Collana Alleli / Research
Comitato scientifico
Edoardo Dotto (ICAR 17, Siracusa)
Emilio Faroldi (ICAR 12, Milano)
Nicola Flora (ICAR 16, Napoli)
Antonella Greco (ICAR 18, Roma)
Bruno Messina (ICAR 14, Siracusa)
Stefano Munarin (ICAR 21, Venezia)
Giorgio Peghin (ICAR 14, Cagliari)
ISBN 978-88-6242-783-8
Prima edizione novembre 2022 © LetteraVentidue Edizioni © Elvio Manganaro
Traduzioni in inglese: Antonella Bergamin Book design: Elvio Manganaro, Riccardo Rapparini con Lorenzo Mazzali
Fotografie delle maquette: Francesco Pavan, Rocco S. Pagnoni
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Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyright delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa.
Elvio Manganaro
A cura di Riccardo Rapparini
A. B. C. D.
Nota del curatore ......................................................
Come se Schwitters raccontasse dove ha preso un biglietto del tram .....
Palinsesto #1 / Assemblages de grande jeunesse .........................
Palinsesto #2 / Venezianella e Studentaccio ............................
Palinsesto #3 / Venezianella e Studentaccio: the game box ..............
Palinsesto #4 / [Venezianella e Studentaccio]n: c d m e ................
Palinsesto #5 / Il palazzo delle feste, Ca’ Venier dei Leoni ...........
Palinsesto #6 / P.I.R.A.N.E.S.I. variationen ...........................
Palinsesto #7 / bViEsNaEnZzIiAo ........................................
Il luogo e la formula: esercizi veneziani ..............................
p. 7 p. 11 p. 17 p. 25 p. 77 p. 93 p. 105 p. 149 p. 165 p. 177 p. 189 p. 190 p. 196 p. 198 p. 202
Nota del curatore
Se Durand incontra Balestrini a Venezia fosse un film, nel titolo già troveremmo tutto: sono presentati i protagonisti e il luogo di questo incontro. Si potrebbe poi ragionare sul fatto che, per via dei due secoli che separano l’architetto francese dal poeta milanese, lo sviluppo del film non potrebbe essere lineare ma sarebbe più prossimo alle torsioni spaziotemporali dell’altrettanto impossibile incontro tra Delphine Seyrig e Giorgio Albertazzi a Marienbad. E forse non è un caso che la possibilità di mettere in scena questo incontro, tanto nella pellicola di Resnais quanto in Durand incontra Balestrini a Venezia, sia conquistata attraverso la tecnica del montaggio. Infatti, se alla base di ogni fenomeno linguistico vi è il concetto di segno, tecniche come quella del collage o del cut-up assumono un ruolo decisivo nella sperimentazione sul linguaggio, poiché garantiscono una interpretazione del montaggio quale tecnica capace di separare forma e
contenuto, significato e significante di ogni elemento-segno che lo costituisce.
È proprio il rapporto linguaggiomontaggio a chiamare in causa uno dei protagonisti, Nanni Balestrini. Negli esercizi proposti, infatti, il collage, più che sulle infinite catene semantiche innescate dal demone dell’analogia (che sovraintendeva per esempio al precedente Il libro delle immagini), lavora in un territorio più prossimo alle avanguardie storiche, a Schwitters, a Arp, ovvero a quei montaggi la cui distorsione dei tradizionali rapporti interni permette l’emergere di nuove strutture linguistiche e formali. Esattamente come nei collage del poeta milanese, i cui lacerti testuali prelevati dal mondo vengono assemblati favorendo «la discrepanza sintattica e concettuale dell’uno rispetto all’altro»1, come ricorda Fausto Curi. Montaggi, quelli di Balestrini, che rifiutano ogni consequenzialità logico-linguistica, alla ricerca di un linguaggio il cui senso è conquistato nell’esposizione dei procedimenti stessi. Congelare quindi la dimensione semantica attraverso l’introduzione di processi meccanici come tagliare, scalare, ruotare comporta da subito l’emergere di problemi di sintassi, di combinazione, di organizzazione dei segni, che fuggono dalla «oppressione dei significati»2 e invece portano ad affrontare per via sperimentale temi quali il rapporto tra forma e figura, il ruolo dell’immagine, la casualità come occasione.
È quindi nella consapevole assunzione di un sistema combinatorio chiuso che il Durand, severo propugnatore di un metodo compositivo per elementi finiti, incontra Balestrini. Per poter liberare la composizione dai vincoli mimetici della tradizione tipologica, del senso, pezzi e parti diventano gli elementi di una grammatica che articolandosi su trame geometriche modulari e ripetibili fa coincidere metodo compositivo e modello pedagogico, in vista di un’architettura da farsi innanzitutto secondo ragione interna. Eppure, sospendendo la sottesa pretesa di utilità del metodo durandiano, non è il processo alla base del Précis parente stretto dei collage di Schwitters o Balestrini? Non partono entrambi i procedimenti da uno straniamento che attribuisce ai frammenti, ai pezzi, «una disponibilità che li neutralizza e li trasforma in elementi indifferenti»3 per poi assumere senso «solo quando la composizione assegna un posto che permette loro di entrare in uso»4? Poco importa poi se i pezzi o le parti siano il vestibolo di una villa, una galleria, una corte o il biglietto di un tram, sarà la composizione, il montaggio, a dare loro un nuovo senso, introducendoli in un differente sistema di segni.
Durand e Balestrini presiedono agli esercizi raccolti nei sette Palinsesti che compongono il libro.
Se i Palinsesti #1, #2 e #3 godono della libertà concessa ad esercizi di natura preparatoria e astratta,
mettendo alla prova i meccanismi interni di assemblage e collage e la loro capacità di configurare piante, prospetti e sezioni, i Palinsesti #4 e #5 verificano nel tessuto urbano i risultati raggiunti, mostrando come tali tecniche possano divenire strumento operativo per il progetto. Infine, i Palinsesti #6 e #7 affrontano direttamente il tema del montaggio urbano e attingendo a memorie piarenesiane e ai rolages di Kolář attestano la predisposizione del collage ad adattarsi alle molteplici scale.
In breve, ciò che si tenta di presentare nelle pagine di questo libro è la possibilità del collage di concedersi alla disciplina architettonica non tanto in qualità di prodigiosa macchina illusiva, capace di generare visioni sospese tra realtà e fantasia, quanto piuttosto come strumento in grado di provocare le strutture profonde del linguaggio attraverso la sperimentazione combinatoria formale. Certo, si potrebbe parlare di formalismo a proposito di questi esercizi, nonostante formalismo sia un termine pericoloso. Eppure, qualche rischio sembra necessario correrlo per contrastare le asserzioni di una cultura del progetto sempre più tecnocentrica, dove il ruolo della forma, quando non appiattito su esigenze funzionali ed economiche, è relegato all’ambito dell’espressione personale, della sensibilità.
Un’ultima notazione riguarda il luogo di questo incontro impossibile tra Durand e Balestrini. Sembrerebbe contraddittorio, a fronte di quella volontà di fuga dal demone dell’analogia, dimostrare che solo Venezia poteva essere, con il suo statuto di «città analoga per eccellenza»5, il luogo ideale in cui ambientare gli esercizi presentati. La Venezia del Durand incontra Balestrini è però analoga nella sua capacità di offrirsi incessantemente come oggetto di interpretazione in grado di assumere le sembianze che ciascun artista desidera imprimerle. Di questa sua capacità il libro ci informa sia assumendo il contesto veneziano come universo di riferimento — tutti i collage, infatti, vengono composti a partire da architetture lagunari — sia attraverso l’inserimento intermittente di prelievi appartenenti alle Venezie immaginate nel cinema, nell’arte, nella letteratura e nella poesia. Prelievi che di pagina in pagina rievocano al lettore memorie assopite o suggeriscono nuovi percorsi di senso. In fondo Venezia non cessa mai di concedersi a nuove riletture. (RR)
1 Fausto Curi, Nanni Balestrini e la poesia come questione, [dia•foria, Viareggio 2016, p. 56.
2 Alfredo Giuliani, Introduzione a I Novissimi, poesie per gli anni '60, a cura di A. Giuliani, Rusconi e Paolazzi Editori, Milano 1961, p. XVI.
3 Rafael Moneo, La proposta pedagogica di Jean-Nicolas Durand e gli elementi della composizione, in Rafael Moneo, La solitudine degli edifici e altri scritti. Volume 1, Questioni intorno all’architettura, a cura di A. Casiraghi e D. Vitale, Allemandi, Torino 1999, p. 64.
4 Ibidem
5 Aldo Rossi, Autobiografia scientifica (1981), Pratiche Editrice, Parma 2002, p. 98.
Nota del curatore
1. Studentaccio riconosce nel primo prototipo di palazzo veneziano di Andrea Palladio i limiti formali di Venezianella e li assume.
1. Piano orizzontale di assemblaggio diviso in 25 pezzi di 20 metri di lato ciascuno.
1 3 2 4 5 a b c d e
20 m 20 m
2. Piani orizzontali di prelievo divisi in 25 pezzi di 20 metri di lato ciascuno.
Il palazzo delle feste, Ca’ Venier dei Leoni