Implosioni. È mattino. Avete lasciato da alcune ore la grande città coi grattacieli e le strade intasate. Dopo una lunga corsa nel deserto dell’Arizona su un nastro di asfalto bruciato dalla sabbia e dall’avanzare lento dei cactus, la strada si biforca e vi porta contro una grande villa incastrata nella roccia. Si distende orizzontale con una lunga loggia schiacciata dal tetto a falde, costruita in pietra e legno. Avete parcheggiato l’auto. Attraversate una corte con piscina dove alcune donne prendono il sole. Poi entrate in uno stretto passaggio tra le rocce bagnate da una piccola cascata. Un rivolo d’acqua ai vostri piedi. Vi avvicinate a una grande vetrata dove si riflette il vostro viso. Potete vedere, dentro un ampio soggiorno, quattro uomini di affari che discutono animosamente attorno a un modello di grande scala: sembra rappresentare una costa frastagliata bagnata dal mare, con piccoli oggetti colorati come birilli che I
segnano dei punti collegati da sottili nastri paralleli. Piccole case di un residence incastonato tra le rocce. Il mare come uno specchio riflette i volti degli uomini che parlano. Continuate il vostro cammino: entrate in un ampio portone ad arco, attraversate il salone e la loggia trovando una scala a chiocciola che vi porta in basso su un pianerottolo dove vi bloccate esitando. Non sapete se entrare o no nella stanza. La donna di servizio ispanica si ferma un attimo e vi guarda prima di salire. Siete immobili, appoggiati a un grande vetro che vi spinge nel vuoto tra le rocce. Potete vedere l’arditezza della scala sospesa a sbalzo. Esitate ancora. Poi con un gesto brusco aprite la porta verso l’esterno e fuggite fino alla macchina. Mettete in moto. Vi allontanate con la villa alle vostre spalle. Frenate di scatto, il viso è segnato intensamente da un’espressione di angoscia. Vi voltate guardando la villa dentro II
il lunotto posteriore. Ripensate ai volti degli uomini riflessi sul mare. Scendete dalla macchina e fissate con sguardo di sfida la cima della roccia. Il cielo è di un azzurro intenso e fa a pugni con il marrone scuro delle rocce tagliate dalla villa. Il vostro sguardo è sulla loggia. Un’esplosione. Un grande fuoco si alza nel cielo con una nuvola di pietre, legni e vetro. Le vostre palpebre si serrano. L’esplosione sembra ripetersi. Attraverso i vostri occhi vediamo rinnovarsi in una serie di angolazioni diverse l’esplosione: dapprima in una visione totale dentro il paesaggio, successivamente in un lento approssimarsi di primi piani sui dettagli architettonici della villa e poi ancora sui mobili, gli arredi e gli oggetti. Nell’avvicinamento sembra che ogni cosa e ogni frammento esploda nuovamente per proprio conto. La casa e gli oggetti implodono come se una forza interna improvvisamente venisse fuori. La sequenza si chiude III
la scrittura intesse linee e triangolazioni di pensieri nella paziente costruzione di uno spazio di lavoro. Le diverse pratiche di gioco innervano e guidano il ritmo e l’andatura dei testi. Gli elementi fondamentali sono vortici di energia che non hanno una collocazione definita e sono istantaneamente connessi attraverso lo spazio e il tempo2. Porre a fondamento le linee di una superficie da gioco significa liberarsi dall’idea che la forma debba nascere da un atto di volontà piuttosto che essere l’esito imprevisto di una battaglia. Il dispiegarsi di un campo di forze3.
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COSTELLAZIONI . Scritture dell’Architettura Collana ideata e diretta da Marco Navarra Comitato scientifico Eduard Bru (Barcellona) Davide Tommaso Ferrando (Bolzano) Kurt W. Forster (New York) Mario Lupano (Venezia) Gian Luca Porcile (Genova) Li Xiangning (Shanghai)
01. Giacomo Borella, Per un’architettura terrestre 02. Giovanni Corbellini, Lo spazio dicibile. Architettura e narrativa 03. Alessandro Rocca, Lo spazio smontabile 04. Michael Jakob, Dall’alto della città Prossimi titoli: Marco Navarra, Dell’informe. Piccola filosofia pratica per l’Architettura. Volume 2 - Assemblaggi Jörg H. Gleiter, Nietzsche architetto
Non è che il passato getti la sua luce sul presente o il presente la sua luce sul passato, ma immagine è ciò in cui quel che è stato si unisce fulmineamente con l’ora in una costellazione. Walter Benjamin
Ci sono libri che come lampi aprono un’improvvisa e urgente comprensione del presente e, nella conoscenza stessa, trovano immediatamente gli strumenti per trasformare il mondo. Questa condizione felice ritrova “il tempo della verità” laddove passato e presente perdono i loro confini. I libri della collana, liberi dalle forzature delle intenzioni, scoprono con naturalezza le ragioni di necessità per immaginare punti di vista differenti dalle vulgate dominanti. Le “Costellazioni” presentano scritti che affrontano nuove questioni attraversando trasversalmente discipline diverse. Si tratta di testi irriverenti ed eretici che, guardando al di là dei codici disciplinari consolidati, cercano in altri campi stimoli e procedure per ripensare gli strumenti dell’Architettura. I libri della collana trasformano occasioni, episodi, cronache in idee che fanno dello spostamento dello sguardo un’affilata pratica critica. A partire dall’Architettura, attraverso la qualità e l’espressività della scrittura, le “Costellazioni” esplorano questioni decisive della cultura contemporanea proponendo punti di vista inediti.
Stampato da Arti Grafiche Lapelosa (Salerno) su carta ecologica Fedrigoni Woodstock Cipria
05 COSTELLAZIONI ISBN 978-88-6242-487-5 Prima edizione italiana Aprile 2022 © LetteraVentidue Edizioni © Marco Navarra Il volume è stato stampato con i fondi di ricerca di Ateneo del Dicar e della S.D.S. Architettura Siracusa - Università degli Studi di Catania. Come si sa la riproduzione, anche parziale, è vietata. L’editore si augura che avendo contenuto il costo del volume al minimo i lettori siano stimolati ad acquistare una copia del libro piuttosto che spendere una somma quasi analoga per fare delle fotocopie. Anche perché il formato tascabile della collana è un invito a portare sempre con sé qualcosa da leggere, mentre ci si sposta durante la giornata. Cosa piuttosto scomoda se si pensa a un plico di fotocopie. Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyrights delle illustrazioni, saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa. Progetto grafico e impaginazione: Raffaello Buccheri, Francesco Trovato LetteraVentidue Edizioni S.r.l. Via Luigi Spagna 50 P 96100 Siracusa, Italia www.letteraventidue.com
marco navarra
dell’informe piccola filosofia pratica per l’architettura volume 1 · implosioni
INDICE I IMPLOSIONI 9 UNO. Riparazioni Repairingcities. La riparazione come strategia di sopravvivenza 27 Scarti. Riparazione e invenzione
51 DUE. Posizioni Dentro un luna park. Il grado zero dell’Architettura: posizionare e disporre 68 Alcune pratiche nei paesaggi dell’Informe
119 TRE. Bassa definizione Teatri abitanti. Architettura per i beni comuni
130 “Architettura a bassa definizione”
165 DELLE CORRISPONDENZE INASPETTATE 247 INTRECCI
175 NOTE. TESTI E FIGURE 244 INDICE ANALITICO
UNO. Riparazioni
Repairingcities. La riparazione come strategia di sopravvivenza Specchietti Cultura informale della riparazione Postproduzione Casual Tattiche El Sawy Culturewheel Futuro anteriore Scarti. Riparazione e invenzione 2006. Jan Chipchase e l’Informal Repair Culture 1926. Alfred Sohn-Rethel e la Filosofia del rotto 2008. La spazzatura di Napoli
Repairingcities. La riparazione come strategia di sopravvivenza 2006
Specchietti Si raccolgono gli uni accanto agli altri di forme disparate e curvature diverse: concavi, convessi, quadrati, ovali, circolari, rettangolari. Spesso sono incastrati gli uni negli altri come bulbi oculari stralunati, si allineano o si dispiegano su cruscotti e parabrezza. Moltiplicano i volti e spingono a muovere occhi e testa per inseguire nuove immagini o impreviste deformazioni, improbabili accoppiamenti o improvvise sparizioni. Moltiplicano le immagini deformandole. Permettono di guardarsi alle spalle spostando gli occhi dietro la nuca. I taxi stessi si rivelano delle lenti che moltiplicano la visione in movimento. È possibile nello stesso istante vedere lontano e vicino, ingrandire i dettagli e avvicinare ciò che è distante mescolandolo con ciò che ci sta attorno. Per guardare al Cairo occorrono molte lenti, lenti con focale diversa e lenti calibrate su diverse misure. Come gli specchietti di variegate geometrie che spesso si ritrovano affastellati in un taxi cairota, occorre moltiplicare i punti di vista, tenendoli uno a 9
costituisce l’ordine gigante e produce un salto e un intreccio di scale diverse riannodando il paesaggio urbano agli interni domestici. Questi elementi prefigurano “un’architettura del paradosso”, che, contraddicendo l’idea di tipo, si costruisce senza un impianto strutturato rigidamente da programmi funzionali chiaramente definiti, ma attraverso sezioni che guidano operazioni di scavo e addizione. El Sawy Culturewheel ci mostra come «[...] la potenza del paradosso non consiste affatto nel seguire
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l’altra direzione, bensì nel mostrare che il senso assume sempre i due sensi contemporaneamente, le due direzioni contemporaneamente»13. Se «Il paradosso è innanzitutto ciò che distrugge il buonsenso come senso unico, ma, anche, ciò che distrugge il senso comune come assegnazione di identità fisse»14 questa architettura, che sta tutta in superficie, trasfigura la pelle in un abito che avvolge un corpo mutevole, e costituisce una sintesi esemplare di una serie di questioni ancora aperte. Futuro anteriore Il Cairo costituisce un laboratorio eccezionale in quanto le condizioni limite, in cui vive l’intera città, ci permettono di misurare le possibilità dell’Architettura facendoci scoprire il suo grado zero: quelle pratiche capaci di ricostruire la bellezza del vivere anche in uno stato di estrema necessità. Se consideriamo Il Cairo una città al limite, per pressione umana e condizioni dell’abitare, potremmo, con un piccolo spostamento, rappresentarla come scenario prossimo venturo delle nostre città, trasformandola così in un laboratorio unico ed eccezionale per affinare con una nuova immaginazione gli strumenti dell’Architettura. Come la riparazione può diventare una strategia di rinnovamento? Come questa cultura, con uno spostamento trasversale, può aprire nuove prospettive di innovazione fuori dai luoghi comuni del vecchio e del nuovo, del passato e del presente, della cultura 23
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TRE. Bassa definizione Teatri Abitanti. Architettura per i beni comuni Teatro Valle Interrotto Quali questioni? Abitare Straniero “Architettura a bassa definizione” Action Space Charles e Ray Eames. Sull’abitare Site specific Un Laboratorio istantaneo di idee-cose Precisione e improvvisazione “Dall’interno” Curating e imperfezioni Time specific Osservare e raccontare. Un metodo Architettura in situazione Indeterminato Trasposizioni Bassa definizione 118
Teatri Abitanti. Architettura per i beni comuni 2012
In Italia si comincia a parlare di beni comuni1 intorno al 2011 a seguito della campagna per l’acqua pubblica che culmina con la vittoria del referendum promosso dalle associazioni dei cittadini2. A livello teorico la questione è stata approfondita, tra gli altri, da Stefano Rodotà e Ugo Mattei in diversi saggi3 e azioni pubbliche che si sono incrociate con un periodo di occupazioni in tutta Italia di spazi dedicati alla cultura4. Se i beni comuni individuano una tipologia di diritti fondamentali di ultima generazione finalmente scollegati dal paradigma dominicale (individualistico) ed autoritario (stato assistenziale) permettendo di scavalcare la contrapposizione tra pubblico e privato, non possono non rimettere in discussione alcune procedure della produzione architettonica, come il rapporto tradizionale tra committenza e progettista. I beni comuni, prodotti attraverso i diritti fondamentali, generano forme di cittadinanza attiva che hanno dato vita alla “democrazia di prossimità” attraverso l’autogoverno dei cittadini utenti5. Queste nuove forme di soggettività obbligano l’Architettura 119
sapere reperire, scoprire, per portare quindi a pieno sviluppo la condizione favorevole e sfruttarla con un unico colpo, quando è giunta al suo vertice. L’occasione quindi, risulta appartenere all’ordine non dell’incontro, avventizio e persino inopinato, ma del risultato, lungamente maturato e preparato23. Possiamo intendere l’efficienza della bassa definizione come quella modalità discreta di operare facendo leva sulle trasformazioni silenziose, senza forzare l’evento, facendo crescere progressivamente l’effetto attraverso lo svolgimento. Si tratta non tanto di imporre una linea, quanto di indurre l’effetto. In questo modo l’efficienza dell’architetto consiste nel captare l’immanenza dell’opera nella situazione che si rinnova in relazione alla trasformazione: questo è il potenziale della situazione che assorbe la “circostanza” per far emergere da essa l’opportunità. Così come fa il rabdomante, l’immanenza deve essere fondata sulla ricerca dei fattori portanti fonte di avvento e sviluppo dell’effetto. Attraverso l’immanenza, senza dovere più agire e impegnarsi, il progetto si lascia portare come una tavola da surf dall’onda montante, nascendo “dall’interno” dei luoghi e degli eventi. Indeterminato Il concetto di indeterminazione ha attraversato come un fiume carsico il secolo scorso, dalle avanguardie storiche al postcriticismo, dal principio di Heisemberg alla teoria dei sistemi dissipativi di Ilya Prigogine. 152
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Se il significato etimologico della parola ‘determinare’ è ‘limitare’, ‘porre dei limiti’ [dal lat. determinare, der. di terminus «limite, confine»], quello del termine ‘indeterminazione’ si riferisce a ciò che, non avendo alcuna determinazione data (non avendo limiti specifici, definiti e verificabili), può assumerne diverse. L’idea di indeterminazione non può essere separata da quella di confine e dalla continua esplorazione dei limiti che ha portato in molti casi al superamento di angusti ambiti disciplinari. L’indeterminazione ha spostato l’attenzione dall’oggetto al procedimento come fattore determinante di un’opera24. John Cage ha usato spesso la parola ‘indeterminazione’ per descrivere i procedimenti (sistema notazionale) di cui si è servito per realizzare le sue composizioni musicali. Il suo lavoro rappresenta uno snodo importante tra l’eredità delle avanguardie storiche e le sperimentazioni più recenti. Il concetto di indeterminazione rappresenta uno stato di sospensione, una condizione di liberazione dalla totalità asfissiante e chiusa dell’oggetto formale, una rottura decisa delle barriere tra la pratica artistica e quella critica. Il Grand verre di Duchamp rappresenta una delle prime opere in cui la precisione della sua costruzione e della sue figure si intreccia con l’indeterminato nascosto in tutti quei frammenti di realtà che il vetro avrebbe catturato dietro di sé grazie alla sua trasparenza.
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