Conversazione in Sicilia con Antonio Monestiroli

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INDICE 06

Prefazione RealtĂ e immaginazione Bruno Messina

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Presentazione Antonio Monestiroli e l'Architettura Razionale Zaira Dato

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Il paesaggio, la natura e la cittĂ aperta Isotta Cortesi

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Conversazione con Antonio Monestiroli Isotta Cortesi

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Una domanda impertinente Alessando Mauro

Testimonianze 64

ContinuitĂ di una ricerca Raffaella Neri

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Dell'Architettura Civile, dialogo a distanza Claudia Tinazzi

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Lavorare a bottega Tomaso Monestiroli

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La costruzione del vuoto, la costruzione del luogo Alessandro Mauro

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Dell'architettura in mostra Claudia Tinazzi

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Curriculum autobiografico Antonio Monestiroli


PREFAZIONE

REALTÀ E IMMAGINAZIONE Bruno Messina L'incontro con Antonio Monestiroli, qui a Siracusa, ha costituito un momento particolarmente significativo per la nostra scuola. Anche in questa circostanza, come sempre accade leggendo i suoi testi, ciò che ha colpito noi tutti è la singolare capacità di rendere intellegibile un fenomeno complesso qual è l'architettura. Una chiarezza che denota una coerenza di pensiero e una tensione etica che si riflette nella intenzionale rinuncia a ogni forma espressiva autoreferenziale, riaffermando così un preciso punto di vista che segna una evidente distanza rispetto a tante tendenze del nostro tempo. L'architettura è, per Antonio Monestiroli, essenzialmente volontà di rappresentazione di un'idea. I principi, non la forma, ne sono il fondamento e solo attraverso la loro condivisione la lezione dei maestri può divenire trasmissibile. «Mies –egli scrive– è l'architetto che più si riferisce ai principi dell'architettura antica e più si allontana dalle sue forme. La casa a tre corti contiene tutta la profondità storica della casa, anche se in questo progetto sono omessi persino elementi primari come le porte e le finestre. Rimangono un tetto e un recinto, eppure in questa casa è riconoscibile la casa di sempre»1. Per Monestiroli, come per Mies, la forma è quindi solo il risultato del nostro lavoro di architetti, fine dell'architettura è la rappresentazione della realtà del nostro tempo, così com'è, così come noi vorremmo fosse. Una rappresentazione che trova espressione nel linguaggio, struttura logica e razionale che rende trasmissibile il pensiero: Rien n'est transmissible que le pensée scriveva Le Corbusier 6


alla fine della sua vita, condensando in una frase il senso più profondo della sua recherche patiente. La possibilità (che è al tempo stesso necessità) di comunicare dell'uomo, inteso nell'accezione aristotelica dello zoon politikon, costituisce dunque una condizione necessaria anche per l'architettura, che di per sé, come sosteneva Aldo Rossi, è un fatto collettivo. Nella sua riflessione teorica Monestiroli introduce poi un ulteriore passaggio attraverso ciò che egli definisce l'esercizio dell'immaginazione: l'attitudine cioè, di fronte al formarsi dell'idea, di immaginare una forma rispondente al tema dato. Un esercizio che rimanda inevitabilmente a un retaggio autobiografico. Interviene così una sfera intima che entra in risonanza con la natura collettiva dell'architettura. Due ambiti che, come nel paradosso zenoniano di Achille piè veloce e la tartaruga, non riusciranno mai a congiungersi. E in quella incolmabile, infinitesimale distanza tra il pensiero, che è razionale e trasmissibile, e l'esperienza immaginifica della memoria individuale, sta, almeno credo, il nucleo emozionale che costituisce la segreta poesia dell'architettura. Una dimensione di cui Antonio Monestiroli ci dà un raro indizio nei ricordi rievocati nelle ultime belle pagine di questo volume. E attraverso queste tracce è forse possibile leggere in filigrana, dietro l'ostinata ricerca di un pensiero razionale, l'intimità poetica del maestro milanese, la sua personale aspirazione a un mondo migliore, quella sua tensione verso un'idea di architettura quale “sostanza di cose sperate”. Note 1. Hilberseimer Ludwig, Mies van der Rohe, ed. it. a cura di Antonio Monestiroli, Città Studi Edizioni, Torino, 2003, p. 16. 7


IL PAESAGGIO, LA NATURA E LA CITTA’ APERTA Isotta Cortesi Queste considerazioni nascono dall'invito di Bruno Messina, Presidente della Struttura Didattica Speciale di Architettura di Siracusa, ad Antonio Monestiroli, in occasione dell'inaugurazione della mostra “Antonio Monestiroli. Architettura Razionale” e dalla scelta di affidarmi il compito di costruire con l'ospite una conversazione pubblica, da me immaginata come un incontro con questa antica terra insulare, sulle tracce dell'edizione illustrata di Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini1(1953). Un compito affidatomi forse per una mia “vicinanza milanese”, ma anche come riconoscimento di una mia idoneità a sviluppare il tema della relazione tra architettura, città e paesaggio. Mi è sembrato così giusto costruire il testo come una narrazione poggiandomi su di un'analogia con, in secondo piano, frammenti d'inevitabili aspetti autobiografici, per interrogare e ricomporre la visione di Monestiroli viaggiatore contemporaneo, alla scoperta della Sicilia e in particolare, di quei monumenti antichi della città di Siracusa che, paradigmi di identità, offrono le ragioni per dichiarare l'attualità dei loro temi nella città presente. Così ho immaginato di accompagnare Monestiroli in una passeggiata, desiderata, ma realmente possibile tra le strade di Ortigia, alla riscoperta, insieme, delle opere della città greca e del loro permanere. Ho voluto così riportare all'attenzione il fatto che l'architettura moderna, in modo non programmatico, ma con costante puntualità, ogni volta che si è proposta di fare grande 16


architettura, ha instaurato un rapporto stretto con la città antica, e si è interrogata, per dar forma al ragionamento del presente, sulla relazione dei suoi fondamenti operativi con i principi insediativi della città antica. In questo senso il viaggio in Sicilia è per Monestiroli, anche in questa conversazione, il ritrovamento di luoghi originari ed architetture quali espressione di principi invariati che fondano il valore della “città aperta”2, attraversata dalla natura, nel suo progetto urbano della città moderna. Monestiroli giunge qua a Siracusa avendo perseguito nel tempo, con la coerenza dei suoi principi architettonici, il tema di un progetto di città moderna che consolida il rapporto con la città antica riappropriandosi della natura e della dimensione del paesaggio, quale elemento fondativo della stessa città greca3. Il presente della città europea procede oggi, nel costruito consolidato, per sostituzioni, diradamenti e concentrazioni di funzioni e volumi. In questo quadro i progetti urbani di Monestiroli operano coscientemente la trasformazione del tema dell'isolato urbano ottocentesco, con i fabbricati sul perimetro circondati da strade, in isole urbane aperte alla natura. L'educazione milanese di Monestiroli all'architettura si è costruita sulla scelta di alcuni precisi riferimenti, in particolare il lavoro di Mies van der Rohe4, di cui ha curato l'edizione italiana della monografia di Hilberseimer e i testi di Hilberseimer stesso sulla città5. In particolare in The Nature of Cities6 si possono individuare alcuni importanti riferimenti che hanno legami diretti con il pensiero e il progetto di Monestiroli sul tema della trasformazione della città. Proprio qui, nella prima parte del volume, l'autore presenta un'analisi storico-critica, dove nel percorso narrativo, composto di eccezionalità, illustra, con un'immagine dall'alto, proprio l'isola di Ortigia, quale pa17


Isotta Cortesi e Antonio Monestiroli nello studio Monestiroli a Milano

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CONVERSAZIONE CON ANTONIO MONESTIROLI Isotta Cortesi

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Vista del Teatro Greco, V secolo a.C., Siracusa

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4. ITINERARIO: - Il luogo: Teatro Greco e Latomie - Lo spazio: la città e la natura - Il tema: la città aperta

“La forma del luogo assume significato attraverso l'architettura degli edifici e le loro relazioni, in un contesto che esalta il loro valore civile”. (A.M., Temi urbani, p.17) “Un confronto perenne tra natura e architettura”. (A.M., Temi urbani, p.12) All'isolato urbano circondato da strade si sostituisce l'isola urbana circondata dalla natura […] La città aperta, quel modello di città che elegge la natura a suo contesto di costruzione” . (A.M., Temi urbani, p.10)

Dai progetti in mostra: - Concorso Quartiere di Les Halles, Parigi, 1979; - Progetto per l'area Garibaldi-Repubblica, Milano, 1992; - Concorso Cremona City-Hub, 2012. 53


I.C. La città antica di Siracusa riemerge lontana, staccata dalla città ottocentesca. Alcuni frammenti restano come figure isolate, il Teatro Greco, le Latomie, l'Ara di Ierone, l'Anfiteatro Romano. Il paesaggio, la natura che li circonda è lo spazio condiviso dai monumenti che organizza le relazioni tra le parti di una città, nuova e antica, possibile, “la città aperta”. Il teatro greco e le Latomie sono due luoghi importanti per interrogarci, adesso, sul rapporto città e natura su cui lei ha insistito in tutti i suoi progetti urbani. Il problema della relazione tra architettura e natura è stato da lei affrontato “modernamente”, non attraverso il ricorso al presunto “naturalismo” di particolari tecniche o alla paradossale evocazione di forme primitive, ma piuttosto attraverso il tentativo di stabilire relazioni tra gli elementi della costruzione della città e lo spazio aperto. In questo senso possiamo dire che la città su cui ha operato, diversamente da Rossi che, alla fine, dichiarava una continuità necessaria con la città ottocentesca, è più fortemente la città degli architetti dell'Illuminismo, la città come foresta di Laugier (da La metopa e il triglifo, p.73), quella di un aperto policentrismo, una città costituita da isole urbane nella natura? Questa idea di città è davvero realistica e operativa o contiene elementi fortemente utopici? Possiamo vedere una sua possibile analogia e differenza con la teoria dei vuoti urbani di Samonà? La lettura delle sue pubblicazioni mi pare che possa costituire un antidoto rispetto alla deriva delle forme cui assistiamo nel contemporaneo. Crede ancora al potere progettuale delle parole oppure pensa che il prevalere delle immagini sia un processo inarrestabile? In questo senso, nella costruzione del suo lavoro la stretta relazione tra parola scritta ed il progetto è cambiata nel tempo o è rimasta immutata? 54


Concorso per il quartiere delle Halles Parigi, 1979 Antonio Monestiroli con Paolo Rizzatto collaboratori: Joseph Campanella, Elisabeth Hammond, Cristina Manzoni, Joy Siegel, Jeffrey Starck

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