trasferimento di parte degli uffici della Provincia di Ferrara e della Prefettura dal Castello Estense ha reso possibile la restituzione alla città di una parte consistente di spazi del Castello e la riunificazione in un percorso continuo di una delle residenze nobiliari più prestigiose d’Italia. Un’attenta operazione di restauro, curata direttamente dal sovrintendente del Castello, architetto Marco Borella, ha restituito gli spazi così com’erano eliminando tutte le superfetazioni che nel corso dei secoli avevano trasformato il Castello da residenza dei duchi prima e poi dei cardinali, in sede prefettizia e degli uffici della Provincia. Si è resa così possibile una nuova organizzazione degli spazi visitabili a partire dai servizi di accoglienza al pubblico fino alle sale del percorso museale.
The Castle’s journey Moving some of the Ferrara Provincial Administration and the Prefectorial Offices out of the Castello Estense has made possible the return to the city of a substantial part of the rooms in the Castle and the reunification in a continuous route of the one of the most prestigious aristocratic residences in Italy. A thoughtful restoration operation, handled directly by the Castle’s curator, the architect Marco Borella, has returned the rooms to their original state, getting rid of the superfetations that over the course of the centuries had transformed the Castle from residence of the dukes and then of the cardinals into office space for the Prefect and the Provincial Administration. This work has made it possible to reorganise the rooms open to visitors, starting with the hospitality desk and going right round to the rooms of the museum route.
13
La storia del Castello ci narra le vicende di una Corte, quella estense, che è stata fra le più attente alla cultura sua contemporanea e che ha sviluppato un collezionismo importante per valore e consistenza. Un collezionismo del quale però non rimane nulla nel Castello e che a partire dalla ripresa del potere da parte dei papi, si è andato disperdendo per le vie del mondo: le opere che sono nate nell’edificio sono oggi a San Pietroburgo, a Parigi, a Washington, a Londra, a Dresda, a Vienna. Cosa mostrare dunque? Questo è stato l’interrogativo che ci siamo posti all’inizio del nostro lavoro e che ci ha accompagnato in mesi di collaborazione con il Comitato scientifico. Il Castello è stato un cantiere aperto per quasi sette secoli: l’edificio come ci appare oggi è il prodotto di questa storia stratificata in cui si sono sovrapposte scelte progettuali e destinazioni d’uso spesso poco coerenti, a volte decisamente contraddittorie. Questa stratificazione non va intesa come l’inquinamento di uno qualsiasi dei progetti che si sono confrontati e a volta scontrati nel corso dei secoli, è invece il carattere stesso dell’edificio, la ragione della sua ricchezza architettonica e anche uno dei motivi del suo fascino: questo è stato il carattere che abbiamo cercato di valorizzare, di mettere in risalto. D’altra parte il percorso di visita è stato concepito in maniera che l’edificio non avesse l’occasione di diventare solo un monumento autoreferenziale, da contemplare per se stesso: al contrario il Comitato scientifico, partendo dall’assunto che come ci appare oggi il Castello è scarsamente leggibile senza opportune interpretazioni, ha individuato una serie di temi in grado di offrire queste chiavi di lettura. Essi sono quattro, diversi fra di loro ma strettamente legati e in relazione con il Castello: 1- L’edificio in se stesso, la fabbrica, luogo di rappresentazione del potere ma anche gigantesco cantiere edilizio, nelle sue fasi successive da quella tardomedievale a quella quattro-cinquecentesca della trasformazione della fortezza in palazzo (legata all’addizione cittadina di Biagio Rossetti) a quella cinquecentesca sotto il segno di Girolamo da 14
The history of the Castle tells us of the affairs of a court, the Estense court, which was one of the closest to the culture of its day and which developed substantial and valuable collections. Collections of which nothing now remains in the Castle and which from the moment the Popes regained power were steadily dispersed around the world: the works that originated in the building are now in St. Petersburg, Paris, Washington, London, Dresden and Vienna. What can be exhibited then? This is a question we have been asking ourselves since our job began and which remained with us through months of teamwork with the Scientific Committee. The Castle has been an ongoing construction site for almost seven centuries: the building as it appears today is the product of this stratified history in which design choices and intended uses that are often rather incoherent and at times clearly contradictory overlay one another. This stratification should not be understood as the pollution of any one of these projects that have faced and at times even confronted each other over the course of the centuries, but as the basic character of the building, the reason for its architectural richness and also one of the reasons for its charm: this was the character that we tried to enhance, to bring out. On the other hand, the visitors route was designed in such a way that the building was not allowed to become just a self-referential monument, to contemplate itself: on the contrary the Scientific Committee, starting from the assumption that the Castle’s present day appearance makes an appropriate reading of it difficult, has found a series of themes capable of offering the keys to this reading. There are four of them, they differ from each other but are closely linked and in relation to the Castle: 1- The building in itself, the factory, the place that represents power but also an enormous construction site in its successive stages from the late medieval stage to that of the 14 and 1500s when the fortress was converted into a palace (linked to Biagio Rossetti’s addition to the city), to the 16th-century transformation carried out by Girolamo da Carpi, to the later one following the Devolution. 2- The history of the various powers that
Carpi, a quella successiva alla Devoluzione. 2- La storia dei vari poteri che utilizzarono l’edificio come monumento e manifesto del proprio dominio su Ferrara e sul territorio: dalla dinastia estense dei marchesi prima e poi dei duchi, al governo pontificio, all’amministrazione post unitaria. 3- La storia della città di Ferrara nel suo complesso, di cui il Castello fin dall’inizio trasformò il tessuto edilizio e influenzò in modo determinante lo sviluppo urbano. Anche in questo caso sono state identificate alcune fasi salienti: quella della città medievale prima del Castello, quella della città rinascimentale con l’addizione erculea, quella della città pontificia fino agli anni del fascismo e della resistenza. 4- L’estensione territoriale che costituiva il dominio soggetto ai poteri di cui abbiamo già accennato, che si è esteso fino al Polesine, alla Romagna, alla Garfagnana, poiché per gran parte della sua storia è stata non tanto o non solo la città l’orizzonte di riferimento degli Estensi ma il territorio. I temi legati a questo punto sono le acque e la bonifica del territorio, i rapporti città-contado, l’influenza della corte sui centri del territorio. Il Castello è stato dunque uno dei principali palcoscenici su cui si venivano ad annodare i fili che legavano la città, il territorio, i signori: ed è questo continuo intreccio fra l’edificio e i diversi contesti che diventa il vero protagonista del percorso espositivo. La storia del Castello è dunque da un lato insieme alla storia dei signori che l’hanno prima costruito e poi abitato e dall’altro insieme alle vicende politiche e culturali del tempo, alle conquiste territoriali, agli avvenimenti sociali. Importante è sottolineare che proprio per come si è sviluppato il tema da svolgere all’interno di questo museo-non museo, il Castello assolverà pienamente alle sue funzioni anche nel dialogo con il fuori, la città ed il territorio, invitando il visitatore a considerare questo suo percorso come il punto di partenza verso altri luoghi, monumenti, collezioni sparsi a Ferrara e nel Ferrarese. Gae Aulenti
used the building as a monument and manifestation of their own domination over Ferrara and its territory: from the Estense dynasty of the marquises (later dukes), to the papal government, to the post-unification administration. 3- The history of the city of Ferrara taken as a whole, whose building fabric was transformed right from the start by the Castle and whose urban development it influenced significantly. In this case too, some salient stages have been identified: the medieval one before the castle was built, the Renaissance one with the Addizione Erculea, the stage of the papal city up until the years of Fascism and of the Resistance. 4- The territorial extension that constituted the dominion subject to the powers we have already mentioned, which extended to the Polesine, to Romagna and to Garfagnana, since for a large part of its history it was not so much and not just the city that marked the horizon for the Estensi but the territory. The themes tied to this point are the waters and the land reclamation of the territory, the relations between the city and the surrounding countryside and the influence of the court on the towns of the territory. The Castle has been then one of the main theatres in which the threads tying together the city, the territory and the lords have come to form a knot: and it is this continual interlacement between the building and the various contexts that becomes the true protagonist of the exhibit route. The history of the Castle lies then on one side with the history of the lords that first built it and then lived in it and on the other with the political and cultural affairs of the age, with the territorial conquests, with events occurring within society. It is important to underline that exactly because of the manner of development of the theme to be worked out inside this museumnon museum, the Castle will also perform its duty in full in the dialogue with the outside, the city, the territory, inviting the visitor to consider this route as the starting point towards other places, monuments and collections dotted around the city of Ferrara and the Ferrarese territory. Gae Aulenti 15
La fabbrica The building del Castello of the Castle
16
I
l Castello di Ferrara fu costruito a partire dal 1385 come strumento di controllo militare della città e del territorio per volere di Nicolò II d’Este. L’imponente cantiere cambiò il volto della città. Per far luogo alla grande fabbrica venne sacrificata una parte del quartiere di Borgonuovo, frutto di una recente urbanizzazione; case e botteghe furono abbattute insieme alla chiesetta di San Giuliano che venne ricostruita nelle vicinanze. Accanto alla Porta del Leone che chiudeva le mura a nord della città, una torre di guardia esisteva già nel XIII secolo e attorno a questa, nella prima metà del XIV secolo, Nicolò aveva fatto realizzare una piccola rocca quadrata dotata di spalti armati. Saldata alla preesistente Rocca dei Leoni la mole del Castello crebbe in fretta. Durante il marchesato di Borso un ponte in legno collegava il Palazzo di Corte al Castello che conservò, fino alla fine del Quattrocento, aspetto e funzioni prettamente militari. Fu solo dopo il tentato colpo di stato di Nicolò figlio di Leonello, nel 1476, che, essendo duca Ercole I, la duchessa Eleonora d’Aragona stabilì la propria corte in Castello, apportando al maniero i necessari ritocchi per ricavare spazi residenziali. In quel periodo venne consolidata e coperta la via sopraelevata di collegamento con il Palazzo di Corte, e ristrutturato il corpo di fabbrica compreso tra la Torre Marchesana e la Torre dei Leoni. Fondamentale fu poi, sempre all’epoca di Ercole I, la realizzazione di quell’imponente piano urbanistico noto come “addizione erculea” che rilesse in chiave moderna l’impianto della città e ne raddoppiò lo spazio verso settentrione, ponendo il Castello al centro dell’abitato. All’inizio del Cinquecento sotto Alfonso I furono allestite le nuove cucine ducali, ma principalmente prese corpo, con ampliamento e sopraelevazione, la grande ala della Via Coperta destinata a divenire l’appartamento privato del duca. Tutti questi lavori non incisero sostanzialmente sull’aspetto del Castello, la cui immagine venne invece ridisegnata, già durante il governo di Ercole II, dopo un incendio nel 1554, ma soprattutto dopo il rovinoso terremoto iniziato nel 1570, secondo il geniale progetto di Girolamo da Carpi. L’intervento dell’architetto non modificò le strutture del monumento ma si limitò ad affiancarvi pochi e qualificanti elementi, sufficienti a ridefinire il suo aspetto ed il suo significato simbolico. Le balaustre marmoree presero il posto dei merli medievali, trasponendo un codice militare e aggressivo in civile e cortese, mentre l’aggiunta di un piano intero e delle altane sulle torri servì a slanciare la costruzione verso l’alto, sostituendo all’ottica dell’osservazione militare quella della contemplazione del paesaggio. Al quinto e ultimo duca d’Este, Alfonso II, è invece riconducibile il vasto programma per la messa a decoro del Castello che interessò l’intero edificio, a partire dal cortile interno fino ai saloni del piano nobile. Nel 1597 Alfonso II morì senza lasciare eredi ed il governo della città passò ai legati pontifici che si insediarono nel Castello facendone la sede dell’amministrazione del territorio. Pochi gli interventi posti in essere di questo periodo: l’ampliamento del rivellino nord e la decorazione delle sale adiacenti alla zona della Torre di Santa Caterina e della Torre Marchesana. Nel 1860 Ferrara venne annessa al Regno d’Italia. Il Castello, divenuto demanio dello Stato, fu acquistato, nel 1874, dall’Amministrazione Provinciale di Ferrara che vi stabilì la propria sede.
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he Este Castle was built in 1385 at the wish of Nicolò II as an instrument of political and military control of the city and the surrounding territory. The huge building yard of the Castle rapidly changed the city’s image. In order to make room for the imposing Este edifice, in fact, a portion of the contrada Borgonuovo, resulting from a recent urbanistic addition, had to be destroyed. Houses and shops were demolished along with the church of Saint Julian, later reconstructed a few metres away from its originary location, south-west of the Lions’ Tower, where it may still be admired. Near the Lions’ Gate, the farthest appendix of the north city walls, a watchtower already existed during the XIII century. In the first half of the XIV century Nicolò II had a small square fortress with armed bastions erected around it. Under Borso’s marquisate a raised wooden bridge connected the residence of the court to the Castle, which retained typically military structure and function until the late XV century. It was only in 1476, under Ercole I’s dukedom, and after the coup d’état attempted by Nicolò, Leonello’s son, that the duchess Eleanor of Aragon established her court inside the Castle, commissioning all necessary alterations to provide for residential apartments. Those years also witnessed the consolidation and roofing of the wing connecting the Castle to the Court Palace as well as the renovation of the building located between the Torre Marchesana and the Torre dei Leoni. An ambitious work carried out, during the rule of Ercole I, was the outstanding city plan known as “herculean addition”, which transformed Ferrara into a modern capital and doubled its extension to the north, placing the Castle at the very centre of the inhabited area. At the beginning of the XVI century, under Alfonso I, the service area located in the eastern avant-corp was enlarged to make room for the ducal kitchens as well as to the large wing correpondent to the Via Coperta which extended and raised by a storey was to become the duke’s private residence. These works did not alter substantially the face of the Castle, forcefully revisited at the time of Ercole II’s dukedom after a fire occurred in 1554 and, above all, following the devastating earthquake of 1570, after Girolamo da Carpi’s brilliant project. Marble balaustrades replaced medieval battlements, converting an aggressive military codex in a courtly and civilian symbol, whereas the addition of a whole storey and loggias on top of the towers conferred the building a remarkable slender appearance, replacing the habit of military observation with the contemplation of the surrounding landscape. The last duke of Ferrara, Alfonso II, was, on the other hand, responsible for the grand project of the Castle decoration, involving the entire palace from the inner courtyard to the halls of the piano nobile. This was the last of the Este’s endeavours. In 1597 Alfonso II died with no legitimate heir. Therefore the rule of the city went into the hands of the cardinal legates, who settled in the Castle turning it into the seat of the local administration. Quite rare and limited were the architectural interventions promoted during this period: the northern revelin was extended, whereas the rooms adjacent to the Tower of S. Catherine and the Tower Marchesana were decorated with frescoes. In 1860 Ferrara was annexed to the Kingdom of Italy. The Castle, which had become propriety of the State, was purchased by the Provincial Administration of Ferrara in 1874 that here established its own seat.
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Piano interrato Torre di S. Paolo o di S. Giuliano San Paolo or San Giuliano Tower
Basement Torre di S. Caterina Santa Caterina Tower
La “Via Coperta”
Torre dei Leoni Lions’ Tower Torre Marchesana Marchesana Tower
Torre di Guardia XIII sec. Watchtower 13th cent. Rocca di Nicolò II Stronghold of Nicolò II
XIV sec. 14th cent.
Il Castello di Bartolino da Novara Bartolino’s castle
XV sec. la Fortezza 15th cent. the Fortress
Ampliamento di Ercole I Ercole I’s extension
fine XV sec. end of 15th cent.
Ampliamento di Alfonso I Alfonso I’s extension
inizio XVI sec. start of 16th cent.
Ampliamento di Ercole II Ercole II’s extension
metà XVI sec. mid-16th cent.
Ampliamento di Alfonso II Alfonso II’s extension
fine XVI sec. end of 16th cent.
Torre di S. Paolo o di S. Giuliano il Palazzo di Corte The Court Palace
San Paolo or San Giuliano Tower
Torre di S. Caterina Santa Caterina Tower
La “Via Coperta”
Torre dei Leoni Lions’ Tower Torre Marchesana Piano Terra Ground Floor
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Marchesana Tower
Primo Piano Torre di S. Paolo o di S. Giuliano San Paolo or San Giuliano Tower
First Floor Torre di S. Caterina Santa Caterina Tower
La “Via Coperta”
Torre dei Leoni Lions’ Tower Torre Marchesana Marchesana Tower
Torre di S. Paolo o di S. Giuliano San Paolo or San Giuliano Tower
Torre di S. Caterina Santa Caterina Tower
La “Via Coperta”
Torre dei Leoni Lions’ Tower Torre Marchesana Secondo Piano
Marchesana Tower
Second Floor
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La genealogia Genealogy estense of the House of Este
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li Este figuravano fra le più antiche dinastie signorili italiane e - soprattutto dopo la caduta degli Scaligeri, dei Carraresi, dei Visconti - se ne mostravano ben consapevoli. Di qui l’investimento precoce della propaganda di corte negli studi genealogici, volti ad attestare la maggior vetustà - dunque nobiltà - della stirpe estense rispetto a qualsiasi altra nella Penisola: già alla fine del Quattrocento letterati come Pellegrino Prisciani avrebbero dedicato studi approfonditi agli antichi rapporti di consanguineità che legavano la casata alle maggiori schiatte europee, non ultima quella imperiale. Nel secolo successivo questi studi avrebbero costituito uno dei principali filoni della letteratura encomiastica in occasione della “disputa di precedenza” con i Medici, quando le due dinastie si contesero per decenni il diritto di precedersi nella gerarchia delle Case regnanti, ciascuna vantando autonomi diritti di prelazione al titolo granducale: appunto in quest’occasione i duchi avrebbero commissionato diversi alberi genealogici a Gaspare Sardi, Girolamo Falletti, Giambattista Pigna e altri. Proprio il Castello fu uno dei principali teatri di tali ostentazioni: nel 1577 il cortile venne interamente affrescato con le effigi degli antenati della Casa d’Este, gigantesca genealogia dipinta - e in parte inventata - su cartoni di Pirro Ligorio, ben presto lasciata deperire dai papi dopo la devoluzione della città alla Santa Sede nel 1598.
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he Este featured among the most ancient Italian dynastic Signorie and - especially after the fall of the Scaligeri, the Carraresi and the Visconti - did not take pains to hide a profound awareness of their position. This was the reason that prompted a wealth of commissions concerning genealogical treatises, whose propagandistic contents were aimed at giving evidence of the oldest - and thereby noblest - origins of the Este dynasty compared to other houses over the Italian peninsula. Since the close of the XV century such literates as Pellegrino Prisciani would be devoting accurate studies to the ancient blood ties connecting the Este to the most illustrious European families, last but not least the Imperial house. In the following century those studies would have contributed to one of the major encomiastic literary production elicited by the “dispute over precedence” engaged with the Medici, with whom the Este rivalled as regarded the right to come first in the hierarchy established among the reigning dynasties. Both Italian Houses boasted a special right of precedence in having obtained the ducal title, and this very querelle would have occasioned several Este commissions of family trees to Gaspare Sardi, Girolamo Falletti, Giambattista Pigna and others. The Castle was particularly involved in these ostentatious initiatives: in 1577 the walls of the courtyard were decorated all over with a gigantic painted genealogy portraying the forefathers of the House of Este, devised and partly invented by Pirro Ligorio, soon left to decline after the devolution of the city to the Holy See in 1598.
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da Alberto Azzo II a Obizzo II
Alberto Azzo II (996 c. - 1097) sposa: 1) Cunizza di Guelfo II, conte di Altdorf 2) Garsenda di Ugo II, conte del Maine 3) (forse) Matilde, sorella del vescovo di Pavia
Ugo († 1097) di Garsenda sposa Eria di Roberto il Guiscardo
Guelfo IV († 1101) di Cunizza (ramo di Germania)
Azzo III
Tancredi
Obizzo I (1110 c. - 1193)
Folco I († 1128) Garsenda
Adelasia (?) sposa Gulielmo II Adelardi
Roberto
Bonifacio († 1163)
Folco II
Beatrice (?)
Alberto († 1184)
Azzo IV
Bonifacio
Azzo V (1130 c. - 1190 c.)
Bonifacio († 1228)
Garsenda
Froa
Agnese sposa Ezzelino II
Tommasina
Azzo VI (Azzolino) (1170 c. - 1212) sposa: 1) una Aldobrandini, forse Sofia (1189 c.) 2) Sofia o Eleonora di Umberto II, conte di Savoia 3) Alisia di Rinaldo e Costanza di Antiochia (1204) promesso sposo (1186 c.) di Marchesella degli Adelardi
Aldobrandino (1190 c. - 1215) della Aldobrandini
Rinaldo (1221 c. - 1251 c.) sposa Adelasia di Alberico da Romano (1233 c.)
Beatrice (beata Beatrice I) (1192 c. - 1226) della principessa sabauda
Beatrice (beata Beatrice II) (1230 c. - 1262 c.) di Giovanna
Obizzo II (nat.) (1247 c. - 1293) sposa: 1) Giacoma dei Fieschi (1263) 2) Costanza di Alberto della Scala (1289)
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Adelaide
Costanza di Alisia
Costanza (1221/1233 - dopo 1315) di Giovanna sposa: 1) Umberto Aldobrandeschi 2) Guglielmo Pallavicini
Costanza (nat.) sposa (?) Guido da Lozzo
Azzo VII Novello (1204/1212 - 1264) sposa: 1) Giovanna di Puglia (1221 c.) 2) Mambilia Pallavicini
Cubitosa (1221/1223 - ?) di Giovanna sposa Isnardo Malaspina
Pietro, abate (nat.)
Contardo (? - 1249) santo
da Azzo VIII a Nicolò II Obizzo II
Azzo VIII, di Giacoma († 1308) sposa: 1) Giovanna Orsini (1282) 2) Beatrice di Carlo II, re di Napoli (1305)
Beatrice, di Giacoma († 1335) sposa: 1) Nino Visconti principe di Gallura 2) Galeazzo Visconti (1300)
Maddalena Sposa: 1) Aldobrandino Turchi 2) Raniero Cossa
Aldobrandino II († 1326) sposa Alda Rangoni
Francesco († 1312) ramo di Este
Azzo IX († 1317)
Bertoldo († 1343)
Francesco († 1384)
Fresco (nat.) († 1312) sposa Pellegrina di Caccianemico Caccianemici
Rizzardo Pietro abate sposa Lucrezia del conte di Barbiano
Costanza
Rinaldo II († 1335) sposa: 1) Lucrezia di Nicolò 2) Orsolina Maccaruffi
Nicolò I († 1344) sposa Beatrice Gonzaga (1355)
Folco
Obizzo III (1294 - 1352) sposa: 1) Giacoma Pepoli (1317) 2) Lippa Ariosti (1347)
Rinaldo († 1369)
Azzo (1332 - 1371) podestà di Modena
Beatrice (1332 - 1387) di Lippa sposa Valdemaro di Anhalt
Elisa († 1329) sposa Passerino Bonacolsi
Alda Rinaldo (1333 - 1381) († 1347) di Lippa sposa sposa Maddalena Lodovico Maccaruffi Gonzaga (1356)
Giovanna sposa: 1) Obizzo da Sassuolo 2) Brusa Caccianemici
Aldobrandino III (1335 - 1361) di Lippa
Ercole (nat.)
Elisa (* 1337) figlia di Lippa sposa Guido da Polenta (1349)
Nicolò II lo Zoppo (1338 - 1388) figlio di Lippa sposa Verde della Scala (1362)
Rinaldo
Giacoma (nat.) sposa Zambrasino Beccadelli
Aldobrandino († 1381) vescovo di Adria, Modena e Ferrara
Beatrice († 1339) sposa Jacopo conte di Savoia
Azzo Folco Costanza Ugo Alberto (1340 (1342 (1343 - 1391) (1344 - 1370) (1347 - 1393) - 1349) - 1356) sposa sposa Malesta Costanza di Malatesta
Giovanni († 1389)
Francesco
Taddea (1365 - 1404) sposa Francesco II Novello da Carrara
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da Nicolò III ad Alfonso I Alberto (1347 - 1393) sposa Giovanna dei Roberti (1388)
Nicolò III (1383 - 1441) di Isotta Albaresani sposa: 1) Gigliola da Carrara 2) Parisina Malatesta 3) Ricciarda da Saluzzo
Ugo (1405 - 1425) di Stella dei Tolomei
Meliaduse (1406 - 1452) di Caterina Albaresani
Leonello (1407 - 1450) di Stella dei Tolomei sposa: 1) Margherita Gonzaga (1435) 2) Maria di Aragona (1444)
Nicolò (1438 - 1476) di Margherita
Girolamo
Lucrezia († 1516/18) di Ludovica Condolmieri sposa Annibale II Bentivoglio (1487)
Alessandro (1505 - 1505)
Battista (nat.) Isabella (1474 - 1539) sposa Francesco Gonzaga (1490)
Ercole I (1431 - 1505) di Ricciarda sposa Eleonora d’Aragona
Borso (1413 - 1471) di Stella dei Tolomei
Alberto (1436/37 - 1524) di Filippa della Tavola
Bianca Maria (1440 - 1506) di Anna Roberti sposa Galeotto Pico della Mirandola
Vincenzo
Beatrice (1475 - 1497) sposa Ludovico Sforza il Moro (1491)
Alfonso I Ferrante (1476 - 1534) (1477 - 1540) sposa: 1) Anna Sforza (1491) 2) Lucrezia Borgia (1501)
Giulio (1478 - 1561) di Isabella degli Arduini
Ippolito I (1479 - 1520) cardinale (1493)
Ippolito (nat.)
Ercole II (1508 - 1559)
Gurone († 1484) di Camilla della Tavola
Francesco (nat.) (1444 - ?)
Ippolito II (1509 - 1572) cardinale (1539)
Renea (nat.) († 1555)
Eleonora (1515 - 1575) monaca
Francesco (1516 - 1578) marchese di Massalombarda sposa Maria di Cardona (1540)
Bradamante (nat.) sposa Ercole Bevilacqua
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Sigismondo (1433 - 1507) di Ricciarda ramo di San Martino
Isabella (1519 - 1519)
Elisabetta (nat.) sposa Giberto Pio di Sassuolo
Alfonso (1527 - 1587) di Laura Dianti ramo di Montecchio
Marfisa (nat.) (1554 - 1608) sposa: 1) Alfonsino di Alfonso di Montecchio (1578) 2) Alderano Cybo di Massa (1580)
Sigismondo (1480 - 1524)
Alfonsino (1530 - 1547) di Laura Dianti
da Ercole II a Cesare (e ramo di Montecchio) Alfonso I (1476 - 1534)
Ercole II (1508 - 1559) sposa: Renata di Luigi XII, re di Francia (1528)
Anna (1531 - 1607) sposa: 1) Francesco di Lorena (1548) 2) Giacomo di Savoia (1566)
Alfonsino (1560 - 1578) di Giulia sposa Marfisa d’Este (1578)
Alfonso (1527 - 1587) di Alfonso I e Laura Dianti sposa: 1) Giulia della Rovere (1549) 2) Violante Signa (1584)
Alfonso II (1533 - 1597) sposa: 1) Lucrezia Medici (1558) 2) Barbara d’Austria di Federico I imp. (1565) 3) Margherita Gonzaga (1579)
Lucrezia (1535 - 1598) sposa Francesco Maria della Rovere, duca di Urbino (1570)
Cesare (1562 - 1628) di Giulia sposa Virginia Medici (1586)
Eleonora (1537 -1581)
Eleonora (1561 - 1637) di Giulia sposa Carlo Gesualdo di Venosa
Luigi (1538 - 1586) cardinale (1561)
Ippolita (1565 - 1602) di Violante sposa Federico Pico della Mirandola
Alessandro (1568 - 1624) di Violante cardinale
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Il Castello di Ercole I (1471) The Castle under Ercole I (1471)
Il Castello di Alfonso I (1528) The Castle under Alfonso I (1528)
Il Castello di Ercole II (1540) The Castle under Ercole II (1540)
Il Castello di Alfonso II (1570) The Castle under Alfonso II (1570)
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Il Castello The Castle of di San Michele Saint Michael
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ra il 29 di settembre del 1385, giorno di San Michele, quando il marchese Nicolò II diede il via alla costruzione di una potente fortezza. Nel maggio di quell’anno una violenta rivolta popolare si era conclusa tragicamente con il linciaggio di Tommaso da Tortona, consigliere fiscale del marchese. In quell’occasione non era stata messa in discussione la Signoria, ma Nicolò II aveva avvertito la fragilità della sua posizione e aveva letto in quell’episodio il segreto tramare di pericolosi avversari politici. L’Estense ritenne di doversi dotare di una potente macchina repressiva, monito e freno per qualunque tentativo di ribellione. Bartolino da Novara, “inzegnere di corte”, già famoso costruttore di chiese e fortificazioni, progettò il Castello di San Michele a partire da un recente, probabilmente già da lui stesso ideato, nucleo difensivo costruito presso la Porta del Leone. Per avere un’idea del Castello Estense in quegli anni si può far riferimento all’attuale aspetto architettonico del Castello di San Giorgio a Mantova disegnato dallo stesso Bartolino dieci anni dopo per Francesco Gonzaga. Lo schema edilizio prevedeva di aggiungere alla prima torrerocca (la torre detta dei Leoni) altre tre torri disposte a quadrilatero: due furono dedicate a Santa Caterina e San Paolo, la terza è detta Marchesana. Tutte di uguale mole ed altezza, le torri sono suddivise in tre piani; tra torre e torre furono realizzati ampi corpi di fabbrica di due piani. La fortezza, alta e articolata, aperta internamente attorno a un grande cortile, aveva certamente per quei tempi un aspetto inespugnabile. Un alto zoccolo rastremato giungeva sino al marcapiano del piano terra, segnato da un cordolo in pietra, in prevalenza a torciglione, recante agli estremi scudetti decorati dalle insegne della famiglia estense. Come sulla piccola rocca, gli spalti del secondo piano dei corpi di fabbrica e quelli del terzo piano delle torri erano difesi da merlature sporgenti su beccatelli secondo le più tradizionali formule dell’architettura bellica dell’epoca. Gli scantinati, interrati verso il cortile, furono realizzati con basse volte a botte che riunivano le sale sotterranee delle torri. La massiccia e potente struttura muraria in mattoni del basamento era più un elemento di fondazione che di elevazione, sul quale poggiava tutta la mole del Castello. Il piano terra, rialzato rispetto al cortile, era composto da una sequenza di sale con copertura in volta a crociera. Il primo piano era prevalentemente formato da ampie gallerie, anch’esse con copertura voltata a crociera, che univano le torri. Gli spalti del secondo piano erano a terrazzo e solo alla fine del Quattrocento furono riparati da coperture in legno e coppi. I collegamenti verticali erano assicurati da scale a chiocciola racchiuse nello spessore delle grosse mura esterne. Le aperture, nell’interrato e al primo piano sugli avancorpi e sui rivellini, erano feritoie di difesa; per il resto vi erano piccole finestre che illuminavano le grandi sale del piano terra e del primo piano. La fortezza era stata circondata da un ampio fossato senza rinunciare a quello più piccolo della Torre dei Leoni, che si ritrovò per due lati coperto dalla nuova costruzione. Gli accessi erano difesi da avancorpi affiancati alle torri. Da questi un primo ponte levatoio raggiungeva i rivellini, piccole torri di appoggio realizzate nel fossato, a loro volta collegati alla riva esterna da altri ponti.
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n 29 September 1385 the marchese Nicolò II ordered the construction of an impregnable fortress. It was St. Michael’s Day and therefore the castle was named after the saint. The “inzegnere di corte” Bartolino da Novara, who had already made a reputation as architect of churches and fortifications, designed the Castle of St. Michael starting from a recent defensive nucleus near the Porta dei Leoni (Lions’ Gate). To get an idea of the Castle appearance at the end of the XIV century, one may refer to the present architectural structure of the Castle of St. George, carried out by the same Bartolino for Francesco Gonzaga, lord of Mantua, ten years later. Bartolino’s design for the Castle of Ferrara envisaged the construction of three more towers of equal height and divided into three storeys, the Torre di Santa Caterina, the Torre di San Paolo and the Torre Marchesana, creating a four-sided stronghold with the pre-existing watchtower, namely the Torre dei Leoni. Between the towers large two-storey buildings were added. The stronghold, internally overlooking a vast courtyard, defied all possible rebellious attempts due to its elevated and complex structure. A high splayed base rose as far as the stone cordon marking the ground floor, mostly twisted and stud with decorated shields bearing the Este coats-of-arms. As in the small watchtower, the second floor battlements of the buildings and those on the third floor of the towers were protected by protruding corbels crowned by crenellations according to the most traditional rules of military architecture in vogue during the Middle Ages. The basement, interred near the inner courtyard, was roofed over with low barrel-vaults linking the subterranean rooms in the towers. The massive and strong brick-wall structure of the basement constituted more of a foundation than an elevation device, intended to sustain the entire bulk of the castle. The ground floor, positioned to a higher level than the courtyard, consisted of a sequel of cross-vaulted rooms. The first floor was mainly composed of spacious crossvaulted corridors connecting the towers. On the second floor, the battlements were terraced and, only at the end of the XV century, sheltered with coverings consisting of wood and bent tiles. Winding staircases, contained within the thick outer walls, allowed transit from one storey to another. The openings, both in the basement and in the avant-corps and revelins on the first floor, were defensive loopholes. Light entered through small windows into the great halls of the ground and first floors. A large moat, which included the older moat previously encircling the Torre dei Leoni and was covered by the structure of the Castle on two sides, surrounded the whole fortress. All entrances were defended by avant-corps set alongside the towers. A first drawbridge stretched out from the avant-corps to the revelins, small supporting towers built into the moat and linked to the opposite bank by a system of drawbridges.
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Pianta di Ferrara di Paolino Veneto (fra’ Paolino Minorita) (Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, cod. marc. Lat. Z. 399=1610, f. 98v) Map of Ferrara by Paolino Veneto (Brother Paolino Minorita) (Venice, Biblioteca Nazionale Marciana, cod. marc. Lat. Z. 399=1610, f. 98v)
Nicolò II «Si dedicò ad ampliare e abbellire Ferrara con cura e attenzione tali che nessuna delle città vicine appariva altrettanto ricca, popolosa e splendida… bonificò terreni, selciò strade, rifece in pietra quelle che prima non erano che catapecchie di legno, eresse torri e castelli, fortificò i centri del territorio» Giovanni Conversino da Ravenna, 1404 (Modena, Biblioteca Estense Universitaria, Genealogia Estense) Nicolò II “He dedicated himself to extending Ferrara and making it more beautiful with such care and attention that none of the nearby cities seemed so rich, populous and splendid… he reclaimed land, paved streets, replaced what were no more than wooden shacks with stone ones, erected towers and castles, fortified the towns in the territory” Giovanni Conversino da Ravenna, 1404 Modena, Biblioteca Estense Universitaria, Genealogia Estense)
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Monumenti/ Documenti l’ascesa della dinastia
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Monuments as documents: the rise of the Este dynasty
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li Este erano Signori di Ferrara sin dal 1264, quando il Comune ferrarese aveva eletto Obizzo II Dominus generalis in perpetuo della città e del suo contado. Era la prima volta che un provvedimento del genere veniva preso in Italia: atto intrinsecamente eversivo (il “popolo” cittadino si arrogava così il diritto di darsi autonomamente un sovrano), l’elezione “popolare” fu il primo fondamento del predominio estense in città. Proprio perché inedito, tuttavia, al titolo signorile non corrispondeva un grande prestigio nella gerarchia delle dignità: già dai primi del Trecento, quindi, la Casa d’Este cercò di fondare la propria signoria de facto su basi più sicure, facendosi investire del vicariato apostolico su Ferrara (e di quello imperiale su Modena, di cui i marchesi si erano analogamente insignoriti nel 1330). Così, il potere estense si fondava su una duplice base: l’elezione popolare, dal basso, da parte del Comune cittadino, e l’investitura vicariale, dall’alto, da parte delle autorità universali: in questa duplicità, se non ambiguità, dei suoi titoli di legittimazione risiedette per tutto il Medioevo uno dei punti di forza della dinastia. Fu solo nel Cinquecento, con il consolidarsi del potere temporale dei papi sullo Stato della Chiesa, che la dipendenza estense dall’alta sovranità pontificia - sino ad allora solo formale - si tramutò in un fattore di debolezza, che alla lunga avrebbe portato alla perdita della città, nel 1598.
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he Este became lords of Ferrara since 1264, when the Ferrarese commune acclaimed Obizzo II as perpetual “Dominus generalis” of the city and the surrounding territory. For the first time such an act took place in Italy: an intrinsically subversive step (by which the people of the city vindicated the right to designate their own ruler), the popular elections were the earliest evidence of the Este dominion over the city. Just because of its novelty, however, the lordly title did not enjoy a high esteem in the authorities’ hierarchy: since the early decades of the XIV century, therefore, the House of Este took steps to found its signoria “de facto” on more stable grounds, obtaining the apostolic vicar’s investiture of Ferrara (along with the emperor’s investiture over Modena, which had similarly chosen the marquises as its lords in 1330). Thus the Este power had its roots in a double legitimation: the election by the people, on a lower level, coming from the commune and, on a higher level, the vicar’s investiture granted by the universal Authorities. Upon the ambiguity of its double legitimation rested one of the dynasty’s strong points throughout the Middle Ages. It was only in the course of the XVI century, due to the consolidation of the popes’ temporal power over the Church State that the Este’s dependence on the pope’ sovereignity - until then esclusively formal - turned out to be a factor of weakness, that would have led to the loss of the capital in 1598.
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La presa del potere
The rise to power
La Casa d’Este si era trasferita a Ferrara dal centro eponimo alla fine del XII secolo, inserendosi ben presto nella lotta per la conquista del potere in città. Uno dei fattori del rapido successo estense fu l’enorme patrimonio fondiario della dinastia, sparso fra il Ferrarese, il Padovano, il Polesine di Rovigo e la cosiddetta Romagna estense. I marchesi erano i maggiori latifondisti della regione, e usavano distribuire le loro terre in feudo o in enfiteusi (affitto) ai propri fedeli, intessendo in tal modo una rete di relazioni clientelari che imbrigliava tutta la società ferrarese. Così, la primitiva vocazione commerciale della città (sorta come centro di transito sul Po nel VII secolo) venne gradualmente soffocata, anche per l’aggressiva concorrenza di Venezia; e Ferrara divenne uno dei maggiori empori agricoli dell’Emilia orientale.
The house of Este had moved from the eponymous centre at the close of XII century, soon entering the strife to gain power over the city. One of the factors that greatly favoured the Este accession resided in the dynasty’s large estates disseminated through the Ferrarese and the Paduan territories, alongside the Polesine of Rovigo and the Este Romagna. The marquises established themselves as the most powerful landowners of the region, who had imposed an extensive feudal system among loyal families, thereby creating a network of relationship involving the whole Ferrarese society. By these means, the original vocation as a trading centre of the city (that had developed on the banks of the river Po back in the VII century) was gradually stifled, also owing to the blatant rivarly with Venice, and Ferrara became one of the most important agricultural warehouse of eastern Emilia.
Il monumento di Alberto d’Este Il monumento, posto sulla facciata della Cattedrale, raffigura il marchese Alberto d’Este di ritorno dal suo viaggio di pellegrinaggio a Roma nel 1391, in occasione del giubileo proclamato da Bonifacio IX: in una mano stringe la “rosa d’oro”, simbolo del benvolere pontificio, con l’altra indica la cosiddetta “bolla bonifaciana” scolpita sul muro della Cattedrale - forse il privilegio di maggior rilevanza fra i molti ottenuti dal papa. Effettivamente, per Alberto il viaggio era stato uno straordinario successo diplomatico: non solo Bonifacio gli aveva concesso il titolo di vicario pontificio (dando con ciò fondamento giuridico al dominio estense in città), ma lo aveva pure autorizzato a fondare a Ferrara uno Studium generale (Università), e inoltre aveva acconsentito a legittimare il suo unico figlio (naturale), Nicolò III, spianandogli così la strada verso la successione. In seguito, di lì a un anno, sarebbe appunto arrivata la “bolla bonifaciana”, che di fatto cedeva agli Estensi il monopolio sui beni feudali degli enti ecclesiastici ferraresi: un patrimonio economico e clientelare di straordinaria importanza, di cui i marchesi non mancarono di servirsi per consolidare il proprio potere in città e nel contado. 34
Il monumento di Alberto d’Este The monument of Alberto d’Este
Elezione di Obizzo II d’Este a signore perpetuo di Ferrara da parte del Comune cittadino, 13 febbraio 1264 (Modena, Archivio di Stato)
The monument of Alberto d’Este The monument portrays the marquis Alberto d’Este just back from his pilgrimage to Rome in 1391 to celebrate the Jubilee Year proclaimed by Boniface IX. The marquis hods the “golden rose”, symbol of the papal favourable disposition, in one hand, pointing with the other to “Boniface’s bull” carved on the façade of the Cathedral - perhaps the foremost privilege among the many granted by the pope. Indeed the journey had proved an extraordinary diplomatic success for Alberto: he had not only obtained from Boniface the honorific of “pontifical vicar” (thereby securing for the Este the juridical legitimation over the city), but had also been conceded his permission to found the “Studium generale” (the University) in Ferrara.
Election of Obizzo II d’Este as permanent lord of Ferrara by the City Commune, 13th February 1264 (Modena, Archivio di Stato)
Nicolò III «Quando questo signore zunse in la Franza de essere reale, esperto e signorille, sempre seguando la zentile usanza, per tutto el paese e per ville, trovar volea pur una qualche amanza: le donne vedendo pur el signor zentile più se inamorava de lui cha de li mariti, e da quelli baroni gli era fati grandi inviti» (Ugo Caleffini, 1462) (Modena, Biblioteca Estense Universitaria, Genealogia Estense)
Elezione di Azzo d’Este, 21 febbraio 1293 (Modena, Archivio di Stato)
Election of Azzo d’Este, 21st February 1293 (Modena, Archivio di Stato)
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I titoli di legittimità Nel 1452 Borso d’Este riuscì a farsi investire del titolo di duca di Modena e Reggio dall’imperatore Federico II, consolidando in tal modo non solo l’autorità estense nel dominio, ma anche e soprattutto il prestigio della dinastia al cospetto degli altri Stati della Penisola. Diversamente da quanto viene spesso affermato (e da quanto lasciavano intendere gli Estensi stessi), Borso non riuscì mai a farsi investire davvero dai papi del Ducato di Ferrara: nel 1471 Paolo II Barbo gli concesse il privilegio solo nominale di fregiarsi dell’appellativo di duca, ma unicamente a titolo onorifico e non trasmissibile agli eredi (ciò nonostante, a dimostrazione dell’efficacia della propaganda, il prestigio della dinastia ne risultò straordinariamente accresciuto). Fu solo nel 1501 che Ercole I poté ottenere da Alessandro VI Borgia l’ambita dignità per sé e i suoi discendenti, in cambio della concessione della mano di suo figlio Alfonso alla figlia illegittima del papa, Lucrezia Borgia, già allora di pessima fama.
On that occasion, the pope had also given his consent to legitimize his only (natural) son Nicolò III, by these means designing him as his future successor. Consequently, within the next year, “Boniface’s bull” would have definitely accorded the Este lords the monopoly over the feudal estates in the ownership of the local ecclesiastical institutions. They represented a huge financial and patron-and-client based patrimony, that the marquises of the city did not omit to use whenever they needed it to consolidate their power in the city and the countryside.
Investitures In 1452 Borso d’Este succeeded in obtaining the title of duke of Modena and Reggio by emperor Frederick III, thus strengthening the Este’s sway throughout the State and, above all, the dynasty’s influence to the eyes of other Italian states. In contrast to what is usually stated (and what the Este themselves hinted at), Borso did never truly succeeded in receiving the papal investiture over the duchy of Ferrara. Investitura imperiale di Borso a duca di Modena e Reggio, 18 maggio 1452 (Modena, Archivio di Stato) Imperial investiture of Borso as Duke of Modena and Reggio, 18th May 1452 (Modena, Archivio di Stato)
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La Casa Per consolidare il proprio dominio su Ferrara i marchesi (poi duchi) seguirono fra l’altro un’attenta politica matrimoniale, che consisteva nel far sposare i rampolli della casata a principesse delle maggiori Case regnanti europee - ove possibile di sangue reale -, intessendo per questo tramite accordi e alleanze con potenze vicine e lontane. Del resto, la confusione fra la sfera pubblica e quella privata - fra l’ambito della “Casa” e quello dello “Stato” - costituiva uno dei tratti distintivi della pratica di governo dei regimi signorili tardomedievali: a Ferrara, fra l’altro, lo attestano i testamenti dei marchesi (attenti a preservare l’unità dell’asse ereditario senza indebolire lo Stato suddividendolo fra i vari discendenti), o i documenti contabili della Camera, l’ufficio che gestiva senza alcuna distinzione i beni allodiali della famiglia e le rendite demaniali del dominio.
Il dominio Dagli ultimi anni del Trecento, quando il giovane Nicolò III appena eletto marchese di Ferrara vide disgregarsi in pochi mesi il proprio dominio nel contado modenese, al 1482, momento di massima espansione territoriale estense alla vigilia della guerra contro Venezia, l’estensione delle terre soggette ai signori di Ferrara era quasi raddoppiata, Codicillo del testamento di Azzo VII, 13 febbraio 1264 (Modena, Archivio di Stato) Codicil of the will and testament of Azzo VII, 13th February 1264 (Modena, Archivio di Stato)
In 1471 pope Paolo II Barbo granted him the nominal privilege of boasting the ducal title, but that was no more than a mere flattering title not to be transmitted to his eventual heirs (nonetheless, the influential effectiveness of political propaganda). Only in 1501, under the papacy of Alessandro Borgia, Ercole I acquired the yearned title for both himself and his offspring provided he agreed to the marriage between his firstborn son Alfonso and the pope’s illegitimate daughter Lucrezia Borgia, whose reputation had already been marred.
The House In order to consolidate their own lordship over the state, the marquises (who were later to become dukes) pursued an attentive policy based on matrimonial ties, which was aimed at marrying the house’s male offspring to the princesses belonging to the most prominent European ruling families if possible, of royal descent - and helped the lords of Ferrara to strike up alliances with authorities both at home and abroad. After all, the habit of superimposing the public sphere with the private - that is to say, the precincts of the “House” and those of the State - featured as one of the main characteristics of the government implemented by late medieval lordships. Moreover, in Ferrara the marquises’ testaments or the Camera accounts, the office which simultaneously managed the family’s allodial estates as the dukedom demanial incomes, are still left to provide evidence of that.
The dominion From the last year of the 1300s, when the young Nicolò III just elected marquis of Ferrara saw his dominion over Modena’s territory disintegrate, until 1482, the moment when Estense territorial expansion reached its height on the eve of the war with Venice, the area of lands under the control of the lords of Ferrara had almost doubled, going from around 5,000 to almost 9,000 square kilometers: the Estense state system had by that time become one of the most important in northern Italy. 37
passando da circa 5.000 a quasi 9.000 chilometri quadrati: quello estense era ormai divenuto uno dei più importanti sistemi statali dell’Italia settentrionale. Gran parte dell’espansione avvenne sotto il regno di Nicolò III (1393-1441), che ben presto riuscì non solo a sconfiggere i feudatari ribelli del Modenese, ma anche a conquistare Reggio (1409), per un breve periodo Parma (14091420), parte della Garfagnana (1429-1430) e della Romagna Estense (1437-1440), nonché a recuperare il Polesine di Rovigo anni prima concesso in pegno ai Veneziani (1438). Leonello e poi Borso si dedicarono invece prevalentemente a consolidare il dominio, aumentando il prestigio culturale e politico della dinastia: Borso, in particolare, riuscì a farsi riconoscere duca di Modena e Reggio e conte di Rovigo dall’imperatore Federico III (1452), e successivamente duca di Ferrara da papa Paolo II (1471). Anche sotto Ercole I (1471-1505) i confini statali non mutarono radicalmente, eccezion fatta per la grave perdita del Polesine di Rovigo nel 1484 (solo in parte compensata dall’acquisto nel 1502 di Cento e Pieve di Cento, portati in dote da Lucrezia Borgia ad Alfonso I). Nei primi decenni del secolo successivo i possedimenti dinastici, stretti fra le opposte mire dei papi e della Serenissima, furono al centro di scontri durissimi, che culminarono nella conquista pontificia di Modena e Reggio rispettivamente nel 1510 e nel 1512: per una quindicina d’anni le due città rimasero in mano ai pontefici, che fra gli altri vi inviarono governatore Francesco Guicciardini. Fra il 1523 e il 1527, tuttavia, Alfonso I (1505-1534) riuscì a tornarne in possesso grazie all’appoggio imperiale; e gli Estensi poterono così uscire dal travagliato periodo delle Guerre d’Italia non solo mantenendo integro tutto il dominio dinastico, ma addirittura consolidandolo tramite il definitivo acquisto del principato di Carpi nel 1527. In seguito, per tutto il secolo non ci sarebbero stati altri mutamenti di confine sino alla devoluzione di Ferrara (1598): nei suoi lineamenti di fondo, la struttura territoriale e amministrativa dello Stato si era definita intorno alla metà del Quattrocento.
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A large part of the expansion took place under the reign of Nicolò III (1393-1441), who very early on managed not only to defeat the feudal rebels around Modena, but also to conquer Reggio (1408), for a brief period Parma (1409-1420), part of Garfagnana (1429-1430) and the area called Romagna Estense (1437-1440), as well as recovering
Testamento di Ercole I d’Este, 1 luglio 1504 (Modena, Archivio di Stato) Will and testament of Ercole I d’Este, 1st July 1504 (Modena, Archivio di Stato)
Contratto di matrimonio fra Leonello d’Este e Maria d’Aragona, 1 aprile 1443 (Modena, Archivio di Stato) Marriage contract between Leonello d’Este and Maria d’Aragona, 1st April 1443 (Modena, Archivio di Stato)
the Polesine di Rovigo which had previously been pawned to the Venetians (1438). Leonello and later Borso on the other hand worked mainly to consolidate the dominion, increasing the cultural and political prestige of the dynasty: Borso, in particular, managed to get himself recognized as duke of Modena and Reggio and count of Rovigo by the emperor Frederick III (1452) and later on as duke of Ferrara by pope Paul II (1471). Even under Ercole I (1471-1505) there was no radical change to the borders of the State, with the exception of the grave loss of the Polesine di Rovigo in 1484 (only in part compensated by the acquisition in 1502 of Cento and Pieve di Cento, given as a dowry by Lucrezia Borgia to Alfonso I). In the first decades of the following century the dynastic possessions, squeezed between the opposing objectives of the popes and the Serenissima, were at the centre of violent clashes, which culminated in the papal conquest of Modena and Reggio in 1510 and 1512 respectively: for about fifteen years the two cities remained in the hands of the pontiffs, who, among others, sent Francesco Guicciardini there as governor. However, between 1523 and 1527, Alfonso I (1505-1534) managed to regain possession thanks to imperial support and so the Estensi were able to come out of the troubled period of the Wars in Italy not only keeping their dynastic dominion intact, but even consolidating it by finally purchasing the principality of Carpi in 1527. After this and for the rest of the century there were to be no other changes to the borders until Ferrara’s devolution (1598): the fundamental outlines, territorial and administrative structure of the State had been defined around the middle of the 1400s.
Contratto di matrimonio fra Alfonso d’Este e Anna Sforza, 20 maggio 1477 (Modena, Archivio di Stato) Marriage contract between Alfonso d’Este and Anna Sforza, 20th May 1477 (Modena, Archivio di Stato)
Cartello infamante affisso contro un officiale estense a Modena nel 1490 (Archivio di Stato di Modena, Cancelleria ducale, Rettori dello Stato, Modena, B. 1a, allegato a una lettera del reggimento di Modena, 25 aprile 1490)
Il dominio territoriale era suddiviso in una rete di podesterie. In ognuna di queste i marchesi inviavano regolarmente alcuni “officiali” che ne rappresentavano l’autorità in tutto e per tutto, amministrando la giustizia e riscuotendo le tasse. Spesso, nell’esercizio delle loro funzioni, questi uomini
si trovavano a cozzare contro la proverbiale chiusura delle società locali, e non di rado avevano la peggio, come accadde al commissario di Modena cui venne indirizzato il cartello qui riprodotto («Defendive canalia da questo tirano: chiama libertà, amaza di pesi grosi, amaza i ofitiali, l’ambasatore comisario»).
A defamatory notice exposed in Modena against an Este official in 1490 (Modena State Archive, Cancelleria ducale, Rettori dello Stato, Modena, B.1a, enclosed in a Modena regiment’s letter dated 25 April 1490)
The marquises periodically used to send officials to every podesteria, as their representatives under all aspecting charge of the administration of justice and levying of taxes. While carrying out their duties, these men frequently had to face the formidable narrowmindedness intrinsic to the local communities.
As a consequence, they often had the worst of it, as in the case of the Modenese commissioner who was made the object of the notice here transcribed.
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La cultura di corte: Culture at Court Leonello at the time e l’Umanesimo of Leonello
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N
el 1428 Nicolò III chiamò a Ferrara Guarino da Verona (1376-1460) - uno dei maggiori umanisti italiani del tempo - per educare il figlio e successore in pectore Leonello: Guarino sarebbe poi rimasto in città per oltre trent’anni, esercitando un profondo influsso non solo sul suo ex allievo - incarnazione del modello ideale di principe “umanista”, secondo la letteratura encomiastica -, ma anche sui circoli intellettuali e più in generale sulla cultura cittadina. Di questa influenza umanistica si possono seguire le tracce negli ambiti più svariati: nelle medaglie commissionate a Pisanello sulla scorta di exempla antichi come nella decorazione degli ambienti di corte (fra cui lo studiolo del principe nella “delizia” di Belfiore, affrescato con le immagini emblematiche delle Muse); nei testi scritti da letterati e cortigiani per esaltare la signoria di Leonello come nei progetti di governo elaborati in seno alla cancelleria estense, dove avevano trovato impiego molti degli allievi di Guarino.
I
n 1428 Nicolò III summoned Guarino da Verona (13761460) - one of the most acknowledged Italian humanists of the period - to provide adequate education to his son and “in pectore” successor Leonello. Guarino settled in town for over thirty years, exerting a profound influence not only on his former pupil - perfect personification of the ideal prototype of “humanist” prince in keeping with the ideals purported in encomiastic literature - , but also on intellectual circles and, more extensively, on the literary and intellectual thought of Ferrara. This humanist education left visible traces in different fields: in the medals Pisanello cast for the marquis referring to ancient prototypes as well as in the decoration of several court rooms (among which the prince’ “studiolo” in the “delizia” of Belfiore, painted with the emblematic figures of the Muses); in the treatises composed by literates and courtiers in praise of Leonello’s lordship as well as in the ruling plans elaborated within the Este chancery, where many of Guarino’s pupils were employed.
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I monumenti dinastici
The dynastic monuments
Le tre statue dei marchesi erette nella piazza di Ferrara costituiscono una delle immagini più esplicite del progressivo mutare dei rapporti fra gli Este e i loro sudditi nel tardo Medioevo. Alberto, in piedi, si trovava scolpito sul muro del Duomo a sancire il monopolio marchionale delle istituzioni cittadine (la più rappresentativa delle quali a Ferrara era appunto la Cattedrale, sulle cui pareti già nel 1173 erano stati scolpiti gli statuti municipali). Nicolò III, suo figlio, lo fronteggiava a cavallo con il bastone di comando in mano, a evocare le vittorie sui feudatari del contado e la grande espansione del dominio di cui era stato protagonista: la sua statua si ergeva di fronte al Palazzo di Corte, ben distinta dagli edifici municipali, proprio come il potere estense si andava svincolando dal legame con la città che lo aveva visto nascere. Borso, infine, si fece rappresentare seduto in trono di fronte al Palazzo della Ragione, sorridente e con lo scettro in mano: non imprese belliche, ma pace e giustizia erano il segno e il frutto del suo potere. Sotto il suo regno le istituzioni cittadine non erano più la fonte da cui un signore “eletto” dal popolo traeva - sia pur formalmente - legittimità, bensì lo strumento grazie al quale un principe conscio della sua autorità manifestava ai sudditi il proprio volere e la propria magnificenza.
The three statues of the marquises erected in the square of Ferrara compose one of the most telling images reflecting the gradual evolution in the relationship between the Este and their subjects during the late Middle Ages. Alberto, standing upon his feet, was sculpted on the façade of the Duomo with the aim to affirm the lords’ monopoly over the local institutions (the most important of which in Ferrara was indeed the cathedral, whose walls bore since 1173 the carved communal statutes). Nicolò III, his son, faced him on horseback clutching the baton of command, thus evoking the victories over the local landlords as well as the great expansion of the State that he had brought about. His statue was raised in front of the Court Palace, opportunely detached from the communal edifices just as the Este’s power was progressively severing its ties with the city that had witnessed its rise. Then Borso commissioned his own statue - which portrayed him seated on a throne, smiling and holding a sceptre - to be positioned facing the Palazzo della Ragione: no war feats, but peace and justice were to epitomize his own government. Under his rule, the city institutions served no longer
Il monumento di Nicolò III Per innalzare la statua di Nicolò III a cavallo - probabilmente il primo monumento equestre in bronzo eretto dalla caduta dell’Impero romano in poi - Leonello chiamò a concorso i migliori artisti del tempo (fra cui, forse, Jacopo Bellini), e chiese a Leon Battista Alberti di essere arbitro della competizione (l’umanista fiorentino ne avrebbe poi tratto ispirazione per scrivere un trattatello intitolato De equo animante). In seguito, la realizzazione dell’effigie del marchese fu affidata ad Antonio di Cristoforo, quella del cavallo a Niccolò Baroncelli (entrambi toscani di origine), che terminarono l’opera solo vari anni dopo, sotto Borso, nel 1451. Quanto all’arco che sorregge il monumento, 42
Il monumento di Nicolò III a cavallo (Biblioteca Apostolica Vaticana, disegno a penna, XVII secolo ineunte) Questo schizzo della prima metà del Seicento costituisce la prima raffigurazione giunta sino a noi del monumento equestre di Nicolò III, poi distrutto durante l’occupazione napoleonica nel 1796, quando il cavallo e il cavaliere vennero fusi per farne cannoni (la statua oggi in situ è una “copia” fusa da Giacomo Zilocchi nel 1927) Equestrian monument of Nicolò III (Vatican Apostolic Library, drawing, pen, XVIII century ineunte) This sketch dated to the first half of the XVII century is the earliest surviving representation of the equestrian monument of Nicolò III, later destroyed during the Napoleonic occupation in 1796, when horse and knight were melted to make cannons (the present statue is a copy cast by Giacomo Zilocchi in 1927)
Adolfo Venturi lo aveva attribuito a Leon Battista Alberti, ma senza alcuna base documentaria: certo è che si tratta di una delle prime attestazioni in città dei canoni classicisti di matrice fiorentina, poi rimasta isolata in seguito al mutare dei gusti architettonici di Ercole I d’Este.
to legitimate the power of a lord elected by the people, but became the instrument by which a prince, well aware of his authority, unfolded to the subjects his own ideals and magnificence.
The monument of Nicolò III When he commissioned the statue of Nicolò III on horseback - possibly the first bronze equestrian monument since the fall of the Roman Empire - Leonello called for tenders the most accomplished artists of the time (among whom perhaps Jacopo Bellini) asking Leon Battista Alberti to judge the best work (the episode would have been spurred the Florentine humanist to write the commentary “De equo animante” shortly afterwards). Subsequently, the execution of the statue was entrusted to Antonio di Cristoforo, whereas Niccolò Baroncelli was appointed for the horse (both of Tuscan origins); they completed the works in 1451, under Borso d’Este. As concerns the arch supporting the monument, the work has been attributed to the same Leon Battista Alberti by Adolfo Venturi, who could not unfortunately relie on any documentary evidence. At any rate, it distinguished itself as one of the earliest and rather isolated introduction in Ferrara of the Florentine classical modes, due to a change in architectural tastes promoted by Ercole I.
Mappa di Costantinopoli di Cristoforo Buondelmonti (Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, cod. marc. Lat. X. 123=3784, f. 22r)
Plan of Costantinople by Cristoforo Buondelmonti (Venice, Marciana National Library, cod. marc. Lat. X. 123=3784, f. 22r)
Quella di Cristoforo Buondelmonti è una delle prime vedute umanistiche di Costantinopoli, in cui si distingue perfettamente la statua equestre dell’imperatore Giustiniano (o Teodosio?), che molto probabilmente rappresentò una delle principali fonti d’ispirazione per il monumento a Nicolò III d’Este
This map by Cristoforo Buondelmonti constitutes one of the earliest humanistic representations of Costantinople, in which the observer may clearly recognize the equestrian statue of the emperor Justinian (or Theodosius?) and that most likely was to supply one of the most influential sources for the monument of Nicolò III d’Este
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Leonello «Aveva un modo di parlare dolce, la fronte serena, gli occhi allegri, e si muoveva sempre con assoluta compostezza, avvenente com’era… Aveva un ingegno così vivace da non tralasciare quasi mai gli esercizi intellettuali: sempre assorto nella scrittura e in pensieri elucubrativi in inverno, d’estate dopo i doveri di governo si dedicava volentieri alla lettura e alle dispute letterarie» (Angelo Decembrio, 1462)
Le medaglie Nella storia della medaglia rinascimentale, Ferrara ha un posto particolarmente importante: probabilmente fu qui, infatti, che nel 1438 Pisanello coniò la sua prima medaglia (dedicata all’imperatore di Bisanzio Giovanni Paleologo), durante il concilio ecumenico che allora si teneva in città, e a cui fra gli altri partecipò anche Leon Battista Alberti. A Leonello, in particolare, Pisanello dedicò sei medaglie, realizzate tutte in un breve lasso di tempo, fra il 1441 e il 1444: come poi di prammatica, sul recto veniva effigiato il volto del marchese, sul verso una raffigurazione emblematica ricca di significati politico-ideologici, in genere allusivi alle Virtù in cui Leonello eccelleva. Troviamo così una rappresentazione della Prudenza in forma di testa tricipite (a evocare le tre fasi del tempo: passato, presente, futuro) (1); una personificazione della Pace nelle spoglie di due canefori con ceste ricolme di fronde d’ulivo, alle cui spalle una pioggia battente spegne delle granate incendiarie (2); un’immagine dell’Imparzialità, simboleggiata da una lince bendata, che tutto vede e da nulla si fa influenzare (3). L’unica medaglia datata (4) è forse anche la più ricca di significati: eseguita in occasione delle nozze di Leonello con Maria d’Aragona, figlia del re di Napoli (1444), essa esibisce un leone ammansito da Amore che gli mostra uno spartito musicale, con un’aquila sullo sfondo. Diverse le letture possibili: semplice celebrazione dell’amore coniugale e del matrimonio fra Leonello e Maria d’Aragona, ma al tempo stesso anche illustrazione dei precetti guariniani sui sovrani capaci di go44
Medals In the history of Renaissance medals, Ferrara plays a rather prominent role: it was possibly here that Pisanello coined his first medal in 1438 (portraying the Byzantine emperor John Paleologus) in occasion of the ecumenical council that recorded the presence, among others, of Leon Battista Alberti. For Leonello, Pisanello executed six medals, all of them cast in a very short span, between 1441 and 1444. As later became a widespread habit, the portrait of the marquis was destined to be obverse, whereas on the reverse a symbolic figuration veiling a political or ideological message, generally allusive to the “Virtues” which best symbolised Leonello’s temperament. For instance, a medal illustrates the image of “Prudence” in the form of a three headed boy (to signify the three phases of time: past, present and future) (1); a personification of “Peace” implied by two canephores with baskets brimming with olive branches; in the background a driving rain estinghishes exploding granates (2); the figure of “Fairness”, symbolised by a blindfolded lynx that is not influenced by her all-encompassing eyesight (3).
Pisanello, Ritratto di Leonello d’Este (Bergamo, Accademia Carrara) Con ogni probabilità questo ritratto fu eseguito da Pisanello nel 1441 in competizione con Jacopo Bellini (la gara, descritta dall’umanista bolognese Ulisse Aleotti, fu vinta dal pittore veneziano). Di questo dipinto Ludovico Carbone (già allievo di Guarino, poi prolifico oratore e poeta encomiastico sotto Borso e Ercole I) soleva dire che «nunquam illam Leonelli aspicio, quam Antonius Pisanus effinxit, quin mihi lacrimae ad oculos veniant: ita illius humanissimos gestus imitatur» («non vedo mai l’immagine di Leonello dipinta dal Pisanello senza che mi vengano le lacrime agli occhi, tanto ne imita le sembianze piene di umanità») Pisanello, Portrait of Leonello d’Este (Bergamo, Accademia Carrara) In all probability, this portrait was executed by Pisanello in 1441 in competition with Jacopo Bellini (the competition, described by the Bolognese humanist Ulisse Aleotti, was won by the Venetian painter). Of this painting Ludovico Carbone (former pupil of Guarino, later prolific orator and eulogistic poet under Borso and Ercole I) used to say that «nunquam illam Leonelli aspicio, quam Antonius Pisanus effinxit, quin mihi lacrimae ad oculos veniant: ita illius humanissimos gestus imitatur» (“I never see the picture of Leonello painted by Pisanello without tears coming to my eyes, so well does it capture his countenance that is full of humanity”)
vernare «non vi, non armis, ut tyranni, sed placabilitate et clementia», devoti alle Muse «non modo chordarum et citharae, sed rerum etiam publicarum moderatrices».
The only dated medal (4) is perhaps also the most loaded with meaning: cast on the occasion of the wedding of Leonello and Maria of Aragon, daughter of the king of Naples la pioggia spegnendo due granate incendiarie; il tutto entro la scritta «· opvs · pisani · pictoris»
(1)
Jacopo Bellini, Monumento equestre (Londra, British Museum) Negli album di schizzi di Jacopo Bellini si trovano diverse figure potenzialmente riconducibili alla competizione ferrarese promossa da Leonello d’Este per il monumento equestre in onore del padre: che si tratti di progetti per il monumento di Nicolò III o meno, questi disegni attestano l’eco che la vicenda ebbe intorno alla metà del Quattrocento negli ambienti artistici dell’Italia centrosettentrionale
(2)
(3)
Jacopo Bellini, Equestrian monument (London, British Museum) In Jacopo Bellini’s sketchbooks several figures appear who are potentally to be referred to the competition promoted in Ferrara by Leonello d’Este in view of the execution of the equestrian monument celebrating his father: whether or not these were the drawings preluding to the monument of Nicolò III, they yet are revealing of the development that took place in the artistic milieu of northern and central Italy around the 1450s
(4)
(1) Recto: Busto del principe entro la scritta «leonellvs marchio estensis», le parole separate da ramoscelli d’ulivo Verso: Testa di fanciullo tricipite entro la scritta «opvs pisani · pictoris», fra elementi d’armatura attaccati a ramoscelli d’ulivo
(2) Recto: Busto del principe entro la scritta «leonellvs marchio estensis», le parole separate da ramoscelli d’ulivo Verso: Un vecchio e un giovane in piedi uno di fronte all’altro, ognuno con un cesto sulle spalle ricolmo di foglie d’ulivo; sullo sfondo roccioso cade
(3) Recto: Busto del principe entro la scritta «· leonellvs · marchio · estensis · d · ferrarie · regii · 7 · mutine», inserita in una fascia circolare Verso: Una lince bendata seduta su un cuscino quadrato; in basso, la scritta «pisanus pictor fecit», inserita in una fascia circolare con motivi floreali (4) Recto: Busto del principe entro la scritta, in alto: «· ge[ner] · r[egis] · ar[agonum] · »; in basso: «· d · ferrarie· regii · 7 · mutine · »; al centro, su due righe: «· leonellvs · marchio | · este nsis» Verso: Un leone guarda uno spartito musicale sorretto da un Cupido alato; dietro a lui un pilastro quadrangolare con l’impresa della colonna e della vela spiegata con la data: «· m · | cccc | xliiii»; sullo sfondo, a sinistra, un’aquila appollaiata su un arbusto rinsecchito su un’altura rocciosa; a destra la scritta «· opvs · | pisani · | pictoris ·». La medaglia fu eseguita in occasione delle nozze di Leonello con Maria d’Aragona (1444) (1) Obverse: Bust of the prince inside the writing «leonellvs marchio estensis», the words separated by olive twigs Reverse: Bust of a threeheaded boy inside the writing «opvs pisani · pictoris», between pieces of armour attached to olive twigs
(2) Obverse: Bust of the prince inside the writing «leonellvs marchio estensis», the words separated by olive twigs Reverse: An old man and a young man standing one in front of the other, each with a basket on this shoulders full of olive leaves; in the rocky background the falling rain extinguishes two incendiary grenades; all surrounded by the words · «opvs · pisani · pictoris» (3) Obverse: Bust of the prince inside the writing «leonellvs · marchio · estensis · d · ferrarie · regii · 7 · mutine», inside a circular band Reverse: A blindfolded lynx seated on a square cushion; at the bottom, the words «pisanus pictor fecit», surrounded by a circular band with floral motives (4) Obverse: Bust of the prince inside the words, at the top: «ge[ner] · r[egis] · ar[agonum]»; and at the bottom: «d · ferrarie· regii · 7 · mutine»; and in the middle, on two lines: «leonellvs · marchio | · este nsis» Reverse: A lion looks at a musical score held up by a winged Cupid; behind him a four-sided pillar with the motto of the column and the sail unfurled with the date: «m · | cccc | xliiii»; in the background, on the left, an eagle perched on a dried up bush on a rocky hill; on the right the words «opvs · | pisani · | pictoris». The medal was executed on occasion of the wedding of Leonello and Maria d’Aragona (1444)
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De re aedificatoria È lo stesso Leon Battista Alberti nei Ludi Mathematici a ricordare come la prima commissione di un trattato d’architettura gli fosse stata rivolta da Leonello d’Este, di cui era stato più volte e a lungo ospite nel corso degli anni ’40 del Quattrocento. In seguito, nel corso del secolo, Ferrara sarebbe rimasta uno dei principali centri di studio e conoscenza delle opere albertiane, tanto che proprio in città venne elaborata la prima (parziale) traduzione in volgare del De re aedificatoria, per mano di Pellegrino Prisciani, archivista di Ercole I d’Este. Ciò nonostante, il bellissimo esemplare miniato oggi conservato nella Biblioteca Estense di Modena venne originariamente copiato per Mattia Corvino, re d’Ungheria: disperso dopo la sua morte, venne comprato nel 1560 a Venezia dall’ambasciatore ducale Girolamo Falletti per conto di Alfonso II d’Este, ad attestare il duraturo interesse della dinastia per l’architettura e il disegno urbano.
(1444), it shows Amor taming a lion by showing a musical score with an eagle, emblem of the Este, in the background. Among the various possible interpretations is the mere celebration of marital love and the marriage of the newlyweds, but, at the same time, also a visual transposition of Guarino’s teaching regarding the sovereigns who were able to rule «non vi, non armis, ut tyranni, sed placabilitate et clementia», assiduous admirers of the Muses «non modo chordarum te cytharae sed rerum etiam publicarum moderatrices».
De re aedificatoria
Leon Battista Alberti, De re aedificatoria (Modena, Biblioteca Estense Universitaria) Leon Battista Alberti, De re aedificatoria (Modena, Biblioteca Estense Universitaria)
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Leon Battista Alberti himself in his Ludi Matematici recalls how he received his first commission concerning a treatise on architecture by Leonello d’Este, of whom he had repeatedly and at length been a guest during the 1440s. Later on, in the course of the century, Ferrara was to become one of the most prominent centres of studies of Alberti’s works to the point that the first (partial) vulgar translation of De re aedificatoria was produced in Ferrara by Pellegrino Prisciani, archivist to Ercole I d’Este. Nonetheless, the exquisite illuminated version, today owned by the Estense Library in Modena, had originaly been copied for Mathias Corvino, king of Hungary. Dispersed after his death, the manuscript was purchased in Venice by the ducal ambassador Girolamo Falletti by order of Alfonso II d’Este, as a proof of the lasting interest showed by the dynasty in architectural and urban planning.
Leon Battista Alberti e i letterati della corte di Ferrara (Palazzo Schifanoia) Nel riquadro di Marzo del Salone dei Mesi di Schifanoia, sotto il nume tutelare di Minerva, dea della saggezza, è raffigurato un gruppo di studiosi meditabondi, assorti nella lettura: i loro volti sono tutti marcatamente caratterizzati, ed è probabile che almeno alcuni di loro fossero effettivamente viventi e attivi alla corte di Ferrara. All’estrema destra del gruppo, in particolare, si può riconoscere senz’ombra di dubbio il profilo di Leon Battista Alberti: dipinto quando quest’ultimo non frequentava più da anni la corte estense, l’affresco manifesta tutto il fascino che il circolo di Leonello continuava a esercitare sui letterati delle generazioni successive (fra cui Pellegrino Prisciani, volgarizzatore del De re aedifcatoria e ispiratore appunto del ciclo iconografico di Schifanoia) Leon Battista Alberti and the men of letters of the court of Ferrara (Palazzo Schifanoia) In the March panel in Palazzo Schifanoia’s Hall of the Months, under the tutelary deity Minerva, goddess of wisdom, is depicted a group of cogitative scholars, absorbed in reading: their faces are markedly characterized and it is probable that at least some of them were actually alive and active at the court of Ferrara. On the extreme right of the group, in particular, is the unmistakable profile of Leon Battista Alberti: painted however, when he had not attended the Estense court for years, the fresco shows the charm that Leonello’s circle continued to exert over
the men of letters of the successive generations (among whom Pellegrino Prisciani, translator into the vernacular of the De re aedifcatoria and in fact, the man who inspired the iconographical cycle in Palazzo Schifanoia)
Leon Battista Alberti, Philodoxeos fabula (Modena, Biblioteca Estense Universitaria) Leon Battista Alberti, Philodoxeos fabula (Modena, Biblioteca Estense Universitaria) Angelo Decembrio, Politia literaria, Augusta 1540, frontespizio (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) Angelo Decembrio, Politia Litteraria, Augusta 1540, frontispiece (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
Intorno al magistero di Guarino e al mecenatismo di Leonello, negli anni ’40 del XV secolo si formò a Ferrara un circolo letterario ricco di personalità, evocato fra gli altri da Angelo Decembrio nella sua Politia literaria: oltre al Veronese, ne facevano parte alcuni patrizi ferraresi o da poco giunti in città (come Tito Vespasiano Strozzi, o i fratelli Francesco e Malatesta Ariosto), i docenti dello Studio (già fondato da Alberto nel 1391, poi riaperto da Leonello con gran clamore nel 1442), e alcuni alti officiali di corte come il fattore generale Giovanni Bianchini. Era un ambiente straordinariamente variegato e curioso, in cui si coltivavano molteplici interessi, dalla medicina all’astrologia, dalla matematica alla geometria, dall’antiquaria all’architettura. Non è certo un caso, allora, che Leon Battista Alberti frequentasse volentieri Ferrara, coltivandovi amicizie importanti, da Meliaduse d’Este abate di Pomposa (cui dedicò i Ludi Mathematici), allo stesso Leonello, cui l’umanista fiorentino pensava di dedicare i suoi libri De re aedificatoria, prima che la morte prematura del marchese non lo spingesse a individuare un nuovo destinatario dei suoi sforzi nel papa Niccolò V.
Under Guarino’s aegis/guidance and the patronage encouraged by Leonello, during the fifth decade of the XV century in Ferrara a literary circle took shape that attracted eminent scholars, as recorded by Angelo Decembrio in his Politia literaria: besides Veronese, a group of Ferrarese and recently arrived aristocrats (such as Tito Vespasiano Strozzi or the brothers Francesco and Malatesta Ariosto), the professors of the University (founded in 1391 by Alberto and later sensationally reopened by Leonello in 1442) along with other court officials such as the fattore generale Giovanni Bianchini. They gave birth to an outstandingly compound and remarkable circle, where a wealth of disciplines were cultivated: from medicine to astrology, from mathematics to geometry and from antiquarian studies to architecture. It is not surprising if Leon Battista Alberti found himself at ease in Ferrara and associated with important personalities from Meliaduse d’Este (who became the recipient of his Ludi Mathematici) to Leonello, whom the Florentine humanist intended to dedicate the treatise De re aedificatoria, before the marquis’ death induced Alberti to designate pope Niccolò V as the new recipient.
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La magnificenza The Prince’s del principe magnificence
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el corso del Quattrocento fra le Virtù sovrane per eccellenza vengono annoverate sempre più spesso la Magnificenza e la Liberalità: ossia la predisposizione del principe a commissionare grandiose opere d’arte e d’architettura, offrendo così una manifestazione tangibile della sua volontà di non accumulare potere e ricchezze per se stesso, da tiranno, ma di impiegarle per accrescere l’onore e il prestigio della dinastia, a servizio del bene pubblico. Questa idea, che in seguito avrebbe fornito la principale giustificazione ideologica alle grandi operazioni urbane quattrocinquecentesche (presentate quasi sempre come mirate al benessere dei sudditi), aveva inizialmente trovato espressione sul piano dell’arte di corte per eccellenza: la miniatura. Già allora stigmatizzate come segni di vanità, in realtà le manifestazioni di magnificenza degli Estensi - e di Borso in particolare - avevano dunque un dichiarato intento politicoideologico: «lo è in grandissimo errore chadauno che ni stimi superbo ni ambitioso» - scriveva Borso nel 1468, quasi in risposta alle parole sprezzanti di Pio II - «cunciosia che se havemo cercho de exaltare la Casa l’havemo facto più per havere più ferme ragione et perpetue sopra de Regio et de Modena et sopra di altri nostri luogi del Imperio sotto il titolo del ducato, cha per altra vanagloria». La committenza di opere d’arte, per il primo duca di Ferrara, non era fine a se stessa, ma strumento di legittimazione del dominio dinastico.
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uring the XV century Magnificence and Liberality were more and more numbered among the supreme Virtues above par: they mainly manifested in the prince’s inclination to commission outstanding works of art and architecture by that means providing tangible evidence that he shunned accumulation of riches and power on his own behalf, as a despot, but instead was ready to deploy them to enhance the dynasty’s honour and prestige thus contributing to the common good. This was the concept - which in the ensuing decades would have provided undisputable political justification for the great XV and XVI centuries urban achievements - initially underlying the art of illumination, ideal expression of courtly art. Already at that period stigmatized as frivolous manifestations, conversely, all ostentations of magnificence fostered by the Este - and by Borso more than by any other - actually concealed an overt ideological and political message: «He is in great error whoever thinks neither high nor ambitious», Borso wrote in 1468 in reply to pope Pius II’s disdainful remarks, «for all we set out to do to exhalt the Household, we have accomplished it above all to possess good and perpetual reasons over Reggio and Modena as well as over our estates of the Empire now part of the dukedom, than to add to any other vainglory». To the first duke of Ferrara, the patronage of works of art found no satisfaction in itself, but acted as instrument of political legitimation of the dynastic rule.
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La pittura a Ferrara ai tempi di Leonello e Borso
Painting in Ferrara at the time of Leonello and Borso
La responsabilità diretta del potere spetta a Leonello per un numero ridotto di anni (1441-1450) importanti e affascinanti perché si prepara e si definisce la transizione fra la cultura cortese e quella di referenza toscana, esportata e diffusa nell’Italia settentrionale dai trattati di Leon Battista Alberti e dalla presenza sua e di un numeroso gruppo di artisti fra i quali basti ricordare Donatello e, a Ferrara, Michele da Firenze, autore della immagine della Vergine nella facciata della Cattedrale, e Nicolò Baroncelli che eseguì, insieme ad Antonio di Cristoforo, il monumento equestre per Nicolò III avanti il Palazzo di Corte ove, all’interno, erano gli affreschi di Piero della Francesca.
Leonello held the reins of power only for a restricted, though crucial and fascinating time span (1441-1450), that witnessed and shaped the transition from courtly ideals to the Tuscan-based novelties exported and spread throughout Northern Italy by Leon Battista Alberti’s treatises and sojourns, as well as by a group of artists such as Donatello and, in Ferrara, Michele da Firenze, who sculpted the figure of the Virgin on the façade of the Cathedral, and Nicolò Baroncelli, who executed in collaboration with Antonio di Cristoforo, the equestrian monument of Nicolò III in front of the Court Palace, that contained a cycle of frescoes painted by Piero della Francesca.
Rogier van der Weyden, Compianto sul Cristo morto, olio su tavola, 1450 ca. (Firenze, Galleria degli Uffizi. È vietata l’ulteriore riproduzione)
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Rogier van der Weyden, Mourning over the Dead Christ, oil on wood, ca. 1450 (Florence, Galleria degli Uffizi. Further publication is not permitted)
Rogier van der Weyden, Francesco di Leonello (New York, The Metropolitan Museum of Art). Figlio naturale di Leonello, Francesco d’Este era stato mandato giovanissimo alla corte borgognona di Filippo il Buono per compiervi la propria formazione. Non ne avrebbe più fatto ritorno, se non per brevi periodi: divenuto cortigiano tra i più in vista di Antoine di Valois, detto il Gran Bastardo di Borgogna, sarebbe morto forse a Montpellier dopo il 1484. Il quadro di Rogier van der Weyden è databile al 1460 circa Rogier van der Weyden, Leonello’s Francesco (New York, The Metropolitan Museum of Art). The natural son of Leonello, Francesco d’Este had been sent when very young to the Burgundian court of Philip the Good to complete his formation. He was not to return, except for brief periods: he was in regular attendance at the court of Antoine de Valois, called the Great Bastard of Burgundy and was to die in Montpellier after 1484. The painting by Rogier van der Weyden can be dated to circa 1460
Two edifices providing evidence of a dominating tendency that will reach its greatest expression only towards the end of the century and the beginnings of the following. A trend successfully contrasted by the art and prestigious career of Pisanello, author of the celebrated portrait of Leonello, painted in competition with Jacopo Bellini. The artist was the enthusiast interpreter and champion of a chivalric and figurative culture that turned Ferrara into a capital of the world which found its models and full accomplishment in Charles the Fearless’s Bourgoigne. It was not by chance if Flemish artists constituted a conspicuous presence in the city. They were not only painters of the sort of Rogier van der Weyden, but also tapestryweavers such as Pietro di Andrea of Flanders and Livino Gigli of Bruges.
Jacopo Bellini, Madonna dell’Umiltà (Parigi, Louvre) A sinistra, inginocchiato, il marchese Leonello Jacopo Bellini, Madonna of Humility (Paris, Louvre) On the left, kneeling, the marquis Leonello Figure allegoriche. Quattro delle Muse che decoravano lo studiolo fatto allestire da Leonello a Belfiore, poi terminato da Borso diversi anni dopo. In origine le Muse dovevano prefigurare una sorta di conciliazione fra la cultura pagana e quella cristiana; il programma iniziale, tuttavia, fu poi alterato a tal punto da riuscire di difficile comprensione agli stessi contemporanei, così che lo studiolo venne smantellato già alla fine del Quattrocento Allegorical figures. Four of the Muses that decorated the studiolo which Leonello had installed at Belfiore, later completed by Borso some years later. Originally, the Muses were supposed to prefigure a sort of conciliation between pagan culture and Christian culture; the initial plan, however, was then altered so much that it became difficult even for the contemporaries themselves to understand it and thus, at the end of the 1400s, it was dismantled
Due luoghi emblematici che testimoniano una volontà egemone che si realizzerà pienamente solo alla fine del secolo e in quello successivo. Una presenza che è, vivamente e felicemente, contrastata dalla attività e dalla fortuna di Pisanello il quale oltre ad eseguire, in gara con Jacopo Bellini, il ritratto, famoso, di Leonello, interpreta e sostiene la cultura cavalleresca e cortese che fa di Ferrara una
Da sinistra: Angelo Maccagnino (?) e primo collaboratore di Cosmè Tura, La Musa Erato, 1450 ca.-1460 ca. (Ferrara, Pinacoteca Nazionale)
From the left: Angelo Maccagnino (?) and main assistant to Cosmè Tura, The Muse Erato, circa 1450-1460 (Ferrara, Pinacoteca Nazionale)
Angelo Maccagnino, Cosmè Tura e collaboratore, La Musa Tersicore, 1450 e 1463 ca. (Milano, Museo Poldi Pezzoli)
Angelo Maccagnino, Cosmè Tura and assistant, The Muse Terpsichore, 1450 and ca. 1463 (Milan, Museo Poldi Pezzoli)
Secondo pittore dello studiolo di Belfiore, La Musa Urania, 1445 ca. (Ferrara, Pinacoteca Nazionale)
Second painter of the Belfiore studiolo, The Muse Urania, ca. 1445 (Ferrara, Pinacoteca Nazionale)
Michele Pannonio, La Musa Talia, 1456-1459 (Budapest, Szépmüvészeti Múzeum)
Michele Pannonio, The Muse Thalia, 1456-1459 (Budapest, Szépmüvészeti Múzeum)
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delle capitali di un mondo che ha il suo modello nei romanzi e la sua realizzazione nella Borgogna di Carlo il Temerario. Non è un caso che i fiamminghi siano numerosi in città: non solo pittori come Rogier van der Weyden, ma anche arazzieri come Pietro di Andrea di Fiandra o Livino Gigli di Bruges. Francesco d’Este, figlio naturale di Leonello, è dal 1444 residente a Bruxelles e, con continuità, invia non solo dipinti, arazzi, volumi ma anche oggetti di uso quotidiano che entrano a fare parte dell’immaginario naturale della corte estense.
Il monumento di Borso d’Este Originariamente, nel 1452, il monumento di Borso era stato innalzato di fronte al Palazzo della Ragione - e questo spiega la postura del novello duca, seduto in trono nell’atto di giudicare. Fu solo in seguito, nel 1472, che Ercole I fece spostare la statua del fratello a fianco dell’ingresso principale al Palazzo di Corte, accanto al monumento paterno, in modo da nobilitare la facciata del palazzo con un pendant trionfale al passo con i tempi. Gravemente danneggiata da un incendio nel 1716, la colonna su cui si erge il monumento venne ricostruita di lì a poco impiegando antiche lapidi sepolcrali prelevate a questo scopo dal cimitero ebraico, e tuttora imprigionate nel fusto monolitico.
Borso «Borso era un uomo prestante, di statura superiore alla media, aveva bei capelli e un aspetto piacevole: loquace, stava ad ascoltarsi mentre parlava, anche perché la sua conversazione piaceva più a lui che agli ascoltatori. Sulle sue labbra molte lusinge e insieme molte menzogne... Ovunque si recasse, fra i suoi sudditi, il popolo non aveva per lui che voci di plauso, ma in terra straniera il suo nome era disprezzato, nonostante egli usasse dire che Ferrara era la scuola in cui gli italiani avevano imparato tutto ciò che sapevano, ed egli era il maestro che a quella scuola presiedeva» (Enea Silvio Piccolomini, 1463) 52
Besides, Francesco d’Este, Leonello’s natural son, resided permanently at the court of Brussels since 1444, whence he assiduously despatched to his father both paintings, tapestries, illuminated manuscripts and everyday-use manufacts which cannot have failed to impress the Este court’ imagination.
The monument of Borso d’Este At the time of its execution in 1452, the monument of Borso had been placed in front of the Palazzo della Ragione - this accounts for the newly-invested duke’s countenance, sitting on a throne in a judging attitude. It was only in 1473, at Ercole I’s wish, that his brother’s statue was moved next to the Court Palace main entrance, along with his father’s monument, to dignify the palace façade with a glorious up-to-date pendant. Severely damaged by a fire in 1716, the column sustaining the monument was shortly afterwards reconstructed making use, among other materials, of the remnants of ancient funerary lapids collected on purpose at the Jewish graveyard and today still incorporated inside its monolithic shaft.
Il monumento di Borso d’Este in atto di giudicare (modello di Giacomo Zilocchi, 1927: l’originale in bronzo, perduto, venne distrutto durante l’occupazione napoleonica, nel 1796). L’incisione scolpita intorno alla base della statua, sul capitello della colonna, è di mano di Tito Vespasiano Strozzi e recita: «Hanc tibi viventi Ferraria grata columnam / ob merita in patriam princeps iustissime Borsi / dedicat Estensi qui dux a sanguine primus / excipis imperium et placida regis omnia pace» (A te, in vita, la grata Ferrara dedica questa colonna, o giustissimo Borso, sovrano grazie ai tuoi meriti, primo del tuo sangue a ricevere dall’imperatore il titolo ducale, reggitore pacifico di tutte le cose) The monument of Borso d’Este Judging (model by Giacomo Zilocchi, 1927: the bronze original, now lost, was destroyed during the Napoleonic occupation in 1796). The inscription carved on the statue pedestal on top of the column and composed by Tito Vespasiano Strozzi, reads:«Hanc tibi viventi Ferraria grata columnam / ob merita in patriam princeps iustissime Borsi / dedicat Estensi qui dux a sanguine primus / excipis imperium et placida regis omnia pace» (To you, in life, grateful Ferrara dedicates this column, fairest Borso, sovereign thanks to your merits, the first among your blood to receive from the emperor the ducal title, peace-loving ruler of all things)
The art of illumination Manuscript illumination vaunts ancient origins. It imposed itself as an uninterrupted practice that persisted even after the onset of the printed book. These volumes were costly, produced in specialized workshops - whether religious or lay - or scriptoria by skillful craftsmen generally divided in two categories: the copysts who wrote the text and the artists who filled the blank spaces with decorations and colourful images. The codices commissioned by the Este court, especially at the time of Leonello, distinguish themselves for a declared and manifest symbolic content. They artfully convey the prince and his courtiers’ intellectual and moral qualities, reflecting from time to time a “virtue” immediately recognizable to their own contemporaries. By the same token, they are generally shown but not read, inasmuch as parade armours were exhibited in ceremonies and not on the battlefield. Borso d’Este, affresco (Ferrara, Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia, particolare del Mese di Aprile) Borso d’Este, fresco (Ferrara, Palazzo Schifanoia’s Hall of the Months, detail of the Month of April)
La miniatura La decorazione dei manoscritti è antica, ininterrotta abitudine che continua anche con il libro a stampa. Il codice miniato unisce al testo immagini che vogliono essere non solo di particolare gradevolezza ma anche di commento e integrazione alla parola. Questi volumi sono costosi e vengono eseguiti in officine, scriptoria, religiose o laiche da parte di specialisti che, schematicamente, si possono dividere in due categorie: coloro che scrivono il testo e quelli che, negli spazi lasciati liberi, disegnano e colorano le immagini. I codici preparati per la Corte hanno una dichiarata ed evidente funzione simbolica; servono a segnalare le qualità intellettuali e morali del principe e di chi lo circonda, dichiarano una “virtù” che i contemporanei sanno immediatamente riconoscere. Per la stessa ragione vengono mostrati ma, in genere, non sono letti: allo stesso modo delle armi da parata che non vengono utilizzate nei combattimenti.
Genealogia dei principi d’Este, XV secolo (Roma, Biblioteca Nazionale Centrale. Non è consentita l’ulteriore pubblicazione senza autorizzazione)
Genealogy of the d’Este princes, 15th century (Rome, Biblioteca Nazionale Centrale. Further publication is not permitted without authorisation)
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L’interesse quasi codificato nell’età di Leonello per i libri, per i temi classici, continua sotto il Ducato di Borso con una particolare attenzione alla forma del volume, alla sua fastosità, al suo essere oggetto di pregio. Il nuovo duca sente come contenuto la forma, la fastosità non è solo segno del potere ma, soprattutto, testimonianza dei valori che guidano l’azione di governo. La committenza della corte e del principe continua, altri nomi si aggiungono a quelli che sino ad allora avevano lavorato; troppo lungo sarebbe fare un elenco anche solo esemplificativo, della attività degli scriptoria per la corte estense. Una unica, monumentale e simbolica, opera va, per tutte, ricordata: la Bibbia di Borso. Il codice, scritto da Pietro Paolo Morone, è composto da più di 600 carte, miniate con esuberanza, sin quasi a cancellare il testo, da Taddeo Crivelli e Franco dei Russi i quali hanno la responsabilità dell’impresa; molti altri si affiancano: in posizione subordinata ricordiamo almeno Giorgio d’Alemagna, Girolamo da Cremona, Guglielmo Giraldi, gli anonimi Maestro dei Re e del Messale Barbo.
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Continueranno tutti a lavorare per la corte e ad esportare il modello ferrarese in altre realtà. La ricchissima decorazione mantiene un forte carattere unitario ed è alto esempio di quella cultura ‘cortese’ alla quale continuerà a fare riferimento Borso per tutta la durata del suo regno. Gli episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento, attualizzati, divengono la rappresentazione del buon governo; il duca appare nelle vesti di Salomone e in continuità ricorrono lo stemma estense, l’aquila bianca, le imprese del duca: il paraduro, l’asse chiodato, il fonte battesimale, la siepe, l’abbeveratoio, l’unicorno. L’opera iniziata nel 1445 viene terminata nel 1461, nel 1462 Gregorio di Gasparino completa la legatura del codice, in argento e stoffa intessuta d’oro. A conferma del suo carattere simbolico il volume resta sempre di proprietà estense: da Ferrara a Modena, da Modena a Vienna. Caduto l’impero asburgico la vedova di Carlo I la pone in vendita nel 1923, nel 1924 viene acquistato da Giovanni Treccani che ne fa dono allo Stato italiano.
Les Petites Prières de Renée de France. Libro d’ore di Renata di Francia, XVI secolo (già Modena, Biblioteca Estense Universitaria)
Bibbia di Borso d’Este Taddeo Crivelli, incipit del libro della Genesi. La creazione, XV secolo (Modena, Biblioteca Estense Universitaria)
Borso d’Este’s Bible Taddeo Crivelli, opening words of the Book of Genesis. The Creation, 15th century (Modena, Biblioteca Estense Universitaria)
Les Petites Prières de Renée de France. Libro d’ore of Renée of France, 16th century (former Modena, Biblioteca Estense Universitaria)
Libro d’ore di Alfonso I d’Este, XVI secolo (Lisbona, Fondazione Calouste Gulbekian. Tratto da facsimile)
Libro d’ore of Alfonso I d’Este, 16th century (Lisbon, Fondazione Calouste Gulbekian. Taken from a fascimile)
Giovanni Bianchini, Tabulae Astrologiae (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) Giovanni Bianchini, presentato da Borso d’Este, offre all’imperatore Federico III una copia della sua opera
Giovanni Bianchini, Tabulae Astrologiae (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) Giovanni Bianchini, introduced by Borso d’Este, offers Emperor Frederick III a copy of his work
Bibbia di Borso d’Este, XV secolo (Modena, Biblioteca Estense Universitaria)
Borso d’Este’s Bible, 15th century (Modena, Biblioteca Estense Universitaria)
The interest in classical texts and themes, close to codification during Leonello’s age, persisted under Borso’a duchy, who dedicated careful attention to the volume appearance, whose sumptuousness did not exclusively hint at the owner’s standing but, more than that, at the values underlying the lord’s government. Both the court and the prince’s patronage kept a lively pace: more artists appeared on the scene alongside those already active. A list of the scriptoria at work for the Este court would result exceedingly long. However, a unique, monumental work needs special mention: the Bible of Borso. The codex, transcribed by Pietro Paolo Morone, consists of more than 600 pages, vividly illuminated, as if to oust the written text, by Taddeo Crivelli and Franco de’ Russi, who supervised the commission. They were assisted by several other artists such as Giorgio d’Alemagna, Girolamo da Cremona, Guglielmo Giraldi, the anonymous Master of the Kings and Master of the Barbo Missal. All of them would have continued their activity at the court
exporting the Ferrarese modes to other artistic realities. The exhuberant ornamentation preserves a strong unitary character and is extraordinarily representative of that “courtly” culture constantly upheld by Borso throughout his entire reign. The episodes illustrating the Old and New Testament, referred to contemporary times, concealed a formulation of the image of good government. The duke is portrayed in the guise of Solomon abundantly surrounded by the Este herald device, the white eagle along with the duke’s coats-ofarms: the “paraduro”, the “chiodara”, the baptismal font, the hedge, and the unicorn. The work, begun in 1455, was concluded in 1461. In 1462 Gregorio di Gasparino completed the codex with a silver and gold-woven cloth binding. As a confirmation of the book symbolic value, the Este never yielded its ownership: from Ferrara to Modena, from Modena to Vienna. After the fall of the Habsburgs’ empire, in 1923 Charles I’s widow decided to sell the book. In 1924 Giovanni Treccani purchased and then donated it to the Italian
Tito Livio Frulovisio, De re publica libri tres (Reggio Emilia, Biblioteca Comunale “Panizzi”) Tito Livio Frulovisio, De re publica libri tres (Reggio Emilia, Biblioteca Comunale “Panizzi”)
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Il territorio Territorial e la cittĂ domination
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Il territorio e la città
Territorial domination
Signori di Ferrara dal 1264, nell’arco di un paio di secoli gli Este seppero ampliare il proprio dominio sino a comprendere altre due città (Modena e Reggio) con i rispettivi contadi e un gran numero di comunità e province anche lontanissime le une dalle altre, dalle paludose valli del Polesine di Rovigo alle scoscese pendici appenniniche in Garfagnana: luoghi a volte lontanissimi gli uni dagli altri, e non solo geograficamente, ma anche da un punto di vista storico, sociale, politico, culturale. Fu anche per questo che generalmente nei loro Stati i marchesi poi duchi mirarono a negoziare caso per caso delle forme di “coabitazione” con i poteri costituiti, tendendo a tutelare le gerarchie e gli equilibri consolidati piuttosto che a imporre velleitariamente un ordinamento omogeneo e uniforme (obiettivo, questo, per altro inconcepibile e irrealistico nella cultura politica del tempo). Uno dei pochi segni tangibili della presenza estense nel territorio erano le rocche e i castelli in cui risiedevano gli officiali signorili, dislocati nei centri più importanti del dominio: spesso, specie se ricostruiti dalle fondamenta dopo la conquista ducale, questi fortilizi si ispiravano visivamente al Castello di Ferrara, scelto come modello di riferimento non solo nelle terre poste sotto il diretto dominio estense (come Finale e San Felice) o nelle “delizie” del contado (come Benvignante), ma anche in centri feudali come Vignola e persino all’estero, come nel caso di Mantova, il cui castello venne progettato da Bartolino da Novara pochi anni dopo quello ferrarese. In questo lungo arco di tempo anche la città di Ferrara si era ampliata, quasi in simbiosi con il territorio soggetto ai suoi signori, espandendosi verso nord intorno alla Cattedrale, nei pressi del palazzo dei marchesi e poi - dopo la costruzione del Castello - nel cosiddetto “Borgo nuovo” fatto fortificare da Nicolò II alla fine del Trecento. Il cuore medievale della città, tuttavia, non venne mai abbandonato, e anzi ad esso continuarono a rapportarsi più o meno esplicitamente tutte le successive operazioni di ampliamento urbano, disegnate secondo il modello dell’“addizione”: di qui una serie
Acclaimed lords of Ferrara since 1264, in the course of a couple of centuries the Este were able to extend their dominions so as to include the towns of Modena and Reggio along with their countryside and a large number of villages and provinces generally located at great distance one from another. These ranged from the swampy Polesine valley of Rovigo to the steep slopes of the Appennines in Garfagnana: places not rarely disseminated through isolated distant territories both from a geographical and historical, socio-political and cultural point of view. This also explained the reasons why usually the dukes aimed at negotiating from time to time in their States patterns of cohabitation with pre-existing authorities, tending to preserve consolidated hierarchies and political
Marco Antonio Pasi, Carta corografica dei Ducati estensi, 1571, particolare (Modena, Archivio di Stato) Marco Antonio Pasi, Chorographic map of the Estense Duchies, 1571, detail (Modena, Archivio di Stato)
L’espansione territoriale estense fino al 1598 Estense territorial expansion up until 1598
di tratti ricorrenti nei vari quartieri, dalla struttura “a riviera” del tessuto viario all’impiego di pietre e pilastri d’angolo a scandire gli incroci, dalla modularità dell’edilizia residenziale all’uso di archi e sovrappassi nelle strade di servizio… Tutti fattori che avevano la propria matrice nelle origini altomedievali della città - avamposto militare di fondazione bizantina - ma che nel corso del tem-
balances rather than enforce a homogeneous and superior order (a fairly unconceivable and unrealistic goal in the coeval political mindframe). One among the rare tangible signs of the Este presence in the territory was represented by the strongholds and castles which accomodated the lord’s functionaries in charge throughout the main centres of the duchy. Frequently, especially if built anew after the dukes’ accession, these forts drew evident inspiration from the Castle of Ferrara, elected as point of reference not only in the territories under direct control of the Este (as was the case of Finale and San Felice) or in the “delizie” scattered throughout the countryside (such as Benvignante), but also in feudal avamposts such as Vignola and even out of the borders of the Este States. A case in point is exemplified by the castle of Mantua, designed by Bartolino da Novara a few years later. During that long time span the city of Ferrara had also grown, almost in symbiosis with the territory ruled by its lords, expanding towards the north around the Cathedral, near the palaces of the marquises and later - following construction of the Castle - in the so-called “Borgo nuovo”, which Nicolò II had fortified at the of 14th century.
Stato di Ferrara con li suoi confini tratto da Carte generali e particolari di tutto lo Stato di Ferrara levate dalli originali di Bartolomeo Gnoli e d’altri ancora da Alberto Penna, in Ferrara, l’anno mdclviii (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) State of Ferrara with its borders taken from General maps and details of all of the State of Ferrara taken from the originals by Bartolomeo Gnoli and others by Alberto Penna, in Ferrara, in the year mdclviii (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
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po assursero a tratti distintivi dell’identità locale, e come tali sarebbero sempre stati usati anche in seguito, per sottolineare con orgoglio le radici idiomatiche della cultura architettonica cittadina.
The medieval heart of the city however was never abandoned and in fact all later operations of urban extension continued to a greater or lesser extent to relate to it and were designed according to the model of the “addizione”: hence, a series of recurring features in the various quarters of the city, from the “rivera-like” layout of the roads to the use of stones and corner pillars to mark out crossroads, from the modularity of residential building to use of arches and overpasses in the back streets. All factors that had their roots in the Late Medieval origins of the city - military outpost of Byzantine foundation but which took on distinctive features of the local identity in the course of time and being such they would always be used thereafter to proudly emphasise the idiomatic roots of the city’s architectural culture.
I castelli I Castelli dell’Emilia compongono un nucleo particolarmente numeroso e da considerare all’avanguardia dell’architettura fortificata italiana sin dal Trecento, assieme al Piemonte, e per tutto il XV secolo, assieme alla Campania Angioina ed Aragonese. Questa regione, con le Marche e la Toscana costituì poi nel Rinascimento un modello che per qualità e quantità può essere paragonato al fenomeno più noto della Castiglia Spagnola.
The castles The Castles disseminated throughout Emilia Romagna form a rather notable group, which has always been the cutting edge in the field of fortified buildings in Italy since the XIV century along with Piedmont’s fortresses and Campania under the Agevins and the Aragonese during the whole Quattrocento. In the Renaissance the region, together with the Marches and Tuscany, represented a conspicuous and refined paradigm that could compared to the more famous Castilian Spain. 1. Mantova 1
2. San Felice sul Panaro 3. Fontanellato 4. Castel del Rio 5. Torrechiara 6. Fontevivo 7. Lugo 8, 9, 10. Mesola
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Elemento peculiare nei castelli emiliano-romagnoli è certamente il connubio realizzato tra funzione militare ed ambiente tanto che oggi l’opera di tanti principi e architetti costruttori di castelli e rocche rappresenta, al di là della funzione storica e documentaria, un elemento paesaggistico culturale di grande valore.
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Indeed, a distinctive feature of Emilian castles lies in the dichotomy existing between their military vocation and the surrounding environment, to the point that we are left with innumerable examples of this undisputable territorial evidence of cultural greatness, which goes far beyond its sheer historical content.
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11. Montecchio Emilia 12. Roccabianca 13. Scandiano 14. Vignola 15. Castelvetro
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Ferrara vista dall’argine del Po. Oltre al Castello e al campanile del Duomo si intravedono nello sfondo gli Appennini emiliani Ferrara seen from the banks of the Po. Besides the Castello and the Cathedral bell tower, we can make out the Apennines of Emilia
La città medievale
The medieval city
Il nucleo primitivo dal quale andrà formandosi Ferrara è la pieve di San Giorgio a sud del corso del Po Grande alla biforcazione con il ramo del Po di Primaro. In questo luogo il vescovo Giorgio, che aveva giurisdizione ecclesiastica da Voghenza su un vasto territorio della Padania, edificò una cappella battesimale per una comunità di pescatori che andava rapidamente ampliandosi. Tutto questo si colloca a partire dal V secolo d.C. al tempo dei Goti di Alarico che arrivarono in queste contrade prima dei Longobardi. Dopo l’uccisione del vescovo Maurelio (657 d.C.), punto alto e tragico dei contrasti fra la Chiesa di Roma e quella di Ravenna, San Giorgio divenne la sede vescovile insediata qui da Voghenza distrutta.
The parish of Saint George constituted the original nucleus which would trigger further development of Ferrara to the south of the main branch of the river Po where its course continued with the branch of the Po of Primaro. Here the bishop George, who had been conferred ecclesiastical jurisdiction in Voghenza over a vast territory throughout the Padania, erected a chapel where baptism was to be imparted on a growing community of fishermen. This took place since the fifth century A.D. when Alaric and the Goths invaded the district before the Lombards. Following the murder of bishop Maurelio (657 A.D.), the tragic period marked by conflicts between the Roman church and 63
Ferrara (un nome misterioso mai decifrato dagli storici) nasce dunque insieme a Venezia “tempore Gotthorum”, non per un atto di imperio ma attraverso una secolare formazione della propria coscienza civica. Momento di svolta nella costruzione della città vera e propria sarà l’edificazione del castrum, struttura difensiva eretta dagli Esarchi di Ravenna a nord del Po per contrastare la calata dei popoli del nord (VIII sec.). Attorno al castrum e lungo le rive del Po andrà formandosi il tessuto edilizio e si determinerà la prima formazione della “città lineare”. Qui comincia la storia vera di Ferrara. Siamo intorno all’anno Mille. Poi tre date importanti: metà XII secolo - rotta di Ficarolo; il Po trasferisce il suo sedime a circa seimila metri a nord del suo corso naturale; 1135 - il libero Comune edifica la Cattedrale nella quale verrà trasferita la cattedra del vescovo fino a quel momento a San Giorgio; gli Estensi vengono “eletti” dal popolo signori perpetui di Ferrara. “Nessun popolo ha mai ceduto la propria sovranità ad un tiranno riconoscendolo come tale”. 64
that of Ravenna, Saint George inherited the bishropic from the destroyed seat of Voghenza. Therefore Ferrara (whose undeciphered name still remains a mistery) appears in the same years as Venice, “tempore Gothorum”, not as a consequence of an act of will but following the consolidation of its own civic awareness. A turning-point in the history of its urban formation is represented by the erection of the castrum, a defensive citadel built by the Exarcate of Ravenna to the north of the river Po in order to contrast the invasion by North European peoples (VIII century). The urban expansion stretched around the castrum and along the banks of the Po causing the birth of the “linear city” (early phase), which dates more or less to the year 1000. Then, three crucial dates come in succession: 1152 ca. - the breach of Ficarolo: the course of the river Po moves 6 kilometers northwards; 1135 - the Commune promotes the building of the Cathedral, that will house the bishop’s seat here transferred from Saint George; the
Il campanile di San Giorgio emerge dai suoi ambiti edificati. Qui è la fondazione di Ferrara The bell tower of the church of San Giorgio rises above its group of buildings. It was here that Ferrara was founded
La facciata del Duomo e il campanile, in primo piano il volume della chiesa di San Domenico, in fondo il verde delle mura The façade of the Cathedral and the bell tower, in the foreground the bulk of the church of San Domenico, in the background the green of the city walls
1385 - con il marchese Nicolò II inizia la costruzione del Castello e contemporaneamente viene attuato il primo ampliamento della città, la prima addizione, con baricentro la via e la chiesa di San Francesco. La seconda addizione sarà realizzata da Borso nel 1451 sulle aree del sedime abbandonato dal Po con asse la via della Ghiara. Architetti della prima addizione saranno Bartolino da Novara - costruttore del Castello - e Pietrobono Brasavola; della seconda addizione Pietro Benvenuto degli Ordini e il giovane Biagio Rossetti. La seconda addizione chiude il tempo medievale della città. Le caratteristiche morfologiche della Ferrara medievale possono essere riassunte nei seguenti punti: - Edificazione intensiva su “lotti gotici” molto stretti e profondi con edifici alti fino a quattro piani: le case torri. - Notevole presenza di vie d’acqua interne attorno al castrum, in tutto il “Quartiere dei Soldati” a ovest dell’insediamento, la stessa via dei Sabbioni primo limite delle mura della “città lineare”. Presenza di edificazione programmata (il
Este are “acclaimed” perpetual lords of Ferrara by the population. “No people has ever yielded its sovereignity to the hands of a despot according him its recognition”. 1385 - under the marquis Nicolò II the Castle is initiated ; simoultaneously the first urban addition is carried out around the Via di San Francesco. The second addition will be commissioned by Borso in 1451 on the site of the previous river-bed of the Po sustained by the Via della Ghiara. Responsible for the first addition were the architects Bartolino da Novara - the author of the Castle - and Pietrobono Brasavola, whereas Pietro Benvenuto degli Ordini and a young Biagio Rossetti designed the second. With the second addition the medieval period of Ferrara draws to a close. The morphological features of medieval Ferrara may be summarized as follows: - Extensive edification over “gothic lots” stretching out with their buildings raising up to four storeys: the tower-houses. - Considerable amount of internal streams surrounding the castrum, throughout the whole “soldiers’ district” located to the west, 65
Quartiere dei Soldati) secondo insulae orientate nord-sud che si pongono in simmetria con il tracciato dell’insediamento a est (l’interno del castrum). I lotti del quartiere dei soldati venivano assegnati a chi si impegnava a difendere la città come soldato regolare in caso di attacco.
the Via dei Sabbioni itself, delimiting the earliest stretch of walls in the “linear city”. Evidence of programmed construction works (the soldiers’ district) of north-south oriented insulae symmetrical tothe east settlement (the castrum area). The soldiers’ district allotments were allocated to those who pledged to defend the city as regular soldiers in case of siege.
Andrea Bolzoni, Pianta ed alzato della città di Ferrara, 1782, incisione (Ferrara, Musei Civici di Arte Antica) Nella pagina a fianco veduta aerea della città odierna Andrea Bolzoni, Map and elevation of the city of Ferrara, 1782, engraving (Ferrara, Musei Civici di Arte Antica) In the page alongside, an aerial view of today’s city
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1. Il campanile del Duomo con l’abside rossettiana della Cattedrale, la Torre dei Leoni del Castello e il campanile della chiesa di Santo Stefano che ha la data dell’anno Mille 2. La facciata del Duomo vista dalla piazza del Municipio attraverso il vòlto del Cavallo 3. Il fianco sud della Cattedrale con l’impronta dell’antica porta dei Mesi e le botteghe addossate al monumento. Presenze antichissime che nascondono gli statuti del libero Comune
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1. The bell tower of the Duomo with Rossetti’s apse in the Cathedral, the Lions’ Tower in the Castle and the bell tower of the church of Santo Stefano which bears the date of the year 1000 2. The façade of the Cathedral seen from Piazza Municipale through the Vòlto del Cavallo 3. The southern side of the Cathedral with the mark of the old door of the Months and the shops built on the side of the monument. Very old features that hide the statutes of the Free Commune
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4. Vicolo del Gambone, entrance to the enclosure of the monastery of Sant’Antonio in Polesine, the oldest Benedictine monastery within the city walls 5. Via delle Volte 6, 7. Entrance archways to the Byzantine castrum
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8. San Romano
8 4. Vicolo del Gambone, ingresso al recinto del monastero di Sant’Antonio in Polesine, il piÚ antico monastero benedettino entro le mura
5. Via delle Volte 6, 7. Volti di ingresso al castrum bizantino 8. San Romano
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9. Il portico di Casa Minerbi in via Gioco del Pallone. Nella Casa Minerbi sono due grandi pareti affrescate nel XIV secolo da un artista detto “Maestro di Casa Minerbi” 10. Il campanile della Cattedrale, riferimento spaziale dell’area medievale 11, 12. Le chiese di Santa Agnese e Santa Agnesina nell’incrocio tra via delle Scienze e via del Carbone 13. I volumi della Cattedrale e del Castello dall’area medievale 14. Via Ragno angolo via Vittoria, a due passi da via San Romano 15. La misteriosa piazzetta San Michele
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9. The portico of Casa Minerbi in Via Giuoco del Pallone. In Casa Minerbi there are two large walls frescoed in the 14th century by an artist known as “Maestro di Casa Minerbi”
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10. The bell tower of the Cathedral, spatial reference point of the medieval area 11, 12. The churches of Santa Agnese and Santa Agnesina at the crossroads between Via delle Scienze and Via del Carbone 13. The bulk of the Cathedral and the Castle from the medieval area 10
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14. Via Ragno at the corner with Via Vittoria, a few steps from Via San Romano 15. The mysterious Piazzetta San Michele
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21 16. Piazza Lampronti e via Vittoria 17. Via Vittoria
21. Portici di via San Romano, la strada di commercio più importante della Ferrara medievale
18. Via Vittoria 19. Quartiere dei Soldati 20. Una strada del Quartiere dei Soldati
22. I bastioni delle mura 23. Il campanile del Duomo visto dall’asse del ghetto ebraico, attuale via Mazzini
23 16. Piazza Lampronti and Via Vittoria 17. Via Vittoria 18. Via Vittoria 19. Quartiere dei Soldati (Soldiers’ Quarter) 20. A street in the Quartiere dei Soldati (Soldiers’ Quarter)
21. Porticoes of Via San Romano, the most important shopping street of Ferrara’s medieval quarter 22. The city wall bastions 23. The bell tower of the Cathedral seen from the main thoroughfare of the Jewish ghetto, now Via Mazzini
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Le cucine The ducal ducali kitchens
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a grande sala delle cucine venne costruita nei primi anni del Cinquecento per volontà del duca Alfonso I, grazie all’ampliamento dell’avancorpo est che venne avanzato fino a poggiare sulle fondazioni dell’antica e ormai distrutta Porta del Leone. Dell’epoca ci è giunta l’intonacatura ad arriccio della volta, probabile preparazione per una rifinitura di maggior pregio che non venne più realizzata. Originale è anche la pavimentazione, nella quale sono ben visibili le aperture per gli scoli degli antichi acquai. Sul lato nord della sala era collocato un camino a tutta parete, come testimoniano le due finestrelle quadrate che fungevano da prese d’aria. L’attività doveva essere febbrile in queste cucine, specie quando - e succedeva assai di frequente - si preparavano i leggendari banchetti della corte, con un numero strabiliante di portate servite nell’avvicendarsi di rappresentazioni sceniche e di intrattenimenti musicali. Coreografia e gastronomia erano le componenti essenziali delle grandi feste, eventi effimeri ai quali tuttavia il signore legava in maniera non trascurabile l’ostentazione e l’amplificazione del suo potere. Per questo i grandi “scalchi”, abilissimi cuochi e cerimonieri, erano tenuti in grande considerazione nelle corti di tutta Europa. Uno in particolare è rimasto famoso: Cristoforo di Messisbugo, geniale regista di fastosi ricevimenti e scenografo di banchetti che concepiva come «una festa magnifica, tutta ombra, sogno, chimera, fittione, mettafora et allegoria».
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he large hall of the kitchens was carried out at the beginnings of the Cinquecento on the orders of Alfonso I, resulting from the extension of the eastern demilune that used the foundations of the demolished Lion’s Gate. To this period dates the whitewash rendering on the vault, probably applied as the base for a fresco that was never executed. On the equally original floor it is possible to see the marks left by the drains for the ancient sinks. The north wall of the room was covered by a fireplace which once stretched its whole width, as confirmed by the two square windows that served as air intakes. Especially when the celebrated banquets held at court were laid on - which did not happen infrequently. On these occasions a wealth of amazing courses were alternated by theatrical entertainments and musical performances. Choreography and food featured as fundamental ingredients of those great ceremonies, upon which the lord relied for the demonstration and self-aggradizement of his standing. This accounts for the high esteem devoted to these great ceremonial cooks called “scalchi” throughout the courts of Europe. One name has been handed down to posterity: that of Cristoforo di Messisbugo, the grand choreographer of sumptuous banquets and feasts conceived as a «princely feast, entirely made of shadow, dream, chimaera, phantasy, metaphor and cheerfulness».
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I banchetti di Cristoforo Messisbugo
The banquets of Cristoforo Messisbugo
Il banchetto come evento-spettacolo è il segreto della maestria di Cristoforo Messisbugo, che lo ha reso famoso nelle corti rinascimentali e che testimonia della sua modernità. Le coincidenze, la coordinazione, il ritmo che riesce a istituire fra presentazione e qualità dei cibi e i tempi della musica e dello spettacolo fanno dei suoi banchetti avvenimenti che sono vere opere d’arte. Sono famosi per questa regia due conviti. Il primo è un banchetto familiare che potremmo definire intimo e quindi con particolari caratteristiche, il secondo è invece un grande evento pubblico e in questo caso potremmo definirlo “politico” con spessori culinari e spettacolari nettamente diversi. Ambedue si tengono nelle sale della “delizia” di Belfiore nell’anno 1529. Quello familiare è del 20 maggio, quello pubblico è del 24 gennaio. Seguiamo la strategia del sommo regista. Il banchetto del 20 maggio era in onore di Ercole e di Renata di Francia, offerto dal cardinale Ippolito vescovo di Milano.
Cristoforo Messisbugo owed his widespread reputation to the idea of the banquet conceived as a performance. This helped spread his fame throughout the courts of the Italian Renaissance and, at the same time, make him a modern man. Concordances, coordination and rhythm established a balance, involving the presentation and quality of food as well as the perfect timing of music and performance transforming this event in memorable artworks. Two feasts need to be mentioned with regard to his mastery. The first was a family banquet, a typically private event requiring special proceedings; the latter, on the contrary, constituted a solemn public ceremony, therefore involving implications along with different aspects of cookery and entertainment. Both were held at the “delizia” di Belfiore in 1529. The private banquet took place on 20 May, the public feast on 24 January. The family reunion had been offered by cardinal Ippolito, bishop of Milan, to honour Ercole and Renée of France.
Frontespizio dell’opera di Cristoforo di Messisbugo (Modena, Archivio di Stato) Frontispiece of the Cristoforo di Messisbugo’s book (Modena, Archivio di Stato)
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Cristoforo Messisbugo, incisione (Modena, Archivio di Stato) Cristoforo Messisbugo, engraving (Modena, Archivio di Stato)
Herbario nuovo di Castore Durante medico, et cittadino romano…, in Roma, appresso Bartholomeo Bonfadino & Tito Diani, 1585 (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) New Herbarium of Castore Durante doctor, and citizen of Rome…, in Rome, by Bartholomeo Bonfadino & Tito Diani, 1585 (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
La ricchezza delle vivande descritte dallo stesso Messisbugo e commentate dai cronisti è straordinariamente variata e calcolata nei relativi passaggi di gusto che si legavano sempre a collegamenti musicali, a balli di fanciulle e a diversi intermezzi di attori e cori. La descrizione delle portate è uno smagliante elenco di raffinatezze che è peraltro, pure nella varietà delle stagioni, il leit motiv della maestria di Messisbugo. Quello del 24 gennaio aveva ancora come motivo la festa per il matrimonio di Ercole con la figlia di Luigi XII; erano presenti i due festeggiati, il duca padre, la zia Isabella marchesa di Mantova, il cardinale Ippolito, Francesco d’Este, nonché l’ambasciatore del re Cristianissimo e due ambasciatori della repubblica Serenissima. Qui lo spettacolo ha spessore notevole rispetto alla gaiezza e leggerezza di quello del 20 maggio. Qui c’è Ludovico Ariosto con la sua Cassaria, qui suona il maestro Alfonso dalla Viola con i suoi concerti paradisiaci. Messisbugo racconta che «cantarono Ruzante, et cinque compagni, et due femine, Canzoni et Madrigali alla Pavana bellissimi et andarono intorno alla tavola contendendo insieme di cose contadinesche, in quella lingua piacevole … Vestiti alla moderna». La qualità e la “bellezza” dei cibi era naturalmente fuori discussione, degna dello spettacolo che con esse si intrecciava. Non esiste luogo nel mondo occidentale cinquecentesco nel quale si realizzi con pari dignità e apertura mentale la società dello spettacolo. Anche in questo senso Ferrara è la prima città moderna d’Europa: sullo stesso piano e nel medesimo contesto pone la sublime raffinatezza dei cibi, della loro preparazione e del loro aspetto e dei ritmi del servizio di essi con l’arte altissima dell’Ariosto, la graffiante irriverenza contestatrice del Ruzante e i piaceri sottili della musica con la sofisticata presenza di cori di voci di fanciulli. Così Cristoforo Messisbugo confezionava i suoi banchetti come spettacolo-opera d’arte. Il 14 febbraio 1548, in pieno Carnevale (durante il quale si indulgeva più a lungo nei piaceri della tavola) Cristoforo di Messisbugo
The courses splendour - that Messisbugo himself also described and was later reported by chronicles - appears extraordinarily varied, resulting in the perfect coupling of taste and musical execution, girls’ dances and short intermezzi performed by actors and choirs. The description of the courses enumerates a series of marvellous delicacies, which - notwithstanding the change of season reflects the distinctive feature of Messisbugo’s mastery. The feast occurred on 24 January also centred on the celebration of the wedding of Ercole and Louis XII’s daughter. The event saw the participation of the newly-weds, the duke, Isabella duchess of Mantua, cardinal Ippolito, Francesco d’Este, along with the ambassador of the king of Spain and two high-ranking representatives send by the Serenissima. On this occasion, music and theatrical performances played a key role outdoing the gaiety and lightheartedness of the other banquet: Ludovico Ariosto presented his Cassaria and master Alfonso della Viola performed his celestial concerts. Messisbugo narrates that “there sang Ruzante and five mates and two women, beautiful songs and Madrigals alla Pavana, then they sat round the table debating of peasants’ things, in 75
offrì una cena nella sua casa del Polesine di Sant’Antonio: parteciparono alla mensa ventisette persone, tra cui il duca Ercole II.
that pleasant language… All clad in the modern fashion”. Of course, the excellence and “beauty” of the meals was undisputed. No other place in the western world during the XVI century existed, in which the culture of spectacle also achieved its dignified and far-sighted realization.
Raffigurazioni tratte da Herbarius, seu De virtutibus herbarum, Impressum Vicenciae per Magistrum Leonardum de Basilea et Guilielmum da Papia Socios, 1491; Libro de agricoltura utilissimo, tratto da diversi autori…, in Venetia, per Michel Tramezzino, 1557; Herbario nuovo di Castore Durante medico, et cittadino romano…, in Roma, appresso Bartholomeo Bonfadino & Tito Diani, 1585 (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
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Images taken from Herbarius, seu De virtutibus herbarum, Impressum Vicenciae by Magistrum Leonardum de Basilea et Guilielmum da Papia Socios, 1491; Very useful book of agriculture, treated by several authors…, in Venetia, by Michel Tramezzino, 1557; New Herbarium of Castore Durante doctor, and citizen of Rome…, in Rome, by Bartholomeo Bonfadino & Tito Diani, 1585 (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
Xilografia acquerellata da Hortus Sanitatis di Johannes Cuba, 1491 (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) Water-coloured wood engraving from Hortus Sanitatis (Garden of Health) by Johannes Cuba, 1491 (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
«Festino fatto alli 14 di Febraio 1548, che fu il giorno di Carnevale, per me Christoforo in casa mia, all’Illustrissimo et Eccellentissimo Signor Nostro, all’Illustrissimo Signor Prencipe, et ad altri Signori et Gintil’homini, e Gintildonne, che furono al numero di Ventisette alla prima Tavola, dove si fecero sette piati di vivanda come appresso sera notato. In prima fu recitata una Comedia in sala, dove era una bellissima Scenetta, Laquale era finta Venetia. La Comedia era intitolata, la notte, opera di M. Girolamo Paraboschi, da Bologna. Laquale fu molto piacevole, ridicula, e bene recitata, con le sue Musiche. Et intermezzi oportuni e necessarii. E finita la Comedia fu apparecchiata una Tavola, con le sottoscritte robbe, cioe. Prima due Mantili l’uno sopra l’altro, furono posti sopra la Tavola, laquale era allumata da quattro Lucerne d’Argento di Sua Eccellentia, attaccate al solaro per non li impedire la vista, e sopra vi erano quattro Salini d’argento. Una Salvietta, e Coltello, uno pane intorto, et una Crescentina di butiero, Zuccharo e torli d’Uova per persona. Insalata di cime di Radechi, Endivia, Ramponceli, ed altre messedancie piati nu. 16 Insalate di polpe di Pavoni, e Cedri tagliati con Aceto rosato, e Zuccharo e poco pevere piati nu. 16 Salami in fette, e Lengue salate, e Persutti accompagnati piati nu. 7 Fiadoncelli d’Uva passa, Cibibo Pignuoli, e Salame. numero 48 piati nu. 7 Polpette asciutte arrosto piene, coperte di Salsa Reale. numero 48 piati nu. 7 Suppe d’Uva passata coperte di Zuccharo e Canella piati nu. 7 Pernici numero dodeci arrosto nel mirasto in pezzi piati nu. 7 Pastelletti sfogliati piccioli di pasta reale, pieni di mangiar bianco numero 28 piati nu. 7 Cervellati Ducali numero 7 e bole di Cengiale, e latticini di Vitello fritti, accompagnati piati nu. 7 Pizzoni Casalenghi pieni dentro, e tra pelle arrostiti. nu. 28 piati nu. 7 Qui si diede Acqua odorifera alle mani, e stettero un pezzo sopra questa Vivanda poi si levo la Insalata, e Salami, e venne l’altra Vivanda. Altra Vivanda Polastrelli numero 28 e Tomaselle numero 30, accompagnate Capponi senza ossi numero 7 con Salami di carne sette spacati, con fette di pan sotto Fagiani arrosto numero sette e morelli numero 28 di Salzizza gialla accompagnati Suppa dorata reale Tortelle brusche di figatelli, e altro, con Zuccharo e Canella dentro, et di sopra Caprettini di latte integri, arrosto pieni nu. 7 Uno Pavone arrosto in pezzi, coperto di sapore biancho, salsa e Mostarda, Impresa di Sua Eccellentia Tortelletti ne i piati con Zuccharo e Canella sopra Petti di Vitello pezzi nu. 7 pieni, e poi sottostati con Salami di figato arrosto coperti 7 Polpette in bruodo nero, con Pistachi sopra Porchette di latte piene arrosto nu. 7 Lengue di manzo in dobba di Malvasia arrosto nu. 7 e Lombi nu. 7 arrosto accompagnati in detta dobba Capirotta morella con fette di pane, e polpe di Cappone sotto Fiadoni piccioli sfogliati pieni di pastume delle Offelle nu. 35 Tortelli di Pome in fette alla Tedescha con Zuccharo e Canella, numero 7 Pastelli di Ostreghe grandi numero 7 Ostreghe numero 400 con Naranci e pevere
piati nu. 7 piati nu. 7 piati nu. 7 piati nu. 20
Frutti, et altro Gelatìa Italiana con ribba, e foglie di Lauro Olive Uva frescha Pere guaste con Anesi confetti sopra Pastelletti di Datteri, e Cibibo nu. 35 Gioncata contrafatta con Zuccharo, e Mandole, e Acqua rosa in loco di lattemele Zaldoni piccioli grossetti nume. 140 Finochio, et altri frutti in aceto
piati nu. piati nu. piati nu. piati nu. piati nu. piati nu. piati nu. piati nu.
7 7 7 7 7 7 7 7
piati nu. piati nu. piati nu. piati nu.
7 7 7 7
piati nu. piati nu. piati nu. piati nu. piati nu. piati nu.
7 7 7 7 7 7
piati nu. piati nu. piati nu. piati nu. piati nu. piati nu.
7 7 7 7 7 7
Acqua odorifera alle mani, poi vennero le seguenti Confettioni Confettioni Confettioni in siroppo di varie sorti, libre 5 Confettioni bianche di più sorti Mastellette di varie sorti, nu. 14 Salviette, e Coltelli
Mentre si mangiavano le Confetti, La mia Consorte mando due Cestelli con pacchetti di fiori numero 27 tra finti, e veri profumati. Uno all’Illustrissimo Signore Duca et uno all’Illustrissimo Signore Prencipe, i quali Sua Signoria dispensorno fra i comensali. Mentre si stette dietro a questa burla de i Pachetti, fu adacquata, sgombrata, e spazzata la Salla, e andorno a ballare, et balorno sino ad hore nove. Alle hore 9 fecero una Collatione d’Acqua Zuccharata, Uva frescha, e Pome, et altre cossette. Poi ogn’uno ando a casa sua bene sodisfatto. Hora è da sapere che ne i Banchetti del Carnevale sempre si facea alcuna festa inanti, o Torniamento, o Giuoco di Caleselle, o che si fosse, o si combattea la Sbarra, o un Castello o si facea la festa del Porco, o cose simili, ch’io per più tosto ispedirmi, non ho voluto narrare. Et manco mi sono affaticato in narrare le Sorti di Vini, perche adogn’uno sene dava di quello che addimandava, o lo volesse biancho, o nero, o dolce, o bruscho, o racente, o grande, o picciolo, o con acqua, o senza, secondo gli appetiti di ciaschuno…»
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Frontespizio dell’opera di Giovan Battista Rossetti (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
“Dello Scalco” di Giovan Battista Rossetti È datata 1583 l’opera Dello Scalco di Giovan Battista Rossetti, prezioso compendio dell’arte della cucina pubblicato a Ferrara a documento e riprova del fatto che la grande, complessa e artificiosa scena del cibo è parte integrante del sistema cortigiano, e che in essa si esprime in modo esemplare l’organizzazione non solo materiale e sociale, ma altresì politica e culturale, della corte stessa. L’autore, proveniente dalla famiglia che dette i natali al grande Biagio Rossetti, ereditò la propria vocazione all’arte culinaria dal nonno paterno, che ricoprì l’incarico di scalco (ovvero di cuoco e insieme maggiordomo o maestro di casa) presso Alfonso II e poi presso Lucrezia duchessa di Urbino. Si deve a Giovan Battista però la valorizzazione della figura dello scalco istruito e ingegnoso, che mentre svolge ottimamente la sua mansione domestica giunge ad assolutizzare un dovere e a proporre un vero e proprio modello di comportamento. Il volume infatti, oltre a contemplare descrizioni sontuose di banchetti e desinari, e prodigiose e ricchissime liste di vivande, tratta, come annuncia fin dal frontespizio, de «le qualità di uno scalco perfetto, e tutti i carichi suoi, con diversi ufficiali a lui sottoposti: et gli ordini di una casa da principe, e i modi di servirlo». Lo Scalco del Rossetti si propone perciò, al pari del Cortegiano del Castiglione, del Galateo del Della Casa e altresì del Principe di Machiavelli, come testo importante all’interno della grande letteratura dei trattati di comportamento, sui quali nel corso del Rinascimento la vita di corte si plasma e l’idea della corte si perfeziona.
Descrizione del banchetto nuziale per Alfonso II Il trattatello noto come Descrizione del Banchetto nuziale per Alfonso II duca di Ferrara e Barbara principessa d’Austria preparato annuncia, fin dal titolo, il fatto curioso di essere la testimonianza di un banchetto non avvenuto. Offerto dal cardinale Luigi, che l’avrebbe
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Frontispiece of the book by Giovan Battista Rossetti (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
“On the Scalco” by Giovan Battista Rossetti One dates back to 1583 the work On the Scalco by Giovanni Battista Rossetti, a formidable compendium of the culinary art published in Ferrara. The work testifies to what extent the splendid, complex and sophisticated food scenery acted as an essential component of the court system, which manifests not only the court’s material and social organization, but also its political and cultural attitudes. The author, a member of the family who gave birth to the great Biagio Rossetti, inherited his own vocation toward cookery by his paternal grandfather, who had been appointed scalco (this is to say, simultaneously a cook and butler or master of the house) by Alfonso II and then by Lucrezia of Urbino. One owes, however, to Giovanni Battista the enhancement of the type of educated and
ospitato nella propria residenza a Palazzo dei Diamanti, tale banchetto doveva infatti aver luogo il 12 dicembre del 1565, a una settimana dalle diplomatiche nozze del duca con la discendente Asburgo e a dieci giorni appena dal sofferto arrivo di Barbara a Ferrara, dopo un viaggio da Innsbruck a Belvedere fitto di imprevisti e di peripezie. «Ma perché soggiunse inaspettatamente - si legge nel testo - la morte di Pio IV de’ Medici, per questa ragionevole ed importantissima causa fu necessitato sua Signoria Illustrissima [il duca Alfonso] a montare sopra la posta, e andarsene con ogni diligenza a Roma per Sedia vacante». I preparativi del banchetto vennero dunque interrotti, e a memoria dell’avvenimento Giacomo Grana, esponente della piccola nobiltà adattatosi per mancanza di mezzi al mestiere dello scalco, ne scrisse una relazione che Luigi Napoleone Cittadella poi pubblicò. Due le edizioni, sempre per i tipi di Taddei in Ferrara, del testo: rispettivamente del 1843, il cui titolo è semplicemente Convito Estense preparato e descritto da Giacomo Grana ferrarese, e del 1869, allorché il titolo diviene quello ora corrente ed evidenzia la committenza piuttosto che l’autore.
clever scalco who, while impeccably attending to his domestic duties, embodies the exemplification of the service and epitomises an authentic model of duty and behaviour. The book, in fact, as stated on the frontispice, beside the detailed description of princely banquets and courses, included in amazing and overbundant menus, deals with «the virtues of a perfect scalco and all of his charges, counting various officials as his subjects: both the orders of a prince’s house and the ways to serve him». Rossetti’s Scalco therefore stands out on a par with Castiglione’s Courtesan, Della Casa’s Galateum and Machiavelli’s The Prince as a fundamental text in the field of etiquette treatises literature, upon which throughout the Renaissance life at court models itself and courtly ideals come to perfection.
Description of Alfonso II’s nuptial banquet The short treatise Description of the Nuptial Banquet for Alfonso II and Barbara d’Austria Rehearse belies, from its very title, the fact that the banquet ever took place. Financed by cardinal Luigi d’Este, who was willing to house it in his residence in Palace
Incisioni da Opera di m. Bartolomeo Scappi, cuoco segreto di papa Pio quinto, Venezia, 1570 (Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana) Engravings from Opera di m. Bartolomeo Scappi, secret cook of Pope Pius V, Venice, 1570 (Venice, Biblioteca Nazionale Marciana)
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La descrizione del banchetto si sostiene sull’importante intuizione, da parte dell’autore, dell’essere la recita del cibo parte integrante del complesso programma della festa ducale. La grandiosità dei preparativi e degli addobbi, degli apparati sceno-luminotecnici e soprattutto dei coperti (con utilizzo di decine di migliaia di piatti d’argento e di terracotta, di porcellana e di maiolica), compensa le scarne notizie sulle portate e le vivande, sulle quali ben poco si apprende. Nonostante ciò, e forse proprio in forza di tale reticenza, rimane intatta nella descrizione complessiva la forza evocatrice e simbolica della scena del banchetto, esaltata come momento forte dell’immaginario cortigiano.
Xilografie acquerellate da Hortus Sanitatis di Johannes Cuba, 1491 (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
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Water-coloured woodengravings from Hortus Sanitatis (Garden of Health) by Johannes Cuba, 1491 (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
of Diamonds, the feast should have been staged on 12 December 1565, a week after the celebration of the duke’s diplomatic wedding with the Habsburg descendent and just ten days after Barbara’s wearisome arrivals in Ferrara, following a journey ridden of unforeseen occurrences from Innsbruck to the Belvedere. «But since unexpectedly there came - so the texts reads - the death of Pius IV de’ Medici, for this momentous and most serious reason [duke Alfonso] his most illustrious Lordship was persuaded to mount over a coach leaving for Rome with every diligence at hand on account of the vacant Seat». The banquet preparations were therefore suspended and, to commemorate the event. Giacomo Grana, a member of the petty aristocracy who had adapted to become a scalco to make up for a lack of financial assets, wrote a description of the feast later edited by Luigi Napoleone Cittadella. Two were
Coppa smaltata policroma rinascimentale (dagli scavi nel Castello Estense, Torre di San Giuliano)
Enamelled, polychromatic, Renaissance goblet (from the excavations in the Castello Estense, San Giuliano Tower)
the editions of the text, both printed by the Taddei of Ferrara: the first was published in 1843 bearing the concise title As Este Banquet Prepared and Described by Giacomo Grana; the second dates to 1869. Its title is the one currently in use and pays greater tribute to the patrons rather than the author himself. The description of the banquet revolves around the fundamental intuition, on the part of the author, of the key role played by the food scenery as integrative part in the complex, ambiguous paradigm of the ducale feast. The grandiosity of the preparations, decorations as well as the scenographic apparel and, above all, the marvellous covers (implying the use of ten thousands silver, terracotta, porcelain and maiolica plates), compensates the scanty notes devoted to courses and meals, about which one learns very little. Nonetheless, and perhaps because of this very omission, nothing alters the suggestive and symbolic power of the banquet scene, that stands out as a culminating point of the courtly imagerie.
The banquet as performance at the Este court
Ciotola in graffita prerinascimentale (dagli scavi di Largo Castello)
Bowl with preRenaissance graffiti (from the excavations in Largo Castello)
During the Renaissance banquets raised to the status of works of art opening a whole new chapter in the culture of the times. It was in these years that a scalco was granted to title of count by the emperor, a painter war rewarded for the selection of vessels, a ceramics decorator enjoyed the same reputation as a painter, and a cook competed with the painter in converting food in matter that could be modelled. One should not forget that Leonardo da Vinci was appointed table supervisor by Ludovico the Moor and Titian travelled abroad entrusted with the task of purchasing vessels for the Este. In Roberto da Nola’s Libro de Cozina (Cookery Book) - written in catalan in 1503 and translated in various languages because of its value in the instructions of the ceremonial waiters of major European princes one finds for the first time defined the roles of the main protagonists of a banquet: the 81
La cucina, da Banchetti, compositioni di vivande et apparecchio generale di Cristoforo Messisbugo, Ferrara, 1549 (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
Il banchetto spettacolo, opera d’arte della corte estense Il banchetto rinascimentale è una forma d’arte particolare la quale, a suo modo, fa storia. È l’epoca infatti in cui uno scalco veniva creato conte palatino dall’imperatore, un pittore importante accettava di essere pagato per scegliere delle stoviglie, un cesellatore di coppe godeva dello stesso rispetto di un maestro pittore, il cuoco competeva con l’artista del cesello trasformando la materia alimentare in materia da modellare. Ricordiamo che Leonardo da Vinci ebbe l’incarico, e lo esercitò con competenza, di sovrintendere alla mensa di Ludovico il Moro; Tiziano Vecellio viaggiò all’estero per scegliere il vasellame per la mensa degli Estensi. Nel Libro de cozina del napoletano Roberto da Nola - scritto in catalano nel 1503 e tradotto in altre lingue perché considerato esemplare per l’istruzione degli addetti alla tavola dei più importanti principi europei si trovano per la prima volta definiti i ruoli fondamentali delle figure principali del banchetto: il cuoco, il dispensiere, il trinciante. In particolare quest’ultimo ha un ruolo di rilievo e di grande considerazione in un primo tempo come semplice servitore incaricato di dividere i cibi nei piatti dei commensali, poi con compiti di rappresentanza via via più importanti per una corte sempre più raffinata ed esigente.
The kitchen, from Banquets, Composition of Victuals and General Equipment by Cristoforo Messisbugo, Ferrara, 1549 (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
cook, the steward and the shredder. Especially the shredder played a fundamental role and was appreciated first as a mere servant in charge of cutting the food in the guests’ plates, then assigned a major role, as a consequence of the increased sophisticated court ceremonial, evolving his ordinary assistance into a precise ritual, a true essay of strength and wisdom. The text written by Roberto da Nola was
Il banchetto, da Banchetti, compositioni di vivande et apparecchio generale di Cristoforo Messisbugo, Ferrara, 1549 (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) La cucina, incisione da Opera di m. Bartolomeo Scappi, cuoco segreto di papa Pio quinto, Venezia, 1570 (Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana) The banquet, from Banquets, Composition of Victuals and General Equipment by Cristoforo Messisbugo, Ferrara, 1549 (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) The kitchen, engraving from Opera di m. Bartolomeo Scappi, secret cook of Pope Pius V, Venice, 1570 (Venice, Biblioteca Nazionale Marciana)
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Anonimo lombardo, miniatura da De Sphaera, 1470 (Modena, Biblioteca Estense Universitaria) Anonymous Lombard, miniature from De Sphaera, 1470 (Modena, Biblioteca Estense Universitaria)
La lezione di Roberto Nola arrivò a Ferrara attraverso Giovanni Francesco Colle, gentiluomo napoletano amico e confidente di Ercole I. Nel 1473 troviamo a corte un maestro Iohane di Napoli cuoco (chogo) arrivato certamente al seguito di Eleonora. È molto probabile che proprio dal Colle, che oltretutto era un fine letterato, Messisbugo abbia appreso le prime lezioni di “regia” sul banchetto spettacolo-opera d’arte. Cristoforo Messisbugo regnerà sulle tavole estensi a partire dal 1515 al servizio di Alfonso I che seguirà sempre impegnatissimo e incaricato anche di importanti missioni diplomatiche. L’opera di Messisbugo Banchetti, composizione di vivande et apparecchio generale stampata postuma nel 1549 a Ferrara documenta cosa fosse il banchetto-spettacolo presso gli Estensi a partire dal 1529. Nel 1533 è creato conte palatino da Carlo V. È certamente il Messisbugo a governare la magnificenza della corte di Alfonso I, cercando di conciliarla con la disponibilità di una cassa da lui stesso gestita come “sottospenditore” fino al 1515.
divulgated in Ferrara by Giovanni Francesco Colle, a Neapolitan nobleman, friend of Ercole I. In 1473 a certian master Iohane from Naples is mentioned at court as chogo (cook), who surely belonged to Eleonora’s d’Aragona retinue. It is very likely that Messisbugo was to lay down the law on banquets at the court of Alfonso II, whom he will always honoured with his service, last but non least those of a diplomatic nature. Messisbugo’s Banques, food composition and general preparations, printed after his death in 1549 in Ferrara, bears evidence of the importance of the banquet-performance at the Este court since 1529. In 1533 he is conceded the honorific of count palatine by Charles V. Messisbugo was almost certainly one of the foremost inventors responsible of the duke’s magnificence in the attempt to reconcile it with the court’s financial assets, which he was well aware of if he was defined “underspender” until 1515.
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La Torre The Lion’s dei Leoni Tower
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P
rima del 1385 sul luogo ove venne costruito il Castello di San Michele esisteva un’antica torre di guardia che, almeno da cento anni, presidiava le mura a nord della città e in particolare la vicina ed importante porta detta del Leone, oltre la quale si stendeva un piccolo borgo che portava lo stesso nome. Le mura a nord di Ferrara erano difese da un ampio canale che si collegava al sistema fluviale del Po. La città era in quel momento distesa lungo la riva sinistra del ramo principale del grande fiume che, proprio in quel punto, si apriva verso oriente in un grande delta. Era l’acqua la miglior difesa dei luoghi, dei borghi e della città. Quella torre era stata oggetto, non molti anni prima della costruzione del Castello, di un’opera di trasformazione voluta da Nicolò II e realizzata forse proprio da Bartolino da Novara, gli stessi committente e costruttore del futuro Castello di San Michele. Da un’alta, rettilinea torre a pianta quadrata, fatta per il semplice avvistamento, si passò ad una piccola rocca, assai più larga alla base e con larghi spalti al primo piano, capace di accogliere le nuove tecniche di difesa bellica. Agli spalti si giungeva attraverso una rampa, distesa su tre lati, adatta al trasporto di armi, artiglieria e munizioni per mezzo di animali da soma. Le ampie sale del piano terra e del primo piano erano dedicate al corpo di guardia mentre nell’oscuro interrato si trovavano le prigioni. All’esterno l’architettura della rocca era uguale sulle quattro facciate. Ciascuna parete era scandita da tre arcate cieche poste al centro di ogni lato, marcate da lesene assai aggettanti, che evidenziavano i quattro spigoli della nuova torre, dotati di murature di maggior spessore rispetto al resto del fabbricato, come fossero altrettante piccole torri. Le pareti esterne erano intonacate ed affrescate con semplici elementi decorativi. La rocca era circondata da un fossato, che permetteva un attracco protetto alle barche che percorrevano le vie d’acqua settentrionali alla città, ed era collegata alla Porta del Leone, da un lato, e alle mura della città, dall’altro lato, con ponti levatoi.
B
efore 1385, since at least one hundred years, on the site where the Castle of Saint Michael was built, an old watchtower stood to defend the northern line of the city walls and, more exactly, the near strategic gate called of the Lion, beyond which a small homonymous district extended. A large canal, that flew into the river Po with its tributaries, defended the northern stretch of walls. At that period the town had developed alongside the left bank of the main branch of the river, whose course in that point opened eastward to form a vast delta. Water provided places, suburbs and the town itself with the most effective protection. Not very long before the construction of the Castle, the watchtower underwent a transformation, ordered by Nicolò II and probably carried out by the same Bartolino da Novara, who would both later have been the future patron and architect of the Castle of Saint Michael. Thus, from a high, rectilinear square-planned tower, intended for surveillance and sighting, it turned into a small fort with a much wider base and larger battlements on the first floor, well-equipped according to the latest military defensive techniques. A ramp, that ran along three sides of the stronghold, allowed access to the battlements and was meant to facilitate transport of weapons, artillery and other such loads with the help of animals. The vast rooms at the ground and first floors were used as headquarters for the Este soldiery, whereas the prisons were located in the dark basement. The exterior structure of the stronghold looked the same on all four sides. Each side was punctuated at its centre by three blind arches, marked by protruding lesenes enhancing the four corners of the new tower, reinforced by thicker walls than elsewhere in the rest of the structure, which had the appearance of four small towers. The exterior walls were covered with plaster and frescoed with simple elementary decorative motifs. The fort was surrounded by a moat, where a covered wharf was inserted for the boats sailing northbound and connected both to the Lion’s Gate and the city walls, on the opposite side.
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La Porta del Leone
The Porta del Leone (Lion’s Gate)
Durante i lavori che hanno richiesto il prosciugamento del fossato nel 1982, si è messo in luce il supporto di fondazione delle cucine composto dai resti della Porta del Leone, che terminano sotto la pavimentazione stradale di corso Martiri della Libertà. La costruzione, posta lungo la linea delle mura settentrionali della città a chiusura dell’asse viario che dalla piazza del Comune saliva a nord, già affiancata dalla Torre dei Leoni, è coesistita con il Castello di Bartolino da Novara per oltre un secolo. Nei primi anni del ’500, quando furono costruite le cucine addossate alla Torre dei Leoni, la porta non esisteva già più.
In 1982, during works that required the moat to be drained, a foundation support of the kitchens that terminated beneath the surface of Corso Martiri della Libertà, made up of the remains of the Porta del Leone, came to light. The construction, positioned along the line of the northern wall of the city closing off the road axis that ran north from the Council piazza, already flanked by the “Torre dei Leoni” (Lions’ Tower), coexisted with the Castello of Bartolino da Novara for over a century. In the opening years of the 16th century, at the time the kitchens were built against the Torre dei Leoni, the gate no longer existed.
Bassorilievo raffigurante la scritta “wor-bas” (sempre avanti), antico motto forse legato alle origini tedesche della famiglia estense Bas relief showing the words “wor-bas” (always ahead), ancient motto perhaps linked to the German origins of the Este family
La Torre dei Leoni
The Torre dei Leoni (Lions’ Tower)
Sondaggi, confronti e ricerche hanno rivelato come la conformazione della Torre dei Leoni fosse diversa rispetto a tutto il corpo di fabbrica del Castello. I ritrovamenti hanno consentito l’identificazione e la ricostruzione precisa di due manufatti preesistenti al Castello fondato nel 1385: zoccolature, cornici, finestre appartenenti alla prima torre sono racchiuse dal guscio della seconda; pareti esterne e cordolo della torre “fortificata” sono inglobati nel corpo interno del Castello di Bartolino; tutti elementi che assieme ad altri di minore entità, ma non meno interessanti (feritoie, scale, pozzi), hanno permesso di ridisegnare l’aspetto delle due torri e di approfondire la conoscenza di questo nucleo difensivo attorno al quale Bartolino ideò il Castello.
Surveys, comparisons and research have revealed how the configuration of the Torre dei Leoni was different to all the rest of the main body of the Castle. The findings have led to the identification and the precise reconstruction of the articles that predated the building of the Castle in 1385: wainscoting, mouldings and windows belonging to the first tower are enclosed by the shell of the second; outside walls and the stringcourse of the “fortified” tower are absorbed in the core of the Castello of Bartolino; all features that together with smaller, but not that less interesting ones (embrasures, stairs, wells), have made it possible to redraw the appearance of the two towers and to extend knowledge of this defensive nucleus around which Bartolino designed the Caste.
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La Porta del Leone The Lion’s Gate
La Torre dei Leoni The Lions’ Tower
La Torre dei Leoni all’inizio del XIV secolo The Lions’ Tower at the beginning of the 14th century
La Porta del Leone The Lion’s Gate
La Torre dei Leoni ai tempi di Nicolò II (1361-1388) The Lions’ Tower in the days of Nicolò II (1361-1388)
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La Torre dei Leoni The Lions’ Tower
La Torre dei Leoni dal 1385 nel Castello di Bartolino da Novara
The Lions’ Tower from 1385 in the Castle as designed by Bartolino da Novara
La Torre dei Leoni The Lions’ Tower
La Torre dei Leoni ai tempi di Ercole II e di Alfonso II (II metà XVI secolo) nel Castello di Girolamo da Carpi
The Lions’ Tower in the days of Ercole II and Alfonso II (2nd half 16th century) in the Castle as designed by Girolamo da Carpi
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Le prigioni The prisons
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I
nevitabile corollario dell’originaria funzione militare e repressiva del Castello furono le prigioni che nei sotterranei ebbero un’inespugnabile e tetra ubicazione. Qui non vennero rinchiusi i detenuti comuni, normalmente destinati alle carceri cittadine del Palazzo della Ragione, bensì personaggi d’alto rango o, comunque, prigionieri sui quali gli Estensi intendevano assicurasi una particolare sorveglianza. Negli interrati delle torri è possibile ancora oggi scorgere, graffite sui mattoni delle pareti, le scritte tracciate dai reclusi a memoria della loro infelice sorte. Queste segrete, come ricordano le cronache antiche, furono teatro della tragica fine di Ugo e Parisina, i giovani amanti decapitati in fondo alla Torre Marchesana. Erano rispettivamente figlio e moglie del marchese Nicolò III, entrambi ventenni quando, nel 1425, vennero condotti al patibolo. Si legge nel Diario Ferrarese di anonimo: «MCCCCXXV, del mese de Marcio, uno luni, a hore XXIIII, fu taiata la testa a Ugo, figliolo de lo illustre marchexe Nicolò da Este, et a madona Parexina, che era madregna de dicto Ugo; et questo perché lui havea uxado carnalmente con lei. […] Et furono morti in Castel Vechio, in la Tore Marchexana: et la nocte furno portati suxo una careta a Sancto Francesco et ivi furno sepulti». Per un gesto di pietà, riconducibile forse allo stesso “gran marchese” Nicolò, sul luogo dell’esecuzione capitale venne realizzato un affresco di soggetto sacro: una Madonna con il Bambino tra i santi Giacomo e Antonio, il cosiddetto “Trittico della decapitazione”. Meno cruenta della vicenda di Ugo e Parisina è la storia legata alla “Prigione di don Giulio”, un’impenetrabile cella ricavata all’interno della Torre dei Leoni, dove furono rinchiusi nel 1506 don Giulio e don Ferrante, fratelli del duca Alfonso I. Condannati a morte per aver attentato alla vita del duca e dell’altro fratello, il cardinale Ippolito, essi ebbero commutata la pena nel carcere a vita, da scontarsi nelle prigioni del Castello: Ferrante vi trovò la morte dopo trentaquattro anni di reclusione, mentre Giulio fu graziato nel 1559 all’età di 81 anni. Le cronache dell’epoca ricordano lo stupore dei ferraresi nel vedere il nobile vecchio, ancora vigoroso, circolare per le strade della città abbigliato alla moda di cinquant’anni prima. Fra le vicende collegate alla storia delle prigioni del Castello non si può dimenticare quella di Gigliolo Giglioli, brillante giureconsulto e capitano di Reggio, che mentre godeva dei più alti favori del marchese Nicolò III venne improvvisamente messo agli arresti con l’accusa di tradimento. Era il 17 gennaio 1434 quando il trentenne Gigliolo, esponente di un’antica e nobile famiglia ferrarese, veniva condotto nella più orrida delle prigioni, all’interno della Torre Marchesana detta di San Michele, da cui prenderà il titolo l’operetta o “comediola” Michaelida, che Gigliolo compose nei tredici anni passati nel «fundo di torre».
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he ancient military and repressive vocation of the Castle is well represented by its prisons, whose gloomy and impregnable atmosphere owes much to their location in the basement. These dungeons were not destined to ordinary prisoners, usually held in custody in the town’s jail in the Palazzo della Ragione, but to high-ranking personalities or, alternatively, to those prisoners whom the Este wished to secure to a strict surveillance. In the basement of the towers, today one may still read the incised writings left as a memory of the prisoners’ unhappy fate. As reported in ancient chronicles, the dungeons witnessed the tragic execution of Ugo and Parisina, the young lovers decapitated at the bottom of the Tower Marchesana. They were respectively Nicolò III’s son and second wife, both just twenty years old when they had to face death in 1425. So the anonymous author of the Ferrarese Diary wrote: «MCCCCXXV, del mese de Marcio, uno luni, a hore XXIIII, fu taiata la testa a Ugo, figliolo de lo illustre marchexe Nicolò da Este, et a madona Parexina, che era madregna de dicto Ugo; et questo perché lui havea uxado carnalmente con lei. […] Et furono morti in Castel Vechio, in la Tore Marchexana: et la nocte furno portati suxo una careta a Sancto Francesco et ivi furno sepulti». To atone for the punishment, possibly commissioned by Nicolò III himself, a devotional fresco was painted on the site of the execution depicting the Virgin and Child with the Saints James and Anthony: the composition bears the eloquent title “Decapitation Tryptych”. Less gruesome than the story of Ugo and Parisina is the episode linked to the prison of don Giulio, a cell located inside the Lions’ Tower where Giulio and Ferrante d’Este, brothers of Alfonso I, were secluded in 1506. Both condemned/sentenced to death, accused of having plotted against the duke and their brother the cardinal Ippolito, the conspirers had their sentence commuted to a life imprisonment. Both endured quite a long time of captivity: Ferrante spent there 43 years before being pardoned; don Giulio was released in 1559 at the age of eighty-one. The sources relate that the crowd assisted astonished at the old man release. The still energetic noble man walked along the street wearing his garments in vogue half a century earlier. Among the episodes connected to the prisons of the Castle one cannot ignore that of the noble Gigliolo Giglioli, a clever jurisconsult and valiant commander of Reggio. Just as soon as he enjoys the marquis Nicolò III’s favours, Gigliolo is suddenly arrested for treason by order of the marquis himself. It is 17 January 1434, when Gigliolo, at thirty, was thrown into the most horrible dungeon inside the Torre Marchesana, also called Tower of Saint Michael. This special toponym will inspire the title for the play or “comediola” Micaelida, composed by Gigliolo during the thirteen of his harsh detention.
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Le Corti The Courts
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N
ato come fortezza, successivamente utilizzato come caserma, prigione, deposito di armi e derrate alimentari, in seguito provvisto di stalle, fucine, dormitori e cucine, nel corso del tardo Medioevo il Castel Vecchio albergava un’ingarbugliata congerie di uomini e attività. Fu in questo groviglio - e senza alcun tentativo di semplificazione - che a partire dalla fine del Quattrocento presero ad essere allestiti anche gli appartamenti “segreti”, cioè privati, dei sovrani (con i relativi bagni, guardaroba, cucine, sale di rappresentanza, ecc.). Appena salito al trono, ogni duca con la rispettiva consorte procedeva ad allestire un nuovo appartamento per sé e il proprio seguito, spesso smantellando completamente i locali sistemati dal suo predecessore: si può anzi dire che non passava anno senza che in qualche zona del Castello non fossero aperti uno o più cantieri edilizi nei locali riservati ai duchi e ai loro parenti. È anche a causa di questo continuo lavorìo di trasformazione che oggi è così difficile ricostruire l’aspetto interno del Castello durante il Rinascimento.
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esigned to be a fortress, then temporarly converted to barracks, prison, weaponry and goods warehouse, later to be provided with stables, forges, dormitories and kitchens, throughout the Middle Ages the Castel Vecchio used to accomodate a muddled variety of people and activities. This was the seat that, since the end of the Quattrocento, was to witness the creation of the ‘secret apartments’, that is to say the dukes’ private lodgings (each equipped with bathrooms, cloackroom, kitchens, halls of honour, and so on). As soon as he became lord, each duke along with his spouse ordered the refurbishment of a new apartment for his own use and that of his retinue, which often entailed the total dismantling of the premises once belonged to his predecessor. One may easily observe that every single year one more building yard appeared in the dukes and their parentage’s private rooms. The different transformations that uncessantly took place within the Castle also account for the tentative virtual reconstruction of its interior during the Renaissance.
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Eleonora d’Aragona «Questa dona era de statura bassa e picola, grassa e grosa, lo volto largo, lo colo curto, più bruna che biancha, la bocha picola, lo ochio negro e picolo, non molto ponposa del vestire, haveo lo naxo picolo, uno puocho rivolto in suxo. Et era altiera e subita e tirana: lei facea gratie ma puoche, chi li parlava ala audiencia convenia stare in gienochiuni come se havesse adorato Dio e cusì lei voleva. Questa tale dona e madona certo era savia nel governo suo et portavase bene con cugnati e cugnate e con neputi, madrinale e bastardi, picoli e grandi, talli e quali…» Hondedio de Vitale, 1496 Nel 1476 la duchessa Eleonora d’Aragona decise di abbandonare il vecchio Palazzo di Corte e di trasferirsi nel Castel Vecchio, facendo riattare la Torre Marchesana e le cortine ad essa adiacenti per trasformarle in appartamenti d’abitazione per sé e il proprio seguito (di cui facevano parte anche i principi del sangue). La decisione, presa in un momento di tensione, all’indomani della congiura di Nicolò di Leonello ai danni di Ercole I d’Este, era comunque in linea con quanto andava sperimentandosi in altre capitali italiane (a Napoli, a Urbino, a Mantova) e avrebbe condizionato in modo determinante la storia successiva del Castello: è a questo periodo, infatti, che si può far risalire l’inizio di quel processo di “curializzazione” dell’edificio, che nel giro di un paio di generazioni avrebbe trasformato la vecchia rocca militare in una fastosa reggia rinascimentale. Sulla scia di Eleonora, infatti, anche Alfonso I avrebbe preso alloggio nel Castello e in seguito tutti i duchi successivi ne avrebbero imitato l’esempio, mentre l’antico palazzo estense sulla piazza di fronte al Duomo (non a caso definito “Corte vecchia” nelle fonti coeve) rimaneva occupato da uffici e locali di servizio.
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Miniatura raffigurante Eleonora d’Aragona Antonio da Cornazzano, De modo regere et regnare (New York, Pierpont Morgan Library) Miniature portraying Eleonora of Aragon Antonio da Cornazzano, De modo regere et regnare (New York, Pierpont Morgan Library)
Eleonora d’Aragona In 1476 the duchess Eleanor of Aragon decided to move from the old Court Palace into Castel Vecchio. She therefore ordered the Torre Marchesana and the adjoining structures to be restyled in order to convert them to proper apartments for herself and her retinue. Her determination came as a consequence of the plot of Leonello’s son Nicolò against Ercole I d’Este but was, notwithstanding the fact, in keeping with what was going on in other Italian courts (in Naples, Urbino and Mantua). This was to affect substantially evolution of the Castle. One may refer to this very moment the starting point of the process usually defined as “curialization” of the building, that - across a couple of generation - marked the transition from the old military fortress to the Renaissance princely palace. Following Eleanor’s example, Alfonso I would have dwelled in the Castle too, later imitated by each subsequent Este duke. The old Court Palace overlooking the Cathedral square (not incidentally reported as “old court” in coeval sources) remained the seat of ducal offices and service rooms.
L’appartamento di Eleonora d’Aragona Eleonora d’Aragona abitò il Castello con la sua corte in un quartiere creato attorno alla torre di sud-est. Questa torre era la più vicina alla via Coperta e pertanto al Palazzo di Corte e all’appartamento del marito Ercole I le cui finestre guardavano proprio a quella porzione di Castello. Negli ultimi vent’anni del Quattrocento Eleonora lavorò alla ristrutturazione del Castello con denari provenienti dalle proprie ricche sostanze. Fece costruire una scala che dalla via Coperta al piano del cortile saliva sino alle terrazze alte del Castello. Lungo questa scala fece dividere l’alto e freddo salone al piano nobile della torre detta oggi Marchesana in due sale sovrapposte ingentilite da volte a padiglione con lunette laterali.
Eleonor of Aragon’s apartment Eleanor of Aragon and her court resided in the Castle in a series of rooms refurbished around the south-east tower. This tower was adjacent to the Via Coperta and, as a consequence, to the Court Palace and to her husband Ercole I’s apartment, whose windows faced that side of the Castle. Eleanor dedicated the last two decades of the 15th century to the renovation of the Castle investing the riches that were part of her dowry. She then promoted the insertion of a staircase allowing transition from the Via Coperta, on the same courtyard, to the terraces of the Castle. At one point of the staircase, she ordered the partition of the high and cold hall at the piano nobile of the socalled Tower Marchesana converting it in two chambers embellished by a fantail vault and lateral lunettes. She also furnished both the south wing to
Alloggio di guardia o del capitano
Alloggio di don Alfonso Don Alfonso’s quarters
Guard’s or the captain’s quarters
Alloggio e prigione di don Giulio Don Giulio’s quarters and dungeon
Torre dei Leoni Lions’ Tower Appartamento di Eleonora d’Aragona dal 1476 (?) al 1493
Giardino Pensile Hanging Garden
Apartment of Eleonora of Aragon from 1476 (?) to 1493
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Apprestò l’ala sud per la sua corte e le torri dei Leoni e di Santa Caterina per i figli Giulio e Alfonso. Curò molto i terrazzi e realizzò un giardino pensile, che nel tempo sarebbe stato ampliato sino a divenire il noto Giardino degli Aranci. La nostalgia per la corte di Napoli la spinse ad adornare i giardini con agrumi e a far affrescare le pareti con vedute della sua amata città d’origine.
accomodate her own court and the towers of Saint Catherine and of the Lions for her sons Giulio and Alfonso. She devoted special care to the terraces to the point of arranging a hanging garden, through the years enlarged until it finally became the celebrated Garden of the Oranges. A nostalgic feeling for her native court at Naples induced the duchess to ornate gardens with orange trees and have the walls painted with views of her beloved place of birth.
Colori originali del muretto del Giardino degli Aranci disegnato da Girolamo da Carpi Original colours of the wall of the Giardino degli Aranci designed by Girolamo da Carpi
Eleonora d’Aragona nelle vesti di Salome ritratta nel Compianto sul Cristo morto di Guido Mazzoni, secolo XV exeunte (Ferrara, chiesa del Gesù) Eleonora of Aragon, in the guise of Salome in the Mourning over the Dead Christ by Guido Mazzoni, 15th century exeunte (Ferrara, Church of Gesù)
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Dosso Dossi (copia?), Ritratto di Ercole I d’Este (Modena, Galleria Estense) Dosso Dossi (copy?), Portrait of Ercole I d’Este (Modena, Galleria Estense)
Ercole I «Lui s’è piato tuti li piaciri che li è parso, e con musiche e con astrologie e negromancie, con pochissima audiencia al suo puopulo ... più tirano che mai benché se mostrava esser grande helimoxiniero e chatolico: la mazore parte del tempo vestiva de pano de lana et in testa uno capello pelloso, hora de uno collore e hora de l’uno altro» Hondedio di Vitale, 1496 Ercole I fu l’unico dei duchi d’Este a non aver avuto la sua residenza in Castello: viveva nelle Camere Dorate del Palazzo di Corte, di fronte alla Torre Marchesana. Fratello di Borso, arrivò alla successione dopo una furibonda lotta con Nicolò figlio di Leonello; assunse il potere nel 1471. Ercole sposò Eleonora d’Aragona figlia del re di Napoli: matrimonio che rivela la grande considerazione che la Casata estense godeva presso le famiglie dei nobili potenti della penisola. Il matrimonio fu salutato con grandi feste che, si potrebbe dire, erano proporzionate alla dimensione politica dei personaggi e alla eccezionalità dell’evento. Due sue figlie, Isabella e Beatrice, entrarono, spose, la prima alla corte dei Gonzaga a Mantova, la seconda a Milano alla corte degli Sforza. Il suo stile di governo si adeguò a quello illuminato e pacificatore di Borso, anche se la rivalità con Venezia che voleva ad ogni costo impossessarsi di Ferrara lo costrinse ad una guerra sanguinosa conclusa con la pace di Bagnolo (1484) e molti sacrifici territoriali. Ma le qualità umane e di governo di Ercole ricondussero presto la città e i suoi cittadini a problemi e a impegni di ricostruzione e di pace. Le lettere e le arti furono le protagoniste di questi anni; l’università riprese vigore e smalto per i docenti provenienti da tutta Europa. Notevole impulso ebbe il teatro alla centralità del quale, nella vita culturale ferrarese, diedero impulso Pellegrino Prisciani e Ludovico Ariosto.
Ercole I Ercole I was the only Este duke who did not have his own apartment arranged in the Castle and chose to live in the Palazzo di Corte. He succeeded his brother Borso after a strenuous fight against Leonello’s son Nicolò. Born in 1431, Ercole acceded to the throne in 1471. He married Eleonora of Aragon, the daughter of the king of Naples: a marriage suggesting the high esteem enjoyed by the Este household among the powerful patrician families throughout the peninsula. The wedding was celebrated with grandiose festivals, in perfect keeping with the guests’ political standing as well as with the exceptionality of the event. Two of his daughters, Isabella and Beatrice, were respectively admitted to the court of Mantua and the court of Milan as the duke’s spouses. Ercole’s government attempted to pursue the enlighted and peaceful reign of Borso, although the rivalry with Venice, incessantly aiming at the conquest of Ferrara, forced him to wage a cruesome war which ended with the peace of Bagnolo (1484) and painful territorial losses. However, Ercole’s human virtues and political flair soon involved both the city and its inhabitants in reconstruction and peacebuilding projects. Literature and art were the main protagonists of this period; the university gained new impetus attracting scholars from all over Europe.
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Ma la grande avventura di Ercole fu l’ampliamento della città con la realizzazione della terza “addizione” a nord del contesto urbano medievale. Fu una grande operazione che permise di raddoppiare la superficie della città e di conferire ad essa la sua forma compiuta. Esercitò la sua politica di mediazione e di ampia visione dei problemi anche rimanendo neutrale durante la calata di Carlo VIII in Italia e dopo la battaglia di Fornovo. I suoi rapporti con la Chiesa di Roma furono tali che papa Alessandro VI Borgia volle che sua figlia Lucrezia sposasse Alfonso figlio di Ercole, matrimonio arricchito da donazioni territoriali notevoli. Morì nel 1505 mentre Giulio II nuovo papa riapriva, con la sua fierezza, un altro capitolo di rivendicazioni e di guerra.
One of Ercole’s crucial achievements was represented by the theatre, which was assigned unprecedented priority in the cultural life of the city also thanks to Pellegrino Prisciani and Ludovico Ariosto’s collaboration. Nonetheless, Ercole’s greatest enterprise resided in the enlargement of the urban territory through the “third Addition”, located to the north of the medieval centre. This was an outstanding project which allowed to actually double the city’s extension and finally define its shape. The duke’s political gift as mediator and wise ruler also manifested itself when ho chose to be neutral on the circumstance of Charles VIII’s descent throughout Italy as well as after the battle at Fornovo. He ties to the Roman Church were such that pope Alexander VI Borgia supported the marriage of his daughter Lucrezia to Ercole’s son Alfonso, a marriage that brought notable territorial donations. He faced death in 1505, while the new pope Julius II was about to start a new series of wars and political vindications.
Giardino del Padiglione realizzato da Ercole I per la moglie Eleonora nel 1477 Pavilion Garden realized by Ercole I for his wife Eleonora in 1477
Bagno e studio di Ercole I, dove erano le cucine di Corte Vecchia e dove sarà l’appartamento delle duchesse Ercole I’s bathroom and study, where the kitchens of Corte Vecchia were and where the Duchesses’ apartment would be built Giardino del Duca Ercole I - Giardino delle duchesse Duke Ercole I’s garden - Duchesses’ Garden
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Camere Dorate di Ercole I Ercole I’s Golden Study Cortile segreto di Ercole I Ercole I’s Secret Courtyard Sala Grande Large Room
Duomo Cathedral
Dosso Dossi (copia?), Ritratto di Alfonso I d’Este. Sullo sfondo la battaglia di Polesella del 1509 (Modena, Galleria Estense) Dosso Dossi (copy?), Portrait of Alfonso I d’Este. In the background the battle of Polesella of 1509 (Modena, Galleria Estense)
Alfonso I «Fu di statura onestamente grande, di faccia lunga, di aspetto grave e signorile, ma piutosto malinconico e severo che lieto e giocondo … peritissimo musico, ebbe grandissimo giudicio d’armi, d’uccelli e di cavalli, fu mirabil notatore e della maggior parte di quelle arti che son ad uso e necessità degli uomini sapea più che mezzanamente parlare e di molte eziandio di propria mano lavorare non mediocre né volgarmente; delle quali sendo poi anco duca si prese spasso ed esercizio, quando non avea occupazioni d’importanza…» Bonaventura Pistofilo, 1533
Figlio e successore di Ercole nel 1505, dovette sottostare ad un triste destino per arrivare al potere, destino che sembra essere stato proprio della dinastia estense: fu costretto a reprimere violentemente la congiura dei fratelli Ferrante e Giulio che finirono condannati a vita. Alfonso si trovò a governare mentre Venezia era all’apice della sua potenza e Giulio II voleva ridare al Papato quella centralità e quella funzione primaria nel quadro della politica europea che pensava di ottenere cominciando a riconquistare le terre che Venezia si era annessa per ricostruire lo Stato pontificio. In questo frangente Alfonso fu nominato gonfaloniere di Santa Romana Chiesa e, ingaggiato dal papa, invase gli Stati veneti arrivando vittoriosamente fino a Padova. Sconfisse con le sue famose artiglierie la flotta veneziana sul Po nella battaglia di Polesella. A questa sconfitta Venezia dovette aggiungere anche quella di Agnadello da parte dei francesi: i ripetuti disastri la costrinsero alla pace e il papa ordinò ad Alfonso di desistere da ogni ulteriore atto di ostilità. La ribellione a questo ordine costò agli Estensi il feudo di Ferrara che riebbero fortunosamente solo dopo la morte di Giulio II dal successore papa Leone X. Clemente VII mise nuovamente in difficoltà il Ducato estense contrattando un importante accordo con i francesi i quali, per
Alfonso I The son and successor of Ercole I in 1505, Alfonso I, had to face the sorrowful destiny of taking the reins of the State and be obliged to violently sedate a plot conceived by his brothers Giulio and Ferrante, who were both sentenced for life. Alfonso became ruler when Venice was at the apex of its glory and Julius II was resolute to bring the Papacy at the centre of the European political scene and therefore resumed his recovery of those territories Venice had annexed in order to build up the papal State. During this period Alfonso obtained the honorific of “Gonfaloniere di Santa Romana Chiesa” and, appointed by the pope, he invaded the Venectians dominions celebrating his victorious entry in Padua. With his renown artillery he defeated the Venetian fleet in the naval battle of Polesella. The defeat was followed by that of Agnadello, which Venice suffered from the French armies. Because of these repeated reverses, Venice had to make peace with the pope and Alfonso was invited to co-operate in the new combination. His refusal cost Alfonso the feud of Ferrara, that he recovered only after Julius II’s death from his successor pope Leo X. Clement VII once again caused new trouble 99
quel prezioso alleato, abbandonarono con la pace di Cambrai (1529) gli Estensi al loro destino, anche se si era stabilito un forte vincolo di parentela avendo Ercole figlio di Alfonso sposato Renata figlia di Luigi XII. Nel 1534 Alfonso moriva. Resta la sua fama di principe coraggioso e di diplomatico abilissimo e soprattutto resta la sua fama di grande artigliere, il più grande del suo secolo. Aveva la genialità dell’inventore e la capacità del costruttore, nonché l’abilità del tattico nella battaglia.
to the Este Duchy by negotiating a major agreement with the French, who, after the peace of Cambrai (1529), in return receded from the alliance with the Este, notwithstanding the strong family link established by Alfonso’s son Ercole’s marriage with Renée, daughter of Louis XII. He died in 1534, but not his reputation as valiant prince and clever diplomat. But first and foremost he was a great artillery man, the greatest of his century, who combined the geniality of invention with the constructor’s ability and the commander’s strategical insight.
L’appartamento di Alfonso I
Alfonso I’s apartment
Dopo la morte della madre, Alfonso I occupò il suo appartamento avviando importanti lavori di ampliamento tra la Torre Marchesana e il palazzo di Corte, lungo la direttrice della via Coperta, sia per realizzare i propri laboratori, sia per abitarvi con la moglie Lucrezia Borgia.
After his mother’s death, Alfonso I moved into her apartment starting major constructions works to enlarge the area located between the Tower Marchesana and the Court Palace along the axis of the Via Coperta which housed his new laboratories and dwell there together with his spouse Lucrezia Borgia.
Torre dei Leoni Lions’ Tower Appartamento di Alfonso I dal 1518 al 1534 Alfonso I’s apartment from 1518 to 1534
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Sala delle collezioni di Alfonso I poi di Alfonso II Collections Room of Alfonso I later of Alfonso II
Divenuto duca separò, secondo un’abitudine ormai tradizionale, la propria corte da quella della moglie: lasciò Lucrezia nell’alloggio della Torre Marchesana e allestì per sé un decoratissimo appartamento sopra la via Coperta. I “Camerini Dorati” di Alfonso, detti poi anche “Camerini d’Alabastro”, partivano laddove terminava l’appartamento privato detto delle “Camere Dorate” del padre Ercole in palazzo, ma la quota del pavimento delle sale era più alta, era quella del Castello. Gli alloggi del padre e del figlio erano collegati da una scala che faceva cerniera tra i due. Alfonso aveva deciso di rispettare il Palazzo di Corte come origine del cerimoniale di Stato, ma di abitare in un’ala del Castello. Poco dopo, infatti, trasferì Lucrezia negli appartamenti di palazzo e ampliò le sue pertinenze verso il maniero estendendovi le sale dedicate alle sue ricche collezioni. I “Camerini d’Alabastro” di Alfonso, oggi perduti, sono tuttora famosi nel mondo per la ricchezza delle decorazioni e per la magnificenza delle opere d’arte che il duca vi raccolse - con autori come Tiziano, Raffaello, Dosso Dossi, Garofalo, Antonio Lombardo - dando grande impulso ad una stagione collezionistica eccezionale e contribuendo grandemente a rendere la Corte estense una delle più ammirate del Rinascimento.
Once proclaimed duke, according to a traditional custom, he separated his own court from that of his wife: Lucrezia remained in the apartment allocated inside the Tower Marchesana, whilst he had his own astonishingly decorated abode in the spaces on top of the Via Coperta. Alfonso’s Golden Camerini, later nominated Camerini di Alabastro, extended whence Ercole I’s so-called Golden Rooms private apartment in the Court Palace ended. Both the father’s and the son’s dwellings were linked by a staircase. Alfonso resolved to preserve the Court Palace as the source of the State’s etiquette, and reside inside a whole wing of the Castle. Shortly after, he indeed transferred Lucrezia in the palace apartments and enlarged his precints towards the manor with the aim of housing his innumerable luxurious collections. Alfonso’s Camerini di Alabastro, now lost, are still famous all around the world thanks to the sumptuousness of their decorations and the magnificence of the works of art collected by the duke - including works by Titian, Raphael, Dosso Dossi, Garofalo, Antonio Lombardo. Alfonso’s enterprise prompted an extraordinary age of patronage to rise the Este to the rank of one of the most admired courts of the Renaissance
La fucina di Vulcano realizzata da Antonio Lombardo per i Camerini di Alfonso I (San Pietroburgo, Museo Statale dell’Hermitage) Vulcan’s Forge realized by Antonio Lombardo for the Alfonso I’s Alabaster Study (Saint Petersburg, The State Hermitage Museum)
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Ercole II
Ercole II
Il 1° novembre 1534 a succedere ad Alfonso fu il figlio Ercole II. Insediatosi al potere ebbe la fortuna di trovare in gran parte risolte le questioni più gravi che avevano turbato il governo del padre. Modena e Reggio erano tornate alla famiglia estense. Venezia non era più un pericolo incombente e Carlo V e la Spagna erano molto presenti nella politica della penisola. Rimanevano aperti e da considerare con un’attenzione tutta particolare i legami contratti con la Francia per il matrimonio con Renata e soprattutto i contrasti con il papa. Ormai quasi tutte le terre del Patrimonio di San Pietro e dell’Esarcato erano state recuperate dalla Chiesa, mancava Ferrara. Solo nel 1539 si arrivò ad un accordo su questo problema spinoso: papa Paolo III riconfermò nell’investitura del Ducato e delle sue pertinenze Ercole II in
On 1st November 1534 Ercole II succeeded his father Alfonso I. His reign was not marred by the most serious issues his father had to come to terms with. Modena and Reggio had once again been confirmed in the possession of the Este. Venice no longer represented an impeding menace, whilst Charles V and Spain were playing a key role on the political Italian scene. Still open and deserving special consideration were also the Este ties to the House if France owing to Ercole’s marriage to Renée and, above all, the growing contrast with the Papacy. By this time nearly all the papal territories as well as those belonging to the Exarchate had been retrieved, only Ferrara remained independent. Al last in 1539 a solution was found regarding this issue: pope Paul III confirmed the ducal investiture to Ercole II in return of a conspicuous reward and a likewise considerable annual tribute. Within this context, four years later Paul III arrived in Ferrara welcomed with great honours. Ercole II was no less engaged in promoting the city’s welfare as well as its magnificence, thus following the example of his predecessors and of Ercole I more than any other. Both converted the Castle into a sumptuous palace, enhanced the fame of the university and of Ferrara as the cradle of Italian theatre by introducing a new dramatic genre: tragedy. In spite of that, things were evolving less favourably for the dukes. The strong dissension that opposed Ercole to his wife Renée due to the unsustainable concessions accorded to Spain and mostly to Renée’s secret proclivities toward the protestant cult, at the time placing a serious threat to the Roman Church, put the ducal family in a difficult position towards the pope, whose ambitious aspiration to recompose the Papal State in its entirety became more and more realistic. Ercole II died in 1559.
Girolamo da Carpi, Ritratto di Ercole II d’Este (Modena, Galleria Estense) Girolamo da Carpi Portrait of Ercole II d’Este (Modena, Galleria Estense)
cambio di una grossa somma come risarcimento e un cospicuo tributo annuo. In questo quadro, quattro anni dopo Paolo III giunse a Ferrara accolto dalla città con grandi onori. Ercole II fu un degno continuatore della linea di attenzione alla città e alla sua magnificenza che era stata di tutti gli Estensi e in particolare di Ercole I. Fecero diventare il Castello una reggia fastosa, l’università fu portata ai maggiori fastigi e la fama di Ferrara come culla del teatro italiano fu ulteriormente accresciuta perché si inaugurò sulle scene una nuova forma drammatica, la tragedia. Ma le prime ombre incombevano sulla dinastia. Il grave dissidio familiare fra Ercole e la moglie Renata per i troppi vincoli contratti con la Spagna e soprattutto per l’adesione segreta di Renata alla dottrina protestante che stava squassando con la sua irruenza la Chiesa di Roma, misero in grave difficoltà verso il papa la famiglia ducale e il pensiero, mai sopito da Roma, di ridare integrità totale allo Stato Pontificio incombeva minaccioso. Ercole II morì nel 1559.
Ercole II’s apartment Ercole II had two apartments arranged for his personal use: first came the apartment of the “New Rooms”, then the socalled apartment of Patience. His first dwelling too was built above a covered way oriented eastwards departing from one private covered passage. Its rooms, opposing the Castle to the north and the Garden of the Duchesses to the south, were given a hinge disposition around the staircase already connecting his father’s and grandfather’s apartments. Also Ercole II maintained part of his residence inside the Court Palace, though he occupied a sector of it which - as had been the case of the “Camerini di Alabastro” - was by that time considered a wing of the Castle: it was positioned on the same level as the piano nobile and shared the duke’s collection rooms with those created by Alfonso I.
L’appartamento di Ercole II
Xairos, dipinto di Girolamo da Carpi per la “Camera della Pazienza” nell’appartamento di Ercole II, 1541 (Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister) Xairos, painting by Girolamo da Carpi for the “Camera della Pazienza” (Patience Chamber) in Ercole II’s apartment, 1541 (Dresden, Gemäldegalerie Alte Meister)
Ercole II realizzò per sé due appartamenti: prima quello delle Stanze Nuove, poi quello detto “della Pazienza”. Il primo alloggio fu anch’esso costruito sopra una via coperta che partendo dallo stesso punto ove partiva quella di Castello dirigeva verso est. Le sale, che affacciavano al Castello verso nord e al giardino delle duchesse verso sud, vennero così a trovarsi collegate a cerniera attorno a quella scala che univa già gli appartamenti del padre e del nonno. Anche Ercole II rimase legato al palazzo di corte ma in un fabbricato che, per analogia con i “Camerini di Alabastro”, era ormai evidentemente un’ala del Castello. Aveva la stessa quota del piano nobile, condivideva le sale di collezione nel maniero con quelle di Alfonso I. Il secondo appartamento di Ercole II si trova invece decisamente realizzato in Castello attorno alla Torre di Santa Cate103
Appartamento “della Pazienza” di Ercole II dal 1550 (?) al 1559 Ercole II’s “Patience” Apartment from 1550 (?) to 1559
Torre dei Leoni Lions’ Tower Giardino pensile Hanging Garden
rina, affacciato al giardino del Padiglione e alla via degli Angeli. Spinto dai lavori resi necessari da un vasto incendio nel 1554, Ercole decise di trasferire l’appartamento ducale dedicandone la decorazione al proprio motto politico, la Pazienza. Gli appartamenti dei Camerini d’Alabastro, delle Stanze Nuove e della Torre Marchesana erano ormai colmi di opere d’arte e anche quello della Pazienza continuava ad arricchire la collezione estense con opere di grandi artisti come Battista e Dosso Dossi, Garofalo, Girolamo da Carpi.
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Ercole II’s second apartment had been, conversely, located right inside the Castle, being disposed in a way to surround the Tower of Saint Catherine and face the Pavilion garden as well as the street of Angels. The terrible fire occurred in 1554 forced Ercole to have his ducal apartment transferred and consequently embellished with new decorations conceived to suit his personal political motto, Patience. By that date, the “Camerini di Alabastro”, the “New Rooms” and the Tower Marchesana apartments were brimmed with works of art, while the “Patience apartment” witnessed the enhancement of the Este’s collections with masterpieces commissioned to great artists such as Battista and Dosso Dossi, Garofalo, Girolamo da Carpi.
Girolamo da Carpi, Ritratto del giovane Alfonso II (Madrid, Museo Nacional del Prado) Girolamo da Carpi Portrait of the young Alfonso II (Madrid, Museo Nacional del Prado)
Alfonso II «Quand’è in Ferrara i giorni festivi tien quasi sempre pubblica corte, né piglia godimento maggior che d’esser salutato e corteggiato con umilissimi inchini da corteggiani et gentiluomini suoi sudditi, per il mezzo de’ quali passando per andare alla cappella dove ode messa alle riverenze spessissime che gli fanno si vede gonfiar apparentissimamente… Ha la pronuncia articolata; ma la voce viscosa e crassa, apre molto gli occi quando spiega il concetto suo; et gira molto spesso il capo; tutti gli altri gesti sono pieni di decoro e venustà. Nel procedere gentile e manieroso, né è quasi possibile far con più garbo et con più destrezza cerimonie di quelle faccia egli» Orazio della Rena, 1589 Giovanissimo si recò in Francia per rinsaldare antiche amicizie in polemica con la neutralità del padre e là combatté a fianco del cugino Enrico II. Entrati gli Estensi in rapporto di buon vicinato con Firenze, Alfonso sposò la figlia quattordicenne di Cosimo Medici, Lucrezia. Tornato in Francia seppe della morte del padre e della reggenza dello Stato da parte di Renata: il 26 novembre 1559 iniziò la sua signoria sulla città. Il primo atto del suo governo fu una visita a Roma al papa Pio IV, il quale ricambiò l’omaggio ordinandogli di esiliare la madre perché troppo compromessa con personaggi di spicco della Riforma protestante, in particolare con Calvino. Renata si ritirò in austero silenzio nella sua terra nel castello di Montargis. Alfonso ebbe la fortuna di governare durante un lungo periodo di pace in Italia anche se questo non gli consentì di mostrare le sue doti di principe ardimentoso. Volse allora la sua attività ad aprire una lunga e sterile polemica per la “precedenza”: quale cioè dovesse essere il casato, tra gli Estensi e i Medici, a sfilare per primo, ad avere la precedenza, nei cerimoniali solenni. Era un problema che in quegli anni di inattività bellica aveva assunto grande importanza e un alto significato politico.
Alfonso II Still in his teens, he went to France in order to consolidate old ties in contrast with his father’s neutrality and there fought at the side of his cousin Henry II. Once the Este had a good relation with Florence, Alfonso married Cosimo’s fourteenyears-old daughter, Lucrezia. Back to France, he learnt of his father’s death and of Renée’s temporary regency: on 26th November 1559 he became ruler of Ferrara. His first political move was the visit to pope Pius IV in Rome, who as a token of hospitality ordered him to expatriate his own mother because of her manifest involvment with several exponents of the Protestant Reformation, Calvin above all. Renée then retreated in the French castle at Montargis. Alfonso’s rule was marked by a lasting period of peace in Italy, though this fact prevented him from proving his courage and prowess. He then resolved to engage in an endless futile dispute over Precedence: that is to say, which household should parade first during official ceremonials between the Este and the Medici. Curiously enough, in 105
Ad una prima supremazia dei Medici, Alfonso, rimasto prematuramente vedovo, rispose sposando Barbara d’Austria figlia dell’imperatore Ferdinando I. Riteneva che questa nuova parentela, con la quale intraprese anche una spedizione militare in Ungheria contro i Turchi, gli avrebbe dato lustro sufficiente per sopravanzare Firenze. Non fu così. I Medici ottennero il titolo di granduca dal papa e dall’imperatore e Alfonso parve rinnegare il suo giovanile atteggiamento filofrancese. Alla conclusione di questa sterile e sfortunata diatriba Barbara venne a morire e Alfonso, che non aveva avuto ancora figli, fu messo nella condizione di doversi preparare ad un terzo matrimonio. Nel 1567 una bolla severissima di papa Pio V aveva vietato l’infeudazione dei beni della Chiesa ai figli illegittimi: era l’ultimo atto del Papato per ritornare in possesso di Ferrara. Alfonso sposò in terze nozze Margherita Gonzaga, ma anche da quell’unione non nacquero figli maschi. Nessuno dunque restava a raccogliere l’eredità del Ducato. Colloqui frenetici con il papa non approdarono ad alcuna soluzione perché la bolla di Pio V parlava troppo chiaro. L’imperatore Rodolfo concesse al cugino Cesare nominato successore fino dal 1595
Liutaio romano della cerchia di Giovanni Battista Giacometti, Giulio Marescotti, Orazio Lamberti, Arpa estense, 1581-1591 (Modena, Galleria Estense) Lute maker from Rome in the circle of Giovanni Battista Giacometti, Giulio Marescotti, Orazio Lamberti, Estense harp, 1581-1591 (Modena, Galleria Estense)
those years of military idleness the question had assumed a great political meaning. To contrast a first Medicean supremacy Alfonso, recently bereaved of his first wife, married the daughter of emperor Ferdinand I, Barbara of Austria. He believed that this new parental bondage, which he also used to promote a crusade against the Turks in Hungary, would have raised his standing enough to outdo the Medici. On the contrary, they obtained the title of Grandukes by the pope and the emperor and Alfonso began to repudiate his former pro-French attitude. Shortly after Barbara died and Alfonso, who was still without a legitimate heir, had to look for a third nuptial arrangement. In 1567 a most severe bull by pope Pius V prohibited the infeudation of ecclesial estates to illegitimate heirs: this was the last 106
Cesare Aretusi, Ritratto di Alfonso II d’Este (Ferrara, Casa Bargellesi Severi) Cesare Aretusi, Portrait of Alfonso II d’Este (Ferrara, Casa Bargellesi Severi)
l’investitura per Modena e Reggio, ma Ferrara ritornò definitivamente a far parte del Patrimonio di San Pietro. Con il senso tragico della fine, Alfonso II, ultimo duca di Ferrara, si spense il 27 ottobre 1597 dopo aver governato per trentotto anni. Alfonso rivelò il suo animo generoso e il suo attaccamento ai sudditi particolarmente in occasione del terribile terremoto del 1570 che per la sua forza e la sua persistenza procurò rovina e desolazione nella città per lunghi anni. Egli viene ricordato per essere rimasto vicino ai suoi sudditi e per avere realmente contribuito ad alleviare disagi, pericoli e sofferenze.
signal that the Papacy intended to incorporate the city. Alfonso then married Margherita Gonzaga, but unfortunately the couple did not give birth to a male heir. Repeated encounters with the pope did not provide any solution. Emperor Rudolph conceded the investiture of Modena and Reggio to his cousin Cesare, proclaimed Alfonso’s successor in 1595, though Ferrara returned in the possessions of the Papacy. Alfonso II, last duke of Ferrara, died on 27th October 1597 after having ruled for 38 years. Alfonso showed his generous spirit and his attachment to his subjects after the terrible earthquake of 1570 whose strength and persistence caused ruin and desolation in the city for many years. He was remembered for having stood by his subjects and for having made a real a contribution to alleviating hardship, danger and suffering.
Sale del governo di Alfonso II Alfonso II’s government room
Appartamento di Alfonso II, detto dello Specchio, dal 1559 al 1598 Alfonso II’s apartment, known as the Specchio (Mirror Apartment), from 1559 to 1598
Torre dei Leoni Lion’s Tower
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L’appartamento di Alfonso II
Alfonso II’s apartment
Per Alfonso II il Castello era ormai indiscutibilmente la sede della Corte ducale mentre il vecchio palazzo e quello della Corte era residenza delle duchesse. Il quinto duca estense realizzò il suo appartamento attorno alla Torre dei Leoni, iniziando il proprio mandato politico con un gesto di magnanimità nei confronti del vecchio don Giulio, liberandolo dalla lunga prigionia scontata proprio nella sala del primo piano della torre. Il Giardino degli Aranci, il Camerino dei Baccanali, la Cappella dei Marmi, le sale dell’Aurora e le due dei Giochi sono il nucleo principale di questo lussuoso appartamento detto “dello Specchio”, giunto a noi pressoché intatto e realizzato a partire dal 1574, dopo il terribile terremoto che danneggiò gravemente tante abitazioni ferraresi e che non risparmiò le strutture del Castello. In queste sale la poesia del Tasso, la musica di Gesualdo da Venosa e del “Concerto delle Dame” accompagnarono i fasti della corte d’Este verso la fine del secolo. Pirro Ligorio, Sebastiano Filippi detto il Bastianino, Ludovico Settevecchi, Leonardo da Brescia e tanti altri artisti sono i protagonisti della decorazione dell’ultima stagione ferrarese legata al Rinascimento e agli Estensi che, alla morte di Alfonso II, lasceranno la città ai cardinali legati per trasferire la propria capitale a Modena.
To Alfonso II the Castle had become the unquestionable seat of the ducal court. He had converted the old-fashioned Court Palace in the residence of the duchesses. The fifth Este duke had his own apartment established in the rooms of the Lions’ Tower, which saw the duke’s succession with an act of clemency causing the release of the aged don Giulio from his captivity in the prison set on the first floor of the tower. The Garden of Oranges, the Camerino of the Bacchanalia, the Marbles Chapel, the Chamber of Dawn and the two Rooms of Games formed the original nucleus of his luxurious apartment denominated “Mirror Apartment”. We can still admire in its integrity this series of rooms realised since 1574, owing to the dreadful earthquake that seriously damaged a great number of houses including various parts of the Castle. These chambers had the privilege of hearing Tasso’s poetry, Gesualdo da Venosa’s music along with the “Ladies Concer”, ideal accompaniment to the Este court splendours towards the end of the century. Pirro Ligorio, Sebastiano Filippi called Bastianino, Ludovico Settevecchi, Leonardo da Brescia and many other artists were the protagonists of the conclusive artistic chapter of the Renaissance in Ferrara under the Este patronage, who, after Alfonso’s II death, would deliver the city to the cardinal legates and move the court to new capital Modena.
Le corti delle duchesse A rigore, non esisteva una sola corte estense: accanto a quella del signore, infatti, proliferavano le corti “particolari” (come dicono le fonti stesse) dei suoi familiari - la principessa consorte, i figli illegittimi, i fratelli specie se ecclesiastici di alto rango -, ognuno dei quali aveva un suo seguito personale di cortigiani, dame di compagnia, valletti, segretari, staffieri, camerieri, ecc. Alcune di queste corti rivaleggiavano per magnificenza e visibilità con la stessa corte ducale: basti citare l’esempio di quella del cardinale Ippolito d’Este, che fra i suoi accoliti annoverava l’insofferente Ludovico Ariosto («dal parer dei più mi tolgo / che ’l stare in corte stima-
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The duchesses’ courts Strictly speaking, there was not just one Este court: alongside the lord’s court, in fact, a series of “particular” courts proliferated around his own kinship (as confirmed by the sources) - the princess his spouse, the male heirs, his brothers, especially if high-ranking members of the clergy. Each of them presided over a retinue which included courtiers, ladies-in-waiting, valets, secretaries, grooms, servants, etc. It often happened that some of these courts would rival with the ducal court as to magnificence and ostentation: suffice it to mention the
no grandezza / ch’io pel contrario a servitù rivolgo»). In questo contesto, nel corso del Rinascimento le corti delle principesse consorti sarebbero venute ad acquisire un’importanza crescente: sia per la forte personalità di alcune duchesse, rampolle di sangue reale, pedine nient’affatto passive o sprovvedute di complicate trame internazionali - si pensi a Eleonora d’Aragona, a Renata di Francia o ancora alla figlia illegittima del papa Lucrezia Borgia… -, sia per i molti ruoli che queste donne venivano a svolgere nella vita politica del Ducato. Sotto l’esclusiva giurisdizione della principessa consorte, infatti, cadevano l’educazione dei figli (ed eredi al trono) e la gestione delle elemosine agli istituti pii del Ducato, il patronato dei monasteri femminili e la potestà sulle strategie matrimoniali dei cortigiani, per non parlare dell’importante ruolo di intermediazione svolto nei rapporti diplomatici con la stirpe d’origine e con le altre corti europee. Di qui la crescente consistenza degli appartamenti della duchessa nel Palazzo di Corte, a manifestare anche sul piano edilizio-architettonico il ruolo di primo piano che le donne della dinastia venivano a svolgere nel governo del Ducato.
case of the court of cardinal Ippolito I d’Este which vaunted among its acolytes the impatient Ludovico Ariosto. Within this frame during the Renaissance the courts managed by the princesses consorts would have gained growing prominence. This was mainly due both to the strong personality of a group of duchesses - such as Eleanora of Aragon, Renée of France or the pope’s illegitimate daughter Lucrezia Borgia - of royal lineage and far from being passive and unaware instruments of complex international interests, and to the multiple roles these women embodied from time to time on the dukedom political scene. It was the exclusive concern of the duchess to take care of the children’s education (the future heirs to the throne) or administer he alms destined to the local charitable institutions, as well as the patronage of nunneries and the exertion of marital authority over the courtiers, not to mention the strategic role as mediators played in the diplomatic relationships between the household and other European courts.
Eleonora d’Aragona
Busto di Eleonora d’Aragona, opera di Francesco Laurana (Palermo, Galleria Regionale della Sicilia) Bust of Eleonora of Aragon, work by Francesco Laurana (Palermo, Galleria Regionale della Sicilia)
Fu la prima duchessa di Ferrara. Figlia di Ferrante re di Napoli, nel suo viaggio verso Ferrara fu accompagnata da una comitiva formata da alcuni dei più importanti nomi della corte estense. Il rito del matrimonio con Ercole I si intrecciò con una lunga serie di feste in suo onore, con danze, tornei, processioni e pranzi. Ebbe sei figli che educò amorevolmente: Isabella (marchesa di Mantova), Beatrice (sposa di Ludovico Sforza “il Moro”, duca di Milano), Alfonso (futuro duca di Ferrara), Ferrante, Ippolito (cardinale), Sigismondo, allevati insieme ai figli naturali di Ercole: Lucrezia (sposa di Annibale Bentivoglio) e Giulio. Tenne saldamente le redini del governo durante le assenze del marito, dimostrandosi decisa e autorevole ma anche saggia ed equilibrata. 109
Eleonora d’Aragona
Lucrezia Borgia Nacque nei pressi di Roma il 18 aprile 1480; era la sesta figlia del cardinale Rodrigo Borgia, poi papa Alessandro VI. Morì di parto a Ferrara, il 24 giugno 1519, dando alla luce Isabella, dopo una vita segnata da tre matrimoni e da parecchie gravidanze. Sposò a 13 anni Giovanni Sforza signore di Pesaro e dopo l’annullamento di questo matrimonio andò sposa ad Alfonso d’Aragona duca di Bisceglie, ucciso dai sicari di Cesare Borgia il “Valentino”, fratello di Lucrezia. Arrivò a Ferrara nel febbraio del 1502 per sposare Alfonso I d’Este. Dalla loro unione nacquero il futuro duca di Ferrara Ercole, il cardinale Ippolito, Eleonora (monaca) e Francesco, creato marchese di Massalombarda, oltre ad Alessandro e Isabella, morti ancora in fasce. Lucrezia fu una madre attenta, molto religiosa, protettrice dei monasteri cittadini. La pessima fama che accompagnava la sua famiglia d’origine contribuì a far fiorire attorno alla sua figura, specie nell’Otto-Novecento, leggende dalle tinte fosche.
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She was the first duchess of Ferrara. Daughter of Ferrante, king of Naples, in her journey to Ferrara she was accompanied by a group made up of some of the most important names in the Estense court. The wedding ceremony with Ercole I become intertwined with long series of celebrations in her honour, with dances, tournaments, processions and lunches. She had six children that she brought up lovingly: Isabella (marchioness of Mantua), Beatrice (wife of Ludovico Sforza “il Moro”, duke of Milan), Alfonso (future duke of Ferrara), Ferrante, Ippolito (cardinal), and Sigismondo, who were raised together with Ercole’s other children: Lucrezia (wife of Annibale Bentivoglio) and Giulio. She held firmly on to the reins of government during her husband’s absences, showing herself to be decisive and authoritative, but also wise and level-headed.
Busto di Eleonora d’Aragona, opera di Francesco Laurana (Palermo, Galleria Regionale della Sicilia) Bust of Eleonora of Aragon, work by Francesco Laurana (Palermo, Galleria Regionale della Sicilia)
Bartolomeo Veneto, Flora, presunto ritratto di Lucrezia Borgia (Francoforte sul Meno, Städelsches Institut) Bartolomeo Veneto, Flora, presumed to be a portrait of Lucrezia Borgia (Frankfurt, Städelsches Institut)
Lucrezia Borgia Born near Rome on 18 April 1480, she was the sixth daughter of cardinal Rodrigo Borgia, later pope Alexander VI. She died in childbirth in Ferrara on 24 June 1519 giving birth to Isabella, after a life marked by three marriages and many pregnancies. At the age of 13 she had married off to Giovanni Sforza lord of Pesaro and when this marriage had been annulled she was wed to Alfonso d’Aragona duke of Bisceglie, murdered by the assassins sent by her brother, Cesare Borgia the “Valentine”. Then, in February 1502 she arrived in Ferrara to marry Alfonso I d’Este. From their union came the future duke of Ferrara Ercole, the cardinal Ippolito, Eleonora (nun) and Francesco, made marquis of Massalombarda, as well as Alessandro and Isabella, who died when still babies. Lucrezia was a caring mother, very religious and a protector of the city’s monasteries and convents. The ill fame that surrounded her father’s household contributed to the wealth of dark legends that grew up around her, especially in the 19th and 20th centuries.
Lucrezia in un dettaglio della Disputa di Santa Caterina di Pinturicchio, 14921494 (Roma, Palazzi Vaticani, Appartamento Borgia) Lucrezia in a detail of St. Catherine’s Disputation by Pinturicchio, 1492-1494 (Rome, Vatican Palaces, Borgia Apartment)
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Anonimo, Ritratto di Renata di Francia (Parigi, (c)shpf)
Renata di Valois Figlia del re di Francia Luigi XII e di Anna di Bretagna, aveva 18 anni quando, il 28 giugno 1528, andava sposa a Ercole, erede e successore designato di Alfonso I. Nata a Blois il 25 ottobre 1509, era presto rimasta orfana di entrambi i genitori ed era stata allevata sotto la tutela di Luisa di Savoia, affidata alle cure di Margherita di Valois. Forte, risoluta, di costumi ineccepibili, Renata ebbe cinque figli: Anna, Alfonso (futuro duca di Ferrara), Lucrezia, Eleonora e il cardinale Luigi. Si circondò di una corte dove accoglieva esuli in sospetto di eresia, mettendo spesso in difficoltà il marito che, in quanto duca, doveva assicurare l’unità religiosa del suo Stato. Tacciata di essere calvinista, le venne tolta la custodia delle figlie e fu mandata a vivere nel palazzo “da San Francesco” (ora sede del Rettorato dell’Università), dove venne sottoposta al giudizio di un inquisitore francese e riconosciuta eretica. Quando morì il marito, nel 1559, assunse il governo in attesa del rientro del figlio Alfonso, nuovo duca designato, per poi ritirarsi nel suo castello di Montargis, in Francia, dove morì nel 1574.
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Anonymous, Portrait of Renée of France (Paris, (c)shpf)
Renata di Valois Daughter of the king of France Louis XII and Anne of Bretagne, was eighteen when, on 28 June 1528, she was wed to Ercole, heir and designated successor to Alfonso I. Born in Blois on 25 October 1509, both her parents died when she was very young and so she was raised under the guardianship of Louise of Savoy and adopted by Margherita di Valois. Strong, resolute, of impeccable habits, Renata had five children: Anna, Alfonso (future duke of Ferrara), Lucrezia, Eleonora and cardinal Luigi. She surrounded herself with a court that welcomed suspected heretics, which often put her husband in a difficult position, who as duke had to guarantee the religious unity of his State. Reputed to be a Calvinist, her children were taken from her and she was sent to live in the palace “da San Francesco” (now the University Rectorate) where she was judged by a French inquisitor to be a heretic. At her husband’s death in 1559, she took over government awaiting the return of his son Alfonso, the new duke. She then retired to her castle in Montargis in France where she died in 1574.
Scuola franco-lombarda, Ritratto di Renata di Francia (Chantilly, Musée Condé) Franco-Lombard school, Portrait of Renée of France (Chantilly, Musée Condé)
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Il Giardino The Garden and e la Loggia Loggia of the degli Aranci Oranges
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el Rinascimento Ferrara era famosa per i suoi giardini, creati ad imitazione di un ideale edenico aggiornato secondo i canoni della cultura cortese e cavalleresca. Boschi, grotte, montagne, geometrie di siepi, aiuole odorose, giochi d’acqua avevano trasfigurato il paesaggio attingendo a tutte le risorse delle arti e della tecnica. L’attenzione degli Estensi per i giardini trova invece le sue radici profonde nella volontà di rappresentazione del potere ducale. Il giardino come simbolo di natura pacificata, di luogo dove si esercita un magico controllo sugli elementi, allude alla filosofia di governo estense, incentrata sulla valorizzazione del territorio. Attraverso il giardino l’immagine della corte viene portata all’esterno dei palazzi e, con essa, l’ideale di magnificenza che gli Estensi intendevano comunicare. Per chi arrivava a Ferrara lungo le vie d’acqua il primo approdo era l’Isola di Belvedere, una raccolta di meraviglie con raffinate architetture, prati verdi irrorati dall’acqua di una fontana in forma d’albero, sculture, piante rare e animali esotici. Di forte suggestione era anche l’accesso alla città dalla Porta degli Angeli, che inquadrava il Castello sospeso e quasi aereo sopra la cortina verde dei Giardini del Padiglione. Le stesse mura della città, che dall’esterno si percepivano come imponente struttura difensiva, all’interno si trasformavano in luoghi ameni, con agrumeti, aiuole fiorite, specchi d’acqua. Un autentico processo di “scultura” del paesaggio aveva trasfigurato la natura: il centro del disegno era il Castello, con la sua teoria di logge e giardini segreti che confluivano nel Giardino pensile degli Aranci. Luogo tra i più ricchi di memorie estensi, questo terrazzo evoca la presenza della Corte. Con Alfonso I il Giardino degli Aranci assunse le caratteristiche attuali, come testimonia la “granata svampante”, impresa personale del duca che si vede scolpita sui capitelli della loggia. Già nel 1478 i documenti parlano di un giardino della duchessa - Eleonora d’Aragona moglie di Ercole I d’Este - in Castello: potrebbe trattarsi di un piccolo giardino, allestito sul rivellino est prima degli ampliamenti cinquecenteschi. Solo nell’estate del 1531 vennero costruiti il muretto perimetrale merlato del giardino, poi crollato e ricostruito più volte, e la loggia con le quattro arcate a tutto sesto. Da questo momento in poi le carte d’archivio ci permettono di ricostruirne le diverse sistemazioni: dapprima vialetti, terreno riportato e coltivazione in aiuole di piante annuali, affiancate da mastelli di legno con gli aranci «portà suso e zoso» ai cambi di stagione, quindi una edizione settecentesca, con le sole piante di agrumi in vaso, infine, ai primi decenni del Novecento, con gli aranci sul terrazzo poi riparati, nell’inverno, dalla loggia utilizzata come serra.
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hroughout the Renaissance Ferrara was renown for its gardens, designed to reflect a heavenly archetype revised according to contemporary courtly ideals drawn by chivalric principles. Woods, grottoes, hills, geometrical patterns in gardens, perfumed flower-beds, spectacular water effects, all added to the transfiguration of landscape by means of the extensive use of every possible asset provided by artistic and technical novelties. The garden, intended as the symbol of peaceful nature, a place where a supernatural command over natural elements is achieved, is allusive to the Este’s ideals of government, uninterruptedly in pursuit of the enlargement of their territories. By means of the garden metaphor, the image of the court is definitely exhibited out of the palaces along with the magnificentia the lords wished to convey. Visitors approaching to Ferrara by fluvial transport first landed on the Belvedere Island, an astonishing collection of beautiful architectures. Particularly suggestive was also the entrance to the city set in correspondence of the Gate of the Angels, which provided an aerial frame for the Castle raising above the Pavilion Gardens. The city walls too, appearing from the outside as a formidable defensive structure, enclosed idyllic places disseminated with orange trees and neatly arranged flowers and ponds. A downright landscape “sculpting” process had totally transfigured nature’s appearance: the Castle was at its centre along with its sequence of loggias and secret gardens culminating with the hanging Garden of the Oranges. It was under Alfonso I that the Garden of the Oranges was given its present design, as testified by the duke’s individual device of the “exploding shell” carved on the capitals of the small loggia. Early in 1478 documents mention a garden of the duchess (Eleonora of Aragon, Ercole I d’Este’s wife) in the Castle: reference could be to a small garden located on top of the east revelin until the XV century. Only in the summer of 1531 the crenellated wall surrounding the garden, later collapsed and was reconstructed on several occasions together with the four round-arches loggia were built. From now onwards archival sources supply lavish indications about the hanging garden in the Castle allowing a survey of its subsequent renovations: from an earliest version including small paths and flower-beds, further embellished by wooden vases containing orange trees “carried upstairs and downstairs” at every change of season, to its XVIII century revision preserving the sole orange trees and then the early XX century pictures still portraying the oranges on the terrace at spring.
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Il Camerino The Camerino of dei Baccanali the Bacchanalia di Alfonso II
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Il Camerino dei Baccanali di Alfonso II
The Camerino of the Bacchanalia
Le Storie di Bacco che danno il nome al piccolo ambiente, sono sovrastate da una fascia in rilievo con motivi geometrici e floreali, che si svolge lungo le pareti. L’affresco, suddiviso in tre riquadri separati da motivi architettonici, rappresenta da sinistra Il Trionfo di Arianna, raffigurata su un carro trainato da due tigri e attorniata da satiri, ninfe e baccanti; La Vendemmia, con satiri e ninfe in un boschetto, impegnati nella raccolta e nella trasformazione dell’uva in vino; infine, Il Trionfo di Bacco, che riprende il tema di già illustre tradizione estense, a cui era dedicato uno dei più celebri allestimenti del Rinascimento, creato da Alfonso I nel secondo decennio del Cinquecento nella zona della Via Coperta. Ma qui alla festosa luminosità veneziana delle tele di Tiziano, Bellini e Dosso, si sostituisce il chiaroscuro più intenso, quasi cupo, di una bottega ferrarese della seconda metà del Cinquecento, spesso identificata con quella dei Filippi. Rimane tradizionale la composizione della scena, in parte derivata dal celebre disegno di Raffaello inviato ad Alfonso I per una tela destinata ai Camerini, eseguita da Garofalo e conservata oggi a Dresda. Bacco e Arianna sono infatti in trionfo su un cocchio trainato da pantere, accompagnati da un corteo di cammelli ed elefanti cavalcati da putti; al centro Sileno ubriaco tenta di cavalcare un leone sotto lo sguardo di Giove e Giunone, raffigurati fra le nuvole, mentre osservano la scena.
The Stories of Bacchus after which the small room is named are surmounted by a raised band decorated with geometrical and floral motifs running along the four walls. The fresco is subdivided into three separate panels by architectural motifs: the first on the left depicts The Triumph of Ariadne, portrayed seated on a chariot drawn by a couple of tigers and surrounded by a group of satyrs, nymphs and bacchantes. Then, in The Grape Harvest Scene, nymphs and satyrs in a wood are busy picking grapes and turning them into wine. Finally, one may admire The Triumph of Bacchus, a theme already explored in the Este visual repertoire that was at the core of one of the Renaissance most celebrated installments devised by Alfonso I in the second decade of the XVI century in the Via Coperta. In this case, though, the joyous Venetian luminosity of Titian, Bellini and Dosso’s paintings is superseded by the deeper, nearly sombre chiaroscuro typical of a Ferrarese workshop active during the second half of the XVI century, almost ever identified with the Filippi family. Indeed deeply-rooted in the local tradition is the composition, partly borrowed from the notoriuos preparatory drawing which Raphael sent to Alfonso I to be transposed onto a canvas for his Camerini. The painting was executed by Garofalo in his Triumph of Bacchus, now in Dresden. Bacchus and Ariadne are shown aboard
Il tema dei baccanali sviluppato nel bassorilievo di un sarcofago, II secolo d.C. (Roma, Casino Rospigliosi) The theme of Bacchanalia developed in the bas-relief of a sarcophagus, 2nd century AD (Rome, Casino Rospigliosi)
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Garofalo (Benvenuto Tisi), Il Trionfo di Bacco, 1540, particolare (Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister) Garofalo (Benvenuto Tisi), the Triumph of Bacchus, 1540, detail (Dresden, Gemäldegalerie Alte
Raffaello (?), Il Trionfo di Bacco (Vienna, Graphische Sammlung) Raffaello (?), The Triumph of Bacchus (Vienna, Graphische Sammlung)
Le pitture, singolarmente realizzate a olio su muro, hanno subìto già in antico, per la loro delicatezza, diversi interventi di recupero che ne hanno alterato la leggibilità. La prima notizia di un intervento in questo luogo risale al 1562-63, quando è Leonardo da Brescia a essere pagato per questo ambiente, e a progettarne quindi l’originaria decorazione. Già pochi anni dopo si rese necessario un intervento di restauro. Inoltre, dopo il terremoto del 1570, Bartolomeo Faccini fu chiamato ad intervenire due volte per risanare le pareti e dorarle, forse in vista dell’arrivo a corte di Enrico III.
a carriage drawn by panthers, followed by a retinue of camels and putti riding elephants; in the middle of the scene, a drunken Sylenus attempts to ride a lion beneath Jupiter and Juno’s gaze, both depicted in the midst of clouds observing the parade. The paintings, curiously executed in oil upon the wall, were in the past sumitted to repeated restoration works, which have compromised their perfect fruition. The earliest information concerning works undertaken in the room, in fact, dates back to the years 1562-63, when Leonardo da Brescia is corresponded a rather conspicuous sum for the originary decorative project. Already a few years later in 1559 a first restoration needs to be carried out. Furthemore, following the earthquake of 1570, Bartolomeo Faccini was summoned on two occasions and entrusted the task of repairing the walls and have them gilded, possibly in view of king Henry III’s arrival at court.
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Leonardo da Brescia (doc. 1556-1598)
Leonardo da Brescia (doc. 1556-1598)
Leonardo da Brescia, pittore documentato dal 1556 al 1598, anno della morte, è una figura per molti versi ancora sconosciuta nonostante le opere superstiti e i documenti sulla sua attività in Castello. La sua formazione, avvenuta all’ombra dei grandi maestri ferraresi della prima metà del secolo, fra i quali Battista Dossi (doc. 1517-1548), Benvenuto Tisi detto il Garofalo (1481-1559) e Girolamo da Carpi (15011556), fu completata dal confronto con le opere di Camillo Filippi (doc. 1523-1547), di Giuseppe Mazzuoli detto il Bastarolo (1536?1589), e di Federico Barocci (attivo nel 1583 a Ravenna). Alla corte di Alfonso II, caratterizzata da una costante attenzione al completamento dei nuovi appartamenti e al restauro delle vecchie ali del Castello, Leonardo da Brescia, assieme a Gabriele e Girolamo Bonaccioli, Filippo de Vecchi e Bartolomeo Faccini, assume la figura del pittore stipendiato, impegnato in piccoli lavori ma anche in imprese di ampio respiro all’interno delle quali un ruolo decisivo era ricoperto da Ludovico Settevecchi. Per la corte ducale eseguì infatti affreschi a grottesche, lavorò come preparatore di cartoni per arazzi e decoratore di corami, per i quali comprava le pelli da sbalzare e dipin-
Leonardo da Brescia, a painter documented between 1556 and 1598 (the year of his death) is an artist who still needs further examination, notwithstanding his surviving works and the records which refer about his activity in the Este Castle. His training followed the example set by the great Ferrarese masters active during the first half of the century, such as Battista Dossi (documented between 1517 and 1548), Benvenuto Tisi called Garofalo (1481-1559) and Girolamo da Carpi (15011556), and was completed through the confrontation with the works of Camillo Filippi (documented between 1523 and 1547), Giuseppe Mazzuoli called Bastarolo (1536?-1589) and Federico Barocci (active in Ravenna in 1583). Leonardo da Brescia features as a ‘salaried’ painter - engaged in lesser works as much as in major accomplishments in which a key role was played by Ludovico Settevecchi - side by side with Gabriele and Girolamo Bonaccioli, Filippo de’ Vecchi and Bartolomeo Faccini, at the court of Alfonso II deeply committed to the completion of the new apartments as well as to the renovation of the old wings of the Castle. Upon the duke’s request, he therefore painted grotesque-style frescoes, delivered
Arazzo della serie delle “Pergoline” tessuto a Ferrara da Giovanni Karcher su cartone di Leonardo da Brescia, 1558-1559 (Parigi, Musée des Arts Decoratifs) Tapestry of the series of the “Pergoline” woven in Ferrara by Giovanni Karcher on Leonardo da Brescia’s card, 15581559 (Paris, Musée des Arts Decoratifs)
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Giovanni Bellini, Festino degli dèi, 1514 (Washington, National Gallery) Giovanni Bellini, The Feast of the Gods, 1514 (Washington, National Gallery)
gere. Tali cuoi lavorati, usati come gli arazzi, risultavano più graditi ai duchi estensi per la loro efficacia contro il freddo e la loro minore fragilità rispetto agli arazzi. La sua fama nell’esecuzione di corami derivava anche dalla comproprietà di una bottega di varotaro nella quale si tingevano e preparavano le pelli destinate a vario uso. Un documento del 1559 ricorda alcuni suoi disegni con le imprese estensi per una stufa in maiolica che stava eseguendo il faentino Pietro Stanghi. Dal 1559 al 1586 decorò la Galleria Nuova, il Camerino accanto alla Camera dalla Pazienza e le pareti interne del cortile con il ciclo dei prìncipi di casa d’Este in collaborazione con Ludovico Settevecchi. Partecipò alla decorazione dei soffitti dell’Appartamento dello Specchio tra il 1574 e il 1576, eseguendo grottesche e festoni di fiori e frutta; collaborò all’esecuzione della
preparatory drawings to be transposed on tapestries and decorated stamped leathers, purchasing skins which he embossed and decorated. These refined leathers, hanged in place of tapestries, were greatly appreciated at court since they protected from cold and because of their superior durability with respect to weaved tapestries. His fame as decorator of stamped leathers is also due to the varotaro’s workshop of which he was coproprietor, where leathers destined to various uses were dyed and processed. Then, a document dated 1559 mentions a series of drawings of the Este coats-ofarms to be painted upon a maiolica stove designed by the faentine Pietro Stanghi. Between 1559 and 1586 he worked at the decoration of the “Galleria Nuova” (“New Gallery”), of the Camerino adjacent to the “Camera della Pazienza” (“Chamber of Pa121
“Camera del Cavallo” nella Corte vecchia e infine affrescò un fregio a puttini in un camerino sopra le pescherie. Un suo quadro raffigurante l’Assunzione della Vergine commissionatogli per la chiesa del Gesù è ora conservato presso la Pinacoteca Nazionale. Per quanto riguarda gli arazzi, suoi sono i modelle che vengono intessuti con vedute delle principali città e fortezze dello Stato e quattro scene delle Storie di Ercole a completare la serie iniziata da Battista Dossi e rimasta incompiuta alla sua morte. A testimonianza della fama e della considerazione in cui era tenuto, il 28 marzo del 1596 è ricordato, a fianco di Sebastiano Filippi detto il Bastianino (1532-1602), come perito di alcuni dipinti dello Scarsellino nell’attuale Municipio.
tience”) and of the walls of the inner courtyard of the Castle, where he frescoed the cycle of the Princes of the Este Household together with Ludovico Settevecchi. He collaborated to the decoration of the ceiling in the Mirror Apartment between 1574 and 1576 painting grotesques and garlands with fruits and flowers later participating in the execution of the Room of the Horse, finally supplying a frieze with putti for a small cabinet located above the Pescherie. One of his paintings depicting “The Assumption of the Virgin”, delivered for the church del Gesù is now preserved at the National Picture Gallery of Ferrara. As for tapestries, he supplied cartoons woven with views of the main towns and strongholds of the State as well as four
Tiziano, Offerta a Venere, 1519 (Madrid, Museo Nacional del Prado) Titian, Worship of Venus, 1519 (Madrid, Museo Nacional del Prado)
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episodes from the Stories of Hercules concluding the series inaugurated by Battista Dossi and left unfinished at the time of his death. As a token of the celebrity and esteem he attained, on 28 March 1596 the painter is reported together with Bastianino in charge of the examination of some paintings by Scarsellino allocated in the present-day Town Hall.
Bartolomeo Faccini (Ferrara 1532-1577)
Tiziano, Gli Andrii, 1523-1524 ca. (Madrid, Museo Nacional del Prado) Titian Gli Andrii 1523-1524 (Madrid, Museo Nacional del Prado)
Bartolomeo Faccini (Ferrara 1532-1577) Bartolomeo Faccini, spesso ricordato assieme al fratello Girolamo (1547-1614), fu attivo alla corte estense per un decennio, dal 1567 al 1577. Per il duca Alfonso II eseguì lavori ornamentali, alcuni dei quali riguardavano le sale del Castello: dipinse infatti i Camerini Segreti del duca nel 1571; nel 1575 i documenti lo dicono attendere alla decorazione di sei finestre nella Camera della Pazienza; al 1576 risale la pittura delle altane delle quattro torri. Svolse anche operazioni di abbellimento delle barche ducali e la preparazione di apparati per le feste che si celebravano a corte. Secondo Girolamo Baruffaldi fu scolaro e probabilmente collaboratore di Girolamo da Carpi. Collaboratori di Faccini furono Ippolito Casoli (morto a Ferrara nel 1622) e Girolamo Grassaleoni (morto a Ferrara nel 1629) attivi sia nella chiesa di Santa Maria in Vado sia presso la chiesa di San Paolo. Morì nel 1577, sembra per la caduta da un’impalcatura mentre stava apportando gli ultimi ritocchi ad un lavoro. Venne sepolto nella chiesa di Sant’Antonio in Polesine.
Bartolomeo Faccini, commonly mentioned along with his brother Girolamo (15471614), worked for the Este court in the decade from 1567 to 1577. At the wish of duke Alfonso II the artist produced ornamental works some of which intended to embellish the rooms of the Castle. He was involved, in fact, in the decoration of the duke’s Secret Camerini in 1571, whilst in 1575 sources indicate that he was working at the decoration framing six windows in the Chamber of Patience. To 1576 one may date his painted balconies in the four towers. He was also entrusted with the restyling of the ducal boats and, of course, the design of the scenographic display of the festivals staged at court. According to Girolamo Baruffaldi, he had been a pupil and was likely to have been a collaborator of Girolamo da Carpi. Among Faccini’s assistants were Ippolito Casoli (dead in Ferrara in 1622) and Girolamo Grassaleoni (dead in Ferrara in 1629), both present in the church of Santa Maria in Vado and in the church of St. Paul. Faccini died in 1577, allegedly, after he fell from a high scaffolding just when he was finishing off one of his frescoes. He was buried in the church of Saint Anthony in Polesine.
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La Cappella The Ducal Ducale Chapel
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n testa all’antico “Salotto della Credenza”, ora Sala del Consiglio, a partire dalla fine del 1590 vennero iniziati i lavori per la costruzione di una nuova cappella, la cui progettazione fu affidata all’architetto Alessandro Balbi, già impegnato in Castello per la ricostruzione dopo il terremoto del 1570. I documenti di pagamento offrono testimonianze sulla costruzione e la decorazione della cappella, che fu realizzata in un solo anno (dicembre 1590-dicembre 1591) per volontà di Alfonso II, ultimo duca di Ferrara. Fino a qualche anno fa l’ambiente era noto come “Cappella di Renata di Francia” e veniva riferito alla committenza della duchessa - madre di Alfonso II - per l’assenza di immagini sacre, caratteristica peculiare del Calvinismo di cui era Renata era seguace. Le pareti, completamente ricoperte da preziosi marmi policromi, in effetti non presentano immagini sacre, dipinte o musive, come ci si aspetterebbe almeno all’interno delle piccole nicchie rimaste vacanti. L’ipotesi di una cappella destinata a un culto non cattolico è stata avallata dall’attribuzione della raffigurazione sacra al pittore-decoratore ottocentesco Giuseppe Tamarozzi (Ferrara, 1796-1855); solo in seguito i ritrovamenti documentari hanno svelato che egli fu chiamato a “restaurare” un affresco originale, sovrapponendovi le dipinture come era uso in epoca sette-ottocentesca. I recenti restauri, poi, hanno riportato in luce, sotto le pesanti pennellate di Tamarozzi e sotto una pellicola di impurità, gli affreschi originali che le fonti archivistiche assegnano a Giulio Marescotti, pittore attivo dal 1572 presso la corte estense, per la quale lavorò anche nella decorazione di strumenti musicali come la celebre Arpa Estense. Marescotti, il cui primo intervento nella Cappella è della primavera del 1588, lavorò ancora qui con il doratore Giovan Battista Rosselli per ornare la volta e l’andito d’ingresso della Cappella, la cui esecuzione risulta pagata nel 1591. A Rosselli si devono le dorature con decorazioni a ghirlande di fiori a fondo oro, che separano i comparti dei santi dai medaglioni ovali posti in angolo, in cui sono inserite, su fondo azzurro, le aquile bianche ad ali spiegate, emblema estense. Gli affreschi della volta raffigurano i quattro evangelisti intervallati dall’aquila bianca e circondati da angioletti; i santi sono identificabili, secondo la tradizionale iconografia, attraverso il leone (san Marco), l’aquila (san Luca), l’angelo (san Matteo), il toro (san Giovanni). Dalla profonda edicola, al centro del soffitto, pendeva il lampadario. I saggi eseguiti nel piccolo vano di accesso alla Cappella hanno riportato in luce tre sovrapposti strati di decorazioni, alcune delle quali geometriche, altre simboliche come la “granata svampante”, impresa del duca Alfonso I, sulla spalla della nicchia la cui finestra si apre sul Giardino degli Aranci.
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ince the end of 1590 at the head of the Cupboard Chamber, the present-day Council Hall, works were undertaken to build a new chapel. The project and supervision of the works were entrusted to the architect Alessandro Balbi, formerly in charge of the reconstruction of the Castle in occasion of the earthquake of 1570. Leafing through the archival sources one may presume that the chapel was completed within a sole year, between december 1590 and december 1591, at the order of Alfonso II, the last duke of Ferrara, son of Renée of France and Ercole II d’Este. Until recently the room was believed to have been the “Chapel of Renée of France” and was ascribed to the princess’ patronage owing to the absence of sacred images. This constituted a distinctive feature of Calvinism, the religious faith embraced by Ercole II’s spouse, who was to be eventually “exiled” from the court for this reason. On the walls, coated all over with precious polychrome marbles, no sacred image - either painted or in mosaic - is actually represented, as one would at least expect in the small nisches. The vault, conversely, is decorated with frescoes portraying the four evangelists against a light blue background, surrounded by cherubs, each of them respectively recognizable by the lion (Saint Mark), the eagle (Saint Luke), the angel (Saint Matthew) and the bull (Saint John) in accordance with the iconographic tradition. The alternative hypothesis of a non-Catholic chapel has been confirmed once the attribution of the sacred figures has been assigned to the XIX century painter Giuseppe Tamarozzi (Ferrara, 1796-1855). Only subsequent documentary findings have disclosed that he had been asked to “restore” an existing fresco by painting the above mentioned images all over it, as was customary at that period. Recent restoration works have subsequently brought to light, underneath Tamarozzi’s dense brushstrokes and inevitable dusty layers, the original frescoes that archival sources relate to the court painter Giulio Marescotti, documented since 1572. Giovan Battista Rosselli was the artist responsible for the gilded ornamentations, whereas the name of Giulio Marescotti, active at the Este Court since 1572, is recorded in various documented payments regarding the execution of works in the Ducal Chapel since the spring of 1588. On the ceiling of the deeply in-set niche hanged a chandelier. The trials carried out in the small room that introduces into the chapel, has allowed discovery of three superimposed layers belonging to different decorations: some presented geometrical motifs, others symbols, such as the “granata svampante” (exploding shell), one of Alfonso I’s devices, located inside the niche of the window overlooking the Garden of the Oranges.
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La Sala The Chamber dell’Aurora of Dawn
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n questa sala si celebrava, come era in uso nelle dimore aristocratiche italiane fin dalla fine del Quattrocento, l’andamento del tempo e il funzionamento dell’Universo. Essa costituiva il fulcro dell’Appartamento dello Specchio, voluto da Alfonso II e progettato, nelle sue dotte e peculiari iconografie, dall’antiquario di corte Pirro Ligorio (1500 ca.-1580). Una lettera di Ligorio del 1574 sembra indicare la data di conclusione dei lavori nell’Appartamento, anche se una serie di documenti permette di precisare modalità dell’esecuzione e di risolvere qualche problema attributivo. Nella stanza dell’Aurora, tradizionalmente ascritta alla bottega dei Filippi, va infatti ravvisato l’intervento di Ludovico Settevecchi (Modena 1520?-Ferrara 1590), pagato dal febbraio al maggio del 1574, e di Leonardo da Brescia (doc. 1556-1598), a cui vengono saldati gli ornati nel febbraio del 1575. Ludovico Settevecchi si qualifica quindi come uno dei più assidui collaboratori di Bastianino, anche se ne interpreta le idee in maniera più monotona; nel soffitto della Sala dell’Aurora la tessitura coloristica induce infatti a distinguere l’operato di Bastianino negli scomparti del Tempo, dell’Aurora e della Notte, per la presenza dei gialli e dei verdi luminescenti e squillanti, dal resto della decorazione, da riferire a Settevecchi.
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he room - where the flow of time and the motion of the Universe find their celebration as was the habit in Italian patrician residences since the close of the XV century represented the core of the “Mirror Apartment”, arranged by Alfonso II and designed by the court antiquarian Pirro Ligorio (1500 ca.-1580) according to his erudite and personal iconographic fashion. A letter written by Ligorio in 1574 seemigly hints at the date of completion of the works in the Apartment, although archival discoveries allow to define the circumstances of execution and a number of attribution issues. In the Chamber of Dawn, in fact, generally ascribed to the Filippi workshop, Settevecchi’s intervention - rewarded between February and May 1574 - has been recognized along with that of Leonardo da Brescia (doc. 1556-1598), who receives payment for his painted ornamentations in february 1575. Ludovico Settevecchi (Modena 1520?-Ferrara 1590), therefore, figures as one of Bastianino’s most assiduous collaborators, although he delivers a more monotonous version of the master’s style. It is not by chance, then, if the colouring of the ceiling of the Chamber of Dawn leads one to distinguish from the rest of the decoration assigned to Settevecchi Bastianino’s hand in the panels depicting Time, Dawn and Night in force of the bright luminescence of the yellows and greens.
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La Sala dell’Aurora
The Chamber of Dawn
Il soffitto della sala dell’Aurora è suddiviso da festoni di frutta e fiori su sfondo dorato in quattro grandi scomparti trapezoidali e in un riquadro centrale, che raffigura Cronos, il padre Tempo, con le tre Parche. Nel trapezio sottostante si trova la raffigurazione di Aurora sul carro, che dà il nome alla sala. La dea è rappresentata mentre abbandona Titone e si appresta a varcare il cielo accompagnata dalle Ore. Segue Apollo sul carro, preceduto da due fanciulle, una che sorregge un clipeo dorato con l’immagine del Sole, l’altra che tiene nelle mani due faci, probabilmente ancora una volta da identificare con due delle Ore del giorno.
The vault of the Chamber of dawn is divided by wreaths and flowers set against a golden background into four large quadrants and a central panel portraying Chronos, Time’s father, surrounded by the three Fates. The first quadrant shows the goddess Aurora (Dawn) holding back the four horses of her chariot. She is represented as she leaves Titone and is about to cross the sky accompanied by the Hours. Next, Apollo is driving his chariot preceded by two female figures. One is holding a golden clipeus representing the Sun; the other is carrying two torches, likely allusive to two of the Hours of day.
0 Il Girotondo dei putti 1 Il Tempo 2 L’Aurora 3 Il Giorno 4 Il Tramonto 5 La Notte 0 The Round Dance of the Putti 1 Time 2 The Dawn 3 The Day 4 The Sunset 5 The Night
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Nei riquadri: Sala dell’Aurora, Il girotondo dei putti In the panels: Sala dell’Aurora (Dawn Room), The Round Dance of the Putti
Il carro di Apollo, su cui sale Demetra-Cibele, dea della Terra, ricompare nello scomparto successivo, quando all’ora del tramonto si inabissa nel mare; la raffigurazione si conclude, nell’ultimo degli spazi del soffitto, con il mito di Diana ed Endimione, tradizionalmente adoperato per l’allegoria della Notte. Alla base della volta corre un fregio con amorini su piccoli carri, trainati da animali sempre diversi.
Apollo’s chariot, on the board of which is now also Demetra-Cybele, the goddess of Earth, also features in the subsequent panel, just before its descent into the sea at Sunset. The cycle draws to a close with the myth of Diana and Endymion, traditionally referred to the allegory of Night. In the top fascia running around the walls a frieze depicts a series of putti on small chariots, each drawn by different animals.
Sala dell’Aurora, veduta centrale del soffitto Sala dell’Aurora (Dawn Room), central view of the ceiling
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Jacopo da Ponte detto da Bassano, Ritratto di Torquato Tasso ventiduenne (Collezione privata)
«Io vidi celesti dee, ninfe leggiadre e belle, novi Lini ed Orfei; ed oltre ancora, senza vel, senza nube, e quale e quanta a gl’immortali appar, Vergine Aurora / sparger d’argento e d’or rugiade e raggi; e fecondando illuminar d’intorno vidi Febo, e le Muse; e fra le Muse Elpin seder accolto» Torquato Tasso
Jacopo da Ponte or da Bassano as he was known, Portrait of Torquato Tasso at twenty-two years of age (Private collection)
Torquato Tasso e l’utopia della Corte Nel complesso delle sale che evocano la sistemazione decorativa artisticamente più importante dell’edificio, la Sala dell’Aurora ha anche una rispondenza letteraria, che va sottolineata per il rapporto con la produzione poetica del tempo e in particolare del Tasso, che di quel tempo è stato il più illustre rappresentante. La sua Aminta, infatti, è un testo centrale per la rappresentazione della Corte in scena, che si costituisce a tema portante dell’opera. In questa utopia della Corte, da Tasso situata in una età dell’oro già inquinata dalla minacciosa presenza di quell’onore che è motore principale della vita cortigiana (vano / nome senza soggetto, idol d’errori, idol d’inganno / quel che dal volgo insano / onor poscia fu detto), giunge in visita il pastore Tirsi-Tasso, che vi accede invitato da uom d’aspetto magnanimo e robusto (il duca) fermo ad attenderlo sulla soglia della sua casa (il Castello) quasi per guardia delle cose belle. Quindi, colui con regal cortesia invitò dentro, / ei grande e ’n pregio, me negletto e basso. La meraviglia e la grandezza della Corte risiedono, oltre che nella magnificenza del luogo, nell’accolta di personaggi, poeti e scrittori che fanno corona alle duchesse Eleonora e Isabella e alle dame di Corte. Qui si colloca il ricordo della Stanza dell’Aurora: Io vidi / celesti dee, ninfe leggiadre e belle, novi Lini ed Orfei; ed oltre ancora, / senza vel, senza nube, e quale e quanta / a gl’immortali appar, Vergine Aurora / sparger d’argento e d’or rugiade e raggi; / e fecondando illuminar d’intorno / vidi Febo, e le Muse; e fra le Muse Elpin seder accolto (Torquato Tasso, Aminta, atto I, vv. 618-633). Una Stanza, quella dell’Aurora, sacra alle 130
Torquato Tasso and the courtly utopia Among the outstanding refurbished rooms in the whole building, the Chamber of Dawn stands out as additionally matched by a highly impressive literary equivalent by virtue of its ties with the coeval poetic production and Tasso’s above all, the greatest personality of that period. Tasso’s Aminta constitutes a capital text in the investigation of the theatrical representation of the Court, which provides the leit motive of the work. Within this courtly utopia, that Tasso dis-
Domenico Monio, disegno per la Gerusalemme liberata (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) Domenico Monio, drawing for Gerusalemme liberata (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
muse, dove i poeti assieme alle dame ricreano un’immagine della Corte che la sistemazione a palazzo del Castello, operata dopo il terremoto del 1570, propone come immagine mitica del luogo del potere, che diventa luogo della cultura su cui si regge il buon governo del duca. Questi è messo a guardia delle cose belle di cui elegge a custode il grande ElpinoGiovan Battista Pigna, ministro del duca, storico della casa d’Este e poeta di quell’Amor divino dedicato alla dama più celebre della corte di Alfonso: Lucrezia Bendidio. Questa idea della Corte immaginata e voluta dalla propaganda estense si riflette (e si scontra) nella realtà di crisi in cui si dibatte Alfonso II, che ricorre perciò al concetto di un luogo paradisiaco difeso dalla lungimirante saggezza del suo predecessore Alfonso I: il
places into a mythical golden age, already spoiled by the threat posed by the honour ideal, fundamental principle of courtly life makes his appearance the shepherd Tyrsis-Tasso, upon invitation of a man “one of a high-souled aspect, / stalwart withal” (the duke) who waits for him at the entrance of his abode (the Castle) “as if keeping guard of those fine things”. Then, he “in royal guise invited me within; / He, great and in esteem; me, lorn and lowly”. The Court’s allure and grandiosity reside - other than in the splendor of the place in the assembly of personalities, poets and writers surrouning the duchesses Eleonora and Isabella accompanied by other dames. Here the poet inserts his reminiscence inspired to the Chamber of Dawn: “Goddesses
Sala dell’Aurora, riquadro centrale del soffitto raffigurante Il Tempo (Kronos e le Parche) Sala dell’Aurora (Dawn Room), central panel of the ceiling showing Time (Chronos and the Parcae)
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quale di tale concetto aveva fatto il leit-motiv del proprio regno, e che accanto a una straordinaria politica della committenza artistica aveva saputo interpretare il valore ideologico delle delizie e soprattutto di Belvedere, luogo topico della Corte-Paradiso voluta dagli Estensi. A quell’immagine ricorre dunque come strategia politica anche l’ultimo duca di Ferrara, e non è un caso che proprio Aminta, di cui recenti indagini hanno stabilito inconfutabilmente la valenza politica e matrimoniale, venga recitata su quell’isola di Belvedere che rappresenta il Paradisus Principi.
Don Giulio d’Este «Al cardinal Ippolito era stato detto da una donzella che valeva più gli occhi di Don Giulio che non valeva tutto lui, et per tal parole detto cardinale gli havea fatto cavar gli occhi con stecchi aguzzi nella campagna di Belriguardo … et era stato prigione 53 anni, 6 mesi e 17 giorni, et chi non era vecchio o sapesse ben le cose della corte non sapeva la prigionea di questo signore. Et io per me non lo sentei mai nominare, come se non fosse mai stato a questo mondo: e [quando fu liberato] mi parse - come anco alli dui terzi di Ferrara ch’el venisse dalla più estrema parte del mondo» Girolamo Merenda, 1598
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I saw, and nymphs/ graceful and beautiful, and harpers fine / as Linus or as Orpheus; and more deities, / all without veil or cloud, bright as the virgin / Aurora, when she glads immortal eyes, / and sows her beams and dew-drops, silver and gold” (Torquato Tasso, Aminta, act I, vv. 618-633). A Chamber unquestionably dear to the muses where poets and dames compose a perfect picture of the Court - accordingly matched by the Castle conversion into palace, promoted after the earthquake of 1570 that reflects a mythical representation: here the seat of power turns into a cultural temple on which the duke’s fair government lay its basis. The duke decides to safeguard the “beautiful things” appointing as its guardian the illustrious Elpino-Giovan Battista Pigna, minister, historian of the Este Household and poet celebrating the “divine love” he addressed to the Court’s most admired lady: Lucrezia Bendidio. This idea of the Court as invented and supported by the Este propaganda is reflected in (and comes to terms with) the difficult historical period by which Alfonso is confronted. To his aid Alfonso II therefore calls in question the concept of a heavenly site protected by the far-reaching insight of his predecessor Alfonso I. He had turned this ideal into the fil rouge of his own rule and had managed to interpret the ideological value assigned to the “delizie” - the Belvedere, above all - alongside a startling policy of artistic patronage.
1. Sala dell’Aurora, soffitto, L’Aurora 1. Sala dell’Aurora (Dawn Room), ceiling, The Dawn 2. Sala dell’Aurora, soffitto, Il Giorno 2. Sala dell’Aurora (Dawn Room), ceiling, The Day
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4 3. Sala dell’Aurora, soffitto, Il Tramonto 3. Sala dell’Aurora (Dawn Room), ceiling, The Sunset 4. Sala dell’Aurora, soffitto, La Notte 4. Sala dell’Aurora (Dawn Room), ceiling, The Night
Giulio d’Este (1478-1561)
Giulio d’Este (1478-1561)
Nato da Ercole I d’Este e da Isabella degli Arduini, Giulio fu riconosciuto dal padre e allevato a corte, trattato come un proprio figlio dalla duchessa Eleonora d’Aragona. Bellissimo, molto corteggiato, di indole gaudente, Giulio non aveva ambizioni politiche. Il solido legame con il fratello cardinale Ippolito fu compromesso per una frase pronunciata da una giovane dama di corte invaghita di don Giulio ma corteggiata dal cardinale che, geloso, ordinò ai suoi uomini di ucciderlo. Un’imboscata attendeva Giulio mentre cavalcava presso Belriguardo, in tempo di caccia: fu sbalestrato e più volte colpito agli occhi, ma non perse del tutto la vista. Il rancore verso il fratello duca Alfonso I che non volle punire Ippolito, portò Giulio a cercare l’appoggio dell’altro fratello Ferrante per ordire una congiura contro Alfonso. Scoperti e processati, Giulio, Ferrante e i complici furono condannati a morte; la pena fu convertita in carcere a vita per i due Estensi, presto rinchiusi nella Torre dei Leoni. In quella che diventerà la Sala dell’Aurora Giulio terminò la sua prigionia, mentre Ferrante era morto nel 1540. Uscì dal Castello ottantunenne, graziato nel 1559 dal nipote, il nuovo duca Alfonso II, che stava per dare inizio all’organizzazione, in questi ambienti, del suo “Appartamento dello Specchio”.
Son of Ercole I d’Este and Isabella degli Arduini, Giulio was acknowledged by his father, raised at court treated by the duchess, Eleonora d’Aragona, as one of her own children. Very handsome and wooed by ladies, the pleasure-loving Giulio had no political ambitions. The solid bond with his brother, the cardinal Ippolito, was jeopardised by something said by a young lady-in-waiting infatuated with the former but courted by the latter who, in his jealousy, ordered his brother’s death. Whilst riding near Belriguardo, during the hunting season, Giulio was surprised by an ambush, hurled to the ground and struck several times in the eyes, but he did not lose his sight completely. Resentment towards his brother, duke Alfonso I, who did not wish to punish Ippolito, led Giulio to seek support from his other brother Ferrante to plot against Alfonso. Discovered and sent for trial, Giulio, Ferrante and their accomplices were sentenced to death; the sentence was commuted to life imprisonment for the two Este brothers and they were locked in the Torre dei Leoni. Giulio completed his prison term in what would became the “Sala dell’Aurora” (Dawn Room), but Ferrante died in 1540. Giulio was released from the Castle at eighty-one years of age, pardoned by his nephew, the new duke Alfonso II, who was about to start work in these rooms on his “Appartamento dello Specchio” (Mirror Apartment).
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La Saletta The Saletta dei dei Giochi Giochi (The Small Chamber of Games)
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mbiente di collegamento e di passaggio tra il Salone dei Giochi e la Sala dell’Aurora, viene citato nei documenti cinquecenteschi come la “camera appresso alla camera dello specchio”. Corrisponde al secondo dei tre ambienti che formavano l’“Appartamento dello Specchio” di Alfonso II, posto attorno alla Torre dei Leoni. Nelle decorazioni si intrecciano due componenti: quella scherzosa, che rimanda alla leggerezza propria della cultura cortigiana, e quella culturale che si lega da una parte al tema fondamentale del Tempo, in continuità con la Sala dell’Aurora, e dall’altro al percorso di conoscenza umana di cui si fa promotore il duca Alfonso II, non pago di promuovere solo l’ideale atletico presente nelle altre rappresentazioni. La personalità-guida nella stesura degli affreschi risulta essere, dai documenti di pagamento, Ludovico Settevecchi (Modena 1520?-Ferrara 1590), affiancato dal Bastianino (Ferrara 1532 ca.-1602). Gli elementi decorativi sono opera di Leonardo da Brescia (doc. 1556-1598), come nelle altre sale dell’Appartamento dello Specchio.
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he Saletta dei Giochi, a connecting room located between the Chamber of Dawn and the Hall of Games, is quoted in XVI century sources as the “chamber adjacent to the chamber of the mirror”. Two components are interlaced in the decorations: the playful component that refers to the light-hearted nature of courtier culture, and the cultural component that on the one side ties in with the fundamental theme of Time, in continuity with the Dawn Room, and on the other side the journey of human knowledge promoted by Duke Alfonso II, not satisfied with promoting just the athletic ideal present in the other representations. The leading personality identified in the execution of the frescoes, as confirmed by documented payments, is Ludovico Settevecchi (Modena 1520?-Ferrara 1590) coadiuvated by Bastianino (Ferrara 1532 ca.-1602). The decorative display is the work of Leonardo da Brescia (doc. 1556-1598) just as in the other rooms composing the Mirror Apartment.
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La Saletta dei Giochi Il soffitto voltato ha una partizione a raggiera, la cui la parte centrale rettangolare è formata da un quadrato raffigurante il girotondo delle Quattro Stagioni su fondo azzurro, idealmente connesso ai quattro momenti della giornata rappresentati nella Sala dell’Aurora. Due rettangoli a fondo rosso, con putti impegnati nel Gioco dei birilli e nel Gioco della trottola completano il settore centrale con gli svaghi tipici dell’infanzia, riprendendo il tema delle arti ed esercizi ginnici trattato nel Salone. L’alternanza di chiari e scuri negli sfondi richiama la dinamica di pieni e vuoti della fascia mediana, caratterizzata da esili edicole teatrali che inquadrano le antiche competizioni sportive: a sud Il Gioco degli Otri; a nord Il Cesto; a est Il Telesiaco; a ovest Il Combattimento Gladiatorio. Nella fascia più bassa, diametralmente opposti e su fondo chiaro, si trovano bambini che, istruiti da angioletti, apprendono le arti della Musica e della Poesia, mentre negli angoli e nei riquadri i rimanenti giochi sono su fondo rosso. Le raffigurazioni dei giochi vennero eseguite in base a disegni che Pirro Ligorio (Napoli
The Saletta dei Giochi (The Small Chamber of Games) The vaulted ceiling presents a sunburts partition, its central rectangular section consisting of a square panel containing the Four Seasons floating on a blue background, ideally allusive to the four moments of day illustrated in the Chamber of Dawn. The rectangular panels with a red background shows cherubs engaging in the Skittles Game and in the Top Game, thus completing the central section with children’s favourite entertainments and anticipating the theme of gymnastic exercises fully represented in the next room. The middle fascia is decorated with theatrical aediculaes framing ancient sport competitions: on the south wall the Game of the Leather Bags; on the north wall the Boxe with Cesti; on the east wall the Telesiachus; the Combat Between Gladiators on the west wall, all of them executed after drawings sent by Pirro Ligorio (1500 ca.-1580) to Girolamo Mercuriale, author of the treatise “De Arte Gymnastica”. The lower fascia presents a group of children who are being instructed by cherubs in the arts of Music and Poetry, whereas in the
a le Quattro Stagioni b il Cesto (antico pugilato che si combatteva con le mani fasciate da corregge di cuoio tempestate di borchie e placche metalliche). Questo “sport” non faceva parte della ginnastica terapeutica ma aumentava la perizia militare c il Gioco degli Otri: un esercizio di abilità e destrezza praticato durante le feste di Bacco d il Combattimento gladiatorio in cui i reziari, dal cui nome si evince che erano armati di rete oltre che di tridente, erano protetti dall’elmo gallico a forma di pesce tipico dei gladiatori detti mirmillones. Il combattimento avveniva contro i secutores, gladiatori anch’essi, classici antagonisti dei reziari e il Telesiaco (esercizio di destrezza in armi) I II
il Gioco dei birilli il Gioco della trottola III la Poesia IV il Gioco della fionda V la Lotta VI la Pesca VII la Musica VIII il Gioco della palla nel cerchio IX il Gioco della racchetta X il Girotondo a the Four Seasons b the Caestus (ancient boxing fought with the hands bound with leather bands and loaded with metal knobs or plaques). This “sport” was not part of therapeutic gymnastics but increased military skill c the Game of the Goatskins: an exercise in ability and adroitness practised during the feasts of Bacchus d the fight between gladiators in which the retiarii, from whose name it can be deduced that they were armed with nets as well as with tridents, were
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protected by the fish-shaped Gallic helmet typical of the gladiators known as murmillos. The fight was against the secutors or chasers, gladiators who were also among the classic antagonists of the retiarii e the Telesiac (exercise of adroitness with weapons) I
the Game of Skittles II the Game of the Spinning Top III Poetry IV the Game of the Sling V Wrestling VI Fishing VII Music VIII the Game of the Ball in the Ring IX the Game of Rackets X the Round Dance Saletta dei Giochi, veduta centrale del soffitto Small Games Room, central view of the ceiling
1500 ca.-1580) inviò a Girolamo Mercuriale, autore del trattato De Arte Gymnastica, pubblicato per la prima volta a Venezia nel 1569. La seconda edizione (1573) usciva corredata da xilografie tratte dai disegni di Pirro Ligorio.
Ludovico Settevecchi (Modena 1520-Ferrara 1590) Fu attivo alla corte estense al tempo di Alfonso II, spesso in collaborazione con Leonardo da Brescia; con lo scorrere degli anni i due pittori acquisirono ruoli progressivamente distinguibili. A partire dal 1559 è presente nei documenti, che testimoniano i lavori di conclusione di incarichi cominciati sotto il governo di Ercole II; viene infatti citato nelle carte di pagamento del 1560 relative agli interventi in alcune sale della Corte Vecchia (“Sala del Cavallo”, le stanze di Madonna Lucrezia e quelle di Madonna Leonora). Risulta anche aver ricevuto un compenso per alcune sale nuove citate come “Camerini”, “Camera del
corners and on the other panels more games are depicted against a red background. The portrayal of the games were executed on the basis of drawings that Pirro Ligorio (Naples ca. 1500-1580) sent to Girolamo Mercuriale, author of the treatise De Arte Gymnastica, published for the first time in Venice in 1569. The second edition (1573) came out complete with wood engravings taken from drawings by Pirro Ligorio.
Ludovico Settevecchi (Modena 1520-Ferrara 1590) He was active at the Este court at the time of Alfonso II, often collaborating with Leonardo da Brescia. As time passed by the two painters’ styles gradually acquired a distinctive individuality. Since 1559 his name recurs in documents associated to the completion of works begun under Ercole II’s duchy. He is then mentioned in 1560 among the salaried for some works in the Corte Vecchia (“Hall of the Horse”, Madonna Lucrezia and Madonna Leonora’s
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Saletta dei Giochi, Il Gioco degli Otri Small Games Room, The Game of the Goatskins
Saletta dei Giochi, Il Cesto Small Games Room, The Caestus
duca”, “Camera dell’Occasione”, per restauri e “adornamenti” ai quali lavorò da solo o con Leonardo da Brescia. Dalla fine del 1560 ai primi anni ’80 è la vera figura di riferimento a cui vengono commissionate le stanze pubbliche e private in Castello, in Corte e nelle Delizie. La sua bottega sembrò essere privilegiata, sostituendosi, durante gli anni ’70, a quella dei Bonaccioli, per poi essere affiancata, unicamente per compiti di manutenzione e impegni minori, da quella di Bartolomeo Faccini. Decoratore, impresario in grado di assicurare occupazione alla sua bottega e pittore di raffinata e articolata cultura tecnico-artistica, operò ad altissimo livello inserendosi a pieno titolo nella tradizione culturale di Dosso Dossi, considerata la sua abilità nel praticare sia la pittura di storia che quella di natura morta o quella prospettico-architettonica. Del ciclo encomiastico sulle pareti interne del cortile del Castello, in gran parte opera sua, rimangono quattro affreschi monocromi la cui esecuzione può essere divisa in due momenti: il primo in collaborazione con Leonardo da Brescia (doc. 1556-1598), il secondo a pochi anni di distanza, quando finì il lavoro sui disegni di Pirro Ligorio (1500
chambers). Evidence has also been found that testifies a reward for some new rooms cited as the “Camerini”, “The Duke’s Camerino”, the “Chamber of Chance”, as well as
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2 Xilografie dal trattato De Arte Gymnastica di Gerolamo Mercuriale 1. Lottatori 2. Giocatori di Trigone 3. Esercizio di Petauro (l’Altalena)
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Wood engravings from the treatise De Arte Gymnastica by Gerolamo Mercuriale 1. Wrestlers 2. Trigon players 3. Exercise of Petauro (the Swing)
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for restoration and “ornaments” which he executed alone or coadiuvated by Leonardo da Brescia. Between the end of 1560 and the early 1580s he was the major artistic personality who was appointed with the decoration of public and private rooms in the Castle, in the Corte and in the Delizie. His workshop seemed to enjoy the court’s favours, replacing Bonaccioli’s during the 1570s and then supported by that of Bartolomeo Faccini solely in the case of maintenance charges and lesser committments. Decorator, entrepreneur capable of providing his workshop with constant commissions as well as refined and highly cultivated painter, his outstanding ability earned him a place in Dosso Dossi’s figurative tradition thanks to his utmost skills both in history and still life painting or in architectural-perspective projects. He was mainly the author of the encomiastic cycle decorating the walls of the Castle inner courtyard, of which only four monochrome frescoes are still extant. Their realization was carried out in two phases: the first in collaboration with Leonardo da Brescia; the second
1. Saletta dei Giochi, Il Gioco della Trottola 1. Small Games Room, The Game of the Spinning Top 2. Saletta dei Giochi, Il Telesiaco 2. Small Games Room, The Telesiac 3. Saletta dei Giochi, Putti con la palla 3. Small Games Room, Putti with the ball
ca.-1583), nuovo antiquario del duca dopo Enea Vico (attivo a Ferrara tra il 1565 e il 1567). Un pagamento del 1574 attribuisce a Settevecchi la paternità della loggia vicino alla scala a chiocciola nella corte interna, tutta in chiaro-scuro con prospettive che partivano dal fregio in armonia con la facciata; la decorazione oggi è perduta. Dal 1574 al 1576 dipinse i soffitti dell’Appartamento dello Specchio su ideazione di Ligorio. In particolare gli vengono attribuite le raffigurazioni nella Camera dello Specchio (attuale Sala dell’Aurora) e la “Camera appresso alla Camera dello Specchio” (ora Saletta dei Giochi) quest’ultima in collaborazione con il Bastianino. Come molti pittori di corte, eseguì opere di grande rilievo ma anche di spicciola manutenzione, alternanza probabilmente dovuta al fatto che Alfonso II considerava la pittura come libera attività artigianale e perciò più che all’ingegno degli artisti era interessato alla precisione dell’esecuzione.
a few years later, after drawings by Pirro Ligorio, the duke’s antiquarian who succeeded Enea Vico (active in Ferrara between 1565 and 1567). A payment referred to 1574 ascribes to Settevecchi the loggia next to the winding staircase of the inner courtyard, entirely painted in chiaroscuro with perspectives departing from of the frieze harmoniously matching the façade and now lost. Between 1574 and 1576 he frescoed the “Mirror Apartment” after Pirro Ligorio’s invention. More precisely, he is attributed the scenes in the Chamber of the Mirror (the present-day Chamber of Dawn) and in the “Chamber adjacent to the Chamber of Dawn” (now Small Chamber of Games), the latter in partnership with Bastianino. Like many other court artists, he produced works of great importance but also executed pure maintenance tasks; this was probably due to Alfonso II’s idea of painting as independent craftsmanship: he was therefore more interested in the artists’ technical precision than he was in their own artistic invention.
Saletta dei Giochi, Il girotondo delle Quattro Stagioni Small Games Room, The Round Dance of the Four Seasons
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La Saletta The Small dei Veleni Chamber of Poisons
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el gennaio 1926 venne indetto un concorso per affidare le decorazioni del soffitto di questa saletta, detta anche “della Quadrifora” o “della Terrazza”. Tra gli artisti partecipanti, Augusto Pagliarini (Ferrara, 1872-1960, nipote di Giovanni Pagliarini copista ottocentesco) propose arabeschi e medaglioni con immagini di grandi personaggi ferraresi e con vedute di località della provincia; Piccinini elaborò un progetto sul tema della bonifica idraulica ferrarese, mentre Caravita preparò un progetto con Amore e Psiche sul fondo di grottesche, in piena sintonia con le strutture esistenti. Il 20 febbraio 1926 i rappresentanti della Deputazione provinciale, non soddisfatti dei lavori pervenuti, invitarono il pittore ferrarese Carlo Parmeggiani (Ferrara 1881-Tradate, Varese, 1967) a rientrare da Milano, dove si era da tempo trasferito, per presentare con urgenza un bozzetto, imponendogli un tema eroico e celebrativo della grandezza italiana. Carlo Parmeggiani fu autore di acquerelli, acqueforti e xilografie; a lui si devono il progetto e l’esecuzione pittorica della decorazione del soffitto a volta ribassata della “Saletta dei Veleni” conclusa nel 1927. Il risultato, ancora oggi visibile, del progetto per questa saletta interpreta gli ideali patriottici del regime. La lettura si dipana dall’immagine allegorica del divino, il sole d’oro raggiante che domina la stanza dal centro del soffitto, mentre il fascione inferiore, decorato sui quattro lati, presenta sul lato orientale la personificazione dell’Italia, che regge il fascio littorio. La figura ideale della Patria si erge da un altare votivo e ha ai lati due gruppi, “armati” rispettivamente di spade, falci e zappe, che raffigurano l’Esercito e l’Agricoltura; sul versante occidentale, al di sopra delle vetrate che chiudono la quadrifora, e sul lato meridionale sono rappresentate le Colonie, ridestate dalla civiltà italiana (coloniae ab inertia redemptae) attraverso l’Industria, i cui rappresentanti brandiscono picconi, incudine e martelli, le Arti e le Scienze; sulla parete nord l’eroe della Politica, con le sembianze del ferrarese trasvolatore atlantico Italo Balbo, vincitore, ma umanamente rispettoso del dolore della madre piangente il figlio sconfitto.
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n January 1926 a competition was held to assign the decorations of the ceiling of this small chamber also known as “of the Quadrifoil” or “of the Balcony”. Among the participants, Augusto Pagliarini (Ferrara, 18271960, nephew of the XIX century copyist Giovanni Pagliarini) presented arabesque ornamentations and medallions containing portraits of illustrious Ferrarese citizens as well as landscapes inspired to the provincial territories; Piccinini, on the other side, conceived a project that focused on the theme of local land reclamation, whilst Caravita elaborated a sketch featuring Cupid and Psyche set against a grotesque decoration, in perfect keeeping with the pre-existing ornamentation. On 20 February 1926 the representatives of the Provincial Deputation, unsatisfied with the works, urged the painter Carlo Parmeggiani (Ferrara 1881-Tradate, Varese 1967) to return from Milan, where he had long since settled, and present a sketch illustrating an enforced heroic subject exhalting Italian greatness. Carlo Parmeggiani produced watercolours, etchings and woodcuts. He was responsible for the invention and pictorial execution of the decoration of the low-vaulted ceiling in the “Small Chamber of Poisons”, finished in 1927. The final result of the iconographic project conceived for this small room, still legible today, functions as the interpretation of the regime’s patriotic ideals. The decoration should be read starting from the allegorical image of the ‘divine’, represented in the shape of a golden radiating sun dominating the room from the centre of the ceiling. The lower band, decorated on all four sides, shows on the east wall the personification of Italy, holding the lictorian. The idealised figure of Motherland rises upon a votive altar surrounded by two groups representing Army and Agricolture “armed” with swords, scythes and hoes. On the west, surmounting the quadrifoil window-panes, and east walls, one finds the Colonies, reawakened by the Italian civilization (coloniae ab inertia redemptae) through Industry, whose representatives seize axes, anvil and hammers, Arts and Sciences. The north wall features the hero of politics, bearing the likeness of the Ferrarese fascist commander who flew across the Atlantic, Italo Balbo, victorious, though humanely respectful of mothers’ painful cries over a dead son.
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Il Salone dei The Salone dei Giochi Giochi (The Hall of Games)
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l Salone dei Giochi era la sala d’onore dell’Appartamento dello Specchio; si raggiungeva salendo lo scalone di marmo a rampe rettilinee posto nell’accesso nord del Castello, prima di arrivare al cortile. L’ambiente è citato nei documenti come “Sala apresso la Camara dello specchio”, cioè la stanza di maggiori dimensioni vicina all’attuale Sala dell’Aurora ma da essa separata dalla più piccola Saletta dei Giochi. Mentre Alfonso II, succeduto al padre Ercole II nel 1559, stava portando a compimento la metamorfosi del Castello, che da fortezza andava assumendo l’aspetto di residenza ducale, un terribile terremoto (1570) lo obbligò a compiere nuovi lavori di restauro e di ricostruzione: tra questi, la sostituzione della struttura in muratura, posta a sostegno dei solai delle tre sale di rappresentanza, con una lignea, più leggera ed elastica. La decorazione è databile dopo il 1570, poiché sulla superficie pittorica non sono stati rinvenuti danni. Gli artisti ai quali appare ormai certo che possa essere assegnata l’intera esecuzione del soffitto sono Sebastiano Filippi detto il Bastianino (Ferrara 1532 ca.-1606), Ludovico Settevecchi (Modena 1520?-Ferrara 1590) e Leonardo da Brescia (attivo dal 1556 e morto nel 1598), ad eccezione del riquadro con Il Lancio del Disco, di più difficile lettura perché rimaneggiato in epoca successiva, ascrivibile a una personalità minore.
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he Salone dei Giochi was the hall of honour of the “Mirror Apartment”. The room is reported in coeval sources as the “Chamber adjacent to the Chamber of the Mirror”, namely the most spacious room next to the current Chamber of Dawn, but separated from it by the Small Chamber of Games. While Alfonso II, who succeded his father Ercole in 1559, was promoting the Castle conversion from fortress to residential palace, a frightening earthquake (1570) forced him to undertake new restoration and recontruction works, among which the replacing of the brick structure sustaining the loft in the three halls of honour with a lighter and more flexible wooden support. The decoration should date after 1570, the pictorial surface having not been damaged. The authors of the frescoes - whose authorship of the ceiling decoration is now almost hunanimously unquestioned - were Sebastiano Filippi called Bastianino Ferrara 1532 ca.1602), Ludovico Settevecchi (Modena 1520?-Ferrara 1590) and Leonardo da Brescia (active since 1556 and dead in 1598), with the exception of the scene depicting The Throwing of the Discus, which challenges a definite interpretation owing to a subsequent intervention, was assigned to a lesser personality.
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Il Salone dei Giochi Alla stesura dell’intero progetto iconografico dell’ala nord del piano nobile, fece da guida la cultura umanistica di Pirro Ligorio (Napoli 1500 ca.-Ferrara 1583), giunto a Ferrara nel 1569 come architetto ed antiquario alla corte di Alfonso II. Il programma figurativo, che rispondeva appieno all’interesse del duca per i giochi antichi, trova il suo corrispettivo letterario nel trattato De Arte Gymnastica (pubblicato a Venezia nel 1569 e in seconda edizione nel 1573) del medico padovano Gerolamo Mercuriale: una dissertazione sull’atletica che ricostruiva storicamente l’interpretazione vitruviana delle palestre greche, rappresentando una serie di esercizi ginnici, ludici e gladiatori. Il soffitto voltato è spartito in undici riquadri incorniciati da motivi fitomorfi, con le quattro vele angolari a fondo rosso. Nella fascia centrale i tre rettangoli sono separati dalla bianca aquila estense in campo azzurro,
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The Salone dei Giochi (The Hall of Games) The humanistic education of Pirro Ligorio (Naples ca. 1500-Ferrara 1583), who had arrived in Ferrara in 1569 and worked as architect and antiquarian at the court of Alfonso II, shaped the whole iconographic invention in the north wing of the piano nobile. The decorative project, which took into account the duke’s fondness for ancient sports, had its literary correlative in the treatise De Arte Gymnastica (published in Venice in 1569 and 1573) composed by the Paduan doctor Gerolamo Mercuriale: a dissertation on athletics that supplied a historical reconstruction of Vitruvio’s Greek palaestra through a sequence of illustrated gymnastic, leisure and gladiatorial performances. The vaulted ceiling is divided into eleven panels framed by phytomorphic motifs, the four corner panels set against a red background. In the middle band, three
Salone dei Giochi, veduta centrale del soffitto Large Games Room, central view of the ceiling
mentre l’intero affresco è completato da fasce a grottesche e da fregi marini. La volta non era l’unico elemento decorato di questo ambiente: infatti fino alla metà dell’Ottocento era visibile un ornamento parietale, che simulava sfondamenti prospettici, con architetture dipinte, colonne e statue in nicchia. Nella parte superiore si innestava il finto cornicione aggettante caratterizzato da un gioco di chiaro-scuri, tuttora visibile, mentre l’apposizione di una tappezzeria, oggi definitivamente rimossa, aveva cancellato il paramento murario.
00 figure mitologiche acquatiche su fondo rosso 0 aquila estense bianca su fondo azzurro
3 il Trigonale (gioco di destrezza con undici palle) 4 la Corsa delle Quadrighe
1 il Nuoto
5 la Danza Pirrica (antica danza propedeutica all’uso delle armi in guerra)
2 l’Altalena
6 il Lancio del Disco
00 mythological aquatic figures on red background
3 the Trigonal (Game with a ball)
0 white Estense eagle on light blue background 1 Swimming
5 the war Dance (ancient dance preliminary to the use of weapons in war)
2 the Swing
6 Throwing the Discus
4 the Chariot Race
rectangular panels are alternated with the Este white eagle against a blue background, while the frescoes are surrounded by grotesque strips and friezes with mermaids and tritons. The vault was not the only decorated feature in this room: in fact, until midway through the 1800s there was a trompe d’oeil that simulated perspective views, with architectural features, columns and statues in niches painted on the wall. At the top of the room was painted a protruding moulding characterized by light and shade effects, still visible, while a tapestry, now definitively removed, obscured the facing.
7 il Gioco dei Cerchi (coi “tintinnabuli” piccoli anelli attaccati ai cerchi per produrre suoni rilassanti)
9 la Lotta
8 il Gioco della palla (coi giocatori divisi in due squadre, i cui battitori indossavano un bracciale di cuoio)
11 il Pancrazio (fusione di lotta e pugilato)
7 the Game of the Hoops (with “tintinnabula” small rings attached to larger ones to produce a relaxing sound)
10 the Halteres (athletes who lifted dumbbells and then threw them up in the air to catch them again)
8 the Game of the Ball (with players divided into two teams, whose batsmen wore a leather brassard)
10 gli Alteristi (sollevatori di pesi di piombo che venivano lanciati in alto per essere riafferrati)
11 the Pancras (combination of wrestling and boxing)
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Romolo Liverani, Veduta dell’interno del Salone dei Giochi, come si presentava alla metà dell’Ottocento (Forlì, Biblioteca Comunale “A. Saffi”) Romolo Liverani, Veduta dell’interno del Salone dei Giochi (View of the interior of the Large Games Room), as it was in the mid 1800s (Forlì, Biblioteca Comunale “A. Saffi”)
Pirro Ligorio (Napoli 1500 ca.-Ferrara 1583) Pirro Ligorio fu architetto, pittore, scrittore d’arte e antiquario. Dal 1534 soggiornò a Roma dove si dedicò alla pittura privilegiando soggetti storici e decorazioni a grottesche; nel contempo sviluppò la sua passione e il suo interesse per le antichità. Nel 1549 partecipò agli scavi presso Villa Adriana a Tivoli e su incarico dello zio di Alfonso II, Ippolito d’Este, progettò la gran-
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Salone dei Giochi, La Lotta, dettaglio Large Games Room, Wrestling, detail
Pirro Ligorio (Napoli 1500 ca.-Ferrara 1583) Pirro Ligorio was architect, painter, art writer and antiquarian. He moved to Rome in 1534, working as a painter of historical ensemble and grotesque decorations; at the same time, he also developed his passion and erudite curiosity about antiquity. In 1549 he began the excavation of the Villa Adriana in the city of Tivoli and, charged by Alfonso II’s uncle, the cardinal Ippolito II d’Este, he projected the magnificent Villa d’Este at Tivoli between 1550 and 1572. In 1558 he was appointed architect of St. Peter by pope Paul IV and for Pius IV he completed the complex of the Belvedere. The years later he summoned to Ferrara as court antiquarian by duke Alfonso II d’Este, succeeding Enea Vico, documented in Ferrara between 1565 and 1567. Here, indeed, he was put in charge of the duke’s collections, providing designs for theatrical costumes, although he was also put in charge of various other duties often exceeding the scope of his artistic penchant. In 1568 he was corresponded a reward for providing designs of costumes, machinery and marine monsters for the spectacle The Blessed Island, whereas in 1570 he partici-
Salone dei Giochi, Gli Alteristi, dettaglio Large Games Room, The Halteres, detail
Pirro Ligorio, Principi d’Este, disegni preparatori per la decorazione del cortile del Castello (Oxford, the Ashmolean Museum) Pirro Ligorio, d’Este Princes, preliminary drawings for the decoration of the Castle courtyard (Oxford, the Ashmolean Museum)
Salone dei Giochi, particolare della decorazione Large Games Room, detail of the decoration
Salone dei Giochi, Il Nuoto Large Games Room, Swimming
diosa villa di quest’ultimo, di cui seguì i lavori dal 1570 al 1572. Nel 1558 era stato nominato architetto ufficiale della corte papale da Paolo IV; durante il regno di Pio IV progettò la palazzina del Belvedere. Giunto a Ferrara nel 1568-9, vi trascorse il resto della sua vita, in qualità di “antiquario” del duca Alfonso II, succedendo nella carica a Enea Vico, documentato a Ferrara tra il 1565 e il 1567. Per il duca, Ligorio curò le raccolte di oggetti d’arte e preziosi studiando ed incrementando le collezioni di Casa estense, ma svolse anche mansioni e compiti non strettamente connessi a questo incarico. Nel 1568 venne pagato per aver disegnato costumi, macchine e mostri marini per la rappresentazione L’isola beata e nel 1570 collaborò alla realizzazione dello spettacolo, dalla simbologia colta e complicata, Il mago rilucente, indetto per i festeggiare le nozze fra Lucrezia d’Este, sorella di Alfonso II, e Francesco Maria della Rovere duca di Urbino. Nel 1574 predispose l’apparato per l’ingresso in città di Enrico III re di Francia e Polonia, allestendo cinque archi trionfali decorati con pitture celebranti la religione, la giustizia, la prudenza, e la beneficenza attraverso raffigurazioni allegoriche e mitologiche. A seguito del terremoto che colpì la città nel 1570 provocando danni al Castello, venne coinvolto, come progettista, nella ricostruzione delle parti danneggiate. Anche se studi recenti ipotizzano un’ideazione a più mani, a Ligorio è in gran parte da
pated in the realization of The Twinkling Wizard staged to celebrate the wedding of Alfonso II’s sister, Lucrezia d’Este, and the duke of Urbino Francesco della Rovere. In view of the entrance of Henry III, king of France and Poland, in 1574, Ligorio was the author of five scenographic thriumphal arches, whose pictorial decoration consisted of allegorical as well as mythological scenes celebrating religion, justice, prudence and charity. On the occasion of the earthquake that fright-
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attribuire l’impianto iconografico dei soffitti delle sale dell’Appartamento dello Specchio, l’attuale Camera dell’Aurora, la Saletta ed il Salone dei Giochi, per i quali scelse il tema delle arti ginniche, dei giochi e delle competizioni guerresche compiacendo la volontà e l’interesse di Alfonso II. Sempre in veste di artista di corte provvide a fornire i disegni per gli affreschi monocromi che decoravano i muri del cortile del Castello. Il ciclo, voluto da Alfonso II e a cui lavorarono i pittori cinquecenteschi Leonardo da Brescia (doc. 1556-1598) e Ludovico Settevecchi (15201590), aveva un forte intento encomiastico e rappresentava i principi della Casa d’Este abbinati seguendo le coppie di fratelli o l’accostamento padre-figlio, secondo l’ispirazione dettata dalla Historia del segretario ducale Giovan Battista Pigna (morto nel 1575).
Sebastiano Filippi, detto il Bastianino (Ferrara ca. 1532-1602) Intorno al 1540 iniziava con il padre e il fratello l’attività di pittore alla corte estense: l’impresa maggiore è la serie degli affreschi eseguiti tra il 1574 e il 1576 per l’appartamento dello Specchio, che comprende il Salone e la Saletta dei Giochi e la Sala dell’Aurora. Francesco Arcangeli, intorno al 1960, cominciò i moderni studi critici sul pittore ferrarese, personalità complessa e di difficile definizione. Il Bastianino, infatti, non 150
ened the city in 1570, he acted as designer of the areas most seriously damaged. Ligorio is also credited with the iconographic outline of the ceilings in the rooms that belong to the Mirror Apartment, the present Chamber of Dawn and the Saletta and Hall of Games, which were devoted to the subject of ancient sports, games and war contests to comply to Alfonso’s interests and wishes. As court artist, he supplied a series of preparatory drawings for the execution of monochrome frescoes decorating the upper walls of the inner courtyard of the Castle. The decorative ensemble, that was entrusted by Alfonso to the painters Leonardo da
Salone dei Giochi, particolari della decorazione Large Games Room, details of the decoration
Bastianino, Giudizio Universale, particolare (Ferrara, abside della Cattedrale) Bastianino, Last Judgement, detail (Ferrara, Cathedral apse)
appariva legato ad alcun grande movimento artistico della seconda metà del XVI secolo, ma si collocava tra le esperienze dell’ultimo Tiziano e dell’ultimo Michelangelo - artista che Bastianino aveva incontrato a Roma e che decisamente influì sulla sua crescita stilistica e sul suo percorso artistico - interpretando l’immagine di una Ferrara “nebbiosa”, che evocava anche Venezia, soprattutto dopo aver ammirato la Trasfigurazione di Cristo di Tiziano nella chiesa del Salvatore nella città lagunare. Arcangeli vedeva in Bastianino l’ultimo Bastianino, Giudizio Universale, particolare (Ferrara, abside della Cattedrale) Bastianino, Last Judgement, detail (Ferrara, Cathedral apse)
Brescia and Ludovico Settevecchi, contained a strong encomiastic message and was based on the text Historia composed by the duke’s secretary Giovan Battista Pigna (dead in 1575).
Sebastiano Filippi, known as il Bastianino (Ferrara ca. 1532-1602) Around 1540 Bastianino started with his father and brother his activity as a painter for the Este court: his most demanding accomplishment is the cycle of frescoes painted between 1574 and 1576 in the “Mirror Apartment”, including the current Hall and Small Chamber of Games. Francesco Arcangeli around 1960 initiated the series of modern critical studies on the Ferrarese painter, whose complex personality seems to escape complete definition. Bastianino, in fact, did not overtly show any sort of connection with the great art movements dominating the second half of the XVI century, but forged his own style in accordance with Titian and Michelangelo’s latest experiences - the latter, whom Bastianino had actually met during a Roman sojourn, was to exert a fundamental influence on his stylistic development and artistic choices introducing a misty image of Ferrara directly evocative of Venetian models, stimulated, first and foremost, by the direct vision of Titian’s “Transfiguration of Christ” in the church del Salvatore in Venice. Arcangeli identified Bastianino as the ulti151
eroe di una corte in decadenza: un pittore che aveva saputo cogliere il senso del cambiamento in atto nell’età di Ercole II, il cui Ducato entrava in crisi per lo sconvolgimento provocato dalla Riforma e dal Concilio di Trento, dalla ribellione di Renata di Francia, da quella di Ariosto che rifiutò di seguire il cardinale Ippolito in Ungheria, dalla tragedia di Torquato Tasso. La mostra sul “caso Bastianino”, proposta dalla Pinacoteca Nazionale di Ferrara nel 1985, illustrava il parallelismo proprio tra lo stile del pittore e la letteratura tassiana del “parlar disgiunto”, consistente, secondo la definizione dello stesso Tasso, in una dissoluzione del procedere sintattico del discorso, attraverso analogie e concordanze, che ben si legava alla vena artistica del pittore coevo. Quasi ricalcando il destino del Ducato, lo stile di Bastianino passa dalle grottesche e dalle edonistiche decorazioni in Castello alle tormentate esecuzioni di grandi pale (S. Girolamo penitente, l’Ascensione della Vergine) sino ad arrivare al Giudizio Universale del catino absidale della Cattedrale; così come il Tasso passa dalla voluttà dell’Aminta alle meditazioni della Gerusalemme Liberata. È possibile poi ricostruire quasi l’intero percorso pittorico del Bastianino visitando la Pinacoteca Nazionale di Ferrara, dove un gran numero di suoi quadri rappresenta un insieme omogeneo, elaborato secondo un registro stilistico adottato dall’artista soprattutto nelle composizioni a soggetto religioso. Le tele parlano un linguaggio differente da quello usato nelle imprese decorative profane condotte per la brillante corte estense e appartengono a un modo di comporre diverso da quello del delizioso autore dei «belli ignudi e pargoletti amori» ricordato da Tasso in rapidi versi celebrativi. Per la chiesa di San Cristoforo alla Certosa dipinse alcune delle pale più importanti, dove nel gigantismo eroico dei personaggi comincia a prendere forma quello stile “annebbiato” individuato da Arcangeli come l’autunno del Rinascimento. Gli ultimi dipinti segnano un percorso sempre più solitario del Bastianino verso una pittura più difficile ad intendersi per lo spettatore e per i committenti, dove i modelli della pittura emiliana, veneta o romana vengono sempre più assimilati e rielaborati 152
mate hero of a court in decline, the painter who had grasped the reasons underlying the changing age of Ercole II, whose duchy was being marred by the upheaval which the Reformation and the Council of Trent had brought about, followed shortly after by Renée of France’s rebellion, Ariosto’s refusal to escort cardinal Ippolito to Hungary and the tragedy of Torquato Tasso. The exhibition devoted to “Bastianino’s case” at the National Picture Gallery of Ferrara (1985) sought to investigate the parallel between the painter’s style and Tasso’s literary production in the “disjointed language”, that, according to the definition provided by Tasso himself, resulted in the disintegration of the syntactical structure of discourse operated by means of analogies and concordances which perfectly fitted the contemporary painter’s artistic vein. Almost as if retracing the fate of the Dukedom, Bastianino’s style shifts from the grotesque and voluptuous decorations in the Castle to the tormented execution of large
Salone dei Giochi, La danza pirrica Large Games Room, The War Dance
Salone dei Giochi, L’Altalena, dettaglio Large Games Room, The Swing, detail
in uno stile personale, e dove le citazioni divengono meno letterali e riconoscibili. Il capolavoro dell’artista si può ammirare nella Cattedrale di Ferrara: il catino absidale progettato dal Rossetti è interamente occupato dal Giudizio Universale - di ispirazione michelangiolesca, ma veicolo di una visione malinconica - commissionato nel 1577 e terminato nel 1580. Il Michelangelo a cui si ispirava il Bastianino non era quello eroico e fisico della Creazione della Cappella Sistina, ma quello sofferto e drammatico del Giudizio Universale e della Cappella Paolina, di cui alleviava la tensione “annebbiando” le forme e i colori. Le pale del Bastianino nella chiesa di San Paolo, che trovano le premesse ideologiche e stilistiche nel Giudizio Universale della Cattedrale, sono considerate il suo testamento pittorico.
altarpieces (St. Jerome Penitent, The Ascension of the Virgin) to the achievement of the Last Judgement in the Cathedral, just as Tasso shifts from Aminta’s sensual mood to the speculations of the Jerusalem Delivered. One is given the opportunity to recompose Bastianino’s artistic evolution by paying a visit to the National Picture Gallery of Ferrara, which displays a number of paintings by the artist forming a homogeneous group in force of the stylistic tone prevailing in devotional compositions. The canvases speak a different language from that of the secular decorative cycles undertaken at the service of the glittering Este court, and equally suggest a diverse compositional technique from that which distinguishes the graceful author of the “fair naked and childish cupids” cited by Tasso in swift commemorative verses. In the Carthusian church of St. Christopher he painted some of his most renown altarpieces, in which his misty atmosphere, that Arcangeli compared to the “autumn of the Renaissance”, begins to overwhelm the gigantic heroism of the figures. His last paintings mark a growing individual direction towards a more enigmatic production, that assimilates and reformulates Emilian, Venetian or Roman models into a remarkably personal style that stransfigures any kind of artistic quotation. One may admire the artist’s masterpiece in the Cathedral of Ferrara: the apse’s vault designed by Biagio Rossetti is entirely frescoed with the recently restored Last Judgement, commissioned in 1577 and finished in 1580, whose michelangiolesque inspiration betrays a nostalgic vision. Bastianino had not actually chosen as his point of departure the heroic and athletic Michelangelo, author of the Creation in the Sistine Chapel, but, on the contrary, the tormented and dramatic painter of the Last Judgement and the Pauline Chapel, where tension was relieved by showing his figures as if observed through a hazy veil. Bastianino’s altarpieces in the church of St. Paul, whose intellectual and stylistic principles had been announced in the Last Judgement, are commonly considered his pictorial legacy.
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L’Appartamento The Appartamento della Pazienza della Pazienza (The Patience Suite)
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a Torre di Santa Caterina e i locali adiacenti vennero trasformati in abitazione una prima volta alla fine del Quattrocento per il giovane Alfonso non ancora duca III, che vi collocò i suoi laboratori e fucine di “lambichi” vari; tramite il rivellino il principe poteva accedere al Giardino del Padiglione. In seguito al devastante incendio del febbraio 1554 e fino al 1556 la sequenza di ambienti che circondano la Torre di Santa Caterina venne rinnovata e destinata al nuovo appartamento voluto da Ercole II - duca di Ferrara dal 1534 al 1559 - decorato da Girolamo da Carpi secondo un raffinato programma iconografico ispirato alla Virtù della Pazienza, “impresa” personale del duca. L’“Appartamento della Pazienza” era formato da questa camara della Pazienza inscritta nel perimetro della Torre di Santa Caterina, da una camara adiacente, un camarone, un toresino, un salotto, una loggetta e, molto probabilmente, da un piccolo giardino pensile, citato nei documenti come zardin novo suso le lastre. Oltre alle tele raffiguranti la Pazienza di Camillo Filippi e l’Occasione di Girolamo da Carpi, furono collocate in questi spazi la Pace e la Giustizia di Battista Dossi, opere che, insieme alle decorazioni ad affresco elaborate con stucchi e dorature eseguite dai numerosi pittori attivi presso la corte (Girolamo Bonaccioli, Leonardo da Brescia, Battista Bolognesi, Battista Dossi) e ai ritratti della famiglia ducale eseguiti nella loggetta da Jacopo Vighi di Argenta, resero celebre ai suoi tempi l’appartamento ducale. Negli ambienti del Castello posti al piano nobile e rivolti a occidente, nulla resta che possa ricordare l’“Appartamento della Pazienza”. Distrutto completamente dai cardinali legati che subentrarono al governo nel 1598, l’aspetto attuale è il risultato dell’ultima opera di rifacimento, degli anni Trenta del Novecento. Quanto alle tele che ne ornavano le pareti, esse furono trasferite a Modena dopo la devoluzione del Ducato estense allo Stato pontificio, e vennero poi in gran parte vendute ai principi elettori di Sassonia alla metà del Settecento.
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aint Catherine’s tower and the rooms adjacent to it were converted for the first time at the end of the 15th century by the young Alfonso who was yet to become the 3rd duke of Ferrara, and it is thought that he had his workshops and assorted “chemical apparatus” placed there; he had access to the Pavilion Garden through the ravelin. Following a devastating fire in february 1554, the rooms around St. Catherine’s tower were refurbished and given over to a new suite of rooms at the behest of Ercole II. The redecorating lasted two years and was completed in 1556. Ercole II, who was lord of Ferrara between 1534 and 1559, had Girolamo da Carpi design and decorate the new rooms with an elegant depiction of the virtue of patience as the central theme. The “Patience Suite” in the St. Catherine’s tower section were made up of this “camara della Pazienza”, an adjoining room, a larger room, a towerlet, a lounge area, a small loggia and very probably a small roof garden referred to in documents as the “zardin novo suso le lastre” (new garden on the terrace). As well as “la Pazienza” by Camillo Filippi and “l’Occasione” by Girolamo da Carpi, “Pace” and “Giustizia” by Battista Dossi adorned the suite walls. These works were accompanied by frescoes that had been painted and gilded by numerous other artists under Court patronage (Girolamo Bonaccioli, Leonardo da Brescia, Battista Bolognesi, Battista Dossi). There were also portraits of the noble family painted by Jacopo Vighi di Argenta in the loggia. This collection made the Patience Suite somewhat special in its own time. The suite was located on the upper “noble” floor and faced West but unfortunately there is nothing left of it today to remind us of how it was. The suite was completely destroyed by Papal legates who took over the rule of the city in 1598 and its current state is entirely due to restoration work carried out in the 1930’s. The paintings that had adorned the walls were transferred to Modena after the Este Duchy became part of the Holy See and most of them were sold to Saxon princes in the mid 18th century.
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La Ferrara di Andrea Bolzoni
The Ferrara of Andrea Bolzoni
Nella carta del Bolzoni (la prima edizione è del 1747) sono perfettamente leggibili le varie fasi della storia urbana ferrarese. La città - fra le poche in Italia a essere completamente priva di un passato romano - pare essersi sviluppata intorno a uno o più nuclei di fondazione bizantina, sorti sulle rive del Po di Volano, che a quei tempi era il ramo principale del fiume. Due aree di insediamento, in particolare, sono tuttora facilmente riconoscibili per la regolarità dell’impianto stradale: il cosiddetto castrum [1] e un secondo quartiere a sua volta fortificato dal marchese Tedaldo di Canossa nel X secolo con la costruzione del Castel Tedaldo [2]. Successivamente, lungo le rive del Po, fra i due nuclei primitivi sarebbe cresciuta la cit-
The progressive, developmental stages in the growth of Ferrara are clearly demonstrated in the map drawn by Andrea Bolzoni, first published in 1747. The city is one of the few in Italy not to have been governed by Rome and seems to have grown around one or more Byzantine settlements founded on the banks of the river Po di Volano. The river at that time was one of the main tributaries of the Po. The settlements were to be found in two sectors that even today are easily identified by the orderly way in which the streets are laid out. The first sector is the castrum [1] and the second is a quarter that was fortified by the marquis Tedaldo di Canossa in the 10th century with the building of the “Castel Tedaldo” [2].
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Andrea Bolzoni, Pianta e alzato della città di Ferrara (Ferrara, Musei Civici di Arte Antica) Andrea Bolzoni, Map and elevation of the city of Ferrara (Ferrara, Musei Civici di Arte Antica)
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5 Andrea Bolzoni, Pianta e alzato della città di Ferrara (Ferrara, Musei Civici di Arte Antica) Andrea Bolzoni, Map and elevation of the city of Ferrara (Ferrara, Musei Civici di Arte Antica)
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tà medievale, secondo un impianto “a riviera” tipico degli insediamenti fluviali [3]. Ai primi del XII secolo, in seguito allo sviluppo delle autonomie comunali e all’affrancamento dall’egemonia ravennate, si ebbe una nuova espansione verso nord, intorno al fulcro della nuova Cattedrale fondata nel 1135 e al sistema delle piazze adiacenti, su cui poi si sarebbero affacciati pure la domus communis e il palazzo signorile [4]. Alla fine del Trecento, la costruzione del Castello offrì l’occasione per rettificare il tratto settentrionale delle mura, inglobando in città un nuovo quartiere solo in parte urbanizzato: il cosiddetto Borgo di Sotto [5]. A sud, invece, la deviazione del corso principale del Po in seguito alla rotta di Ficarolo (1152)
6 The mediaeval town gradually took shape along the river banks between the two sectors and displayed the typical layout of any river settlement [3]. At the beginning of the 12th century, following increased autonomy on behalf of local administrations and emancipation from the rulership of Ravenna, the town began to expand northwards. The expansion was centred around the new Cathedral founded in 1135 and the adjacent piazza where the domus communis and the “palazzo signorile” were built [4]. In the late 14th century, the building of the Castle created an opportunity to modify the North section of the city walls that then encompassed a section of the city that had not been fully completed. This was the Borgo
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“Prospetto della città di Ferrara che dimostra lo stato antico avanti il Duca Ercole I l’ampliasse dalla Giovecca sino alla Porta degli Angeli, e di là sino alla Porta di San Benedetto” (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) “View of the city of Ferrara that shows how it was before Duke Ercole I extended it from the Giovecca to the Porta degli Angeli, and from there to the Porta di San Benedetto” (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
aveva provocato il progressivo impaludarsi di una vasta zona ai margini del vecchio alveo del fiume: alcune operazioni di bonifica vennero intraprese già ai primi del Quattrocento, ma fu solo al tempo di Leonello che si pianificò la completa urbanizzazione dell’area, poi terminata sotto Borso [6]. A settentrione della città medievale, infine, si estende la gigantesca “addizione erculea”: operazione di ampliamento fra le più ambiziose mai condotte sino ad allora, del tutto sproporzionata rispetto agli effettivi ritmi di crescita della città, tanto da rimanere in gran parte inedificata ancora ai tempi del Bolzoni (e anche in seguito, sino a tutta la prima metà del Novecento) [7]. L’ultimo grande intervento di trasformazione urbana è dato dalla costruzione della cittadella pontificia, con la concomitante distruzione della “delizia” del Belvedere e dei quartieri sud-occidentali della città [8]; dopo la demolizione della Cittadella nella seconda metà dell’Ottocento, l’area venne riurbanizzata negli anni Trenta del XX secolo.
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di Sotto [5]. To the South, the river Po had been diverted towards Ficarolo (1152) and had gradually created a vast area of swamp along the course of the old riverbed. Several land reclamation projects were started in the early 15th century but it was at the time of Leonello that the area was completely urbanised and renamed under Borso d’Este [6]. The massive “Herculean Addition” expanded the mediaeval city northwards. This “Addition” was possibly the single biggest undertaking even up to today. In its time it was out of proportion to the city’s rate of growth and, for many years, large sections remained incomplete even in Bolzoni’s time (and later, right up to the mid 1900’s). The last large-scale urban transformation enterprise was the building of the papal citadel along with the simultaneous demolition of the Belvedere “delizia” and the southwest quarters of the city [8]. The area was rebuilt in the 1930’s after the citadel was demolished in the late 19th century.
Andrea Bolzoni (1689-1760)
Andrea Bolzoni (1689-1760)
Figlio di Ciriaco e di Barbara Micheli, Andrea Bolzoni nacque a Ferrara il 31 marzo 1689. Dal 1695 iniziò a ricevere le prime e generali nozioni da don Ludovico Rigotti, interrotte dalla morte del padre, nel 1700. Da quel momento fu ospitato, insieme alla madre e al fratello Giovanni - che diverrà musico -, dallo zio Francesco, incisore, che lo avviò al mestiere. Girolamo Baruffaldi, arciprete e letterato ferrarese, scriveva del «buon genio del giovine» che, impossibilitato «di poter prosseguir così alla cieca senza la scorta di un ottimo maestro si intrapose di raccomandarlo alla direzione del signor Giacomo Parolini valente nostro pittore. … Principiò [nel 1707] ad apprendere dal maestro le regole e i primi rudimenti del dissegno, e poi copiando da carte istoriate di buoni autori imitando attentamente l’istessi con somma attenzione, parte con penna imitando le stampe e parte col lapis rosso qual riussivano anche con sodisfazione del maestro, doppo si avanzò a dissegnar dal rilievo, ed anche passò ad altro studio di dissegnar l’uomo vivo nell’Accademia del Nudo, si avanzò all’altro ancor più
The son of Ciriaco and Barbara Micheli, Andrea Bolzoni, was born in Ferrara on 31 March 1689. His education began in 1695 under Ludovico Rigotti and was interrupted in 1700 by his father’s death. From then on, he and his mother and brother Giovanni, who went on to become a musician, were the guests of his uncle. The uncle, Francesco, was an engraver and started Andrea off on his career. Girolamo Baruffaldi, a learned dean of Ferrara wrote about “the very talented youth” that couldn’t “continue groping in the dark without the guidance of a mentor” and undertook to “point him in the direction of our great painter, Giacomo Parolini”. In 1707 he began “to learn the basics of design from his new mentor and then went on to copy historiated maps drawn by noted cartographers. He carefully imitated their best works using the pen and red pencil to the delight of his mentor. He progressed to drawing reliefs and even the human figure which he learned from life studies of the nude form. In time, he moved on to more difficult subjects which he copied from well-known paintings on display in churches”.
Matteo Florimi, Ferrara (1598), rivista da Giuseppe Capocaccia (1602) (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) Matteo Florimi, Ferrara (1598), revised by Giuseppe Capocaccia (1602) (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
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difficoltoso, e di molta sogezione, copiando in dissegno dalli quadri dipinti di buoni autori esposti nelle pubbliche chiese». Il discepolato assume un significato particolare dal momento che Parolini oltre che pittore era incisore. I pochi viaggi intrapresi da Andrea Bolzoni avvennero in età non più giovanile, quando la sua formazione, tutta ferrarese, era già compiuta. È da ricordare il viaggio a Roma nel 1731 insieme al sacerdote Giuseppe Garbellini, quando Bolzoni frequentò Giacomo Frei, esperto incisore, dal quale, come proseguiva Baruffaldi, «ricevette molti lumi per la professione». Alla morte dello zio Francesco, nel 1728, Andrea gli subentrò come titolare della bottega, che sviluppò allargandola ad altri temi. Nel 1718 era presso la Zecca di Modena per affinare le tecniche utili a disegnare i conii per la Zecca di Ferrara, come gli era stato richiesto; nel 1734 venne chiamato per breve tempo alla Zecca di Mantova. I valori formali che Bolzoni propone attraverso la pratica incisoria, le “stampe di traduzione”, nascono dalla scuola di Giacomo Parolini e dall’adesione a un modo di vedere che non ha più alcun collegamento con la pittura locale del Quattrocento o del Cinquecento e, dimenticato anche Garofalo, individua i propri modelli in autori come Giuseppe Avanzi, Carlo Bononi, il Guercino, il
From the lessons learned with Parolini, the student became more than a painter; he became an engraver. Andrea Bolzoni did not travel extensively and the few journeys he made were when he was no longer a youth. At this stage, his learning of the trade in Ferrara was already complete. In 1731 he travelled to Rome along with Father Giuseppe Garbellini at the time when he was under the tutelage of the accomplished engraver Giacomo Frei from whom, Baruffaldi explains “Bolzoni learned a lot of tricks of the trade”. When his uncle Francesco died in 1728, Andrea took over the workshop and began to widen his field of interest. In 1718, he was commissioned by the mint at Modena to improve minting techniques for new coins for the mint of Ferrara. In 1734 he worked for a short spell at the mint in Mantua. Bolzoni’s engraving style was of “printing an interpretation” and had its roots in both the time spent with Giacomo Parolini and his own way of seeing things that was so totally removed from local schools of the 15th and 16th centuries. He also left behind the Garofalo method and used others as his role models such as Giuseppe Avanzi, Carlo Bononi, Guercino, Caletti, Braccioli and Gandolfi and Carracci from Bologna. Pellegrino Prisciani, Pianta della Terra Nuova, disegno acquerellato tratto da Historiae Ferrariae (Modena, Archivio di Stato) Pellegrino Prisciani, Map of the New Land, water-coloured drawing taken from Historiae Ferrariae (Modena, Archivio di Stato)
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Schenografia prospettica della città e fortezza di Ferrara (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) Perspective scene of the city and fortress of Ferrara (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
Caletti, il Braccioli o nei bolognesi Gandolfi, e nei Carracci. Bolzoni, molto attivo, non si limitava a queste riproposizioni; su richiesta dell’amministrazione, dei religiosi e dei cittadini approntava modelli per permessi, cornici dove collocare figure di santi e di uomini illustri, immagini devozionali, finali tipografici, rappresentazioni di edifici. A questo si affianca la rappresentazione di eventi cittadini, processioni religiose, cortei civili, onoranze funebri, aspetti della città, che testimoniano la precisa volontà di raccogliere e tramandare gli avvenimenti più significativi, che danno non solo il senso di quanto accadeva ma anche delle ragioni dell’accadere: così Bolzoni si pone non solo come cronista, ma anche come storico degli avvenimenti che attorno a lui si svolgono. La pianta piano-prospettica della città definisce per sempre l’immagine di Ferrara e, nella considerazione locale, riduce il Bolzoni a questa unica opera complessa e importante, che coinvolse competenze tecniche e collaboratori che non rientravano nella norma: tutti i rilievi avvengono attraverso triangolazioni che richiedevano la conoscenza di nozioni di trigonometria, di geometria e abilità nell’uso degli strumenti. La prima edizione della carta è del 1747, se ne conoscono altre del 1769, 1794, 1800 a testimonianza di una popolarità che porta a identificare la città in questa sua rappresentazione.
Bolzoni was a highly productive artist and accepted many commissions from local administrative organs, religious groups and local people. He designed frames for pictures of saints and distinguished characters, religious illustrations, typographic works and representations of buildings. At the same time he illustrated local events like religious and civil processions, funerals as well as other events that were taking place in the city. This is a clear indicator of his desire to gather and pass along not only the significant events of his times but also to explain the reason behind these happenings. In this way, Bolzoni not only became a chronicler but also an historian of his own times. The two-dimensional perspective map permanently determined the image of Ferrara and locally brought fame to Bolzoni for this unique and complex work of art. Mastering the skills involved was no mean feat and well beyond the normal practices. All the reliefs shown on the maps were calculated through triangulation that called for a mastery of trigonometry, geometry and a skilled use of instruments. The map was first published in 1747 and later editions followed in 1769, 1794 and 1800 serve as witness to the popularity and sense of identity that Bolzoni’s maps brought to the city.
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L’Anticamera The Anticamera della Galleria della Galleria (The Gallery ante-room)
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uesta saletta faceva parte dell’“Appartamento della Pazienza”. Da qui si accedeva alla “Galleria” fatta adattare dal duca Ercole II a partire dal 1554, lungo l’antica cortina di collegamento tra le torri di Santa Caterina e di San Paolo, per contenere le proprie collezioni d’arte. Le decorazioni, risalenti ai primi decenni del Novecento, richiamano le “imprese” dei principi estensi.
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his small room was a part of Ercole II’s “Patience Suite”. It led to the “Gallery” that Ercole II had had modified beginning in 1554 to house his art collection. The Gallery was located along the old corridor that connected St. Catherine’s and St. Paul’s towers. The décor, that dates back to the early 1900’s, reminds of the achievements of Este nobles.
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La città del Rinascimento
The Renaissance city
Sin dal tardo Medioevo la cura dell’aspetto fisico della città rappresentò per gli Estensi una preoccupazione costante: con ciò, i signori di Ferrara mostravano di concepire l’architettura come strumento essenzialmente politico, tramite cui manifestare ai sudditi - nonché ai forestieri di passaggio - la grandezza della propria magnificenza e gli indirizzi di fondo delle proprie strategie di governo. Oltre alle mura, alle “delizie”, alle chiese e ai conventi di patronato signorile, fino all’ultima decade del Quattrocento teatro privilegiato degli interventi edilizi estensi furono gli spazi centrali della città: la piazza del Duomo, il Palazzo di Corte e quello della Ragione, il quartiere di San Giuliano (in gran parte di proprietà estense), in cui si addensavano le principali attività economiche cittadine e la maggior parte delle magioni dell’aristocrazia locale. Fu soprattutto Ercole I ad avviare un vasto e profondo programma di trasformazione “alla romana” del centro cittadino: a partire dal 1471, nell’arco di un ventennio tutta la piazza fu circoscritta da portici e loggiati; la stessa facciata del Palazzo di Corte fu completamente ridisegnata, arricchita di
From mid-mediaeval times, the Este family were constantly concerned with physical appearance of the city. They clearly understood how architectural concepts could be used for political ends for example to demonstrate to their subjects, as well as passing visitors, the scope of their power and their political strategies and ambitions. Until the late 15th century, besides the walls, “delizie”, churches and convents under noble patronage, the Este builders concentrated upon the central area of the city. These areas took in the Piazza del Duomo, Palazzo di Corte and Palazzo della Ragione, the quarter of San Giuliano (mostly Este property) where most of the city’s business was conducted and where most of the aristocracy lived. Ercole I initiated a huge “alla Romana” transformation programme of the city centre. Work began in 1471 and in the space of twenty years the whole piazza was surrounded by arcades and galleries. The façade of the Palazzo di Corte was totally re-designed and embellished with a three level balcony housing busts of Roman emperors and then later with an “antique” loggia. The statues of Borso and Nicolò III on either side of the
Gregorio di Lorenzo (XV secolo), Profilo di Antonino Pio (Ferrara, Casa Romei) Gregorio di Lorenzo (15th century), Profile of Antonino Pio (Ferrara, Casa Romei) Gregorio di Lorenzo (XV secolo), Profilo di Sulpicio Galba (Rovigo, Seminario Vescovile) Gregorio di Lorenzo (15th century), Profile of Sulpicio Galba (Rovigo, Seminario Vescovile) Gregorio di Lorenzo (XV secolo), Profilo di Marco Agrippa (Ferrara, Casa Romei) Gregorio di Lorenzo (15th century), Profile of Marco Agrippa (Ferrara, Casa Romei)
Esecuzione capitale nella piazza di Ferrara, Libro dei Giustiziati della Confraternita della Buona Morte, XVI secolo (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) Execution in the piazza of Ferrara, Libro dei Giustiziati della Confraternita della Buona Morte (Book of the Executed of the Confraternita della Buona Morte), 16th century (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
un “poggiolo” a tre piani scandito da busti di imperatori romani e successivamente da una gran loggia “all’antica”, mentre i monumenti di Borso e Nicolò III ai lati del grande arco di ingresso davano a tutto l’insieme un aspetto ulteriormente “trionfale”. Nel contesto del medesimo programma di ristrutturazione fu lastricato e interamente rimodernato il cortile interno della Corte, in cui il duca soleva allestire spettacoli teatrali aperti ai sudditi; il palazzo di piazza e il Castel vecchio (sino ad allora collegati da una struttura di passerelle precarie) vennero uniti da una cortina muraria su archi, creando un unico e grandioso complesso monumentale del tutto sproporzionato rispetto alla scala degli edifici circostanti; furono poi selciate le piazze e le strade adiacenti, ne vennero allontanate le attività meno onorevoli, si disciplinò il regime dei commerci destinando i portici della Corte a botteghe date in affitto ai negozianti della città. Di tutti questi interventi, condotti secondo
main entrance arch to the piazza created an atmosphere of triumphalism. As part of this programme, the entire courtyard of the Palazzo di Corte was modernised and paved and was centre stage for many public performances the duke had put on for the townspeople. The Palazzo and the old Castle (up to that point connected by a temporary walkway) were joined by a solid overhead corridor built on arches that created a magnificent overall effect and emphasised the sheer size of the ducal property as opposed to all the surrounding buildings. Following this, the streets around the piazza were paved and “less distinguished” commercial activities were moved elsewhere. Business first ruled supreme and workshops in and around the Court arcades were rented to shopkeepers. Now nothing remains of all these building projects. Although they were carried out in line with the most up-to-date Renaissance dictates, a deliberately more local interpre165
Pietro Coppo, De summa totius orbi (1525), particolare con Ferrara e le mura dell’“addizione erculea” (Pirano, Museo del Mare “Sergej Mašera”) Pietro Coppo, De summa totius orbi (1525), detail with Ferrara and the walls of the “Addizione Erculea” (Pirano, Museo del Mare “Sergej Mašera”)
i dettami più aggiornati del linguaggio rinascimentale (seppur utilizzando un lessico volutamente locale, non assimilato ai canoni del classicismo fiorentino), oggi non rimane più nulla: l’incendio del Palazzo di Corte nel 1536, la serie di terremoti che devastarono la città nel 1570, l’incuria programmatica dei legati pontifici e gli ultimi, dissennati interventi di “restauro” otto-novecenteschi hanno finito infatti per cancellarne quasi ogni traccia.
tation was applied that was not strictly classical Florentine. A combination of a fire in the Palazzo di Corte in 1536, a series of devastating earthquakes in 1570, the deliberate policy of negligence conducted by Papal legates and the last utterly senseless “restoration” campaigns during the 1800/1900’s led to just about every trace of the past being obliterated.
The Herculean Addition L’“addizione erculea” Pur senza mai distogliere completamente gli occhi dagli obiettivi tradizionali delle cure estensi (l’antica piazza comunale e gli spazi circostanti), nell’ultima decade del Quattrocento Ercole I d’Este investì gran parte delle proprie risorse nella realizzazione di un programma di ampliamento urbano profondamente innovativo rispetto al passato, per quanto perfettamente in linea con le strategie dei suoi predecessori: quell’“addizione erculea” che - secondo la famosa definizione di Jacob Burckhardt - avrebbe reso Ferrara «la prima città moderna d’Europa».
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Without ever actually sight of the long-term goals set by the Este family) regarding the Piazza Comunale and the surrounding areas), Ercole d’Este I during the early part of the 1400’s devoted a lot of his time, energy and resources to implementing an urban expansion programme. This project, although very different from anything done in the past, was perfectly in line with the strategies established by his forebears. This obviously refers to the “Herculean Addition” that according to Jacob Burckhardt would make Ferrara “Europe’s first modern city”. Within a few years, a mighty ring of walls encircled the city, new roads were built and
Sperandio Savelli, Ritratto di Ercole I d’Este già all’ingresso della tenuta del Barco (Ferrara, Palazzina di Marfisa d’Este) Sperandio Savelli, Portrait of Ercole I d’Este formerly at the entrance to the estate of Barco (Ferrara, Palazzina di Marfisa d’Este)
Tracciati i nuovi confini della città, nel giro di pochi anni fu costruita un’imponente cerchia di mura, vennero aperte nuove strade e una grande piazza circoscritta da logge, destinata a competere in magnificenza con quella del Duomo; e ancora vennero edificati conventi e monasteri, oltre che chiese e palazzi per i favoriti di corte, e vennero promulgati privilegi ed esenzioni per chi si fosse trasferito nella “Terra nuova”. Oggi, la tesi corrente sino a qualche anno fa - che il geniale “autore” del piano di ampliamento fosse Biagio Rossetti - è stata sostanzialmente scartata, ma rimangono ancora tutti da indagare gli apporti specifici dei vari personaggi che a diverso titolo concorsero all’impresa: Ercole I affiancato dai suoi numerosi consiglieri, senza dubbio; ma anche i cortigiani che risposero entusiasticamente alle sollecitazioni ducali, e poi quella folla di impresari, “muratori”, ingegneri, speculatori vari da cui in buona parte dipese la realizzazione effettiva del progetto solo abbozzato dal principe.
a huge piazza surrounded by dwellings rivalled those around the Piazza del Duomo in their elegance. New convents and monasteries were built as well as churches and palaces for court favourites. At the same time certain favours were granted and certain exceptions made for those who were transferred to the “New Land”. Until recently, most of the work was attributed to Biagio Rossetti but that theory has been abandoned to a large extent. What still remain to be investigated however are the details of the people involved in the expansion project. Ercole I was no doubt surrounded by numerous advisors but there must also have been enthusiastic court followers not to mention the hordes of workers, engineers and assorted merchants that would transform the duke’s ideas into reality. One thing is certain however, apart from the construction of certain specific buildings demonstrating superb design characteristics, the Herculean Addition as an entity, was a failure. The reasons are manifold: one was that the general public were uneasy at the spending such an enterprise called for, especially when the State was undergoing difficult times; a second explanation was that businesses remained where they had always been, near the river port and the market square; finally was the reason that most of the old patrician families remained in their mansions from where they had always governed. The Herculean “New Land” remained unoccupied for hundreds of years.
Ercole I d’Este, “the architect prince” Studies have demonstrated Ercole I’s architectural expertise and his desire to personally plan projects as well as his habit of continually visiting the sites to check on progress. In this, he rekindled the ancient spirit of topos in being a “prince architect” (from Solomon to Alexander the Great, and from Augustus to Constantine, all the great leaders from biblical antiquity and classical times were first and foremost builders). He was an enlightened ruler that worked for the good of his subjects and at the same time increased his personal prestige. 167
Ciò che è certo, è che aldilà della costruzione di alcuni singoli edifici di straordinaria qualità architettonica, l’“addizione” nel suo complesso fu fallimento: perché gran parte della cittadinanza guardava perplessa e sfiduciata il grande dispendio di fondi pubblici in un momento di drammatiche difficoltà per lo Stato; perché tutte le attività economiche rimasero concentrate lì ove erano da sempre, vicino al porto fluviale e alla piazza del mercato; perché le vecchie famiglie patrizie non abbandonarono le magioni e i luoghi in cui vedevano incarnata la loro egemonia secolare. E la “Terra nuova” erculea finì per rimanere in gran parte disabitata per secoli.
Ercole I d’Este, “principe architetto”
One constant in the works to the “Addition” is the presence of Ercole I. He was involved in frequent inspections and site surveys, the digging of the foundations and the actual building of the city walls and the first palaces. All the historical references agree upon his personal involvement in projects as well as his frequent consultations with architects and engineers. Intuition would suggest the names of Biagio Rossetti and Pellegrino Prisciani were among these. One element however on which the references are not quite so clear is how the plans for the Herculean Addition were transformed into a reality. How were the instructions from the duke and his consultants actually transformed in practical terms? Who interpreted the plans, who was involved and how much freedom of choice did they have? To this day, we still don’t know.
… ogno zorno el duca Hercole andava a vedere le fosse nove de Ferrara ch’el faceva fare verso Santa Lucia et la porta cun li punti levaduri che gli faceva fare… [Croniche di Ugo Caleffini, c. 298v, 14 giugno 1493] Gli ultimi studi hanno messo in evidenza l’assoluta competenza architettonica di Ercole I e la sua propensione a progettare personalmente gli edifici che gli stavano più a cuore, non disdegnando di visitarne poi il cantiere seguendo con continuità il procedere dei lavori. Riviveva così in lui l’antico topos del “principe architetto” (da Salomone ad Alessandro Magno, da Augusto a Costantino, tutti i grandi sovrani dell’Antichità biblica e classica erano stati innanzitutto dei costruttori), patrono sollecito del decoro cittadino in nome del benessere dei sudditi e del suo proprio prestigio. Nel descrivere l’avvio dei lavori nell’“addizione” - i sopralluoghi del duca, l’escavo dei fossati, l’erezione delle mura e dei primi palazzi - le fonti sottolineano unanimemente la partecipazione personale di Ercole I a tutte le fasi di elaborazione del progetto, pur con la consulenza costante di alcuni architetti e “inzegneri” fra cui si intuisce la presenza di Biagio Rossetti e Pellegrino Prisciani. Un aspetto su cui i documenti sono più evasivi, invece, è quello della successiva
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Monumento equestre di Ercole I da realizzare nella Piazza Nova (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana) Monument of Ercole I on horseback to be realized in Piazza Nova (Vatican City, Biblioteca Apostolica Vaticana)
Frammento della base del monumento a Ercole I d’Este, mai realizzato (Ferrara, Casa Romei) Fragment of the plinth of the monument to Ercole I d’Este, never realized (Ferrara, Casa Romei)
trasposizione dei progetti erculei nella realtà: come furono tradotte in pratica le indicazioni del duca e dei suoi consulenti? In virtù di quali intermediazioni, coinvolgendo quali persone e con quale grado di libertà? Il quesito rimane tuttora aperto.
Pellegrino Prisciani, consulente umanistico di architettura Nato intorno al 1435, dagli anni Sessanta sino alla morte di Ercole I (1505) Pellegrino Prisciani fu probabilmente il maggior animatore della politica di magnificenza degli Estensi. Archivista, storico e bibliotecario ducale, disegnatore delle scenografie della prima rappresentazione italiana dei Menaechmi di Plauto, ispiratore dell’iconografia astrologica degli affreschi di Schifanoia, a lui fra l’altro si deve la prima pianta conosciuta dell’“addizione erculea”. I suoi interessi in campo architettonico - ampiamente attestati dalle fonti - trovarono soprattutto espressione in un trattatello sugli Spectacula (ossia i teatri e i luoghi di spettacolo presso gli Antichi) che costituisce forse il primo volgarizzamento conosciuto del De re aedificatoria di Leon Battista Alberti. In un passo fondamentale delle sue Historie Ferrariae, era lo stesso Pellegrino - paragonandosi a Dinocrate, l’architetto di Alessandro Magno - ad affermare che nella propria
Pellegrino Prisciani, humanist and architectural consultant Pellegrino Prisciani was born around 1435 and from the 1460’s up to Ercole I’s death in 1505 and it was probably he that wielded the greatest influence on the Estes in terms of urban development. Entrusted with the historical archives and ducal libraries, he was also responsible for designing the scenery for the first Italian production of the Brothers Menaechmus by Titus Maccius Plauto. It was Prisciani who inspired the astrological themes of the frescoes in the Palazzo Schifanoia and the first plan for the Herculean Addition was of his making. His interests in the field of architecture are widely acknowledged and were expressed in a section on Spectacula (i.e. theatres and other places of antique performances) that makes up perhaps the first known popular form of the De re aedificatoria by Leon Battista Alberti. In his Historie Ferrariae, Pellegrino compares himself to the Greek architect Dinocrates commissioned by Alexander the Great. In his service for Ercole I, he confirms that his knowledge of art and mathematics was “plurimum necessariam”. This declaration of faith certainly indicates him as one of the inspirational forces behind the Herculean Addition works. Carlo Bassi put forward a very interesting hypothesis that the design of the Addition was 169
Pianta della città ricavata da un’immagine zenitale dove sono visibili le corrispondenze e i collegamenti geometrici fra la parte rinascimentale e quella medievale, al fine di dare unità alla compagine urbana. La straordinaria geometria regola la struttura urbana di Ferrara entro le mura saldando Medioevo e Rinascimento in una unità inscindibile. (elaborazione Carlo Bassi) Map obtained from a zenithal image showing how the Renaissance part and the medieval part of the city line up and connect, thus giving unity to the urban body. The extraordinary geometry shapes the urban structure of Ferrara within the walls welding Medieval and Renaissance into one inseparable unity. (formulation Carlo Bassi)
attività al servizio del duca la conoscenza della «pictura» e della «mathematica» era stata «plurimum necessariam»: professione di fede e insieme dichiarazione di paternità, queste parole lo indicano come uno degli ispiratori di spicco delle imprese edilizie erculee. Può allora essere affascinante considerare l’ipotesi, avanzata da Carlo Bassi, che il disegno dell’“addizione” sia stato per lo meno in qualche misura determinato in base ai calcoli astrologici elaborati appunto da Pellegrino, al fine di porre la “Terra nuova” sotto il benefico influsso astrale di un oroscopo positivo.
Pellegrino Prisciani, Historiae Ferrariae, frontespizio del primo libro (Modena, Archivio di Stato)
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Pellegrino Prisciani, Historiae Ferrariae, frontispiece of the first book (Modena, Archivio di Stato)
to some extent based on astrological calculations carried out by Pellegrino and the “Terra Nuova” was located under the benevolent influence of a positive astrological sign.
Andrea Bolzoni, Pianta ed alzato della città di Ferrara… particolare con la Piazza Nova (Ferrara, Musei Civici di Arte Antica) Andrea Bolzoni, Map and elevation of the city of Ferrara… detail with the Piazza Nova (Ferrara, Musei Civici di Arte Antica). Carlo Bassi)
Biagio Rossetti, direttore di cantiere Recentemente il ruolo di Biagio Rossetti come “geniale” ideatore e poi esecutore del progetto complessivo dell’“addizione” è stato profondamente ridimensionato. Del resto, il numero dei cantieri aperti contemporaneamente e l’entità dei lavori commissionati esulavano largamente dalle possibilità di un singolo architetto, rendendo necessaria la collaborazione a vari livelli di una pluralità di impresari e capi d’opera attivi con ampi margini di autonomia. In questo contesto così variegato, Biagio Rossetti rimane tuttavia uno dei personaggi chiave della vicenda dell’“addizione”, sia come affidatario di alcuni cantieri di importanza nevralgica (quello delle mura, prima di tutto; e poi della Piazza Nuova, di diverse chiese e monasteri, del palazzo dei Diamanti), sia in quanto ingegnere ducale e responsabile dell’Officio alle Munizioni, da cui dipendevano in qualche modo il coordinamento complessivo dei lavori e la gestione dei relativi fondi di spesa.
Biagio Rossetti, site manager The role played by Biagio Rossetti was, until recently, presumed to be that of the ingenious “creator” and overseer of the “Addition”. This concept has now been drastically revised. Considering the numerous building jobs that were underway at the same time and the types of works commissioned, it would seem highly unlikely that any one architect could have managed to stay on top of everything. In all probability he collaborated with numerous foremen and site managers to whom he gave a fair degree of latitude. Notwithstanding this new context, Biagio Rossetti remains one of the fundamental characters regarding the “Addition” both for his role as coordinator for some of the key works (especially the city walls, the new Piazza, the various churches and monasteries and the Palazzo dei Diamanti) and for his role as ducal engineer and manager of the Building Dept. In the latter role he would have been responsible for the overall running and budgeting of urban constructions. 171
The townsfolk
I cittadini Coloro che possedevano terreni all’interno della nuova zona cinta da mura ne furono privati con l’esproprio per lasciar posto alle nuove strade, ma i proprietari in gran parte non capivano l’utilità di quella trasformazione dei terreni agricoli in aree fabbricabili. Il segretario ducale Siviero Sivieri - direttamente interessato in quanto proprietario di beni in quell’area - esprimeva perplessità e il generale malcontento nella corrispondenza quasi quotidiana con Eleonora d’Aragona quando la duchessa era lontana dalla città, mentre la informava dei movimenti del duca Ercole.
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Those who owned property inside the new city walls had their land confiscated to make way for new roads. However the owners frequently could not fathom the usefulness of transforming good fertile land into areas suitable for building. The Duke’s secretary, Siverio Siveri as an owner of some such property, expressed his confusion and general discontent in his daily correspondence with Eleonora of Aragon that he wrote to keep her informed regarding the Duke’s movements while she was out of the city.
Casa di Biagio Rossetti, via XX Settembre Biagio Rossetti’s house, Via XX Settembre
Lettera del segretario ducale Siviero Sivieri alla duchessa Eleonora d’Aragona, 17 settembre 1493 (Modena, Archivio di Stato) Letter from the Duke’s secretary Siviero Sivieri to the Duchess, Eleonora of Aragon, 17th September 1493 (Modena, Archivio di Stato)
Lettera di Siviero Sivieri alla duchessa Eleonora d’Aragona, 17 settembre 1493, trascrizione Letter from Siviero Sivieri to the Duchess, Eleonora of Aragon, 17th September 1493 transcription
Illustrissima et excelentissima Madama mia observandissima Il nostro Illustrissimo Signore Duca facta la elemosina et oldita […] messa cavalcoe al Barco, et cum sua excellentia etiam lo Illustre Signore Marchese di Mantua cum tuti li soi che erano venuti cum sua Signoria, et di poi che hebeno fatto volare una gran quantità di falconi cum piacere assai pare ch’el Signore Marchese se adviasse al suo camino verso Mantua, et andasse a desinare al ponte de lacoscuro per quanto mi fu riferito, peroché mi bisognò tornare a casa a fare due littere che mi commise lo Illustrissimo Signore Duca. El dreto disnare autem circa vespero [il duca] montò a cavallo et andoe a queste sue vie nove, dove sua excellentia ha cavalcato ogni die da circa octo die in qua, et va sopravedendo et traversando ogni cossa de questi casali e zardini che sono remasti dentro da la fossa nova, et fa fare vie assai per longo et per traverso tute large pedi vinticinque l’una, le quale veramente, Madama mia, a dirlo fra nui, fano malcontente persone assai, perché scavezano molti belli terreni segundo che le se imbateno ad andare e per traverso e per de lungo et reducono li pezi de le terre cum bruti bisquadri et assai che sono squadrate et ben poste le vie nove le reducono et meteno in bisquadri e trianguli et in stranie forme de terreni perché sua signoria piglia un drito da un terraio verso Francolino et scaveza ogni cossa che la trova come fa questo signo che io ho facto qui de sopra, ben è vero che se gli dice che queste vie megliorarano le condicione de li soi terreni per el casezare etc., ma questo ha ad venire et seragli tanti lochi da casezare che forsi a li die nostri non ne vederemo casezato el terzo, perché è una gran facenda de terreno et magiore assai che non il corpo vechio de la citade. Ma in questo mezo per li terreni remangono in bagolo et in preda et chi li vorà mantenere serati li serà gran spesa et serano molto danezati e le vie che se gli ne sono alevate assai et cussì li fructi de li orti non dico che già da mo ogni cossa vien posta a sacomano come s’el fusse la guerra et remedio non se gli pò piare. Maestro Francesco da Castello nostro, si è facto molto inanzi per modo che la via lì reman molto streta tra lui e l’orto de le sore, zoè che la via che si parte da la via selegata et va verso casa de don Marino et mo voria adrizare questa sua via da ogni lato et verso el borgo del Lion la via designiata vien adosso al casale del Perondolo et butaragli zoso forsi dui chiusi o almanco uno de quelli ch’el ha lie de co del borgo del Lion, poi andare verso Sancta Lucia el drito designato lassa la via vechia de Sancta Lucia a man stanca et intra in quelli belli casali del Zeremia e de Girardello del conte Lorenzo, et tuti li scaveza […] per il modo che sta el designo soprascripto, et lassa le case dal lato verso la Certosa cum qualche poco de terreno, poi il resto di terreno riman da l’altro lato verso Ferrara […] et ogni cossa riman in bisquadro e in bislongo e in triangolo et in strani pezoli et pezoliti de terra; et va a trovare el terraio dal capo de sotto verso San Spirito, poi tira l’altro drito da la casa de maestro Francesco predicto verso Mizana et intra adosso a quelli de le Anguille et scavezami tuti i mei casali dal co de dreto, […] dove è quello legno et ussolo che passa el fossà dreto casa de don Marino et guastami quelli dui casali et tute le piantade che li […] octo anni in qua che me li son stentato come un cane, et renesce quello drito al terraio de sopra verso Mizana de dreto el monastero de San Cabriele et scaveza ogni cossa senza alcun respecto […], che se maestro Francesco se fosse tenuto in dreto, sul suo terreno tre o quattro braze et non si fare tanto innanzi a la via, el se adrizava la via nova cum la vechia et non haria dato tanto damno ni a mi ni a li altri. Sì che Madama mia vostra excellentia pò comprendere de che animo me trovo, a vederne facta una via che me scaveza per mezo quello casale che ho apresso don Marino et farmelo in due parte che mo tute due sono in preda de ogniuno et mo vederme guastare questi altri zardini tuti dui e torme la bontade de epsi per contentare li appetiti de persone che non si satiano mai, che veramente se io vedesse che la cossa procedesse de suo pè da la mente et desiderio del Signore nostro illustrissimo, et non fussi spinto da altri per questo modo, non mi gravaria niente, se ben me li andasse ciò che ho al mundo, ma spero in Dio che una volta o tardi o per tempo farà le mie vendecte, come ne ha facte de le altre. […] Sì che Madama mia el zoco da scachi per questo cavalcare ogni zorno à dato un poco de loco, quanto sua per el die et attendesse mo cum grande assiduità a queste altre facendo sopradicte.
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La Sala di Ettore The “Hector and e Andromaca Andromache” Room
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A
l capo opposto dell’antico “Appartamento della Pazienza” di Ercole II, laddove iniziava la Galaria Nova, tra la Torre di Santa Caterina e la Torre di San Paolo, è ora visibile un soffitto decorato recuperato nell’ultima tornata di restauri sotto una intercapedine aggiunta nei primi decenni del Novecento. La guida scritta da Ginevra Canonici Fachini, Due giorni in Ferrara, pubblicata nel 1819, dava notizia della decorazione dell’appartamento del cardinale Tommaso Bernetti di Fermo, il “delegato pontificio straordinario” che prese stanza in Castello all’epoca della Restaurazione, dopo il 1815 e dopo che le guerre napoleoniche avevano segnato una momentanea interruzione dei lavori di abbellimento del Castello. La guida segnala una decorazione databile al 1816, portata a termine da due artisti ferraresi, il pittore ornatista Giovanni Bregola (Ferrara, 1764-1822), di cui si hanno pochissime notizie e Francesco Scutellari (Ferrara 1780-1840) «figurista dilettante», interessante personaggio dell’Ottocento ferrarese, appartenente a una famiglia aristocratica in cui si coltivava da almeno una generazione l’interesse per le arti. Il dipinto illustra il brano del VI canto dell’Iliade in cui è narrato un episodio della guerra di Troia: l’eroe troiano Ettore dà l’addio alla moglie e al figlio Astianatte presso le Porte Scee, prendendo in braccio il piccolo dopo essersi spogliato dell’elmo.
A
t the opposite end of Ercole II’s “Patience Suite” where the New Gallery between the two towers began, you can now see the decorated ceiling of a space that was added in the early 1900’s. This was only uncovered during the latest restoration programme. Ginevra Canonici Fachini’s 1819 guidebook called Due giorni in Ferrara (“Two Days in Ferrara”) mentions the décor in the suite used by cardinal Tommaso Bernettti di Fermo. This “special papal delegate” had taken rooms in the Castle during the post 1815 Restoration period after the Napoleonic wars that had temporarily disrupted decorative work on the building. The guidebook spoke of a work of art that could be dated to 1816 and that had been completed by two Ferrarese artists. One was Giovanni Bregola (Ferrara, 1764-1822) about who very little is known, the other was Francesco Scutellari (Ferrara 1780-1840). Scutellari was an amateur figure-painter and a fascinating character from 19th century Ferrara. He was from an aristocratic family that had shared an interest in the arts for at least one generation. The painting accurately depicts an extract from the 6th book of the Iliad that refers to the Trojan War. The Trojan hero Hector is shown bare-headed, tenderly holding his son Astynax in his arms and bidding farewell to his wife at the “Porte Scee”.
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Ferrara, città del Rinascimento e il suo delta del Po
Ferrara, City of the Renaissance and its Po Delta
Lista del Patrimonio Mondiale, 1995-1999
World Heritage List, 1995-1999
Il centro storico di Ferrara è nella lista del Patrimonio Mondiale UNESCO dal 1995. Nel corso della ventitreesima sessione del Comitato tenutasi a Marrakech dal 29 novembre al 4 dicembre 1999, questo riconoscimento è stato esteso fino a comprendere il Delta del Po lungo l’itinerario contrassegnato dalle antiche “delizie” estensi. Il sito è stato così complessivamente individuato con la denominazione di Ferrara, città del Rinascimento e il suo Delta del Po, in base a due specifici criteri:
The historical centre of Ferrara has been on the UNESCO World Heritage List since 1995. In the twenty-third session of the Committee, held in Marrakech from the 29th of November to the 4th of December 1999, this recognition was extended to the Po Delta, following the course of the Este Family “delizie” (delights). The whole area has been given the name of Ferrara, City of the Renaissance and its Po Delta, based on two specific criteria:
• Le residenze dei duchi d’Este nel Delta del Po illustrano in modo eccezionale l’influenza della cultura del Rinascimento sul paesaggio naturale. • Il Delta del Po è un eccezionale paesaggio culturale pianificato che conserva in modo notevole la sua forma originale.
• The residences of the Este Dukes in the Po Delta are an exceptional illustration of the effect of Renaissance culture on its natural surroundings. • The Po Delta is a planned area of countryside which, whilst reflecting the cultural influences of the planning, conserves its original form in a remarkable way.
Questa estensione si motiva per il senso di continuità che lega la città al territorio, nell’ottica di una trasformazione del paesaggio operata all’insegna di un’idea.
The extension was granted because there is a sense of continuity that binds the city to its territory, where a landscape has been transformed in pursuit of an idea. Ferrara, esemplarmente progettata nel Rinascimento, conserva il suo centro storico intatto. I canoni della pianificazione urbana qui espressi ebbero una profonda influenza per lo sviluppo dell’urbanistica nei secoli seguenti. Le residenze dei duchi d’Este nel Delta del Po illustrano in modo eccezionale il riflesso della cultura del Rinascimento sul paesaggio naturale. Il Delta del Po è un eccezionale paesaggio culturale pianificato che conserva in modo notevole la sua forma originale.
The historical city centre of Ferrara, with its exemplary Renaissance town plan, has been conserved intact. The canons of town planning established here profoundly influenced the urban development of the following centuries. The residences of the Este Dukes in the Po Delta are an exceptional illustration of the effect of Renaissance culture on its natural surroundings. The Po Delta is a planned area of countryside which, whilst reflecting the cultural influences of the planning, conserves its original form in a remarkable way.
(Testo della targa che ricorda l’inserimento nella lista del patrimonio mondiale, apposta nel Castello Estense di Ferrara)
(Commemorative plaque displayed in the Este Castle in Ferrara to mark the inclusion in the World Heritage List)
L’idea è quella sapientemente ispirata dagli Estensi di uno spazio che si anima attraverso simboli di ordine e di bellezza, fondendo e confondendo insieme natura e artificio per esaltare la potenza del Casato e amplificare gli esiti del buon governo. Palazzi e giardini, opere d’arte, piante rare, animali esotici ornavano la città e, attraverso la sequenza delle “delizie”, vale a dire le residenze principesche, replicavano l’immagine della Corte nel territorio. Oggi, che molte delle antiche “delizie” e dei giardini sono scomparsi, rimane tuttavia l’impianto di quell’antico disegno, ancora perfettamente leggibile nel paesaggio e testimone dell’ininterrotta opera dell’uomo che ha mantenuto il sottile equilibrio tra terra ed acqua, così unico e peculiare nel delta ferrarese del Po, antropizzato fin da tempi remoti. Il riconoscimento dell’unesco ha voluto sottolineare proprio questo aspetto di “paesaggio culturale”, ribadendo così un nuovo modo di intendere i beni culturali, letti non tanto nell’episodica realtà del singolo monumento ma, laddove sia possibile, contestualizzati in un insieme significativo e coerente. Per questo motivo nella lista del Patrimonio Mondiale non sono stati iscritti il Verginese o Pomposa, il Castello di Mesola o la “delizia” di Belriguardo, ma il territorio nel quale sorgono, inteso come unità culturale dove si motivano reciprocamente le emergenze monumentali e gli elementi naturali.
Il territorio Il territorio della provincia di Ferrara, antico delta del Po, è coperto per circa un sesto della sua superficie da vaste aree lagunari, che conferiscono al paesaggio quell’aspetto tanto caratteristico che gli viene universalmente riconosciuto. Circa la metà della provincia è più bassa del livello del mare Adriatico, mentre l’altra metà comprende le cosiddette “terre vecchie” dell’Alto e del Medio Ferrarese. Il territorio è costellato di edifici monumentali, chiese, rocche e castelli ma anche di parchi e di oasi naturali che si susseguono fino alla costa, dove la pianura incontra il mare. Le emergenze architettoniche appartengono alle tipologie più svariate, correlate tra loro
This “idea”, skilfully inspired by the Este rulers, is of a physical space patterned with symbols of order and beauty, a blending of nature and artefact that exalts the power of the Dynasty and amplifies the effects of its good government. The city itself is graced with palaces and gardens, works of art, rare plants and exotic animals and, through the series of princely residences known as “delizie”, the image of the Court is reproduced in the outlying territory. Although many of the actual “delizie” and gardens have now disappeared, the plan itself remains to this day and is still perfectly visible in the land, bearing witness to the man’s ceaseless work in maintaining a delicate balance between earth and water, this being a unique and peculiar feature of the Ferrarese Po Delta, where the relationship with man dates back to remote times. unesco’s recognition underlines this very aspect of “cultural landscape”, and points out a new way of understanding cultural assets, reading them not only as episodic instances or individual monuments but, where possible, as part of a significant and coherent context. This is why it is not the “delizie” of Verginese or Belriguardo, Pomposa or Mesola Castle themselves that have been put on the World Heritage List, but rather the territory in which they stand, understanding it as a cultural whole in which both monuments and natural features are reciprocally bound.
The territory The landscape of the Province of Ferrara, the historical territory that lies around the Po Delta, is characterised and universally recognised by the vast lagoon zones that cover approximately one sixth of its surface area. About half of the province is below the level of the Adriatic sea, with the so-called “old lands” of the Upper and Middle Ferrarese areas in the other half. The territory is covered not only with historical buildings, monuments, churches, fortresses and castles but also parks and natural havens that continue right up to the coast, where the plain meets the sea. 177
Argenta, pieve di San Giorgio Argenta, pieve di San Giorgio
dall’appartenenza alla singolare conformazione di un territorio in perenne difficile equilibrio tra terre e acque, segnato da una fitta rete idrografica e modellato dalla natura e dal lavoro dell’uomo, all’interno del quale si sono sedimentati bacini agricoli, insediativi e culturali. Il paesaggio culturale spazia dalle città d’arte di Ferrara, Cento e Comacchio, i cui centri storici sono in gran parte conservati, ai più mistici luoghi come la pieve di San Giorgio di Argenta e il complesso abbaziale di Pomposa; dalle tipiche strutture dei “casoni” di valle e dalle torri di guardia sul litorale ai manufatti idraulici legati alle bonifiche; dalle rocche, prima fra tutte la Rocca Possente di Stellata, alle ville e ai castelli, spesso attorniati da borghi storici; dal sistema dei giardini e delle mura di Ferrara al sistema delle “delizie” estensi sparse su tutto il territorio; dalle oasi naturali, come Bosco di Mesola, le Valli di Campotto, le Valli di Comacchio, alla spiaggia della costa. Il territorio e il paesaggio hanno conservato i segni delle popolazioni che qui hanno vissuto e lavorato, sempre alla ricerca di una stabilità tra le acque - dolci e salse - e le terre da rendere fertili, in un continuum che vide dapprima svilupparsi la città etrusca di Spina, quindi
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The buildings and structures, although of many different types, all share the common fate of being in an area characterised by a perennial difficult equilibrium between land and patterned with a dense network of waterways, modelled by the action of nature and the work of man, interspersed with sedimentary basins, agricultural settlements and cultural centres. The cultural landscape ranges from Ferrara, Cento and Comacchio, historical “cities of art” whose old town centres are largely conserved, to spiritual centres like Pieve di San Giorgio, near Argenta, and Pomposa Abbey complex; from the typical “casoni” (fishing sheds) in the marshlands and the sentry towers on the coast to the hydraulic installations of the land reclamation works; from the dortresses, most notably the powerful “Rocca Possente” of Stellata, to the villas and castles, often surrounded by old villages; from the network of gardens and city walls in Ferrara to the string of “delizie” (delights) of the Este Family, spread over the whole territory; from the natural “oasi” (havens), such as the Mesola woods, the Campotto marshlands and the Comacchio marshlands to the twenty-three kilometres of beach along the coastline.
Comacchio, centro storico Comacchio, historic centre Pomposa, abbazia Pomposa, the abbey
l’affermazione della civiltà romana; la religiosità benedettina cresciuta attorno alla chiesa di Santa Maria di Pomposa; la cultura legata al pesce e al sale della vicina Comacchio. Poi ancora la civiltà estense, che per oltre tre secoli ha gestito, bonificato e riorganizzato tutto il territorio disseminandovi case di caccia, “castalderie” (complessi di beni terrieri posti sotto l’amministrazione di un “castaldo”), giardini e, specialmente, quelle “delizie” che
The peoples that have lived here and striven constantly to achieve a stable balance between the waters - both fresh and salt - and the fertility of the ground have all left their mark, in a continuum that began with the development of the Etruscan city of Spina, followed by the ascendancy of the Roman Civilisation, the Benedictine religious ethic spreading from the church of Santa Maria of Pomposa and the lifestyles centred around
Stellata, Rocca Possente Stellata, the Rocca Possente
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ancora oggi restano la principale testimonianza della sistemazione della regione che faceva capo al Ducato. Dopo il lungo governo degli Estensi, dal 1598 furono i cardinali legati dello Stato pontificio a fare proprie le grandi e difficoltose tematiche del governo del territorio, tracciando i presupposti per le impegnative opere di bonificazione del XX secolo.
Il “sistema” dei giardini «Hebbero sempre di mira que’ Principi gloriosi d’accoppiare assieme l’utile et il dilettevole … particolarmente nelle fortificazioni fatte da essi attorno le mura della città con tanta magnificenza e maestà … poiché furono così costruite e disposte, che non solo rendessero sicura e forte questa piazza, ma nello stesso tempo riuscissero vaghe … a questo scopo furono per la maggior parte ordinate in guisa che in se stesse contenevano e pianure, e colline, e montagne, e palazzi e giardini, et horti, e parchi, et uccelliere, e vivai e vigne» (Alberto Penna, Della Porta di San Benedetto, de luoghi delitiosi che erano dietro le Mura della Città di Ferrara e de giardini ducali, Ferrara, 1691) Alla fine del Cinquecento i giardini estensi erano un complemento alla sistemazione della Ferrara ducale, un’importante e qualificante presenza urbana per noi oggi difficile da comprendere perché i giardini - come la maggior parte delle “delizie” urbane ed extraurbane sono andati distrutti. Solo la cartografia storica aiuta a ricordare quel caratteristico paesaggio urbano che consentiva alla Corte di raggiungere i luoghi di “delizia” per via d’acqua partendo dal “Canale dei Giardini” presso il Castello.
Giardino del Padiglione Al di là del rivellino nord del Castello Estense, oltre la fossa, era il giardino del Padiglione. Il nome derivava dal padiglione centrale forse di forma ottagonale, sormontato da una cupola con in cima una palla di rame dorata, rappresentante l’emblema del duca-artigliere Alfonso I d’Este: una granata con tre lingue di fuoco. 180
the fishing and salt works of the nearby Comacchio. And then the Este Civilisation, which administered, drained, reclaimed and reordered the whole territory for more than three centuries, filling it with hunting lodges, “castalderie” (areas of land administered by a “castaldo”), gardens and, most especially, the “delizie”, which remain to this day as the main evidence of how the ducal region actually functioned. After the long period of government of the Este dynasty, in 1598 the cardinal legates of the Papal State took over the momentous and demanding task of governing the territory, paving the way for the difficult land reclamation works of the XX century.
Este Gardens Towards the end of the late 16th century, the Este gardens became an addition to the new urban layout and a valuable asset to the town in general, but, perhaps somewhat difficult for us to understand, they were later destroyed like the “delizie”. Only old maps can help us visualise what the town must once have looked like, with gardens which allowed noblemen to reach some of the “delizie” by means of canals flowing in and around the Castle gardens.
Pavilion Garden Beyond the north demilune of the Castle, on the other side of the moat, lay the Pavilion Garden. The name derives from the central pavilion, which was possibly octagonal and had a dome topped with a gilded copper ball, representing the emblem of the artillery-loving duke Alfonso I, i.e. a bomb with three tongues of flame. The garden was left in a state of abandon during the Papal government and was destined to become a service area for the military barracks. It was finally dismantled in 1633, and in 1756 the Monte di Pietà Palace was built on this site.
Castellina “Delizia” and Gardens When it neared the destroyed San Gabriele convent (at the crossroads with the present-day via Cittadella), the waterway known as the “Duke’s Canal” curved towards the south and here, on the lower bank, duke Alfonso I built the “Castellina”
Il Palazzo della Rotonda nella rappresentazione del torneo L’isola beata, 1569 (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) The Palazzo della Rotonda in the representation of the tournament The Blessed Isle, 1569 (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
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Il giardino fu lasciato in abbandono durante il governo pontificio e destinato ad area di servizio per le caserme militari. Fu definitivamente smantellato nel 1633; in quell’area venne poi costruito (1756) il palazzo del Monte di Pietà.
Delizia e Giardini della Castellina Nei pressi del distrutto convento di San Gabriele (incrocio dell’attuale via Cittadella) il corso d’acqua detto “Cavo del Duca” piegava verso sud: sulla riva inferiore del cavo il duca Alfonso I fece costruire nel 1505 il “casino” della Castellina, circondato da orti e giardini. La sua struttura ricordava in qualche modo una fortificazione, un castelletto che in realtà serviva come bagno ducale, luogo prediletto da Lucrezia Borgia.
Giardini del Cavo - la Peschiera Oltre la fossa del Castello, nel 1462 fu creata una roggia (o “guazzaduro”), da cui prese nome la vicina chiesa, ora distrutta, di Santa Maria della Roggia, poi della Rosa. Nel 1479 182
villa in 1505. The villa was surrounded by vegetable plots and gardens, and although its form resembled that of a small fortress or castle, it was actually used as a ducal baths. This was one of Lucrezia Borgia’s favourite places.
Canal Gardens - the Fishpond In 1462, on the other side of the Castle moat, a canal (or “guazzaduro”, i.e. pool) was created, from which the nearby church of Santa Maria della Roggia (later to become Santa Maria della Rosa), now destroyed, took his name. In 1479 a second canal was excavated, parallel to the first one, and finally, in 1577, duke Ercole I d’Este widened the canal to incorporate the “guazzaduro” and made it navigable all the way to the Po. The banks of the canal were made into gardens and used as a “protected route” by the Este family princes.
Giovan Battista Aleotti, Ferrara, 1605 (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) Giovan Battista Aleotti, Ferrara, 1605 (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
I giardini della Montagnola con il Palazzo della Rotonda e i giardini del Barchetto nel particolare di una pianta della seconda metà del XVI secolo (Modena, Archivio di Stato) The gardens of the Montagnola with the Palazzo della Rotonda and the gardens of the Barchetto in the detail of a map from the second half of the 16th century (Modena, Archivio di Stato)
venne scavato un canale parallelo alla roggia e infine il duca Ercole I d’Este, nel 1497, allargò il canale incorporandovi il “guazzaduro” e trasformando il tutto in una peschiera. Nel 1577 Alfonso II trasformò il canale in “Cavo dei Giardini” e lo rese navigabile fino al Po. Le sponde del canale erano disposte a giardino con funzione di “percorso protetto” per gli spostamenti dei principi d’Este.
“Chiaronome” Gardens These were the two gardens against the walls on the west, on either side of the Duke’s Canal. The southern one was known as the “Duke’s garden” and the other as “San Gabriele’s Garden”; there were numerous balconies and summer houses that offered the guests a welcome pause along the way.
Giardini “Chiaronome”
“La Ragnaia” Gardens
Erano due giardini sistemati contro le mura ad ovest, a cavallo del cavo ducale. Il più meridionale era detto “giardino del duca”, l’altro “giardino di San Gabriele”; c’erano logge e pergolati per offrire un gradevole momento di sosta all’itinerario via acqua.
This was an area of woodland stretching from the Chiaronome Gardens to under the western part of the city wall. The name (a “ragnaia” is a kind of bird-net) derives both from the dense, compact undergrowth in the wood, making it as inaccessible as a place full of spiders’ webs, and the particular way in which the paths converged.
“La Ragnaia” Era una specie di bosco che sorgeva oltre i giardini di Chiaronome fino a ridosso delle mura ad ovest. Il nome viene fatto derivare sia dalla fitta e compatta boscaglia che lo forma-
“La Cedrara” Garden At the point where the “Duke’s Canal” crossed the main axis of the “Herculean Addition” 183
va, inaccessibile come un luogo pieno di tele di ragno, sia dal particolare disegno dei suoi vialetti.
“La Cedrara” Nel punto in cui il Cavo del Duca intersecava l’asse portante dell’“addizione erculea” esisteva un attracco fluviale, presso la Porta di San Benedetto. Prima dell’incrocio sorgeva una delle principali porte della città, che aveva accolto questo particolare giardino. Era un boschetto dal quale si poteva scendere attraverso una scala di marmo per arrivare ad un poggiolo che dava su una peschiera con «vari pesci grossissimi». Era sistemato a piani digradanti per favorire la coltivazione degli agrumi. Finita l’età estense, le logge furono trasformate, i poggioli furono dispersi e tutto il sistema scomparve definitivamente nel 1802.
La Montagnola e la Rotonda Il terreno ricavato dallo scavo del vallo per le mura a nord della città servì ad erigere una montagna, detta appunto la “Montagnola”. La cartografia storica aiuta a ricostruire l’ubicazione dello spazio verde ai piedi delle mura, con la vasca dove si rappresentavano commedie e battaglie navali (con la montagna artificiale sullo sfondo), con il giardino dei semplici tra le due cortine murarie e con la “Rotonda”, fabbricato fatto costruire dal duca Ercole II. La corte degli Estensi si recava spesso in questa “delizia” durante l’estate.
Montagna di San Giorgio Il percorso in barca sul Cavo ducale terminava nell’antico Canton del Follo; proseguendo a piedi si entrava nella “Montagna di San Giorgio” attraverso un portone di ordine dorico. Di fronte esisteva un labirinto tra la montagna e il terrapieno circondato da alberi e abbellito da una fontana di marmo. Un ampio spiazzo a giardino portava alla salita dei terrapieni dei due baluardi (della Montagna e del Barbacane). Alla sinistra del labirinto era la “Montagna”, costruita su due ambienti a volta, il più interno dei quali era decorato a mosaico e a grottesche. Ai piedi della Montagna era una peschiera, e ancora giardini, piante, siepi e aiuole. Di tutto il complesso, distrutto all’indomani 184
there was a mooring place on the river, at the San Benedetto Gate. One of the main gates to the city stood before this crossing, and it was here where the “Cedrara” Garden was situated. It was a small wood, accessible by going down a flight of marble steps leading to a small mound next to fishpond with “several very big fishes”. Terraces were established to make the cultivation of citrus plants somewhat more convenient. After the Este period, the loggias were transformed and the mounds spread and levelled; the whole complex finally disappeared in 1802.
The “Montagnola” and the Rotunda The earth removed in the excavation of the trench for the wall at the north of the city was used to make a mound, known as the “Montagnola”. Yet again the historical maps and plans help us to reconstruct the lay of the land at he foot of the walls, with the pool where plays and mock naval were staged (against the background of the man-made mountain), the herb garden enclosed by the two lengths of wall and the “Rotunda”, built on the orders of duke Ercole II. The Este Court often retired to this “delizia” in the summer months.
St. George’s Mountain The boat route on the Duke’s Canal ended at the old Canton del Follo; then, continuing on foot, one entered “St. George’s Mountain” trough a Doric doorway. Opposite, there was a maze between the Mountain and the mound, surrounded by trees and graced with a marble fountain. A wide stretch of garden led one to the slope of the mounds on the two ramparts (the “Mountain” and “Barbacane” ramparts). To the left of the maze there was the “Mountain”, built over two vaulted areas, the inner one decorated with mosaics and grotesques. At the foot of the Mountain there was a fishpond, then more gardens, plants, flower-beds and hedges. Of this whole complex, destroyed shortly after the devolution of the Dukedom to the Papal State (1598), all that remains is the small palace known as the “Ducal Baths”.
della devoluzione del Ducato allo Stato pontificio (1598), resta la palazzina detta dei “Bagni ducali”.
Palazzina dei “Bagni Ducali” Nel 1541 il duca Ercole II d’Este commissionò la costruzione dell’edificio che oggi resta l’unica testimonianza del più vasto complesso della “Montagna di San Giorgio”. Attribuita a Girolamo da Carpi, la palazzina era concepita come una domus romana, con un ampio cortile interno e sale decorate affacciate su di esso. Un tempo anche gli esterni erano dipinti, forse da Battista Dossi e da Garofalo.
“Ducal Baths” Palace In 1541 duke Ercole II d’Este commissioned the construction of the only building that now remains as evidence of the larger “St. George’s Mountain” garden complex. Attributed to Gerolamo da Carpi, this small palace was conceived as a Roman domus, with richly decorated rooms facing each other across a large internal courtyard. These too were once painted, perhaps by Battista Dossi and Garofalo.
Ferrara, Palazzina dei Bagni Ducali Ferrara, “Ducal Baths” Palace
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La Sala della The Gallery Galleria Room
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ur non essendo la prima del Castello, la grande Galleria fatta costruire dal duca Ercole II (1534-1559) costituì un episodio fondamentale nel processo di ammodernamento della vecchia rocca trasformata in reggia dinastica: il fatto che essa fosse decorata con le immagini ad affresco delle città estensi ne esplicita il principale modello di riferimento, vale a dire quelle “gallerie delle carte geografiche” che costituivano un elemento ricorrente negli chateaux dei re francesi (a partire da Fontainebleau) e che di lì a poco anche i papi avrebbero voluto nei palazzi vaticani. Dopo la morte di Ercole II, tuttavia, il duca Alfonso II (15591597) fece dividere la Galleria con una parete trasversale, riattandola a “libreria”, vale a dire probabilmente ad archivio della Camera ducale e della Cancelleria di corte. Successivamente, nel corso dei secoli, i locali furono trasformati più volte sino a cancellarne completamente l’identità originaria.
A
lthough not the Castle’s first, the great Gallery, built by Ercole II (1534-1559), signalled a fundamental step in the process of modernisation that was transforming the old military stronghold into a royal palace worthy of a dynasty. The fact that it was decorated with frescoes of the newest style that depicted “galleries of maps”, the recurring theme in the chateux of French kings (beginning with Fontainebleu), made it so that very soon, even the popes wanted them in their holy palaces. However after Ercole II’s death, the duke Alfonso II (15591597) had the gallery partitioned by a wall and given a new role as the “library”. This probably meant it was used as an archive for ducal files and perhaps as the court chancellery. Over the centuries, these rooms were changed so many times that they lost all traces of their original identity.
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“Delizie”, “zardini”, “castalderie”: gli insediamenti estensi nel Ferrarese tra Quattrocento e Cinquecento Secondo la storiografia artistica il termine “delizia” indica diverse manifestazioni dell’abitare principesco e cortigiano, variamente caratterizzate dal continuo intreccio tra natura e artificio. Sono palazzi, ville e padiglioni, “broli”, “zardini”, “barchi” che la tradizione cronachistica e letteraria, a partire dal tardo Cinquecento, riconduce prevalentemente a luoghi di piacere e di svago celebrati per le loro qualità ambientali e architettoniche, specchio del potere e teatro di magnificenza della familia principis. Concepite come residenze suburbane o extraurbane attrezzate per soddisfare le esigenze di una corte itinerante, nel mondo estense le “delizie” rispondevano a svariati compiti di carattere economico, politico e
“Delizie”, gardens, “castalderie”… - Este properties during the 15th and 16th centuries According to art historians, the word “delizia” relates to shows in court dwellings generally typified by a sense of continuity between nature and man-made artefacts. There are also palaces, villas and pavilions, as well as “broli”, “zardini” and “barchi” that according to literature and chronicles of that time were generally used for relaxation and celebrations due to their architectural and environmental characteristics. They reflected the power and grandeur of the familia principis. Designed as town and country dwellings, they were fitted out to meet the needs of an itinerant court. In the Este world, the “delizie” fulfilled various business, political and strategic roles. They were also the coordination centres of an area that was highly un-
Ferrara, città del Rinascimento e il suo Delta del Po Ferrara city of the Renaissance and its Po Delta
“Delizie”, esistenti “Delizie” still in existence “Delizie”, in rovina “Delizie” in ruins “Delizie”, non più esistenti “Delizie” no longer in existence Castelli di caccia, esistenti Castles used for hunting still in existence Castelli di caccia, in rovina Castles used for hunting in ruins Castelli di caccia, non più esistenti Castles used for hunting no longer in existence Giardini, esistenti Gardens still in existence Giardini, in rovina Gardens in ruins Giardini, non più esistenti Gardens no longer in existence
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Ferrara, la città e il suo Delta del Po Ferrara, the city and its Po Delta Corsi d’acqua storici Historic waterways Strade storiche Historic roads
strategico, oltre che di rappresentanza, svolgendo in primo luogo funzioni di centro di coordinamento di un territorio altamente instabile da tenere costantemente sotto controllo, sia per difenderlo dalla continua minaccia delle acque, sia per organizzarlo razionalmente e garantirne di conseguenza la produttività. Erano “sentinelle” del territorio. Tra Medioevo ed Età Moderna, gran parte della pianura ferrarese era coperta da distese acquitrinose che solo nel corso del XVI secolo cominciarono a essere progressivamente bonificate in modo non settoriale, e lo sfruttamento del territorio venne affidato a ville e “castalderie” dove si amministravano beni agricoli su vasta scala o si tutelavano ampi spazi venatori. Tra Quattro e Cinquecento gli Estensi promossero l’insediamento di numerose tenute agricole di questo genere nelle vicinanze di Ferrara e soprattutto nella bassa pianura orientale della valle di Po, favorendo talora la costruzione di palazzi e giardini di largo impianto e originale concezione architettonica grazie all’investimento di ingenti risorse finanziarie e coinvolgendo i principali artisti a loro disposizione.
stable and difficult to rule from the points of view of both the constant threat from the waters and from the logistical organisation required to assure productivity. They were the regions’ “sentinels”. Between the Middle Ages and present day, most of the Ferrarese plain was swamp and only during the 16th century were attempts made at land reclamation projects. These projects were carried out in sectors and the recovered land was used to build villas and “castalderie” that administered large-scale agriculture or protected hunting grounds. Between the 15th and 16th centuries, the Este encouraged the setting up of numerous farm holdings of this type in and around Ferrara and especially in the lower eastern Po plain area. They favoured the building of palaces and large gardens of new design thanks to the huge investments made and the availability of well-known artists. Many of the “castalderie” could be reached from the town by a dense network of waterways that criss-crossed the lower Po and where numerous fleets of river craft congregated. These craft ranged from the modest sandali and scarane to the fast, luxurious bucintoro belonging to the noble families. 189
Gran parte di queste “castalderie” erano raggiungibili dalla capitale attraverso il fitto reticolo di vie d’acqua fra loro comunicanti che innervava il bacino del basso Po, dove si muovevano flotte di diverse imbarcazioni fluviali: dai modesti sandali e scarane ai veloci burchielli, fino al sontuoso bucintoro del principe. Alcune dimore si attestavano direttamente sulle rive del Po Grande, altre lungo le ramificazioni secondarie dei bracci del delta, altre ancora su corsi d’acqua minori, altre infine nei pressi della costa. Fin dalla seconda metà del XIV secolo gli Este frequentavano alcune delle tenute, dove venivano edificate residenze dominicali forse inizialmente poco qualificate sotto il profilo architettonico, ma sempre ben attrezzate per ospitare saltuariamente membri della corte.
Delizia di Schifanoia - Ferrara Fu la prima “delizia” fatta costruire dagli Estensi in una zona al tempo suburbana, vicino alle antiche chiese di Santa Maria in Vado e di Sant’Andrea. Voluta dal marchese Alberto d’Este nel 1385, oggi si presenta come il risultato di aggiunte e ampliamenti di cui furono protagonisti Pietro Benvenuti degli Ordini e, successivamente, Biagio Rossetti. Luogo di svago adatto per “schivar la noia”, il palazzo sopravvisse all’incuria e alle disastrose destinazioni d’uso fino a diventare, nel 1898, la sede del Museo Civico. Nel restauro fu riservata una particolare attenzione al grande Salone dei Mesi, affrescato alla metà del XV secolo per il duca Borso d’Este con un complesso ciclo astrologico dai maestri dell’“Officina ferrarese” Cosmè Tura, Ercole de’ Roberti, Francesco del Cossa. L’eccezionale qualità pittorica del ciclo è pari alla straordinaria complessità dell’iventio, attribuita a Pellegrino Prisciani, erudito e astrologo della corte estense, che fuse il tema della celebrazione del buon governo di Borso con il richiamo alle divinità dell’Olimpo e con l’evocazione dei decani, magiche figure astrali che tutelano, ciascuno, dieci giorni del calendario e le cui sembianze sono il risultato di una straordinaria migrazione delle immagini attraverso la cultura classica, l’indiana e l’araba. 190
Some of the dwellings faced directly on to the Po, others were situated along the delta embankments, others alongside minor tributaries and still others nearer the coast. Since the second half of the 14th century, the Este family frequently visited some of their properties, that were perhaps somewhat architecturally rudimentary but were nonetheless well finished and offered every comfort to the members of the court.
Schifanoia “Delizia” - Ferrara This was the first of the “delizie” (delights) to be built by the Este family, in an area near the old churches of Santa Maria in Vado and Sant’Andrea which, at the time, could have been defined as suburban. Originally built for the marquis Alberto d’Este in 1385, what can now be seen is the result of additions and extension in which both Pietro Benvenuti degli Ordini and, later on, Biagio Rossetti played an important part. The palace, a place of relaxation intended for “schivar la noia” (avoiding boredom), managed to survive periods of neglect and disastrous misuse until, in 1898, became the home of the Civic Museum. In the renovation of the buildings, particular attention was paid to the great Hall of the Months, frescoed for duke Borso d’Este in the second half of the 15th century with a complex astrological cycle by the maestros of the “Officina Ferrarese” Cosmè Tura, Ercole de’ Roberti, Francesco del Cossa. The exceptional pictorial quality of the cycle equals the extraordinary complexity of the “iventio”, attributed to Pellegrino Prisciani, a court scholar and astrologer, who merged the theme of celebrating the good government of Borso with the call to the divinities of Olympus and the evocation of the “decani”, magical astral figures who each defend their own ten days of the calendar and whose appearances are the result of an extraordinary migration of images trough classical, Indian and Arabic culture.
Il portale di Palazzo Schifanoia sormontato dallo stemma della Casa d’Este The main door of Palazzo Schifanoia surmounted by the coat of arms of the House of Este
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Delizia di Belfiore - Ferrara
Belfiore “Delizia” - Ferrara
La splendida “delizia” di Belfiore sorse per volere di Alberto d’Este nella seconda metà del XIV secolo in un luogo allora fuori dalla cinta muraria della città. Le fonti storiche e cartografiche ne hanno tramandato l’impianto e la struttura, cui lavorò anche Bartolino da Novara. Il palazzo, luogo privilegiato del marchese Leonello d’Este che vi allestì il suo studiolo dedicato alle Muse, venne ristrutturato al tempo di Borso, nel 1450. Legata al breve destino della vicina chiesa di Santa Maria degli Angeli (già Santa Maria di Belfiore), la “delizia” subì, nel 1483, l’assalto dell’esercito veneziano che la distrusse.
The splendid Belfiore “delizia” was built on the orders of Alberto d’Este in the second half of the 14th century on a site that was outside the city walls. Historical and cartographic sources tell us of the structure and its characteristics, with Bartolino da Novara playing a part in the work. The palace, a favourite spot of the marquis Leonello d’Este, who set up his “studiolo” on the Muses there, was altered again during the reign of Borso, in 1450. Linked to the short destiny of the nearby church of Santa Maria degli Angeli (formerly Santa Maria di Belfiore), the “delizia” was destroyed in an attack by the Venetians army in 1483.
Belvedere “Delizia” - Ferrara The garden and palaces of the Belvedere island were started in 1516 and were completed in the middle of the 16th century. Their decline began when they where inherited by the daughter of duke Ercole II, Lucrezia d’Este (1535-1598), who then ceded them to the cardinal Aldobrandini, who ordered their destruction in 1599. The running down of the island probably began earlier, however, as the river had gone completely underground by around 1580, thus taking away some of the particular charm of the area.
“Le Casette” “Delizia” - Comacchio
Delizia di Belvedere - Ferrara Il giardino e i palazzi dell’isola di Belvedere vennero iniziati nel 1516 e raggiunsero la sistemazione definitiva alla metà del XVI secolo. Il declino iniziò con il passaggio ereditario dei beni a Lucrezia d’Este (1535-1598) figlia del duca Ercole II, la quale li cedette al cardinale Aldobrandini che nel 1599 ne dispose la distruzione. Probabilmente già prima di quella data l’isola era in fase di smantellamento, poiché già attorno al 1580 il fiume era stato completamento interrato, facendo perdere alla zona le sue peculiarità. 192
The name (“casette” are small houses) is taken from the site, between Magnavacca and Comacchio, next to the little fish-market houses. Work on the construction of his lavish “delizia” was begun in 1490. It was famous as a place of entertainment and leisure:
Il Palazzo estense e i “casini” di Isola all’epoca della loro demolizione, 1630 circa (Modena, Archivio di Stato) The Estense Palazzo and the “lodges” at Isola at the time of their demolition, circa 1630 (Modena, Archivio di Stato)
Particolare con l’Isola e il Palazzo di Belvedere nella mappa di Ferrara attribuita a Marcantonio Pasi, 1580 circa (Modena, Archivio di Stato) Detail with the Isola and the Palazzo di Belvedere in the map of Ferrara attributed to Marcantonio Pasi, circa 1580 (Modena, Archivio di Stato)
Delizia “Le Casette” - Comacchio
Veduta aerea con i resti della “peschiera grande” della “delizia” “Le Casette” di Comacchio. Valle Fattibello-Valle Capre (da: Maurizio Paiola, Le Casette di Magnavacca. Una delizia estense ritrovata, Casalecchio di Reno (Bologna), Grafis, 1995) Aerial view with the remains of the “large fish pond” of the “delizia” “Le Casette” at Comacchio. Valle FattibelloValle Capre (from: Maurizio Paiola, Le Casette di Magnavacca. Una delizia estense ritrovata (Le Casette of Magnavacca. An Estense Delizia Rediscovered), Casalecchio di Reno (Bologna), Grafis, 1995)
Il nome ricorda il luogo di costruzione della “delizia”, tra Magnavacca e Comacchio, in prossimità delle casette del mercato del pesce. Costruita a partire dal 1490, la sontuosa dimora è rimasta celebre come luogo di svago: non solo balli, feste, “allegrezze” in tempo di Carnevale, ma anche pesca all’amo e alla fiocina nelle grandi peschiere davanti al palazzo, passatempo preferito dalle nobildonne mentre gli uomini si dedicavano alla caccia. Nelle stanze della “delizia” il poeta Torquato Tasso lesse alla corte estense l’ultimo canto della Gerusalemme liberata nel 1575. Subito dopo la morte di Alfonso II (1597) il palazzo fu saccheggiato e fin dal XVII secolo ne furono asportati i materiali edilizi per la costruzione dei “casoni” di pesca. La demolizione definitiva risale al XIX secolo.
as well as attending the balls and parties, the ladies of the court test their fishing skills in the large ponds in front of the palace, while men went hunting. In the rooms of the “delizia” the poet Torquato Tasso read the last canto of Gerusalemme liberata (1575) to the Este Court. Immediately after the death of Alfonso II (1597) the “delizia” was ransacked and all the building materials taken away and used to construct fishing sheds. It was finally demolished in the 19th century.
Delizia di Consandolo Tradizionalmente si vuole riconoscere la “delizia” nel caseggiato detto “il Conventone”, demolito e ricostruito nel XIX secolo. Fatta costruire dal marchese Nicolò III d’Este, fu dimora di Parisina Malatesta, sua sfortunata moglie. Nel 1540 venne donata a Renata di Francia, moglie del duca Ercole II. La piccola “delizia” era decorata da opere di famosi pittori e scultori.
Delizia di Copparo Nata come castello turrito dove il marchese Nicolò III prima e Borso d’Este poi portavano le loro corti, subì un destino di distruzione a cominciare dal saccheggio ad opera dei Veneziani nel 1482. Risalivano al tempo del marchese Leonello d’Este importanti affreschi, perduti, di Nicolò Panizzati. Sulle rovine del primitivo impianto il duca Ercole II fece costruire, tra il 1540 e il 1547, un sontuoso palazzo - progettato da Terzo de’ Terzi - con pianta rettangolare, torri ai vertici e ampie sale; l’interno della loggia era stato affrescato da artisti come Benvenuto Tisi da Garofalo e Girolamo da Carpi con la raffigurazione di tutte le “delizie” estensi. Il palazzo passò alla Chiesa (1598), quindi
Consandolo “Delizia” Tradition has it that this “delizia” can be traced to the site of the group of houses known as “il Conventone”, demolished and rebuilt in the 19th century. Built on the orders of the marquis Nicolò III d’Este, this was the home of Parisina Malatesta, his ill-fated wife. In 1540 the “delizia” was donated to Renata of France, wife of duke Ercole II. This small “delizia” was decorated with works by famous painters and sculptors.
Copparo “Delizia” This “delizia”, originally a turreted castle where first Nicolò III and then Borso d’Este took their courts, was destined to be destroyed after a raid by the Venetians in 1482. A number of important frescoes by Nicolò Panizzati, now lost, dated back to the time of marquis Leonello d’Este. Duke Ercole II had a lavish palace built on the site of the ruins of the old castle between 1540 and 1547. Its rec193
Marcantonio Pasi, Ferrariae Regio … cosmographia (1571), particolare del Palazzo di Copparo (Modena, Archivio di Stato) Marcantonio Pasi, Ferrariae Regio … cosmographia (1571), detail of the Palazzo di Copparo (Modena, Archivio di Stato)
alla famiglia Machiavelli poi ai Barberini. Un incendio distrusse le sale nel 1808 e nel 1822 dalla demolizione si salvarono tre torri; nel 1872 i resti vennero incorporati nel Municipio di Copparo. Ora sopravvive una torre isolata, seminascosta dalla facciata della residenza comunale, detta “la torre estense di Copparo”.
Delizia di Fossadalbero Fu fatta costruire dal marchese Nicolò III d’Este, sotto la direzione di Giovanni da Siena, tra il 1424 e il 1434. Secondo la tradizione il palazzo era il luogo degli incontri di Ugo, figlio di Nicolò III, e Parisina, giovane moglie del marchese, il cui amore finì tragicamente. Il palazzo fu trasformato in “delizia” da Borso d’Este poco prima della morte (1471). 194
tangular form, towers and large rooms were designed by Terzo de’ Terzi; the loggia interior was frescoed by artists such as Benvenuto Tisi da Garofalo and Girolamo da Carpi with images of all Este “delizie”. The palace became the property of the Church (1598), and then of the Machiavelli and Barberini families. The rooms were destroyed by a fire in 1808 and in 1822 everything except for the three towers was demolished; in 1972 it became part of the town council buildings. Now only one isolated tower survives, known as the “Este Tower of Copparo”.
Fossadalbero “Delizia” Built on the orders of the marquis Nicolò III, under the direction of Giovanni da Siena, between 1424 and 1434. Tradition has it that the palace was the traditional meeting
Veduta aerea della “delizia” di Fossadalbero Aerial view of the “delizia” of Fossadalbero
Ha l’aspetto di un castello merlato alla maniera guelfa con rivellini e avancorpi; conta quarantaquattro grandi stanze con alcuni bei soffitti anche a cassettoni, una cappella e un giardino interno. In seguito appartenne alla famiglia Mosti, quando Alfonso I d’Este concesse loro l’arma ducale e il cognome “Estense”. Nel Settecento passò per via ereditaria a Ercole Trotti Mosti Estense, il cui discendente Tancredi - patriota e comandante dei Bersaglieri del Po - nel 1872 ne promosse il restauro. La prima apparizione di un campo da tennis in provincia fu proprio qui, nel 1900, fatto costruire dallo stesso Tancredi Trotti Mosti. Il palazzo passò in seguito al marchese Giovanni Costabili, quindi ad altre famiglie che ne curarono i restauri; attualmente è sede del Country Club.
place of Ugo, son of marquis Nicolò III, and Parisina, the marquis’ young wife, whose love was to end in tragedy. The palace was transformed into a “delizia” by Borso d’Este shortly before his death (1471). It has the aspect of a guelph-style castle with battlements, demilunes and avant-corps; there are forty-four large rooms with several fine ceilings, some of them coffered, a chapel and an internal garden. The palace subsequently belonged to the Mosti family, when Alfonso I d’Este called them to the ducal service and granted them the “Este” surname. In the 18th century it was inherited by Ercole Trotti Mosti Estense, whose descendant Tancredi - patriot and commandant of the Bersaglieri del Po light infantry - saw to its renovation in 1872. It was here that the first tennis court in the Province of Ferrara appeared in 1900, on the orders of the very same Tancredi Trotti Mosti. The palace then went to Giovanni Costabili and a series of other families, who continued with the renovation and maintenance of the building; it now houses the “Country Club”.
Verginese “Delizia” - Gambulaga
Delizia del Verginese - Gambulaga
Veduta aerea della “delizia” del Verginese Aerial view of the “delizia” del Verginese
Located a few kilometres from the centre of Gambulaga, in the Municipality of Portomaggiore, and attributed to Girolamo da Carpi, who transformed a pre-existing building in about 1556. The palace was handed down by Sigismondo Cantelmo, the duke if Sora, to duke Alfonso I d’Este, who donated it to his mistress Laura Dianti, immortalised in a famous portrait by Tiziano. On the death of Laura (1573), it was passed through the Este family lineage to Cesare d’Este.
Si trova a pochi chilometri dal centro di Gambulaga, nel Comune di Portomaggiore, ed è opera attribuita a Girolamo da Carpi che, intervenendo su un manufatto preesistente, vi avrebbe posto mano attorno al 1556. Da Sigismondo Cantelmo duca di Sora passò al duca Alfonso I che la donò a Laura Dianti - forse sua moglie - ricordata anche da un famoso ritratto eseguito da Tiziano. Alla morte di Laura (1573) passò per via ereditaria ai discendenti estensi fino a Cesare d’Este. 195
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Torre di Parisina - Gualdo
Parisina Tower - Gualdo
Era tra i beni dotali di Parisina Malatesta, giovane sposa del marchese Nicolò III d’Este nel 1418. L’anno dopo la tragica morte di Parisina insieme al figliastro Ugo (1425), la torre passò in dote a Margherita, figlia dello stesso Nicolò, che andava sposa a Galeotto Roberto Malatesta, cugino di Parisina. La torre è probabilmente da individuare in quella incorporata nella villa già della famiglia Navarra, nei pressi del paese lungo la strada provinciale.
It was part of the dowry of Parisina Malatesta, who became the wife of marquis Nicolò III d’Este in 1418. The year after the tragic death of Parisina together with her stepson Ugo (1425), the tower was endowed to Margherita, Nicolò’s daughter, who was later to marry Galeotto Roberto Malatesta, Parisina’s cousin. The tower probably became incorporated in the former villa of the Navarra family, near the village on the main road.
Casa di caccia “La Tagliata” Marozzo
Hunting lodge “The Tagliata” - Marozzo
La Tagliata sorge presso l’argine sinistro dell’antico alveo del Po di Volano, in un’area un tempo paludosa ma ricca di cacciagione. Ed è infatti come casino di caccia che compare nell’inventario dei beni di Alfonso II d’Este redatto nel 1598. In età post estense la Tagliata passò in proprietà a diverse nobili famiglie sotto le quali perse la sua caratteristica di luogo di svago per assumere una connotazione di tipo dominicale.
The Tagliata stands on the left bank of the former bed of the Volano branch of the river Po, in an area that was marshy and hence rich with game, and the building is actually listed as a hunting lodge in the inventory of Alfonso II d’Este’s estate, compiled in 1598. After the Este period, the Tagliata was owned by a series of noble families under whom it lost its character as a place of leisure and became more of a typical manorial dwelling.
Alberto Penna, La Mesola col porto di Gorro, 1658 (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) Alberto Penna, La Mesola col porto di Gorro, 1658 (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) Mesola, il Castello e il centro storico Mesola, the Castle and the historic centre
Castello di Mesola
Mesola Castle
Mesola sorge dove la strada Romea attraversa il Po di Goro. Gli Estensi possedevano l’immenso bosco di Mesola, cantato anche da Ludovico Ariosto. Qui il duca Alfonso II “per comodità delle sue cacce” e a coronamento della bonifica del Polesine di Ferrara, fece costruire il castello che è l’ultima delle “delizie” estensi, eretta da Giovan Battista Aleotti su progetto di Marc’Antonio Pasi detto “il Montagnana”. Poiché era bene di loro piena proprietà, gli Estensi conservarono Mesola anche dopo il 1598, anno del loro trasferimento a Modena. Nel 1771 Ercole III d’Este, duca di Modena, diede il castello e la tenuta in dote alla figlia Beatrice, andata sposa all’arciduca Ferdinando d’Austria, figlio di Maria Teresa. Seguirono diversi passaggi di proprietà, dallo Stato pontificio alla Repubblica francese, e solo nel 1911, con l’intervento della Società per le Bonifiche dei Terreni Ferraresi (sbtf) iniziò una serie di lavori di mantenimento ed estensione della tenuta. Nel 1952 passò sotto il controllo dell’Ente Delta Padano e poi in proprietà all’Amministrazione Provinciale di Ferrara.
Mesola stands where the Romea road crosses the Goro branch of the river Po. The Este family owned the immense Mesola Wood, mentioned by Ludovico Ariosto. It was here, “to make his hunting comfortable” and to mark the successful completion of the Polesine di Ferrara land reclamation, that duke Alfonso II had the castle built. It was the last of the Este “delizie”, built by Giovan Battista Aleotti on a plan by Marc’Antonio Pasi, known as “il Montagnana”. As it was an alodial estate, i.e. absolute property, the Este family still kept Mesola after 1598, the year of their move to Modena. In 1771 Ercole III d’Este, duke of Modena, gave the castle as a dowry to his daughter Beatrice, bride of archduke Ferdinando d’Austria, son of Maria Teresa. The property changed hands several times, with owners such as the Papal State and the French Republic, and it was not until 1911, with the action of the sbtf (Ferrarese land reclamation board), that a program of work on the maintenance and extension of the estate was begun. In 1952 management of the estate was transferred to the Po Delta Authority and then in property of the Ferrara Provincial Administration.
Villa della Mensa - Sabbioncello San Vittore Si trova sulla strada verso Formignana, sotto l’argine sinistro del Po. È un complesso monumentale di grande importanza, dove soggiornavano i vescovi di Ferrara fino al tempo delle soppressioni napoleoniche (1797). La grande villa fu fatta costruire da Bartolomeo della Rovere (nipote di papa Sisto IV e fratello di papa Giulio II) tra il 1474 ed il 1495. Dal portone centrale ci si immette in un cortile nel quale si prospetta il porticato di sei archi, con colonne e capitelli; sul lato sinistro si eleva la torre di scolta, destinata a colombaia alla fine del XIX secolo. Nella villa morì nel 1834 il cardinale Filippo Filonardi, storico e teologo: ciò prova che in quell’epoca il palazzo era ancora di proprietà della Mensa Arcivescovile di Ferrara.
Archiepiscopal Villa - Sabbioncello San Vittore On the road to Formignana, next to the left embankment of the Po. A monumental complex of great importance, where the bishops of Ferrara stayed until the period of the Napoleonic suppressions (1797). The great villa was built on the orders of Bartolomeo della Rovere (nephew of pope Sixtus IV and brother of pope Julius II) between 1474 and 1495. The main central door opens on to courtyard where there is a six arched-portico with columns and capitals; on the left there is the sentry tower, destined to become a dovecote at the end of the 19th century. In 1834 cardinal Filippo Filonardi, historian and theologian, died in the villa: this proves that the villa was still part of the Archiepiscopal Revenue of Ferrara.
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Veduta aerea della Villa della Mensa Aerial view of the Villa della Mensa
Delizia di Quartesana
Quartesana “Delizia”
È stata individuata nell’attuale villa ottocentesca (casa ex Magrini) prospiciente la strada provinciale. Le cronache raccontano che la “delizia” di Quartesana era la preferita da Borso d’Este, che la fece più volte abbellire. La costruzione era però preesistente, dal momento che già dal 1389 Alberto d’Este amava soggiornarvi, come poi fece anche Parisina Malatesta.
On the site of the current 19th villa (formerly of the Magrini family) overlooking the main road. According to historical accounts, Quartesana was the favourite “delizia” of Borso d’Este, who had it decorated several times. The structure existed before this, however, in that Alberto d’Este was said to love staying there as early as 1389, as did Parisina Malatesta later on.
Delizia di Benvignante San Nicolò di Argenta La mole imponente della “delizia” spicca sul percorso della strada statale n. 16 Adriatica. Fu costruita dall’architetto Pietro Benvenuto dagli Ordini per volontà di Borso d’Este che nel 1464 la donò al letterato, suo segretario, Teofilo Calcagnini. Della costruzione originaria, dove nel 1481 soggiornò anche Beatrice, figlia del duca Ercole I d’Este, rimangono la torre merlata e l’atrio con la volta a padiglioni. Caduta in abbandono, la costruzione passò dai Calcagnini ai conti Gulinelli, che di fronte alla “delizia” fecero costruire, dal 1860, le celebri scuderie visitate anche dal re Vittorio Emanuele II.
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Veduta aerea della “delizia” di Benvignante Aerial view of the “delizia” di Benvignante
Benvignante “Delizia” San Nicolò di Argenta The imposing mass of this “delizia” stood on the route of the current national trunk road no. 16 “Adriatica”. It was built by the architect Pietro Benvenuto dagli Ordini on the behest of Borso d’Este who then, in 1464, bestowed it to his secretary and man of letters Teofilo Calcagnini. Of the original building, where Beatrice, daughter of duke Ercole I d’Este, stayed in 1481, only the tower with battlements and the atrium with the canopied vault remain. Fallen into a state of abandon, the building passed from the Calcagnini family to the counts Gulinelli who, in 1860, built the famous stables, visited by the king Vittorio Emanuele II, opposite the “delizia”.
Diamantina “Delizia”’ Vigarano Pieve
“Delizia” della Diamantina “Delizia” della Diamantina
Delizia della Diamantina Vigarano Pieve Nella campagna di Vigarano Pieve sorgono i vistosi edifici della “Diamantina”, dall’omonima località nell’antico Polesine di Casaglia che, nella sua parte più bassa, prese il nome da uno degli emblemi della Casa d’Este, il diamante, «quasi caduto ad ingemmare una boscaglia spopolata e grame terre», come scriveva Riccardo Bacchelli. Il popoloso borgo è ricordato dal 1590, come sede di una “castalderia”, con case coloniche di epoca estense. Il palazzo, completo di stalle, orto, una bella torre colombaia e grandi granai, era il centro amministrativo della tenuta, che rimase in mani estensi fino alla metà del Settecento, quando passò al maresciallo Pallavicini. Nel 1870 la Diamantina passò al barone Camerini che la restaurò e vi fece costruire un oratorio; successivamente si avvicendarono diversi proprietari e grazie alla bonifica meccanica la zona è diventata salubre e ricca di coltivazioni.
In the countryside near Vigarano Pieve stand the enormous buildings of the “Diamantina”, named after the lower part of the Casaglia “Polesine” (i.e. area of delta land) which, in turn, took its name from one of the emblems of the House of Este, the diamond, «quasi caduto ad ingemmare una boscaglia spopolata e grame terre» (almost as if it had fallen from above to enrich this uninhabited and poor land), as Riccardo Bacchelli wrote. The populous village is noted from 1590 as being a “castalderia” (land estate) with farmhouses from the Este era. The palace, complete with stables, a vegetable plot, a fine dovecote tower and large granaries, was the administrative centre of the estate. This property remained in Este hands until the mid 18th century when it passed over to the marquis Pallavicini. In 1870 the Diamantina became the property of baron Camerini, who renovated it and built an oratory there; following this there was a series of different owners and, thanks to the mechanical land reclamation it became a fine, rich area of farming land.
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Pianta della “delizia” di Belriguardo con i giardini, disegno a penna, XVI secolo (Modena, Archivio di Stato) Map of the “delizia” di Belriguardo with the gardens, pen drawing, 16th century (Modena, Archivio di Stato)
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Delizia del Belriguardo - Voghiera
Belriguardo “Delizia” - Voghiera
Fu la prima “delizia” costruita fuori dalle mura cittadine e rappresenta un salto di qualità nell’organizzazione degli spazi residenziali estensi. Più volte definita “la Versailles degli Estensi”, fu eretta a partire dal 1435 per volere del marchese Nicolò III d’Este; comprendeva un grande fabbricato di cinquanta stanze, due logge intorno alle fabbriche minori, scuderie che ospitavano fino a duecento cavalli, tutto circondato da torri dipinte, mura merlate e da un fossato. Autore dell’imponente opera fu forse l’architetto di corte Giovanni da Siena. In tempi successivi lavorarono agli ampliamenti voluti dagli Estensi Pietro Benvenuti, Girolamo da Carpi e Biagio Rossetti. Fu sicuramente durante il governo di Borso, quando la dimora fu rivista secondo i canoni del tempo, che si eseguirono i lavori di maggior portata. Si dice che Borso ordinasse a
This was the first “delizia” built outside the city walls; it has every right to be defined as the “Versailles” of the Este family. Work on the building began in 1435 at the behest of Nicolò III d’Este and included a structure with fifty rooms, two loggias around the smaller buildings, stables for up to two hundred horses: all surrounded by decorated towers, battlemented walls and a moat. The author of this imposing work was perhaps the court architect Giovanni da Siena. Later on Pietro Benvenuti, Girolamo da Carpi and Biagio Rossetti worked on extensions ordered by Este princes. It was definitely during Borso’s government when the “delizia” was renovated according to the standards of the time, and works were carried out on a larger scale. It is said that Borso ordered Pietro Benvenuti to make as many rooms as there are days in
Veduta aerea della “delizia” del Belriguardo Aerial view of the “delizia” del Belriguardo
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Pietro Benvenuti di ricavare tante stanze quanti sono i giorni dell’anno: sicuramente si arrivò a duecento. Alla delizia si accede attraverso una torre sovrastata da angeli reggenti, originariamente, lo stemma estense. Di fronte alla torre, nell’ampio cortile, vi è il fabbricato principale dalle grandi finestre gotiche. Le stanze di rappresentanza erano affrescate da Pisanello, Cosmè Tura, Ercole de’ Roberti e, successivamente, nel 1537, da Camillo Filippi, Battista Dossi, Girolamo da Carpi, Garofalo, Giacomo da Ferrara. Dei cicli decorativi esistenti all’epoca di Ercole I d’Este resta soltanto la descrizione coeva di Sabadino degli Arienti. Unici affreschi sopravvissuti sono quelli cinquecenteschi della Sala delle Vigne, di recente restaurata.
the year: the number certainly reached two hundred. Access to the “delizia” is trough a tower overlooked by angels, who originally held the Este coat-of-arms. Facing the tower, over the large courtyard, is the main building with big gothic windows. The reception rooms were frescoed by Pisanello, Cosmè Tura, Ercole de’ Roberti and, later on, in 1537, by Camillo Filippi, Battista Dossi, Girolamo da Carpi, Garofalo and Giacomo da Ferrara. Of the decorative cycles existing in Ercole II d’Este’s time, only the splendid coeval descriptive work of Sabadino degli Arienti remains. The only frescoes that have survived to the present day are those in the “Vineyard Room” from the 16th century, recently restored.
“Delizie” scomparse
Lost “Delizie”
Libolla di Ostellato Casa di caccia estense testimoniata attorno al 1450.
Libolla di Ostellato The house was one of the Este family hunting lodges in about 1450.
Medelana Soggiorno autunnale degli Estensi; “delizia” preferita da Lucrezia Borgia e da Marfisa d’Este, che vi ospitò Torquato Tasso.
Medelana The villa was one of the autumnal residences of the Este family. It was the favourite “delizia” of Lucrezia Borgia and, then, of Marfisa d’Este, who gave here hospitality to the poet Torquato Tasso.
Migliaro Di fronte alla chiesa parrocchiale sorge oggi una casa di proprietà privata costruita su antiche strutture; una lapide sulla facciata ricorda la demolizione della “delizia” da parte di Giuseppe Pavanelli, nel 1886. I documenti testimoniano anche di una loggia di epoca estense dove lavorarono gli artisti Bono da Ferrara e Galasso dal 1450 al 1452. Montesanto Palazzo fatto costruire da Borso d’Este attorno al 1450; appartenne ai marchesi Bevilacqua (1621) e ai conti Gulinelli (1850). Sede del comando tedesco del generale Kesserling (1940-1945), fu bombardata dagli alleati e rasa al suolo. Ostellato La “delizia” è forse da individuare nell’area dell’attuale Municipio; Ercole I d’Este vi promosse alcuni lavori nel 1471. Vi soggiornò Lucrezia Borgia. 202
Migliaro Opposite the parish church there now stands a private house built on the ruins of the old building. A stone plaque commemorates the demolition of the “delizia” by Giuseppe Pavanelli, in 1886. There was also a loggia of Este era, where the artists Bono da Ferrara and Galasso worked from 1450 to 1452. Montesanto The “delizia” was built at the behest of Borso d’Este around 1450. It was owned by marquis Bevilacqua (1621) and by counts Gulinelli (1850). In 1940-45 it was the headquarters of general Kesserling of the German command; it was located by the Allies and bombed to the ground. Ostellato The palace was probably situated in the area of the current Town Hall. It is known that
Portomaggiore, Castello di Porto Costruito nel 1344 circa; scavi eseguiti nel 1924 sulla strada per Portoverrara portarono alla luce potenti mura e grandi arcate. Vi soggiornò Parisina Malatesta, moglie di Nicolò III d’Este, che da qui scrisse una lettera alla Corte di Ferrara nel 1424.
Marcantonio Pasi, Ferrariae Regio … cosmographia, 1571, particolari (Modena, Archivio di Stato) Marcantonio Pasi, Ferrariae Regio … cosmographia, 1571, details (Modena, Archivio di Stato)
Zona intorno a Ferrara
Sabbioncello San Pietro La residenza si trovava sull’argine del Volano, un chilometro a monte della chiesa. Guarini la definì “deliziosa” (1621), mentre Alberto Penna la ricordava “cadente” (1661). Fu la dimora di Orsina, figlia di Nicolò III d’Este, e del marito Andrea Gualenghi, consigliere di Borso e di Ercole I d’Este.
Ercole I d’Este ordered some works on the palace in 1471, and that Lucrezia Borgia loved staying in this “delizia”. Portomaggiore, Porto Castle It was built in about 1344. A dig in 1924 on the road to Portoverrara, revealed mighty walls and great arches. Parisina Malatesta, bride of Nicolò III d’Este, wrote a letter from here in 1424 to the Court of Ferrara. Sabbioncello San Pietro The palace was right next to the embankment of the Volano, a kilometre upstream from the church. Guarini called it “delicious” in 1621; Alberto Penna saw it “tunbledown” in 1661. The family of Orsina - daughter of Nicolò III d’Este - and her husband Andrea Gualenghi - adviser to Borso and Ercole I d’Este - moved into the Sabbioncello San Pietro palace.
Zona di Copparo
Zona di Benvignante
Zona della Diamantina
Zona di Comacchio
Zona di Lagoscuro
Zona di Mesola
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Le bonifiche The land reclamation projects
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Le bonifiche
The land reclamation projects
I rinvenimenti archeologici datano al VII secolo il nucleo originario dell’insediamento monastico di Pomposa in un’isola boscosa delimitata da due bracci del Po. La prospera comunità nell’ultimo quarto del IX secolo era già piuttosto ricca da essere oggetto di contesa tra l’arcivescovo di Ravenna che voleva esercitarvi la sua autorità, e la Santa Sede che ne affermava il possesso iure proprio nell’874. L’età felice del monastero coincise con l’abbaziato dell’austero monaco Guido (965/70-1046), che più volte si scontrò con l’arcivescovo di Ravenna Eriberto. Anche i suoi successori lavorarono per l’organizzazione e la difesa dei cospicui beni appartenenti all’abbazia, senza dimenticare l’importanza della bonifica in terre così travagliate dalla convivenza con l’acqua. Avvenne infatti nel 1156 uno dei primi interventi di bonifica a carattere pubblico: a seguito degli sconvol-
Archaeological evidence has shown the original siting of Pomposa Abbey to be in an area of woods flanked by two Po tributaries and dates the settlement back to the 7th century. Towards the end of the 9th century, this prosperous community was already coming under the greedy eye of the archbishop of Ravenna who wanted control over it. The feud also involved the Papal authorities in Rome that declared its state of iure proprio in 874. The abbey’s golden age was while it was under the stewardship of the somewhat austere brother Guido (965/70-1046) who had a number of disagreements with archbishop Eriberto from Ravenna. Brother Guido’s successors also had to constantly keep a close eye on defending any property belonging to the abbey not to mention all the other work defending the land reclaimed from the waters. The first public land reclamation project began in
Disegno della navigazione moderna da Ferrara a Bologna (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) Drawing of the modern craft from Ferrara to Bologna (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
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Percorso del Po e sue diramazioni dal territorio di Ostiglia alla foce (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) Course of the Po and its branches from the territory of Ostiglia to the mouth (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
gimenti causati dalle rotte del Po a Ficarolo, l’abate di Pomposa impegnò gli abitanti dei centri circostanti nella costruzione di argini, sostegni e chiaviche per difendere il territorio dalle acque. Tra IX e XII secolo il clima caldo provocò un relativo innalzamento del livello del mare con fenomeni di avanzata delle acque salmastre nelle terre della costa maggiormente ribassate dal bradisismo. Il nuovo ciclo piovoso del XII secolo portò allo sconvolgimento più vistoso dell’idrografia del Basso Ferrarese in età storica: una serie di rotte presso Ficarolo provocò il progressivo interramento del Po di Ferrara, spostandone il ramo principale più a nord, dove tuttora scorre. Il ramo di Goro, trovando nuovo alimento, si divise in due nei pressi di Mesola. I secoli successivi furono vistosamente segnati dalla perdita di efficienza del Po di Ferrara e dei suoi due rami principali di Volano e di Primaro, nei cui alvei i processi di sedimentazione, con il conseguente sollevamento del fondo e innalzamenti artificiali di argini, rendeva via via più difficile l’incanalamento delle acque provenienti dagli Appennini. Durante i secoli XV e XVI furono numerosi gli interventi volti a costringere le acque del Reno ad immettersi nel Po di Ferrara, e le acque del Santerno, del Lamone e di altri torrenti appenninici nel Primaro, portando alla progressiva diffusione di paludi nel Ferrarese sud-orientale. Allo stesso modo proseguiva l’avanzamento delle acque salmastre nella bassa padana, probabilmente favorito da un lieve innalza-
1156. This project was started following the chaos caused when the Po broke its banks at Ficarolo. The abbot organised local residents to build embankments, support structures and drains to protect the surrounding area. The hot weather cycle between the 9th and 12th centuries caused an increase in sea level that led to salt water contaminating inland, especially along the coast where negative bradyseism had had its effect. The wetter 12th century brought complete disaster to the Lower Ferrara region on a scale never seen before. A series of breaks in the banks at Ficarolo gradually led to the Po di Ferrara being displaced and the river moved north where it still flows today. The branch at Goro with new power and impetus, split in two at Mesola. In the following years, the Po di Ferrara began to lose its effectiveness. The Volano and Primaro tributaries were showing evident signs of sedimentation and the level of the riverbed was rising, as were the embankments. It was gradually becoming more and more difficult to channel the waters coming down from the Apennine ranges. There were numerous earthwork projects carried out during the 15th and 16th centuries that diverted the waters of the river Reno into the Po di Ferrara, and the water from the Santerno, Lamone and other Apennine rivers courses into the Primaro. These projects led to the gradual flooding and creation of swampland to the South-East of Ferrara. Salt water continued to flood the area of the lower plain probably aided by a slight increase in sea level. At Comacchio, seawater 207
mento del livello marino; nel Comacchiese le acque che avanzavano dal mare superarono gli argini e si estesero in tutta l’antica palude del Mezzano. Nelle zone a sud del nuovo corso del Po gli Estensi promossero grandi interventi di bonifica nei territori di Casaglia (1447-1460), della Sanmartina (1473-1500) e della Diamantina (1498-1523). Successivamente, tra il 1564 e il 1580, vennero avviati interventi di prosciugamento e di bonifica dell’area tra Copparo, Mesola e Pomposa, opera ricordata come “Grande Bonificazione Estense”. Costretti gli Estensi a lasciare Ferrara (1598), il territorio ducale passò al governo dello Stato pontificio. Proprio la fine del XVI secolo segnò la crisi definitiva dell’importante via d’acqua del Po di Ferrara, ormai talmente ingombrato dai depositi sedimentari da non riuscire nemmeno a convogliare le acque del Primaro. Preoccupati per l’eventuale occlusione delle bocche della Laguna, i governanti della Serenissima Repubblica di Venezia decisero di deviare verso sud-est il tratto terminale del Po, costringendolo poi a seguire un corso artificiale (1612). 208
overcame the banks and flooded the ancient swamp area of Mezzano. In the region to the South of the new course taken by the Po, the Estes organised vast reclamation works at Casaglia (1447-1460), Sanmartina (1473-1500) and Diamantina (1498-1523). Later, between 1564 and 1580, draining and reclamation works were started in the area between Copparo, Mesola and Pomposa. These works are known as the “Great Este Reclamation Works”. When the Estes were constrained to leave Ferrara, the dukedom passed to Papal rule in 1598. The end of the 16th century marked the most critical time in the life of the Po di Ferrara. At this stage, it was so clogged with sediment that it couldn’t even join the Primaro. Concerned about the Laguna, Venetian rulers decided to divert the last section of the Po to flow South-East following a man-made course (1612). Between 1599 and 1604, work on the “Taglio di Porto Viro” was started. This was where construction of the current day delta was started and in fact led to the “Renaissance delta” being removed from the canal network.
Scena di caccia con il falcone dal codice De Sphaera, 1470 ca. (Modena, Biblioteca Estense Universitaria) Hunting scene with the from the code De Sphaera, ca. 1470 (Modena, Biblioteca Estense Universitaria)
Tra il 1599 e il 1604 venne attuato il cosiddetto “Taglio di Porto Viro”, punto d’inizio della costruzione del delta moderno a danno del “delta rinascimentale”, che veniva di fatto escluso dalla rete idrografica attiva. Tra i primi e più urgenti problemi che lo Stato della Chiesa dovette affrontare, vi fu senz’altro quello del disordine idraulico del Ferrarese, peggiorato dalla crescente aggressività del mare. Nel XVII secolo si provvide al miglioramento della navigazione interna di Comacchio e ci si rivolse anche al confinante territorio ravennate, per correggere in meglio le condizioni di scolo del Primaro. Tra il 1740 e il 1775, al fine di sistemare definitivamente il fiume Reno, venne realizzato il Cavo Benedettino. Circa nello stesso periodo i governanti veneziani avevano lavorato al delta moderno del Po, bloccando le principali diramazioni rivolte a nord e favorendo la stabilizzazione di pochi alvei nel lato meridionale. Tra il XVIII e il XIX secolo, a seguito degli interventi veneziani sul delta, i rami fluviali di deflusso crearono due penisole davanti alla costa ferrarese, fissando le due grandi insenature della Sacca di Goro e della Sacca di Scardovari. Anche il tratto finale del ramo principale del Po (Po di Tolle) entrò in fase di inefficienza alla fine del XIX secolo; venne sostituito dal ramo di Pila, ancora oggi prevalente.
One of the most urgent problems facing the Papal authorities was the chaotic state of the waterworks systems in Ferrara that were suffering even more in a period of particularly aggressive sea activity. In the 17th century, works were carried out to improve internal navigation around Comacchio and Ravenna and to correct the drainage flow characteristics of the Primaro. Particular attention was paid to waters coming from the Apennines. Between 1740 and 1775, the “Cavo Benedettino” channel was dug to place and end to the Reno’s troubles. Around the same period, the Venetian rulers were working on the modern Po delta and blocked the main branches going North and thus allowing some stable sedimentation to the South. Between the 18th and 19th centuries, following Venetian works on the delta, the tributaries created two peninsulae in front of the Ferrarese coast and thus stabilising two large inlets, the Sacca di Goro and the Sacca di Scardovari. The last section of the main branch of the Po (Po di Tolle) lost its effectiveness towards the end of the 19th century and was replaced by the Pila branch that still remains in use today. The current layout of the waterway system dates back to the mid 19th century after attempts to divert the river Reno and
Alberto Penna, Disegno delle Valli di Comacchio, XVII secolo (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) Alberto Penna, Drawing of the Valli di Comacchio, 17th century (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
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Disegno a penna del territorio ferrarese (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) Pen drawing of the Ferrarese territory (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
La configurazione attuale della rete idrografica risale di fatto alla prima metà del XIX secolo, dopo il fallimento del tentativo di riportare il fiume Reno nel Po attraverso il Cavo Napoleonico, ma i problemi irrisolti erano ancora molti. Bisognerà attendere le grandi opere della bonifica meccanica per assicurare il convogliamento verso il mare delle acque interne ormai incapaci di defluire per gravità.
Po through the Cavo Napoleonico channel failed. There were still however, many other problems to solve. These problems had to await the arrival of vast mechanical excavations that came with the introduction of suitable machinery. The underlying problem was that of carrying excess inland water to the coast against the force of gravity.
Alberto Penna, Polesine di Casaglia con le Valli di Marrara e Poggio, XVII secolo (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) Alberto Penna, Polesine di Casaglia with the Valli di Marrara and Poggio, 17th century (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
Alberto Penna, Pianta della Sammartina, XVII secolo (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) Alberto Penna, Map of the Sammartina, 17th century (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
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La Torre di The San Paolo San Paolo Tower
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L
a Torre di San Paolo è costruita sull’angolo sud-ovest del Castello, caposaldo dell’ingresso principale del maniero. Essa è proiettata verso il luogo in cui è stata ricostruita la chiesetta di San Giuliano, visibile dalle finestre, che, trovandosi proprio dove avrebbe dovuto sorgere la torre nel progetto di Bartolino da Novara, fu demolita nel 1385. Per questo la torre viene anche individuata con il nome di San Giuliano. Assieme alla Torre di Santa Caterina, quella di nord-ovest, subì grandi danni per il terremoto del 1570, tanto da dover ricostruire tutti i solai, un tempo strutture in muratura, ora più leggere strutture in legno. La sala al piano nobile della torre ha perso ogni connotazione rinascimentale, ma rimane se pur modestamente una delle più decorate del Castello, in un insieme abbastanza aggraziato anche se non del tutto stilisticamente coerente. I disegni alle pareti, colorati a tempera, sono dedicati all’immagine di Diana e di altre divinità, mentre sul soffitto, tra grandi partiture scandite da leggere strutture architettoniche, si trovano raffigurate, in piccoli riquadri, le quattro stagioni.
T
he San Paolo Tower was built on the South-west corner of the Castle as the stronghold to the building’s main entrance. The tower points towards the site upon which the church of San Giuliano was re-built (visible from the windows). The little church was demolished in 1385 to allow the construction of the new building, and for this reason the tower is now sometimes referred to as the tower of San Giuliano. Both this tower and that of Santa Caterina on the North-west corner were severely damaged by an earthquake in 1570 to the extent that the roof section, once made of brick, had to be replaced with a lighter, wooden structure. The room on the “noble” floor has lost every semblance to the Renaissance style but still modestly remains one of the most decorated rooms in the Castle in a relatively graceful, if not stylistically coherent, way. The wall designs in tempera are dedicated to images of Diana and other divinities whereas on the ceiling, between large sections supporting light architectural structures, the four seasons are illustrated in small panels.
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Il terremoto del 1570
The earthquake of 1570
Il terremoto del 1570 (o meglio la serie di fortissime scosse che dal 17 novembre 1570 si susseguirono in città a brevi intervalli per oltre un anno) ebbe un effetto catastrofico sia su Ferrara - è stato calcolato che venne danneggiato circa il 40% delle abitazioni, soprattutto nella parte medievale - sia sull’umore dei suoi abitanti, che in gran numero abbandonarono le proprie case rifugiandosi in campagna. Gli stessi duchi lasciarono il Castello, passando settimane accampati nei giardini o addirittura in un cimitero, mentre nella città deserta correva sempre più insistente la voce che il terremoto non fosse altro che un monito divino che preannunciava la prossima caduta del governo estense. Le distruzioni, la fuga degli abitanti, l’angoscia del duca e della corte preoccupati non solo per i danni materiali ma ancor più per il “buon nome” della città, colpirono profondamente l’immaginazione dei contemporanei, e da diverse corti italiane furono invia-
The earthquake of 1570 (or perhaps better, the series of very strong tremors that starting from 17 November continually shook the city for over a year) had a catastrophic effect on Ferrara damaging approximately 40% of the houses. Most of the damage was in the mediaeval area and also seriously affected the mood of the people, many of whom abandoned their houses and fled to the countryside. Even the nobility left their Castle and passed weeks on end camped out in gardens and even in the cemetery. Meanwhile, in the city, rumours were flying that the earthquake was none other than a sign from the gods that the House of Este was about to fall. The destruction, the flight of the inhabitants and the anguish of the duke and his court were not only about material matters but also the good name of the city that had suffered a major set back to its image. Ambassadors and officials from other Italian
Scene di città in rovina dall’Apocalisse di Giovanni (Apocalisse estense), metà XV secolo (Modena, Biblioteca Estense Universitaria) Scenes of city ruin from Apocalypse Johannis (Apocalisse Estense), mid 15th century (Modena, Biblioteca Estense Universitaria)
ti a Ferrara ambasciatori e informatori per avere notizie dirette dell’accaduto: le loro lettere, insieme ai resoconti degli abitanti e dei cronisti cittadini, costituiscono una delle più vivide descrizioni della vita ferrarese nella seconda metà del Cinquecento.
courts were sent to Ferrara to report back on what had happened. Their letters along with eye witness accounts and chronicles make up a very vivid description of life in Ferrara in the mid 1500’s.
Sezioni attuali delle torri del Castello dette Marchesana e di San Paolo. Anche il Castello subì forti danni per il terremoto del 1570, soprattutto nell’ala ovest. Dal confronto delle strutture delle due torri si individuano le volte in muratura originali della Torre Marchesana mentre nella Torre di San Paolo le stesse volte danneggiate dal terremoto sono state sostituite con solai piani in legno. Current-day crosssection of the Castle towers known as the Marchesana and San Paolo Towers. There was also considerable damage to the west wing of the Castle during the 1570 earthquake. By comparing the two towers, it can be seen that the stonework vaults on the Marchesana Tower are original whereas the same vaults on the San Paolo Tower are made from wood.
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Cronache del terremoto
Chronicles on the Earthquake
Erano le 9,30 del 17 novembre 1570 quando la terra tremò. Crollarono circa seicento tra merli, terrazzini e comignoli. Durante la notte e il giorno successivo furono avvertite numerose repliche: le più violente, alle 20 e alle 24, causarono lesioni alle murature. La scossa più intensa avvenne alle 3 della notte e causò danni agli edifici già colpiti in precedenza. Notevoli furono i guasti al Castello Estense; crollò parzialmente il Palazzo della Ragione, fu lesionata la Loggia dei Banchieri, il palazzo dei Contrari dovette essere puntellato, fu parzialmente demolito il Palazzo Vescovile. Danni, pur limitati, subirono il Palazzo Paradiso e il Palazzo Tassoni, mentre numerose furono le chiese colpite seriamente: quelle di San Paolo e di San Giovanni Battista crollarono; la chiesa di Santa Maria degli Angeli, ancora in costruzione, risultò talmente danneggiata da non essere più terminata; si contarono anche danni alle facciate delle chiese di San Francesco, di Sant’Andrea, di Santa Maria in Vado, di San Domenico, della Certosa, di Santa Maria della Consolazione. Rovine parziali furono riscontrate nel Duomo - la cui facciata si staccò dal muro nella parte verso le strazzarie -, danneggiate la parte verso San Romano, la cappella del Corpus Domini, la catena di ferro sopra l’altare maggiore.
It was 9:30 a.m. on 17 November 1570 when the earth began to tremble. About six hundred merlons, chimneys and terraces collapsed. During the night and the following day there were numerous new quakes - the most violent of these happened at 8:00 p.m. and midnight causing cracks to appear in walls. The most intense quake was at 3:00 a.m. and brought further damage to already weakened buildings. There was severe damage to the Estense Castle; the Palazzo della Ragione partially collapsed, the Loggia dei Banchieri was damaged, the Palazzo dei Contrari had to be shored up and the Palazzo Vescovile was partly demolished. The Palazzo Paradiso and Palazzo Tassoni were damaged to a lesser extent and a large number of churches were severely hit: the churches of San Paolo and San Giovanni Battista collapsed; Santa Maria degli Angeli, that was still under construction was so badly damaged as never to be completed; there was damage to the façades of the churches of San Francesco, Sant’Andrea, Santa Maria in Vado, San Domenico, the Carthusian monastery and Santa Maria della Consolazione. There was quite a lot of damage to the Duomo where the façade fell away from the walls in the “strazzarie” section. The damage involved the section facing San Romano, the
Frontespizi di opere che ricordano il terremoto di Ferrara (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) Frontispieces of books that recall the earthquake of Ferrara (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
Anche le torri, numerosissime a Ferrara, subirono la violenza delle scosse: oltre a quelle del Castello si ricordano la torre del Palazzo della Ragione, il torrione di Porta San Pietro, la torre di Castel Tedaldo, i coperti dei campanili del Duomo e delle chiese di San Silvestro, di Sant’Agostino, di San Giorgio e di San Bartolo. Secondo l’ambasciatore fiorentino Bernardo Canigiani la successiva forte scossa del 15 dicembre causò il crollo del Palazzo Tassoni, delle chiese di Sant’Andrea e di Sant’Agostino, e quella del 12 gennaio danneggiò Palazzo Montecuccoli. Il numero delle vittime oscilla a seconda delle fonti: l’ambasciatore fiorentino in una sua lettera ne ricordava 130-150. Dopo le tremende scosse la popolazione fuggì verso luoghi aperti e visse a lungo in ripari di fortuna anche per la paura causata dal ripetersi delle scosse. Cronisti contemporanei Tracce del terremoto a Ferrara: pilastri di via Mazzini Signs of the earthquake at Ferrara: pillars of Via Mazzini
chapel of Corpus Domini and the iron chain above the main altar. Many of the numerous towers in Ferrara were also damaged by the quake: as well as damage to the towers in the Castle, the towers at the Palazzo della Ragione, Porta San Pietro and Castel Tedaldo were also affected. There was also damage to the Duomo bell tower and at the churches of San Silvestro, Sant’Agostino, San Giorgio and San Bartolo. According to the Florentine ambassador, Bernardo Canigiani, the later, very strong quake on 15 December caused the collapse of the Palazzo Tassoni and the churches of Sant’Andrea and Sant’Agostino. The quake of 12 January damaged the Palazzo Montecuccoli. The number of victims varies: the Florentine ambassador mentioned a figure of between 130-150 in one of his letters. After the first quakes struck, people fled 217
riportano che 11.000 persone abbandonarono la città. Le cronache e le lettere riferiscono scene catastrofiche: dai primi giorni di novembre si avvertirono forti rimbombi - che durarono per tutto il periodo sismico - attribuiti a movimenti di acque di superficie, a rotte di fiumi in piena, a tempeste di mare. I forti rumori furono accompagnati dall’oscuramento del cielo, dal passaggio di una cometa, da disturbi nell’atmosfera e da un cielo rosso infuocato; e ancora dall’apertura di fessure con uscita di “schiuma nera”, da fenomeni di liquefazione del terreno, a volte con emissione di fumi o fuoriuscite di sabbie bollenti, nell’area urbana e nelle immediate vicinanze. Presso Stellata il Po subì un arresto temporaneo del flusso delle acque: il loro innalzamento seguito da un rapido abbassamento provocò danni ai mulini. I primi segni di riorganizzazione si avvertirono nel marzo del 1571, quando il duca, rientrato in Castello già da gennaio, ordinò un censimento della popolazione. Il 14 agosto venne emanato un decreto con il quale si intimava a tutti i residenti a Ferrara da almeno quindici anni di ritornare in città, pena la confisca dei beni urbani. La terra continuò a tremare a intervalli più o meno lunghi per quattro anni: l’ultima scossa registrata è della fine di maggio 1574. Il lungo sciame sismico rese necessario il cambiamento di alcuni caratteri edilizi urbani, come la diminuzione dei piani negli edifici e della mole dei comignoli. Un progetto non ufficiale ma di grande rilievo scientifico per le proposte di nuovi criteri di costruzione è contenuto nel trattato dell’antiquario e architetto di corte Pirro Ligorio, che individuò la debolezza delle costruzioni ferraresi nello scarso spessore dei muri e nell’incastro instabile di superfici di diversa dimensione. Fu così che Ligorio elaborò il primo progetto di casa costruita con criteri “antisismici”, con muri di spessore largo e proporzionati all’altezza dell’edificio, con rinforzi nei punti di scarico. Il duca commissionò studi e ricerche a scienziati di fama ferraresi e non, per avere una spiegazione scientifica del fenomeno che potesse bilanciare l’immagine negativa data dall’interpretazione religiosa. Anche le teorie naturalistiche, però, erano contrarie 218
to open areas and sheltered there for quite some time because of the terror of aftershocks or new quakes. Chroniclers of the time reported that about 11,000 people abandoned the city. The chronicles summarised the catastrophic scenes as follows: from early November, loud rumbling sounds were heard - indeed, these rumblings lasted throughout the seismic upheavals - the noises were attributed to the movements of waters, to rivers breaking their banks and storms at sea. The loud noises were accompanied by dark skies, passing comets, disturbances in the atmosphere and flame red skies. There were also episodes of “black froth” issuing from cracks in the ground, the earth turning to liquid and fumes and boiling sand erupting from similar fissures both within the city and suburbs. At Stellata, the river Po stopped flowing and the sudden raising and lowering of water levels damaged water mills. Signs of reorganisation were first seen in March 1571 when the duke, who had returned to the Castle in January, ordered a census taking. On 14 August, a decree was issued that summoned all the citizens of Ferrara who had been resident for at least fifteen years to return home or have their homes and lands confiscated. The earth continued to shake occasionally for four more years. The last quake was recorded towards the end of May 1574. The long series of seismic activity forced a rethink of some building practices like having fewer floors and smaller chimneys. In an ancient court document, Pirro Ligorio suggested a non-official but, nonetheless scientifically sound, set of new proposals and building parameters that identified weaknesses in Ferrarese construction techniques. These included practices like building walls that were not thick enough and joining different sized surfaces thus creating inherent instability. Ligorio thus designed his first “anti-seismic” houses with wall thicknesses in direct proportion to the height of a building and with reinforced load bearing areas. The duke commissioned noted scientists both from Ferrara and further afield to carry out studies and research so that he might have some sort scientific explanation to off-
alla famiglia dominante, dal momento che individuavano la causa principale del sisma nell’estesa opera di bonifica promossa dalla Casa d’Este. Secondo il medico ferrarese Giacomo Antonio Buoni, i terreni secchi e compatti dopo il prosciugamento impedivano ai venti sotterranei l’esalazione graduale verso le paludi. Questa “teoria dei venti” venne quasi immediatamente smentita nel dicembre del 1571, quando, dopo una forte tempesta di vento, filosofi e astrologi preannunciavano la fine delle scosse: la sera stessa il terremoto riprese vigore con violenza, squassando ancora la città e terrorizzando la popolazione.
La testimonianza di Pirro Ligorio Pirro Ligorio (Napoli 1500 ca. - Ferrara 1583) arrivò a Ferrara nel 1568-69 e vi trascorse il resto della sua vita al servizio del duca Alfonso II in qualità di architetto e antiquario di corte. Visse in prima persona l’esperienza del terremoto, lasciandone una descrizione dettagliata.
set against the negative religious interpretation. The “natural causes” explanations however were contrary to the beliefs held by the ruling family that maintained the main causes of the earthquakes were directly connected with land reclamation works being conducted by the Estes. According to the Ferrarese doctor, Giacomo Antonio Buoni, the dry, compacted earth that was a result of the reclamation schemes, prevented underground winds from gradually breathing out in the marshy areas. This “Underground Winds” theory was almost immediately contradicted when in december 1571, following a strong gale, philosophers and astrologers announced that the earthquakes would end. That same evening, an earthquake once more shook the ground, rattling the city and terrifying the people.
«Giovedì era come un giorno d’estate caldo, tirava un poco di vento libico, sendo il cielo nu-
biloso in gran parte del giorno. Alle nove hore di notte finalmente fu nella città conosciuto il Terremoto. Et le cose passarono in questo modo molto spaventevoli. Essendo certi che lavavano un morto per vestirlo, il terremoto facendo strepito, il morto tremava et si muoveva; onde quelli che gli erino da torno spaventati come di qualche fantasma si posero in fuga. […] Et questi et altri peggiori spaventi furo sentiti in questa hora che ogni uomo fu svegliato con gran tremito perché pareva che le case rovinassero. del primo assalto conosciuto del terremoto
Scosse dunque nella sudetta notte la citta grandemente doppo le nove hore nelle tredici fortemente et tuonava tanto spesso che pareva tante artiglierie impietosamente tanto che non vi rimase persona che non si svegliasse perché si sentiva in tal hora universale et fu molto dannoso et pieno di detrimento, smosse le mura delle case, cascarono merli et camini con tanta ruina che pareva che il ciel cadesse et la terra insieme mancasse, sendo passata la scussione ogni huomo corse alle finestre et l’aere se vedeva caliginoso et ogni huomo stava suspeso sendo venuta la matina del venerdì alli diciasette di novembre sendo l’aere non molto chiaro ma humido et tepido senza pioggia alcuna et il sole calando nell’ocidente con vapori dinanti tirando libeccio ogn’huomo raccontava della passata fortuna et si burlava ma Iddio providendo a tanto male viduto di non havere anchora penetrato lo popolo la cosa accio che si potesse salvare, di nuovo svegliò l’animi con un altra horribile scossione come fa una tromba che incita ad armarsi contr’a nemici: alle ventiquattrhore scosse talmente la citta il moto della terra che i merli et i camini ch’erano già caduti dalle cime delle case tutti quelli ch’erano rimasti interi rovinarono anchora et tutte le muraglie creparono et parte delle cime de camini cadendo sulli coperti et parte nelle strade sendo 219
case molto alte et mastinemente fabricate sfondarono le case stesse dalle cime in sino all’ultimi solari, di dentro le stanze cadendo anchora molte cappe dei camini, sbattendo i muri insiemi principali infransero tutti i tramezzi delle stanze creparono in tale modo li muri originali et li mezzani. La quale squassatione fu tale che crollò ogni edificio et lo rese languido et caduco; […] Fu questo caso strepitosissimo et tremendissimo ma era assai piacevole al rispetto di quello che seguì alle tre ore incirca, assaltando di nuovo la città con horrendo suono et incredibile moto […] gridava il popolo tutto Gesù Gesù ad alta voce, per che pareva che la città fosse andata in profondo […] Bollevano l’aque del po fiume, bollevano quelle del Castel Tedaldo et quelle del Castel Vecchio et strepitavano et esso bello edificio del Castello vecchio quantunque sia fabrica per grosezza de muri et per saldezza dell’opera lateritia tremò grandemente, riceve’ grandissimo danno dalla parte di uno degli appartamenti, la quale parte già per l’altro terremoto già nove anni sono fece alcuni risentimenti ma non sendo curato, anzi superturbato da qualche fabrica che lo incarcò da questo terremoto ha lasciato da una parte il muro di dentro cadere et tirato a terra alcune stantie nel resto de li danni ricevuti sono facili et rimediabili perché il moto l’ha scosso per tre lati et da questo appartamento che cadde solo due ragazzi vi morirono mentre stavano a fare colatione non havendo seguitati gli altri che erano saltati fuorj et questi erano due servitori del conte Scipione Sacrati. Sendo partiti lo principe et la principessa con tutta la corte già, questo luogo patì come patirono tutte le parti della Magnificentissima casa d’Este. […] Cadde affatto la stanzia et alloggiamento de la guardia de Thedeschi nella corte vecchia. Rovinò in due luoghi le facciate de fianchi della chiesa del Duomo vicino al tetto staccossi dal corpo la facciata davanti et ritornò al suo luogho cosa meravigliosa. Rovinò affatto la chiesa di San Giovani Battista. La facciata davanti de la chiesa di San Paulo et fracassossi i fianchi. La cima del frontespitio et facciata de la chiesa di San Francesco, Si guastò li volti la chiesa della Certosa la quale in molte parti mutilò et gli mutò la cima del Campanile in mala forma […] et quella di Santa Maria del Vado et quella di Santo Andrea si guastarono nelli fastigij et in altre parti. Intraperse la parte anteriore di San Domenico et in alcune parti caddero degli ornamenti suoi nel proprio tetto et lo sfondarono […] Li monasteri hanno tutti patito et particularmente quello delle Monache del Corpo di Christo è caduto affatto dalle radici. Finalmente tutte le case hanno participato del medesimo male et quanto più le fabriche erano alte tanto più sono periculate in quel primo assalto più crudele et le altre hanno fatto male alle basse cosa veramente calamitosa et degna di essere pianta con lachrime di sangue […] sempre si sentirono tuttavia per insino al sabato alla mattina pian piano infiniti tiri ma da nove di essi fecero sempre tremare la terra scosse di tal maniera che la chiesa di San Giorgio hebbe anco col suo convento le acute querele. Nella notte fu sentito in Venetia in Verona in Bologna in Mantua in Thoscana et in altre città più lontane in diverse parti della Italia. Fu la notte caliginosa di una folta nebia né si vide stela alcuna si sentiva caldo. Tutte le barche erano piene sul po fiume, tutte le piazze ingombrate di persone piene di smarrimento di dispiacere di molestia et furono di quelli che per tale terrore s’infirmarono et per quella infirmità morirono […] Et quello che si diceva verso i tristi a gloria d’Iddio non m’è lecito raccontare
»
(Libro, o Trattato de diversi Terremoti…, vol. 28 mss. torinesi, tratto da L’impresa di Alfonso II. Saggi e documenti sulla produzione artistica a Ferrara nel secondo Cinquecento, a cura di Jadranka Bentini e Luigi Spezzaferro, Ferrara 1987, pp. 18-19) 220
Girolamo da Carpi Girolamo was initially taught by his father, the painter Tommaso, then worked as an assistant at the school of Benvenuto Tisi (better known as Garofalo). In 1525 he worked on frescoes in the vestry of San Michele in Bosco in Bologna where he came into contact with the work of Raffaello that had a profound effect upon him. From around 1530, he worked mainly in churches and monasteries in Ferrara alongside Biagio Pupini, Garofalo, Dosso Dossi, Camillo Filippi and his father Tommaso. It was however Ercole II d’Este, who provided him with most of his commissions - that recognised Girolamo’s talents not only as a painter but also as an architect - and who entrusted him with important decorative works and projects. In the 1530’s, he worked on frescoes depicting court scenes at the Copparo, Belvedere and also perhaps the Verginese “delizie”. In 1540 he was commissioned by the duke to paint Venere e Amore that was then donated to Francesco I, king of France. He also worked with Camillo Filippi on frescoes that adorned the ceiling and walls of Ercole II’s bedroom. He moved to Rome in 1549 to work for cardinal Ippolito II d’Este, the duke’s brothGirolamo da Carpi, Giuditta con la testa di Oloferne, 15401550 ca. (Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister) Girolamo da Carpi, Judith with the head of Holofernes, ca. 1540-1550 (Dresden, Gemäldegalerie Alte Meister)
Girolamo da Carpi, Ritratto di gentiluomo (Roma, Pinacoteca Capitolina) Girolamo da Carpi Portrait of Gentleman (Rome, Pinacoteca Capitolina)
Girolamo da Carpi Inizialmente allievo del padre Tommaso, pittore, Girolamo operò come aiutante nella scuola di Benvenuto Tisi detto il Garofalo. Nel 1525 lavorava agli affreschi della sacrestia di San Michele in Bosco, a Bologna, città dove entrò in contatto con l’opera di Raffaello, che esercitò su di lui una grande influenza. Dal 1530 circa lavorò principalmente a Ferrara, collaborando con Biagio Pupini e il Garofalo, con Dosso Dossi, con Camillo Filippi e con il padre Tommaso, eseguendo opere per chiese e conventi della città. Ma fu il duca Ercole II d’Este, suo maggiore committente, a sfruttarne le doti non solo di pittore ma anche di architetto, affidandogli importanti incarichi decorativi e cantieri. Negli anni Trenta del Cinquecento affrescò con scene cortesi le “delizie” di Copparo e del Belvedere, forse anche del Verginese; 221
nel 1540 fu incaricato dal duca di eseguire il dipinto Venere e Amore, poi donato al re di Francia Francesco I. Sono anche da ricordare gli affreschi, eseguiti con Camillo Filippi, sulle pareti e sul soffitto della camera da letto di Ercole II. Trasferitosi a Roma nel 1549 per lavorare presso il cardinale Ippolito II d’Este, fratello del duca, la sua sensibilità fu arricchita dal fascino dell’antico e dalle esperienze architettoniche in corso nell’Urbe, come la Villa Medici e la loggia di Castel Sant’Angelo. Nel 1553 rientrò a Ferrara, dove rimase fino alla morte, avvenuta nel 1556. Il suo ruolo di architetto di corte comprende l’incarico più composito che gli fosse mai affidato: la ristrutturazione e la ricostruzione del Castello Estense dopo l’incendio del 1544. Il Castello non attendeva altro che “ribaltare” le scenografie che si andavano specchiando sulle sue possenti mura, e Girolamo creò una serie di belvedere in ogni luogo in cui l’edificio lo consentisse, per aprire punti di visuale privilegiati verso uno spettacolo urbano che, dopo l’“Addizione erculea”, si delineava come un teatro culturale. In pratica, in quegli anni venne costruito nel Castello un nuovo piano su tutto il perimetro edificato, vennero abbattuti i merli in muratura sopra i beccatelli e sostituiti con parapetti in pietra; sulle torri e attorno agli spalti della rocca della Torre dei Leoni sorsero eleganti altane. Ovunque fu possibile si costruirono balconate, il giardino pensile venne ornato da eleganti mura, abbellimenti architettonici e decorativi ingentilirono e slanciarono il maniero, confondendone le primitive cifre austere. All’improvvisa morte di Girolamo, la grande opera che rivoluzionò l’aspetto del monumento fu degnamente portata a termine da Alberto Schiatti, che in seguito si occupò anche delle riparazioni dei danni provocati dal disastroso terremoto che colpì Ferrara nel 1570.
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er, and here his artistic skills were further honed by his fascination with antiquity and by the experience he gained from architectural projects at Urbe, such as at the Villa Medici and the loggia of Castel Sant’Angelo. He returned to Ferrara in 1553 where he remained until his death in 1556. His role as court architect included the most comprehensive commission he had ever been given: the reconstruction of the Castello Estense after the great fire of 1544. No less was expected of him than to “invert” the scenes laid out before the Castle and mirror them in its mighty walls. Girolamo created a series of viewpoints anywhere he could to open up spectacular panoramas over the town that, following the so-called “Herculean Addition”, spread out below as a sort of cultural theatre. In that period, the Castle was raised by one storey, medieval battlements were replaced by marble balustrades and Girolamo added superstructures to the Torre dei Leoni which brought the Castle a lighter and much more elegant outline. He constructed balconies wherever possible, the roof garden was decorated by elegant walls, architectural improvements and, decorative and sophisticated touches left the previous sense of austerity far behind. After Girolamo’s sudden death, the renovation work was completed by Alberto Schiatti who later also looked after restoring the Castle following the terrible earthquake of 1570.
Girolamo da Carpi, Il ratto di Ganimede, 1544 ca. (Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister) Il dipinto fu eseguito, probabilmente, per le “stantie nove” di Ercole II d’Este nel Palazzo di Corte Girolamo da Carpi, Ganymedes’ Rat, ca. 1544 (Dresden, Gemäldegalerie Alte Meister) The painting was probably executed for Ercole II d’Este’s “stantie nove” (‘new rooms) in the Palazzo di Corte
Il Castello visto da sud-est. In primo piano la Torre Marchesana The Castle seen from the south-east. In the foreground the Marchesana Tower
Nel progetto di Girolamo da Carpi il Castello viene innalzato di un piano, sulle torri vengono costruite quattro altane, i merli difensivi vengono demoliti e sostituiti con balconate di pietra bianca.
In Girolamo da Carpi’s project, the Castle was raised by one storey, four roof-terraces were built on the towers and the defensive battlements were demolished and replaced with white stone balconies.
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L’Anticamera The “Governo” del Governo ante-room
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Q
uesto piccolo ambiente di grande qualità artistica era legato, nel Cinquecento, alla Sala del Governo con funzione di anticamera del «salotto di Sua Eccellenza». Ne è conferma, oltre alle fonti documentarie, un impianto decorativo assai simile e coevo alla Sala del Governo, caratterizzato da pregevoli grottesche negli sguinci delle finestre e nella piccola volta del soffitto. Le pitture si presentano in parte alterate da interventi di restauro eseguiti nei primi decenni del Novecento. La decorazione è stata eseguita nel 1556 da Girolamo Bonaccioli, già autore del soffitto della Sala del Governo, e da Battista Bolognese. Nel dicembre 1566 Filippo de Vecchi veniva pagato per aver lavorato «nel salotto che fa da anticamera alla sala della stufa», probabilmente completando o restaurando l’opera.
I
n the 16th century, this small room of immense artistic quality was outside the “Sala del Governo” and acted as a sort of waiting room for entrance to “His Excellency’s Chambers”. Apart from documentary evidence that confirms this layout, there are also similar, contemporary decorations in the “Sala del Governo” that feature valuable grotesques around the window frames and in a small arch in the ceiling. The illustrations seen at present were somewhat altered during restoration works in the early 1900’s. The decorations were carried out in 1556 by Girolamo Bonaccioli who had previously painted the ceiling in the “Sala del Governo” and by Battista Bolognese. There is a receipt dated December 1566 showing that Filippo de Vecchi was paid for probable finishing-off or restoration work he had carried out on “the room that acts as the anteroom to the sala della stufa (the stove room)”.
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La Sala del The “Governo” Governo room
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Q
uesta sala aveva grande importanza rappresentativa per il duca Ercole II (1534-1559): è qui infatti che venivano esercitate le funzioni di governo e di esercizio della giustizia. L’ambiente è caratterizzato da un ricco soffitto ligneo a lacunari di diverse forme, ovali, ottagonali, esagonali, romboidali, ed è arricchito da una decorazione pittorica policroma e luminosa, da applicazioni in legno dorato e tornito a forma di roselline e da rosoni intagliati posti al centro dei cassettoni. Il soffitto, molto simile per impianto e dimensioni a quello del Salone d’onore di Palazzo dei Diamanti, è stato realizzato tra l’incendio del 1554 e il terremoto del 1570, e ha visto il contributo di diverse maestranze. Il programma iconografico fa riferimento a diverse fonti letterarie: oltre alle Genealogie di Boccaccio è possibile rintracciare anche riferimenti alle opere di Natale Conti, di Lilio Gregorio Giraldi i cui argomenti sono i nomi, la storia, le tradizioni e i miti delle divinità, e alle Imagini de li dei de li Antichi di Vincenzo Cartari, dedicate a Luigi d’Este nel 1571. I lavori cominciarono nel 1559 in una delle stanze del lato sud, con la costruzione di una grande stufa rivestita di maioliche decorata con una grande aquila bianca, simbolo della famiglia, da cui il nome di “Camera della Stufa”.
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his room held great symbolic importance for the duke Ercole II (1534-1559) and it was in fact from here that he ruled and held court. The room is characterised by a splendid wooden ceiling with panels in various oval, octagonal, hexagonal and rhomboid shapes. The room is further embellished by bright, multi-coloured paintings, gilt, wooden, turned latticework in the form of rose buds and rosettes engraved in the centre of the caissons. The ceiling that is very similar in design and size to that of the “Salone d’onore di Palazzo dei Diamanti” was constructed between the fire of 1554 and the earthquake of 1570 and was the handwork of differing master craftsmen. The iconography refers to various literary sources. These include the “Genealogie” by Boccaccio with references also made to the works of Natale Conti, Lilio Gregorio Giraldi whose subjects come under the headings, history, traditions and divine myths and to Imagini de li dei de li Antichi by Vincenzo Cartari, dedicated to Luigi d’Este in 1571. Works began in 1559 on one of the great rooms on the south side with the construction of a large stove covered with decorated pottery and a large, white eagle that was the family symbol. The room was named the “Camera della Stufa”.
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Il collezionismo estense
The Este collections
La varietà e la complessità del collezionismo praticato sistematicamente dagli Estensi nei secoli XV e XVI sono state favorite oltre che da fattori ambientali, storici e sociali, dalla stessa volontà progettuale dei signori di Ferrara. Da Leonello a Borso, da Ercole I ad Alfonso I, da Ercole II ad Alfonso II, nell’arco di due secoli il collezionismo di opere d’arte si colloca all’interno di un progetto di trasformazione della città in centro culturale e umanistico di primaria importanza europea, con il contributo dello Studio ferrarese. Grandi artisti come Piero della Francesca, Rogier van der Weyden, Pisanello, Leon Battista Alberti, Mantegna, Raffaello, Tiziano, Pordenone, Giulio Romano, insieme ad arazzieri, miniatori, cesellatori, contribuirono ad accrescere il valore e il prestigio delle collezioni estensi che si arricchivano contemporaneamente di ricercate raccolte di oggetti antichi (monete, statue). Con Alfonso I, Ercole II e Alfonso II l’interesse per il collezionismo archeologico si incrementò notevolmente tramite i cardinali di Casa d’Este Ippolito I, Ippolito II e Luigi, appassionati raccoglitori di celebri “pezzi” d’arte romana antica provenienti in parte dagli scavi della Villa Adriana a Tivoli.
The variety, richness and complexity of the collections made by the Este family in the 15th and 16th centuries were not just the results of environmental, historical and social factors but were also due to systematic, specific planning on behalf of the Ferrarese nobility. From Leonello to Borso, from Ercole I to Alfonso I, from Ercole II to Alfonso II, in a period spanning two hundred years, the art collections transformed the city into one of the most important cultural centres in Europe with a significant contribution made by Ferrarese artists. Great artists like Piero della Francesca, Rogier van der Weyden, Pisanello, Leon Battista Alberti, Mantegna, Raffaello, Tiziano, Pordenone and Giulio Romano, along with tapestry-workers, miniaturists and engravers vastly increased the richness and depth of the Este collections that were at the same time being enriched by other gatherings of antique objects (coins, statues). In the times of Alfonso I, Ercole II and Alfonso II, the interest in collections increased significantly through the cardinals of the Este house, Ippolito I, Ippolito II and Luigi. These men were enthusiastic collectors of famed “pieces” of Roman art, some of which
Antonio Lombardo, particolari del “Camerino d’Alabastro” di Alfonso I d’Este (San Pietroburgo, Museo Statale Hermitage) Antonio Lombardo, details of the Alfonso I d’Este’s “Alabaster Study” (Saint Petersburg, The State Hermitage Museum) Satiressa tra due tritoni Female Satyr between two Tritons Corazza tra due unicorni A fianco l’iscrizione a partu virg[inis] / m.d.viii alf[onsus] d[ux] / iii hoc sibi ocii / et quietis / ergo cond[idit] Body armour between two Unicorns Alongside, the inscription A PARTU VIRG[INIS] / M.D.VIII ALF[ONSUS] D[UX] / III HOC SIBI OCII / ET QUIETIS / ERGO COND[IDIT]
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La contesa tra Minerva e Nettuno per il possesso dell’Attica The dispute between Minerva and Neptune for possession of Attica La fucina di Vulcano Vulcan’s Forge Il Trionfo di Ercole The Triumph of Hercules
Se le raccolte estensi erano ricchissime di oggetti preziosi (bronzi, medaglie, ceramiche, avori, smalti, armi…), di oggetti d’uso e di arredi (arazzi, tappeti, mobili…) documentati negli inventari, è pur vero che il collezionismo di pitture e sculture dei più famosi artisti contemporanei assicurò ai duchi estensi un ruolo di primato indiscusso nell’ambito del mecenatismo di Corte. Emblematico e molto celebrato, in tal senso, è l’episodio artistico dei “Camerini d’Alabastro” di Alfonso I, dove avevano trovato luogo, secondo un colto progetto iconografico, il Festino degli dei di Giovanni Bellini
came from the ruins of the Villa Adriana at Tivoli. If the Este collections were filled with precious objects (bronzes, medallions, ceramics, ivories, pottery, arms, etc.) and furniture and fittings (tapestries, rugs, etc.) as shown in inventories, the same is no less true of the collections of works of art and sculptures by the best-known artists of those times. These collections assured the Este family of a highranking place among the most important names in court patronage. Alfonso I’s famed “Camerini d’Alabastro” was highly emblematic. This private gallery
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5 1. Tiziano, Il Cristo della moneta, copia, XIX secolo (Provincia di Ferrara)
i cavalli di Apollo), 1544 (Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister)
1. Titian, The Tribute Money, copy, 19th century (Provincia di Ferrara)
3. Battista Dossi, The Morning (Aurora with Apollo’s Horses), 1544 (Dresden, Gemäldegalerie Alte Meister)
2. Dosso Dossi e Battista Dossi, San Giorgio, 1540 (Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister) 2. Dosso Dossi and Battista Dossi, Saint George, 1540 (Dresden, Gemäldegalerie Alte Meister)
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3. Battista Dossi, Il mattino (Aurora con
4. Dosso Dossi e Battista Dossi, L’arcangelo Michele, 1540 (Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister) 4. Dosso Dossi and Battista Dossi, The Archangel Michael, 1540 (Dresden, Gemäldegalerie Alte Meister)
5. Benvenuto Tisi da Garofalo, Apoteosi di Ercole, 1539 ca. (Liechtenstein, Princely Collection) 5. Benvenuto Tisi da Garofalo, The Apotheosis of Hercules, ca. 1539 (Liechtenstein, Princely Collection) 6. Battista Dossi, La notte (Il sogno), 1544 (Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister) 6. Battista Dossi, The Night (The dream), 1544 (Dresden, Gemäldegalerie Alte Meister)
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(Washington, National Gallery), i tre Baccanali di Tiziano (Madrid, Prado; Londra, National Gallery), le Storie di Enea di Dosso Dossi (Birmingham; Ottawa), il Trionfo di Bacco in India di Garofalo (Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister), gli altorilievi di Alfonso Lombardo (San Pietroburgo, Hermitage; Parigi, Louvre). Dagli inventari delle suppellettili della residenza e dalle fonti storiche si rileva, inoltre, che gli appartamenti del Castello e del Palazzo di Corte erano ricchi di opere d’arte che non avevano soltanto una funzione decorativa, ma erano state concepite all’interno di un progetto globale di alto valore simbolico. Con la devoluzione della capitale del Ducato estense alla Chiesa nel 1598, iniziò la dispersione del patrimonio estense. A Modena passarono famose tele di Dosso 232
housed the Festino degli dei by Giovanni Bellini (Washington, National Gallery), the three Baccanali by Tiziano (Madrid, Prado; London, National Gallery), the Storie di Enea by Dosso Dossi (Birmingham; Ottawa), the Trionfo di Bacco in India by Garofalo (Dresden, Gemäldegalerie Alte Meister) and bas-reliefs by Alfonso Lombardo (St. Petersburg, Hermitage; Paris, Louvre). Inventories of furniture and fittings in the residence along with other historical sources indicate that the apartments in the Castle and the Palazzo di Corte were full of wonderful works of art. These were not just seen as decorations but were deliberately chosen as part of a wider-ranging symbolic ideal. Dispersal of this rich artistic heritage began when the Este nobility ceded power to the Church in 1598. Famous canvases by Dosso and Battista Dossi, Garofalo, Girolamo da
Benvenuto Tisi da Garofalo, Il Trionfo di Bacco, 1540 (Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister) Benvenuto Tisi da Garofalo, The Triumph of Bacchus, 1540 (Dresden, Gemäldegalerie Alte Meister)
e Battista Dossi, di Garofalo, di Girolamo da Carpi e di Scarsellino insieme alle raccolte di bronzetti, di strumenti musicali e alla raccolta archeologica. Numerosi dipinti provenienti da Ferrara vennero venduti da Francesco III d’Este ad Augusto III di Polonia, elettore di Sassonia, compresi tra i cento dipinti della cosiddetta “vendita di Dresda” del 1746. Del nucleo ferrarese facevano parte, per esempio, il San Michele e il San Giorgio di Dosso, la Notte e il Giorno di Battista Dossi, Nettuno e Minerva, Venere e Marte di Garofalo, Venere sulla conchiglia e il Ratto di Ganimede di Girolamo da Carpi (dalla Camera della Pazienza nella Torre di Santa Caterina in Castello), il Cristo della moneta di Tiziano (dallo studiolo di Alfonso I), la Sacra famiglia di Scarsellino (dalla Cappella di Corte). Contemporaneamente, i cardinali Pietro Aldobrandini e Scipione Borghese commissionarono numerose “sottrazioni” di opere d’arte rimaste nella residenza ducale; allo stesso cardinale Borghese si deve anche lo smembramento totale degli sfondati del soffitto dei “Camerini dorati”. Successive confluenze ereditarie, dopo il 1630, congiunsero inoltre la collezione Aldobrandini, in cui era entrata quella di Lucrezia d’Este duchessa di Urbino e sorella di Alfonso II, e quella del cardinale Ippolito II con la collezione Borghese, attraverso il matrimonio tra Olimpia Aldobrandini e Paolo Borghese: le opere sono confluite nella Galleria Borghese a Roma. Verso la fine del Seicento parte dei beni Borghese passarono a Giovan Battista Pamphilj, confluendo nell’attuale Galleria Doria Pamphilj di Roma. Ancora a Roma portano vicende di altre dispersioni del patrimonio artistico estense ad opera dei cardinali legati Giulio Sacchetti - a Ferrara dal 1626 al 1631 -, Carlo Pio di Savoia - a Ferrara dal 1665 al 1672 - (dipinti confluiti nella Pinacoteca Capitolina di Roma), Chigi e Barberini (Roma, Galleria Nazionale di Palazzo Barberini).
Carpi and Scarsellino went to Modena along with collections of bronzes, musical instruments and archaeological pieces. Numerous paintings from Ferrara were sold by Francesco III d’Este to Augustus III of Poland, Elector of Saxony, including one hundred paintings in what became known as the “Vendita di Dresda” in 1746. The Ferrara contribution included for example the San Michele and San Giorgio by Dosso, Notte and Giorno by Battista Dossi, Nettuno e Minerva, Venere e Marte by Garofalo, Venere sulla conchiglia and Ratto di Ganimede by Girolamo da Carpi (from the Camera della Pazienza in the Torre di Santa Caterina in the Castle), Cristo della moneta by Tiziano (from Alfonso I’s study) and the Sacra famiglia by Scarsellino (from the Court chapel). At the same time, the cardinals Pietro Aldobrandini and Scipione Borghese organised numerous “disappearances” of works of art remaining in the residence. Cardinal Borghese was also responsible for the complete removal of the priceless ceiling in the “Camerini dorati”. Subsequent events after 1630, including the marriage of Olimpia Aldobrandini to Paolo Borghese, saw the collections of Lucrezia d’Este, duchess of Urbino and sister of Alfonso II, as well as that of cardinal Ippolito II, join the Aldobrandini and Borghese collections. The works were united at the Galleria Borghese in Rome. In the late 1600’s, part of the Borghese collection went to Giovan Battista Pamphilj, and were put together in what is now the Galleria Doria Pamphilj in Rome. In Rome, there were further events that led the disappearance of the Este artistic heritage, these events were at the hands of the papal legates Giulio Sacchetti - in Ferrara from 1626 to 1631 - Carlo Pio di Savoia - in Ferrara from 1665 to 1672 - (paintings finished up in the Pinacoteca Capitolina in Roma), cardinals Chigi and Barberini (Rome, Galleria Nazionale di Palazzo Barberini).
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Nel tempo di Ercole II: numismatica, archeologia e belle arti [tratto da Luigi Napoleone Cittadella, Il Castello di Ferrara, Ferrara, 1875, appendice VI] Nel 1543 il duca Ercole II - che dorm[iva] nella Camera Marchesana - fece trasportare nel suo studio una lunga serie di oggetti: - Una cassa di lumaga de madre perle. - Una figura detta il nudo dallo spino, che è di cera. - Due vasi di terra rossa, venuti da Portogallo. - Una medaglia de zesso col ritratto del S.r Ducha Ercole I.° di Ferrara. - Uno scatolino quadro de argento col ritratto del S.r Borso. - Una testa de serpa: una lingua de serpa. - Una pietra bianca con imagine di Christo. - Uno quadretto dorato et negro, con ritratto del Ducha Ercole sopradetto. - Una cassetta de legno con una testa alla Borsesca. - Tre teste d.° una zalla, et due rosse, con contorni de metallo dorati. - Una medaglia de metale con imagine di donna. - Una medaglia de Sardonio cun testa bianca. - Due medaglie de bronzo piccole, due de piombo, una grande et una piccola. - Una medaglia grande de metalo; un cavallino de otone. - Due scatolini de legno, uno con ritratto dell’Ill.mo S. N., l’altro con medaglia del S. D. Hercole I.
Robe, che sono nel primo camerino adorato - Una effigie de Hiesu di mano di Tiziano. - Sotto il camino in terra quattro teste di marmoro. - Una macinella di porfido. - Una cassetta venetiana di noce, con quattro monete d’argento senza impronto o stampa. - Sette medaglie d’argento tra grande et picciole. - Sette medaglie d’oro diverse, et otto pezzi di miniera d’oro de più sorte. - Un pezzo di vergella d’oro, et altro pezzo di vera d’oro, et miniera insieme. - Una cannellina d’argento, et tre groppi d’oro a fogliame, cioè duo intieri et uno sbusato. - Tre monete d’oro, et un vaso d’argento, un poco zibetto, e muschio. - Quadro d’alabastro, con cornice di noce profilata, con coperto dipinto. - Sopra la tavola un Baccho di musaico, cioè la testa.
Uno studio di noce, con le infrascritte cose - Uno libro di Cosmographia, et uno di Architettura. - Un pezzo di legno aloè, et uno con belzoino. - Tavolette cinquantasei poste nella tavola a man destra, nelle quali sono medaglie d’oro, la qualità et quantità che si vedeva per un libro del già M.r Celio Calcagnino, coperto di raso verde, con cordele di seta alionata, gli dette Girolamo Monferrato al S.r Ducha Ill.mo, et è posto nel primo cassettino a man destra. 234
Bottega ferrarese, Grande piatto con Astronomia-Urania, ceramica graffita, ultimo quarto XV secolo (Ferrara, Museo Civico di Palazzo Schifanoia) Ferrarese workshop, Large plate with Astronomy-Urania, graffitied ceramics, last quarter of the 15th century (Ferrara, Museo Civico di Palazzo Schifanoia)
Gian Cristoforo de’ Ganti, detto Cristoforo Romano (Roma 1465 ca.-Loreto 1512) Medaglia di Alfonso I d’Este (1476-1534) e Lucrezia Borgia (14801519), in occasione del matrimonio celebrato nel 1502 (Milano, Civiche raccolte archeologiche e numismatiche)
Gian Cristoforo de’ Ganti, known as Cristoforo Romano (Rome ca. 1465Loreto 1512) Medal of Alfonso I d’Este (1476-1534) and Lucrezia Borgia (14801519), on occasion of their wedding celebrated in 1502 (Milan, Civiche raccolte archeologiche e numismatiche)
R / · alfonsvs · estensis Busto di Alfonso I rivolto a sinistra, con corazza e cappello V / · lvcretia · esten · deborgia · dvc · Busto di Lucrezia Borgia ricolto a sinistra, con i capelli sciolti fermati da un nodo alla nuca
O / · ALFONSVS · ESTENSIS Bust of Alfonso I looking left with armour and hat V / · LVCRETIA · ESTEN · DEBORGIA · DVC ·
Pompeo Leoni (post 1533-Madrid 1608) Medaglia di Ercole II d’Este (1508-1559) (Modena, Galleria Estense, Medagliere estense)
Pompeo Leoni (post 1533-Madrid 1608) Medal of Ercole II d’Este (1508-1559) (Modena, Galleria Estense, Medagliere estense)
Bust of Lucrezia Borgia looking left with her loose hair tied in a knot at the nape of her neck
R / hercvles estensis ii
O / HERCVLES ESTENSIS II
ferr.
FERR.
Busto di Ercole II con corazza rivolto a sinistra V / svperanda omnis
Bust of Ercole II with armour looking left V / SVPERANDA OMNIS
fortuna
Figura femminile (Pazienza) incatenata con la caviglia a una roccia
FORTUNA
Female figure (Patience) chained by the ankle to a rock
Matteo de’ Pasti (Verona 1420-1490 ca.) Medaglia di Leon Battista Alberti (14041472), architetto (Milano, Civiche raccolte archeologiche e numismatiche)
Matteo de’ Pasti (Verona ca. 1420-1490) Medal of Leon Battista Alberti (1404-1472), architect (Milan, Civiche raccolte archeologiche e numismatiche)
R / · leo baptista · alber Busto rivolto a sinistra, a capo scoperto · V / matthaei · pastii · veronensis · opvs · Occhio alato e fiammeggiante entro corona d’alloro; sotto, nel campo:
O / · LEO BAPTISTA · ALBER Bust looking left, with headwear · V / MATTHAEI · PASTII · VERONENSIS · OPVS ·
Winged and flaming eye in a laurel wreath; below, in the field:
- Et più tavoletta una con medaglie d’argento N. 14 et una d’oro. - Nel secondo cassettino sono li infrascritti bossoli, cioè: vuoti N. 14, et N. 16 con diverse medaglie d’argento. - Nel terzo cassettino bossoli N. 33 con medaglie simili, et duo vuoti. - Nel quarto cassettino medaglie 280 di bronzo di più stampe. - Nel quinto scatolini N. 29 con medaglie d’argento. - Nel sesto scatolini N. 30 con medaglie simili. - Nella stessa tavola a man sinistra sono quattro ordini con la infrascritta qualità di medaglie d’argento, cioè: 1.° Ordine, con tavolette N. 17 con medaglie 196. 2.° Ordine, con tavolette N. 17 con medaglie 242. 3.° Ordine, con tavolette N. 17 con medaglie 255. 4.° Ordine, con tavolette N. 17 con medaglie 252. - Nel cassettino 1.° a mano dell’Ordine di mezzo sono le infrascritte medaglie, cioè: - Medaglie N. 1828 tutte d’argento; medaglie N. 120 d’argento; medaglina una d’oro picciola in una carta separata dalle altre. - Medaglie di bronzo N. 16. Nel cassettino 2.° del detto Ordine sono medaglie di bronzo N. 102; medaglia una d’argento grande. - Nel cassettino 1.° dell’Ordine di sotto sono scatolini otto con medaglie d’argento: il resto son vuoti. - Dietro alla tavola sono - una chiavatura tedesca havuta da M.r Agostino; uno scatolino con un camaleonte; due sacchetti di corame, con color turchino da dipingere. 1544. - Otto medagliette piccole di pietre diverse, con rilievo d’oro, delle forze d’Hercule, per scudi otto d’oro in oro. 1552. - Una medaglia di cameo comprata dal Chiozzo. - Un porcospino d’oro smaltato di nero. - Una medaglia d’oro smaltata di verde, comprò il M.° Quaino da un orefice francese. - Una medaglia d’oro con un bambino con l’ali et arco e faretra, con breve che dice sponte in fato. - Una croce d’oro con un Christo. L’11 dicembre 1559, poco più di un mese dopo la morte di Ercole II, fu stilato un inventario delle robe che si trovano nello studio overo camerino di marmo, e nell’adorato di Sua Excellentia:
QVID TVM
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Sopra la cornice del chamerino minor sono le infrascritte cose tutte di metallo: - Un Hercole con la clava. - Un Hercole con Cacho. - Il villano dalla paura. - Un Mercurio. - Una figura minor. - Un altra figura. - Un bambino che ha sulle spalle una cornucopia. - Una figura grande con li capelli adorati. - Un cavallino con coda et piedi rotti. - Una figura con un panno adorato. - Un altro Hercole con Cacho. - Una piccola figura con un sol braccio - Una figura grande con uno scudo in mano. - Un bambino coricato. - Una testa di donna mora, bellissima, et comodata. - Una figura che non ha braccia. - Un satiro di metallo. - Altra figura con un sol braccio. - Altra figura con un panno dorato.
Sopra la cornice dissotto vicino all’uscio contando a man destra: - Una testa di metallo. - Una figura di metallo. - Altra testa et altra figura di metallo.
Nel secondo quadro sono le infrascritte cose: - Un libretto con carte todesche da giocare, havuto da M.r Agostino Mosti. - Un ritratto del Ducha Hercole I, di gesso overo di stuccho. - Due figure di metallo, e tre piccole. - Un luchetto nero et dorato, todesco. - Una figurina di metallo con un trofeo in spalla.
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Rubinetto di Francia su cartone di Cosmè Tura, Compianto su Cristo morto, arazzo tessuto a Ferrara, 1474 (Madrid, Collezione Thyssen Bornemisza) Rubinetto di Francia on Cosmè Tura card, Mourning over the Dead Christ, tapestry woven at Ferrara, 1474 (Madrid, Collezione Thyssen Bornemisza)
Nel terzo quadro: - Un pezzo di miniera d’argento et gioje, havuto da M.r Agostino Mosti. - Un orlojo da polver, d’oro tirato, havuto dalle MM. di San Silvestro. - Una cassetta di diaspro overo calcidonio, con cornice adorata. - Un secchiello di cristallo di monte, con manico adorato. - Un vaso di lapislazoli con cornice e piede dorati con alcone gioje. - Un vaso, overo saliera d’agata, con piè dorato guarnito di gioje.
Nel quarto quadro: - Una figura piccola di marmor bianco. - Alcune figure di metallo. - Un vaso di terra di color azzurro.
Nel quinto quadro: - Un vaso di terra negro et antiquo. - Una gran medaglia di metallo. - Foglie adunate insieme et converse in sasso.
Nel sesto quadro: - Una figura grande di metallo. - Una figura a cavallo tutta di metallo. - Due mezze figure di metallo. - Un bambino di busso.
Nel settimo quadro: - Un bambino di marmo bianco, havuto da Guaspero Belenzino.
Sulla banca del Camerino: - Un Cupido di marmor, antiquo. - Un vase di porfido moderno, et altro antiquo. - Una cassetta con ferri di più sorta, fatti in Alemagna. - Una Venere et Cupido, antiqui, di marmo. - Un Hercole et Cacho, di marmo, moderni.
Robe atacate alle due colonne vicine alla finestra: - Un corno da cacciatore guernito d’argento dorato. - Un specchio di christallo
Nel camerino è una tavola di noce, su cui sono - Una coppa d’argento adorata, che va da se. - Un vaso adorato per ber aqua, et altro eguale. - Un orologio da polvere, con la costa di corame bianco. - Un scatolino di noce con ritratto d’argento di S. S., di mano del Leone. - Un altra scatola col ritratto di S. Excellentia, di stuccho, di mano di Benvenuto Lircano (?) - Quattro ritratti delli Re et Regine di Polonia, di metallo. - Un scatolino nel quale è il ritratto del S. Principe, di mano del Foligno. Armatura “da a cavallo”, parte di una guarnitura di Alfonso II d’Este (Vienna, Hofjagd Rüstkammer)
Knight’s Armour, part of a set of armour belonging to Alfonso II d’Este (Vienna, Hofjagd Rüstkammer)
Robe che sono su la Tavola: - Un scatolino di busso, nel quale è una medaglia d’oro con dui volti. - Un scatolino con una medaglia di cameo.
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- Tredici scatolini di busso con ritratti di diversi Signori, havuti da M. Quaino. - Una cassetta di legno con medaglie 21, cioè 18 di bronzo, e 3 di argento, date dal Bernieri.
Robe havute da Messer Pier Moro: - Duo vasi di terra sigilata portughese. - Una conchiglia di madreperle. - Una scatola con una testa et una lingua di serpe, posta nella tavola del primo camerino. - Una cassetta di legno tinta in verde, nella quale lì è l’effigie del Ducha Borso. - Un cassettino d’argento con la detta effigie, con impresa Fido. - Un altro scatolino di cartone verde, con detta effigie. - Una noce intagliata a fazze. - Medaglie d’osso con adornamenti adorati. - Una testa di hiesu di pietra bianca. - Un altra medaglia piccola di pietra bianca, con fondo di corniola, et adornamento dorato. - Un altra medaglia d’una donna, di metallo, con adornamento adorato. - Una medaglia d’argento, ed altra di bronzo. - Un ritratto del Ducha Borso in una tavoletta dorata, con adornamenti di stuccho negri. - Una medaglia di metallo, con figura a cavallo, che ha un porco sotto. - Una medaglia di Attila, di piombo. - Una scatola picciola con ritratto del Ducha Hercole I, di piombo. - Un scatolino, nel quale è l’effigie di detto Ducha, di stuccho. - Una testa di stuccho di detto Ducha, senza adornamento. - Una medaglia grande, di piombo, con la imagine di detto Ducha.
Nella tavola del Camerino: - Un calamaio fornito, con due bussole da polvere, d’argento. - Dentro un cassettino medaglie di bronzo 87. - Un libro del Furioso delle prime stampe. - Un tronco di cipresso lavorato. - Disegni di più sorte antiqui e moderni. - Una fontana di serpentino con la cassa di legno, et uno gran vaso di vetro di sopra, fatto a reticella. - Una medaglia d’oro di poco peso, smaltata di verde, comperata da uno francese. - Un libretto d’oro smaltato di più colori, con poco zibetto. - Una medaglia con uno bambino. - Una croce d’oro con uno Christo. - Una testa di zibellino d’oro, pesa ducati 14, e fattura ducati 3. - Otto pezzi fra agate, corniole, prasme e lapis[lazzuli], con rilievi doro a forze d’Hercole, per mar manilj. - Dui manilj d’oro antiqui, con li soi tarmezi et fondi, quali furono già pieni di muschio et ambra. - Una medaglia d’oro, due d’argento picciole, et due di bronzo. - Quadri di pittura quattro, con cornici dorate. - Tre disegni di Raffaello, con cornice di nogara. - Uno di Giulio Romano. - Il Piemonte, con cornice dipinta. - La Lombardia, con cornice in oro. - Un scrimaglio di noce, intagliato. 238
Bottega ferrarese, Calamaio plastico con figura femminile, terracotta ingubbiata, graffita, dipinta, ultimo quarto XV secolo (Ferrara, Museo Civico di Palazzo Schifanoia) Ferrarese workshop, Model inkstand with female figure, terracotta with engobe, graffitied, painted, last quarter of the 15th century (Ferrara, Museo Civico di Palazzo Schifanoia)
Il luogo delle collezioni
The private collection
L’appartamento privato di Alfonso I d’Este era uno dei miti del Rinascimento italiano per ricchezza decorativa e per il valore delle opere che il duca vi aveva raccolto in una vasta collezione. Di quel luogo che si trovava nell’ala della Via Coperta di Castello, sono andate perdute tutte le decorazioni e le finiture originali: cassettoni in legno scolpito, dorati e con inserite le tele di Dosso Dossi, pavimenti policromi in marmo intarsiato, caminetti, affreschi, quadri, sculture. Le descrizioni che le cronache ci tramandano hanno consentito il ridisegno di una ipotesi ricostruttiva.
Alfonso I d’Este’s private apartment housed one of the most decorative and valuable private collections of works of art in Italy at that time. It was from this place in the wing of the Castle’s covered archway that all the original decorations and fittings vanished: carved wood dressers that featured gilding and inserts painted by Dosso Dossi, multicoloured marble inlaid floors, chimneys, frescoes, paintings and sculptures. Descriptions provided from journals of that epoch have allowed an approximate reconstruction.
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La Sala della The Devolution Devoluzione Room
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a sala, caratterizzata da un soffitto dipinto a grottesche che ingloba quattro scene a soggetto storico, è detta anche “Sala Rossa” per sottolineare la presenza di un fregio a greche sormontato da una zoccolatura che conferisce armonia e continuità al soffitto. Si trova nell’ala rinnovata ai primi del Cinquecento da Alfonso I d’Este per la moglie Lucrezia Borgia, dove successivamente, verso la fine del secolo, Alfonso II collocò una parte dei suoi offici di governo, in particolare le sale per le udienze. Le decorazioni vennero eseguite attorno al 1830, nell’ottica di una rinnovata dignità attinente ai tempi della politica della Restaurazione e in concomitanza con alcuni lavori di restauro al Castello. La sede legatizia, committente delle opere, impose un soggetto dal forte carattere antiestense, scegliendo di far rappresentare quattro episodi che si riferiscono al tema della devoluzione in quel fatidico 1598, anno in cui l’ultimo duca estense dovette abbandonare la città. Autore delle scene dal tono narrativo-romantico è il pittore Francesco Saraceni (1797-1871) che lavorò spesso accanto a Francesco Migliari (1795-1851), mano tra le più felici dell’Ottocento ferrarese, sia nelle decorazioni del Castello, sia in quelle eseguite per altri palazzi ferraresi, tra cui il Teatro Comunale, e per numerose chiese cittadine.
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his room, that is characterised by a ceiling painted with grotesques illustrating four historic scenes, is also known as the “Sala Rossa”. This is to underline the presence of a Greek frieze fitted above a wainscot that creates a sense of continuity with the ceiling. The room is to be found in the wing that was renovated in the early 1500s by Alfonso I d’Este for his wife, Lucrezia Borgia. It was also here that, towards the end of the century, Alfonso II arranged some of his offices, in particular, rooms for holding hearings. The decorations were carried out along with other restoration works on the Castle around 1830 with the aim of renewing some of the dignity due such a building. The papal legates, who ordered the works, chose a strong anti-Este family theme showing four illustrations related to devolution during that fateful 1598 when the last Este duke had to leave the city. The narrative scenes were painted by Francesco Saraceni (1797-1871) who often worked alongside Francesco Migliari (1795-1851), one of the best of the Ferrarese school of the 1800s. Many of his works decorate the Castle and other important buildings including the Teatro Comunale and numerous churches.
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1598. La devoluzione
1598. The devolution
«Ben fu di macigno, e di diamante, chi tenne l’occhio asciutto a quel funebre e compassionevole spettacolo». (Narratione della partenza del S. Cesare d’Este con le feste e i trionfi fatte nell’intrata dall’Ill. Cardinale Aldobrandini Legato, Pavia, 1598, p. 1).
“Only a stone or a diamond could not have shed a tear at that sad spectacle”. (Narration on the departure of S. Cesare d’Este and the celebrations held to welcome Cardinal Aldobrandini, the Papal Legate, Pavia, 1598, p. 1).
Nel 1598, a conclusione delle complesse vicende dinastiche della Casa d’Este, il pontefice Clemente VIII Aldobrandini, non riconoscendo la legittimità di Cesare d’Este, nominato suo successore da Alfonso II ma appartenente a un ramo collaterale degli Estensi, pretese la restituzione di Ferrara allo Stato pontificio, con il conseguente esilio di Cesare nella vicina Modena, città estense per nomina imperiale. Dalla famosa incisione di Antonio Tempesta venne tratta L’Entrata di Clemente VIII in Ferrara di Giovanni Ferri, detto Giovanni Senese, nel 1625 nel palazzo del marchese Asdrubale Mattei (ora Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica di palazzo Barberini). Con un intento celebrativo più tempestivo e vicino all’epoca dei fatti, l’Entrata
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In 1598, the complex affairs of the house of Este came to an end when pope Clemente VIII refused to recognise Cesare d’Este as legitimate heir to the family. Although he had been nominated successor by Alfonso II, he came from a different family line and the pope therefore insisted that the city be returned to the church. As a result, Cesare was exiled to nearby Modena that had been named an Este city by the emperor. The Entrata di Clemente VIII in Ferrara
Stemma di papa Clemente VIII Aldobrandini (Ferrara, Castello Estense, Sala degli Stemmi) Coat of arms of Pope Clement VIII Aldobrandini (Ferrara, Castello Estense, Coat of Arms Room)
era stata celebrata da Antonio Casoni in una medaglia indirizzata al cardinale Pietro Aldobrandini, che di Ferrara recuperata allo Stato della Chiesa sarà il primo legato pontificio. La devoluzione di Ferrara, avvenimento fondamentale nella storia della famiglia Aldobrandini, è celebrata oltre che in oggetti di produzione estemporanea, come incisioni e medaglie commemorative, anche nella lunga iscrizione che corre sull’esedra alle spalle della villa di Frascati; ancora nel 1616, nel palazzo del cardinal Deti, che rivendicava per parte materna l’appartenenza alla famiglia Aldobrandini, la recuperazione verrà raffigurata da Flaminio Allegrini nel salone d’ingresso. Ma è nella villa tuscolana che il nome della città spicca a monumentali lettere capitali e che l’evento viene considerato alla base dell’acquisto e dei lavori impegnativi che il cardinale intraprese all’indomani del ritorno a Roma: restituita Ferrara alla sede apostolica utilizzando solo strumenti di pace, per sollevarsi dal cumulo urbanarum curarum, il cardinale fece costruire la villa e il suo teatro delle acque.
Il Seicento Felicissima entrata di N.S. PP. Clemente 8. nell’inclita citta di Ferrara. Con gli apparati publici fatti nelle citta, terre, castelli, e luoghi, doue S. Santita e passata, dopo la sua partita di Roma, Ferrara, Vittorio Baldini stampatore camerale, 1598 (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) Joyful entrance of His Holiness Clement VIII to the illustrious city of Ferrara. With the public pomp in the city, lands, castles and places through which His Holiness has passed, after his departure from Rome, Ferrara, Vittorio Baldini master printer, 1598 (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
Il Seicento si apre dunque a Ferrara come un’epoca che vede il tramonto della dinastia a cui la città era legata da secoli. Un cambiamento improvviso e totale, anche se non inaspettato - considerando le trattative che nell’ultimo decennio si erano susseguite, fino alla “Convenzione faentina” che aveva sancito i criteri di legittimità della stirpe - che è stato sempre considerato una cesura con il glorioso passato rinascimentale della città. Non si può certo paragonare lo splendore quattro e cinquecentesco della città e del Castello con l’epoca del governo pontificio, anche se va segnalata una serie di episodi che coinvolgono sia l’edificio che la città. Nel corso del primo decennio del secolo Federico Zuccari, di passaggio in città, ci informa sui lavori di «Monsignor legato cardinal Spinola», che «la fa lastricare». A Zuccari si deve anche la vivida immagine di una città quasi incantata, dove va a vedere un castello con Ippolito Scarsella e Giovan-
by Giovanni Ferri, also known as Giovanni Senese, was based on a carving by Antonio Tempesta and was positioned in 1625 in the Palazzo of the marquis Asdrubale Mattei (now it is in Rome in the Galleria Nazionale d’Arte Antica in the Palazzo Barberini). A better-timed celebration of the facts was the Entrata by Antonio Casoni in a medallion commemorating cardinal Pietro Aldobrandini, who returned Ferrara to the Church and was its first papal legate. The devolution of Ferrara was a very important event for the Aldobrandini family and was not just celebrated by engravings and medallions made at that time, but also by a long inscription displayed in the exedra of the Villa di Frascati. The restoration of Ferrara to the Church was again commemorated in 1616 in a work by Flaminio Allegrini in the palazzo of cardinal Deti who thus underlined his connections to the Aldobrandini family on his mother’s side. It is at the Villa Tuscolana that the name of the town leaps out of the page in block capitals, and where the event is considered as part of the purchase and the subsequent building work the cardinal ordered after he had returned to Rome. Having managed to return Ferrara to the Church using only peaceful methods, the cardinal ordered the villa built on the water’s edge to escape from the urbanarum curarum.
The 1600s Ferrara thus began the 1600s with the ending of a dynasty that had ruled for many generations. The change was sudden and complete, though not exactly unexpected considering the negotiations that had taken place in the preceding ten years that culminated in the “Convenzione faentina”. This endorsed the criteria of the family’s legitimacy - that had always been seen as a break with the glorious past of the city. There can be no comparison between the splendour of the city and the Castle during the 15th and 16th centuries and the period during which it was under Papal rule even if a number of events took place involving both the buildings and city life. In the early 1600s, Federico Zuccari who 243
was passing through the city wrote of works being carried out by “Monsignor Spinola, the Papal Legate”. We also are indebted to Zuccari for the images he provided of an almost enchanted city where he saw a castle with the painters Ippolito Scarsella and Giovanni Andrea Ghirardini and the goldsmith Giovanni Paolo. Zuccari was used to more modern architecture and concluded that “Alfonso d’Este delighted in the little things whereas the works he had organised were carried out by Germans or Flemish people”. Beyond the Castle walls, art flourished in the city, especially due to the presence of two artists who were to become very famous.
ni Andrea Ghirardini pittori, e Giovanni Paolo Grapini orefice. Abituato a un gusto più aggiornato in architettura, Zuccari conclude che «Alfonso d’Este si dilettava di cose piccole, e le fabbriche da lui realizzate sanno o di fiammingo o di tedesco». Fuori dal Castello, la cultura artistica ferrarese è nutrita dalla presenza di due personaggi la cui fama è destinata a travalicare i confini della città. Ippolito Scarsella, detto lo Scarsellino, accompagnatore d’eccezione del pittore forestiero, continua a lavorare per gli Este a Modena e a Roma, oltre che per le chiese della città, dove lascia alcuni dei suoi capolavori, ancora oggi in gran parte conservati nelle chiese di San Paolo, nella chiesa di San Domenico o musealizzati nella Pinacoteca di Ferrara. Lo Scarsellino, oltre
Ippolito Scarsella, or Scarsellino, continued working for the Este family in Modena and Rome as well as on churches in Ferra-
I IV
I L’abbandono di Ferrara da parte di Cesare d’Este, rappresentato mentre esce dalla porta nord della città, la Porta degli Angeli II La stesura della “convenzione faentina”, che è premessa diplomatica alla devoluzione, alla presenza di Lucrezia d’Este, duchessa di Urbino figlia di Ercole II e di Renata di Francia, e del cardinale Pietro Aldobrandini, nipote e legato di papa Clemente VIII III Il papa Clemente VIII presenzia dal terrazzo della Torre dei Leoni alla regata delle donne comacchiesi nel fossato del Castello. Lo spettacolo, in sintonia con le tradizioni popolari, fu allestito in occasione dei festeggiamenti per le doppie nozze, celebrate dallo stesso pontefice, tra Filippo III re di Spagna e l’arciduchessa Margherita d’Austria e tra l’arciduca Alberto d’Austria e l’infanta Isabella IV La presa della città da parte di papa Clemente VIII, che ne riceve le chiavi
II III
Nei quattro riquadri, in senso orario, è possibile leggere episodi che raccontano:
The four panels, in clockwise order, depict the following: I Cesare d’Este’s departure is depicted showing him leaving from the north of the city by the Porta degli Angeli II The drawing up of the “Convenzione faentina” (the devolution agreement) in the presence of the duchess of Urbino Lucrezia d’Este, daughter of Ercole II and Renata di Francia, and cardinal Pietro Aldobrandini, nephew and papal legate of pope Clemente VIII
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III Pope Clemente VIII on the roof garden of the Torre dei Leoni at the Comacchio ladies regatta in the Castle moat. This entertainment was organised in line with local tradition, to celebrate the marriages by Clemente VIII of the king of Spain Filippo III to the archduchess Margherita d’Austria, and the archduke Alberto of Austria to the infanta Isabella IV The taking of Ferrara by pope Clemente VIII, who receives the keys to the city
Stemma del cardinale di San Giorgio, Pietro Aldobrandini (Ferrara, Castello Estense, Sala degli Stemmi) Coat of arms of the Cardinal of Saint George, Pietro Aldobrandini (Ferrara, Castello Estense, Coat of Arms Room)
che negli apparati per l’ingresso della corte pontificia, fu attivo anche in Castello, dove le fonti ricordano un perduto dipinto per la sala delle Udienze, che rappresentava le Virtù e le armi del pontefice e della famiglia Aldobrandini. Carlo Bononi, intorno al 1617, comincia il grande ciclo in Santa Maria in Vado, ispirato dal teologo Giorgio Fanti e improntato alla celebrazione dei dogmi della Chiesa, dalla Trinità all’Incoronazione della Vergine di stretta osservanza controriformistica. Il miracolo del preziosissimo sangue, che sancisce la stretta ortodossia dal ciclo al dogma della trasustanziazione, è celebrato con il linguaggio personale, scenografico e di grande impatto emotivo, in una delle tele laterali. Lavori di manutenzione del Castello, che diventerà la sede dei cardinali legati, vengono intrapresi dai vari personaggi che si succedono alla carica. Fondamentale, per la riorganizzazione del sistema dei canali e per l’aver affrontato nel 1631 l’emergenza della peste, è la legazione del cardinale Giulio Sacchetti. All’epoca del pontificato Barberini, un’altra presenza in città, quella del vescovo Lorenzo Magalotti, risulta vitale per la storia della cultura figurativa: ai lavori da lui patrocinati nella Cattedrale, seguiti e orchestrati dall’architetto Luca Danese, partecipa il Guercino, autore del Martirio di San Lorenzo nella cappella omonima, alla fine della navata destra nei pressi dell’altare maggiore. Quest’opera porta nel panorama culturale cittadino un aspetto molto attuale e moderno della cultura pittorica che il pittore aveva maturato a Roma fondendo gli aspetti coloristici e fortemente patetici della sua formazione bolognese all’ombra di Ludovico Carracci con il classicismo temperato di Guido Reni e di Domenichino appresi nella città pontificia. Lo stesso architetto Luca Danese, attivo per Magalotti nei restauri della Cattedrale, è ricordato fra i documenti del Castello nel 1635 e poi ancora nel 1660 per lavori di supervisione.
ra where he left some of his masterpieces. These, to a large extent are still housed in the churches of San Paolo and San Domenico or are archived in the Ferrara Art Gallery. Apart from works on the entrance to the Pontifical Court, Scarsellino also worked on the Castle where it would seem a lost painting once hung in the Sala delle Udienze that depicted Virtue and the Papal and Aldobrandini family arms. About 1617, the other famed artist, Carlo Bononi, began his great anti-reformist works, inspired by the theologist Giorgio Fanti, in Santa Maria in Vado, that celebrated the dogmas of the church from the Holy Trinity to the Coronation of the Blessed Virgin. The miracle of the Most Precious Blood that was ascribed to the church reinforced the close ties to trans-substantiation, was interpreted on a side screen using very personal language and created a highly emotive scene. Maintenance work on the Castle, that had become the papal legates’ offices, was delegated out by the successive cardinals. A fundamental character to the reorganisation of the canal system and for seeing Ferrara through the plague in 1631 was the legate cardinal Giulio Sacchetti. During the Barberini papacy, another very important character was the bishop Lorenzo Magalotti who was vital to the artistic history of the city. He was a patron to works carried out on the Cathedral by the architect Luca Danese including the Martirio di San Lorenzo by Guercino that is positioned at the end of the left nave near the main altar in the church of the same name. This magnificent work of art brought a more modern view of art to local culture and its colourful, moving tones reflected what Guercino had learned from his experience in Rome combined with his apprenticeship under his Bolognese mentor Ludovico Carracci and the restrained classicism he had learned from Guido Reni and Domenichino. The architect Luca Danese who worked for Magalotti on restoring the Cathedral is mentioned in Castle documents in 1635 and again in 1660 for supervision work he carried out.
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La fine del Ducato a Ferrara «… quanto alle cose di Ferrara, Vostra Altezza non poteva di meno fare quello che ha fatto, perché s’è trovata senza denari, e senza alcuna sorte di speranza di aiuti da quelli principi sui quali si doveva promettere di più…» [il governatore di Milano a Cesare d’Este, 13 agosto 1598] Una morte solitaria colse il già ammalato duca Alfonso II la notte del 27 ottobre 1597. Egli aveva ordinato suo successore il mite Cesare (1562-1628), figlio di Alfonso di Montecchio e di Giulia Della Rovere. L’ultimo duca non aveva lasciato eredi diretti: nonostante una beneaugurante profezia di Nostradamus, né Lucrezia de’ Medici (morta nel 1561), né Barbara d’Austria (sposata nel 1565), né Margherita Gonzaga (sposata nel 1579) poterono dargli il tanto sospirato figlio maschio, pare a causa di una sterilità congenita dell’Estense, confermata dal medico personale di Alfonso II, Girolamo Brasavola. Sul Ducato incombeva anche la bolla di papa Pio V del 3 maggio 1567, Prohibitio alienandi et infeudandi civitates et loca Sanctae Romanae Ecclesiae, che vietava l’investitura di feudi ecclesiastici a figli illegittimi. Anche nel mancato ritrovamento di documenti ufficiali che potessero testimoniare del matrimonio tra Alfonso I d’Este (al governo 1505-1534) e Laura Dianti, si può leggere uno degli atti che hanno portato
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The end of the Estense Duchy in Ferrara Alfonso II died alone on the night of 27 October 1597 following ill health. He had nominated his successor to be the mild-mannered Cesare (1562-1628), son of Alfonso di Montecchio and Giulia Della Rovere. The last duke had no direct heirs. Despite optimistic prophecies by Nostradamus, neither Lucrezia de’ Medici (died 1561), nor Barbara d’Austria (married in 1565), nor Margherita Gonzaga (married in 1579) were able to produce the much sought-after male heir due apparently to the duke’s congenital sterility as confirmed by Girolamo Brasavola, Alfonso II’s personal physician. A further hindrance was the papal bull from Pius V dated 3 May 1567 Prohibitio alienandi et infeudandi civitates et loca Sanctae Romanae Ecclesiae, that prohibited ecclesiastical fiefdoms being passed down to children born out of wedlock. The fact that documents could not be found proving the marriage between Alfonso I d’Este (who ruled between 1505 and 1534) and Laura Dianti can be seen as another factor that led to the estate being passed from Este family to the Church. Following the death of Lucrezia Borgia (1519), Alfonso fell in love with Laura Eustochia Dianti - the “bella berrettarina” daughter of Francesco, a hat maker from Ferrara. Alfonso may have married her in articulo mortis. They had two children, Alfonso (1527-1587) and Alfonsino (15301547): the former was declared legitimate by cardinal Innocenzo Cybo, was well provided for by his father, received a good education from the most noted tutors, took up a mili-
Giorgio Rancetti (1550?-1611) Medaglia di papa Clemente VIII (15921605) (Ferrara, Museo Civico di Palazzo Schifanoia) R / clemens · viii · pont. max. a. vii Busto rivolto a sinistra, con camauro e mozzetta V / · ferraria recepta · Veduta della città di Ferrara cinta dalle mura, con il fiume Po in primo piano Giorgio Rancetti (1550?-1611) Medal of Pope Clement VIII (1592-1605) (Ferrara, Museo Civico di Palazzo Schifanoia) O/
clemens
· viii · pont.
max. a. vii
Bust looking left, with camauro and mozzetta R / · FERRARIA RECEPTA · View of the city of Ferrara girded by city walls, with the river Po in the foreground
Carlo Bononi, Incoronazione della Vergine (Ferrara, chiesa di Santa Maria in Vado) Carlo Bononi, Crowning of the Virgin Mary (Ferrara, church of Santa Maria in Vado)
Cesare Aretusi, Cesare d’Este (Modena, Galleria Estense) Cesare Aretusi, Cesare d’Este (Modena, Galleria Estense)
alla devoluzione dello Stato estense alla Santa Sede. Alla morte della moglie Lucrezia Borgia (1519), Alfonso aveva amato Laura Eustochia Dianti - la “bella berrettarina” figlia di Francesco, berrettaio ferrarese - forse sposandola in articulo mortis. Dalla relazione erano nati Alfonso (1527-1587) e Alfonsino (1530-1547): il primo fu legittimato dal cardinale Innocenzo Cybo, ebbe dal padre cospicue rendite, crebbe sotto la guida di celebri precettori, fu avviato alla carriera militare e venne investito (1562) del feudo di Montecchio, nel Reggiano; Alfonsino morì diciassettenne.
Federico Zuccari, Lucrezia d’Este, duchessa di Urbino (Urbino, Museo della Casa Natale di Raffaello, proprietà dell’Accademia Raffaello) Federico Zuccari, Lucrezia d’Este, duchess of Urbino (Urbino, Museo della Casa Natale di Raffaello, property of the Accademia Raffaello)
tary career and in 1562 was granted the fiefdom of Montecchio in Reggiano. Alfonsino on the other hand died at 17 years of age. The reign of the dynasty in Ferrara was drawing slowly but surely to a close. The duke spent his last years struggling in vain to overturn his fate that had long been marked by years of negotiation with the Holy See (he had already been to Rome to speak with pope Gregorio XIV), by family intrigue, jealousy and by coffers emptied in attempts to maintain the lifestyle of days gone by. The Ferrarese tax machine meanwhile imposed unconventional levies against the populace who were now reduced to poverty, hit by famine and didn’t have the energy to respond. Add to all this - the “race” towards the vacant throne of Hungary, the question of “precedence” with the Medici family of Florence, expensive preparations for an army to be sent against the Turks for the conquest of Vienna, wasteful and unnecessary journeys, palace pomp and splendour and the huge personal staff levels. Lucrezia d’Este (1535-1598), the proud, cultured and brilliant sister of Alfonso II, played a significant role in this period. In 1570 she
Il duca Alfonso II trascorse gli ultimi suoi anni dibattendosi senza fortuna per ribellarsi alla sorte segnata tra lunghi anni di negoziati con la Santa Sede (si era già recato a Roma, presso il papa Gregorio XIV fin dall’agosto 1591), intrighi familiari e gelosie, casse ducali esauste per il consumo immediato delle entrate nel tentativo di mantenere la Corte ai livelli del passato, mentre la macchina fiscale estense funzionava con sistemi spregiudicati contro cui i ferraresi, in miseria e afflitti da una carestia, non avevano la forza di reagire. A tutto questo si aggiunsero la “corsa” al vacante trono di 247
Ungheria, la questione della “precedenza” con i Medici di Firenze, la preparazione di un costoso esercito da inviare contro i Turchi che si apprestavano alla conquista di Vienna, i viaggi dispendiosi e inutili, gli sfarzi della Corte, il numeroso personale di servizio. Un ruolo importante in quegli anni fu giocato da Lucrezia d’Este (1535-1598), sorella di Alfonso II, altera, colta e brillante principessa. Nel 1570 le fu imposto di sposare l’erede del Ducato di Urbino, il ventenne Francesco Maria Della Rovere. Da quel momento le si apprestò un’insopportabile vita di umiliazioni e tradimenti. Tornata a Ferrara dopo il “disonore” della separazione imposta da Francesco Maria, la “madama di Urbino” amò il conte Ercole Contrari. Il loro segreto rapporto venne denunciato da Alfonso di Montecchio al duca che, per evitare difficoltà con la Corte urbinate, fece uccidere il conte, suscitando l’odio di Lucrezia verso lo zio Alfonso. Ripresa la sua vita, Lucrezia si dedicò alla politica e a intimi desideri di rivincita, battendosi perché il fratello duca lasciasse il titolo a Filippo d’Este del ramo di San Martino. Intanto, Alfonso II - abbandonate le amate cacce alla Mesola - e la savia duchessa Margherita Gonzaga, vivevano ormai alla giornata, passeggiando in maschera lungo la Giovecca nei giorni di carnevale del 1597, «con tanto concorso di popolo ch’è impossibile crederlo … non ponendo cura alla carestia», come annotava l’ambasciatore fiorentino Francesco Malaspina, in una città ormai avvolta da un clima di smobilitazione e di imminente cambiamento. All’indomani della morte di Alfonso II ci si affrettò a insediare Cesare con la nomina immediata da parte dei Savi, il tradizionale rito in Duomo con la benedizione del vescovo Giovanni Fontana, la cavalcata per le vie di Ferrara. Molti Stati avevano assicurato il loro appoggio a Cesare, ma soltanto a parole, mentre Lucrezia d’Este, da parte sua, già si era messa a capo di un gruppo di nobili che complottavano per appoggiare la devoluzione alla Santa Sede. Cesare, scomunicato dal pontefice, mandò proprio lei a trattare con il “nemico” a Faenza, dove Lucrezia presentò, forse sen248
Anonimo, Margherita Gonzaga, terza moglie di Alfonso II d’Este (Vienna, Kunsthistorisches Museum) Anonymous, Margherita Gonzaga, third wife of Alfonso II d’Este (Vienna, Kunsthistorisches Museum)
was made to marry the heir to the Duchy of Urbino, the twenty-year-old Francesco Maria Della Rovere. From that moment on her life became an insufferable litany of humiliation and betrayal. Returning to Ferrara after the “dishonour” of the separation imposed by Francesco Maria, the “Madama di Urbino” fell in love with the count Ercole Contrari. Their secret affair was revealed by Alfonso di Montecchio to the duke, who, to avoid any problems with the Urbino court had the Count killed thus provoking Lucrezia’s hatred of the uncle Alfonso. Putting her life back together, Lucrezia dedicated herself to politics and her deep-felt desire for revenge by struggling to see to it that her brother, the duke, would leave his title to Filippo d’Este from the San Martino branch of the family. In the meantime, Alfonso II - having given up his beloved hunting at Mesola - and the wise Margherita Gonzaga, lived from day to day and strolled, masked along Via Giovecca during the Carnival of 1597 “with so many people you would hardly believe … as if there were no famine” observed Francesco Malaspina, the Florentine ambassador, in a city that was by then enveloped in an atmosphere of chaos and imminent change. The day after Alfonso II’s death, Cesare was
za troppa convinzione, le richieste del cugino. Il pontefice Clemente VIII Aldobrandini aveva già approfittato del problema dinastico - anche in forza della bolla di Pio V - per revocare l’investitura agli Estensi, costretti ad abbandonare Ferrara per trasferire loro capitale a Modena, il cui territorio detenevano per investitura imperiale e dove rimarranno fino al 1859. Capitoli della “Convenzione faentina” stipulata il 12 gennaio 1598 (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea) Chapters of the “Convention of Faenza” stipulated on 12th January 1598 (Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea)
La “Convenzione faentina” che sanciva la fine del dominio estense era stata stipulata il 12 gennaio 1598; il nipote del papa, il giovane cardinale Pietro Aldobrandini, ne aveva condotto le trattative e proprio lui entrò a Ferrara, il 29 gennaio, per prenderne possesso. Il giorno dopo, come scriveva Agostino Faustini, «furono infinite persone in Ca-
immediately installed, with the traditional ritual in the Cathedral and the benediction by the bishop Giovanni Fontana, and then the parade through the streets of Ferrara. Many States had assured Cesare of their support but these were empty promises. Lucrezia d’Este meanwhile, on her own initiative had formed a group of nobles that plotted to support devolution to the Church. Cesare, excommunicated by the pope, sent her to negotiate with the “enemy” at Faenza where Lucrezia presented, perhaps not very convincingly, her cousin’s requests. Pope Clemente VIII Aldobrandini had already taken advantage of problems within the dynasty - also under the papal bull of Pius V - to revoke the investiture of the Estes who were then forced to abandon Ferrara and transfer to Modena where their investiture was ordained Imperial and there they stayed until 1859. The “Convenzione faentina” that sanctioned the end of Este dominion was signed on 12 January 1598. The pope’s nephew, the young cardinal Pietro Aldobrandini, had conducted the negotiations and it was he that entered Ferrara on 29 February to take possession of the city. The following day, observed Agostino Faustini, “there were huge numbers of people at the castle … to see the duke who was being forced to leave” … The first to come down was the lady donna Virginia [de’ Medici, Cesare’s wife in 1586] … who got into a carriage that was followed by another for her son, the prince Luigi who was four at the time…” and again more and more carriages until the end of the procession, when “Don Cesare arrived and without looking up from a letter” he was reading “got into an open carriage” to take turn into Via degli Angeli towards the Palazzo dei Diamanti. Lucrezia d’Este died some time after the Convention had been signed. Her hatred of the marquis of Montecchio can be seen in her will in which Cesare was not even mentioned and all her riches went to cardinal Pietro Aldobrandini. On the lid of her coffin, someone placed a note that read: “The woman that lies here was an enemy to her country and her family. Where she pretended to bring succour, instead she brought ruin”. 249
stello … per vedere il Duca che se ne doveva partire. … Scese per prima la Signora Donna Virginia [de’ Medici, moglie di Cesare nel 1586] … che salì in una lettica; dopo la quale in un altra fù posto il principe Luigi suo figliuolo d’età d’anni quattro…», e ancora altre carrozze fino alla fine del corteo, quando «apparve esso Signore Don Cesare, che senza alzar mai gli occhi da una lettera» che stava leggendo «entrò in una carrozza aperta» per prendere la strada degli Angeli, verso il palazzo dei Diamanti. Poco tempo dopo la firma della Convenzione moriva Lucrezia d’Este, la cui avversione verso i marchesi di Montecchio si legge nel testamento, dove Cesare non era nemmeno nominato mentre tutte le sue ricchezze andavano al cardinale Pietro Aldobrandini. Sulla copertura del feretro di Lucrezia una mano ignota aveva appeso un biglietto: «Inimica alla patria e al proprio sangue, / sotto finta virtù di falsa aita, / Precipitando altrui perse la vita / L’iniqua donna che qui giace esangue». In città rimaneva, nella sua residenza della Giovecca, l’estense Marfisa (1554-1608), figlia naturale di Francesco di Massalombarda, moglie prima (1578) del giovane e malato Alfonsino di Alfonso di Montecchio, quindi (1580) di Alderano Cybo, erede dello Stato di Massa e Carrara. Madre di sette figli, non partecipò ai festeggiamenti in onore del papa Clemente VIII, mentre il marito vi fu obbligato in quanto barone romano. Marfisa, «sola reliquia della nobilissima Casa Estense…» scriveva Marcantonio Guarini, «testimone di quella natural inclinatione et amorevolezza verso Ferrara che fu sempre proprio nei Suoi Serenissimi progenitori…».
Marfisa d’Este (1554-1608) remained in her Giovecca residence. She was the legitimate daughter of Francesco di Massalombarda, first wife (1578) of the young, ailing Alfonsino di Alfonso di Montecchio, then wife (1580) of Alderano Cybo, heir to the State of Massa and Carrara. This mother of seven children did not participate in the celebrations to honour pope Clemente VIII though her husband as a Roman Baron had no choice in the matter. “Marfisa”, wrote Marcantonio Guarini, “was the only one remaining of the Este family that felt the same love of Ferrara as her forebears”.
Ritratto di Marfisa bambina, affresco (Ferrara, Palazzina di Marfisa d’Este) Portrait of Marfisa as a child, fresco (Ferrara, Palazzina di Marfisa d’Este)
Tiziano, Laura Dianti, 1523-1528 (Collezione privata) Titian, Laura Dianti, 1523-1528 (private collection)
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La Sala dei The Landscapes Paesaggi Room
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a sala, con soffitto a padiglione, presenta una singolare stratificazione pittorica in cui si possono distinguere tre fasi collocate tra la prima metà del Settecento all’Ottocento. Ad un primo intervento risalirebbero alcuni elementi decorativi, i quadri riportati nel fascione terminale delle pareti, separati e incorniciati da partiti d’ornato. Il secondo momento è da individuare nelle lunette monocrome color vinaccia di poco più tarde, mentre le vele, con mostri marini attorcigliati attorno a un tridente, e il soffitto monocromo, sembrano ormai pienamente ottocenteschi, assimilabili a decorazioni coeve ancora visibili in molti palazzi ferraresi. Il colore grigio-verdastro è dovuto a una velatura probabilmente stesa durante i restauri di fine Ottocento. Le scene, accostabili all’opera del pittore Giuseppe Zola (1672-1743), o quanto meno riferibili al suo ambiente, sono inserite in una cornice illusionisticamente bombata, che bilancia la concavità della parte superiore lavorata a finti legni dorati, con intagli interrotti agli angoli dalle foglie d’acanto, accompagnata da candelabre laterali in finto stucco di fattura assai elegante. Lo sfondo dei paesaggi, caratterizzati in primo piano da una serie di episodi minutamente descritti, si presenta sempre molto articolato, con una grande attenzione alla resa prospettica; questo uso dello spazio di tipo teatrale non è nuovo a un artista come Zola, un innovatore nell’attività scenografica ferrarese. La lettura complessiva della decorazione della sala è di non facile comprensione: potrebbe essere giocata sul contrasto tra la tranquillità della terraferma e la pericolosità del mare, agitato da tempeste che provocano naufragi. Questa lettura trova conferma in due figure allegoriche ancora leggibili, rispetto alle quattro originarie, presenti nelle lunette monocrome, di esecuzione però successiva e di attribuzione incerta. Poseidone, dio del mare armato di tridente, è diagonalmente opposto a una figura femminile che stringe nella mano destra spighe di grano, e accanto alla quale si nota la presenza di un mulino che rimanda al lavoro nelle campagne, identificabile con la Terra in accezione di Abbondanza e Prosperità. Sembra difficile stabilire una correlazione di significato tra i riquadri a paesaggio e i diversi elementi, come gli animali esotici e le panoplie, ovvero gli insiemi di armi, che occupano le lunette.
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his room with its domed roof is a single pictorial presentation housing three distinct stages of art from between the 18th and 19th centuries. Several decorative elements date back to a first phase of work, i.e. the four pictures towards the end of the walls that are separated and gilt-framed. The vine-coloured monochrome fanlights were fitted at a later date whereas the canvases with sea monsters entwined around a trident and the monochrome ceiling would appear to be true 19th century, similar to contemporary decorations still to be seen in many buildings in Ferrara. The grey/green colour is probably due to the colour of the canvas that was hung during restoration work in the late 1800’s.
The scenes resemble the work of Giuseppe Zola (1672-1743), or are at least in his style, and are housed within an apparently domed frame that balances the concavity of the upper part and is finished in fake gilded wood. Acanthus leaves interrupt the engravings on the frame that is flanked by equally elegant candelabra in fake stucco. The scenes are characterised by a series of very fine detailed work in the forefront that expand in depth and great attention is paid to perspective. This theatrical use of space is not new to an artist like Zola who was a great innovator of the school of Ferrarese landscape painting. The overall interpretation of the decorative work in the rooms is not a simple matter. It could revolve around the contrast between the peacefulness of terra firma and the danger represented by the sea that can so easily cause shipwrecks in storms. This interpretation is supported somewhat by two still visible allegorical figures (there were four originally) that are present in the monochrome fanlights but that were added later and their source is unknown. The god of the sea, Poseidon, armed with a trident, is diagonally opposite the figure of a woman who is clasping sheaves of grain in her right hand. Beside her is a mill representing work in the countryside and recognisable as the interpretation of the Earth, Abundance and Prosperity. It is somewhat difficult to establish a relationship of meaning between the landscapes and the different elements such as the exotic animals and the suits of armour or the weapons that are featured in the fanlights.
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La Sala delle The Geography Geografie o Room Marchesana
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a sala, situata al primo piano della Torre Marchesana, presenta un soffitto a padiglione con lunette laterali la cui decorazione è da porsi agli inizi del XIX secolo, all’interno di una serie di ammodernamenti e imprese pittoriche che videro come committente il cardinale Tommaso Arezzo, legato pontificio dal 1816 al 1830. Il soffitto della sala è monocromo, con lacunari di forma ottagonale, quadrangolare e triangolare decorati da medaglioni, racemi e ornati a forma di lira. Al centro è rappresentata la figura alata della Poesia, incoronata da foglie di alloro, che scrive il nome dell’Ariosto su una pergamena sorretta da un puttino, eleggendo il poeta a più alto rappresentante e maestro dei letterati della città. Ai lati, alternati a finti lacunari monocromi, quattro tondi incorniciano altrettanti genietti alati che reggono ciascuno un cartiglio con i nomi di poeti ferraresi. In quattro delle dodici lunette alcune figure allegoriche sorreggono elenchi di uomini illustri dediti alle arti e alla scienza, mentre ai loro piedi sono deposti gli attributi che le contraddistinguono. Conclude la decorazione un fascione monocromo ad elementi fito e zoomorfi (palmette, grifoni…), presente sui quattro lati della sala. Le opere sono state eseguite probabilmente da uno dei pittori ferraresi della prima generazione dell’Ottocento: sono stati proposti i nomi di Migliari, Domenichini padre o Saraceni, allievi di Giuseppe Santi e in stretto rapporto con Leopoldo Cicognara. Tra il 1709 e il 1710 le pareti vennero decorate dal quadraturista Anton Felice Ferrari (Ferrara 1667-1720) e aiuti, su disegni del cartografo e agrimensore Giuseppe Tomaso Bonfadini, il cui nome appare in un cartiglio retto da un puttino nell’angolo inferiore sinistro della parete ovest, dove è rappresentato all’antica il fiume Po, personificato dalla canonica maestosa figura maschile appoggiata a una giara da cui esce acqua. Nelle raffigurazioni topografiche che illustrano il Ferrarese, piccoli putti reggono la scala metrica espressa in pertiche ferraresi. I dipinti, coperti nel 1824, sono stati restituiti dai recenti restauri. Due lapidi ricordano la visita al Castello Estense di Giuseppe Garibaldi e del re Vittorio Emanuele III.
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he room is situated on the first floor of the Torre Marchesana and features a domed ceiling with lateral fanlights and the decoration dates back to the early 19th century. The interior was modernised and stocked with paintings thanks to cardinal Tommaso Arezzo, papal Legate from 1816 to 1830. The ceiling is monochrome with octagonal, square and circular panels decorated with medallions, clusters of flowers and lyre-like decorations. The winged figure of Poesia is at the centre, crowned by laurel leaves, writing the name of Ariosto on a parchment held by a cherub thus identifying the poet as the most important representative and master of literature of Ferrara. On the sides, alternated by fake monochrome panels, four rounded, winged figures, each of which is holding a cartouche, bear the names of some Ferrarese poets. There are also allegorical figures in four out of the twelve panels bearing lists of the names of distinguished persons dedicated to the arts and science while at the figures’ feet are items to identify the characters. The decoration is completed by a densely packed monochrome strip with animals on all four sides of the room. The works were probably carried out by one of the first generation Ferrarese painters of the 1800’s. The names suggested include Migliari, Domenichini or Saraceni, pupils of Giuseppe Santi in relation with Leopoldo Cicognara. Between 1709 and 1710, the walls were decorated by Anton Felice Ferrari (Ferrara 1667-1720) based on drawings by the cartographer and surveyor, Giuseppe Tomaso Bonfadini, whose name appears on a cartouche borne by a cherub in the lower left corner of the West wall. This scene is dedicated to the ancient River Po personified by a majestic male figure leaning against an urn from which water is flowing. Little cherubs hold scale measurements on all the maps. The paintings were covered in 1824 and were recently restored. Two plaques commemorate the visits to the Este Castle in Ferrara by Giuseppe Garibaldi and king Vittorio Emanuele III.
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La Sala degli The Coats of Stemmi Arms Room
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È
uno dei luoghi del Castello Estense che rappresenta l’ultima trasformazione del grande monumento. Dopo essere stato struttura di difesa e residenza principesca dei duchi estensi, con l’anno della devoluzione (1598) diventò Palazzo del Governo. Qui si insediò il potere politico rappresentato dai cardinali legati - mentre il vescovo continuava a dimorare nella sua sede storica - che governarono da questo luogo i possedimenti padani e transpadani di Santa Romana Chiesa fino al momento in cui cessò il potere temporale del Papato. Qui si esercitò successivamente il potere civile rappresentato dai prefetti, i quali fino all’anno 2000 hanno avuto negli ambiti del Castello anche la loro residenza. Dalle carte relative al progetto di Pirro Ligorio (1500 ca.-1583) per la “Libraria” e per l’“Antichario” nel Castello di Ferrara, si apprende che intorno al 1570 questa sala si presentava divisa in due ambienti: uno più ampio e uno più piccolo, a sud, che inglobava l’ultima delle cinque finestre sul cortile interno. Da un inventario del 1584 risulta che nel salone erano disposti oggetti, marmi e sculture della collezione estense, mentre nella saletta stavano gli oggetti di piccole dimensioni, per lo più vasi e bronzetti. Fra la volta di copertura e l’attacco alle pareti una fascia dipinta, alta oltre quattro metri, reca in alto gli stemmi dei pontefici sotto i quali sono gli stemmi dei cardinali legati che avevano avuto da quei papi il mandato di esercitare la giurisdizione civile e politica dei beni della Chiesa. La fascia, realizzata nei primi anni del 1600, recava in quel momento scudi anonimi alternati in colore argento e oro; a mano a mano che un cardinale succedeva all’altro nel controllo dello Stato e un pontefice succedeva all’altro al soglio pontificio, il suo stemma veniva apposto entro questo calendario del dominio dello Stato della Chiesa dal 1598 al 1859. L’impianto decorativo inferiore è ascrivibile al pittore-scenografo Giuseppe Migliari (Ferrara 1822-Odessa 1897), che prestò la sua opera coadiuvato da Celestino Tommasi (Ferrara 1796-Bologna 1868). Nel 1857, in occasione della visita a Ferrara di papa Pio IX, oltre ad ordinare alcuni stemmi cardinalizi, vennero realizzate sei vedute dei principali centri della Legazione: Comacchio, Ferrara, Lugo, Bagnacavallo (l’unica a non essere sormontata dallo stemma comunale), Pomposa e Cento. Il riquadro annerito che spicca sulla parete nord ricorda il legato conte Filippo Folicaldi, la cui insegna, insieme alla sua memoria, è stata “cancellata” a seguito di un episodio di repressione durante il governo austriaco (1852) e delle dimissioni del conte dopo la sua implicazione in un processo (1856). L’unità d’Italia è ricordata da due targhe dipinte, poste sopra le porte che conducono alla Sala dei Comuni e al cosiddetto “Salotto Azzurro”, recanti rispettivamente le date del 6 settembre 1859, giorno in cui l’Assemblea delle Romagne rifiutò di sottostare al Governo temporale pontificio, e della votazione del 7 dicembre 1859, in cui si decise l’annessione al Regno di Sardegna sotto il re Vittorio Emanuele. Dal 1860, agli emblemi dei cardinali lungo le pareti, già ampiamente rimaneggiati, vennero aggiunti quelli delle famiglie dei prefetti del Regno d’Italia.
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his room is one of the places within the Castle that represents the last transformation of the great building. It became the Palazzo del Governo in 1598 with devolution, after having been built as a defence then used as the residence of the Este Dukes. This was where political power was wielded by the papal legates - while the bishop continued to reside in his traditional base - who governed the plains area in the name of the Holy Roman See until papal power was ceded. Following this transfer, civic power was exercised by prefects who until the year 2000 also resided in the Castle. Designs by Pirro Ligorio (1500 ca.-1583) for the “Libraria” and the “Antichario” in the Castle relate to the period around 1570 when this room was divided into two distinct areas. There was a large room and a smaller section that took in the last of the five windows overlooking the inner courtyard. An inventory carried out in 1584 demonstrates that the larger room contained various objects, marble statues and sculptures belonging to the Este family collection whereas the smaller room held less grand objects, mostly vases and bronzes. Between the vaulted roof and the walls there is a painted section of more than 4 metres in height that bore the papal coats of arms and, beneath them, the coats of arms of the cardinal legates who had been sent by the popes to exercise both civic and political duties for the good of the Holy Church. The painted section or cornice was carried out in the early 1600’s and bore anonymous shields in alternating silver and gold colours. One by one, as one cardinal succeeded another and one pope succeeded another, his coat of arms was added to this “diary” of Church domination that lasted from 1598 to 1859. The lower decoration is ascribed to the painter Giuseppe Migliari (Ferrara 1822-Odessa 1897) who worked alongside Celestino Tommasi (Ferrara 1796-Bologna 1868). In 1857 when pope Pius IX visited Ferrara, apart from organising several cardinals’ coats of arms, six illustrations of the main participants of the legation were completed. They represented Comacchio, Ferrara, Lugo and Bagnacavallo (the only one not to be mounted under the city coat of arms), Pomposa and Cento. The stained illustration on the North wall commemorates the legate, count Filippo Folicaldi whose coat of arms and memories were “removed” following repression during a period of Austrian rule (1852) and his dismissal after his involvement in a trial (1856). The unification of Italy is commemorated by two plaques over the door leading to the Councils Room and the so-called “Salotto Azzurro” and they commemorate respectively the dates of 6 September 1859, the day on which the Romagna Assembly refused to submit to the Pontifical temporal governor and the 7 December 1859, when the Territory was annexed to Sardinia under king Vittorio Emanuele. From 1860, coats of arms of the families of prefects of the Kingdom of Italy were added to those of the cardinals lining the Castle walls.
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La Sala dei The Councils Comuni Room
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er circa ottant’anni in questa sala si sono tenute le riunioni del Consiglio della Provincia di Ferrara, proprietaria del Castello Estense dal 1874. Ogni traccia dell’età estense - quando era detta “Sala della Credenza”, forse adibita a pranzi ducali prima e a sede delle collezioni poi - è andata perduta. Nel 1919, finita la prima Guerra Mondiale, si realizzava un ambizioso lavoro a seguito di un discorso progettuale intrapreso fin dal 1916: la ristrutturazione, dalla decorazione agli arredi, all’illuminazione, della Sala del Consiglio, sino a quel momento tenuto nel Salone dei Giochi. Eliminate le decorazioni di gusto neo-barocco realizzate appena qualche decennio prima, lo stile doveva essere “moderno”, slanciato verso il futuro. Per interpretare l’obiettivo stilistico arrivarono a Ferrara il piemontese Giovanni Battista Gianotti (1873-1928) e il cesenate Ettore Zaccari (1877-1922): il primo, ideatore dell’insieme, titolare di “Officine d’arte” con sedi a Milano e a Buenos Aires, valente frescante, originale ceramista, progettista di vetrate, mosaici, mobili; il secondo valido ebanista proiettato sul nuovo fronte del “design”. Con loro arrivarono due maestri nella lavorazione del ferro battuto: Carlo Rizzarda e il socio Benotti. L’opera non smentisce la fama degli artisti: in questa sala si riscontra un eccellente saggio degli sviluppi del liberty in art déco, che si legge nell’ornato orientaleggiante dipinto sulla superficie delle volte, nelle specchiature a mosaico di ceramica che raffigurano gli stemmi dei Comuni della provincia, nel pannello con il motivo a papaveri ondeggianti nel grano che circonda lo stemma della Provincia sopra la cattedra del presidente. Lo stesso motivo ritorna in una delle cornici intagliate dei sei portali, mentre nelle altre troviamo anguille tra onde e alghe, scoiattoli su rami fioriti, rondini nella vigna, beccacce in valle, libellule e farfalle tra le spighe. Un tempo nelle quattro lesene erano appliques in ferro battuto di cui restano gli attacchi, poi sostituite da fonti di luce più moderne.
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eetings of the Council of the Province of Ferrara, who is the owner of the Castle since 1874, were held in this room for about eighty years. Every trace of the Este period when it was called the “Sala della Credenza”, perhaps because it was furnished for holding Ducal dinners and later collections, was lost. In 1919 when the First World War ended, an ambitious restoration project was started that had been under discussion since 1916. The works included the decoration, furniture and lighting of the Sala del Consiglio. Up to that point, meetings had been held in the Salone dei Giochi. The Neo-Baroque decorations that had been fitted only relatively recently were scrapped as the new style had to be more “modern” with an eye to the future. The interpretation of these new stylistic requirements was placed in the hands of Giovanni Battista Gianotti (1873-1928) and Ettore Zaccari (1877-1922). The former, who was responsible for the overall design, was the owner of “Officine d’arte” in Milan and Buenos Aires and was a noted painter famed for his work with ceramics, glass, mosaics and items of furniture. The latter was a noted cabinet-maker of the new “design” school. Two experts in wrought-ironwork accompanied them: Carlo Rizzarda and his partner Benotti. The works they carried out did nothing to diminish their fame. This room bears witness of developments of the liberty into art déco design that can be seen in the ornate oriental-like painting on the ceilings, in the mirroring of ceramic mosaics featuring the coats of arms of the Comune di Ferrara, in the panel with emblems of poppies waving among the wheat that surround the Province’s coat of arms above the president’s chair. This same emblem is repeated on one of the six doors, whereas, on the others we find eels amidst waves and seaweed, squirrels on blossoming branches, swallows in vineyards, woodcocks in the marshes and dragonflies and butterflies amidst the corn. Once there were four wrought-iron appliques pilasters of which now only the fixings remain. They were replaced by more up to date lights.
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Il Castello e The Castle and il cinema the cinema
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Il territorio è alla ribalta del cinema sin dal 1902, quando il ferrarese Rodolfo Remondini realizzò un filmato di 2-3 minuti relativo alla visita nella nostra città del Conte di Torino, proiettandolo al cinema “Edison” di Firenze, da lui gestito. In oltre cent’anni sono stati realizzati nel territorio ferrarese circa quaranta opere del periodo ‘muto’, una cinquantina di lungometraggi e un centinaio di documentari, oltre a numerosi servizi televisivi effettuati in occasione di eventi di particolare rilevanza. L’attenzione è al paesaggio, ai monumenti, all’arte, alle pagine di storia che hanno contrassegnato il territorio. In questo contesto il Castello Estense è stato il protagonista in più occasioni. La storia di Ugo e Parisina ha ispirato “Parisina (Un amore alla Corte di Ferrara)” realizzato nel 1905 da Giuseppe De Liguoro su soggetto dello scrittore ferrarese Domenico Tumiati, oltre ai documentari “Amanti senza fortuna” (1949) di Vancini-Baruffi e “Tragedia d’amore” (1954) di Adolfo Baruffi. Il Castello è stato poi il set quasi esclusivo (per interni ed esterni) di “Torquato Tasso” (1914) realizzato da Roberto Danesi; un cronista ebbe ad annotare allora che l’imponente monumento «si popolò di una strana folla di armigeri e cortigiani cinquecenteschi...». Riflettori sul Castello in altri documentari come “Ferrara ducale” (1945) di Alessandro Tonegato - direttore della fotografia Antonio Sturla, considerato il pioniere del cinema ferrarese, che più volte, in altre occasioni, ha ripreso immagini del Castello -; “Vacanze a Ferrara” (1961) di Fabio Medini; “Via dei Piopponi” (1961) di Gianfranco Mingozzi; “Ferrara, città spettacolo” (1988) di Giuliano Montaldo; “Ferrara” (1995) di Florestano Vancini. Lo vediamo poi ripreso dall’alto in “Emilia Romagna - Marche” (1968) di Folco Quilici o riflesso nell’acqua in “Emilia Romagna, la volontà creatrice” (1981) del regista francese Frédéric Rossif. Alla storia contemporanea, quella del periodo fascista, sono ispirati poi alcuni film, tra i quali quello in cui il monumento assume maggior rilievo è “La lunga notte del ’43” (1960) di Florestano Vancini, con un Castello ricostruito in studio per ragioni organizzative, ma così vero che nemmeno i ferraresi si accorsero della finzione. In altri film è teatro di alcuni avvenimenti delle storie narrate: “Giovinezza giovinezza” (1969) di Franco Rossi, “Il giardino dei Finzi Contini” (1970) di Vittorio De Sica, “Delitto di regime (Il caso Don Minzoni)” (1973) di Leandro Castellani, “Amore amaro” (1974) di Florestano Vancini, “Gli occhiali d’oro” (1988) di Giuliano Montaldo. Il territorio ferrarese, poi, è stato il set di altri importanti film, ispirando registi di fama come Luchino Visconti (“Ossessione”), Roberto Rossellini (“Paisà”), Mario Soldati (“La donna del fiume”), Michelangelo Antonioni (“Il grido” e “Al di là delle nuvole”), Ermanno Olmi (“Il mestiere delle armi”). Ma l’avventura di Ferrara nel cinema prosegue con nuovi set di film e sceneggiati televisivi... Ciak, a Ferrara si continua a girare.
The territory attracted the attention of cinematographic professionals since 1902, when Ferrarese Rodolfo Remondini made a 2-3 minutes documentary of the Count of Turin’s visit to our city, which he screened at the Edison cinema in Florence. Over more than a hundred years about forty works belonging to the period of “silent movies”, some fifty feature films and a hundred documentaries in addition to several TV reports in occasion of important events. They all witness the attention reserved to landscape, monuments, art and historical evidence which have marked the territory through the years. Within this context, the Castle has played a key role on repeated occasions. The story that saw Ugo and Parisina as protagonists inspired “Parisina (A Romance at the Court of Ferrara)” directed by Giuseppe De Liguoro in 1905, based on the script of the Ferrarese writer Domenico Tumiati, as much as the documentaries “Unfortunate Lovers” (1949) filmed by Vancini-Baruffi and “Love Tragedy” (1954), directed by Adolfo Baruffi. Besides, the Castle has acted as the almost exclusive setting (including both outdoor and indoor shots) in Roberto Danesi’s “Torquato Tasso” (1914): a journalist then pointed out that the grandiose monument was suddenly «crowded with a curious moltitude of armour-bearers and courtiers who got back from the XVI century ...». The cinecamera also focused on a number of documentaries such as “Ducal Ferrara” (1954) by Alessandro Tonegato - Antonio Sturla as director of photography, estimated as the pioneer of Ferrarese cinema and author of several memorable shots of the Castle; Fabio Medini’s “Holiday in Ferrara” (1961); Gianfranco Mingozzi’s “Via dei Piopponi” (1961); Giuliano Montaldo’s “Ferrara, the City of Wonderful Sights” (1988); Florestano Vancini’s “Ferrara” (1995). The palace also features in the aerial views of Folco Quilici’s “Emilia Romagna - Marche” (1968) or reflected on the water in the French director Frédéric Rossif’s “Emilia Romagna, the Creative Will” (1981). A series of films, on the other hand, also drew their inspiration from modern history, especially that of the fascist decades. The work in which the Castle features more prominently is Florestano Vancini’s “The Long Night of 1943” (1960). On that occasion the Castle had to be virtually reconstructed due to technical reasons, yet it looked so real that not even the Ferrarese realized it was fictive. In various other famous films the palace provided the setting of single episodes such as in Franco Rossi’s “Youth youth” (1969), Vittorio De Sica’s “The Finzi Contini Garden” (1970), Leandro Castellani’s “A Regime Crime (The Don Minzoni Case)” (1973), Florestano Vancini’s “Bitter Love” (1974) and Giuliano Montaldo’s “The Gold Eyeglasses” (1988). The Ferrarese territory as been the set of other important films: a case in point is Luchino Visconti’s “Obsession”, followed by Roberto Rossellini’s “Paisà”, Mario Soldati’s “The Woman of The River”, Michelangelo Antonioni’s “The Cry” and “Beyond the Clouds”, Ermanno Olmi’s “The Trade of the Arms”. Today the cinematographic adventure is still going on in Ferrara with a series of new films and TV serials ... The imperative ‘Camera!’ will still be heard in Ferrara.
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La maschera dei Borgia, Mitchell Leisen, 1941 Ossessione, Luchino Visconti, 1943 Cronaca di un amore, Michelangelo Antonioni, 1950
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La lunga notte del ‘43, Florestano Vancini, 1960 Il giardino dei Finzi Contini, Vittorio De Sica, 1970 L’Agnese va a morire, Giuliano Montaldo, 1976
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Gli occhiali d’oro, Giuliano Montaldo, 1987 I cammelli, Giuseppe Bertolucci, 1988 Al di là delle nuvole, Michelangelo Antonioni e Wim Wenders, 1995 Il mestiere delle armi, Ermanno Olmi, 2001
1. Il regista Franco Rossi impartisce disposizioni per una scena del film “Giovinezza, giovinezza” 1. The director Franco Rossi giving orders for a scene in the film “Giovinezza, giovinezza” (Youth Youth) 2. Antonio Sturla prepara un’inquadratura per “Ferrara Ducale” 2. Antonio Sturla prepares a shot for “Ferrara Ducale” 3. Luchino Visconti gira “Ossessione” 3. Luchino Visconti films “Ossessione” 4. Philippe Noiret in una scena de “Gli occhiali d’oro” 4. Philippe Noiret in a scene from “Gli occhiali d’oro” (The Gold Rimmed Glasses) 5. “La lunga notte del ‘43”. Sullo sfondo il Castello ricostruito in un teatro di posa 5. “La lunga notte del ‘43” (The Long Night of ‘43). In the background a studio reconstruction of Castello Estense 6. Si gira “Il giardino dei Finzi Contini” di Vittorio De Sica 6. Filming of Vittorio De Sica’s “Il giardino dei Finzi Contini” (The Finzi Contini Garden)
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La Provincia di Ferrara ringrazia la Cassa di Risparmio di Ferrara per il contributo dato alla presente pubblicazione The Provincia di Ferrara thanks the Cassa di Risparmio di Ferrara for the contribution to this publication
La Cassa di Risparmio di Ferrara per la Cultura
Cassa di Risparmio di Ferrara for Culture
referenze fotografiche/photographic references Bergamo, Accademia Carrara Budapest, Szépmüvészeti Múzeum Chantilly, Musée Condé Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana Città del Vaticano, Musei dei Palazzi Vaticani Dresden, Gemäldegalerie Alte Meister (Staatliche Kunstsammlungen Dresden, reg. n. 119/06) Ferrara, Archivio fotografico della Provincia Ferrara, Archivio Paolo Micalizzi Ferrara, Enrico Baglioni Ferrara, Massimo Baraldi Ferrara, Biblioteca Comunale Ariostea (aut. 6 marzo 2006) Ferrara, Casa Romei, Centro Operativo Soprintendenza Beni Architettonici e per il Paesaggio Ferrara, le Immagini multimedia Ferrara, Musei Civici di Arte Antica Ferrara, Pinacoteca Nazionale, su concessione del mi.bac Archivio Fotografico Soprintendenza psae, Bologna (aut. prot. 0002025, 6 marzo 2006) Ferrara, Paolo Zappaterra Firenze, Galleria degli Uffizi, su concessione del mi.bac Soprintendenza speciale per il Polo Museale fiorentino (aut. prot. 0/11-4523, 7 marzo 2006) Forlì, Biblioteca Comunale “A. Saffi” (aut. 28 febbraio 2006) Frankfurt am Main, Städelmuseum Lisboa, Fundaçao Calouste Gulbekian London, British Museum Madrid, Museo Nacional del Prado Madrid, Museo Thyssen Bornemisza Milano, Civiche Raccolte Archeologiche e Numismatiche (aut. 27 febbraio 2006) Milano, Museo Poldi Pezzoli Modena, Archivio di Stato (aut. prot. 866/V9, 20 marzo 2006) Modena, Biblioteca Estense Universitaria (aut. 653-XIV, 28 febbraio 2006) Modena, Galleria Estense New York, Metropolitan Museum of Art New York, Pierpont Morgan Library Oxford, The Ashmolean Museum Palermo, Regione Siciliana - Assessorato Beni Culturali Ambientali e P.I. - Dipartimento Beni Culturali ed E.P. - Galleria Nazionale della Sicilia - Palazzo Abatellis (aut. prot. 0906, 2 marzo 2006) Paris, Biblioteca Société de l’histoire du protestantisme français Paris, Musée des Arts Decoratifs Paris, Musée du Louvre Piran, Museo del Mare “Sergej Mašera” (aut. 132/2006, 28 febbraio 2006) Reggio Emilia, Biblioteca Comunale “Panizzi” Roma, Biblioteca Nazionale Centrale (aut. 7/2006, prot. 2251/3N, 6 marzo 2006) Roma, Pinacoteca Capitolina Rovigo, Seminario Vescovile - su concessione dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Adria-Rovigo (aut. prot. BB.CC. 6/2006, 28 febbraio 2006)
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Finito di stampare nel mese di aprile 2006
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