La differenza amazzonica. Forme ed ecologie della coesistenza

Page 1

Antonio di Campli

LA DIFFERENZA AMAZZONICA FORME ED ECOLOGIE DELLA COESISTENZA


78 Collana Alleli / Research Comitato scientifico Edoardo Dotto (ICAR 17, Siracusa) Nicola Flora (ICAR 16, Napoli) Antonella Greco (ICAR 18, Roma) Bruno Messina (ICAR 14, Siracusa) Stefano Munarin (ICAR 21, Venezia) Giorgio Peghin (ICAR 14, Cagliari) I volumi pubblicati in questa collana vengono sottoposti a procedura di peer-review

ISBN 978-88-6242-516-2 Prima edizione Marzo 2021 © LetteraVentidue Edizioni © Testi: rispettivi autori © Immagini: AdC (Antonio di Campli); IPC (Isabel Peñaranda Currie); MdlACR (Maria de los Angeles Cuenca Rosillo); MFLT (María Fernanda Luzuriaga Torres); RA (Ricardo Avella) È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyrights delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa. Book design: Raffaello Buccheri LetteraVentidue Edizioni Srl Via Luigi Spagna, 50P 96100 Siracusa, Italy www.letteraventidue.com


Antonio di Campli

LA DIFFERENZA AMAZZONICA Forme ed ecologie della coesistenza

Con saggi di: Ricardo Avella Maria de los Angeles Cuenca Rosillo Maria Fernanda León Vivanco Maria Fernanda Luzuriaga Torres Isabel Peñaranda Currie — Euclides da Cunha


INDICE

Nambija. Case di minatori. © MdlACR


8

Competenze, assemblaggi, pratiche del margine Antonio di Campli

18

OGGETTI E PROCESSI SPAZIALI

Geometrie della differenza e della contraddizione Antonio di Campli

34

Tessiture, incorporazioni, prese di distanza María Fernanda Luzuriaga Torres

54

L’eredità spaziale del fallimento Un’analisi dei programmi di colonizzazione statale nel dipartimento di Caquetá, Colombia (1959-1981) Isabel Peñaranda Currie

70

Diventando Città Il caso di Guasipati, El Callao e Tumeremo Ricardo Avella

86

Spazi di resistenza e luoghi di estrazione Maria de los Angeles Cuenca Rosillo

104

Città lineari informali María Fernanda León Vivanco

118

Intimità radicali Antonio di Campli

IL LOOP AMAZZONICO 134

La costruzione del discorso amazzonico Antonio di Campli

186

Impressioni generali Antonio di Campli

188

Amazônia: terra sem historia. Impressões gerais Euclides da Cunha


Geometrie della differenza e della contraddizione

Anche noi, gente d’Europa, ci si decolonizza: ciò vuol dire che si estirpa, con un’operazione sanguinosa, il colono che è in ciascuno di noi. Occorre affrontare intanto questo spettacolo inaspettato: lo “streaptease” del nostro umanesimo. Eccolo qui tutto nudo, non bello: non era che un'ideologia bugiarda, la squisita giustificazione del saccheggio; le sue tenerezze e il suo preziosismo garantivano le nostre aggressioni. Sartre, 1962: XXI


Se il concetto di interno è legato alle retoriche della civilizzazione e del progresso, l’esterno, il margine, l’interfaccia, è il luogo del colonizzato, dell’indio. Zona di contaminazione, scambio e conflitto. Nel campo degli studi urbani e territoriali è da tempo in corso una riflessione attorno al senso e al valore globale della cosiddetta ‘Western Urban Theory’, tendando di individuare ‘nuove geografie’ della teoria urbana (Robinson, 2006; Roy, 2009; Edensor e Jayne, 2012; Watson, 2016). Obiettivo è mettere in discussione modelli interpretativi socio-spaziali e pratiche di produzione di conoscenza sulla città di matrice eurocentrica, che tendono ad offuscare, o a mal interpretare, caratteri e problemi urbani di contesti non-occidentali1. La distinzione tra sfera pubblica e privata nelle pratiche dell’abitare, lo spazio pubblico come luogo della mixité sociale, l’idea di natura come oggetto esterno (da proteggere o sfruttare), la cultura come infrastruttura identitaria, sono esempi di idee occidentali che informano paradigmi interpretativo-conoscitivi dello spazio e che operano spesso, in maniera opaca, come dispositivi di saperi 1 — Si tratta di un’arena affollata da concetti come ethnoscapes (Appadurai, 1996; 2000), ibridazione e differenza (Bhabha, 1994), o Modernity as a Neverland (Latour, 1993). Obiettivo è spodestare egemonie del Nord, operando una provincializzazione del mondo nordatlantico. Questa è, ad esempio, la linea seguita con grande forza da da Chakrabaraty (2000) e Mbembe in due libri (2001; 2010). In particolare Ananya Roy (2009) sostiene che le teorie dominanti sul progetto e governo delle città e dei territori sono radicate nell'esperienza euroamericana e non sono pertanto capaci di dar conto delle molteplici forme di produzione spaziale nel sud del mondo.

19

Esteriorità margini confini

Si

afferma comunemente che non esiste un ‘fuori’ dalla modernità occidentale, dalle logiche del capitale e pertanto da quelle urbane. Ci sono tuttavia casi di esteriorità, di esterni, prodotti dalle stesse retoriche della modernità: i concetti indigeni di organizzazione sociale ed economica, le lingue agglutinanti, la Pachamama, le forme dell’abitare nomadi, instabili e orbitali, l’Islam. L’esterno della modernità è precisamente ciò che deve essere sempre conquistato, colonizzato, sostituito e convertito ai principi del progresso e della modernità. Tuttavia, è possibile produrre un discorso sullo spazio e sul suo progetto oltre la retoriche modernizzanti dello sviluppo, della prestazione, dell’identità? È possibile superare la tradizionale dicotomia tra politiche ed economie della natura e quelle culturali? È possibile operare una critica alla modernità eurocentrica senza gettarne via il meglio? È possibile ragionare sul concetto di ‘differenza coloniale’, inteso come dispositivo capace di ridefinire categorie analitiche e progettuali, a partire dall’idea di esteriorità?


ANTONIO DI CAMPLI

42


LA DIFFERENZA AMAZZONICA

Cantone di Tena. Pattern spaziale della colonizzazione promossa dallo IERAC. @ MFLT

43


La teoria dello Stato sviluppista e il suo fallimento nelle città amazzoniche

Durante il periodo compreso tra gli anni ’50 e ’70, quasi ogni nazione compresa all’interno della regione amazzonica ha sperimentato una varietà di politiche di colonizzazione statali concepite all’interno della ‘teoria dello Stato sviluppista’. Tale locuzione è qui utilizzata per indicare un insieme composito di strategie economiche e politiche pubbliche, spesso in contraddizione tra loro, prodotte tra la fine degli anni Quaranta e gli anni Settanta nel contesto della Guerra Fredda. Obiettivo di tali discorsi era definire condizioni per lo sviluppo capitalista, combinate con politiche di welfare, nei paesi del Terzo Mondo. Attraverso tali visioni e progetti di modernizzazione si sono compiuti dei veri e propri tentativi di rifondazione sociale e spaziale delle comunità umane, che vanno dai progetti di compulsary villagization in Tanzania (Scott, 1998), alla creazione di imponenti complessi residenziali a Bogotá, Buenos Aires e Rio de Janeiro promossi dall’Alliance for Progress (AP) (Benmergui, 2009; Offner, 2019). In tale contesto, l’implementazione di simili programmi in Amazzonia, spesso sotto forma di programmi di colonizzazione e di politiche di infrastrutturazione statale, non sorprende. Attraverso tali politiche, nelle nazioni amazzoniche si è costruito un discorso pubblico attorno allo sfruttamento di ricchezze inutilizzate che avrebbe potuto sostenere ambiziosi progetti nazionali (Caldeira e Holston, 2005), integrando spazi e territori di frontiera interni abitati da popolazioni poco controllabili, viste come potenziali minacce nel contesto socio-politico globale della Guerra Fredda (Tavares, 2013). Esempi di politiche di infrastrutturazione sono state la costruzione dell’autostrada Marginal de la Selva nel pedemonte amazzonico colombiano, il progetto di colonizzazione della valle dell’Huallaga in Perù (Paredes e Manrique, 2018), l’apertura dell’autostrada Santa Cruz nel 1966 in Bolivia (Millington, 2018), l’autostrada transamazzonica e il Piano urbano-rurale per la colonizzazione dell’Amazzonia brasiliana (Rego, 2017). In Colombia, negli anni ’60, programmi di colonizzazione statale sono stati avviati nei territori di Ariari, Meta e in altre regioni (Hormaza Jimenez, 2016), progetti di colonizzazione militare si sono realizzati nei dipartimenti di Putumayo (CNMH, 2015) e di Caquetá. Invariabilmente, questi progetti sono stati finanziati da istituzioni ‘sviluppiste’ come la Banca Mondiale, la Food and Agriculture Organization (FAO) e da attori, come la Banca Import-Export degli Stati Uniti, la United States Agency for International Development, USAID e dall’Alliance for Progress2, che 2 — L'Alliance for Progress è un programma di aiuti

56


LA DIFFERENZA AMAZZONICA

Remolino del Caguán, nodo urbano cocalero (ca. 1980-1995). © Archivio della Parroquia San Isidro Labrador, Remolino del Caguán. Cartagena de Chairá, Colombia.

operavano in base ai temi e alle condizioni politiche definite dalla Guerra Fredda. In molte analisi dei fallimenti di questi programmi di colonizzazione, si sostiene, come fa Ferguson (1994), che questi non siano uno sfortunato sottoprodotto, ma piuttosto un elemento fondamentale di queste stesse politiche. Ad esempio, analizzando le difficoltà e i fallimenti dei programmi di sviluppo in Lesotho nel raggiungere i loro presunti obiettivi, Ferguson sostiene che: «intentional plans interacted with unacknowledged structures and chance events to produce unintended outcomes which turn out to be intelligible not only as the unforeseen effects of an intended intervention, but also as unlikely instruments of an unplotted strategy» (1994, 20). In questo testo si utilizza il termine ‘fallimento’ non come l’opposto del successo o del raggiungimento di obiettivi intenzionali, ma per individuare, come Ferguson fa, gli effetti imprevisti di un’azione nella sua collisione con condizioni esterne non considerate. In tal senso, in questo scritto si cerca di adottare questa cornice interpretativa per tracciare gli effetti sistematici e tangibili dei ‘fallimenti’ delle politiche di colonizzazione, in particolare di quelle legate all’invenzione di nuovi prototipi insediativi e al consolidamento dei centri urbani in Amazzonia. Un ragionamento attorno alle conseguenze del fallimento, fornisce un quadro utile a comprendere le forme di articolazione tra Stato centrale e periferia, la complessa dialettica tra rurale e urbano, e le logiche di urbanizzazione, in un’ottica transnazionale, dei territori amazzonici. promosso da John F. Kennedy nel 1961, con lo scopo di stabilire forme di collaborazione economica tra gli USA e l'America Latina.

57


Diventando Città Il caso di Guasipati, El Callao e Tumeremo

Ricardo Avella Urbanista e ricercatore indipendente

Architetto e urbanista venezuelano residente in Belgio. Ha lavorato in diversi studi a Torino e Caracas prima di fondare il suo nel 2015. Ha conseguito due lauree in Architettura presso la UCV (Universidad Central de Venezuela) e il Politecnico di Torino nel 2010. Nel 2019 si laurea cum laude presso la TU di Delft (European Post-Master in Urbanism). La tesi indaga il ruolo della pianificazione nell’Amazzonia venezuelana, definendo strategie utili a superare la dipendenza dall’estrazione di risorse non rinnovabili. Ha insegnato Storia dell’architettura e Progettazione architettonica e urbana presso la UCV e ha lavorato come assistente alla didattica presso l’Università IUAV di Venezia.


In

Venezuela, le difficoltà di accesso ai mercati del lavoro, le crisi economiche degli ultimi decenni e gli incrementinei valori di commodities come oro e altri metalli preziosi, inducono migliaia di persone a mettere in atto una varietà di strategie di ricerca di migliori condizioni dell’abitare. Alcune di queste azioni si manifestano attraverso processi emigratori verso territori amazzonici segnati dalla presenza di attività estrattive di carattere sia formale che informale, spesso a piccola scala. La regione della Guayana venezuelana, la più grande e meno popolata del paese, è uno dei luoghi in cui tali processi si manifestano con maggior forza. Questa regione, popolata da circa ventitré gruppi indigeni, è ricoperta in buona parte da foreste tropicali in cui si trovano alcuni degli ecosistemi più ricchi di biodiversità al mondo (Huber, 2001). Ma la dipendenza delle popolazioni locali dall’attività mineraria produce una serie di esternalità ambientali, sociali ed economiche con conseguenze profonde e durature su tali ecosistemi (Avella, 2020; Ebus, 2018). Oltre alla deforestazione e alla perdita di biodiversità, ci sono una serie esternalità come l’inquinamento da mercurio dei bacini fluviali, la diffusione della malaria, l’aumento della violenza e della criminalità, la perdita di culture ancestrali e la distruzione dell’economia formale.

Venezuela. Densità di popolazione. © RA 71


Miniere ‘artigianali’. Spazi stratificati

Nambija è un giacimento informale di piccola scala localizzato nel cantone di Zamora-Chinchipe. La miniera, composta da un sistema di vene e sacche aurifere poco profonde, è stata scoperta negli anni Ottanta del XX secolo attraendo una moltitudine di piccoli minatori che hanno trasformato quel luogo in una nuova frontiera della ‘corsa all’oro’. Questo giacimento ebbe un periodo di boom negli anni ’80 quando era possible estrarre 40 grammi di oro 24 carati per tonnellata di pietra. Attualmente la resa media è di circa 6 grammi per tonnellata. L’estrazione dell’oro, durante il processo di frantumazione dei minerali, richiede l’uso di mercurio successivamente rilasciato entro il sistema idrogeologico. La miniera è costruita con tecniche manuali. Le gallerie, lunghe tra i 300 ed i 500 metri, sono scavate praticando fessure nelle rocce in cui inserire esplosivi. Sulla stessa superficie del sito estrattivo è stato costruito un insediamento urbano che si è consolidato nel tempo nonostante le condizioni di instabilità del suolo legate ad una incerta regimentazione delle acque sotterranee e alla presenza della fitta rete di cunicoli estrattivi. Attualmente, secondo il censimento governativo (INEC, 2010) vivono a Nambija circa 1.200 abitanti. L’insediamento dispone di un centro sanitario, di una scuola, di un mercato e di una stazione di polizia. La maggior parte delle attrezzature pubbliche è stata costruita con i fondi e con il lavoro dei suoi abitanti. Durante il boom minerario, si stima che a Nambija ci fossero circa 10.000 abitanti. Si tratta di un contesto sociale tutt’oggi complesso, segnato dalla diffusione di uso di droghe e prostituzione ma anche da iniziative spontanee di promozione economica, legate soprattutto alla necessità di ottenere dallo Stato la legalizzazione delle sue attività minerarie. Le famiglie di minatori abitano Nambija in maniera non continua. Membri della famiglia a volte vivono in centri anche distanti, talvolta anche all’estero, e si occupano di gestire i ritorni economici prodotti dai ricavi dell’estrazione dell’oro. Questa instabilità genera movimenti e relazioni tra più contesti spesso difficili da cogliere. Sulla superficie delle miniere, secondo processi incrementali, sono state costruite le case dei minatori8. Si tratta quasi sempre di edifici lignei su palafitta, in grado di adattarsi ai dislivelli del suolo e di allontanare l’umidità. Lo spazio libero tra i pilotis spesso funge da spazio di deposito. I servizi igienici sono quasi sempre esterni, le aperture spesso corrispondono a spazi di servizio all’aperto attrezzati con lavabi rivolti verso l’esterno. 8 — Il termine incrementassimo rimanda agli studi di John Turner sulle cosiddette ‘barriadas’ o insediamenti informali di Lima, condotti tra gli anni ’50 e ’60 maturando una critica alla pianificazione modernista e alle politiche abitative “dall’alto” (Turner, 1972).

96


LA DIFFERENZA AMAZZONICA

Nambija. Planimetria. © MdlACR

Nambija. Concept spaziale. © MdlACR

97


La costruzione del discorso amazzonico

The problem was gravity and the answer was gravity. Brand, 2014: 157


‘En la selva hay una ciudad, en esa ciudad hay una biblioteca y dentro de ella esta la selva’ (Chaves e Mantilla, 2019)

Instabilità, temporalità, nomadismo, configurazione di una complessa varietà di ‘zone di contatto’ sia spaziali che sociali (Pratt), resistenza, ‘cannibalismo culturale’ (Viveiros de Castro), trasformazioni spaziali come ‘produzione di rovine’ (da Cunha). Se analizziamo i caratteri dei principali processi socio-spaziali che segnano l’Amazzonia contemporanea, conseguenze delle applicazioni dei paradigmi che sono stati utilizzati per interpretare e controllare questo spazio, ci rendiamo conto che qui tutto ‘vacilla’. La terra, lo spazio, le economie, la vita dei soggetti e dei gruppi sociali. In Amazzonia, direbbe da Cunha (1909), si abita e si produce spazio ‘vacillando’. Non esiste un’unità di analisi segreta che possa essere afferrata alla fine del lavoro di scomposizione analitico-interpretativa. Pertanto è utile riflettere su queste condizioni, costruendo un ragionamento attorno ai principali paradigmi che oggi vengono utilizzati per analizzare e pianificare l’Amazzonia. In questo senso, questo testo

135

La ‘rifrazione dello sguardo’

C

on questa frase Raimond Chaves e Gilda Mantilla sintetizzano parte dello spirito del lavoro che i due artisti peruviani hanno intrapreso in questi anni, tentando, attraverso raccolte di testi, immagini e suoni, di documentare, e al tempo stesso mettere in discussione, un termine sfuggente come ‘Amazzonia’. I discorsi, gli studi e le ricerche urbane-territoriali contemporanee sull’Amazzonia tendono a svilupparsi come una nebulosa, non riuscendo mai a condensarsi in modo duraturo attorno ad alcuni elementi. Quando la nebulosa si espande, il nucleo si deforma e si riorganizza. I filamenti dispersi vengono saldati insieme, alcuni vuoti vengono riempiti, alcuni collegamenti vengono effettuati e molti altri vengono dissolti. La costante divergenza e annodamento dei temi sembra essere un attributo fondamentale delle ricerche sull’Amazzonia e dei suoi processi socio-spaziali. Paradigmi, problemi, fenomeni, si dividono e si riannodano all’infinito. Quando si ritiene che siano stati individuati e che possano essere tenuti distinti, si ricongiungono, in modalità inaspettate. Non potendo adeguarsi al principio moderno, cartesiano o ‘coloniale’, direbbero Aníbal Quijano o Walter Mignolo, di dividere un problema in tante parti quante sono quelle necessarie per risolverlo, lo studio dei processi socio-spaziali amazzonici pone problemi metodologici. La costruzione dell’Amazzonia, si può affermare, è il risultato dell’esercizio della colonialità della conoscenza, tuttavia, da molti punti di vista, questo luogo sembra al tempo stesso assorbire e distorcere i paradigmi occidentali con cui molte istituzioni locali e internazionali, attori pubblici, ONG, aziende private, architetti e urbanisti provano ad analizzarlo e progettarlo.


ANTONIO DI CAMPLI

142


LA DIFFERENZA AMAZZONICA

Nambija. Abitato e miniere. © MdlACR

143


Impressioni generali Antonio di Campli

Il 5 aprile 1905 sei canoe e tre imbarcazioni a carbone, il battello Manoel Urbano, la lancia Cunha Gomes e la lancia n. 4 della Marina, salparono dalla città brasiliana di Manaus per il Perù seguendo il corso del rio Purus. Sulla seconda lancia c’era Euclides da Cunha, scrittore, sociologo, reporter, nonché ingegnere con l’incarico di svolgere una ricognizione della regione. Da Cunha tre anni prima aveva seguito da vicino la guerra dei Canudos, poi descritta nella monumentale opera Os Sertões. Per questo nuovo viaggio da Cunha era stato nominato capo di una commissione che aveva come obiettivo principale quello di risolvere questioni di confine tra Brasile e Perù. La spedizione durò 13 mesi, percorrendo circa 6.400 km, molti dei quali a piedi. Da Cunha trovò una terra ricca, esotica, impressionante, ciclopica e tuttavia violenta, dominata dai seringueiros, i raccoglitori di caucciù che, a suo dire, lavoravano per schiavizzarsi. Molta acqua, fango, liane, animali. Un’immensità desolante, di giorno silenziosa e di notte rumorosa, con ululati, grida, versi di animali che iniziavano al tramonto. Il lavoro umano diventava quasi uno sforzo inutile in un ambiente dove la foresta cresce a ritmi vertiginosi e dove pertanto ogni giorno bisognava ricominciare da capo. L’Amazzonia è un oggetto opaco non solo per coloro che la studiano o per i viaggiatori che la attraversano ma spesso anche coloro che oggi la abitano. Il termine ‘opaco’ è qui utilizzato per indicare quella particolare condizione cognitiva esito dell’attrito tra le percezioni fisico-mentali che un soggetto esperisce nel confronto con una situazione e la difficoltà nel collocarle entro quadri di conoscenza prestabiliti. I moderni arrivano in Amazzonia armati di cassette degli attrezzi, di apparati teorici ben definiti, tuttavia le inflessioni, le piegature, le metamorfosi che connotano le

186


IMPRESSIONI GENERALI

ecologie socio-spaziali amazzoniche, costituiscono ostacoli che si riverberano fino al livello della percezione corporea. Il risultato sono rappresentazioni di quei luoghi che, come nel caso di Euclides da Cunha, sono connotate da una tecnica narrativa e da uno stile di scrittura barocco che, indirettamente, restituisce il ‘piegamento’ a cui sono sottoposte le menti di chi si confronta con superfici acquatiche, terrestri, con paesaggi che rifrangono lo sguardo degli osservatori. Il riferimento è alla meccanica della piegatura barocca così come definita da Gilles Deleuze il quale, rivisitando il pensiero del matematico del XVII secolo Gottfried Leibniz, ha elaborato una teoria della percezione barocca antagonista alle procedure cartesiane. L’Amazzonia descritta da da Cunha è uno spazio definito attraverso una lotta continua tra fenomeni di costruzione e distruzione, dove ogni trasformazione spaziale si accompagna ad una produzione di rovine. Secondo da Cunha, l’Amazzonia è un luogo posto ai margini della storia, come si intitola la prima parte della raccolta di testi pubblicata nel 1909, dopo la sua morte, in seguito ad una coltellata ricevuta dall’amante della moglie. Instabilità, vacillazione, distruzione, produzione di rovine, sono alcune delle immagini amazzoniche prodotte da da Cunha che sono state rese operative, sia dal punto di vista analitico che progettuale, nelle ricerche presentate in questo volume. Euclides da Cunha è il primo, ideale, interlocutore di questo libro. Per questo motivo, di seguito, si riporta integralmente, in lingua originale portoghese, il primo saggio della raccolta, Amazônia: terra sem história. Impressões gerais.

187


Amazônia: terra sem historia. Impressões gerais Euclides da Cunha

Introduzione al libro À margem da história Porto, Livraria Chardron, de Lello & Irmão, 1909 Edizione postuma / www.dominiopublico.gov.br

Ao revés da admiração ou do entusiasmo, o que sobressalteia geralmente, diante do Amazonas, no desembocar do dédalo florido do Tajapuru, aberto em cheio para o grande rio, é antes um desapontamento. A massa de águas é, certo, sem par, capaz daquele terror a que se refere Wallace; mas como todos nós desde mui cedo gizamos um Amazonas ideal, mercê das páginas singularmente líricas dos não sei quantos viajantes que desde Humboldt até hoje contemplaram a Hylae prodigiosa, com um espanto quase religioso – sucede um caso vulgar de psicologia: ao defrontarmos o Amazonas real, vemo-lo inferior à imagem subjetiva há longo tempo prefigurada. Além disto, sob o conceito estreitamente artístico, isto é, como um trecho da terra desabrochando em imagens capazes de se fundirem harmoniosamente na síntese de uma impressão empolgante, é de todo em todo inferior a um sem-número de outros lugares do nosso país. Toda a Amazônia, sob este aspecto, não vale o segmento do litoral que vai de Cabo Frio à ponta do Munduba. É, sem dúvida, o maior quadro da Terra; porém chatamente rebatido num plano horizontal que mal alevantam de uma banda, à feição de restos de uma enorme moldura que se quebrou, as serranias de arenito de Monte Alegre e as serras graníticas das Guianas. E como lhe falta a linha vertical, preexcelente na movimentação da paisagem, em poucas horas o observador cede às fadigas de monotonia inaturável e sente que seu olhar, inexplicavelmente, se abrevia nos sem-fins daqueles horizontes vazios e indefinidos como os dos mares. A impressão dominante que tive, e talvez correspondente a uma verdade positiva, é esta: o homem, ali, é ainda um intruso impertinente.

188


AMAZÔNIA: TERRA SEM HISTORIA. IMPRESSÕES GERAIS

Chegou sem ser esperado nem querido – quando a natureza ainda estava arrumando o seu mais vasto e luxuoso salão. E encontrou uma opulenta desordem ... Os mesmos rios ainda não se firmaram nos leitos; parecem tatear uma situação de equilíbrio derivando, divagantes, em meandros instáveis, contorcidos em sacados, cujos istmos a revezes se rompem e se soldam numa desesperadora formação de ilhas e de lagos de seis meses, e até criando formas topográficas novas em que estes dois aspectos se confundem; ou expandindo-se em furos que se anastomosam, reticulados e de todo incaracterísticos, sem que se saiba se tudo aquilo é bem uma bacia fluvial ou um mar profusamente retalhado de estreitos. Depois de uma única enchente se desmancham os trabalhos de um hidrógrafo. A flora ostenta a mesma imperfeita grandeza. Nos meios-dias silenciosos – porque as noites são fantasticamente ruidosas –, quem segue pela mata, vai com a vista embotada no verde-negro das folhas; e ao deparar, de instante em instante, os fetos arborescentes emparelhando na altura com as palmeiras, e as árvores de troncos retilíneos e paupérrimos de flores, tem a sensação angustiosa de um recuo às mais remotas idades, como se rompesse os recessos de uma daquelas mudas florestas carboníferas desvendadas pela visão retrospectiva dos geólogos. Completa-a, ainda sob esta forma antiga, a fauna singular e monstruosa, onde imperam, pela corpulência, os anfíbios, o que é ainda uma impressão paleozóica. E quem segue pelos longos rios não raro encontra as formas animais que existem, imperfeitamente, como tipos abstratos ou simples elos da escala evolutiva. A cigana desprezível, por exemplo, que se empoleira nos galhos flexíveis das oiranas, trazendo ainda na sua asa de vôo curto a garra do réptil ... Destarte a natureza é portentosa, mas incompleta. É uma construção estupenda a que falta toda a decoração interior. Compreende-se bem isto: a Amazônia é talvez a terra mais nova do mundo, consoante as conhecidas induções de Wallace e Frederico Hartt. Nasceu da última convulsão geogênica que sublevou os Andes, e mal ultimou o seu processo evolutivo com as várzeas quaternárias que se estão formando e lhe preponderam na topografia instável. Tem tudo e falta-lhe tudo, porque lhe falta esse encadeamento de fenômenos desdobrados num ritmo vigoroso, de onde ressaltam, nítidas, as verdades da arte e da ciência – e que é como que a grande lógica inconsciente das coisas. Daí esta singularidade: é de toda a América a paragem mais perlustrada dos sábios e é a menos conhecida. De Humboldt a Emílio Goeldi – do alvorar do século passado aos nossos dias, perquirem-na, ansiosos, todos os eleitos. Pois bem, lede-os. Vereis que nenhum deixou a calha principal do grande vale; e que ali mesmo cada um se acolheu, deslumbrado, no recanto de uma especialidade. Wallace, Mawe, W. Edwards, d’Orbigny,

189


Instabilità, temporalità, nomadismo, configurazione di ‘zone di contatto’ spaziali e sociali, resistenza, ‘cannibalismo culturale’, produzione di rovine. L’Amazzonia è uno spazio definito attraverso una lotta continua tra saperi, desideri, economie, dove ogni trasformazione spaziale si accompagna ad una produzione di rovine.

€ 18 ,00 9

7888624

25162


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.