NewsCinema Magazine - Gennaio 2016

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NewsCinema.it

Testata Giornalistica di Cinema e Serie Tv Mensile Gennaio 2016 ANNO III - N. 11 Registrazione Tribunale di Roma n.203/11 del 17 Giugno 2011 redazione@newscinema.it www.newscinema.it

Direttore Responsabile Giuseppe Rogolino

Capo Redattore/Capo Servizio Letizia Rogolino

Redattore/Responsabile Serie Tv Carlo Andriani

Hanno collaborato a questo numero: Carlo Andriani Letizia Rogolino Rosa Maiuccaro Francesca Coppola Alexia Altieri Davide Sette Leila Cimarelli

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la quinta onda chloe grace moretz combatte l’apocalisse aliena di Alexia Altieri

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Tratto dal primo libro della trilogia sci-fi di Rick sopravvissuti ai primi due attacchi; la quarta ondata Yancey, La Quinta Onda vedrà l'astro nascente del vede scendere in campo gli alieni “Silenziatori”, i cinema Chloë Grace Moretz al centro di un quali celano sotto sembianze umane un'inarrestabile presente alternativo e distopico, dove la razza aliena furia omicida che si riversa sui miracolosi superstiti. sembra determinata a prendere pieno controllo sul A questo punto l'umanità risulta alquanto decimata e nostro pianeta. L'attrice ci guiderà nell'escalation gli alieni si preparano a sferrare l'ultima ondata – la intensiva che rende questa pellicola young adult un Quinta Ondata, ancora più violenta ed ineluttabile. buon compromesso tra azione e fantascienza, tra L'adolescente Cassie Sullivan – a cui la Moretz adrenalina e mistero. Ancora una volta la razza presta volto e tenacia – ci conduce in questa corsa extraterrestre si conferma un affascinante spunto di controvento, alla ricerca del fratellino Sammy.

riflessione cinematografico – che, come nella Durante la ricerca Cassie incontra un misterioso maggior parte dei casi, sfocia nell'idea di Apocalisse. ragazzo con il volto di Alex Roe: Evan Walker. La trama è ambientata in un altro presente, un extra- Ultima speranza o incontro fatale? Ai posteri l'ardua dimensione in cui gli alieni si propongono di farsi sentenza. La Quinta Onda potrebbe essere il artefici della progressiva estinzione della razza principio di una nuova trilogia sci-fi all'ultimo respiro umana, mediante devastanti ondate: la prima ondata – Il Mare Infinito (2014) e The Last Star (2016), i titoli è causa di un blackout planetario che riporta la Terra dei sequel. Un viaggio ai confini dell'umanità quello e i suoi abitanti ad una simil età della pietra; la diretto da J Blakeson, basato sullo script di seconda ondata, dall'intrinseca ironia letterale, dà Susannah Grant – in arrivo a febbraio nelle sale luogo ad un inesorabile tsunami che inghiotte tutte le italiane. Nel cast, oltre Chloë Grace Moretz e Alex città costiere; la terza ondata si rifà alle celebri Roe, anche Nick Robinson, Ron Livingston, piaghe d'Egitto e, usando gli uccelli come

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espediente, elimina gran parte degli esseri umani

Maggie Siff, Maika Monroe e Liev Schreiber.


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CHLOEMORETZ

Biondina e viso acqua e sapone, ecco cosa emerge Vaughn. A soli 14 anni riesce in un’impresa che nel guardare lo splendido volto della giovanissima molte sue colleghe non possono vantare, ovvero Chloë Grace Moretz, attrice e modella statunitense. essere diretta dal grande Martin Scorsese nel film All’età di soli 18 anni ha una filmografia di tutto Hugo Cabret, mettendo d’accordo, nuovamente, gli rispetto. È pur vero che ha iniziato a muovere i primi addetti ai lavori e il pubblico di tutto il mondo, passi nel mondo della pubblicità all’età di 5 anni, ma raccontando la storia del cinema attraverso la figura il suo esordio nel mondo del cinema avviene nel del geniale Meliès. Questo viso, soprattutto per i più 2004 quando partecipa alla serie televisiva The piccoli sarà familiare visto che nel 2012 ha Guardian. La sua vita divisa tra cinema e televisione, interpretato la figlia di Michelle Pfiffer, in Dark prende il volo, facendosi conoscere dalla critica e dal Shadows al fianco di Johnny Depp, sotto la pubblico di tutto il mondo, nel film Amityville Horror direzione di Tim Burton. La bella Chloë Grace del 2005 del regista Andrew Douglas. Dopo aver giunta all’età della maturità, visto tutte le esperienze fatto alcune apparizioni in varie serie tv dal 2006 al che ha accumulato nel giro di otto anni su per giù, 2010, come Desperate Housewives e Dirty Sexy sta per tornare sul grande schermo. A febbraio di Money, il cinema prende il sopravvento nella sua fatti, in America è prevista l’uscita della pellicola di carriera. Grazie a questi ruoli riesce a conquistare Seth Rogen, Cattivi Vicini 2, sequel della commedia pubblico e critica nei panni della “poco elegante” per del 2014, nel quale dopo la banda di Zac Efron, non dire altro, Hit Girl nel film Kickass di Matthew tutto il film sarà incentrato sulla confraternita della

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Moretz che sarà una perfetta party girl. Insieme alla J.Blackenson, racconta l’invasione devastante da bellissima Chloë Grace Moretz è giusto segnalare la parte di forze aliene, le quali hanno distrutto la Terra e presenza di Selena Gomez, Dave Franco, i suoi abitanti. La furbizia di questi attacchi alieni è Christopher Mintz-Plasse, Kiersey Clemons, nell’agire in maniera differente ogni volta, per far in Beanie Feldstein e Lisa Kudrow, la famosa Phoebe modo da non creare resistenza per l’ondata di della serie tv più amata di tutti i tempi: Friends. In attacchi successiva. Arrivati alla quinta ondata, la Italia la pellicola sarà disponibile in tutte le sale a giovanissima Cassie Sullivan interpretata da partire dal 16 giugno 2016. Tra gli impegni Chloë Grace Moretz, parte alla ricerca del fratello più cinematografici della bellissima e biondissima Chloë, piccolo Sammy. Per il momento questi sono i compare l’adattamento cinematografico del prossimi progetti che terranno impegnata l’attrice romanzo La Quinta Onda della trilogia romanziera statunitense, nell’attesa di vederla nuovamente in

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dello scrittore Rick Yancey. Il film diretto da sala, godetevi il trailer di Cattivi vicini 2.


SPECTRE

il ponte delle spie

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Il potente affresco di Steven Spielberg negli anni della Guerra Fredda di Cecilia Strazza

Quarant’anni di sogno ed impegno civile, tra alti e James B. Donovan, viene scelto come tutore bassi, non hanno mai scalfito la bellezza classica e legale della spia russa Rudolf Abel, reso senza tempo del cinema di Steven Spielberg. E’ protagonista di uno scambio “diplomatico” con il giusto suddividere una filmografia così ampia in due prigioniero americano Francis Gary Powers, tenuto grandi bacini, uno che fa riferimento alla visione in ostaggio dalla giustizia sovietica. Sembrerebbe la infantile e familiare, dove regna l’immaginario trama di un normale e canonico thriller di spionaggio fantastico, e l’altro votato ai valori morali-politici che ad alto tasso adrenalitico, pronto a sfociare hanno ispirato e mosso una nazione (l’America) e nell’ennesimo racconto senza vigore, e invece tutto il mondo del secolo in cui viviamo. Proprio in Spielberg arriva, armato di semplicità e intelligenza, questa seconda parte si colloca l’ultimo lavoro del sferra i suoi colpi da maestro e trasforma la regista, Il ponte delle spie, una storia di conflitti sceneggiatura in un affresco potentissimo dalle apparentemente insanabili risolti grazie all’intervento lontane citazioni agli autori che ama tanto della collaborazione, del dialogo (seppur silenzioso) (Hitchcock, per dirne uno). Elegante nella messa in tra gli uomini di potere. O semplicemente, uomini scena, splendidamente recitato, Il ponte delle spie

comuni messi in situazioni straordinarie. Il film è giunge sui nostri schermi con un’efficacia che ambientato negli anni della Guerra Fredda tra le due ammalia e un’aderenza alla realtà che stiamo superpotenze USA e URSS: un avvocato, tale vivendo oggi, dove paesi di diverse culture

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esportano imperialismo e terrorismo consumando la nuova guerra fredda, più violenta e sprezzante del passato. Al di là dei riferimenti, la pellicola riesce benissimo ad eludere alcuni passaggi a vuoto causati da un’eccessiva verbosità e da tante (troppe) didascalie narrative, esplodendo invece nella costruzione di messaggi importanti, come quello della ricostruzione di un’identità messa in discussione dopo la seconda guerra mondiale e ancora frammentata negli anni a seguire, con l’innalzamento del muro di Berlino. Tutto questo viene inglobato nella poetica di Spielberg che rimette in gioco l’umanità della sua arte, fatta di inquadrature meravigliose, movimenti fluidi, primi piani sulle espressioni degli attori; correndo ogni ruga, ogni sguardo che indica i valori costituenti della legge che unisce ogni individuo sulla faccia della terra: l’uguaglianza, garantita dalla legge e dal buon senso. Ecco mostrata la metafora del ponte, incontro tra due parti a metà strada sospese sull’acqua e quindi instabile, ma ponte significa anche luogo e set naturale, con le luci accese dirette agli eroi di questa storia. Gli stessi che torneranno, come sempre accade nei film del regista, al focolare della famiglia per trovare la pace smarrita nel lungo percorso.

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creed nato per combattere

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Il ritorno di Rocky Balboa alle prese con

il figlio dell’amico e antagonista Apollo Creed di D.S.

Dopo alcuni deludenti capitoli e un sequel/remake virtuosismi visivi apprezzati in Alì, Coogler riesce a lodevole se pur non eccezionale, il franchise di confezionare un prodotto estremamente valido sotto Rocky torna in grande stile con il nuovo Creed – tutti i punti di vista, impreziosito da una Nato per Combattere, in uscita nelle nostre sale il interpretazione intensa e credibile e da una trama prossimo 16 gennaio. La pellicola, incentrata sulle che, pur riprendendo molto dai classici tòpoi del vicende del figlio del celebre Apollo della serie genere, riesce a coinvolgere lo spettatore per tutta la originale, vede protagonista un eccezionale Michael sua durata. Ma a sorprendere davvero è B. Jordan nei panni di Adonis, giovane pugile probabilmente ancora una volta Rocky Balboa: intenzionato a costruirsi una propria carriera imbolsito, stanco e invecchiato, il campione che fu fuggendo dalla pesante eredità che si porta sulle si mostra in questa nuova pellicola in tutte le sue più spalle. La pellicola è diretta da Ryan Coogler, già umane sfaccettature e debolezze. Nonostante il autore del bello quanto sconosciuto Prossima fermata Fruitvale Station, basato sulla storia vera di un ragazzo di colore ucciso dalla polizia americana, interpretato sempre dal fidato feticcio Jordan. Pur non avendo la maestria registica di Michael Mann, e non riuscendo a ricreare quei meravigliosi

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malcelato senso di colpa che lo divora, il celebre pugile accetta di aiutare il giovane protagonista come se fosse innanzitutto un figlio, prima che un allievo. Ricoprendo il ruolo che nel primo capitolo spettava a Burgess Meredith, Stallone si rivela al pubblico struccato e incartapecorito, in una delle


sue interpretazioni più solide e memorabili, ricordando a tutti noi come dietro la maschera da star delle pellicole di azione si nasconda in realtà un talento recitativo non indifferente. Le rughe nascoste dietro il cappello sono forse la più eclatante manifestazione di un passato che non ha mai risparmiato nulla, di una vita vissuta come un lunghissimo match, “un passo alla volta, un pugno alla volta, un round alla volta”. Coogler dirige questo settimo capitolo del brand con cura e dedizione, non risparmiandosi finezze registiche come interi incontri girati in piano sequenza, ma senza esagerare con una “mano pesante” tipica di cineasti quali Antoine Fuqua, avvicinatosi al mondo della boxe con il recente quanto deludente Southpaw. Ma Creed non gode solo di un ritrovato quanto spiazzante realismo, ma soprattuto di una visione artistica della grigia realtà urbana ispirata e, quindi, di ispirazione. Il regista non ha paura di giocare con il passato della serie, riproponendo i classici allenamenti estenuanti e persino quella ormai celebre colonna sonora che rendeva emozionante ogni singola inquadratura del primo capitolo, in una operazione nostalgia che non ricicla nulla, bensì reinventa con abilità e creatività. Nonostante un quadro complessivo di eccellente qualità il film non è esente da se pur marginali difetti. La controparte femminile, interpretata da Tessa Thompson, giovane musicista condannata alla progressiva perdita del suo udito, viene inspiegabilmente marginalizzata durante tutta la seconda parte della pellicola, dopo aver ampiamente narrato e approfondito la vicenda amorosa che la lega al protagonista. A conti fatti, però, questo nuovo Creed non si dimostra solo uno dei film di boxe più belli e interessanti degli ultimi anni, bensì una pellicola che ha la grande potenzialità di diventare un classico con il passare del tempo. Alcune sequenze, come quella in cui Adonis cerca di affrontare virtualmente Balboa imitando le mosse del padre in un video su internet, sono destinate a rimanere impresse per lungo tempo nella memoria dei tanti appassionati. E’ per questo che si arriva alla fine, dopo un estenuante quanto emozionante incontro finale, che si portano sulla pelle le stesse ferite e contusioni che segnano il corpo del protagonista: ogni gancio andato a segno, ogni presa, è la mossa di un giovane lottatore che ha deciso di percorrere la propria strada uscendo dalla ingombrante ombra di un cognome che lo opprime. E’ la dimostrazione che, nonostante siano passati ormai trentanove anni dal primo Rocky, la metafora del vero “successo”, quello raggiungibile solo attraverso il sacrificio e la tenacia, rimane più attuale che mai. Dietro il viso tumefatto del giovane Adonis è sempre possibile scorgere quel sorriso di rivalsa, quella forza che spinge tutti noi, dopo una ennesima caduta, a rialzarci per riuscire finalmente a mettere al tappeto le nostre paure.

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orgoglio e pregiudizio e zombie 20


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Genesi, dichiarazioni e curiosità

della nuova visione dark gotica di Jane Austen di Carlo Andriani

Uno dei romanzi più amati di sempre è sicuramente killer di zombie Mr. Darcy complicherà le cose. Orgoglio e pregiudizio, la romantica storia d’amore Caratterizzata dall’eleganza di un classico della tra Mr. Darcy ed Elizabeth Bennett scritta da Jane letteratura inglese e dalla folle ironia del cinema di Austen nel 1813; un cult della letteratura mondiale Tarantino, la rivisitazione a tinte dark di Grahameche abbiamo visto trasposto sul piccolo schermo Smith ha catturato l’attenzione della Lionsgate che nella splendida miniserie britannica del 1995 di ha deciso di trarne un’opera cinematografica a metà Andrew Davies con Colin Firth e nel meraviglioso strada tra La notte dei morti viventi di George film di Joe Wright con Keira Knightley. Ma, a

Romero e Charlie’s Angels di McG: l’epidemia

distanza di oltre un secolo e mezzo dal classico della zombie è iniziata circa settanta anni prima le vicende Austen, lo scrittore, fumettista e sceneggiatore Seth raccontate nel film. Ecco perché Elizabeth e le sue Grahame-Smith ha adattato in chiave horror l’opera sorelle sanno come affrontare i non morti. Sono originale trasformandola in Orgoglio e Pregiudizio e cresciute imparando le arti marziali e cose di questo Zombie. Ebbene sì, nell’un iverso alternativo creato genere - ha dichiarato il regista Burr Steers - Inoltre da Smith le cinque sorelle Bennet affrontano una nei libri di Jane Austen, anche se nessuno le misteriosa epidemia che ha trasformato gli esseri nomina, hanno un ruolo fondamentale le guerre umani in zombie. Esperta nelle arti marziali e nell’uso Napoleoniche che noi abbiamo rimpiazzato con gli delle armi, Elizabeth Bennet guida coraggiosamente zombie. Nei panni delle agguerrite sorelle Bennet il gruppo ma l’improvviso arrivo dell’affascinante troviamo Lily James, Suki Waterhouse, Bella

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Heathcote, Millie Brady ed Ellie Bamber che, dopo un casting a dir poco travagliato, hanno preso il posto di Lily Collins, Emma Stone e Natalie Portman: “Quando ho iniziato a leggere lo script ero un po’ scettica, ma dopo venti pagine me ne sono totalmente innamorata - ha confessato Lily James, la star del Cenerentola firmato da Kenneth Branagh - È un film cool perché unisce due mondi completamente diversi”. Nonostante mantengano il decoro delle fanciulle dell’epoca, le sorelle Bennet non hanno problemi a maneggiare armi e a trucidare orde infinite di zombie: “C’è qualcosa di speciale nel vedere cinque donne darle di santa ragione ai non morti - ha continuato Steers - È fantastico lavorare con cinque attrici in grado di maneggiare spade e sostenere allo stesso tempo la complessità dei dialoghi di Jane Austen”. Ma i veri protagonisti del film sono gli zombie che, secondo quanto dichiarato dallo stesso Steers, sono molto più reali di quelli che abbiamo visto finora sul grande schermo: “Invece di seguire le passate rappresentazioni dei non morti ho preferito adottare un approccio più realistico - ha concluso Steers - i miei zombie non vi guarderanno mai dritto negli occhi, sono decisamente inquietanti”. Il film, che vede nel cast anche Douglas Booth, Lena Headey, Matt Smith e Sally Phillips, uscirà in tutti i cinema italiani il 4 febbraio 2016. Riuscirà Burr Steers a rendere onore al romanzo più folle delle ultime due decadi? Solo il tempo ce lo dirà, ma l’hype è già alle stelle; dopotutto non capita tutti i giorni di vedere una eroina della letteratura inglese come Elizabeth Bennet affrontare centinaia di famelici zombie.

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GIUSEPPE TORNATORE “il cinema non morirà mai” a cura di Rosa Maiuccaro

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Da Nuovo Cinema Paradiso a La Migliore Offerta Giuseppe Tornatore si è sempre contraddistinto per la grande sensibilità e il candore con cui ha raccontato l’amore. Non è questo il caso de La Corrispondenza, l’undicesimo lungometraggio del cineasta siciliano, che da giovedì 14 gennaio uscirà in oltre 400 sale. La relazione sentimentale tra una studentessa di astrofisica e il suo professore iper-connessi non riesce ad appassionare nonostante un clamoroso colpo di scena iniziale. Né il fascino di Jeremy Irons né la bellezza e la bravura di Olga Kurylenko, che qui offre probabilmente la miglior performance della sua carriera, possono risollevare le sorti di un film il cui fallimento va rintracciato nel soggetto prima ancora che nella sceneggiatura. In ogni caso abbiamo incontrato il regista per discutere le sue scelte, il suo punto di vista sull’amore e le nuove tecnologie e chiedergli un commento sul trionfo ai Golden Globe di Ennio Morricone, suo storico amico e collaboratore. Come nasce La Corrispondenza? «La storia nasce da un mio spunto di circa quindici anni fa. Originariamente erano presenti una figura maschile e più di una femminile ma la trama era la stessa. All’epoca però sarebbe stato un film di fantascienza che non era nelle mie corde. Quindi ho continuano a tenerla nel cassetto finché la rivoluzione tecnologica ha trasformato quell’intuizione fantascientifica in puro realismo. Così ho rimesso mano alla storia tenendo conto di questi nuovi elementi». In base a quale criterio sono stati scelti gli attori protagonisti, Olga Kurylenko e Jeremy Irons? «Sono state prese in considerazione varie possibilità. Nel caso di Olga ho avuto la fortuna di incontrare un’attrice gentile che, subito dopo la lettura del copione, ha accettato di fare quattro chiacchiere. Ho visto subito in lei il personaggio. Con Jeremy Irons è stato ancora più facile perché rispecchiava perfettamente

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l’identikit di Ed. Era il primo della mia lista di candidati e ha immediatamente accettato la parte dopo una lunga conversazione via Skype». Fino a che punto parliamo di un film realistico? «Volevo creare un contrappunto tra il realismo, la perfezione logica della tecnologia e

l’ineffabile che sappiamo

cogliere ma non sempre riusciamo a definire. Mi interessava sottolineare la nostra capacità di captare le cose prima che succedano, di cogliere delle premonizioni». Che cosa ne pensa dell’amore immortale nella società 2.0? «L’uomo ha sempre sognato forme di estensione della propria avventura esistenziale. Oggi sembra che la tecnologia dia una mano alla realizzazione di questo sogno antico. Il mio film tratta questo aspetto della vita e tutto ciò che ne consegue. In realtà il destino si può manipolare fino ad un certo punto e quel sogno rimarrà irrealizzabile». Quale aspetto l’affascina delle nuove tecnologie? «Le tecnologie stanno trasformando il nostro codice di relazione con gli altri, la nostra capacità di gestione dei sentimenti. Hanno un ruolo determinante nella nostra società e non si può non rimanerne incuriositi. Poiché io racconto attraverso le immagini mi sembrava naturale prima o poi affrontare anche questo tema». Ha mai pensato al suo film come ad un’allegoria tra l’amore impossibile e l’idea di un cinema che non c’è più? «Non ho mai ritenuto che il cinema fosse morto o stesse per morire. Penso che si stia trasformando come ha sempre fatto.

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L’unica differenza è che oggi la tecnologia consente di alterare certi codici del linguaggio audiovisivo più rapidamente». Perché gli amori che racconta nei suoi film sono quasi sempre impossibili? «Non ricordo storie d’amore al cinema o in letteratura che non presentassero un elemento di difficoltà. Cesare Pavese diceva: ‘Gli amori felici sono rari perché non destano la curiosità degli scrittori’». I due attori protagonisti condividono una sola scena. Come ha gestito le loro interazioni sul set? «La conversazione via Skype è stata girata come se fosse vera mentre tutti i videomessaggi di Jeremy sono stati registrati ancor prima dell’inizio delle riprese. Li ho girati con una troupe ridotta e con mezzi molto semplici proprio perché volevo rimarcare la semplicità di quelle immagini per consentire a Olga di interagire con esse». Ma la distanza, nel loro caso, non è sinonimo di mancanza di coraggio? «La distanza è una lente ottica che rende più evidenti le cose, prima di tutte l’intensità di un rapporto d’amore. La mancanza di coraggio è sicuramente presente. Tendiamo sempre a rinviare le cose spinose nella vita di tutti i giorni. Poi può succedere che non abbiamo più l’opportunità di affrontarle». Si è già complimentato con Ennio Morricone per la vittoria di Golden Globe? «Ho saputo della vittoria lunedì mattina all’alba e ho subito chiamato Ennio che so essere persona molto mattiniera. Era molto contento, gli ho fatto le mie congratulazioni. Avevo seguito da vicino questo storico corteggiamento da parte di Quentin Tarantino ma per ragioni varie Ennio era sempre stato costretto a dire di no. Anche questa volta era intenzionato a fare lo stesso per via del mio film ma l’ho convinto a non rifiutare per la quarta volta. Sarebbe stato poco carino. Sono molto felice per lui. Mi dà energia vedere un uomo di 87 anni così impegnato. Ecco perché nei momenti più difficili della mia giornata penso a lui e mi sento subito meglio!

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La Corrispondenza

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Jeremy Irons e Olga Kurylenko protagonisti di una storia d’amore 2.0 di Letizia Rogolino

Anche se siete appassionati di social network e non anni. Lui è sposato e ha due figli, quindi i due si potete vivere senza whatsapp e Skype, il nuovo film vedono raramente, ma la passione e l’affetto che li di Giuseppe Tornatore potrebbe essere la cura per lega è profondo e resiste. Videochiamate, messaggi, uscire dal tunnel. Infatti dopo due ore di proiezione e-mail e posta ordinaria sono i mille modi con cui la de La Corrispondenza vorrete prendere il vostro coppia si tiene in contatto costante per combattere smartphone o tablet e lanciarlo fuori dalla finestra per la lontananza e resistere fino al prossimo poi correre alla ricerca di un essere umano con il appuntamento nel mondo reale. Ma un giorno Amy quale interagire dal vivo. Nelle sale italiane dal 14 non riceve più alcuna comunicazione e il professore Gennaio, il nuovo film del regista di Baaria, La sembra essere scomparso nel nulla…L’ostinata Sconosciuta e La Migliore Offerta, ritrova Jeremy ricerca della modernità intrappola Giuseppe Tornatore in una storia stantìa e noiosa, che Irons e Olga Kurylenko protagonisti di una storia emoziona solo a tratti per inciampare più volte in una d’amore surreale, sviluppata secondo un registro sceneggiatura scontata ed inconsistente, in cui troppo tradizionale e ripetitivo. Una giovane dialoghi inverosimili e sdolcinati annoiano lo studentessa universitaria che si guadagna da vivere spettatore. La colonna sonora di Ennio Morricone – come stuntman per il cinema e la televisione, ha una uno dei pochi pregi del film – è rotta dalla suoneria relazione con un professore di astrofisica da ben sei incessante dello smartphone della protagonista

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femminile che, a lungo andare, diventa un elemento di disturbo piuttosto che il simbolo di un’attesa romantica dell’altro. Olga Kurylenko e Jeremy Irons interagiscono quasi esclusivamente attraverso i dispositivi di comunicazione virtuale, mentre personaggi reali gli passano accanto come fantasmi e testimoni della loro storia. Nonostante questa limitazione l’attrice ucraina regala un’ottima interpretazione ricca di espressività e trasporto, mentre il collega più esperto conferma ancora una volta il suo carisma, ma resta soffocato nel piccolo monitor di un computer. Il regista italiano questa volta non convince, portando sullo schermo un film noioso e ridodante, che si trascina fino all’ultima scena sentendo il peso di una durata eccessiva e di una struttura narrativa che non offre colpi di scena o punti di svolta, ma resta costantemente piatta e monotono. Ci sono tuttavia un paio di scene emozionanti che richiamano una leggera commozione, ma non bastano a coinvolgere lo spettatore. Peccato perchè l’idea di base poteva dare luce ad un lungometraggio intrigante ed insolito, ma non riesce ad andare oltre e percorrere il sentiero della creatività e sperimentazione.

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trumbo

bryan cranston è lo sceneggiatore di ben hur

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La vera storia di Dalton Trumbo: batti il cinque Walter White! di Rosa Maiuccaro

tutti i costi l’Oscar per riparare agli errori del

ritenuto un “pericoloso comunista” e fu per questo condannato a scontare diversi mesi di prigionia.

passato dell’Academy, Bryan Cranston sarebbe

Frustrato e umiliato, Trumbo continuò a scrivere

insieme a Michael Fassbender il legittimo

sceneggiature sotto falso nome non arrendendosi

proprietario dell’ambita statuetta. Come raramente

mai di fronte a minacce e pressioni di vario genere

accade, le cinque (straordinarie) stagioni di una

anche grazie alla protezione e al supporto di grandi

serie televisiva di successo come Breaking Bad

produttori e registi, da Otto Preminger a Kirk

non hanno per nulla intaccato la credibilità

Douglas. Inaspettatamente, il regista di film

cinematografica di Cranston. Da Walter White a

demenziali come Austin Powers, Mi presenti i tuoi?

Dalton Trumbo: il film di Jay Roach racconta la

e Candidato a sorpresa sforna il miglior

vera storia di uno degli sceneggiatori hollywoodiani

lungometraggio della sua carriera: Trumbo è

più talentuosi degli anni Quaranta e Cinquanta

emozionante, ironico e incalzante. La lodevole

(suoi gli script di Ben Hur, Vacanze romane e

sceneggiatura di John McNamara ci consegna il

Spartaco) e vincitore di ben due premi Oscar.

ritratto di un personaggio a tutto tondo e non solo

Trumbo, all’epoca lo screenwriter più pagato d’America, subì un feroce ostracismo a causa delle

di una vittima, di uno sceneggiatore brillante e prolifico quanto di un uomo tenace sì, ma anche

proprie idee politiche, affrontò un processo poiché

arrogante, avido e spesso egoista nei confronti

Se Leonardo Di Caprio non dovesse vincere a

della propria famiglia. La scene in cui lo vediamo

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scrivere nudo nella vasca da bagno, l’unico posto dove dice di trovare ispirazione, sono tra le più spassose di un film che trova invece gli attimi di maggiore tensione nel difficile rapporto con la figlia Niki. Il cast sbalorditivo (da Helen Mirren a John Goodman, da Diane Lane e Elle Fanning a Louis C.K.) recita sempre all’altezza della propria reputazione supportando a dovere la performance del mattatore Cranston. Roach e McNamara optano per delle interpretazioni talvolta al limite del caricaturale in armonia con un film che declina una storia emblematica in modo convenzionale ma mai ordinario. Sebbene la regia porti con sé ben pochi elementi di originalità sono i toni altisonanti e non lo stile a rendere il film un evento imperdibile: Cranston è talmente comunicativo da stabilire un dialogo accattivante con il pubblico in sala. Le semplificazioni da un punto di vista storico, imputate dai critici statunitensi, non sono necessariamente una diminutio ma agiscono piuttosto in favore di quella conversazione fittizia tra interprese e spettatore. La bellezza di un film scoppiettante come questo sta difatti nella denuncia di un ingiusto sistema persecutorio non troppo distante da noi nel tempo così come nell’omaggio ad una straordinaria stagione del cinema hollywoodiano. Non a caso L’ultima parola: la vera storia di Dalton Trumbo, uscirà nelle nostre sale l’11 febbraio, precedendo di qualche settimana la consegna dei premi Oscar dalla cui corsa sono stati clamorosamente escluse quest’anno le minoranza, attori afroamericani in primis. Questo è solo uno dei tanti aspetti su cui riflettere guardando Trumbo, che ridicolizza il fanatismo e l’ipocrisia di parte dell’industria cinematografica strappando lacrime e risate a volontà. L’arte, la politica,l’amore: pur non rappresentando l’eccellenza del cinema del nuovo millennio Trumbo è un film significativo e appassionante che, tra i tanti meriti, può vantare la definitiva consacrazione di un attore di immenso talento come Bryan Cranston.

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Leonardo

DICAPRIO inseguendo l’ Oscar di Francesca Coppola

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NEWSCINEMA

E’ uno degli uomini più sexy di Hollywood, uno degli ultimi attori che sembra

Titanic, in cui cinge indimenticabilmente i

condividere molto con i personaggi che

prora del transatlantico più sfortunato della

interpreta. Da anni è al centro di una

storia, sulle note di My heart will go on di

polemica mediatica che coinvolge

Celine Dion. E’ quella la pellicola che ha

l’Academy del Dolby Theater, per le sue cinque nomination che tuttavia non l’hanno condotto mai alla vittoria della statuetta d’oro. Com’è possibile che una carriera tanto florida e sorprendente, ricca di ruoli magistralmente gestiti sul grande schermo, possa aver ricevuto tre premi sulle oltre trenta nomination ricevute? E’ il caso di dirlo, ce lo chiediamo anche noi. Perché è quasi surreale pensare che un volto tanto noto e stimato nel panorama cinematografico quanto quello di Leonardo DiCaprio non sia riuscito ad ottenere

segnato il suo inizio, creando un vero e proprio mito ancora vivo nell’immaginario collettivo. Figlio di un autore di fumetti underground di origini italiane e di una casalinga di origini tedesche, nasce e cresce a Los Angeles. Circondato sin da subito da un alone di leggenda, dal momento che sembra aver ricevuto il proprio nome perché aveva scalciato nel grembo della madre dinanzi ad un dipinto di Leonardo Da Vinci esposto alla nostrana Galleria degli Uffizi, durante un soggiorno vacanziero della coppia nel capoluogo toscano. Dopo un

nemmeno un Oscar. Non che ciò sminuisca

esordio all’età di tre anni in uno spettacolo

la sua portata artistica, sia chiaro. Leo è una star degna di questo appellativo, che deve

televisivo per bambini, il giovane DiCaprio si

la sua fama al grande successo del celebre

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fianchi di una giovane Kate Winslet sulla

inoltra nel panorama cinematografico nel 1994, e qui cominciano i suoi trascorsi con la


celeberrima statuetta dorata. Recita al fianco di Johnny Depp in Buon compleanno Mr. Grape interpretando il ruolo di un ragazzino disabile che, pur non essendo propriamente il protagonista, certamente colpisce l’attenzione della critica. Eppure la nomination come miglior attore non protagonista non va a buon fine. Nel 1995 si dà al genere autobiografico interpretando la vita di Jim Carroll in Ritorno dal nulla per la regia di Scott Kalvert e l'esistenza travagliata di Arthur Rimbaud in Poeti dall'inferno per la regia di Agnieszka Holland. Sono pellicole che lasciano indifferente critica e pubblico, ma il boom arriva con Romeo + Giulietta di William Shakespeare dell'australiano Baz Luhrmann, per cui il fracasso mediatico si fa più che sentire trasformando DiCaprio in un teen idol molto potente, tanto che con La Stanza di Marvin – in cui lavora al fianco di personalità come Meryl Streep, Diane Keaton e Robert De Niro – non riesce a rispecchiare le pretese da cinema hollywoodiano impegnato dell’Academy. Nel 1997 arriva il ruolo di una vita, l’esplosione di una fama che ancora oggi si porta dietro i propri strascichi: Titanic, il colossal di James Cameron divenuto un film di culto, per il quale Leo e la bellissima Kate Winslet assurgono a emblema romantico per eccellenza. Peccato che anche stavolta la nomination per l’attore non arriva, nonostante la pellicola abbia collezionato ben undici statuette. Dopo un nuovo millennio inaugurato grazie a The Beach, che ha trasformato Phi Phi Island in una delle mete turistiche più richieste nelle agenzie di viaggio di tutto il mondo, nel 2003 DiCaprio stringe un sodalizio con il regista Martin Scorsese destinato a durare a lungo. In Gangs of New York, tratto dall’omonimo romanzo di Herbert Asbury, viene raccontata la storia di un certo genere di multiculturalità statunitense in cui l’attore fa da protagonista. Il film ottiene dieci nomination ma nessun premio, e DiCaprio non riesce a destare l’attenzione dell’Academy neanche con lo spielberghiano Prova a prendermi dello stesso anno, in cui si racconta la vera storia di Frank Abagnale, un adolescente che riesce a

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NEWSCINEMA

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truffare lo stato per svariati milioni di dollari e viene pertanto inserito nella lista dei criminali più

interpreta il ruolo di un malato mentale. Il 2010 segna ancora una volta il rapporto con Scorsese,

ricercati dall’FBI. La collaborazione con Scorsese

che lo vuole come protagonista nel suo Shutter

si rinnova con due lungometraggi nel 2005-2006:

Island, adattamento cinematografico del

The Aviator, ancora una volta una biografia

romanzo L’isola della paura di Dennis Lehane. E

cinematografica che narra la vita scapestrata di

un Nolan appena reduce da Il Cavaliere Oscuro lo

Howard Hughes, pioniere nel campo

scrittura per la parte di Dom Cobb nel suo

dell'aviazione e regista di film incredibilmente

Inception, pellicola che vince quattro premi

ambiziosi, in linea perfetta con lo spirito

all’Academy su otto nomination. Due anni più

hollywoodiano; e The Departed, che vince ben

tardi, tenta di rifarsi con J. Edgar, storia del

quattro Oscar – tra cui miglior regia e miglior film –

direttore dell’FBI americana, e successivamente

ma la nomination per DiCaprio arriva con Blood

con il villain Calvin Candie in Django Unchained

Diamond, una pellicola dal carattere impegnato

firmato Tarantino, ruoli completamente differenti

che tuttavia non porta buoni frutti. Nel 2008 è la

da quelli in genere interpretati dall’attore: il primo

volta di un ritorno alle origini al fianco di Kate

invischiato in questioni politiche controverse, il

Winslet nel drammatico Revolutionary Road, per la regia di Sam Mendes, tratto dall'omonimo

secondo uno schiavista spietato e senza scrupoli. Ma anche stavolta il riconoscimento

romanzo di Richard Yates. La Winslet trionfa

ufficiale sembra un sogno irrealizzabile. Nel 2013,

quello stesso anno per l’interpretazione in The

la terza trasposizione cinematografica del

Reader, ma Leo subisce lo smacco per la vittoria

famigerato romanzo di Francis Scott Firzgerald

di Michael Shannon come miglior attore non

realizzata da Baz Luhrmann vince soltanto due

protagonista nella medesima pellicola, in cui

Oscar per scenografia e costumi. Il grande


12 gennaio 2015 Gatsby viene accolto freddamente dalla critica, che approdato in America il giorno di Natale, è in arrivo tuttavia si complimenta per l’interpretazione di sul grande schermo italiano insieme a Tom Hardy in DiCaprio. Sembra una passione quella per The Revenant, una pellicola ambientata tra neve e l’autobiografia, e se c’è lo zampino di Scorsese è monti nel 1823, diretta dal Premio Oscar Alejandro anche meglio: il libro di Jordan Belfort che racconta Inàrritu e basata sull'omonimo romanzo di Michael la sua esistenza viene riadattato dal regista italo- Punke. Il ruolo sembra imponente e probabile che il americano in The Wolf of Wall Street e l’attore ne nostro Leo si rivelerà all’altezza delle aspettative. veste smoking gessato e cravatta. Il ruolo pareva Che sia la volta buona? Non ci resta che attendere e quello giusto, come anche il momento (data la sperare che finalmente una personalità d’impatto vincita del Golden Globe). La nomination c’era, ma il come la sua riesca a mettere le mani sulla preziosa premio viene assegnato al collega Matthew statuetta. McConaughey. Quest’anno, dopo essere

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Revenant REDIVIVO

dopo birdman il nuovo film di alejandro gonzales inarritu di Davide Sette

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A due anni di distanza dalle elucubrazioni filosofiche di Birdman e dalle nevrosi esistenziali dei

forze naturali che lo circondano, relegando ai margini della vicenda il gruppo di avventurieri

suoi personaggi, il regista messicano Alejandro

scozzesi. Ma la prova di Leonardo DiCaprio non è

González Iñárritu torna sul grande schermo con il

semplice testimonianza di un grande talento

nuovo attesissimo Revenant, storia di vendetta e

attoriale e recitativo (ben più evidente in altre

sopravvivenza nel gelido deserto del Missouri. La

pellicole), ma la prova di una assoluta dedizione al

pellicola, tratta dall’omonimo libro di Michael

proprio lavoro, la volontà di sacrificarsi anche

Punke, racconta la leggendaria vicenda di Hugh Glass, uomo di frontiera di origini scozzesi che, dopo essere scampato per miracolo al sanguinoso attacco di un grizzly, decide di mettersi sulle tracce dei compagni che volevano lasciarlo morire. Nonostante ciò, la trasposizione cinematografica riesce a trovare una propria strada inedita e originale, allontanandosi di molto dalla fonte letteraria alla sua base, e facendo ruotare la narrazione sul nuovo personaggio di Hawk, figlio adolescente di Glass, la cui morte sarà questa volta il vero motivo della sua sete di giustizia. Nella concezione dualistica di Iñárritu, la storia narrata si trova stretta fra due poli opposti, la carnalità del protagonista e la misteriosa evanescenza delle

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fisicamente in nome della propria arte. A rubare la scena al redivivo Hugh Glass è invece uno splendido e sfaccettato Tom Hardy, che ancora una volta dimostra la sua innata bravura di caratterista, specialmente in ruoli dove la follia e la violenza sono alla base del personaggio da interpretare. Fin dalla prima sequenza, quella della maestosa battaglia di Arikara, risulta chiaro allo spettatore come Iñárritu sia tornato ancora una volta per stupire e giocare con il proprio pubblico, attraverso virtuosismi registici quali lunghi piani sequenza e inquadrature complesse e ricercate. Ma troviamo sul piano concettuale molto della ricerca filosofica sulla natura portata avanti dal cineasta tedesco Werner Herzog, la convinzione che “il minimo comune denominatore del nostro universo


non sia l’armonia, bensì il caos, il conflitto, la violenza”. Parallelismo che risulta evidente se pensiamo come anche nel Grizzly Man del regista bavarese la natura pericolosa e minacciosa sia proprio rappresentata simbolicamente da un orso assassino. E se la prima parte di Revenant richiama da vicino le atmosfere di Fitzcarraldo, le immagini di uomini piccoli e insignificanti, polvere nel più vasto mondo in cui vivono, Tom Hardy rappresenta il moderno Klaus Kinski, un Aguirre reso cieco dalla propria ambizione e spinto a commettere crimini inconfessabili, a pensare a nessun altro se non a se stesso. Il regista messicano sembra pescare molto dal cinema impegnato (e impegnativo) di registi come Terrence Malick, con il protagonista costretto a riflettere e a soffermarsi sulla spaventosa immensità del proprio cosmo, sulla imprevedibilità delle leggi naturali, attraverso visioni e voci nel cervello. Purtroppo, però, Iñárritu non riesce a raggiungere gli stessi livelli di profondità e analisi introspettiva, confezionando una pellicola di grande eleganza e intrattenimento, ma priva di quella carica di originalità e personalità propria di lavori più genuini e meno studiati come il Valhalla Rising di Winding Refn.

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Nonostante il suggestivo lirismo delle immagini, e la consapevolezza della macchina da presa ormai totale da parte del regista messicano, Revenant spesso fatica a raggiungere i suoi ambiziosi obiettivi, a scardinare le consuetudini del genere e a valicare i confini del “cinema di vendetta”. Lo spettatore è come ipnotizzato dalla bellezza delle immagini, dalla precisa e sapiente fotografia di Lubezki, vera e propria anima della pellicola. Il direttore della fotografia dietro a capolavori come The tree of life, il papà di quello spazio vuoto e profondo che faceva da sfondo al Gravity di Cuarón, riesce ancora una volta a portare sulle proprie spalle il peso del lavoro altrui, conferendo a Revenant quella potenza visiva disarmante che spesso riesce a far dimenticare una sceneggiatura forse fin troppo derivativa e superficiale. Iñárritu sembra infatti non aver imparato dagli errori del proprio passato e, dopo 21 grammi e Babel, rinuncia ancora una volta alla ricerca di quelle sfumature, sui personaggi e sulla vicenda narrata, che avrebbero potuto rendere questoRevenant un lavoro di ben altro spessore. Nonostante questi veniali difetti, la nuova opera del regista messicano riesce comunque nel compito di appassionare e suggestionare, attraverso la disarmante bellezza e ferocia delle ambientazioni e la sempre ispirata “mise en scène”. Iñárritu, messo finalmente da parte un certo narcisismo autoriale, cerca di recuperare le proprie origini, concentrandosi sulla sostanza della propria opera piuttosto che sulle apparenze e i ridondanti virtuosismi. E’ per questo che, dopo aver vissuto la tragica quanto estenuante “resurrezione” di Hugh Glass, ci accorgiamo di quanto la vendetta sia stata vuota e inutile, che tutto ciò che è stato strappato via al protagonista è destinato a non fare mai più ritorno perché, per dirla con le parole della didascalia finale di Amores Perros, “siamo anche quello che perdiamo”.

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Steve JOBS

michael fassbender è la mente creativa apple di Carlo Andriani

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NEWSCINEMA debole biopic firmato da Joshua Michael Stern

connesso con il teatro e gli show TV. La struttura tripartita è infatti l’originale punto di vista scelto

con Ashton Kutcher, Hollywood rimette in scena

per raccontare la storia di un uomo geniale e allo

la vita di una delle figure più geniali, controverse e

stesso tempo cinico, dispotico e apatico; una

conflittuali della storia della tecnologia. Stiamo

mente creativa dominata dal controllo e

parlando di Steve Jobs, il film diretto da Danny

rappresentata in un film che non è il classico biopic-omaggio ma un’opera schietta e sincera.

Dopo l’insuccesso di pubblico e critica di Jobs, il

Boyle con Michael Fassbender, Kate Winslet, Seth Rogen e Jeff Daniels che racconta le tre tappe fondamentali della carriera di Jobs: il 1984, il lancio di Apple Macintosh; il 1988, l’abbandono della Apple per la società NeXT; il 1998 e l’Imac, il computer che sancì il successo di Jobs nell’azienda americana. Tre anni, tre lanci, tre risultati completamente diversi. Se vi state chiedendo se Steve Jobs sia un biopic tradizionale la risposta è chiaramente no. La sceneggiatura è infatti firmata da Aaron Sorkin, l’autore di The Social Network, il brillante biopic su Mark Zuckerberg di David Fincher e di

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Chi è scettico sulla autenticità di queste considerazioni deve partire dal presupposto che la sceneggiatura del film nasce dalla biografia autorizzata di Walter Isaacson del 2011; un’opera che racconta uno Steve Jobs reale proprio perché approvato dallo stesso Jobs. E il quadro che ne deriva non è infatti dei migliori. Nonostante questo è impossibile non provare un pizzico di empatia per un uomo che non ha mai smesso di lottare contro la sua stessa natura. E il merito è di Danny Boyle che, appoggiandosi a una sceneggiatura ricca di dialoghi e difficile da

The Newsroom, l’apprezzata serie tv sul mondo

trasporre senza esserne inglobati, costruisce un film lontano dal suo stile visionario ma

del giornalismo con Jeff Daniels; uno

convincente. Il progressivo distacco di Jobs dalla

sceneggiatore che torna al cinema con uno script

tecnologia e il riavvicinamento alle emozioni e alla

elegantemente slegato dalla settima arte e

figlia costituiscono il fulcro di un’opera brillante ed


emozionante. Inoltre l’eleganza visiva di Boyle e la geniale scrittura di Sorkin vengono qui arricchiti da un cast guidato dall’impeccabile Michael Fassbender e dominato dall’eccezionale Kate Winslet che, nei panni della segretaria Joanna Hoffman, regala un’altra spettacolare performance della sua carriera. Il risultato è un biopic inedito, originale e potente che rappresenta con intelligenza e sincerità una delle figure più importanti nella storia della tecnologia.

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zoolander 2 tornano i modelli pi첫 sexy del mondo di Francesca Coppola

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NEWSCINEMA

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C’è un settore del cinema che molto spesso viene insistentemente denigrato. La comedy, la specie

che asserisce che l'intelletto è inversamente proporzionale all'avvenenza. Tutto muscoli e niente

cinematografica “peggiore” che si possa

cervello? E’ questo il punto cruciale del tema

desiderare a detta di molti. Questo perché non tutti

affrontato dal lungometraggio. Zoolander è

riescono ad apprezzare il genere, ma quando al

candidato per la quarta volta al titolo di modello

comando c’è un outsider in materia comicità, non si può far altro che ammirarne i risvolti. Parliamo di

dell'anno ai VH1 Fashion Awards, ma viene

Ben Stiller, e di come sia stato abile a sceneggiare

interpretato dallo storico collega Owen Wilson).

un’arguta e sottile parodia del mondo dell’alta

Intanto, lo stilista Jacobean Mugatu viene

moda, tra copertine patinate ed intrighi degni

incaricato dall'industria della moda di eliminare il

dell’aristocrazia vittoriana. In questo universo

neo eletto primo ministro malese, colpevole

scintillante, in cui spopolano i falsi idoli e i falsi amici sono sempre dietro l’angolo, il protagonista

dell’intenzione di abolire lo sfruttamento minorile che costituiva una fonte di guadagno nel campo

Derek Zoolander smaschera sotto gli occhi del

dell’industria tessile. Ad essere scelto come sicario

pubblico i complotti che vigono nel fashion business, tanto da portare in superficie l’esistenza

è proprio Zoolander, ed è lo stesso che riesce a

di una vera e propria mafia del settore, che giudica e stabilisce la fine che bisogna far fare ai nemici.

del glamour. Stiller riesce a condensare in maniera magistrale la comicità con la denuncia sociale e

Zoolander è una pellicola che dissacra tutti i dogmi

stigmatizza tutti quegli atteggiamenti e stili di vita

ed esalta ogni singolo stereotipo del regno di

che stanno minando la base della cultura

paillettes, eventi e sfilate, confermando quel detto

moderna. Il ritmo della pellicola si rivela perfetto,

battuto da un modello più giovane (Hansel,

salvare la situazione sventando i piani degli squali


tra battute e gag a ripetizione alternate a pochi ma efficaci momenti in cui l’individuo viene indotto a riflettere su concetti che acquistano sempre più valore nella società odierna, tutta incentrata sulle famigerate apparenze, e su tematiche scottanti che ben rappresentano l’altra faccia del fashion business – basti pensare alle allusioni all’anoressia o alla stessa questione dello sfruttamento sul lavoro. Incisivo il modo in cui questi pensieri vengono espressi: far ridere per far pensare, in una sorta di umorismo pirandelliano che lascia l’amaro in bocca. Il messaggio è tremendamente attuale, e ciò che colpisce di più è il fatto che la pellicola sia stata distribuita all’alba del nuovo millennio. Dopo circa quindici anni, dunque, l’attore comico più amato di sempre stupisce il pubblico con l’annuncio di un sequel, Zoolander 2. “L’anno scorso abbiamo ricominciato a pensarci ed è accaduta una vera e propria concomitanza di eventi, tutti volevamo farlo e siamo arrivati al punto in cui è diventato possibile. Ed è emozionante poterne finalmente parlare.” Ne parla così, Ben Stiller, e lascia certamente intendere che ritornare a mettere mano alla sua opera rischia di fargli scendere qualche lacrima sulla guancia. Interverrà addirittura l’Interpol a ingaggiare gli ormai stagionati Derek e Hansel al fine di risolvere una serie di omicidi che hanno come filo conduttore una delle pose di Zoolander che lo hanno reso celebre, la Blue Steel: sguardo intenso, sopracciglio sinistro sollevato e labbra pronunciate in avanti, chiuse a mo’ di

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bacio. Fa ridere, sì, ma è triste pensare che gran parte delle immagini che si trovano adesso in giro sul web siano del tutto simili alle particolari espressioni del viso e del corpo utilizzate da Zoolander per esprimere la sua innata sensualità. C’è la satira iperbolizzata di uno Stiller che continua sulla scia della commedia intelligentemente demenziale e riporta in auge la sua arma segreta (che differenza c’è tra la prima posa e la Magnum?), e c’è il mondo di satin degli anni duemila che si ostina ad imporre modelli d’immagine e di comportamento all’apparenza privi di qualsiasi difetto. Dopo aver visto il sequel, chiediamoci il perché.

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daddy’s home la commedia con will ferrell e mark wahlberg di C.A.

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NEWSCINEMA Che cosa fareste se l’ex marito di vostra moglie più complicato per il povero Brad… Dopo Duri si fosse Mark Wahlberg? Questa è la dura realtà che diventa è lecito aspettarsi di tutto da Will Ferrell. La Will Ferrell affronta in Daddy’s Home, la commedia commedia di Etan Cohen, attraverso un mix di diretta da Sean Anders che ha conquistato il box volgarità e irriverenza, ha portato di parecchi gradini office con oltre 155 milioni di dollari incassati in basso la carriera del comico più amato di worldwide. Il comico interpreta Brad Whitaker, il America. Ma a distanza di soli sei mesi esce in tutti i responsabile di una radio americana che vive cinema Daddy’s Home, una commedia che dà felicemente con la moglie Sara (Linda Cardellini) e i finalmente allo storico interprete di Elf la possibilità di figli acquisiti. Nonostante le difficoltà Brad è divertire senza gratuite volgarità. Il merito è del fiducioso che prima o poi la dedizione e la pazienza regista Sean Anders che, avendo scritto Come ti che mette nei confronti della sua famiglia lo spaccio la famiglia e Come ammazzare il capo 2, ha renderanno un padre amato dai due bambini. Ma un una certa dimestichezza con la commedia di qualità, piccolo grande ostacolo sopraggiunge. Dusty e anche del duo Ferrell/Wahlberg che funziona Mayron (Mark Wahlberg), l’ex di Sarah, è sexy, di sorprendentemente bene. Quello che manca nella successo e ha tutte le intenzioni di riprendersi la sua maggior parte delle pellicole di Ferrell è il sottilissimo famiglia. Riuscirà a portare a termine il suo obiettivo equilibrio tra umorismo e buon gusto; non è un o per una volta il patrigno “buono” e imbranato avrà mistero infatti che molti dei suoi precedenti film, la meglio? La sfida è aperta ma le conoscenze e le premendo l’acceleratore sulla risata grassa, abilità da agente segreto di Mayron renderanno tutto finissero col diventare offensivi ed esageratamente irriverenti.

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NEWSCINEMA

“Si ride con buongusto e intelligenza, al contrario della volgarità di Duri si Diventa”

Daddy’s Home invece, nonostante lo humour sopra le righe, presenta un’ironia fruibile per tutte le tipologie di pubblico, dagli amanti delle commedie dei Wayans agli appassionati del cinema di David Zucker. La pellicola infatti, affrontando un tema importante come la famiglia allargata e presentando un epilogo dissacrante, è una commedia che va al di là dell’umorismo facile; e il successo riscosso al box office mondiale è la prova che il pubblico, alla volgarità di Duri si diventa, preferisce il buon gusto e l’intelligenza di Daddy’s Home. Daddy’s Home verrà distribuito dalla Universal Pictures in tutti i cinema italiani il 14 Gennaio 2016.

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The Hateful

EIGHT il nuovo film di Quentin Tarantino di D.S.

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attesissimo lavoro del genio visionario di Quentin

questo la catarsi finale, prevedibile quanto impressionante esplosione di violenza, simile in molti

Tarantino che, dopo il primo esperimento di Django

aspetti alla strage finale di Travis in Toro Scatenato,

Unchained, torna a percorrere i sentieri dello

rappresenta quello che il filosofo e critico russo

spaghetti western con quello che è forse il suo film più profondo e intimista, basato sulla violenza delle

Slavoj Žižek chiamerebbe “sfogo”. La violenza,

In uscita il 4 febbraio, The Hateful Eight è il nuovo

parole, prima che sulla violenza delle armi.

infatti, non è mai causata da semplice pazzia, esaurimento, bensì è la naturale conseguenza di una

Abbandonando gli intrecci de Le iene e di Pulp

irrimediabile “perdita” e “sottrazione”, dello

Fiction, la trama si fa estremamente semplice e

smarrimento definitivo dei codici essenziali con cui

essenziale. Un cacciatore di taglie, John Ruth, assieme alla sua preda e al suo “carovaniere”, incontra sul suo cammino due personaggi in cerca di un posto per ripararsi dalla imminente bufera di neve, Warren e Mannix. I quattro trovano rifugio nella Haberdashery di Minnie, locanda di montagna che accoglie i viaggiatori per soste più o meno prolungate. Nella baita i coloriti protagonisti troveranno altri viandanti come loro. Fin da subito si capisce però che qualcuno degli otto personaggi al

poter capire la realtà che ci circonda. Per rendere il tutto credibile e coinvolgente è necessario però un cast di attori di primo ordine, in grado di rievocare con la loro voce e le loro espressioni tutte le emozioni contrastanti che un lavoro del genere dovrebbe suscitare. Obiettivo raggiunto in pieno, in quanto tutti i protagonisti, dal sadico e astuto Samuel L. Jackson al beffardo e ironico Tim Roth, passando per il cinico Kurt Russell e il taciturno veterano di guerra Bruce Dern, riescono a tirare

centro della scena non la racconta giusta, in un

fuori alcune delle interpretazioni migliori delle loro già

clima di tensione e diffidenza destinato a esplodere

memorabili carriere. Tarantino riprende i temi de Il

nella sanguinosa conclusione della pellicola. Per

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grande silenzio del suo maestro e ispiratore Sergio


Corbucci, il suo nichilismo e la sua ferocia, ma anche lo stile de La notte senza legge di André De Toth, western americano realizzato con pochi dollari e presto scomparso nel dimenticatoio. Ma il mistero psicologico, il giallo che permea tutta la pellicola, ricorda la mamma del noir e del thriller letterario Agatha Christie, e i suoi Dieci piccoli indiani. Evidente è inoltre il richiamo ad un’altra pellicola che del sospetto e della paranoia ha fatto i suoi punti di forza, il meraviglioso La cosa di John Carpenter. Tarantino cerca di ricreare quella tensione credibile e palpabile che si manifestava tra i protagonisti dell’horror del 1982. Se nel film di Carpenter il motivo della diffidenza tra i personaggi era dato dalla incertezza del “parassita”, il non poter mai sapere chi sarà il prossimo a essere contagiato, in The hateful eight tutti i viaggiatori sono dissimulatori machiavellici con lo scopo di ingannare il proprio vicino. Ma le citazioni alla pellicola sci-fi non finiscono qua. Kurt Russell è infatti il protagonista di entrambi i film, così come Ennio Morricone il compositore delle due colonne sonore. Non solo, ma proprio il maestro italiano sembra aver utilizzato per questo nuovo Tarantino alcuni dei brani precedentemente scartati proprio per il film di John Carpenter. Il cineasta americano decide di ambientare questo suo ottavo lavoro in una baita fuori dal tempo, ma immersa in una storia sempre uguale a se stessa, quella degli uomini, delle loro debolezze e delle loro vergognose viltà. La verità effettuale della storia è il conflitto: fra gli stati, fra i gruppi sociali, fra gli individui. Si combatte

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una lotta senza soste e senza regole, in quanto gli uomini sono caratterizzati da volubilità,

vita individuale e collettiva, come per esempio quella che possano finalmente cessare le

ingratitudine, cupidigia e falsità. Natura che può

discriminazioni, sono derise e ridicolizzate, in

variare nelle forme e nei modi in cui si manifesta,

quanto impossibile fuggire da un tempo destinato

ma è sostanzialmente immutabile.

nuovamente a ingoiarci. E’ per questo che The

A dimostrazione di come le differenze culturali, il razzismo nella sua forma più intima e filosofica, la

hateful eight è forse la pellicola più intimamente

diffidenza nei confronti dello straniero e del

riflessione sul sospetto e sulla diffidenza, dove lo

diverso, sono caratteristiche comuni a tutti gli

straniero è sinonimo di minaccia e pericolo. La

esseri umani, indipendentemente dal periodo in

piccola e angusta ambientazione richiama la claustrofobicità di “quell’anello dell’essere” che ci

cui essi vivono. Il contesto storico, in questa nuova pellicola del regista, è evocato

stringe e non ci lascia fiato. E allora se, come

esclusivamente dalle parole e dai racconti, dai

affermato dal teologo francese Blaise Pascal,

personaggi, dal loro accento e dal loro vestiario.

“burlarsi della filosofia è veramente filosofare”,

Tarantino raggiunge la consapevolezza che,

allora prendersi gioco della storia, scherzare in

secondo la concezione nietzschiana, “ogni pensiero e ogni sospiro dovrà fare ritorno”, che il

maniera ironica e beffarda sulla violenza e sulla

tempo, non più lineare ma circolare, ci impedisce

paura, significa riflettere concretamente su di esse, per una delle pellicole più belle e profonde

di lasciare alle spalle il nostro passato. In questa

del geniale e creativo regista americano.

ottica le mille aspirazioni che guidano la nostra

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politica della filmografia tarantiniana, una spietata


tarantino 57

il mio western: amore e furto


NEWSCINEMA La filmografia di Quentin Tarantino, fin dal suo

del talento italiano Sergio Corbucci, il cui Django

folgorante esordio con Le iene, si è sempre basata

è naturalmente alla base di questo remake

sulla reinvenzione di generi e stilemi del cinema

hollywoodiano. Ma non solo, anche un film come Il mercenario, sempre di Corbucci, viene

passato, con operazioni in bilico tra citazionismo e revisionismo, tra classico e moderno. Era inevitabile, quindi, che il regista americano finisse

chiaramente richiamato nella scena in cui una

per confrontarsi con uno dei generi che per primo

cuore di Calvin Candie passando attraverso il fiore

indagò sulla potenza visiva e cinematografica del

appuntato sulla giacca. Inoltre, uno dei saloon

sangue e della violenza, quello dello spaghetti

dove entrano Django e Schultz porta proprio il

western italiano. E’ per questo che nella prima opera “di frontiera” di Tarantino, Django

nome di Minnesota Clay, omonimo film di Corbucci del 1964. Ma Tarantino saccheggia con

Unchained, come ammesso dallo stesso regista,

furbizia e abilità gli stratagemmi visivi e registici di

“c’è Non predicare... spara!, c’è Boss Nigger, ci

un grande maestro come Sergio Leone, anche lui,

sono gli spaghetti western, ma anche i western

come molti “giganti”, dedito all’arte del “furto”,

americani, e i black western”. E’ chiaro, quindi,

inteso come rielaborazione di temi e situazioni in

che, senza la lunga tradizione italiana di western e pellicole di avventura, senza quella ricerca sulla

dollari, infatti, vero caposaldo del genere, è una

forme nuove e originali. Il suo Per un pugno di

violenza come mezzo estetico, un regista come

ideale (e non autorizzata) rivisitazione de La sfida

Quentin Tarantino non sarebbe probabilmente mai

del samurai di Akira Kurosawa (anche lui

esistito. Vera e propria fonte di ispirazione per il

richiamato in Django con la esilarante scena dei

western postmoderno di Tarantino, per i suoi film

cavalieri incappucciati nella nebbia). Tarantino

“testamento di un genere e di un’epoca” destinata

omaggia Leone in diverse sequenze, come quella in cui la fragorosa esplosione della villa interrompe

a concludersi, è sicuramente la vasta filmografia

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pallottola sparata dal dottor Schultz raggiunge il


gli ultimi insulti che Stephen rivolge a Django, richiamando la celebre scena conclusiva de Il buono, il brutto e il cattivo, dove le ingiurie di Eli Wallach verso “il biondo” vengono interrotte dalle suggestive note della colonna sonora di Ennio Morricone. Nella stessa sequenza, inoltre, poco prima del botto, Broomhilda si tappa le orecchie proprio come Juan Miranda, il personaggio interpretato da Rod Steiger nel film di Leone Giù la testa. Questa ultima opera è richiamata anche nel momento in cui lo scagnozzo della miniera LeQuint Dickey, interpretato proprio da Quentin Tarantino, muore in una maniera molto simile a quella con cui esce dalle scene uno degli uomini di Miranda in Giù la testa. Ma Tarantino non si limita a omaggiare Leone esclusivamente attraverso riferimenti e citazioni, bensì riprendendo molto della sua tecnica registica, dalle stravaganti posizioni della macchina da presa, con personaggi spesso inquadrati dietro un cappio da impiccagione, ai primissimi

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NEWSCINEMA

piani durante i combattimenti. Leone e delle sequenze più conosciute del film di Corbucci furono i primi a sdoganare nel Fulci, quella della flagellazione a colpi di cinema western la figura degli “anti eroi”, frusta subita dal personaggio interpretato personaggi deboli nei confronti della da Franco Nero. Ma ancora, la morte dello corruttibilità e della sete di denaro, in schiavo D’Artagnan, sempre in Django contrapposizione con i Gary Cooper e gli Unchained, è fin troppo simile alla scena John Wayne del cinema western anni ’60, iniziale di Tempo di massacro, in cui un combattenti senza macchia sempre ligi al peones viene inseguito e sbranato da un dovere e alla morale. Di fondamentale branco di cani affamati. Il sottofondo importanza nella costruzione del recente politico dei film tarantiniani, il razzismo di Django Unchained è stato inoltre il lavoro Django Unchained e la guerra civile sudista del nostro “terrorista di generi” Lucio Fulci. in The hateful eight, richiama invece la Un esempio particolarmente emblematico concezione “sociale” e “civile” del cinema è sicuramente il piccolo cult spaghetti di Sergio Sollima, di cui è esempio western de Le colt cantarono la morte… e emblematico la trilogia western con fu tempo di massacro, probabilmente una protagonista Tomás Milián. Sollima delle pellicole più crude e violente nella racconta infatti di un povero messicano storia del cinema western nazionale. La che, come Django contro gli sfruttatori e i scena delle frustate inflitte dal protagonista negrieri, è impegnato nella sua personale tarantiniano ad uno dei poveri malcapitati vendetta contro i ricchi oppressori fratelli Brittle richiama direttamente una americani.

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la grande scommessa

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NEWSCINEMA Nelle nostre sale dallo scorso 7 gennaio, La grande inesistenti. Se il regista di Taxi Driver indagava il scommessa è il nuovo attesissimo lavoro del “fenomeno”, intraprendendo una ricerca quasi cineasta americano Adam McKay, noto al grande filosofica sul potere del denaro, McKay si sofferma pubblico per la fortunata serie comica di Anchorman, con lucidità giornalistica su di una vicenda ben con protagonista Will Farrell. Il film, già in lizza in definita, quella della bolla immobiliare, e delle ripercussioni che ebbe sul mondo intero. diverse categorie agli imminenti Golden Globes e uno dei massimi favoriti per la prossima corsa alle Riprendendo un discorso di satira politica e sociale statuette, narra la vicenda (reale) di un gruppo di cominciato con il divertentissimo e oltraggioso speculatori di borsa che, analizzando alcuni insistenti Anchorman, McKay fornisce il quadro di una nazione segnali economici, previdero prima del suo scoppio divorata dalla sua stessa retorica, quella di un “sogno la gigantesca bolla immobiliare alla base della americano” nel nome del quale è ormai legittimo recente crisi mondiale. Al servizio di una truffare, rubare e dissimulare. La pellicola, forse non a sceneggiatura ben scritta e costruita, un cast caso, arriva nelle sale proprio durante la campagna composto da nomi altisonanti, da Steve Carell a Christian Bale, passando per Ryan Gosling e Brad Pitt. Per le tematiche affrontate il paragone più immediato (e probabilmente fuorviante) è necessariamente quello con The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese. Tuttavia la pellicola di McKay non si sofferma tanto su di un edonismo fatto di sesso selvaggio e droga facile, come quello scorsesiano, bensì su di un edonismo economico e capitalista frutto di leggi poco chiare e controlli

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elettorale per le presidenziali, ancora una volta caratterizzata dalla totale assenza di un dibattito concreto e realistico circa una necessaria riforma bancaria che punisca gli abusi e tuteli i consumatori. Il bilancio di questo La grande scommessa è impietoso. Responsabilità del disastro non ricade solo su Wall Street, colpevole di avarizia e sete di denaro, bensì sul più ampio e strutturato apparato economico e monetario, dalle agenzie di rating fino ad arrivare addirittura alla Federal Reserve. Dal


governo Reagan in poi si è attuata una folle e scellerata politica di deregolamentazione che ha portato alla crescita di fenomeni subdoli e spesso invisibili come quello dello shadow banking, spingendo tanti istituti di credito a rischiare ben oltre la soglia non scritta del buonsenso. Il tema economico, anche se spesso lo dimentichiamo, è alla base della nostra moderna concezione di esistenza. Quei numeri, apparentemente asettici e di poco interesse, sono capaci, con la loro oscillazione, di sconvolgere la vita di milioni di persone, determinando la loro fortuna o, più frequentemente, la loro disgrazia. E’ per questo che, in un mondo in cui “le persone sono interessate solo a quale sarà il prossimo divo a finire in rehab”, per citare il personaggio di Baum, McKay gioca con la cultura popolare, con gli oracoli dello show business e del mondo del cinema e dello spettacolo. E’ allora che la cantante pop Selena Gomez, o ancora Margot Robbie, immortalata in una lussuosa jacuzzi, diventano, in un divertente ribaltamento dei ruoli, i veri economisti, quelli in grado di spiegare al pubblico i complessi meccanismi economici, dai titoli tossici alle obbligazioni sul debito, in esilaranti quanto riuscite spiegazioni semplificate. Ma La grande scommessa è innanzitutto una pellicola sugli uomini, prima che sui numeri. I personaggi, coloriti outsiders, non sono aridi banchieri, bensì uomini inquadrati nella loro vulnerabilità, appesantiti da un passato che non ha mai risparmiato nulla e che non nasconde evidenti segni sulla personalità e sul comportamento dei protagonisti, diffidenti e lunatici, al limite della sociopatia. Il personaggio di Burry interpretato da Bale, per esempio, è un individuo guidato dai demoni, driven by demons, come recita il brano dei Pantera che abitualmente suona alla batteria per rilassarsi e tornare in pace con se stesso. La colonna sonora pesante e

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adrenalinica che caratterizza le sequenze con protagonista Burry rappresenta in maniera efficace

disparte, ai margini della scena. Il regista si avvicina ai protagonisti attraverso zoom e primi piani, senza

il caos che alberga nella sua mente sempre vigile e

mai invadere fisicamente lo spazio presente tra gli

attiva. E’ per questo che la droga, alla base del

attori, lasciando gli interpreti liberi di poter dare

testo di Master of Puppets dei Metallica, diviene

libera espressione del proprio talento e della

ideale rappresentazione del denaro che guida le esistenze dei personaggi, e il “leviatano” dei

propria bravura, come su di un set teatrale piuttosto che cinematografico. McKay, nelle inediti

Mastodon metafora del moloch finanziario che

vesti di medico e psichiatra, mette in mostra gli

governa silenziosamente la nostra vita e la nostra

effetti psicologici di una Wall Street dipinta come

società. Ryan Gosling, nei panni di Jared

invadente patologia che, pasolinianamente, segna

Vennett, recita invece con due piedi nella stessa scarpa, rivestendo sia il ruolo di interprete che

in maniera tangibile e visibile la fisiognomica dei personaggi. Da questi presupposti si sviluppa il

quello di narratore, ironico e smaliziato Cicerone tra i giorni di un inferno economico fatto di bugie,

fondamentale concetto di “egemonia” monetaria, non solo semplice potere economico, bensì

inganni e colpi bassi. Da segnalare, se pur in un

capacità attiva di denaturalizzare gli individui, a

ruolo minore, la splendida performance di Brad

partire dal proprio corpo. La “permamente attività

Pitt nelle vesti di uno scafato “guru” della borsa

culturale” statale si riflette quindi non solo sulla vita

che decide di aiutare due giovani e spericolati

professionale dei protagonisti, ma persino sulla

sprovveduti a districarsi con la complessa vicenda

loro salute fisica e psicologica. Per tutti questi

che fortuitamente è capitata tra le loro mani. La

motivi La grande scommessa non è solo una

quarta parete che convenzionalmente separa i

pellicola originale e innovativa dal punto di vista

protagonisti dallo spettatore viene in questo caso ripetutamente infranta e oltrepassata, in quanto più

narrativo e cinematografico, valorizzata da interpretazioni maiuscole, bensì un lavoro dal forte

volte i personaggi sono chiamati a interagire

valore educativo e sociale che ci mette in guardia,

direttamente con il pubblico attraverso battute e

con ironia e sarcasmo, dallo “stufato di pesce”,

precisazioni. Per sottolineare la centralità delle

quello che, sotto un aspetto gustoso e invitante,

“persone”, delle loro esistenze e delle loro emozioni, la macchina da presa rimane sempre in

nasconde gli avanzi che nessun cuoco potrebbe altrimenti mai cucinare.


macbeth

una nuova visione della tragedia di shakespeare di Letizia Rogolino

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NEWSCINEMA

“L’emotività pulp dei protagonisti tormentati da desideri e responsabilità”

Prima di immergersi nella lavorazione di Assassin’s dinastia di re. Entrambi gli uomini sono scossi dalle Creed, il film ispirato al famoso videogioco che profezie ricevute dalle tre donne, sebbene sul arriverà al cinema prossimamente, il giovane regista momento non gli diano eccessivamente peso. Justin Kurzel ha accettato la sfida di portare sullo Angus e Ross, due nobili scozzesi, raggiungono il schermo la celebre opera di Shakespeare, Macbeth. campo di battaglia per trasmettere a Macbeth i Dopo essere stato presentato in anteprima alla ringraziamenti del Re per il coraggio dimostrato in scorsa edizione del Festival di Cannes, il film arriva battaglia e per conferirgli il titolo di Barone di nelle sale italiane il 5 Gennaio con Marion Cotillard Cawdor: colui che deteneva prima il titolo è stato ucciso per tradimento contro la corona. Quando e Michael Fassbender nei ruoli dei due protagonisti Macbeth va a rendere omaggio al re Duncan, questi principali. Macbeth, Barone di Glamis, valoroso e gli dice che ha preso accordi per visitare la sua casa fedele generale dell’esercito del re Duncan di Scozia, a Inverness e festeggiare insieme la vittoria. A ha ucciso il traditore Macdonwald a capo delle forze Inverness, Lady Macbeth riceve una lettera dal ribelli in una sanguinosa battaglia. Percorrendo il marito che la informa della profezia. Lady Macbeth campo di battaglia insieme al suo compagno non vede il marito da anni a causa della guerra ed è Banquo, Macbeth incontra tre donne che gli in lutto per la perdita del loro unico figlio. Un’idea si predicono che lui diverrà signore di Cawdor e re di fa strada nella sua mente: escogita un piano per Scozia, mentre Banquo sarà il capostipite di una

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uccidere il re Duncan e assicurare così il trono al marito. Non era facile misurarsi con un veterano del grande schermo come Roman Polanski che nel 1971 raccontò la stessa storia suscitando non poche polemiche. La visione giovane ed innovativa di Kurzel, tuttavia, convince e sorprende il pubblico con un film in cui l’estetica intensa e poetica si scontra con una violenza sanguinaria e spietata che non lascia molto all’immaginazione. L’emotività pulp che travolge i protagonisti, tormentati dai loro desideri e responsabilità, è aiutata sicuramente dall’ottimo cast che, oltre a Fassbender e Marion Cotillard, ritrova David Thewlis. Fin dalle prime inquadrature i toni della fotografia si dirigono verso l’oscurità, rendendo il film cupo e a tratti soffocante, per poi esplodere in un rosso arancio dirompente. Figure nere appaiono e scompaiono tra la nebbia e il fumo che avvolgono i paesaggi dilaniati dalla guerra, e voci inquietanti tormentano Macbeth che deve prendere una decisione per il futuro. Questa nuova versione della tragedia shakespeariana conquista sicuramente critica e pubblico per una regia ambiziosa e un’estetica intrigante, mentre la sceneggiatura resta vicina ai toni e al linguaggio originale, risultando a tratti poetica e a tratti ancestrale, con pensieri misti ad urla e pianti che coinvolgono emotivamente.

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macbeth al cinema

un viaggio insanguinato da kurosawa a kurzel di Davide Sette

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NEWSCINEMA Approdato nelle nostre sale qualche giorno fa, il Macbeth di Justin Kurzel si pone come ultima

tragicomica maschera di un destino ironico e beffardo. La goffa e quasi comica inadeguatezza a

trasposizione cinematografica di una delle opere

vestire i “borrowed robes” della realtà regale che

shakespeariane più amate e reinterpretate, grazie al sempre attuale tema della brama di potere e

pesa sul personaggio è rappresentata in maniera

della follia sanguinaria di un uomo disposto a raggiungere la gloria. Allontanandosi dalla visione

quando, in una conclusione completamente diversa da quella shakespeariana, il despota è costretto a

“autoriale” e personale di grandi registi quali Akira

schivare le frecce scoccate dagli archi dei suoi

Kurosawa, Welles e Polanski, Kurzel propone

stessi soldati e alleati. E’ proprio la debolezza di

una versione hollywoodiana più quadrata e

questo personaggio, simile a quella biblica di

semplificata, rischiando così di perdere quelle tante

Adamo, che viene sfruttata da Lady Macbeth,

sfumature che hanno reso grande il testo originale.

allegorica rappresentazione di una Eva tentata dal

A mancare in questa moderna rivisitazione della tragedia è forse quella caratteristica principale che

demonio, per spingere il suo coniuge a violare i limiti imposti e a ergersi come immagine del divino

ha reso negli anni il personaggio di Macbeth così

in terra. Questa mancanza essenziale, causata da

iconico e rappresentativo. Macbeth è un uomo

una interpretazione di Michael Fassbender fin

“castrato” dalla propria follia, “unmanned in folly“, spogliato della radice genitale alla base di tutte le

troppo virile e testosteronica, rende questa nuova

essenze maschili, come evidente nella scena del

carica ambigua e contraddittoria del lavoro

banchetto, apice di un calvario di incubi e

originale, in una semplificazione che impoverisce e delude. Fondamentale è la scelta, alla base della

ossessioni che assale il protagonista per tutta la parte centrale della tragedia e che lo rende

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esemplare ne Il trono di sangue diAkira Kurosawa

trasposizione cinematografica priva della stessa

concezione artistica di Kurosawa, di rappresentare


attori e personaggi come le stilizzate maschere tipiche del teatro nō giapponese. I personaggi, ad esclusione del protagonista, sono privati delle proprie espressioni e dei propri gesti, costretti a muoversi come manichini e sonnambuli per tutto il trascorrere della vicenda. E’ proprio a fronte di questa “economia dei sentimenti” che la scena in cui Lady Macbeth cerca di lavare le proprie mani da un sangue che non va più via si carica di una potenza visiva disarmante, in quanto unico e autentico gesto che il personaggio compie nel corso della pellicola. Una scena che nel film di Kurzel, se pur impreziosita da una sempre ottima Marion Cotillard, non riesce a raggiungere i livelli di emotività conseguiti dal maestro giapponese. Il sangue, nel suo fondamentale significato di colpa e rimorso, riflette il cambiamento opposto che investe Macbeth e sua moglie. Il primo, da vittima di un senso di colpa che lo rende folle, diventa un valoroso combattente spoglio della paura di morire prima del tempo, mentre Lady Macbeth, da astuta deus ex machina di terrore, diventa zimbella della propria disperazione. La nevrosi che coinvolge la protagonista femminile è generata, in una prospettiva psicoanalitica, dalla frustrazione per la mancanza di appagamento di un desiderio. La coscienza morale di Lady Macbeth riesce a sostenere la sua brama fino a quando essa rimane sul piano della fantasia e della progettazione, ma è destinata a trasformarsi in uno stato di profondo turbamento quando essa si traduce in realtà. Ma se complessi e tormentati sono i due diabolici personaggi al centro della vicenda, ambigui sono anche le loro eroiche controparti. Il “good Macduff”, infatti, viene rappresentato non solo come angelo buono e simbolo di giustizia, ma anche come mistero anti-naturale, come “no woman born”. E per questo anche lui si configura come attore sul palcoscenico della malvagità, cercando di nascondere la sua vera anima, che rappresenta un ossimoro in quanto nata da una esperienza di morte (come poteva essere il parto cesareo nel tempo delle vicende narrate). Elemento che, nell’ essenzialità della narrazione, è praticamente assente nella trasposizione di Kurosawa (unica a essere solo ispirata, e non tratta, dal Macbeth shakespeariano). Il Macbeth di Kurzel, pur rendendo il dramma della guerra attraverso una estetica moderna e accattivante, che strizza un occhio al Refndi Valhalla Rising, è mancante di quella forza poetica che permeava per esempio la versione di Orson Welles, la sua ambientazione senza tempo, la trasposizione della tragedia in una dimensione tutta mentale, espressionista e stilizzata. Per questo, forse, il riferimento più forte in questa nuova

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Polanski. Kurzel, nella sequenza finale, si sofferma,

anche alla suggestiva immagine, presente invece nel testo originale, degli alberi del bosco di Birnam che,

con la immagine del bambino che corre armato verso

ormai estirpati delle proprie radici, si muovono verso il

un futuro di sangue, su quella idea pessimistica della

guerriero per ristabilire il sacro ordine naturale.

ciclicità del male che contraddistingue la pellicola del 1971, il presagio di una società che non riuscirà mai a

Macbeth non è solo la tragedia del potere politico,

rivisitazione è il più recente lavoro di Roman

liberarsi delle pulsioni più deleterie. Macbeth non più

ma soprattutto la tragedia del potere del tempo, contrastato in tutti modi dalla Lady guerriera in una

come uomo in carne e ossa, ma simbolica

trasognata ricerca di un eterno che non esiste. E

rappresentazione di un male inteso come forza

quindi proprio con la scomparsa della moglie, il

destinata a sopravvivere al corpo. La pellicola di Kurzel, come quella di Polanski e Welles, si apre con

protagonista prende coscienza della realtà temporale

le parole delle Fatal Sisters, le streghe autrici della

di cui è vittima, capendo, attraverso una fatale epifania, che la morte esiste e non si può sfuggire al

profezia, e già esplicita la confusione delle categorie

proprio crudele destino. La vicenda di Macbeth si

del bene e del male: “Foul is fair and fair is foul”, in

rivela perciò un percorso che porta alla dolosa

una rappresentazione capovolta e distorta della

conclusione che la vita “is a tale told by an idiot”. La

realtà. E’ evidente anche in questo caso la mancanza

punizione maggiore per il protagonista si compie nel

di qualsivoglia guizzo poetico e artistico. Quelle che per Kurosawa erano racchiuse nella misteriosa parca

momento in cui diventa consapevole della dolorosa

greca, che per Welles erano entità oniriche e

verità silenica, di essere nulla, che la sua stessa storia non è logos bensì una scatola vuota piena solo di

impalpabili e per Polanski orribili mostri dai lineamenti

rumore e di furore. La vita diventa quindi nihil

non riconoscibili, sono qui proposte con la semplice

negativum, esperienza inutile e insensata, che svuota

fisionomia di donne. Non solo, ma Kurzel rinuncia

ogni gesto della propria verità.

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Piccoli Brividi gli incubi di R.l. stine dalla carta al cinema a cura di D.S.

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La maggior parte dei ragazzi cresciuti durante gli anni '90 ricorderà benissimo le pile di volumi di

viventi che hanno bisogno del sangue dei vivi per poter sopravvivere. Fin da questo primo ed

Piccoli Brividi sul comodino, le bellissime copertine

embrionale racconto sono evidenti alcune delle

lucide disegnate da Tim Jacobus e gli adesivi dei

peculiarità principali dello stile di scrittura di Stine,

tanti mostri da collezionare. La serie horror per ragazzi ha accompagnato la crescita di molti di noi,

dalle tematiche lugubri ma allo stesso tempo

curiosi di scoprire un genere "adulto" e complesso

cariche di humour nero, fino alla narrazione prevalentemente in prima persona. Caratteristica

e vogliosi di sentirsi più grandi della propria

che invece si svilupperà con il passare del tempo

giovane età anagrafica. La serie di libri per ragazzi

sarà quella dei finali a sorpresa, eventi che

Piccoli Brividi, nata dalla geniale mente dello

sovvertono completamente il senso del racconto

scrittore statunitense Robert Lawrence Stine, ha

fino ad allora delineatosi, ribaltando ruoli e punti di vista. Nei diversi numeri Stine è riuscito a creare

raggiunto nel corso degli anni uno straordinario successo editoriale, con oltre cinquecento milioni di copie vendute in tutto il mondo, ponendosi come la serie di “teen books” più venduta della storia. Tutto cominciò nel lontano 1992 con la pubblicazione de La Casa della Morte, prima storia della serie orrorifica con protagonisti alcuni ragazzini trasferitisi nel piccolo paesino di Cascata Tenebrosa. I due personaggi al centro della vicenda scoprono ben presto che molti dei ragazzi che popolano il villaggio sono in realtà dei morti

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personaggi iconici e originali, divenuti ben presto marchi di fabbrica della serie e ripetutamente proposti in numerosi racconti, dal pupazzo parlante al "sangue di Mostro" contenuto nel misterioso barattolo al centro di quattro diverse storie. A dimostrazione del talento e della cultura letteraria di Stine, molti dei racconti della serie sono liberamente ispirati a celebre opere narrative come le avventure del Pinocchio di Collodi. Il merito probabilmente più grande di Piccoli Brividi è


stato quello di far avvicinare al mondo della letteratura tanti ragazzi pigri e svogliati che, incuriositi dalle tematiche forti e suggestive, hanno deciso di dare un’ opportunità ai racconti dello scrittore americano. Nonostante Stine abbia evitato in tutti modi riferimenti a fenomeni diseducativi e poco edificanti, come quello della tossicodipendenza o della violenza fisica, i libri dello scrittore furono ferocemente osteggiati da alcune associazioni di genitori, contrari a tematiche così macabre e spaventose. Dai tanti racconti stampati su carta è stata inoltre tratta una fortunata serie televisiva andata in onda nel nostro Paese dal 1996 al 1999, con ben quattro stagioni. Nata con lo scopo di contrastare il successo di Hai paura del buio?, serie concorrente trasmessa di Nickelodeon, Piccolo Brividi riuscì a coinvolgere un numero sempre maggiore di spettatori, grazie a trovate visive interessanti e alla creazione di un universo autoreferenziale, ricco di citazioni e riferimenti al vasto universo alla base della trasposizione per il piccolo schermo. A fronte di questa enorme eredità il regista Rob Letterman ha recentemente deciso di dare nuova linfa vitale alla serie attraverso una trasposizione cinematografica con protagonisti Jack Black, Dylan Minnette e Odeya Rush. In uscita il prossimo 21 gennaio, la pellicola affronta la materia da un inedito punto di vista metacinematografico e metaletterario. Il padre della protagonista, Hannah, è proprio R.L. Stine, il creatore della serie, interpretato da un sempre travolgente e simpatico Jack Black. Riprendendo un plot già visto in passato nel Nuovo Incubo del compianto Wes Craven, lo scrittore americano cerca di intrappolare mostri e fantasmi nella realtà fittizia della scrittura, impedendo che si riversino nel mondo reale. Purtroppo, però, alcuni dei libri saranno erroneamente aperti, determinando così la fuga di numerose mostruosità che i protagonisti dovranno cercare di far tornare nei racconti di appartenenza. A fronte di alcuni tagli in fase di sceneggiatura, che ha portato alla esclusione di alcuni personaggi, e del buon successo al botteghino americano, sembra inoltre che la pellicola sia già destinata ad avere un seguito, attualmente ancora in fase di scrittura. Il pensiero di una versione cinematografica di Piccoli Brividi nasce però già nel 1998, quando la Fox cercò di convincere il visionario Tim Burton ad occuparsi del progetto, mai realizzato a causa di incomprensioni e difficoltà.

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deadpool

l’antieroe dissacrante sul grande schermo di Davide Sette

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NEWSCINEMA Il 2016 è appena cominciato ma molti appassionati nel 2011 non venne finalmente assunto alla regia lo di cinema e fumetti hanno già iniziato il countdown specialista di effetti speciali Tim Miller. Il progetto, per alcune delle pellicole supereroistiche in uscita in nelle sue diverse forme, ruotava però su di un punto questo nuovo anno, da Capitan America: Civil War a fisso, quello di Reynolds come attore protagonista, Batman vs. Superman. Uno degli “outsider” più da sempre grande appassionato del fumetto di casa interessanti e iconici del mondo del fumetto, Marvel. Deadpool, personaggio dissacrante e Deadpool, si appresta inoltre ad arrivare sul grande volgare, violento e lunatico, fa della sua schermo il prossimo 11 febbraio con la sua prima pansessualità e della sua capacità di guarigione i trasposizione cinematografica, diretta da Tim Miller suoi marchi distintivi. Il suo potente fattore e interpretata dal divo americano Ryan Reynolds. rigenerante, uguale allo stesso di Wolverine, ricrea in maniera sovrannaturale la massa tumorale di cui è La genesi della pellicola è stata tutt’altro che semplice e lineare. Nella mente dei produttori della portatore, devastandone di conseguenza il corpo e New Line Cinema fin dal lontano 2004, Deadpool la mente. Il personaggio ideato da Fabian Nicieza e sarebbe dovuto essere un film diretto e sceneggiato Rob Liefeld gioca con le manie e le mode attuali, da David S. Goyer. Sappiamo tutti come è andata: con le star del cinema e della televisione. Goyer rifiutò il progetto per dedicarsi a pellicole Teledipendente e appassionato di sit-com, il suo differenti, ma non del tutto scollegate, finendo per idolo è Bea Arthur della serie Cuori senza età, e scrivere la tanto discussa sceneggiatura de L’uomo ritiene che le gemelle Olsen siano al centro di una d’Acciaio di Zack Snyder. Un nuovo script fu pronto misteriosa cospirazione mondiale. Il suo nome di solo nel 2010 e prontamente inviato al folle e battesimo, Wade Wilson, richiama da vicino quello visionario Robert Rodriguez, papà di Machete. La del personaggio della DC Comics Deathstroke, noto trattativa fallì pure questa seconda volta, fino a che come Slade Wilson. Altra somiglianza degna di

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nota tra i due è che entrambi sono sia mercenari sia propri avversari, per capirne i punti deboli, sfruttando maestri di spada, e indossano indumenti davvero le storie precedentemente stampate per imporsi molto simili tra loro. Da queste caratteristiche la come assoluto vincitore. È quasi certo, quindi, che leggenda che Deadpool sia nato proprio come questa caratteristica di "metaopera" sarà estesa parodia scanzonata e irriverente della più truce e anche in ambito cinematografico. Abbiamo infatti seriosa controparte DC Comics. La vera sfida del già potuto osservare, in uno dei teaser, il film di Miller sarà però quella di creare finalmente un personaggio implorare di non essere vestito con una universo supereroistico secondario Rated R che ridicola tutina verde, beffardo riferimento al possa dare il via a pellicole sempre più violente, clamoroso flop del film di Lanterna Verde, dissacranti e coraggiose. I trailer fino a questo interpretato proprio da Ryan Reynolds. Le più rosee momento rilasciati sembrano promettere un film aspettative sono inoltre alimentate dalla cattivo e oltraggioso, fatto di ultraviolenza ed partecipazione al progetto di due personaggi folli eccessi verbali. La rottura della quarta parete, inoltre, come Rhett Reese e Paul Wernick, autori del è utilizzata per dare la possibilità al protagonista di geniale cult Benvenuti a Zombieland con Woody interagire direttamente con il suo pubblico, Harrelson. Non ci resta che attendere quindi ancora insultandolo e prendendosi gioco di lui con scherzi e qualche settimana per scoprire insieme come si battute. La prospettiva metaletteraria rende il presenterà Deadpool nella sua versione personaggio consapevole della sua natura cinematografica e se, in futuro, il personaggio avrà la fumettistica, che sfrutta per avvantaggiarsi nei possibilità di confrontarsi finalmente anche con i combattimenti contro i propri nemici. Deadpool “suoi” colleghi maggior, gli X-Men. legge gli albi precedenti per studiare le mosse dei

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JENNIFER

LAWRENCE

alla scoperta della giovane stella di hollywood di Leila Cimarelli

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NEWSCINEMA Bionda, alta, fisico snello, occhi azzurri e talento da Games, tratti dai romanzi omonimi di Suzanne vendere, ecco l’identikit della protagonista del film Collins. Tra l’altro, per accettare il ruolo di Katniss, Joy, diretto da David O.Russell con Jennifer accanto a Josh Hutcherson, Liam Hemsworth e il Lawrence. Scherzando con il titolo del suo ultimo cantante Lenny Kravitz, pare abbia impiegato tre film, diciamo che la frase “Never a Joy” , in italiano giorni prima di dare la conferma, intimorita dalle “Mai una gioia”, non si addice molto alla carriera potenzialità e dal richiamo mediatico che il film della Lawrence. Appena 25enne, dopo aver recitato avrebbe attirato su di lei. Allenamento, lezioni di nella sitcom americana Bill Engvall Show, debutta al acrobazia, di arrampicata su alberi e rocce, cinema con il film The Poker House e The Burning combattimento, corsa, parkour, pilates, yoga e Plain, aggiudicandosi il prestigioso premio Marcello lezioni intensive di tiro con l’arco, sono state le Mastroianni alla 65^Mostra Internazionale d’arte attività che hanno costellato la preparazione della

cinematografica di Venezia. Forse non tutti sanno Lawrence, prima dell’inizio delle riprese del film. che nel 2007 fece il provino per interpretare Bella Stesso procedimento per Hunger Games: La Swan nella saga di Twilight, ruolo affidato poi a ragazza di fuoco, adattamento del secondo romanzo, uscito nel 2013 al cinema. Da questo Kristen Stewart. Ma il vero successo, lo raggiunge momento in poi, Jennifer Lawrence incassa un con il personaggio di Mystica nei 3 film di X-Men – successo dietro l’altro, sia come personaggio, L’inizio del 2011, X-Men – Giorni di un futuro passato entrando nella Top99 tra le donne più desiderabili del 2014 e X-Men: Apocalisse del 2016. Da questo del 2013, sia come attrice, interpretando il ruolo momento in poi, in particolar modo a partire dal della vedova nel film Il lato positivo di David 2012, la carriera di Jennifer Lawrence prende il volo, O.Russell, sempre tratto da un romanzo, recitando anche al boxoffice, per aver interpretato il ruolo accanto all’affascinante Bradley Cooper e il dell’eroina Katniss Everdeen, nei capitoli di Hunger magnifico Robert DeNiro. A soli 21 anni, è riuscita a

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recitare con i più grandi e a mettere tutti d’accordo, critica compresa, circa le sue interpretazioni. Soprattutto, grazie a questo film, è riuscita a vincere il Premio Oscar e il Golden Globe.

Per la Lawrence, il 2013 è

un’altra annata a dir poco ottima, con l’interpretazione, nel ruolo di protagonista nel film American Hustle, affianco a Christian Bale, Bradley Cooper ed Amy Adams. A cavallo tra il 2014 e il 2015, vengono girati e proiettati gli ultimi due capitoli di Hunger Games: Il Canto della Rivolta – parte I e II. Dulcis in fundo, sta per uscire il film Joy, confermando il sodalizio artistico tra la giovane attrice statunitense e il regista David O. Russell. Grosso modo, racconta la storia turbolenta di una donna e della sua famiglia, attraversando quattro generazioni. Tra gli impegni futuri della bella Jennifer, questo 2016 appena iniziato la vedrà protagonista di molti film. Senza seguire un ordine cronologico, interpreterà il ruolo della fotografa di guerra Lynsey Addario nel film di Steven Spielberg, intitolato What I Do. Successivamente uscirà al cinema nel nuovo capitolo di X-Men: Apocalypse, sempre nel ruolo dell’intrigante Mystica. Come se non bastasse, sarà la protagonista nello sci-fi con il bellissimo Chris Pratt del film Passengers. A quanto pare, la recitazione non è la sua unica passione, poiché giunta alla “veneranda” età di 25anni, dopo anni di esperienza e di studio, ha capito di essere pronta a ricoprire anche il ruolo di regista in una pellicola che presto avrete la possibilità di vedere al cinema. Ma per ora c’è molto mistero intorno alle riprese del film. Definire la Lawrence in poche parole? Una scommessa vinta. Soprattutto per i genitori, che all’età di 14 anni, decisero di dare ascolto alla propria figlia, capendo fin da subito che la loro piccola sarebbe diventata una grande stella del firmamento hollywoodiano.

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JOY

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NEWSCINEMA

Jennifer Lawrence è una donna

coraggiosa nel nuovo film di David O’ Russell di C.A.

Formula che vince non si cambia. Questo è il accattivante, Joy incuriosisce lo spettatore motto di David O. Russell che, dopo lo raccontando la storia di Joy Mangano (Jennifer straordinario successo de Il Lato Positivo,

Lawrence), una brillante madre single costretta a

costruisce i suoi film rispettando fedelmente i reprimere il suo talento creativo per badare a due punti fondamentali dell’adattamento dell’opera di figli, un marito pigro, un padre egoista e una Matthew Quick. Tornano infatti una storia sui madre con problemi di dipendenza da tv. L’unica che crede in lei è la nonna che, sin da bambina, la generis, un cast d’eccezione guidato da Jennifer incoraggia a realizzare i suoi sogni. Ma la strada Lawrence e composto da Bradley Cooper, per il successo è lunga e, perfino una invenzione Robert De Niro, Virginia Madsen e Isabella rivoluzionaria come quella del mocio autoRossellini e un’America che profuma di soapstrizzante, può fallire se la famiglia non crede in te opera; punti di forza che, indiscutibilmente, e le società rivali cercano di rubarti l’idea. rendono Joy uno dei film più apprezzati e criticati Caratterizzata da un’atmosfera sognante, una dell’anno. Il motivo è David O’ Russell, uno dei colonna sonora divertente e tanti personaggi pochissimi autori ad aver trovato la strategia per grotteschi, Joy è una fiaba moderna che racconta costruire il perfetto “film da Oscar”. Quello che si una storia straordinaria in un modo tutt’altro che può criticare a Joy è infatti la furbizia che lo ordinario. Lo humour nero e il cinema dell’assurdo contraddistingue perché pochi film possono sono infatti le chiavi di lettura scelte da O. Russell permettersi di annoverare tanti aspetti vincenti per costruire un biopic originale che abbandona la tutti insieme. Partendo dalla trama, semplice e

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linearità del racconto in nome di una messa in scena che va aldilà della realtà. Il regista di Three Kings, permettendo allo spettatore di perdersi nei bizzarri sogni di Joy, trasforma la vita della protagonista nella soap-opera preferita di sua madre; una situazione costrittiva e opprimente che si scontra con l’ottimismo di Joy, uno degli esempi più interessanti di girl-power degli ultimi venti anni. Inoltre O’Russell, uno dei registi più abili nel rappresentare l’American Way of Life, costruisce nelle interpretazioni, nella gestione degli spazi (tra le sequenze più riuscite c’è il lungo piano sequenza che catapulta Joy sul palcoscenico di una televendita) e nelle scenografie un vero e proprio capolavoro che strizza più volte l’occhio al teatro. E non è tutto. Le straordinarieVirginia Madsen e Isabella Rossellini, nei loro personaggi sui generis, rubano la scena a Jennifer Lawrence che si limita qui ad una interpretazione buona ma che non lascia il segno; ed il ritmo, l’ironia e le emozioni di questa furba ma efficace opera di O’Russell rendono Joy il tributo perfetto a una donna che ha fatto del coraggio l’arma per diventare una delle imprenditrici più potenti degli Stati Uniti. Joy verrà distribuito dalla 20th Century Fox in tutti i cinema italiani il 28 Gennaio 2016.

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point break il remake del cult del 1991 di L.C.

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NEWSCINEMA Per tutti coloro i quali, hanno già sentito o visto

che rese celebri due sex symbol degli anni ’90:

questo film, non potete perdere il remake di Point

Patrick Swayze e Keanu Reeves. Una banda

Break, disponibile tra qualche mese nelle sale cinematografiche di tutta Italia. Diretto da Ericson

composta da quattro rapinatori da circa tre anni si “diverte” a svaligiare le banche di Los Angeles.

Core, ripercorre lo strano rapporto di amicizia tra

Segni particolari di questi rapinatori, durante le loro

l’agente Utah e il surfista Bodhi. Questa volta ad

azioni criminali è quello di indossare quattro

interpretare rispettivamente il diavolo e l’acqua

maschere, per coprirsi il volto, in particolare di

santa saranno, Edgar Ramirez e Luke Bracey. A

quattro ex Presidenti americani, quali: Ronald

completare il cast ci sono Teresa Palmer, Ray

Regan, Lyndon B. Johnson, Richard Nixon, e

Winstone, Tobias Santelmann e Delroy Lindo.

Jimmy Carter. Nonostante la polizia fosse a

Per chi nel 1991 ha amato la versione diretta da

conoscenza di questa loro peculiarità, non è mai

Kathryn Bigelow e prodotta da James Cameron,

riuscita ad arrestarli ponendo fine a questa serie di

non dovrebbe tenere in considerazione la versione precedente. Ogni film è a sè, soprattutto quando si

Angeles non giunge l’agente speciale Johnny Utah

tratta di remake, dove il paragone è di casa. Forse

(Keanu Reeves) arrivato per fare luce su questi

non tutti hanno avuto l’occasione di vedere o

crimini reiterati. Messo in coppia con un veterano

almeno di conoscere la vicenda di questi due personaggi. In tal caso qui potrete trovare la trama,

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rapine. Fin quando nella sezione della polizia di Los

del Vietnam, l’agente Angelo Pappas, iniziano a

compreso il finale. Non è uno spoiler, visto che è

collaborare, ascoltando la teoria di quest’ultimo basata su dei campioni di terra e sabbia ritrovati e

uscito da più di vent’anni! Questa versione targata

ignorata da colleghi e superiori. L’ipotesi avanzata

2015, a circa 24 anni di distanza dalla prima

da Pappas era quella di aver capito che i rapinatori

versione, racconterà di nuovo l’adrenalinica vicenda

fossero dei surfisti, i quali rubando solo d’estate,


accumulavano più denaro possibile per far in modo di stare “tranquilli” durante l’inverno, in giro per il

salvare la bella Tyler, da morte certa. Ecco la posta in gioco. L’agente divenuto complice della banda, in

mondo alla ricerca dell’onda perfetta. Johnny

un conflitto a fuoco uccide un poliziotto fuori

incuriosito da questa teoria decide di infiltrarsi nel

servizio. Arresto immediato per Johnny Utah.

mondo del surf, rischiando quasi di annegare.

Grazie ad Angelo, riesce a prenderlo in custodia,

Fortunatamente viene salvato da una certa Tyler, la quale sarà la chiave di volta, per far in modo che

avvertendolo che la banda sta per partire dal vicino

l’agente sia insospettabile all’interno del gruppo di rapinatori. Durante una partita sulla spiaggia Utah,

conflitto a fuoco, viene ucciso uno dei rapinatori, insieme ad Angelo e ferito un altro. Ne consegue

incontrerà un personaggio particolare, Bodhi

uno scontro faccia a faccia tra Johnny e Bodhi, i

(Patrick Swayze), famoso per andare alla ricerca

quali si lanciano con gli unici paracadute disponibili.

dell’onda perfetta in qualsiasi angolo di mondo. I

Il terzo rapinatore, inevitabilmente perisce, Bodhi

due iniziano a frequentarsi, ad aiutarsi anche durante risse con altri surfisti, provando stima l’uno

con Johnny aggrappato al suo paracadute sopravvivono. Nonostante le peripezie in volo,

verso l’altro. Tutto sembra andare bene, fin quando

l’agente speciale ferito gravemente ad una gamba,

l’agente speciale riconosce degli strani

non riesce a fermare la fuga del surfista, il quale

atteggiamenti, tipici dei rapinatori, in alcuni amici di

riesce a scappare con il bottino, ottenendo però la

Bodhi. Insospettito, decide di appostarsi davanti alla banca che secondo lui verrà colpita, insieme ad

liberazione della sua amata Tyler. Un anno dopo. I due ex amici si ritrovano per caso, in un luogo dove

Angelo Pappas. Ecco arrivare la conferma. Tre di

ci sono le regine delle onde, con la “tempesta del

loro però riescono a scappare in macchina, mentre

cinquantennio”. Dopo una rissa, Johnny riesce ad

Bodhi viene inseguito da Johnny a piedi, che però

ammanettare Bodhi, il quale però viene rilasciato

riconoscendo l’amico senza mascahera, fa in modo che scappi esitando a sparargli. Tramite un tranello

per far in modo che cavalchi l’onda perfetta, da sempre ricercata. Il film si conclude con Bodhi che

creato da Bodhi, l’agente viene preso in trappola e

cavalca la sua ultima onda, in tutti i sensi, e l’agente

minacciato. Partecipare alla prossima rapina per

speciale che rinuncia al suo incarico di poliziotto.

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aeroporto, dove vengono raggiunti. A seguito di un


50 sbavature di nero la parodia di cinquanta sfumature di grigio con marlon wayans di Leila Cimarelli

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NEWSCINEMA Senza dubbio tra i successi più redditizi del 2015, in XXL, o anche la copertina di Papermag, tra l’altro tra termini di box office, Christian Grey con il suo 50 le più cliccate, con una Kim Kardashian sfumature di grigio è stato il film più discusso, completamente nuda. Se nella versione originale il apprezzato da alcuni, ma sicuramente visto da tanti. sesso è stato come dire esplicito, in questa parodia Come da “tradizione”, non poteva di certo mancare tutta da ridere, le battute e i doppi sensi saranno la sua parodia, in un film davvero divertente in uscita d’obbligo. Da sottolineare è la presenza di Rick tra qualche mese. Già il titolo è un programma: 50

Alvarez, famoso per aver fatto da spalla in altri film

sbavature di nero. Per chi pensa che il colore nero a Wayans, come Quel nano infame e White Chicks. sia un salto in avanti verso il secondo capitolo della Il film è diretto da Michael Tiddes, già noto per aver storia del dottor Grey, è fuori strada. Le 50 collaborato in Ghost Movie 1 e 2. Ad accompagnare sbavuture sono nere, invece di grigie, per i protagonisti in questo film ci saranno Mike Epps, “omaggiare” il protagonista. Si tratta di un viso Andrew Bachelor, Affion Crockett, Jane familiare per quanto riguarda i film che fanno il verso Seymour e Fred Willard Florence Henderson. ad altri. A ricoprire il ruolo di Christian Black è il Fate attenzione che nel corso della storia, ci simpaticissimo Marlon Wayans, intento a saranno vari camei a sorpresa… L’uscita prevista in conquistare a suo modo, la studentessa Hannah (al America è per il 29 gennaio 2016, ma non disperate! posto di Anastasia) interpretata da Kali Hawk. Le Nei nostri cinema sarà disponibile a partire dal 18 prime immagini del trailer rilasciato in questi giorni, febbraio 2018. Se siete curiosi di vedere questo fanno intendere che oltre al racconto della storia di trailer, non vi resta che premere play su sesso e amore tra Ana e Christian, verranno citati www.newscinema.it. Piccola avvertenza, quello che altri film, usciti negli ultimi mesi, come Magic Mike vedrete sarà solo un assaggio…

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The PILLS il fenomeno youtube approda al cinema di C.A.

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NEWSCINEMA Dopo il successo di Maccio Capatonda e Federico protagonisti sono tutt’altro che ansiosi e agitati. La Clapis, uno dei gruppi più amati del web debutta paura di crescere, di invecchiare è la stessa ma il sul grande schermo. Stiamo parlando dei The Pills, lavoro è il nemico numero uno e l’obiettivo da il trio composto da Matteo Corradini, Luigi Di raggiungere è bere con gli amici e deridere quei Capua e Luca Vecchi e di The Pills: Sempre meglio che lavorare, il film prodotto da Pietro Valsecchi e diretto dallo stesso Vecchi che non deluderà i fan dei simpatici sketch originali. Chi si aspetta una serie di gag slegate si sbaglia. The Pills: Sempre meglio che lavorare è un film a tutti gli effetti che racconta la storia di Matteo, Luigi e Luca, tre ragazzi che hanno un unico obiettivo nella vita: l’immobilismo post-adolescenziale. In seguito a una promessa fatta da bambini i tre, invece di stressarsi

“folli” che hanno tutti i giorni la sveglia alle sette e

trenta. Una visione ricca di auto-ironia che rappresenta una larga fetta dei giovani di oggi ma non i The Pills che, nonostante i personaggi incarnati, non sono affatto pigri o svogliati; Sempre meglio che lavorare è infatti un’opera divertente e intelligente che non tradisce lo spirito “romano” del gruppo comico esploso nel 2011. Le location, i personaggi secondari e perfino alcuni sketch replicano la formula originale senza snaturarla ma

trasformandola in un film vero e proprio; un risultato con stage e colloqui di lavoro, passano il loro sorprendente per tre ragazzi che hanno fatto del tempo a fumare sigarette, bere caffè e sparare “fai da te” un’arte ricca di interessanti soluzioni idiozie su tutto quello che li circonda. Ma i trenta narrative (sono molto riuscite le parti con i The Pills anni sono alle porte e, tra amici sposati con figli e le bambini) e visive, una colonna sonora composta da prime crisi dei genitori, anche i The Pills iniziano a autori come I Cani o i Thegiornalisti e una quantità fare i conti con la dura realtà di essere diventati di citazioni cinematografiche indefinita; Pulp Fiction, grandi… Dimenticatevi i trentenni rappresentati più Clerks, Titanic e Fight Club sono solo alcuni dei titoli volte al cinema da Gabriele Muccino, perché qui i

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omaggiati in Sempre meglio che lavorare, una italiano del 2016; un film che speriamo venga pellicola che nasce in virtù dell’amore per il cinema premiato dal pubblico italiano perché Pietro dei The Pills, un gruppo che funziona molto bene sul Valsecchi, nel dare carta bianca a Luca Vecchi, piccolo come sul grande schermo. Inoltre le Matteo Corradini e Luigi Di Capua, ci ha partecipazioni straordinarie di Francesca Reggiani, permesso di scoprire l’ironia, la genialità e la Gianni Morandi e Giancarlo Esposito, il Gustavo delicatezza dei The Pills. The Pills: Sempre meglio Fring di Breaking Bad (la sua scena è la migliore del che lavorare verrà distribuito da Medusa Film in tutti i film), sono ulteriori punti di forza di un’opera che cinema il 21 Gennaio 2016. possiamo considerare la vera sorpresa del cinema

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Luca

VECCHI

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NEWSCINEMA

INTERVISTA

Intervista a Luca Vecchi di The Pills: “Senza lavoro bisogna reinventarsi!” di C.A.

Chi conosce YouTube conosce i The Pills, che li circonda. Prodotto da Pietro l’originale gruppo comico composto da Valsecchi, The Pills – Sempre meglio che Luca Vecchi, Matteo Corradini e Luigi Di lavorare vede partecipazioni del calibro di Capua che, dopo alcune web-serie e la Francesca Reggiani, Gianni Morandi e conduzione del divertente Late Night with Giancarlo Esposito, conosciuto in tutto il The Pills e dell’atteso Non ce la faremo mai, mondo per il ruolo di Gustavo Fring nella serie tv targata AMC Breaking Bad. approda al cinema con The Pills – Sempre Noi di NewsCinema, in occasione del lancio meglio che lavorare, un film che racconta la del film previsto per il 21 gennaio 2016, storia di Luigi, Matteo e Luca, tre trentenni abbiamo incontrato il regista Luca Vecchi che hanno un solo obiettivo nella vita: che ci ha raccontato l’origine dei The Pills, il l’immobilismo post adolescenziale. Così, segreto del loro successo, le difficoltà di invece di stare dietro a stage e colloqui di passare dal web al cinema e i loro prossimi lavoro, i The Pillspreferiscono impiegare il progetti. loro tempo sparando idiozie su tutto quello

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Come nascono i The Pills? I The Pills nascono un po’ per caso e un po’ per necessità. Ho sempre studiato spettacolo e considerato che era difficile trovare i soldi per realizzare dei cortometraggi o fare un percorso più tradizionale ho deciso con i miei compagni di creare i The Pills. L’obiettivo è sempre stato quello di fare tanto con pochi mezzi. Paradossalmente ho riscontrato più difficoltà nella realizzazione del film che nel video-making amatoriale. Come avete raggiunto 122.000 iscritti su YouTube e qual è il segreto per divertire? In realtà non sono neanche tanti, il video-blogger più sfigato ha numeri e visualizzazioni più alte di noi. Cerchiamo di far ridere attraverso lo stereotipo e il luogo comune. A volte è necessario anche perdere un po’ la faccia per divertire. È appena iniziato il vostro programma TV Non ce la faremo mai. Che cosa pensano i The Pills di non riuscire a fare? La televisione. Non ci sentiamo molto a nostro agio sia con il mezzo che con il linguaggio. Abbiamo cercato di reinterpretare con poco tempo e pochi mezzi uno spettacolo televisivo ma la tv è un sistema complesso. Inoltre ci hanno dato uno studio che Paolo Bonolis usava raramente per delle televendite e non potevamo toccare niente. Per ora il feedback non è particolarmente positivo, ma resta comunque una esperienza che arricchisce. Come nasce il progetto cinematografico Sempre meglio che lavorare e quali sono le difficoltà di passare dal web al cinema? Il cinema è un mezzo molto importante, nasce prima della televisione e conserva una magia e un misticismo unici. Inoltre i sketch su YouTube non pagano e il cinema è da sempre il mio obiettivo principale. Il film nasce dalla ricerca della giusta dimensione mediatica per i The Pills, è la continuazione di un esperimento che ci ha portati nel tempo a sperimentare il thriller, l’horror, la commedia romantica, il medical-movie e tanto altro. Abbiamo tentato di mettere insieme tutto questo e di fare un film vero e proprio che non sarà mai peggio di Amici come noi di Pio e Amedeo e di tante altre opere italiane. Il film, come dice il titolo, presenta dei giovani che farebbero di tutto per non lavorare. C’è un fondamento di realtà in questo? Siamo una generazione un po’ sfigata. I nostri padri si sono mangiati tutto quello che hanno costruito i nostri nonni. È necessario rimboccarsi le maniche ma ai coetanei che conosco non va di prendersi questa responsabilità, piuttosto preferiscono passare quindici anni all’università a perdere tempo. Il lavoro purtroppo non c’è e bisogna reinventarsi. Abbiamo scherzato anche su questo nel film. La filosofia dei The Pills dopotutto è che sei vuoi essere un coglione devi fare gioco di parte. Come è stato lavorare con grandi nomi della scena italiana come Francesca Reggiani e Gianni Morandi e con un mito della televisione mondiale come Giancarlo Esposito di Breaking Bad? Il merito della partecipazione di Giancarlo Esposito è del mio aiuto-regia Giulio Cupperi che aveva delle conoscenze traverse. Inoltre Giancarlo frequenta molto l’Italia perché ha alcune parentele, non

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è stato difficile reclutarlo. Per quanto riguarda gli altri artisti posso dire che è stato diverso con ognuno di loro. È stata una esperienza molto interessante. Che cosa pensate del debutto cinematografico di Favij e Federico Clapis in Game Therapy e di Maccio Capatonda in Italiano Medio? Game Therapy è un film coraggiosissimo anche se Clapis mi sembrava una sorta di Jerry Calà in un film di azione americano. Maccio invece ha fatto un percorso più strutturato. Quello che posso dire è che il personaggio di Favij era molto diverso da quello del suo canale YouTube. Noi invece abbiamo tentato di mantenere lo stesso linguaggio e la stessa concezione di sempre. Sono operazioni diverse ma interessanti. Che consigli dareste a uno YouTuber in erba? Gli direi di andare a lavorare. Scherzo. Gli suggerirei di essere se stesso. Su internet la sincerità paga e non bisogna sforzarsi di essere diversi. Internet è ricco di perle ma anche di tanta immondizia. Purtroppo si usa questo strumento con molta incoscienza. Consiglierei a tutti di utilizzare internet con più giudizio. Mi piacerebbe anche che i ragazzi iniziassero a studiarlo a scuola. Dopo la tv e il cinema qual è la prossima sfida che vi piacerebbe affrontare? Il porno. No scherzo, mi piacerebbe continuare con il cinema e affrontare altre tematiche, altri registri. Anche se ci abbiamo messo sempre la faccia a noi interessa soprattutto l’aspetto autoriale. Ci dispiace molto che questo non arrivi al pubblico.

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SERIE TV

Billions la nuova serie sul dramma finanziario con paul giamatti e damian lewis di C.A.

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NEWSCINEMA Lies, non può perdersi per nulla al mondo Billions,

show in dodici episodi sul mondo finanziario; un argomento complicato che, differentemente da

la nuova serie tv targata Showtime. Interpretato da

prodotti come House of Cards e The Newsroom,

attori del calibro di Damian Lewis, Paul Giamatti,

viene affrontato mettendo da parte la politica e

Maggie Siff e Malin Akerman, Billions racconta la

concentrando l’attenzione sulle relazioni tra i

storia di Chuck Rhoades (Paul Giamatti), un

personaggi: “Questo show analizza i conflitti di

procuratore distrettuale celebre per non aver perso mai un caso. Quando sulla sua scrivania finisce un

interesse, una questione molto importante al

documento compromettente di Bobby Axelrod

Showtime David Nevins - In un certo modo

(Damian Lewis), il dirigente di una compagnia

Billions è una sorta di moderno western. Lo

finanziaria specializzata in fondi speculativi, Chuck

spettatore può tifare per l’uomo di legge o per il

è indeciso se avviare un caso che consacri una

fuori legge ma in ogni caso i due personaggi

volta per tutte la sua carriera o evitare di scontrarsi

rimangono ambigui. Non sarà facile fidarsi di

con il cinico mondo dell’alta finanza. Ma l’occasione è troppo ghiotta per rinunciare. Chuck

entrambi”. Caratterizzato da ritmo, azione e

Chi ama show come Ray Donovan e House of

decide così di iniziare una vera e propria sfida contro Axelrod che si rivelerà un osso duro da sconfiggere. Nel frattempo Wendy (Maggie Siff), la moglie di Chuck, lavorando come psicologa per la società di Axelrod, darà vita a un conflitto di interessi dalle conseguenze drammatiche. Prodotto da Brian Koppelman, David Levien e Andrew Ross Sorkin, Billions è un’interessante

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giorno d’oggi - ha rivelato il Presidente di

intrighi, Billions convince grazie all’ottima regia di Neil Burger, l’autore di The Illusionist, Limitless e Divergent, alle interpretazioni di due grandi attori come Paul Giamatti e Damian Lewis e a una sceneggiatura brillante e originale: “Questo show è stato un vero e proprio lavoro di squadra - ha dichiarato il creatore e produttore Andrew Ross Sorkin - Gli autori, per tutto il corso della prima


stagione, hanno avuto delle idee talmente uniche da lasciarci a bocca aperta”. Ma come spesso accade in molti telefilm dello stesso genere, le donne hanno un ruolo altrettanto fondamentale. Maggie Siff interpreta infatti Wendy Rhoades, la moglie di Chuck Rhoades e la dipendente di Bobby Axelrod; un personaggio che, nutrendo un differente tipo di affetto per i due contendenti, apre un conflitto di interessi; Malin Akerman è invece Lara Axelrod, la moglie trofeo di Bobby, una donna tanto affascinante quanto disposta a tutto per il successo. Le due co-protagoniste, inserendosi nel gioco del gatto e del topo tra Chuck e Bobby, rendono la storia intrigante e coinvolgente per qualsiasi tipo di pubblico, dagli amanti dei drama della HBO agli appassionati dei guilty-pleasure della ABC. Inoltre la splendida confezione dello show e l’eleganza con cui viene rappresentato il mondo della finanza sono ulteriori punti di forza dell’ennesimo capolavoro di Showtime.

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X Files il ritorno della serie cult sci-fi di D.S.

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NEWSCINEMA A tredici anni di distanza dalla messa in onda di quell’ultimo episodio che lasciò orfani milioni di

nuovi personaggi. Carter dirigerà e sceneggerà il

appassionati seguaci, la serie sci-fi X-Files è pronta

sarà affidato ad un’altra vecchia conoscenza della

a tornare con una nuova stagione, ideale seguito

serie, Glen Morgan, uno dei più importanti scrittori

delle vicende narrate originariamente. Gli agenti speciali Mulder e Scully, interpretati da David

delle passate stagioni. A far ritorno sarà anche il compositore della ormai celebre colonna sonora,

Duchovny e da Gillian Anderson, ritorneranno dal

Mark Snow. A fianco di facce ormai conosciute

prossimo 24 gennaio 2016, almeno su territorio

dai fan della serie ci saranno però anche delle new

americano, con una mini serie composta da sei

entry interessanti, a partire da Joel McHale nei

episodi, che dovrebbe fungere da preludio per

panni del “newsman” Tad O’Malley, il quale

nuovi e più articolati archi narrativi. Alla presentazione in anteprima mondiale del primo

dovrebbe essere uno dei protagonisti principali di questi primi sei episodi. Mulder e Scully

episodio, il creatore della storica serie, Chris

incontreranno, inoltre, durante il loro viaggi, due

Carter, ha rivelato come non abbia mai smesso di

giovani agenti speciali, Miller (Robbie Amell) e la

lavorare al progetto in tutti questi anni,

sua compagna Einstein (Lauren Ambrose). Altri

raccogliendo da giornali e altri media spunti interessanti su cui lavorare per nuove trame e

nuovi volti saranno quelli di Kumail Nanjiani, star

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primo episodio “My Struggle”, mentre il secondo


Sahay di Chuck e del comico neozelandese Rhys

nascoste più informazioni possibile circa la storia delle nuove puntate, alcune indiscrezioni sono già

Darby. Una nota curiosa è sicuramente quella

trapelate sulla rete. La minaccia di una

rivelata dal team di produzione della serie, ovvero

colonizzazione aliena ipotizzata nelle passate

che nei prossimi sei episodi compariranno anche il

stagioni tornerà protagonista dei prossimi episodi.

boss dell’FBI Walter Skinner e l’agente Monica

Gli sceneggiatori dovranno però spiegare come mai l’invasione non sia avvenuta il 22 dicembre 2012,

della acclamata sit-com Silicon Valley, del Vik

Reyes assieme ai personaggi di The Lone Gunmen e The Smoking Man. I quattro personaggi sono però tutti deceduti nel corso delle puntate passate e, allo stato attuale, rimane ancora un mistero su come saranno rimessi in gioco. Nonostante i creatori stiano ragionevolmente pensando di tenere

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come inizialmente predetto dallo Smoking Man durante la puntata conclusiva della scorsa serie. Il primo e il sesto episodio, inoltre, intitolati rispettivamente “My Struggle” e “My Struggle II”, saranno invece incentrati su tematiche di stampo mitologico.


SHADEs of bluE l’intrigante crime con jennifer lopez e ray liotta di C.A.

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Uno degli show più attesi dell’anno è sicuramente

dall’FBI e Wozniak? Ideato da Adi Hasak e

Shades of Blue, il crime targato NBC interpretato

composto da tredici episodi, Shades of Blue è un

da Jennifer Lopez e Ray Liotta. Chi pensa che la

avvincente crime che, ribaltando una volta per tutte

diva della musica pop interpreti il solito

lo stereotipo del poliziotto “buono”, offre a Jennifer

personaggio edulcorato si sbaglia. Jennifer Lopez è

Lopez la possibilità di interpretare un personaggio diverso da quello che le abbiamo visto fare negli

infatti Harlee Santos, una poliziotta della squadra anticrimine di New York che, per arrivare a fine mese, incassa denaro sporco dai malviventi della

ultimi venti anni. Dimenticate la donna in cerca

zona. Le attività illegali, gestite dal tenente Bill

un po’ incinta perché Harlee Santos è una dura

Wozniak (Ray Liotta), le consentono di provvedere

che, per sbarcare il lunario, è disposta a

alla figlia, ma un imprevisto è dietro l’angolo; tra i criminali con cui collabora si nasconde un agente

collaborare con i peggiori criminali di New York. Un

FBI che la costringe a prendere un’ardua decisione,

Lopez: il pilot di Shades of Blue ha incollato allo

andare in galera e perdere la custodia della figlia o

schermo oltre 8,6 milioni di telespettatori e ha

incastrare Wozniak. Inevitabilmente Harlee

ottenuto l’1,8 di rating; una cifra record che rende

Santos diventa una infiltrata dell’FBI, un ruolo che si rivela rischioso per la sua stessa vita. Accortosi

questo interessante police procedural il primo programma originale (non sportivo) della NBC ad

della presenza di una talpa nel team, Wozniak

aver superato gli ascolti della ABC e della CBS

decide di trovare il traditore e ucciderlo. Riuscirà

negli ultimi sei anni: “Lo hanno visto tutti. Ci

Harley a portare a termine il suo piano o finirà

abbiamo lavorato molto negli ultimi due anni e

vittima del gioco del gatto e del topo messo in atto

mezzo per renderlo perfetto – ha dichiarato la

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dell’amore di Prima o poi mi sposo o Piacere, sono

ruolo difficile che si è rivelato vincente per la bella


Lopez a Ryan Seacrest durante i Golden

serie”. Lo show, nonostante presenti una trama

Globes – Ci abbiamo messo tanto amore e

già vista innumerevoli volte al cinema, funziona

passione e sono incredibilmente felice che alle persone sia piaciuto”. Il merito è ovviamente

grazie al ritmo serrato e coinvolgente e allo spirito old style in grado di accattivare un

anche del premio Oscar Barry Levinson che,

pubblico più trasversale rispetto ai soliti crime.

oltre ad aver prodotto lo show con la stessa Lopez, ha diretto le prime due puntate: “Sono rimasto affascinato dallo script, dall’idea di questi poliziotti così imperfetti – ha dichiarato Levinson a Hollywood Reporter – Non si tratta solo di buoni o di cattivi ma di qualcosa di più complicato. Ho pensato subito di sviluppare una

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Se gli ascolti continueranno a salire sicuramente la NBC confermerà la seconda stagione ma Levinson, per il momento, preferisce non prendere nessuna posizione al riguardo: L’obiettivo è finire questi episodi. Ci saranno sicuramente delle discussioni al riguardo. Ne parleremo più avanti. Shades of Blue è in onda sulla NBC dal 7 Gennaio 2016.


FUORISCENA una nuova visione del cinema

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L’Ignoto, l’illustrazione ispirata a 2001: Odissea nello Spazio Alle origini dell’uomo un misterioso monolite compare sulla Terra. La sua presenza attiva

nelle note dell’avvolgente colonna sonora del Danubio Blu, Kubrick mette in scena una storia

l’intelligenza dei primati che comprendono l’uso

ispirata al romanzo La Sentinella di Arthur C.

delle ossa degli animali uccisi quali prolungamenti

Clarke, ponendo al centro di tutto il rapporto tra

delle loro braccia. 2001. Sulla Luna, in prossimità del

civiltà e tecnologia, senza l’uso di effetti speciali

cratere Tyco, viene trovato un monolite la cui esistenza viene tenuta sotto il massimo segreto.

mozzafiato o scene action sullo stile di Star Wars,

Questo strano oggetto improvvisamente lancia un segnale indirizzato verso il pianeta Giove. Diciotto

il mistero e l’ignoto del futuro portano nell’essere umano che si affaccia ad una nuova Era.

mesi dopo l’astronave Discovery si dirige verso il

Nell’illustrazione un primate e un astronauta si

pianeta. 2001, Odissea nello Spazio, il film più discusso e ammirato della storia del cinema, diretto

trovano uno di fronte all’altro, e in mezzo a loro il

dal maestro Stanley Kubrick nel 1968, ha ispirato gli artisti Giovanni Manna e Laura Manaresi per la

unisce nella contemplazione. Entrambi studiano e cercano di interagire con questo oggetto

nuova illustrazione della rubrica FuoriScena.

apparentemente inanimato e inutile, ma che

“Ognuno è libero di speculare a suo gusto sul

rappresenta invece l’ignoto e la sete di conoscenza

significato filosofico del film, io ho tentato di

che attiva silenziosamente il loro intelletto. L’ignoto

rappresentare un’esperienza visiva, che aggiri la comprensione per penetrare con il suo contenuto

che avvolge lo spazio, la vita ma anche l’anima di ogni essere vivente, in qualsiasi era si ritrovi a vivere

emotivo direttamente nell’inconscio” dichiarava il

la propria esistenza. La civiltà si raggiunge

regista anni fa. Questa suggestiva illustrazione vuole fare altrettanto, riproponendo una nuova visione di questo film di fama internazionale che ha cambiato l’idea classica della fantascienza, portando sullo schermo una favola apocalittica sul destino dell’umanità e lo sviluppo della tecnologia. In un ambiente spaziale ovattato, sconfinato e sommerso

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ma concentrandosi sull’emotività e le sensazioni che

misterioso monolite che non li separa, bensì li

attraverso la conoscenza e la conoscenza porta allo sviluppo di una popolazione e della tecnologia, ma il primate e l’astronauta hanno la stessa lunga strada davanti a loro, una “siderale distanza” che li attende entrambi, poichè la strada della conoscenza è lunga, soprattutto quella della conoscenza di noi stessi.


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NEWSGAMES Le uscite di Gennaio 2016

Playstation, XBox, Nintendo e Wii a cura di Carlo Andriani

È finalmente iniziato il 2016, un anno particolarmente prolifico per gli amanti dei videogame. Sono infatti numerosi i prodotti attesi nei prossimi dodici mesi tra cui il quarto e ultimo capitolo di Uncharted, i sequel di Dead Island e Mirror's Edge, Final Fantasy XV e tanto altro. Ma è ancora un po’ presto per parlarne. Ecco perché ci concentreremo sul mese di Gennaio che apre la stagione con il divertente LEGO Marvel’s Avengers, il drammatico This War of Mine: The Little Ones e lo spin-off Assassin’s Creed Chronicles: India; una piccola anticipazione dei numerosi videogame che, nei prossimi trenta giorni, vi offriranno la giusta scusa per chiudervi in casa e giocare come se non ci fosse un domani:

5 Gennaio: Hardware: Rivals (PS4): A distanza di quattordici anni dal primo capitolo uscito per Playstation 2, arriva su PS4 Hardware: Rivals, l’adrenalinico multiplayer che vi consentirà di inseguire i vostri avversari a bordo di un carro armato o di un veicolo da attacco rapido; quattro arene, innumerevoli potenziamenti da sbloccare e divertenti battaglie tutti contro tutti sono gli ingredienti di un gioco assolutamente imperdibile. 12 Gennaio: Gone Home (PS4, Xbox One): Sviluppato dalla Fulbright Company nel 2014, Gone Home è un videogioco interattivo in prima persona che racconta la storia di una ragazza disposta a tutto per scoprire le origini dell’improvvisa sparizione della sua famiglia. Ambientato nel 1995, l’anno prima della diffusione dei telefoni cellulari, Gone Home è un’opera realistica e coinvolgente che vi terrà col fiato sospeso dal primo all’ultimo minuto di gameplay.

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The Banner Saga (PS4, Xbox One): Ispirato ad alcune leggende vichinghe, The Banner Saga apre le porte di un regno fantasy in 2D in cui il giocatore può compiere delle scelte strategiche e incidere direttamente sulla trama e sull’epilogo della storia. Il set di 25 personaggi giocabili e la colonna sonora di Austin Wintory sono altri punti di forza di un gioco imprevedibilmente originale. Assassin’s Creed Chronicles: India (PS4, Xbox One, PC): Avete già concluso Assassin’s Creed: Syndicate e non vedete l’ora di indossare nuovamente i panni di uno degli eroi più celebri della storia dei videogame? Allora non perdetevi per nulla mondo il secondo capitolo di Assassin’s Creed Chronicles che, dopo la Cina, porta il protagonista Arbaaz Mir nel conflitto tra l’Impero Sikh e la Compagnia britannica delle Indie Orientali del 1941; un piccolo capolavoro che sicuramente non deluderà i fan della saga originale. 13 Gennaio: Rebel Galaxy (PS4, Xbox One): Se il vostro sogno è scrutare le profondità dello spazio, Rebel Galaxy è il gioco che fa per voi. La divertente avventura targata Double Damage Games Inc. vi calerà nei panni di un comandante di un’astronave alle prese con pirati spaziali, alieni, asteroidi e artefatti. L’universo è tanto affascinante quanto pericoloso e sopravvivere non sarà facile come sulla Terra.

22 Gennaio:

Life is Strange - Limited Edition (PS4, Xbox One, PC): Max

Caulfield è una fotografa che, dopo aver scoperto di poter riavvolgere il tempo, inizia ad indagare sulla scomparsa di una ex compagna di studi. Ma cambiare il passato può avere delle conseguenze drammatiche sul futuro. Pubblicato da Square Enix e caratterizzato da ritmo, azione e una trama che ricorda The Butterly Effect, Life is Strange è una esperienza interattiva da non perdere per nulla al mondo.

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26 Gennaio: The Witness (PS4, PC): Dopo lo straordinario successo di Braid, Jonathan Blow sviluppa The Witness, un nuovo adventure-game ambientato su una misteriosa isola caratterizzata da affascinanti strutture tecnologiche. Il giocatore, che interpreta in prima persona un personaggio senza nome, deve affrontare le dieci sezioni in cui è divisa l’isola per raggiungere la montagna centrale e concludere così questo bizzarro ma originale videogame. This War of Mine: The Little Ones (PS4, Xbox One): Questo interessante gioco prodotto da Deep Silver offre al giocatore la spaventosa e allo stesso tempo originale possibilità di vivere la guerra dal punto di vista di un gruppo di civili. L’obiettivo è affrontare la mancanza di cibo e l’assenza di attrezzature sanitarie e arrivare così vivi al giorno dopo; un vero e proprio capolavoro che promette di intrattenere ed emozionare come pochi giochi riescono a fare. 29 Gennaio: LEGO Marvel’s Avengers (PS3, PS4, Xbox One, Xbox 360, Wii U, 3DS, PC): Sviluppato da Traveller’s Tales e pubblicato da Warner Bros. Interactive Entertainment, LEGO Marvel’s Avengers è un divertente spin-off del videogioco LEGO Marvel Super Heroes che, ripercorrendo le trame degli ultimi sei film Marvel, presenta oltre 100 personaggi creati da Stan Lee. Sébastien Loeb Rally Evo (PS4, Xbox One): Se siete stanchi dei soliti giochi di corse automobilistiche, questo è il videogame che fa per voi. Sébastien Loeb Rally Evo permette al giocare di guidare le migliori auto da rally di tutti i tempi in eventi off-road sparsi in tutto il mondo. L’obiettivo è sfrecciare a tutta velocità, battere gli avversari e diventare la nuova stella del rally. Inoltre, per gli amanti dello sport vero e proprio, il gioco presenta le dritte del nove campione del mondo Sebastien Loeb; una esperienza imperdibile che vi farà provare una volta per tutte il brivido del rally

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