Declinazione del moderno in Serbia 1920–1940

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INDICE 06

Premessa

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Introduzione

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LA RIVISTA COME STRUMENTO DI RICERCA 17 19 23 25 29 29 31 32 32 59 65 68 70 93

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«Zenit». Esperienza della rivista dell’avanguardia serba. Perché «Zenit» Zenitismo e Futurismo Ljubomir Micić Belgrado senza architettura – Beograd bez Arhitekture «Zenit» e lo Zenitismo. I protagonisti Prima fase di «Zenit» Seconda fase di «Zenit» Tarda fase di «Zenit» Persone legate alla rivista «Zenit» Riviste legate a «Zenit» «Zenit». Conclusioni «Arhitektura». Esperienza della rivista dell’architettura slovena. Perché «Arhitektura» Progetti e articoli significativi pubblicati nella rivista «Arhitektura» «Arhitektura». Conclusioni

GAMDB GRUPPO DEGLI ARCHITETTI DEL MODERNO DI BELGRADO GRUPA ARHITEKATA MODERNOG PRAVCA U BEOGRADU 98 101 106 107 108 108 111 112 113 114

Statuto del gruppo Cenni biografici dei fondatori del gruppo Attività del gruppo Lectio Magistralis e Quotidiani Collaborazioni con riviste di settore Mostre e esposizioni Legami con organizzazioni simili Organizzazione del lavoro Scioglimento del Gruppo Conclusioni


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TRE PADIGLIONI PER TRE ESPOSIZIONI 120 122 128 132 133 137 141 143 145

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Esposizione Internazionale delle Arti Decorative e Industriali Moderne a Parigi, 1925 Il Padiglione del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni Italia all’Esposizione Esposizione Universale di Barcellona, 1929 Dragiša Brašovan Padiglione del Regno della Jugoslavia L’Italia all’Esposizione Universale di Barcellona Esposizione alla Fiera di Milano, 1931 Il padiglione del Regno della Jugoslavia

BRANISLAV KOJIĆ 149 152 157 159

Cenni bibliografici Attività nel campo dell’architettura moderna Architettura pubblica Nostri edifici pubblici

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CONCLUSIONI

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BIBLIOGRAFIA


COME STRUMENTO

LA RIVISTA DI RICERCA


Strumento metodologico principe dell’indagine è la rivista di matrice culturale. Tra queste due saranno investigate con la dovuta attenzione: «Zenit, internacionalna revija za umetnost i kulturu» (Zenit, rivista internazionale dell’arte e della cultura), uscita dal 1921 al 1926, prima a Zagabria, poi a Belgrado; e «Arhitektura, mesecna revija za stavbno – likovno in uporabno umetnost» (Architettura, rivista mensile delle belle arti), dell’arte dell’architettura e dell’arte applicata, uscita dal 1931 al 1934 a Lubiana, Slovenia. La prima rivista, «Zenit», registra in maniera generale l’atmosfera artistica e culturale d’avanguardia nella Jugoslavia del primo novecento. Offre, inoltre, uno sguardo indipendente, schietto e a volte provocatorio sullo stato in cui si trova la comunità intellettuale del momento, relazionandosi con le altre riviste e movimenti analoghi nei vari paesi europei ed in maniera minore nelle Americhe e nel Giappone. La seconda rivista, «Arhitektura», si occupa invece più specificatamente “dell’arte dell’architettura”. GAMdB – il Gruppo degli Architetti Moderni di Belgrado, fondato nel 1928, intorno al quale ruota l’esperienza dell’architettura moderna in Serbia e anche lo scopo della ricerca, viene largamente rappresentato con critiche positive e negative in questa rivista.

LA RIVISTA COME STRUMENTO DI RICERCA

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Ljubomir Micić, fotografia davanti al manifesto dell’esposizione internazionale di «Zenit», 1925

che sotto forma di romanzo sviluppano le idee di zenitismo e di personaggio Barbarogenio, portatore di queste idee, come: Hardi! A’ la barbarie. Paroles zénitiste d’un barbare européen ( Jouve et Cie, Parigi, 1928); Zéniton, L’Amant de Fata Morgana (Parigi, 1930); Les Chevaliers de Montparnasse (Aux Arènes de Lutèce, Parigi, 1932); Être ou ne pas être (Aux Arènes de Lutèce, Parigi, 1933); Après Saraievo – Expédition punitive (Aux Arènes de Lutèce, Parigi, 1933); Rien sans Amour (Parigi, 1935); e Barbarogénie le décivilisateur (Aux Arènes de Lutèce, Parigi, 1938). Torna e si stabilisce a Belgrado nel 1937, dove la sua attività è lentamente cessata. Negli anni dopo la seconda guerra mondiale Micić conduce una vita isolata, sull’orlo della povertà, e produce “quaderni bibliofili” fatti a mano, che spedisce ad alcune istituzione e a pochi amici che gli erano rimasti. Dopo la sua morte, è stata rinvenuta nel suo appartamento una preziosa collezione di “Galleria internazionale dell’Arte Nuova di Zenit”, comprendente gli originali di Alexander Archipenko, Wassily Kandinsky, El Lissitzky, Marc Chagall, Robert e Sonia Delaunay, Albert Gleizes, László Moholy-Nagy, 24

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Jo Klek, Schizzo per lo Zenitheum I, matita e inchiostro, «Zenit», n. 35, 1924

Hannes Meyer e altri, molti dei quali firmati con la dedica a Micić. La collezione d’arte è conservata nel Museo Nazionale a Belgrado, mentre i libri, le lettere, i manoscritti, etc. nella Biblioteca Nazionale di Belgrado. Belgrado senza architettura – Beograd bez Arhitekture Articolo di Ljubomir Micić, pubblicato sulla rivista «Zenit» numero 37 del 1925, è stato scritto dietro la richiesta editoriale di «Bouwkunde», la rivista di architettura di Anversa. «Descrivere la nostra architettura è una cosa difficile. In realtà, non posso nemmeno distinguere se esiste l’architettura oppure solo la semplice edilizia. Mi sembra di essere più vicina alla “verità artistica” se sostengo che Belgrado è stata privata di architettura moderna, o meglio: l’architettura contemporanea non esiste nel nostro paese. Molti sono i motivi che spiegano questa situazione. Ovviamente, le ragioni si trovano nel nostro passato tragico e nella storia atroce. Tuttavia, esistono anche dei motivi ingiustificati, dovuti all’assenza di ogni tipo di educazione artistica e culturale. Questo territorio sta appena iniziando a emanciparsi da una vita patriarcale, quando arriverà a emanciparsi dalla visione patriarcale sulla cultura in generale? Quando succederà?

LA RIVISTA COME STRUMENTO DI RICERCA

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GRUPPO DEGLI ARCHITETTI DEL MODERNO DI BELGRADO

GAMDB GRUPA ARHITEKATA MODERNOG PRAVCA U BEOGRADU


Durante gli anni venti in Europa vi è una piena affermazione del movimento moderno, e i caratteri architettonici del moderno stanno diventando una parte integrante della nuova era. Nei Balcani, nel primo dopoguerra avviene la rottura intellettuale e filosofica con tutto quello che è successo o è stato realizzato fino alla fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo. Nella seconda metà degli anni venti in Serbia si avverte la necessità incessante di radunare intorno ad un tavolo metaforico gli ideali e le idee che avevano alcuni architetti a proposito dell’architettura moderna. Inoltre, gli architetti hanno bisogno di concretizzare le loro idee, le loro visioni del mondo. Hanno bisogno di costruire edifici, e non solo di parlare del progresso e dei cambiamenti. Hanno bisogno di viverlo e di combatterci. Hanno bisogno di fare. La mostra parigina “L’Exposition Internationale des Arts Décoratifs et Industrieles Modernes” 1925, ha avuto un ruolo importante per la formazione delle nuove idee per gli architetti serbi. Gli architetti che poi formeranno il gruppo GAMdB, con l’organizzazione dell’architetto Branislav Kojic, hanno visitato la mostra, e hanno avuto il modo di vedere e conoscere le idee di Melnikov e Le Corbusier con i loro padiglione, come già menzionato nel testo sulla rivista Zenit. Sulla proposta dell’architetto Jan Dubovy, si costituisce GAMdB – il Gruppo degli Architetti del Moderno a Belgrado – Grupa Arhitekata Modernog Pravca u Beogradu GAMPuB. GAMDB

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Milan Zloković, abitazione propria, 1927 fotografia dalla strada

Milan Zloković, abitazione propria, pianta del piano terra, 1927

A detta di molti critici, e dallo stesso Branislav Kojić, questo progetto diventa la prima realizzazione moderna a Belgrado, due anni prima della fondazione dello stesso gruppo. Zloković ha avuto grandi meriti per lo sviluppo dell’architettura moderna in Serbia. Inoltre ha cambiato la direzione anche dello sviluppo della Facoltà di Architettura di Belgrado, che aveva curato la tradizione dell’architettura eclettico – classicista e serbo – bizantina, fino a quel momento. All’interno del suo opus teorico, l’architetto ha pubblicato una trentina di pubblicazioni sul tema di proporzioni e coordinazione modulare in serbo, francese, italiano e macedone. Quasi tutti i testi di Zloković analizzano l’applicazione della proporzione nella progettazione architettonica e i sistemi della misurazione standardizzata all’interno della coordinazione modulare. I temi dei suoi studi erano: sistemi proporzionali del passato e sistemi 102

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antropomorfi della misurazione, numeri modulari preferenziali e network modulare, misure e numeri e loro combinazioni. (M. Marjanović, 2010).

Jan Dubovy, Osservatorio astronomico a Zvezdara, Belgrado, 1927

Anche se prima della formulazione teorica delle sue ricerche, avvenuta nel secondo dopoguerra, Zloković applica intuitivamente le tracce regolatrici e i sistemi geometrici per progettare le sue ville e case unifamiliari, nel periodo dal 1927 al 1933. (Lj. Blagojevic, 2003). Jan Dubovy (Praga 1892 – 1969). Di origini ceche, si è laureato a Praga. Subito dopo la prima guerra mondiale, sulle ali della “fratellanza panslavica”, si trasferisce a Belgrado per lavorarvi e vivervi. Lavora nella filiale belgradese dello studio di Praga “Mateja Bleh”, per passare poi nell’ufficio tecnico comunale di Belgrado, dove lavora sulle problematiche della pianificazione urbanistica della città. Dal 1934 lavora a GAMDB

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PER

TRE PADIGLIONI

TRE ESPOSIZIONI


Nella ricerca della declinazione originale nazionale del moderno, l’analisi dei padiglioni espositivi rappresentanti il paese risulta adeguata per vari motivi. Uno di questi sta nella funzione propria dell’edificio che diventa oggetto da esposizione, si tratta della realizzazione qualitativamente avanzata che raccoglie il meglio delle esperienze e delle conquiste di un paese. Inoltre, il rischio di avere un progetto fortemente ispirato ai progetti simili esteri è estremamente ridotto, in quanto il padiglione viene eretto appunto per le esposizioni all’estero. Un altro dei motivi per analizzare un padiglione sta nel suo essere temporaneo. Il padiglione è un’opera progettata per durare un tempo piuttosto limitato, ed essere smontato dopo l’esposizione. Questa caratteristica coglie lo spirito del moderno e lo spirito di questa ricerca. Si colloca in maniera naturale sul fil rouge di tutto lo studio metodologico basato sull’idea del temporaneo – riviste e quotidiani, e sull’immagine temporanea – fotografia e schizzo. Per meglio dimostrare la hypothesis della ricerca, sono stati scelti tre momenti significativi della storia delle esposizioni. Il primo nel 1925 a Parigi, in occasione dell’Esposizione internazionale delle arti decorative e industriali, prima della formazione del gruppo GAMdB, con un padiglione progettato semplicemente come una grande teca per potervi esporre all’interno oggetti di vario genere, di fattura principalmente artigianale. TRE PADIGLIONI PER TRE ESPOSIZIONI

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Fotografia del portale d’ingresso

Il Padiglione del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni Il progetto è stato realizzato dall’architetto croato Hribar («Ilustrovani List», 1925), mentre gli oggetti esposti sono eseguiti o dai gruppi di artigiani dai vari villaggi del paese, oppure dagli allievi delle scuole tecnico-artistiche. Si percepisce anche la forte presenza degli artisti, soprattutto della scuola di Zagabria come Ivan Meštrović, Franjo Kršinić, Hinko Jun, Radka Sagar ma anche di alcuni serbi come Pera Palavičini e sloveni come Božidar Jakac (G. Mije, 1925). Sicuramente l’esperienza si è rivelata estremamente utile, perché come risultato abbiamo un edificio che cerca di mitigare e al meglio rappresentare tutte le tre etnie unite sotto lo stesso Re. 122

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Come risultato di grandi compromessi, il padiglione risulta criptico e confuso da fuori e saturo di oggetti e colori al suo interno. L’edificio si presenta come un grande cubo chiaro immerso nel verde, orientato dal grande portale – segno dell’ingresso e da una seconda apertura: una porta di vetro dipinto sul retro dell’edificio. La porta è stata realizzata dalla ditta Marinković sul disegno del prof. Joze Kljaković («Ilustrovani List», 1925). Sopra entrambe le aperture si posizionano degli affreschi rappresentanti l’arte tessile e realizzati dall’artista prof. Joze Kljaković («Ilustrovani List», 1925). Quello sopra il portale d’ingresso è molto più esteso e raffigura tre corpi seminudi avvolti nei drappeggi, di gusto neoclassico, mentre invece l’affresco sopra la porta di vetro è di dimensioni più contenute e contiene due figure presumibilmente femminili, vestite, che lavorano i tessuti. Un timido basamento basso, appena accentato volumetricamente e cromaticamente, circonda tutto l’edificio. Per la sua conformazione, può sembrare che il padiglione sia volutamente pulito al suo esterno per volontà del progettista di disegnare un edificio secondo i principi dell’architettura moderna; in realtà egli non ha nemmeno preso in considerazione il fatto che già l’edificio stesso del padiglione potesse essere esibito. Infatti, gli unici due elementi presenti sulle facciate dell’edificio funzionano come segnaletica: il portale per mostrare il nome del paese e per invogliare ad entrare e la porta di vetro come segno luminoso interno per orientarsi e marcare la fine dell’edificio. Il portale di legno scuro, probabilmente in noce («Ilustrovani List», 1925), è opera di artigianato nazionale ed è minuziosamente intagliato e decorato a mano. È costituito da tre lesene abbinate per ogni lato sormontate da un ricco e pesante fregio che ospita la scritta “Royaume des Serbes-Croates et Slovenes” realizzata con lettere bianche di legno dipinto applicate sul fregio. L’affresco è stato dipinto in modo da sembrare che il fregio lo sorregga. Lo spazio di entrata è diviso in due porzioni da una ulteriore lesena applicata su una porzione del muro rivestito di legno. Da un lato della lesena centrale si trova la doppia porta d’ingresso, dall’altro lato la vetrina.

TRE PADIGLIONI PER TRE ESPOSIZIONI

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