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REGIONE ATTUALITÀ
Corriere del Veneto Venerdì 1 Febbraio 2019
Proposta delle Regioni
DalministroGrillo arrivailvialibera aglispecializzandi negliospedali
VENEZIA La drammatica carenza di camici bianchi, il dibattito sull’abolizione del numero chiuso a Medicina e soprattutto il nodo della forbice tra il numero di laureati (10mila all’anno) e i posti disponibili nelle Scuole di specialità (6700) per la formazione obbligatoria ai fini dell’assunzione, sono priorità nell’agenda del ministro alla Salute, Giulia Grillo. «Le strutture esistenti non posso-
no accogliere un numero illimitato di studenti — ha dichiarato — se si vuole raggiungere l’abolizione totale del numero chiuso, nel caso in cui diventasse una misura condivisa, va previsto un periodo di transizione. E comunque dobbiamo parlarne con chi queste cose le deve fare, cioè le Università. Ma il problema della formazione post laurea viene prima del tema del numero chiuso, perchè
è strettamente collegato al fabbisogno di medici. Oggi soffriamo di una gravissima carenza di anestesisti, cardiologi, radiologi e su questo dobbiamo lavorare — ha avvertito Giulia Grillo —. Sto lavorando a un provvedimento d’urgenza con grande difficoltà, perchè tutti mi pongono ostacoli ma non mi offrono soluzioni. Io sono un ministro che deve garantire i servizi ai cittadini. C’è una soluzione proposta dalla Regioni che io condivido, cioè la possibilità di utilizzare i laureati fin dal quinto anno o comunque dall’ultimo del corso di specializzazione nelle tre branche citate. Già è stato fatto in passato. Ci sono obiezioni avanzate dal Miur, che io rispetto, ma non è con le obiezioni che si garantiscono le 24 ore di copertura nel reparto di Anestesia. Bisogna trovare una soluzione e secondo me questa è una delle tante percorribili. Poi qualcuna la otterremo —
Giulia Grillo Il ministro alla Salute sta dialogando con Regioni e Atenei
ha chiuso il ministro — qualcun’altra no, però dobbiamo rispondere all’esigenza di tenere in piedi i servizi pubblici se vogliamo che esista ancora una sanità pubblica. E io voglio che esista». Anche il governatore Luca Zaia ieri a Treviso è tornato sull’argomento. «Dire al paziente che non ci sono medici perchè la Regione non li assume, è un falso — ha ammonito —. Ci sono migliaia di posti vacanti e non riusciamo a coprirli, perchè ai concorsi o non si presentano o li vincono ma poi se ne vanno da un’altra parte. Insomma, ci sono più offerte di lavoro che specialisti. In Italia ne mancano circa 56mila e in Veneto il deficit è di 1300 unità: non ci sono, e non perchè la Regione non li vuole, ma perchè non riesce ad assumerli». Quanto alla richiesta avanzata dal Veneto al governo, nel pacchetto autonomia, di poter assumere i neolaureati e farli
320
Sono i posti di Medicina all’Università di Padova. Ma in Italia il 30% dei neolaureati non può poi entrare nelle Scuole di specialità
5 VE
specializzare direttamente in corsia, Zaia ha spiegato: «Faccio l’esempio dei Pronto Soccorso: se riuscissimo in questa fase emergenziale ad assumere anche medici senza la specializzazione, sarebbe un aiuto». Nel frattempo gli ospedali devono ricorrere pure ai pensionati. «Io non sono per farli lavorare — ha precisato il presidente — però molti vanno in pensione con le lacrime agli occhi perchè sono al culmine della loro attività. Ci sono grandi professionisti costretti a smettere, non vedo nulla di tragico a dire a un grande chirurgo che trapianta cuori e ha 65 anni di restare in ospedale uno o due anni in più, magari per formare i giovani». Sulla carenza di borse di studio per le Scuola di specialità, Zaia è d’accordo: «Devono essere di più, ma va anche eliminato il numero chiuso a Medicina». M.N.M. © RIPRODUZIONE RISERVATA
L’INTERVISTA ROSARIO RIZZUTO
PADOVA Rettore Rosario Rizzuto, l’Università di Padova mette a disposizione il maggior numero di accessi a Medicina in Italia: 320. Ma ancora non bastano. E’ davvero l’abolizione del numero chiuso la soluzione alla carenza di camici bianchi? «La soluzione è una programmazione complessiva che tenga conto del reale fabbisogno degli ospedali e del territorio, perchè mancano anche i medici di famiglia. Gli Atenei con la Scuola di Medicina hanno presentato al ministero dell’Istruzione e dell’Università la proposta di aumentare subito del 20% il numero di accessi a questo corso di laurea e passare a un incremento del 50% nel giro di pochi anni. Per rispondere alle esigenze del Paese i numeri devono crescere e quindi siamo disposti a passare da 10mila a 12mila laureati all’anno, ma non abbiamo risorse, aule e docenti per eliminare il numero chiuso. E comunque il nodo è un altro». Cioè? «Il collo di bottiglia alle Scuole di specialità. Per poter lavorare in ospedale un neolaureato deve specializzarsi, mentre per diventare medico di base è tenuto a frequentare i tre anni di relativa scuola. Ma se a fronte di 10mila laureati l’anno ci sono 6700 posti nelle Scuole di specialità, il sistema produce oltre tremila potenziali medici che restano invece nel limbo, senza alcuno sbocco. E vengono spesso reclutati da altri Paesi europei, perchè sono ben preparati e all’estero guadagnano di più. Quindi noi investiamo nella formazione della classe medica, che in parte non resta in Italia, aggravando il problema: non solo creiamo meno professionisti di quelli necessari, ma ne perdiamo pure una buona fetta. A Padova il 10% dei laureati resta fuori dalla specializzazione (la media nazionale è il 30%, ndr)». Cosa proponete al governo? «Finora lo Stato ha sempre chiesto alle Università di operare a risorse costanti, ma adesso ci deve mettere nelle condizioni di incrementare l’offerta formativa: ci vogliono maggiori risorse e più posti nelle Scuole di specialità. Noi
«La carenza di medici? Vanno incrementati i posti nelle Scuole di specialità»
Il rettore di Padova: «Inutile creare più laureati se non possono lavorare»
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I nodi
Banditi concorsi per 379 ospedalieri
Rosario Rizzuto/1 Noi disponibili a potenziare del 20% gli accessi a Medicina, ma lo Stato deve sostenerci con più risorse. Impossibile togliere il numero chiuso
Nel Veneto mancano 1295 ospedalieri. In più l’Azienda Zero ha bandito concorsi per trovarne altri 379, ma o vanno deserti o si presentano meno candidati di quelli richiesti
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Rosario Rizzuto/2 Per entrare in ospedale un neolaureato deve specializzarsi, ma in Italia a fronte di 10mila domande ci sono 6700 posti disponibili
Dopo la laurea percorso in salita Il nodo è la forbice tra gli ingressi a Medicina e i posti nelle Scuole per la specializzazione, obbligatoria per essere assunti: non coincidono e ciò genera l’assenza di camici bianchi
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E i pensionati tornano in reparto Per tamponare l’emergenza, le Usl hanno assunto pensionati con contratti di libera professione a tempo determinato che così sono tornati a lavorare nei reparti
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Ricercatore Il rettore dell’Università di Padova, Rosario Rizzuto, è medico
Rosario Rizzuto/3 Non c’è crollo di vocazioni, resta un mestiere bellissimo. Però non riusciamo a tamponare l’ondata di pensionamenti
L’emergenza
Pfas, Roma chiede a Miteni un maxi risarcimento Costa: «Sono i 136,8 milioni che abbiamo speso» VICENZA I Pfas nella falda fra Vicenza, Verona e Padova sono costati finora allo Stato 136,8 milioni di euro: il ministero dell’Ambiente ne chiederà il risarcimento, con un’insinuazione al passivo nella procedura di fallimento della Miteni di Trissino, ritenuta responsabile dell’inquinamento. «Il ministero si può costituire in giudizio per quella cifra tramite l’avvocatura di Stato nel processo alla proprietà della Miteni» ha detto ieri mattina il ministro dell’Ambiente, Alberto Costa, in audizione alla commissione Ecomafie. L’importo di cui verrà chiesto il risarcimento è pari alla somma di quanto lo Stato ha già stanziato per nuove condotte (80 milioni) e per la ricerca di nuove sorgenti (56 milioni circa). Il danno ambientale vero
e proprio è tutt’ora in corso di quantificazione da parte di Ispra (Istituto ambientale di Stato): sarà probabilmente una cifra anche maggiore, e comprenderà l’ipotesi di spesa per la bonifica o messa in sicurezza della falda inquinata fra le tre province. Il ministero, una volta quantificato il valore del danno, si costituirà parte civile nel processo chiesto dalla Procura di Vicenza. Plaude al conteggio, ma chiede ulteriori azioni, l’assessore veneto all’Ambiente, Gianpaolo Bottacin: «Ci attendiamo che il ministero fissi dei limiti ai Pfas. Ricordo che su questa tematica pendono decine e decine di ricorsi contro la Regione». Andrea Alba
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ci impegniamo a fare la nostra parte, che però da sola non basta: va garantito a chi affronta un percorso di studi così impegnativo che al termine troverà una destinazione». Calato sul Veneto un potenziale aumento delle borse di studio per gli specializzandi cosa porterebbe? «Potrebbero seguire il tirocinio non solo a Padova ma in altri ospedali della regione, venendo così incontro alla necessità di potenziarne gli organici. Quanto al nostro Ateneo, da 320 posti a Medicina salirebbe a 500. E’ necessario aumentare l’offerta con numeri sostenibili, non ingestibili». E’ vero che c’è un crollo di vocazioni? «No, da noi al test di ingresso a Medicina quest’anno si sono presentati 2998 candidati, a fronte appunto di 320 posti. Resta un mestiere bellissimo. La speranza di diventare medico è una delle scelte di vita e professionali tra le più ambite». Parla per esperienza, lei è medico. «Sì, ma io ho scelto il dottorato di ricerca, sono stato il secondo iscritto a un corso allora sperimentale». Trent’anni fa non c’era il problema di trovare camici bianchi. «Lo si evince anche dall’ondata di pensionamenti alla quale stiamo assistendo e che riguarda una generazione di colleghi entrati nel sistema in grandi numeri. E che in grandi numeri lo sta lasciando, creando un buco che non riusciamo a coprire con le risorse disponibili oggi, insufficienti a far fronte al fabbisogno del Paese». Sono particolarmente in crisi alcune specialità, come Anestesia, Pediatria, Medicina d’urgenza, Chirurgia generale. Sono meno frequentate perchè comportano rischi maggiori? «Quando hai a che fare con il bene primario, cioè la salute, non esistono specialità esenti da rischi, grandi aspettative da parte del paziente e critiche. Il problema delle branche citate è che richiedono un gran numero di professionisti, superiore ad altre». Michela Nicolussi Moro © RIPRODUZIONE RISERVATA
VENERDÌ 1 FEBBRAIO 2019 CORRIERE DELLE ALPI
REGIONE
l’allarme
Cottarelli: «Con la crisi la patrimoniale potrebbe essere al 10%» L’economista: «L’incertezza politica la principale causa L’autonomia? Non credo che le tasse restino alle regioni» Carlo Cottarelli PADOVA. «Se dovessimo andare in crisi temo che potrebbe esserci una grossa patrimoniale. Forse del 10%». Parola di Carlo Cottarelli. L’economista e premier per tre giorni (fu incaricato da Mattarella per formare un governo tecnico prima dell’accordo Lega-Movimento Cinque Stelle), oggi direttore dell’Osservatorio sui conti
pubblici dell’Università Sacro Cuore di Milano, è preoccupato per la recessione tecnica con il Pil allo 0, 2 per cento. In Veneto per presentare il suo ultimo libro “I sette peccati capitali dell’economia italiana” , Cottarelli ieri ha puntato il dito contro il governo gialloverde, prevedendo pochi margini di crescita in tutto il 2019, nonostante l’ottimismo pa-
ventato dal primo ministro Giuseppe Conte: «Quella di Giuliano Amato nel 2011 fu una piccola patrimoniale – spiega l’economista – mentre in questo caso ce ne potrebbe essere una grossa. Si potrebbe arrivare ad una patrimoniale del 10% sulla ricchezza, intesa come un 10% su tutto il patrimonio. Questo però potrebbe avvenire soltanto in
una situazione di profonda crisi in cui ora non siamo, ma se dovessimo finire in una recessione in cui il Pil cala dell’1 o del 2 per cento, il rapporto tra debito e Pil aumenterebbe e i mercati perderebbero la fiducia. Tra l’altro ritengo sia impossibile crescere nella seconda parte del 2019 dell’1 per cento come affermano dal governo, e molto difficile anche
Il “soggetto attuatore” Stella reagisce agli attacchi di Zovi, ex comandante dei forestali «Dopo il disastro stiamo facendo tutto il possibile, aste ovunque. Parole irrispettose»
«Boschi, il Veneto è al lavoro Più risorse a Trento e Bolzano» L’INTERVISTA
Renzo Mazzaro l primo caffè è andato di traverso, ieri mattina, alla catena di comando regionale che sovrintende alla pulizia dei boschi. Colpa (o merito) dell’ex comandante dei Forestali del Triveneto Daniele Zovi, che in un convegno a Padova ha detto di non avere ancora visto «un aiuto concreto, materiale, tangibile» dalla Regione, mentre «tre metri fuori dai confini del Veneto il recupero è cominciato subito con il contributo delle Provincie di Trento e Bolzano». «Dire che il Veneto è fermo è essere fuori dalla realtà», reagisce Fabrizio Stella, nominato “soggetto attuatore” dei lavori di ripristino dal commissario all’emergenza Luca Zia, a sua volta delegato dal governo e dalla Protezione civile. «Lo scrittore Zovi deve soffrire di presbiopia, le sue dichiarazioni sono per lo meno irrispettose delle persone impegnate. Si lavora giorno e notte, con il coordinamento della Regione del Veneto». Dove e come? «Sono in corso aste dovunque. Per restare sull’altopiano, a Enego, Rotzo, Roana, Gallio, Foza. Basta consultare i siti dei Comuni. Vorrei sapere dove vive questo Zovi». Direi sull’altopiano. «So che è sull’altopiano, intendevo che le sue dichiarazioni sono imbarazzanti». Zovi non nega i lavori, mette a confronto il Veneto con quello che succede a Trento e Bolzano, dove la politica è subito intervenuta per aiutare la pulizia dei boschi. E
I
Fabrizio Stella, subcommissario per il recupero dei boschi
voi? «Vogliamo fare i tecnici? Andiamo a leggere l’ordinanza 558 del Capo della Protezione civile: prevede per Bolzano l’uso di risorse del programma di sviluppo rurale. Vuol dire che ne avevano, il Veneto se le è spese tutte». E il Trentino? «Anche in provincia di Trento le aste stanno andando a vuoto. Ho le copie in mano. Per uno come Zovi che abita sull’altopiano e l’ha gestito per anni, sarebbe sufficiente che andasse a vedere quello che succede sul Vezzena, a due passi da lui, in Trentino, per verificare se è tutto a posto». Non lo è? «Per niente. E come ben sa Zovi le foreste del Trentino sono tutte demaniali. C’è un unico padrone e questo cambia
tutto». Mentre da noi? «Le foreste sono dei Comuni, delle Regole e dei privati. E ognuno del legno delle proprie foreste fa quello che vuole, finché non c’è attività commissariale». Noi siamo già sotto attività commissariale. «Stiamo a quello che succede in Trentino, visto che vogliamo prenderlo come modello. Cito da pagina 27 del piano di azione della Provincia di Trento: superati i termini entro i quali dev’essere fatta la pulizia dei boschi, dovrà provvedere in via sostitutiva il Comune. In pratica il Trentino nomina soggetti attuatori di ultima istanza i sindaci, che in caso di inerzia devono subentrare». Insomma l’unica differenza è che in Alto Adige hanno
i soldi mentre sia noi che il Trentino siamo senza, o li abbiamo già consumati? «Tutti aspettano l’aiuto del governo, nessuno ha la forza di provvedere da solo a smaltire questa massa enorme di legname schiantato. Non pensiamo di essere i soli: tra Austria, Svizzera e Slovenia ne hanno 53 milioni di metri cubi a terra. Hanno i loro problemi, come e più di noi». Lei parla di aste che si tengono dovunque. Per quanti metri cubi finora? «Per centinaia di migliaia di meri cubi di legname schiantato, fino adesso. Mano a mano che aggiudicano le aste me le mandano». Chi le vince? «Non lo so, io devo solo sapere quali lotti sono andati all’asta per caricarli nel portale e toglierli dalla quantità di bosco da ripulire. E’ appena stato qui il sindaco di Rotzo, mi ha detto che hanno aggiudicato 35.000 metri cubi». Aggiudicazione vuol dire automaticamente inizio dei lavori? «L’altopiano di Asiago è pieno di camion che vanno su e giù a vendere legna. Il Tg1 ha mandato un servizio da Enego il 29 dicembre con un processore harvester in funzione. Mi sembra che sia una risposta. Appena si aggiudicano l’asta entrano nel bosco, è interesse di tutti farlo subito, situazione meteo permettendo». Avete girato la nomina di soggetto attuatore ai sindaci: qualcuno si è lamentato e non vuole farlo? «Al contrario, sto avendo richieste dai pochi rimasti fuori per diventarlo. Ho appena detto sì ad un Comune del Cadore». — BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
raggiungere lo 0, 6 auspicato dalla Banca d’Italia. Più probabile che ci si assesti sullo 0, 4 per cento». Lo scaricabarile tra nuovo e vecchio governo sulle responsabilità della recessione tecnica non attacca con Cottarelli: «L’incertezza creata dalla diatriba con l’Europa ha sicuramente influito, o quantomeno non ha fatto bene – risponde l’ex commissario alla Spending review –. È altrettanto vera però la pesante eredità di un enorme debito pubblico risalente alla Prima Repubblica, e che nessun governo è mai riuscito a risolvere in maniera decisiva». Siamo in Veneto, ed è impossibile non toccare con Cottarelli il tema dell’autonomia della regione. Mentre il governatore Luca Zaia continua a considerarla una svolta storica, da Roma arrivano segnali di rallentamento: «Il decentramento è importante per i cittadini perché migliora sicuramente i servizi, essendo l’ente locale più vicino alle esigenze del territorio. Il principio da cui nasce la richiesta di auto-
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nomia però è quella di far rimanere le tasse nella regione, ma non mi pare ci sia questa prospettiva – spiega il professore –. Ora il governo è formato da due forze politiche molto differenti, dove una ha la maggioranza al Nord e l’altra al Sud. Due giorni fa ero a Napoli, e garantisco che gli imprenditori meridionali non vedono affatto di buon occhio questa operazione perché ne
«Il decentramento è importante per migliorare i servizi ai cittadini» uscirebbero svantaggiati». Oggi pomeriggio Cottarelli sarà ospite di Radio Padova al Pedrocchi per presentare il suo libro “I sette peccati capitali dell’economia italiana” , ma qual è quello che rischia di mandare il paese all’inferno? : «Tutti gravi, ma la burocrazia ci massacra». — Luca Preziusi BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
vicenza
Truffatore seriale condannato dal tribunale a dodici anni di carcere VICENZA. È stato condannato
dalla Corte d’appello di Venezia a 12 anni di reclusione per truffa, appropriazione indebita, ricettazione e falso un sedicente concessionario di auto, di 44 anni, residente a Grisignano (Vicenza). Secondo la ricostruzione della Procura generale, l’uomo per almeno 16 anni, dal 2001 al 2017, si è reso protagonista di una serie infinita di truffe e raggiri. I casi accertati sono almeno una trentina ma il sospetto degli investigatori è che siano molti di più, forse un centinaio. Nelle scorse settimane è stata emessa la condanna definitiva, ma l’imputato era all’estero, in un luogo irreperibile do-
ve avrebbe trascorso buona parte dello scorso anno. Gli agenti della squadra mobile di Vicenza lo hanno arrestato ieri, nella sua abitazione di Grisignano, dove era appena tornato e dove si sarebbe fermato solo qualche giorno. L’uomo si presentava come venditore di auto e titolare della «Racing Car» di Grisignano, società mai esistita né mai registrata. Il truffatore metteva annunci riguardanti vendita di auto sui siti specializzati e di vendite online, per poi incontrare i possibili clienti ai caselli autostradali o nelle piazze. Dopo aver ottenuto la loro fiducia si faceva consegnare caparre fino a 4mila euro per poi sparire. —
TRIBUNALE DI TREVISO CONCORDATO PREVENTIVO N. 39/13 G.D.: dr.ssa Uliana Petra Commissario Giudiziale: dr. Giovanni Francescon Liquidatore Giudiziale: dr Mario Toso AVVISO D’ASTA L’ISTITUTO VENDITE GIUDIZIARIE comunica che il giorno 28 MARZO 2019, alle ORE 10:30, presso la propria sede in Silea (TV), Via Internati 1943-‘45, n. 30, si procederà, tramite procedura competitiva semplificata autorizzata ai sensi dell’art. 107, co. 1, L.F., all’esperimento d’asta finalizzato alla vendita del Lotto N. 01 (in Perizia: “Unità immobiliare A”) Compendio Immobiliare a destinazione Industriale sito nel Comune di Cessalto (TV), in Via delle Industrie n.5, prospiciente la Strada Provinciale n.54 e nelle immediate vicinanze del casello autostradale sulla «A4 Venezia-Trieste». Sviluppato su di un’area di complessivi circa mq. 61.600, il compendio si costituisce di: a) un capannone ad uso produttivo per una superficie di circa mq. 23.400, oltre a vani tecnici per circa ulteriori mq. 661; b) un corpo uffici che, articolato su due livelli, sviluppa una superficie complessiva di circa mq. 2.050. Residua capacità edificatoria teorica per circa mq. 8.700 di superficie coperta. Il compendio, libero, presenta difformità edilizie/catastali: a cura ed onere dell’aggiudicatario ogni attività volta alla relativa regolarizzazione. La vendita viene effettuata al prezzo base ridotto pari ad Euro 4.200.000,00 oltre ad Iva, imposte e oneri di trasferimento. Si rinvia al bando d’asta nella versione integrale ed alla Perizia di stima a cure dell’Ing. Marco Battilana del 02/12/2013 e successiva nota esplicativa del 10/02/2014 (a revisione dei valori di stima originari), documenti consultabili sul Portale delle Vendite Pubbliche nonché sui siti www.ivgtreviso.it, www.tribunale.treviso.it, www.asteannunci.it, www.asteavvisi.it, www.canaleaste.it, www.asteonline.it, www.rivistaastegiudiziarie.it. Per maggiori informazioni, anche sulle “Condizioni di Vendita” o sulle modalità e termini di partecipazione all’asta, rivolgersi all’Istituto Vendite Giudiziarie di Treviso (tel. 0422-435022/435030) o al Liquidatore Giudiziale dr Mario Toso con Studio in Treviso (TV), Viale Cairoli n. 15 (tel. 0422-432044).
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VENERDÌ 1 FEBBRAIO 2019 CORRIERE DELLE ALPI
BELLUNO
E mail belluno@corrierealpi.it Belluno Piazza Martiri, 26/b Centralino 0437/957.711 Fax 0437/957.750 Abbonamenti 800.860.356 Pubblicità 0437/942.967
passa l’emendamento al senato
Le grandi centrali alla Regione quando scadranno le concessioni Il 50% dell’energia alle Province che ospitano le dighe Bottacin: «Così metteremo fine allo spopolamento» BELLUNO. Il Senato ha appro-
vato l’emendamento che regionalizza le centrali idroelettriche, le dighe e gli impianti di connessione. Bisognerà aspettare il 2026, l’anno di conclusione delle concessioni, per il cambio di proprietà. Intanto, però, si stagliano all’orizzonte importanti novità, che potrebbero portare nelle casse dei bellunesi tra i 10 ed i 15 milioni, con la possibilità di disporre a costo zero, da subito – come spiega l’assessore all’ambiente Giampaolo Bottacin – di una parte dell’energia prodotta su tutte le grandi derivazioni, che sarà destinata a servizi pubblici e categorie di utenti dei territori provinciali interessati dalle derivazioni. Bottacin ha contribuito alla preparazione dell’emendamento, presentato dalla Lega Lombarda. Le Regioni potranno chiedere a costo zero una parte dell’energia prodotta su tutte le grandi derivazioni, che po-
trà essere utilizzata nell’ambito dei servizi pubblici, ad esempio per gli ospedali e le scuole di montagna, per le strutture sportive pubbliche, i municipi. Energia che per almeno il 50% dovrà essere destinata alle Province che ospitano le dighe, qual è appunto Belluno. La Provincia, a questo punto, se vorrà potrà devolvere parte dell’energia gratuita a particolari categorie di persone e di famiglie che vivono nel disagio, oppure premiarne altre che sopportano particolari servitù idroelettriche. L’emendamento inoltre prevede canoni aggiuntivi nel tempo che decorre tra la concessione scaduta e la riassegnazione della stessa, e anche in questo caso dovranno essere destinati nella misura di almeno il 60% alle Province in cui sono presenti gli impianti. Il provvedimento prevede anche l’opzione di partenariato pubblico/privato nella futura gestione degli im-
pianti che “potrebbe coniugare sensibilità rispetto agli interessi generali, (ad esempio i rilasci, la tutela della flora e della fauna, i livelli dei laghi e le esigenze agricole) a professionalità di gestione e capacità di massimizzare i proventi”, come spiega il lombardo Massimo Sertori, che con Bottacin ha predisposto il testo dell’emendamento. I territori di montagna potranno utilizzare una parte importante dei proventi generati dall’idroelettrico, così da perequare i maggiori costi dei servizi in montagna e quindi ridimensionare il fenomeno dello spopolamento. Resta a capire, a questo punto, come la Regione intenderà procedere nella gestione degli impianti, se costituire proprie agenzie o avvalersi dell’Enel o di società private. Ma non solo. «È evidente che la Provincia di Belluno», sottolinea il deputato Roger De Menech, del Pd, «dovrà farsi avanti
La centrale di Soverzene
per rivendicare tutto il rivendicabile alla Regione, non solo in termini di risorse, ma anche di possibilità di gestire in autonomia il proprio patrimonio idrico, finanche l’aspetto dei rilasci». « È una vittoria storica per il territorio», sottolinea Bottacin, «conseguente a una battaglia su cui ho lavorato fin dall’inizio della mia attività politica amministrativa: l’avvio di una vera autonomia anche per Belluno che sono cer-
viabilità
Un programma da 130 milioni Veneto Strade parte dal Comelico Il piano verrà presentato ai sindaci il 7 febbraio A Santo Stefano due le emergenze da risolvere i lavori in primavera BELLUNO. Il 7 febbraio, a Villa Pat di Sedico, Venetostrade presenterà il programma da 130 milioni di euro, per la messa in sicurezza delle arterie danneggiate o distrutte dal maltempo a fine ottobre. Il “soggetto attuatore” per la viabilità, Silvani Vernizzi, ed i suoi colleghi illustreranno i piani ai sindaci e agli altri operatori, valle per valle. Tra le opere prioritarie ce ne sono due, in Comelico, che proprio ieri mattina sono state al centro di un vertice tra Vernizzi
ed Artusato di VenetoStrade, i sindaci di Santo Stefano, San Pietro, Vigo e Lorenzago, i rappresentanti di Bim, Enel, società idroelettriche e Regole. Un incontro molto fruttuoso, come l’ha definito Alessandra Buzzo, sindaco e presidente dell’Unione montana. Non appena arriverà l’assenso di Zaia, la società di Vernizzi e Artusato metterà mano alla strada provinciale 465 della Val Frison, che, salendo, porta a forcella Lavardet, da una parte, e sull’altopiano di Razzo, dall’altra. In primavera partiranno i lavori, per concludersi ai primi di giugno. Vernizzi ed Artusato hanno precisato che sarà impossibile ripristinare la percorribilità turistica della strada, chiu-
Il vertice di ieri mattina a Santo Stefano di Cadore
to ora il territorio saprà gestire al meglio. Una vittoria per Belluno», conclude l’assessore veneto, «ma credo per l’intera montagna che da oggi guarda con un sorriso in più i suoi cittadini, che potranno usufruire di una parte importante dei proventi generati dalle centrali idroelettriche per colmare il gap dei maggiori costi generati dal vivere in zone disagiate e contemporaneamente attenuare se non risolvere il problema dello spo-
polamento, che negli ultimi anni aveva raggiunto picchi esorbitanti». L’assessore Sertori conclude sottolineando che grazie a questo emendamento sono previsti nei prossimi dieci anni investimenti per alcuni miliardi che consentiranno di generare occupazione, efficentare l’intero sistema e aumentare in modo considerevole la produzione di energia da fonte rinnovabile.— Francesco Dal Mas
sa ripetutamente da decenni, a singhiozzo, dai Comuni, per le sue condizioni di precarietà relativamente ad alcuni tratti. Venetostrade, invece, renderà accessibili i settori stradali indispensabili per raggiungere l’acquedotto, le centraline idroelettriche ed i boschi che la Regola di Campolongo ha la necessità, anzi l’urgenza di pulire prima che marciscano. Il “via libera”, dunque, sarà dato soltanto ai soggetti interessati. Solo quando concluderemo l’emergenza – ha detto Vernizzi – potremmo pensare ad altri programmi, compresi quelli turistici. Analogo il discorso per la cosiddetta “strada del canale” che da Santo Stefano porta in Val Visdende. C’è una curva, prima dei tornanti, che ha la sponda sul torrente alquanto instabile, anzi in alcuni tratti sta franando. L’urgenza, in questo caso, è di mettere in sicurezza i camion che trasportano i tronchi e che, pertanto, vanno a fare pressione, più volte al giorno, sulla curva. Vernizzi e Artusato hanno confermato che
anche questo sarà una delle priorità; il cantiere scatterà nelle prossime settimane, in modo da concludersi in primavera. «I soldi ci sono – ha detto Vernizzi -. La conferma ci è stata ripetutamente data dal commissario delegato Luca Zaia». «I presenti ne hanno preso atto – conferma la sindaco Buzzo – con soddisfazione, a cominciare dai regolieri che sono preoccupati del trasporto a valle dei tronchi, sia dalla Val Visdende che dalla Val Frison». Secondo l’ultimo resoconto del commissariato, per quanto riguarda la viabilità, i cantieri avviati per competenza da Veneto Strade e Anas per i comuni sono stati una ventina per un importo di circa 3 milioni di euro. Le opere avviate dai soggetti attuatori nominati dal Commissario delegato per il ripristino della rete viaria di competenza riguardano circa 115 cantieri per un importo di 35 milioni di euro. Con la primavera arriverà il grosso. — F.D.M.
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Nordest
MALTEMPO: TORNA LA NEVE NEL BELLUNESE Due giorni di nevicate intense sono attesi nel Bellunese. La prefettura ha convocato il Comitato operativo viabilità per prevenire possibili complicazioni sulle strade Venerdì 1 Febbraio 2019 www.gazzettino.it
Sparate inglesi sui colli del Prosecco Il “Guardian” rilancia la bozza di una ricerca dell’Università `Ma la stessa Facoltà di Enologia smonta lo studio: «Si basa di Padova che denuncia il rischio di erosione a causa delle viti su una metodologia insufficiente che dà risultati irrealistici» `
LA POLEMICA
Il governatore
TREVISO Scomode bollicine. Dall’erosione del sorriso a quella del terreno il vino frizzante delle colline trevigiane è ormai esposto ad un fuoco di fila di polemiche, presunte scoperte scientifiche, leggende metropolitane. Non c’è pace per lo sparkling wine più cliccato della rete. Star del web e degli scaffali, soprattutto in Gran Bretagna, lo spumante made in Treviso vede irrobustire le fila dei propri nemici. E, a reggere l’insegna di guerra, proprio gli Inglesi. Nonostante l’export stia crescendo vertiginosamente anche grazie ai timori futuri per l’entrata in vigore della Brexit. Dopo la querelle su prosecco e carie, alimentata dalla blogger Zoe Williams sul Guardian, che enunciava i 7 buoni motivi per smettere di bere Prosecco al grido di “Salva i tuoi denti”, è ora il momento di una polemica che, partita ancora una volta dal Guardian, sembra però dividere il mondo scientifico italiano.
Zaia: «È solo invidia, ora diranno che mangiano i bambini»
ANTICIPAZIONE Il casus belli questa volta nasce all’interno dell’Università di Padova. Pochi giorni fa viene pubblicato sul sito peer-review BioRrxiv (una sorta di anteprima-spoiler per pubblicazioni scientifiche che ancora attendono il definitivo imprimatur) uno studio del team di ingegneria civile ed ambientale di Padova guidato da Salvatore Pappalardo secondo il quale nel territorio della Docg, compreso tra Valdobbiadene e Conegliano, vengono erose circa 400mila tonnellate di suolo ogni anno nei vigneti. «La regione - rileva l’articolo pubblicato - produce circa 90 milioni di bottiglie di prosecco all’anno, il che equivale a dire che 4,4 chilogrammi di terreno sono persi per ogni bottiglia di prosecco». L’analisi, ripresa da siti internazionali e dai giornali inglesi che l’hanno usata per ribadire il no al prosecco, ha suscitato molto clamore nell’opinione pubblica ma, insieme, sta dividendo la comunità scientifica.
COLTIVATE DA SECOLI Le colline trevigiane dove da tempi immemorabile si coltivano le viti dalle quali si produce il prosecco
Il precedente
L’accusa del 2017: «Corrode i denti» Agosto 2017. I giornali inglesi contro il Prosecco. «Rovina il sorriso», assicurano Mail online e Guardian sulla base di una smaltata varietà di pareri tra odontoiatri allineati alla campagna britannica contro il Made in Italy. Il Prosecco «corrode i denti», accusano, per la sua elevata acidità. Gli esperti italiani se la ridono. I viticoltori si chiedono: che c’entri la lobby della birra?
Ieri infatti Andrea Pitacco, docente di viticoltura alla facoltà di enologia dell’Ateneo patavino (sede di Conegliano) ha risposto alle indagini di Pappalardo: «L’allarme per il rischio di erosione delle colline del Prosecco, rimbalzato sul “Guardian” e altri media internazionali che citano una ricerca italiana - afferma Pitacco - si basa su una metodologia assolutamente insufficiente a dimostrare la reale entità del rischio di erosione nel territorio, e arriva a risultati probabilmente irrealistici, non supportati da alcun dato di misura». Cosa sta succedendo dunque? C’è davvero il rischio di erosione sulle colline del prosecco? Lo studio potrebbe porre un’ipoteca importante non solo al mercato del prosecco ma anche alla candidatura delle colline della Docg a sito Unesco. Il team di ricercatori coordinati da Pappalardo al momento preferisce non commentare. Lo studio infatti, attende di essere verifi-
cato dalla comunità scientifica e di essere pubblicato ufficialmente. «Ci vorranno due settimane conferma il ricercatore - solo allora parleremo».
IL METODO L’articolo pubblicato spiega però il metodo di lavoro utilizzato: il team ha preso in considerazione i dati sulle precipitazioni, il tipo di terreno di quella regione e il tipo di copertura del suolo nei vigneti. «Ma questo studio rappresenta un puro esercizio teorico - ribatte Pitacco - non ha nessun tipo di supporto sperimentale. È un lavoro basato solo su calcoli, fatto a tavolino, che dimostra poca pratica di viticoltura. Magari sarà anche pubblicato, ma si tratta davvero di uno studio ingenuo. Ho addirittura dei dubbi che siano stati sulle colline tra Valdobbiadene e Conegliano». Parole dure, motivate dal fatto che l’analisi è basata sull’utilizzo di un modello matematico di erosione in condizioni (elevata pendenza, frammentazione, terrazzamenti irre-
golari),secondo il docente, troppo distanti da quelle per le quali è stato sviluppato, e dove è largamente riconosciuta la sua inapplicabilità. «Si tratta di conclusioni allarmanti, alle quali manca ogni termine di validazione - riprende Pitacco - per quantificare davvero l’erosione bisogna misurare quanto terreno corre giù dalla collina». Questo tipo di rilievo in Veneto non è mai stato fatto. «Ma in Piemonte, ad esempio, è un metodo sperimentato: io ero nel team e ribadisco che il supporto sperimentale è doveroso. Invece il loro lavoro non contiene un solo dato di misura». Questo non implica escludere il rischio erosione o ammettere che debbano essere messi in campo studi approfonditi. «Non sono un prosecchista conclude il docente di viticoltura - e non intendo difendere un mondo che all’interno ha anche le sue contraddizioni. Ma basta sparare in questo modo sul prosecco». Elena Filini © RIPRODUZIONE RISERVATA
VENEZIA Dall’erosione alla digestione: «Ora mi aspetto che la stampa internazionale accusi il prosecco di mangiare i bambini». È talmente abituato a dover parare i rigori sul Prosecco, che ormai Luca Zaia la butta in commedia: «Il successo mondiale del Prosecco suscita evidentemente così tanti malumori negli avversari internazionali al punto che il prodotto di punta dell’enologia del Veneto (quarta regione esportatrice mondiale di vini) viene oramai accusato praticamente di tutto. Il Prosecco provoca la carie e fa male ai denti. Il Prosecco fa venire le alluvioni. Il Prosecco erode le storiche colline che noi vogliamo diventino patrimonio universale Unesco. Sono attacchi d’invidia, barzellette che non fanno ridere». Così il Presidente della Regione del Veneto commenta gli estemporanei attacchi che provengono da alcune testate anglosassoni e che oggi riguardano anche il mondo accademico veneto. «Ricordiamo a tutti questi soloni che la nostra regione ha sì novemila frane, ma nessuna dove si coltivano i vigneti, bensì dove il terreno e i pendii sono abbandonati. Ciò perché dove ci sono i vigneti, la cura della terra è addirittura maniacale». E.F.
Vino Dop taroccato, il paese in difesa della sua cooperativa L’INCHIESTA PORDENONE Il giorno dopo le perquisizioni la comunità di Rauscedo fa quadrato attorno alla sua Cantina finita sotto inchiesta. Con i vertici e lo staff della cooperativa, sospettata di aver messo sul mercato falsi vini Dop o Igp, si è schierato l’intero paese. I soci sono 416. Una cinquantina sono sottoposti a indagini e abitano tra le province di Pordenone e Udine. L’attività della Procura di Pordenone è ancora in fase embrionale. «Il problema - spiega il procuratore Raffaele Tito - è di carattere economico. Deve essere chiaro che questa indagine non nasce nell’ottica della tutela della salute». Sarebbero stati commercializzati 35mila ettoli-
tri, pari al 12% della produzione Doc e Igt dichiarata nella denuncia di produzione, con le etichette della denominazione protetta, nonostante mancassero le condizioni. Adesso l’attenzione dei carabinieri del Nas e degli ispettori dell’Antifrode di Udine è concentrata su computer, telefonini e tutti quei supporti informatici che grazie alla tecnologia sono stati perquisiti l’altro ieri mattina. Negli uffici della Cantina - sia nella sede di Rauscedo che nella succursale di Codroipo - sono state fatte copie forensi di server e pc. Si cercano i file con la documentazione relativa ai conferimenti da parte dei soci, comunicazioni via mail, contatti con distillerie e ditte di trasporti. Sulla carta non ci sarebbe al-
VIGNE Una vendemmia a Rauscedo
cuna irregolarità: ufficialmente la Cantina produce rispettando le regole del disciplinare. È la contabilità reale? Secondo Nas e Icqrf la verità sui vini Dop e Igt prodotti a Rauscedo è nei suoi computer. L’attenzione è concentrata sulle vendemmie 2017/2018: l’esercizio ha avuto una produzione da 36,5 milioni di euro. La vendemmia 2017 ha visto una quantità di uva pigiata
pari a 266mila quintali, registrando una lieve diminuzione rispetto al 2016 per i danni causati dal gelo primaverile. Nel 2018 la produzione ha fatto superare alla Cantina i 400mila quintali di uva raccolta. Un record per i 1.700 ettari coltivati per ottenere prevalentemente Pinot Grigio, Prosecco, ma anche Doc Delle Venezie, Doc Grave Fiuli e Doc Friuli Venezia Giulia, Igt Trevenezie e Igt Venezia Giulia.
A RAUSCEDO NESSUNO CREDE ALLA POSSIBILITÀ CHE LA CANTINA ABBIA USATO UVE NON CONFORMI VIOLANDO IL DISCIPLINARE: «NON C’È NESSUNA FRODE»
IL CARICO IN ECCESSO
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Secondo la Procura, tra il 9 agosto 2018 e il 20 dicembre 2018, la cooperativa avrebbe ricevuto negli stabilimenti di Rauscedo e di Codroipo uve prodotte in quantità superiore al massimo (120 quintali resa massima per ettaro per i Doc) previsto dal
disciplinare per mantenere la denominazione di origine protetta. L’uva in esubero - secondo l’ipotesi d’accusa provvisoria - sarebbe stata attribuita ai soci che non avevano sforato con la produzione. Mosti e vini Doc e Igt sarebbero stati prodotti con uve non conformi ai disciplinari, alla gradazione minima naturale e alla varietà. Queste uve sarebbero finite nelle vasche e 35mila ettolitri di vino sarebbero stati venduti come Doc e Igt invece di diventare prodotto generico. Per fare questo sarebbero stati falsificati i registri, bolle di consegna e la stessa dichiarazione di produzione vitivinicola presentata il 19 dicembre 2018 in autocertificazione. C.A. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Nordest
LA DECISIONE ROVIGO Un colpo di teatro che ha visto cascare le teste degli otto assessori del Comune di Rovigo. Una decisione d’impeto, ma non certo un fulmine a ciel sereno, presa dal sindaco del capoluogo polesano, il leghista Massimo Bergamin, che da tempo vedeva la propria Giunta sotto il tiro incrociato del “fuoco amico”, Lega compresa. L’ultimo motivo del contendere è stata una rivoluzione dei sensi unici intorno alla stazione, con il già traballante assessore alla Viabilità Luigi Paulon finito nel mirino. Ugualmente in bilico la posizione dell’assessore all’Urbanistica Federica Moretti, formalmente in quota Lega ma non organica al partito rodigino, convitato di pietra ad un convegno organizzato dall’ex assessore regionale all’Urbanistica Renzo Marangon, rientrato in Forza Italia, dal titolo significativo «Rovigo: ci sono idee per il futuro?», vacillante anche dopo l’annunciata volontà del presidente del Tribunale di Rovigo di arrivare ad uno spostamento degli uffici giudiziari fuori dal centro cittadino per unificare tutti gli uffici giudiziari attualmente divisi su più sedi.
Venerdì 1 Febbraio 2019 www.gazzettino.it
Alleati contro, il sindaco di Rovigo azzera la giunta Colpo di scena di Massimo Bergamin: `La reazione dopo alcune critiche revoca del mandato a tutti gli assessori del suo partito, la Lega, e di Forza Italia `
PRIMO CITTADINO Massimo Bergamin
priorità della città, non dispendiose feste di Carnevale o sollazzi per pochi». Nulla di nuovo sotto il pallido sole rodigino, dove già il precedente sindaco di centrodestra, Bruno Piva, è stato fatto cadere dalla sua maggioranza. Bergamin, fino all’avvento di Conte, non il presidente del Consiglio, bensì Mario, da giugno neosindaco di Treviso, era l’unico primo cittadino leghista di un capoluogo del pur verdissimo Veneto. Bitonciano della prima ora, si è sempre dichiarato un fedelissimo del Capitano Matteo Salvini. Spesso su fronti contrapposti con l’assessore regionale Cristiano Corazzari,
Nel Vicentino
LA GOCCIA
Fusione, Agcom sanziona due Comuni
La goccia che sembra aver fatto traboccare il vaso sembra però essere stata l’affondo del gruppo consiliare della Lega nei confronti dell’assessore alla Cultura, Alessandra Sguotti, da poco entrata in Forza Italia, già al centro di polemiche un mese fa per un festival che fra i vari luoghi toccati comprendeva anche il locale appena inaugurato dal padre Giacomo, consigliere di Forza Italia: «Deve partire subito la sistemazione delle buche e delle strade: questa è la
VENEZIA Bacchettati dalle urne e ora puniti anche dall’Agcom. Al referendum dello scorso 16 dicembre, era in ballo pure la costituzione del Comune di Colbregonza, attraverso la fusione di Carrè e Chiuppano: ma i cittadini del primo dissero “sì” (932), mentre gli elettori del secondo risposero “no” (700), sicché il progetto sfumò. Ora per i due municipi arriva pure la sgridata dell’Autorità per le garanzie
nelle comunicazioni, per un incontro informativo che si era tenuto il 26 novembre. Il volantino che lo pubblicizzava «risulta non impersonale», secondo l’Authority, per «la presenza dei loghi dei Comuni di Carrè e di Chiuppano» e per «la partecipazione di rappresentanti politici ed istituzionali». La sanzione? Pubblicare per 15 giorni il “rimprovero” sui siti web dei due enti locali. (a.pe.)
SALA OPERATORIA In Veneto mancano 1300 medici, a rischio anche la medicina d’urgenza
299 TREVISO Se in Veneto mancano medici non è perché la Regione non assuma, ma perché di medici non ce ne sono. Il presidente Luca Zaia sintetizza così quella che se non è un’emergenza, poco ci manca. In Veneto sono 1300 i posti scoperti. E in tanti puntano il dito verso le politiche varate in Laguna. Ma Zaia rispedisce tutto al mittente: «Ho voluto io che si rendessero noti i numeri dei medici presenti in tutti i territori delle Usl venete - precisa - ed è bene che si capisca una cosa: quello che magari qualcuno va dicendo ai pazienti, ovvero “non ci sono medici perché la Regione non assume”, non è vero. Ci sono migliaia di posti vacanti e non riusciamo a coprirli perché o ai concorsi non si presentano candidati sufficiente, oppure perché chi vince e se ne va da un’altra parte». Ogni Ulss ha appena tracciato il bilancio dell’emergenza medici. Bastano alcuni esempi: al concorso di Azienda Zero per Medicina e Chirurgia d’accettazione e d’urgenza, 81 posti, sono giunte solo 12 domande di partecipazione; a quello per Anestesia e Rianimazione 19 domande per 31 posti. A Padova, negli ultimi due anni, a fronte di 186 autorizzazioni da parte della Regione l’Usl è riuscita ad assumere solo 139 camici bianchi. E Venezia 153 su 432. La questione, per Zaia, sta tutta qui. E gli stipendi più alti in una regione piuttosto che in un’altra, non c’entrano. O meglio: non rappresentano il cuore del problema. La realtà è che di medici ce ne sono sempre meno. E il governatore, come sempre, si affida ai numeri: «Ci sono più offerte di lavoro che
con le lacrime agli occhi perché al culmine della loro attività, magari dei grandi chirurghi o dei grandi operatori, non vedo perché non trovare un’altra soluzione. Perché costringerli a smettere di lavorare solo per aver raggiunto la soglia dei 65 anni. Sinceramente non ci vedo nulla di tragico se a grande chirurgo che trapianta cuori gli si dovesse chiedere di restare uno o due anni in più, magari facendo anche attività di formazione con i giovani. Queste sono le cose da fare».
I posti per medici già messi a gara da Azienda Zero. In tutto 21 i concorsi banditi.
12 Domande di partecipazione al concorso per Medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza a fronte di 81 posti disponibili: un esempio della carenza di camici bianchi.
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Veneto, mancano 1300 medici Zaia: non si riescono a trovare
SOLUZIONI Una prima soluzione potrebbe arrivare dall’autonomia. Il governatore, se potesse avere le mani più libere, avrebbe un paio d’idee per almeno tamponare la situazione: «Cosa cambierebbe
con l’autonomia? Partiamo dai Pronto Soccorso, che rappresentano il primo grande problema. Se potessimo, in questa fase emergenziale, utilizzare anche i medici che non hanno la specia-
IMPOSSIBILE COPRIRE I POSTI VACANTI LE SOLUZIONI: RINVIARE LA PENSIONE E STOP AL NUMERO CHIUSO ALL’UNIVERSITÀ
E, proprio un anno fa, è arrivato ai ferri cortissimi con il commissario provinciale di Forza Italia, l’ex capogruppo in Regione di Forza Italia e ora onorevole Piergiorgio Cortelazzo, a causa del siluramento del vicesindaco azzurro Ezio Conchi, pur vicino all’allora senatore dissidente Bartolomeo Amidei. Cortelazzo, infatti, aveva chiesto di congelare le beghe interne al Comune per una tregua fino alle elezioni, ma il sindaco è andato avanti ed ha segato quinto assessore in tre anni. La Giunta Bergamin, già allora, portava alla mente il giallo di Agatha Christie “Dieci piccoli indiani (e poi non rimase nessuno)”, nel quale uno dopo l’altro cadono misteriosamente i personaggi della storia. In questo caso, però, pochi misteri, tutto frutto di scontri in maggioranza. Bergamin, tuttavia, aveva sempre potuto contare sulla fedeltà del gruppo consiliare leghista, salvo alcune avvisaglie di fronda. Ora però, anche la Lega non offriva sponde e, anzi, è passata all’incasso, chiedendo un rimpasto. Il sindaco, a questo punto, ha fatto la mossa del cavallo ed ha azzerato la giunta. Un tentativo di giocare a carte scoperte con i sedicenti alleati, con quelle che lui stesso ha chiamato “consultazioni”. Febbraio è un mese chiave, perché in caso di caduta ci sarebbe in tempo di arrivare al voto insieme alle europee, con la Lega col vento in poppa. Secondo più di una voce di corridoio, fra l’altro, dietro la mossa di Bergamin ci sarebbe anche la richiesta di entrare proprio nel giro delle candidature alle europee. Francesco Campi
lizzazione per l’emergenza-urgenza, ma che sono medici a tutti gli effetti, potremmo già dare una mano nei Pronto Soccorso. E non sarebbe poco». Altra ipotesi già annunciata tempo fa scatenando polemiche a non finire: convincere i medici arrivati alla soglia della pensione a rimanere al proprio posto. Zaia la ripropone con convinzione: «Precisiamo, perché c’è sempre qualcuno pronto a fare polemica, che io non sono per far lavorare a ogni costo chi va in pensione. Sia chiaro. Ma se mancano medici e ci sono invece professionisti in gamba che vanno in pensione
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Tavolo tecnico sui rifiuti speciali L’AUDIZIONE
Infine, altro cavallo di battaglia: quello delle scuole di specialità e del numero chiuso per accedere alla facoltà di Medicina. Zaia ribadisce la sua profonda convinzione che sia necessario togliere ogni sbarramento. La selezione dei futuri medici deve avvenire sul campo, non all’ingresso dell’Università. Il rischio è di perdere possibili talenti. Il governatore è molto diretto: «Le scuole di specialità devono essere aperte e con più numeri scandisce il governatore - e poi il numero chiuso per le facoltà di medicina: deve essere eliminato». Zaia sottolinea i danni provocati da questi test che, tra l’altro, ogni anno sono forieri di accuse e ricorsi. E avvisa: «Non possiamo selezionare il futuro medico partendo da un test di ammissione. Un chirurgo deve avere genialità, creatività, ma soprattutto manualità. eE tutto questo lo possiamo vedere solo quando diventa medico e inizia a entrare in sala operatoria. Ma se selezioniamo gli aspiranti medici chiedendo di che colore è il cavallo di Napoleone, non si va da nessuna parte». Paolo Calia
VENEZIA Istituire un tavolo tecnico per far fronte all’emergenza dei rifiuti speciali. È la decisione assunta dalla Seconda commissione del consiglio regionale del Veneto che ieri ha ascoltato il presidente del Consorzio C.I.GE.R. (Consorzio Impianti Gestione Rifiuti), Giorgio Marchiori, in merito alle problematiche legate al trattamento e smaltimento dei rifiuti speciali. Le criticità riguardano il sistema di gestione dei rifiuti industriali nel Veneto, dovute principalmente all’avversione verso gli impianti di trattamento dei rifiuti. Senza contare che dallo scorso 1° marzo la Cina, che ritirava una parte dei rifiuti prodotti da altri Paesi, ha messo uno stop. E anche altri Stati europei hanno ridotto i quantitativi di rifiuti da importare. La soluzione proposta, e accolta dalla Commissione presieduta da Francesco Calzavara, è quella di attivare quanto prima un tavolo tecnico allargato a tutti i soggetti coinvolti, al fine di studiare sia soluzioni a breve termine, per evitare il collasso del sistema, sia a lungo termine, portando avanti una seria attività programmatoria, per cercare nuovi siti di smaltimento in ambito nazionale e comunitario e garantire così un flusso costante del servizio.
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LA FORMAZIONE
Assunzioni che l’Ulss Serenissima è riuscita a fare in due anni a fronte di 432 autorizzate dalla Regione: non c’erano medici disponibili.
medici a disposizione. In Italia mancheranno 56mila medici. Il dato Veneto è che abbiamo un deficit di almeno 1300 unità. Questo per dire che, ripeti, di medici non ce ne sono. E se non ci sono, non è perché la Regione non vuole. La Regione fa i concorsi, ma non si riesce ad assumere».
LA TENSIONE
IL MUNICIPIO Palazzo Nodari, sede del Comune di Rovigo
I numeri
SANITÀ
un anno fa ha accarezzato anche l’idea di poter essere candidato alle politiche.
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Economia
Venerdì 1 Febbraio 2019 www.gazzettino.it
Ferrari vola in Borsa e torna ai massimi Nel 2018 la casa di Maranello raggiunge o supera tutti `Ricavi netti per 3,4 miliardi e profitti per 787 milioni i target che aveva fissato Marchionne. Il titolo fa più 11% Nel corso del 2019 verranno presentati 5 nuovi modelli `
IL BILANCIO ROMA La Ferrari archivia il 2018 con un utile netto di 787 milioni di euro, il 46% in più del 2017 e ricavi netti per 3,4 miliardi con un incremento del 3,2% a tassi di cambio costanti. Tutti i target dell’anno, fissati da Sergio Marchionne, sono stati raggiunti o superati. A Piazza Affari il titolo è così balzato dell’11% a quota 108,6 euro. «Siamo soddisfatti dei risultati, abbiamo raggiunto e superato tutti gli obiettivi. È stato un anno solido, entriamo nel 2019 fiduciosi di raggiungere i target», ha dichiarato il ceo Louis Camilleri nella conference call con gli analisti. Camilleri ha ricordato le tensioni internazionali, dalla guerra dei dazi alla Brexit, fattori esterni ai quali «la Ferrari - ha spiegato - non è immune, ma è straordinariamente resiliente». Nessuna ipotesi di fusione allo studio con Maserati, mentre sul fronte dei modelli la prima vettura completamente elettrica di Ferrari arriverà «sicuramente dopo il 2022»: quest’anno è invece attesa la prima ibrida con prestazioni da supercar. Nel 2018 la casa di Maranello ha consegnato 9.251 vetture, 853 in più del 2017, pari a un aumento del
10,2%. Camilleri non ha nascosto che nel mirino c’è l’obiettivo di consegnare 10 mila vetture l’anno, ma la crescita dei volumi - ha spiegato - non resterà sempre agli stessi livelli perché poi ci sarà «un focus su ricavi e margini». Il manager ha anche indicato gli obiettivi 2019: ricavi netti pari a 3,5 miliardi, in crescita del 3% sul 2018, un ebitda adjusted di 1,2-1,25 miliardi (+10%), un ebit adjusted di 0,85-0,9 miliardi (+6%) e free cash flow industriale pari a 0,45 miliardi, oltre il 10% in più del 2018.
Facebook, i ricavi balzano a 17 miliardi Facebook, nonostante i molteplici scandali sulla sicurezza e la gestione dei dati degli utenti, ha chiuso il quarto trimestre del 2018 con profitti record. Nei tre mesi al 31 dicembre scorso, ha messo a segno 6,88 miliardi di dollari di utili, il 61% in più sullo stesso periodo del 2017 grazie anche a un’aliquota più bassa resa possibile dalla riforma fiscale, e ricavi record di 17 miliardi.
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Cassamarca, Zaia boccia la fusione IL RITORNO TREVISO Facendo un rapido calcolo, sono passati almeno vent’anni dall’ultima volta in cui Luca Zaia ha messo piede a Ca’ Spineda, quartier generale della Fondazione Cassamarca. E ieri, rivedere il governatore nella sala riunioni del Consiglio d’Indirizzo, ha fatto una certa impressione. L’uscita di scena di Dino De Poli ha avuto il suo peso. Il governatore e il presidente per eccellenza della Fondazione, ormai ex, non sono andati mai troppo d’accordo. Ma i loro rapporti si sono definitivamente interrotti quando, a cavallo tra gli anni Novanta e i primi anni Duemila, scoppiò il caso Appiani, terreno in decadenza trasformato in Cittadella della Istituzioni: De Poli la vedeva come sede delle principali istituzioni, compresa quella Provincia allora guidata da Zaia che invece aveva altre idee. E lo scontro fu inevitabile. Per non parlare delle critiche mosse dall’allora presidente della Pro-
LA DECISIONE
Bilancio record Nonostante gli scandali
I PREMI DI FCA Quanto infine a Fca, cresce per il quarto anno consecutivo il premio di efficienza pagato a febbraio agli 80 mila dipendenti italiani dell’auto e di Cnhi. Il premio è parametrato a obiettivi di miglioramento di efficienza di ogni stabilimento. Anche nel 2018 le fabbriche “migliori” sono risultate Pomigliano (Panda) e Verrone-ricambi, vicino Torino, i cui dipendenti hanno ottenuto premi del 7,2% della paga base, pari a 1.784 euro per il quinto livello. A Cassino e all’abruzzese Sevel il premio minimo è 1.538 euro, il premio medio è del 5% della paga base. L. Ram.
vincia, poi ministro e infine presidente della Regione, alla gestione della Fondazione. Critiche dure, a cui De Poli ha sempre replicato con sarcasmo.
censimento del patrimonio immobiliare, realizzando una scheda per ogni terreno o palazzo da pubblicare poi online, creando così una grande vetrina dei “gioielli” a disposizione di possibili compratori. Scelta che corrisponde appieno alla richiesta di trasparenza più volte avanzata dal governatore.
IL MONITO Ma tutto questo è il passato. Ieri Zaia ha voluto incontrare il nuovo presidente Luigi Garofalo e i nuovi Consiglio d’indirizzo e Cda. Ha quindi varcato la soglia di Ca’ Spineda dopo tanti anni. E ha precisato subito una cosa: «Fondazione Cassamarca deve rimanere trevigiana. Affonda le sue origini nel 1492, quando venne scoperta l’America. È fondamentale che mantenga la sua territorialità. E i trevigiani devono rimanerne i protagonisti». Tradotto: no a ogni ipotesi di fusione. E questo è stato un segnale non da poco perché sposa perfettamente la linea più volte illustrata dal nuovo presidente Garofalo. Il governatore ha sottolineato di essere molto vicino al nuovo corso: «Si è imboccata la strada giusta». E per “strada giusta” intende la decisione di Garofalo di fare un
L’EX PRESIDENTE
PRESIDENTE Luigi Garofalo
IL GOVERNATORE VENETO: «LA FONDAZIONE DEVE RIMANERE TREVIGIANA, COL NUOVO PRESIDENTE GAROFALO SI É IMBOCCATA LA STRADA GIUSTA»
Zaia però rende merito anche al vecchio rivale: «Non si può non riconoscere che De Poli abbia avuto l’intuizione di portare l’università a Treviso, oppure di investire sul teatro comunale o sul teatro Eden. E non starò invece qui a fare le elenco di tutte le altre cose che invece non ho condiviso. Come si potranno collaborare Regione e Fondazione? Un esempio: facendo entrare il teatro di Tradizione di Treviso nel circuito del Teatro stabile del Veneto. Poi non dimentichiamo la formazione universitaria».
«DI NUOVO AL CENTRO» Garofalo è ovviamente soddisfat-
Electrolux si divide, Professional in Borsa
to da questa riappacificazione: «La vicinanza di Zaia è particolarmente importante - precisa - perché rimette in stretto collegamento la Regione, come rappresentante massima degli enti territoriali e locali, e la Fondazione». Garofalo sa di poter contare su una spalla importante in una fase delicatissima. Le sue prime mosse sono mirate a riportare Ca’ Spineda al centro di tanti importati progetti. E poi l’università: Garofalo punta ad ampliare i corsi trevigiani, ma senza spendere più niente. Il 25 febbraio incontrerà i rettori di Padova e Venezia chiarendo che il progetto universitario è centrale, ma la collaborazione dovrà basarsi su altri parametri e non più sui contributi economici di Fondazione: «Ci sono anche altri modi di finanziare un’attività», sottolinea Garofalo. La volontà è quella di mettere a disposizioni immobili, come l’ex Distretto Militare. e non soldi. Da vedere se le università saranno d’accordo, E, in questa fase, l’appoggio della Regione e di Zaia, che vuole la crescita del polo universitario trevigiano, diventa strategico. P. Cal.
PORDENONE Il Gruppo svedese Electrolux punta alla separazione delle due aree di business interne alla società per consentire a quella del Professional la quotazione in Borsa. Il verice di Stoccolma ha avviato ieri i lavori per proporre all’assemblea degli azionisti di dividere il gruppo in due società quotate: Electrolux per l’elettrodomestico e Electrolux Professional per le apparecchiature professionali. Se ci sarà il via libera degli azionisti la quotazione potrebbe arrivare a inizio 2020. Il cda della multinazionale scandinava «ritiene che la scissione societaria - si legge in una nota - possa creare un valore sostanziale per gli azionisti nel tempo visto che le imprese hanno, oltre che tipi di produzioni diversificate, mercati finali, clienti e fattori di successo diversi».
VERTENZA INTEGRATIVO Electrolux Professional, quartiere generale a Vallenoncello di Pordenone, è l’unico produttore mondiale di apparecchiature professionali - nei segmenti di cottura, refrigerazione e lavaggio - con un’offerta completa e integrata di soluzioni con un unico marchio. «Come tale ha un potenziale significativo - ha sottolineato Staffan Bohman, presidente del cda Electroux - per la creazione di valore nel tempo come una società agile e autonoma che può perseguire la crescita attraverso il consolidamento del mercato e l’innovazione». Intanto, sul fronte dell’elettrodomestico ieri la Uilm nazionale ha chiesto di «riconvocare il tavolo ministeriale, per indurre finalmente Electrolux a confrontarsi sul futuro piano industriale di automazione dei siti italiani e per aprire il confronto sull’integrativo di gruppo». d.l. © RIPRODUZIONE RISERVATA
ELECTROLUX La sede Professional
La Borsa Prezzo Var. % chiu. pr.chiu.
CAMBI IN EURO Dollaro Usa Yen Giapponese Sterlina Inglese Franco Svizzero Fiorino Ungherese Corona Ceca Zloty Polacco Rand Sudafricano Renminbi Cinese Shekel Israeliano Real Brasiliano
Quotaz.
Var.%
1,1488 124,8100 0,8758 1,1409 315,8800 25,7600 4,2736 15,2420 7,7010 4,1800 4,2041
0,516 -0,216 0,271 0,053 -0,205 -0,163 -0,394 -1,971 0,317 -0,284 -0,828
ORO E MONETE Oro Fino (per Gr.) Argento (per Kg.) Sterlina (post.74) Marengo Italiano
Denaro
Lettera
35,50 393,25 265,00 208,30
38,00 446,45 285,00 226,50
Min. anno
Max anno
Quantità trattate Generali
FTSE MIB A2a
1,59
0,57
1,641
643816
Intesa Sanpaolo
-1,04
1,995
-3,21
Max anno
Quantità trattate
14,443 15,463
887707
Ubi Banca
2,239
2,052 23082247
Unicredito
1,902
186371
Italgas
5,278
-0,04
5,005
5,285
208725
-1,51
9,455 11,450
204928
Leonardo
8,458
1,29
7,567
8,446
389957
Unipolsai
5,325
-0,75
5,016
5,369
58040
Luxottica
51,90
-0,54
51,66
52,41
28315
1,692
-4,86
1,707
2,053
5692124
Mediaset
2,870
-2,25
2,758
2,972
244406
Ascopiave B. Ifis
11,070
Banca Mediolanum Banco Bpm
18,115
Bper Banca
2,956
-6,07
2,984
3,390
849193
Mediobanca
7,596
-3,01
7,250
7,943
467862
Brembo
9,970
-0,10
8,893 10,264
100615
Moncler
32,90
0,30
28,13
32,78
160511
16,670
-0,27
14,925 16,796
33348
Buzzi Unicem
Prezzo Var. % chiu. pr.chiu.
21,03
-1,57
Azimut H.
1,548
15,295
Min. anno
Unipol
20,64
Atlantia
Prezzo Var. % chiu. pr.chiu.
Poste Italiane
7,514
-2,03
18,730
0,56
7,704
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7,845
-0,76
7,347
7,978
348618
Prysmian
Cnh Industrial
8,564
-2,81
7,786
9,013
415787
Recordati
31,64
3,98
29,44
31,51
Enel
5,266
0,61
5,057
5,295 3060605
Saipem
4,151
2,39
3,225
4,130 1300003
Eni
14,806
1,11
Snam
4,170
-0,60
3,895
4,182
1257803
Exor
55,80
1,45
10,842 14,164
Fca-fiat Chrysler A
14,918
Ferragamo Finecobank
13,678 14,803
1352263
86401
Min. anno
Max anno
Quantità trattate
-4,72
2,256
2,617
1609656
10,088
-4,00
9,700 10,868
2869254
3,998
-2,34
3,438
4,121
395750
2,180
-1,80
1,955
2,241
626476
3,109
3,274
9824
15,130 17,735
27941
NORDEST 3,220
0,16
16,780
-3,62
Carraro
2,085
-2,34
1,734
2,135
4893
Cattolica Ass.
8,060
-1,16
7,057
8,154
84979
18,000
0,11
De’ Longhi
21,80
-0,27
21,81
24,83
13233
Eurotech
3,540
-1,80
3,284
3,915
96951
Geox
1,300
0,78
1,147
1,354
50487
M. Zanetti Beverage
6,310
-1,56
5,811
6,460
1832
Danieli
15,237 18,001
3422
55,24
58234
Stmicroelectr.
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-0,14
384750
Nice
3,480
0,00
3,479
3,491
2184
1,55
12,400 14,840
841348
Telecom Italia
0,4860
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Ovs
1,333
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1,101
1,387
190922
17,495
-0,68
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39037
Tenaris
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VI
Venezia
Venerdì 1 Febbraio 2019 www.gazzettino.it
Mose, tre offerte per l’appalto da 18 milioni sulla manutenzione Chiusa la gara da parte del Consorzio Venezia Nuova `Durata complessiva di 1263 giorni, la commissione dopo due proroghe e un annullamento del disciplinare sceglierà l’offerta economicamente più vantaggiosa `
LA RICHIESTA
LA GARA VENEZIA Una genesi travagliata, ma alla fine la gara alle 13 di ieri è stata chiusa. Il bando per l’affidamento di un appalto misto di servizi e lavori (ma con prevalenza di servizi) per la manutenzione delle paratoie per la bocca di porto di Lido/Treporti era stato pubblicato a metà dicembre. Ma dopo alcuni giorni il Provveditorato ne chiese l’annullamento e la sua integrale sostituzione. Due proroghe anche sulla scadenza, originariamente fissata l’11 gennaio, poi slittata al 14 infine al 31.
I PRETENDENTI Ieri il Consorzio Venezia Nuova, come stazione appaltante, ha potuto chiudere la prima fase della vicenda. Presumibilmente tre i contendenti. Hanno risposto all’appello il gruppo industriale Cimolai di Pordenone, 3000 dipendenti che nel 2017 ha fatturato 525 milioni, con all’attivo la realizzazione di molti prestigiosi stadi europei come quello di Varsavia, di Cardiff, di Atene e del Lussemburgo, oltre alle paratoie del canale di Panama, per rimanere nel settore; il cantiere Brodosplit di Spalato, 2000 dipendenti, già fornitore delle paratoie del Mose e un raggruppamento di imprese capeggiato dal leader mondiale Fincantieri, circondato da aziende come la Faccioli, Berengo, Sirai e Nautilus. L’importo massimo della commessa è superiore ai 18 milioni, per una durata di 1263 giorni di cantiere che decorrono dalla consegna dei lavori.
HANNO RISPOSTO ALL’APPELLO IL GRUPPO CIMOLAI, IL CANTIERE BRODOSPLIT E UN RAGGRUPPAMENTO GUIDATO DA FINCANTIERI
A leggere cosa è previsto nel disciplinare sembra un gioco con i mattoncini colorati, in questo caso tutti gialli: si tratta di prendere la paratoia 12 di riserva attualmente stoccata in Arsenale, rifarne il rivestimento, realizzarci due camere stagne e installarci la stumentazione, poi si toglie la paratoia 1 dalla posizione 6 e la si sostituisce con la paratoia di riserva 12, la paratoia 1 viene modificata, poi si prende la 21 dalla posizione 2 e intanto si mette la 1 al suo posto e così via. Solo che le paratoie pesano circa 230 tonnellate l’una e si tratta di operazioni particolarmente complesse e che richiedono un’altissima specializzazione.
LA COMMISSIONE La commissione che dovrà scegliere il vincitore dovrà valutare l’esperienza dei proponenti nel settore, la disponibilità logistica, di spazi, di tecnici e maestranze dedicate alla manutenzione delle paratoie e della manutenzione degli elementi “maschi”. Per i servizi sono previsti 17 milioni e 400, per lavori quasi 880mila euro. L’aggiudicazione avverrà in base alla proposta economicamente più vantaggiosa, secondo un punteggio assegnato ai vari capitoli del disciplinare di gara. Un capitolo apposito è riservato alla proposta del metodo per salpare le paratoie usando i mezzi del Consorzio ovvero il jack up, costato oltre 50 milioni e finalmente in funzione, e la cavalletta. Inoltre si valuteranno i progetti per il lavaggio delle paratoie, la sabbiatura de l’eventuale completo sverniciamento con i sistemi meno impattanti per l’ambiente, ad esempio l’ecosistema marino e terrestre, perchè è evidente che questo tipo di attività richiede delle cautele anche nella depurazione dei reflui provenienti dalle lavorazioni. Raffaella Vittadello © RIPRODUZIONE RISERVATA
VENEZIA Il jack up sarà usato per la movimentazione delle paratoie
Interrogazione di Pigozzo e Zottis
«Consorzio e Thetis, la Regione salvi l’occupazione» LAVORO VENEZIA Un appello alla Regione per salvare Consorzio e Thetis. La preoccupazione del Partito Democratico è stata messa nero su bianco in un’interrogazione che ha come primi firmatari i consiglieri Francesca Zottis e Bruno Pigozzo. «La riorganizzazione aziendale - affermano - non può essere fatta sulla pelle dei lavoratori: la Regione e l’assessore Donazzan, intervengano per salvaguardare i livelli occupazionali del Consorzio Venezia Nuova e delle società Thetis e Comar». I due esponenti del Pd ricordano
che ne giorni scorsi il Consorzio Venezia Nuova ha incaricato due consulenti esterni per la predisposizione di un piano di riorganizzazione del personale che coinvolgerebbe circa 200 dipendenti, senza che ci sia stato un confronto preventivo tra direzione aziendale e sindacati. «Ci sarebbe già una bozza, che però nessuno ha visto. La preoccupazione è legittima aggiungono - finora nonostante le difficoltà e una procedura di mobilità, i posti di lavoro erano stati salvati grazie al supporto del tavolo di crisi attivato in Regione. La vicenda di Thetis è paradossale: è riconosciuta, anche a livello internazionale,
come una delle migliori società italiane di ingegneria ambientale e nel corso degli anni si è occupata della laguna di Venezia e del disinquinamento dell’area industriale di Marghera. Invece di sfruttare le competenze di questi lavoratori, il Consorzio Venezia nuova ha sempre più spesso fatto ricorso a personale esterno. Già in passato il Consiglio regionale ha preso posizione sul caso Thetis, con due mozioni in cui impegnava la Giunta. Ci chiediamo cosa stia aspettando Zaia per dare attuazione alla Authority istituzionale già prevista nel Defr 2018 per la gestione del sistema lagunare».
Ritorna l’alta marea, questa sera picco a 115 PREVISIONI VENEZIA Torna l’alta marea. Il Centro previsione e segnalazione maree del settore Protezione civile ha infatti lanciato un messaggio nel quale avvisa che da questa sera, venerdì 1 febbraio, alla tarda serata di sabato 2, le previsioni meteorologiche indicano il ritorno dell’acqua alta. Ma vediamo il dettaglio. «La previsione di marea per i prossimi giorni indica 115 centimetri alle 22.20 del primo febbraio e 110 centimetri alle 9 del 2 febbraio. Questa previsione è legata principalmente a due fattori: il forte abbassamento della pressione atmosferica a Venezia, che in queste ore si riporterà rapidamente a circa 992hPa, e l’intensità dei venti di scirocco che sono previsti soffiare dal pomeriggio di venerdì su tutto il mare Adriatico». Su questo argomento, inoltre, l’Arpa Veneto segnala che “si sta avvicinando dal nord Atlantico un intenso impulso perturbato, che risulta per il momento il più significativo della stagione. Porterà, tra venerdì e sabato, precipitazioni estese e assai consistenti soprattutto sulle zone centro-settentrionali, copiose nevicate in montagna e venti forti dai quadranti meridionali in quota e lungo la costa.” C’è da aggiungere che il Centro maree precisa che un livello di marea di 115 centimetri comporta l’allagamento di circa il 20% della città. Ciò vuol dire che in Piazza San Marco, uno dei punti più bassi della città, la “marea percepita” ovvero il livello di acqua sul suolo calpestabile, sarà di circa 25cm. L’area della Stazione ferroviaria sarà asciutta, come l’80% del resto della città. Saranno comunque garantiti da Veritas i percorsi su passerella (vedi atlante delle passerelle www.comune.venezia.it/maree). La durata media del fenomeno è stimata attorno alle due ore e mezza. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Innovazione Gruppo di lavoro all’Arsenale
Dalla plastica recuperata in acqua nascerà un combustibile marino RICERCA VENEZIA Il mare e l’oceano, bello e pulito, che appaiono nei nostri sogni spesso in realtà nascondono una vera e propria discarica sui fondali. Perché ogni minuto, ogni giorno, l’equivalente di un camion pieno di plastica finisce nelle acque degli oceani, provocando la morte di oltre 700 specie di animali che sono vittime dell’inquinamento da plastica: tartarughe, uccelli, pesci, balene e delfini la scambiano per cibo e muoiono per indigestione o soffocamento. Solo per fornire un dato, secondo Greenpeace con tutta la plastica presente ad oggi negli oceani potremmo fare 400 volte il giro della Terra. Parte da Venezia un progetto che durerà due anni e che si propone di mappare i fondali di una parte delle coste italiane e croate e trovare soluzioni ecosostenibili.
Ieri all’Arsenale si sono riuniti i ricercatori dell’Istituto di Scienze Marine afferente al Consiglio Nazionale della Ricerca (Cnr-Ismar) insieme a tre ricercatori croati, una delegazione di piccole medie imprese italiane ed esperti in riciclo e in comunicazione e disseminazione nel settore ittico che insieme porteranno avanti il progetto “MarGnet”, finanziato dal fondo Easme (European maritime and fisheries fund) per la sostenibilità della Blue Economy. Le azioni del progetto si muovono secondo una logica circolare: la mappatura delle plastiche al fondo, il loro recupero e il loro riciclo. Il progetto metterà a punto un sistema per mappare in modo estensivo e a costi ridotti le plastiche accumulate su fondale in modo da facilitare la pianificazione del loro recupero per ridurre l’inquinamento. Ma non solo. Si vuole fornire una dimostrazione di come il rici-
clo di questi rifiuti potrebbe rappresentare una risorsa, modificando la percezione del problema e consentendo un cambio di comportamento nei singoli individui. Il progetto mira infatti a mettere a punto un processo di riciclo della plastica raccolta dal mare a carburante marino certificato attraverso la costruzione di un prototipo di reattore, ad uso dimostrativo, che trasforma plastica in carburante. La giornata di ieri è servita per inquadrare la strategia europea per la Sustainable Blue Economy e il problema della marine litter e sottolineando le lacune e i bisogni a cui il progetto marGnet può rispondere. Si è poi passati al cuore del progetto, che prevede tre attività. La prima verte sullo studio in campo dei rifiuti marini sul fondale, sulla loro dispersione ed affondamento. Il piano cercherà di caratterizzare il segnale acustico associato a diversi tipi di
ARSENALE Nella foto i ricercatori che stanno portando avanti l’innovativo progetto
RICERCATORI ED ESPERTI ITALIANI E CROATI AL LAVORO INSIEME PER TROVARE UNA SOLUZIONE CON LA BLUE ECONOMY
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detriti marini sul fondale. Questo permetterà la mappatura estensiva e a costo contenuto della detriti al fondo e quindi permetterà una maggiore conoscenza del problema e di redigere uno studio più efficiente per il suo recupero sostenibile. A seguire, il lavoro che si andrà a svolgere è quello di finalizzare il processo
di riciclo della plastica recuperata per trasformarla in carburante marino. Infine, la diffusione: nel corso dei due anni, verranno organizzate delle giornate dimostrative in Italia e in Croazia per far conoscere il sistema ai cittadini e alle aziende. Manuela Lamberti © RIPRODUZIONE RISERVATA
II
Primo Piano
Venerdì 1 Febbraio 2019 www.gazzettino.it
Il piano per l’energia
Terna-Regione, accordo bocciato dai comitati civici: pronto il ricorso Nessuna preclusione alla razionalizzazione della linea, ma un “no” fermo al meotodo di calare le scelte dall’alto `
IL CASO BELLUNO Una parolina magica: ricorso. E tanto basta per riaccendere la battaglia sugli elettrodotti. Perché l’accordo tra Terna e la Regione Veneto non piace ai comitati civici della Valbelluna. La loro richiesta rimane ferma e ferrea: rifare il progetto. Che non significa un «no» intransigente alla razionalizzazione delle linee elettriche disposta da Terna. Ma significa «no a queste modalità imposte al territorio» dicono gli attivisti bellunesi. «Sì» invece a un piano di interramento delle linee e alle nuove tecnologie, senza tralicci impattanti.
IL RICORSO «Ci siamo consultati all’indomani dell’accordo sottoscritto tra Terna e Regione - spiega Gianni Pastella -. Ci siamo detti che ancora una volta siamo di fronte a una presa in giro per il territorio. Proprio per questo abbiamo deciso di andare avanti e presenteremo ricorso al Tar. Ci aspettiamo che i Comuni di Belluno, Limana, Longarone e Perarolo ci supportino, visto che anche i cittadini di queste zone si sono resi conto della porcheria che Terna ha intenzione di realizzare». I comitati insistono sempre sulla stessa questione: le linee elettriche servono e sono necessarie al territorio. «Ma devono essere fatte bene: quello che è contenuto nell’accordo con
CONTRO IL PROGETTO PREVISTE ANCHE UNA MANIFESTAZIONE A PALAZZO BALBI A VENEZIA E UNA “CLASS ACTION”
la Regione Veneto non fa il bene del Bellunese - continua Pastella, con Pierluigi De Barba e gli altri attivisti -. Dopo quello che abbiamo vissuto con il black-out dell’inverno 2013-2014, dopo l’incendio di Taibon e i disservizi di fine ottobre, si continuano a imporre linee con cavi in aereo anziché interrate. Terna aveva proposto al presidente della Provincia Padrin di fare del Bellunese un progetto innovativo, con tecnologie all’avanguardia. Invece, ancora una volta, ci hanno preso in giro. Altro che concertazione con il territorio: lo sanno i compaesani di Zaia che grazie all’accordo firmato dieci giorni fa, con il progetto di razionalizzazione del Bellunese, la vecchia linea So-
I contenuti Addio ai cavi volanti tra Auronzo e Cortina Interramento del cavo elettrico dalla nuova stazione che verrà costruita a Polpet fino ad Andreane (in Comune di Belluno), per quanto riguarda la razionalizzazione degli elettrodotti nella media valle del Piave. Cavo interrato anche nel collegamento elettrico previsto tra Cortina e Auronzo di Cadore. E individuazione di alcuni “corridoi verdi” per garantire la sicurezza sui cavi che resteranno in aereo. Sono tre punti fondamentali dell’accordo tra Terna e Regione Veneto, sottoscritto non più tardi di dieci giorni fa dal governatore Luca Zaia. Che ha sintetizzato il documento così: «Un grande risultato e grossi investimenti per quanto riguarda il Bellunese».
verzene-Scorzè (che diventerà Polpet-Volpago, ndr) tornerà attiva? Significa che i cittadini di dodici Comuni, da Tovena a Cison, passando per Giavera, Trevignano e Zero Branco, avranno i cavi elettrici a 220 kV sopra le loro teste».
LE RICHIESTE L’unica possibilità per evitare il ricorso, dicono i comitati, è che ci sia un ravvedimento. Un passo indietro. «Chiediamo l’interramento delle linee da Perarolo a Ponte nelle Alpi - continuano -. Ci sono già due infrastrutture utilizzabili: la ferrovia e l’autostrada. Non si può interrare? Eccola l’altra presa in giro: è Terna stessa, nel suo sito, a presentare come innovative e possibili le soluzioni in cavo interrato. Progetti già realizzati, per altro. Solo che in altre zone. Quando abbiamo cominciato a opporci al progetto di razionalizzazione ci dicevano che era impossibile interrare ad Andreane. Adesso invece nell’accordo con la Regione c’è l’interramento di Andreane. O non si può mai o si può sempre».
CLASS ACTION Ma c’è di più. Oltre al ricorso («praticamente già pronto»), i comitati annunciano anche una manifestazione a Palazzo Balbi, a Venezia, «per chiedere alla Regione che torni sui suoi passi». E una class action. «Coinvolgeremo tutti i cittadini che hanno avuto disagi e disservizi dai black-out, causati esclusivamente dalla presenza di cavi aerei continuano gli attivisti -. Ci aspettiamo che entrino nell’azione legale anche la Provincia e i Comuni. Facciamo appello anche al prefetto: le nevicate previste per i prossimi giorni rischiano di farci saggiare ancora una volta le criticità del sistema elettrico. Bisogna interrare». Damiano Tormen
Banda larga: in provincia bassa copertura IL MONITORAGGIO BELLUNO Cantieri e progetti vanno avanti: la banda ultra larga non è più tabù. O meglio, non lo sarà. Una buona notizia per le aziende della montagna bellunese che anche in questi giorni hanno accusati pesanti disservizi sul fronte del collegamento internet. A monitorare la situazione sui cantieri è Uncem, l’unione dei Comuni e delle Unioni Montane. «I lavori proseguono: stiamo facendo le azioni istituzionali presso Mise, Infratel e gli operatori delle telecomunicazioni per l’attivazione della rete realizzata, oltre che per la piena attuazione dell’agenda digitale che dovrà portare nuovi
servizi alla pubblica amministrazione, agli enti locali, a imprese e cittadini» fanno sapere da Uncem. E sul sito internet bandaultralarga.italia.it c’è un costante aggiornamento dei lavori e delle progettazioni nei Comuni italiani. Per quanto riguarda il Veneto, la copertura, al momento, è del 47,5%, vale a dire 579 Comuni.
CONTROLLI DELL’UNCEM TRA I COMUNI MONTANI: SOLO TRE I BELLUNESI AD ARRIVARE ALL’80% MA MOLTISSIMI NON SUPERANO IL 20%
Solo il capoluogo, Feltre, Cortina e San Tomaso Agordino superano l’80% di copertura degli edifici e delle imprese. Molto più indietro gli altri territori. Moltissimi addirittura non raggiungono il 20% di copertura delle unità immobiliari. Uncem conferma che è a completa disposizione dei Comuni per chiarimenti e anche incontri territoriali di approfondimento. E suggerisce ai Comuni che non siano già in stretto contatto con le Regioni per l’attuazione del Piano Bul (banda ultra larga), di avviare un rapido contatto con gli uffici regionali competenti. Molti rallentamenti del Piano, negli ultimi mesi, sono imputabili anche a un sistema autorizzativo troppo lento.
TRALICCI addio: il nuovo accordo siglato tra Terna e Regione Veneto ne eliminerà un gran numero
Dighe e centrali di proprietà pubblica: ok in Senato, l’autonomia all’orizzonte LA PROPOSTA BELLUNO Tu chiamala, se vuoi, elettricità. Il vero nome potrebbe essere autonomia. Perché il “trasloco” delle centraline e delle grandi derivazioni dai colossi dell’energia alla Regione (e alla Provincia di Belluno) si porterebbe dietro un mare di soldi. Trento l’ha fatto una decina di anni fa e ha dato vita a Dolomiti Energia, un mattone in più nella costruzione di una casa già autonoma. Il Bellunese potrebbe fare altrettanto. Il condizionale resta d’obbligo. Ma da ieri c’è molto ottimismo attorno alla questione. Il Senato, difatti, ha approvato un emendamento ad hoc. E la prossima settimana il provvedimento arriverà alla Camera.
EFFETTI La novità si porta dietro risorse equiparabili a quelle che porterebbe in dotazione l’autonomia. L’acqua del Piave e dei suoi affluenti che diventa “oro bianco”. Non più prosciugato dai colossi dell’energia, ma a disposizione del territorio per ricavarci energia. Ed elettricità da subito, senza aspettare la scadenza delle concessioni. «L’emendamento significa tanto denaro in più che potre-
TRA I PROMOTORI DELLA MISURA L’ASSESSORE BOTTACIN: «IL PASSAGGIO ALLA REGIONE PREVISTO A FINE CONCESSIONE»
L’EMENDAMENTO Si tratta di una misura che ha tra i promotori principali l’assessore regionale all’Ambiente, Gianpaolo Bottacin. L’emendamento va a modificare il decreto legislativo 79/1999 (il “decreto Bersani” che attua la direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica) e la legge 134/2012. Di fatto, alla scadenza delle concessioni, le centrali elettriche diventano pubbliche. Perché l’emendamento prevede le opere, le centrali, le dighe e gli impianti passino, senza compenso, in proprietà delle Regioni in stato di regolare funzionamento. «L’approvazione da parte del Senato dell’emendamento inerente il trasferimento delle centrali idroelettriche rappresenta una svolta significativa del percorso verso l’autonomia - commenta Bottacin -. Sia per quanto riguarda le prerogative regionali che per gli effetti collegati alla Provincia di Belluno».
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mo gestire direttamente sul territorio – prosegue Bottacin -. Ma soprattutto, e da subito, la possibilità di disporre a costo zero di una parte dell’energia prodotta su tutte le grandi derivazioni, che sarà destinata a servizi pubblici e categorie di utenti dei territori provinciali interessati dalle derivazioni. In soldoni, per Belluno milioni di euro ogni anno di energia elettrica. Una vittoria storica per il territorio, conseguente a una battaglia su cui ho lavorato fin dall’inizio della mia attività politica amministrativa: l’avvio di una vera autonomia anche per Belluno che sono certo ora il territorio saprà gestire al meglio. Ma una vittoria anche per l’intera montagna che da oggi guarda con un sorriso in più i suoi cittadini, che potranno usufruire di una parte importante dei proventi generati dalle centrali idroelettriche per colmare il gap dei maggiori costi generati dal vivere in zone disagiate».
ELETTIVITÀ
I COSPICUI INCASSI DERIVANTI DALLE ACQUE DEI NOSTRI FIUMI SAREBBERO RISORSE DESTINATE AL TERRITORIO
A colmare il gap ci pensano le risorse dell’idroelettrico. Quelle che oggi spettano per gran parte all’Enel e agli altri colossi e che dopo la scadenza delle concessioni dovrebbero rimanere sui territori. «Si tratta di una partita da circa 300 milioni di euro per Veneto, Lombardia e Friuli» sottolinea il deputato bellunese Dario Bond, che da martedì si troverà alla Camera la discussione sull’emendamento. «È l’occasione giusta per il Bellunese. Il Trentino ha già percorso questa strada e ha dimostrato che funziona. Il territorio però dovrà organizzarsi ed essere pronto nel 2029, alla scadenza delle concessioni Enel. Credo che a questo punto la Provincia debba tornare elettiva. Solo così potrà essere in grado di gestire totalmente la questione del patrimonio idrico e idroelettrico». D.T.