Guida all’architettura di Bergamo 1907-2017 Progetto a cura di: Michela Bassanelli e Maria Cristina Rodeschini Introduzione di: Maria Cristina Rodeschini, Giacinto Di Pietrantonio, Nicola Di Battista Testi di: Michela Bassanelli Fotografie di: Enrico Bedolo
ISBN 978-88-6242-315-1 Prima edizione Novembre 2018 © LetteraVentidue Edizioni © Michela Bassanelli, Maria Cristina Rodeschini © Fotografie, Enrico Bedolo Tutti i diritti riservati È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyrights delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa. Progetto grafico: Francesco Trovato, Stefano Perrotta LetteraVentidue Edizioni S.r.l. Via Luigi Spagna 50 P 96100 Siracusa www.letteraventidue.com
MICHELA BASSANELLI MARIA CRISTINA RODESCHINI
Guida all’architettura di
Bergamo 1907 › 2017
Indice
006
Bergamo, città bella, sobria e armoniosa
008
Verso una consapevolezza collettiva
014
Attraverso la città
016
Bergamo rinnovata: la nascita della città moderna
042
Gli anni Trenta a Bergamo tra classicismo e razionalismo
062
Edificio come contesto e fabbrica del nuovo
086
Verso un’architettura della città
146
Architettura a Bergamo negli anni Settanta: ricerca, sperimentazione, progetto
Maria Cristina Rodeschini e Giacinto Di Pietrantonio
Nicola Di Battista
Michela Bassanelli
profili 001-009
010-018
019-029
030-058
059-065
162
Bergamo 80/90: l’importanza del contesto e la crisi del progetto 066-081
196
Un nuovo sviluppo per la città: progetti di riconversione, l’intervento sull’esistente e nuove costruzioni 082-100
242
Piccola guida all’architettura di Bergamo
272
Indice dei nomi
274
Bibliografia essenziale
276
Gli autori
Enrico Bedolo
Bergamo, città bella, sobria e armoniosa M. Cristina Rodeschini e Giacinto Di Pietrantonio
I
n molti hanno scritto di Bergamo descrivendola, con diverse sensibilità, come una città affascinante, a misura d’uomo, di non grandi dimensioni, difesa da monumentali mura, da poco patrimonio dell’umanità. Di solito illustri parole sono riservate alla meraviglia sospesa della città storica, come quelle di Le Corbusier che annotava su di un piccolo disegno: Qui niente macchine, qui la splendida città senza ruote. Quando entro da un amico lascio il mio ombrello alla porta. I visitatori della vecchia Bergamo possono benissimo lasciare le loro ruote alla porta. (Da quarant’anni non ho più un ombrello). La bella scrittura di Cesare Brandi la ricorda così: Stare a Bergamo alta è come trovarsi in quelle città miniaturizzate che tengono in mano i santi protettori come un bel vassoio, e di qua e di là c’è il vuoto. … questo dà a tutta la città asserragliata nelle sue chiese e nei suoi palazzi, una leggerezza, una luce, uno spazio rarefatto…Bergamo non si dà tutta in una volta; bisogna scoprirla passo passo. Bisogna segnalare d’altra parte che l’impareggiabile contesto ne fa una gemma cinta dalla natura. Rare sono invece le dichiarazioni sulla città moderna dalla quale per intelligenza dell’architetto Marcello Piacentini rimane pressoché intatta la visione del panorama di Città Alta, salvaguardata da uno spazio in piano, aperto e armonioso. Piacentini disegnava infatti il nuovo centro cittadino perché venisse attraversato a piedi, ideando un sistema di cannocchiali visivi che permettesse di godere del centro storico in ogni momento. La concezione del centro moderno collegava inoltre le propaggini dei borghi storici secondo un impianto chiaro, disteso e arioso. Questa guida all’architettura a Bergamo prende in esame 100 edificazioni che attraversano il Novecento per arrivare a noi oggi. La scelta non è stata facile, ma il numero è sufficiente per segnalare l’assiduo lavoro dei professionisti che hanno guardato alla città costruita con rispetto, nella padronanza di un linguaggio pienamente moderno. La discrezione, la sobrietà e la propensione al ben fatto sono caratteristica distintiva dei suoi abitanti, divenuta legge per gli architetti che vi hanno operato, bergamaschi e non. Conoscere la città è un piacevole dovere dei cittadini che la abitano, ma è soprattutto un interessante viaggio per chi voglia visitarla.
Potrebbe sembrare che i nuovi linguaggi non vi debbano essere ammessi per non turbare il meraviglioso equilibrio raggiunto nei secoli, ma questo non è vero, anzi diviene la misura necessaria di ogni confronto si stia cercando. La guida del 1994 a cura di Guya Bertelli, Manuela Brambilla e Matteo Invernizzi, Bergamo 1890-1990 da tempo esaurita, è stato un ottimo punto di parenza per questa nuova. Datando venticinque anni fa il bisogno di un aggiornamento sembrava opportuno, anche nel segno di un interesse in aumento che la città suscita da parte di un pubblico, italiano e straniero. Mentre stiamo scrivendo sono all’opera con le loro ideazioni gli architetti che arricchiranno la città di domani, ai quali questo repertorio sull’architettura moderna potrà in qualche misura essere utile. L’autrice della guida, Michela Bassanelli, ha creduto alla sua necessità, ha studiato la delicata scelta, ha redatto i profili di ciascuna architettura, confrontandosi sensibilmente con i progettisti, le diverse realtà culturali della città e non solo. Insomma un lavoro serio, documentato e ricco di qualche bella sorpresa. I molti casi esaminati nell’interland hanno consigliato la realizzazione di un’altra pubblicazione da dedicare alle architetture presenti sul territorio, seconda tappa di questo bel viaggio nella cultura del progetto e del costruire, arte quest’ultima nella quale Bergamo si è sempre distinta. Immergetevi in questi percorsi urbani, segnalati in una mappa a corredo, anche nella loro praticabilità fisica; sì perché l’architettura deve essere agita nella sua dimensione spaziale e ambientale, dal vivo, più di qualsiasi altra espressione. La campagna fotografica condotta da Enrico Bedolo tiene buon conto del contesto e invita a frequentarlo per coglierne lo straordinario valore. Buona visita dunque alla città moderna pensando che le opere d’arte hanno due facce una per testimoniare il loro tempo, l’altra per lanciarsi nel futuro.
Guida all’architettura di Berganmo
01
Concorso per il Nuovo Centro
L’immagine che si apre sulla città alta, lasciati alle proprie spalle i propilei, resta ancora oggi il tratto distintivo dell’intervento per il nuovo centro, che ha saputo rafforzare il legame tra le due parti della città mantenendo una logica unitaria. Il concorso per la sistemazione della Fiera di Bergamo, bandito nel 1906 dall’amministrazione comunale, rappresenta il primo tassello nella storia della costruzione della Bergamo moderna o “rinnovata”. Già alcuni anni prima, il tema della dismissione del grande impianto settecentesco era diventato elemento di riflessione tra tecnici, amministratori e gruppi d’imprenditori privati portando nel 1889 all’elaborazione di un “Piano regolatore per l’area della Fiera”. Il tema con il quale i professionisti erano stati chiamati a confrontarsi richiedeva una valutazione sul carattere “ambientale” dell’intervento. Il progetto doveva inoltre soddisfare le esigenze legate alla vita moderna, risolvendo i problemi della viabilità, garantendo spazi di
Primo concorso nazionale per la Fiera di Bergamo Sentierone, Via Roma, Via Largo Belotti, Via Petrarca
Marcello Piacentini 1906/1907
18
Concorso per il Nuovo Centro (Primo concorso nazionale per la Fiera di Bergamo)
aggregazione, edifici commerciali e di rappresentanza. Questo primo concorso non ebbe esito positivo e nel 1907 fu indetto un secondo, che portò in prima istanza all’individuazione di quattro progetti meritevoli (Panorama, Bergomum, Brembo e Patria) sui ventisette presentati. Circa un anno dopo la commissione proclamò vincitrice la proposta presentata da Marcello Piacentini con l’ingegnere Giuseppe Quaroni, sottolineando nella relazione conclusiva la felice soluzione della “lunga fronte di edifici prospicenti il Sentierone” in grado di mantenere la tradizione del luogo. Osservando la pianta è possibile comprendere la struttura generale del progetto che conserva la piazza della fiera (attuale piazza Dante), prevede il mantenimento dell’impianto stradale ottocentesco, la creazione di vari edifici economico-finanziari oltre a un porticato lungo il Sentierone che prosegue lungo la piazza Vittorio Veneto e trova il suo completamento nella Torre dei Caduti.
• Angelini, Luigi, “La ricostruzione del Centro di Bergamo. Lo stato attuale dei lavori”, in «La Rivista di Bergamo», 31 luglio 1924, pp. 1636-1640. • Bertelli, Guya, Brambilla, Manuela, Invernizzi, Matteo, Bergamo cent’anni di architettura 1890-1990, Alcon, Bergamo, 1994, pp. 32-33. • De Rose, Arianna Sara, Marcello Piacentini. Opere 1903-1926, Franco Cosimo Panini editore, Modena, 1995, pp. 15-48. • Irace, Fulvio, “Le due città: Piacentini e Angelini”, in Bergamo e il suo territorio, Cariplo, Milano, 1997, pp. 161-197. • Muzio, Giovanni, “Espansione e sistemazione edilizia delle città. La ricostruzione dell’area della Fiera nel centro di Bergamo”, in «Emporium», 372, luglio, 1925, pp. 381-390. • Papini, Roberto, Bergamo rinnovata, Istituto Italiano Arti Grafiche, Bergamo, 1929, p.112.
19
Guida all’architettura di Berganmo
02
Quartiere Malpensata
Il Quartiere Malpensata, ancora oggi chiaramente riconoscibile per la sua estrema compatezza e per il linguaggio delle facciate, nasce nei primissimi anni del Novecento per volontà dell’Istituto per le Case Popolari costituitosi a Bergamo nel 1906. Situato nell’area periferica che si trova a sud della città lungo la via Giovanni Bosco che collega Campagnola e il cavalcavia della stazione, il quartiere ha mantenuto negli anni i suoi caratteri originari. L’area ha conservato, infatti, una struttura insediativa caratterizzata per lo più da edifici bassi di inizio Novecento, piccole case unifamiliari o con pochi appartamenti. L’intervento, tra i primi in Italia a essere realizzato ai sensi della legge Luzzatti, è costituito da 14 fabbricati di 4 piani destinati ad accogliere 1.100 abitanti e da 8 edifici a un piano (il progetto ne prevedeva 12) che ospitano attività commerciali e locali per servizi. La progettazione delle strade, della rete fognaria, del lavatoio e dei bagni pubblici è opera di Luigi Bergonzo, architetto
Via San Giovanni Bosco, Via Alessandro Furietti, Via Luigi Luzzatti
Luigi Bergonzo, Giacomo Frizzoni (progetto) ICP Bergamo (realizzazione) 1906/1907
20
Quartiere Malpensata
tra i più attivi a Bergamo nella prima metà del Novecento e padre di Alziro Bergonzo, mentre gli edifici sono opera di Giacomo Frizzoni. L’insediamento si basa sul modello di struttura insediativa caratterizzata da un isolato residenziale chiuso e compatto, dove i corpi di fabbrica posti sul perimetro definiscono tre corti interne. I corpi bassi destinati alle attività commerciali collegano gli edifici alti lungo via Furietti e via San Giovanni Bosco determinando la chiusura dell’isolato verso l’unico accesso posto sulla via Luzzatti. La disposizione interna degli alloggi si basa sull’aggregazione di uno o più vani fino ad un massimo di tre, ognuno dotato di un bagno interno, di un cucinino e di un camino. Il quartiere è stato ristrutturato tra il 1975 e il 1986 dall’Istituto Autonomo per le case popolari per consentire una migliore distribuzione degli spazi interni, per consolidare le strutture e inserire gli impianti di riscaldamento.
• Istituto Autonomo Case Popolari Bergamo 1906-1956, Istituto Italiano d’Arti Grafiche, Bergamo, 1956. • Barbero, Walter, Bergamo, Electa, Milano, 1984. • Bertelli, Guya, Brambilla, Manuela, Invernizzi, Matteo, Bergamo cent’anni di architettura 1890-1990, Alcon, Bergamo 1994, pp. 22-25. • Ciagà, Graziella Leila, “Bergamo. Quartiere Malpensata”, in La casa popolare in Lombardia 1903-2003, a cura di, Raffaele Pugliese, Milano, Unicopli, 2005, pp. 50-51.
21
Edificio come contesto e fabbrica del nuovo
A
ll’indomani della fine della Seconda Guerra mondiale Bergamo esce per lo più intatta dai conflitti. Il voto fatto dai cittadini per risparmiare la città dai bombardamenti viene rispettato, iniziando nel 1946 i lavori di edificazione di un Tempio Votivo (Ing. Federico Rota) dedicato alla Madonna nel quartiere di Santa Lucia. Sebbene gli anni che coprono l’arco temporale che va dal dopoguerra fino alla fine degli anni Cinquanta non presentino, se non in casi sporadici, dei risultati architettonici qualitativamente interessanti, c’è un fatto che pone la città sotto i riflettori internazionali ed è il Settimo Congresso Internazionale per l’Architettura Moderna (CIAM, 1949) che portò alla definizione della Carta di Bergamo. Celebre la frase di Le Corbusier che riferendosi al centro storico disse: «Quando entro da un amico lascio il mio ombrello alla porta. I visitatori della vecchia Bergamo possono benissimo lasciare le loro ruote alla porta. “Rettifica: da quarant’anni non ho più un ombrello”» (Le Corbusier 23 Luglio 1949). Negli stessi anni l’approvazione del nuovo Piano Regolatore Generale di Muzio e Morini (1951) dà il via a una nuova fase di ridefinizione della forma urbana della città. Per la prima volta viene affrontato il tema del superamento della cinta ferroviaria per consentire l’espansione verso sud; vengono inoltre realizzati nuovi quartieri come S. Antonio a Valtesse, il Villaggio degli Sposi e il quartiere su via Carnovali che conservano ancora oggi una loro dignità spaziale. Accanto al formarsi delle nuove periferie prosegue il completamento del centro cittadino con l’intervento di Sandro Angelini per piazza della Libertà e con il progetto di Enrico Sesti che disegna «un insieme architettonico urbano e compatto» (Spagnolo 2001, 118) nella nuova piazza della Repubblica. In questo complesso troveranno sede tutte le attività culturali e di svago simbolo degli anni Cinquanta: il Cinema Arlecchino (oggi Cinema San Marco), l’albergo San Marco e il primo parcheggio pubblico sotterraneo. Sono due opere di Pino Pizzigoni a rappresentare uno stimolo verso lo sperimentalismo e la ricerca sul tema della residenza urbana del dopoguerra. Tra il vecchio lazzaretto cinquecentesco e lo stadio comunale realizzato negli anni Venti trova un suo piccolo spazio la Casa minima, un’opera avulsa dal contesto ma testimonianza di una cultura dell’abitare che in quegli anni stava cercando nuove soluzioni sulla scia dei
temi già affrontati dal movimento moderno nel Ciam di Francoforte sull’existenzeminimum. Le case alla Fara sono, invece, l’esempio di un complesso abitativo in cui emerge un dialogo equilibrato e sofisticato con il tessuto storico di città alta e che determinano «l’affermarsi di una nuova cultura dell’abitare della casa popolare» (Spagnolo 2001, 118). Simbolo dell’abitare borghese è invece l’edificio realizzato in via dei Partigiani dall’architetto milanese Guido Maffezzoli che lascia a Bergamo un’opera di alta qualità e inventiva progettuale. Un altro caso isolato che scandisce l’inizio dell’interesse verso il tema degli edifici produttivi è la sede della Reggiani di Alziro Bergonzo dove l’architetto sperimenta un linguaggio architettonico che riprende la “poetica dello stabilimento” ma con elementi innovativi. Sul finire del decennio si pongono le basi per una ricerca formale ed espressiva dell’architettura che troverà nelle figure di Sergio Invernizzi, Giuseppe Gambirasio e Vito Sonzogni i massimi esponenti di una «trasformazione figurativa della città».
Guida all’architettura di Berganmo
19
Casa minima
Esempio fondamentale di una riflessione e riformulazione delle questioni legate al tema dell’abitare sorte subito dopo la guerra, la casa minima continua a rimanere viva e mantenere la sua forza nonostante l’inesorabile scorrere del tempo. Situata in un contesto particolare della città, accanto a due architetture di scala e di natura completamente diversa come il Lazzaretto cinquecentesco e lo stadio comunale, la casa minima o casa al Campo Brumana è il progetto vincitore del concorso indetto dal Collegio dei Costruttori Edili e Affini della Provincia di Bergamo, il cui bando prevedeva la raccolta di idee per la costruzione di case economiche unifamiliari per lavoratori. Il progetto di questo piccolo edificio coincide per Pizzigoni con la ripresa della sua attività professionale quando inizia a sperimentare diverse soluzioni di economia nell’utilizzo dello spazio interno. Questi principi
Piazzale Goisis
Giuseppe Pizzigoni 1946
64
Casa minima
vengono applicati nella casa dove un semplice soppalco, inteso come margine orizzontale, permette di aumentare la superficie dell’alloggio, creando uno spazio interno complesso. La casa a pianta quasi quadrata risulta dall’esterno una costruzione ad un solo piano con illuminazione ed aerazione dall’alto attraverso lo sfalsamento delle due falde di copertura. La complessità dello spazio si trova all’interno dove, attraverso un sistema di impalcati, le zone letto e le relative armadiature sovrastano, con differenti altezze, una parte della zona giorno che si sviluppa a piano terra. I soppalchi, realizzati in opera con sottilissime solette in calcestruzzo, si articolano in altezza a seconda della posizione del corpo umano in modo da garantire in ogni parte della casa l’altezza necessaria. L’architetto riesce a unire in questo piccolo edificio la tradizione popolare a una nuova visione legata a una plasticità dei volumi, a un’articolazione spaziale e alla creazione di prospettive interne sempre diverse.
• Belloni, Paolo, “Pizzigoni e Bergamo/ Pizzigoni in Bergamo”, in «Domus», n. 801, febbraio 1998, Itinerario 142. • Gambirasio, Giuseppe, “La casa per il padre a Bergamo”, in Pizzigoni, Attilio, a cura di, Invito allo spazio. Progetti e architetture 1923-1967, Electa, Milano, 1982, pp. 24-41. • Gelmini, Gianluca, “Pino Pizzigoni. Spazi e arredi per la casa contemporanea”, in «La Rivista di Bergamo», n. 83, 2015, pp. 46-51. • Mestriner, Paolo, “Casa Minima”, in «Ark», n. 17, 2014, pp. 25-34. • Pizzigoni, Attilio, Pizzigoni. Invito allo spazio progetti e architetture 1923-1967, catalogo della mostra, Milano, Electa, 1982.
65
Verso una nuova immagine della città: progetti di riconversione, l’intervento sull’esistente e nuove costruzioni
L
a lieve spinta di ridefinizione di alcune aree della città che si manifesta verso la fine degli anni Novanta continua anche negli anni successivi fino a determinare nell’arco di un decennio un nuovo volto della città. Sono tre i grandi temi che caratterizzano l’epoca contemporanea: il riuso di aree dismesse presenti entro i confini comunali, l’intervento sul patrimonio esistente come restauro, ristrutturazione o ampliamento e la nascita di nuove costruzioni legate al tema dei servizi (Ospedale Papa Giovanni XXIII, Tribunale di Bergamo) e della produzione (Kilometro Rosso). L’eredità di vecchi comparti edilizi in disuso, come edifici produttivi dismessi, caserme e il vecchio ospedale, rappresenta la vera sfida della contemporaneità, perché è nel processo di ridefinizione di queste vaste e complesse aree che si sta definendo una nuova interpretazione della città. Il tipo di attività previste e la qualità dell’intervento architettonico contribuiscono alla riuscita di questi interventi che hanno la dimensione di veri e propri quartieri: «non più quartieri lanciati all’esterno a presidiare i confini di una nuova espansione, ma innesti per la rigenerazione di luoghi» (Spagnolo 2013, 63). Tra i progetti realizzati: l’intervento nell’area della Cisalpina (Studio De8), il progetto di Antonio Citterio e Patricia Viel per l’area ex Enel, l’intervento sull’area ex Gres (Studio Rame Architetture e Zenoni associati) e infine, l’intervento a Colognola del Piano sull’area Ex Mulini Riuniti (Spagnolo, Bandini, Ferrari). La guida si chiude, infatti, con la presentazione del progetto vincitore del concorso terminato a dicembre 2015 per le ex caserme Montelungo – Colleoni (Barozzi-Veiga), destinate a ospitare studentati e strutture sportive per l’università, residenze e locali commerciali, il tutto integrato attraverso un attento progetto dello spazio pubblico. Altre aree in città attendono, invece, un intervento di rigenerazione che sarà oggetto di attenzione nei prossimi anni: gli ex Magazzini generali, l’area della Reggiani, comparti significativi che per ragioni diverse dovranno subire un processo di reinterpretazione. Accanto ai grandi processi di riuso di aree dismesse, negli anni duemila la città sembra ritrovare uno slancio culturale assente nei due decenni precedenti. Le nuove costruzioni si presentano da un lato come grandi opere governate dalla poetica e dallo stile “dell’archistar”, né costituiscono un esempio il Kilometro rosso di Jean Nouvel con l’annesso Centro ricerca e innovazione
Italcementi (2005-2012) di Richard Meier e l’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Aymeric Zublena, e dall’altro, sono costituite da edifici minori, quasi tutti residenziali, opera della nuova classe di architetti che manifestano una ricerca nei nuovi linguaggi rimanendo attenti alla tradizione.
Guida all’architettura di Berganmo
Parco H.U.B. Luca Bombassei Studio 2017-2018
Confindustria Evolve Archilabs 2017/2019
Edificio Pixel Studio De Ferrari Architetti 2017
Il progetto del parco h.u.b. (Luca Bombassei Studio) è elemento di connessione dei vari volumi: un dispositivo che può essere utilizzato come luogo di lavoro e di svago. Il suolo si espande creando zone per il verde, sedute e un anfiteatro che collega il Centro delle Professioni con l’edificio Pixel. La prima sede realizzata in ordine temporale e contestualmente al Centro, è Spark ovvero il Centro Interdisciplinare Universitario per l’Innovazione dell’Università degli Studi di Bergamo (Blast Architetti). Un volume compatto che si sviluppa su tre piani, caratterizzato da un linguaggio definito e semplice. Le facciate sono contraddistinte dai tagli orizzontali delle solette a sbalzo rispetto alle vetrate, che contribuiscono a dare massa e solidità al volume. Le superfici verticali realizzate con vetrate schermate da brise-soleil di legno seguono un passo regolare, avvolgendo completamente il perimetro dell’edificio e determinando una continuità visiva tra interno ed esterno. Di fronte
Istituto Mario Negri Giovanni Remuzzi Architetto 2008/2010
Edificio Spark Blast Architetti 2006/2008
216
Parco H.U.B | Confindustria Evolve | Edificio Pixel | Istituto Mario Negri | Edificio Spark
trova la sua sede l’edificio Pixel (Studio De Ferrari Architetti) che ospiterà attività comuni come il ristorante del Parco, uffici e laboratori. Gli architetti hanno lavorato sulla reinterpretazione del paesaggio agrario, del verde e della trasparenza realizzando un involucro ad alte prestazioni energetiche. La nuova sede dell’Istituto Mario Negri - inaugurata nel luglio 2010 per ospitare quaranta laboratori di ricerca all’avanguardia - chiude l’insieme di questo cluster di edifici, allo stato attuale dei lavori. Autore dell’intervento è l’architetto Giovanni Remuzzi che ha realizzato un volume compatto a pianta quasi quadrata di tre piani fuori terra che segue i criteri di sostenibilità ed efficienza energetica. Unica nota nell’architettura è lo stacco della lama della copertura, ottenuto attraverso un arretramento dei serramenti che controbilancia la massa dell’edificio. E’ in corso di realizzazione l’edificio Confindustria Evolve (Archilabs) che avrà la sua collocazione accanto al Centro delle Professioni.
• AA.VV., “Jean Nouvel 2007-2016 Contemporary Reflections”, «El Croquis», N. 183, 2016. • Bosoni, Giampiero, Jean Nouvel. Una lezione in Italia, Skira, Milano, 1999. • Ferlenga, Alberto, “Oltre il Kilometro Rosso. Parco scientifico tecnologico Kilometro rosso”, in «ARK», 2011, n. 7, pp. 32-34. • Ordine degli Architetti PPeC della Provincia di Bergamo, a cura di, Premio OAB 2010 Architettura Bergamo, Libri Aparte Editore, 2011, p. 46-47. • River SPA, Centro delle Professioni, Greenbox, 2009. • Vinci, Sandro, “Kilometro Rosso”, in «ARK», n. 9, 2012, pp. 54-65
217
Piccola guida all’architettura di Bergamo Enrico Bedolo
La sequenza di fotografie che si rivela in queste pagine, è una piccola guida, un viaggio labirintico, utile più a perdersi che a ritrovare l’esatta ubicazione nella città dei cento casi architettonici presenti in questo libro. Venti sono le inattese fotografie a colori che nel loro dipanarsi producono un sottile itinerario fatto di intrecci, comparazioni, pause e singolari ritrovamenti di minuti segni tra le grandi architetture. Prospettive, superfici, dettagli, trame di un teatro cittadino lontano dai consumati sguardi quotidiani, si schiudono all’interno di calibrate inquadrature, dando vita e volto alla rappresentazione dello spazio presente, nel complesso tentativo di praticarlo, di rinominarlo. Un approccio visivo estatico, fatto di gesti essenziali e silenziosi, un percorso esperienziale attraverso tese e vicine distanze tra noi e le cose per ritrovarne la loro forma enigmatica, quella piccola forma primordiale che ancora ci guida.
Piccola guida all’architettura di Bergamo
Guida all’architettura di Berganmo
Piccola guida all’architettura di Bergamo