Indice
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Premessa Lucia Trigilia
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L’Architettura e la Città nell’età delle regine (1420-1536) Lucia Trigilia
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Le Arti figurative a Siracusa tra il ‘400 e ‘500 Simona Gatto
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Percorsi d’Architettura e d’Arte 01 - Porta Marina 02 - Ex Casa dell’Orologio (Palazzo della Banca d’Italia) 03 - Palazzo Lanza Bucceri 04 - Palazzo Migliaccio 05 - Palazzo Bellomo 06 - Palazzo Rizza Danieli 07 - Palazzo Zappata-Gargallo 08 - Palazzo Interlandi Landolina 09 - Palazzo Abela-Danieli 10 - Palazzo Gargallo al Carmine 11 - Palazzo Gargallo a San Leonardo 12 - Chiesa Santa Maria dei Miracoli 13 - Ex complesso conventuale di San Domenico
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Portali e Finestre Appendice documentaria Bibliografia
Premessa Lucia Trigilia
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l viaggiatore moderno che giunge a Siracusa è attratto da due opposti poli del suo ricco patrimonio culturale: l’antico e il moderno ovvero la grecità e il barocco, che hanno lasciato un segno forte, assai caratterizzante nella cultura e nell’architettura della città. Il turista-viaggiatore di oggi non ha consapevolezza, né l’aveva il viaggiatore del Grand Tour, che esiste tuttavia come “una terra di mezzo” un pezzo consistente di città medievale e tardo-medievale in cui si rispecchiano gli usi, le tradizioni, lo stile architettonico e d’arte dell’antica corona d’Aragona, cui appartenne il regno di Sicilia. È la città dei catalani nell’età delle regine che si impone in particolare negli anni tra il 1420 e il 1536, in cui Siracusa divenne capitale della Camera Reginale; anni in cui il porto di Siracusa, come quelli di Palermo e Messina, furono meta e approdo dei ricchi mercanti che dalla penisola iberica commerciavano con i siciliani, a loro volta in contatto con Barcellona e altre città della Spagna. Furono gli stessi ufficiali al servizio delle regine a importare gli usi architettonici che riproducono a Siracusa la chiarezza palaziale delle dimore spagnole di Barcellona, Lleida, Girona, Valencia o Centelles. In tutta quest’area fiorisce il “gotico mediterraneo” con i suoi ricami di pietra, le bifore e trifore che ingentiliscono le facciate dei palazzi, mentre altrove si impone la pura armonia del rinascimento italiano. Data la necessità di un confronto tra diverse aree geografiche e urbane, questo volume è un insieme di percorsi architettonici e d’arte attraverso la città dei catalani, col quale si vuole saldare quella parte rimasta in ombra della storia urbana con l’arte, nel periodo di transizione tra età tardo-
medievale e rinascimentale. Si vuole al contempo valorizzarne i possibili itinerari, che rivelano la ricchezza dei rapporti non solo politici ma culturali e di scuola col mondo aragonese-catalano. Questa parte consistente di città è quasi del tutto da scoprire rispetto ai due grandi poli che attraggono maggiormente tra la celebrata grandezza del mondo greco e del barocco. Una distanza che percepiamo forte anche negli studi e che spiega la mancata valorizzazione e tutela di un’edilizia, figlia di un periodo luminoso della storia della città, purtroppo in molti casi in uno stato di preoccupante degrado. Un’età rimasta ben riconoscibile nell’architettura e nell’arte nonostante i terremoti che hanno attraversato Siracusa. Una lacuna da colmare nella storia della città come palinsesto, in cui si sono sedimentate epoche e stili diversi capaci di dialogare tra loro. Lo studio di nuove fonti archivistiche tardo-medievali, dai riveli ai catasti storici agli archivi privati delle famiglie per quanto difficile e lacunoso, ha dato alcuni risultati di cui si dà conto nel volume. Nuovi elementi aiutano a comprendere meglio il ruolo del patriziato urbano e di corte, gli intrecci familiari che si impongono tra le parti e i mutamenti puntualmente registrati nell’edificato e nelle produzioni d’arte, di scuola anche locale. Riemergono alberi genealogici di importanti famiglie che narrano origini diverse e intrecci tra consanguinei come nel caso dei Landolina con i Nava, Paternò, Abatelli, Danieli e Bonanno. Emblematico è risultato il caso del palazzo della nobile famiglia InterlandiLandolina-Pizzuti con la scoperta dell’Archivio privato, certo un modello per quell’epoca.
L’Architettura e la Città nell’età delle regine (1420-1536) Lucia Trigilia
uesto volume rivolge uno sguardo rinnovato su Siracusa tra Quattrocento e Cinquecento considerata come insieme unitario di testimonianze. Ne emergono la città e i valori urbani di epoca catalana col suo sistema palaziale. Le diffuse presenze di quest’epoca, così come sono state analizzate, sollevano qualche dubbio che si tratti esclusivamente di un insieme di frammenti risparmiati dai terremoti. Dalla serie di esempi che è possibile considerare prende corpo una fitta trama di architetture che fanno di Siracusa un palinsesto di varie epoche, cui ha contribuito la cultura costruttiva aragonese-catalana ancora leggibile sui molti fronti murari dei palazzi, nei numerosi cortili e in molteplici dettagli architettonici. Nel fitto tessuto di stratificazioni che caratterizza la città può apparire difficile riscoprire il significato e la bellezza dell’architettura siracusana del Quattro-Cinquecento. Un tesoro a volte nascosto che può essere svelato a chi passeggiando per Ortigia si soffermi a guardare la moltitudine di portali ispanizzanti con le pietre squadrate disposte a raggiera, i paramenti murari di piccoli conci, le bifore e trifore che ingentiliscono le facciate creando ricami di luce con eleganti chiaro-scuri. Può essere svelato inaspettatamente al visitatore curioso che varcando gli ampi portali cordonati si trova d’un tratto Bianca di Navarra 11
Le Arti figurative a Siracusa tra il ‘400 e ‘500 Simona Gatto
Lo Stato degli Studi Parlare di arti figurative in Sicilia, vuol dire innanzitutto percorrere a ritroso una via tracciata, con insaziabile curiosità, in primis da ricercatori isolani, che hanno cercato di cogliere e comprendere appieno la fervida attività di un glorioso passato, in cui le arti del bello “risorsero”. Questo scritto si pone nel solco tracciato finora dagli studi, dei quali si tenta di fornire un sintetico quadro unitario che cerchi di spiegare la produzione delle arti figurative a Siracusa. Emerge, tra questi, la figura di Gioacchino Di Marzo, perspicace interprete dell’attività artistica del passato e pioniere della storia dell’arte in Sicilia che, spaziando dall’indagine sul campo alla conoscenza diretta dell’opera d’arte, all’analisi dei documenti d’archivio, restituisce pagine di storia fino ad allora trascurata, contribuendo con i suoi studi1 alla formazione di numerosi studiosi. A lui si devono le prime preziose ricerche documentarie su Antonello da Messina e quella sui Gagini e, parafrasando lo stesso Di Marzo «da siffatto argomento nel più mirabil modo risulta il grande innalzamento dell’arte nell’isola, in quel tempo, allorché tanta eccellenza di genio e così alta perfezione di artistico magistero vi risplendettero da attingerne essa a ragione non minor gloria e grandezza di quella delle migliori e più famose scuole d’Italia»2. Nel panorama degli studi d’indirizzo a carattere nazionale e internazionale, i primi ad avviare uno studio sulla produzione figurativa della Sicilia orientale sono Leandro Ozzola ed Enrico Mauceri. 1. DI MARZO G., I Gagini e la scultura in Sicilia nei secoli XV e XVI, Tipografia del Giornale di Sicilia, Palermo MDCCCLXXX. 2. DI MARZO G., Op. cit., p. VIII.
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Percorsi d’Architettura e d’Arte Simbologia Edicole Finestre Archi e loggiati Prospetti di Palazzo Porte e portali Scale a cielo aperto Stemmi araldici Scultura Pittura
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Porta Marina Ex Casa dell’Orologio (Palazzo Banca d’Italia) Palazzo Lanza-Bucceri Palazzo Migliaccio Palazzo Bellomo Palazzo Rizza-Danieli Palazzo Zappata-Gargallo Palazzo Interlandi Landolina Palazzo Abela-Danieli Palazzo Gargallo al Carmine Palazzo Gargallo a San Leonardo Palazzo Greco Chiesa Santa Maria dei Miracoli Ex complesso conventuale di San Domenico Duomo
Archi presenti nel tessuto murario A B C D E F G H I L M
Ex Monastero di Santa Maria delle Monache Palazzo Fontana Vicolo II alla Giudecca Via della Giudecca n. 15 Palazzo Randazzo Via Arizzi Via delle Vergini Corte di un palazzo in via Dione Via Maestranza n.100 Via del Nome di Gesù Via Roma n.99
Autori delle schede Andrea La Rosa 13 Simona Gatto 1 • 2• 3 • 5 • 6 • 12 Elisa Papalia 7 • 10 • 11 Lucia Trigilia 4 • 8 • 9
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02 Ex Casa dell’Orologio (Palazzo della Banca d’Italia) L’imponente e austero palazzo chiamato anticamente “casa dell’Orologio” è sito sul lato ovest dell’attuale piazza Archimede. Il nucleo architettonico più antico è di origine quattrocentesca così come è testimoniato da una bifora con lunetta scandita da un’esile colonnina, dalle estremità del muro della corte e soprattutto dall’imponente scala catalana all’interno del cortile. Quest’ultima in pietra calcarea realizzata interamente con blocchi squadrati a giunti sfalsati è a due rampe con la seconda rampa appoggiata su una parte di volta a botte. A caratterizzarla è un motivo modanato che scandisce il disegno delle alzate e delle pedate e altresì la presenza di un leone con scudo in posizione araldica posto su una finta colonna corinzia. Lo scudo con incisi il sole e il mare è molto probabilmente il simbolo della famiglia cui apparteneva l’originaria costruzione.
Particolari della “scala a cielo aperto” e della finestra con bifora all’interno del cortile del Palazzo
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04 Palazzo Migliaccio Quel che rimane dell’originario palazzo Migliaccio si impone come una testimonianza sicura del rinascimento siracusano del XV secolo. Parte del palazzo, divenuta pericolante, è stata oggetto di demolizioni e trasformazioni che ne hanno fortunatamente mantenuto una consistente porzione di prospetto su via Picherali. Questo fronte è impreziosito dalle tracce di tre portali con arco a pieno centro, definiti da ampi conci a ventaglio caratterizzati nell’estradosso da un cordone modanato sostenuto da peducci. Il più ampio portale centrale è stato murato, così come quello laterale più piccolo, per dar spazio a due finestre. L’insieme è sormontato da una preziosa originalissima balconata decorata con tarsie policrome in pomice lavica con elementi a zig zag, di cui si conservano anche esempi catanesi; al centro del caratteristico balcone spicca incorniciato lo stemma di famiglia in pietra scolpito. Genealogia della famiglia* «Nobilissima famiglia (...) probabile derivazione da’Migliaccio di Firenze e forse da quella de’ signori Guidalotti tanto rinomati nelle passate fazioni de’Guelfi e Ghibellini. Il primo che di essa in Sicilia ci presenta il Mugnos è un Nicolò Migliazzo capitano di Naro sotto re Ludovico. Fiorirono: un Filippo cavaliere nobilissimo; un Mariano primo marchese di detto stato 1598 e signore della Sala di Partinico, (...); un Mariano primo principe di Baucina per concessione di re Filippo IV che l’onorò del trattamento di suo consanguineo (...); un Ignazio capitano di Palermo (...), un Giuseppe arcivescovo di Messina (...); un 3° Ignazio nella di cui unica figlia Eleonora, maritata ad Antonio Termine principe di Casteltermine e conte d’Isnello si estinse la linea primogenita della famiglia Migliaccio, mentre al dir del Villabianca altre linee secondarie formarono i duchi di Floridia notiamo una Lucia Migliaccio vedova principessa di Partanna, e che fu moglie di re Ferdinando IV, e di questo ramo esistono Michele residente in Palermo col figlio Ignazio, e Giovanni in Siracusa. In quei di Malvagna gentiluomo di camera cavaliere del san Gennaro, intendente di Palermo e presidente della pubblica istruzione, il di cui figlio Alessandro fu gentiluomo di camera. Linea estinta. Stemma della famiglia Lo stemma dei Migliaccio (sec. XVIII), scolpito in altorilievo, è posto al centro del balcone del palazzo che si affaccia su via Picherali. Arma: d’azzurro alla pianta di miglio d’oro nascente dalla zolla erbosa e al tronco impugnato da un destro cherio al naturale (Migliaccio). Corona di principe». *Tratto da Paliozzo Gravina 1871-75
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